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Massimiliano Pau

Cenni sui
Controlli
Non Distruttivi

Dipartimento di Ingegneria Meccanica


Universit di Cagliari
Introduzione
I CONTROLLI NON DISTRUTTIVI

Il ruolo dei Controlli Non Distruttivi nellindustria

Cricche 1 e difetti possono influenzare in modo devastante le prestazioni di

componenti e strutture a tal punto che la loro individuazione parte essenziale

del controllo di qualit in tutti i campi dellingegneria. Linsieme delle tecniche

e delle procedure che hanno come fine la valutazione delle difettosit nei

materiali o nei manufatti genericamente classificato sotto il nome di Controlli

non Distruttivi o, nella letteratura anglosassone, Non-destructive Testing

(NDT) o Non-destructive Evaluation (NDE). Tuttavia le applicazioni NDT

spesso vanno molto oltre la semplice individuazione e localizzazione dei difetti,

poich esse riguardano tutti gli aspetti della caratterizzazione dei solidi, lo

studio della loro microstruttura e morfologia, lanalisi delle propriet fisico-

chimiche, i loro metodi di preparazione ecc.

Tra le tecniche NDT si comprendono usualmente i metodi radiografici, quelli

ultrasonici, lispezione con liquidi penetranti, il metodo delle particelle

magnetiche (magnetoscopia), la termografia, tecniche basate sullimpiego di

1
La cricca pu essere definita come una discontinuit originatasi per distacco inter o
transcristallino in un materiale metallico originariamente continuo e sano. un difetto che
viene indicato come bidimensionale poich solitamente si presenta pi o meno lungo e
profondo con andamento frastagliato mentre i suoi lembi sono piuttosto ravvicinati. Se le
cricche hanno dimensioni molto ridotte (inferiori ad 1 mm), vengono definite microcricche.

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campi elettrici e magnetici e lispezione visiva. Nellindustria le tecniche NDT

possono essere applicate a materiali sia metallici che non metallici e ad oggetti

di differenti dimensioni sia statici sia in movimento, ma esiste un punto

comune a tutte, ossia la loro capacit di non influire in alcun modo sulle

caratteristiche fisico-meccaniche del componente testato; ci significa che, a

differenza di molti dei test usualmente impiegati per caratterizzare i materiali

(per es. le prove a trazione) che prevedono la parziale o totale distruzione del

provino, i controlli non distruttivi non alterano la funzionalit del pezzo, che

pu tranquillamente essere rimesso in esercizio (quando non sia possibile

testarlo in situ) subito dopo lesecuzione della prova.

Lazienda che si trova a dover pianificare una campagna di controlli sui propri

manufatti (o sui materiali provenienti dai fornitori) deve tenere presente che

spesso la soluzione ottimale in termini di completezza delle informazioni

provenienti dai test NDT frutto di soluzioni di compromesso che mettono in

gioco diversi aspetti quali costi, abilit delloperatore, sensibilit, sicurezza ecc.

Caratteristica rilevata Vantaggi Limiti Esempi di impiego

Metodo

Variazioni di impedenza Richiede l'uso di un mezzo


Pu penetrare elevati spessori,
acustica causate dalla accoppiatore, le superfici Cricche nelle saldature, verifica
Ultrasuoni presenza di cricche, interfacce,
eccellente per l'individuazione
devono essere non troppo dell'efficienza delle giunzioni
di cricche, autmoatizzabile
inclusioni ecc. rugose

Occorre adottare precauzioni


Versatile in quanto a materiali
Variazioni di densit originate severe per le radiazioni. Diefftosit interna in
e spessori testabili. La pellicola
Radiografia dalla presenza di vuoti,
fornisce una registrazione
Difficile individuare cricche semilavorati, difettosit nelle
inclusioni, o materiali differenti orientate perpendicolarmente saldature
permanente della prova
al fascio

Caratteristiche superficiali quali


graffi, cricche o variazioni Pu essere impiegato solo per Carta, legno e metalli solo per
Economico, pu essere
Ispezione visiva cromatiche. Corrosione,
automatizzato
difetti superficiali o su materiali finiture superficiali ed
deformazioni nei materiali trasparenti uniformit
plastici

Variaizoni nella conduttivit Impiego limitato ai materiali Tubi di scambiatori di calore


Correnti indotte elettrica causate da cricche, Costo moderato conduttori. Scarsa capacit di (assottigliamento delle pareti o
vuoti o inclusioni penetrazione cricche)

I difetti devono avere sbocco


Poco costoso, facile da
Aperture superficiali causate sulla superficie, non applicabile Pale di turbina (cricche e
Liquidi penetranti da cricche, porosit ecc.
applicare, portatile, sensibile a
su superfici porose o ad porosit)
piccoli difetti superficiali
elevata rugosit

Impiego limitato ai materiali


Variazioni nel campo
Costo medio-basso, sensibile ferromagnetici. Preparazione
magnetico causate da difetti Ruote ferroviarie (cricche),
Particelle magnetiche superficciali o sub-superficiali
a difetti superficiali e sub- della superficie laboriosa, pu
getti
superficiali richiedere post-
quali cricche, inclusioni, ecc.
smagnetizzazione

3
Di per s la sola esistenza di una notevole variet di metodi NDT suggerisce che

nessuna delle tecniche di per s completa, ma piuttosto esse costituiscono un

insieme nel quale ciascuna si dimostra pi adatta di altre in determinate

circostanze, oppure (come capita spesso) pi metodiche sono impiegate in

modo complementare per il controllo di uno stesso manufatto al fine di

garantire lindividuazione del maggior numero possibile di potenziali difetti.

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Sebbene siano state proposte numerose classificazioni finalizzate alla

suddivisione delle tecniche in classi omogenee, il confine tra le prestazioni che

ciascuna metodica pu offrire si presenta alquanto sfumato. Tuttavia una

classificazione di larga massima pu essere fatta separando i controlli

volumetrici da quelli superficiali: nel primo caso (Raggi X, Ultrasuoni)

possibile investigare sullesistenza di difetti interni al componente, mentre nel

secondo (Magnetoscopia, Penetranti, Correnti Indotte, Ispezione Visiva) la

tecnica si limita a fornire informazioni su difettosit superficiali o sub-

superficiali. A volte, come accade per esempio nel caso del metodo ultrasonico,

Metodica

Ultrasuoni Raggi X Correnti Indotte Magnetoscopia Liquidi penetranti

Costo
Medio-alto Alto Medio-basso Medio Basso
strumentazione

Costo consumabili Molto basso Alto Basso Medio Medio

Tempo necessario
Immediato Medio Immediato Basso Basso
ad ottenere i risultati

Effetto della Non molto Non molto


Importante Importante Importante
geometria importante importante

Problemi di
Importante Importante Importante Importante Importante
accessibilit

Difetti rilevabili Interni Interni e superficiali Superficiali e sub Superficiali e sub Superficiali

Sensibilit Alta Media Alta Bassa Bassa

Automatizzabile SI Con difficolt SI Quasi nulla Quasi nulla

Dipendenza dal
Alta Media Alta Solo ferromagentici Bassa
materiale

Abilit dell'operatore Alta Alta Media Bassa Bassa

Portabilit Alta Bassa Medio-alta Medio-alta Alta

adottando opportuni accorgimenti possibile rilevare entrambi le classi di

difetti, ma in genere tale tecnica maggiormente utilizzata per il controllo

interno.

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Altro fattore condizionante pu essere legato al tipo di materiale testato. Non

tutti i metodi si prestano ugualmente bene ad indagare sulla vasta gamma dei

materiali impiegati nei diversi settori dellingegneria meccanica, civile o

nucleare. Ad esempio, il metodo delle particelle magnetiche e quello delle

correnti indotte possono essere applicati rispettivamente solo a materiali

ferromagnetici o conduttivi, e questo esclude a priori tutte le classi del

materiali non metallici plastici o gommosi. Questo problema non si riscontra,

invece, se si impiegano gli ultrasuoni che, essendo onde elastiche, necessitano

solo di un mezzo (solido o liquido) nel quale propagarsi.

Le indicazioni fornite dai test NDT

Qualunque sia il metodo che viene selezionato per una indagine non distruttiva

e qualunque sia il componente/manufatto/semilavorato oggetto di test, ci che

ci si aspetta dal controllo laccertamento (o meno) delle cosiddette

indicazioni, ossia di informazioni che devono essere opportunamente

interpretate e valutate con il fine ultimo di formulare un giudizio di

accettazione o rifiuto del campione. Occorre sottolineare, comunque, che la

presenza di unindicazione non necessariamente indice dellesistenza di

difettosit.

In base alla normativa ASTM 2 la terminologia relativa alle indicazioni le

classifica come segue:

Falsa. unindicazione non originata dallinterazione della tecnica

impiegata con una discontinuit, ma piuttosto uninformazione

fuorviante causata da unerrata procedura o da una scorretta

elaborazione dei dati sperimentali. Viene anche definita indicazione

fantasma o spuria.

2
American Society for Testing and Materials

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Non-rilevante. unindicazione che non ha relazione con una

discontinuit che considerata difetto nella parte da testare; un difetto

con livello di tolleranza accettabile.

Rilevante. Unindicazione o un difetto che pu avere un qualche effetto

sulle prestazioni del componente.

Discontinuit. Uninterruzione (intenzionale o non-intenzionale) nella

configurazione del pezzo.

Difetto. Una o pi indicazioni che violano le specifiche sul componente

fissate a priori.

La procedura di controllo si concretizza, dunque, nelle seguenti tre fasi:

1. Indicazione

2. Valutazione

3. Interpretazione

Nella prima fase, lobiettivo quello di applicare la procedura in modo tale da

far emergere la presenza di indicazioni (che poi possono essere classificate come

visto in precedenza). Successivamente le indicazioni raccolte, che per il

momento vengono caratterizzate esclusivamente in base al numero alla

localizzazione e alla dimensione, devono essere valutate secondo opportuni

criteri legati in parte alla normativa (sia essa generica o specifica definita in sede

di capitolato dappalto) e in parte allesperienza maturata dalloperatore che

esegue il controllo. Sfortunatamente, non esistono delle regole certe e definite

per tutte le tipologie di discontinuit rilevate durante un controllo che ne

consentano una classificazione generica obiettiva, ragion per cui essenziale

introdurre nella procedura elementi di sensibilit personale che si rivelano poi

essenziali nellesito finale del controllo. 3

3
Non sono infrequenti casi di dissidi tra tecnici della parte committente e tecnici dellazienda appaltante
causate proprio da pareri discordanti nellattribuzione dei giudizi di idoneit su un manufatto a seguito di
procedure NDT

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Nella fase finale di valutazione, loperatore formula un giudizio complessivo

che definisce, sulla base delle informazioni raccolte nelle fasi precedenti, se il

componente idoneo allo svolgimento delle funzioni per le quali stato

progettato e realizzato.

Gli standard per lapplicazione dei controlli non distruttivi

Gli standard sono documenti contenenti essenzialmente specifiche tecniche o

altri criteri che fungono da regole, linee guida o definizioni di caratteristiche tali

da assicurare la corretta applicazione di una metodica NDT.

In genere questi elaborati tecnici sono redatti da organizzazioni di

standardizzazione a livello nazionale o internazionale (es. ISO, ASME, ASNT,

EN) e, pur non avendo validit di legge, vengono formalmente inserite nei

capitolati che regolano il rapporto tra cliente e committente.

Tipicamente, un insieme di standard relativi a particolari aspetti di una

metodica NDT vanno a confluire nella cosiddetta procedura, che rappresenta

lespressione operativa delle normative tecniche a livello aziendale. In

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sostanza, la procedura stabilisce le apparecchiature, gli accessori, i materiali di

consumo, la tecnica esecutiva ed i criteri di accettabilit per lesecuzione di un

determinato controllo su una particolare categoria di manufatti.

Ad esempio, in una procedura per lesecuzione di controlli radiografici su

saldature in valvole FCC, stabilito che

il personale che eseguir i controlli radiografici deve essere certificato almeno al livello 1,

in accordo con la norma EN 473, mentre il giudizio di accettabilit deve essere emesso

da personale certificato almeno al livello 2. Il personale classificato al livello 3 pu essere

autorizzato a:

a) assumersi piena responsabilit di un laboratorio di prova o di un centro di esame

e del relativo personale

b) stabilire e convalidare istruzioni e procedure CND

c) interpretare norme, codici, specifiche e procedure

d) stabilire i particolari metodi di prova, le procedure e le istruzioni CND da

utilizzare

e) eseguire e sovrintendere a tutti gli incarichi propri di un livello 1 e 2.

Verranno impiegate classi di sistema pellicola conformi alla EN 584-1. Le classi minime

dei sistemi pellicola sono indicate nei prospetti II e III allegati a EN 444. I prospetti

riportano anche il tipo e gli spessori raccomandati degli schermi metallici.

Devono essere apposti simboli su ogni sezione delloggetto da radiografare. Le immagini

di questi simboli devono comparire nella radiografia, dove possibile nella zona di

interesse, e devono garantire lidentificazione univoca della sezione. EN 444 ( 5.3.

identificazione delle radiografie)

Come scegliere il CND giusto?

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La scelta corretta del tipo di controllo da impiegare scaturisce da unattenta

analisi della problematica nel suo insieme ed per questo che il processo

decisionale deve tenere conto di tutti i seguenti aspetti:

1. Programmazione

Il primo step consiste nel predisporre una appropriata check list che consenta

la raccolta e lelaborazione dei dati attinenti al componente; per questo occorre:

classificare il componente secondo il livello di criticit

conoscere il tipo di materiale, le condizioni di progetto e di

esercizio, le caratteristiche geometriche del componente

raccogliere e catalogare indicazioni fornite da precedenti

esperienze sullo stesso componente ed analoghi.

stabilire le cause e le modalit pi probabili di degrado

stabilire il tipo di CND pi adeguato per verificare i danni subiti

dal componente con riguardo allefficacia, ai tempi ed ai costi

definire i tempi necessari allesecuzione dei controlli in relazione

anche ad altri interventi di manutenzione (es. impossibilit di

eseguire radiografie in concomitanza di altri lavori nella stessa

zona)

2. Accessibilit

necessario che loperatore possa accedere a tutte le superfici affinch queste

possano essere esaminate con i CND e tuttavia laccessibilit ad una

apparecchiatura comporta dei costi che in molti casi potrebbero essere contenuti

se la progettazione tiene gi conto a monte della possibilit di ispezione.Un

altro aspetto da considerare la necessit di controllare un componente che

opera in una zona di impianto dove possono essere presenti campi elettrici,

magnetici od ionizzanti che limitano lapplicabilit dei CND.

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3. Preparazione delle superfici desame

La preparazione delle superfici desame per alcuni CND indispensabile per la

loro buona riuscita. Infatti i componenti di impianto hanno, molto spesso,

condizioni superficiali esterne alquanto critiche dovute a fenomeni di

ossidazione. Poich la preparazione superficiale ha una incidenza sui costi dei

CND, necessario che venga opportunamente valutato il tipo di controllo da

applicare per poter ottimizzare e razionalizzare lintervento.

Ad esempio se consideriamo la preparazione superficiale di un giunto saldato

per un controllo ad ultrasuoni occorre valutare preventivamente quale tipo di

difetti si ricerca al fine di ottimizzare il tipo di preparazione (semplice

spazzolatura, una sabbiatura, una molatura superficiale ai lati della saldatura,

una molatura con rasatura completa del cordone di saldatura)

4. Conoscenza dei difetti tipici in esercizio

La conoscenza della tipologia caratteristica dei difetti nei componenti di

impianto, quali la loro origine, la loro collocazione, la loro probabilit di

individuarli in zone prestabilite e la loro evoluzione, sono elementi

indispensabili per una corretta metodologia di controllo. In assenza di queste

informazioni, si corre il rischio di applicare metodologie inadeguate o di dover

ricorrere ad una sovrabbondanza di controlli necessaria per considerare tutte le

ipotesi di difettosit. Ad esempio, se si ha a che fare con fenomeni di corrosione

uniforme, certamente controlli spessimetrici di tipo ultrasonico forniscono

informazioni su estensione ed ubicazione del fenomeno corrosivo-erosivo,

mentre le radiografie possono fornire un contributo per la verifica dello

spessore su una visione di insieme. Inutile dire che i controlli superficiali sono,

in questo frangente, inutili.

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5. Sensibilit dei controlli

Partendo dal presupposto che laffermazione componente privo di difetti

tecnicamente non ha senso, necessario sempre riferirsi alla normativa

applicabile che identifica laccettabilit o linacettabilit dei difetti riscontrati.

A tal proposito, la normativa o la specifica di controllo applicabile definisce,

oltre alla classe di accettabilit, anche la taratura della strumentazione che fa

parte integrante della sensibilit del controllo. Quindi, una volta definito il

difetto minimo accettabile diviene determinante il confronto con difetti

artificiali di forma e dimensioni standard praticati su blocchi di calibrazione.

Di notevole supporto, nella definizione della sensibilit dei CND per i diversi

manufatti, la normativa nazionale, europea ed internazionale in uso, la quale

suggerisce la corretta procedura desame. Dunque essenziale, a monte

dellesecuzione di un controllo non distruttivo, definire la normativa applicabile

secondo cui viene condotto il controllo o in mancanza di questa, la tipologia dei

difetti accettabili con cui confrontare le indicazioni riscontrate.

Talvolta si ricorre a blocchi campioni con difettosit artificiali fuori standard,

ottenute con particolari lavorazioni meccaniche, ma pi frequentemente per

elettroerosione, per poter creare condizioni di taratura pi vicine al caso reale.

6. Qualificazione del personale

Lesecuzione di un esame, sottintende la stesura di unadeguata procedura di

controllo in grado di garantire la corretta applicazione del metodo e, dato che

lefficacia dei CND basata principalmente sulla loro ripetibilit, fuor di ogni

dubbio che diventa necessario il rispetto, nella sua interezza, della specifica da

applicare. Quindi per poter raggiungere tale scopo risulta indispensabile che la

conduzione dei CND sia affidata a personale adeguatamente qualificato, di

provata capacit, seriet professionale e che abbia maturato una notevole

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esperienza sul controllo di difettosit che vengono a crearsi nel componente in

esame.

7. Documentazione

Come accennato in precedenza, latto finale di un controllo rapprsnetato dalla

stesura di unapposita documentazione; infatti un esame anche ben condotto,

ma non sufficientemente ed appropriatamente documentato, perde gran parte

della sua validit, in quanto non pu essere confrontabile n con i controlli

precedenti n con quelli futuri.

A tal fine quindi necessario, disporre di una modulistica che risulti in grado di

poter descrivere le informazioni utili alla definizione del tipo di controllo con la

relativa classe di accettabilit e che possa contenere i dati necessari per la

ripetibilit del controllo. Di seguito sono riportati alcuni esempi di

certificazione redatti in conformit con le normative ASME.

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CONTROLLLI CON LIQUIDI PENETRANTI CE/LP Foglio
CERTIFICATO DI ESAME ..................................... Sheet ........of.........
PENETRANT TEST EXAMINATION REPORT Data (Date):

CLIENTE: factory
customer: ITEM

OGGETTO IN ESAME Item examinated

OGGETTO IN ESAME
item examined
PART. CONTR. EST. INT.
part examined external internal
PROCESSO DI PRODUZIONE MATERIALE
production processing material
STADIO DI LAVORAZIONE DISEGNO
working processing drawing
CONDIZIONI SUPERFICIALI CONTR. VISIVO TEMP. SUPERFICIALE C
surface condition Visual check OK NO surface temperature

PRODOTTI USATI - liquid penetrant grouping


sgrassante penetrante sviluppatore lampada di wood
degreasing penetrant developer wood light
Tipo colorato fluorescente polvere liquido
type colored fluorescent powder liquid
Marca CGM CGM CGM
trade mark
Sigla VELNET ROTVEL ROTRIVEL
initials
Caratterist. diluibile diluizione calibrazione
caracteristic that can be diluted dilution calibration
acqua - water solvente - solvent H2O solv.

PROCEDURA D'ESAME - test procedure


NORME DI RIFERIMENTO ASME Sez. V atr. 6 ACCETTABILITA': ASME Sez. VIII div. 1 app. 8
reference specification Proc. I8 (CQ) Rev. 0 acceptance standars
PREPULIZIA APPLICAZIONE PENETRANTE LAVAGGIO
precleaning penetrant application excess penetrant removal
MECCANICA IMMERSIONE TEMPO DI PENETRAZIONE
mechanics immersion penetration time CON ACQUA
CHIMICA PENNELLO with water
chemistry brush CON SOLVENTE
VAPORE SPRUZZATURA min without water
vapour spray

ESSICAZIONE APPLICAZIONE SVILUPPATORE ISPEZIONE PULIZIA FINALE


drying developer application inspection final cleaning
NATURALE TEMPO DI
natural IMMERSIONE SVILUPPO LUCE NATURALE SI NO
AD ARIA immersion dweil time natural light yes no
air SPRUZZO LUCE DI WOOD
A FORNO spray min wood light
oven

RISULTATO D'ESAME Third Party o Customer Remosa


test results : SATISFACTORY
NO RELEVANT INDICATION HAVE
BEEN FOUND.

MI8(CQ)-N1-R0

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CONTROLLI MAGNETOSCOPICI CE/MT Foglio
CERTIFICATO D'ESAME ..................................... ..........di...........
magnetic particle test Data:
Date:

CLIENTE ITEM
customer

OGGETTO IN ESAME
item examined
PART. CONTR. EST. INT.
part examined external internal
PROCESSO DI PRODUZIONE MATERIALE
production processing material
STADIO DI LAVORAZIONE
working processing
CONDIZIONI SUPERFICIALI CONTR. VISIVO
surface condition Visual check OK NO
SCOPO DISEGNO
purpose drawing

NORME DI RIFERIMENTO ASME Sez.V art. 7 ACCETTABILITA' ASME Sez. VIII div. 1 app. 6
reference specification Proc. I10(CQ)R.0 acceptance standard

A GENERATORE RILEVATORE inspection medium


P
P e SECCO dry UMIDO wet FLUORESC fluoresc LAMP.WOOD wood light
A q MARCA marca tr. mark marca trade mark marca tr. mark marca trade mark
R u trade mark
E i CGM
C p TIPO colore colore soluzione sospensione tipo:
C e type color color solution suspension type
H m grigio nero acqua lung. d'onda luce nera
I e MATRICOLA grey black water light wave lrnght
A n serial number bleu rosso olio nm
T t bleu red oil intensit
U DATA CALIBRAZIONE rosso contrasto concentrazione intensity
R calibration red contrast concentr.

A ............... % ........................ W/cm2


METODO DI MAGNETIZZAZIONE magnetizazion method
P PUNTALI CONDUTT. CENTR. GIOCO BOBINA
R CORRENTE CORRENTE CORRENTE MAGNETE CORRENTE
O t current current current magnet current

C e INTENSITA' A INTENSITA' A FLUSSO MAGNETICO AMPERE/ SPIRE


E s intensity intensity magnetic flux ampere/turns

D t DISTANZA PUNTALI DIAMETRO INTERNO DISTANZA POLARITA' DIAMETRO BOBINA


U prods. dist ................ mm internal diam. ..................... mm polar spacing ........................... mm coil diam ............................................ mm

R p CONTROLLO MAGNETIZ. METODO DI INDAGINE METODO SMAGNETIZZANTE MAGNETISMO RESIDUO


A r magnetisation checking Examination method demagnetisation method residual magnetism

o DIRETTO INDIRETTO
DI c direct indirect CONTINUO
e continuos
E d INDICATORE
S u field indicator

A r
BERTHOLD ASME RESIDUO
M e redidual
E
RISULTATO D'ESAME Third Party o Customer Remosa
Test results:

MI10(CQ)-N1-R0

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Liquidi Penetranti
LIQUIDI PENETRANTI

Introduzione e breve storia del metodo

Lispezione mediante liquidi penetranti (LPI) un metodo semplice ed efficace

di indagine superficiale utile all individuazione di cricche, difetti e

discontinuit in genere, per mezzo dellesaltazione della loro visibilit

(altrimenti impossibile allocchio umano per limiti di carattere fisiologico) in

termini di espansione dimensionale e contrasto cromatico o fluorescenza.

La tecnica si basa sulla capacit di un liquido di essere assorbito da una

fessurazione presente sulla superficie del corpo a seguito di fenomeni di

capillarit; lo stesso liquido rimasto intrappolato nella discontinuit soggetto a

richiamo in superficie da parte di una seconda sostanza (detta rivelatore o

sviluppo) che ha la duplice funzione di fungere da sfondo per le indicazioni e

da sede di ulteriori interstizi nei quali il penetrante risale e si espande formando

lindicazione finale che identifica la presenza dellanomalia e ne esalta la

visibilit.

Sebbene lintroduzione industriale del metodo LPI sia relativamente recente

(anni 40), le origini storiche di questa tecnica possono essere fatte risalire

allantichit, considerato che si ha traccia delle osservazioni di fabbri che, in

epoca romana, descrivevano la risalita di liquidi da cricche presenti nei pezzi in

lavorazione.

Pi in generale, i metodi di indagine superficiale sembrano essere i primi ad

essere stati impiegati (in modo empirico e inconsapevole, se si vuole)

considerando che anche limpiego di pezzi di carbone strofinati sulle superfici

delle terrecotte consentivano la visualizzazione di cricche anche molto piccole a

seguito della penetrazione della polvere fine di carbonio sul difetto.

18
Ma il progenitore per antonomasia del metodo LPI certamente il sistema

cosiddetto oil and whiting (letteralmente olio e gesso in polvere) che, sul

finire del 19 secolo, registr una grande diffusione nel controllo di componenti

dellarmamento ferroviario (in particolare ruote). In queste prime grossolane

sperimentazioni, il liquido impiegato era essenzialmente una diluizione in

cherosene di oli pesanti, nei quali i pezzi venivano completamente immersi.

Dopo la rimozione del liquido in eccesso dalla superficie e lapplicazione di una

finissima polvere di gesso sospesa in alcool (il quale evaporando piuttosto

rapidamente lasciava un deposito sottile ed uniforme di gesso), i pezzi

venivano fatti vibrare con robusti colpi di martello in modo tale che il liquido

intrappolato nelle eventuali cricche risalisse in superficie espandendosi sul

gesso.

Tuttavia, dal punto di vista dellapplicabilit industriale, un impulso decisivo

allo sviluppo del metodo fu dato dalla Magnaflux (www.magnaflux.com), societ

americana che negli anni 40 present il sistema di controllo LPI denominato

Zyglo basato sullimpiego di sostanze fluorescenti 1 che, combinate con

opportune sostanze penetranti ed analizzate con luce ultravioletta, fornivano

inequivocabili indicazioni visibili ad occhio nudo sulla presenza di cricche ed

altri difetti superficiali. Il rapido sviluppo di questo tipo di controllo non

distruttivo venne determinato, prevalentemente, dallutilizzo sempre pi

frequente delle leghe leggere, in particolar modo nel settore aeronautico.

Infatti, poich questo tipo di materiali non erano dotati di caratteristiche

ferromagnetiche apprezzabili, era di fondamentale importanza avere a

disposizione un valido controllo non distruttivo che fosse alternativo a quello

magnetoscopico, allepoca gi consolidato.

1
Una sostanza si definisce fluorescente se produce luce quando sottoposta ad energia radiante quale ad
esempio quella generata da raggi X o ultravioletti

19
Il metodo dei liquidi penetranti, ebbe cos un notevole successo grazie alla sua

capacit di evidenziare, in maniera rapida ed affidabile, discontinuit aperte in

superficie quali cricche, porosit, ripiegature, strappi, cricche da fatica e da

trattamento termico.

Ai giorni nostri questa tecnica, pur mantenendosi concettualmente inalterata

rispetto alle primitive applicazioni citate, si avvale di prodotti e tecnologie

molto sofisticate. Tuttavia occorre non dimenticare che essa si limita a fornire

informazioni su discontinuit che risultano aperte in superficie. In caso

contrario, infatti, il liquido non potrebbe penetrare nel materiale, rendendo

impossibile la rilevazione di qualsivoglia difetto.

Perch lispezione LPI migliora la rilevabilit dei difetti?

Rispetto alla semplice ispezione visiva, limpiego di liquidi penetranti rende pi

agevole (o addirittura possibile) la visualizzazione dei difetti da parte

delloperatore. Ci dovuto essenzialmente a due fattori:

1. il metodo LPI produce

unindicazione che, essendo di

dimensioni significativamente

maggiori di quelle del difetto,

molto pi visibile sulla superficie

(molte cricche sono cos piccole e

strette che praticamente

impossibile rilevarle ad occhio nudo). Infatti locchio umano

caratterizzato da una soglia di acuit visiva al di sotto della quale gli

oggetti non possono essere risolti (ossia due elementi distinti fisicamente

appaiono allocchio confusi in ununica macchia). Sebbene il valore di

tale soglia sia fisiologicamente variabile da persona a persona, in soggetti

20
aventi la massima capacit visiva (ossia un visus di 10/10) la minima

dimensione di difetto rilevabile di circa 7/100 di mm.

2. per il modo con il quale strutturato il controllo LPI lindicazione che si

ottiene possiede un elevato livello di contrasto rispetto alla superficie del

pezzo. Per esempio, nei controlli effettuati in luce ordinaria si impiega

una sostanza penetrante rosso brillante che emerge chiaramente sullo

sfondo della sostanza di sviluppo di colore bianco. Se invece si utilizza

un liquido penetrante fluorescente, questo formulato in modo che, una

volta irradiato con una luce ultravioletta, produca delle indicazioni

luminose aventi una lunghezza donda che viene percepita con

particolare facilit dallocchio umano in condizioni di buio.

Per comprendere meglio quanto appena esposto, opportuno analizzare in

maniera pi dettagliata, alcuni aspetti dellapparato visivo umano, perch su

di essi che si basa lefficacia del controllo con i liquidi penetranti.

Acuit visiva dellocchio umano

La struttura dellapparato visivo, descritta nelle figure seguenti, comprende la

presenza di un cristallino, che funge da lente, un robusto rivestimento esterno

detto sclera, una coroide (un tessuto ricco di pigmento nero) e una retina. La

cornea, in materiale trasparente,

ricopre la parte anteriore del globo

oculare e, posteriormente ad essa,

unestensione della coroide forma

liride. Liride, che ricca di

pigmenti ad azione schermante e di

fibre muscolari, regola la quantit di

21
luce che entra nellocchio. Lo spazio compreso tra la cornea e liride riempito

da un liquido trasparente detto umor acqueo. Dietro liride si trova il cristallino

e infine, lumor vitreo, una sostanza gelatinosa che riempie il globo oculare.

La luce penetra nellocchio attraverso la pupilla e attraversa il cristallino il

quale, variando la propria

curvatura, concentra i raggi

luminosi sulle cellule

fotorecettrici della retina.

Nella retina esistono due tipi

di fotorecettori, che, per la loro

forma, sono denominati

bastoncelli e coni. I bastoncelli

hanno un picco di sensibilit per una lunghezza donda di 498 nm (luce blu-

verde) e vengono utilizzati per la visione in condizioni di luce molto fioca. Essi

forniscono una percezione grossolana dei movimenti attraverso la rilevazione

di cambiamenti di intensit luminosa lungo il campo visivo.

I coni invece sono sensibili alla luce intensa e ad essi si deve la nitida visione

diurna e la percezione dei colori; pigmenti presenti in diversi tipi di coni sono

sensibili, rispettivamente, al rosso, al verde e al blu. In particolare, vengono

detti coni di tipo L quelli dotati di pigmenti rossi; essi presentano un picco di

sensibilit per una lunghezza donda di 564 nm. I coni di tipo M, sono dotati di

pigmenti verdi ed hanno un picco di sensibilit in corrispondenza di una

lunghezza donda di 533 nm, mentre i coni di tipo S, possiedono dei pigmenti

blu e manifestano il loro picco di sensibilit per una lunghezza donda di 437

nm.

I coni si addensano spazialmente in una depressione conica situata quasi al

centro della retina e detta fovea, in corrispondenza della quale il tessuto

nervoso pi sottile. La concentrazione dei coni, che di circa 180.000 per

22
millimetro quadrato nella regione della fovea, diminuisce rapidamente quando

ci si pone al di fuori di essa fino a valori di circa 5000 per millimetro quadrato e

in corrispondenza del punto cieco, zona nella quale localizzato il nervo ottico,

non sono pi presenti fotorecettori.

Lacuit visiva, ovvero la capacit di distinguere due punti adiacenti nello

spazio, si deve soprattutto ai coni della fovea.

Per quanto riguarda laltro tipo di recettori (i bastoncelli) essi sono caratterizzati

dalla presenza, nelle loro membrane, di molecole di una sostanza sensibile alla

luce: la rodopsina. Lassorbimento della luce causa la scissione di tale molecola

e, come conseguenza, si ha una variazione della differenza di potenziale fra i

due lati della membrana. Questa variazione, segnala la presenza di luce ai

neuroni vicini, i quali inviano segnali a delle cellule nervose dotate di lunghi

assoni che confluiscono assieme a formare il nervo ottico. Attraverso il nervo

ottico, i segnali raggiungono il talamo e quindi i centri di elaborazione presenti

nel cervello.

Loftalmologia definisce acuit visiva normale la capacit di risolvere due oggetti

distinti separati da un angolo visivo di 1/60 di grado e tale limite di risoluzione

spaziale dipende dal fatto che la lente proietta ogni grado di una scena

attraverso 288 m della retina.

In tale regione spaziale sono presenti circa 120 coni, sensibili al colore. Dunque,

se si hanno pi di 120 linee bianche e nere alternate, disposte fianco a fianco in

un singolo grado dello spazio visivo, esse appariranno allocchio umano come

una macchia grigia.

Con una semplice analisi trigonometrica, possibile calcolare la risoluzione

dellocchio ad una specifica distanza dal cristallino.

Nel caso di un soggetto avente una normale acuit visiva, langolo di 1/60 di

grado. Bisecando langolo si ottengono due angoli pari a 1/120 di grado e, se si

considera il triangolo ABC, poich noto il valore di /2 e della distanza d, si

23
pu determinare il segmento x/2, ovvero la massima dimensione risolvibile, per

quel valore di d, mediante la relazione:


x
= d tg
2 2
Quando si osserva un oggetto al fine di localizzare la presenza di eventuali

difetti, la distanza d necessaria ad una analisi confortevole di circa trenta

centimetri. Inserendo tale valore nella formula precedente, si ottiene che la

normale risoluzione dellocchio umano di 0.076 millimetri. Pertanto, se in

questo range loggetto in esame fosse costituito di linee bianche e nere alternate,

la maggior parte delle persone non riuscirebbe a percepire altro che una

indistinta macchia grigia.

Sensibilit al contrasto dellocchio umano

Nellesecuzione di un controllo con liquidi penetranti la sensibilit dellocchio

al contrasto diventa di fondamentale importanza per distinguere

unindicazione di difettosit dallo sfondo costituito dalla superficie del pezzo.

In generale, per contrasto si intende la differenza tra il colore (o la tonalit)

delloggetto che si sta osservando (le indicazioni nel caso del controllo LPI) e il

colore (o la tonalit) dello sfondo. Riducendo la differenza nelle tonalit di

colore, si peggiora il contrasto e, conseguentemente, diminuisce la percettibilit

delloggetto osservato quindi, dal punto di vista fisico, la sensibilit al

24
contrasto, pu essere pensata come una misura di quanto unimmagine pu

essere sbiadita prima che diventi indistinguibile rispetto ad un campo

uniforme circostante.

E stato determinato sperimentalmente che la minima differenza che locchio

umano pu distinguere nella scala del grigio, circa il 2% della luminosit

totale; si altres osservato che la sensibilit al contrasto funzione del formato

e della frequenza spaziale delle caratteristiche dellimmagine.

Tuttavia, il legame con tali caratteristiche, non diretto, infatti, spesso oggetti

grandi non sono pi facilmente visibili di altri piccoli, a causa di un basso

livello del contrasto.

Per chiarire questi concetti, si faccia riferimento alla figura seguente nella quale

la luminosit dei pixel varia sinusoidalmente in direzione orizzontale mentre, la

frequenza spaziale, aumenta con legge esponenziale da sinistra verso destra.

Inoltre, il contrasto diminuisce con

legge logaritmica passando dal 100%

nella parte inferiore a circa lo 0,5%

nella parte superiore.

La luminosit delle linee chiare e

scure rimane costante lungo un dato

percorso orizzontale. Se la percezione

del contrasto dipendesse solo dalleffettivo contrasto dellimmagine, la

successione di barre chiare e scure alternate mostrerebbe la stessa altezza

dappertutto nellimmagine. In realt le barre appaiono pi alte nel centro

dellimmagine, a dimostrazione del fatto che anche la frequenza influenza la

sensibilit al contrasto.

Un fattore importante che

influenza la sensibilit al

25
contrasto legato alla risposta dell occhio umano medio ai vari tipi di luce, che

a sua volta dipende dal tipo di fotorecettore impegnato.

Nella figura, la curva a destra, mostra la risposta dellocchio nelle normali

condizioni di illuminazione ed detta risposta fotopica. In tali circostanze, sono

i coni a permettere la visione, in quanto i bastoncelli diventano soprasaturi e

non trasmettono alcun segnale. La soprasaturazione, dipende dal fatto che i

bastoncelli sono molto sensibili poich permettono la visione in condizioni di

luce fioca. La curva della risposta fotopica, presenta un picco in corrispondenza

di una luce avente lunghezza donda di 555 nm, il che significa, che in

condizioni di normale illuminazione, locchio pi sensibile ad un colore giallo-

verdastro. Viceversa, in condizioni di luce fioca, cio in condizioni di visione

crepuscolare o notturna, la risposta dellocchio cambia significativamente; a tale

tipo di visione, associata una curva di risposta detta scotopica, che nella figura

si trova a sinistra.

In tali condizioni, i bastoncelli sono attivi e locchio pi sensibile alla luce

anche se, tuttavia, a questo incremento di sensibilit verso la luce, si

accompagna una minore sensibilit alla gamma dei colori. I bastoncelli, infatti,

pur essendo particolarmente sensibili alla luce possiedono un solo tipo di

pigmento, e questo determina una ridotta percezione dei colori.

Per quanto concerne il controllo LPI, numerosi studi hanno messo in evidenza

come la risposta dellocchio ad unilluminazione tipica di una cabina di

controllo per liquidi penetranti presenti un picco in corrispondenza di una

lunghezza donda di 550 nm il che significa che, in queste condizioni, locchio

pi sensibile ad un colore verde-giallastro. Ci ha condizionato in modo

decisivo lo sviluppo di sostanze penetranti fluorescenti che, essendo in grado di

emettere luce circa a queste lunghezze donda fanno si che locchio che osserva

sia nelle condizioni di massima sensibilit e quindi aumentano (seppur in modo

indiretto) la probabilit di rilevare i difetti.

26
Schema della procedura di controllo con liquidi penetranti

In linea di principio la procedura di controllo con i liquidi penetranti

estremamente semplice e consta di 6 passi:

1. Pulizia e preparazione della superficie da ispezionare

2. Applicazione del liquido penetrante e attesa del tempo di penetrazione

3. Rimozione del penetrante in eccesso

4. Applicazione del rivelatore

5. Osservazione della superficie ed esame delle indicazioni

6. Pulizia per riportare la superficie alle condizioni iniziali

Tuttavia ciascuna fase presenta un certo grado di criticit e possono essere

presenti alcune opzioni che devono essere valutate attentamente in ragione del

livello di sensibilit atteso, del tipo di materiale testato, del costo della prova

etc. (vedi diagramma successivo)

27
Sostanze alcaline Vapore Sgrassaggio Solventi Agenti chimici

Pulizia meccanica Sverniciatura Ultrasuoni


1. Pulizia

Asciugare

Applicazione
2. Applicazione Penetrante Penetrante

Tempo di
Attesa

3. Rimozione Penetrante
in Eccesso Lavare con acqua

Asciugare Rivelatore
(acquoso)

4. Applicazione Rivelatore

Rivelatore Rivelatore Asciugare


(non acquoso) (secco)

5. Ispezione Ispezione

Risciacquo Lavaggio meccanico

6. Post-pulizia Asciugare

Sgrassatura Bagno
a vapore Solvente ad ultrasuoni

28
1. Preparazione della superficie

Uno dei passi pi critici nel processo di analisi coi liquidi penetranti, la

preparazione della superficie da testare.Tutti gli elementi estranei al pezzo quali

vernici, sporcizia, residui di fusione, lacche, olii, placcature, grassi, ossidi, cere,

decalcomanie, ruggine, residui di eventuali precedenti controlli con liquidi

penetranti, ecc. devono essere accuratamente rimossi in modo che gli eventuali

difetti presenti abbiano sbocco sulla superficie. Infatti rivestimenti quali la

vernice, per esempio, essendo molto pi elastici del metallo non si fratturano

anche se appena sotto di essi vi un grosso difetto. Inoltre se le parti da

analizzare sono state lavorate di recente alle macchine utensili, possibile che

sulla superficie siano presenti dei ricalcamenti di metallo che ostruiscono lo

sbocco dei difetti alla superficie. In tal caso lo strato di metallo deve essere

rimosso prima del controllo. Invece altri agenti, come ad esempio i residui di

precedenti controlli con liquidi penetranti precedenti pur avendo un effetto

meno evidente, possono ugualmente pregiudicare lesame in maniera

determinante. Per questi motivi si rende fondamentale eseguire unaccurata

pulizia della superficie da esaminare. La pulizia pu essere effettuata con

metodi meccanici (ad es. spazzolatura, smerigliatura, sabbiatura ecc.) chimici

(solventi o prodotti analoghi) o, pi frequentemente, con una combinazione di

entrambi.

Tuttavia importante selezionare il metodo e le sostanze opportune affinch

esse non abbiano ad interferirei in alcun modo con lesito del test; ad esempio,

stato osservato che alcuni prodotti alcalini possono alterare i risultati se

contengono silicati in concentrazioni superiori allo 0,5%. In particolare, il

metasilicato di sodio, il silicato di sodio e i silicati in generale, possono aderire

alla superficie da esaminare formando un rivestimento che impedisce al liquido

penetrante di entrare nei difetti. Anche alcuni saponi domestici e detersivi

29
commerciali possono ostruire i difetti e/o ridurre la bagnabilit del metallo,

riducendo cos la sensibilit dellesame. Quando si devono analizzare materiali

teneri, occorre prestare attenzione anche ai lavaggi con acqua bollente perch

potrebbero dar luogo a deformazioni potenzialmente in grado di ostruire i

difetti.

Al termine della pulizia la superficie deve risultare asciutta e pulita, in modo

tale da fornire un substrato ottimale alla successiva fase di applicazione del

liquido.

2. Applicazione del liquido penetrante

Generalit

Le sostanze che vengono attualmente impiegate nelle ispezioni LPI sono

certamente molto pi sofisticate del kerosene e della polvere di gesso impiegate

nel secolo scorso per ispezionare i componenti ferroviari e grande cura si pone

nella realizzazione di formulazioni tali da conseguire il livello di sensibilit

desiderato dalloperatore.

Da un punto di vista assolutamente generale, tutte le sostanze penetranti

devono essere caratterizzate da alcuni requisiti base:

Devono essere facilmente spruzzabili sulla superficie per fornire una

copertura totale ed uniforme

Devono poter essere drenate dal difetto per azione capillare

Devono restare intrappolate allinterno del difetto ma nel contempo

essere facilmente rimovibili dal resto della superficie.

Devono restare fluide durante tutta la durata della prove per poter essere

richiamate alla superficie durante la fase di sviluppo

Devono essere altamente visibili (o fluorescenti) per poter produrre

indicazioni facilmente rilevabili

30
Non devono essere pericolose o nocive per loperatore che le maneggia

Non tutti i tipi di penetrante svolgono lo stesso tipo di azione (e non sono

nemmeno progettati per farlo) e, nel tempo, le aziende produttrici hanno

sviluppato una variet di prodotti che si indirizzano alle pi diverse

applicazioni industriali. Alcune di queste richiedono la rilevabilit di difetti il

pi piccoli possibile, mentre in altre la dimensione limite per laccettabilit del

difetto pu essere pi elevata e dunque la composizione del penetrante dovr

essere adeguata di conseguenza, considerato che se il penetrante

estremamente sensibile, la prova sar affetta dalla presenza di un

elevatissimo numero di indicazioni irrilevanti.

Le caratteristiche dei materiali penetranti sono definite e classificate in

numerose specifiche industriali e governative: attualmente negli USA la

specifica di riferimento la AMS 2 2644 tuttavia, storicamente, il primo

documento compiuto sulle sostanze LPI stato il Military Standard 25135.

Esistono anche normative pi settoriali (come ad esempio la norma ASTM 3

1417 o altre) ma queste spesso si rifanno in modo pi o meno esteso agli

standard precedentemente citati.

Scelta del tipo di penetrante

La scelta dei materiali da impiegare per lesecuzione di un controllo coi liquidi

penetranti pu avvenire solo dopo la valutazione di una serie di fattori che

riguardano la sensibilit richiesta, il tipo di materiale da testare, il numero dei

componenti da testare, lestensione della superficie da controllare e la

portabilit poich, come gi accennato, esiste una grande variet di penetranti e

sviluppatori ciascuno dei quali maggiormente indicato per specifiche

applicazioni.

2
Aerospace Material Specification
3
American Standard for Testing Materials

31
Usualmente le sostanze penetranti si classificano in due grandi categorie:

Tipo 1 Penetranti fluorescenti

Tipo 2 Penetranti visibili

Nei penetranti visibili, alla sostanza base viene aggiunta una certa quantit di

pigmento rosso in modo tale da garantire una colorazione sufficientemente

intensa anche quando la quantit di penetrante coinvolta nella formazione

dellindicazione ridotta ( questo il caso delle discontinuit strette e poco

profonde). Invece i penetranti fluorescenti contengono una o pi sostanze che si

illuminano quando sono sottoposte allazione della luce ultravioletta, fornendo

cos chiare e nitide indicazioni luminose su sfondo scuro quando i pigmenti

sono sottoposti allazione di una radiazione ultravioletta (lampada di Wood).

Dunque, quando il requisito pi importante del controllo la sensibilit, la

prima opzione da valutare se conviene usare un penetrante fluorescente

oppure uno visibile, tenendo in considerazione la possibilit di ottenere un

risultato estremamente rumoroso se la superficie porosa o molto rugosa.

In generale si pu affermare che per indicazioni scure di diametro superiore a

0,076 millimetri avere un contrasto pi o meno elevato , di fatto, ininfluente

ma se lindicazione caratterizzata da un diametro inferiore a tale valore essa

non rilevabile anche se si ha uno sfondo chiaro ed un altro contrasto, mentre

risulter apprezzabile se lindicazione chiara su sfondo scuro.

Appare dunque chiaro che un liquido penetrante fluorescente superiore ad

uno visibile quando si vogliono individuare difetti di dimensioni ridotte.

Viceversa, quando lesame volto allindividuazione di difetti relativamente

grandi e non necessaria unelevata sensibilit che darebbe luogo a numerose

indicazioni irrilevanti, oppure quando la rugosit della superficie da analizzare

elevata o i difetti sono situati in zone particolari quali i giunti saldati, i

penetranti visibili si dimostrano certamente pi indicati.

32
Peraltro questi ultimi non necessitano di un ambiente buio in cui effettuare

lanalisi delle indicazioni con luce ultravioletta e, pertanto, sono anche pi

semplici da utilizzare.

Unulteriore classificazione dei penetranti che si basa sulle loro caratteristiche di

sensibilit la loro abilit a mettere in evidenza discontinuit piccole e sottili,

che, in generale, possono porre dei problemi per quanto attiene il loro

rilevamento a causa della difficolt del liquido a penetrare e della modesta

quantit di sostanza che concorre a formare lindicazione. La capacit di

penetrazione, infatti, diminuisce quanto pi la composizione del penetrante si

allontana dalle condizioni naturali, rappresentate dalla base derivata dal

petrolio. A tale proposito importante osservare che laggiunta di eccipienti,

quali pigmenti ed agenti emulsificanti, rende il prodotto pi carico, e quindi

di pi difficoltosa introduzione in cricche sottili.

Per tale motivo, i penetranti fluorescenti sono solitamente caratterizzati da

prestazioni superiori a quelli colorati poich, per assicurare la visibilit, essi

richiedono una minore quantit di sostanza fluorescente rispetto a quella

colorata. In altre parole, il penetrante fluorescente meno carico di quello

colorato e dunque, possiede una mobilit superiore, che gli permette di inserirsi

pi facilmente di un penetrante colorato nelle fenditure sottili.

In sostanza, i penetranti rimovibili con solvente e quelli post-emulsificabili sono

avvantaggiati rispetto a quelli autolavanti. In assoluto, i penetranti migliori

sono quelli rimovibili con solvente, infatti i penetranti post-emulsificabili, non

contengono lemulsificante nella fase di penetrazione, mentre lo possiedono

nella fase di assorbimento che, per questo motivo, pu essere meno agevole.

I penetranti rimovibili con solvente, invece, mantengono le loro caratteristiche

invariate sia nella fase di penetrazione che in quella di assorbimento.

33
Riassumendo, la sensibilit nei confronti di discontinuit sottili e poco

profonde, cresce passando dai penetranti colorati a quelli fluorescenti e, in

ciascuna categoria, da quelli autolavanti a quelli rimovibili con solvente.

Per classificare i penetranti in base alla sensibilit, si fa spesso ricorso alla scala

sintetica messa a punto dalla US Air Force Materials Laboratory che definisce 5

livelli di sensibilit

Livello 1/2 Sensibilit ultra-bassa

Livello 1 Sensibilit bassa

Livello 2 Sensibilit media

Livello 3 Sensibilit alta

Livello 4 Sensibilit ultra-alta

La procedura impiegata per definire questa scala fa uso di provini in titanio ed

Inconel caratterizzati dalla presenza di cricche superficiali prodotte a seguito di

azioni di fatica a basso numero di cicli. La luminosit proveniente da ciascun

difetto individuato stata misurata sperimentalmente con un fotometro.

Procedura operativa per lapplicazione dei penetranti

Dal punto di vista operativo, lapplicazione del penetrante sulla superficie da

testare pu essere realizzata mediante spruzzatura, spennellatura o

immersione. La spruzzatura

mediante bombolette spray risulta

essere certamente il sistema pi

semplice e portabile e garantisce una

certa facilit di stoccaggio, tuttavia quando la geometria del pezzo

particolarmente complessa e si potrebbero avere delle difficolt a raggiungere

col getto alcune regioni di interesse, limmersione il solo sistema in grado di

assicurare la massima uniformit di applicazione. In generale, di per s il

metodo scelto non influenza la sensibilit del controllo tuttavia, risultati

34
lievemente migliori sono stati riscontrati nel caso di applicazioni tramite

spruzzatura elettrostatica. In ogni caso vitale che il penetrante costituisca uno

strato uniforme esteso a tutta la superficie da esaminare. Nel caso di zone di

ampiezza limitata (come ad es. saldature), larea ricoperta dal liquido deve

estendersi per circa 25 mm oltre il margine delle zone stesse.

3. Tempo di penetrazione

Una volta che la parte da esaminare stata ricoperta occorre attendere un certo

lasso di tempo, detto tempo di penetrazione, che necessario a consentire il

massimo assorbimento possibile per capillarit da parte del difetto.

Esistono, fondamentalmente, due modi di trattare il pezzo nella fase di

penetrazione: il primo, consiste nel mantenere il pezzo immerso nel penetrante

durante tale tempo mentre il secondo non prevede apporto di ulteriore

penetrante. Inizialmente, il primo metodo veniva considerato come pi

sensibile, anche se meno economico perch si doveva lavare via pi penetrante

in eccesso. Il ragionamento che portava a considerare tale metodo pi sensibile

era che il penetrante si mantenesse pi fluido e, quindi, pi mobile in quanto

non perdeva per evaporazione i componenti volatili e, a motivo di ci, ci fosse

una maggiore probabilit di riempimento dei difetti. Tuttavia successive

sperimentazioni hanno dimostrato il contrari infatti il penetrante a contatto con

latmosfera fa evaporare i componenti volatili, e di conseguenza aumenta la

concentrazione di pigmenti nei difetti che dunque sono potenzialmente pi

visibili. Il tempo di penetrazione, che solitamente suggerito dai produttori

oppure dalle norme adottate, funzione di parametri quali:

Tensione superficiale del liquido penetrante

Angolo di contatto del liquido penetrante

Viscosit del liquido penetrante

Pressione atmosferica allapertura del difetto

35
Pressione capillare

Pressione del gas bloccato nel difetto

Raggio del difetto o distanza fra le pareti del difetto

Densit del liquido penetrante

Propriet microstrutturali del liquido penetrante

Il tempo di penetrazione ideale pu essere stabilito anche tramite esperimenti

specifici per lapplicazione che si deve effettuare ma, in generale, sempre

compreso tra i 5 e i 60 minuti. Anche se di solito non dannoso prolungare il

tempo di penetrazione oltre quello raccomandato, con alcune sostanze esiste il

rischio che si verifichino principi di essiccamento che potrebbero rendere

difficoltosa la fuoriuscita del penetrante stesso nella fase di assorbimento da

parte del rivelatore.

Nella seguente tabella sono riportati, a titolo di esempio, i requisiti ed il tempo

di penetrazione di differenti penetranti, per provini in acciaio.


Tempo di penetrazione Tempo di penetrazione per
Norma di per penetrante penetrante post-
Tipo di pezzo Discontinuit
riferimento autolavante emulsificabile
(minuti) (minuti)
Getti Porosit 5-10 10
Estrusi/Forgiati
Ricalcamenti NR 4 10
Military-
Mancanza di
Technical- 30 20
Saldature fusione
Order-33B-1-
1 Porosit 30 20
Cricche 30 20
Tutti
Cricche da fatica NR 30
Getti Porosit 30
Estrusi/Forgiati Ricalcamenti 60
ASME-Boiler-
Mancanza di
and-Pressure- 60
Saldature fusione
Vessel-Code
Porosit 60
Tutti Cricche 30
Getti Porosit 5 5
Estrusi/Forgiati Ricalcamenti 10 10
ASTM-E- Mancanza di
5 5
1209/-E-1210 Saldature fusione
Porosit 5 5
Tutti Cricche 5 5

4
NR: Tempo non suggerito per tale metodo di esame

36
Al termine del tempo di penetrazione, si deve procedere alla rimozione di tutto

il penetrante che non sia quello intrappolato nelle discontinuit.

4. Rimozione del penetrante in eccesso

Questa loperazione pi delicata e

critica dellintero processo di

ispezione LPI, poich leccesso di

penetrante che presente sul

componente deve essere rimosso

totalmente ma allo stesso tempo

occorre prestare molta attenzione a non eliminare anche porzioni di liquido

intrappolate nei difetti.

Poich i liquidi penetranti sono prodotti a base di petrolio, essi non possono

essere asportati agendo direttamente con lacqua e dunque la loro rimozione

dalla superficie del pezzo richiede una delle seguenti condizioni:

limpiego di un solvente capace di sciogliere il penetrante

lemulsificazione del penetrante (tramite laggiunta di una sostanza

chiamata agente emulsificante che lo renda asportabile da un lavaggio

con acqua).

Quindi, la normativa classifica i penetranti (per quanto concerne il metodo di

rimozione) in:

Metodo A Lavabile con acqua

Metodo B Post emulsificabile, lipofilo

Metodo C Rimovibile con solvente

Metodo D Post emulsificabile, idrofilo

Se il liquido penetrante non incorpora lagente emulsificante, come detto, esso

non pu essere rimosso con lacqua e pertanto deve essere sciolto con un

solvente oppure mediante laggiunta di tale agente. Lapplicazione

37
dellemulsificante, pu essere compiuta dopo lapplicazione del penetrante

sulla superficie e prima dellapplicazione del rivelatore. Un penetrante che

necessita dellaggiunta, da parte delloperatore, dellemulsificante, detto post-

emulsificabile.

Nel caso in cui lagente emulsificante venga aggiunto al penetrante dal

fabbricante allatto della produzione, il penetrante si definisce autolavante

(metodo A).

In questo caso il penetrante (indicato anche come auto-emulsificante) pu

essere rimosso con della semplice acqua corrente. I penetranti appartenenti alla

categoria dei post-emulsificabili (metodi B e D) possono essere lipofili od

idrofili a seconda che la sostanza sia solubile nellolio o solubile nellacqua.

I prodotti post-emulsificabili lipofili (sia penetranti che emulsificanti), sono

costituiti da sostanze a base oleosa e vengono forniti pronti alluso, mentre

quelli idrofili, che utilizzano come emulsionante un detersivo solubile in acqua,

sono commercializzati sotto forma di concentrato da diluire in acqua prima

delluso.

Gli emulsionanti lipofili, sono stati introdotti verso la fine degli anni 50 ed

esplicano sul penetrante, sia unazione chimica che unazione meccanica; infatti,

dopo che lemulsificante ha ricoperto il penetrante, tramite lazione meccanica

di un getto dacqua possibile rimuovere il penetrante in eccesso perch

durante il tempo di emulsificazione lemulsionante diffonde nel penetrante

trasformandolo in un penetrante del tipo autolavante. Anche gli emulsionanti

idrofili, rimuovono il penetrante in eccesso con una duplice azione meccanica e

chimica, solo che lazione chimica differente, infatti, in tal caso non si hanno

fenomeni di diffusione.

38
Gli emulsionanti idrofili, di base, sono dei detersivi che contengono solventi e

agenti tensioattivi. Essi frammentano lo strato di penetrante in minuscole

goccioline e impediscono che queste si ricongiungano fra loro o si riattacchino

alla superficie. Successivamente, tali goccioline vengono rimosse dallazione di

un getto dacqua.

Gli emulsificanti idrofili, introdotti a met degli anni 70, si sono dimostrati

subito pi efficaci di quelli lipofili, tanto da renderli obsoleti; il loro principale

vantaggio una ridotta sensibilit alle variazioni del tempo di rimozione e

contatto.

Tuttavia, sempre importante controllare il tempo di emulsificazione, ovvero il

tempo per cui si lascia agire lemulsificante poich questo si dispone sul

penetrante e si muove verso la superficie del pezzo, andando ad emulsificare lo

strato di penetrante sottostante. Controllando il tempo di emulsificazione, si fa

in modo da emulsificare solo il penetrante che sta in superficie e non quello che

si trova nei difetti che, per questo motivo, non sar lavabile con lacqua e

rimarr nelle fessure in cui si era precedentemente disposto. Riassumendo,

tempi di emulsificazione troppo brevi non permettono la rimozione di una

adeguata quantit di penetrante in eccesso, mentre al contrario tempi troppo

lunghi possono portare allemulsificazione anche del penetrante contentuto nei

39
difetti ed al loro conseguente svuotamento. Quando si ritiene che il tempo

trascorso sia tale da aver garantito la corretta emulsificazione del penetrante

superficiale, la rimozione pu essere effettuata con un getto dacqua.

Difetto pieno Applicazione emulsificante

Penetrante in eccesso Emulsificante

Difetto

Diffusione dell emulsificante Rimozione penetrante in


Soluzione di penetrante eccesso
ed emulsificante Getto dacqua

Penetrante non Penetrante non


emulsificato emulsificato

Nel metodo D, invece, la rimozione richiede lutilizzo di un solvente. La fase di

rimozione del penetrante in eccesso piuttosto critica poich lavaggi incompleti

sono causa della formazione di indicazioni non rilevanti che si formano nelle

zone poco pulite. Da ci pu derivare la difficolt a percepire le indicazioni

provenienti da discontinuit molto piccole e, in generale, una ridotta efficacia

dellesame.

Propriet che influenzano lefficacia di un penetrante

Dopo aver analizzato e discusso le caratteristiche principali che rendono un

liquido penetrante efficace, importante esaminare da quali parametri esse

dipendono e tra queste citiamo:

La capillarit

La tensione superficiale e la capacit di bagnare la superficie

La densit

La viscosit

40
La soglia dimensionale di fluorescenza

La stabilit ultravioletta e termica

Lamovibilit

Capillarit, bagnabilit e tensione superficiale

Il principio fondamentale sul quale si basa il metodo LPI, la penetrazione di

una sostanza liquida, per azione capillare, allinterno dei difetti che sfociano in

superficie.

La capillarit pu essere immaginata come una sorta di forza aggiuntiva che

spinge il liquido attraverso le fessure strette, agevolandone la penetrazione

allinterno. Tale fenomeno pu essere facilmente messo in evidenza attraverso

lesperienza riportata in figura:

D1 D2 D3

Tre tubi, di diametro diverso, sono immersi in un recipiente contenente un

liquido: nel tubo di diametro maggiore il liquido si porta alla stessa altezza del

suo pelo libero nel recipiente; nel tubo di diametro medio sale un po oltre il

livello del pelo libero mentre, nel tubo di piccolo diametro, sale

apprezzabilmente oltre. Questo comportamento, che si manifesta solo nei tubi

di piccolo diametro ed in modo tanto pi evidente quanto pi piccolo il

diametro, ha origine dalla mutua interazione delle molecole del fluido tra loro e

41
con il recipiente nel quale vengono immesse. In particolare si definisce forza di

coesione la risultante delle forze di interazione molecolare su una molecola se

questa si sviluppa fra molecole identiche) o forza di adesione se si sviluppa fra

molecole diverse

forze di coesione tengono insieme le sostanze

forze di adesione fanno attrarre sostanze diverse (acqua su vetro

La condizione di equilibrio di un

fluido in presenza di pi sostanze

determinata dalla reciproca

intensit delle forze di adesione e

coesione. Si prenda in esame, ad

esempio, il caso di un fluido a

contatto con la parete solida del contenitore (acqua in un bicchiere a contatto

con laria). Le molecole di un liquido in vicinanza della parete sentono la forza

di coesione del fluido Fc diretta verso linterno del fluido, la forza di adesione

liquido-gas Fa,a , diretta verso linterno del gas, la forza d adesione liquido-

solido Fa,s , diretta verso l interno del solido. La Fa,a cos debole da poter essere

trascurata. Le restanti due forze, vista la loro direzione e verso, non possono

avere risultante nulla, quindi allequilibrio la superficie libera del fluido deve

essere ortogonale alla risultante delle forze agenti.In definitiva si possono avere

due casi:

42
Fa > Fc Fa < Fc

in questo caso si ha innalzamento del in questo caso si ha allontanamento del


liquido lungo la parete e si dice che il liquido dalla parete e si dice che il liquido
liquido bagna la superficie non bagna la superficie

Nel primo caso langolo formato tra la tangente al menisco nel punto di

contatto e la direzione della parete minore di 90, mentre nel secondo caso

maggiore.

Alcuni esempi di angoli risultanti tra diversi accoppiamenti solido-liquido sono

riportati di seguito:

Acqua-vetro (A) = 0

Benzina-vetro = 26

Acqua-paraffina = 107

Acqua-teflon (B) = 127

Mercurio-acqua = 140

43
In sintesi, nel momento in cui il liquido penetrante viene depositato sulla

superficie da testare, se allinterfaccia solido-liquido la forza con cui le molecole

del liquido sono attratte da quelle della superficie solida (bagnatura),

superiore alla forza con cui le molecole si attraggono tra di loro (tensione

superficiale) cio le forze adesive sono pi forti di quelle coesive, il liquido

bagner la superficie. Al contrario, se la forza con cui le molecole si attraggono

tra di loro superiore alla forza con cui la superficie attrae le molecole, il

liquido rimarr sotto forma di gocce e non bagner la superficie stessa.

Pertanto, tensione superficiale e bagnatura agiscono in senso opposto, ma nei

liquidi penetranti necessario che prevalga la bagnatura. Affinch un liquido

penetrante sia efficace dovrebbe avere un angolo di contatto il pi piccolo

possibile. Infatti, nella realt, tale angolo, per la maggior parte dei penetranti,

molto vicino al valore di zero gradi. Appare intuitivo che un buon liquido

penetrante debba possedere ottime caratteristiche di bagnabilit, in modo tale

da ricoprire liberamente la superficie delloggetto in esame, e non presentarsi

sotto forma di goccioline.

Si ricorda, per completezza, che la tensione superficiale () definita come lenergia

richiesta per aumentare larea della superficie del liquido di una unit (si misura

pertanto in J/m2 oppure in N/m)

44
Il liquido penetrante, come gi accennato in precedenza, guidato allinterno

della fessura dallazione della forza capillare F; essa funzione della tensione

superficiale allinterfaccia liquido-gas, dellangolo di contatto e di parametri

geometrici relativi alla fessurazione. In particolare, per un difetto a geometria

cilindrica, si ha:
F = 2r LG cos

dove

r raggio dellapertura
LG tensione superficiale allinterfaccia liquido gas
angolo di contatto

possibile definire anche una pressione capillare (pc), ottenuta dal rapporto

tra la forza capillare e larea su cui essa agisce. Nel caso particolare di un tubo a

sezione circolare si ha:


2r LG cos 2 LG cos
pc = =
r 2 r

Sebbene le suddette equazioni, siano state espresse nel caso semplice di un

difetto a geometria cilindrica, bene sottolineare che le relazioni tra le variabili

permangono anche in casi pi generali. Tuttavia si deve tener presente che

lespressione della pressione capillare valida solo quando esiste un contatto

simultaneo del penetrante su tutta la lunghezza dellapertura, e la superficie del

liquido risulti essere equidistante dalla superficie del pezzo. Occorre, peraltro,

ricordare che talvolta, la superficie del liquido penetrante pu presentarsi

irregolare a causa della particolare conformazione delle pareti del difetto e, in

questo caso la pressione capillare espressa dalla seguente relazione

2( SG SL ) 2
pc = =
r r

45
nella quale

SG Tensione superficiale allinterfaccia solidogas


SL Tensione superficiale allinterfaccia solidoliquido
r Raggio dellapertura
(=SG -SL ) Tensione di adesione

Quindi in alcuni casi la tensione di adesione (ossia la forza che si manifesta

sulla linea di contatto liquido-solido in direzione del solido) ad essere la

principale responsabile del movimento del liquido penetrante nel difetto e non

la tensione superficiale allinterfaccia liquido-gas. importante sottolineare che

la bagnabilit del liquido penetrante, decade considerevolmente quando la

tensione di adesione la forza di azionamento primaria.

Osservando le equazioni, si pu anche notare come le caratteristiche di

bagnabilit del liquido penetrante, siano fondamentali per il riempimento del

difetto; infatti il liquido penetrante, continua a riempire il difetto finch non si

manifesta una forza che contrasta la forza capillare. Questa forza, solitamente,

data dalla pressione del gas che rimane intrappolato nel difetto a causa del fatto

che esso comunica con lesterno solo da una parte. Infatti, il gas che presente

in esso viene intrappolato dal penetrante, attraverso il quale non pu passare, e

compresso contro il lato chiuso del difetto.

Poich langolo di contatto dei liquidi penetranti molto prossimo allo zero,

sono stati formulati vari metodi per valutare le loro caratteristiche di

bagnabilit, il pi semplice dei quali consiste nel misurare laltezza che un

liquido raggiunge in un tubo capillare. Tuttavia, linterfaccia solida in tale

metodo , in genere, di vetro e pertanto, non riproduce adeguatamente la

superficie su cui il penetrante dovr agire nella pratica.

Un altro metodo consiste nel misurare, dopo un certo tempo, il raggio, il

diametro oppure la superficie, della macchia che si forma dopo aver versato

46
una goccia di liquido sulla superficie di prova. Utilizzando tali metodi,

influiscono sullesito della prova anche altri parametri, quali la densit, la

viscosit e la volatilit che non compaiono nelle equazioni di capillarit, ma

sono ugualmente importanti.

Densit

La densit (o peso specifico), rappresenta la massa per unit di volume di un

materiale e si misura in [Kgm-3].

stato osservato che la densit ha un effetto trascurabile sulle prestazioni dei

liquidi penetranti, tuttavia importante sottolineare che la forza gravitazionale,

pu agire a favore o contro la forza capillare secondo lorientamento che

possiede il difetto nella fase di penetrazione.

In entrambi i casi, il modulo della forza peso (Fp) del liquido penetrante, si

calcola con la seguente formula:

F p = r 2 hg

nella quale:

r raggio dellapertura
h altezza della colonna di liquido penetrante
densit del liquido penetrante
g accelerazione di gravit

La forza cos ottenuta deve essere sommata alla forza capillare, quando

concorde con essa, perch in tal caso favorisce la penetrazione del liquido,

mentre andr sottratto se discorde, perch, al contrario di prima, ostacola la

penetrazione.

Viscosit

La viscosit dinamica [Pas] rappresenta il coefficiente di proporzionalit tra

gli sforzi tangenziali esistenti in un fluido in moto e la variazione di velocit in

47
direzione normale a quella del moto. La relazione che descrive tale fenomeno

la legge di Newton espressa come segue:


v
=
y

Dove:

sforzo di taglio presente nel fluido


viscosit dinamica
v
variazione di velocit nella direzione y (normale a quella del moto)
y

Esiste anche un altro tipo di viscosit, detta cinematica e cos definita:



=

con:

viscosit dinamica
densit

La viscosit, ha un effetto trascurabile sulla capacit di un liquido penetrante di

insinuarsi nei difetti mentre, influisce sulla velocit di riempimento degli stessi.

A questo riguardo possibile osservare che il tempo di penetrazione T per un

vuoto cilindrico e per uno ellittico, pu essere ricavato utilizzando le seguenti

formule:

48
r l a l
b

Vuoto cilindrico:

2l 2
T=
r cos LG

Vuoto ellittico:

2l 2 a2 + b2
T =
LG cos (a + b ) ab

Dove:

l profondit del difetto


viscosit dinamica
r raggio della fessura
LG tensione superficiale allinterfaccia liquido-gas
angolo di contatto
a larghezza del difetto
b larghezza del difetto

Osservando tali equazioni, si pu osservare come il tempo di penetrazione sia

direttamente proporzionale alla viscosit ; inoltre in nessuna delle due

espressioni si tiene conto del gas intrappolato nei difetti chiusi ad una estremit.

49
Soglia dimensionale della fluorescenza

La soglia dimensionale della fluorescenza rappresenta lo spessore minimo che

lo strato di penetrante deve avere per formare unindicazione visibile.

Sebbene tale parametro non sia attualmente regolato in alcun modo dagli

standard tecnici, esso sembra essere molto importante nei confronti della

sensibilit di un liquido penetrante fluorescente, ed esiste un esperimento, che

permette di comprendere tale aspetto.

Due lastre piane di vetro, sulle quali in precedenza stata disposta una goccia

di penetrante fluorescente vengono premute fortemente una contro laltra. Il

liquido, in seguito alla pressione, si espande sulla superficie delle lastre ma, una

volta esposto alla luce nera, non manifesta alcuna fluorescenza. Tale fenomeno,

apparentemente paradossale, non stato compreso completamente fino al 1960,

quando venne introdotto il concetto della transizione delle pellicole sottili per la

risposta della fluorescenza.

Le tipiche dimensioni dei difetti, corrispondono alle soglie dimensionali della

risposta di fluorescenza, che sono caratteristiche di ciascun liquido penetrante.

Il grado della risposta di fluorescenza dipende dallassorbimento delle

radiazioni ultraviolette e questo, a sua volta, dipende dalla concentrazione dei

pigmenti fluorescenti e dallo spessore della pellicola di liquido. Di

conseguenza, la capacit di un liquido penetrante di visualizzare

unindicazione, dipende soprattutto dalla sua capacit di essere fluorescente

nelle condizioni di pellicola sottile.

Le prestazioni dei liquidi penetranti, possono essere previste facendo

riferimento alla seguente equazione che, tuttavia, non tiene conto del fatto che il

liquido opera nelle condizioni di pellicola sottile.

I = I 0 xe Ct

50
Dove:

I intensit della luce emessa


I0 intensit della luce incidente
coefficiente di assorbimento per unit di concentrazione
C concentrazione dei pigmenti fluorescenti
t spessore dello strato assorbente

Qundi lintensit dellenergia trasmessa risulta essere direttamente

proporzionale allintensit della luce incidente e variabile esponenzialmente

con lo spessore dello strato di penetrante e la concentrazione di pigmenti. Di

conseguenza, aumentando la concentrazione dei pigmenti, la luminosit di un

sottile strato di penetrante aumenta. Tuttavia, la concentrazione di pigmenti

non pu essere aumentata oltre una certa soglia, perch valori troppo elevati

potrebbero penalizzare la luminosit stessa.

Stabilit ultravioletta e termica delle indicazioni

Lesposizione a luce ultravioletta intensa ed a temperature elevate pu avere un

effetto negativo sulle indicazioni ottenute con liquidi penetranti fluorescenti,

infatti le sostanze fluorescenti possono perdere la loro luminosit dopo un

periodo di esposizione a luce ultravioletta ad alta intensit.

Ci pu essere dimostrato con un esperimento che consiste nel misurare

lintensit delle indicazioni fluorescenti di un campione che stato sottoposto a

cicli multipli di esposizione ai raggi ultravioletti. Ogni ciclo consiste in 15

minuti di esposizione ad una luce ultravioletta di 800 microwatt/cm2 e di 2,5

minuti ad una di 1500 microwatt/cm2. I risultati mostreranno che le indicazioni

esaminate sono sbiadite in seguito alleccessiva esposizione.

Anche la temperatura elevata pu avere degli effetti negativi sui liquidi

penetranti, infatti, il calore eccessivo pu:

51
far volatilizzare i componenti volatili, aumentare la viscosit ed avere

effetti negativi sul grado di penetrazione

alterare le caratteristiche dellemulsionante

far evaporare dei prodotti chimici che impediscono la separazione e la

gelificazione dei penetranti solubili in acqua

neutralizzare la fluorescenza dei pigmenti del penetrante

Questultimo meccanismo di degradazione, coinvolge direttamente le molecole

dei materiali penetranti. Ricordiamo che il fenomeno della fluorescenza

coinvolge gli elettroni delocalizzati in una molecola che non sono implicati in

un dato legame fra due atomi. Quando la molecola riceve una quantit di

energia sufficiente, questi elettroni passano ad un livello energetico pi elevato.

Pochi istanti dopo leccitazione, gli elettroni tornano al livello energetico di

partenza emettendo unenergia pi bassa di quella che avevano ricevuto. Tale

perdita di energia, pu riguardare sia un processo radioattivo come la

fluorescenza, sia un processo non-radioattivo. I processi non-radioattivi,

includono unattenuazione delle collisioni fra molecole, il rilassamento termico

e reazioni chimiche. Il calore, fa aumentare il numero degli scontri molecolari

con conseguente attenuazione dellentit degli stessi e, come risultato, si ha una

minore fluorescenza.

Tale spiegazione valida solo quando sia il componente in esame che il liquido

penetrante sono ad alta temperatura. Al ripristinarsi della temperatura entro

valori normali, la fluorescenza si ripresenta invariata.

In generale, i danni termici si manifestano quando i liquidi penetranti

fluorescenti sono riscaldati sopra 71 C. Se si ha un riscaldamento ma la

temperatura si mantiene sotto tale valore, la sensibilit del controllo pu invece

addirittura migliorare.

Alcuni liquidi penetranti attualmente in uso, sono formulati con componenti ad

elevato punto di ebollizione, cosicch presentano una migliore resistenza ai

52
danni dovuti al calore. Nonostante ci, ancora possibile rilevare una perdita di

luminosit se il liquido penetrante esposto alle alte temperature per un lungo

periodo.

Durante lesame di liquidi penetranti termoresistenti, si rilevata una riduzione

di luminosit del 20% dopo che il materiale rimasto per 273 ore ad una

temperatura di 163C. I liquidi penetranti fluorescenti comunemente utilizzati,

cominciano la decomposizione a 71C e in prossimit di 94C si ha

unattenuazione quasi totale della fluorescenza in seguito alla sublimazione dei

pigmenti fluorescenti.

Amovibilit

La rimozione del liquido penetrante in eccesso dalla superficie in esame (ma

non dai difetti) una delle fasi pi critiche del controllo coi liquidi penetranti.

Il liquido penetrante, infatti, deve essere rimosso completamente dalla

superficie del componente in esame poich potrebbe dar luogo a false

indicazioni o limitare la visibilit di eventuali piccoli difetti. Perch questo sia

possibile, le forze adesive (cio le forze che si instaurano tra superficie del pezzo

e il liquido) non devono essere cos forti da non permettere la rimozione coi

metodi comunemente utilizzati. Tuttavia, perch il liquido abbia una buona

bagnabilit, le forze adesive devono vincere le forze coesive (cio le forze

intermolecolari che tengono assieme il liquido), pertanto occorre una

formulazione adeguata che garantisca un giusto rapporto fra le due grandezze.

5. Applicazione del rivelatore (sviluppo)

Come accennato in precedenza, il ruolo del rivelatore (o sviluppo) quello di

attirare in superficie il penetrante rimasto intrappolato nelle cricche e di

espanderlo in modo tale da renderlo facilmente visibile alloperatore.

53
Nel caso dei penetranti fluorescenti, le particelle fini dello sviluppatore,

riflettono e rifrangono la luce ultravioletta usata per lispezione, permettendole

di interagire meglio coi pigmenti del penetrante cosicch si ha una fluorescenza

migliore. Lo sviluppatore permette, inoltre, che venga emessa pi luce

sfruttando lo stesso meccanismo. Questo spiega perch, quando vengono

esposte alla luce ultravioletta, le indicazioni sono pi luminose del solo

penetrante.

Nel caso invece dei penetranti colorati, lo sviluppatore deve costituire uno

sfondo di un colore che sia in contrasto con quello del penetrante, in modo che

le indicazioni siano facilmente visibili.

Gli sviluppatori, in genere, sono costituiti da talco, gesso o silice amorfa

finemente suddivisi, per cui si presentano sotto forma di una polvere molto

soffice. Il loro funzionamento si basa, ancora una volta, sulla capillarit, infatti

nello strato di sviluppatore si crea un numero molto elevato di sottilissimi

condotti che richiamano in superfici il penetrante intrappolato nei difetti

sottostanti.

Le norme AMS 2644 e MIL-I-25135 classificano i rivelatori in 6 categorie:

1. Polvere secca

2. Solubile in acqua

3. Sospensione acquosa

4. Nonacquoso Tipo 1 Fluorescente (base solvente)

5. Nonacquoso Tipo 2 Visibile (base solvente)

6. Applicazioni speciali

La classificazione basata sulla modalit con la quale il rivelatore applicato

(in polvere oppure disciolto o sospeso in un mezzo liquido). Naturalmente

54
ciascuna di queste possibilit presenta vantaggi ed inconvenienti che possono

essere riassunti come segue:

Polveri secche

Gli sviluppatori basati sullimpiego di polveri secche, sono certamente i meno

sensibili, ma anche i pi economici e semplici da usare. Si presentano come

delle polveri bianche e lanuginose che possono essere applicate ad una

superficie asciutta in vari modi. Lapplicazione, che deve essere fatta dopo

lasportazione del penetrante in

eccesso e lasciugatura della

superficie trattata, pu avvenire

immergendo il pezzo in esame in un

contenitore riempito con lo

sviluppatore, tramite dei soffiatori

che caricano elettrostaticamente le

polveri e le sparano sulla superficie

in esame oppure tramite dei contenitori (tipo borotalco). Eventuali eccessi di

polvere devono essere eliminati con un leggero soffio daria. Luso delle polveri

indicato per lesame di superfici molto ruvide e per difetti profondi da cui cio

fuoriesce molto liquido, questo perch il rilevatore assorbe di meno e da una

definizione migliore su tali difetti. Per contro meno adatto alla rilevazione di

difetti sottili, da cui fuoriesce poco liquido. Un difetto delle polveri secche che

spesso lo sfondo bianco non uniforme, e questo pu limitare fortemente la

visibilit dei difetti. Utilizzando tale tipo di sviluppatore, spesso le indicazioni

si presentano chiare e poco espanse. In ogni caso, questo tipo di sviluppatore,

viene usato in combinazione con penetranti fluorescenti.

Solubili in acqua

55
Come suggerisce il nome, gli sviluppatori solubili in acqua, consistono in una

serie di sostanze chimiche disciolte in acqua che lasciano sulla superficie in

esame uno strato di sviluppatore una volta che lacqua evaporata. Si

applicano dopo la rimozione del penetrante e senza asciugare la superficie da

esaminare. Il modo migliore per applicare questo tipo di sviluppatori

spruzzarli direttamente sulla parte in esame che pu essere umida o asciutta.

Sono praticabili, ma meno indicati, anche altri metodi di applicazione, quali

spennellatura o immersione. La superficie bagnata va poi asciugata utilizzando

un getto di aria calda con temperatura compresa fra i 35 e 40 C. Lasciugatura

deve avvenire in modo uniforme su tutta la superficie in esame poich le parti

umide danno luogo a indicazioni sfuocate e indistinte. Quando lo sviluppatore

asciugato correttamente, la superficie presenta un rivestimento bianco

uniforme e pallido e le indicazioni si manifestano nitidamente.

Sospensioni in acqua

I rivelatori prodotti sotto forma di sospensione acquosa consistono in particelle

di una sostanza insolubile sospesa in acqua. Questa tipologia di rivelatore

richiede un continuo movimento di miscelazione in modo tale da evitare la

separazione tra le due fasi. Le modalit di applicazione sono le stesse dei

rivelatori solubili e i componenti trattati con questa forma di sviluppo

presentano una sorta di rivestimento di colore bianco traslucido.

Non acquosi

Gli sviluppatori non acquosi, siano essi del tipo visibile o del tipo fluorescente,

sono costituiti da un solvente volatile in

cui sono sospese le particelle di

rivelatore. Lapplicazione, che avviene

dopo la rimozione del penetrante e in

56
eccesso e lasciugatura della superficie, si effettua con una pistola a spruzzo

tuttavia, molto spesso questo tipo di sviluppatori sono distribuiti in bombolette

spray in modo da garantire una migliore trasportabilit. Poich il solvente

altamente volatile, non necessaria lasciugatura con aria calda come nel caso

precedente. La presenza del solvente, oltre a evitare lasciugatura, si rivela

benefica anche nei confronti del penetrante. Infatti, il solvente dello

sviluppatore esercita una leggera diluizione del penetrante presente nelle

discontinuit sottostanti rimovendo cos gli eventuali principi di essiccamento e

ripristinando le iniziali condizioni di mobilit. Per questo motivo, il loro uso

avviene solo in combinazione con penetranti rimovibili con solvente. Prima

dellapplicazione dello sviluppatore, il pezzo deve essere accuratamente

asciugato, cosicch al termine dellapplicazione esso presenter sulla sua

superficie un rivestimento bianco traslucido.

Applicazioni speciali

In casi particolari possibile utilizzare rivelatori sotto forma di plastica o lacche.

In tal modo lindicazione proveniente dalla prova conservata

permanentemente.

Gli sviluppatori non acquosi, sono universalmente riconosciuti come i pi

sensibili mentre vi meno accordo per quanto riguarda le prestazioni degli

sviluppatori in polvere secca e acquosi anche se questi ultimi, sono considerati

pi sensibili in quanto formano uno strato di particelle pi sottile che stabilisce

un contatto migliore con la superficie da testare.

Tuttavia, se lo spessore dello strato troppo elevato si corre il rischio che i

difetti vengano mascherati. Gli sviluppatori acquosi, inoltre, possono causare

57
loffuscamento delle indicazioni se usati in combinazione con penetranti

rimovibili con acqua.

Nelle tabelle seguenti sono riportati alcuni dati riassuntivi relativi alla

sensibilit degli sviluppatori (con relative tecniche di applicazione) e alcuni

vantaggi e svantaggi principali nellimpiego dei vari tipi di sviluppatore.

Categoria Forma dello sviluppatore Metodo di applicazione

1 Non acquoso (base solvente) Spruzzo

2 Film di materiale plastico Spruzzo

3 Solubile in acqua Spruzzo

4 Sospensione acquosa Spruzzo

5 Solubile in acqua Immersione

6 Sospensione acquosa Immersione

7 Polvere secca Spruzzatura elettrostatica

8 Polvere secca A letto fluidizzato

9 Polvere secca Spruzzo

10 Polvere secca Immersione

58
Sviluppatore Vantaggi Svantaggi

Non crea un buon contrasto per


Le indicazioni tendono a rimanere
cui non pu essere usato con i
col tempo pi luminose e pi
sistemi visibili
Polvere secca distinte
Difficile assicurare una copertura
Applicazione semplice
omogenea dell'intera superficie

Facilit a ricoprire la superficie in Se il rivestimento traslucido


esame fornisce uno scarso contrasto
(non suggerito per i sistemi
Il rivestimento bianco che si visivi)
Solubile in acqua
produce, determina un buon
contrasto per cui utilizzabile sia Le indicazioni per i sistemi
con sistemi visibili che lavabili in acqua sono fioche e
fluorescenti vaghe
Facilit a ricoprire la superficie in
esame

Le indicazioni sono luminose e


marcate
Sospensione Le indicazioni si indeboliscono
acquosa dopo poco tempo e sono diffuse
Il rivestimento bianco che si
produce, determina un buon
contrasto per cui utilizzabile sia
con sistemi visibili che
fluorescenti
Molto portatile

Facile da applicare alle superfici

Il rivestimento bianco che si Difficile da applicare a tutte le


produce, determina un buon superfici
contrasto per cui utilizzabile sia
Non acquoso
con sistemi visibili che
fluorescenti Pi difficile pulire la superficie
testata dopo il controllo
Le indicazioni si manifestano
velocemente e bene sono definite

Fornisce la pi alta sensibilit

59
6. Esame delle indicazioni

In questa fase viene condotta lispezione visiva vera e propria dei segnali

prodotti dal trattamento, impiegando un opportuno tipo di illuminazione.

importante sottolineare che lesame deve essere effettuato dopo che sia

trascorso un certo tempo (detto tempo di rilevamento) compreso tra 7 e 30

minuti dallapplicazione del rivelatore. Tempi lunghi, infatti, sono necessari per

richiamare in superficie il liquido contenuto nelle discontinuit sottili e

profonde.Qualora si esegua lesame con lampada ultravioletta (penetranti

fluorescenti) loperatore deve avere laccortezza di abituare la vista al buio per

almeno 5 minuti prima dellispezione. Lo sguardo delloperatore, inoltre, non

dovrebbe mai cadere direttamente sulla lampada per evitare principi di

abbagliamento indotti dalla presenza di sostanze fluorescenti allinterno dei

tessuti dellocchio umano.

Come gi esposto in precedenza scopo finale dellesame coi liquidi penetranti,

segnalare la presenza di discontinuit sfocianti sulla superficie del pezzo in

esame e permettere di valutare se il pezzo affidabile, ossia se pu essere

impiegato senza temere inconvenienti durante il suo uso. Tuttavia opportuno

sottolineare che non sempre ad un segnale corrisponde una effettiva anomalia.

Infatti, condizioni esecutive non corrette dellesame possono dar luogo alla

formazione di indicazioni senza che vi siano discontinuit oppure, alla

formazione di indicazioni che corrispondono a condizioni caratteristiche del

pezzo e non a reali anomalie.

Quindi, sulla base dei segnali disponibili, loperatore deve individuare

dapprima le indicazioni false e non rilevanti, successivamente interpretare le

indicazioni rilevanti e, infine, valutare le discontinuit. Le indicazioni false e

non rilevanti, naturalmente, non vengono prese in considerazione.

Linterpretazione delle indicazioni rilevanti consiste, invece, nellindividuare il

tipo di discontinuit cui essi si riferiscono. La presenza di una discontinuit,

60
tuttavia, non implica, automaticamente, linaffidabilit del pezzo. Alcune

discontinuit, infatti, pur rappresentando una effettiva anomalia del pezzo, se

contenute entro certi limiti, possono essere tollerate in quanto non danno luogo

ad inconvenienti.

Quando invece una discontinuit non pu essere tollerata, viene considerata

difetto. In tal caso si pu rimuovere la discontinuit oppure scartare il pezzo,

quindi in sostanza, valutare le discontinuit, significa stabilire se una

discontinuit pu essere tollerata oppure deve essere considerata difetto.

La fase di valutazione non pu essere affidata al solo giudizio delloperatore o

di un ispettore. Se cos fosse, si avrebbero certamente pareri discordi a seconda

delle opinioni e dellesperienza di chi esegue la valutazione.

Pertanto, chi esegue la valutazione, fa riferimento a dei documenti che per

ciascuna discontinuit indicano i limiti di tollerabilit a seconda dei vari casi

pratici.

Il grado di tolleranza di una discontinuit, viene stabilito da questi documenti

in base ai seguenti elementi:

Condizioni di funzionamento previste per il pezzo (entit e tipo di sollecitazione,

aggressivit dellambiente operativo, etc.)

Tipo di discontinuit (cricca, porosit, inclusione, etc.)

Forma, dimensioni ed orientamento della discontinuit

Materiale del pezzo

I documenti di riferimento cui si accennato prima, possono essere divisi in tre

categorie in base al tipo di costruzioni cui sono applicabili ed al fatto che il loro

impiego sia obbligatorio oppure facoltativo.

61
Norme o standards

Questi documenti vengono redatti da organizzazioni quali UNI, ASTM, etc.

Esse hanno carattere facoltativo e possono essere adottate come termine di

accordo tra il committente ed il costruttore. Generalmente si riferiscono a

categorie di costruzioni pi o meno estese.

Regolamenti o codici

Tali documenti, si riferiscono a specifici settori di costruzioni e vengono redatti

da enti cui spetta, per legge, lapprovazione di tali costruzioni. Limpiego di tali

documenti , pertanto, obbligatorio.

Specifiche

Questi documenti, generalmente, vengono elaborati dal committente che fissa i

limiti di accettabilit per le discontinuit e altri parametri in quel dato

componente.

Essi si riferiscono ad una ben precisa costruzione ed hanno carattere

obbligatorio solo per quella costruzione e per quel committente.

Sensibilit del controllo

Il concetto di sensibilit del controllo LPI fa riferimento alla capacit del metodo

di rilevare difetti pi piccoli possibile con un alto grado di affidabilit, e

dunque, la natura del difetto ha un notevole effetto sullefficacia della tecnica.

62
Tipicamente, per definire il formato del difetto si rapporta la sua lunghezza a

quella della superficie del pezzo in esame e, se si prende in esame la curva della

probabilit di rilevazione per un controllo coi liquidi penetranti, si pu

osservare come le dimensioni del difetto siano influenti sulla sensibilit.

Tuttavia, la lunghezza di un difetto, non determina a priori il suo grado di

visibilit, infatti, il suo volume deve essere tale da contenere una quantit di

penetrante sufficiente a produrre unindicazione chiaramente visibile.

La sperimentazione ha mostrato come alcune tipologie di difetti siano pi

facilmente individuabili di altre e in particolare:

I difetti piccoli e rotondi rispetto a quelli piccoli ma lineari.

Ci sono diverse ragioni che spiegano questo risultato: anzitutto i difetti rotondi

possono intrappolare una maggiore quantit di penetrante, inoltre essi si

riempiono pi velocemente. Analisi sperimentali hanno mostrato che un difetto

ellittico con un rapporto tra lunghezza e larghezza pari a 100, impiega, per

riempirsi, fino a 10 volte di pi di un difetto cilindrico dello stesso volume.

I difetti pi profondi rispetto a quelli poco profondi.

63
La causa di questo da attribuirsi al fatto che i difetti pi profondi intrappolano

una maggiore quantit di penetrante e sono meno soggetti fenomeni di

svuotamento durante la fase di lavaggio delleccesso di penetrante.

I difetti con unapertura stretta rispetto a quelli molto aperti.

Anche in questo caso i difetti con unapertura stretta sono meno soggetti a

svuotamenti durante la fase di lavaggio.

I difetti su superfici regolari rispetto a quelli su superfici rugose.

La rugosit della superficie in esame importante nei confronti della stabilit

del penetrante. Le superfici rugose, trattengono pi penetrante nelle loro

asperit superficiali e questo residuo, per esempio, pu dar luogo a

fluorescenza che ostacola losservazione in quanto riduce il contrasto.

I difetti su pezzi scarichi o sottoposti a trazione rispetto ai difetti su pezzi

sottoposti a compressione.

Per valori elevati del carico di compressione, il difetto pu risultare addirittura

completamente chiuso, impedendo cos al penetrante il riempimento. Questo

problema non si presenta su pezzi scarichi dove il difetto non muta le proprie

condizioni, o nel caso in cui la sollecitazione sia di trazione (in questo caso al

pi, il difetto si apre ulteriormente)

Vantaggi e svantaggi

Come tutti i metodi appartenenti alla famiglia dei controlli non distruttivi,

anche lispezione LPI caratterizzata da vantaggi e svantaggi che sono

sintetizzati qui di seguito:

Vantaggi:

1. Il metodo altamente sensibile alla presenza di piccole discontinuit

superficiali

64
2. Esistono poche limitazioni pratiche al suo impiego. Possono essere testati

materiali metallici e non metallici, magnetici e amagnetici, conduttivi e

non conduttivi

3. Possono essere ispezionate grandi aree e grandi volumi rapidamente e a

basso costo

4. Geometrie anche complesse sono testate comunemente

5. Le indicazioni relative ai difetti sono prodotte direttamente sulla

superficie e costituiscono una traccia visibile dellentit del difetto

6. La disponibilit dei liquidi penetranti in formato spray rende il metodo

facilmente portabile

7. I consumabili (penetranti e rivelatori) e tutto lequipaggiamento

associato hanno basso costo

Svantaggi:

1. Possono essere visualizzati solo difetti superficiali

2. Il metodo funziona solo su superfici di materiali relativamente non

porosi

3. La pulizia pre-trattamento essenziale (i contaminanti possono

nascondere la presenza di difetti)

4. Tutti i residui delle lavorazioni meccaniche devono essere rimossi prima

di iniziare lispezione

5. Loperatore deve avere accesso diretto alla superficie da testare

6. La finitura superficiale e la rugosit possono influenzare

significativamente la sensibilit del test

7. Devono essere eseguite e controllate numerose operazioni (in genere

almeno 5)

8. necessario ripulire la superficie al termine della prova

65
9. Il metodo richiede lo stoccaggio e il trattamento opportuno delle

sostanze chimiche impiegate

Sicurezza nellesecuzione del controllo coi liquidi penetranti

Quando la procedura di controllo coi liquidi penetranti viene eseguita

rispettando tutte le norme di sicurezza e salubrit, non vi sono pericoli per gli

operatori. A seconda del contesto in cui si opera si far riferimento a delle

norme specifiche, tuttavia possibile individuare dei caratteri di sicurezza,

comuni per tutti i tipi di test con liquidi penetranti, che sono la sicurezza

chimica e della luce ultravioletta.

Infatti, ogni volta che si utilizzano dei prodotti chimici necessario prendere

delle opportune precauzioni (specificate in apposite norme) per preservare la

sicurezza e la salute sia degli operatori sia di chi opera in prossimit di essi.

Molti materiali penetranti sono infiammabili e pertanto dovrebbero essere usati

e stoccati in piccole quantit. Si dovrebbe poi lavorare in ambienti ben arieggiati

ed evitare il contatto con scintille o altre possibili fonti dincendio.

Gli operatori dovrebbero, inoltre, portare sempre appositi occhiali protettivi

onde evitare il contatto dei prodotti in uso con gli occhi, e guanti, oltre ad

apposito vestiario che riduca al minimo le possibilit di contatto coi vari

prodotti. Un altro fattore da tenere sotto controllo la luce ultravioletta. Essa

caratterizzata da lunghezze donda comprese fra i 180 e i 400 nm, pertanto,

collocata nella parte invisibile dello spettro elettromagnetico, fra la luce visibile

ed i raggi X. Luomo subisce lirradiazione di raggi ultravioletti da parte del

sole, ma la quantit che viene assorbita molto piccola e, in tale misura, utile

per determinati processi chimici. Esposizioni eccessive presentano invece gravi

rischi tra cui il cancro alla pelle. Per gli occhi, invece, i danni vanno dalle

semplici infiammazioni alle cataratte fino a danni pi gravi a carico della retina.

66
Le lampade usate per losservazione, emettono con una intensit molto

superiore rispetto a quella delle radiazioni ultraviolette che ci giungono dal

sole, per cui eventuali danni si manifestano molto pi velocemente. Il problema

fondamentale che i raggi ultravioletti sono invisibili, quindi ci si accorge di

eventuali lesioni solo quando sono gi state provocate anche perch il dolore si

manifesta solo parecchie ore dopo lesposizione.

Le lesioni a carico della pelle e dellapparato visivo sono provocate da

lunghezze donda che vanno dai 320 nm in gi, cio ben al di sotto dei 365 nm

che sono necessari perch il penetrante manifesti la sua fluorescenza.

Per questo motivo, le lampade utilizzate nellesame dei liquidi penetranti, sono

schermate in modo da rimuovere le lunghezze donda nocive. A tale proposito,

importante controllare che il filtro sia sempre in buone condizioni e, in caso

contrario, sostituirlo.

67
Magnetoscopia
MAGNETOSCOPIA

Introduzione

Il controllo con Particelle Magnetiche (chiamato anche Magnetoscopia ed

indicato con lacronimo MPI o MT) una tecnica di indagine non distruttiva

molto semplice che sfrutta le propriet ferromagnetiche dei materiali per

produrre unindicazione visiva ben distinta laddove il componente testato

presenti una qualche discontinuit non soltanto strutturale ma anche di

carattere fisico-chimico.

Il principio del metodo estremamente semplice: se si prende in esame un

comune magnete, noto che su di esso possibile individuare due poli (Nord e

Sud) nei quali rispettivamente hanno origine e termine le linee di forza del

campo magnetico associato. Se il magnete viene diviso in due parti, le porzioni

cos originate sono a loro volta due nuovi magneti ciascuno dei quali possiede

una propria coppia di poli N e S. Tuttavia, se la continuit di una simile

struttura viene alterata anche solo parzialmente (per esempio a causa della

presenza di una cricca), il nuovo dipolo verr a formarsi solo in corrispondenza

della regione nella quale il materiale assente, mentre nella restante parte del

magnete le linee di forza conserveranno la loro precedente configurazione; ci

provoca, complessivamente, un significativo indebolimento del flusso

magnetico.

Se si provvede a cospargere di particelle di ferro (o altro materiale

ferromagnetico) la zona nella quale presente la discontinuit, esse tenderanno

ad agglomerarsi in corrispondenza dei sui bordi, producendo unindicazione

visibile (sotto opportune condizioni) ad occhio nudo. Cos come accade anche

nel caso dellispezione con liquidi penetranti, lindicazione ottenuta

nettamente superiore, in termini dimensionali, rispetto alla discontinuit alla

69
quale fa riferimento, e questo rende la procedura particolarmente indicata per

la localizzazione e caratterizzazione di difetti anche estremamente ridotti.

Lunico requisito essenziale per poter eseguire questo tipo di controllo che il

componente da testare sia composto da materiale ferromagnetico (sono tali ad

es. il ferro, il nichel, il cobalto e alcune delle loro leghe). Come si vedr meglio

successivamente, i materiali ferromagnetici possiedono la caratteristica di poter

essere magnetizzati (con lausilio di unopportuna strumentazione) fino ad un

livello tale da rendere la tecnica applicabile ed efficace. Il controllo MPI molto

diffuso nellindustria automobilistica, petrolchimica, aerospaziale e in generale

nei processi produttivi di componenti strutturali e la versatilit del metodo

tale che esso rappresenta una delle soluzioni privilegiate per il test di strutture

sottomarine (pipelines o strutture petrolifere off-shore) situazione nella quale

molte altre metodiche non possono essere applicate

Breve storia del metodo

Come accennato in precedenza, il metodo MPI si basa essenzialmente sul

magnetismo, ossia sulla propriet che possiede la materia (sotto alcune

condizioni particolari) di attrarre a s altra materia. La scoperta del magnetismo

attribuita agli antichi Greci, mentre in tempi successivi fisici come Bergmann,

Beqeuerel e Faraday accertarono che tutte le sostanze (incluse quelle liquide e

gassose) sono caratterizzate da un certo livello di magnetismo, ma solo alcune

esprimono questa propriet a livelli significativi.

Il primo uso documentato del magnetismo quale tecnica ispettiva NDT, risale

solo alla fine dell800, quando si ha notizia dellimpiego di sistemi

magnetoscopici per verificare la presenza di difetti nei cannoni (se ne

magnetizzava il fusto per poi movimentare su di esso un compasso magnetico

lungo alcune direzioni preferenziali). In realt questa stata la prima forma

70
conosciuta di controlli non distruttivi, anche se il termine non verr coniato

prima della fine della prima guerra mondiale.

Nei primi anni 20, William Hoke si rese conto che particelle magnetizzate

(trucioli metallici colorati) potevano essere validamente impiegati quale

indicatore della presenza di difetti se introdotti su un campo magnetico. Hoke

osserv che un difetto superficiale o subsuperficiale causava una perturbazione

del campo magnetico applicato al componente anche ben oltre la zona

interessata, e questo era particolarmente evidente qualora il corpo fosse

ricoperto di fine polvere magnetizzata. Negli anni 30 lispezione MPI venne

rapidamente rimpiazzata dallallora innovativo sistema dei liquidi penetranti

quale metodo delezione in ferrovia, ma nel corso del tempo ci si resi conto

della validit del metodo tanto che ancora oggi esso estensivamente impiegato

in particolar modo per lispezione di barre o altri prodotti semilavorati da

avviare alla lavorazione e quale metodo complementare da affiancare ad altre

tecniche NDT.

Principi del metodo

Propriet magnetiche dei materiali

Quando un materiale viene inserito allinterno di un campo magnetico, le forze

magnetiche a cui sono sottoposti gli elettroni degli atomi che lo compongono,

ne risultano alterate e questo effetto noto come legge di Farady dellinduzione

magnetica. Tuttavia, diversi materiali possono reagire in modo estremamente

differente luno dallaltro allinfluenza di un campo magnetico esterno, e tali

differenze dipendono da fattori quali la struttura atomica e molecolare, e il

campo magnetico esistente associato agli atomi (che a sua volta legato al moto

degli elettroni orbitali e al loro spin )

71
Nella maggior parte degli atomi, gli elettroni sono disposti a coppie e ciascuno

di essi ruota in direzione opposta rispetto allaltro, in modo tale che i rispettivi

campi magnetici si annullino a vicenda. Tuttavia esistono sostanze nelle quali

alcuni elettroni risultano spaiati e dunque suscettibili di reagire allazione di un

campo magnetico esterno. Da tali considerazioni discende la classificazione in

ferromagnetici, diamagnetici e paramagnetici.

Le sostanze ferromagnetiche, che possiedono alcuni elettroni spaiati tali da

conferire un certo momento magnetico ai loro atomi, mostrano una

significativa suscettibilit ai campi magnetici esterni; esse, infatti ne sono

fortemente attratte e sono in grado, inoltre, di mantenere le propriet

magnetiche anche dopo che il campo stato rimosso. Tra le sostanze

ferromagnetiche si ricordano il ferro, il nichel e il cobalto.

Tuttavia importante sottolineare che le propriet ferromagnetiche sussistono

anche grazie al fatto che il materiale composto da numerose piccole regioni

chiamate domini magnetici nei quali tutti i dipoli magnetici esistenti a livello

atomico sono accoppiati in una direzione preferenziale. Tale allineamento si

sviluppa di pari passo con la struttura cristallina del materiale durante il

passaggio di stato da liquido a solido.

A causa di questa peculiare struttura, i materiali ferromagnetici sono

caratterizzati dalla cosiddetta magnetizzazione spontanea, poich i singoli

domini sono orientati in una direzione preferenziale, ma nel complesso,

considerato che tutti i domini presentano allineamenti differenti, non si ha un

effetto di magnetismo macroscopico esteso allintero corpo.

La magnetizzazione avviene un campo magnetico esterno produce

lallineamento dei domini nella stessa direzione (quella del campo appunto);

maggior il numero di domini allineati, maggior leffetto di magnetizzazione

e quando tutti i domini sono allineati, si parla di saturazione magnetica;

72
questo significa che anche se lintensit del campo esterno viene ulteriormente

incrementata, lentit delleffetto di magnetizzazione non aumenta.

Materiale non magnetizzato Materiale magnetizzato

Le sostanze paramagnetiche invece (esempi sono il magnesio, il molibdeno e il

litio) possiedono una minore sensibilit ai campi esterni (da cui sono

debolmente attratte) e non conservano alcuna traccia di magnetismo residuo

dopo che il campo esterno stato rimosso.

Infine le sostanze diamagnetiche sono caratterizzate da una negativa suscettibilit

ai campi esterni, dai quali risultano debolmente respinti. Come facile intuire,

la maggior parte degli elementi conosciuti presenta questo comportamento, che

causato dalla totale assenza di elettroni spaiati.

La tecnica: concetti base

La magnetoscopia si serve essenzialmente di un campo magnetico e di

minuscole particelle di metallo magnetizzato (come ad esempio la limatura di

ferro) per individuare la presenza di difetti nei componenti testati. Il principio

di base relativamente semplice: noto che quando una barretta magnetica

viene spezzata lungo la linea mediana, si originano due nuovi magneti completi

aventi poli su ciascuna estremit. Se il magnete non venisse completamente

tagliato, ma solo interrotto parzialmente, due nuovi poli si creerebbero sui due

73
lati opposti della cricca (come nel caso di rottura completa). Se piccole particelle

metalliche vengono ora introdotte su al di sopra del sistema, le particelle

risulteranno essere attratte non solo dai

due estremi della barra originaria, ma

anche da quelli della cricca.

Il primo passo per eseguire unispezione

MPI quello di magnetizzare il

componente da testare. La presenza di difetti sulla superficie (o

immediatamente sotto), dar luogo ad una perdita di campo magnetico. Dopo

la fase di magnetizzazione, il pezzo viene

cosparso di finissime particelle magnetiche

(sia in forma secca o in sospensione liquida)

che vengono attratte e si raggruppano nella

zona delle perdite di campo, in modo tale da

formare unindicazione ben visibile della presenza di cricche od altre

imperfezioni.

Schema della procedura di controllo con il metodo MPI

A. Preparazione della superficie

In questa fase occorre verificare che la superficie del pezzo da testare sia

sufficientemente esente dalla presenza di grasso e polvere in modo tale da

permettere alle particelle magnetiche di muoversi liberamente e concentrarsi

nelle regioni nelle quali presente la perdita di flusso magnetico. Nei casi per i

quali richiesto il passaggio di corrente sul componente, inoltre necessario

che alcune porzioni della superficie si prestino in modo ottimale a fungere da

terminali elettrici.

74
B. Magnetizzazione della superficie

Per ispezionare in modo ottimale un componente al fine di identificare la

presenza di cricche o altri difetti, importante valutare lorientamento relativo

tra la direzione delle linee di forza del campo magnetico e quella dei possibili

difetti. In generale si possono impiegare due tipologie distinte di campi

magnetici:

campi magnetici longitudinali, aventi linee di forza che si sviluppano

parallelamente tra loro e hanno origine e termine nei poli del magnete (o

elettromagnete) impiegato per lispezione.

campi magnetici circolari, nei quali le linee di forza corrono in direzione

circonferenziale intorno al perimetro del componente testato. Un tale

campo magnetico pu essere generato, per esempio, facendo attraversare

da corrente il componente.

Linee di forza rettilinee Linee di forza circonferenziali

Il tipo di campo magnetico risultante determinato dal metodo impiegato per

lispezione: molto importante essere in grado di magnetizzare il pezzo su due

direzioni perch la miglior rilevabilit dei difetti si ottiene per angoli elevati

(90 coincide con la condizione ottimale) rispetto alla dimensione prevalente.

Tale orientamento crea, infatti, la maggior dispersione (rottura) delle linee di

forza del campo e inoltre, qualora il campo magnetico fosse parallelo alla

75
direzione del difetto, non si potrebbe avere una dispersione sufficiente a

produrre indicazioni distinguibili.

In sintesi, un angolo compreso tra 45 e 90 tra direzione delle linee del campo e

direzione del difetto essenziale affinch si formi unindicazione e, poich i

difetti possono presentarsi con orientazioni assolutamente casuali, ogni parte

di regola magnetizzata in due direzioni tra loro ortogonali.

Visibilit dei difetti nel caso di linee di forza rettilinee Visibilit dei difetti nel caso di linee di forza circonferenziali

La magnetizzazione del pezzo pu essere eseguita con sistemi elettrici (che

prevedono un passaggio diretto di corrente sul pezzo da testare) o magnetici

(che viceversa sfruttano lazione di un campo magnetico generato in un

secondo conduttore disposto nelle sue vicinanze). Nel secondo caso, molto

frequente nella pratica industriale, si impiegano solenoidi (o bobine) che

vengono movimentati sul pezzo da testare.

Lequipaggiamento standard pi

largamente impiegato fa uso di un

giogo che essenzialmente un

magnete permanente foggiato ad

U dotato di avvolgimento

elettrico con un grande numero di

spire disposte sullarea da trattare (vedi figura). Questo tipo di magnete genera

76
un campo magnetico molto intenso nella zona compresa tra i due puntali (a

volte cos forte che possibile sollevare pesi di oltre 20 Kg).

Occorre ricordare che la direzione di magnetizzazione deve essere maggiore di

45 rispetto alla direzione di ogni possibile difetto. Per ci che riguarda il tipo di

corrente applicata al pezzo, possibile impiegare sia corrente continua che

alternata, sebbene per la ricerca di difetti subsuperficiali quella continua sia pi

adatta. Anche il livello di

magnetizzazione deve essere scelto

accuratamente, infatti se esso

troppo basso alcuni difetti

potrebbero non essere individuati

mentre, viceversa, in caso di

magnetizzazione troppo elevata le linee di flusso di sfondo possono

mascherarne la presenza. Sfortunatamente non esistono regole quantitative a

tale riguardo, e dunque il livello ideale di magnetizzazione deve essere

determinato empiricamente caso per caso in funzione del tipo di applicazione e

della strumentazione scelta.

Per quanto riguarda la tipologia di corrente da impiegare per la generazione del

campo magnetico, importante sottolineare che essa pu influenzare le

prestazioni dellintero esame. In generale negli esami MPI si possono

impiegare tre tipologie di corrente:

Corrente continua (CC)

La CC, di solito generata da una batteria, fluisce con continuit in una certa

direzione con voltaggio costante: il suo impiego desiderabile quando si

vogliano localizzare con maggior precisione e dettaglio difetti subsuperficiali

perch il campo magnetico che essa genera penetra in profondit nel materiale.

77
Corrente alternata (CA)

Nella CA lampiezza del campo elettrico varia periodicamente (in genere con

frequenza compresa tra 50 e 60 Hz) e il suo impiego negli esami MPI legato al

fatto che essa pu essere facilmente prelevata dalla rete elettrica civile. Tuttavia,

quando la CA viene usata per produrre un campo magnetico in materiali

ferromagnetici, lestensione del campo risultante limitata a piccole regioni

superficiali del componente testato. Tale fenomeno, detto effetto pelle (skin

effect) rende conto, quindi, della tendenza di una corrente elettrica alternata a

distribuirsi dentro un conduttore in modo non uniforme: la sua densit

maggiore sulla superficie ed inferiore all'interno. Questo comporta un aumento

della resistenza elettrica del conduttore particolarmente alle alte frequenze. In

altre parole una parte del conduttore non viene utilizzata: come se non

esistesse. Peraltro la rapida inversione della polarit del campo non

consentirebbe ai domini magnetici di rimanere allineati nel tempo, dunque

limpiego della CA raccomandato quando i difetti che si vogliono localizzare

sono presumibilmente superficiali.

Nel grafico che segue sono riportate sinteticamente le prestazioni ottenibili in

esami MPI eseguiti con diversi tipi di corrente in funzione della profondit

massima di difetto rilevabile e dellintensit di corrente.

78
C. Applicazione della polvere magnetica

Come facile intuire, le polveri magnetiche da impiegare nelle ispezioni

magnetoscopiche costituiscono un ingrediente chiave per la buona riuscita

dellesame, poich sono esse a disporsi in modo tale da rendere visibile la

presenza della discontinuit alloperatore. Il materiale base per le polveri

solitamente limatura di ferro (od ossido di ferro) che pu essere alloccorrenza

variamente pigmentato per aumentare il contrasto su alcuni tipi di superficie.

Il metallo ottimale per realizzare polveri magnetiche possiede elevata

permeabilit magnetica (che d alle particelle la possibilit di essere attratte con

facilit dalle zone di rottura del campo) e bassi valori di ritenzione magnetica in

modo tale che al cessare dellazione del campo esterno esse non restino

agglomerate tra loro o attaccate troppo saldamente al componente testato. Le

propriet fondamentali che caratterizzano una polvere magnetica possono

essere riassunte sinteticamente come segue:

1. Comportamento magnetico

2. Geometria delle particelle (fattore che influenza la fluidit di movimento e

la possibilit di scorrimento sul pezzo)

3. Visibilit degli agglomerati formati in corrispondenza di un difetto

4. Granulometria ( necessario impiegare un mix di particelle di differenti

dimensioni per poter rilevare difetti grandi e piccoli)

Dal punto di vista operativo, solitamente si distinguono due grandi classi di

modalit di applicazione delle polveri: asciutte e umide.

Le polveri magnetiche asciutte si trovano in commercio con colorazione rossa,

blu, grigia e gialla, in modo tale che sia garantito il massimo livello di contrasto

tra la polvere stessa e lo sfondo. La dimensione dei granuli rappresenta un

fattore estremamente critico per la scelta della polvere ottimale: se vero che

polveri sottili (dellordine dei 50 m) garantiscono unelevata sensibilit anche

79
nei confronti di limitate rotture del campo magnetico (corrispondenti a difetti

estremamente piccoli), altrettanto vero che esse possono influenzare

negativamente lesame in particolare nei casi di avverse condizioni

atmosferiche (es. vento) o qualora la superficie sia significativamente rugosa o

contaminata (in questo caso si possono ottenere numerose false indicazioni).

Occorre sottolineare che la presenza di granulometrie superiori (anche fino a

150 m) assicura una buona visibilit dei difetti grossolani e garantisce una

sorta di azione legante anche nei confronti delle particelle pi fini. Le polveri

secche soffrono anche di problemi di riciclo perch tipicamente si riesce a

recuperare, dopo unispezione, solo la parte pi grossolana del mix, incorrendo

inevitabilmente in perdite di sensibilit per le successive ispezioni.

Anche la forma delle particelle riveste una notevole importanza: esse possono

presentarsi sferiche, allungate (aghi) o a bastoncelli. Polveri con grani lunghi e

snelli tendono a comportarsi come piccoli magneti N-S formando in tal modo

chiare e distinte indicazioni anche in presenza di campi magnetici deboli, ma la

sperimentazione ha mostrato che se le polveri fossero esclusivamente composte

in questo modo, la loro applicazione (che tipicamente avviene per mezzo di

dispenser) risulterebbe problematica per i notevoli fenomeni di agglutinamento

che impedirebbero lottimale distribuzione sul componente da testare. Le

particelle di forma sferica si comportano meglio nei confronti del movimento e

della fluidit di disposizione sulla superficie (peraltro quando si ha a che fare

con sospensioni acquose le considerazioni di carattere geometrico passano in

secondo piano). Per tali ragioni si preferisce sempre unire una certa percentuale

di particelle globulari che garantiscono al mix buone caratteristiche di

sensibilit e facilit di applicazione. In generale la maggior parte delle polveri

secche possiede particelle con rapporti L/D compresi tra uno e due.

80
Le polveri magnetiche umide, invece, sono sospese in un veicolo liquido a base

acquosa o oleosa (tipicamente un idrocarburo); le sospensioni acquose

producono rapide indicazioni, sono pi economiche, non comportano rischi di

incendi e sono facili da rimuovere una volta eseguito lesame. In genere si

introduce nella sospensione anche un agente anticorrosione, anche se le

sospensioni in kerosene sono certamente superiori nellevitare i rischi derivanti

da corrosione o da infragilimento superficiale.

Le polveri umide offrono un migliore grado di sensibilit complessiva poich il

veicolo liquido consente una maggiore scorrevolezza e, inoltre, possibile

impiegare granulometrie anche molto sottili poich non si corre il rischio di

disperdere la frazione pi sottile a causa dellazione dellaria e anche i fenomeni

di adesione indesiderata sono praticamente inesistenti. Il metodo umido

consente anche facilit di applicazione su aree relativamente estese e inoltre

esiste la possibilit di rivestire i granuli di pigmenti fluorescenti

Esistono, poi, altri tipi di agenti magnetici meno frequentemente impiegati tra i

quali si possono citare i rivestimenti applicati con tecniche speciali (vernici

magnetiche, plastica magnetica, gomma magnetica).

La magnetizzazione deve essere prolungata durante tutto il tempo di

applicazione della polvere finch il pezzo non raggiunge un alto livello di

ritenzione magnetica

D. Illuminazione della superficie

Per analizzare il risultato della prova MPI necessario disporre di un buon

livello di illuminazione (almeno 1000 lux) che pu essere raggiunto impiegando

lampade fluorescenti (80W) o incandescenti (150W) ad una distanza di 1 metro.

Per le prove eseguite con polveri fluorescenti si rende indispensabile luso di

una lampada cosiddetta a luce nera ossia un dispositivo che emette luce

81
ultravioletta mediante una lampada ad arco a vapori di mercurio nella banda di

lunghezza donda 320-400 nm. Quando si utilizza questo tipo di sorgente

luminosa occorre tenere presente che

Larco affetto dalla presenza del campo magnetico (bisogna tenere

distante la lampada dallapparecchiatura magnetizzatrice)

Larco scoccato solo entro un ben determinato range di voltaggio

Devono essere evitate frequenti manovre di accensione/spegnimento

consecutivo, fatto che accorcia significativamente la vita della lampada.

E. Ispezione della superficie

Il risultato dellispezione dipende, inevitabilmente, dal visus delloperatore

dalla sua acutezza visiva e dallesperienza. Laddove lindicazione del difetto

abbia una forma non regolare, loperatore tenuto a ripetere il test in quella

zona per verificare la riproducibilit del segnale. Di seguito sono riportate

alcune considerazioni di carattere generale:

1. I difetti superficiali

tendono a fornire

indicazioni nitide, strette

e ben delimitate, con

particelle ben legate

assieme tra loro. ben

visibile una sorta di

accumulo di particelle che tanto pi grande quanto pi profondo il

difetto

2. I difetti subsuperficiali forniscono indicazioni pi larghe e sfocate con

particelle meno aderenti luna sullaltra.

82
Le false indicazioni eventualmente riscontrabili a seguito di una prova MPI

non sono causate da forze di tipo magnetico, infatti alcuni assembramenti di

particelle sono formati a seguito della presenza della rugosit superficiale

oppure originati da azioni di tipo meccanico. Nella maggior parte dei casi

questo tipo di segnale scompare se si ripete il trattamento. Alcuni indicatori

ingannevoli possono anche essere originati dalla presenza di residui di stoffa

(panni usati per la pulizia della superficie), capelli, impronte digitali ecc.

Le indicazioni non rilevanti sono la diretta conseguenze di distorsioni del

campo magnetico che non sono in alcun modo collegate con la presenza di

difetti e possono essere causate da diversi fattori:

Laccumulazione di particelle magnetiche pu verificarsi in

corrispondenza degli spigoli o nei punti di variazione delle sezioni del

pezzo.

Punti di unione di differenti materiali rappresentano una discontinuit

nel valore della permeabilit magnetica del materiale e dunque possono

fornire unindicazione non rilevante pi o meno netta.

Contorni dei cordoni di saldatura (Heat-Affected Zones, HAZ) possono

fornire indicazioni non rilevanti a causa della presenza di decarburazioni

o per lesistenza di stress residui non rilassati con opportuni trattamenti

termici.

Lavorazioni meccaniche possono anchesse essere causa di variazioni

nella permeabilit magnetica e forniscono indicazioni sfocate

Negli accoppiamenti forzati possono essere presenti finissimi gap daria

che originano indicazioni piuttosto nette. Al crescere della pressione di

contatto lindicazione tende a rimpicciolirsi. Nel caso di accoppiamenti

tra differenti materiali lindicazione pu comunque restare presente

anche se il serraggio molto forte.

83
F. Demagnetizzazione del pezzo

Molto spesso necessario procedere alla smagnetizzazione del pezzo una volta

eseguito il test MPI. Ci pu essere fatto applicando un campo magnetico di

polarit opposta rispetto al precedente e di intensit gradualmente decrescente

Materiali testabili e limiti del metodo

Come accennato in precedenza, il metodo MPI pu essere applicato per testare

alcuni (anche se non tutti) materiali ferromagnetici. Un test semplice per

stabilire lidoneit della tecnica a valutare un determinato materiale quello di

verificare quanto un magnete permanente attratto dalla sua superficie. Per gli

acciai possibile generalizzare questo concetto come segue:

In un acciaio ferritico, linduzione magnetica B deve essere superiore a

10.000 Gauss per un campo magnetico H di 2500 A/m, e dunque la

corrispondente permeabilit magnetica relativa vale 300.

Acciai inossidabili con contenuto di ferrite superiore al 70% sono di regola

adatti al test, mentre gli acciai austenitici con elevati contenuti di nichel e

cromo non sono testabili.

Le principali limitazioni del metodo sono relative al rapporto fra le dimensioni

dei difetti rilevabili, infatti una cricca o una generica discontinuit lineare, deve

avere lunghezza almeno tre volte maggiore della sua larghezza; inoltre il difetto

deve essere localizzato sulla superficie o poco sotto. A questo proposito, la

sensibilit del metodo pu consentire di localizzare cricche disposte:

A circa 6 mm dalla superficie se si utilizzano polveri secche

A circa 0.25 mm dalla superficie se si usano polveri in sospensione

acquosa e magnetizzazione in corrente alternata

84
A circa 1.3 mm dalla superficie se si usano polveri in sospensione

acquosa e magnetizzazione in corrente continua

Indicatori standard di difetto

La valutazione della sensibilit e delle prestazioni dellequipaggiamento

impiegato per un test MPI (strumentazione elettrica + polveri) viene usualmente

realizzata impiegando i cosiddetti indicatori di campo, ossia strumenti che

misurano lintensit relativa dei campi magnetici dispersi e che fungono da

calibratori del sistema. Esistono diversi tipi di indicatori (Anello di Ketos,

Piastrine ottagonali, Indicatori artificiali di difettosit AFI, ecc.) dei quali

possibile trovare descrizioni dettagliate in letteratura o negli standards tecnici.

La piastrina ottagonale (che rappresenta sostanzialmente un indicatore della

direzione del campo magnetico) costituita da un disco di materiale

ferromagnetico ad alta permeabilit che separato in sei o otto triangoli e i cui

vertici sono uniti da piccoli gap contenenti materiale non ferromagnetico. I

triangoli sono brasati insieme in modo da formare un esagono, e ricoperti su un

lato maggiore da una lamina di rame di 0.25 mm di spessore. La sonda viene

appoggiata sul pezzo, si procede alla magnetizzazione e si cosparge al sonda

con le particelle magnetiche; la comparsa pi o meno nitida dei giunti brasati

indica in quali direzioni il campo pu riscontrare efficacemente la presenza di

difetti.

85
Le piastrine ottagonali sono facili da usare e possono essere riutilizzate

indefinitamente senza alcun tipo di deterioramento, tuttavia nel tempo esse

possono conservare un certo magnetismo residuo. Il loro uso consigliato su

superfici relativamente piatte.

Gli indicatori quantitativi di qualit (QQI, o AFI, indicatori artificiali di

difetto) rappresentano il metodo preferenziale per valutare

contemporaneamente la direzione e lintensit del campo magnetico qualora si

utilizzi il metodo umido. Dal punto di vista costruttivo, si presentano sotto

forma di piastrine nelle quali fotoinciso uno specifico pattern (circoli

concentrici, un segno + ecc.). Il QQI deve essere posto in contatto intimo

(impiegando colla o nastro) con la parte da testare e successivamente si

procede alla magnetizzazione con relativa applicazione delle polveri

magnetiche. La visibilit di uno o pi segni della piastrina fornisce informazioni

sia sulla direzione del campo e sia sulla sua intensit.

Prima della magnetizzazione Dopo la magnetizzazione

I vantaggi dellimpiego dei QQI comprendono la possibilit di ottenere

informazioni quantitative, il loro virtuale adattamento a qualunque tipo di

configurazione di campo e il loro reimpiego. Per contro essi sono piuttosto

86
delicati, possono essere soggetti a fenomeni di corrosione e il loro utilizzo

prevede una procedura piuttosto lunga.

Lanello di Ketos si impiega per verificare lefficacia dei campi magnetici

generati da un conduttore disposto in configurazione centrale rispetto ad un

componente cilindrico forato. Esso

consiste in un anello contenente una

serie di fori di diametro 1.75 mm

eseguiti a differente profondit

come mostrato in figura. La corrente

magnetizzante passa attraverso il

centro dellanello per mezzo di un conduttore e le particelle magnetiche sono

sparse sulla superficie superiore. Il numero di fori che risulta visibile indice

della sensibilit e risoluzione del sistema. Nella tabella seguente sono riportati

alcuni dati relativi al valore della corrente di magnetizzazione necessaria per

visualizzare il numero minimo di fori indicato.

87
Ultrasuoni
IL METODO ULTRASONICO

Introduzione

noto che il suono si propaga nei corpi mediante la vibrazione elastica degli

atomi e delle molecole che lo compongono, ad una velocit legata

essenzialmente alle caratteristiche fisico-meccaniche del materiale attraversato.

Tuttavia, la presenza di imperfezioni o disomogeneit che si possono presentare

lungo il percorso delle onde sonore, causa dellinsorgere di fenomeni

dispersivi (scattering) che si manifestano con la presenza di eco spurie, riverberi

e, in generale, attenuazione energetica. Dunque, la comparsa di tali fenomeni,

qualora essi non siano in qualche modo riconducibili a caratteristiche

intrinseche del materiale, indizio della presenza di discontinuit che possono

poi rivelarsi veri e propri difetti in gradi di compromettere la funzionalit del

componente. su questi principi che si basano i controlli non distruttivi con il

metodo ultrasonico (UT).

Come anche la terminologia lascia intuire, nel metodo ultrasonico in linea di

principio dovrebbero essere impiegate onde di frequenza superiore ai 20 KHz

(limite convenzionalmente fissato per definire il campo delludibile); tuttavia

usualmente i CND ultrasonici nel campo dellingegneria industriale fanno uso


Applicazioni Appicazioni Microscopia di onde di frequenza
alta potenza convenzionali Ultrasonica

variabile tra 1 e 20 MHz,


Range
subsonico
Range
udibile
Range ultrasonico
mentre nel campo

dellingegneria civile o nel

settore del restauro


0 10 100 1K 10K 100K 1M 10M 100M 1G monumentale si utilizzano

onde a pi bassa frequenza

(nellordine delle centinaia di KHz) che si dimostrano pi adatte alla

89
penetrazione in materiali incoerenti (quali ad es. il calcestruzzo) o lapidei La

velocit di propagazione delle onde ultrasoniche dipende, come accennato in

precedenza, dal tipo di mezzo testato e varia, per i materiali di interesse

ingegneristico, dai 300 m/s (aria) ai 6000 m/s (acciaio).

Principi fisici

Quando un corpo viene perturbato mediante una vibrazione elastica, la

perturbazione si propaga in esso in un certo tempo (finito) sotto forma di onda

Lunghezza donda sonora originata dalla

vibrazione delle molecole e


c = velocit (m/s)
degli atomi che
Ampiezza

compongono il materiale.

Tempo o distanza Come per tutti i fenomeni

ondulatori, possibile
Periodo
definire, anche per le onde

sonore, una lunghezza donda , un periodo T e una frequenza f, grandezze che

sono legate fra loro dalle relazioni qui riportate, nelle quali c rappresenta la

velocit del suono nel mezzo considerato.


1 c
f = = = cT Tuttavia, a differenza della luce, le onde
T f
acustiche necessitano per la loro

propagazione, di un mezzo elastico nel quale viaggiare. Ci spiega perch nel

vuoto non si propaga alcun suono.

La lunghezza donda della vibrazione sonora pu variare da parecchie migliaia

di metri (come ad esempio quella legata al suono emesso da una nave che si

muova nel mare) a valori fino a 10-5 m come nel caso di alcune applicazioni

mediche o industriali. Come gi accennato, quando la frequenza compresa nel

90
range 20-20000 Hz si parla di suoni udibili, mentre laddove il valore di 20 KHz

sia oltrepassato si parla di ultrasuoni.

La propagazione delle onde acustiche (siano esse udibili o ultrasoniche) pu

avvenire nei materiali secondo differenti modalit: in particolare si parla di

onde longitudinali quando loscillazione delle particelle elementari di cui si

compone il materiale avviene parallelamente alla direzione di propagazione

dellonda stessa, mentre si definiscono onde trasversali quelle per le quali il

fronte donda si muove ortogonalmente rispetto alla direzione del movimento

delle particelle eccitate. Un altro tipo di propagazione avviene per mezzo delle

cosiddette onde di superficie (o di Rayleigh) nelle quali le particelle hanno un

moto ellittico e si spostano sulla superficie del materiale penetrando al suo

interno per una distanza non superiore ad una lunghezza donda

Direzione di propagazione delle onde


Direzione
del moto delle ONDE LONGITUDINALI
particelle

Direzione di propagazione delle onde

ONDE di TAGLIO
Direzione
del moto delle
particelle

Approfondimenti teorici

Le onde sonore (indipendentemente dalla loro frequenza) si propagano nei

materiali sotto linfluenza di una pressione locale P definita pressione sonora

91
che rappresenta, in sostanza, la sovrapressione a cui sono sottoposti gli atomi e

molecole rispetto alla pressione standard atmosferica. Poich questi sono legati

tra loro in modo elastico, tale sovrapressione si propaga lungo tutto il corpo e,

se si indica con Q la velocit di spostamento delle particelle, si pu definire

unimportante grandezza caratteristica del materiale, detta Impedenza Acustica

del mezzo (Z) mediante la seguente relazione:


P Pressione acustica
Z= =
Q Velocit di spostamento

Si pu dimostrare che quando la propagazione avviene senza sfasamento tra

pressione e velocit di oscillazione, limpedenza acustica pu essere espressa in

funzione delle propriet fisiche del materiale mediante lespressione


Z = c

nella quale rappresenta la densit del materiale e c la velocit di propagazione

del suono. A titolo di esempio nella seguente tabella sono riportati alcuni valori

tipici di impedenza acustica per alcuni materiali di interesse ingegneristico;

dallanalisi dei dati si rileva la differenza esistente tra i valori di impedenza dei

mezzi aeriformi rispetto a quella, notevolmente pi elevata, dei mezzi solidi.

IMPEDENZA
VELOCITA ACUSTICA SPECIFICA
MASSA VOLUMICA
MEZZO DI PROPAGAZIONE DELLE ONDE
(Kg/m3)
(m/s) LONGITUDINALI
(MRayls)
Acciaio dolce 5960 7850 46.7
Acciaio inox 5740 7800 44.8
Acqua 1480 1000 1.5
Allumina 10750 3800 40.8
Alluminio 6400 2700 17.3
Araldite 2060 1200 2.5
Aria 332 1.205 0.0004
Carbone 3100 1613 5
Mercurio 1451 13550 19.6
Olio 1440 900 1.3
Oro 3240 19300 63
Ottone 70/30 4372 8450 37
Plexiglas 2670 1180 3.1
Rame 4759 8930 42.5
Resine epossidiche 2600 1211 3.48
Silice 5969 2203 13.1

92
Titanio 5990 4500 27
Tungsteno 5174 19300 100
Vetro 5260 3600 18.9

Tipologia di onde ultrasoniche (modi)

stato gi accennato in precedenza che le onde ultrasoniche possono

propagarsi a seguito di oscillazioni delle particelle perpendicolari alla direzione

di movimento del fronte donda (onde trasversali) o parallele ad esso (onde

longitudinali). Tuttavia, quando un fascio ultrasonico incide su una superficie o

su una disomogeneit, possono verificarsi complessi cambiamenti che

modificano il moto delle particelle. In base ad alcune caratteristiche quali

appunto tipo di vibrazione delle particelle, mezzo di propagazione ecc, le onde

ultrasoniche possono essere classificate come riportato nella seguente tabella. In

genere, nei controlli non distruttivi vengono impiegate onde longitudinali o

trasversali, mentre pi limitato limpiego di onde di Rayleigh, di Lamb ecc.

93
Riflessione e trasmissione delle onde ultrasoniche

stato gi accennato come il controllo non distruttivo mediante ultrasuoni si

basi essenzialmente sullanalisi delle variazioni delle caratteristiche delle onde

riflesse e trasmesse (in particolar modo per ci che concerne limpedenza

acustica) allorch il fascio incontra una discontinuit lungo il suo percorso. A tal

fine giova introdurre la relazione fondamentale che governa la riflessione di

unonda ultrasonica incidente sulla superficie di separazione tra due mezzi di

impedenza acustica Z1 e Z2 che stata formulata nel 19 secolo da Poisson e

matematicamente si esprime nella forma:

Z Z1
R = 2
Z 2 + Z1

analoga relazione pu essere scritta per ci che riguarda il coefficiente di

trasmissione T
4Z 2
T=
(Z 2 + Z 1 )2
interessante osservare che limpedenza acustica molto bassa nei gas (circa

quattro ordini di grandezza minore rispetto a quella dei solidi) e ci comporta

valori del coefficiente di riflessione molto elevati alla superficie di separazione

solido-gas (per esempio acciaio-aria,

caso frequente nella pratica). In sintesi

ci si traduce nellimpossibilit di far

propagare le onde ultrasoniche nellaria

dopo che queste hanno attraversato un

materiale solido e questo spiega anche

la necessit di interporre un opportuno

strato di una sostanza solida, liquida o viscosa tra la sorgente di ultrasuoni ed il

pezzo da testare per poter eseguire il controllo in modo efficace.

94
In figura illustrata, in modo semplificato, la riflessione di unonda ultrasonica

incidente sulla superficie di separazione tra due mezzi aventi differente

impedenza acustica: londa incidente e quella riflessa sono inclinate dello stesso

angolo 1, che in generale diverso dallangolo 2 secondo il quale si propaga

londa trasmessa. Gli angoli 1 e 2 sono espressi dalla legge di Snell mediante la

relazione:
sen 1 c 1
=
sen 2 c 2

nella quale c1 e c2 sono le velocit di propagazione del suono nei mezzi a

contatto. Ci sotto lipotesi che la lunghezza donda della radiazione sonora

sia molto pi piccola della dimensione della lunghezza del contorno che separa

le due superfici.

Cambiamento del modo donda alla superficie di separazione tra due mezzi.

Quando unonda ultrasonica

longitudinale incide sulla superficie di

separazione tra due mezzi a differente

impedenza acustica, essa parzialmente

riflessa e parzialmente trasmessa

secondo le modalit accennate in

precedenza. Tuttavia, questo non

lunico fenomeno che si verifica, infatti una componente dellonda longitudinale

convertita in unonda trasversale riflessa nella regione del mezzo 1 ed in

unonda trasversale trasmessa nel mezzo 2. Gli angoli 1 e 2 secondo i quali tali

componenti si propagano sono ancora una volta governati dalla legge di Snell a

patto che le velocit presenti nella relazione siano non pi quelle relative alle

onde longitudinali ma quelle proprie delle onde trasversali. Poich le onde

longitudinali viaggiano pi velocemente delle trasversali (il rapporto circa

95
2:1), gli angoli di riflessione e trasmissione sono in generale minori di quelli ,

come mostrato in figura.

Esiste poi, come per la luce, un angolo di

incidenza cosiddetto critico per il quale

londa longitudinale incidente oggetto

di riflessione totale, e dunque in questo

caso non si ha alcun passaggio di energia

ultrasonica al mezzo 2. Questo fenomeno

frequentemente sfruttato nel campo del

controllo non distruttivo con ultrasuoni per fare in modo che il componente sia

ispezionato con onde pure di taglio. In particolare, ad esempio, quando si

desidera testare un pezzo con sole onde trasversali, si dispone davanti al

trasduttore un prisma di perspex, materiale per il quale laccoppiamento con

lacciaio da luogo ad un angolo critico di 27.5.

Attenuazione delle onde ultrasoniche

La propagazione degli ultrasuoni in un corpo, al di l delle turbative create da

eventuali discontinuit, risente dellinterazione tra le onde elastiche e le

particelle della materia che agiscono nella direzione di ridurre

progressivamente il contenuto energetico del fascio.

Una prima causa di tale perdita energetica intrinseca alla maniera in cui le

onde sono generate dal trasduttore, infatti, come sar meglio descritto in

seguito, il fascio ultrasonico generato da una sonda, come si vedr meglio in

seguito, divergente e ci comporta una progressiva riduzione della pressione

acustica allaumentare della distanza dalla sorgente, (che si accompagna ad un

contemporaneo aumento delle dimensioni della zona illuminata).

96
Inoltre, durante lattraversamento del materiale, le onde ultrasoniche sono

soggette a fenomeni di attenuazione provocati essenzialmente da assorbimento

e scattering che agiscono in maniera dissipativa. Lo scattering, che si verifica

ogniqualvolta il fascio si trova ad impattare con particelle di dimensione

comparabile con la sua lunghezza donda, ha come risultato complessivo la

deviazione di parte delle onde incidenti dal percorso originario.

In generale, la riduzione di intensit energetica per un percorso x in un dato

materiale pu essere espressa mediante la relazione:

I x = I 0 e x

nella quale Ix rappresenta lintensit finale (<I0) dopo lattraversamento dello

spessore x di materiale, I0 lintensit iniziale e il coefficiente di assorbimento.

A sua volta, il coefficiente di assorbimento pu essere idealmente scomposto

nella somma di due contributi:


= + s

dove rappresenta lassorbimento reale, legato alla frequenza dellonda

incidente e frutto dalla dissipazione energetica che si genera in forza dellattrito

molecolare, mentre s deriva dallo scattering, ed funzione essenzialmente

della dimensione delle particelle di cui si compone il mezzo attraversato.

Poich il calcolo dellattenuazione non immediato, essendo necessario

conoscere la frequenza dellonda incidente e il tipo di materiale testato, a titolo

di esempio bene ricordare che materiali come gli acciai lavorati, le leghe di

alluminio, magnesio, titanio e nickel presentano valori di attenuazione molto

bassi e dunque gli spessori massimi testabili nella pratica sono nellordine di

1000-10000 mm, mentre la gran parte dei materiali non metallici (materiali

compositi, gomme, plastiche, resine in genere) e leghe quali ottone, bronzo e le

leghe di zinco e piombo presentano valori di attenuazione nettamente pi

97
elevati e quindi gli spessori massimi che possibile ispezionare si riducono

usualmente a meno di 10 mm.

I trasduttori ultrasonici

Generalit

Fino ad ora la propagazione delle onde ultrasoniche stata trattata trascurando

volutamente le modalit con le quali esse vengono prodotte, ma abbastanza

intuitivo che deve esistere un qualche dispositivo deputato a questo compito.

Assolvono tale funzione i trasduttori ultrasonici (comunemente indicati anche

con il termine sonde) che, fondamentalmente, altro non fanno che convertire

lenergia ottenuta dallapplicazione di una differenza di potenziale in unonda

ultrasonica (che , come detto, essenzialmente una vibrazione meccanica). Nella

maggior parte dei casi ci avviene grazie alleffetto piezoelettrico (scoperto nel

1880 dai fratelli Curie) che , come noto, la propriet che possiedono alcuni

materiali, come il quarzo ad esempio, di produrre cariche elettriche sulla loro

superficie quando sono soggetti a deformazioni meccaniche. Il fenomeno

inverso secondo il quale un materiale piezoelettrico posizionato tra due

elettrodi cambia forma quando viene sottoposto ad una differenza di

potenziale, fu accertato nel 1881 e prende il nome di effetto piezoelettrico inverso.

Nel settore dei controlli non distruttivi con ultrasuoni, il primo fenomeno viene

sfruttato per la misurazione vera e propria, mentre il secondo impiegato per la

produzione di vibrazioni meccaniche, deformazioni e oscillazioni mediante

applicazione di singoli impulsi elettrici di breve durata (con transitorio di

ascesa < 10 ns).

98
Dal punto di vista costruttivo, lelemento attivo piezoelettrico incorporato

nella struttura del trasduttore secondo differenti tipologie costruttive: tra le

sonde pi comunemente utilizzate possono essere citate le cosiddette sonde

verticali le quali producono onde ultrasoniche longitudinali che si propagano

in direzione ortogonale rispetto a quella della superficie di ingresso del fascio

(angolo di incidenza del fascio 0). La struttura generale di un trasduttore di

questo tipo (schematizzata nella figura seguente) consta di un disco oscillatore

(lelemento sensibile) di uno strato protettivo e di un blocco di smorzamento,

oltre che di un involucro rigido metallico e di tutte le connessioni elettriche

necessarie per il collegamento della sonda con i sistemi di acquisizione e

controllo.
Connettore
Connettore Come accennato, il cuore del
Collegamenti trasduttore rappresentato
Elettrici

dallelemento radiante, che si


Blocco
Smorzatore presenta in forma di piastra
Contenitore
sottile di spessore

determinato dalla frequenza


Elemento attivo
Strato Protettivo
delle onde che si desidera
Elettrodi
generare. I materiali con il

quale si realizzano attualmente i trasduttori ultrasonici sono, in generale

appartenenti alla famiglia dei piezo-ceramici polarizzati e la scelta di una

sostanza piuttosto che di unaltra viene fatta in base a considerazioni che

coinvolgono lanalisi di parametri quali densit, velocit del suono, impedenza

acustica, costante di deformazione piezo-elettrica, qualit meccanica, costante

dielettrica ecc. In generale i materiali pi impiegati sono il Titanato-Zirconato di

Piombo, il Titanato di Bario, il Metaniobato di Piombo e il Solfato di Litio. I

cristalli di quarzo (primo elemento sul quale stata accertata lesistenza

99
delleffetto piezoelettrico) sono attualmente in disuso poich le ceramiche citate

presentano caratteristiche di gran lunga migliori dal punto di vista delle

prestazioni fornite ai fini ultrasonori.

Un fattore estremamente importante ai fini della scelta del trasduttore

rappresentato dallo smorzamento delloscillatore una volta che limpulso di

onde meccaniche stato prodotto. Nel quarzo, ad esempio, lo smorzamento

intrinseco scarso, e ci da luogo ad impulsi abbastanza lunghi che impiegano

molto tempo ad estinguersi. Questo fatto rappresenta un serio limite alle

prestazioni del sistema, poich il cristallo non pu ricevere onde di ritorno

finch limpulso emesso non si annullato. Per contro materiali pi moderni

come il PZT5 (Soluzione solida di Titanato e Zirconato di Piombo) possiedono

ottime caratteristiche di smorzamento. Tuttavia occorre sottolineare che un

grosso contributo alle caratteristiche di smorzamento dellintera sonda fornito

dal blocco che viene posizionato immediatamente a contatto dellelemento

attivo (backing) e del quale si tratter pi in dettaglio in seguito.

Le superfici delloscillatore sono ricoperte con un sottile strato metallico in

modo tale che sia garantito il comportamento da elettrodo; occorre, tuttavia,

prestare particolare attenzione alla realizzazione di tale copertura in modo tale

da evitare che sia troppo spessa e che, dunque, possa alterare in qualche misura

le oscillazioni.

Il blocco smorzatore, che assorbe gran parte dellenergia emessa dalla piastra

oscillante, costituito da materiale ad alta densit e ad impedenza acustica

molto simile (se non identica) a quella dellelemento attivo per evitare

indesiderate riflessioni alla superficie di separazione. I migliori risultati si

ottengono con misture di resine e materiali metallici polverizzati, come ad

esempio il tungsteno, in varie proporzioni; spesso la composizione di tale

componente tenuta segreta dalle ditte costruttrici, poich in molti casi sono

100
proprio le caratteristiche di smorzamento a fare la differenza tra un buon

trasduttore ed uno scadente.

Lelemento radiante protetto dal mondo esterno mediante rivestimento con

uno strato cosiddetto di usura (a volte indicato con il nome di zeppa o

scarpa) che provvede ad evitare il danneggiamento accidentale, o causato

dalluso, nonch la contaminazione con agenti solidi o liquidi che potrebbero

alterare le propriet del cristallo. Nelle sonde non soggette ad impieghi

particolarmente gravosi, uno strato di ossido di allumino o titanio pu fornire

una protezione sufficiente allo scopo, mentre se si ha a che fare con ambienti

particolarmente aggressivi, si pu provvedere alla sovrapposizione di una

piastrina di materiale plastico (perspex o lucite) che pu essere facilmente

sostituita quando eccessivamente deteriorata. Nelle sonde ad immersione (che

non vengono poste a diretto contatto col pezzo da testare) lelemento attivo

semplicemente rivestito da uno strato di resina epossidica.

Campo acustico di una sonda ultrasonica: trasduttori piani (flat) e focalizzati

Lintensit delle onde ultrasoniche allinterno del fascio generato dal

trasduttore non costante, ma varia a causa delle dimensioni finite della

sorgente che danno luogo a fenomeni di diffrazione. Sebbene la

rappresentazione del fascio ultrasonico emesso sia complessa e non facilmente

rappresentabile, la schematizzazione pi comunemente accettata quella

riportata nella figura sotto ripotata.

Se si ipotizza che il trasduttore sia cilindrico con diametro , il fascio

ultrasonico appare caratterizzato da una prima zona (detta campo prossimo) nella

quale lintensit fluttuante tra un valore minimo ed uno massimo. Allinterno

del campo prossimo, la distanza corrispondente al tempo di durata

dellimpulso si definisce zona morta poich, come accennato in precedenza,

101
in questo spazio non possibile ottenere alcuna informazione a causa della

sovrapposizione tra impulso emesso e riflesso.

La lunghezza del campo prossimo N funzione, oltre che del diametro del

trasduttore, della lunghezza donda secondo la relazione:

2
N=
4
quindi essa inversamente proporzionale alla lunghezza donda. Ci significa

che, a parit di materiale testato, sonde ad alta frequenza possiedono una

lunghezza di campo prossimo pi grande.

Il fascio ultrasonico, superata la zona del campo prossimo tende a presentare

caratteristiche di maggiore stabilit e, dal punto di vista geometrico, si fa

evidente la tendenza a divergere secondo un angolo definito dallequazione:


1.22
sen =

Questa regione definita campo lontano e in essa lenergia ultrasonica decresce

gradualmente fino ad annullarsi

Tuttavia esiste una particolare classe di trasduttori, detti focalizzati nei quali le

onde ultrasoniche vengono direzionate impiegando opportuni sistemi di lenti

acustiche oppure (come capita pi di frequente) modellando opportunamente

la superficie dellelemento radiante in modo tale che lemissione sia concentrata

virtualmente su una linea (focalizzazione cilindrica) o su un punto

102
(focalizzazione sferica). I trasduttori focalizzati vengono impiegati

essenzialmente nelle ispezioni in

immersione e consentono di ottenere

elevati livelli di risoluzione che sono

richiesti in modo particolare quando si

eseguono scansioni automatizzate di

provini anche a geometria complessa.

Focalizzazione cilindrica Focalizzazione sferica


Dal punto di vista delle propriet del

campo acustico, i trasduttori focalizzati sono caratterizzati dai seguenti

parametri:

Il diametro focale BD a -6dB (riduzione dellampiezza del segnale del

50%) che espresso dalla relazione

1.02F c
BD ( 6dB ) =
f

Dove F indica la lunghezza focale del trasduttore, c la velocit del suono nel

mezzo, f la frequenza dellonda e il diametro del trasduttore.

La lunghezza della zona focale FZ, che esprime in sostanza la

dimensione della regione spaziale nella quale il fascio si mantiene a

sezione costante e pari al diametro BD

FZ = N S F 2
2
(1 + 0.5S F )

espressione nella quale N la

lunghezza del campo prossimo e SF la

cosiddetta lunghezza focale

normalizzata che si ottiene dal

rapporto tra lunghezza focale e lunghezza del campo prossimo.

103
I mezzi accoppiatori

Per garantire una efficace trasmissione delle onde ultrasoniche dallelemento

radiante al componente da testare, necessario interporre tra questo e la

superficie del pezzo, uno strato costituito da una sostanza (liquida o gelatinosa)

che viene detta mezzo accoppiatore (in inglese couplant). Il mezzo

accoppiatore provvede a fornire un opportuno passaggio per londa ultrasonica

dalla superficie radiante del trasduttore fino al materiale ed evita che londa

ultrasonica possa essere completamente riflessa a causa della presenza di aria

che possa trovarsi immediatamente a contatto con il trasduttore. Questo poich

il basso valore di impedenza acustica dellaria fa si che uninterfaccia solido-aria

si trasformi in un perfetto specchio riflettente per le onde sonore impedendone,

di fatto, la penetrazione nel materiale.

Le qualit che dovrebbe possedere un buon mezzo accoppiatore sono:

inumidire opportunamente le superfici del trasduttore e del pezzo da

testare

escludere qualunque bolla daria dal percorso del raggio sonoro

riempire tutte le irregolarit presenti nella superficie del pezzo per creare

una regione di ingresso regolare

consentire il libero movimento della sonda

essere facile da applicare e da rimuovere e non essere tossico

Il mezzo accoppiatore per eccellenza lacqua, in quanto questa sostanza

riassume in s tutte le caratteristiche sopra descritte ed in pi ha costo quasi

nullo. In molte situazioni, tuttavia, lacqua pu non essere la soluzione ottimale

di accoppiamento sia per la sua scarsa viscosit (che ne impedisce, per esempio,

limpiego su superfici verticali) e sia per la possibilit che insorgano fenomeni

di corrosione o danneggiamento del componente testato. In tali situazioni, si

104
preferisce utilizzare sostanze pi viscose come ad esempio la glicerina o (sia in

forma pura e sia in forma di gel misti con acqua) oppure il silicone, lolio, grassi

di varia natura o la colla per carta da parati.

Occorre tenere presente che lo strato di accoppiatore tende ad attenuare (in

diversa misura in funzione della sostanza impiegata) lenergia dellonda

incidente e quindi il suo spessore non dovrebbe essere mai troppo elevato.

Considerazioni sulla scelta del trasduttore

La selezione del trasduttore ottimale per un certo tipo di controllo, dipende in

larga misura dalle caratteristiche del materiale da testare e, in particolare, dalle

sue capacit di attenuazione dellenergia ultrasonica. In generale le onde

Basse frequenze Alte frequenze ultrasoniche ad alta frequenza

presentano migliori

caratteristiche per ci che

riguarda la risoluzione, ossia la

capacit di fornire indicazioni


Elevato livello di penetrazione Basso livello di penetrazione
Scarsa risoluzione spaziale Elevata risoluzione spaziale
distinte per riflettori localizzati

spazialmente ad una certa

distanza luno dallaltro, mentre

le onde di bassa frequenza sono

maggiormente in grado di penetrare elevati spessori di materiale o (ci che lo

stesso) di consentire lesecuzione di indagini su materiali fortemente assorbenti

come gomme, plastiche ecc. Nella figura rappresentato il segnale ultrasonico

cos come monitorato dalloscilloscopio nei due casi limite citati. Quando si

impiegano frequenze basse, il segnale ricco di picchi corrispondenti alle

riflessioni multiple del fascio ultrasonico sulle pareti del provino, mentre nel

caso di frequenze elevate il passaggio continuo allinterno del materiale

105
impoverisce rapidamente londa del suo contenuto energetico. Per contro, la

presenza di pi difetti (tre nel caso in esame) viene percepita sotto forma di una

unica e indistinta eco nel caso delle frequenza basse, mentre lelevata

risoluzione spaziale che caratterizza le onde ad altra frequenza consente di

localizzare in modo inequivocabile tutti i difetti presenti nel pezzo.

Le tecniche pulse-echo e through-transmission

Le onde ultrasoniche possono propagarsi attraverso spessori di materiale anche

di alcuni metri (come ad. es. accade per lacciaio a grana fine) o molto limitati

(materiali molto assorbenti quali gomme, plastica ecc.) dunque importante

scegliere la giusta tecnica di controllo in funzione della tipologia del

componente, del materiale di cui composto, della sua geometria e

dellaccessibilit delle sue estremit. In generale, i CND eseguiti con il metodo

ultrasonico si suddividono in due grandi famiglie:

1. Tecniche pulse-echo (o eco-impulso)

2. Tecniche through-transmission ( in trasmissione)

La differenza sostanziale tra questi due metodi risiede nel fatto che nel primo

caso le onde ultrasoniche investono il pezzo da testate, penetrano in esso e

vengono riflesse e rifratte dalle superfici che delimitano il componente stesso.

Sono proprio le riflessioni interne (eco) che vengono esaminate e forniscono

informazioni sulla presenza di eventuali difetti nel pezzo. Nelle tecniche in

trasmissione, invece, si esamina esclusivamente londa che ha attraversato il

corpo senza tenere in considerazione le eco riflesse.

Dal punto di vista pratico, limpiego di un metodo piuttosto che di un altro

dipende dalle considerazioni generali di cui si accennato in precedenza. Per

esempio, chiaro che laddove sia accessibile una sola superficie del pezzo,

risulter impossibile eseguire unanalisi in trasmissione, mentre il controllo di

106
un pezzo altamente assorbente

potr essere realizzato pi

vantaggiosamente con una

tecnica in trasmissione poich

luso di quella a riflessione

comporterebbe un maggior

percorso dellonda ultrasonica

allinterno del materiale con

conseguente insorgere di

importanti fenomeni di

attenuazione che possono

ridurre sensibilmente il rapporto segnale/rumore.

Nella figura sono proposti alcuni schemi di controllo con le due tecniche. Con T

indicato il trasduttore che funge da trasmettitore (emissione) mentre con R si

indica il trasduttore che ha il compito di raccogliere le onde che hanno

attraversato il pezzo. Nello schema a) proposto un controllo in riflessione che

impiega un solo trasduttore (che incorpora in s le funzioni T ed R). Londa

ultrasonica viene emessa dal trasduttore, attraversa il materiale e viene riflessa

sia dalla superficie opposta del pezzo (Echo Rear Wall) che dal difetto. Il

segnale ultrasonico, che monitorabile su un comune oscilloscopio, mostra

dunque tre tracce distinte e facilmente identificabili. La


c TOF
posizione del difetto pu essere determinata semplicemente S=
a partire dalla conoscenza della velocit del suono nel 2
mezzo c (che nota se si conosce il tipo di materiale testato) e dal tempo

impiegato allonda per essere riflessa dalla discontinuit (che rilevabile sul

display delloscilloscopio). Questultima grandezza spesso definita tempo di

volo (Time of Flight TOF). La relazione qui a lato esprime la distanza del

107
difetto dalla superficie di ingresso del pezzo in funzione delle grandezze

sopracitate. Il termine rende conto del fatto che londa percorre la stessa

distanza due volte (in andata e ritorno).

Lo schema di controllo b) rappresenta la classica situazione di impiego della

tecnica in trasmissione, che prevede limpiego di due trasduttori uno dei quali

emette il fascio di onde ultrasoniche (T) mentre laltro, posto sulla superficie

opposta a quella di ingresso delle onde, raccoglie le onde stesse dopo che esse

hanno attraversato il pezzo e sono state riflesse dalle eventuali discontinuit

incontrate lungo il percorso. In questo caso, il segnale trasmesso presenta

unampiezza il cui valore diminuito (rispetto a quello di ingresso) di una

quantit che proporzionale alla geometria del difetto presente. In questo caso

assolutamente indispensabile avere accesso ad entrambi i lati del componente.

Lo schema c) rappresenta, invece, un controllo in riflessione che fa uso di due

trasduttori (tecnica cosiddetta del pitch-catch) nel quale le due sonde sono

poste sullo stesso lato del pezzo ma agiscono una da trasmettitore ed una da

ricevitore. Questa disposizione consente di eseguire controlli con sonde a fascio

angolato e si dimostra particolarmente vantaggiosa nel caso di difetti orientati

verticalmente, che risultano difficilmente rilevabili da un fascio ultrasonico

orientato nella stessa direzione della discontinuit.

Il metodo pulse-echo probabilmente quello pi largamente impiegato sia nel

settore industriale sia nelle applicazioni di laboratorio. Un setup tipico per

controlli di questo tipo rappresentato nella figura a lato. Un trasduttore viene

posto a contatto con la superficie del pezzo da testare per il tramite di uno

strato di mezzo accoppiatore. Come illustrato in precedenza, questo non altro

che una sostanza liquida o gelatinosa (acqua, gel ecografici a base di glicerina,

olio, etc.) che ha la funzione di realizzare assoluta continuit tra il trasduttore e

il pezzo (condizione necessaria affinch il segnale ultrasonico in ingresso sia

108
quello ottimale). In alternativa il

Ampiezza
Oscilloscopio
componente pu essere
Amplificatore
completamente immerso in un
Tempo

liquido (acqua ad esempio) e in

Generatore Trigger Passo tal caso il trasduttore (che sar


di Impulsi temporale

immerso anchesso) non deve

essere posto a contatto della


Mezzo
accoppiatore
Sonda T/R superficie del corpo. Il

trasduttore genera le onde


Oggetto ultrasoniche sotto forma di
da esaminare

impulsi che vengono riflessi

dalla superficie opposta del

pezzo o da eventuali discontinuit presenti al suo interno e raccolti dallo stesso

trasduttore (che dunque in questo caso agisce da ricevitore). Il tempo necessario

allimpulso per percorrere la distanza tra le due superfici opposte delloggetto

mostrato sul display delloscilloscopio e, per garantire una pi facile leggibilit

del segnale, gli impulsi sono inviati ad intervalli di tempo regolari.

La presenza di un difetto da origine ad un segnale che si colloca

temporalmente in anticipo rispetto alla eco legata alla riflessione del fascio

ultrasonico sulla superficie del pezzo opposta a quella di ingresso

Interpretazione del segnale

La comparsa di una eco inattesa sul display delloscilloscopio non di per s

informazione sufficiente per attestare che il pezzo caratterizzato da difettosit.

Occorre, piuttosto, procedere ad una fase di interpretazione da parte del tecnico

che esegue il controllo, che tenga conto delle caratteristiche intrinseche del

campione esaminato e delle condizioni sotto le quali il test si svolge.

109
Prima di affrontare lanalisi di alcuni casi semplici di difettosit che si

presentano comunemente nella pratica, occorre tenere presente alcune regole

generali elencate di seguito:

Loscilloscopio fornisce una rappresentazione grafica del segnale

ultrasonico nella quale in ordinate riportata lampiezza del segnale e in

ascisse il tempo.

I trasduttori sono indicati con le lettere T (trasmettitore) ed R (ricevitore).

Le sonde che incorporano le due funzioni in un unico trasduttore sono

indicate con T/R

I fasci ultrasonici ad incidenza normale (0) sono composti da onde

longitudinali (di compressione)

I fasci ultrasonici angolati sono generalmente composti da onde

trasversali (shear waves) mediante un fascio longitudinale rifratto.

Limpulso ultrasonico iniziale (emissione) registrato sulloscilloscopio

al tempo t=0

Il fascio ultrasonico si propaga con un angolo di divergenza noto

Nelle figure che seguono sono mostrate alcune indicazioni ottenute per

differenti tipi di discontinuit: nel caso di difetti isolati singoli occorre osservare

che solo le discontinuit che sono orientate perpendicolarmente al fascio

producono una eco chiaramente visibile sulloscilloscopio, mentre quelle

disposte secondo la direzione di propagazione risultano essere praticamente

invisibili al controllo. Inoltre, lampiezza della eco generata dalla riflessione sul

difetto risulter di ampiezza pi o meno elevata in funzione del fatto che le

superfici che lo delimitano siano rugose o lisce. I difetti disposti secondo

orientazioni casuali nei confronti della superficie di ingresso possono essere

individuati impiegando trasduttori angolati che generano fasci ultrasonici

inclinati secondo angoli variabili a piacere.

110
Difetti isolati

Nel caso in cui nel pezzo siano presenti pi discontinuit, loscilloscopio mostra

tracce distinte delle due eco riflesse solo nel caso in cui la posizione dei difetti

sia tale che uno non oscuri laltro (come visibile nel riquadro destro della

figura). Anche in questo caso, lampiezza del segnale legata alle caratteristiche

geometriche del difetto nonch alla sua tipologia.

Difetti multipli

Il controllo ultrasonico in immersione

La tecnica ultrasonica di controllo in immersione consiste, come la terminologia

stessa suggerisce, nellimmergere completamente il pezzo da testare in acqua (o

111
altro idoneo mezzo accoppiatore) prima dellesecuzione dellanalisi. Tale

procedura consente di ottenere alcuni indubbi vantaggi che possono essere

sintetizzati come segue:

Laccoppiamento tra sonda e pezzo assolutamente costante e uniforme

(e ci garantisce una altrettanto uniforme sensibilit e stabilit del

segnale)

Possono essere testati pezzi aventi anche geometria complessa

Possono essere impiegati sistemi di ispezione automatizzati

La possibilit di impiegare sonde focalizzate aumenta la risoluzione e la

sensibilit del sistema

Una variante del metodo, che pu essere facilmente realizzata anche senza

dover immergere completamente il pezzo in acqua, consiste nellimpiegare

particolari sistemi (detti squirter o bubbler) che sostanzialmente non sono altro

che dei piccoli tubi che vengono collegati solidalmente alla sonda e ad una linea

di alimentazione idrica, e provvedono a fornire un getto continuo e costante di

acqua che va a bagnare solo la regione ispezionata in quel dato momento dalla

sonda.

Aria Quando si eseguono

Acqua controlli in immersione


Trasduttore con sonde focalizzate,

occorre tenere presente

che il fascio ultrasonico si

propaga in due mezzi a

diversa impedenza
Punto focale Punto focale acustica (lacqua e il
in acqua nel provino

materiale di cui e

112
composto il pezzo) e ci modifica sensibilmente la lunghezza focale.

Nella figura illustrato il comportamento sopra accennato: il trasduttore ha una

lunghezza focale f (in acqua, dato fornito dal costruttore); che ,quando il fascio

incide sul materiale da testare, (di impedenza acustica Z2) si riduce di una

quantit che pu essere ricavato note le velocit di propagazione nellacqua e

nel materiale VA e VM . In particolare vera luguaglianza

Wp+(VM/VA)Md=f

Da questa relazione possibile ricavare la posizione del punto focale nel

materiale o, eventualmente, stabilire quale percorso devono realizzare le onde

ultrasoniche in acqua al fine di focalizzare il fascio su un particolare punto del

provino. A titolo di esempio giova ricordare che per un provino in acciaio

immerso in acqua, il termine (VM/VA) vale circa 4.

Interpretazione del segnale oscilloscopico nelle prove in immersione

Nella figura seguente rappresentata schematicamente lesecuzione di una

prova ultrasonora in immersione. Il provino, nel quale presente un difetto,

viene immerso in un contenitore pieno di acqua e sottoposto a scansione con

una sonda longitudinale ad incidenza normale. Loscilloscopio mostra un primo

picco che legato allimpulso di emissione del trasduttore (tratteggiato in

figura) e un picco di ampiezza minore che rappresenta la prima riflessione sulla

superficie di ingresso del fascio; la diminuzione di ampiezza che si registra

dovuta allassorbimento da parte dellacqua. Il fascio, che stato parzialmente

riflesso dalla superficie di ingresso e ha prodotto la traccia di ritorno

visualizzata nel primo picco, in parte trasmesso allinterno del componente e

prosegue la sua corsa fino ad incontrare la discontinuit che, in quanto

elemento a diversa impedenza acustica, genera anchesso una parziale

riflessione e trasmissione. La riflessione evidenzia un secondo picco

113
(tratteggiato) che, come si pu intuire, compare solo nel momento in cui almeno

una porzione del fascio ultrasonico va ad incidere sul difetto, mentre nelle

restanti regioni del pezzo si evidenzia una terza eco causata dalla riflessione del

fascio sulla superficie inferiore del materiale. Poich la successione delle

riflessioni caratterizzata quantitativamente dal tempo al quale esse si

presentano (facilmente deducibile dalla scala delle ascisse delloscilloscopio) e

sono note le velocit di propagazione del suono nellacqua e nel materiale,

immediato risalire alla localizzazione spaziale del difetto.

Ampiezza
Tempo

Sonda
Aria longitudinale
Acqua
Difetto

Impulso Riflessione Superficie


Difetto
Iniziale Acqua-materiale Inferiore

114
Radiografia
IL METODO RADIOGRAFICO

Introduzione

La radiografia la tecnica che consente di ottenere informazioni sul contenuto

di un solido mediante impressione di un elemento sensibile (tipicamente una

pellicola) da parte di radiazioni ionizzanti quali raggi X o raggi . Limmagine

ottenuta una proiezione bidimensionale del volume e dunque, come tale, non

offre alcuna informazione sulla posizione (in termini di profondit) delle

discontinuit incontrate dal fascio incidente durante il suo percorso. Il

meccanismo di formazione dellimmagine legato al differente assorbimento

delle radiazioni nel pezzo in funzione della variazione di spessore, dei diversi

costituenti chimici, di disuniformit nella densit, della presenza di difetti o di

eventuali fenomeni di scattering.

La radiografia rappresenta uno dei pi importanti e versatili metodi di

controllo non distruttivo attualmente adottati nellindustria; impiegando

radiazioni che non alterano la struttura chimico-fisica del pezzo o le sue

propriet meccaniche, fornisce una registrazione permanente dellesame che

contiene informazioni essenziali per la valutazione dellintegrit strutturale.

Milioni di radiografie, nel corso delle ultime decadi, hanno consentito alle

industrie di assicurare laffidabilit dei loro prodotti e, in applicazioni

particolarmente critiche, di salvare o proteggere vite umane.

Tuttavia, poich sono anche ragioni di tipo economico che giustificano

limpiego di un metodo NDT piuttosto che di un altro, il valore aggiunto della

radiografia risiede, in qualche modo, nelle sue capacit di incrementare il livello

di profitto dellazienda che utilizza questa tecnica. Da questo punto di vista, la

possibilit di impiegare i raggi X in qualunque fase del processo produttivo, si

riflette, in termini di benefici economici, sullintero ciclo produttivo, dalla

116
progettazione, alle lavorazioni, assicurando un costante ed elevato livello

qualitativo dei prodotti e, in definitiva, la massima soddisfazione per i

committenti.

La radiografia industriale tremendamente versatile: gli oggetti radiografabili

possono essere di dimensioni ridottissime (come componenti elettronici

miniaturizzati) o elevatissime (missili, parti di aeromobili ed altri componenti

dellindustria aerospaziale, petrolchimica o nucleare) ed essere costituiti di

qualunque tipo di materiale (solido, liquido, organico o inorganico). Per venire

incontro alle crescenti esigenze dellindustria, inoltre, la ricerca nel settore della

tecnologia applicata al metodo RT in continua evoluzione: sorgenti sempre

pi potenti e leggere si affacciano sul mercato, e i processi di trattamento degli

esiti delle indagini RT diventano sempre pi raffinati, rapidi e meno costosi.

Negli ultimi anni, con lavvento dellera digitale, anche la radiografia ha visto

mutare significativamente le sue caratteristiche e, al giorno doggi, non

infrequente constatare che molte industrie hanno abbandonato il tradizionale

film ed il laboratorio chimico per passare a schermi sensibili capaci di trasferire

in tempo reale le immagini su PC per archiviarle permanentemente in formato

digitale.

Natura dei raggi X

I raggi X sono una forma di radiazione elettromagnetica cos come lo la luce,

ma da essa si differenziano per la loro ridottissima lunghezza donda, che

allincirca 10000 volte inferiore rispetto alla luce visibile. Proprio questa

caratteristica responsabile della loro capacit di penetrare sostanze che

usualmente riflettono o assorbono la luce. I raggi (che vengono anchessi

impiegati per il controllo non distruttivo industriale) presentano caratteristiche

molto simili ai raggi X, ma sono estremamente diversi per il modo in cui

117
vengono generati. Infatti essi sono il prodotto della disintegrazione dei nuclei

di isotopi radioattivi e la loro qualit (in termini di lunghezza donda e potere

penetrante) e intensit non possono essere controllate dalloperatore.

Raggi X e i raggi godono delle seguenti propriet:

possono penetrare nella materia;

sono assorbiti in maniera differenziale;

si propagano in linea retta;

producono degli effetti fotochimici sulle emulsioni fotografiche;

ionizzano il gas attraversato;

non sono deviati da campi elettrici e magnetici;

la loro velocit di propagazione uguale a quella della luce;

possono liberare elettroni per effetto fotoelettrico;

provocano la fluorescenza di alcune sostanze

Dal punto di vista operativo, sia che si impieghi una radiazione X o una

questa, dopo essere stata generata da una sorgente, deve investire loggetto e la

lastra (che posta dietro il pezzo) e dunque assolutamente necessario avere

libero accesso ad entrambi i lati; ci, a volte, pu rappresentare una seria

118
limitazione allapplicazione della tecnica. Altra differenza che la distribuzione

spettrale (contenuto energetico delle diverse frequenze monocromatiche che

compongono la radiazione) molto diverso nei due casi e ci porta ad alcune

differenze in particolare per ci che concerne le prestazioni ottenibili dai due

tipi di esame, come meglio verr illustrato in seguito. Prima di introdurre alcuni

brevi cenni storici sul metodo radiografico e le procedure di indagine, giova

richiamare alcune terminologie standard definite nelle norme ASTM. In

particolare si definisce:

Radiologia, la scienza e lapplicazione di raggi X, raggi o altre radiazioni

penetranti

Ispezione radiografica o Esame Radiologico, luso di raggi X o al fine di

determinare la presenza di discontinuit in un materiale

Nella pratica si definisce come ispezione radiografica anche la procedura di

registrazione dellimmagine generata dal passaggio di radiazioni penetranti su lastra

sensibile.

Breve storia della radiografia industriale

Prima di analizzare in dettaglio la struttura degli apparecchi radiografici,

possiamo riferirci al seguente esempio di natura sperimentale per meglio

chiarire la genesi e la natura dei raggi X. Supponiamo di avere un filo di

materiale conduttore e di renderlo incandescente (per effetto Joule) mediante il

passaggio di una opportuna corrente. Gli elettroni eccitati dall apporto di

energia riescono a staccarsi dallatomo e a fuoriuscire dal conduttore. Se

poniamo ad una certa distanza dal filo una piastrina di metallo caricata

positivamente gli elettroni fuoriusciti dal conduttore verranno attratti e

cadranno sulla piastrina con una velocit, e quindi con un energia, direttamente

proporzionale alla differenza di potenziale esistente tra conduttore e piastrina.

119
In altre parole maggiore la differenza di potenziale pi alta lenergia degli

elettroni. Quando un elettrone arriva sulla piastrina pu urtare contro un

elettrone di un atomo del materiale oppure non urta altri elettroni, ma viene

deviato passando nelle vicinanze di un atomo. In entrambi i casi, la maggior

parte dellenergia liberata viene emessa sotto forma di radiazione nellintervallo

dellinfrarosso come calore, mentre una piccola parte sotto forma di onde

elettromagnetiche a lunghezza donda ridotta e frequenza elevata chiamate

appunto raggi X. La prova dellesistenza dei raggi X si deve a W.C. Roentgen

che nel 1895, a seguito dellosservazione di fenomeni di la fluorescenza in

alcuni cristalli disposti in prossimit di un tubo catodico, riusc a caratterizzare

sistematicamente la tipologia e le propriet delle radiazioni penetranti. Agli

inizi del 900 comparvero i primi apparecchi (tubi) in grado di generare raggi X,

che tuttavia erano molto inaffidabili, difficili da controllare e producevano

radiazioni di intensit molto bassa. Il primo vero salto tecnologico nella storia

della radiografia si consegu con linvenzione dei tubi sottovuoto (Coolidge,

1913) che consentivano di raggiungere energie dellordine dei 100 kV. LASME

nel 1931 accett il metodo radiografico quale strumento di controllo delle

radiografie nei recipienti in pressione. Nel 1931 la General Electric produsse il

primo apparecchio ad alto voltaggio (1000 kV), mentre il salto verso il milione

di Volt si ebbe negli anni 40. Attualmente esistono apparecchi da 6 MV e oltre

che possono essere impiegati per usi industriali (per esempio per lanalisi di

getti o forgiati di dimensioni ragguardevoli)

I principi fisici

Raggi X

Come accennato in precedenza, un modo semplice e molto diffuso di produrre

raggi X consiste nel far collidere un fascio di elettroni su un bersaglio solido;

120
questo il principio del tubo di Coolidge (il primo sistema di produzione di

raggi X) il cui schema riportato sinteticamente in figura.

Il tubo altro non che unampolla di vetro nella quale praticato il vuoto spinto

(la pressione interna dellordine dei 10-2 MPa) contenente due elettrodi: il

catodo, o elettrodo negativo, che costituisce la sorgente di elettroni, costituito

da un filamento di tungsteno avvolto a spirale e da una cupola di

concentrazione (schermo focalizzante). Allestremit opposta si trova una

placchetta di tungsteno che costituisce lanodo o elettrodo positivo. Il filamento

Anodo di Tungsteno Fascio di elettroni

Catodo

Braccio anodico Braccio catodico

Raggi X

di tungsteno, riscaldato fino allincandescenza da una corrente di debole

intensit alimentata da un piccolo trasformatore, emette un fascio di elettroni

che si dirige verso lanodo (caricato positivamente). Questo tipo di emissione di

elettroni, che avviene a partire da un filamento riscaldato, chiamata effetto

termoionico; lesperienza e la teoria mostrano che lemissione termoionica

funzione della temperatura del filamento. Gli elettroni liberati dal filamento

sono successivamente attratti verso il bersaglio con velocit dipendente dalla

differenza di potenziale fornita ai due capi del sistema. Lemissione dei raggi X

dovuta allinterazione tra gli elettroni (che prendono anche il nome di raggi

catodici) con gli atomi del bersaglio anodico e il passaggio di essi verso

lesterno del tubo assicurato da finestre metalliche realizzate con sottili fogli

di berillio od alluminio (metalli che possiedono un basso coefficiente di

assorbimento verso i raggi X). Presso il bersaglio deve essere anche disposto un

121
efficiente circuito di raffreddamento poich il 99% dellenergia convertita in

calore.

I vantaggi chiave del sistema di Coolidge, rispetto ai primi e rudimentali

metodi di generazione dei raggi X, consistono nella sua stabilit e nel fatto che

lintensit e lenergia dei raggi X possono essere controllati in modo

indipendente. Infatti un aumento dellintensit di corrente che attraversa il

filamento si riflette in un aumento di temperatura e in un corrispondente

aumento del numero di elettroni prodotti (fatto che aumenta lintensit dei

raggi non alterandone la distribuzione spettrale). In modo analogo, laumento

della differenza di potenziale tra anodo e catodo incrementa la velocit degli

elettroni che colpiscono lanodo e ci provoca un incremento dellenergia dei

raggi X emessi.

Lenergia della radiazione prodotta espressa in elettronvolt (eV). Un

elettronvolt lenergia cinetica acquistata da un elettrone quando accelerato

da un campo elettrico prodotto da una differenza di potenziale di un volt:

19
. 1eV =1,60210 J

Come accennato, la velocit con la quale gli elettroni colpiscono lanodo

funzione dalla tensione di alimentazione del tubo, e a sua volta lenergia dei

raggi X prodotti direttamente proporzionale al quadrato della velocit degli

elettroni stessi; inoltre pi piccola la lunghezza donda della radiazione

prodotta, pi elevata la sua energia e maggiore la capacit della radiazione

stessa di penetrare la materia.

Caratteristiche dei raggi X

In generale, con il termine generico di radiazione si intende linsieme delle

particelle subatomiche e delle onde che si propaga dalla sorgente sotto forma di

122
fascio. Considerando che lintensit della radiazione la quantit di energia

ceduta nellunit di tempo ad una superficie unitaria disposta

perpendicolarmente alla direzione del fascio, possibile costruire un

diagramma riportante in ascisse la lunghezza donda e in ordinata lintensit di

una radiazione elettromagnetica, ottenendo in tal modo il cosiddetto spettro di

emissione della radiazione.

I raggi X presentano uno spettro misto costituito da due parti:

a) uno spettro continuo, determinato dalla variazione continua di energia,

dovuta alla diminuzione di velocit che gli elettroni subiscono

nellattraversare il bersaglio metallico;

b) uno spettro a bande (discontinuo), o spettro caratteristico, determinato

dal rilascio di energia da parte degli elettroni urtati del bersaglio che

ritornano sullorbita originaria. Ad ogni riga corrisponde un preciso

livello di energia associato al salto dell orbita.

E stato dimostrato che lintensit dello spettro continuo aumenta con il

quadrato della tensione secondo la relazione:

I = K V 2

nella quale K una costante che, a parit daltri fattori, dipende dal materiale da

cui costituito lanticatodo.

123
Lo spettro caratteristico dipende dal materiale del bersaglio ed importante

sottolineare che la sua energia piccola se confrontata con quella dello spettro

continuo. In figura riportato lo spettro nel caso di anticatodo in tungsteno.

Come accennato in precedenza, lo spettro continuo dei raggi X pu essere

modificato attraverso due parametri fondamentali:

1) la corrente con la quale viene prodotto il fascio elettronico per effetto

termoionico

2) la tensione di alimentazione imposta tra catodo e anodo che determina

laccelerazione degli elettroni.

Aumentare la corrente del filamento provoca un aumento della emissione di

elettroni dal filamento stesso e quindi un aumento di intensit della radiazione

prodotta che non ha influenza sullenergia della stessa.

Aumentare la tensione del tubo significa aumentare la differenza di potenziale

esistente tra catodo e anodo, e quindi agire sul campo elettrico che spinge gli

elettroni sullanodo. Ci si traduce in un aumento dellenergia della radiazione

X prodotta. La figura seguente mostra la curva di intensit per quanto riguarda

lo spettro continuo dei raggi X. La curva (a) stata ottenuta con bassa corrente

mentre la (b) ottenuta con una corrente

pi elevata mantenendo costante la tensione

di alimentazione. Il punto di intersezione di

ciascuna curva con lasse delle lunghezze

donda chiamato limite inferiore di

lunghezza donda (min), questo valore

completamente determinato dalla tensione

di alimentazione del tubo. Come si pu

124
notare aumentando la corrente del tubo radiogeno si ha leffetto di aumentare

lintensit massima dei raggi X ma non la loro energia, la quale inversamente

proporzionale alla lunghezza donda.

Lintensit massima si ha infatti per lo stesso valore della lunghezza donda

max, e il limite inferiore di lunghezza donda rimasto invariato.

Quindi, per aumentare lenergia dei raggi X, e quindi la loro capacit di

penetrare la materia, necessario aumentare la tensione di alimentazione tra

catodo e anodo, cio la tensione del tubo. In

figura mostrato come varia lemissione in

funzione della tensione di alimentazione.

Allaumentare della tensione di

alimentazione da 50 a 200 kV si riduce il

limite inferiore di lunghezza donda ed anche

il valore di per cui si ha la massima

intensit di radiazioni.

I raggi X di lunghezza donda minima sono

prodotti dagli elettroni aventi velocit

massima o massima energia. Il limite

inferiore di lunghezza donda pu essere

calcolato con laiuto della seguente relazione:

12,336
=
V
dove:

la lunghezza donda espressa in Angstrom,

V la tensione di alimentazione del tubo radiogeno espressa in Volt.

Quando la tensione di alimentazione aumenta, come si osserva dalla relazione,

la lunghezza donda minima diminuisce e, inoltre, lintensit massima della

125
radiazione elettromagnetica aumenta allaumentare della tensione di

alimentazione.

Raggi

I raggi sono radiazioni elettromagnetiche emesse dalla disintegrazione di un

isotopo radioattivo, caratterizzate da un contenuto energetico variabile da 100

keV a 1 MeV, con lunghezze donda corrispondenti di 0.01 e 0.001 Angstrom.

Dal punto di vista dellimpiego radiologico industriale, le sorgenti pi

impiegate sono il Cobalto (Co-60), lIridio (Ir-192), il Cesio (Cs-173), litterbio , il

tulio e il tantalio. A seconda della sostanza impiegata, si possono testare

spessori di materiale estremamente variabili; per esempio le radiazioni

originate dal cobalto possono penetrare una lastra di acciaio di spessore oltre

200 mm. Per contro, occorre tenere presente che isotopi altamente radioattivi

richiedono ladozione di complesse procedure di sicurezza onde evitare

contaminazione e lesioni del personale addetto al controllo e alla popolazione

circostante.

Tutte le sorgenti radioattive impiegate nella -grafia sono caratterizzate dal

cosiddetto tempo di dimezzamento (o semivita), che rappresenta il tempo che

impiega una certa quantit di un elemento radioattivo a diminuire della met la

sua massa. Tale parametro di particolare importanza per la definizione del

rischio di contaminazione ambientale, poich elementi ad elevata semivita

possono permanere attivi e pericolosi nellambiente per molte migliaia di anni.

A titolo di esempio, il Co-60 ha una semivita di 5,3 anni, mentre il Ce-137 arriva

a 30 anni.

Lunit di misura dellattivit dellisotopo radioattivo nel Sistema

Internazionale (SI) il Becquerel (Bq) che corrisponde ad una disintegrazione al

secondo. Sono in uso anche altre unit di misura quali il Curie (Ci) che pari a

126
3,7 1010 disintegrazioni al secondo, ed il Rutherford (rd) che uguale a 106

disintegrazioni al secondo.

Da quanto detto risulta:

1 Ci=3,7 1010 Bq

1 Rd=106 Bq.

I principali vantaggi dellimpiego di sorgenti a raggi sono:

ridotte dimensioni della sorgente, che compatta e facile da trasportare

elevata penetrazione delle radiazioni se comparata con le sorgenti a raggi

X di uso industriale,

prezzo relativamente basso rispetto ad alcune apparecchiature a raggi X,

non necessaria alcuna sorgente di elettricit,

monocromatica

il contrasto abbastanza tenue dellimmagine permette ad un grande

dominio di spessori di materiale di essere radiografati in una sola

esposizione e sulla stessa pellicola.

Occorre rilevare, tuttavia, che questultima caratteristica non risulta vantaggiosa

quando si testano pezzi con spessore relativamente costante; il basso contrasto,

infatti, non offre le condizioni ottimali per rilevare i difetti in pezzi con queste

caratteristiche.

Le sorgenti di raggi gamma hanno il principale inconveniente di essere di bassa

intensit: questo costringe ad impiegare tempi di esposizione pi lunghi, inoltre

alcuni elementi radioattivi hanno un tempo di dimezzamento relativamente

breve, e ci pu comportare la loro frequente sostituzione.

In sintesi, per la scelta degli isotopi devono essere considerati tre fattori

principali:

1. il periodo di radioattivit,

2. lenergia dei raggi gamma,

127
3. il materiale da radiografare.

La procedura di controllo mediante radiografia

Come accennato, una radiografia essenzialmente una registrazione fotografica

prodotta dal passaggio di raggi X o gamma attraverso un oggetto su una

pellicola.

I raggi X si propagano secondo linee rette e, in condizioni normali, non possono

essere focalizzati. Ci caratterizza uno dei punti essenziali della procedura

radiografica, ossia limpiego di sorgenti puntiformi o prossime ad essere tali,

poich la definizione

dellimmagine radiografica

strettamente legata alla

dimensione della sorgente.

Valori di 1.5-5 mm sono comuni

nei tubi a raggi X di medie

caratteristiche, mentre

possibile scendere fino a

dimensioni di 5-50 m per

particolari tipologie di sorgenti

cosiddette microfocalizzate.

Dalla sorgente, di qualunque tipo essa sia, ha origine un fascio di radiazione

divergente che attraversa il provino, ne viene differentemente assorbito (in

funzione delle sue caratteristiche fisico-chimiche) e finisce per impressionare

una pellicola sensibile, uno schermo fluorescente, un convertitore fotonico

(scintillatore). Limmagine che si ottiene (in scala di grigi) deve essere

successivamente interpretata per valutare la presenza di discontinuit che,

128
come visibile nella figura seguente producono livelli diversi di densit

dellimmagine in funzione delle loro caratteristiche.

Proprio la relazione esistente tra la direzione

del fascio incidente e le caratteristiche

geometriche delle discontinuit

rappresentano un fattore estremamente

critico ai fini della caratterizzazione

radiografica di un componente

Per esempio, si osserva in figura come

difettosit apparentemente simili nella

tipologia (cricche di uguale dimensione ma

orientate perpendicolarmente tra loro) sono

rappresentate da immagini estremamente diverse tra loro; infatti la

discontinuit orientate parallelamente alla direzione di propagazione del fascio

appaiono nettamente pi distinguibili rispetto a quelle orientate

perpendicolarmente. Di tali fattori occorre tenere conto quando si progetta un

controllo radiografico.

Il fenomeno grazie al quale i raggi X producono unimmagine variamente

contrastata quello dellattenuazione, che avviene a seguito di fenomeni di

scattering e di assorbimento originati dallinterazione delle radiazioni con gli

atomi della materia attraversata. Appare dunque evidente che deve essere

posta grande cura nella selezione dellenergia dei raggi X in modo tale che essa

sia quella ottimale in

funzione del livello di

contrasto che si intende

ottenere nellimmagine. Un

esempio di quanto sia

129
delicato questo aspetto riportato in figura. La radiografia riporta lesame di

una lastra dacciaio nella quale presente una cricca: mentre limmagine di

sinistra stata impressionata utilizzando una sorgente X da 150 kV, quella di

destra stata realizzata impiegando una sorgente di Ir-192. Appare evidente

come in questultimo caso, il contrasto ottenuto sulla lastra sia insufficiente a

visualizzare correttamente il difetto.

Pi in generale, per ottenere una radiografia di buona qualit occorre valutare

alcuni importanti aspetti sintetizzabili come segue:

1. Esame visivo preliminare delloggetto. importante analizzare ad occhio

nudo loggetto da testare per decidere lorientamento della direzione di

indagine sia sulla base della possibile collocazione dei difetti allinterno

del componente, e sia in relazione agli spessori che devono essere

attraversati dal fascio.

2. Energia dei raggi X. Lenergia (lunghezza donda) dei raggi X deve essere

selezionata considerando la composizione delloggetto, la lunghezza del

percorso che il fascio deve attraversare e le eventuali problematiche

legate alla dispersione dei raggi.

3. Registrazione dellimmagine. Limmagine pu essere osservata su uno

schermo controllato in remoto o su pellicola in unione con opportuni

schermi luminosi. Griglie o schermi devono essere usati laddove

necessario per ridurre effetti indesiderati di scattering che possono

peggiorare la qualit finale dellimmagine. Per ci che riguarda il tempo

di esposizione necessario a garantire un livello di contrasto ottimale,

questo deve essere determinato sulla base di test di calibrazione che sono

eseguiti radiografando provini particolari. Inoltre, la distanza tra la

sorgente, loggetto ed il piano pellicola deve essere tale da assicurare un

sufficiente rapporto di ingrandimento, buona nitidezza ed alto contrasto,

130
con tempi di esposizione che devono essere ridotti al minimo possibile. Il

miglioramento della definizione dellimmagine pu anche essere

ottenuto impiegando film a grana fine, ma in generale questo tipo di

pellicole richiede un tempo di esposizione pi lungo rispetto a quelle

standard.

4. Interpretazione delle radiografie. Il risultato finale di una radiografia una

proiezione che non offre alcuna informazione relativamente alla

profondit dei difetti nel pezzo. Al fine di agevolare il lavoro del tecnico

che deve formulare il giudizio di accettabilit sul pezzo, occorre

considerare i seguenti fattori:

La scelta preliminare dellenergia dei raggi X e degli altri fattori che

possono influenzare la nitidezza ed il contrasto dellimmagine

Limpiego di radiazioni aventi la massima differenza possibile per ci

che concerne lassorbimento in funzione delle differenti composizioni del

pezzo

Lorientazione delloggetto, che deve essere tale da permettere che le

discontinuit presenti nellimmagine finale siano ben contrastate rispetto

al fondo

La radiografia deve essere esaminata con uno schermo ad alta

luminosit, in condizioni ambientali ottimali (buio)

Occorre conoscere in anticipo la possibile casistica dei

difetti/discontinuit eventualmente presenti nel pezzo. Radiografie di

riferimento con difettosit note possono essere di grande aiuto nei casi

dubbi.

Consapevolezza della possibilit che nellimmagine possano essere

presenti informazioni non rilevanti dovute, ad esempio, a fenomeni di

scattering

131
La generazione dei raggi X
Sono passati molti anni dallinvenzione di Coolidge, e il processo di

generazione dei raggi X per impiego industriale, pu attualmente fare

affidamento su dispositivi

tecnologicamente avanzati e ad alte

prestazioni. In figura seguente proposta

una rappresentazione schematica di come

appare oggi un moderno generatore di

raggi X. In esso si distinguono,

comunque, le parti essenziali (anodo,

catodo, finestre di uscita dei raggi X) gi

presenti anche nei primi tubi radiogeni.

Tuttavia, pur con tutti i progressi e i

miglioramenti tecnologici conseguiti

nellultimo secolo, i sistemi che provvedono alla generazione dei raggi X

rimangono estremamente inefficienti dal punto di vista energetico, se si pensa

che solo una percentuale variabile tra l1% (basse energie) e il 25% (alte energie)

dellenergia iniziale convertita in radiazione utile. La parte restante si

trasforma in calore che deve essere smaltito mediante un opportuno sistema di

raffreddamento disposto nella zona del bersaglio.

I valori tipici del potenziale di eccitazione del tubo sono compresi nel range 20

kV-25 MV (anche se in campo industriale raramente si ha necessit di salire

oltre i 500 kV); i maggiori valori di energia sono richiesti, come facile intuire,

per penetrare grandi spessori di materiale, mentre basse energie assicurano

ottimi livelli di contrasto. I bersagli dei tubi a raggi X commerciali sono quasi

sempre di tungsteno, poich questo elemento possiede elevato punto di fusione

(caratteristica importante considerato lenorme calore sviluppato), buona

conduttivit termica (necessaria per assicurare un rapido smaltimento del

132
calore), ed elevato numero atomico. A questo proposito occorre sottolineare

come il numero atomico Z0 sia un parametro rilevante per lintero sistema

perch compare sia nellespressione dellintensit di energia che possibile

ottenere con un tubo di determinate caratteristiche di corrente i e voltaggio V

I = Ki Z0 V2

e sia in quella dellefficienza della produzione di raggi X (rapporto tra energia

dei raggi X prodotta e energia impiegata per la produzione ed accelerazione

degli elettroni)

= 1.4 10-9 Z0 V

Assorbimento e Scattering dei Raggi X nella materia

La conoscenza delle caratteristiche di assorbimento dei raggi X nei materiali di

fondamentale importanza al fine di ottenere radiografie ben contrastate, poich

proprio in forza dellassorbimento differenziale che si generano le immagini

radiografiche. Nei solidi lattenuazione causata da diversi meccanismi che

agiscono indipendentemente tra loro, alcuni causati dallassorbimento ed alcuni

da fenomeni di scattering.

I fenomeni di cessione di parte dellenergia posseduta dalla radiazione agli

atomi della materia vengono usualmente classificati in letteratura come segue:

effetto Fotoelettrico (assorbimento)

effetto Compton (scattering incoerente)

produzione di doppietti

Effetto fotoelettrico

Lassorbimento fotoelettrico avviene quando un fotone dei raggi X di bassa

energia ( 0,5 MeV) collidendo con un atomo trasferisce tutta la sua energia ad

un elettrone e, se tale energia raggiunge un certo livello di soglia, lelettrone

133
espulso e liberato dalla forza di

attrazione del nucleo. Questo

fenomeno avviene per basse energie

del fotone (il quale viene

completamente assorbito) e per elevati

livelli di numero atomico dellatomo.

Effetto Compton

Leffetto Compton, noto anche come scattering incoerente, avviene quando

un fotone con energia superiore alla soglia necessaria alla liberazione di un

elettrone, collide con un atomo; della

sua energia, parte viene usata per

espellere un elettrone dellorbitale pi

esterno, e parte prosegue sotto forma di

fotone avente per energia inferiore e

direzione di propagazione diversa

rispetto al fotone incidente.

Produzione di coppie
La produzione di coppie si verifica

quando un fotone ad elevata energia

(superiore a 1,2 MeV) collidendo con un

atomo viene completamente assorbito e

al suo posto si formano un elettrone ed

un positrone. Il positrone ha una vita

134
brevissima; esso svanisce con la formazione di due fotoni aventi energia pari a

0,5 MeV ciascuno.

Una volta spiegati i meccanismi di assorbimento e scattering, appare opportuno

definire delle grandezze parametriche che definiscano le caratteristiche del

materiale nei confronti della radiazione X. A tale proposito si definiscono i

coefficienti Half Value Layer (HVL) e Tenth Value Layer (TVL) come gli spessori

che rispettivamente dimezzano e decimano lintensit della radiazione

incidente. Ci per un dato materiale e per una certa intensit delle radiazioni

Per uno stesso materiale i valori di HVL e TVL decrescono allaumentare

dellintensit dellenergia raggiante, e quindi per radiazioni pi penetranti.

Supponendo di costruire il setup sperimentale rappresentato in figura per il

quale

I0 lintensit della radiazione incidente,

I lintensit della radiazione trasmessa (che giunge al rivelatore)

dx lo spessore del pezzo attraversato.

si pu dimostrare che un fascio omogeneo di raggi X di intensit I0,

nellattraversare un spessore di materiale x, subisce unattenuazione di

intensit I, che proporzionale allintensit del fascio incidente e allo spessore

del materiale; il fenomeno pu essere descritto dalla seguente espressione

matematica:

I = I x

135
dove una costante di proporzionalit di segno negativo per indicare la

diminuzione di intensit.

Supponendo di avere a che fare con quantit infinitesime, si pu scrivere

dI = I dx
e, integrando si ottiene infine:

I = I 0 e ( x)

Questa relazione esprime la legge fondamentale sullassorbimento di un fascio

omogeneo di raggi X o raggi gamma. La costante di proporzionalit definita

coefficiente di assorbimento lineare e si esprime in cm-1. Questo parametro esprime,

in sostanza, la frazione di energia assorbita per cm di materiale attraversato, ed

il suo valore numerico dipende dalla lunghezza donda della radiazione

incidente e dal tipo di materiale attraversato.

Nella pratica, per, pu risultare pi conveniente riferire il coefficiente di

assorbimento alle caratteristiche di densit del materiale come segue:


m =

Il coefficiente di assorbimento per unit di massa dipende, infatti, sia dal

materiale sia dal suo stato fisico e questo spiega perch, ad esempio, lintensit

dei raggi X non diminuisce allo stesso modo quando questi attraversano uno

spessore unitario di vapore acqueo o di acqua allo stato liquido.

Tuttavia, quando si prende in considerazione la densit dei due materiali allora

lassorbimento per unit di massa risulta essere lo stesso e dunque la frazione di

raggi X assorbita per una data quantit dacqua la stessa, sia che essa si trovi

sotto forma di acqua, di ghiaccio o di vapore.

136
Il coefficiente di assorbimento massico di un composto chimico o di una miscela

dato dalla media dei coefficienti dei singoli componenti proporzionalmente

alla percentuale in peso di ciascuno di essi.

Lo scattering
Lo scattering (dispersione) il fenomeno in seguito al quale una parte raggi

emergenti dal corpo assorbente (dopo averlo attraversato) seguono delle

direzioni diverse rispetto al fascio incidente. Questa radiazione definita anche

radiazione diffusa.

Poich il rivelatore (sia esso un film od un convertitore fotonico) riceve

contemporaneamente sia la radiazione diffusa sia la radiazione del fascio

principale e non in grado di discriminare tra le due, il coefficiente di

assorbimento che misurato dal rivelatore risulta essere composto da due parti:

un termine legato allassorbimento vero e proprio e un termine causato dalla

dispersione.

Lassorbimento vero e proprio caratterizzato dalla scomparsa di un quanto di

energia e dal trasferimento di essa agli elettroni del materiale attraversato

(questo il caso descritto come effetto fotoelettrico, ma in parte ci accade anche

nelleffetto Compton e nella produzione di doppietti). La radiazione dispersa ,

invece, caratterizzata da una variazione di direzione rispetto al fascio incidente,

e da unenergia minore; ( questo il caso delleffetto Compton e della

produzione di doppietti).

Effetti dellassorbimento e della dispersione

Durante lesposizione ai raggi X o , la pellicola radiografica colpita dalla

frazione di radiazioni che hanno attraversato il pezzo in esame (che non sono

state assorbite) e dalla radiazione di scattering. A seconda dello spessore del

materiale, dei difetti presenti o della presenza di eventuali inclusioni di

materiale a diverso coefficiente di assorbimento, le radiazioni subiscono un

137
differente livello di attenuazione e, quando infine vanno ad incidere sulla

pellicola, la impressionano in maniera differenziata con diverse densit di

annerimento. Losservazione visiva della pellicola sviluppata e un accurato

esame delle regioni di essa che presentano zone a differente densit e contrasto,

consente di localizzare e caratterizzare eventuali difetti presenti nel pezzo in

esame.

Registrazione delle immagini con i Raggi X

Come accennato in precedenza, i raggi X e quelli possono essere rilevati

impiegando una variet di mezzi quali pellicola fotografica, camere a

ionizzazione, scintillatori, contatori geiger, etc. In realt, nella pratica

industriale, la pellicola radiografica di gran lunga il sistema pi impiegato.

In generale, una comune pellicola radiografica composta da sette strati:

due strati esterni di gelatina indurita per proteggere lemulsione;

due strati di emulsione sensibile (cristalli di bromuro di argento);

due strati sottilissimi per assicurare laderenza dellemulsione al supporto

trasparente;

uno strato di supporto trasparente (in acetato di cellulosa o poliestere).

La formazione dellimmagine legata al modo in cui la radiazione X modifica le

caratteristiche dellemulsione fotografica analogamente a quanto accade con la

luce nelle lunghezze donda del visibile (rendendo in tal modo possibile la

realizzazione di fotografie)

La base di materiale trasparente (acetato di cellulosa) uniformemente rivestita

sui due lati con unemulsione gelatinosa di bromuro dargento. Il bromuro

dargento si trova sotto forma di piccoli cristalli ed disposto uniformemente

allinterno della gelatina. Lo spessore di ciascuno strato circa 0,025 mm.

Quando i raggi X o incidono sullemulsione, ha luogo una reazione chimica

nei cristalli del bromuro dargento con una energia che proporzionale

138
allintensit della radiazione incidente e al tempo di esposizione. Il risultato di

tali modificazioni chimiche latente sulla pellicola e, affinch possa essere

osservato, necessario trattare la stessa con una soluzione chimica chiamata

rivelatore.

Il rivelatore ha unazione riduttrice nei confronti del bromuro dargento, che

consiste nel prelevare il bromuro dai cristalli esposti del bromuro dargento, e

depositare atomi di argento nero sulla gelatina. La concentrazione dellargento

metallico nero, per unit di superficie dellemulsione, dipende dal tempo di

esposizione e dunque, in definitiva, il fattore che determina la densit della

pellicola.

Una caratteristica importante che deve possedere il rivelatore la sua capacit

di non intaccare i cristalli che non sono stati esposti. In realt nessun prodotto

chimico attualmente conosciuto lascia una regione inesposta totalmente

inalterata nel tempo e ci provoca uno sviluppo parziale che prende il nome di

nebbia chimica o velatura.

Dal punto di vista costitutivo, i rivelatori contengono generalmente del metolo

e dellidrochinone, sostanze capaci di riprodurre tutti i toni del grigio e il nero;

, inoltre, necessario che la soluzione sia alcalina per rendere opaca la pellicola..

Del solfito di sodio e del bromuro di potassio aggiunti alla soluzione, agiscono

da agenti di conservazione e riducono la nebbia chimica.

Per fermare lo sviluppo, la pellicola viene immersa in un bagno di arresto

rapido, ovvero risciacquata in acqua.

Il bagno di arresto consiste in una soluzione leggera di acido acetico che

neutralizza gli alcali del rivelatore. Se non viene usato il bagno darresto le

pellicole devono essere immerse in acqua corrente pulita da uno a due minuti,

se le si agita sono sufficienti 20 secondi. Dopo lo sviluppo la pellicola contiene

ancora il bromuro dargento che non stato esposto e rivelato e questo deve

139
essere rimosso dallemulsione se si vuole che limmagine resti

permanentemente fissata. A tal fine si impiega un fissatore costituito da

iposolfito di sodio o di ammoniaca. Acido acetico o solforico (in bassa

concentrazione) sono aggiunti al fissatore per neutralizzare il rivelatore alcalino

aderente alla pellicola. Quando la pellicola viene estratta dal rivelatore, le

superfici non rivelate appaiono gonfie e ingiallite. Dopo limmersione nel

fissatore, trascorso un certo tempo, il giallo diventa trasparente. Il tempo

necessario a che avvenga questo cambiamento detto tempo di schiarimento. Per

fissare correttamente una pellicola, essa deve essere lasciata nel fissatore per un

tempo doppio del tempo di schiarimento.

Una volta tolte dal fissatore, le pellicole devono essere lavate per almeno 30

minuti per eliminare le eventuali tracce di prodotti chimici ancora presenti

nellemulsione. Sebbene loperazione di lavaggio non sia sufficiente ad

eliminare completamente le ultime tracce di fissatore, questo deve essere ridotto

a quantit tali da permettere la conservazione della radiografia integra per un

periodo di tempo prefissato.

Lo stadio finale del trattamento della pellicola lessiccatura. Questa

operazione viene fatta appendendo le radiografie ad un supporto e generando

un moto convettivo naturale o forzato dellaria ambientale. Possono anche

essere utilizzati essiccatori ad aria calda che consentono una notevole

velocizzazione del processo, anche se occorre prestare particolare attenzione a

non produrre un riscaldamento eccessivo che pu rendere fragili le pellicole.

Tipi di pellicole

Le pellicole, che sono classificate da appositi organismi internazionali in base al

loro comportamento, si differenziano tra loro per la velocit (rapidit di

esposizione), il contrasto e la dimensione dei grani. Questi aspetti sono in parte

140
correlati, infatti le pellicole aventi grani di grandi dimensioni hanno velocit pi

elevata rispetto a quelle aventi i grani relativamente pi piccoli. Per contro, le

pellicole ad elevato contrasto hanno i grani generalmente pi piccoli e sono

meno rapide di quelle a minor contrasto. Una pellicola a grana fine in grado di

restituire unimmagine contenente un maggior numero di dettagli rispetto ad

una pellicola a grana grossa.

Nonostante la differenza di qualit tra le radiazioni delle sorgenti a raggi X e le

sorgenti a raggi gamma, per entrambi i casi si impiegano gli stessi tipi di

pellicole.

Curva densitometrica

La radiografia sviluppata consiste in una superficie sulla quale sono state

deposte diverse quantit di argento metallico ed quindi composta da zone di

maggior o minor annerimento. Definita la trasmittanza T come:

It
T=
I0

dove

I0 lintensit della luce incidente sulla pellicola.

It lintensit luminosa emergente dalla pellicola,

La densit della pellicola definita come il logaritmo decimale dellinverso

della trasmittanza:

1 I
D = log = log o
T It

La densit della pellicola dipende sia dallintensit della radiazione sia dal

tempo di esposizione. Il prodotto di questi due fattori detto esposizione:

141
E = k I t

dove

k un fattore di proporzionalit,

I lintensit della radiazione,

t il tempo di esposizione.

Ciascun tipo di pellicola caratterizzato da una curva densitometrica (o

sensitometrica) che rappresenta graficamente il grado di annerimento ottenibile

al variare dellesposizione cui la pellicola soggetta. La figura riporta una tipica

curva densitometrica.

Il parametro a rappresenta la sensibilit della pellicola (la cosiddetta velocit

o rapidit); una pellicola tanto pi sensibile quanto minore il valore di

a, cio la pellicola inizia ad

annerirsi dopo una breve

esposizione.

La pendenza della curva

caratteristica b rappresenta

il contrasto o gradiente della

pellicola: maggiore la

pendenza della curva caratteristica maggiore il contrasto. Il dominio di

utilizzo della pellicola il tratto a pendenza costante indicato come latitudine di

esposizione e e si trova nellintervallo di densit tra 1,7 e 2 per condizioni

normali di osservazione.

Il parametro c, detto velatura, si concretizza in una leggera opacit presente

anche in zone non esposte. Questo fenomeno causato in parte da una non

perfetta trasparenza del supporto e in parte dalle operazioni di sviluppo. In

142
ogni caso la velatura non deve superare il valore di 0,2-0,3 di densit, a cui

corrisponde una quasi totale trasparenza.

Il parametro d rappresenta la massima densit accettabile quando la pellicola

viene esposta e sviluppata ed chiamato densit limite. Il valore della densit

limite generalmente fissato pari a 4, mentre un valore superiore (a cui

corrisponde un annerimento intenso) non pu essere accettato.

I densitometri

Il densitometro lo strumento atto alla misura della densit della pellicola che

aiuta il tecnico a stabilire se i limiti di densit sono rispettati. Sebbene in

commercio siano disponibili densitometri

elettronici molto pratici ed affidabili, sono ancora

largamente impiegati anche quelli a comparazione

ottica.

I densitometri ottici prendono anche il nome di

strisce densitometriche e si compongono di varie

bande di grigio corrispondenti densit note: la

densit incognita della pellicola viene determinata

per confronto visivo diretto con le varie bande. Questo metodo consente stime

di densit sufficientemente precise anche se, ovviamente, occorre tenere

presente i limiti dellapparato visivo umano.

La formazione dellimmagine radiografica

Lintensit dei raggi X decresce con il quadrato della distanza come accade, del

resto, per tutti gli altri tipi di onde elettromagnetiche; dunque se analizziamo il

comportamento di una sorgente puntiforme (come schematizzato in figura) si

pu osservare che il fascio emesso, divergente, investe i differenti piani che lo

intersecano perpendicolarmente secondo aree di dimensione progressivamente

143
crescente nelle quali lintensit rilevata in un singolo punto diminuisce. Ad

esempio se si suppone che sul piano C1, posto ad una distanza X dalla sorgente,

la radiazione copra 4 regioni quadrate con intensit 1, spostandosi sul piano C2,

situato a distanza doppia dal precedente, lo stesso fascio

investe copre 16 regioni quadrate pi piccole ed in esse

lintensit si ridotta ad 1/4. Da ci si deduce che

raddoppiando la distanza lintensit della radiazione

sullunit di superficie si riduce ad 1/4, triplicandola si

riduce ad 1/9 e cos via. Tuttavia occorre osservare che

questa legge valida solo se la dimensione della sorgente

piccola confrontata con la distanza sorgente-oggetto (nella

maggior parte delle applicazioni pratiche > 50 mm)

La Penombra Geometrica

Uno dei parametri che contribuisce pesantemente ad influenzare la qualit

dellimmagine radiografica la cosiddetta penombra (unsharpness), che si

definisce come lincapacit di riprodurre fedelmente i bordi di un dato oggetto.

Lo stesso termine viene anche usato per indicare la

distanza minima che pu essere risolta da un dato

sistema radiografico. La penombra dipende

essenzialmente dalle dimensioni della macchia

focale, ossia della proiezione delle dimensioni

effettive del fascio di elettroni provenienti

dallanticatodo sul piano perpendicolare alla

direzione di propagazione.

Con riferimento alla figura, se si considera una sorgente di dimensioni finite, la

penombra espressa dal segmento AA (o BB); occorre tuttavia tenere

144
presente che la mancanza di simmetria della posizione delloggetto rispetto al

fascio pu provocare differenze nella lunghezza dei due tratti.

possibile determinare analiticamente il valore della penombra geometrica Ug

mediante la relazione:

d
Ug = F
D
nella quale:

F la dimensione effettiva della sorgente,

d la distanza oggetto-pellicola,

D la distanza sorgente-oggetto.

Nel caso in cui la pellicola sia posta a contatto con

loggetto da radiografare e loggetto possieda uno

spessore relativamente piccolo la penombra

geometrica trascurabile (come mostrato in figura) e

si pu esprimere mediante la relazione:

F
Ug = ( 0 + F )
D

dove F lo spessore della pellicola e 0 lo spessore

delloggetto da radiografare.

Quando d diventa grande si osserva il fenomeno

dellingrandimento radiografico; oltre allindubbio

vantaggio di una migliore osservazione del pezzo

radiografato, lingrandimento porta con se anche un

notevole aumento della penombra geometrica e

dunque la risoluzione dellimmagine finale aumenta

145
solo se si usa una sorgente di radiazioni davvero molto piccola. In questo caso

possibile definire un fattore di ingrandimento Mg espresso da:

D+d
Mg =
D

Contrasto e Definizione

Il contrasto pu essere definito come la differenza di densit che si registra nella

pellicola, in seguito allesistenza di una variazione di spessore o di densit del

pezzo radiografato. Questo parametro risulta essere particolarmente critico ai

fini della bont del controllo radiografico, infatti un difetto pu essere

individuato nellimmagine radiografica proprio a causa del contrasto tra la

densit della sua immagine e la densit del materiale circostante. Pi questa

differenza rilevante pi facile diventa rintracciare il difetto allinterno del

pezzo.

Mentre per contrasto si intende la differenza di densit tra due zone contigue

della radiografia, con il termine definizione radiografica si esprime la rapidit

con la quale avviene tale passaggio. Ottenere unelevata definizione vuol dire,

in sostanza, poter distinguere in modo nitido i bordi del pezzo o i contorni di

eventuali discontinuit mentre, quando la definizione scarsa, limmagine

appare velata e poco leggibile.

La Sensibilit Radiografica

La sensibilit radiografica esprime convenzionalmente la minima differenza di

spessore del materiale in esame che possibile rilevare sullimmagine finale,

valutata nella direzione del fascio primario. In sostanza, questo parametro ha

un diretto riscontro nella nitidezza con la quale la radiografia capace di

evidenziare le discontinuit nel pezzo radiografato.

146
La valutazione pratica della sensibilit radiografica viene

effettuata mediante limpiego dei cosiddetti

penetrametri o Indicatori della Qualit

dellImmagine (IQI), che commercialmente sono

realizzati secondo tipologie differenti con materiali che

possono essere omogenei rispetto al pezzo da testare o

radiologicamente simili.

La tipologia pi diffusa quella degli IQI a fili, che sono costituiti da una serie

di sette fili (Fe-Al-Cu-Ti etc.) di diametro diverso, in funzione delle

caratteristiche del test da eseguire, pressati su un supporto di plastica (vedi

figura, diametri da 0.25 a 0.81 mm)

La sensibilit radiografica (percentuale) calcolata

come rapporto tra il diametro del filo pi sottile

visibile sulla radiografia e lo spessore del pezzo

radiografato. Questo tipo di penetrametro viene

posto generalmente a cavallo della zona di

interesse che deve essere radiografata. Un altro tipo di

penetrametro molto utilizzato quello a fori che

sostanzialmente realizzato da una piastrina di spessore

T (che rappresenta una certa percentuale dello

spessore del pezzo da radiografare) sulla quale si

eseguono tre fori di diametro T, 2T, 4T. In questo caso

la sensibilit si valuta sulla base del diametro del foro

che risulta pi visibile sullimmagine radiografica.

Quando viene fatta una radiografia i penetrametri a

piastra forata sono generalmente posti sulla superficie

rivolta alla sorgente di radiazioni in prossimit della

147
regione che deve essere radiografata. Se ci dovesse risultare difficoltoso (o

addirittura impossibile) i penetrametri possono essere posti sulla pellicola.

Se il profilo del penetrametro visibile sulla radiografia e lo spessore del

penetrametro , per esempio, il 2% dello spessore del provino, la sensibilit

radiografica almeno del 2%. Limmagine dei fori o dei fili fornisce

unindicazione sulla chiarezza con la quale un difetto sar visibile sulla

radiografia e, in sostanza, il penetrametro pu essere pensato come un difetto

artificiale di cui siano note a priori tutte le caratteristiche quantitative e

qualitative. La differenza nella densit della pellicola sviluppata data da un

piccolo cambiamento dello spessore in un provino omogeneo dato da:


D = 0.434 b T

Dove

D = variazione di densit,

b = gradiente della pellicola alla densit D,

= coefficiente di assorbimento lineare della radiazione

T = variazione di spessore

Mentre la sensibilit radiografica data dalla relazione:

T 2.3 D
=
T b T
Se D considerato come la pi piccola variazione percettibile di densit (i

valori dati per D si trovano per lintervallo compreso tra 0.005 e 0.02) e si

assume il valore medio di 0.01, allora la sensibilit radiografica espressa dalla

relazione

T 0.023
=
T b T

148
che , per, valida solo per una radiazione monocromatica.

Filtri e Schermi

Talvolta, tra la sorgente di radiazioni e loggetto da radiografare interposto un

foglio metallico chiamato filtro, che assorbe la radiazione di lunghezza donda

maggiore principalmente responsabile della dispersione. Con questo

accorgimento il contrasto migliora e ci permette di radiografare sulla stessa

pellicola forti variazioni di spessore. Per questo motivo quando devono essere

radiografati oggetti con forti variazioni di spessore raccomandato lutilizzo di

un filtro per ridurre la dispersione e la sovraesposizione. La presenza del filtro

fa aumentare il tempo di esposizione per compensare lo spessore del materiale

aggiunto che deve essere attraversato dai raggi X.

Il 99% dei raggi X che colpisce la pellicola fotografica non produce leffetto

fotochimico nellemulsione, ma lattraversa inalterato. Per diminuire il tempo di

esposizione e migliorare la qualit della radiografia, si utilizzano degli schermi

intensificanti, anche detti schermi di rinforzo. Esistono diversi tipi di schermi:

1. schermi di piombo,

2. schermi di ossido di piombo,

3. schermi di rame,

4. schermi doro,

5. schermi di tantalio,

6. schermi fluorescenti.

Lazione intensificante degli schermi di piombo dovuto in primo luogo

allemissione di elettroni a partire dalla superficie di piombo quando essa

colpita dai raggi X, ed in secondo luogo allazione dei raggi X secondari

prodotti allinterno del piombo. Gli elettroni, a loro volta, provocano una

reazione fotochimica sulla pellicola, reazione di maggiore intensit rispetto a

149
quella prodotta dalla radiazione primaria. Gli schermi devono essere posti a

contatto diretto con la pellicola; in caso contrario gli elettroni emessi dallo

schermo generano sulla pellicola unimmagine sfocata. Inoltre gli schermi al

piombo assorbono la radiazione dispersa a bassa energia proveniente

dalloggetto radiografato: si ottiene quindi nel complesso unimmagine pi

nitida.

Lazione intensificante aumenta allaumentare dellenergia della radiazione

primaria. Lo schermo anteriore riduce leffetto fotochimico della radiazione,

mentre i fotoelettroni prodotti dallo schermo aumentano tale effetto. Il fattore di

intensificazione definito come quel fattore di cui si riduce il tempo di

esposizione quando usato uno schermo. Nelle seguenti figure sono riportati

degli esempi: Generalmente gli schermi al piombo sono usati in coppia e la

pellicola posta tra i due schermi. Lo schermo posto pi vicino alla sorgente di

radiazioni abitualmente chiamato schermo anteriore, e laltro detto schermo

posteriore. Lo schermo anteriore ha unazione intensificante maggiore rispetto

allo schermo posteriore in quanto gli elettroni emessi dal piombo tendono ad

andare nella direzione della radiazione primaria. Daltra parte poich i raggi X

devono attraversare lo schermo anteriore prima di arrivare alla pellicola, questo

schermo agisce anche da filtro ed i raggi troppo tenui vengono assorbiti. Per

basse tensioni del tubo radiogeno (qualche kV) lazione filtrante dello schermo

anteriore fa aumentare il tempo di esposizione. Lo schermo posteriore tende a

150
ridurre leffetto della radiazione retrodiffusa, perch assorbe la radiazione

secondaria a bassa energia, questo generalmente pi spesso dello schermo

anteriore. Lo schermo anteriore tende invece a ridurre tutta la radiazione

dispersa proveniente dagli oggetti che la radiazione primaria attraversa prima

di giungere alla pellicola.

Il fattore di intensificazione rappresentato in funzione dello spessore dello schermo, per 25 mm di acciaio e 25 kV. (A) schermo
doppio, (B) schermo posteriore, (C) schermo anteriore.

Lo schermo posteriore contribuisce in gran parte alla formazione della densit

radiografica per spessori di piombo normalmente usati. Gli schermi al piombo

non sono particolarmente efficaci per tensioni del tubo radiogeno inferiori a 140

kV; tuttavia lo schermo posteriore contribuisce a formare una densit

apprezzabile sulla pellicola e deve essere comunque utilizzato anche con 80 kV.

Il fattore di intensificazione degli schermi al piombo influenzato dallo

spessore e dal tipo di materiale radiografato. Per spessori sottili di acciaio, per

esempio, il fattore di intensificazione dello schermo doppio migliore del

fattore di intensificazione di ciascuno schermo preso separatamente. Lazione

intensificante degli schermi al piombo ha il suo massimo per spessori di acciaio

che vanno dai 12 ai 18 mm e per tensioni del tubo radiogeno da 140 a 250 kV.

151
Gli altri schermi metallici hanno unazione intensificante simile a quella degli

schermi al piombo, cambiano solo gli spessori da utilizzare a seconda delle

esigenze.

Gli schermi fluorescenti sono generalmente in tungstato di calcio (CaWO4), ed

hanno un doppio vantaggio: riducono il tempo di esposizione e facilitano la

radiografia di spessori rilevanti con apparecchi a raggi X di media potenza.

Come nel caso degli schermi di piombo, la pellicola si trova spesso tra due

schermi, quello anteriore e quello posteriore. Quando il tungstato di calcio

attraversato dai raggi X produce leffetto fluorescenza, con una luce di colore

bianco bluastro. La luce emessa ha unintensit che dipende dallintensit della

radiazione incidente, ed una lunghezza donda cui lemulsione della pellicola

sensibile. Lo schermo realizzato mescolando una polvere fine di tungstato di

calcio con un opportuno legante e depositandone uno strato sottile su un

supporto di cartone. Il fattore di intensificazione ottenuto utilizzando il

tungstato di calcio varia tra 10 e 100. La figura mostra leffetto della tensione sul

fattore di intensificazione degli schermi fluorescenti.

Pi la grana della polvere utilizzata grossa, pi la fluorescenza intensa e pi

la pellicola veloce. I cristalli di tungstato di calcio pi grossi danno per alla

pellicola un aspetto granuloso. Il fattore di intensificazione degli schermi al

152
tungstato di calcio determinato dalla dimensione dei cristalli; pi i cristalli

sono grossi, pi la quantit di luce grande e lazione intensificante

importante. La dimensione dei cristalli influenza la nitidezza dellimmagine.

Una radiografia realizzata utilizzando uno schermo fluorescente ha una

nitidezza peggiore rispetto ad una radiografia realizzata con schermi di

piombo. Questa scarsa nitidezza dovuta alla dispersione della luce visibile

emessa dallo schermo. necessario che tra lo schermo e la pellicola ci sia intimo

contato per non permettere alla luce di disperdersi e di produrre unimmagine

confusa. Per questo motivo gli schermi al tungstato di calcio sono utilizzati

raramente, fata eccezione per quei casi in cui necessario ridurre notevolmente

il tempo di esposizione. questo il caso di spessori di acciaio superiori a 40

mm, con 200 kV, o 80 mm, con 400 kV.

Si possono ottenere dei vantaggi combinando luso dei due tipi di schermi, si

usa come schermo anteriore quello al piombo e come posteriore quello al

tungstato di calcio. Questa tecnica riduce il tempo di esposizione senza

influenzare eccessivamente la nitidezza dellimmagine.

153
Appendice: Difettologia delle Saldature
DIFETTOLOGIA DELLE SALDATURE

La saldatura

Per saldatura si intende linsieme dei processi attraverso i quali, sotto lazione

di una sorgente termica e con o senza apporto di materiale, possibile

effettuare lunione di pezzi metallici in modo da realizzare una struttura

continua.

Usualmente le saldature si dividono in due grandi classi:

1. saldature autogene, nelle quali il metallo base prende parte, fondendo,

alla formazione del giunto. In questo caso il metallo dapporto pu essere

presente o meno a seconda del procedimento utilizzato ed

metallurgicamente simile al metallo base.

2. saldature eterogenee, nelle quali il metallo base non prende parte alla

formazione del giunto, che viene invece costituito dal metallo dapporto,

sempre presente, diverso dal metallo base e con temperatura di fusione

minore.

I procedimenti di saldatura pi comuni sono quelli autogeni per fusione, e in

particolare i processi di saldatura ad arco. La saldatura ad arco un

procedimento che sfrutta il calore di un arco elettrico (scarica di elettricit,

luminosa e persistente) fatto scoccare tra un elettrodo (metallo dapporto) ed il

pezzo da saldare. L elevata temperatura dellarco provoca la fusione del

metallo base e del metallo d apporto realizzando la continuit dei due lembi.

La parte del metallo base costituente il pezzo da saldare che viene interessata

dalla fusione prende il nome di zona termicamente alterata o zona di

transizione.

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Difetti nelle saldature

Secondo UNI EN ISO 6520-1 si definisce imperfezione qualsiasi deviazione dalla

saldatura ideale e difetto unimperfezione non accettabile. In particolare la

norma citata classifica le imperfezioni in 6 gruppi:

1) cricche

2) cavit

3) inclusioni solide

4) mancanza di fusione e di penetrazione

5) difetti di forma e dimensionali

6) altre imperfezioni

Di seguito saranno illustrati sinteticamente i tipi di difetti pi comunemente

riscontrati nelle saldature e le cause che li originano.

Le cricche

Definizioni

La cricca pu essere definita come una discontinuit originatasi per distacco inter o

transcristallino in un materiale metallico originariamente continuo e sano. un difetto

che viene indicato come bidimensionale poich solitamente si presenta pi o

meno lungo e profondo con andamento frastagliato mentre i suoi lembi sono

piuttosto ravvicinati. Se le cricche hanno dimensioni molto ridotte (inferiori ad

1 mm), vengono definite microcricche.

Le cricche sono il difetto pi grave e temibile di un giunto saldato. Infatti una

cricca, anche se di piccole dimensioni, rappresenta il segnale di una rottura in

atto con alto fattore di concentrazione delle tensioni (effetto di intaglio) alle sue

estremit. Una cricca pu aumentare le sue dimensioni nel tempo a seconda

delle sollecitazioni di esercizio cui sottoposta e delle dimensioni iniziali,

portando (al limite) al cedimento del giunto. Unulteriore classificazione delle

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cricche pu essere fatta a seconda che il distacco avvenga lungo i bordi dei

grani (intergranulari) o attraverso i

grani stessi (transgranulari),

mentre, seconda della loro

posizione rispetto al giunto saldato,

si distinguono cricche in zona fusa

o cricche in zona termicamente

alterata.

Cricche in zona fusa: classificazione

Si trovano nella zona fusa del giunto e possono essere orientate

longitudinalmente, trasversalmente oppure essere interdentritiche (queste

ultime sono quelle che seguono landamento dei grani dendritici della zona

fusa).

A seconda della loro origine si distinguono in:

Cricche a caldo

Cricche a freddo o da idrogeno

Le cricche a caldo hanno generalmente orientamento longitudinale e si formano

durante il raffreddamento del bagno di fusione quando la temperatura poco al

di sotto della linea del solidus e, nel caso degli acciai, ancora al di sopra dei

900C a seguito della presenza, tra i grani gi solidificati, di fasi liquide che

solidificano per ultime. Negli acciai le cause principali sono: un elevato tenore

di impurezze (zolfo e fosforo) e/o di

carbonio contenute nel materiale base,

le tensioni di ritiro di saldatura e altre

cause occasionali come, per esempio,

la sporcizia presente sui lembi da

saldare. In altri metalli, per esempio

157
nelle leghe di alluminio, causa delle cricche a caldo possono essere anche

elementi di lega (Cu, Zn, Mg) in determinate percentuali che allargano

lintervallo di solidificazione della lega.

In presenza di queste condizioni quindi evidente che, a parit di materiale

base, il pericolo che insorgano cricche a caldo direttamente proporzionale alla

quantit di esso portata a fusione. Sono pertanto da evitare quei procedimenti e

quei valori di parametri (per esempio unintensit troppo elevata di corrente,

una troppo bassa velocit di saldatura) che danno luogo ad un elevato apporto

termico e quelli che danno luogo a bagni di fusione troppo voluminosi.

Uno tra i pi frequenti casi di cricche a caldo rappresentato dalle cosiddette

cricche di cratere, che sono situate nel cratere terminale di una passata di

saldatura e sono dovute alla concentrazione progressiva delle impurezze nella

parte del bagno che solidifica per ultima e alle condizioni di autovincolo molto

severe. Nelle radiografie esse appaiono sotto forma di macchie scure con

annerimento variabile e dalla forma irregolare.

Le cricche a freddo si formano negli acciai durante il raffreddamento del

cordone quando la temperatura scende al di sotto di 100150C.

Le cause principali della loro

formazione sono: un alto tenore di

idrogeno in zona fusa, una durezza

relativamente elevata della zona fusa

stessa e la considerevole entit delle

tensioni di ritiro longitudinali che,

tra laltro, ne generano il caratteristico prevalentemente trasversale. Per limitare

(o eliminare) la loro comparsa utile limitare la quantit di idrogeno assorbita

dal bagno e applicare e mantenere un adeguato preriscaldo (che ha lo scopo di

158
diminuire la durezza della zona fusa e di consentire la diffusione dellidrogeno

allinterno).

Poich, come accennato, le tensioni di ritiro longitudinali sono in genere le pi

elevate nella zona fusa, queste cricche sono pi frequentemente trasversali; solo

pi raramente si hanno in zona fusa cricche a freddo longitudinali.

Nella saldatura degli acciai dolci o ad alto limite elastico anche in assenza di

tempra, ma in presenza di idrogeno e azoto, tali cricche si presentano di

dimensioni molto piccole (talvolta vengono anche definite microcricche da

idrogeno) e spesso si raggruppano in un certo numero nella stessa sezione

(trasversale o longitudinale) del giunto.

Nella saldatura degli acciai con elevate caratteristiche meccaniche (come i

bonificati), per i quali si utilizzano materiali di apporto pi tempranti, le cricche

a freddo in zona fusa sono pi grandi e possono tagliare completamente il

cordone di saldatura in direzione trasversale ripetendosi quasi

sistematicamente a certe distanze, quando la lunghezza del cordone accumula

sufficiente energia di ritiro longitudinale. Nella saldatura a pi passate non

infrequente riscontrare la presenza di cricche a freddo nelle passate sottostanti,

anche se in realt, per, esse sono da riferirsi alle zona termicamente alterate

dalle passate successive.

Cricche in zona termicamente alterata: classificazione

Sono cricche che si trovano nella zona termicamente alterata di un giunto

saldato, che costituita dal materiale di base o, talvolta, dalle passate depositate

precedentemente, o che comunque si sono originate da essa.

Hanno generalmente direzione longitudinale e possono essere interne (cricche

sotto il cordone) o affioranti a lato del cordone. A seconda della loro origine

quelle pi comuni si possono classificare in:

Cricche a freddo;

159
Strappi lamellari;

Cricche a caldo;

Cricche da trattamento termico.

Le cricche a freddo si formano negli acciai quando durante il raffreddamento di

un giunto saldato la temperatura scende al di sotto di circa 100150C. Il

fenomeno sopratutto legato alla presenza di idrogeno nel bagno (proveniente

dai materiali dapporto o dai lembi; per esempio umidit contenuta nel

rivestimento degli elettrodi o lembi

umidi, rugginosi e sporchi),

unitamente ad una concomitante

fragilit della zona termicamente

alterata (per la formazione di

strutture di tempra) e a tensioni

interne di autovincolo (sempre

esistenti). A seconda del tipo di materiale di apporto, se questo meno

temprante del materiale base le cricche si troveranno solo nella zona

termicamente alterata del materiale base; se, invece, il materiale base meno

temprante del materiale dapporto esse si formeranno nella zona fusa globale

del cordone, cio nella zona termicamente alterata costituita dalle passate

precedenti.

Le cricche a freddo possono avere sia dimensioni ridottissime sia molto

rilevanti, con lunghezze che possono arrivare a centinaia di millimetri;

landamento microscopico generalmente trasgranulare.

Per quanto riguarda lorigine e prevenzione valgono allincirca le stesse

considerazioni svolte a proposito delle cricche a freddo in zona fusa.

160
Gli Strappi lamellari possono essere assimilati a cricche che si formano solo nella

zona termicamente alterata del materiale base e sono tipici dei giunti molto

vincolati (giunti a T) la cui forma

tale che la lamiera sollecitata a

trazione normalmente rispetto alla

sua superficie (cio nel senso dello

spessore della lamiera o traverso

corto).

Questi difetti sono dovuti al fatto

che i materiali laminati sollecitati in

questo modo possono presentare bassa resistenza e duttilit, motivo per cui

possono rompersi proprio sotto la zona termicamente alterata.

Il fenomeno degli strappi lamellari influenzato dalle seguenti condizioni:

Dimensioni del cordone (quanto pi grosso il cordone tanto pi forti sono

le tensioni di ritiro che agiscono nel senso dello spessore della lamiera).

Tipo di penetrazione (sono pi pericolosi da questo punto di vista i giunti a

piena penetrazione che quelli con cordone ad angolo perch nei primi le

tensioni di ritiro sono proprio perpendicolari alla lamiera)

Spessore e qualit del laminato Gli strappi sono dovuti a una debolezza

intrinseca del laminato causata soprattutto dalla presenza di

inclusioni, specialmente silicati e solfuri; in particolare queste ultime

essendo plastiche alla temperatura di laminazione a caldo vengono

allungate da questultima riducendo quindi la coesione in senso

trasversale allo spessore. Poich tale fenomeno tanto pi marcato

quanto maggiore lo spessore, il rimedio pi efficace una particolare

elaborazione dellacciaio (che riduca drasticamente il contenuto

inclusionale) e laggiunta eventuale di elementi, quali per esempio il

161
calcio, oppure del cerio o altre terre rare, che legandosi allo zolfo

rendono le inclusioni di solfuri pi dure e non allungabili durante la

laminazione.

Tipo di procedimento e parametri di saldatura. Quando si teme che si

verifichino strappi lamellari, utile procedere a imburratura 1 preventiva

della superficie del pezzo da saldare sollecitato trasversalmente o almeno

usare, nella saldatura a passate multiple, una sequenza di passate

particolare atta a depositare uno strato di cordoni sullelemento

sollecitato trasversalmente. raccomandato inoltre, quando possibile,

luso di materiali dapporto a bassa resistenza e alta duttilit e di saldare

contemporaneamente dalle due parti del T per distribuire i ritiri.

Le cricche a caldo (o a liquazione) sono dovute al passaggio allo stato liquido di

composti a basso punto di fusione che si trovano al contorno del grano

cristallino nella zona termicamente alterata del giunto, immediatamente vicino

alla zona fusa, e allazione delle tensioni di ritiro trasversali, che tendono a

staccare i grani; esse hanno, pertanto, carattere intergranulare e sono

generalmente molto piccole.

Lunica procedura possibile per limitarne la comparsa quella di saldare con

basso apporto termico in modo da limitare lampiezza della zona termicamente

alterata e fare attraversare il campo di temperature critico assai rapidamente. Le

cricche a caldo sono abbastanza rare e tipiche di taluni materiali come i getti a

pi alto tenore di carbonio, certi acciai inossidabili stabilizzati e alcuni acciai

bonificati o al nichel.

Cricche da trattamento termico: sono cricche che si producono durante il

trattamento termico di rinvenimento-distensione di una costruzione saldata a

seguito delle tensioni termiche, dovute ai gradienti di temperatura che si


1
L'imburratura una forma particolare di riporto per saldatura con cui si deposita dapprima uno strato
cuscinetto avente caratteristiche chimico-fisiche intermedie tra quelle del materiale base e del deposito
finale.

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possono avere in fase di riscaldamento, e delle deformazioni plastiche di

distensione locale che avvengono in zone in cui la struttura metallurgica

ancora fragile e non rinvenuta.

Mentre generalmente gli acciai dolci, quelli al CrMn o quelli al Nb, soffrono

poco di tale inconveniente, certi acciai contenenti Cr e/o Mo e/o V ne sono

particolarmente suscettibili.

Le cricche da trattamento termico si formano pi facilmente in zone nelle quali

vi sono concentrazioni di tensioni come per esempio: in corrispondenza di

difetti di saldatura; in corrispondenza di incroci di cordoni; in corrispondenza

di discontinuit strutturali; in corrispondenza di disomogeneit metallurgiche (

per esempio zona termicamente alterata in acciai ferritici sotto a riporti di acciai

austenitici).

Le cricche da trattamento termico corrono generalmente lungo i bordi dei grani

dellaustenite originaria nella quale, in origine, si era avuta precipitazione di

carburi (Cr, Mo o V) e arricchimento di impurezze.

Quando si teme tale fenomeno, particolare cura va posta nella scelta dellacciaio

e nei requisiti di purezza dello stesso e particolari precauzioni vanno adottate

nelleffettuazione del trattamento termico.

Mancanza di penetrazione o di fusione

In questo caso si tratta di discontinuit esistenti tra i due lembi del cianfrino

(mancanza di penetrazione) o tra un lembo e la zona fusa (mancanza di fusione)

provocate dalla mancata fusione di entrambi o di uno solo dei lembi.

Nella radiografia questo difetto si presenta come una linea nera continua o

discontinua che si trova sul fondo e corre parallelamente alla saldatura.

163
Questo tipo di difettosit (grave e quasi sempre incettabile) pu essere

riscontrato nella zona della prima passata, al vertice o al cuore della saldatura, a

seconda del tipo di preparazione: a V,

a X ecc. o in corrispondenza di

passate successive. La causa

principale della loro comparsa da

ricercarsi nella non corretta

preparazione dei lembi (angolo di

apertura del cianfrino troppo piccolo, spalla eccessiva, distanza tra i lembi

insufficiente, slivellamento), talvolta nella mancanza di opportuna puntatura o

di cavallotti distanziatori che evitino che i lembi si chiudano, a mano a mano

che la saldatura procede, per effetto del ritiro trasversale, o nella scarsa abilit

del saldatore.

Nel caso di giunti che possono essere ripresi dal lato opposto (come accade per

esempio nel caso delle lamiere) il difetto pu essere eliminato con unaccurata

solcatura al rovescio effettuata prima dellesecuzione della passata di ripresa.

da notare, peraltro, che se la presenza

di questo difetto si osserva al cuore

della saldatura, significa non solo che

la preparazione dei lembi non stata

corretta ma anche che la solcatura e la ripresa non sono state eseguite con

sufficiente cura.

Dal punto di vista della localizzazione, i fenomeni di ritiro trasversale, che

esercitano un azione compressiva, possono portare a stretto contatto i lembi non

fusi di una mancata penetrazione al cuore (specialmente se i lembi sono stati

preparati mediante lavorazione meccanica); tale contatto intimo pu creare

grosse difficolt qualora si intenda rivelare successivamente il difetto con

164
tecniche NDT quali radiografia, magnetoscopia e ultrasuoni. Si tratta, pertanto,

di un difetto molto subdolo la cui comparsa deve essere evitata soprattutto con

controlli preventivi (in fase di preparazione) o durante lesecuzione della

solcatura.

Oltre alla mancata penetrazione si pu presentare il difetto di penetrazione

eccessiva; tale problema si manifesta nel controllo radiografico sotto forma di

una linea chiara, piuttosto spessa, che corre lungo la saldatura, spesso

accompagnata da eventuali macchie ancora pi chiare di forma arrotondata.

Le incollature si presentano di caratteristiche simili alle mancanze di fusione,

ma tra il lembo e la zona fusa si trova interposto uno strato di ossido, per cui in

quella zona la saldatura diventa una brasatura allossido del materiale che si

salda. Questo difetto tipico

dellacciaio, qualora si proceda a

saldatura ossiacetilenica (cio ad

apporto termico poco concentrato) e

MAG ad immersione (quindi con

basso apporto), ma si presenta anche

nei materiali facilmente ossidabili come, ad esempio, le leghe di alluminio. Un

giunto nel quale siano presenti incollature possiede caratteristiche meccaniche

scadenti. Anche questo difetto molto subdolo e, particolarmente negli acciai,

poco rilevabile ai controlli non distruttivi, per cui deve essere evitato

soprattutto con i controlli preventivi.

Le inclusioni (solide o gassose) sono difetti situati in zona fusa, dovuti alla

presenza di sostanze diverse dal metallo del cordone di saldatura, che rsultano

inglobate nel cordone stesso.

165
Le inclusioni solide si classificano, a

seconda del materiale che le

costituisce, in inclusioni di scorie e

inclusioni di tungsteno.

Le prime sono cavit in zona fusa

contenenti solo scoria o scoria e gas.

Le inclusioni di scoria sono definite allungate quando la loro lunghezza pi di

tre volte la larghezza e in radiografia si presentano come macchie nere,

irregolari, di forme diverse. Si tratta di uno dei difetti pi comuni nei cordoni

realizzati con elettrodi rivestiti e ad arco sommerso, quando lesecuzione del

giunto sia stata effettuata con passate multiple ed causato principalmente

dallasportazione poco accurata di scorie ad alto punto di fusione di una

passata prima dellesecuzione della passata successiva; tuttavia le inclusioni

possono essere anche dovute ad un uso scorretto dellelettrodo rivestito, ad un

non preciso posizionamento della testa saldatrice oppure ad una non corretta

scelta dei parametri della preparazione (es. angolo di apertura del cianfrino

troppo stretto).

Le inclusioni di tungsteno, che appaiono, in radiografia come macchie bianche di

forma e dimensioni irregolari sono originate dalla presenza di minute schegge

di tungsteno sia isolate che raggruppate (spruzzi). un tipico difetto del

procedimento TIG imputabile alle seguenti cause:

maneggio scorretto della torcia

insufficiente protezione gassosa dellelettrodo

scarsa qualit dellelettrodo

intensit di corrente troppo elevata

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Gli spruzzi sono di forma generalmente molto irregolare e frastagliata e ai loro

vertici si possono piccole cricche, fatto che ne aumenta decisamente la

pericolosit in termini di possibili cedimenti della saldatura

Le inclusioni gassose sono cavit provocate da gas intrappolati nel bagno che si

solidificato troppo rapidamente; esse si presentano tipicamente di forma

tondeggiante e assumono la denominazione di pori o soffiature a seconda che la

loro dimensione sia inferiore o superiore ad 1 mm. In radiografia, questa

tipologia di difetti appare in veste di

macchie nere arrotondate localizzate

allinterno del cordone.

Le inclusioni gassose possono essere

provocate dalla presenza, sui lembi

da unire, di ruggine, vernice o

sporcizia in genere. Altre cause sono

un eccessivo tasso di umidit nel rivestimento degli elettrodi o nei flussi (arco

sommerso) oppure nei gas impiegati (saldatura ossiacetilenica e saldatura

elettrica sotto protezione di gas). Anche luso di procedimenti ad elevata

velocit di deposito o di saldatura (per esempio saldatura laser o a fascio

elettronico) e un non corretto maneggio della torcia o della pinza (protezione

gassosa difettosa o scarsa, nel caso dei procedimenti sotto gas sono causa di

inclusioni gassose.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla maggior parte degli operatori di

saldatura, questi difetti non sono molto pericolosi per la resistenza del giunto;

in particolare una porosit diffusa nella saldatura MIG di leghe leggere

praticamente inevitabile e accettabile, mentre tali difetti diventano inaccettabili

solo quando sono di grandi dimensioni o numerosi (nidi di porosit o di

167
soffiature) o quando, come nel caso della porosit diffusa, sono di entit tale da

mascherare leventuale presenza di altri difetti pi gravi.

Le inclusioni gassose di forma allungata (lunghezza superiore a pi di tre volte

il loro diametro) vengono dette tarli, e quelle con una coda particolarmente

lunga, che pu terminare con piccole cricche o incollature, sono da considerarsi

pi pericolose per la sicurezza del giunto. I tarli possono, inoltre, presentarsi

raggruppati (nidi di tarli) nelle zone in cui, per errore di maneggio, larco con

elettrodi basici o cellulosici, stato troppo allungato. Nella radiografia i tarli

appaiono come delle macchie pi scure allungate.

Un caso particolare quello delle inclusioni allungate dette bastoni da golf nei

procedimenti ad elettroscoria o elettrogas dovute a presenza di sfogliature

affioranti o meno nei lembi da saldare.

Difetti esterni o di profilo

Eccesso di sovrametallo

un difetto che si riscontra nei giunti di testa dovuto, in genere, a scorretta

procedura da parte delloperatore che non ha saputo distribuire

opportunamente il numero delle passate (caso della saldatura manuale) oppure

qualora non si siano seguite

scrupolosamente le specifiche di

saldatura. Talvolta questo difetto

pu essere dovuto a non corretta scelta della preparazione del giunto, in

particolare nella saldatura ad arco sommerso: ad esempio, nella saldatura a

lembi retti su un certo spessore, se per ottenere una sufficiente penetrazione si

innalza la corrente, cresce parallelamente il consumo del filo e ci origina una

maggiore quantit di metallo dapporto con conseguente sovrametallo. In tali

168
casi occorre cambiare la preparazione del giunto affinch questo sia adatto a

poter accogliere il maggiore apporto.

luogo comune ritenere, erroneamente, che leccesso di sovrametallo non sia

un difetto ma che, anzi, a causa del maggiore spessore della saldatura il giunto

offra una resistenza pi elevata. Ci assolutamente falso: infatti ai margini del

sovrametallo si crea sempre, per effetto della forma, una concentrazione di

tensioni (effetto di intaglio) che sotto certe condizioni di servizio come fatica,

urti o bassa temperatura, pu ridurre la capacit di resistenza dal giunto.

Cordone dangolo troppo convesso

Questo difetto caratteristico dei

giunti dangolo ed dovuto ad un

uso improprio dellelettrodo da parte

del saldatore o a parametri non

corretti (per esempio tensione

insufficiente) nella saldatura automatica.

Incisioni marginali

Le incisioni marginali sono, sostanzialmente, una sorta di solcatura a margine

del cordone che si presenta,

nellimmagine radiografica, sotto

forma di piccole linee nere, talvolta

sui due lati, continue o a tratti.

Questo tipo di difetto si presenta spesso nei cordoni eseguiti manualmente sia

in giunti di testa sia in cordoni dangolo, pi frequentemente in posizione

diversa da quella piana.

169
Le incisioni marginali sono essenzialmente causate dallimpiego di corrente

eccessiva, associata ad un impiego non corretto della torcia.

Irregolarit superficiale

un difetto che conferisce un cattivo aspetto estetico al cordone le cui maglie,

anzich essere disposte parallelamente una di seguito allaltra, seguono un

andamento irregolare, con variazione di profilo del cordone, avvallamenti

denuncianti i punti di ripresa ecc. La causa di tale difetto da imputarsi ad una

scarsa abilit da parte del saldatore.

Nella saldatura automatica si pu

riscontrare uno scadente aspetto

superficiale a seguito delladozione

di parametri di saldatura non

appropriati quali, ad esempio, velocit eccessiva (maglia a spina di pesce

troppo accentuata) o velocit troppo bassa (eccesso di sovrametallo accoppiato

a traboccamenti laterali che costituiscono incollature tra sovrametallo e metallo

base.

Slivellamento dei lembi

un difetto dovuto ad un imperfetto

assemblaggio del giunto che ostacola

la possibilit di eseguire una

saldatura regolare. Nel migliore dei

casi si riscontra una brusca variazione del profilo, ma in certe situazioni lo

slivellamento tale da provocare una mancanza di fusione del lembo

sottoposto.

170
Spruzzi

Sono depositi pi o meno grandi e dispersi, frequentemente incollati sulla

superficie del metallo base vicino al cordone, tipici della saldatura manuale a

elettrodi rivestiti (basico e cellulosico) e del procedimento MAG (CO2). Gli

spruzzi di saldatura appaiono nellimmagine radiografica sotto forma di piccole

macchie bianche sia sul cordone di saldatura sia nel materiale base.

Questo tipo di difetto pericoloso, soprattutto per i giunti che operano in

ambienti chimicamente aggressivi, poich rappresentano un facile innesco per

lattacco corrosivo. Inoltre, su acciai ad elevata resistenza, in corrispondenza

degli spruzzi possono avere luogo pericolosi fenomeni di tempra localizzati,

eventualmente accompagnati dalla formazione di piccole cricche.

Colpi darco

Consistono in una fusione localizzata del materiale base che avvenuta senza

deposito di materiale dapporto. Si tratta di difetti tipici dei procedimenti

manuali ad arco e sono provocati dalla scarsa cura del saldatore che innesca

larco sul materiale base e non, come regola, su un lembo del cianfrino.

Tali fusioni localizzate possono essere particolarmente pericolose su materiali

base temprati, specialmente se sono accompagnate dalla presenza di piccole

cricche.

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