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Parte I – Che cos’è la teoria dell’Organizzazione
Capitoli:
1) Perché studiare la teoria dell’organizzazione pag. 2
2) Una breve storia della teoria dell’organizzazione pag. 7
- transazioni => collegare i processi organizzativi a qlli dei fornitori, dei distributori e dei clienti
- risorse umane => profonda conoscenza dell’org. per reclutare il personale e per programmi
rivolti ai dirigenti
Una teoria offre indicazioni pratiche. Senza l’impegno e la formazione, per la maggior parte delle
persone la teoria non andrà oltre alla ripetizione. Con la formazione le ns. teorie possono evolversi
nell’apprezzamento, nella comprensione e nella spiegazione.
L’astrazione (= procedimento tendente a sostituire con una formula o con simboli la concreta molteplicità
del reale) ci permette di accorpare le conoscenze in un singolo concetto p.es. cane – associo 4
zampe, coda, naso che è freddo e umido, 2 orecchie una coda.
Chunking (=pezzo o frammento) => il fatto di poter pensare a sette cani diversi e a nient’altro. Da’
un contributo significativo alla teorizzazione e consente di mettere in relazione enormi masse di
conoscenze e manipolarle x generarne delle nuove.
Più generale è la teoria, più numerosi soni i casi a cui si può applicare.
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
Written by MPf + SAl da cap. 1 a cap. 10
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I concetti astratti danno la capacità di pensare rapidamente ed efficientemente a svariati casi, ma
fanno perdere i dettagli che contengono i casi stessi.
La teoria non può risolvere i problemi specifici; possono farlo solo le applicazioni della teoria.
Prospettiva moderna => focus sulla spiegazione causale e presuppone la definizione degli
antecedenti e delle conseguenze del fenomeno d’interesse (ossia individuazione di una variabile
indipendente e dipendente, sostenendo che la prima esercita un’influenza diretta sulla seconda). I
ostenitori di questa prospettiva dedicano tempo ed energie in quantità allo sviluppo, alla
sperimentazione e applicazione di metodi matematici per la conferma di interferenze causali che
basano sull’analisi quantitativa dei dati. Il rischio di tale prospettiva, soprattutto in ambiti
organizzativi ove i fenomeni studiati sono complessi, è facile confondere la causalità con la
correlazione, quindi un rapporto ove vi è un’influenza reciproca.
Prospettiva simbolica => studiano i fenomeni incorporati nella soggettività come p.es. la cultura,
l’uso dei simboli, la narrazione, la costruzione di significato. Profondo interesse per l’esperienza
soggettiva e i processi interpretativi produce la comprensione, che è il contributo alla conoscenza
fornito dalla prospettiva simbolica. Ciò vuol dire immedesimarsi nelle situazioni in cui si trovano
coloro che si vogliono studiare, capire come definiscono, interagiscono con, ed interpretano i
fenomeni che li interessanno. Tra i metodi qualitativi impiegati per la descrizione vi è l’etnografia.
Scavare in profondità nelle idee è una delle cose che fanno gli studiosi per sviluppare le proprie
teorie.
L’ontologia obiettiva => seguita dai modernisti; per loro le cose (gli oggetti) esistono
indipendentemente dalla conoscenza che ne abbiamo e la conoscenza si può verificare attraverso
l’osservazione. La conoscenza = cose. Tratta tutti i fenomeni come se fossero oggetti. Nella
prospettiva moderna, la conoscenza si produce testando le teorie sulle osservazioni obiettive di un
mondo reale.
L’ontologia soggettiva => chi l’adotta è convinto che molti fenomeni resterebbero inconoscibili se
si usasse l’ontologia oggettiva p.es. la cultura sarebbe inosservabile, se non la si potesse
sperimentare e comunicare ciò che si può percepire solo soggettivamente.
L’epistemologia => altra branca della filosofia che studia il processo cognitivo (=conoscenza) e il
contenuto della conoscenza (come si conosce la realtà).
L’espistemologia positivista => la verità sui fenomeni si scopre tramite l’applicazione del metodo
scientifico. Studiosi che adottano il positivismo preferiscono dati “hard”, come i numeri ricavati dai
bilanci o dalle interviste a campioni consistenti delle popolazioni studiate.
La svolta Postmoderna => i postmodernisti costituiscono gran parte del loro punto di partenza
dalla cosiddetta svolta linguistica del filosofo tedesco Heidegger. Heidegger non voleva
concentrarsi sulle cose in sé e sulle loro proprietà, bensì su cime si sostanzia l’essere. Egli arriva a
sostenere che il linguaggio ed i discorsi creati parlando, scrivendo e leggendo danno una veste
concreta all’essere. I postmodernismo perciò sostengono che il mondo, perciò la realtà, sia
costituito dal Linguaggio. Negano in origine che le parole rappresentino cose, in quanto pensano
che il linguaggio coincida con la realtà: ciò che si dice è reale. Il postmodernismo rivela gli errori
che nasconde il modernismo e tenta di correggerli. Nel linguaggio le cose esistono come testo
(scritto o parlato) inserito in uno o più discorsi unitari. Per il teorico postmodernista, tutto si riduce
a un testo inserito in uno o più discorsi ed è impossibile sottarsi agli effetti del linguaggio. Dal
punto di vista epistemologico, i postmodernisti sono convinti che non si possa veramente
conoscere nulla. Dal punto di vista ontologico negano l’esistenza di una realtà al di fuori del
linguaggio. Il significato non si può cristallizzare, ma esso è in divenire, così come lo è la realtà, in
quanto seguono l’evolversi del linguaggio.
- ambiente
- tecnologia
- struttura sociale
- struttura fisica e
- cultura.
Qsto modello a 5 cerchi può fungere da check-list; per aiutare a non lasciare fuori qche cosa di
importante.
Cultura
Struttura Struttura
sociale fisica
Tecnologia
Capitolo 2
Una breve storia della teoria dell’organizzazione
Qdo l’era industriale prese piede in Europa e negli USA si faceva sempre più forte la domanda di
conoscenza che veniva da due fonti:
- gli interessi normativi => che venivano dai dirigenti su come progettare le ORG. al meglio per
accrescere la produttività
- gli interessi accademici => che venivano dagli economisti e sociologi, in riferimento alle forme e i
ruoli in cambiamento delle ORG. all’interno della società che si stava industrializzando.
L’interesse per il problemi pratici del management industriale si stava spostando (estendendo) agli
uffici governativi e al settore pubblico. Dirigenti e consulenti contribuirono alla fondazione della
teoria dell’ORG. per trovare soluzioni a problemi organizzativi e davano consigli a coloro che
dovevano implementarla (=renderla operabile, attivare).
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
Written by MPf + SAl da cap. 1 a cap. 10
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Qsti interessi da parte di economisti politici e sociologi organizzativi che studiavano l’impatto
dell’era industriale sulla vita economica e sociale, hanno dato vita alla teoria dell’organizzazione
come materia di studio. Anche se la parola “teoria dell’organizzazione” ci fa pensare che la pratica
sia messa in secondo piano, l’applicazione pratica è sempre stata al centro di qsta disciplina.
ADAM SMITH (1723-1970) => fu il primo a pubblicare una teoria dell’organizzazione. Nel 1776 il
suo “Saggio sulla natura e sulle cause della ricchezza delle nazioni” spiegava che la divisione del
lavoro crea efficienza economica. La divisione del lavoro viene spinta al massimo nelle manifatture
secondarie, destinate a provvedere ai piccoli bisogni di poche persone. Contrariamente nelle
grandi manifatture, che sono destinate a provvedere ai grandi bisogni di massa, ogni ramo impiega
tanti operai che è impossibile raccoglierli tutti in un'unica officina, ragione per cui la divisione non
è altrettanto ovvia ed è stata pertanto osservata molto meno.
Lui fa l’esempio di una manifattura di scarsa importanza dove vengono prodotti spilli, in cui però la
divisione del lavoro è stata molto notata. La fabbricazione di uno spillo è divisa in ca. 18 distinte
operazioni. Ogni lavoratore eseguiva 2-3 operazioni distinte; macchinari scarseggiavano.
Lavorando insieme e addestrati a qsto speciale mestiere riuscivano a produrre 12 libbre di spilli al
giorno (1 libbra = 4000 spilli). Qsta quantità poteva essere prodotta unicamente in conseguenza ad
una adeguata divisione e combinazione delle loro differenti operazioni. La divisione del lavoro,
nella misura in cui può essere introdotta, determina in ogni arte un aumento proporzionale della
capacità produttiva.
La divisione del lavoro di Smith include la differenziazione dei compiti e la specializzazione della
manodopera, fondamentale per il concetto di struttura sociale, uno dei concetti base della teoria
dell’organizzazione.
KARL MARX (1818-1883) => la sua teoria di capitale, parte dal bisogno di sopravvivere e dal
desiderio di evolversi una volta soddisfatti i bisogni di sopravvivenza. Per Marx il problema è il
potere. La teoria marxiana sostiene che, la base economica sulla quale gli individui costruiscono la
propria cultura è condizionata dalle relazioni di potere che si vengono a creare tra capitale e
lavoro. Il profitto deriva da una combinazione tra capitale e lavoro e ciascuno delle parti può
rivendicare questo surplus. I lavoratori sostengono di aver fatto materialmente il lavoro, mentre i
capitalisti dicono che senza il loro investimento gli operai non avrebbero un lavoro né un reddito. Il
conflitto sociale tra lavoro e capitale, si inasprisce con la ricerca della profittabilità. Senza profitto,
la sopravvivenza dell’impresa e dell’intera economia capitalista sarebbe a rischio e non ci
sarebbero più investimenti e il lavoro sparirebbe.
La concorrenza di altre imprese attenua la pressione che grava sui prezzi dei prodotti e dei servizi e
induce le imprese a ridurre i costi di produzione per assicurare profitto ai loro finanziatori. Il
maggior costo è sempre qllo della manodopera, i capitalisti premono sugli operai affinché lavorino
in modo efficiente. La sorte dei lavoratori sotto il capitalismo diventa ancora più triste, qdo nel
tentativo di aumentare l’efficienza, i capitalisti definiscono la manodopera un costo di produzione.
Il lavoro viene equiparato a qualsiasi altra merce che si acquista => mercificazione della
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manodopera. La mercificazione della manodopera porta allo sfruttamento dei lavoratori da parte
dei capitalisti e alla loro alienazione. L’alienazione viene a crearsi, qdo i lavoratori considerano il
proprio lavoro una merce da vendere e si autosfruttamento accettando condizioni di lavoro che
favoriscono gli interessi del capitale. Se i lavoratori non organizzano una resistenza al controllo
manageriale p.es. formando dei sindacati, lo sfruttamento e l’alienazione della manodopera sotto
il capitalismo sono inevitabili. Le idee di Marx sulla manodopera e sul capitalismo hanno ispirato
una teoria critica nei confronti del management come professione.
EMILE DURKHEIM (1858 – 1917) => nel 1893 pubblica “La divisione del lavoro sociale”, dove
spiega il cambiamento strutturale da una società agricola alla società industriale con effetti di
sempre maggiore specializzazione della manodopera e all’industrializzazione. Simile teoria a qlla di
Adam Smith, ma con l’aggiunta di gerarchia e l’interdipendenza dei ruoli e dei compiti alla
divisione del lavoro che collettivamente portano il nome di struttura sociale, hanno fornito i
concetti base ai sostenitori della prospettiva moderna nella teoria dell’organizzazione, come ai
metodi quantitativi di ricerca – la descrizione e l’analisi statistica – che Durkheim indica nelle
seguenti due opere “Le regole del metodo sociologico” e “Il suicidio”. Durkheim propone il
concetto di organizzazione informale, che enfatizza i bisogni sociali dei lavoratori in
contrapposizione all’organizzazione formale. Gli studi sull’organizzazione informale hanno
contribuito alla nascita della scienza del comportamento organizzativo e la psicologia industriale e
organizzativa e hanno fatto strada al debutto della cultura organizzativa nella teoria
dell’organizzazione. La distinzione tra organizzazione formale e informale, per Durkheim, ha fatto
emergere nella teoria organizzativa una tensione tra aspetti economici (hard) e aspetti umanistici
(soft) e compete con la difficoltà di unificare teoria e pratica sotto un unico tetto disciplinare.
MAX WEBER (1864 – 1920) => anche lui voleva capire come l’industrializzazione incide sulla
società. Era particolarmente interessato a un nuovo tipo di struttura di autorità che si
accompagnava all’organizzazione industriale. Secondo lui, prima dell’industrializzazione le società
si organizzavano sulla base del potere tradizionale e del potere carismatico, ma con
l’industrializzazione si è affermato il potere razionale-legale.
Il potere tradizionale si fonda su una condizione ereditaria definita e mantenuta da linee di sangue
o la titolarità giuridica dei beni. P.es nelle società aristocratiche la proprietà e lo status si
trasmettono da padre in figlio. In una società tradizionale è la tradizione a stabilire l’ordine sociale.
Anche le società organizzate da potere carismatico, di certi individui giustifica e legittima
l’ascendente che esercita su tutti gli altri, sono afflitti da problemi di successione.
Weber era convinto che il potere razionale-legale avrebbe sostituito il nepotismo del potere
tradizionale e i culti della personalità del potere carismatico, grazie a una selezione meritocratica
ispirata da regole e leggi formulate razionalmente; in qto chiunque può comandare seguendo le
regole e le leggi di una società che si fonda sul potere razionale-legale. Nel suo libro pubblicato nel
1924 “La teoria dell’organizzazione sociale ed economica” descrive i rischi del potere razionale-
legale. Qui ipotizza anche, che la burocrazia potesse estendere l’efficienza tecnica delle
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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organizzazioni industriali all’intera società attraverso la razionalizzazione dell’ordine sociale.
Weber fu il primo a riconoscere che i risultati della razionalizzazione burocratica dipendono dai
valori degli esseri umani.
Weber distingue tra razionalità formale e razionalità sostanziale. La razionalità formale comporta
l’uso di tecniche di calcolo, come qlle sviluppate dai manager per rilevare o eliminare i costi. La
razionalità sostanziale designa i fini desiderati che guidano l’utilizzo delle tecniche di calcolo o
tecniche “hard” della razionalità formale, quasi a mettere in discussione i fini del management.
Per Weber, se si adotta la razionalità formale senza tener conto della razionalità sostanziale si
verrebbe a costruire una gabbia di ferro in grado di trasformare ogni essere umano in “una rotella
all’interno di un ingranaggio in continuo movimento”.
FREDERICK WINSLOW TAYLOR (1856 - 1915) => a 28 anni viene nominato ingegnere capo della
Midvale Steel Company. I suoi primi approcci con il management combinavano la persuasione con
la forza. Lui si rende conto che per gestire efficacemente gli operai, doveva conoscere gli aspetti
tecnici del loro lavoro e comprenderne le motivazioni psicologiche. Esegue degli esperimenti
scientifici in varie aziende, i quali si concentrano sulla gestione delle materie prime, sull’utilizzo
degli attrezzi e delle macchine, e sulla motivazione degli operai. Qsti esperimenti lo portano a
sviluppare l’idea del management scientifico, da cui trasse vari principi di gestione della
produzione. Lui raccomandava inoltre l’assegnazione delle mansioni in base alle competenze, i
metodi di supervisione e gli schemi d’incentivazione. Lui era convinto che gli standard e i principi,
frutto della ricerca scientifica e della sperimentazione, avrebbero consentito ai manager di pagare
salari elevati riducendo al contempo i costi di produzione; pensando che questo massimizzato i
benefici dalle fabbriche alla società e favorendo la cooperazione tra management e lavoratori. Le
pratiche del management scientifico, secondo Taylor, avrebbero massimizzato i profitti dei
capitalisti inducendo gli operai a rispettare o a superare gli standard prefissati e un’equa
remunerazione degli operai, in linea con la loro produttività, avrebbe prevenuto il conflitto sociale.
Gli enormi incrementi di produttività spinsero vari capi di stato e leader aziendali tra cui: Lenin,
Stalin ed Henry Ford ad adottare il management scientifico, detto anche taylorismo. Qdo le
pratiche tayloristiche vengono applicate alle linee di montaggio di parla di fordismo –
management scientifico di Henry Ford. Qdo nacque il management scientifico di Taylor, molti
operai e anche molti industriali, lo giudicarono pericoloso e sovversivo (= rivoluzionario),
temevano che avrebbe intaccato il rapporto di fiducia e di cooperazione tra management e
lavoratori, minacciando il capitalismo. I tentativi di introdurre i principi di Taylor in un ente
pubblico incontrarono l’opposizione del sindacato e provocarono uno sciopero e portò ad
un’inchiesta parlamentare sul taylorismo.
I postmodernisti critici, considerano il taylorismo non solo un mezzo per rendere le organizzazioni
più razionali attraverso l’efficienza, ma anche una base razionale per giustificare il potere senza
precedenti di cui godono oggi i capitalisti e i dirigente.
Per lei il potere è una fonte di energia creativa. Vedeva nella creazione di un potere congiunto per
affrontare una situazione conflittuale un’alternativa alla concezione del potere come forza
competitiva basata sul dominio. Il dominio, per lei, era solo una delle 3 possibili risoluzioni del
conflitto. Il secondo, il compromesso, lo riteneva negativo in qto non rispondeva pienamente agli
interessi di nessuna delle parti. Solo l’integrazione risponde agli interessi di tutti.
Alcune femministe attribuiscono il lento attecchimento delle sue idee in Europa e negli USA al suo
genere. I suoi studi sulle organizzazioni come comunità hanno contributo allo sviluppo del
concetto di “organizzazione” come comunità di conoscenze, di pratica e di apprendimento e i suoi
principi di democratici di organizzazione si applicano ovunque si affermi l’idea di democrazia
industriale.
HENRI FAYOL (1841 – 1925) => ingegnere e manager minerario, ottenne grandissima ammirazione
per aver ristrutturato un’azienda francese sull’orlo del fallimento, dove lui ricopriva le funzioni di
CEO (=Chief Executive Office). Qdo andò in pensione aprì un centro di studi per codificare e
tramandare i principi amministrativi che aveva seguito nel corso della sua carriera. Nel 1919
pubblicò “Direzione generale e industriale”, dove enunziava principi universali applicabili
all’amministrazione razionale delle attività organizzative.
Tra i suoi principi razionali c’è lo spazio di controllo, nel quale definiva il numero ottimale di
lavoratori sottoposti alla supervisione di un singolo manager; affidando a dei subordinati lo
svolgimento dei compiti, che era il suo concetto di delega.
unità di comando afferma che ogni subordinato dovrebbe avere un solo capo.
Inoltre, lei sottolinea anche l’importanza dello spirito di corpo, l’unità e l’armonia tra i dipendenti
delle organizzazioni ben gestite. Idea che è poi apparsa nel concetto di cultura forte, teorizzata dai
modernisti.
CHESTER BARNARD (1886 – 1991) => ex presidente della New Jersey Bell Telephone Company nel
suo scritto “Le funzioni del dirigente” del 1938, afferma che gestire l’organizzazione informale (di
Durkheim) era una funzione critica dei dirigenti di successo. Forniva consigli normativi per fare
evolvere le organizzazioni in sistemi sociali di cooperazione concentrandosi sull’integrazione degli
sforzi lavorativi attraverso la comunicazione degli obiettivi e l’attenzione alla motivazione dei
lavoratori.
I postmoderni accusano tale rilevanza attribuita da Barnard agli aspetti cooperativi del lavoro di
aver fatto perdere di vista ai primi studiosi di organizzazione l’importanza del conflitto che
costituiva per Marx un aspetto fondamentale di tutte le organizzazioni.
Lui dava importanza ai valori e ai sentimenti nei contesti lavorativi, temi che riaffiorano nelle
ricerche della prospettiva simbolica sulla cultura organizzativa, sulla ricerca di significato e sul
simbolismo.
LA TEORIA MODERNISTA:
La storia del modernismo, da cui ne trae il nome la prospettiva modernista, risale all’Illuminismo
dell’Europa settecentesca; qsto periodo detto anche “Età della ragione” xchè pervase la speranza
di progresso che animava i filosofi del Medioevo. Celebri pensatori illuministi: Cartesio, John Locke
e Immanuel Kant, tentarono di liberare il genere umano dalla schiavitù e dalla superstizione con
l’aiuto della ragione. L’ideale kantiano di una razza umana unificata dalla giustizia e dalla libertà
individuale rappresentava un’altra fonte di modernismo. Il modernismo di Kant viene ridefinito
modernizzazione: desiderio di cercare di imitare il progresso scientifico occidentale per acquisirne
i vantaggi materiali senza recepirne l’ideologia.
Se si vuole studiare un’organizzazione nel suo complesso, l’organizzazione stessa costituirà il livello
di analisi, le sue unità o i suoi reparti diverranno dei sottosistemi, e l’ambiente assumerà il ruolo di
sovrasistema. Se si prende come riferimento un reparto, i gruppi e/o gli individui che lo
compongono diventano sottosistemi, e l’organizzazione nel suo complesso il sovrasistema.
Per qto si possa conoscere ogni sottosistema (impianto elettrico, pompa di alimentazione,
motore), se non si sa come interagiscono tutte le componenti, sarà impossibile assemblarle o
ripararle se si rompono.
La teoria dei sistema implica il fatto, che non si può definire un sistema limitandosi a spiegare i
sottosistemi “il tutto è maggiore della somma delle parti che lo compongono”, ma non si può
nemmeno ignorare il sovrasistema.
Per studiare le organizzazioni a livello di struttura sociale, bisogna imparare a pensare come
un’organizzazione; cosa che permette la prospettiva moderna sulla teoria dell’organizzazione, ma
che i critici considerano impossibile.
La teoria dei sistemi sociotecnici => l’interesse per l’interazione tra 2 sottosistemi organizzativi
degli anni ’60 – struttura sociale e tecnologia – portò allo sviluppo della teoria dei sistemi
sociotecnici. Qualsiasi cambiamento tecnologico incide sulle relazioni sociali, sugli atteggiamenti e
sui sentimenti connessi al lavoro, che incidono a loro volta sull’utilizzo della tecnologia.
Qsta teoria deriva da un lavoro di due ricercatori ERIC TRIST e KEN BANFORT (1951) che negli anni
’50 studiarono l’impatto della tecnologia sulla produttività, sulla motivazione, sul morale e sullo
stress dei minatori inglesi. Scoprirono che i metodi di lavoro sviluppati da gruppi di lavoro
autonomi, non fossero tecnicamente efficienti come qlli progettati dagli ingegneri, ma la
produzione era maggiore e i lavoratori molto più soddisfatti.
Altro studioso: FRED EMERY (1969), studiò l’impatto dei sistemi tecnici e sociali sui bisogni
psicologici degli individui e suggerì di riprogettare i metodi produttivi per lasciare spazio al
teamwork e all’autogestione. Lui afferma che la performance dipende dalla capacità di ogni
sottosistema (o di ogni gruppo) di adattarsi ai problemi e di integrarsi con gli altri sistemi e con
l’ambiente.
La teoria delle contingenze => fino agli anni ’60 gli interessi normativi spinsero gli studiosi della
teoria dell’organizzazione a ricorrere alla scienza per scoprire la struttura più idonea per
ottimizzare la performance.
Il miglior modo di progettare un’organizzazione dipende da fattori come l’ambiente, gli obiettivi, la
tecnologia e le persone coinvolte, detta la teoria delle contingenze; la quale estendeva la teoria
generale dei sistemi e la teoria dei sistemi sociotecnici.
Per i teorici delle contingenze, le organizzazioni efficaci sono qlle dove vengono armonizzati più
sottosistemi per massimizzare la performance in una determinata situazione – come p.es. “se eiste
questa situazione allora si dovrebbe fare qllo”.
LA TEORIA SIMBOLICA:
La prospettiva simbolica suggerisce, che se le convinzioni soggettive incidono sul comportamento
come fa la realtà, allora i “fatti sociali” sono reali, sul piano ontologico, qto i fatti obiettivi.
La teoria della costruzione sociale => due sociologi tedeschi PETER BERGER e THOMAS
LUCKMANN avanzarono l’idea che il mondo sia negoziato, organizzato e costruito mediante le ns.
interpretazioni di oggetti, parole, azioni ed eventi, tutte cose che vengono comunicate attraverso i
simboli. Nella realtà socialmente costruita è il simbolo – e non la struttura - a creare e a
conservare l’ordine sociale.
Usando i simboli – oggetti, azioni e parole con significato – gli esseri umani esteriorizzano i
significati.
La realtà socialmente costruita esiste nell’interazione con gli altri. I processi che costruiscono
socialmente la realtà sono distribuiti tra color che li mettono in atto, e subiscono di conseguenza
un cambiamento continuo.
Lui affermava che cambiando una mappa cognitiva per il territorio, gli esseri umani reificano
l’organizzazione e ordinano le proprie interazioni di conseguenza. Le organizzazioni sono il
prodotto di una ricerca collettiva di significato attraverso cui viene ordinata l’esperienza. Qsto
avviene tramite l’enactment (=attivazione) di una serie di convinzioni su cui è costituita la realtà. Il
sensemaking non consiste nella scoperta della verità, ma nella costruzione della verità con
modalità che producono (make) significato (sense).
Per WEICK, dopo aver analizzato il temine enactment, sottolinea che i manager costruiscono,
sistemano, selezionano e distruggono gran parte degli elementi “oggettivi” dell’ambiente
circostante.
Cultura => l’antropologo culturale americano CLIFFORD GEERTZ definisce la cultura rifacendosi a
Max Weber. Geertz pubblica nel 1973 il testo “Interpretazione di culture” e colloca le proprie
affermazioni nella prospettiva simbolica e il suo approccio alla cultura ha attratto tanti giovani
studiosi di organizzazione che cercavano delle alternative alla prospettiva moderna. Lui fa
emergere la descrizione densa che si trova sotto la superficie degli eventi quotidiani per
evidenziare il funzionamento della cultura.
Lui spiega il proprio metodo attraverso la descrizione di una etnografia condotta da lui (Geertz) e
la moglie appena arrivati a Bali per condurre una ricerca etnografica e come riuscirono a farsi
accettare dagli abitanti dell’isola.
Lui nota che le storie realistiche, tipiche di chi adotta la prospettiva moderna, sono rapporti
obiettivi di fatti sociali che dovrebbero raccontare ciò che avviene realmente nelle organizzazioni –
l’esperienza soggettiva trasformata in un fatto oggettivo – nascondendo l’identità del
ricercatore/narratore.
Diversamente nelle storie confessionali, il ricercatore confessa i pregiudizi e gli errori che hanno
condizionato il suo lavoro.
Nelle storie impressioniste, qste si distaccano nettamente dalle storie realistiche. Qsti resoconti
personali inseriscono il lettore nel contesto degli eventi descritti, mettendolo in condizioni di
rivivere l’esperienza del narratore.
Riflessività => tutte le volte che qcuno impone la propria visione del mondo agli altri, cosa che
farebbero i modernisti secondo i critici postmoderni, si creano le condizioni per l’egemonia
(=supremazia) e il totalitarismo. Essere riflessivi in un contesto di ricerca significa porsi le seguenti
domande: “come incidono qsti assunti sul modo in cui definisco i fenomeni e porto avanti la mia
ricerca?”, “che impatto ha tutto qsto sulla conoscenza in generale e su ciò che sto studiando?”. Un
ricercatore o un manager riflessivo riconosce che le realtà socialmente costruite sono resoconti
incompleti e negoziati, soggetti a molteplici interpretazioni e significati.
Assunto ontologico: ciò che chiamiamo realtà è frutto di una costruzione sociale, ossia la
realtà esiste soltanto nel momento in cui interagiamo ed ogni volta possiamo interagire in
modo diverso. Ciò che esiste è ciò che noi crediamo esistere. La realtà esiste perché c’è chi
la conosce e la nomina. (ontologia soggettiva). L’idea di costruzione sociale deriva dalla
teoria della costruzione sociale degli anni 60 di Berger e Luckman.
Assunto epistemologico: sostengono l’interpretazione. Gli studiosi di tale approccio si
concentrano su ciò che emerge dai pensieri, dai sentimenti, e dalla relazione con il
contesto. Ogni individuo interpreta un fenomeno alla luce del contesto in cui è situato,
delle aspettative e dei ricordi che lo caratterizzano. Perciò nello stesso luogo e nello stesso
tempo un medesimo fenomeno può essere soggetto a diverse letture/interpretazioni.
Uso della comprensione-
L’organizzazione in sé non esiste, così come la realtà, se non ci fossero degli individui che
popolano tali ambienti organizzativi.
L’organizzazione è un artefatto (Alvesson e Berg, 1992) , un’anarchia organizzativa (Weick
1979).
Berger e Luckman:
LE INFLUENZE POSTMODERNE:
I governi coloniali si sono trovati a fronteggiare richieste di autodeterminazione sempre più
pesanti. Qsti finanziavano gli studi etnici degli antropologi, i quali venivano accusati di fare gli
interessi dei loro finanziatori anziché tutelare le culture locali. Con il crollo del colonialismo si
rischiò di far crollare anche l’antropologia culturale.
La crisi rappresentativa dell’antropologia, provocata dal crollo del colonialismo, si basava sulla
convinzione che i metodi antropologici rappresentino adeguatamente la realtà.
I postmoderni sono convinti che siccome il linguaggio non può fissare il significato, che è sempre e
ovunque in divenire, dovremmo smettere di cercare la verità e sospettare di tutte le asserzioni
(=affermazioni) definitive.
Il Progetto illuminista, il Mito del progresso e la Grande narrazione => i postmoderni definiscono
in modo ironico l’ambizione modernista di sostituire la ragione alla superstizione progetto
illuminista.
Il fisico inglese MONTAGUE DAVID EDER nel 1932 ha espresso opposizione alla fede modernista
per il continuo miglioramento delle condizioni umane e descrivendo il progresso come un mito.
Secondo i postmoderni, che definiscono la sua idea Mito del progresso, la fiducia nel progresso
giustifica abusi di potere come qlli perpetrati (adottati) nei regimi coloniali. Definendo il progresso
come mito significa ammettere che è un dogma sostenuto dalla propaganda, invece che un
prodotto di una verità scientifica valida da prove oggettive come vorrebbero i modernisti.
Il filosofo francese JEAN FRANCOISE LYOTARD, sostiene che sapere e società sono strettamente
legati xchè istituzioni come la scuola, le imprese e il governo vengono create sulla base di
conoscenze esperte, che legittimano certi modi di pensare e di agire. P.es. le università
La grande narrazione del modernismo maschera l’ambizione di creare conoscenze e istituzioni che
promuovono gli interessi di alcuni a scapito di altri.
Il linguaggio e i giochi linguistici => la visione modernista del linguaggio, afferma che il linguaggio
rispecchia la realtà; le parole hanno un certo significato per via del collegamento tra parole,
significato e cose. Il linguista svizzero FERNAND DE SAUSSURE (1965) ha ribaltato qsta visione con
la sua teoria del linguaggio. Lui sostiene che non c’è nessun legame naturale o necessario tra le
parole (come significanti) e i concetti delle cose che ne viene significato, ma la relazione che li
unisce è arbitraria. Il significato di una parola è dato dalla posizione che ne occupa rispetto ad altre
parole nella struttura linguistica. Qsto ne deduce che il significato di una parola si modifica tutte le
volte che si affianca a un’altra parola. La struttura su cui si fonda il linguaggio è instabile.
Il filosofo tedesco LUDWIG WITTGENSTEIN (1965) usa invece la metafore dei giochi linguistici e
cioè, come il calcio e gli scacchi hanno le sue regole, anche il linguaggio ha regole e qste variano da
una comunità all’altra. Il modo in cui si usano le parole e si reagisce alle affermazioni degli altri
differisce a seconda del gioco linguistico nel quale si è impegnati.
Affermazioni di verità, potere/conoscenza e vocalizzazione del silenzio => LYOTARD sulla base dei
“giochi linguistici” (di Wittgenstein) conclude che non ci può essere nessuna verità, ma solo
affermazioni di verità. Coloro hanno il diritto di attribuire quali affermazioni sono vere (di verità)
saranno in grado di dominare la comunità e il suo gioco linguistico. Inoltre, l’autore sostiene che le
affermazioni di verità vengono meno qdo emergono altre che incontrano una più ampia
accettazione, o qdo viene coinvolta un’altra comunità. In qsta concezione, nessuna verità può
durare a lungo. Se all’interno di una comunità la distribuzione di potere determina la conoscenza
di “verità”, se si modifica la distribuzione del potere, si modifica anche la verità. Affermazioni
messe a tacere idee e opinioni anticonformiste (=adeguarsi a opinioni), la comunità non potrà
pensare o agire in modi nuovi; perciò dare voce al silenzio è un antidoto (= rimedio
efficace/capace di neutralizzare) al totalitarismo.
Discorso e pratiche discorsive => il filosofo poststrutturalista francese MICHAEL FOUCALT (1977)
ha studiato gli effetti del potere esercitato attraverso la normatività. Lui afferma che le
conoscenze approvate sono uno strumento fondamentale per esercitare potere, xchè decidere chi
può parlare e cosa si può dire equivale a stabilire cosa si intende per “comportamento normale”.
Coloro che non si conformano vengono considerati provocatori anormali e devianti che vengono
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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messi in riga, emarginati o istituzionalizzati. Lui sostiene che, cercando di stabilire cosa è normale,
le scienze umane hanno creato un legame tra potere e conoscenza – conoscenza e potere
vengono a coincidere – da considerarli non separatamente, ma due facce della stessa medaglia.
Il potere/conoscenza si esercita attraverso le pratiche che emergono dal discorso e che poi verrà
percepito come normale e le pratiche discorsive derivano dal linguaggio. Se non si conosce le
pratiche discorsive, i deboli non potranno difendersi.
L’identità è un effetto dell’uso del linguaggio che si fa nella comunità. P.es. qdo parliamo facciamo
dei riferimenti a noi stessi “ho fatto qsto o qllo” ecc.
Nell’organizzazione la scomparsa dell’uomo, si manifesta nel fatto che viene data importanza al
cliente nel discorso prevalente del management. I dipendenti antecedentemente esaudivano i
desideri dei loro capi, ma il nuovo discorso manageriale li invita a dedicarsi ai clienti, decentrando
la figura del manager nella realtà linguistica e discorsiva. Anche nella pubblica amministrazione, i
cittadini hanno acquisito centralità a scapito degli amministratori, che in passato i loro bisogni
venivano ignorati appellandosi a regole e procedure burocratiche per giustificare la loro
immobilità. Nella prospettiva postburocratica, l’identità dominante dell’amministratore sparirà
dalle conversazioni sulla governance, e il potere amministrativo verrà decentrato.
Descrizione e “différance” => il linguaggio non ha un significato fisso. Il significato delle parole
dipende da altre parole, cioè qlle che formano il contesto nel quale qste trovano il loro significato.
Per questo i contesti sono intercambiabili e nessun contesto può ritenersi più appropriato di un
altro; conseguentemente tutti i significati sono uguali e corretti ed è sufficiente aspettare la
formazione di un nuovo contesto per vedere apparire un altro significato. Modificando il contesto
che circonda un testo si può cambiare il significato (teoria di DERRIDA).
La decostruzione è una modalità di lettura e rilettura di testi attraverso l’uso di diversi contesti per
evidenziarne le molteplici interpretazioni a cui sono soggetti. La decostruzione che il significato ci
sfugge col tempo, perché i testi sono sempre situati all’interno di contesti storici, culturali, politici
e istituzionali che sono in continuo cambiamento. Anche la verità e la conoscenza sono instabili
come tutti gli altri costrutti linguistici e discorsivi. Lo scopo di una decostruzione non è tanto
identificarne un fine ultimo o essenziale, ma rilevarne gli assunti, le contraddizioni e le esclusioni
per dimostrane che nessun testo può intendere ciò che veramente dice. La decostruzione rende
visibile le caratteristiche di base della realtà costruita e ci libera dall’influenza che qste esercitano
sul nostro modo di pensare e di agire.
Il linguaggio viene strutturato dall’uso delle parole, che è in perenne mutamento. L’uso che faccio
del linguaggio ci crea categorie, definisce centralità, traccia confini, esprime potere sociale e
riproduce o modifica la realtà.
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Difference = dal francese differer che significa differire o rinviare. Una parola deriva il proprio
significato dalle differenze che la separano dal suo opposto (vero/falso, buono/cattivo,
maschio/femmina); conseguentemente qdo si usa soltanto un termine si evoca implicitamente
(=conseguentemente) il suo opposto.
Simulacri e iper-realtà => nell’era postmoderna l’immagine non era più una simulazione della
realtà ma diventava un simulacro, ossia una realtà totalmente immaginata. Nei tempi moderni si
pensava che la simulazione rappresentasse la realtà.
Tra “realtà” ed “immagine” nei tempi moderni la distinzione viene meno, in qto la produzione
industriale consentì la proliferazione delle copie in tutti i campi; la riproduzione (opere d’arte) e
l’imitazione (capi di alta moda). Si scopre che le immagini possono mascherare la realtà o
nascondere addirittura l’esistenza, qsto è l’inizio della grande truffa.
I simulacri dimostrano che concetti come “significato” e “struttura”, “realtà” e “finzione”, “copia”
e “originale” possono venire ribaltati dal pensiero postmoderno. Nel postmoderno poli opposti
come “realtà/immagine”, “fatto/fantasia”, “soggetto/oggetto”, “pubblico/privato”, manifestano
per creare una iperrealtà nella quale “l’illusione non è più possibile, perché il reale non è più
possibile”.
MATRIX illustra una simulazione entro la quale vivono gli uomini, noi creiamo la nostra vita usando
delle immagini per spiegare cosa diamo a noi stessi. Pensando a tante immagini che ci circondano
tutti i giorni e alle organizzazioni che le producono, proviamo la sensazione di vivere in una
iperrealtà. P.es. le aziende orientate al consumatore spingono tutti noi ad acquistare i loro
prodotti e qsto succede attraverso le immagini seduttive dei brand e della pubblicità.
Stakeholder => attori che interagiscono per creare l’ambiente in cui opera l’organizzazione, che
sono gli investitori, i concorrenti, i fornitori, i distributori, i partner, le agenzie di pubblicità, le
società di consulenza, le associazioni imprenditoriali, i gruppi di tutela dei consumatori, le
comunità locali, l’opinione pubblica, i sindacati, enti regolatori del governo (come le autorità
fiscali, analisti finanziari e i media. I “stakeholder” sono tutti gli attori fondamentali per la
sopravvivenza e successo di un’organizzazione.
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Le relazioni che si vengono a stabilire tra gli “stakeholder” di un’organizzazione formano il
network interorganizzativo.
Supply chain => è un network interorganizzativo che si focalizza sul flusso di materie prime,
formando una catena lineare di connessioni che partono dalla fornitura delle materie prime di
base come p.es. il petrolio da parte delle compagnie che lo estraggono, attraversano una serie di
organizzazioni intermediarie, che sono le raffinerie, distributori e stazioni di servizio per poi
raggiungere gli utilizzatori finali (consumatori – automobilisti).
Si può valutare una “supply chain” o una catena di valore (catena di valore= si tratta di “servizi”,
più che beni materiali, in tal caso, ossia quello dei servizi, la focalizzazione si sposta su attività di
valore aggiunto che formano la catena di valore, ma coincide a grandi linee, con la supply chain) se
si ritaglia una fetta del network interorganizzativo che includa fornitori, partner, distributori e tutti
gli utilizzatori finali di un processo produttivo o di un servizio. Le organizzazioni riescono a gestire
le relazioni di un processo produttivo o di erogazione del servizio, senza integrarle in una singola
azienda, apponendo una riflessione critica sulla catena logistica e la catena del valore. Qsta pratica
manageriale promuove l’efficienza, in qsto la suddivisione dei compiti da svolgere tra i partner
della catena logistica si avvale dei vantaggi della divisione del lavoro.
- settore sociale => struttura delle classi, situazione demografica, tendenze della mobilità,
istituzioni sociali tradizionali, come i sistemi educativi, le pratiche religiose, gli scambi commerciali
e le professioni. Trend di mobilità sociale p.es. migrazione di massa dall’Africa all’Europa
occidentale. Riciclaggio p.es. è un trend sociale presente in molti paesi del mondo.
- Settore culturale => questo riguarda la storia, la tradizione, le aspettative normative sul
comportamento, sulle convinzioni e sui valori. P.es. la maggiore eterogeneità che si può trovare in
tante forze lavoro porta a un cambiamento dei valori rispetti alle differenze di genere, razza ed
estrazione culturale apportano alle organizzazioni.
- Settore legale => costituisce le costituzioni, le leggi, le prassi giuridiche dei paesi in cui
un’organizzazione opera e fa business. P.es. normativa antitrust, normativa fiscale e sugli
investimenti esteri, materia di diritto commerciale ecc. Il settore legale ha stretto legami con i
trend sociali e culturali xchè i valori culturali e le istituzioni sociali creano pressioni per legalizzare i
vari trend o per dichiararli illegittimi.
- Settore economico => include i mercati del lavoro, finanziari e di beni e servizi. Elementi che lo
influenzano sono: bilancia dei pagamenti, rapporti di scambio, alleanze economiche tra paesi,
accordi commerciali, tassi di interessi, l’inflazione, i tassi di disoccupazione.
- Settore tecnologico => fornisce conoscenze e informazioni sotto forma di sviluppi scientifici e di
applicazioni pratiche che le organizzazioni possono acquisire e utilizzare per produrre output (beni
e servizi). Trend tecnologico di molte organizzazioni sono la disponibilità di tecnologie
informatiche come PC, robot, apparecchiature x videoregistrazioni, strumenti per progettazione e
la produzione informatizzata (CAD). I cambiamenti nel settore tecnologico vanno a incidere sui
settori sociali ed economici, in qto la tecnologia crea divisione socioeconomica tra coloro che
possono accedervi e chi non può.
- Settore fisico => sono le risorse naturali e gli effetti causati dai fenomeni naturali. Diverse sono le
organizzazioni interessate ad elementi specifici del settore fisico come p.es. riserve di carbone e di
petroli. I trend per tenere sotto controllo il settore fisico sono p.es. i mutamenti climatici
(riscaldamento globale), progressiva scomparsa delle forse pluviali, la siccità, i terremoti, le
alluvioni, le carestie ed eruzioni vulcaniche. I cambiamenti nel settore fisico sono difficili da
prevedere. Altro fattore che influenza il settore fisico è la crescita demografica o la migrazione di
massa (settore sociale), che mettono sotto pressioni le risorse del territorio coinvolto.
Da notare come sono complessi e hanno una relazione reciproca i trend che convergono su scala
globale, come p.es. il fenomeno dell’omogeneizzazione culturale che vede il riconoscimento della
lingua inglese, come lingua ufficiale del business, della scienza e di internet, la presenza di fast-
food a livello globale e l’uso universale dei blue-jeans.
L’omogeizzazione porta alla riduzione di usi e tradizioni locali, che da taluni viene apprezzata e da
altri viene vista come un pericolo. In alcune regioni la diversità incoraggia a una
autodeterminazione ispirata alla democrazia e alla libertà individuale, mentre altri ispira alla
guerra religiosa e pulizia etnica.
1)Teoria delle contingenze ambientali => T. Burns e G. Stalker con P. Lawrence e J. Lorsch (vedi
anche capitolo 4 struttura sociale, studio di Lorsch del 1967) furono i primi ad affermare che è
l’ambiente che impone la forma all’organizzazione più idonea. In tale teoria si inizia ad osservare
che le organizzazioni, nonostante siano sistemi chiusi, sono situati in un ambiente. L’ambiente
influenza i risultati organizzativi imponendo specifici vincoli ai quali l’organizzazione si deve
adattare. In questa teoria perciò l’organizzazione non può far altro che adattarsi. Burns e Stalker
individuano due tipi di ambienti. In ambienti stabili la forma di organizzazione meccanicistica è la
più efficace per via dell’efficienza, la quale viene generata dall’utilizzo di procedure standardizzate
per le attività di routine. In ambienti stabili le organizzazioni possono ottimizzare le proprie attività
e usare le risorse in modo da minimizzare i costi e massimizzare i profitti. La profittabilità della
routine viene meno qdto l’organizzazione deve costantemente modificare le proprie attività per
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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adattarsi. P.es.: la catena di montaggio che vede la produzione dello stesso prodotto, con lo stesso
materiale, la stessa forma.
La contingenza, nella teoria della contingenza è costituita dall’insieme di fattori ambientali che
l’organizzazione deve affrontare.
Un limite di tale teoria consiste nell’assunto x cui le condizioni registrate dell’ambiente fossero
obiettivamente reali, ma non tutti percepiscono l’ambiente al medesimo modo, di conseguenza si
inizia a parlare di incertezza percettiva. Considerata più appropriata per prendere decisioni sulla
forma che l’organizzazione doveva adottare, rispetto a indicatori obiettivi dell’incertezza
ambientale.
La teoria informativa dell’incertezza => (teoria ove si evidenza l’importanza della percezione)
afferma che i manager percepiscono incertezza nell’ambiente qdo non hanno le informazioni di cui
pensano di avere bisogno per prendere decisioni organizzative. Si hanno bassi livelli di incertezza,
con ambienti stabili e poco complessi, qdo le informazioni sono note e disponibili. Incertezza
massima si ha qdo i manager non sanno di quali informazioni hanno bisogno e si trovano di fronte
a una sovrabbondanza di informazioni.
Un altro tentativo per spiegare come reagiscono le organizzazioni all’incertezza è la legge della
varietà necessari => per poter comunicare in forma efficace con un altro sistema, un sistema deve
essere altrettanto complesso o più complesso. A livello organizzativo qsto significa che le
organizzazioni di successo confrontano la complessità ambientale percepita con le proprie
strutture interne e i propri sistemi di management. Qsto tipo di confronto viene definito
isomorfismo e cioè, se l’ambiente è semplice, l’organizzazione assume una forma semplice,
differentemente ambienti complessi produrranno organizzazioni complesse.
Dipendenze => rappresentanze degli interessi, persone o gruppi che tentano di influenzare le
attività dell’organizzazione tramite pressioni politiche, economiche e/o sociali. Rappresentanze di
interessi sono p.es. sindacati e le ONG.
L’analisi della dipendenza alle risorse si concentra sull’ordine delle priorità da assegnare alle
relative risposte. La priorità presuppone la valutazione della criticità e la scarsità delle risorse
coinvolte. La valutazione della scarsità misura l’importanza in base a una determinata risorsa. A
risorse scarse e critiche si assegnerà una priorità elevata e si sviluppa un piano d’azione per poter
rilevare e gestire qste dipendenze.
Selezione => avviene nel momento in cui le organizzazioni che rispondono al meglio ai bisogni e
alle sollecitazioni della propria nicchia ecologica acquisiscono risorse e qlle che non riescono a fare
fronte all’adattamento sono destinate a essere sopraffatte.
Quindi le organizzazioni migliori sono quele che attuano processi continui di evoluzione.
Gli studi sulla tematica di ecologia della popolazione si sono focalizzati p.es. sulla concorrenza
nelle popolazioni dei ristoranti, dei quotidiani, delle piccole imprese elettroniche, degli asili nido,
delle aziende birrarie e dei sindacati, rilevando i tassi di nascita e morte delle organizzazioni che
opera all’interno di qsti contesti (qste popolazioni).
(Darwin parla di evoluzione nella specie animale, a trasportare il darwinismo alla società è stato
Spencer, formando il cosiddetto darwinismo sociale, per Spencer gli organismi più adatti sono
anche i più evoluti)
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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Tutte queste organizzazioni hanno il medesimo assunto, ossia le organizzazioni sono dipendenti
dal loro ambiente.
LA TEORIA SIMBOLICA
I sostenitori di qsta teoria considerano l’ambiente un costrutto sociale che deriva dall’enactment,
dalla mappatura cognitiva e dai processi di creazione di significato. Da qsta prospettiva, gli
ambienti tratti dalla costruzione sociale hanno conseguenze materiali. Qste conseguenze derivano
dalla cognizione e dai sentimenti dei membri dell’organizzazione in merito alle caratteristiche
dell’ambiente a cui partecipano e reagiscono.
Accanto alle risorse economiche tale teoria aggiunge qlle valoriali l’organizzazione è sotto
pressione in termini di valori sociali. Ecco xché p.es. vi sono campagne di boicottaggio contro le
organizzazioni ritenute poco eque nelle loro pratiche, nonostante il prodotto che offrono sia di per
sé ottimo, ad es ciò vale per le organizzazioni che vedono lo sfruttamento minorile.
P. DiMaggio afferma: “le organizzazioni competono tra di loro per ottenere non solo risorse e
clienti, ma anche potere politico e legittimità istituzionale, per conseguire benessere economico
ma anche sociale”.
pressioni istituzionali coercitive(=che obbliga) : ha a che fare con aspetto legislativo, ossia
i tratta di leggi a cui l’organizzazione deve adattarsi costi quel che costi, la richiesta di
confermarsi alle aspettative viene regolamentato da governi o da leggi
pressioni istituzionali normative: Se aspettative culturali. Le organizzazioni devono in
qualche modo considerare la cultura in cui è inserita. p.es. tramite l’educazione o
convinzioni religiose di membri dell’organizzazione subiscono pressioni istituzionali
normative.
Pressioni istituzionali mimetiche: aspetti legati all’incertezza, ossia vi sono diverse
situazioni in cui le organizzazioni non sempre sanno cosa fare. In tale situazioni di
incertezza, (soprattutto quando l’incertezza è su come avere successo è elevata) le
organizzazioni solitamente guardano ciò che hanno fatto altre organizzazioni. In particolare
la copiatura è riferita alle strutture e alle pratiche operative delle organizzazioni di
successo. Quest’ultimo è un punto di vista tipico del cosiddetto neoistituzionalismo x cui
l’organizzazione si affida a ciò che fanno gli altri senza interrogarsi, copio ciò che fanno gli
altri anche se sul comportamento copiato non è efficiente a livello di costi e benefici. Tale
criterio mimetico smonta gran parte delle teorie moderniste sulle organizzazioni.
L’ambiente attivato
WEICK parte dal presupposto che , si creda o meno all’esistenza di un ambiente obiettivamente
reale, rle condizioni dell’ambiente non si possono separare dalle relative percezioni. Lui combina
qsta idea con la teoria della costruzione sociale x ipotizzare che se i decision maker di
un’organizzazione assumono che l’ambiente sia reale, raccoglieranno e analizzeranno informazioni
per creare previsioni accurate e prendere decisioni razionali.
In questo mondo attivato, L’incertezza viene interpretata dalle persone come una carenza di
informazioni, derivante dalla complessità dell’ambiente e al cambiamento, ma la complessità e
l’incertezza derivano proprio dal tentativo di monitorare e controllare l’ambiente (complessità
percepita). Qsta situazione offre opportunità alle organizzazione, oltre che problemi ai decisori.
Secondo la teoria dell’enactment, noi creano nuove complessità tutte le volte che introduciamo
innovazioni tecnologiche seducenti p.es. smartphone collegati a facebook hanno rivoluzionato
l’azione sociale durante la Primavera Araba, mediante la creazione di un flash mob in occidente
che ha permesso di costituire e attivare una rivolta popolare a base tecnologica.
Un corollario di tale teoria sta nel concetto di equivocità sempre secondo Weick. WEICK, sostiene
che l’equivocità genera esperienze di incertezza che danno origine all’ambiguità. L’ambiguità può
giovare le organizzazioni specie facilitando il cambiamento ad ambienti in mutamento, in quanto
favorisce l’esplorazione di possibili scopi alternativi e concetti alternativi di coerenza
comportamentale, sospendendo così gli imperativi razionali che impongono coerenza.
Qsta teoria tocca la questione etica, facendo notare che le organizzazioni e le realtà socialmente
costruite che abitiamo riflettono i nostri valori e le nostre scelte.
- la prima => che da origine al sistema delle fabbriche, connessa allo sviluppo delle macchine per
incrementare la produttività lavorativa. Qsta prima fase dell’industrializzazione ha inizio
nell’industria tessile britannica. Le macchine impiegate in quel contesto erano tutte dello stesso
tipo e svolgevano sempre solo un compito, in un processo semplice e ripetitivo. In qsta prima fase
di industrializzazione le relazioni di genere riflettono qlle che sono le relazioni sussistenti nella
società e cioè gli uomini avevano uno status più elevato e maggiori opportunità rispetto alle donne
– considerata una gerarchia naturale.
- la seconda => qsta ha inizio ca. tra gli anni ’50 e ’60 del 19 secolo; le fabbriche estendono la
propria produzione dall’abbigliamento e produzione di alimenti, all’ingegneria e alla raffineria di
composti chimici e alla lavorazione del ferro e dell’acciaio – attività più complesse che qlle
dell’industria tessile. Anche i processi produttivi diventano più complessi e qsto comporta una
necessità di crescita, parallela all’industrializzazione, di sistemi di organizzazione sociale e della
burocrazia, con aumento al controllo, alla routine e della specializzazione. Qsti cambiamenti
portano ad un incremento dei manager e del personale amministrativo, come anche nei trasporti
e nelle comunicazioni e una liberalizzazione degli scambi, con sempre maggior interesse ai beni di
consumo della produzione ind.le. Con lo sviluppo delle macchine e della tecnologia di lavorazione
dell’acciaio ci fu una acrescita degli armenti, che diede una sensibile crescita agli eserciti nazionali
e delle amministrazioni pubbliche. Per l’autore BURNS furono i cambiamenti in qsta 2a fase che
attirarono l’attenzione dei sociologi, le cui idee fondarono la teoria dell’organizzazione p.es.
WEBER e MARX.
Post-industrialismo => qsta è organizzata intorno alla creazione di conoscenze e l’utilizzo delle
informazioni, diversamente dalle società industriali che fissavano il loro focus al controllo della
manodopera per la produzione di beni. In qsta fase si ha l’ascesa dei servizi e il declino
dell’industria; portando i cosiddetti knowledge workers (= lavoratori della conoscenza) – tecnici e
professionisti – a diventare membri più potenti della società dopo i capitalisti.
Altra diversità, l’abbandono delle gerarchie a favore dei network di comunicazione, passando così
da una struttura organizzativa verticale a una struttura organizzativa orizzontale.
Le grandi imprese operano attraverso un contatto sociale che garantisce una serie di diritti a color
che hanno un interesse o una posta in gioco – stake – specifico per le attività e/o per i prodotti di
qste imprese. Basandosi su qsta teorie, le organizzazioni che non ignorano gli interessi di tutti gli
stakeholder faranno meglio di qlle che ne ignorano alcuni privilegiandone altri.
La teoria degli stakeholder => l’etica obbliga le organizzazione a tener conto del proprio impatto
sull’ambiente sociale e fisico da cui traggono le risorse produttive.
Nella teoria marxista, da cui attinge il postmodernismo critico, l’egemonia è una forma di dominio
in cui gli interessi della classe dominate vengono a costituire o status quo attraverso
un’accettazione acritica (=senza il supporto di motivazioni razionali).
Un approccio efficace per applicare la prospettiva moderna è osservare come viene usato il
linguaggio per costruire la realtà e definire le identità, per poi mettere in discussione i termini
usati in un linguaggio. P.es. la distinzione tra “primo mondo” e “terzo mondo” implica una
gerarchia di dominio e una sottomissione naturale per chi accetta qste etichette identificative. I
postmoderni sostengono di voler usare, da parte dei popoli emergenti, le seguenti affermazioni
“paesi in via di sviluppo” anziché “terzo mondo”.
Nel mondo che viviamo le ORG. sempre di più fanno parte di network (più ambi), hanno relazioni
fra di loro, assumono forme di network organizzativo. Nel mondo in cui viviamo non è possibile
pensare a ORG. solitarie, motivo per cui le ORG. si evolvono e assumono la forma di NETWORK
organizzativo p.es. il cellulare – disegnata in California, assemblata in Cina, riportata in Europa e
marchiata da altre ORG., commercializzata attraverso tutta una serie di organizzazioni.
La maggior parte dei prodotti organizzativi, con cui noi abbiamo a che fare, per qto possono avere
un marchio, una casa di produzione ed essere di qcuno, sono di fatto il risultato di tutto un
network di organizzazioni che hanno lavorato insieme.
Qllo che già c’è è molto importante. Un network nuovo che si appoggia su net-work già esistenti.
Il network promuove.
Vincoli Opportunità
- che il contesto istituzionale e ambientale
pongono;
- economici (manca tessuto produttivo
territoriale) – se si vuole vendere bisogna
andare in un altro territorio;
- scarsa autonomia di stipulare contratti;
- organizzativo (qste ORG. devono essere un
network per accedere a fondi);
- infrastrutture
- capitale sociale
- se l’ambiente è arretrato può essere un
vincolo
- l’ambiente produce tanti vincoli qte
opportunità
I vincoli e le opportunità sono per così dire speculari, come dice WEICK, dipende da come gli attori
si relazionano all’ambiente. Se noi definiamo l’ambiente, come un’ambiente arretrato, in quel caso
l’ambiente diventa per noi un vincolo, xchè non è l’ambiente giusto per percepire l’innovazione;
però allo stesso tempo, in qsto ambiente arretrato dal punto di vista produttivo/tecnologico, il
capitale sociale invece ha una grossa importanza ed è il grosso prodotto dell’ambiente. L’ambiente
produce tanti vincoli qte occasioni, dipende da come l’ORG. mette all’opera i diversi elementi su
cui può contare.
Le istituzioni in qsto caso è l’autore che fornisce le risorse, ma sia l’autore che limita l’utilizzo delle
risorse. Le istituzioni è qllo che impone/prescrive il network che l’ORG. deve avere, ma anche qllo
che ingloba il network all’interno delle sue strutture.
Mentre nella prospettiva modernista i vincoli si associano a tutte qlle che sono le risorse di cui
l’ORG. ha bisogno per produrre, in qsta teoria l’ORG. può in qche modo scegliere quali risorse può
chiamare a raccolta e quali invece escludere.
Capitolo 4
La struttura sociale organizzativa
Il termine struttura indica le relazioni più o meno stabili di qualunque sistema o ente.
Il termine struttura vuol indicare le relazioni più o meno stabili delle componenti di qualsiasi
sistema o entità. I teorici dell’org. sono particolarmente interessati a 2 tipi di struttura:
Struttura fisica => rappresenta le relazioni spazio-temporale tra gli elementi materiali di
un’organizzazione come p.es. i suoi edifici, la posizione geografica, la tradizione e tutti i significati
che incorpora. (concetto più nuovo rispetto a quello di struttura sociale, si tratterà nel capitolo 7)
Struttura sociale (organizzativa) => rappresenta le relazioni tra le persone, i rispettivi ruoli e le
responsabilità che le persone assumono all’interno dell’organizzazione, ma anche i gruppi e le
unità a cui appartengono (dipartimenti, divisioni).
I teorici moderni si basano sull’assunto per cui la struttura sia oggettiva, un’entità con delle
caratteristiche identificabili e misurabili. Si da per scontato che la struttura sociale di
un’organizzazione sia stabile, finché il management non introduce un cambiamento. Un
cambiamento di struttura si rifletterà su un cambiamento organizzativo, come a un cambiamento
ambientale darà seguito un cambiamento organizzativo.
WEBER pubblica la sua teoria dell’organizzazione nel primo ‘900, ma qsta viene tradotta in inglese
negli anni ’40, qdo nasce la teoria organizzativa nella sua forma moderna. L’autore propone un
modello ideale di organizzazione come burocrazia con le seguenti caratteristiche:
Il termine “ideale” usato da WEBER non è qllo che usiamo, ma lui lo usava nel senso di pura idea,
ossia qualcosa che si può conoscere solo mediante l’immaginazione, non dobbiamo aspettarci che
gli ideali esistano nel mondo che ci circonda.
La burocrazia ideale pensata da WEBER, rappresenta un modello che trasforma gli impiegati medi
in decisori razionali che servono i clienti e sono riferenti di una burocrazia imparziale ed efficiente.
Concettualizzata in qsto modo la burocrazia prometteva un processo decisionale affidabile di
meritocrazia nella selezione/promozione e applicazione imparziale e corretta delle regole.
Sulla base della teoria di Weber sopracitata, i teorici modernisti hanno individuato tre elementi
rilevanti nella struttura sociale organizzativa:
L’autorità gerarchica può essere inibita da un “sostituto” che prende parte del controllo,
appiattendo così la gerarchia delle strutture organizzative o prende parte del controllo lavorativo
se qsto si distribuisce su lunghe distanze – organizzazioni globali, tale sostituto lo ritroviamo nella
terza componente della struttura sociale organizzativa descritta da WBER, ossia regole e
procedure formalizzate.
politiche scritte
manuali delle procedure
descrizioni di mansioni
organigrammi
sistemi di management
sistemi tecnici
sistemi di gestione della supply chain (=catena di fornitura)
Per WEBER la burocrazia offre un’alternativa morale e razionale alle pratiche diffuse di nepotismo
(=favoreggiare parenti) e abusi di potere che dominavano nel mondo feudale dell’era
preindustriale da cui sono emerse le moderne organizzazioni burocratiche e industriali.
WEBER riconosce che la burocrazia può trasformarsi in una “gabbia di ferro” per tutti color che ne
finiscono nelle sue grinfie. L’ autore quindi ne riconosce le criticità.
per individuare leggi generali in grado di trovare e spiegare il miglior modo per organizzare il
lavoro dei dipendenti.
La prospettiva moderna della teoria organizzativa ha tratto le sue origini dagli studi che mettono in
rapporto misure della struttura sociale organizzative a misure di performance individuali, di
gruppo e organizzative. Alcune teorie iniziali si fondavano sulla comparazione dell’efficacia e
dell’efficienza delle diverse forme organizzative.
L’approccio dinamico ha contribuito all’apertura dei teorici modernisti alla prospettiva simbolica,
ma anche attraverso la teoria della strutturazione che si colloca tra qlla modernista e qlla
simbolica.
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La teoria delle contingenze strutturali di BURNS e STALKER
I teorici delle contingenze voglio scoprire quali raggruppamenti (costellazioni) di fattori
organizzativi contribuiscono alla sopravvivenza e al successo delle organizzazioni.
Studi empirici hanno dimostrato che i fattori di contingenza dell’organizzazione i quali sono: la
strategia, la dimensione, l’incertezza dei compiti e la tecnologia, sono caratteristiche che
influenzano l’ambiente nel quale l’organizzazione si trova, ma per essere efficace l’organizzazione
deve adattare la sua struttura ai fattori di contingenza dell’organizzazione stessa e dell’ambiente.
L’organizzazione va considerata quindi come capace di adattarsi all’ambiente.
I loro studi dimostrarono che la variabile responsabile di ciò era l’innovazione; riuscirono a
dimostrare che in:
- organizzazione meccanicistica => l’innovazione era limitata, elevati livelli di gerarchia, ruoli e
compiti ben definiti, processo decisionale centralizzato – tutto qsto concorre a ostacolare la
flessibilità e la creatività. Anche la formalizzazione ostacola l’innovazione, in qto il cambiamento
presuppone la riscrittura delle politiche, delle regole e il riaddestramento di supervisori che poi
dovranno implementare (=attivare) le nuove regole e riassicurarne il rispetto.
Differenziazione e integrazione
LAWRENCE e LORSCH (studio del 1967, quindi seguirono Burns e Stalker) come BURNS e STALKER
erano convinti che una performance organizzativa efficace fosse determinata dall’unione tra
struttura sociale dell’organizzazione e l’ambiente in cui opera. Le organizzazioni con maggiore
successo sono qlle dove il grado di differenziazione e i mezzi di integrazione rispondono alle
esigenze dell’ambiente.
Dai loro studi su aziende dell’industria e plastica – in quel periodo rappresentava un ambiente
complesso e instabile- è emerso che:
- i dipartimenti che operano in ambienti più stabili (la produzione) erano più formalizzati, più
gerarchici e più propensi a effettuare di continuo la valutazione della performance, rispetto a qlli
in ambienti instabili (R&S);
- di dipartimenti caratterizzati con maggiore incertezza del compito (le vendite), erano più
orientati alle relazioni rispetto a qlli con minor incertezza (la produzione), molto più orientati al
compito;
- i dipartimenti vendite e produzione erano orientati al breve termine, con richiesta di un feedback
rapito sui risultati, mentre l’R&S aveva un orientamento a lungo termine (di più di un anno, o
quantomeno fino alla durata del progetto);
Altro studio di LAVRENCE e LORSCH ha dimostrato che le organizzazioni che si distinguono per una
performance elevata presentavano un livello di differenziazione appropriata all’ambiente e
usavano forme di integrazione coerenti con le esigenze di coordinamento dalle loro attività.
(stabilità ambientale e struttura interna all’organizzazione)
- sia ambienti stabili che ambienti instabili richiedono un elevato livello di integrazion, ma si
differiscono nel modo di attuare l’integrazione e e cioè, negli ambienti stabili si favorivano la
gerarchia e il coordinamento centralizzato, mentre negli ambienti instabili c’era l’esigenza di
spostare il processo decisionale a livelli più bassi per affrontare i problemi.
Gli autori deducono dai loro studi che, i livelli appropriati di differenziazione dei metodi
appropriati di integrazione variano a seconda dell’organizzazione (o del determinato reparto) e
dell’ambiente in cui operano.
La dimensione organizzativa
Un gruppo di ricercatori svilupparono misure quantitative per 6 dimensioni della struttura sociale:
grado di specializzazione;
standardizzazione;
formalizzazione;
centralizzazione;
configurazione e
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flessibilità.
P. es: Centralizzazione => risultato della ricerca ha rivelato, che organizzazioni con prese
decisionali sul lavoro decentralizzate, possono essere al contempo, altamente centralizzate nelle
decisioni strategiche. Decisioni diverse richiedono decisori di livelli gerarchici diversi.
Inoltre è stato rivelato che la dimensione dell’organizzazione interagisce con altri aspetti della
struttura sociale organizzativa / struttura organizzativa con modalità inattese. Ad esempio: Altri
studi hanno evidenziato che GRANDI organizzazioni centralizzate vedono un processo decisionale
che può pregiudicare la performance dell’organizzazione rallentando reazioni alle pressioni
dell’ambiente. Qsto spiega xchè gli studi fatti su grandi organizzazioni rilevano una relazione
negativa tra formalizzazione e centralizzazione, cioè qste organizzazioni scambiano la
centralizzazione con la formalizzazione, in qto le regole e le procedure portano i subordinati a
prendere le stesse decisioni che avrebbero preso i loro capi. Conseguentemente, rispetto alle
grandi organizzazioni centralizzate, qlle decentralizzate e le burocrazie, sono soggette alla
formalizzazione.
MINZBERG ricorre alla progettazione organizzativa, con le sue diverse forme, per far fronte ai
bisogni interni ed esterni dell’organizzazione.
Qste teorie assumono che i manager possono adottare liberamente (by design) forme
organizzative appropriate, da qui ne deriva l’espressione progettazione organizzativa.
McKELVEY usa la metafora del DNA organizzativo, per spiegare un codice o una struttura in grado
di spiegare le forme organizzative e di prevederne il comportamento.
Due sono i modelli che descrivono le modalità di cambiamento delle strutture sociali organizzative
e assumono qste forme:
fasi imprenditoriali
della collettività
della delega
della formalizzazione e
della collaborazione.
Lo studioso afferma che, in ogni fase di ciclo di vita l’organizzazione si focalizza su cose diverse e
ogni una di qste fasi si conclude con una crisi e ne minaccia la sopravvivenza, introducendo un
cambiamento rivoluzionario attraverso il quale l’organizzazione passa alla fase successiva del
processo evoluzionistico.
La fase imprenditoriale => l’organizzazione si concentra sulla creazione e vendita del suo
prodotto. Qsto avviene in un ambiente ristretto, dove ogni membro dell’org. sa cosa fanno gli altri
membri. L’imprenditore può controllare di persona tutte le attività e qsto permette ai
collaboratori di conoscere le loro aspettative e di avere un feedback diretto. Di solito gli
imprenditori sono coloro che hanno l’idea o dei tecnici, ma non organizzatori e qsto comporta una
richiesta di manager esterni. Spesso però, rari sono i rispettivi casi, l’imprenditore cresce pari
passo con le esigenze dell’organizzazione. Se l’organizzazione cresce qsto comporta delle
differenziazioni e prima o poi l’organizzazione diventa troppo complessa xchè un singolo individuo
possa tenere sotto controllo ciò che accade. Qsto porta a una crisi della leadership. Il rispettivo
superamento della crisi la fa entrare nella fase della collettività.
La fase della collettività => un management professionale porta l’organizzazione a superare la crisi
di leadership, introducendo un processo decisionale centralizzato e una nuova focalizzazione sugli
obiettivi. Compito iniziale del management è qllo di imprimere una determinata direzione
all’organizzazione e integrare i vari gruppi che operano all’interno dell’org. In qsta fase di
collettività l’esigenza primaria è di avere obiettivi chiari e routine prestabilite che prevalgono sulla
produzione e al marketing. La complessità organizzativa cresce attraverso la differenziazione.
Nasce una nuova crisi dovuta dal sovraccarico del processo decisionale, dovuto da una
centralizzazione eccessiva che impone una direzione chiara; le decisioni derivano da un gruppo di
manager ben integrati tra di loro (management professionale). Si ripresenta una crisi, dovuta da
un processo decisionale centralizzato (i manager non riescono più a far fronte a tutte le decisioni
richieste da un’org.) e le decisioni vanno spostate a livelli più bassi della gerarchia. Qsta crisi viene
denominata da GREINER – crisi di autonomia, in qto i manager fanno fatica a rinunciare al
controllo su decisioni che prima erano centralizzate.
La fase della delega => la soluzione alla crisi dell’autonomia è la delega – fase della delega.
Introducendo la delega, applicando la decentralizzazione del processo decisionale provocando
l’esigenza di un’ulteriore integrazione. Qsta costante integrazione provoca una crisi di controllo,
che consiste nel fatto di sviluppare regole e procedure formali per assicurare che le decisioni
vengano prese nello stesso modo in cui le prenderebbe i manager se potessero farlo di persona.
La fase della collaborazione => per risolvere la crisi della burocrazia, l’organizzazione passa lal fase
della collaborazione, ricorrendo al teamwork suddividendo compiti e responsabilizzando
collettivamente su di essi gruppi di dipendenti. Ciò che precedentemente era troppo complesso o
dinamico per regolamentarlo si può riorganizzare in unità più piccole gestite dall’interno, da team,
conferendole un potere decisionale. La fase della collaborazione richiede anche un cambiamento
qualitativo nella forma organizzativa, oltre che la capacità di integrazione e negli stili di leadership
dei management.
Se il management non riuscirà più a motivare i collaboratori, l’org. vivrà una crisi di rinnovamento.
Il sintomo principale di qsta crisi è la presenza di collaboratori e manager che soffrono di
esaurimento, legate allo stress dovuto da incarichi temporanei e alla continua sperimentazione.
1° fase => attività come acquisti e marketing sono strutturalmente differenziate dai compiti di
produzione.
acquisti
produzione e
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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vendita
consentendo un operare con armonia per far entrare quantitativi giusti di materie prime e che
l’output sia proporzionato alle vendite.
La teoria della strutturazione sviluppata dallo studioso ANTHONY GIDDENS, sostiene che,
“struttura” e “agenzia” interagiscono – le strutture sociali facilitano e condizionano l’azione
(l’agenzia), che costituisce e determina la struttura sociale. L’autore definisce una dualità di
struttura e di agenzia, dove gli attori di un’organizzazione sono contemporaneamente sostenuti e
vincolati da strutture composte da risorse, routine e aspettative.
GIBBENS spiega le dinamiche dei sistemi sociali attraverso tre coppie di dualità:
Qste dualità, secondo GIBBENS vengono mediate da 3 tipi di regole e di risorse che gli attori usano
per costruire i propri contesti strutturali:
gli schemi interpretativi => che servono a definire il significato dei simboli p.es. giochi
linguistici;
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le relazioni => entro cui si svolge l’esercizio del potere p.es. divisione del lavoro, gerarchia;
le norme => che si trovano nell’esercizio di pressioni per la conformità tramite la
socializzazione e la cultura.
Per il sociologo francese PIERRE BOURDIEU ha enfatizzato 2 concetti per la dimensione della
struttura:
il campo e
habitat.
Il campo => è una struttura con una logica interna, con relazioni gerarchiche sulla base della
distribuzione del capitale. Per capitale si intende le risorse a disposizione di chi detiene il potere. Il
capitale può assumere varie forme per ciascun campo p.es. il campo culturale strutturato dal
capitale culturale (celebrità e prestigio), il campo accademico dal capitale accademico
(reputazione e riconoscimenti ottenuti) e il campo economico dal capitale economico (ricchezza).
L’habitat => che si presenta in qualunque campo e conferisce agli individui la necessaria (giusta)
sensibilità per capire come comportarsi in funzione della propria posizione gerarchica,
determinata dalla quota di capitale che controllano. Attraverso l’habitat, i membri di un campo
possono attingere alle regole e alle risorse, come il tessuto che connette l’agenzia e la struttura.
Anche i sociologi americani MUSTAFA EMIRBAYER e ANN MISCHE propongono una visione della
teoria della struttura e concordano con GIDDENS sull’importanza dell’agenzia. Loro sostengono
che i maggiori processi attraverso cui gli attori producono struttura sono: l’interazione (ripetizione
del comportamento pregresso), la valutazione pratica (come base per agire nel presente), la
proiezione (orientata al futuro).
Processo di interazione => gli attori riattivano i modelli di comportamento pregressi, sotto forma
di routine;
la valutazione pratica => consente loro di esprimere giudizi informali in merito alla situazione in
continuo cambiamento che devono affrontare e qsti giudizi ne influenzano il comportamento,
modificando le strutture preesistenti;
La proiezione => la possibilità del futuro segnala opzioni creative e intenzionale o addirittura
pianificata, della struttura in essere.
APPROCCI SIMBOLICI
La differenza tra prospettiva moderna e prospettiva simbolico-interpretativa si può sintetizzare in
qsto modo: i teorici modernisti dell’organizzazione vedono le strutture come cose, entità, oggetti
ed elementi, mentre i teorici della teoria simbolica le vedono come frutti dell’attività umana,
entità dinamiche che emergono dall’interazione sociale e dalla costruzione collettiva di significato.
FELDMANN definisce le “routine” flussi di idee, azioni e risultati interconnessi e ipotizzati che
emergono nel momento in cui i membri dell’org. cercano di capire cosa fare in determinati
contesti a fronte di situazioni specifiche.
Le strutture possono avere dei significati socialmente condivisi oltre che alle loro funzioni
“oggettive”, possono servire a comunicare informazioni riguardanti l’organizzazione sia a un
pubblico interno che esterno.
Altri studiosi usano l’ontologia oggettiva assumendo che le strutture sono oggetti da investire di
significato, invece che realtà sociali costruite. Hanno però anche utilizzato assunti
dell’epistemologia interpretativa come qllo che il significato organizzativo sarebbe influenzato dal
suo contesto istituzionale, per cui tutte le conoscenze in proposito devono essere dipendenti dal
contesto.
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Struttura sociale come comunità
J. LAVE e E. WENGER, teorici dell’educazione introducono qsto concetto di “comunità di pratica”
che consiste nello sviluppo dell’apprendimento attraverso l’interazione sociale. Qsti studiosi
definiscono la “comunità di pratica” un gruppo di persone tenute insieme informalmente per il
comune interesse all’apprendimento e allo sviluppo di conoscenze, e da un repertorio condiviso
p.es. di routine e vocabolari.
La struttura sociale dell’organizzazione può essere composta da varie comunità di pratica, che
emergono spontaneamente a fronte di determinati interessi, bisogni, desideri o problemi. Le
comunità di pratica possono superare i confini che separano i team di progetto, le gerarchie o
qualsiasi altra dimensione della struttura sociale. Gli individui si possono spostare da una comunità
all’altra, condividendo e mediando conoscenze.
Come i network anche le unità di pratica sono caratterizzate da connessioni e non da relazioni
gerarchiche o formalizzate, conseguentemente il compito dei manager è di facilitare
l’apprendimento organizzativo e l’innovazione.
Comunità di linguaggio => altro concetto molto vicino alla comunità di pratica, che si basa sui
“giochi linguistici”, come teorizza WITTGENSTEIN e sull’interpretazione dell’idea di discorso come
dice FOUCAULT. Qsti due sociologi applicano qsto concetto di “comunità di linguaggio” al modo in
cui i membri dell’organizzazione parlano delle proprie organizzazioni, per vedere se si possono
identificare discorsi, giochi linguistici e su come i membri dell’organizzazione coordinano le proprie
azioni. La comunità di linguaggio stabilisce ciò che si può dire; struttura il lavoro in base all’utilizzo
di parole e idee. Si sviluppano così vocabolari, stili retorici, metafore e altre forme di espressioni
comuni. Tutto ciò avviene nell’ambito delle conversazioni quotidiane e influenzano a sua volta
tutte le attività che vengono coordinate da conversazioni e interazioni.
I postmoderni sono scettici sui principi organizzativi modernisti espressi dai seguenti termini:
gerarchia
centralizzazione
controllo
integrazione.
I critici postmoderni hanno usato la metafora di WEBER della “gabbia di ferro” per spiegare come
le ideologie razionalistiche e i meccanismi di controllo che si presentano necessarie, colonizzano la
vita sociale e soffochino la libertà.
Dedifferenziazione
LAWRENDE e LORSCH definiscono la “differenziazione” come la suddivisione dell’organizzazione in
livelli gerarchici e dipartimenti specialistici. La loro teoria di “differenziazione” generi un bisogno
di integrazione.
Il concetto di team auto-organizzato o team semiautonomo sviluppato dalla teoria dei sistemi
sociotecnici rappresenta un esempio di dedifferenziazione che deriva dalla prospettiva moderna.
Ai gruppi di lavoro organizzati in team semiautonomi viene attribuita la responsabilità di un’ampia
gamma di compiti. Qsta pratica viene applicata nella fabbrica Volvo di Kalmar in Svezia, dove le
vetture vengono assemblate dall’inizio alla fine da team di operai che si autogestiscono. Qsto
esempio dimostra he l’integrazione si può ottenere indipendentemente dalla gerarchia.
La dedifferenziazione rende così più facile immaginare che organizzazioni democratiche in cui
l’integrazione e il coordinamento competono a tutti e non solo al management. L’idea che sta
dietro a qsto tipo di organizzazione è p.es. United Airlines o John Lewis Partnership, dove la
gestione e il possesso appartiene ai lavoratori.
Le organizzazioni femministe come p.es. centri di salute per le donne e centri di assistenza e
protezione contro la violenza domestica, evidenziano strutture più eque e flessibili, dove il
processo decisionale è partecipativo e le azioni sono cooperative e gli ideali comunitari.
La studiosa KAREN LEE ASHCRAFT suggerisce una forma ibrida che si basa sulle teorie
postmoderne e femministe ed è qlla della burocrazia femminista. Qsto modello ibrido immaginato
dalla studiosa ASHCRAFT lascia convivere simultaneamente elementi all’apparenza incompatibili
dei modelli burocratici e femministi, combinazione con cui devono convivere i membri
dell’organizzazione nello svolgere il proprio lavoro p.es. i compiti saranno formali e informali,
specialistici e generici; la gerarchia e la centralizzazione esistono, ma vengono costantemente
messe in discussione da pratiche egalitarie decentralizzate.
La teoria dell’antiamministrazione
Per il filosofo/economista DAVID FARMER noi possiamo contrastare la logica dell’amministrazione
burocratica opponendole l’antiamministrazione. Le burocrazie governative servono le esigenze
della politica e applicano la giustizia privilegiando la gerarchia, l’efficienza e l’expertise (=indagine
specifica di tipo tecnica) tecnica.
Capitolo 5
La tecnologia
E’ uno studio abbastanza attuale nel mondo tecnologico odierno e negli studi organizzativi. Senza
la tecnologia (a disposizione) il lavoro sarebbe (oggi giorno) diverso. Le tecnologie attualmente
hanno un aspetto centrale dell’organizzazione stessa.
Nel mondo occidentale non esistono organizzazioni segnate dall’assenza di tecnologie. Non tutte
le tecnologie, però, sono accessibili a tutte le organizzazioni. L’accesso, da parte delle
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
Written by MPf + SAl da cap. 1 a cap. 10
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organizzazioni alla tecnologia non deve mai essere dato per scontato o automatico, in qto
l’accesso alle tecnologie implica anche una serie di costi.
La parola Techne deriva dal greco delle parole “tecnico” e “tecnologia”, diversamente al suo
significato attuale, i greci usavano qsto termine per esprimere le capacità di un artista. Dai tempi
dell’antica Grecia ad oggi il significato techne è mutato/si è modificato notevolmente. Nelle fasi di
sviluppo del termine techne, passando dall’arte alla tecnologia, qsta è stata identificata p.es. a gli
strumenti, le macchine e le procedure con cui viene svolto il lavoro, un passaggio che vede una
tendenza modernista.
Gli studi simbolici della tecnologia non marcano ciò che qsta produce, ma il modo in cui viene
influenzata dalla costruzione sociale e dall’attivazione (enactment). In qsta prospettiva, la
tecnologia è sia il risultato di processi sociali, sia di processo di apprendimento continuo e
progettazione.
Il concetto “tecnologia” si può esaminare a qualsiasi livello e cioè dall’intera organizzazione, alle
unità, alle mansioni e ai compiti.
Inoltre ci sono:
tecnologie di servizio e
tecnologie di produzione.
Es. Azienda che offre il servizio di fornire notizie ai clienti. Poiché le informazioni diventano notizie
solo qdo vengono comunicate, le notizie si consumano nel momento in cui vengono prodotte.
Sono intangibili nel senso che si determinano con la comunicazione anziché con il mezzo di
comunicazione (il giornale, la radio o la televisione). E siccome le notizie di oggi non saranno più le
notizie di domani, non si possono immagazzinare.
E’ difficile fare una distinzione tra le due terminologie – “tecnologie di servizio” e “tecnologie di
produzione”.
Facendo un’analisi della tecnologia di un’organizzazione si può notare, che gli output di quasi tutte
le tecnologie hanno caratteristiche di servizio che di produzione. La distinzione tra le due non è
netta. P.es. le banche definiscono “prodotti” i servizi che offrono oppure la garanzia di una
macchina che accompagna le automobili appena uscite/ nuove è una promessa di servizio,
facendo una combinazione di prodotti e servizi.
Negli anni ’50 le tecnologie di avanguardia sono, la TV, la radio e l’automobile. La prospettiva
modernista parte dal presupposto che idealmente ci sia un modo migliore di organizzare le cose e
che lo scopo della teoria organizzativa sia proprio qllo di scoprirle quale è qsto modo/metodo
migliore. Nella teoria organizzativa classica, inoltre, i fattori di produzione sono 3: capitale, lavoro
e tecnologia.
Sia all’interno della prospettiva classica e che di qlla modernista sulle Org. la tecnologia è una di
qlle variabili sulla quale l’Org. può agire diversamente per avere un certo tipo di rendimento p.es.
il metodo fordista, vede l’uso di una tecnologia che obbliga gli attori a lavorare in un determinato
modo; una tecnologia che implica una certa velocità di lavoro e una tecnologia che organizza il
lavoro stesso (catena di montaggio).
Ricorda: punto di vista modernista per la cultura: cultura come variabile, oggetto, essenza, che si
può manipolare per ottenere maggiore efficienza organizzativa. (Ouchi) Vedi cap. 6
All’interno della prospettiva classica, teorica classica e fordista sull’Org. la tecnologia è l’elemento
da privilegiare per avere un determinato rendimento dalle persone. Quindi vi sono aspetti in
comune tra l’approccio classico e modernista.
L’idea dell’Org. come sistema socio-tecnico, ossia dove l’elemento sociale e l’elemento tecnico
hanno pari dignità e quindi non c’è un elemento da privilegiare, ma anzi bisogna conciliare le
componenti sociali con qlle tecniche, è un’idea/ un pronunciato che negli anni ’50 è stato un
discorso rivoluzionario xchè iniziava a introdurre una nuova prospettiva che si differiva da quella
dominante in quel periodo per cui la tecnologia è l’ elemento assoluto attraverso il quale si può
controllare e modificare le performance del lavoro e dell’Org. stessa. (mentre teoria sistema socio-
tecnico vede la tecnologia non superiore alla variabile sociale. Ma queste due sono pari,
simmetriche)
Qsta prospettiva è molto importante, in quanto il fatto che tecnologia e persone vadano
conciliate, significa che non c’è un solo modo di organizzare e che perciò a seconda del tipo di
tecnologia, a seconda di ciò che l’Org. produce è possibile che l’Org. si dia una struttura diversa.
Tutte le ricerche fatte all’interno di qsta prospettiva socio-tecnica, sono ricerche che vanno ad
indagare la relazione fra tipo di tecnologia e tipo di struttura organizzativa. Visto che abbiamo
bisogno di un determinato tipo di tecnologia per la ns. produzione, quale è la struttura
organizzativa che si associa meglio alla tecnologia di qui noi abbiamo bisogno? Non si attua il
pensiero opposto in quanto ricorda che è la tecnologia l’elemento assoluto che permette di
migliorare l’efficienza organizzativa, quindi è la struttura dell’organizzazione che si deve adattate a
tale elemento portante, ovvero sia la tecnologia
La tipologia di WOODWARD
Una delle prime teoriche dell’organizzazione JOAN WOODWARD, dalle sue ricerche esaminò
diverse aziende e osservò che la struttura organizzativa dipende dalla complessità tecnica del
processo di produzione. Per complessità tecnica, l’autrice intende il grado di meccanizzazione del
processo produttivo principale. Qsto vale a dire che, la struttura più efficace per un’organizzazione
(ossia quella che si collegava ad una performance elevata) dipende dalla tecnologia impiegata.
L’autrice sviluppa una scala in base alla (al livello di) complessità tecnologica impiegata nelle varie
strutture/organizzazioni/aziende e le suddivide in:
1.Tecnologie di produzione di singole unità o di piccoli lotti => generano un pezzo alla volta o una
piccola quantità di prodotti alla volta, in seguito il processo ricomincia da capo p.es. abiti di
sartoria, oggetti di vetro. In qsto tipo di organizzazione ogni singolo lavoratore partecipa all’intero
processo di produzione dall’inizio alla fine e conseguentemente conosce benissimo il tipo di
tecnologia impiegata. Lo studio della WOODWARD ha dimostrato che, organizzazioni che
applicano qste tecnologie hanno più successo quando il controllo è ridotto, i livelli di management
sono pochi e i processi decisionali sono decentrati; caratteristiche che si associano alle forme di
organizzazioni organiche.
2.Tecnolgie di produzione in grandi lotto o produzione di massa => producono grandi quantità di
prodotti identici utilizzano procedure di routine e spesso meccanizzate. Qsto tipo di tecnologie
comporta la suddivisione del processo di produzione in tanti fasi distinte che possono essere
svolte sia dalle macchine come manualmente dagli operai p.es. la linea di montaggio di
un’automobile, dove gli operai eseguono compiti ripetitivi. Qsto tipo di organizzazione ottiene più
successo qdo il controllo da parte dei manager è più esteso e qdo le decisioni sono centralizzate,
caratteristica di un’organizzazione meccanicistica.
3. Tecnologie per il processo continuo. ha a che fare con qlle Org. che più che fornire
prodotti/beni di consumo/beni di consumo forniscono servizi p.es. l’ospedali. Mentre la
produzione di massa prevede una serie di compiti separati che vengono effettuati in forma
sequenziale, il processo continuo consiste in operazioni NON separate che avvengono in
sequenza. P.es. trasformazione del petrolio da grezzo (materia prima) a petrolio raffinato
(prodotto con lo standard di qualità desiderato) In qsto tipo di processo addetti sorvegliano i
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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macchinari che effettuano automaticamente diverse fasi produttive, mentre nella produzione di
massa può essere necessario l’intervento umano almeno in alcune fasi del processo produttivo. In
questo tipo di organizzazioni veniva impiegata la tecnologia di produzione di piccoli lotti (vedi
punto 1) poiché l’estensione del controllo era ridotta, i processi decisionali decentralizzati.
Tuttavia richiedevano più livelli di management delle tecnologie di produzione in piccoli lotti o di
massa a causa della maggiore complessità del processo produttvo.
Gli studi fatti dalla WOODWARD dimostrarono che i livelli più elevati di performance tra le aziende
campionate/analizzate si ottenevano qdo le tecnologie di produzione di massa venivano
combinate con forme organizzative meccanicistiche e qsto le tecnologie di produzione di piccoli
lotti o di produzione continua erano combinate con forme organizzative organiche.
La tipologia di THOMPSON
Il sociologo THOMPSON alla fine degli anni ’60 estese la classificazione della WOODWARD
includendo sia le tecnologie di produzione sia le tecnologie dei servizi(superando uno dei limiti
della ricerca dell’autrice precedente). Lui fa una suddivisione tra:
1.Le tecnologie a collegamento lineare => includono sia la produzione di massa che il processo
continuo p.es. fabbriche automobilistiche, produzione di sostanze chimiche e generazione di
energia elettrica. THOMSON le chiamava così xchè le tecnologie di qsto tipo comportano processi
trasformativi non lineari in cui gli input entrano all’inizio di una lunga serie di fasi sequenziali e
termina con l’uscita del prodotto.
2. Le tecnologie di mediazione => qsti servono i clienti p.es. le banche, società di brokeraggio,
compagnie assicurative che operano con una tecnologia di mediazione e mettono in relazione i
partner aiutandoli a condurre transazioni/operazioni, spesso senza doversi neppure incontrare
fisicamente p.es. eBay.
3. Le tecnologie intensive => operano in ambienti come nel pronto soccorso degli ospedali, nei
laboratori di ricerca, nelle organizzazioni che lavorano per progetti come le imprese edili e le
società di engineering. Qsto tipo di tecnologiche richiedono l’impiego e il coordinamento di
competenze specialistiche di due o più esperti per la trasformazione di un unico input in un output
utile a singoli clienti. Le tecnologie intensive richiedono uno sviluppo e applicazione locale di
conoscenze specifiche a nuovi problemi o circostanze specifiche. Qsto tipo di tecnologie intensive
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
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si rifà un po’ alla teoria dei sistemi aperti, secondo la quale il nucleo tecnologico è sensibile al
proprio ambiente sia in base agli input e sia agli output. In qsto tip o di tecnologie si ha una bassa
standardizzazione dei processi, in qto come p.es. nel pronto soccorso il rispettivo personale deve
rispondere ai bisogni specifici di ciascun paziente.
La tipologia di PERROW
1.La variabilità dei compiti => consiste nel numero di eccezioni che si presentano nelle procedure
standard, applicando una determinata tecnologia.
2.L’analizzabilità dei compiti => la possibilità di spiegare con metodi analitici un’eccezione nel
momento in cui sopraggiunge.
3.Le tecnologie di routine => si caratterizzano per una bassa variabilità e un’elevata analisi dei
compiti.
4.Le tecnologie artigianali => si riferiscono a condizioni di bassa variabilità e bassa analisi dei
compiti p.es. il lavoro edile. Caratteristiche: poche eccezioni delle procedure standard, ma qsto
emergono errori di pianificazione o indisponibilità di materiali, bisogna inventarsi una soluzione. In
qste condizioni, l’esperienza, l’intuito e l’improvvisazione hanno un ruolo importante.
5.Le tecnologie ingegneristiche => qui abbiamo una combinazione di elevata variabilità e
un’elevata analizzabilità dei compiti come p.es. le tecnologie impiegate dai tecnici di laboratorio,
dalle segretarie di direzione, dai contabili e dagli ingegneri. In qsto tipo di tecnologia l’eccezione è
una “pratica standard”, ma i lavoratori possiedono le conoscenze necessarie per risolvere i
problemi.
6.Le tecnologie di routine => si caratterizzano per un’elevata variabilità e da una bassa
analizzabilità dei compiti come p.es. nelle unità di R&S, nell’ingegneria aerospaziale e nei
laboratori di progettazione e costruzione di prototipi. Qui si possono incontrare un elevato
numero di problemi e una mancanza di metodi per risolverli, qsto costringe i dipendenti che fanno
uso di qste tecnologie a essere costantemente in uno stato di incertezza.
Differente è la prospettiva modernista ove si dà per scontato che ci sia un’influenza diretta sulla
variabile p.es. la cultura organizzativa permette di ottenere i risultati voluti all’Org. Nell’approccio
modernista c’è un’influenza diretta tra cultura e organizzazione. Ricorda cap 1: spiegazione
causale tipica della prospettiva moderna, per cui tale approccio vuole individuare una variabile
indipendente (es cultura)la quale influenza direttamente quella dipendente (es:organizzazione)
Ambiente – Org. => nella teoria delle contingenze, l’Org. dipende dall’ambiente; quindi c’è una
relazione diretta tra ambiente e Org.
Informazioni – Org. => i processi di comunicazione e i modi in cui la comunicazione viene gestita,
influenza in modo diretto nel modo in cui le informazioni si spargono all’interno delle Org. p.es. se
la comunicazione è ben gestita allora anche le informazioni saranno opportunamente distribuite.
c’è una relazione reciproca (si differenzia dall’influenza diretta) fra cultura e organizzativa, qsto
riguarda anche l’ambiente. In qsto approccio qllo che viene meno è qsta influenza diretta della
tecnologia sulle Org. e si parte dal presupposto che ci sia un’influenza reciproca tra tecnologie e
Org.
Ci sono anche esempi dove i lavoratori si coalizzano per andare contro/per combattere contro la
tecnologia.
Dalla slide si evince gli studi che sono stati fatti non strettamente in ambito organizzativo, ma sugli
studi sociali e tecnologia.
Gli autori LATOUR & WOOLGAR(1979) nella ricerca andarono a studiare i lavoratori di ricerca per
studiare il lavoro degli scienziati, loro volevano studiare la scienza, non quale attività particolare,
superiore, ma come un lavoro come gli altri e cioè il lavoro degli scienziati. Es. quando gli scienziati
sono in laboratorio, la prima che fanno è lavorare, lo scienziato quando usa il microscopio, sta
lavorando. Una delle cose che gli autori mettono in evidenza, in qsta ricerca è che, proprio x qsto
ruolo costitutivo delle macchine per il lavoro - senza tutte le tecnologie (macchine) le persone non
potrebbero eseguire il loro lavoro quotidiano. Es. se noi impariamo un lavoro, impariamo anche a
conoscere tutti gli oggetti e tecnologie che fanno parte a quel lavoro e li impariamo come parte
integrante dell’attività che svolgiamo, il primo giorno di lavoro ad es non ci spiegano il
funzionamento dei macchinari in un discorso a parte.
I simbolici-interpretativi ci voglio dire che, non esiste solo la tecnologia, la struttura organizzativa
come entità separate; tecnologie e strutture organizzative stanno nelle interazioni di tutti i
giorni. E quindi, come nell’interagire le persone sviluppano anche una forma di “potere”, xchè
sono le uniche a saper usare quel tipo di tecnologia.
Centri di coordinamento => si fa riferimento a quel tipo di situazioni in cui, si hanno la presenza di
persone all’interno di un luogo che devono, grazie alle tecnologie coordinarsi con altri attori
organizzativi nel tempo e nello spazio p.es. la sala di controllo dell’Auto-Brennero ed è un centro di
controllo oppure la centrale del 118 ora 112 o la sala di controllo di un aeroporto. Qsti centri di
coordinamento fanno parte della ns. vita e sono situazioni oramai comuni. Le tecnologie sono
diventate parte integrante delle Org. Le rispettive competenze non sono competenze “ulteriori”
rispetto al lavoro, ma sono parte integrante del lavoro stesso (sono la stessa cosa). Qui la
tecnologia non è un’altra cosa rispetto alla tecnologia stessa, ma la tecnologia è proprio il lavoro.
Appresentare la realtà = vuol dire che, non è un processo di rappresentazione (p.es. una foto è
una rappresentazione). Es. quello che guardano gli operatori finanziari sul loro monitor non ha un
rispettivo da un’altra parte, cioè qllo che loro stanno vedendo, non è qche cosa che realmente sta
succedendo, il mercato esiste solo ed esclusivamente sul loro monitor. Quindi non è un
rappresentare, ma un appresentare, è un rendere visibile, è un rendere reale un qche cosa che se
non fosse lì non esisterebbe (non esiste altro luogo dove sarebbe resa reale).
Per qto riguarda i mercati finanziari le tecnologie sono costitutive del mercato stesso, se non
avessimo determinate tecnologie non avremmo neanche i mercati finanziari.
In momenti in cui la tecnologia diventa sempre più importante, costitutiva del lavoro stesso,
sapere qdo guardare la tecnologia e qdo guardare il paziente diventa una competenza
fondamentale, del lavoro stesso. Ciò perché le tecnologie sono divenute importanti al pari degli
umani nelle Org, quindi una competenza diventa tale anche quando l’attore è in grado, appunto di
sia alla tecnologia sia agli esseri umani. Qdo si parla di Org. come ambienti organizzativi densi,
tendenzialmente ne parliamo in qsti termini x focalizzare l’attenzione su alcuni aspetti:
In particolare:
ORR, 1996, condusse uno studio etnografico che si concentra sul concetto di tecnologia come
costruzione sociale, in particolare analizzando i processi interpretativi che influenzano gli sviluppi
tecnologici a livello delle organizzazioni o delle singole unità:
ORR nel 1996 fa una ricerca all’interno della XEROX sul lavoro dei tecnici addetti alla riparazione
delle fotocopiatrici in Xerox. Orr cerca di comprendere come si negozia il significato intorno alla
tecnologia: L’autore mette in evidenza che qdo i tecnici della XEROX sono dal cliente per riparare
le macchine fotocopiatrici, sono consapevoli che a volte è sufficiente riparare le macchine, in
quanto la fotocopiatrice stessa presenta dei difetti, ogni fotocopiatrice ha una propria storia e un
loro “comportamento” (ci sono qlle che si rompono spesso, altre che fanno un rumore strano).
Questo, ossia la struttura della fotocopiatrice/macchina, costituisce la presenza tecninca della
fotocopiatrice. Ma la fotocopiatrice possiede una presenza sociale; di fatti vi sono situazioni in cui
non è necessario riparare la macchina, bensì l’utilizzatore, in quanto presenta un comportamento
che danneggia la fotocopiatrice. Orr nella sua ricerca ha osservato come il tecnico ed il cliente
(colui che usa la fotocopiatrice) negoziano il significato dei problemi tecnici e dell’uso appropriato
della tecnologia. Ricerca che permette di capire cosa succede alle tecnologie qdo vengono
tradotte/vengono messe in uso all’interno delle Org. e vengono ad essere utilizzare da persone
che hanno interessi, competenze, finalità completamente diverse, da qlli che hanno progettato le
tecnologie stesse o anche da chi ha deciso di introdurre le tecnologie all’interno di quello specifico
ambiente. ORR dimostra che i concetti di: “tecnologia”, “struttura sociale” e “organizzazione” si
influenzano reciprocamente. Inoltre ha potuto osservare che, la condivisione e l’interpretazione
delle informazioni relative ai miglioramenti del lavoro e/o le soluzioni a problemi avveniva a mezzo
di scambi informali e spontanei. Le sue scoperte indicano che per gestire le tecnologie (vecchie o
nuove), bisogna capire le interazioni e le interpretazioni di chi le usa.
La teoria della nuova tecnologia di KARL WEICK deriva da un’analisi sul ruolo svolto dalla
cognizione e dall’interpretazione. La tecnologia mediata da computer, tipica di processi produttivi,
consente di monitorare (controllare) processi produttivi senza mai toccare o vedere il prodotto. Di
fatto quello che sono in grado di conoscere gli operatori in merito a ciò che accade nei processi
produttivi meditati dal computer si basa su interpretazioni di rappresentazioni simboliche fornite
come output dal computer (spesso visualizzate in forma numerica o grafica) e tali informazioni
potrebbero anche non rispecchiare ciò che accade in realtà lontane dagli occhi dell’operatore.
Eventi stocastici => sono interruzioni inattese come p.es. il boiler che scoppia senza ragioni
apparenti; qsto tipo di evento non genera necessariamente apprendimento e non possono
essere compresi pienamente dai loro utilizzatori, in quanto sono eventi che derivano da
fitte interazioni tra le componenti di un sistema, quindi non è chiaro il fattore causa
dell’evento.
Le nuove tecnologie operano spesso ininterrottamente e cioè sono processi continui, ciò si
vede nei modi in cui si manifestano esternamente queste tecnologie ES: per consentire la
prenotazione dei voli 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, le compagnie aeree devono processare
continuamente i dati: se il sistema di processazione dei dati si dovesse arrestare, anche per
brevi periodi, si creerebbe il caos destinazioni (doppie prenotazioni, sbagliata registrazione
degli orari ecc) Qsta caratteristica delle nuove tecnologie di processi continui fa aumentare
il livello di complessità delle nuove tecnologie.
I processi operativi delle nuove tecnologie mediate dal computer sono astratti e spesso
sottratti alla vista degli operatori.
Nella teoria di PERROW, la complessità produce interazioni inattese tra i suoi componenti, mentre
la stretta connessione tra interazioni inattese del sistema e qlle del sistema, fanno maturare
rapidamente condizioni che favoriscono il disastro. L’inevitabilità di qste conseguenze delle nuove
tecnologie portano PERROW a parale di “incidenti normali”. L’uso delle tecnologie porta ad
incidenti poiché gli incidenti sono caratteristiche intrinseche alla tecnologia. L’autore inoltre dice
che, gli incidenti normali non si possono prevenire, in qto non si è mai in grado di capire
abbastanza bene o rapidamente le interazioni tra la complessità e stretta connessione per poter
prevenire efficacemente come p.es. Chernobyl del 1986 e della piattaforma petrolifera Deepwater
Horizon del 2010.
Diversamente dai modernisti, i costruzionisti non vedono la tecnologia come una pura
applicazione della scienza al lavoro produttivo, ma come un prodotto dei fattori sociali, culturali ed
economici in grado di influenzare l’ambiente.
La teoria della costruzione sociale della tecnologia sviluppata da WIEBE BIJKER e TREVOR PINCH,
afferma che le tecnologie vengono influenzate da complessi trade-off (= situazione che implica una
scelta tra due o più possibilità, in cui la perdita di valore di una costituisce un aumento di valore di
un’altra.) socioculturali, un modello che mette in luce il ruolo della costruzione sociale nello
sviluppo della tecnologia. Nel loro modello, l’innovazione tecnologica introduce una variabile tra le
tante, di cui gli utilizzatori sceglieranno quali mantenere e quali abbandonare, operando così una
scelta tra le tecnologie disponibili.
Secondo i due studiosi un esempio sono le bicilette che noi usiamo oggi che è un successo
evoluzionistico; il processo di selezione è stato condizionato da forze sociali, oltre che puramente
scientifiche. La preferenza per le biciclette portò a favorire un tipo di tecnologia rispetto ad altre,
ma una volta consolidatasi, la tecnologia influenzò la società e la cultura in modo da ridurre
l’impatto negativo sulle donne (le donne che indossavano abiti pretesero certe modifiche al
telaio).
I postmoderni descrivono la tecnologia come una forma di controllo esplicito (=evidente), altri
invece sostengono di poterci abituare in modo irreversibile al consumo di massa o a modificare lo
stile di vita.
LYOTARD, nel suo testo del 1979, spiega come la tecnologia del capitalismo postindustriale abbia
fatto allontanare i valori sociali dalla verità e dalla giustizia, promuovendo ulteriormente
l’efficienza e la razionalità. Affermava che il valore della performance ottimale ottenuta viene
minimizzando l’energia impiegata e massimizzando l’output, viene perseguito da decisioni sul
valore di una persona, di un reparto basandosi principalmente sul loro contributo all’efficienza.
L’efficienza promuoverebbe la razionalità. Nel momento in cui qste idee prendono piede, più
efficiente e razionali appaiono le organizzazioni, la tecnologia o la persona, più potere
acquisiscono, ma allo stesso modo diventano schiave di un sistema che vede il potere in termini di
efficienza e di razionalità.
Gli studiosi COOMBS, KNIGHTS e WILLMOTT affermano che l’IT – Information Technology – è un
mezzo per orientare sia il pensiero che l’azione delle organizzazioni e per abituare i membri a non
contrastare i desideri e le aspettative dei manager p.es. l’obbligo di dichiarare il numero di pazienti
assistiti giornalmente in un ospedale, fa aumentare il valore di un processo rapito, spesso a
discapito di altri valori più importanti come la qualità all’assistito.
LYOTARD sostiene che le uniche conoscenze apprezzate in futuro saranno qlle che ci potranno
tradurre in informazioni analizzabili e diffondibili dai computer. Conseguentemente si
scateneranno lotte di potere, non per il controllo del territori, ma per il controllo delle
informazioni. Lui conclude dicendo che, la computerizzazione della società porterà al controllo
totalitario del sistema di mercato e della produzione di conoscenza o a una società più giusta.
I postmoderni riconoscono anche il fatto che la tecnologia muove anche la democrazia ed è uno
strumento utile di resistenza economica, ambientale e politica.
La cyborganizzazione
Le tecnologie di rappresentazione si possono applicare per far apparire reali organizzazioni e azioni
che non lo sono; come i simboli e le immagini in grado di produrre apparentemente una realtà
virtuale come p.es. i videogame.
I postmoderni affascinati dalle “cyborganizzazioni” vedono uno stacco meno radicale dalla realtà,
ma condividono la visione futuristica di una umanità sempre più dipendente dalla tecnologia. I
punti di contatto tra uomini e macchine vengono espressi dall’idea di cyborg come p.es. il film
Terminator.
Qsto termine “cyborg” è stato coniato (=formato) da MANFRED CLYNES, scienziato spaziale che
voleva dare qsto termine agli astronauti che effettuavano degli interventi di manutenzione
programmata da effettuare nello spazio.
HARAWAY, invece applica qsta definizione all’esplorazione di realtà alternative per promuovere la
contraddizione, la decostruzione di confini e all’apertura di nuovi confini.
Le cyborganizzazioni per essere apprezzate bisogna intenderle come organizzazioni che esaltano
le proprie tecnologie, non solo nei processi produttivi di base, ma in tutto per tutto.
La teoria dell’attore-rete
La visione modernista delle conoscenze scientifiche come un prodotto alla spiegazione, della
formulazione di ipotesi e della sperimentazione, viene ribaltata dalla teoria dell’attore-rete (Actor
Network Theroy – ANT), considerando le conoscenze scientifiche una costruzione sociale e il
Nella visione dell’ANT le conoscenze sono il prodotto di network di attori che organizzano vari
elementi interconnessi p.es. macchine, persone, edifici, concetti, documenti scritti).
LATOUR osserva che gli attori non operano mai da soli, ma sempre in congiunzione con degli
oggetti p.es. gli scienziati usano telescopi. Così dicendo, l’ANT colloca gli attori entro un network di
altri actants e cioè che chi agisce è chi subisce l’azione possono essere esseri umani e non. (vedi
paragrafo sull’approccio simbolista)
Secondo qsta teoria, qualunque azione implica un network di actant interconnessi, come p.es. la
conduzione di un automobile richiede un guidatore, un’automobile, una strada, una normativa
speciale e una patente ecc.
L’espressione “attore-rete” deriva dalla convinzione che sia il network, non il singolo attore, a
portare avanti un’azione – scientifica, tecnologica, organizzativa – o qualunque altro fenomeno
socio-materiale.
1) Il modello sociale è materialmente eterogeneo (=di diversa natura) e cioè gli edifici, le
macchine, gli attori, i documenti scritti, gli oggetti fisici e le conversazioni sono coinvolti nel
processo di ordinazione sociotecnica, che include la costruzione, la manutenzione del
network;
2) gli elementi che compongono un network di attori acquistano significato e identità solo in
relazione con altri elementi, non hanno un’esistenza propria e indipendenti da qste
relazioni.
LATOUR vede la prospettiva dell’ANT come, “società e tecnologia non son due entità separate, ma
piuttosto due fasi della stessa azione essenziale”. Nell’ANT la tecnologia acquista significato e
quindi esiste grazie alla relazionalità tra persone, lavoro, manufatti, perciò va studiata e gestita
come parte integrante del network di attori.
I teorici modernisti che hanno studiato la relazione tra nuove tecnologie e struttura sociale
affermano che le tecnologie informatiche e i network comunicativi hanno reso obsoleto
(=vecchio/scaduto) i modelli organizzativi e lavorativi tradizionali. Le nuove tecnologie riducono il
bisogno di supervisione, ruoli di collegamento, team che operano a stretto contatto, facilitando il
lavoro delle organizzazioni virtuali.
L’imperativo tecnologico
Lo studio di WOODWAR aprì l’idea che è la tecnologia a stabilire quale struttura organizzativa sia
più efficace.
Lei spiega qsto fenomeno con il termine routinizzazione del lavoro nei diversi tipi di tecnologia.
Aveva osservato che le produzioni in piccoli lotti e tecnologie di processazione comportano un
lavoro non routinario, rispetto a qllo di massa che consiste nella routine. Le tecnologie di
produzione in piccoli lotti e di processazione continua si presterebbero meglio alle strutture
organiche, in qto più compatibili con il lavoro non routinario. Invece le tecnologie di massa si
prestassero meglio alle strutture meccanicistiche, perché qste strutture incoraggiano e supportano
il lavoro di routine.
P.es. in una tecnologia di mediazione, vari uffici o funzionari svolgono i propri compiti
indipendentemente l’uno dall’altro, almeno per qto riguarda i flussi di lavoro tra le varie unità. Vi è
quindi un contatto diretto molto limitato tra le unità.
THOMSON coniò l’espressione interdipendenza generica dei compiti per descrivere i casi dove
l’output dell’organizzazione è unicamente la mera somma degli sforzi di ciascuna unità.
Esempi di tecnologie di mediazione sono: le banche, che mediano tra mutuatari e risparmiatori o
investitori, i reparti di un supermercato, le franchising dove le unità organizzative, dove il lavoro è
caratterizzato da interdipendenza generica dei compiti. Secondo l’autore i gruppi che operano in
una situazione di interdipendenza generica dei compiti non necessitano un elevato
coordinamento. Il coordinamento di qsti gruppi si può ottenere e garantire attraverso la coerenza
dei servizi tra le unità e attraverso l’utilizzo di regole e procedure standard che governano le
attività di routine.
Nelle tecnologie intensive, i compiti sono tropo vasti xchè un singolo individuo possa gestire il
processo trasformativo da solo, perciò occorre uno scambio di informazioni tra gli addetti durante
lo svolgimento dei compiti. THOMPSON parla in qsto caso di interdipendenza reciproca dei
compiti.
Le tecnologie a collegamento lineare comportano flussi operativi che viaggiano in una sola
direzione, le tecnologie intensive comportano flussi operativi bidirezionali.
Il coordinamento dei compiti fondamentali per attuare una tecnologia intensiva richiede un
aggiustamento reciproco da parte degli individui o delle unità coinvolti, dovuto alla natura
appunto reciproca dell’interdipendenza dei loro compiti. Qdo le tecnologie intensive richiedono un
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
Written by MPf + SAl da cap. 1 a cap. 10
70
coordinamento immediato e reciproco, gli aggiustamenti reciproci assumono la forma di
teamwork.
WOODWART identifica nella tecnologia un fattore di mediazione nella relazione tra struttura e
performance, GALBRAITH riteneva che la comunicazione mediasse le relazioni tra tecnologie e
struttura e tra ambiente e struttura.
Tecnologia e strutturazione
Molti postmodernisti critici sostengono che le proprietà materiali della tecnologia ci costringono a
comportarci con modalità predeterminate dalla tecnologia stessa e cioè, i componenti fisici di un
computer ci obbligano a stare seduti per ore davanti a un monitor.
Gli individui usano la tecnologia con modalità del tutto diverse – afferma l’americana Wanda
ORLIKOWSKI. Essa afferma che l’utilizzo individuale crea differenze in qlle che potrebbero apparire
obiettivamente le stesse tecnologie xchè i singoli utenti identificano e utilizzano caratteristiche
diverse, sviluppano un proprio stile di interazione con la tecnologia, basando la propria
costruzione del significato su dati tecnologicamente mediati (=indiretto).
ORLIKOWSKI scrive che; “la tecnologia viene fisicamente costruita dagli attori che operano in un
determinato contesto sociale, e la tecnologia viene socialmente costruita dagli attori attraverso il
diverso significato che attribuiscono a essa e alle varie caratteristiche che enfatizzano e che
utilizzano”. In qsta prospettiva, i metodi di produzione sono interconnessi con il prodotto finale,
xchè le persone usano la tecnologia per i propri fini e per qlli dell’organizzazione.
Resta a vedere come incideranno gli utilizzi delle nuove tecnologie sulle forme che assumeranno in
futuro le organizzazioni e i processi organizzativi, in combinazione con le situazioni, i trend che
sono in continuo mutamento e che si manifestano nell’ambiente.
L’antropologo sociale Edward B. TAYLOR (1871) fornì una delle più influenti definizioni di cultura:
“quel tutto complesso che include le conoscenze, le credenze, l’arte, l’etica (morale),
il diritto, il costume e tutte le altre capacità e le altre abitudini acquisite dall’uomo
come membro della società”.
Gli antropologi all’epoca cercarono di spiegare come si differenziano gli esseri umani dalle altre
specie animali, e la cultura fu una delle prime risposte; e pensavano che se gli esseri umani
seguivano un continuum evoluzionistico, come dimostrò Darwin, allora qsto studio della cultura
umana doveva fornire nuove informazioni sulla ns. specie.
Combinazione di significati
Credenze
Assunti
Interpretazioni
Norme
Valori e
Conoscenze.
Altro approccio proposto dai ricercatori organizzativi C. SIEHL e J. MARTIN è qllo che definisce
le subculture in base ai modi con cui si relazionano tra loro. A seconda di come viene
distribuito il potere nelle organizzazioni, dove il top management crea tipicamente la
subcultura dominante, viene chiamata e riconosciuta come cultura aziendale. Gli autori
definiscono nel seguente modo le possibili relazioni tra la cultura aziendale e le altre
sottoculture:
valorizzanti = qdo la subcultura supporta con entusiasmo i valori, le credenze, le
norme e le aspettative della cultura aziendale;
ortogonali (=forma un angolo retto a 90° ) = qdo una subcultura mantiene
l’indipendenza dall’influenza della cultura aziendale, ma senza creare confini;
controculturali = qdo contesta attivamente e apertamente i valori, le credenze, le
norme e le aspettative della cultura aziendale.
Elliot Jaques 1952 La cultura della fabbrica sta nel suo modo di pensare e di fare le
cose, che è condiviso in misura minore o maggiore da tutti i suoi
membri; ogni membro la deve imparare, o almeno accettare
parzialmente, se vuole essere assunto dall’impresa.
Andrew Pettigrew 1979 La cultura è un sistema di significati accettati pubblicamente e
collettivamente, che operano per un certo gruppo in un certo
momento. Qsto sistema di termini, forme, categorie e immagini
aiuta le persone a interpretare le situazioni in cui si trovano a
essere.
Meryl Reis Louis 1983 Le organizzazioni (sono) contesti pieni di cultura, ovvero (esse
sono) unità sociali distinte con un set di interpretazioni comuni
per organizzare l’azione (che spiegano, ad esempio, cosa stiamo
facendo in un certo gruppo e il modo giusto di agire al suo
interno) espresse attraverso linguaggi e altri veicoli simbolici.
Edgar Schein 1985 (La cultura è) lo schema di assunti fondamentali che un certo
gruppo ha inventato, scoperto o sviluppato mentre imparava ad
affrontare i problemi legati al suo adattamento esterno o alla
sua integrazione interna, e che hanno funzionato in modo tale
da essere considerati validi e quindi degni di essere insegnati ai
nuovi membri: ad esempio il modo corretto di percepire,
pensare e sentire in relazione a tali problemi.
Johan Van Maanen 1988 La cultura si riferisce alle conoscenze che si pensa che i membri
di un certo gruppo condividano in misura minore o maggiore;
(è) il tipo di conoscenze che si dice informi, incarni, formi e
giustifichi le attività di routine e non, svolte dai membri della
sua cultura (..). Una cultura è espressa (o costituita) soltanto
attraverso le azioni e le parole dei suoi membri e deve essere
interpretata dal, non consegnata al, ricercatore (…). La cultura
non è visibile in sé, ma è resa visibile soltanto attraverso la sua
rappresentazione.
Harrison Trice e Janice Bayer 1993 Le culture sono fenomeni collettivi che incarnano le risposte
della gente alle incertezze e al caos intrinseci all’esperienza
umana. Ci sono due tipi principali di risposte. La prima è la
sostanza di una cultura – quei sistemi di credenze condivise e
cariche di emotività che noi chiamiamo ideologie. La seconda
sono le forme culturali – quelle entità osservabili attraverso cui i
membri di una cultura esprimono, affermano e comunicano
l’uno all’altro la sostanza della propria cultura.
Altri studiosi hanno dimostrato che, un altro approccio incentrato sul ruolo del simbolismo nella
vita organizzativa, che ha dato luogo a una subcultura all’interno del campo degli studi
organizzativi.
Di conseguenza il concetto di cultura non era presente nelle teorie organizzative, in quanto
prevaleva la ratio sottostante la catena di montaggio: non è necessario che gli attori interagiscano
tra di loro, che condividano qche cosa. Anzi meno le persone si relazionano fra di loro, scambiano
opinioni, meglio è.
A fine anni 50 entra il tema della cultura si presenta come razionalità organizzativa, ossia di presa
di decisioni, di massimizzazione dei risultati/obiettivi; l’elemento cultura è assente. In tutto il
modernismo la cultura è assente nella teoria organizzativa, poiché la produzione viene regolata
da: capitale, lavoro e tecnologia. Il focus è sull’individuazione del modo razionale per produrre/
sulla razionalità dei successi. In base all’approccio modernista razionale dei processi equivale al
fare qche cosa x produrre.
Verso la fine degli 70s si hanno dei mutamenti mediante l’entrata nei mercati occidentali
dell’industria giapponese, accompagnata da una nuova filosofia di management (di produzione)
rispetto al fordismo, ossia il Toyotismo (industria automobilistica).
Toyotismo: La c di montaggio è a forma di “U”, di conseguenza i dipendenti posso vedere qll che
fanno gli altri , sono responsabilizzati al fine di intervenire e addirittura fermare la c d montaggio,
sw dovessero rilevare qche grave errore.
Inoltre tale filosofia giapponese si basa sulla creazione di una forte IDENTITA’ ORG. Es: i
dipendenti quando entrano al mattino in azienda cantano l’inno tutti insieme. La giornata è
scandita da momenti di ritrovo con tutti i lavoratori (=creare identità del gruppo) e questo rimanda
a una cultura diversa.
Molti ricercatori adottarono metodi qualitativi, di natura più descrittiva che esplicativa, in qto la
cultura era difficile da descrivere con termini operativi in grado di cogliere tutte le sfumature
significative necessarie per comprendere il simbolismo. Come metodo più usato per studiare la
cultura è l’etnografia e cioè una combinazione tra osservazione partecipante e interviste in
profondità. Qsto metodo dell’etnografia fu fortemente criticato dai modernisti e scatenò una vera
e propria guerra, combattuta prevalentemente sulla legittimità dei metodi qualitativi nella ricerca
organizzativa; ma anche nei convegni, scontri su riviste accademiche e nei consigli di facoltà per
l’assegnazione delle cattedre. Proprio attraverso le ricerche sulla cultura organizzativa che la
prospettiva simbolica riuscì a consolidarsi.
“La cultura è lo schema di assunti fondamentali che un certo gruppo ha inventato, scoperto o
sviluppato imparando ad affrontare i suoi problemi di adattamento esterno o d’integrazione
interna, e che hanno funzionato in modo tale da essere considerati validi e quindi degni di essere
insegnati ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e sentire in relazione a tali
problemi.”
La cultura non è una variabile da manipolare (DIFFERENZA CON OUCHI), ché è un po’ meno
vincolante essendo inventata e sviluppata da un gruppo. Il vincolo sta nel fatto che poi questa
viene insegnata agli assunti. (Ricerca: episodio del filma “Mad man”, le segretarie)
Quindi per l’autore una serie di assunti di base forma il nucleo centrale di una cultura.
Assunti di base: ciò che i membri di un’organizzazione credono essere la propria realtà, in
quanto dati spesso x scontato. Influenzano ciò che percepiscono, pensano e provano gli
attori/i membri di una cultura. Essi di fatti permettono di individuare le differenze delle
culture p.es adottando assunti di una cultura straniera, abbandonando xciò i propri, ci
permette col tempo di capre e spiegare le diversità tra la cultura straniera e la nostra, ci
permette di capire meglio la propria cultura di partenza.
Un’influenza significativa esercitata dai valori culturali sui membri dell’organizzazione consiste
nella 1: DEFINIZIONE DI NORME e 2: ASPETTATIVE COMPORTAMENTALI
Norme: regole NON scritte e le conoscenze condivise che consentono ai membri di una
cultura di sapere cosa ci si aspetta da loro in un’ ampia varietà di situazioni.
In primis come coordinarsi con i colleghi nello svolgimento delle attività org.
Le norme comunicano aspettative su diversi tipi di comportamento sociale (es. come parlare
al cinema) così quelle org comunicano info imp p. es come vestirsi a lavoro ric: ep mad man,
diavolo veste prada.
NB: Nella maggior parte dei casi (comportamenti, aspettative), le norme sono prive di una
codifica, ossia non tutte le questioni sono disciplinate da regole. Ma esse rimangono implicite,
comunicate in modo informale, mediante pressioni normative. LA CULTURA NON VIENE
INSEGNATE ATTRAVERSO I LIBRI. Link: Conoscenza organizzative mediante pratiche sociali,
comunità di pratica. Relazioni sociali. (L. e W) Ric p.es primo giorno università. Esempio il film:
“Mad man” le due segretarie.
Artefatti/Espressioni:
gli aspetti più manifesti della cultura organizzativa.
manifestazioni dello stesso nucleo culturale aventi specifiche norme e valori, artefatti
sostengono quelle specifiche norme e valori. Quindi tutte forme visibili, ma non sempre
Come si può vedere SCHEIN non bada agli assunti di fondo, da per scontato che gli assunti di fondo
siano …, qsti fungono da “impalcatura” per tutto il resto.
Pensare di cambiare radicalmente tutta la struttura organizzativa, secondo SCHEIN è
estremamente difficile.
Questa definizione vede l’organizzazione come (tipica visione modernista) le organizzazioni sono
in un ambiente che pone dei vincoli all’organizzazione, ad es fornisce risorse le quali sono però
scarse.
La cultura qui aiuta all’ADATTAMENTO ESTERNO e INTEGRAZIONE INTERNA, un po’ come opera
l’organismo.
La cultura, originata da un gruppo, non è una variabile, ma mantiene la funzione di elemento che
regola la vita organizzativa interna, qto la capacità dell’org ad adattarsi all’esterno.
Per SCHEIN la cultura è qche cosa che l’organizzazione può gestire p.es trovando dei modi per
insegnarla ai nuovi arrivati. Per SCHEIN la cultura è un’essenza.
“La cultura organizzativa si riferisce alle conoscenze che si pensa che gli individui di un gruppo
condividano in misura minore o maggiore, è il tipo di conoscenza che si dice informi, incarni, formi
e giustifichi le attività, di routine e non svolte dai membri dell’ organizzazione” (1988)
“Una cultura organizzativa non è visibile in sé, ma è espressa o costituita attraverso le azioni e le
parole dei membri dell’organizzazione”
La cultura è da interpretare, i simboli ed i segni sono da interpretare, non sono scontati e sempre
uguali, poiché il significato può mutare a seconda del contesto. Non è possibile definire la cultura
organizzativa in forma assoluta/non la si può delimitare, in qto esprime e si introduce mediante le
parole e le azioni dell’organizzazione, azioni e parole che vanno interpretate. La cultura
organizzativa perciò continua a prodursi e riprodursi con le parole e le azioni dei membri
dell’organizzazione per tale motivo cambia. Ricerca: realtà per approccio simbolico interpretativo
Nei primi ‘70 HAROLD GARFINKEL, sociologo cognitivo americano, che nei suoi studi ricorreva
all’etnometodologia, sviluppò le basi epistemologiche interpretative x un approccio simbolico agli
studi culturali. Egli affermava che la messa in atto di un comportamento inatteso nega la
scontatezza della comprensione condivisa e catapulta i partecipanti fuori dai loro schemi
interpretativi quotidiani. Fece un esperimento con i suoi allievi, i quali dovettero adottare dei
comportamenti che andavano contro le aspettative della vita quotidiana, dalla spesa al super, alla
cena in famiglia. Gli studenti riportavano confusione, disagio ma anche la sostanziale
preservazione dell’ordine sociale. Le controparti tentavano invece di ristabilire l’“ordine costituito”
(<< Mi stai prendendo in giro, non è vero?>> << Torna quando hai deciso di comportarti come una
persona normale>>)
Contestualizzare , ossia studiare artefatti e simboli nelle situazioni e nei luoghi in cui si sviluppano
naturalmente, osservando i membri dell’organizzazione mentre li usano e ne parlano nell’attività
quotidiana. Da qui la scelta di puntare sull’osservazione partecipante e sull’etnografia, etno-
metodologia e sulla ricerca sul campo. (metodi qualitativi).
La descrizione densa
Fondamentale è il contributo di GEERTZ (anni ’70) con l’opera Interpretazioni di culture ove
esplicita il fondamento dell’approccio simbolico.
“….che l’uomo sia un animale impigliato nelle reti di significati che egli stesso ha costruito,
affermo che la cultura consiste in queste reti e che xciò la loro analisi non è una scienza
sperimentale in cerca di leggi, ma una scienza interpretativa in cerca di significato.” Il
comportamento simbolico essendo un fenomeno al quanto ricco richiede una descrizione densa,
la quale comporta un’indagine approfondita: bisogna scavare sotto la superficie (comportamento,
quindi artefatti) x scoprire il significato simbolico e mostrare così la cultura.
Come ha ben intuito lo studioso americano Michael Owen Jones (1996) x adottare un approccio
narrativo alla cultura non basta raccogliere ed analizzare una serie di racconti, ma bisogna
impegnarsi nello storytelling (=raccontare storie). Coloro che partecipano ad un evento narrativo
possono inferire molteplici significati, anche molto diversi tra di loro, di vari spunti; molto dipende
dalle loro esperienze, sensazioni e dalle loro preoccupazioni del momento (il contesto situazionale
rende tal narrazione un evento situato). È perciò fuorviante presupporre che l’evento abbia un
significato unico x i partecipanti.
Lo studioso americano BOJE (anni ‘90) attuò lo studio delle storytelling nell’ambito organizzativo
(storytelling organization) ossia <<un sistema collettivo di narrazione di storie nel quale
l’esposizione delle storie è un elemento chiave dell’attività di sensmaking dei suoi membri, ed uno
strumento z sostituire la memoria individuale con quella collettiva.>>
Nella filosofia aziendale, nel gergo, nello stile di vita, nel modo di apparire dei partecipanti
all’organizzazione. Non è che l’organizzazione ove vi sono uniformi i valori dominanti sono meno
democratici rispetto a organizzazioni dove non vi è la necessità di indossare un’ uniforme, poiché
forte è l’influenza delle pressioni normative/culturali, e quindi delle aspettative comportamentali.
In alcune organizzazioni. Quest’ultime sono più alte e creano vincoli, ad es sull’abbigliamento.
Ricerca per “Mad man” e “Il diavolo veste Prada”.
La decostruzione può svelare le illusioni create da identità, pretese e rituali superficiali ed ambigui,
e da altri simboli organizzativi privi di significato. P.es culture organizzative apparentemente
orientate alla fiducia e all’inclusione vengono contraddette dalle ricompense che premiano i
risultati individuali anziché la cooperazione, e dai licenziamenti di massa nei momenti di difficoltà.
Ouchi (studioso americano fine anni ‘70):ha intro il concetto di cultura come mezzo di controllo,
nello specifico nel ruolo di controllo dei clan: fondamentale è la socializzazione dei nuovi membri
in modo che interiorizzino i valori cult, gli obiettivi, le aspettative e le pratiche che li porteranno a
Riassunto: “Teoria dell’Organizzazione” di Mary Jo Hatch + integrazione lezioni
Written by MPf + SAl da cap. 1 a cap. 10
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fornire i livelli desiderati di performance (ric. Razionalità del processo). Nel controllo dei clan i
manager esplicitano ed esemplificano le norme culturali e le aspettative e fanno in modo che tut