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Capitolo 7

Scegliere le persone attraverso la selezione


Il processo di acquisizione delle risorse umane rappresenta una di quelle attività del people management
ad aver subito i cambiamenti più importanti con l’insorgenza di fenomeni quali la globalizzazione e
l’incessante innovazione tecnologica. Si completa con l’attività di selezione, il cui obiettivo è consentire
alle parti coinvolte (organizzazione e individuo) di assumere la propria decisione in merito all’inserimento
all’interno del contesto lavorativo disponendo del maggior numero di info necessarie. Il processo di
selezione comprende nel suo ambito anche l’inserimento, fase in cui l’individuo entra a far parte
dell’organizzazione e impara a comprenderne e condividerne valori e aspettative.
7.2 La scelta del candidato
Person-environment fit: la sintonia tra la persona e il contesto lavorativo viene definita person-
environment fit e si compone di 2 dimensioni che si influenzano reciprocamente:

• person-organization fit: fit tra individuo e contesto lavorativo.


• person-job fit: relazione tra l’individuo e il lavoro che deve svolgere. In genere l’attività di
selezione mira a ricercare questa seconda modalità di allineamento, quindi indirizza il processo di
valutazione verso l’individuazione nei candidati di quelle abilità, conoscenze e percorsi formativi
in linea con la posizione da ricoprire. In tal senso, il person job fit tiene conto dell’allineamento
sia tra il contenuto del lavoro e le qualità/caratteristiche del candidato, che tra la natura del lavoro
e le preferenze e le attitudini della persona. Un elevato fit rappresenta uno dei fattori capaci di
influenzare significativamente le performance aziendali.
DIFFERENZA TRA PERSON-ORG. FIT E PERSON-JOB FIT: Il fit tra individuo e ruolo (p-j-fit)
ha una funzione importante nell’alimentare la motivazione, la soddisfazione e la propensione a rimanere
a lungo nell’organizzazione. Il primo, (p-org-fit) favorisce il commitment e la propensione verso
comportamenti propri della corporate citizenship.
7.3 La valutazione dei candidati
Gli strumenti adoperabili per la valutazione sono molteplici: in alcuni prevale la componente qualitativa,
in altri la componente quantitativa. Essi sono:
-il COLLOQUIO
-i TEST
-l’ASSESSMENT CENTRE
7.3.1 L’efficacia degli strumenti
I criteri adoperati per valutare l’efficacia delle metodologie di selezione nell’assicurare la BEST CHOICE
tra i possibili candidati sono:
-il criterio di affidabilità: criterio base, deve essere proprio di qualsivoglia strumento. Uno strumento è
affidabile quando dà lo stesso esito di fronte a ripetizioni nel tempo della misurazione dell’oggetto e se
quest’ultimo è misurato da soggetti diversi. Tuttavia, l’essere umano, oggetto di misurazione, è mutevole
e influenzabile dai contesti, quindi l’affidabilità si ricollega al concetto di valore: ogni individuo ha un
sistema valoriale e tratti della personalità che tendono a rimanere invariati nel tempo.
-il criterio di validità: la validità si misura sulla base della capacità dello strumento di individuare il
candidato migliore avendo come parametro i punteggi ottenuti in fase di selezione e le misure relative alla
prestazione lavorativa realmente offerta. Si può incorrere in due tipologie di errori:
1. i falsi positivi: + grave per l’azienda: vengono inseriti candidati che non si rivelano all’altezza delle
aspettative nello svolgimento delle attività per cui sono stati selezionati.
2. i falsi negativi: vengono esclusi candidati le cui performance potrebbero interessare
all’organizzazione.
-il criterio di sensibilità: la sensibilità di uno strumento rappresenta la capacità di discriminare tra i
candidati che presentano elevate similitudini.
-il criterio di economicità e praticità: il primo fa riferimento ai costi legati allo strumento in sé e alla
sua applicazione. Il secondo si riferisce al livello di complessità dello strumento e alla sua flessibilità di
utilizzo in contesti diversi.
Sulla base dei criteri, gli strumenti di selezione migliori sono: intervista strutturata, i test di personalità e
l’assessment centre.
7.3.2 Il colloquio
È lo strumento privilegiato nella fase di selezione: offre un confronto diretto tra organizzazione e
candidato, favorisce l’avvio di una relazione tra essi, consente di ridurre le asimmetrie informative. Le
criticità del colloquio risiedono nella forte componente soggettiva apportata dal selezionatore, filtro di
valutazione, dotato di propri valori e pregiudizi, e nell’assenza di una precisa e mirata struttura. Attraverso
il colloquio è possibile comprendere anche il sistema valoriale e motivazionale del candidato, inoltre
rappresenta una buona risorsa per acquisire informazioni sia a contenuto più professionale che
chiariscono la componente del person-job-fit, sia a carattere più personale, inclinazioni, motivazioni,
aspettative, utili per approfondire il person-organisation-fit.
Il format più usato nelle interviste strutturate è quello delle interviste situazionali, in cui si richiede al
candidato di descrivere il proprio comportamento in diverse e ipotetiche situazioni, sulla convinzione che
le intenzioni siano validi predittori del comportamento. Le situazioni proposte sono selezionate sulla base
di incidenti critici, eventi realmente accaduti nei quali alcuni comportamenti si sono dimostrati efficaci.
Le risposte dei candidati possono essere comparate o tra loro o con il repertorio dei comportamenti
eccellenti. Ulteriore approccio che si può adoperare consta nel fare riferimento a eventi accaduti nelle
esperienze lavorative del candidato la cui risoluzione può offrire spunti di interesse per comportamenti
futuri (Es. mi racconti di come ha gestito quella determinata situazione critica)
PUNTI DI FORZA DELL’INTERVISTA STRUTTURATA: dà l’opportunità di ricollegare le risposte
dei candidati a griglie di valutazione stabilite e concordate in precedenza tra i diversi intervistatori,
limitando la soggettività delle valutazioni.
7.3.3 Gli strumenti di selezione: i test
I test più adottati in fase di selezione sono:

• I TEST DI ABILITÀ COGNITIVA: forniscono info sulle abilità intellettuali sia in termini di
QI che di abilità numeriche, verbali o di ragionamento astratto. Sono piuttosto semplici da
amministrare e validare. Alcune limitazioni legate all’uso di questi test sono dovute al fatto che è
frequente che i livelli cognitivi di candidati per determinate posizioni non presentino elevata
varianza. Inoltre, gli esiti dei test possono essere influenzati da particolari caratteristiche personali,
quali ad esempio il genere o la cultura d’origine. In genere le aziende tendono ad avvalersi di
questo strumento nella selezione di ruoli JUNIOR.
• I TEST DI PERSONALITÀ: guardano alla predisposizione di una persona ad assumere
determinati comportamenti in situazioni particolari. Quello più diffuso è il BIG FIVE che
individua 5 tratti fondamentali sui quali misurare le inclinazioni e gli orientamenti individuali. I
cinque fattori della personalità che prende in considerazione il modello sono:
• -la stabilità emotiva
• -l’estroversione
• -l’apertura
• -l’amabilità
-la coscienziosità.
L’attendibilità di questo strumento giace nel fatto che i punteggi ottenuti dai singoli individui su
sé stessi combaciano quasi sempre con quelli espressi dai valutatori, consentendo appunto di
disporre di informazioni che rappresentano la persona in modo fedele. VANTAGGI DELLO
STRUMENTO: è di facile e immediata somministrazione e comprensione da tutti. Gli elementi
sulla personalità del candidato sono utili nel caso in cui sia chiaro il legame tra il profilo di
competenze richieste e gli specifici tratti della personalità che lo supportano.
7.3.4 Gli strumenti di selezione: l’Assessment Centre
Metodologia che consente di valutare più candidati contemporaneamente rispetto a competenze
specifiche o a generiche abilità relazionali grazie all’uso congiunto di un insieme articolato di prove, e
simulazioni. L’obiettivo principale è cogliere nei candidati competenze e osservare comportamenti
concreti che pur se osservati in un contesto simulato, possono predire il modo di agire di una persona in
situazioni reali. Questo strumento è particolarmente valido anche in ottica di sviluppo di risorse già
presenti in azienda, soprattutto per valutare il potenziale delle persone. Le simulazioni più adottate
durante l’assessment centre rientrano in due tipologie principali:
-gli esercizi in-basket: strumento utilizzato per valutare le capacità di problem solving, pianificazione e
delega dei candidati. È una metodologia che consiste nel presentare al candidato un contenitore nel quale
è contenuta una quantità elevata di documenti di diversa natura ai quali la persona è chiamata in un breve
tempo a fornire per iscritto delle risposte o a dare indicazioni. L’obiettivo di questo strumento è cogliere
le strategie messe in campo dai singoli candidati in situazioni connotate da elevato stress, infatti consente
ai selezionatori di rilevare per ogni candidato le modalità decisionali, i criteri di priorità adottati e le
concrete capacità di problem solving, ma anche la gestione dei rapporti interpersonali.
-le prove di gruppo: le prove di gruppo più utilizzate nell’ambito dell’assessment centre sono le
discussioni in gruppo senza leader e i role play.

• Le discussioni in gruppo senza leader: consentono ai valutatori di verificare come i candidati


pervengono alla risoluzione di un determinato problema all’interno di un tempo definito. Oggetto
della discussione può essere ad esempio scegliere tra una rosa di collaboratori quello a cui dare il
riconoscimento o definire le caratteristiche di un determinato prodotto. Ciò che interessa ai
valutatori è il processo attraverso il quale si è giunti alla soluzione finale e il modo in cui i singoli
candidati hanno contribuito alla soluzione.
• I role play: ai candidati è chiesto di vestire i panni di un ruolo specifico e partecipare alla
simulazione mettendo in atto i comportamenti che ciascuno ritiene più consoni al proprio ruolo
assegnato. I selezionatori, detti Assessors, nel corso delle prove osservano la coerenza dei
comportamenti messi in atto dai candidati rispetto alle competenze che si intende misurare, è
opportuno inoltre che ciascun assessor appunti i comportamenti tenuti da 2-3 candidati. Le
singole valutazioni sono poi condivise e discusse dal panel di Assessor.
7.4 L’employment agreement
L’employment agreement è l’insieme delle condizioni economiche, comportamentali e morali che
vincolano l’individuo e l’organizzazione e sanciscono la relazione di lavoro. È nel contratto giuridico che
vengono formalizzati gli obblighi di corrispondere la retribuzione pattuita (per il datore di lavoro) e
l’obbligo di erogare la corrispettiva prestazione di lavoro manuale o intellettuale (per il lavoratore).
Tuttavia, il contratto non riesce a specificare a priori i comportamenti attesi dal lavoratore né tutte
le modalità cui l’azienda può ricorrere per esprimere apprezzamento nei confronti dell’operato
dei propri collaboratori. Tali spazi bianchi tralasciati dal contratto formale, sono colmati dal cosiddetto
contratto psicologico, un modello mentale che comprende le credenze consapevoli riguardanti gli
obblighi reciproci tra l’individuo e l’organizzazione. L’azienda per ottenere un comportamento atteso può
far leva non solo sulla componente economica, bensì anche su quella psicologica ed emotiva delle
persone. Le attese reciproche sono percepite da entrambe le parti come obbligazioni vincolanti. Il
contratto psicologico ha origine nelle informazioni trasferite dall’organizzazione all’esterno e all’interno
del contesto di lavoro rispetto ai comportamenti e alle azioni apprezzati e valorizzati. Il candidato durante
il processo di selezione recepisce il contenuto del messaggio e lo relaziona ai propri valori, poi, una volta
entrato in azienda riceverà altri messaggi di rinforzo dal contesto organizzativo che ne orienteranno il
comportamento. (vedi grafico pag 157, numero 7.2) Il contenuto del contratto psicologico varia da
contesto a contesto a contesto organizzativo, e all’interno della stessa organizzazione può cambiare nel
tempo o in seguito a mutamenti strategici. Lo scenario attuale ha visto un mutamento del contratto
psicologico: da un lato l’azienda offre opportunità di impiego in ruoli e attività diverse attraverso il
coinvolgimento in progetti e attività formative che accrescono la consapevolezza nei collaboratori del
proprio valore nel mercato del lavoro, dall’altra richiedono alla persona un elevato engagement
nell’organizzazione, autonomia e proattività.
7.5 L’inserimento in azienda
Il processo di inserimento ha l’obiettivo di favorire l’acquisizione di consapevolezza da parte del
neoassunto rispetto a tre dimensioni chiave:
-il modo in cui le competenze individuali verranno valorizzate e utilizzate dall’organizzazione;
-le aspettative in termini di task performance che l’organizzazione ha nei confronti del ruolo che la
persona è chiamata a ricoprire;
-le aspettative dell’organizzazione in termini di comportamento e atteggiamenti del lavoratore.
La necessità di guidare i neoassunti nella conoscenza dell’organizzazione e dei compiti che deve svolgere
è assicurata attraverso percorsi di socializzazione e inserimento. Alcune iniziative di socializzazione
vedono il coinvolgimento esclusivo della funzione risorse umane: viene predisposto un welcome kit in
formato cartaceo o informatico rilasciato al neoassunto al momento del suo inserimento in azienda,
che lo informa sulla cultura e sulla storia dell’organizzazione, sulla struttura organizzativa, sui principali
progressi e procedure operative (es. handbook cartaceo e un cd). Le stesse informazioni possono essere
condivise con incontri formativi mirati, con testimonianze di alcuni responsabili delle funzioni chiave
dell’organizzazione che forniscono una visione più concreta dell’azienda e del business. A volte,
addirittura, c’è un coinvolgimento diretto del top management che interviene personalmente negli
incontri di orientamento o esprime il suo benvenuto con filmati, o organizza mensilmente un incontro
privilegiato con i neoassunti. Alcune aziende anticipano questo momento di socializzazione sfruttando
il periodo immediatamente successivo alla firma del contratto: qui il kit di accoglienza viene inviato al
neoassunto ancor prima del suo ingresso nell’organizzazione.
Vi sono poi altri strumenti che fanno leva sull’attivazione di una relazione specifica con un membro
dell’organizzazione. In genere viene istituito un BUDDY, si identifica quindi una persona all’interno
dell’organizzazione alla quale viene assegnato il compito di affiancare il neoassunto nel primo periodo di
ingresso in azienda. Il buddy viene individuato tra i colleghi dello stesso livello gerarchico e
preferibilmente impegnato in un ruolo simile. La sua funzione è facilitare l’inserimento
nell’organizzazione più che nel ruolo specifico. Quest’ultima finalità è propria di un’altra modalità di
affiancamento, definita MENTORING, attività che consiste in una relazione promossa
dall’organizzazione tra il neoassunto e un dipendente senior particolarmente esperto, con l’obiettivo di
favorire il trasferimento di specifiche competenze e know-how relative al ruolo che il neoassunto deve
ricoprire. Il mentoring riduce l’incertezza rispetto al contenuto del ruolo e alle aspettative in termini di
performance.

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