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L’operatore che si trova in questa situazione può: - agire ugualmente facendosi carico
personalmente dell’azione collettiva;
- pazientare e sensibilizzare la comunità
sull’argomento fino a quando la comunità
stessa non si decide ad agire.
- agire in funzione delle priorità che la
comunità ha esplicitato anche se
l’operatore non le condivide.
L’operatore di comunità è chiamato a non farsi prendere dall’entusiasmo per i propri obiettivi, deve riuscire
a mantenere un atteggiamento osservativo che gli permette di analizzare la situazione e di cogliere se la
comunità ha intenzione di agire e partecipare attivamente oppure se aspetta una figura leader che si
prenda la responsabilità di gestire personalmente la situazione.
IL PROBLEMA DELL’INVISIBILITÀ
Molti degli interventi dell’operatore di comunità risultano “dietro le quinte” e non osservabili direttamente.
Ad esempio, non è facile far capire ai finanziatori come è stato possibile portare al successo una
determinata azione coinvolgendo la comunità e aiutandola a prendere parte attiva a tale
processo.
Un modo utile per ovviare al problema dell’invisibilità è quello di portare sul campo i
finanziatori per fargli toccare con mano il successo dell’azione promossa con la comunità e,
solo in un secondo momento, spiegare loro come si è raggiunto tale successo.
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Le regole che l’operatore di comunità deve seguire per poter prendere contatti con la comunità e con i
possibili finanziatori del progetto sono: 1. NON PERDERE L’OPPORTUNITÀ PER STABILIRE O RISTABILIRE
UN CONTATTO.
Quando si incontra una persona per la prima volta è opportuno
cercare di comprendere il suo punto di vista e i suoi interessi e,
solo in un secondo momento, fargli delle richieste riguardo al
progetto.
2. FARE ATTENZIONE ALLE IMPRESSIONI CHE GLI ALTRI HANNO DI
NOI.
È opportuno domandarci se il modo in cui ci presentiamo agli
altri rappresenta quello che vogliamo trasmettergli. Ad esempio,
il modo in cui sono vestito, la puntualità, la coerenza tra ciò che
voglio essere e come mi presento.
3. ASCOLTARE E OSSERVARE.
È opportuno imparare a cogliere sia gli aspetti espliciti che quelli
impliciti di ciò che ci dicono le persone con cui interagiamo. In
questo modo è possibile riconoscere quando una persona ci sta
dicendo quello che pensa oppure ci sta dicendo semplicemente
quello che vogliamo sentirci dire.
4. CREARE OPPORTUNITÀ PER STABILIRE NUOVI CONTATTI.
L’operatore deve essere in grado di inserirsi in ogni situazione
che gli permetta di incontrare nuove persone in modo informale
e sistematico. Ad esempio, un operatore di comunità che è
chiamato a svolgere un intervento in un quartiere preciso può
passeggiare per le vie del quartiere in orari di punta, al contrario,
un operatore che deve svolgere un intervento in una grande città
può approfittare di eventi pubblici organizzati.
5. DARE QUALCOSA PER AVERE QUALCOSA IN CAMBIO.
L’operatore, per ottenere informazioni/denaro dal proprio
interlocutore, deve prima di tutto permettergli di esplicitare ciò
che gli interessa, quali sono i suoi bisogni, i suoi svaghi, ecc.
In questo modo l’interlocutore può stabilire un dialogo e un
rapporto positivo con l’operatore e, se dopo una prima
conoscenza si trovano sulla stessa lunghezza d’onda, può
finanziare o prendere parte al progetto.
6. NON CREDERE A TUTTO QUELLO CHE CI RACCONTA LA GENTE.
Le intenzioni non si trasformano sempre in azioni. Ad esempio,
può capitare che il preside di una scuola di un quartiere
complicato, in un momento di sconforto, affermi di volersi di
mettere ma non lo faccia poiché ripensando a freddo la
situazione riconosce che se si dimette genera ulteriore danno alla
comunità.
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Ad esempio, se un gruppo si riunisce a fine giugno con lo scopo di occuparsi delle attività ricreative e
progetta un intervento nella prima metà di luglio è compito dell’operatore aiutare il gruppo a comprendere
che un intervento necessita di una fase di preparazione più lunga (raccogliere i fondi economici, i permessi,
riunire le persone disponibili a prendere parte al torneo, ecc.), pertanto, il periodo migliore per svolgerlo in
modo efficace è alla fine di agosto.
Se il primo intervento attuato dal gruppo fallisce, la possibilità di abbandono e di rinuncia ad altri interventi
da parte dei membri del gruppo è alta.
DEMOCRAZIA DIRETTIVA?
Quando in un gruppo ci sono delle persone che iniziano a porsi come leader direttivi senza mostrare
interesse per le opinioni degli altri membri è difficile ristabilire un ordine e una democrazia che permetta al
gruppo di gestirsi autonomamente ma rispettando e considerando l’importanza del contributo di ogni
membro.
Per evitare questa situazione, l’operatore che, osservando il gruppo, nota delle personalità troppo forti che
rischiano di annullare le altre, può assumere un ruolo più direttivo cercando di ristabilire l’ordine sin da
subito e affidando ad ogni membro un determinato compito di modo che il gruppo non possa fare a meno
di nessuno.
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STRUTTURATRE IL GRUPPO
Per aiutare il gruppo a prendere decisioni efficaci e democratiche si può far riferimento ad alcuni aspetti
delle organizzazioni formali caratterizzate da una struttura composta da figure ad hoc che, regolarmente e
sistematicamente, registrano quanto accade all’interno del gruppo.
Molti operatori di comunità ritengono che, per interventi efficaci, è fondamentale che nel gruppo si
verifichi una rotazione dei ruoli, tuttavia questo non è sempre possibile soprattutto per quanto riguarda i
ruoli di segreteria o amministrativi per i quali c’è bisogno di caratteristiche e competenze specifiche che
non tutti possono avere.
Alcuni operatori di comunità ritengono che i gruppi orizzontali anti-gerarchici siano efficaci, tuttavia, anche
in questo caso si può incorrere in numerose discussioni e numerosi problemi nel momento in cui all’interno
del gruppo ci siano persone che lavorino meno di altre.
Un’organizzazione efficace ha bisogno, nella stessa misura, di: 1. Leadership;
2. Partecipazione collettiva;
3. Competenze adeguate.
Pertanto, definire a priori delle gerarchie
e dei ruoli all’interno della comunità
permette di perseguire interventi efficaci.
L’operatore di comunità ha il compito di
mantenere un buon grado di equilibrio
tra questi tre elementi.
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Inoltre, è necessario stabilire i ruoli di responsabilità di ciascun membro del gruppo, ad esempio chi
accoglierà le persone, chi si fermerà dopo l’incontro per rispondere ad ulteriori domande, ecc.; questo
processo va discusso e condiviso insieme a tutti i membri del gruppo, ognuno deve avere la possibilità di
proporsi per un determinato ruolo.
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LA PARTECIPAZIONE VERTICALE
La partecipazione orizzontale riguarda la gente normale che non riveste posizioni istituzionali.
La partecipazione orizzontale riguarda le istituzioni pubbliche.
Può essere di differenti tipi: - le istituzioni pubbliche informano i cittadini
delle decisioni che sono già state prese in
precedenza, ad esempio viene comunicata alla
popolazione locale la chiusura di una strada;
- la comunità si fa carico autonomamente delle
questioni che la interessano.
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UTILIZZARE I MASSMEDIA
Per permettere al gruppo di comunicare con la stampa nel modo adeguato, l’operatore può sostenere il
gruppo nella preparazione di un comunicato stampa.
Per quanto riguarda la radio, è importante affiancare il gruppo alimentando la loro autostima e
preparandoli a rispondere e a ricevere numerose domande.
L’operatore può proporre al gruppo dei corsi di formazione per imparare a parlare in pubblico e ai
massmedia.
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GESTIRE IL DENARO
La gestione delle risorse finanziarie genera numerosi conflitti all’interno del gruppo, pertanto l’operatore
deve far presente del carico di responsabilità che si riceve se si intende ricoprire il ruolo di gestione del
denaro.
Per quanto riguarda gli aspetti contabili, l’operatore deve porsi in maniera piuttosto direttiva per evitare
eventuali conflitti riguardanti una cattiva gestione del denaro e un’appropriazione indebita da parte di chi
dovrebbe gestire il denaro secondo gli interessi del gruppo.
VIVERE IN LOCO
È opportuno che l’operatore che è chiamato a lavorare con un quartiere preciso o in contesto limitato viva
all’interno di quel contesto. Questo approccio ha risvolti: a) Positivi, poiché permette all’operatore di:
- prendere più contatti;
- comprendere le esigenze e i bisogni
della comunità;
- sentirsi parte della comunità
permettendo loro di riconoscerlo
come uno di loro.
b) Negativi, poiché l’operatore:
- viene visto sempre come
professionista e mai come
individuo;
- non ha mai riposo e tempo per sé;
- può perdere l’obbiettività.
L’AUTOFINANZIAMENTO
Tutti i gruppi di comunità necessitano di finanziamenti esterni per poter perseguire i loro obiettivi,
l’operatore deve aiutare il gruppo ad acquisire competenze di auto-finanziamento ma ricordando loro che
non è realistico pensare di non ricevere, in futuro, dei finanziamenti esterni.
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FARE ADVOCACY
Il ruolo di advocacy consiste nel facilitare i contatti tra la comunità e gli enti locali (amministratori, politici,
ecc.), l’operatore che deve ricoprire questo ruolo deve essere in grado di svolgere la funzione di mediatore,
ovvero deve essere in grado di spiegare ad una parte i punti di vista dell’altra.
I rischi del ruolo di advocacy sono: - il rapporto di dipendenza tra operatore e gruppo, se l’operatore agisce
sempre al posto del gruppo quest’ultimo non potrà mai acquisire la
giusta autonomia;
- il ruolo cuscinetto dell’operatore, quando l’operatore veste i panni di
una o dell’altra parte evitando loro un confronto;
- l’ingigantimento delle difficoltà, quando l’operatore è pessimista e non
crede che le cose possano cambiare.
L’operatore che assume il ruolo di advocacy lavorando a stretto contatto con gli amministratori locali può
influenzare, in modo diretto, i processi politici e amministrativi a favore della comunità per il quale lavora.
Ad esempio può favorire la circolazione di informazioni per un finanziamento.
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d) Pianificazione economica e delle attività, il budget economico e le attività da svolgere devono essere
pianificate in modo sistematico e dettagliato, può essere
molto utile pianificare questi interventi mensilmente. Ad
esempio, se bisogna per organizzare una conferenza bisogna
prima di tutto vedere quale budget si ha a disposizione, poi
prenotare la sala, poi pubblicizzare l’evento.
e) Gestire le risorse umane, per far si che si verifichi una partecipazione attiva e positiva da parte di tutti i
membri è fondamentale che ognuno venga riconosciuto e apprezzato per le
sue capacità.
PETERS afferma che per il successo e l’efficacia di un’organizzazione è
necessario: - valorizzare lo staff;
- soddisfare sempre i clienti;
- coltivare continuamente l’innovazione;
- avere una buona leadership e uno stile manageriale che
faccia leva sui contatti informali, ovvero sui rapporti tra
manager e operatori.
f) Gestire i volontari, per alcuni progetti è necessario l’intervento di volontari esterni alla comunità, ad
esempio nel caso di un’azione collettiva che mira a facilitare il trasporto dei disabili
potrebbe risultare fondamentale un volontario che decide gratuitamente di offrirsi
come autista di un pullmino appositamente attrezzato.
I volontari devono essere coinvolti prima con incarichi semplici e, man mano, dopo
corsi di formazione è possibile dare loro incarichi più consistenti e più impegnativi.
L’impegno dei volontari deve essere costante ma, al tempo stesso, non eccessivo.
Con il passare del tempo e con la giusta formazione, alcuni dei volontari più attivi che
sono in grado di assumere il ruolo di facilitatori, vengano assunti regolarmente con
contratto e retribuzione.
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LABONTÈ afferma che per migliorare le condizioni di salute di una comunità è necessario intervenire prima
di tutto nella logica di lavoro di comunità generico coinvolgendo gli abitanti ad esplicitare i loro
interessi e i loro bisogni.
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Il principale limite delle Task Forces è che sono sempre state guidate dall’alto impedendo la
partecipazione diretta delle comunità locali. In secondo luogo, non è stato pianificato ciò
che si sarebbe fatto una volta completato l’obiettivo iniziale che si erano poste.
Dall’inizio degli anni 90, una volta raggiunto il proprio obiettivo, le Task Forces si sono trasformate in
fondazioni di sviluppo aventi, sin dall’inizio, più obbiettivi da raggiungere e condizionando i programmi
ordinari, ovvero i programmi in grado di migliorare realmente e nel lungo periodo le condizioni della
comunità svantaggiata.
La strategia programme bending prevede di condizionare i programmi ordinari, come percorsi di
formazione o servizi per l’impiego, istituendo delle collaborazioni con i
fornitori dei servizi al fine di produrre prestazioni migliori e più consone ai
bisogni della comunità.
Così come avviene per la pianificazione sociale nel lavoro di comunità,
anche il programme bending necessita di:
1. Investire a lungo termine nelle capacità di sviluppo della comunità;
2. Lavorare dal basso entrando a contatto diretto con la comunità
rafforzandone la fiducia e l’efficacia;
3. Creare un rapporto di partnership e di collaborazione tra operatori,
comunità e enti locali;
4. L’organizzatore deve essere neutrale e qualificato;
5. L’organizzazione deve ricevere finanziamenti esterni.
UN MIGLIORAMENTO REALE?
Per un autentico e reale sviluppo di comunità è necessario:
a) promuovere interventi dal basso, ovvero l’operatore deve relazionarsi direttamente con la comunità e
progettare interventi di lunga durata per permettere alla comunità di
sviluppare la capacità di promuovere autonomamente i propri
interventi.
b) promuovere interventi di sviluppo a lungo termine, ovvero sviluppare forme di partenariato che
permettono alla comunità di collaborare con enti
pubblici e privati influenzando ed incidendo sulle
condizioni delle infrastrutture.
In conclusione, per migliorare le condizioni di vita delle comunità svantaggiate, è quindi necessario sia lo
sviluppo della comunità che la pianificazione dei servizi.
LA FORMAZIONE SU MISURA
La formazione su misura è un modello formativo che si rivolge soprattutto alle persone che, generalmente,
vivono in una condizione di emarginazione o diseguaglianza, ad esempio disabili, donne, minoranze
etniche, ecc.
Si tratta di un percorso di formazione che, se termina con esito positivo, dà alle persone che vi hanno
partecipato la possibilità di sostenere un colloquio di lavoro. Generalmente, la metà delle persone che
decide di intraprendere questo percorso di formazione trova un lavoro.
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Inizialmente, il maggiore potere decisionale spettava agli enti pubblici ma, con il passare del tempo, si è
riconosciuto che per un rapporto di partenariato efficace è fondamentale il coinvolgimento attivo della
comunità nel quale si vuole intervenire.
La difficolta nel creare rapporti di partenariato efficaci ed efficienti riguarda:
1. Coloro che rivestono una posizione di potere ritengono di aver sempre maggiore voce in capitolo. Ad
esempio, è capitato che il comune e gli enti locali prendessero delle decisioni senza coinvolgere la
comunità. Una volta venivano proposti gli interventi alla comunità quest’ultima li bocciava affermando
che non corrispondevano alle reali ed attuali necessità della comunità stessa.
2. Nonostante siano interventi che devono promuovere la partecipazione della comunità, è importante non
creare gruppi eccessivamente ampi poiché c’è il rischio che durante le riunioni non si venga a capo di
nulla. Per risolvere questo problema può essere formato a priori un comitato esecutivo ristretto (10
persone al massimo) che si prende il compito di rappresentare tutti i gruppi coinvolti, ovvero comunità,
enti locali, associazioni di volontariato, ecc.
3. I rapporti di partenariato, avendo molteplici scopi e obiettivi da raggiungere, richiedono un ampio
dispendio di tempo e di risorse.
4. Tra tutti i gruppi coinvolti deve esserci un rapporto di fiducia reciproca e degli obiettivi di comune
interesse.
Generalmente, solo la metà delle organizzazioni di partenariato riesce ad ottenere i risultati che si è
prefissata all’inizio dell’intervento.
Quando si dà vita ad un’organizzazione di partenariato è opportuno stabilire sin da subito quel è la vision e
la mission al quale l’organizzazione farà riferimento nel tempo sia per la fase di progettazione che per
quella di valutazione. È fondamentale che ogni parte abbia in chiaro che cosa si aspettano le altre parti
coinvolte.
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Un ente locale che vuole promuovere lo sviluppo di comunità deve: a) mettere i politici nella condizione di
comprendere il significato dello
sviluppo di comunità e
dell’importanza del proprio
contributo al fine di promuovere tale
sviluppo;
b) approvare e diffondere una
dichiarazione politica d’intenti che
sostenga lo sviluppo di comunità;
c) assumere un funzionario che si
occupi della gestione di tutte le
strategie di sviluppo di comunità;
d) valutare i bisogni imminenti della
comunità individuando il punto
focale dei lavori;
e) instaurare collaborazioni con altre
organizzazioni che si occupano di
lavoro di comunità;
f) assumere lo staff di progetto;
g) istituire un organo e un sistema di
monitoraggio e valutazione.
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