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L’ASSISTENTE SOCIALE E L’ASSISTENTE SOCIALE SPECIALISTA RIASSUNTI

CAPITOLO 2 IL SERVIZIO SOCIALE COME SCIENZA

All’indomani della prima guerra mondiale si assiste in Italia alla nascita del servizio sociale,
quando le segretarie sociali impiegate nelle fabbriche lavoravano per garantire ai lavoratori
l’accesso alle opere sociali. La presenza di Paolina Tarugi alla prima conferenza internazionale del
servizio sociale di Parigi del 1928 funse da premessa per l’introduzione in Italia della maggior
parte delle teorie che portarono alla fondazione della prima scuola di servizio sociale in Italia. Lo
sviluppo effettivo del servizio sociale in Italia si ha con il CONVEGNO DI TREMEZZO del 1946
dove si pongono le basi per l’inserimento del servizio sociale in Italia e per la formazione degli
A.S. Il diritto all’assistenza sociale è sancito dall’articolo 38 della Costituzione in cui sono
racchiusi i principi solidaristici e dell’uguaglianza sostanziale presenti all’interno degli articoli 2 e
nel secondo comma dell’articolo 3 della Costituzione. Con la legge 328 del 2000 non si parla più
di assistenza sociale ma di protezione sociale in quanto l’A.S deve essere :

 promotore sociale: colui che realizza il sistema integrato di prestazione e servizi in base ai
bisogni ed è anche facilitatore per i servizi a cui i cittadini devono accedervi.
 tecnico del lavoro sociale: si interessa dei problemi delle persone
 tutore sociale : effettua la presa in carico di persona al fine di avviare dei progetti che
portino al reinserimento o al recupero sociale.

Nel 1983 l’A.S era riconosciuto come l’operatore sociale che sulla base di principi e di
conoscenze svolge la propria attività nell’ambito del sistema organizzato delle risorse per la
comunità. Il D.P,R 15/01/1987 n.14 ha affermato che con il diploma rilasciato dalle scuole dirette
a fini speciali universitarie costituisce l’unico titolo abilitante per la professione delle professioni
sociali Nel 1984 il ministero dell’interno ha definito l’Assistente Sociale come operatore del
sociale che rispettando i principi della professione attua interventi a favore di individui o
gruppi che richiedono assistenza.

Il servizio sociale si caratterizza per il

SAPERE= TEORIA

SAPER ESSERE = INSTAURARE LE RELAZIONI CON L’ALTRO

SAPER FARE = METTERE IN PRATICA LE CONOSCENZE TEORICHE

SAPER DIVENIRE = ESSERE PRONTO AL CAMBIAMENTO


La legge del 23/03/1993 n.84 ha portato alla nascita dell’albo degli A.S

Il D.P.R 5/06/2011 N.328 ha portato delle differenze tra le attività di coloro che sono iscritti
all’Albo A e B.

Per definirsi come vera e propria professione il servizio sociale ha bisogno di una propria etica
cioè un insieme di valori e principi su cui fondare l’agire professionale. Simbolo di questa etica è
il Codice Deontologico che è l’espressione di un’identità caratterizzata da valori universalistici,
riferimento normativo-valoriale per un autocontrollo e autoregolazione della professione stessa,
il sistema etico-professionale è determinante per le professioni d’aiuto poiché si ha a che fare con
le persone, concentrarsi sul senso ultimo e sulla portata delle azioni da compiere mette a riparo da
facili rischi. Possiamo dire che il Titolo II parla dei principi professionali i successivi riguardano
le responsabilità che l’A.S ha nei confronti della persona-utente.

Diversi sono i principi su cui si basa la professione cioè:

PRINCIPIO DELL’AUTODETERMINAZIONE: dove l’A.S non si sostituisce mai alla persona

PRINCIPIO DELL’ACCETTAZIONE: si accoglie la persona a prescindere di chi è senza nessun


giudizio

PRINCIPIO DELLA VALORIZZAZIONE DELLE RISORSE: l’Assistente sociale si focalizza


sui punti di forza della persona e non sulle sue debolezze, esercita professionalità nella scoperta e
nella promozione delle risorse.

PRINCIPIO DI ASCOLTO: concentrarsi su ciò che l’altro sta dicendo e comprenderlo, lo stare in
silenzio permette una reale relazione interpersonale.

Con la legge 3/04/2001 n.119 è stato introdotto il principio alla riservatezza che è alla base della
relazione con la persona. Costituisce inoltre un obbligo a cui il professionista è tenuto secondo il
Codice Deontologico a un obbligo giuridico sancito dalla legge sul segreto professionale.

Molto importanti sono le responsabilità a cui l’A.S è sottoposto ovvero :

RESPONSABILITA’ CIVILE: bisogna risarcire il danno che si è causato ad una persona a causa
di un comportamento poco professionale. Si suddivide in

RESPONSABILITA’ ACQUILIANA: si ha l’obbligo di non arrecare ad altri danno ingiusto

RESPONSABILITA’ DISCIPLINARE: non si rispettono gli obblighi lavorativi stabiliti dal


contratto.
RESPONSABILITA’ AMMINISTRATIVA: riguarda il rapporto di servizio che si ha con un ente
che porta inoltre a risarcire i danni alla PA.

RESPONSABILITA’ DIRIGENZIALE: riguarda soltanto i dirigenti pubblici

RESPONSABILITA’ PENALE quando si viola una norma.

L’A.S agisce sulla base di tre mandati cioè,

MANDATO ISTITUZIONALE: dove il professionista svolge le sue funzioni in base


all’organizzazione a cui appartiene e deve rispondere del suo operato

MANDATO PROFESSIONALE: deriva dai contenuti della professione cioè principi e valor

MANDATO SOCIALE: riguarda l’agire che deriva su esplicita richiesta della comunità.

Vari sono i modelli su cui le scienze sociali si basano in Italia ad essere introdotti furono:

 Modello Unitario: apprendimento sociale


 Modello integrato; integrazione tra persone e ambiente, gli strumenti sono; cartella sociale,
 Modello Problem Solving: soluzione dei problemi
 Modello Psico-Sociale; studio- diagnosi-trattamento.
 Modello funzionale: l’ente ha un ruolo fondamentale
 Modello centrato sul compito: attraverso un fare concreto nella relazione
 Modello esistenziale: capacità e potenziale della persona
 Modificazione del comportamento:
IL PROCESSO METODOLOGICO DI AIUTO

Il processo di aiuto viene definito come tutte quelle azioni messe insieme dall’assistente sociale
nel fronteggiare/risolvere un problema che affligge una persona o una comunità. Per procedimento
metodologico ci si riferisce invece ad uno schema di riferimento che orienta l’azione dell’ A.S
esso di caratterizza per:

FASE DELL’ACCOGLIENZA DELLA DOMANDA E DELLA SITUAZIONE

In questa prima fase la persona viene accolta dall’assistente sociale all’interno del servizio.
L’obiettivo di questa fase è l’analisi della domanda, della richiesta di aiuto, che la persona porta al
servizio. E’ importante capire se la richiesta di aiuto per la persona si è presentata su richiesta
per sé o per i propri congiunti , da persone estranee al nucleo utente oppure su segnalazione
provenienti da altro operatore o servizio Comprendere il motivo per cui la persona si è
presentata al servizio darà al professionista informazioni rispetto all’iniziale motivazione al
cambiamento.
L’assistente sociale deve esplicitare il proprio ruolo e verificare se la domanda è di competenza
del servizio. Se l’ente non è quello competente, l’assistente sociale può esercitare un’azione di
filtro, inviando la persona presso la giusta organizzazione. Se invece la domanda è di competenza
dell’ente, l’assistente sociale analizza insieme alla persona la possibilità di avviare un intervento
di aiuto e viene attivata la presa in carico. Nel caso in cui la persona sia stata inviata dall’autorità
giudiziaria, la presa in carico sarà di tipo coatto.

FASE DELLA VALUTAZIONE

In questa fase, (in inglese assessment), l’assistente sociale, insieme alla persona,
ricostruisce la situazione personale e familiare della stessa. L’obiettivo è raccogliere le
informazioni necessarie per identificare i bisogni e valutare le risorse presenti e
potenzialmente attivabili. La finalità di questa fase è individuare un‘area, talvolta definita “area
bersaglio” su cui lavorare. Gli strumenti che vengono utilizzati per raccogliere informazioni
sono: il colloquio, la visita domiciliare, la documentazione e l’osservazione.
FASE PROGETTUALE

In questa fase l’assistente sociale guida la persona nella definizione degli obiettivi che si
vogliono raggiungere.
Nel progetto devono essere inseriti:

 i soggetti coinvolti nel processo di aiuto;

 gli obiettivi che si vogliono raggiungere;

 le azioni che ogni attore coinvolto deve compiere per raggiungere gli obiettivi;

 i tempi;

 le risorse

In questa fase è inoltre essenziale attivare un piano di monitoraggio. Si tratta di stabilire


delle modalità di verifica in itinere dell‘andamento del percorso di aiuto. Solo così, in caso di
necessità, sarà possibile apportare delle modifiche al progetto iniziali

FASE DI REALIZZAZIONE, FASE ATTUATIVA

Definito il progetto e steso il contratto, tutti i oggetti coinvolti nel processo di aiuto devono
compiere precise azioni (nel modello unitario centrato sul compito di parla appunto di Compiti),
finalizzate al raggiungimento degli obiettivi.

VALUTAZIONE DEI RISULTATI, FASE CONCLUSIVA.

La fase di verifica e valutazione finale coincide con la conclusione del progetto stabilito con la
persona. In questa fase vengono analizzati i risultati raggiunti e l’andamento complessivo del
processo di aiuto. La verifica e la valutazione sono inoltre una costante di tutto il percorso di
aiuto. In questo modo, se ci sono delle difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi stabiliti, è
sempre possibile fare delle modifiche al progetto iniziale. In fase conclusiva la persona può
sperimentare sentimenti di abbandono, di perdita e di tradimento. Per ridurre il rischio che la
persona viva queste emozioni negative, è importante che il professionista discuta la necessità di
chiudere il rapporto prima di arrivare in questa fase.
Se i risultati stabiliti in fase progettuale sono stati raggiunti, si può elaborare un piano di
mantenimento o un eventuale nuovo contratto. In caso contrario è importante comprendere cosa
sia accaduto ed eventualmente riprogrammare, rinviare l’intervento di aiuto ad un momento
futuro o, in alcuni casi, interrompere la relazione di aiuto.
Altro momento essenziale di questa fase è l’autoverifica che l’assistente sociale fa rispetto
all’andamento e all’efficacia del percorso di aiuto. Si tratta di un momento molto importante ed
essenziale di apprendimento personale e per il servizio.

PRINCIPALI STRUMENTI E TECNICHE DEL LAVORO SOCIALE

Distinguiamo gli strumenti professionali in due gruppi

 strumenti finalizzati alla conoscenza e all’intervento, cioè il colloquio, la visita


domiciliare, il contratto, le riunioni di equipe, il lavoro con i gruppi e la documentazione
professionale
 strumenti legati alla dimensione organizzativa-gestionale come la promozione, la
progettazione, l’amministrazione e organizzazione delle risorse e dei servizi.

Il COLLOQUIO è lo strumento principale del servizio sociale,

il colloquio di servizio sociale si caratterizza per essere uno strumento di lavoro dell’A.S, una
forma speciale di comunicazione. si caratterizza per alcuni principi:

 empatia: entrare in contatto con l’utente capendone i sentimenti


 interessamento: accettare l’altro incondizionatamente.
 Autonomia e reciprocità:
 Autenticità: cioè sincerità
 Fiducia: si costruisce tramite la sincerità
 Rispetto: ogni utente deve essere considerato come unico
 Non direttività: valorizzare lo spazio di ruolo e di relazione dell’utente
 Avalutatività: evitare processi di discriminazione

Il colloquio ha diverse tappe:

PREPARAZIONE: molto importante la convocazione soprattutto se non è primo colloquio


dove l’utente si presenta spontaneamente. Vanno poi definiti gli obiettivi per quello specifico
colloquio, bisogna trovare le aree da indagare come il rapporto con la famiglia etc, le
informazioni da ricercare e da dare. Molto importante è la scelta dell’ambiente dove fare il
colloquio a seconda degli obiettivi da conseguire: nell’ufficio dell’operatore dove deve essere
garantita la privacy, in altri ambienti( scuola ospedale etc.) ed infine a domicilio dell’utente.

SVOLGIMENTO
 Fase dell’accoglienza: si mette a proprio agio la persona con stretta di mano e si
chiedono le prime informazioni
 Fase dello sviluppo : sono trattati i contenuti che si è deciso di affrontare rispetto agli
obiettivi
 Fase conclusiva: se sono trattati argomenti di forte carica emotiva si cerca di usare
tecniche di ricapitolazione degli aspetti più importanti emersi.

CONCLUSIONE L’A.S deve riflettere in modo autocritico e capire se è andato bene o no, se ha
capito i problemi dell’utente , se ha saputo coinvolgere tutte le persone presenti e via dicendo.

VISITA DOMICILIARE
E’ uno strumento usato dall’assistente sociale e deriva dalla pratica medica che consiste nel
visitare la persona a domicilio per capire meglio la situazione, per avere informazioni dirette sul
contesto abitativo, familiare e sullo stile di vita dell’utente. Si tiene conto di 4 variabili:

quando fare la visita domiciliare: dopo un colloquio presso il servizio sociale dove ci si è fatti
un’idea della situazione.

Perché fare una visita domiciliare?: sono varie le motivazioni come la conoscenza, la verifica , il
sostegno.

Con chi effettuare la visita domiciliare? L’A.S può decidere a seconda della situazione di fare la
visita domiciliare in team.

Come fare la visita domiciliare: essa va comunicata prima all’utente con l’orario che deve essere
concordato, molto importante è valutare il contesto in cui si trova l’abitazione cosi come le
modalità relazionali.

Si deve avvisare per tempo le persone e con precisione (giorno, ora, per quanto tempo e in quanti)

1. sopportare i convenevoli dell’ospitalità


2. non iniziare il colloquio fino a quando sono tutti tranquilli
3. iniziare il colloquio
4. concludere definendo con precisione cosa è stato capito, dedotto, fatto
5. è utile lasciare alla persona un foglio con le cose da fare
Di ogni visita domiciliare vanno valutati vantaggi e svantaggi, e definiti gli obiettivi.

LA DOCUMENTAZIONE PROFESSIONALE A seguito delle disposizioni contenute nella legge


328/2000 la maggior parte dei servizi sociali utilizza la cartella informatizzata che permette di
raccogliere dati relativi all’utenza in modo sistematico.
RICERCA SOCIALE

Le legge 328/2000 Prevede che la Ricerca sia una delle attività principali dell'AS.SOC.SPEC.
Conferisce carattere di scientificità al Lavoro Sociale Ha permesso la costruzione dei famosi "
Modelli Teorici" che guidano l'A.S. in percorsi definiti e sperimentati lasciando minimo spazio
all'Improvvisazione In base all'Oggetto di Studi si divide in diverse Categorie:

Ricerca Sociale: studia i fenomeni sociali

Ricerca SUI servizi sociali: studia il funzionamento degli enti erogatori di servizi

Ricerca DI servizio sociale: studia i metodi e le tecniche di intervento

Ricerca SUL servizio sociale: studia l’efficacia e l’utilità degli interventi

ANALISI E VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DEI SERVIZI E DELLE POLITICHE


SOCIALI

La valutazione ha come scopo di migliorare il raggiungimento degli obiettivi previsti nel


programma che ci si è posto

SUPERVISIONE PROFESSIONALE: vuol dire riflettere per trovare delle soluzioni innovative
per fronteggiare i problemi sociali, abbiamo varie forme di supervisione: abbiamo

la funzione amministrativa: dove l’A.S si integrano nell’ente per controllare il lavoro,

funzione di valutazione periodica: si verifica l’operato degli A.S,

funzione educativa didattica: trasmissione info e conoscenze,

funzione di consulenza : l’A.S esamina con l’esperto le azioni che ha compiuto

Funzione istituzionale, verifica il corretto esercizio del ruolo professionale e della qualità del
lavoro
GLI STRUMENTI PER IL LAVORO DI COMUNITA’: IL lavoro nella comunità locale assume
la valenza di un lavoro relazionale con la persona, istituzioni con l’obiettivo di garantire la
prevenzione, la partecipazione e il benessere sociale. Il convegno di TREMEZZO del 1946
riconobbe il servizio sociale di comunità come strategia sia di responsabilizzazione della
collettività nei confronti dei suoi problemi. Negli anni 60 si suddivise gli obiettivi del servizio
sociale di comunità distinguendo tra Sviluppo di comunità: attuare miglioramenti delle condizioni
di vita di una popolazione e Organizzazione di comunità: pianificare, coordinare e gestire e risorse
e i servizi per far fronte ai bisogni della popolazione. Negli anni 80 il convegno di VERONA
definì unitario l’ambito di intervento del servizio sociale superando le diversità tra lavoro sul
caso(casework), lavoro con i gruppi(groupwork), e lavoro di comunità (community organization).
Anche nella legge 328/2000 si da ampio spazio ad alcune dimensioni del lavoro di comunità come
l’ottica promozionale, mobilitazione delle risorse della comunità, progettazione partecipata,
concertazione e cooperazione, valutazione partecipata, aumento della partecipazione e della
responsabilizzazione, definizioni di ambiti territoriali. Un altro strumento di conoscenza del
territorio è la RICOGNIZIONE SOCIALE che rappresenta un modello particolare di ricerca
azione partecipata. Si tratta di un’azione di conoscenza non approfondita di un territorio, dei suoi
problemi, delle sue risorse. Essa può essere scomposta in fasi:

La domanda iniziale: la ricognizione sociale parte dall’esistenza di un soggetto in un territorio


definito, che vede un problema e vuole fare qualcosa per risolverlo, ricercando il coinvolgimento
di altri soggetti dello stesso territorio. La conoscenza preliminare della comunità: si tratta di
raccogliere informazioni relative alle caratteristiche della comunità, e in particolare alle risorse in
essa disponibili.

Identificare gli attori sociali: si tratta di individuare e scegliere gli attori sociali da coinvolgere
nel progetto fin dall’inizio.
Il reclutamento dei leader-rappresentanti: identificare le persone significative delle realtà mappate
e contattarle per fissare un incontro individuale per una prima intervista.
La riunione iniziale e il contratto: ai convocati viene descritto dettagliatamente l’impegno
richiesto a loro. L’intervista di gruppo: l’intervista viene realizzata nella sede del gruppo da 2
intervistatori, richiede generalmente 2 ore, con la presenza di un numero di persone di 5-15
soggetti e viene condotta con la tecnica del gruppo focus.

L’elaborazione dei dati: il lavoro di elaborazione si limita ad organizzare e sistematizzare i dati


in modo da facilitare la lettura e l’analisi degli stessi ricercatori che hanno svolto l’intervista.
L’assemblea finale: con questa assemblea, con la quale partecipano le stesse persone presenti alla

prima, più eventuali altre che si sono aggiunte nel percorso, termina la ricognizione .

Vi è anche la PROGETTAZIONE PARTECIPATA dove sia attivano processi di partecipazione e


di collaborazione, nella fase di insediamento nella comunità gli operatori hanno il compito di
costruirsi credibilità e legittimità, nella fase di attivazione si avvia con la comunità una
valutazione delle priorità dei problemi emersi ed infine nella fase di consolidamento si dovranno
prevedere occasioni di rinforzo.

INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA

Per integrazione socio-sanitaria si intende il coordinamento tra servizi sociali e i servizi sanitari
nell’attivazione di interventi e prestazioni socio-sanitarie a favore dei cittadini.

I livelli della integrazione sono tre: istituzionale, gestionale e professionale.

1) Il livello istituzionale fa riferimento alle norme che regolano il settore e ai soggetti che
collaborano nella realizzazione delle attività.

2) Il livello gestionale fa riferimento all’organizzazione dei servizi socio-sanitari e ai rapporti che


subentrano tra questi attori che dovrebbero essere coerenti coi principi etico-sociali perché ci sono
alcuni fattori che sembrano favorirla così come ci sono quelli che tendono a rallentarla.

3) Il terzo livello si riferisce alle interazioni che intervengono tra operatori di sistemi sanitari e
sociali nell’erogazione delle prestazioni sociosanitarie.

Si definiscono prestazioni sociosanitarie tutte le attività atte a soddisfare, mediante percorsi


assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni
sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuità
tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione.

Le prestazioni sociosanitarie comprendono:

a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della
salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o
invalidanti di patologie congenite e acquisite;
b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno
l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di
emarginazione condizionanti lo stato di salute.
Le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono caratterizzate da particolare
rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria e attengono prevalentemente alle aree
materno-infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e
farmaci, patologie per infezioni da HIV e patologie in fase terminale, inabilità o disabilità
conseguenti a patologie cronico-degenerative.
Le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria sono assicurate dalle Aziende
Sanitarie e comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria, secondo le modalità individuate
dalla vigente normativa e dai piani nazionali e regionali, nonché dai progetti-obiettivo nazionali e
regionali.

A livello organizzativo gestionale includiamo il Piano di Zona e l’accreditamento , inoltre


abbiamo

P.U.A: IL punto unico di accesso che riguarda l’orientamento della persona e una prima
valutazione del caso e si possono trovare nei vari ambiti

L.E.A : LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA: che lo stato garantisce al cittadino in maniera


gratuita o a pagamento

LIVEAS: comprendono prestazioni sanitarie con rilevanza sociale sia prestazioni sociali con
rilevanza sanitaria, attengono ai vari ambiti
IL RUOLO DELL’ASSISTENTE SOCIALE SPECIALISTA
LA PIANIFICAZIONE SOCIALE, DISTINZIONE TERMINOLOGICA E CONCETTUALE
CON LA PROGRAMMAZIONE, RISPETTIVI STRUMENTI E LA PROGETTAZIONE
SOCIALE

Le regioni continuano ad avere un ruolo fondamentale nell’ambito della programmazione e


dell’indirizzo generale, il welfare italiano possiede molti sistemi di erogazione di servizi ; quelli
sanitari in mano alle regioni, le prestazioni previdenziali in mano ad enti pubblici nazionali ed
infine i servizi sociali programmati gestiti dai comuni.

LA PIANIFICAZIONE SOCIALE : La pianificazione sociale sono quelle azioni messe in


campo dallo Stato Sociale o Welfare State volte a raggiungere obiettivi a lungo termine(3/5 anni).
La sua conclusione prevedere la realizzazione di un documento formale, il Piano, che a seconda
del livello dal quale è stato emanato assume il nome di Piano Nazionale, Regionale o di Zona. La
pianificazione sociale è un processo di messa in rete di politiche settoriali che pone l’attenzione
sul cittadino e sulle formazioni primarie, tenendo presente il loro ciclo di vita e le difficoltà che
possono incontrare; ha per oggetto lo Stato sociale, cioè l’insieme dei servizi sociali, sanitari, della
previdenza e le necessarie integrazioni con altre politiche riconducibili, ad esempio, alla
formazione, al lavoro, alla casa, al territorio o al trasporto pubblico.

La pianificazione sociale ha diverse fasi:

1) Analisi dei bisogni: si effettua una diagnosi sociale territoriale e l’analisi del contesto
territoriale non è una semplice e generica descrizione dell’esistente, ma l’insieme delle sue
peculiarità, da cui nasceranno e si rifletteranno nel tempo, le scelte d’intervento. Molto utile a tale
rilevazione è l’inserimento di un quadro demografico all’interno del Piano, che non solo richiami
le notizie essenziali circa una popolazione e un territorio, ma segnali anche specifici fenomeni. È
poi necessario analizzare la domanda che viene effettuata nei confronti dei servizi, anche quella
non soddisfatta, in quanto entrambe hanno un forte legame con gli obiettivi programmatici. Inoltre
deve essere effettuata una lettura dei bisogni che emergono nel territorio, ed è necessario fare
attenzione a non passare direttamente dalla rilevazione dei bisogni all’individuazione delle
soluzioni, senza soffermarsi sulla rilevazione dei problemi che li causano.
2) Dopo l’analisi dei bisogni è necessario passare all’individuazione degli obiettivi generali, al cui
centro è posto il cittadino.

3) Successivamente si dovrà procedere alla traduzione di tali obiettivi in scelte politi-che, che
dovranno necessariamente dare luogo a provvedimenti legislativi, al fine di renderli attuabili,
raggiungibili e concreti.

4) La quarta fase prevede l’individuazione delle responsabilità istituzionali e di congrui assetti


organizzativi per il raggiungimento degli obiettivi.

5) la quinta fase prevede l’esatta determinazione delle risorse da attivare e da potenziare, ma


soprattutto la ricerca dei fondi.

6) L’ultima fase del processo pianificatorio prevede, in primo luogo la specificazione delle
modalità e dei tempi di attuazione, in secondo luogo di quelli di verifica/monitoraggio da porre in
essere, ed infine l’individuazione dei soggetti che si dovranno occupare della valutazione degli
esiti e dei processi.

LA PROGRAMMAZIONE

La programmazione è un processo decisionale, volto a organizzare attività a medio e lungo


termine per compiere tutte quelle azioni necessarie al raggiungimento degli obiettivi preposti. Il
documento finale che ne esce è l’accordo di programma, all’interno del quale sono contenuti
tutti gli interventi da mettere in atto, i soggetti coinvolti, i mezzi da adoperare, le modalità
da intraprendere, le risorse da attribuire a ognuno, i costi da sostenere e i tempi da
rispettare. Deve essere concertata e partecipata con tutte le parti sociali di interesse sul territorio,
come indicato nella legge 328/00. Lo strumento che rende possibile tale partecipazione è il tavolo
d’area. La programmazione si configura come suddivisione di uno specifico Piano in fasi e
obiettivi intermedi; tra pianificazione e programmazione si stabilisce un rapporto fine/mezzi, in
cui il Piano indica gli obiettivi e i valori sociali da realizzare, mentre il Programma indica mezzi,
costi, modalità e tempistica. In merito alle politiche pubbliche sono stati teorizzati alcuni modelli,
al fine di indirizzare e rappresentare i processi di programmazione

Per la realizzazione dell’accordo di programma, è necessario che vengano creati tre tavoli:

-IL TAVOLO POLITICO è composto dai Sindaci dell’ambito territoriale sociale e dai soggetti
istituzionali e comunitari che, mettendo in rete responsabilità e competenze, successivamente al
loro raccordo, sottoscrivono l’accordo di programma. Il tavolo ha diversi compiti, a partire
dall’attivazione dell’intero processo (deve definire la composizione degli altri tavoli e attivarli),
effettuare una diagnosi politica dello stato di salute della comunità locale e, sulla base del lavoro e
delle proposte degli altri tavoli, definire obiettivi e priorità, allocare risorse, ed infine approvare il
Piano definitivo.

-IL TAVOLO TECNICO è invece composto dalla dirigenza di settore dei diversi enti locali e
dalla dirigenza delle istituzioni e organizzazioni che sottoscriveranno l’accordo di programma; i
compiti assegnati a tale tavolo relativa a supportare il tavolo politico in tutte le fasi del lavoro,
individuare gli assetti organizzativi più appropriati ed infine garantire il passaggio da obiettivi a
progetti esecutivi, assumendone la responsabilità di realizzazione.

-IL TAVOLO D’AREA è composto dai rappresentanti delle istituzioni e delle soggettività sociali
previste nella 328/00, dando la possibilità di esprimere il loro punto di vista a tutte le parti sociali
interessate, garantendo così la partecipazione e la concertazione. Il compito di tale tavolo è quello
di esprimere pareri e valutazioni circa il contenuto dei programmi proposti dal tavolo politico e
redatti dal tavolo tecnico. Una peculiarità dei tavoli d’area è data dalla complessità della struttura
del gruppo di lavoro, caratterizzata sia da linguaggi e saperi differenti, ma anche dalla difficoltà di
rendere compatibili gli orari per un lavoro comune, elementi questi che potrebbero condizionare la
stesura dei documenti.

Gli elaborati di tali gruppi di riferiscono alla mappatura dell’offerta e delle risorse del proprio
ente, ai bisogni rilevati a partire dal proprio specifico osservatorio, effettuando un lavoro di natura
tecnica; essi producono inoltre propri pareri e propri contributi al tavolo politico, effettuando un
lavoro di natura politica. Sono quindi identificabili come strumento della cosiddetta governance,
ovvero del sistema di governo in cui la formazione e l’implementazione delle politiche pubbliche
sono caratterizzate da una pluralità di soggetti di diversa natura e a diversi livelli fortemente
interagenti. L’assistente sociale nel processo programmatorio si occupa di supportare il tavolo
politico nell’attivazione del processo, nella definizione di orientamenti e linee politico-
programmatiche, nella diagnosi dei bisogni, nella scelta degli obiettivi e nell’allocazione delle
risorse; inoltre l’assistente sociale può predisporre gli atti del processo programmatorio,
coordinare i tavoli tematici d’area, predisporre gli strumenti tecnici utili alla raccolta dei dati. Può
anche adottare protocolli d’intesa tra servizi per la messa in rete di interventi e servizi, o protocolli
operativi interprofessionali per l’attivazione e il funzionamento di équipe integrate.
Fasi della programmazione:

1) Analisi del problema/diagnosi sociale: l’as si occupa della raccolta della base conoscitiva,
ovvero effettua una diagnosi sociale della comunità; il tavolo tecnico a partire dalla fotografia
dell’esistente circa il territorio e avendo i dati conoscitivi, effettua una prima diagnosi per “area
tematica”. La diagnosi si articolerà su tre questioni:

- i bisogni e la domanda, viene effettuata un’analisi dei dati demografici, una valutazione tecnico-
professionale dei bisogni che emergono, di quelli che potrebbero emergere e delle opportunità da
garantire per prevenirli; viene poi effettuato lo studio dei fenomeni particolari locali, cioè
circoscritti a quel territorio o comunità e una valutazione dei rischi e dei bisogni specifici. Infine i
professionisti formulano una valutazione dell’utenza in carico ai servizi e delle eventuali liste di
attesa.

-il sistema dell’offerta, ovvero l’analisi del gap tra livelli quantitativi e qualitativi esistenti, e
livelli prescritti dalla legislazione nazionale e ragionale, alla luce dei bisogni.

-il sistema delle collaborazioni in atto, ossia l’analisi delle collaborazioni tra istituzioni, soggetti e
servizi.

In questa fase sarà poi necessario rilevare i punti di forza e di debolezza del sistema, i fattori di
sviluppo locale, cioè il capitale sociale presente e le concrete esperienze collaborative. La diagnosi
del tavolo tecnico viene presentata ai tavoli tematici che formulano pareri di merito; le valutazione
effettuate dal tavolo tematico sono rimandate al tavolo tecnico che redige l’atto finale, che verrà
posto all’attenzione del tavolo politico per l’individuazione delle priorità e degli obiettivi (fase 2 e
fase 3), su quanto proposto dagli altri tavoli .A questo punto vi è la definizione del programma
operativo (fase 4) contenente attività, strumenti, modalità, assetti organizzativi, risorse e tempi,
poi ci sarà l’attivazione del programma operativo (fase 5) e la verifica dei risultati (fase 6).
IL PIANO DI ZONA

Il piano di zona è uno strumento di programmazione e progettazione territoriale di durata triennale


(ART 19 L328/2000) La finalità principale del Piano di zona è quella di installare sul
territorio un sistema locale di interventi fondati su servizi e prestazioni nelle diverse aree di
intervento sociale indicate dalla 328/00 (famiglia, anziani, persone disabili, minori, malattie
mentali, povertà ed emarginazione) ma anche in ulteriori aree che emergono dalla
singolarità delle diverse realtà territoriali. . Tutto questo necessita un coordinamento da parte di
tutti e lo strumento che lo consente è l’Accordo di Programma. Quindi per la realizzazione del
piano di zona è necessario che vengano raggiunte delle intese tra il comune o i comuni
dell’Ambito Territoriale e l’azienda sanitaria, circa gli indirizzi e le priorità d’intervento, per la
ratifica dell’accordo di programma, che formalizzerà nelle modalità e nella tempistica, il
coordinamento, la compartecipazione e la corresponsabilità di ciascuno. Con l’accordo di
programma si definiscono quindi il ruolo, i diritti e i doveri di ciascuno; dato che il piano di zona
è un documento che contiene decisioni e strategie per la programmazione integrata dei servizi e
per il governo complessivo del sistema, tutti i soggetti coinvolti vanno sollecitati a comprenderne
il valore innovativo, non considerandolo un mero momento distributivo di risorse. L’accordo di
programma rappresenta lo strumento ad hoc per perseguire il coordinamento e l’integrazione per
la realizzazione di opere, interventi e programmi quando sono presenti soggetti pubblici diversi;
l’accordo deve prevedere i contenuti, le modalità, le azioni, i tempi e le risorse messe a
disposizione da ognuno; si ritiene concluso con il consenso unanime delle parti firmatarie. La
partecipazione è un indirizzo fondamentale per la costruzione del piano di zona. Il piano di zona
presenta dei criteri innovativi che rappresentano una rottura con il vecchio modello, basato su una
programmazione accentrata statale con caratteristiche di residualità e assistenzialismo nei
confronti degli enti locali.

Tra le innovazioni troviamo:

-la dimensione locale come unica sfera idonea a realizzare in modo unitario e integrato la
programmazione e la gestione dei servizi alla persona; gli enti locali hanno il ruolo di protagonisti
nella realizzazione e nell’erogazione dei servizi sociali.
-l’integrazione socio-sanitaria, il piano di zona deve definire chiaramente il superamento della
divisione fra le numerose aree di confine tra sociale e sanitario.

-l’integrazione tra le responsabilità fra soggetti istituzionali, del privato, del privato sociale e del
volontariato.

-la disponibilità delle risorse e dei servizi da parte di tutti i soggetti della comunità territoriale, in
una prospettiva di sussidiarietà e reciprocità per fronteggiare la complessità dei bisogni.

Le fasi del Piano di zona sono :

-programmazione: processo decisionale che riguarda gli amministratori dei comuni dell’ambito e
deve essere partecipato e concertato con le istituzioni e i soggetti comunitari; attraverso la
programmazione, partendo dall’analisi dei bisogni e dalla definizione dei livelli essenziali e
opportunità da garantire, sono definiti gli obiettivi, le risorse e le potenzialità da attuare.

-progettazione: fase in cui, a partire dagli obiettivi di piano, sono esplicitati azioni, risultati attesi,
soggetti che realizzeranno le attività e risorse necessarie per ogni azione, monitoraggio e verifica
dei risultati.

-gestione: fase in cui i progetti diventano operativi, vengono erogati i servizi, prestazioni e
provvidenze all’interno dei progetti e realizzate le attività.

-monitoraggio: processo sistematico di verifica dell’avanzamento del raggiungimento degli


obiettivi e delle azioni ipotizzate; spesso il monitoraggio è condizione necessaria alla
rifocalizzazione periodica dei progetti, anche in considerazione del fatto che annualmente
vengono rimessi a punto gli obiettivi e di conseguenza allocate le risorse finanziarie.

-valutazione: fase in cui si esprime un giudizio circa il lavoro svolto, può essere in itinere, ossia
che avviene in corso d’opera per vedere se si stanno raggiungendo i risultati sperati e in caso di
esito negativo è possibile aggiustare il tiro, evitando così il completo fallimento del progetto e uno
spreco di risorse, oppure può essere ex post, ossia a progetto concluso e valuta gli output/esiti (se
sono state svolte le attività), gli outcome/risultati (se sono state svolte bene) e gli impatti (che
effetti hanno avuto sul problema affrontato).
LA PROGETTAZIONE IN CAMPO SOCIALE

La progettazione è un’azione cognitiva che si propone di individuare e raggiungere obiettivi


concreti, immediatamente perseguibili, al fine di produrre un cambiamento, agendo su di un
livello micro-sociale. Il documento che ne deriva è il progetto, il quale può essere parte integrante
di un programma più ampio e che possiede contenuti strettamente operativi, mirati a particolari
obiettivi specifici e settoriali (es. progetto assistenza agli anziani non autosufficienti).

Ci sono tre principali motivazioni che spingono oggi gli operatori ad elaborare progetti:

-motivazioni connesse alla scarsità di risorse finanziarie disponibili per le politiche sociali;

-necessità di produrre, a parità di risorse, servizi innovativi e maggiormente rispondenti alle


esigenze ed ai bisogni degli utenti di personalizzare e rendere più flessibile l’offerta;

-spinta all’organizzazione a rete dei servizi, data dalla necessità di sviluppare strategie concertate
tra diverse organizzazioni pubbliche e private nella gestione dei reciproci servizi. La riforma
intervenuta con legge costituzionale n.3 del 2001 introduce una novità nel processo decisionale e
di realizzazione delle politiche pubbliche, che può essere sintetizzata nel passaggio da un principio
gerarchico di allocazione delle risorse, government, ad un principio cooperativo, governance, che
vede tra gli attori coinvolti anche lo stato e gli enti locali, ma con un ruolo differente, non più
gerarchico ma cooperativo. L’azione del progettare, che si traduce nell’elaborazione di un
documento progettuale è un’azione partecipata, in virtù dell’interazione e della negoziazione tra
diversi attori coinvolti, e contestualmente dinamica, perché sensibile ai mutamenti che possono
essere richiesti in corso di realizzazione, rilevati attraverso un sistema di monitoraggio circa la
tendenza delle azioni progettuali. Il panorama dei soggetti che si occupano di progettazione
sociale è mutato profondamente: se in passato l’intervento nella progettazione era tipico
dell’istituzione pubblica e di organizzazioni del no profit, strutturate e di dimensioni rilevanti,
oggi è sempre più una pratica diffusa anche a livello micro locale, non solo nel mondo della
cooperazione sociale, ma anche dell’associazionismo, del volontariato e dell’impresa. Oltre agli
attori si stanno modificando anche le modalità di progettare l’intervento sociale: sempre meno
individuale, e sempre più orientato ad una logica partenariale; la costruzione di alleanze è sorretta
dall’idea che aggregando le competenze migliori si possa rispondere più adeguatamente alla
complessità del bisogno sociale e che, di conseguenza, se ne tragga un valore aggiunto in termini
di efficacia e qualità dell’intervento. Un partenariato non è soltanto una sommatoria di individui o
delle loro competenze, ma è uno strumento di efficacia di cui il progetto ha bisogno per
modificare la realtà dei suoi beneficiari finali; un partenariato che si possa chiamare tale è
costituito da tre elementi: gli individui che ne fanno parte, le loro conoscenze e competenze ed
infine un fattore K. Tale fattore K è il valore aggiunto che il partenariato dovrebbe dare in quanto
tale. Oggi si stano consolidando nuove possibilità di inclusione positiva dei beneficiari
dell’intervento sociale all’interno del pensiero progettuale; per seguire la strada di un
coinvolgimento attivo dei beneficiari nel costruire insieme nuovi percorsi di superamento delle
condizioni di disagio e di promozione dell’agio, può rappresentare una prospettiva che apre
maggiormente alla possibilità di innovazione, oltre che essere di stimolo ad una maggiore
corresponsabilità. Il progetto è uno strumento metodologico posto in essere da attori sociali i quali
identificano strategie e azioni adeguate al raggiungimento di obiettivi per i quali esistono o sono
ottenibili risorse al fine di produrre un cambiamento in ordine alla soluzione di problemi o alla
riduzione di disagi umanamente e socialmente rilevanti. Un progetto è un ciclo composto da
differenti fasi in cui il tempo di inizio e di termine sono aprioristicamente definiti; tuttavia la
distinzione per fasi, pur rappresentando da un punto di vista teorico un aspetto particolarmente
rilevante, non trova nell’agire pratico la stessa netta separazione e chiara differenziazione.
CAPITOLO III L’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI E IL RUOLO DELL’ASSISTENTE
SOCIALE NELLE ISTITUZIONI.

LE POLITICHE DI WELFARE IN ITALIA: DAL WELFARE STATE AL WELFARE


COMUNITARIO, LA CENTRALITA’ DELL’ENTE LOCALE.

Quando parliamo di politiche sociali ci riferiamo a quagli interventi pubblici che hanno come
obbiettivo la tutela di una determinata fascia di popolazione colpita da determinati rischi sociali, lo
Stato perciò agisce attraverso politiche assistenziali, previdenziali etc. I servizi sociali sono invece
delle sottocategorie delle politiche sociali, e hanno la funzione di rispondere ai bisogni individuali
attraverso la produzione di risorse e di relazioni di aiuto.

TAPPE DEL WELFARE STATE

1890= LEGGE CRISPI RIFORMA DELL’ASSISTENZA , LE OPERE PIE SONO


TRAFORMATE IN IPAB

COSTITUZIONE (1946)= SONO POSTE LE BASI PER LO STATO SOCIALE ART. 29-30-31-
32-34

D.PR. 616/1977= DECENTRAMENTO E RIORGANIZZAZIONE DELL’ASSISTENZA


SANITARIA

LEGGE 833/1978= NASCE IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE CHE PERMETTE


L’ACCESSO DELLE CURE A TUTTI

LEGGE 142/1990 (TESTO UNICO ENTI LOCALI)= SONO DEFINITI I PRINCIPI


DELL’ORDINAMENTO DEI COMUNI E DELLE PROVINCE E NE DETERMINA LE
FUNZIONI.

RIFORME AMMINISTRATIVE DEL SSN : la 1°riforma del SSN (Dlgs 502/92), la


quale, si occupò del riordino funzionale del SSN, di guisa che da una concezione di
assistenza pubblica illimitata ed incondizionata si passò ad una concezione di assistenza in
cui la spesa sanitaria doveva essere proporzionata alla effettiva realizzazione delle entrate
e non poteva più rapportarsi unicamente alla entità dei bisogni.

La 2° riforma (Dlgs 517/93) ridimensionò il ruolo dei fondi sanitari extra-SSN, istituendo
un unico fondo integrativo rispetto al SSN.

La 3° riforma (Dlgs 229/99) segnò un deciso riavvicinamento al modello della L. 833/78,


ridimensionando la discrezionalità sia del livello regionale che delle aziende sanitarie,
privilegiando la pianificazione e l’unitarietà degli interventi ispirati oltre che al principio
dell’economicità, soprattutto a quello dell’appropriatezza e della garanzia dei livelli
essenziali di assistenza (c.d. LEA).

LEGGE BASSANINI 15/03/1997

Legge 15 marzo 1997, n. 59, recante Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti
alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione
amministrativa nota come Legge Bassanini, impone in particolare due principi: • La
semplificazione delle procedure amministrative e dei vincoli burocratici alle attività private •
Il federalismo amministrativo, cioè il perseguimento del massimo decentramento realizzabile
con legge ordinaria, senza modifiche costituzionali. La matrice della legge 59/1997 è europea,
quindi sovranazionale, in quanto originata da spinte all'armonizzazione ed unificazione
amministrativa degli apparati dei diversi Paesi membri dell'Unione europea. La legge 59/1997 si è
configurata come una legge delega, finalizzata essenzialmente a dare al Governo il potere di
emanare decreti delegati al fine di sviluppare una vastissima attività di innovazione e riforma
dell'intero sistema amministrativo italiano, nonché per incidere: • sul sistema delle fonti; • sulle
strutture di governo dello Stato; • sulle modalità di collegamento tra Stato, Regioni e sistema delle
autonomie locali. Caratteristiche fondamentali dell'attività di riforma delineata dalla L. 59/1997: 1.
Ridefinire i rapporti e la distribuzione delle competenze fra lo Stato, le Regioni e il sistema delle
autonomie locali, realizzando quello che è stato definito il terzo decentramento (dopo quelli di
rilocalizzazione delle funzioni fra Stato e Regioni nonché di privatizzazione e delegificazione di
alcuni settori precedentemente a forte caratterizzazione pubblicistica; 5. Realizzare la
semplificazione delle procedure e delle regole che presiedono all'attività amministrativa in
generale e all'organizzazione e al funzionamento dell'amministrazione italiana; 6. Riformare il
sistema scolastico italiano, organizzandolo sulla base di una rete di istituzioni scolastiche dotate di
autonomia funzionale ed estendendo anche all'organizzazione scolastica il regime delle autonomie
funzionali già introdotto per le Università e per le Camere di commercio.4
LEGGE 328/2000

La legge di riferimento del servizio sociale è la 328/2000. Il sistema di sicurezza sociale italiano è
stato interessato, a partire dagli ultimi 30-40 anni, da un processo di rinnovamento che ha
interessato sia il livello delle competenze amministrative che quello delle modalità di intervento
degli attori chiamati in causa nella gestione ed erogazione dei servizi. Tale processo ha avuto
inizio negli anni ’70 con l’istituzione delle Regioni. Successivamente con il D.P.R. 616 del 1977
si realizzò il decentramento cioè il trasferimento, alle Regioni, delle funzioni amministrative e in
particolare con l’attribuzione, ai Comuni, delle funzioni di organizzazione dei servizi sociali.
Ulteriori innovazioni vennero introdotte negli anni 90 e in particolare con la prima legge
Bassanini (L. n°59 del 1997) che introdusse il principio di sussidiarietà in base al quale le
decisioni vengono prese dall’organo di governo più vicino ai cittadini (il Comune) e cioè da
quello che è maggiormente in grado di interpretare i bisogni e le risorse della comunità territoriale
di riferimento. Tale principio ha portato allo sviluppo di modelli organizzativo istituzionali che
attribuiscono ai Comuni la titolarità delle funzioni amministrative riguardanti i servizi sociali e
che valorizzano la collaborazione tra pubblico e privato. Questo quadro di ridefinizione del
rapporto Stato-Regioni- Enti locali è stato completato attraverso l’introduzione della Legge
Quadro di Riforma dell’assistenza, la L. 328 del 2000 e dalla Riforma del Titolo V della
Costituzione (L. 3 del 2001). La legge n° 328 del 2000 –“Legge quadro per la realizzazione del
sistema integrato di interventi e servizi sociali” ha ridefinito il profilo delle politiche sociali
apportando tutta una serie di elementi di novità. Questa legge si colloca in un vuoto
legislativo di oltre 110 anni in cui è mancata una regolamentazione organica dei servizi socio-
assistenziali. Prima della 328, infatti, solo la Legge Crispi del 1890 aveva costituito la norma
organica di riferimento per l’assistenza sociale(vuoto di 110 anni) Tra le due norme numerosi
sono stati i cambiamenti e le riforme ma solo con la legge del 2000 si è giunti alla creazione di un
quadro normativo unitario valido per l’intero territorio nazionale. Essa ha innanzitutto segnato il
passaggio dalla concezione di utente quale portatore di un bisogno specialistico a quella di
persona nella sua totalità costituita anche dalle sue risorse e dal suo contesto familiare e
territoriale; quindi il passaggio da una accezione tradizionale di assistenza, come luogo di
realizzazione di interventi meramente riparativi del disagio, ad una di protezione sociale attiva,
luogo di rimozione delle cause di disagio ma soprattutto luogo di prevenzione e promozione
dell’inserimento della persona nella società attraverso la valorizzazione delle sue capacità.
La legge prevede 6 capi e 29 articoli e sono suddivisi in questo modo:
Capo I : PRINCIPI GENERALI (ART 1 A 5)
Art. 1 comma 2) - La legge riprende la definizione di servizi sociali contenuta nell’art 128 del
decreto legislativo 112 del 98 in base al quale:” per "servizi sociali" si intendono tutte le attività
relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti ed a pagamento, o di prestazioni
economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la
persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema
previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della
giustizia.”
(Art 1 comma 3) - La programmazione e organizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali compete agli enti locali, alle Regioni e allo Stato secondo alcuni principi, primo
tra tutti il principio di sussidiarietà, già sancito con la prima legge Bassanini, che ha una
duplice valenza interpretativa:

 la sussidiarietà verticale che indica un criterio di distribuzione delle competenze tra lo


Stato e le autonomie locali in base al quale l’ente gerarchicamente inferiore svolge tutte
le funzioni e i compiti di cui esso è capace, mentre, all'ente sovraordinato, viene lasciata
la possibilità di intervenire per surrogarne l'attività, laddove le risorse e le capacità
dell'ente sotto ordinato non consentano di raggiungere pienamente e con efficacia ed
efficienza l'effettuazione di un servizio. In base a questo principio, cioè, lo Stato deve
intervenire solo quando i cittadini non sono in grado di farcela da soli; tale intervento
deve essere temporaneo e durerà solamente per il tempo necessario a consentire ai corpi
sociali di tornare ad essere indipendenti, recuperando le proprie autonome capacità
originarie. L’intervento deve infine essere realizzato dall’ente più vicino al cittadino:
quindi in caso di necessità il primo ad agire sarà il Comune. Solo se il comune non fosse
in grado di risolvere il problema deve intervenire la Provincia, quindi la Regione, lo
Stato centrale e infine l’Unione Europea;
 la sussidiarietà orizzontale che si ha invece quando attività proprie dei pubblici poteri
vengono svolte da soggetti privati (terzo settore), cioè dai cittadini stessi magari in forma
associata e \ o volontaristica con l’intento di lasciare più spazio possibile all’autonomia
privata, riducendo così all’essenziale l’intervento pubblico. Ciò deve avvenire non in
un’ottica di supplenza dei privati alle carenze dei soggetti pubblici ma in quella di
collaborazione alla costruzione di una rete si servizi alla persona.
In relazione a questo secondo tipo di sussidiarietà la legge prevede (all’Art 1 comma 4) che: ”Gli
enti locali, le Regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e
agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale” quali associazioni,
cooperative, fondazioni, organizzazioni di volontariato, ed enti di patronato “nella
organizzazione e gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”.

(Art 2 comma 2) Questo sistema ha il carattere della universalità ,(Art 2 comma 1) hanno
infatti diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi tutti i cittadini italiani e degli Stati
appartenenti all’Unione Europea ed i loro familiari nonché gli stranieri in possesso di regolare
permesso di soggiorni. Ai profughi, agli apolidi e agli stranieri irregolari sono garantite le
misure di prima assistenza.

(Art 2 comma 3) Accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogate i soggetti in


condizioni di povertà o con limitato reddito, con incapacità parziale o totale di provvedere alle
proprie esigenze per inabilità fisiche o psichiche, coloro che sono sottoposti a provvedimenti
dell’autorità giudiziaria per cui necessitano di interventi assistenziali o i soggetti con difficoltà
di inserimento nella vita lavorativa o sociale.

(Art 4 commi 1 e 4) Per realizzare questo sistema integrato e offrire quindi queste prestazioni
su tutto il territorio nazionale si ricorre a un finanziamento plurimo cui concorrono gli enti
locali, le Regioni e lo Stato attraverso il Fondo Nazionale per le politiche sociali, già istituito
con la legge finanziaria del 1998 ma che assume rilievo solo con la legge 328 del 2000 che lo
disciplina nell’Art 20. Da questo Fondo Nazionale le risorse vengono ripartite alle Regioni
andando a costituire le risorse del Fondo Regionale che, a loro volta, le Regioni ripartiranno tra
i Comuni che le utilizzeranno per erogare i servizi. Il sistema di erogazione dei servizi creato
dalla legge 328/00 risulta fortemente incentrato sulla relazione tra Enti Locali e Settore No
Profit cui viene riconosciuto un ruolo rilevante nell’Art 5. Essi infatti vengono chiamati a
partecipare alla co-progettazione dei servizi e alla realizzazione concertata degli stessi. Gli enti
locali e le regioni poi devono promuovere azioni per il sostegno e la qualificazione di questi
soggetti in particolare attraverso il ricorso a forme di aggiudicazione dei servizi che consentano
ai soggetti del terzo settore di esprimere a pieno la loro progettualità (Art 5 comma 2). Da qui il
ricorso all’appalto concorso che è lo strumento che, più di ogni altro, consente di esprimere la
progettualità dei soggetti no profit e di valutare la qualità delle prestazioni che si intendono
offrire oltre che del personale che si intende impiegare.

Il CAPO II va dall’articolo 6 all’art 13: in questo capo è trattato l’assetto organizzativo


delle istituzioni
La nuova organizzazione del sistema dei servizi sociali prevede la netta divisione delle
competenze tra Stato- Regioni e Comuni.

LO STATO (ART 9)

 esercita i poteri di indirizzo, coordinamento e regolazione delle politiche sociali


determinandone i principi e gli obiettivi attraverso il piano nazionale degli interventi e
dei servizi sociali (Art 18) che indica i livelli uniformi e di base delle prestazioni
(LIVEAS Art 22 comma 2)

LE REGIONI (Art 8)

 esercitano le funzioni di programmazione e coordinamento degli interventi


sociali spingendo verso la loro integrazione con quelli sanitari, con quelli
formativi e con quelli riguardanti l’inserimento lavorativo.
 Verificano l’attuazione a livello territoriale dei Piani di Zona
 Stabiliscono i criteri di accreditamento (Art 8 comma 3 lettera f),
 di costituire un albo dei soggetti autorizzati a svolgere le funzioni indicate dalla
normativa (Art 8 comma 3 lettera g) e di determinare i livelli di partecipazione
degli utenti al costo delle prestazioni (Art 8 comma 3 lettera l).
 Ripartiscono ai comuni e agli enti locali, delle risorse del Fondo regionale di
assistenza sociale (Art 8 comma 5).

I COMUNI: art 6

 realizzano il Piano di Zona,


 valutano le condizioni di povertà, di limitato reddito e di incapacità totale o parziale
per inabilità psico-fisica
 realizzano la CARTA DEI SERVIZI SOCIALI: dove sono indicati i servizi erogati e
come ottenerli
 autorizzano, accreditano e vigilano sui servizi sociali

IL CAPO III ( art 14 /17 ) prevede le disposizioni relative alla realizzazione di particolari
interventi sociali.
All’Art 14 sono previsti Progetti individuali per le persone disabili volti alla loro piena
integrazione nell’ambito della vita familiare e sociale nonché dal punto di vista della istruzione
scolastica, della formazione professionale e del lavoro.

Nell’Art 15 sono contenute invece le indicazioni riguardanti il sostegno domiciliare per le persone
anziane non autosufficienti. L’articolo stabilisce che la quota del Fondo nazionale per le politiche
sociali riservata ai servizi a favore delle persone anziane non autosufficienti viene utilizzata dalle
Regioni per favorirne l’autonomia e sostenere il nucleo familiare nell’assistenza domiciliare alle
persone anziane.

L’Art 16 è dedicato agli interventi per la valorizzazione e sostegno delle responsabilità familiari
in quanto il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare
delle famiglie e valorizzandone i molteplici compiti.

La legge prevede infine la realizzazione del Sistema informativo dei servizi sociali (Art 21) al fine
di facilitare la conoscenza dei bisogni sociali e poter quindi disporre tempestivamente delle
informazioni necessarie a programmare, gestire e valutare le politiche sociali.

Nell’ambito delle disposizioni finali, l’Art 27 è invece dedicato all’istituzione della Commissione
di indagine sulla esclusione sociale che ha appunto il compito di effettuare ricerche sulla povertà
ed emarginazione in Italia e di formulare proposte per la loro rimozione.

CAPO IV: strumenti per il riordino del sistema integrato di interventi e servizi sociali

ART 18 : prevede la costituzione del Piano Nazionale e Regionale, che sono predisposti ogni 3
anni e devono entrare in vigore in 12 mesi. L’art 19 prevede la nascita del piano di zona, l’art 20
invece la costituzione del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, Art 21 Sistema Informativo
dei Servizi Sociali
L’ASSISTENTE SOCIALE OGGI

Per fronteggiare la crisi l’assistente sociale deve riscoprire la dimensione della


responsabilità politica del proprio lavoro e orientata all’affermazione e all’allargamento dei
diritti di cittadinanza e delle politiche di inclusione sociale, obiettivi perseguibili
riappropriandosi della dimensione comunitaria dell’agire sociale. I principali interventi di
servizio sociale sono riconducibili alle seguenti tipologie di problemi e di bisogni come le
difficoltà economiche , difficoltà nel normale sviluppo psicofisico del minore, mancata
integrazione nel tessuto socio-economico, non autosufficienza degli anziani, stati di
isolamento, difficoltà familiari.

Le finalità degli interventi sociali possono essere

 riparativa.
 Preventiva.
 Promozionale.
 Educativa.

Gli interventi si distinguono in interventi socio-assistenziali che puntano a superare


situazioni di disagio economico e di servizio sociale professionale che affrontano situazioni
complesse.

LE PRESTAZIONI ECONOMICHE: sono finalizzate al superamento di uno stato di povertà o di


temporanea difficoltà, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure
economiche (328/2000 art 22), le prestazioni economiche possono essere di tipo continuativo
come erogazioni economiche finalizzate all’integrazione del reddito. Possono avere carattere
promozionale, di integrazione al reddito, di inclusione sociale, di risposta ai bisogni specifici, si
supporto a situazioni di vita particolari, di tipo straordinario per affrontare un problem
circoscritto. Alcuni comuni erogano i buoni sociali. Vi è anche il REI (REDDITO
D’INCLUSIONE) , il d.lgs. 147/2017 individua tre livelli essenziali:

 Realizzazione di punto di accesso ogni 40.000 abitanti


 Se il beneficio al REI viene riconosciuto si passa alla valutazione
multidimensionale attraverso l’analisi preliminare
 Definizione del progetto personalizzato e l’attivazione di interventi e servizi
specifici
PRESTAZIONI INTEGRATIVE

Finalizzate a garantire servizi per bisogni vitali del singolo/famiglia come il trasporto sociale,
assistenza domiciliare, assistenza educativa domiciliare, affidamento familiare, soggiorni estivi,
centri diurni.

PRESTAZIONI SOSTITUTIVE

Cioè l’accoglienza di sogg non autosufficienti

INSERIMENTI LAVORATIVI

Prestazioni con finalità terapeutiche, educative e di integrazione sociale.

GLI INTERVENTI DI SERVIZIO SOCIALE PROFESSIONALE

Sono degli strumenti da usare a seconda della necessità e all’interno di un preciso e specifico
piano di lavoro. ESSI SONO :

SEGRETERIATO SOCIALE: previsto dalla legge 328/2000 art 22 comma 4 lettera a è un


servizio da attivare in ogni ambito territoriale per dare informazioni ai cittadini sulle risorse
esistenti sul territorio, può assumere varie forme come PUA, sportello sociale etc.

CONSULENZA PSICOSOCIALE È un intervento che l’assistente sociale utilizza con l’utente ,


attraverso lo strumento del colloquio e punta a raggiungere un nuovo equilibrio. Un altro
intervento è la mediazione dove il soggetto deve mediare tra le parti in conflitto,

TRATTAMENTO PSICOSOCIALE Promuove nell’utente un processo di cambiamento e di


modifica degli atteggiamenti che rappresentano un ostacolo a una costruttiva partecipazione
sociale.

INDAGINE SOCIO-FAMILIARE Si realizza tramite uno studio del contesto socio-familiare per
capire eventuali problemi ed elaborare i progetti di intervento.

INTERVENTI DI URGENZA ED EMERGENZA Sono attivati per affrontare problematiche


straordinarie
INTERVENTI DI PROMOZIONE SOCIALE Riguardano la comunità locale che è sollecitata a
prendere coscienza dei propri problemi.

L’ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI PER GLI ANZIANI

Il fenomeno dell’invecchiamento

A causa del miglioramento della qualità della vita si sta assistendo ad un invecchiamento della
società, con un aumento della protezione nei confronti delle persone anziane in particolar modo
quelle non autosufficienti. Le politiche sociali e sanitarie per gli anziani non autosufficienti sono
regolate dall’art 15 della legge 328/2000 dove si dà importanza alla domiciliarità e nell’art 16 è
previsto la valorizzazione ed il sostegno delle responsabilità familiari.

In quest’area il servizio sociale professionale ha il compito di osservazione, monitoraggio,


diagnosi psico-sociale ,attivazione di servizi riabilitativi, di aiuto individuale e di sostegno alla
famiglia, di socializzazione e di collaborazione. Gli obiettivi sono quelli di stimolare la
socializzazione e il mantenimento degli interessi della persona, prevenire i ricoveri impropri. Gli
A.S hanno come compito di coordinare la formazione del personale, supporto tecnico-
professionale ai decisori amministrativi e politici.

Lavorando con questa fascia di età è importante valutare il grado di autonomia della persona,
rilevando variabili come lo stato di salute, eventuale disabilità etc. sulla base di queste valutazioni
è possibile redigere il P.A.I (piano assistenziale individualizzato) dove sono raccolte le
informazioni riguardanti coloro che hanno bisogno per formulare un progetto di cura e
assistenza per garantire il benessere del paziente , vengono individuati:

 Referente
 Azioni specifiche attivate
 Frequenza e durata di ogni intervento
 Strumenti
 Valutazione periodica
SERVIZI E INTERVENTI SPECIFICI DELL’AREA ANZIANI

I servizi di tipo domiciliare: sono attivati per rispondere ai bisogni socio-assistenziali della
persona anziana e della sua famiglia. Si suddividono in

 SERVIZIO DI ASSISTENZA DOMICILIARE: insieme di interventi che si svolgono a


casa dell’utente e sono interventi di natura domestica e socio-assistenziale.
 Assistenza domiciliare integrata: oltre ad interventi di natura assistenziale vi sono
prestazioni mediche, riabilitative ed infermieristiche
 OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO: riguarda il malato terminale
 RICOVERO PRESSO STRUTTURA RESIDENZIALE: avviene quando le condizioni
dell’anziano non consentono la permanenza a casa e neanche i servizi domiciliari.
 I CENTRI DIURNI : rivolte agli anziani in discrete condizioni di salute e autonomia
personale, rappresentano un valido aiuto per quei nuclei familiari che ospitano anziani
totalmente non autosufficienti perché permettono ai caregiver di non rinunciare all’attività
lavorativa. Vi sono anche centri diurni integrati che accolgono anziani non autosufficienti
con bisogni assistenziali e sanitari. I comuni organizzano anche i soggiorni estivi per far
trascorrere agli anziani momenti ricreativi. Un altro servizio poco diffuso nel territorio è
l’affidamento familiare dell’anziano ad un nucleo diverso dall’originale.
SERVIZI E POLITICHE SOCIALI PER LE PERSONE CON DISABILITA’

La legge 104/1992 art .2 definisce la persona con disabilità come ”colei che presenta una
minoranza fisica, psichica, sensoriale, stabilizzata o progressiva che a causa di difficoltà di
apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo
di svantaggio sociale o di emarginazione”. Diverse sono leggi nazionali, regionali, i decreti che
hanno messo in campo strategie di protezione nei confronti con le persone disabili e varie sono le
aree di interesse dove sono presenti leggi a tutela delle persone disabili.

Partiamo con L’INTEGRAZIONE SCOLASTICA

 ART 34 COSTITUZIONE: enuncia che la scuola è APERTA a tutti, e l’istruzione


inferiore impartita per 8 anni è obbligatorie e gratuita. L’inserimento scolastico del
bambino disabile è stato caratterizzato fin dagli anni 70 da un approccio di tipo medico
che ha portato ad una emarginazione e istituzionalizzazione separando il contesto
scolastico da quello familiare e ambientale. Questa concezione entra in crisi alla fine degli
anni 70 si avvia un processo di deistituzionalizzazione , il parlamento approva la.
 LEGGE 118 /71 : all’art 28 è previsto che gli invalidi civili devono adempiere all’obbligo
scolastico nelle classi comuni delle scuole pubbliche, tranne gli alunni che possiedono
gravi condizioni(comma 2)
 LEGGE 360 11 MAGGIO 1976: legge sull’integrazione scolastica sugli alunni privi di
vista, vengono aggiunti i cechi agli invalidi civili.
 517/1977: all’art 2 parla delle modalità di integrazione nella scuola elementare e all’art 7
nella scuola media inferiore e all’art 10 disciplina la modalità di integrazione degli alunni
privi di udito.
 CIRCOLARE MINISTERO ISTRUZIONE 262/1988 E POI SENTENZA CORTE
ISTITUZIONALE 215/1987= pone rimedio all’integrazione degli alunni disabili nelle
scuole superiori.
 LEGGE 104/1992: vengono ampliate le norme sull’assistenza , l’integrazione sociale e i
diritti della persona handicappata, gli articoli che riguardano la scuola sono
Art 12: è garantito il diritto all’educazione e all’istruzione in ogni ordine e grado della scuola,
negli asili nido e nell’Università

Art 13 : sono indicate le modalità di integrazione attraverso gli “accordi di programma” cioè la
previsione di finanziamenti per acquistare sussidi scolastici

Art 14 : sono introdotte norme riguardo la specializzazione dei docenti per attività di sostegno

Art 15: previsto supporto amministrativo e di consulenza all’integrazione e vengono istituiti i


GLIP disciplinati dal

 DM 123/1994 che integra i gruppi di lavoro operanti nei provveditorati agli stufi
 Art 16 : fissa i criteri per la valutazione dell’alunno disabile
 LEGGE 17/1999: All’interno delle università sono previsti dei tutor da affiancare alle
persone disabili.

INTEGRAZIONE LAVORATIVA

 ART 38 COSTITUZIONE ; disciplina il diritto al lavoro dei disabili in particolare nei


confronti di determinate categorie: centralinisti telefonici non vedenti( l 594//1957),
massaggiatori e massofisioterapisti non vedenti( l686/1961-403/1971), insegnanti non
vedenti (l 270/1982), terapisti della riabilitazione non vedenti(l 29/1994), assunzione
obbligatoria( l 308/1958)
 L 482/1968= collocamento obbligatorio dei disabili
 LEGGE 381/1991= disciplina delle cooperative sociali che hanno lo scopo di favorire
l’interesse generale della comunità
 Legge 104/1992 agli articoli 8/17/18 si parla del diritto al lavoro dei disabili
 LEGGE 68/1999: introduce il principio del collocamento lavorativo mirato

Un’altra legge prevista a favore dei disabili è la LEGGE DOPO DI NOI (112/2016)

Il testo è entrato in vigore il 25 giugno 2016 per tutelare i diritti dei disabili gravi rimasti privi
del sostegno familiare che designa, per la prima volta, un piano importante di aiuto e di supporto
per i disabili gravi in condizioni di salute. Propone un piano volto a garantire il benessere,
l’inclusione sociale, l’autonomia delle persone affette da disabilità gravi. La legge dopo di noi si
inserisce nel contesto giuridico avviato nel 1992 con la legge 104 che per la prima volta ha
introdotto il concetto di disabile grave, ovvero di un soggetto che a causa di una minorazione,
singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale.
FONDO PER L’ASSISTENZA
ART 4 è disposta la creazione di un fondo per l’assistenza e il sostegno ai disabili privi del
sostegno della famiglia.

Il Fondo previsto dalla legge dopo di noi potrà essere utilizzato per realizzare programmi e
interventi innovativi a carattere residenziale con l’obiettivo di favorire l’indipendenza dei
disabili. Tra i progetti che potranno essere finanziati rientrano quelli di co-housing ovvero
programmi residenziali in abitazioni o gruppi che riproducono le condizioni abitative e
relazionali.
AGEVOLAZIONI FISCALI E TRUST
Nel testo della legge 112/2016 si legge inoltre che i trust ovvero fondi con patrimonio autonomo,
e i fondi speciali in favore di soggetti in grave stato di disabilità, sono a partire da Gennaio 2017
esentati dal pagamento di successioni e donazioni.
ART 6 Vincoli stabili per istituire un Trust

-il trust o il fondo devono essere istituiti per atto pubblico;

-nell’atto istitutivo bisognerà indicare i soggetti coinvolti, i ruoli, le finalità e i bisogni delle
persone con le quali il trust è istituito;
-l’atto dovrà indicare gli obblighi del fiduciario e del gestore, i quali saranno chiamati a
salvaguardare i diritti della persona con grave disabilità.

-beneficiari del trust/fondo possono essere soltanto persone con grave disabilità;

-l’atto istitutivo deve stabilire chi sarà il soggetto preposto al controllo delle obbligazioni
previste, e stabilisce il termine di durata.
-il gestore o fiduciario può essere sia una persona di fiducia, vicina alla persona con grave
disabilità, oppure una ONLUS nel settore beneficenza. Si tratta della possibilità di tutelare il
patrimonio dopo la morte dei genitori sancito dall’art 2645 codice civile.
Con il riconoscimento di persona con disabilità si ha accesso a diverse attività:

 Assistenza scolastica: attivata nei confronti degli alunni disabili dalle Aziende sanitarie in
accordo con il servizio sociale
 Assistenza educativa domiciliare: attuata nei confronti di disabili minorenni e riguarda il
completamento di un progetto educativo.
 Servizio di assistenza domiciliare: rivolto ai disabili adulti per favorire la loro
permanenza a domicilio.

 CENTRI DIURNI SOCIO-EDUCATIVI RIABILITATIVI: rivolti alle persone con


una grave disabilità e hanno completato il loro percorso di studi.
 Centri residenziali: sono di tipo sanitario e riguardano esigenze di cura e riabilitazione,
socio-sanitario accolgono la persona disabile priva di famiglia.
 INSERIMENTI SOCIO-LAVORATIVI= attivati su proposta dei servizi specialistici
dell’Azienda Sanitaria.
 Servizio trasporto disabili: attivato per accompagnare a scuola o presso strutture di tipo
diurno
 Servizio di interpretariato per non udenti: assicurato dal comune e rivolto a tutte
quelle persone che hanno limiti nel comunicare.
 Servizio di sollievo: hanno finalità preventiva e assolvono funzioni di sostegno alla
famiglia.

SERVIZI E POLITICHE SOCIALI PER MINORI E FAMIGLIE


l minore per l’ordinamento giuridico è soggetto di diritto, ed essendo considerato incapace di
intendere e volere fino al compimento della maggiore età, va tutelato sia da chi ne ha la potestà
(in quanto genitore o tutore), sia dai servizi sociali.
La famiglia è il nucleo primario in cui l’individuo trova risorse materiali ed affettive per crescer in
modo sano ed equilibrato.
Essa ha un ruolo fondamentale ed attivo nella presa in carico dei bisogni poichè si dedica alla cura
dei soggetti più deboli (minori, anziani, disabili, ecc.).
I servizi sono chiamati a collaborare intensamente con la famiglia nella definizione e
nell’attivazione del processo di aiuto.

 LEGGE 431/1967= istituisce l’adozione speciale quando è interrotto il rapporto con


la famiglia di origine a seguito di abbandono
 Legge 898/1970= è introdotto il divorzio
 Legge 151/1975= riforma del diritto di famiglia cioè marito e moglie con il
matrimonio assumono gli stessi doveri, entrambi devono collaborare allo sviluppo e
alla crescita della famiglia.
 LEGGE 405/1975= sono istituiti i consultori familiari che hanno come scopo la
consulenza al singolo, coppia e famiglia.
 Legge 194/1978= Norma per la tutela sociale della maternità, dove lo stato riconosce
il valore sociale della maternità
 Legge 184/1983= analizza l’affidamento come soluzione contro l’abbandono di
minori-.
 Legge 176/1991=ratifica della CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DEL
FANCIULLO DEL 1989Nel 1997 viene emanato il piano d’azione per l’infanzia
e l’adolescenza dal quale derivano le leggi
 Legge 285/1997= promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e
l’adolescenza
 Legge 451/1997= nasce la commissione parlamentare per l’infanzia e
l’Osservatorio nazionale,
 Art 16 l 328/2000= riforma dell’assistenza in tema di minori
 Legge 149/2001= si ribadisce il diritto del minore ad essere educato dentro la propria
famiglia eliminando le cause che lo limitano.
 Legge 54/2006= stabilisce che la responsabilità genitoriale deve essere esercitata da
entrambi i genitori, tranne quando vada contro gli interessi dei minori.
 Legge 112/2011= nasce il GARANTE PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA
 LEGGE 219/2012/ DLGS 154/2013= sono eliminate le distinzioni tra figlio
legittimo e figlio naturale.
 Legge 55/2015= legge del divorzio breve ,riduce i tempi per la domanda del divorzio
che erano fissati in tre anni dall’avvenuta separazione , ora sono di un anno dalla
separazione giudiziale e sei mesi da quella consensuale.
Nell’area dei minori il ruolo del servizio sociale professionale è quello di tutelare i diritti dei
minori, per raggiungere tale scopo il lavoro dei servizi sociali è incentrato al potenziamento delle
risorse familiari. Nei casi in cui ci sia una famiglia carente sono attuati interventi in tutela del
minore che sono emessi per inidoneità dei genitori, situazioni di rischio, disagio, maltrattamento
e abuso. I servizi sociali svolgono delle indagini socio-ambientali in accordo con l’Autorità
Giudiziaria, dopo aver concluso tali indagini può giungere l’incarico da parte dell’autorità
giudiziaria ai servizi sociali territoriali che si esplica attraverso vigilanza o affido del minore ai
servizi sociali. La vigilanza dà al servizio sociale un compito di monitoraggio della situazione
familiare e sociale del minore mentre l’affido coniuga i tratti distintivi del mandato autoritario e
delle responsabilità di cura. L’affidamento al servizio sociale porta i genitori a concordare con il
servizio sociale le principali scelte educative e seguire le indicazioni fornite dallo stesso in
merito all’organizzazione della vita familiare.
Il servizio sociale territoriale ha il compito di segnalare all’Autorità Giudiziaria qualsiasi
situazione di pregiudizio e abbandono. Si distinguono 4 manifestazioni di violenza:
 Patologia nella somministrazione delle cure: i genitori non provvedono ai
bisogni psico-fisico del bambino, nella patologia delle cure abbiamo
L’INCURIA= quando le cure sono carenti, LA DISCURIA= al bambino sono
somministrate cure non adeguate, DISCURIA PSICOLOGICA= I genitori
inducono nel figlio die bisogni che non ha , IPERCURIA= al bambino sono
somministrate cure eccessive
 Maltrattamento fisico: presenza di un danno fisico o il fallimento nel prevenirlo
 Maltrattamento psicologico: relazione emotiva inappropriata
 Abuso Sessuale: coinvolgimento minore in atti sessuali.
Lavorare con i minori richiede molto impegno perciò si ha bisogno di formazione che
potenzi la propria parte emotiva, non si possono lasciare tali incarichi a gente giovane con
rischio di sindrome da stress lavorativo (burn out) quando le emozioni prevalgono sul
pensiero.

TRIBUNALE PER I MINORENNI


Sono nati nel 1934 per i minori che avessero compiuto dei reati venissero giudicati da un organo
specializzato, sono composti da giudici professionali o togati e da cittadini esperti in scienze
umane( onorari). Ogni decisione del tribunale viene adottata da un collegio che è presieduto da
un magistrato togato(presidente corte d’appello). Gli ambiti di cui si occupa sono;
AMBITO PENALE: giudica i reati commessi da ragazzi tra i 14 e i 17 anni di età, le legge di
riferimento è il DP.R 448/1988 o Codice di procedura penale minorile
AMBITO CIVILE:
In quest’ambito, il Tribunale per i minorenni non è l’unico giudice che si occupa di minorenni,
poiché ci sono anche altri giudici che decidono questioni che li riguardano, come ad esempio il
Tribunale Ordinario ed il Giudice Tutelare (che fa parte del Tribunale ordinario).

Vi sono però alcune materie di competenza esclusiva del Tribunale per i Minorenni:

o i provvedimenti a tutela dei minori, anche se stranieri purché residenti in Italia, i cui
genitori esercitano male la potestà, previsti dagli art.330, 333, 336 del codice civile
o l’affidamento dei figli di genitori non sposati che hanno cessato la convivenza e che
sono in situazione conflittuale (ari. 317 bis codice civile)
o l’accertamento e la dichiarazione giudiziale della paternità e della maternità
o il riconoscimento dei figli quando manca il consenso del genitore che per primo li ha
riconosciuti
o la legittimazione dei figli nati fuori dal matrimonio
o la decisione sul cognome da attribuire al figlio in caso di riconoscimento in tempi
diversi da parte dei due genitori
o le pronunce di interdizione o inabilitazione nell’ultimo anno della minore età, quando
sussista l’incapacità di intendere e volere
o l’autorizzazione al matrimonio dei minori, ultra 16enni.
Il Giudice Tutelare( art 344 c.c) ha come funzione quella di nominare i tutori e i curatori.
Il compito del tutore è curare e proteggere il minore, rappresentandolo e sostituendolo nel
compimento di tutti gli atti di natura patrimoniale di ordinaria e straordinaria amministrazione. Per
gli atti straordinari necessita il consenso del Giudice Tutelare o del T.O a seconda dei casi (artt.
374 e 375 c.c.). Il protutore (Art. 360 c.c.) è colui che rappresenta l’interdetto nei casi in cui
l’interesse di questo sia in opposizione con l’interesse del tutore. Qualora anche il protutore si
trovi in opposizioni d’interesse con l’interdetto il giudice tutelare nomina un curatore speciale.

Il protutore è tenuto a promuovere la nomina di un nuovo tutore nel caso in cui il tutore venga a
mancare o abbandoni l’ufficio. In quest’ultimo caso, fino alla nomina del nuovo tutore il protutore
deve avere cura dell’interdetto e può rappresentarlo compiendo altresì tutti gli atti conservativi e
urgenti di amministrazione.

Diversa dalla tutela è la curatela, prevista per i soggetti maggiorenni dichiarati inabilitati o per i
minori ultra 16, che diventano emancipati con il matrimonio (disposto su autorizzazione del TM).

Si parla invece di curatore speciale quando una persona è investita dell’esercizio di funzioni
analoghe a quelle della curatela ordinaria, ma limitate ad una sfera particolare, oppure alla
gestione di un patrimonio separato o di determinati beni.

Principali casi di curatela speciale sono quelli del curatore assistente nominato al minore e agli
inabilitati , nelle convenzioni matrimoniali; del curatore rappresentante nel caso di conflitto di
interessi tra genitori e figli; del curatore dello scomparso e , di recente, in materia di processi
penali per abuso sessuale su minori.

INTERDIZIONE: Una persona fisica, maggiore d'età o minore emancipato, può


essere interdetta quando versi in condizione di abituale infermità mentale che lo renda incapace
di provvedere ai propri interessi (art. 414 c.c.).

INABILITAZIONE: è un strumento di protezione rivolto a soggetti che si trovano in particolari


condizioni psicofisiche non così gravi, però, da essere private totalmente della capacità di agire
(ossia la capacità - che si acquista con la maggiore età è di porre in essere validamente atti idonei

AMBITO AMMINISTRATIVO

Prevede i provvedimenti adottati nei confronti di minori indisciplinati che sono sollecitati ad
assumersi le responsabilità della vita

PROCURA DELLA REPUBBLICA: è l’ufficio del P.M che nei procedimenti penali ha il
compito di esercitare l’azione penale, nel procedimento civile adotta provvedimenti nei confronti
dei minori in accordo il servizio sociale

INTERVENTI E SERVIZI SPECIFICI DELL’AREA MINORI E FAMIGLIE


SEGNALAZIONE ALLA MAGISTRATURA MINORILE: è messa in campo dall’assistente
sociale è un atto obbligato per situazioni di presumibile abbandono del minore, vittima di reati di
prostituzione e pornografia, criminalità. La segnalazione alla procura della repubblica presso il
tribunale per i minorenni considerate facoltative sono relative a situazioni di pregiudizio grave .
L’autorità giudiziaria può chiedere al servizio sociale professionale di svolgere un inchiesta
socio-ambientale per valutare la situazione del minore e della sua famiglia al fine di trovare
criticità.
Interventi in situazioni di emergenza: quando i minori sono privi di assistenza morale e
materiale
Interventi di valutazione di idoneità dei coniugi aspiranti all’adozione: sono richiesti ai
servizi sociali al fine di effettuare un accurata indagine psico-sociale che comprenda le aree della
storia personale e familiare dei coniugi. Quando la famiglia che ha avuto una valutazione
positiva viene dato un minore da adottare il Tribunale per i minorenni dispone la valutazione
dell’anno di affidamento pre-adottivo. Ad adozione compiuta il servizio sociale mette in atto
interventi di sostegno alla famiglia adottiva per problematiche future.
L’affido: è applicato quando un minore vive una temporanea privazione di un ambiente
familiare idoneo. Nell’ambito dell’affido familiare i servizi sociali valutano la famiglia di origine
per capire l’origine delle problematiche e attraverso interventi di sostegno psico-sociale alla
famiglia naturale si lavora per prevenire l’allontanamento del minore.
I servizi sociali e psico-sociali devono valutare l’idoneità della famiglia che si propone per
l’affido. Nel corso dell’affidamento inoltre si mettono in atto interventi di sostegno psico-
sociale alla famiglia affidataria.
Inserimento nelle comunità residenziali: è disposto dal servizio sociale/autorità giudiziaria
quando il minore vive una situazione di pregiudizio nel suo contesto familiare.
I contesti semiresidenziali: i minori ne sono inseriti quando è utile un intervento educativo e
protettivo senza collocarli al di fuori della famiglia.
Interventi sull’interruzione volontaria di gravidanza di minorenni: necessità del consenso di
chi esercita la respo genitoriale, l’A.S attua un colloquio con la minore per capire il motivo e
renderla partecipe sugli effetti giuridici di tale scelta.
Indagine psico-sociale in caso di matrimonio fra minorenni , richiesta dal Tribunale per
valutare la motivazione, la validità e la fondatezza del progetto.
In caso di separazione è richiesta un'altra indagine ai servizi sociali nell’aiutare il giudice
nella decisione sui provvedimenti relativi ai figli, il giudice deve anche ascoltare i minori che
hanno compiuto 12 anni. L’autorità giudiziaria in alcuni casi dispone l’affidamento dei minori al
servizio sociale dove deve regolare i rapporti con il genitore non convivente. L’A.S organizza
incontri in forma protetta tra i figli e i genitori nelle situazioni in cui il comportamento degli
adulti mette in pericolo il benessere psicofisico del ragazzo. Il servizio sociale può attivare
l’assistenza educativa domiciliare per evitare l’allontanamento del minore dalla famiglia. Sono
attuati interventi economici nei confronti della famiglia come l’assegno di maternità, assegno al
nucleo familiare, il contributo del canone di locazione , il REI( reddito di cittadinanza) e il
sostegno economico agli indigenti

POLITICHE SOCIALI E SERVIZI AD ALTA INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA


I PAZIENTI PSICHIATRICI. In Italia sono diverse le persone colpite da malattie mentali e
rappresentano un’importante realtà sociale e sanitaria, diverse sono le leggi che regolamentano
questo aspetto.
Legge 431/1968 LEGGE MARIOTTI= sono introdotti aspetti come l’abrogazione
dell’annotazione dei provvedimenti di ricovero nel casello giudiziario, la possibilità di ricovero
volontario senza subire restrizioni.
Legge 180/1978 LEGGE BASAGLIA= delega alle regioni il compito di individuare strutture
per la tutela della salute mentale. Questa legge punta alla prevenzione e alla riabilitazione nei
servizi territoriali, la legge prevede l’A.S.O( ACCERTAMENTO SANITARIO
OBBLIGATORIO) cioè visitare una persona con problemi di salute mentale critici che non
vuole volontariamente visitarsi, se l’accertamento evidenzia criticità si passa al T.S.O
(TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO) disposto con provvedimento del
sindaco su proposta di un medico ed entro 48h deve essere notificato al giudice tutelare che dopo
aver ricevuto l’adeguata documentazione decide entro 48h se convalidarlo o meno. Il TSO è
considerato come un evento da effettuarsi nel rispetto della dignità della persona e dei diritti
civili e politici. 2 sono le novità introdotte dalla legge BASAGLIA: si ha il SUPERAMENTO
DEL MANICOMIO E VENGONO CREATI I SERVIZI PSICHIATRICI TERRITORIALI
COME I SPDC(SERVIZI PSICHIATRICI DI DIAGNOSI E CURA) DENTRO GLI
OSPEDALI E INTEGRATI NEL DSM(DIPARTIMENTO SALUTE MENTALE).
Tramite il D.S.M. vengono svolte le seguenti funzioni:

PREVENZIONE: si impegna a promuovere la salute mentale dei cittadini attraverso


l’informazione e altre iniziative idonee allo scopo e ad intervenire precocemente nelle situazioni
di disagio;
CURA: prende provvedimenti in situazioni di disturbo mentale acuto e non, dal più lieve al più
grave, evitando, quando possibile, il ricovero. Essa si articola attraverso la farmacoterapia, la
psicoterapia, l’assistenza socio-sanitaria e presuppone quindi l’intervento integrato tra le figure
professionali coinvolte;
RIABILITAZIONE: interviene sul disturbo stabilizzato al fine di migliorare, costruire o
mantenere le abilità sociali della persona.

Con l’emanazione della Legge Basaglia le attività di recupero sulle persone con disturbo mentale
sono gestite dal DSM, varie sono le unità operative:
 CENTRO DI SALUTE MENTALE: dove si ha la presa a carico e viene definito il
piano terapeutico riabilitativo.
 SERVIZIO PSICHIATRICO DI DIAGNOSI E CURA: assicura il trattamento in
condizioni di ricovero volontario e obbligatorio.
 DAY HOSPITAL: fornisce prestazioni diagnostiche e riabilitative a breve e medio
termine.
 STRUTTURE SEMIRESIDENZIALI: strutture che erogano prestazioni terapeutiche he
puntano al reinserimento sociale.
 STRUTTURE RESIDENZIALI: si accede tramite programmi terapeutici-riabilitativi
Tutti gli interventi rivolte alle persone con disagio psichico devono essere concordati e
predisposti all’interno di un gruppo. L’inserimento lavorativo avviene tramite una borsa lavoro
che permette al soggetto con problemi mentali abilità e strumenti per recuperare un’identità
sociale. Vi sono anche percorsi formativi finalizzati all’acquisizione di abilità lavorative. Viene
evidenziato il fatto di favorire l’inserimento sociale tramite promozione di attività ricreative, vi
è anche il sostegno assistenziale ed economico.
LE DIPENDENZE PATOLOGICHE IN ITALIA
Quando si parla di dipendenza ci si riferisce alla mancanza di controllo verso un oggetto o un
comportamento, distinguiamo dipendenza fisiologica quando si ha l’insorgenza di sintomi di
astinenza dopo aver interrotto l’uso della sostanza , si parla di dipendenza psicologica quando si
ha un legame tra l’assuntore e la sostanza stessa. Abbiamo vari tipi di dipendenze : le classiche
come la tossicodipendenza e le nuove dipendenze come il gambling , disturbi alimentari, Internet
Addiction Disorder. Le leggi più importanti sono :
 LEGGE 162/1990 IERVOLINO – VASSALLI: viene introdotto uno spartiacque tra il
consumo e lo spaccio
 La legge che inasprisce la lotta al mercato della droga è il D.P.R 309/1990 dove si ha la
sostituzione del principio di tolleranza nell’usare modiche quantità di stupefacenti con
la punibilità amministrativa. Riguardo la problematica dell’alcolismo si ha la legge
125/2001 che prevede come gli interventi di prevenzione , cura e riabilitazione dei
soggetti alcolizzati sia programmato dalle singole regioni.
I servizi che si occupano della lotta alle dipendenze sono articolazione del SSN. Abbiamo i
Ser.D (SERVIZI PER LE DIPENDENZE) si caratterizzano come gruppo operativo
multidisciplinare dove si hanno competenze in ambito medico- sociale, infermieristico,
psicologico ed educativo. Le attività possono essere ambulatoriali, programmi terapeutici
riabilitativi, gruppi di sostegno psicologico, interventi di prevenzione e di educazione alla salute,
attività alcologica territoriale. I Ser.D attuano per le persone a carico vari interventi relativi alle
infezioni da HIV , epatite e altre malattie legate alla tossicodipendenza, visite mediche e
interventi diagnostici. L’attività svolta è di 5 giorni a settimana per 6/8 ore dove vi sono gli
appartenenti al team. Accanto ai servizi pubblici non vanno dimenticati gli enti di Terzo Settore
che hanno esperienze in questo ambito.Il ruolo dell’A.S nel Ser.D è di collaborazione con le
altre figure professionali ha come compito, colloqui di accoglienza, sostegno all’utente e
alla famiglia, organizzazione di gruppi di auto-aiuto, relazioni sociali per la comunità, per
il Tribunale per i Minorenni e di sorveglianza, per la prefettura, visite presso il carcere su
richiesta della persona reclusa, verifiche di utenti agli arresti domiciliari. Vi sono anche
borse lavoro per l’inserimento lavorativo, assistenza economica e sociale ai
tossicodipendenti, inserimento in strutture terapeutiche diurne o residenziali deciso dal
Ser.D quando la persona è motivata nel cambiare, distinguiamo comunità di prima
accoglienza che puntano ad un inserimento breve 3 mesi poi vi sono quelle terapeutico-
riabilitative che hanno un’accoglienza di 18/36 mesi.

POLITICHE SOCIALI E SERVIZI PER GLI IMMIGRATI


Quando si parla di immigrati ci si riferisce a gruppi di persone che migrano dal proprio paese
verso altri in cerca di fortuna, rifugio e altro. Il 1973 è l’anno in cui l’Italia passa da paese di
migranti a essere meta di flussi di immigrazione. Le leggi che regolamentano l’immigrazione
sono:
LEGGE 40/1998 O TURCO / NAPOLITANO: affronta tre aree di intervento cioè
l’individuazione di procedure per la determinazione dei criteri e del numero dei nuovi ingressi
regolari, facilitazione dell’accoglienza e dell’inserimento degli immigrati nel tessuto sociale e
civile del paese, azioni di contrasto verso l’immigrazione clandestina e la criminalità.
LEGGE 189/2002 BOSSI/ FINI= è incentrata su alcuni temi delle politiche migratorie europee
come il contrasto all’immigrazione irregolare e il forte incentivo alla temporaneità
dell’immigrazione riferendosi ai fabbisogni di manodopera del sistema economico
LEGGE 94/2009 : si parla del pacchetto sicurezza con il quale l’immigrazione clandestina è
considerata reato, secondo la legge chi entra in Italia illegalmente rischia una multa dai 5000 ai
10.000 euro inoltre i clandestini sono sottoposti a processo dal giudice di pace ed espulsi.
D.Lgs 142/2015: è il decreto sull’accoglienza dei migranti, prevede tre livelli , il primo riguarda
strutture governative nei luoghi di approdo, strutture di prima accoglienza situate nelle regioni e
strutture di seconda accoglienza che hanno come fine quello di garantire percorsi sociali.
LEGGE 132/2018 DECRETO SALVINI: restringe la possibilità di accoglienza degli stranieri, i
richiedenti asilo che commettono reato gli viene revocato lo status di protezione internazionale,
il sistema SPRAR è depotenziato è rivolto solo ai minori non accompagnati e a coloro che hanno
protezione umanitaria.

LEGGE 77/2019 DECRETO SICUREZZA BIS: In sede di conversione è stata elevata la


sanzione amministrativa pecuniaria, già individuata da 10 mila a 50 mila euro, ed oggi compresa
nella forbice da 150 mila a 1 milione di euro, per l’inosservanza, posta in essere dal comandante
di un’imbarcazione, del divieto di ingresso, transito, oppure sosta, nel mare territoriale dello
Stato. In ogni caso opera la sanzione accessoria della confisca dell'imbarcazione e, nel momento
ove il provvedimento di confisca divenga definitivo, l’imbarcazione viene acquisita al patrimonio
dello Stato. Introdotta la possibilità di disporre intercettazioni al fine di acquisire informazioni
finalizzate alla prevenzione del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Previsto
l'arresto obbligatorio verso chiunque sia colto in flagranza di un delitto di resistenza o violenza
contro nave da guerra.

D.LEGGE 130/2020: l’abrogazione nel 2018 del permesso per motivi umanitari, che aveva
ridotto le maglie del sistema di accoglienza dei richiedenti asilo, il Governo ha introdotto rilevanti
novità È modificato l’art. 5 comma 6 TUI che conteneva l’abrogato permesso di soggiorno per
motivi umanitari. La modifica limita la revoca o il rifiuto del permesso di soggiorno quando ciò
sia incompatibile con il diritto costituzionale italiano e gli obblighi internazionali. La
formulazione della norma quindi, lascia trasparire l’intenzione del Governo di voler superare
definitivamente le obiezioni di incostituzionalità e contrasto con i principi di diritto internazionale
che erano state mosse all’indomani della abrogazione del permesso di soggiorno per motivi
umanitari. Il richiamo implicito del nuovo testo, è all’art. 10 comma 3 Cost che riconosce il diritto
di asilo dello straniero, e ai principi internazionali in materia di diritti umani. È notevolmente
ampliato il numero dei permessi di soggiorno per i quali è possibile chiedere la conversione in
permesso per lavoro subordinato. Oltre al permesso per motivi di studio, adesso anche i titolari di
permesso per protezione speciale, calamità, residenza elettiva, sport, attività artistica, motivi
religiosi, attesa cittadinanza, e assistenza minori, potranno essere convertiti alla scadenza in
permessi di lavoro subordinato. Il permesso per protezione speciale, prima circoscritto ai casi in
cui pur mancando i presupposti per la concessione della protezione internazionale, lo straniero
non poteva fare ritorno nel proprio Paese, per il rischio di essere sottoposto a tortura o trattamento
inumano e degradante, è stato esteso anche ai casi in cui l’allontanamento dello straniero
comporterebbe una violazione del diritto alla sua vita privata e familiare, valutata tenendo conto
effettività dei vincoli familiari dell’interessato, del suo effettivo inserimento sociale, della durata
del soggiorno in Italia e dell’esistenza di legami familiari, sociali e culturali con il proprio paese
di origine. Sono allargate le maglie del permesso di soggiorno per calamità naturale, facendo
intravvedere un’apertura verso l’accoglienza dei c.d. migranti climatici. Infatti il presupposto per
la concessione del permesso non è più lo stato di calamità “eccezionale e contingente” del proprio
Paese di origine, ma la semplice esistenza di una situazione di “gravità”, quindi anche non
transitoria. È ridotto a 36 mesi il termine massimo di durata del procedimento per la concessione
della cittadinanza italiana allo straniero. Il termine, prima di 730 giorni, era stato portato a 48 mesi
e adesso nuovamente ridotto a 36 mesi, ma solo per le domande presentate dopo la conversione in
legge del decreto in commento.

INTERVENTI A FAVORE DEGLI IMMIGRATI

L’assistente sociale punta a favorire la capacità delle persone di superare le barriere culturali che
rendono difficile l’accesso al welfare. Il servizio sociale professionale interviene a favore degli
immigrati sia in servizi organizzati per settori che in strutture che hanno lo scopo di creare le
condizioni per un iniziale inserimento attraverso azioni di informazione e orientamento. Le
iniziative sono: gli enti locali che promuovono forme di aggregazione e sensibilizzazione della
popolazione all’intercultura, è presente lo Sportello Informativo Immigrati, il sostegno
linguistico, l’inserimento scolastico e lavorativo, sono organizzati corsi di lingua italiana e di
educazione per adulti. Le aziende sanitarie provvedono all’assistenza sanitaria e offrono servizio
di mediazione linguistica e di consulenza psicologica.

POLITICHE SOCIALI E INTERVENTI PER CONTRASTARE IL DISAGIO ADULTO

I senza fissa dimore costituiscono un ampia porzione della popolazione Italiana e sono per lo più
persone afflitte da dipendenze , chi lo fa per scelta o a causa della crisi economica. Le leggi
sono:

 Art 6 328/2000: che ha abolito il domicilio di soccorso e al comma 4 individua nei


comuni i soggetti che hanno l’obbligo di provvedere al ricovero stabile presso strutture
residenziali di tutti coloro che si trovano in situazione di disagio grave.
 D.P.C.M 15/12/2000: le regioni si ripartiscono i finanziamenti destinati al potenziamento
dei servizi rivolti ai senza dimora.
 LEGGE 94/2009: afferma che chi richiede la residenza al comune deve fornire dati certi
del suo domicilio, la legge prevede la creazione di un albo nazionale delle persone senza
fissa dimora

REDDITO DI CITTADINANZA

Il Reddito di cittadinanza, disciplinato dagli artt. 1-13 del d.l. n. 4/2019, convertito con
modificazioni in l. n. 26/2019, è una prestazione assistenziale definita dal legislatore come
«misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto
alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, nonché diretta a favorire il diritto
all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al
sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella
società e nel mondo del lavoro» (art. 1, 1° comma, l. n. 26).Tale misura, istituita dal mese di
aprile 2019, si colloca nell’ambito di una serie di interventi con i quali, dal 2015 in poi, si è
inteso attuare politiche, maggiormente strutturali ed organiche rispetto al passato, di contrasto
alla povertà e all’esclusione sociale. Ci si riferisce, in particolare, alla l. n. 33/2017, che ha
delegato il Governo ad introdurre il Reddito di inclusione, divenuto operativo con il d. lgs. n.
147/2017 e poi sostituito dal Reddito di cittadinanza. Il Reddito di cittadinanza si configura
come una prestazione assistenziale di nuova generazione, ispirata ad una logica di
universalismo selettivo: da un canto, tale misura persegue l’obiettivo di liberare gli individui –
o meglio, i nuclei familiari – da situazioni di bisogno determinate da fattori di vulnerabilità di
cui tradizionalmente l’ordinamento non si occupa (come la crisi della famiglia, il c.d. lavoro
povero e la conciliazione tra lavoro retribuito e funzioni di cura); d’altro canto, pur trattandosi
di uno strumento funzionale all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà di cui all’art.
2 Cost., esso si rivolge solo ai soggetti in possesso di determinati requisiti ed è sottoposto a
stringenti parametri di condizionalità. Il Reddito di cittadinanza viene erogato ai nuclei familiari
in possesso cumulativamente, al momento della presentazione della domanda e per tutta la
durata dell’erogazione della prestazione, di precisi requisiti, tra i quali figurano:
- requisiti di cittadinanza (il richiedente deve essere un cittadino maggiorenne italiano o
dell’Unione europea oppure, ove ricorrano particolari condizioni, un cittadino di Paesi terzi rispetto
all’Unione);
- requisiti di residenza (il richiedente deve risiedere in Italia da almeno 10 anni, di cui gli ultimi 2
continuativi)
- requisiti di natura economica (parametrati all’indicatore ISEE).
Il sussidio, che può essere erogato per 18 mesi ed è rinnovabile dopo un mese di sospensione, si
compone di una somma ad integrazione del reddito familiare e di un contributo per l’affitto o per
Mutuo. Tali somme vengono accreditate mensilmente su una apposita carta elettronica,
prepagata, denominata “Carta RdC”. Si è inoltre anticipato che il beneficio economico è
sottoposto ad una stringente condizionalità, volta a contrastare situazioni di parassitismo sociale.
Nello specifico, l’erogazione del Reddito di cittadinanza è subordinata alla dichiarazione di
immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti del nucleo familiare maggiorenni, non
occupati né impegnati nella frequenza di un regolare corso di studi; alla dichiarazione di
disponibilità deve seguire l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento
all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale, con sottoscrizione di un “patto per il lavoro”
(stipulato con i centri per l’impiego, qualora i bisogni dei componenti del nucleo familiare
risultino connessi prevalentemente alla sfera lavorativa) oppure di un “patto di servizio
personalizzato” (stipulato con il coinvolgimento dei servizi sociali, laddove la situazione di
bisogno sia complessa e multidimensionale). I beneficiari del Reddito di cittadinanza devono
rispettare gli impegni previsti nel patto, tra i quali vi è quello di accettare almeno una di tre offerte
di lavoro che risultino congrue ai sensi dell’art. 4, 9° comma, l. n. 26/2019, tenendo conto della
durata di fruizione del beneficio e del numero di offerte rifiutate. Per evitare comportamenti
fraudolenti ed un uso distorto del sussidio il legislatore ha altresì predisposto un solido apparato
sanzionatorio. Coloro che rendono dichiarazioni false o utilizzano documenti falsi, anche
omettendo informazioni dovute, incorrono in sanzioni di carattere penale che comportano la
reclusione fino a 6 anni e la revoca del Reddito di cittadinanza. Nel caso di condanna definitiva il
beneficiario, oltre a restituire tutto quanto percepito indebitamente, non potrà nuovamente essere
ammesso al beneficio se non dopo 10 anni dalla condanna. Se il sussidio è concesso a nuclei
familiari composti esclusivamente da uno o più soggetti di età pari o superiore a 67 anni, il
Reddito di cittadinanza prende il nome di Pensione di cittadinanza: i requisiti di accesso al
beneficio e la disciplina dell’istituto rimangono i medesimi, ma in questo caso non opera, ad
esempio, l’obbligo di frequentare corsi di reinserimento lavorativo (in ragione dell’età non più
attiva dei componenti del nucleo). Infine, nella medesima prospettiva solidaristica, accanto al
Reddito di cittadinanza continuano a trovare applicazione, in via alternativa e non cumulativa,
misure economiche variamente denominate predisposte dalle politiche regionali.
TERZO SETTORE
E’ il complesso degli enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale
che, senza scopo di lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, mediante forme
di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in
coerenza con le finalità stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Si distinguono in
PRIVATO SOCIALE : soggetti privati che hanno un attività di rilevanza sociale

ONLUS: enti privati che svolgono attività in determinati settori come la cultura, sport etc

CARATTERISTICHE ENTI NON PROFIT

 STRUTTURA FORMALE : le componenti fissano con un atto costitutivo e uno statuto ,


uno scopo comune e le regole del loro mettersi assieme per perseguirlo
 PRIVATE: sono separate da ogni organismo pubblico, possiedono due autonomie, quella
di esprimere il proprio gruppo dirigente e di impiegare discrezionalmente le proprie risorse
per i fini statuari
 DIMENSIONE ECONOMICA: dispongono di risorse e beni strumentali e li gestiscono
per realizzare i propri fini statuari senza scopo di lucro

ASSOCIAZIONI

L'Associazione è un ente non profit caratterizzato da struttura democratica, che riunisce persone
accomunate da uno scopo comune di natura ideale.

Le associazioni nascono mediante un atto costitutivo e uno statuto. Per ATTO COSTITUTIVO
intendiamo il documento dove viene espressa la volontà di unirsi per uno scopo comune è perciò
un vero e proprio contratto, esso stabilisce chi sono le persone , il nome dell’ente, la sua sede
legale e l’ambito operativo. Lo STATUTO definisce le regole e quali sono gli organi sociali
dell’ente. Per avere il riconoscimento giuridico lo statuto e l’atto costitutivo devono essere
stipulati in presenza di un notaio che provvede alla pubblicazione, dopo due anni l’associazione
può chiedere di iscriversi presso l’albo regionale. Gli organi di un’associazione riconosciuta sono:

 Assemblea dei soci: si riunisce una volta l’anno ed elegge il consiglio direttivo e il
collegio dei revisori dei conti, approva i bilanci
 Consiglio Direttivo: possiede poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, vi
appartengono il presidente e il vice presidente
 Presidente: è il rappresentante legale dell’associazione
 Collegio dei revisori: controlla la gestione economica finanziaria.

Distinguiamo le Associazioni in :

ASSOCIAZIONE RICONOSCIUTA: possiede la personalità giuridica, vi è la separazione del


patrimonio dell’ente da quello dei soci. L’attività economica dell’associazione ricadono sul
patrimonio dell’ente ma non su quello dei soci

ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA: non ha personalità giuridica, è non vi è separazione


tra patrimonio dell’ente e quello dei soci

ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO

Per essere di volontariato le associazioni devono avere uno statuto che preveda

 Mancanza di lucro
 Democraticità della struttura
 Gratuità delle cariche sociali
 Sono definiti i criteri di ammissione ed esclusione dei soci
 Presenza di assicurazione per i soci
 Deve essere elaborato il bilancio
 Le prestazioni fornite agli aderenti devono essere gratuite

COOPERATIVE

È un associazione autonoma di persone che si uniscono per soddisfare i propri bisogni economici,
sociali e culturali. Per nascere hanno bisogno di 9 soci i più importanti sono :

SOCI LAVORATORI; che partecipano con il proprio lavoro allo svolgimento dell’attività della
cooperativa.

SOCI AVVENTORI, SOCI DI PARTECIPAZIONE E SOCI FINANZIATORI: sono


direttamente coinvolti nell’attività svolta ma contribuiscono allo scopo sociale tramite denaro.
Gli organi della cooperativa sono:

ASSEMBLEA DEI SOCI: organo sovrano da cui dipendono gli altri organi

Consiglio di Amministrazione: vi è un numero variabile di componenti indicato nello statuto


sociale

Presidente/ Vice presidente ; legale rappresentante

Collegio Sindacale: vigila sull’osservanza della legge e dello statuto è composto dai 3 ai 5
membri.

COOPERATIVE SOCIALI

Sono disciplinate dalla legge 381/91 , vi sono due tipi di cooperative sociale

COOPERATIVA SOCIALE DI TIPO A: ha come scopo la progettazione e la gestione dei servizi


sociali , sanitari ed educativi

COOPERATIVE SOCIALI DI TIPO B: puntano all’integrazione lavorativa di persone fragili


tramite lo svolgimento di attività diverse.

FONDAZIONI

Sono enti privati che hanno il patrimonio messo a disposizione dai soci come elemento in comune
per il perseguimento di uno scopo.

Vi sono tre tipi di fondazione:

FONDAZIONI OPERATIVE: realizzano servizi di pubblica utilità gestendo attività e strutture

FONDAZIONI DI EROGAZIONE: erogano sussidi ad altri soggetti come persone e altre


istituzioni

FONDAZIONI MISTE: svolgono le funzioni illustrate nelle precedenti fondazioni


RIFORMA DEL TERZO SETTORE
È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale 18 giugno 2016, n. 141 la Legge 6 giugno 2016, n. 106
recante Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell'impresa sociale e per la
disciplina del servizio civile universale. Il Terzo settore viene definito come il complesso degli
enti privati costituiti con finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che, senza scopo di
lucro, promuovono e realizzano attività d'interesse generale, mediante forme di azione volontaria
e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi, in coerenza con le finalità
stabilite nei rispettivi statuti o atti costitutivi. Il Governo ha emanato il decreto legislativo n. 117
del 2017, chiamato Codice del Terzo Settore, introducendo una categoria più ampia e generale
nella quale ricondurre tutte le forme associative e di impresa che perseguono, senza scopo di
lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Questa grande pluralità di soggetti, tutti
esclusivamente privati, è oggi chiamata Enti del Terzo Settore (ETS). Sono ETS quindi: le
organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, le cooperative e le
imprese sociali, le rispettive reti associative, gli enti filantropici e le società di mutuo
soccorso. Possono essere ETS anche tutti gli altri enti privati (associazioni e fondazioni)
che presentino i requisiti previsti dal Codice. La categoria delle Onlus, non entra in questa
classificazione in quanto legata esclusivamente alla qualifica fiscale del soggetto. Gli ETS
devono svolgere, senza scopo di lucro, attività di interesse generale In una o più delle ventisei
aree indicate dal Codice all’art 5; inoltre, essi possono esercitare attività diverse da quelle di cui
all'articolo 5, a condizione che l'atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e
strumentali rispetto alle attività di interesse generale. L’assenza lucrativa implica che il
patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite, proventi, entrate
comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell'attività statutaria ai fini dell'esclusivo
perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, pertanto è vietata la
distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione a fondatori, associati, lavoratori e
collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali. Oltre alle organizzazioni di
volontariato, che il Codice definisce in un articolo apposito, viene definita anche la figura del
volontario e la sua azione che, secondo il Codice, è svolta per sua libera scelta in favore della
comunità e del bene comune, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità. Con
questa formulazione, dunque, il legislatore intende chiaramente ricondurre una semplificazione
ed armonizzazione delle fattispecie giuridiche del terzo settore, lasciando le specificità delle
diverse culture organizzative ma riportando tutti gli enti non profit nel più grande alveo degli
ETS, istituendo un unico Registro nazionale. Per divenire Ente del Terzo settore (ETS) risulta
necessaria l’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo settore, istituito presso il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, articolato su base regionale. Si tratta di un registro pubblico,
accessibile a tutti gli interessati in forma telematica. L’iscrizione avviene mediante il deposito di
una serie di atti, documenti e dichiarazioni contenenti informazioni essenziali dell’ente (statuto,
atto costitutivo) e la scelta della sezione nella quale intende ottenere l’iscrizione.
LE SPECIFICITÀ DELLE ODV E DELLE APS
Le Organizzazioni di Volontariato (ODV) e le Associazioni di Promozione Sociale
rappresentano due importanti categorie di ETS per le quali la nuova normativa ha previsto una
specifica disciplina che si ‘aggiunge’ a quella comune a tutti gli enti di tipo associativo.
ODV
- Forma giuridica: associazione (riconosciuta o non riconosciuta).
- Numero minimo associati: 7 persone fisiche o 3 ODV.
- Attività (di interesse generale): svolta prevalentemente in favore di terzi e avvalendosi
prevalentemente delle prestazioni di volontari associati.
- Denominazione: deve contenere l’espressione “organizzazione di volontariato” o l’acronimo
‘ODV’.
- Risorse umane: le ODV possono assumere lavoratori dipendenti, avvalersi di prestazioni di
lavoro autonomo o di altra natura esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare
funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare l’attività svolta. Il
numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al 50% del numero dei
volontari.
- Risorse economiche: quote associative, contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti
testamentari, rendite patrimoniali, proventi da raccolta fondi e da attività diverse da quelle di
interesse generale.
- Amministratori: scelti tra gli associati che non si trovino nelle condizioni di ineleggibilità e
decadenza previste dal Codice civile. A questi amministratori e a tutti i componenti degli organi
associativi (ad eccezione dei membri dell’organo di controllo) non può essere attribuito alcun
compenso, salvo il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate per l’attività
prestata ai fini dello svolgimento della funzione.
- Ulteriore specificità per le ODV che svolgono attività di protezione civile: le norme specifiche
delle ODV si applicano nel rispetto della disciplina in materia di protezione civile.

APS Costituite da tutte quelle associazioni riconosciute e non riconosciute che svolgono attività di
utilità sociale a favore di associati o terzi senza scopo di lucro

- Forma giuridica: associazione (riconosciuta o non riconosciuta).


- Numero minimo associati: 7 persone fisiche o 3 APS.
- Attività (di interesse generale): svolta in favore dei propri associati, di loro familiari o di terzi e
avvalendosi prevalentemente dell’attività di volontariato dei propri associati.
- Denominazione: deve contenere l’espressione ‘associazione di promozione sociale’ o
l’acronimo ‘APS’.
- Risorse umane: le APS possono assumere lavoratori dipendenti, avvalersi di prestazioni di
lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati, solo quando ciò sia necessario ai
fini dello svolgimento delle attività di interesse generale e al perseguimento delle finalità. In ogni
caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere superiore al 50% del numero
dei volontari o al 5% de l numero degli associati.

SISTEMA INTEGRATO DEI SERVIZI SOCIALI :Il sistema integrato di interventi e servizi
sociali si realizza mediante politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita
sociale, integrando servizi alla persona e al nucleo familiare con eventuali misure economiche,
e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, impedire
sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte. Per erogare i servizi gli enti
locali devono affidare agli enti di terzo settore i soldi del Fondo Nazionale per le Politiche
Sociali, lo strumento per il conferimento di finanziamento ad un soggetto privato è il Contratto
che può essere stipulato tramite

 Asta Pubblica: Bando aperto a qualsiasi soggetto in possesso dei requisiti


 Licitazione privata: gara aperta solo a soggetti ritenuti interessanti dalla P.A e in possesso
dei requisiti
 Appalto Concorso: Procedura ristretta solo a determinati soggetti selezionati a fare un
offerta, questa procedura è la più comune ed usata.

Vi sono anche l’Autorizzazione e l’Accreditamento che sono istituti per garantire la qualità dei
servizi di un territorio e sono regolati dagli art 6/11 della 328/2000. L'autorizzazione è necessaria
per attivare i servizi (funzionamento). L'accreditamento ha lo scopo di garantire qualità
dell'assistenza e dei servizi: riguarda strutture, tecnologie, professionisti.

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