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2. le caratteristiche dell’insegnamento;
3. i curricula;
I paesi industrializzati hanno messo a punto forme di monitoraggio sempre più sofisticati per
permettere alla comunità di accedere e consultare in modo più semplice e ordinato i dati che
permettono di valutare il funzionamento del sistema e per produrre i miglioramenti necessari.
Le valutazioni che più direttamente hanno a che fare con il mondo dell’istruzione e della
formazione riguardano gli apprendimenti ralizzati dagli alunni, i programmi, la qualità
dell’insegnamento, gli istituti d’istruzione e di formazione e il sistema scolastico.
Il processo valutativo può considerarsi come una vera e propria attribuzione di valore a fatti,
eventi, oggetti e simili, e collocando la valutazione nell’ambito del processo formativo, essa
costituisce lo strumento di regolazione dell’intervento formativo in rapporto agli obiettivi che
l’istituzione scolastica si pone, poichè essa si pone all’inizio, durante e alla fine del processo
formativo.
La valutazione non è solo strumento di rigida selezione, ma anche modalità per promuovere.
Non è inutile che si precisi la funzione didattica della valutazione, ma estremamente utile si
dimostra la funzione della misurazione nella valutazione.
La misurazione consiste nell’acquisizione di un’informazione organizzata relativa a
determinati fenomeni; essa è:
Sussiste anche una differenza tra verificare e valutare. Con la verifica si tende a separare il
vero dal falso, ciò che conferma da ciò che smentisce; la valutazione considera la
significatività dei dati e tutti i fattori che rendono unica l’esperienza formativa di ognuno.
Nell’ottica della progettazione di interventi didattici sempre più adeguati alle diverse
esigenze degli alunni, la valutazione diventa lo strumento essenziale di autoregolazione
continua del progetto formativo stesso. A tal proposito, possiamo distingure due momenti
della valutazione:
funzione predittiva: quando si anticipa il risultato che uno studente potrà conseguire
seguendo un certo itinerario di studi;
funzione orientativa: fornisce agli alunni l’indirizzo che può essere dato sulla base
dei dati disponibili, avendo di mira lo sviluppo massimo delle loro potenzialità.
Parlando di misurazione, Vertecchi offre un quadro di riferimento per rendersi conto del tipo
di misure che è possibile effettuare nella scuola, proponendo una classificazione delle scale di
misurazione:
scale nominali: quando si hanno solo descrizioni che non contendgono elementi
comparativi;
scale a intervalli: quando le prestazioni sono riconducibili ad una unità sulla base della
quale sia possibile esprimere quantità.
Quando si parla di valutazione, è importante parlare anche di autonomia intesa come capacità
di ipotizzare percorsi diversi per ottenere risultati complessivamente omogenei. Per questo è
necessario definire standard di riferimento ed una funzione di valutazione continua, se si
vuole evitare il rischio che si generino disparità. Le modalità con cui si giunge alla
definizione degli standard sono diverse a seconda delle caratteristiche del sistema
istituzionale scolastico.
Il Regolamento sull’Autonomia Scolastica (1999) ha indicato il Ministero come responsabile
della definizione degli standard, per poi lasciare campo libero alle singole istituzioni
scolastiche nella compilazione del PTOF, che sarà unico per ogni scuola ma che avrà sempre
delle linee guida a cui dovrà far riferimento.
criterio nomotetico: confronto dei risultati realizzati dal singolo con quelli del gruppo;
Per affrontare un problema complesso come quello della scuola è necessario adottare
un’ottica progettuale che pone la variabile valutazione in primo piano, poichè rappresenta
tutte quelle azioni che si compiono prima, durante e dopo le attività di progettazione stessa. É
quindi lecito parlare di valutazione di processo e di sistema, che supera la valutazione
dell’apprendimento.
d. la valutazione è tanto più precisa quanto più ampi sono gli spazi di riferimento;
Inoltre, l’analisi e la valutazione dei processi formativi deve tener conto di quattro aspetti:
L’obiettivo di tale approccio non è quello di distruggere i modelli obsoleti, bensì quello di
integrarli con i nuovi comprendendoli tutti in contesti più ampi e significativi.
Nel caso della ricerca pedagogica non è ancora possibile ottenere un grado di controllo
sperimentale così accurato come avviene nella fisica o nella chimica. Le cause della
variabilità delle osservazioni sono molto più difficili da identificare, misurare e controllare.
La teoria statistica ci aiuta a tenere sotto controllo l’effetto del caso e a quantificare un grado
di fiducia da assegnare alla nostra ipotesi teorica di partenza, a stabilire cioè se e in quale
misura possiamo essere sicuri delle generalizzazioni che traiamo dai dati.
Statistica: insieme delle teorie e dei metodi scientifici che consentono di studiare
fenomeni collettivi. Consiste nell’analisi quantitativa delle osservazioni di un qualsiasi
fenomeno sogegtto a variazione, cioè di una variabile; quindi non si fema alla sola
raccolta dei dati, ma li osserva per spiegarne le leggi ed i modelli di comportamento che
li reoglano. La statistica non serve quando i fenomeni sono netti e la loro valutazione è
univoca e non ammette dubbi.
Si è soliti dividere la statistica in:
Statistica descrittiva: insieme delle tecniche, dei metodi e delle procedure per la
descrizione sintetica dei fenomeni qualitativi e quantitativi osservati. Si limita a
descrivere un campione e viene utilizzata per organizzare e interpretare dati.
Fenomeno: aspetto della realtà che si modifica, caratteristica presente nell’aggregato che
si vuole studiare. Si distinguono in:
è indispensabile che ogni termine del modello abia una corrispondenza con un
elemento della realtà da modellizzare.
Il metodo scientifico non fa altro che costruire e verificare modelli. Dopo aver formulato un
problema, vi sono quattro fasi:
Tipi di variabile:
Possono essere:
continue: possono assumere qualunque valore tra due dati valori reali.
Modalità: uno dei possibili valori che una variabile può assumere. le modalità possono
essere numeriche o non numeriche.
Per valutare a posteriori l’idoneità della prova che si è somministrata è opportuno verificare
se la prova strutturata abbia funzionato correttamente, calcolando per ciascun item:
La difficoltà, intesa come la resistenza che un quesito oppone alla sua corretta
risoluzione;
L’indice di difficoltà
L’indice di difficoltà di ogni quesito si calcola determinando il rapporto tra il numero di
risposte errate a quel determinato item e il numero complessivo di allievi a cui è stato
somministrato.
NumeroRisposteErrate
Df =
NumeroTotaleAllievi
Come è evidente, questo indice varia da 0 a 1 (o da 0% a 100%).
Indice di discriminatività
L’indice di discriminatività cerca di valutare se il quesito è discriminante in senso
docimologico, ossia se il modo in cui è formulato fa sì che rispondano correttamente gli
alunni che risultano “migliori” in tutto il test e sbaglino solo i “peggiori”.
È necessario disporre in ordine decrescente di punteggio le prove, quindi determinare una
fascia superiore e una una inferiore di pari numerosità. I due gruppi a confronto sono dunque
costituiti ciascuno da 1/3 o 1/4 delle prove.
Anche se calcolato con dati relativi all’intera prova, l’indice di discriminatività si calcola in
base al singolo item.
se Ds = 1 significa che tutti gli alunni “bravi” hanno risposto correttamente, mentre
quelli “scarsi” hanno sbagliato la risposta al quesito esaminato; l’item è molto
discriminante.
Indice di distrattività
La distrattività è la capacità di attrazione dei distrattori che accompagnano la risposta
corretta: sono da scartare i distrattori a cui corrispondono poche o nessuna scelta.
L’indice di distrattività misura la capacità dei singoli distrattori di far deviare dalla risposta
corretta. Per ciascun item può essere calcolato un indice di distarttività, che in questo caso è
auspicabile sia negativo.
Le scale di misura
Quando parliamo di misurare, intendiamo determinare il livello di una proprietà posseduta
da una determinata unità statistica. Nell’accezione più ampia del termine, misurare significa
In ambito statistico, la misurazione consiste nell’assegnare valori numerici alle cose secondo
certe regole, che vengono stabilite grazie alle scale di misura, che possono essere di quattro
tipi e corrispondono a crescenti livelli di complessità; ogni scala conserva tutte le
caratteristiche delle scale di livello precedente ed aggiunge ad esse nuove proprietà.
Media: totale di tutti i valori, diviso il numero dei casi. La si chiama usualmente anche
valore medio.
Indici di dispersione
Gli indici di dispersione rappresentano la variabilità e l’omogeneità dei valori numerici
rilevati.
Per misurare la dispersione dei valori attorno alla media l’indice più utilizzato è la
deviazione standard; una deviazione standard più piccola indica che i valori sono in genere
più prossimi alla media, una deviazione standard più ampia indica che i valori sono più
lontani dalla media.
Si calcola:
se media inferiore a mediana: la metà più uno degli studenti ha raggiunto punteggi
maggiori del valore medio - intervento mirato verso i pochi studenti che non hanno
raggiunto gli obiettivi.
se media uguale a mediana: metà degli studenti ha ottentuto punteggi maggiori, l’altra
metà minori - bisogna verificare la dispersione dei punteggi per prendere decisioni.
Distorsioni valutative
Effetto alone: alterazione del giudizio riferito ad una specifica prestazione in forza
dell’influenza esercitata da giudizi precedenti, i quali portano l’insegnante a mettere in
atto comportamenti eccessivamente indulgenti o sanzionatori in base ad un’idea generale
precostituita che questi si è fatto dell’alunno.