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Riassunto il lavoro sociale e di comunità

Promozione della salute (Università degli Studi di Torino)

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IL LAVORO SOCIALE E DI COMUNITÀ


Capitolo 1: CHE COS’È IL LAVORO DI COMUNITÀ?
Il lavoro di comunità è un processo che permette di aiutare le persone a migliorare la loro comunità di
appartenenza attraverso iniziative collettive. Può essere svolto da operatori di
comunità ma anche da assistenti sociali, educatori professionali e operatori sanitari.
L’obiettivo principale del lavoro di comunità è garantire alle persone in difficoltà
(economiche, fisiche o sociali) un miglioramento delle proprie condizioni di vita e
permettere loro di interiorizzare tale miglioramento alimentando le proprie abilità e la
propria autostima.
La comunità deve risultare un gruppo democratico, efficace, inclusivo e con obiettivi
condivisi.
Gli operatori di comunità sono coloro che si adoperano nel promuovere questo servizio aiutando la
comunità a sviluppare autonomamente delle iniziative di suo interesse. Si tratta di
figure professionali che necessitano di una formazione adeguata e di una
retribuzione, quindi non si parla di volontariato.

GLI APPROCCI AL LAVORO DI COMUNITÀ


Il lavoro di comunità è frutto di molteplici e differenti approcci che entrano in gioco relazionandosi l’un
l’altro. Si parla di:
 LAVORARE CON E PER LA COMUNITÀ.
Lavorare con e per la comunità riguarda lo sviluppo di comunità e la pianificazione dei servizi.
Sviluppo di comunità, è il modello di intervento maggiormente utilizzato, consiste nel lavorare CON la
comunità supportando le iniziative già esistenti o creandone delle nuove.
Gli operatori collaborano con la comunità mantenendo un atteggiamento
neutrale e accompagnando le persone in modo non direttivo, ovvero senza
condizionarne scelte e comportamenti.
Pianificazione dei servizi, conosciuta anche come lavoro di rete, consiste nel lavorare PER la comunità.
Gli operatori devono collaborare in modo diretto con gli enti sociali (politici e
organizzazioni che forniscono i servizi) sottolineandogli le esigenze della
comunità.
L’operatore di comunità deve essere in grado di utilizzare entrambi i modelli adattandoli alle
circostanze specifiche nel quale interviene. Ad esempio, le organizzazioni ombrello di quartiere sono
costituite sia dalla comunità che dagli enti locali, per questo l’operatore deve essere in grado di gestire
entrambi i gruppi.
 APPROCCI DI AUTO-AIUTO O APPROCCI DI PRESSIONE.
Auto-aiuto, si tratta di bisogni collettivi che richiedono interventi da parte della comunità stessa. Ad
esempio gruppi giovanili, circoli per anziani, volontariato a domicilio ecc.
Approcci di pressione, si tratti di bisogni collettivi che richiedono un intervento da parte di
organizzazioni esterne alla comunità. Ad esempio, la comunità si muove con
campagne pubbliche per richiedere interventi da parte di enti sociali come le
organizzazioni politiche.
 APPROCCIO GENERALISTA O APPROCCIO SPECIALISTICO.
L’operatore generalista è colui che è in grado di lavorare con interlocutori differenti (donne, bambini,
anziani, disabili, ecc.) affrontando tematiche differenti (gioco, dipendenza,
violenza, abusi, ecc.). Ne è un esempio l’educatore socio-culturale che è in
grado di approcciarsi a contesti e destinatari differenti, ad esempio può
lavorare con gli anziani ma può anche lavorare con i ragazzi.
L’operatore generalista aiuta le persone ad esplicitare i propri bisogni,
indipendentemente dalla loro natura.
È un lavoro dal basso.
L’operatore specialistico è colui che è in grado di lavorare su tematiche specifiche e con gruppi di
interlocutori ristretti. Ne è un esempio l’educatore della prima infanzia che è

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in grado di lavorare solo con bambini nella fascia 0-3 anni.


L’operatore specialistico si occupa principalmente di facilitare l’accesso e
migliorare la qualità delle prestazioni e dei servizi offerti; l’interazione con i
consumatori è scarsa.
È un lavoro dall’alto.
Le organizzazioni di servizi preferiscono lavorare con operatori specialistici.
WILLMOTT afferma che per un’iniziativa realmente efficace sono necessari sia interventi di lavoro dal
basso che interventi di lavoro dall’alto.
 OBIETTIVI DI PROCESSO E OBIETTIVI DI PRODOTTO.
L’approccio per obiettivi di processo riguarda i cambiamenti della fiducia, delle conoscenze, delle abilità
delle persone.
Si interessano di obiettivi di processo i cosiddetti gruppi espressivi,
ovvero i gruppi che mirano ad organizzare azioni collettive interne
al gruppo stesso. Ne sono un esempio scuole, attività ricreative e
attività assistenziali. Quindi, coloro che partecipano ad un gruppo
espressivo traggono un vantaggio personale dall’azione collettiva.
L’approccio per obiettivi di prodotto riguarda i cambiamenti delle condizioni materiali.
Si interessano di obiettivi di prodotto i cosiddetti gruppi
strumentali, ovvero i gruppi che mirano ad organizzare un’azione
collettiva esterna al gruppo. Quindi, coloro che partecipano ad un
gruppo strumentale non traggono un vantaggio personale
dall’azione collettiva.
Il lavoro di comunità richiede che gli obiettivi di prodotto vadano perseguiti attraverso un processo che
metta i partecipanti in condizione di controllare ogni aspetto fino a maturare la capacità di agire
autonomamente. È quindi fondamentale la convivenza tra obiettivi di processo e obiettivi di prodotto.
 OPERATORE FACILITAZIONE O OPERATORE ORGANIZZAZIONE.
L’operatore di comunità deve essere un facilitatore e una guida non direttiva. Tuttavia, quando è
necessario raggiungere obiettivi in tempi brevi oppure quando i membri del gruppo non hanno la
motivazione e le abilità necessarie per svolgere l’azione collettiva, l’educatore deve assumere un ruolo
più direttivo, ovvero diventa leader organizzatore.
L’educatore può anche svolgere il ruolo di: - mediatore;
- sostenitore;
- risolutore di problemi;
- esperto del campo.
 LAVORO DI COMUNITÀ “IN SENSO STRETTO” O “COME STILE DI LAVORO”.
Il lavoro di comunità in senso stretto viene svolto quando l’operatore opera con l’obiettivo di facilitare
un’iniziativa collettiva autonoma della comunità.
Tuttavia, coloro che lavorano a stretto contatto con la comunità locale, come postini, insegnanti e
negozianti, possono svolgere la loro professione nell’ottica del lavoro di comunità accogliendo interessi
e necessità della comunità.
 LAVORO VOLONTARIO O PROFESSIONE.
L’operatore di comunità che interviene in modo volontario è un leader che attua processi di sviluppo di
comunità.
L’operatore di comunità che interviene per professione, quindi retribuito, è un facilitatore che attua
lavori per sviluppare la comunità.

PARADOSSO: PARTIRE DAL PUNTO IN CUI SONO I PROPRI INTERLOCUTORI


Ogni intervento di sviluppo di comunità richiede che i membri si assumano in prima persona la
responsabilità dell’agire, tuttavia, può capitare che ciò su cui gli operatori si concentrano non rispecchi la
volontà della comunità.
Ad esempio, gli operatori di comunità invitano gli abitanti del quartiere popolare ad una riunione per
indurre il comune ad investire maggiormente nella manutenzione delle loro case, tutti dicono
di essere favorevoli ma nel momento della riunione nessuno si presenta.

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L’operatore che si trova in questa situazione può: - agire ugualmente facendosi carico
personalmente dell’azione collettiva;
- pazientare e sensibilizzare la comunità
sull’argomento fino a quando la comunità
stessa non si decide ad agire.
- agire in funzione delle priorità che la
comunità ha esplicitato anche se
l’operatore non le condivide.
L’operatore di comunità è chiamato a non farsi prendere dall’entusiasmo per i propri obiettivi, deve riuscire
a mantenere un atteggiamento osservativo che gli permette di analizzare la situazione e di cogliere se la
comunità ha intenzione di agire e partecipare attivamente oppure se aspetta una figura leader che si
prenda la responsabilità di gestire personalmente la situazione.

A CHE COSA SERVE IL LAVORO DI COMUNITÀ?


Il lavoro di comunità è un insieme di valori, tecniche, abilità e prospettive.
I valori sul quale si fonda il lavoro di comunità riguardano la giustizia, la dignità, il rispetto e il
miglioramento delle condizioni di vita di tutti coloro che vivono, per diversi motivi, in condizioni di
svantaggio. Ad esempio, poveri e disabili.
L’operatore di comunità deve promuovere interventi che migliorino le condizioni di vita delle persone
svantaggiate aiutandole ad accrescere la propria autostima e la propria capacità di azione.

IL PROBLEMA DELL’INVISIBILITÀ
Molti degli interventi dell’operatore di comunità risultano “dietro le quinte” e non osservabili direttamente.
Ad esempio, non è facile far capire ai finanziatori come è stato possibile portare al successo una
determinata azione coinvolgendo la comunità e aiutandola a prendere parte attiva a tale
processo.
Un modo utile per ovviare al problema dell’invisibilità è quello di portare sul campo i
finanziatori per fargli toccare con mano il successo dell’azione promossa con la comunità e,
solo in un secondo momento, spiegare loro come si è raggiunto tale successo.

Capitolo 2: COSTRUIRE IL PROGETTO E SCOPRIRE CHE COSA VOGLIONO LE


PERSONE.
COSTRUIRE IL PROGETTO
La progettazione del lavoro di comunità avviene in tempi rapidi a causa delle scadenze dei bandi di
progetto.
Può capitare che le idee di chi progetta non siano condivise dalla comunità ma che i finanziatori decidano di
appoggiare comunque il progetto. Quando i risultati ottenuti alla fine del progetto sono differenti da quelli
che i finanziatori si aspettavano si verificano dei conflitti; per evitare questa situazione è fondamentale che
l’operatore di comunità spieghi ai finanziatori, sin dal principio, in modo molto dettagliato i risultati che ci si
aspetta di ottenere e le azioni che si metteranno in atto per raggiungerli, in questo modo i finanziatori
hanno la possibilità di riflettere e di decidere se investire nel progetto assumendosi il rischio di non
raggiungere tutti i risultati prefissati. È fondamentale che i finanziatori facciano proprio il progetto e si
sentano direttamente coinvolti.
Nel corso del progetto, l’operatore di comunità ha il compito di interrogarsi continuamente sulle
aspettative della comunità considerando che possono mutare nel corso dell’attuazione del progetto.
La fase di preparazione del progetto è molto importante e deve durare almeno un anno; in questa fase
vengono esplicitati i risultati attesi e le modalità di monitoraggio che verranno utilizzate.

PRENDERE CONTATTI: IL PANE QUOTIDIANO DELL’OPERATORE DI COMUNITÀ


Una volta terminata la fase di preparazione del progetto, l’operatore di comunità, che dal suo intervento
vuole ottenere risultati tangibili, deve guadagnarsi il sostegno di più persone possibili. Per farlo, l’operatore
deve stabilire contatti con tutti i membri della comunità fino a trovare il maggior numero di persone che
siano disponibili all’attuazione del progetto e che gli diano fiducia.

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Le regole che l’operatore di comunità deve seguire per poter prendere contatti con la comunità e con i
possibili finanziatori del progetto sono: 1. NON PERDERE L’OPPORTUNITÀ PER STABILIRE O RISTABILIRE
UN CONTATTO.
Quando si incontra una persona per la prima volta è opportuno
cercare di comprendere il suo punto di vista e i suoi interessi e,
solo in un secondo momento, fargli delle richieste riguardo al
progetto.
2. FARE ATTENZIONE ALLE IMPRESSIONI CHE GLI ALTRI HANNO DI
NOI.
È opportuno domandarci se il modo in cui ci presentiamo agli
altri rappresenta quello che vogliamo trasmettergli. Ad esempio,
il modo in cui sono vestito, la puntualità, la coerenza tra ciò che
voglio essere e come mi presento.
3. ASCOLTARE E OSSERVARE.
È opportuno imparare a cogliere sia gli aspetti espliciti che quelli
impliciti di ciò che ci dicono le persone con cui interagiamo. In
questo modo è possibile riconoscere quando una persona ci sta
dicendo quello che pensa oppure ci sta dicendo semplicemente
quello che vogliamo sentirci dire.
4. CREARE OPPORTUNITÀ PER STABILIRE NUOVI CONTATTI.
L’operatore deve essere in grado di inserirsi in ogni situazione
che gli permetta di incontrare nuove persone in modo informale
e sistematico. Ad esempio, un operatore di comunità che è
chiamato a svolgere un intervento in un quartiere preciso può
passeggiare per le vie del quartiere in orari di punta, al contrario,
un operatore che deve svolgere un intervento in una grande città
può approfittare di eventi pubblici organizzati.
5. DARE QUALCOSA PER AVERE QUALCOSA IN CAMBIO.
L’operatore, per ottenere informazioni/denaro dal proprio
interlocutore, deve prima di tutto permettergli di esplicitare ciò
che gli interessa, quali sono i suoi bisogni, i suoi svaghi, ecc.
In questo modo l’interlocutore può stabilire un dialogo e un
rapporto positivo con l’operatore e, se dopo una prima
conoscenza si trovano sulla stessa lunghezza d’onda, può
finanziare o prendere parte al progetto.
6. NON CREDERE A TUTTO QUELLO CHE CI RACCONTA LA GENTE.
Le intenzioni non si trasformano sempre in azioni. Ad esempio,
può capitare che il preside di una scuola di un quartiere
complicato, in un momento di sconforto, affermi di volersi di
mettere ma non lo faccia poiché ripensando a freddo la
situazione riconosce che se si dimette genera ulteriore danno alla
comunità.

IL PROFILO DI COMUNITÀ (o ANALISI DEI BISOGNI DI COMUNITÀ)


Il profilo di comunità si occupa inizialmente di raccogliere informazioni riguardanti i bisogni della comunità
e, in un secondo momento, di analizzare le possibili azioni da intraprendere. Si tratta di un processo
delicato e molto importante al fine di costruire un progetto realmente perseguibile e di poter raggiungere
gli obiettivi che ci si è prefissati.
Un buon profilo di comunità deve contenere: a) informazioni hard, costituite da dati quantitativi reperibili
dalle fonti statistiche ufficiali, ad
esempio il censimento.
b) informazioni soft, costituite da opinioni e punti di vista di
natura soggettiva, ad esempio l’opinione
degli abitanti sui bisogni della comunità.
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Per la costruzione del profilo di comunità l’operatore deve raccogliere informazioni:


 nel proprio servizio, il primo passo da compiere è comprendere le aspettative dei colleghi che lavorano
come operatori di comunità nello stesso servizio stabilendo con loro una relazione
positiva e consultando insieme tutti i documenti rilevanti sul caso, può capitare che
tali documenti non siano sufficienti o non siano facilmente reperibili.
Un altro aspetto importante è quello di informarsi sulle esperienze, positive e
negative, vissute dalla comunità in progetti svolti in passato.
Questo processo di conoscenza preliminare non deve prolungarsi in modo eccessivo,
l’operatore di comunità deve essere consapevole del motivo per il quale decide di
incontrare e stabilire contatti con altre persone; ogni operatore dà vita ad una rete di
contatti personali.
 quantitative, quando si opera in un contesto è importante conoscerne le dimensioni e la struttura
anagrafica. Questo genere di informazioni possono essere reperibili dalle fonti statistiche
ufficiali come il censimento ma anche da altre persone esperte sul campo, ad esempio se si
vuole intervenire in ambito scolastico è possibile raccogliere informazioni quantitative
coinvolgendo alcuni insegnanti chiedendo loro di evidenziare quali cambiamenti stanno
avvenendo nella comunità.
Per poter attuare un buon lavoro di comunità bisogna anche conoscere:
- la struttura economica locale, ad esempio che lavoro fanno le persone e quale
retribuzione hanno;
- le condizioni delle infrastrutture, ad esempio quante persone sono in affitto, quante
persone hanno una casa di proprietà, in quali condizioni
sono le abitazioni, ecc.;
- le autorità politiche, ovvero i partiti che hanno più potere;
- i servizi istituzionali, come strutture sanitarie, scuole, trasporti pubblici, ecc.
Per poter accedere a queste informazioni è importante conoscere e visitare il quartiere sul
quale si dovrà progettare un intervento di comunità toccando con mano tutti gli aspetti
negativi e positivi che vengono offerti a quella popolazione.
 dalle persone sul posto, quando gli altri operatori di comunità ci consigliano di andare a parlare con una
persona è importante dire fin da subito chi ci ha dato il loro contatto descrivendo
loro il nostro ruolo professionale, ovvero quello di aiutare loro e la comunità ad
affrontare e migliorare le criticità di un problema di interesse collettivo.
Dopo aver parlato con questa persona si chiede se è possibile avere altri contatti
a cui fare riferimento, questo tipo di campionamento è detto “a valanga”. Il limite
di questo tipo di campionamento è quello di rimanere all’interno della stessa rete
di persone, questo perché si tende a mettersi in contatto soprattutto con chi si
conosce bene.
HENDERSON e THOMAS affermano che, nel raccogliere le informazioni, è utile partire da una prospettiva
ampia per poi restringerla con l’avanzare della ricerca.

ANALISI, PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE


Il profilo di comunità, dopo aver raccolto le informazioni, deve utilizzarle e analizzarle per porre le
fondamenta dell’azione progettuale. Per farlo si riorganizzano e riordinano le informazioni raccolte
mettendo in luce sia i bisogni oggettivi della comunità che la percezione soggettiva della popolazione.
L’operatore sarà poi chiamato a progettare tutte le possibili azioni di intervento e, dopo aver chiarito il
quadro della situazione, ne verrà scelta una strada basandosi su: - valutazione dei bisogni della comunità a
partire dai dati raccolti;
- aspettative del servizio di lavoro di
comunità;
- ideologia e sistema di valori promossi
dagli operatori di comunità;
- probabilità di successo dell’intervento;
- interesse e motivazione alla
collaborazione da parte della comunità.
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PROFILI DI COMUNITÀ FAI DA TE


Alcune volte, la comunità, con l’aiuto di un operatore, si fa carico in modo volontario e diretto della
costruzione del proprio profilo di comunità.
Ad esempio, l’operatore aiuta un gruppo di persone a creare un questionario da sottoporre a tutto il resto
della comunità. Una volta terminata la costruzione del questionario, il gruppo andrà personalmente a
sottoporre il questionario ai concittadini.

Capitolo 3: LAVORARE CON LA COMUNITÀ: AIUTARE LE PERSONE AD


AVVIARE E A GESTIRE PROGETTI
L’operatore di comunità, per poter promuovere un intervento efficace, deve disporre del potere e della
legittimazione da parte di un’organizzazione.

IL LAVORO INTENSIVO PER L’AVVIO DI UN PROGETTO


Per costruire un gruppo comunitario autonomo è necessario: 1. Contattare le persone e stabilire un’analisi
dei bisogni;
2. Unire le persone aiutandole ad identificare
i loro bisogni e motivandole a perseguirli;
3. Aiutare le persone a comprendere cosa
bisogna fare per soddisfare i loro bisogni;
4. Aiutare le persone a porsi degli obiettivi;
5. Aiutare le persone a costruire e mantenere
un’organizzazione adatta a rispondere agli
obiettivi;
6. Aiutare le persone ad acquisire risorse;
7. Aiutare le persone a stabilire delle priorità;
8. Aiutare le persone a dividersi i compiti;
9. Aiutare a riportare i risultati del singolo
all’intero gruppo.

METTERE INSIEME LE PERSONE


La difficoltà dell’operatore sta nell’indurre la comunità a riflettere su ciò che potrebbero fare per
modificare e migliorare la situazione negativa del quale si lamentano. Infatti, non è difficile far si che le
persone siano predisposte a parlare di quelli che sono i loro bisogni e le loro necessità, piuttosto è difficile
coinvolgerle cercando di responsabilizzarle a svolgere delle azioni in prima persona.
L’operatore che cerca di capire se la comunità è disposta a farsi carico dell’agire deve:
1. Individuare i punti che riguardano i problemi della comunità stimolando l’interesse e la responsabilità
della gente, ad esempio se i problemi riguardano i trasporti pubblici, l’operatore chiede al gruppo se
conoscono altre persone che pensano che i servizi pubblici non siano ben organizzati e se pensano che,
formando un’organizzazione, sia possibile risolvere il problema;
2. Far comprendere alla comunità che il progetto non è dell’operatore ma è il loro, in questo modo le
persone si sentiranno maggiormente coinvolte e responsabili ad intervenire;
3. Il rapporto tra operatore e comunità deve essere un rapporto di autonomia e non un rapporto di
dipendenza, l’operatore deve aiutare le persone ad agire autonomamente e non deve essere lui ad agire
per loro.
È fondamentale cercare di allargare i confini del gruppo coinvolgendo più persone ed evitando che diventi
espressione di una cricca di persone che già si conoscono da tempo. Per farlo è possibile sfruttare le testate
giornalistiche locali, la radio e le pubblicità tramite volantini.

METTERE A FUOCO UN SOLO OBIETTIVO


La dimensione ideale di un gruppo è di 5-6 persone, l’operatore ha il compito di incoraggiare le persone
facendogli comprendere che sono in numero sufficiente per poter promuovere un intervento efficace.
Un altro compito importante dell’operatore durante le prime fasi di organizzazione del progetto da attuare
riguarda l’aiutare il gruppo a concentrarsi su un solo obiettivo che deve essere realistico e realmente
realizzabile.

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Ad esempio, se un gruppo si riunisce a fine giugno con lo scopo di occuparsi delle attività ricreative e
progetta un intervento nella prima metà di luglio è compito dell’operatore aiutare il gruppo a comprendere
che un intervento necessita di una fase di preparazione più lunga (raccogliere i fondi economici, i permessi,
riunire le persone disponibili a prendere parte al torneo, ecc.), pertanto, il periodo migliore per svolgerlo in
modo efficace è alla fine di agosto.
Se il primo intervento attuato dal gruppo fallisce, la possibilità di abbandono e di rinuncia ad altri interventi
da parte dei membri del gruppo è alta.

DEMOCRAZIA DIRETTIVA?
Quando in un gruppo ci sono delle persone che iniziano a porsi come leader direttivi senza mostrare
interesse per le opinioni degli altri membri è difficile ristabilire un ordine e una democrazia che permetta al
gruppo di gestirsi autonomamente ma rispettando e considerando l’importanza del contributo di ogni
membro.
Per evitare questa situazione, l’operatore che, osservando il gruppo, nota delle personalità troppo forti che
rischiano di annullare le altre, può assumere un ruolo più direttivo cercando di ristabilire l’ordine sin da
subito e affidando ad ogni membro un determinato compito di modo che il gruppo non possa fare a meno
di nessuno.

LE CAPACITÀ ORGANIZZATIVE E DI INTERAZIONE


L’operatore deve sostenere il gruppo offrendo loro consigli su come organizzare e gestire ogni aspetto che
permetta di elaborare un progetto efficace. Di conseguenza, l’operatore deve essere in grado di coniugare
le sue competenze organizzative a quelle relazionali poiché, per farsi ascoltare è necessario creare una
relazione di fiducia con il gruppo.
Per una comunicazione efficace è necessario: a) avere un atteggiamento empatico;
b) conoscere le esperienze che i membri del gruppo hanno
vissuto in passato;
c) spiegare in modo chiaro e semplice ciò che pensiamo;
d) utilizzare più parole concrete e meno parole astratte
cercando di fare esempi pratici di ciò che si sta dicendo;
Una tecnica utile all’operatore per riflettere sulle proprie capacità comunicative è quella di videoregistrare
gli incontri e di riguardarli in un secondo momento analizzando le risposte date e verificando se rispettano i
criteri sopra citati oppure se devono essere modificate.

IL RUOLO DELL’OPERATORE DURANTE GLI INCONTRI


Durante gli incontri, l’operatore ha il compito di aiutare il gruppo ad affrontare tutte le tematiche e gli
argomenti di discussione che sono stati precedentemente previsti, infatti, spesso accade che prima di un
incontro l’operatore abbia un colloquio individuale con ogni membro per decidere quali temi andranno
affrantati durante l’incontro di gruppo.
Un operatore facilitatore deve essere in grado di: 1. Porre delle domande che permettano al gruppo di
riflettere e di elaborare delle strategie di intervento
efficaci, ad esempio se si parla di fare una
manifestazione l’educatore chiede al gruppo dove e
come poter reperire i permessi aprendo una
discussione;
2. Mettere in guardia il gruppo quando sta per compiere
un errore;
3. Spiegare al gruppo le proprie opinioni ma ricordandogli
che sono loro a dover agire e a prendere decisioni;
4. Esplicitare che ruolo intende svolgere all’interno del
gruppo, ad esempio se intende aiutarli sono nella fase
di partenza o se intende accompagnarli per più tempo
nel corso del progetto;
5. Insegnare al gruppo come mantenere i contatti tra loro
rispettando le opinioni e i contributi di ogni membro.

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IL LAVORO CON LE SINGOLE PERSONE COINVOLTE NEL PROGETTO


All’interno del gruppo è possibile trovare differenti tipologie di persone, ai due estremi troviamo:
 Persone che tendono a prendere le parti del leader per nascondere la loro reale insicurezza.
Queste persone decidono di prendersi dei compiti che, in realtà, non sono in grado di gestire; se
l’operatore si accorge di questa situazione può proporsi e offrirsi in loro aiuto nell’adempimento di tali
compiti tenendo presente che queste persone sono spesso restie dal farsi aiutare.
 Persone che non sono disposte a prendersi nessuna responsabilità personale.
In questa situazione l’operatore ha il compito di lavorare sull’autostima della persona affiancandola in un
primo momento ma mettendo in chiaro sin da subito che, nel tempo, potrà svolgere da solo il compito.

STRUTTURATRE IL GRUPPO
Per aiutare il gruppo a prendere decisioni efficaci e democratiche si può far riferimento ad alcuni aspetti
delle organizzazioni formali caratterizzate da una struttura composta da figure ad hoc che, regolarmente e
sistematicamente, registrano quanto accade all’interno del gruppo.
Molti operatori di comunità ritengono che, per interventi efficaci, è fondamentale che nel gruppo si
verifichi una rotazione dei ruoli, tuttavia questo non è sempre possibile soprattutto per quanto riguarda i
ruoli di segreteria o amministrativi per i quali c’è bisogno di caratteristiche e competenze specifiche che
non tutti possono avere.
Alcuni operatori di comunità ritengono che i gruppi orizzontali anti-gerarchici siano efficaci, tuttavia, anche
in questo caso si può incorrere in numerose discussioni e numerosi problemi nel momento in cui all’interno
del gruppo ci siano persone che lavorino meno di altre.
Un’organizzazione efficace ha bisogno, nella stessa misura, di: 1. Leadership;
2. Partecipazione collettiva;
3. Competenze adeguate.
 Pertanto, definire a priori delle gerarchie
e dei ruoli all’interno della comunità
permette di perseguire interventi efficaci.
L’operatore di comunità ha il compito di
mantenere un buon grado di equilibrio
tra questi tre elementi.

L’ESIGENZA DI RISORSE MATERIALI E DI ASSISTENZA TECNICA


I gruppi di comunità hanno bisogno di numerose risorse pratiche come denaro, sala riunioni, computer,
fotocopiatrici, consulenze professionali, ecc. l’operatore deve riuscire a garantire al gruppo la disponibilità
di tali risorse, per farlo, deve informarsi se sul territorio locale esistono istituzioni che forniscono assistenza
tecnica ai gruppi di comunità, ne sono un esempio i centri di volontariato o i servizi per lo sviluppo locale.
L’operatore che segue la fase di avvio di un gruppo deve: 1. Frequentare gli incontri del gruppo per aiutarli
ad organizzarsi in modo adeguato e a porsi
degli obiettivi e delle priorità.
2. Lavorare con i leader del gruppo rafforzando la
loro autostima.
3. Svolgere attività a favore del gruppo, ad
esempio reperire nuove informazioni,
pubblicizzare il gruppo e creare nuovi contatti.

CREARE SOSTEGNO INTORNO AL PROGETTO


Quando il gruppo decide di agire in funzione dei bisogni della comunità è necessario organizzare incontri
pubblici in modo tale da informare tutta la comunità su quanto sta avvenendo.
L’organizzazione di tali eventi richiede una preparazione dettagliata e accurata, è importate trovare il luogo
adeguato, ad esempio un salone che permette di disporre le sedie in cerchio e non in file separate per
coinvolgere di più ogni partecipante. L’evento deve essere pubblicizzato utilizzando numerosi canali per
poter raggiungere più persone possibili, ad esempio volantini, comunicazioni in radio, manifesti pubblicitari
e furgoncino con l’altoparlante.
È fondamentale organizzare anche chi presiederà l’incontro e quali temi e con che ordine verranno trattati.

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Inoltre, è necessario stabilire i ruoli di responsabilità di ciascun membro del gruppo, ad esempio chi
accoglierà le persone, chi si fermerà dopo l’incontro per rispondere ad ulteriori domande, ecc.; questo
processo va discusso e condiviso insieme a tutti i membri del gruppo, ognuno deve avere la possibilità di
proporsi per un determinato ruolo.

I PROFESSIONISTI COINVOLTI NELLA GESTIONE DELL’INIZIATIVA


La presenza di figure professionali all’interno del gruppo può essere:
Negativa, quando i professionisti utilizzino un linguaggio tecnico non comprensibile al gruppo e si
dimostrino irrispettosi nei confronti di coloro che non capiscono o non condividono la loro
posizione.
Oppure quando i professionisti tendono ad assumere la leadership del gruppo mirando a
raggiungere le proprie priorità.
Per risolvere queste problematiche, l’operatore può incontrare singolarmente i membri del
gruppo mettendo in luce tutte le criticità che stanno accadendo stabilendo dei possibili metodi di
intervento.
Positiva, quando i professionisti aiutano il gruppo a comprendere determinate dinamiche a loro
sconosciute come eventuali problemi di funzionamento di un determinato servizio.
Ad esempio, se la comunità si lamenta dei trasporti pubblici, un autista può aiutare il gruppo a
comprendere che talvolta i ritardi sono dovuti alla scarsa manutenzione dei mezzi, pertanto per
un intervento efficace ci si dovrebbe contrare sulla manutenzione dei mezzi di trasporto.
Inoltre, il professionista che prende parte al gruppo può diventare un tramite tra la comunità e il
servizio evidenziando quali sono i bisogni della comunità e quali sono le inadempienze del
servizio, ad esempio la comunità può sottolineare la necessità di avere più corse del pullman
durante l’orario 7-9 per poter andare a scuola o a lavoro.

LAVORARE CON GRUPPI PREESISTENTI


L’operatore di comunità che si interfaccia con un gruppo già esistente ha un ruolo più limitati. Può capitare
che il gruppo lo consulti solo per una consulenza specifica o chiedendogli come si deve fare per ottenere un
finanziamento.
I rapporti tra l’operatore e il gruppo preesistente non sono profondi tanto quanto quelli con i gruppi nati a
seguito di un contribuito dell’operatore stesso.

UN APPROCCIO DIRETTIVO PER FAR PARTIRE UN PROGETTO


L’operatore che dopo diversi tentativi di creare un gruppo non riesce nel suo intento può decidere di
assumere un ruolo più direttivo iniziando ad agire assumendosi personalmente la responsabilità e
dimostrando alla comunità che è possibile prendere l’iniziativa e cambiare le cose.
Questo approccio può essere: a) Positivo, quando stimola l’interesse, la responsabilità e la partecipazione
attiva della comunità, riuscendo quindi a formare un gruppo che
agisca sotto il consiglio dell’operatore ma in modo autonomo.
b) Negativo, quando il gruppo, una volta visto che gli interventi
dell’operatore sono efficaci, decida di lasciare a lui le redini non
assumendosi alcuna responsabilità. Il gruppo può essere
disposto a seguire l’operatore a patto che sia lui ad agire.

CREAZIONE DI ORGANIZZAZIONI AMPIE E L’ESIGENZA DI STAFF PROFESSIONISTI


Le associazioni di comunità (o organizzazioni ombrello), racchiudono sia rappresentanti del quartiere che
istituzioni e organizzazioni locali; si tratta quindi di
organizzazioni che rappresentano molteplici e
differenti interessi.
Queste associazioni si occupano spesso di gestire i
centri di quartiere.
In un’organizzazione complessa e multi-scopo
come l’associazione di comunità, l’operatore deve
continuare a prendere parte in modo attivo ad
ogni progetto, continuando a seguire e dirigere il

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gruppo mantenendo sempre attivo il


coinvolgimento di tutti i membri, infatti,
l’associazione di comunità deve rappresentare
molteplici interessi senza chiudersi verso obiettivi
di una piccola rappresentanza del gruppo.
Il limite maggiore delle associazioni di comunità è
proprio quello di perseguire gli obiettivi di una
piccola rappresentanza del gruppo che risulta più
forte.

IL RITIRO: DAL LAVORO INTENSIVO ALL’USCITA DI SCENA


Considerando che il compito dell’operatore è quello di rendere autonoma la comunità, arriva un momento
in cui è necessario fare un passo indietro e ritirarsi. Tuttavia, questa fase risulta complicata nel momento in
cui la comunità con il quale si sta lavorando vive ancora in una condizione difficile e di svantaggio e che
quindi, l’allontanamento dell’operatore porterebbe ad una crisi della comunità.
Le tre possibili strategie di ritiro dell’operatore sono: 1. L’operatore passa dall’essere una presenza costante
ad avere un ruolo di sostegno secondario;
2. L’operatore rinuncia al ruolo di sostegno
secondario;
3. L’operatore viene trasferito in un’altra comunità.
Ritirarsi da un progetto è una situazione difficile per l’operatore che perde il suo status di elemento
centrale e fondante per quel progetto. Per l’operatore è difficile accettare il fatto che, senza la sua
presenza, il gruppo potrebbe fallire.
Prima di ritirarsi, l’operatore deve formare un membro del gruppo affinché lo sostituisca nelle sue funzioni
oppure delegare un altro operatore di comunità.
Il momento giusto per ritirarsi è quando il gruppo ha raggiunto una sua autonomia ed è in grado di
chiedere, in modo diretto, consigli all’operatore; in questo momento l’operatore non è più un facilitatore
del gruppo ma solo un consulente, passa dall’avere un ruolo proattivo ad uno reattivo.
SIMPSON afferma che quando il ritiro è frutto della fine del progetto, è necessario prendere i seguenti
provvedimenti: - organizzare la strategia di uscita con 12 mesi di anticipo;
- informare tutte le parti coinvolte sulle tempistiche del progetto;
- cercare di procurare al gruppo tutte le forme di supporto di cui necessita;
- gestire il ritiro in modo graduale;
- discutere la strategia di ritiro insieme al gruppo;
- mantenere informati i finanziatori e gli gruppi che sono stati coinvolti nel corso
del progetto;
- valutare il lavoro svolto fino in fondo;
- diffondere i risultati ottenuti;
- gestire con cura il distacco;
- concordare il passaggio delle attività ad altre figure.

PROMUOVERE LE COMPETENZE DELLA COMUNITÀ


Al giorno d’oggi le comunità sono sempre più chiamate a prendere parte alla progettazione e all’attuazione
delle politiche sociali, per questo motivo nasce l’esigenza di promuovere la capacità della comunità,
fenomeno che prende il nome di capacitazione della comunità (o capacity building).
La condizione essenziale per promuovere questo fenomeno è che la comunità si appropri in prima persona
di tale processo attuando dei percorsi di formazione, ovvero il gruppo deve organizzare i propri processi di
apprendimento funzionali a risolvere le criticità che la comunità deve affrontare. I corsi di formazione più
efficaci sono quelli che si concentrano sull’apprendimento esperienziale, sulle attività di gruppo e sulle
visite guidate.
Non è possibile svolgere un processo di capacitazione della comunità se la comunità stessa non ne sente
l’esigenza.

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Capitolo 4: LAVORARE CON LA COMUNITÀ: ALCUNI PROBLEMI PRATICI


LA PARTECIPAZIONE ALLE INIZIATIVE DI COMUNITÀ
La partecipazione alle iniziative di comunità dipende, principalmente, dalla possibilità di ricavarne qualcosa
di utile a livello personale. Infatti, l’unico modo per spingere le persone a coalizzare è quello di rispondere
ad un loro interesse comune.
Generalmente, le persone che vivono una condizione di svantaggio drammatica sono più propense a
coalizzare e promuovere forme di azione collettiva.

I FATTORI CHE INIBISCONO LA PARTECIPAZIONE


La partecipazione della comunità può diminuire a causa di divisioni di classe, di genere e di razza.
Una volta che si avvia un gruppo comunitario se ne definisce un’immagine e un’identità esterna che può
scoraggiare la partecipazione di coloro che non si rispecchiano in quell’immagine.

LA PARTECIPAZIONE VERTICALE
La partecipazione orizzontale riguarda la gente normale che non riveste posizioni istituzionali.
La partecipazione orizzontale riguarda le istituzioni pubbliche.
Può essere di differenti tipi: - le istituzioni pubbliche informano i cittadini
delle decisioni che sono già state prese in
precedenza, ad esempio viene comunicata alla
popolazione locale la chiusura di una strada;
- la comunità si fa carico autonomamente delle
questioni che la interessano.

FACILITARE I PROCESSI DI COSTRUZIONE DEL GRUPPO


Per facilitare la costruzione di un gruppo comunitario è fondamentale:
 AIUTARE A PRENDERE LE DECISIONI.
L’operatore, per evitare riunioni interminabili e inconcludenti, può incoraggiare il gruppo ad adottare
meccanismi di voto formale poiché non è possibile prendere tutte le decisioni in modo consensuale.
Tutti i membri del gruppo devono essere consapevoli delle decisioni prese insieme.
 FAR FUNZIONARE BENE LE RIUNIONI.
Le riunioni devono rispettare i tempi e i contenuti previsti, è preferibile che siano di breve durata.
Tuttavia, può capitare che alcune persone vogliano condividere con il gruppo qualcosa che non coincide
con l’ordine del giorno, è importante dar loro la possibilità di esprimersi e di esternare le proprie
emozioni. Infatti, condividere le proprie emozioni con il gruppo è un aspetto fondamentale per la
costruzione di interventi collettivi efficaci.
L’operatore deve essere in grado di mantenere un buon equilibrio tra gli aspetti del compito da
svolgere e gli aspetti socio-emotivi.
 NON ECCEDERE NELLA PARTECIPAZIONE.
L’operatore deve far comprendere al gruppo la portate e l’impegno dell’azione collettiva che vogliono
promuovere permettendo ai membri di comprendere quanto tempo e quante risorse possono essere
realmente investite in questo progetto senza eccedere nella partecipazione. Ad esempio, un gruppo di
4 persone che si riunisce con lo scopo di creare un circolo di aggregazione per giovani deve realizzare
che non riuscirebbe a gestire il circolo più di due sere a settimana, considerando che ogni sera devono
supervisionare i giovani almeno tre persone.
 MANTENERE LA CALMA.
L’operatore deve insegnare al gruppo a mantenere la calma e ad affrontare gli imprevisti che si possono
verificare, infatti, anche se ogni azione collettiva è progettata in modo sistematico si può incorrere in
degli imprevisti. Ad esempio, se si organizza una gita per disabili e all’ultimo minuto l’autista del
pulmino ci chiama e dice che ha la febbre bisogna riuscire a mantenere la calma e attuare una strategia
per risolvere e raggirare il problema.
L’operatore deve dimostrare di avere fiducia nel gruppo e nelle sue capacità e deve mantenere un buon
grado di obiettività ristabilendo l’equilibrio e la calma.

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 CONOSCERE LE PERCEZIONI ALTRUI.


L’operatore deve essere disponibile ad accettare i feedback positivi e negativi delle persone del gruppo
che si interagiscono con lui, solo conoscendo le loro percezioni può riflettere e verificare se ciò che
trasmette agli altri è realmente quello che lui vuole trasmettere.
 RAFFORZARE L’AUTOSTIMA DELLE PERSONE.
Uno dei ruoli fondamentali dell’operatori di comunità è rafforzare l’autostima delle persone e renderli
consapevoli delle loro potenzialità.
 GESTIRE ERRORI E INSUCCESSI.
L’operatore di comunità che si rende conto di aver commesso degli errori deve, innanzitutto,
riconoscerlo apertamente alla comunità e, dopo, cercare una strategia per rimediare a tale errore.
Infatti, un operatore efficace non è colui che non commette errori ma è colui che è in grado di
affrontarli e gestirli traendone un insegnamento per sé e per la comunità.
 AFFRONTARE I CONFLITTI.
Risolvere un conflitto interindividuale che dura da tempo risulta molto difficile, è possibile far riflettere
il gruppo affrontando apertamente e direttamente l’argomento e sottolineando che questi conflitti
influenzano negativamente l’efficacia dell’azione collettiva che il gruppo vuole promuovere, pertanto se
ci si continua a concentrare sui conflitti non si raggiungeranno mai gli obiettivi del gruppo.
All’interno di un gruppo vi sono sempre delle gelosie, è fondamentale che l’operatore ne sia
consapevole e cerchi di evitare in ogni modo di risvegliare o alimentare questi sentimenti ad esempio
assegnando ruoli più importanti ad uno rispetto ad un altro.
L’operatore che viene criticato dal gruppo deve mantenere un atteggiamento assertivo, ovvero deve
ascoltare le critiche, riflettere con calma e solo dopo elaborare una risposta.
 AFFRONTARE I PREGIUDIZI.
L’operatore di comunità dovrebbe riuscire a far emergere, durante gli incontri, i pregiudizi del gruppo
per poi aiutarli a riflettere sugli stessi mettendoli in discussione e rivalutando la propria posizione.
 TENERE CONTO DELLE MANIPOLAZIONI.
Durante gli incontri possono verificarsi delle manipolazioni soprattutto da parte di persone che
rivestono una posizione sociale superiore. Ad esempio un funzionario che rivolge un complimento al
gruppo può soffocare le criticità che il gruppo voleva rivolgere al funzionario stesso.
 RUOLO DA COUNSELOR.
Talvolta, può capitare che l’operatore di comunità agisca in veste di counselor aiutando
individualmente un membro del gruppo a risolvere i problemi personali che vanno al di là degli
obbiettivi del gruppo; questo si verifica soprattutto quando tra il soggetto e l’operatore si è instaurata,
da tempo, una relazione positiva.
 IMPARARE DALL’ESPERIENZA E PROMUOVERE LA VALUTAZIONE NEI GRUPPI.
Gli errori devono essere fonte di apprendimento, tuttavia, può capitare che alcune persone non
vogliano ritornare a riflettere sui propri errori perché si sentono intimorite nel dover cambiare
radicalmente determinati atteggiamenti.
Nella fase di valutazione, un gruppo efficacie deve essere in grado di individuare gli errori commessi e
stabilire quali comportamenti bisogna modificare per far si che non si verifichino i medesimi errori.
Considerando che il processo di valutazione non è mai semplice, l’operatore dovrebbe stabilire degli
incontri di supervisione durante l’esecuzione del progetto in modo tale da riflettere, di volta in volta,
sulle criticità che si stanno verificando.

UTILIZZARE I MASSMEDIA
Per permettere al gruppo di comunicare con la stampa nel modo adeguato, l’operatore può sostenere il
gruppo nella preparazione di un comunicato stampa.
Per quanto riguarda la radio, è importante affiancare il gruppo alimentando la loro autostima e
preparandoli a rispondere e a ricevere numerose domande.
L’operatore può proporre al gruppo dei corsi di formazione per imparare a parlare in pubblico e ai
massmedia.

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GESTIRE IL DENARO
La gestione delle risorse finanziarie genera numerosi conflitti all’interno del gruppo, pertanto l’operatore
deve far presente del carico di responsabilità che si riceve se si intende ricoprire il ruolo di gestione del
denaro.
Per quanto riguarda gli aspetti contabili, l’operatore deve porsi in maniera piuttosto direttiva per evitare
eventuali conflitti riguardanti una cattiva gestione del denaro e un’appropriazione indebita da parte di chi
dovrebbe gestire il denaro secondo gli interessi del gruppo.

I RAPPORTI CON I POLITICI


Un buon gruppo di comunità deve essere in grado di convincere la maggioranza dei politici locali che
l’intervento che vogliono promuovere avrà ripercussioni positive su tutto il territorio.
Tuttavia, questo non risulta sempre facile poiché può capitare che i politici vedano come una minaccia gli
operatori di comunità, ovvero essi pensano che l’operatore, nel promuovere il progetto di comunità, possa
creare imbarazzo nell’amministrazione comunale.
Soprattutto quando il politico e il gruppo di comunità hanno un rapporto stretto e amicale, può capitare
che il gruppo deleghi il politico in ogni attività di mediazione con il consiglio comunale; per evitare questa
situazione è necessario che l’operatore non permetta al politico di diventare parte integrante del gruppo
assumendosi le responsabilità che spetterebbero alla comunità.
È importante cercare di stabilire un legame con i politici prima che questi vengano eletti poiché, in questa
situazione, è più facile coinvolgerli e avere la loro attenzione.
Al fine di raggiungere gli obiettivi previsti è fondamentale che il gruppo di comunità non diventi espressione
di un partito politico circoscritto, né il gruppo né l’operatore devono cercare di far predominare le proprie
preferenze politiche.

VIVERE IN LOCO
È opportuno che l’operatore che è chiamato a lavorare con un quartiere preciso o in contesto limitato viva
all’interno di quel contesto. Questo approccio ha risvolti: a) Positivi, poiché permette all’operatore di:
- prendere più contatti;
- comprendere le esigenze e i bisogni
della comunità;
- sentirsi parte della comunità
permettendo loro di riconoscerlo
come uno di loro.
b) Negativi, poiché l’operatore:
- viene visto sempre come
professionista e mai come
individuo;
- non ha mai riposo e tempo per sé;
- può perdere l’obbiettività.

GESTIRE GLI SPAZI NEI CENTRI DI COMUNITÀ


Gestire un centro di comunità dove svolgere gli incontri richiede uno sforzo notevole, ad esempio bisogna
organizzare le pulizie, il servizio di portineria, la segreteria, gestire i turni per utilizzare gli spazi, ecc.
L’operatore che si trova a gestire un centro di comunità deve dedicargli almeno un giorno a settimana per
verificare che tutto venga svolto nella maniera corretta e nel rispetto di tutti coloro che entrano nel centro.
Molti gruppi di comunità si adoperano per ottenere un centro quanto prima, tuttavia, una volta ottenuto
non riescono a portare avanti tutte le attività di gestione; l’operatore di comunità ha il compito di
responsabilizzare il gruppo facendogli comprendere tutto ciò di cui necessità un centro di comunità
efficiente.

L’AUTOFINANZIAMENTO
Tutti i gruppi di comunità necessitano di finanziamenti esterni per poter perseguire i loro obiettivi,
l’operatore deve aiutare il gruppo ad acquisire competenze di auto-finanziamento ma ricordando loro che
non è realistico pensare di non ricevere, in futuro, dei finanziamenti esterni.

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I CENTRI E LE CASE DELLA COMUNITÀ


Alcuni operatori di comunità affermano che un intervento utile è quello di coinvolgere sin da subito la
comunità nella costruzione di un centro, in questo modo si rende esplicito che l’obiettivo dell’operatore è
quello di permettere alla comunità di autogestire le proprie azioni collettive.
L’operatore che sceglie questa strada non è un facilitatore ma è un iniziatore, di conseguenza, per i primi
tempi si dovrà prendere carico della maggior parte degli interventi di gestione. Questo aspetto ha dei
risvolti negativi perché non permette all’operatore di concentrarsi sulla comunità e, con il passare del
tempo, potrebbe allontanarlo dagli obiettivi iniziali che si era posto.
All’interno di questi centri, l’operatore ha il compito di incoraggiare le persone ad aiutarsi l’un l’altra,
infatti, molti di questi centri sono degli spazi di aggregazione informale.
I centri di comunità, nonostante i loro numerosi limiti, rappresentano una delle innovazioni più efficaci che
sono state introdotte nel lavoro di comunità.

IL VALORE E GLI EFFETTI DEL LAVORO DI COMUNITÀ


Partecipare ad un’azione collettiva permette agli individui di ottenere benefici per la vita personale, per la
vita lavorativa e per la propria salute, infatti, è stato dimostrato che le persone che prendono parte ad
un’azione collettiva riducono la possibilità di contrarre patologie cardiache e sono in grado di affrontare
meglio eventi traumatici.
Tuttavia, il lavoro di comunità può anche rappresentare una perdita economica, di tempo e di ideali per
tutti coloro che, nel corso del progetto, ripensano e rivalutano i valori in cui credevano.
In generale, i cambiamenti prodotti dal lavoro di comunità sono indiretti, di lungo periodo e difficili da
misurare.
Non sempre i risultati ottenuti da un’azione collettiva corrispondono a quelli che ci si aspettava di
raggiungere, infatti, ci sono spesso dei risultati positivi che non sono né previsti sin dall’inizio né legati ad
un gruppo di comunità specifico.

Capitolo 5: IL LAVORO PER LA COMUNITÀ


Lavorare per la comunità è l’approccio maggiormente utilizzato al giorno d’oggi, infatti, gli operatori sono
spesso chiamati a risolvere i bisogni di una comunità senza promuoverne per forza l’autonomia.
Nel lavoro per la comunità, o pianificazione sociale e dei servizi, l’operatore si occupa di offrire supporto ai
membri della comunità, progettare e attuare iniziative non sempre legate al gruppo.
Non è la comunità che sceglie l’operatore ma viceversa.
Il lavoro per la comunità richiede di: 1. Svolgere del lavoro per i gruppi coinvolti, quindi l’operatore non è
un facilitatore ma è un iniziatore;
2. Svolgere una funzione di mediazione tra comunità e organizzazioni;
3. Organizzare e gestire direttamente i progetti con enti locali e
politici, si tratta della vera e propria forma di pianificazione sociale e
dei servizi.

FARE ADVOCACY
Il ruolo di advocacy consiste nel facilitare i contatti tra la comunità e gli enti locali (amministratori, politici,
ecc.), l’operatore che deve ricoprire questo ruolo deve essere in grado di svolgere la funzione di mediatore,
ovvero deve essere in grado di spiegare ad una parte i punti di vista dell’altra.
I rischi del ruolo di advocacy sono: - il rapporto di dipendenza tra operatore e gruppo, se l’operatore agisce
sempre al posto del gruppo quest’ultimo non potrà mai acquisire la
giusta autonomia;
- il ruolo cuscinetto dell’operatore, quando l’operatore veste i panni di
una o dell’altra parte evitando loro un confronto;
- l’ingigantimento delle difficoltà, quando l’operatore è pessimista e non
crede che le cose possano cambiare.
L’operatore che assume il ruolo di advocacy lavorando a stretto contatto con gli amministratori locali può
influenzare, in modo diretto, i processi politici e amministrativi a favore della comunità per il quale lavora.
Ad esempio può favorire la circolazione di informazioni per un finanziamento.

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GLI INTERVENTI DIRETTI: COLLABORARE CON AMMINISTRATORI LOCALI


Può capitare che l’operatore di comunità promuova autonomamente un intervento, senza consultarsi con
la comunità stessa. Ad esempio, un operatore che si accorge di un quartiere privo di aree giochi nel quale si
sta verificando un forte aumento di natalità, può rivolgersi direttamente agli amministratori locali facendo
installare delle attrezzature in un giardino pubblico.
Questa soluzione viene scelta quando: 1. C’è poco tempo a disposizione per creare un gruppo efficace e
incisivo che si occupi di agire per una causa comune;
2. Le persone svantaggiate desiderano vedere un miglioramento
imminente e non sono disposte ad impegnarsi personalmente se
prima non realizzano che le cose possono realmente cambiare.

PIANIFICAZIONE DEI SERVIZI: INTERVENTI PRATICI


Alcuni interventi di pianificazione dei servizi sono costituiti da:
 Gruppi di pressione, sono guidati da operatori professionisti.
 Gruppi inter-professionali di quartiere, si tratta di organizzazioni ombrello costituite da professionisti.
Per rendere efficiente un gruppo inter-professionale è
fondamentale riuscire a coinvolgere continuamente tutti i
membri del gruppo nonostante abbiano interessi differenti; di
conseguenza, bisogna trovare degli interessi che coinvolgono il
maggior numero di membri del gruppo.
Ad esempio, in un gruppo formato da molti insegnanti della
scuola primaria non avrebbe senso cercare di promuovere un
intervento destinato unicamente agli anziani.

LAVORO PER LA COMUNITÀ E COMMUNITY WORK SPECIALISTICO


Nel lavoro per la comunità c’è il rischio che gli operatori non pendano in considerazione la pianificazione
dei servizi come dovrebbero. I servizi pubblici assumono maggiormente
operatori che lavorano per i gruppi svantaggiati della comunità.
Nel community work specialistico c’è il rischio che gli operatori non prendano in considerazione le modalità
di intervento dal basso, tipiche del lavoro di comunità.
Gli operatori specialistici godono di maggiore libertà nello scegliere le strategie ispirate allo sviluppo di
comunità o alla pianificazione sociale.
Quando un operatore specialista dà vita ad un gruppo sperimentale la distinzione
tra professionisti e beneficiari dell’iniziativa è quasi inesistente. Ad esempio, dei
genitori di un bambino con difficoltà dell’apprendimento prendono parte ad un
gruppo che ha l’obiettivo di aiutare le persone con difficoltà dell’apprendimento.
Gli operatori generalisti che lavorano in contesti delimitati possono avviare un processo di sviluppo di
comunità poiché possono interagire maggiormente con la comunità.

DAL LAVORO PER LA COMUNITÀ AL LAVORO CON LA COMUNITÀ?


Al giorno d’oggi le istituzioni richiedono operatori di comunità per la pianificazione sociale e dei servizi,
ovvero per il miglioramento delle prestazioni e dei servizi da erogare piuttosto che operatori per lo sviluppo
della comunità in quanto tale.
Tuttavia, è possibile che interventi di pianificazione sociale si trasformino, con l’aiuto dell’operatore, in
sviluppo di comunità. Ad esempio un operatore che viene impiegato nella pianificazione sociale per
l’edilizia per riportare le lamentele degli inquini all’amministrazione locale decide di organizzare dei gruppi
di inquilini che, con il tempo, inizieranno a comunicare direttamente con l’amministrazione.

I DILEMMI DEL LAVORO PER LA COMUNITÀ


Il rischio maggiore del lavoro per la comunità è il trascurare la situazione concreta in cui si trova la
comunità, ovvero l’operatore si muove secondo i propri desideri e non secondo quelli della comunità.
L’operatore decide di lavorare PER la comunità nel momento in cui deve soddisfare numerosi bisogni e non
ha a disposizione molti membri della comunità disposti e in grado di partecipare attivamente. Tuttavia,
questo approccio non porta a responsabilizzare l’azione autonoma della comunità e, una volta che va via
l’operatore, il progetto si interromperà poiché la comunità non sarà in grado di prendersene carico.

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COME SI COSTRUISCE UN PROGETTO


Gli operatori che si occupano della pianificazione dei servizi sono poco coinvolti nella fase di pianificazione
degli interventi.
La pianificazione di questi progetti richiede un approccio multidimensionale che consideri numerose e
svariate esigenze.
Per un progetto efficace è necessario: 1. Capire chi è davvero interessato e determinato a prenderne parte;
2. Individuare il bisogno che si vuole soddisfare;
3. Individuare più soluzioni possibili di intervento evitando di agire di
impulso e senza riflettere;
4. Confrontarsi con persone che hanno attuato progetti analoghi e
verificare insieme quali criticità hanno riscontrato e come è
possibile evitarle;
5. Riflettere sin da subito sulle possibilità di successo del progetto;
6. Verificare se si hanno a disposizione le risorse necessarie senza
accelerare i tempi, è meglio soffermarsi più tempo nella fase di
progettazione ma ottenere i risultati previsti;
7. Individuare una persona come motore del progetto, questa
persona può essere un membro della comunità oppure
l’operatore stesso;
8. Prevedere gli ostacoli e le resistenze delle persone che si potranno
verificare nel corso del progetto;
9. Coinvolgere e diventare alleati di tutte le persone che possono
finanziare e sostenere il progetto evitando che diventino degli
ostacoli alla realizzazione del progetto stesso.
Se il progetto appare incerto e rischioso è opportuno tirarsi indietro per tempo, è meglio non avviare un
progetto in cui non si crede piuttosto che dover affrontare il fallimento.

L’ATTUAZIONE DEL PROGETTO


Nella fase di attuazione si raccolgono i finanziamenti e le risorse e si mette in piedi l’organizzazione del
progetto vera e propria; si stende un piano di lavoro, si affitta una sede, si assumono gli operatori, ecc.
La fase più delicata dell’attuazione del progetto riguarda la scelta degli operatori e dello staff di progetto
poiché la comunità è predisposta ad affidare il progetto a persone che già conosce. Tuttavia, questo può
rivelarsi molto controproducente poiché la persona scelta potrebbe favorire determinati componenti del
gruppo sfavorendone degli altri; in questo modo si genererebbero dei conflitti che porterebbero allo
scioglimento del gruppo e all’inattuazione del progetto.

LA GESTIONE DEL PROGETTO


Va innanzitutto tenuto presente che non è possibile evitare imprevisti, pertanto è necessario che ogni fase
venga progettata sistematicamente e valutata in itinere per poter risolvere i problemi appena si verificano
evitando che si aggravino.
Gli operatori che si trovano a svolgere una funzione manageriale e di gestione del progetto devono:
a) Creare una visione d’insieme, l’operatore manager deve garantire coerenza nella strategia d’azione
complessiva in un’ottica ampia e di lunga durata senza perdere il controllo
dei processi di attuazione del progetto.
b) Mantenere l’organizzazione del progetto, il progetto non è destinato a durare per sempre in modo
immutato, infatti è possibile prevedere di anno in anno degli
accorgimenti e nei nuovi finanziamenti. È fondamentale che
venga mantenuta l’organizzazione economica che permette al
progetto di procedere, ad esempio l’affitto della sala per le
riunioni o le bollette della luce del centro di comunità.
c) Progettare strategie, è fondamentale che l’operatore sia in grado di progettare delle strategie che
permettano al progetto di proseguire;

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d) Pianificazione economica e delle attività, il budget economico e le attività da svolgere devono essere
pianificate in modo sistematico e dettagliato, può essere
molto utile pianificare questi interventi mensilmente. Ad
esempio, se bisogna per organizzare una conferenza bisogna
prima di tutto vedere quale budget si ha a disposizione, poi
prenotare la sala, poi pubblicizzare l’evento.
e) Gestire le risorse umane, per far si che si verifichi una partecipazione attiva e positiva da parte di tutti i
membri è fondamentale che ognuno venga riconosciuto e apprezzato per le
sue capacità.
PETERS afferma che per il successo e l’efficacia di un’organizzazione è
necessario: - valorizzare lo staff;
- soddisfare sempre i clienti;
- coltivare continuamente l’innovazione;
- avere una buona leadership e uno stile manageriale che
faccia leva sui contatti informali, ovvero sui rapporti tra
manager e operatori.
f) Gestire i volontari, per alcuni progetti è necessario l’intervento di volontari esterni alla comunità, ad
esempio nel caso di un’azione collettiva che mira a facilitare il trasporto dei disabili
potrebbe risultare fondamentale un volontario che decide gratuitamente di offrirsi
come autista di un pullmino appositamente attrezzato.
I volontari devono essere coinvolti prima con incarichi semplici e, man mano, dopo
corsi di formazione è possibile dare loro incarichi più consistenti e più impegnativi.
L’impegno dei volontari deve essere costante ma, al tempo stesso, non eccessivo.
Con il passare del tempo e con la giusta formazione, alcuni dei volontari più attivi che
sono in grado di assumere il ruolo di facilitatori, vengano assunti regolarmente con
contratto e retribuzione.

ESSERE ASSUNTI DALLA COMUNITÀ E SUPERVISIONE


L’operatore che viene assunto direttamente dalla comunità potrebbe dover offrire il proprio sostegno al
gruppo e non è detto che riesca a farsi pagare regolarmente, al contrario, è possibile che si debba muovere
personalmente per poter ottenere lo stipendio e i contributi previdenziali.
L’operatore che non riceve una supervisione adeguata farà difficoltà a svilupparsi professionalmente,
questo aspetto viene evidenziato ancor più per gli operatori meno esperti che necessitano di una
supervisione e di un sostegno critico da parte dello staff del progetto. Tuttavia, non va dimenticato che uno
dei ruoli dell’operatore è proprio quello della rendicontazione e della supervisione che deve essere svolta in
itinere al fine di risolvere le criticità man a mano che si verificano.
Un buon supervisore deve essere in grado di valutare la dimensione personale dell’operatore, come
tolleranza e perseveranza, senza andare al di là degli aspetti legati alla sua efficacia professionale.

L’APPROCCIO COLLABORATIVO AL CAMBIAMENTO SOCIALE: MIGLIORARE IL SISTEMA


SPECHT ha individuato 4 modalità di intervento utili a promuovere il cambiamento sociale, ovvero:
1. Collaborazione, un approccio collaborativo si verifica quando i soggetti interessati condividono i
problemi in gioco, ovvero hanno la stessa definizione di problema.
Il modello collaborativo risulta più efficace se si riesce a creare una fitta rete di
contatti con i soggetti centrali del sistema che si vuole modificare, ovvero
raccogliendo consensi all’interno del sistema.
Questo approccio richiede di trasformare il sistema accettando i compromessi e
lavorando secondo una prospettiva incrementale. È un processo lento che
richiede pazienza e capacità di sfruttare le occasioni che si verificano di volta in
volta in un ambiente continuamente in trasformazione.
2. Attivazione di campagne;
3. Contestazione;
4. Uso della violenza.

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POLITICA, POTERE E PIANIFICAZIONE DEI SERVIZI


Il lavoro di comunità è strettamente legato alla politica. Infatti, l’operatore di comunità si trova spesso ad
affrontare gli esponenti politici per chiedere finanziamenti o per convincerli della positività e dell’esigenza
di promuovere determinati progetti.
Per poter ottenere dai politici un finanziamento o un consenso è opportuno aiutarli a impiegare le risorse in
funzione dei bisogni che loro stessi hanno indicato. Per farlo, l’operatore deve identificare gli interessi
soggettivi dei politici cercando di soddisfarli.
Se l’operatore non ha la possibilità di contattare in modo diretto coloro che ricoprono posizioni di potere,
può avvicinarsi loro tramite altre persone che gli sono vicine. Ad esempio, se non riesco a contattare il
sindaco del comune per il quale lavoro ma so che Piero, uno dei cittadini, ha contatti con lui cercherò di
raggiungerlo facendomi aiutare da Piero.

Capitolo 6: IL LAVORO DI COMUNITÀ SPECIALISTICO: ALCUNE RIFLESSIONI


INIZIALI.
WILLMOT afferma che vi sono comunità: a) Geografiche, ovvero comunità che unisono le persone per la
vicinanza delle abitazioni, ad esempio gli inquilini
dello stesso stabile.
Generalmente nelle comunità geografiche lavora
un operatore generalista;
b) Di interesse/bisogno, ovvero comunità che uniscono le persone
con bisogni comuni, ad esempio i disabili.
Generalmente nelle comunità di interesse
o di bisogno lavora un operatore
specialistico.
Gli operatori specialistici si suddividono in: 1. Operatori di bisogno, si occupano di minoranze o di soggetti
che vivono in situazione di handicap;
2. Operatori di settore, si occupano di ambiti specifici, ad
esempio ambito sanitario, educativo,
ambientale, ecc.

COMUNITÀ DI BISOGNO E OPERATORI SPECIALISTICI


Il lavoro nelle comunità di bisogno viene spesso intrapreso dalle persone che fanno parte della comunità
stessa mettendo così in secondo piano il ruolo dell’operatore come facilitatore esterno.
La comunità di bisogno è generalmente molto differenziata, ovvero i soggetti condividono solo un
determinato bisogno, ad esempio le donne vittime di violenza che abitano in città diverse si accomunano
solo per il fatto di aver subito violenza.
Tuttavia, i principi alla base del lavoro di comunità con gruppi di quartiere è il medesimo per i gruppi di
bisogno; quindi, una volta identificato il gruppo e il suo bisogno è necessario stabilire contatti
interpersonali, organizzare gli interventi, ecc.

LAVORO DI COMUNITÀ: DISABILITÀ GRAVI E MINORI


Gli interventi che si occupano di minori o di disabilità gravi, pur avendo gli stessi valori del lavoro di
comunità, non sono definiti come il lavoro di comunità.
HENDERSON afferma che i 3 approcci allo sviluppo di comunità in ambito di lavoro sociale con i minori
sono: 1. Lavoro a diretto contatto con i minori, ascoltare come esprimono i loro bisogni;
2. Lavoro con gli adulti a favore dei minori;
3. Lavoro con adulti e minori che generi beneficio per i minori.
Sono pochi gli operatori di comunità che si impegnano a rendere autonomi gruppi di minori. In situazioni di
questo tipo emerge l’importanza dei valori promossi dal lavoro di comunità, come l’amore, la giustizia e
l’autodeterminazione. Un buon lavoro di comunità equivale ad un buon intervento educativo, ad esempio
un intervento di servizio sociale o di animazione giovanile.

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ELEMENTI CHIAVE DEL LAVORO SPECIALISTICO


Il presupposto di un lavoro di comunità specialistico è che, quando viene assegnato l’operatore, la
comunità è già organizzata e pronta per intervenire ed attivarsi per un determinato scopo che è di
competenza specifica dell’operatore che è stato nominato. Ad esempio, una comunità che richiede un
operatore specialistico ambientale, può chiede aiuto all’operatore per creare un’area attrezzata per
bambini ma non può richiedere di organizzare un collettivo studentesco.
Tuttavia, a volte può accadere che l’operatore specialistico (o di settore) scopra che i bisogni della comunità
non coincidano con il proprio settore di competenza, si tratta di comunità del tutto emarginate che non
hanno mai avuto la possibilità di svolgere lavoro di comunità; pertanto, l’operatore specialistico dovrà
formare un gruppo che voglia compiere un’azione collettiva nel proprio settore di competenza, questa
operazione risulta molto difficoltosa.
Per realizzare interventi specialistici e settoriali in comunità fortemente svantaggiate è opportuno che
intervenga prima un operatore generalista e, solo in un secondo momento quando la comunità è ben
organizzata, sarà opportuno chiedere l’aiuto di un operatore specialistico e di settore. In mancanza di
questo intervento, l’operatore specialistico deve assumere un ruolo direttivo e dirigere il gruppo non
permettendo a quest’ultimo di agire autonomamente.
Conclusione  sono quindi necessarie tre modalità di intervento di lavoro di comunità:
1. Lavoro di comunità generico, ovvero di sviluppo della comunità;
2. Lavoro di comunità specialistico per le comunità di bisogno;
3. Lavoro di comunità di settore.

LAVORO SPECIALISTICO E SETTORIALE: PREVENZIONE DELLA CRIMINALITÀ E SICUREZZA


Generalmente, nelle comunità che soffrono di emarginazione si verificano molti casi di criminalità, violenza
e vandalismo.
Per svolgere un intervento di sviluppo di comunità è necessario promuovere degli interventi di prevenzione
per la sicurezza della comunità che coinvolgano, non solo le forze dell’ordine, ma anche tutte le
componenti della comunità che lottano contro il crimine, ad esempio gli enti locali, e i membri della
comunità stessa. Questi interventi devono essere suddivisi in 4 fasi: 1. Definire il problema;
2. Preparare un piano d’azione;
3. Attuare il progetto;
4. Valutare i risultati ottenuti.

LAVORO SPECIALISTICO E SETTORIALE: CAMPO AMBIENTALE


Dagli anni 90 si è riconosciuto che il miglioramento delle condizioni ambientali di un determinato territorio
dipende dal modo in cui la comunità si percepisce e si relazione con il proprio territorio.
Dopo pochissimo tempo, molte organizzazioni si sono mosse per promuovere uno sviluppo sostenibile, ad
esempio promuovendo la raccolta differenziata, creando parchi e migliorando gli spazi aperti come le aree
pedonali o ciclabili, ecc.

LAVORO SPECIALISTICO E SETTORIALE: CAMPO SANITARIO


La salute delle persone è influenzata da: - relazioni sociali tra persone, ovvero le persone che fanno parte di
una rete sociale forte e inclusiva
hanno condizioni di salute migliori
rispetto a coloro che vivono in luoghi
isolati.
- disuguaglianza nella distribuzione di risorse, è il fattore che
influenza
maggiormente la
salute, ad esempio
una popolazione in
cui non viene
promossa
l’alimentazione sana
soffrirà di più di
obesità.
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LABONTÈ afferma che per migliorare le condizioni di salute di una comunità è necessario intervenire prima
di tutto nella logica di lavoro di comunità generico coinvolgendo gli abitanti ad esplicitare i loro
interessi e i loro bisogni.

LAVORO SPECIALISTICO E SETTORIALE: CAMPO ABITATIVO


Fino agli anni 80, le azioni di inquilini che rivendicavano un miglioramento delle proprie condizioni abitative
in palazzi popolari erano viste negativamente ed erano svolte in opposizione allo Stato.
Oggi, invece, molti enti locali hanno compreso l’importanza di promuovere azioni collettive di inquini di
palazzi popolari che autopromuovano le iniziative finalizzate a migliorare le condizioni abitative di questi
palazzi.
Molti enti locali hanno messo a disposizione degli inquilini un operatore di comunità generico che mirasse a
promuovere lo sviluppo della comunità in senso ampio e non solamente circoscritto ad interventi in campo
abitativo.

LAVORO SPECIALISTICO E SETTORIALE: CONTRO LA POVERTÀ


Gli interventi contro la povertà mirano a facilitare l’accesso ai sussidi pubblici, sviluppare sistemi locali di
commercio e di scambio, attivare servizi di assistenza a prezzi sostenibili, migliorare i trasporti e le
condizioni abitative, ecc.
Tutte queste iniziative possono rientrare in una strategia di lavoro di comunità generico.

LO SVILUPPO ECONOMICO DI COMUNITÀ


È definita sviluppo di comunità qualsiasi attività che arricchisce tutti coloro che fanno parte di una comunità
che, solitamente, vive in una condizione di svantaggio. Quindi, lo sviluppo di comunità riguarda iniziative sia
da parte dei gruppi di comunità, che da parte di gruppi di volontariato, che da parte del settore pubblico e
privato.
Lo sviluppo di comunità non deve riguardare semplicemente la creazione di posti di lavoro, al contrario, si
tratta di interventi che uniscono il lavoro di comunità generalista con le iniziative di contrasto alla povertà.
Nel Regno Unito, lo sviluppo di comunità riguarda la formazione di:
 IMPRESE DI COMUNITÀ, nascono in Gran Bretagna negli anni 90.
Sono costituite da gruppi di persone che, oltre ad individuare un bisogno,
individuano un mercato in cui poterlo soddisfare, ad esempio se il bisogno
della comunità è quello di un’area giochi, il gruppo individua un parco dove
poter installare attrezzature per bambini.
Una volta individuato il mercato bisogna: - trovare i finanziamenti;
- verificare se l’intervento è fattibile;
- fare un preventivo;
- assumere del personale che si
faccia carico del lavoro.

Lo scopo dell’impresa di comunità è quello di dare lavoro ai membri della


comunità producendo beni e servizi che migliorino la vita di tutti.
La difficoltà maggiore delle imprese di comunità è che vengono viste come
piccole imprese convenzionali, ovvero si pensa che necessitano solo di un
primo finanziamento e che man mano possano autofinanziarsi, al contrario le
imprese di comunità hanno continuamente bisogno di finanziamenti esterni
per proseguire nel loro lavoro.
Nonostante le difficoltà, sono molte le imprese di comunità che riescono a
continuare i loro progetti nel tempo dando un beneficio a tutta la comunità.
 SOCIETÀ PER LO SVILUPPO DI COMUNITÀ, nascono negli Stati Uniti negli anni 80.
Si tratta di società private senza scopo di lucro che si
occupano di migliorare le condizioni di vita della comunità
locale a livello economico, sociale, ecc.
Tra gli interventi da loro promossi troviamo la
ristrutturazione di case popolari, programmi di sviluppo
giovanile, programmi in campo sanitario, ecc.
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 FONDAZIONI DI SVILUPPO, nascono nel Regno Unito negli anni 80.


Sono di proprietà delle comunità locali, si occupano di aree geografiche
circoscritte e promuovono interventi multi-scopo, come interventi di
sviluppo locale, per il tempo libero, di assistenza sociale, ecc.
Negli ultimi anni all’interno delle fondazioni di sviluppo collaborano enti
locali, organizzazioni di volontariato, organismi privati e pubblici.
Le fondazioni di sviluppo sono società a responsabilità limitata, si occupano
di rivitalizzare un territorio favorendone lo sviluppo.
Inizialmente hanno la necessita di finanziamenti esterni per poter
promuovere i loro progetti ma, con il tempo, riescono ad autofinanziarsi.
Le fondazioni possono autofinanziarsi nel momento in cui hanno la
possibilità di ricavare un utile dalle loro spese, ad esempio mettendo loro a
disposizione un immobile gratuito che possono affittare per svariate
attività. Tuttavia, va tenuto presente che non è realistico pensare che
queste fondazioni si possano autofinanziare totalmente, questo poiché
molti dei loro interventi non procurano loro un’entrata economica, ad
esempio un intervento di aggregazione giovanile.
Per costruire una fondazione di sviluppo bisogna:
- verificare la reale esigenza della comunità di dare vita ad
un’organizzazione simile;
- discutere con la comunità e con i servizi locali trovando un accordo
comune;
- decidere gli obiettivi sul quale si deve basare la fondazione;
- valutare la struttura organizzativa e la composizione interna della
fondazione;
- fare una stima delle risorse necessarie;
- fare una domanda di finanziamento;
- ottenere le risorse e assumere il personale;
- nomina ufficiale della fondazione di sviluppo.
L’aspetto positivo della fondazione di sviluppo è che è in grado di gestire le
risorse finanziare generandone delle nuove.

LAVORO DI COMUNITÀ E GESTIONE DEI CASI


L’operatore di comunità deve assumere anche il ruolo di pianificatore dell’assistenza aiutando tutta la
comunità e non le singole persone.
Il lavoro di comunità basato sulla gestione dei casi ha un assetto organizzativo policentrico e di rete
all’interno del quale gli operatori sono riuniti in equipe che lavorano su territori delimitati.
L’operatore generalista che adotta questa metodologia di lavoro si occupa direttamente del benessere
degli utenti utilizzando gli atteggiamenti tipici del lavoro di comunità.
L’operatore specialista che adotta questa metodologia di lavoro si occupa di attivare nuovi assetti
organizzativi migliorando l’offerta dei servizi, ad esempio rafforzando le reti di
fronteggiamento interne alla comunità.
L’operatore lavora considerando tutta la comunità e non i singoli utenti
separatamente.
L’operatore che intende seguire questa metodologia di lavoro deve innanzitutto utilizzare un assetto
gestionale ed organizzativo, dopo di ché deve concordare con l’equipe il profilo della comunità e il
problema sul quale ci si vuole focalizzare. Infine, l’equipe deve esplicitare i risultati che intende ottenere
organizzando un piano d’azione che sia in grado di affrontare gli eventuali imprevisti che si verificheranno
in corso d’opera.
Il punto critico di questa modalità di lavoro è la difficoltà di potenziare un intervento senza creare domande
e bisogni aggiuntivi, ovvero, l’operatore che si propone di aiutare la comunità potrebbe, in corso d’opera,
ricevere altre numerose richieste che aumentano il suo carico di lavoro e che richiedono l’impiego di altri
professionisti.

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LAVORO DI COMUNITÀ E DE-ISTITUZIONALIZZAZIONE


Con il termine assistenza comunitaria si afferma che le persone con problemi di salute mentale o con
disabilità debbano essere accudite nel contesto della comunità e non in strutture residenziali.
Una volta chiuse le strutture residenziali, i servizi hanno cercato, e stanno continuando a farlo, di garantire
a queste persone una qualità di vita soddisfacente mettendo a punto dei piani assistenziali individualizzati.
Si tratta infatti di lavorare con persone che vivono stati di emarginazione elevata, pertanto l’intervento di
lavoro di comunità è il più appropriato per contesti di questo tipo.
Per progettare un intervento di questo tipo è necessario sensibilizzare la comunità sui diritti, sulle esigenze,
sulle difficolta e sugli svantaggi che vivono le persone con disabilità.
Le azioni che la comunità può promuovere per migliorare la vita delle persone con disabilità e anche dei
familiari che se ne prendono cura sono: - un circolo anziani che offra aiuto domiciliare;
- progetti care and repair per migliorare le condizioni abitative di
persone con disabilità;
- un servizio di trasporto per disabili;
- centri diurni gestiti sia dai servizi sociali che dalla comunità.

LAVORO DI COMUNITÀ SITUAZIONI DI VIOLENZA


Quando gli operatori si trovano a lavorare in situazioni di estrema violenza, ad esempio in stati fortemente
divisi dalla politica o dall’orientamento religioso, sono costretti a considerare numerosi altri aspetti rispetto
al normale lavoro di comunità.
Tra gli aspetti che vanno affrontati troviamo: - quanti compromessi si è disposti a fare per non perdere il
lavoro o la vita;
- quanto si è disposti a rischiare di violare o di far violare la
legge.
Gli operatori che lavorano in questi contesti devono innanzitutto cercare, senza infrangere la legge, di
circondarsi di persone non prive di potere che apprezzino il loro lavoro e che li proteggano nel momento in
cui si commettono degli errori e si complicano le cose. In secondo luogo, è fondamentale riflettere con
molta attenzione sulle ripercussioni che possono avere le proprie azioni.

LAVORO DI COMUNITÀ E MEDIAZIONE


L’aumento della povertà e l’emarginazione portano a dei conflitti tra comunità differenti. Pertanto sono
stati previsti degli interventi di comunità volti a promuovere la pace attraverso iniziative di inclusione
sociale tra diverse comunità.
L’operatore che intende lavorare secondo questo approccio deve: - identificare le parti in causa tenendo
colloqui iniziali separati;
- farsi riconoscere il ruolo di mediatore
da parte delle parti in causa;
- rimanere neutrale;
- rintracciare la storia e le cause dei
problemi che, attualmente, dividono le
parti;
- far comprendere alle parti che si sta
attuando un processo di problem
solving;
- concordare con le parti le regole di base
da seguire;
- elaborare un piano d’azione;
- prendere le decisioni accordandosi con
entrambe le parti.

IL LAVORO DI COMUNITÀ NELLE AREE RURALI


FRANCIS afferma che le tre linee di intervento per promuovere un lavoro di comunità in aree rurali sono:
1. Lavoro a distanza, l’operatore monitora le questioni di interesse utilizzando i giornali locali,
analizza e approfondisce come si sono evoluti i problemi nel tempo, cerca di
influenzare le politiche pubbliche al fine di promuovere un suo intervento e
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svolge un ruolo di mediazione tra la comunità e gli addetti ai lavori.


2. Lavoro indiretto focalizzato, l’operatore forma altre persone che si occupino dello sviluppo di
comunità, incoraggia i gruppi preesistenti ad ampliare il loro
campo d’azione e programma, sin dall’inizio, le modalità del suo
ritiro.
3. Lavoro diretto, l’operatore si fa carico dell’intero lavoro di comunità, ovvero, crea contatti,
aiuta le persone a riunirsi in gruppi e crea strategie comunitarie.

IL LAVORO DI COMUNITÀ E IL LAVORO IN RETE


Le reti sociali permettono alle persone di alimentare la propria autostima e la propria efficacia.
Il sostegno alla creazione di reti aperte che includono soggetti svantaggiati e attori istituzionali è una
strategia importante per creare comunità, rafforzare l’influenza tra comunità differenti e promuovere lo
sviluppo delle comunità più svantaggiate.

Capitolo 7: UN LAVORO DI COMUNITÀ RADICALE?


LA PROSPETTIVA SOCIALISTA/MARXISTA
In Gran Bretagna, nei primi anni 70, si è affermato che la deprivazione sociale fosse causata dal sistema
capitalista. Si sosteneva che, per eliminare la povertà si dovesse trasformare il sistema sociale.
In ambito di politiche pubbliche, il sistema socialista mirava: - alla nazionalizzazione dei mezzi di
produzione, di distribuzione e di scambio;
- l’esercizio del controllo da parte dei
lavoratori e delle comunità;
- l’aumento dell’imposizione fiscale;
- il ruolo incisivo dello stato nell’erogazione dei
servizi pubblici.
Gli operatori che appoggiavano il sistema socialista hanno cercato di elaborare delle modalità di intervento
definite radicali, essi miravano ad indentificare una causa alla radice di ciò che stava avvenendo e
proponendo una serie di interventi che avrebbero creato nuove basi su cui rifondare la società. Tra gli
interventi radicali promossi dagli operatori troviamo: a) campagne e sit-in;
b) alleanze con i sindacati;
c) creazione di federazioni interne alla comunità
finalizzate a rafforzare la capacità d’azione della
comunità;
d) propaganda finalizzata a modificare la mentalità
della comunità.
Negli anni 90 si diffuse la prassi del partenariato che vede la collaborazione tra settore pubblico, privato e
sociale nella promozione di interventi a favore delle persone svantaggiate.

IL CONTRIBUTO DEL FEMMINISMO


Il movimento femminista, nato negli anni 70, ha evidenziato le disuguaglianze di potere tra uomini e donne
e la necessità di promuovere delle modalità di lavoro basate sulla cooperazione e non sulla gerarchia.
Dopo il contributo del femminismo si è cercato di promuovere un lavoro di comunità che conciliasse l’ottica
socialista con quella femminista.

UN INTERESSE PIÙ AMPIO PER L’UGUAGLIANZA


Di pari passo al movimento femminista è nato il movimento per l’uguaglianza razziale. Tuttavia, fu solo
verso la metà degli anni 80 che il movimento per l’uguaglianza razziale ha iniziato ad influenzare gli
interventi di lavoro di comunità.
Molti operatori hanno dovuto svolgere il ruolo di advocacy per i gruppi oppressi, aiutando loro a riacquisire
fiducia e autonomia.
Negli anni 90, la maggior parte di operatori che avevano inizialmente appoggiato l’approccio radicale si
concentrarono nella lotta contro la disuguaglianza con l’obiettivo di potenziare le capacità d’azione dei
gruppi oppressi.

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VERSO UNA PRATICA ANTIDISCRIMINATORIA


Secondo l’approccio antidiscriminatorio, un buon operatore deve essere in grado di esaminare in modo
obiettivo qualsiasi principio-guida e ideologia verificando se è possibile accostarlo alle teorie del lavoro sul
campo, come il management, il counseling o le teorie dell’organizzazione. Questo processo risulta tutt’altro
che facile soprattutto considerando il poco tempo di cui dispone l’operatore per ideare, progettare e
attuare un intervento.
I principi chiave di questo approccio sono giustizia, rispetto, solidarietà, eguaglianza e rispetto delle
differenze.
Gli operatori di comunità devono: - riconoscere i gruppi esclusi ed emarginati riscontrabili a tutti i livelli
della società;
- trovare modalità di intervento per l’empowerment e l’inclusione di tali
gruppi;
- non creare discriminazioni per altri gruppi al di fuori della nostra
organizzazione;
- contrastare tutti i comportamenti e i sistemi di discriminazione;
- incoraggiare la comunità a fare altrettanto.
È fondamentale che la cultura delle pari opportunità venga interiorizzata dalle posizioni di potere della
comunità, ovvero politici, enti locali, ecc.

UN ESEMPIO DI INTERVENTO ANTIDISCRIMINATORIO NEL LAVORO DI COMUNITÀ


A seguito di un intervento di GILCHRIST in una comunità di un quartiere centrale di Bristol è possibile
affermare che: 1. Per un intervento antidiscriminatorio è necessario impiegare molto tempo e numerose
risorse, ad esempio l’intervento proposto da GILCHRIST durò 7 anni.
2. Ricondurre le cause delle discriminazioni a tre matrici:
a) psicologiche, derivanti da valori culturali diversi;
b) pratiche, derivanti da problemi di accesso ai servizi e alle informazioni;
c) politiche, derivanti da forme di potere istituzionale.
3. Lavorare su tre binari: a) empowerment degli oppressi, ad esempio migliorando
l’immagine dei gruppi oppressi;
b) sfida all’oppressione, ad esempio promuovendo il dialogo e
l’appartenenza alla propria cultura per poi
persuadere gli attori discriminatori
affinché cambino le proprie idee facendo
leva su come si sentirebbero se gli oppressi
e i discriminati fossero loro;
c) celebrazione della diversità, ad esempio riconoscendo la
molteplicità di culture e creando
opportunità di collaborazione e
apprendimento reciproco.
4. Formulare obbiettivi precisi.
5. Monitorare e valutare periodicamente i progressi ottenuti.
6. Consultarsi continuamente con i gruppi oppressi circa le loro sensazioni e i loro desideri.
7. Partire da atteggiamenti cordiali e di persuasione leggera per poi arrivare ad
atteggiamenti più oppressivi.
8. Creare una solida rete professionale a sostegno dell’operatore che dovrà affrontare un
lavoro di lunga durata e che presenterà molte difficoltà.
L’aspetto negativo di questo approccio è che, a causa di conflitti interni al gruppo, molte persone decisero
di abbandonare in corso d’opera. L’operatore ha dovuto impegnarsi in colloqui individuali per cercare di far
riflettere queste persone e di comprendere quali fossero i loro bisogni.
Ciò che distingue questo approccio dal normale lavoro di comunità è l’atteggiamento provocatorio e quasi
giudicante che deve avere l’operatore al fine di affrontare i problemi sulla diseguaglianza.

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LE AZIONI COLLETTIVE DI ADVOCACY


ROTHMAN distingue tre modelli di organizzazione della comunità:
1. Sviluppo del contesto locale, riguarda il lavoro di comunità generalista;
2. Pianificazione dei servizi;
3. Azioni collettive di pressione, riguarda tutte le iniziative in cui un gruppo fa pressione su un
altro per ottenere una concessione o il cambiamento di un
ideale.

AZIONI COLLETTIVE DI PRESSIONE: DALLE CAMPAGNE ALLE CONTESTAZIONI


La campagna è una forma d’azione che avviene nel momento in cui due parti hanno opinioni diverse
rispetto alla risoluzione di un problema, ma nonostante questo si riconoscono a vicenda il
diritto legittimo di deliberare.
Prima di iniziare una campagna è fondamentale accertarsi che la controparte non possieda
mezzi superiori ai nostri, in questo caso sarebbe inutile iniziare una campagna poiché la
controparte avrebbe già la vittoria in pugno.
Durante la campagna, ognuna delle parti cerca di promuovere e raccogliere consensi intorno
alla propria causa.
Quando la campagna si conclude, positivamente o negativamente, sarà opportuno ristabilire
delle relazioni collaborative.
WALTON distingue le strategie: a) di cambiamento degli atteggiamenti, si tratta di strategie
collaborative volta a influenzare la controparte
mantenendo dei buoni rapporti e minimizzando le
differenze cercando di risolvere insieme il problema;
b) del potere, si tratta di strategie della contestazione che
tendono a smascherare, imbarazzare e screditare la
controparte. Questa strategia si traduce spesso in azioni di
boicottaggio, scioperi e disobbedienza civile.
La contestazione è una forma di azione successiva alla campagna, avviene nel momento in cui la
controparte insiste nell’intransigenza e non è disponibile ad instaurare nessun contatto
con l’altra parte.
Per riuscire ad ottenere risultati efficaci non bisogna soltanto protestare ma è necessario
riuscire a convincere la controparte della bontà dei propri argomenti.
Una buona tattica durante una contestazione è quella di attirare l’attenzione dei mass
media sulla propria causa.

COSTRUIRE ORGANIZZAZIONI SU AMPIA SCALA: IL MODELLO BBO


Non è realistico pensare che il lavoro di comunità faccia cessare la povertà, infatti, ogni intervento
finalizzato a migliorare la condizione di chi è escluso tutela e mantiene i vantaggi di chi è incluso.
Il modello BBO (Broad Based Organizing) racchiude le potenzialità per superare i limiti delle azioni
comunitarie intraprese da persone escluse ed emarginate.
Il modello BBO si avvia nel momento in cui un comitato
sponsorizzatore locale e indipendente richiede una figura esperta
per avviare un’organizzazione di massa e si procura i
finanziamenti per poter retribuire l’operatore per almeno 3 anni.
L’organizzazione di massa è frutto della partecipazione di
numerose sotto-organizzazioni.
La formazione di un’organizzazione di massa secondo il modello
BBO prevede:
1° fase, per i primi mesi, l’operatore/organizzatore si occuperà di
stabilire nuovi contatti, formare i componenti del gruppo
e fondare l’organizzazione che riceverà dei contributi da
tutte le altre organizzazioni che intendono finanziarla
appoggiandone la causa.

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2° fase, per fondare un’organizzazione di massa efficace, è


necessario individuare quali sono i problemi rilevanti per
la maggior parte dei membri dell’organizzazione, di
conseguenza, ci si dedica a più cause e più tematiche.
Infatti, si sostiene che se ci si focalizza soltanto su una
tematica aumenta il rischio di dividere la comunità
anziché unirla.
3° fase, una volta formata l’organizzazione si cercherà di stabilire
dei contatti con le persone che occupano posizioni
rilevanti e che permettono di attuare cambiamenti a
livello delle politiche locali.
4° fase, terminata ogni assemblea, il comitato direttivo deve
occuparsi della valutazione verificando che sia avvenuto
un apprendimento.
I pregi del modello BBO sono: 1. Le organizzazioni di massa nate
con questa modalità durano
molto tempo, alcune di queste
fondazioni esistono da oltre 20
anni;
2. Le organizzazioni di massa
riescono a stabilire dei buoni
rapporti con le persone che
occupano posizioni di potere e,
di conseguenza, riescono ad
ottenere risultati rilevanti.
3. Le organizzazioni di massa
lavorano efficacemente nello
sviluppo delle persone.
4. Le organizzazioni di massa
promuovono interventi proattivi
in numerosi ambiti.
Il difetto del modello BBO riguarda la scarsa disponibilità di
investimenti finanziari.

Capitolo 8: LAVORO DI COMUNITÀ E POLITICHE PUBBLICHE:


RIQUALIFICAZIONE DELLE AREE URBANE.
In alcune comunità più svantaggiate ed emarginate è complicato riuscire a promuovere un processo di
riqualificazione virtuoso che porti all’effettivo miglioramento della vita e alla creazione di nuove attività
produttive, questo accade perché le comunità si trovano lontane dai mercati e non dispongono della forza
lavoro e delle competenze necessarie.
Generalmente i programmi di riqualificazione urbana tradizionali si orientano al breve periodo e non
riescono ad incidere in modo consistente sui fattori strutturali da cui dipendono le opportunità della
comunità, di conseguenza, non vengono aumentati i posti di lavoro, la fiducia della comunità e l’efficacia
delle azioni collettive organizzate dalla comunità stessa.
Per un intervento di riqualificazione efficace è necessario inserire la comunità in processi di sviluppo,
ovvero la comunità deve essere responsabile e organizzare autonomamente azioni collettive. Di
conseguenza, la riqualificazione non riguarda solo il miglioramento delle infrastrutture ma riguarda anche la
formazione e lo sviluppo dei membri della comunità.

LE EQUIPE DI SVILUPPO PERMANENTE E IL PROGRAMME BENDING


Le Task Forces, nascono in Gran Bretagna negli anni 80. Sono costituite da 5/6 membri che hanno a
disposizione un budget predefinito con il compito di investirlo per riqualificare i quartieri
più svantaggiati della città.

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Il principale limite delle Task Forces è che sono sempre state guidate dall’alto impedendo la
partecipazione diretta delle comunità locali. In secondo luogo, non è stato pianificato ciò
che si sarebbe fatto una volta completato l’obiettivo iniziale che si erano poste.
Dall’inizio degli anni 90, una volta raggiunto il proprio obiettivo, le Task Forces si sono trasformate in
fondazioni di sviluppo aventi, sin dall’inizio, più obbiettivi da raggiungere e condizionando i programmi
ordinari, ovvero i programmi in grado di migliorare realmente e nel lungo periodo le condizioni della
comunità svantaggiata.
La strategia programme bending prevede di condizionare i programmi ordinari, come percorsi di
formazione o servizi per l’impiego, istituendo delle collaborazioni con i
fornitori dei servizi al fine di produrre prestazioni migliori e più consone ai
bisogni della comunità.
Così come avviene per la pianificazione sociale nel lavoro di comunità,
anche il programme bending necessita di:
1. Investire a lungo termine nelle capacità di sviluppo della comunità;
2. Lavorare dal basso entrando a contatto diretto con la comunità
rafforzandone la fiducia e l’efficacia;
3. Creare un rapporto di partnership e di collaborazione tra operatori,
comunità e enti locali;
4. L’organizzatore deve essere neutrale e qualificato;
5. L’organizzazione deve ricevere finanziamenti esterni.

UN MIGLIORAMENTO REALE?
Per un autentico e reale sviluppo di comunità è necessario:
a) promuovere interventi dal basso, ovvero l’operatore deve relazionarsi direttamente con la comunità e
progettare interventi di lunga durata per permettere alla comunità di
sviluppare la capacità di promuovere autonomamente i propri
interventi.
b) promuovere interventi di sviluppo a lungo termine, ovvero sviluppare forme di partenariato che
permettono alla comunità di collaborare con enti
pubblici e privati influenzando ed incidendo sulle
condizioni delle infrastrutture.
In conclusione, per migliorare le condizioni di vita delle comunità svantaggiate, è quindi necessario sia lo
sviluppo della comunità che la pianificazione dei servizi.

STABILIZZARE I MIGLIORAMENTI OTTENUTI


Svolgendo un lavoro di comunità in ambienti svantaggiati è fondamentale riuscire a coinvolgere le persone
a partecipare a corsi di formazione che possano incrementare le loro possibilità di occupazione future.
Infatti, le persone che si trovano in condizioni di emarginazione sono spesso ostili dal voler prendere parte
a corsi di formazione poiché hanno scarsa fiducia di sé stessi e delle proprie capacità; il lavoro
dell’operatore sta nel sensibilizzare queste persone circa l’importanza di questi corsi alimentando la loro
autostima.

LA FORMAZIONE SU MISURA
La formazione su misura è un modello formativo che si rivolge soprattutto alle persone che, generalmente,
vivono in una condizione di emarginazione o diseguaglianza, ad esempio disabili, donne, minoranze
etniche, ecc.
Si tratta di un percorso di formazione che, se termina con esito positivo, dà alle persone che vi hanno
partecipato la possibilità di sostenere un colloquio di lavoro. Generalmente, la metà delle persone che
decide di intraprendere questo percorso di formazione trova un lavoro.

COSTRUIRE RAPPORTI DI PARTENARIATO


I rapporti di partenariato uniscono la comunità con gli enti pubblici, privati e di volontariato. Questi rapporti
nascono poiché, nel corso della storia, si è riconosciuto che nessuna organizzazione sarebbe in grado di
apportare, da sola, miglioramenti sostanziali alla comunità.

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Inizialmente, il maggiore potere decisionale spettava agli enti pubblici ma, con il passare del tempo, si è
riconosciuto che per un rapporto di partenariato efficace è fondamentale il coinvolgimento attivo della
comunità nel quale si vuole intervenire.
La difficolta nel creare rapporti di partenariato efficaci ed efficienti riguarda:
1. Coloro che rivestono una posizione di potere ritengono di aver sempre maggiore voce in capitolo. Ad
esempio, è capitato che il comune e gli enti locali prendessero delle decisioni senza coinvolgere la
comunità. Una volta venivano proposti gli interventi alla comunità quest’ultima li bocciava affermando
che non corrispondevano alle reali ed attuali necessità della comunità stessa.
2. Nonostante siano interventi che devono promuovere la partecipazione della comunità, è importante non
creare gruppi eccessivamente ampi poiché c’è il rischio che durante le riunioni non si venga a capo di
nulla. Per risolvere questo problema può essere formato a priori un comitato esecutivo ristretto (10
persone al massimo) che si prende il compito di rappresentare tutti i gruppi coinvolti, ovvero comunità,
enti locali, associazioni di volontariato, ecc.
3. I rapporti di partenariato, avendo molteplici scopi e obiettivi da raggiungere, richiedono un ampio
dispendio di tempo e di risorse.
4. Tra tutti i gruppi coinvolti deve esserci un rapporto di fiducia reciproca e degli obiettivi di comune
interesse.
Generalmente, solo la metà delle organizzazioni di partenariato riesce ad ottenere i risultati che si è
prefissata all’inizio dell’intervento.
Quando si dà vita ad un’organizzazione di partenariato è opportuno stabilire sin da subito quel è la vision e
la mission al quale l’organizzazione farà riferimento nel tempo sia per la fase di progettazione che per
quella di valutazione. È fondamentale che ogni parte abbia in chiaro che cosa si aspettano le altre parti
coinvolte.

LA VALUTAZIONE NEL LAVORO DI COMUNITÀ


Per una buona valutazione è importante considerare: - il processo di pianificazione;
- l’individuazione delle finalità del progetto;
- il riconoscimento del punto dal quale si è partiti.
Le soglie minime sono le misure di ciò che si intende cambiare prima di avviare il progetto, ad esempio se
voglio intervenire sulla formazione dei ragazzi mi interessa sapere l’andamento scolastico
dei ragazzi del quartiere in cui lavoro.
Non sempre è facile reperire dati di soglie minime, ad esempio è possibile che molti dei
ragazzi del quartiere frequentino scuole esterne al quartiere e che non dispongono dei
dati isolati dei ragazzi del mio quartiere. Per ovviare a questo problema si può utilizzare il
misuratore percentuale, ovvero vengono scritte dalla comunità delle frasi su come loro
vorrebbero che fosse la comunità; dopodiché viene chiesto di assegnare un punteggio da
0 a 100 per ogni frase scritta a seconda di quando la ritengono vera.
Ad esempio, alla frase “la comunità si interessa di risolvere i suoi problemi” risulta che la
maggior parte delle persone non ritiene vera questa frase, pertanto sarà opportuno
lavorare per alimentare la stima e l’efficacia delle azioni della comunità.
In fase di valutazione di un progetto è opportuno descrivere in modo narrativo il progetto svolto, ovvero i
bisogni della comunità, le modalità che hanno dato avvio al progetto, le attività svolte, le difficoltà
incontrate, i risultati ottenuti, ecc.
Si parla di output quando un progetto realizza gli obiettivi che si era prefissato.
Si parla di outcome per verificare gli effetti di lungo periodo del progetto svolto.
Spesso, nonostante cambino le condizioni della comunità è difficile affermare con certezza che tali
cambiamenti dipendono unicamente dal progetto da noi attuato. Ad esempio se l’output del progetto era
creare una nuova autostrada per limitare il traffico e lo smog in città è possibile che l’outcome evidenzi
come, pur avendo limitato il traffico e lo smog in città, è aumentato nel nuovo tratto autostradale da noi
creato; di fatto il problema non è stato risolto ma è stato solamente spostato altrove.

UN APPROCCIO INTEGRATO AL LAVORO DI COMUNITÀ


Generalmente, i lavori di comunità di lungo periodo vengono finanziati dagli enti locali, questa è la
prerogativa fondamentale per ottenere risultati efficaci dal lavoro di comunità.

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Un ente locale che vuole promuovere lo sviluppo di comunità deve: a) mettere i politici nella condizione di
comprendere il significato dello
sviluppo di comunità e
dell’importanza del proprio
contributo al fine di promuovere tale
sviluppo;
b) approvare e diffondere una
dichiarazione politica d’intenti che
sostenga lo sviluppo di comunità;
c) assumere un funzionario che si
occupi della gestione di tutte le
strategie di sviluppo di comunità;
d) valutare i bisogni imminenti della
comunità individuando il punto
focale dei lavori;
e) instaurare collaborazioni con altre
organizzazioni che si occupano di
lavoro di comunità;
f) assumere lo staff di progetto;
g) istituire un organo e un sistema di
monitoraggio e valutazione.

Capitolo 9: SOPRAVVIVENZA E SVILUPPO PROFESSIONALE DEGLI


OPERATORI.
SOPRAVVIVERE ALLE PRESSIONI ORGANIZZATIVE
Talvolta, può capitare che le organizzazioni assumano un operatore con lo scopo di convincere la comunità
ad attuare un progetto in linea con le visioni dell’organizzazione e non della comunità.
L’operatore si trova in una situazione difficile perché ha a che fare con l’organizzazione che lo forza a
trattare un progetto e, dall’altra parte, la comunità che chiede di lavorare su altri progetti più prioritari.
Una volta che l’operatore analizza i dati di fondo può comportarsi in quattro modi differenti:
1. Conformarsi alle aspettative dell’organizzazione, questa scelta va contro l’etica del lavoro di comunità;
2. Intraprendere un braccio di ferro esplicito con l’organizzazione prendendo le parti della comunità, è
importante prendere questa posizione solo se si è certi di essere abbastanza forti per difendersi;
3. Lavorare dietro le quinte sui problemi che l’operatore ritiene prioritari aggirando i processi di
monitoraggio e bluffando nelle riunioni di supervisione;
4. Prendere atto di essere usati dall’organizzazione ma muoversi per cambiare le cose.
Un buon operatore deve essere in grado di proteggere la propria causa davanti alle persone che rivestono
ruoli di potere.
Una buona strategia è quella di far promuovere la propria causa a persone di potere che possano
proteggerci nel caso in cui le cose non vadano bene.

MANTENERE IL PROPRIO LAVORO


Quando l’operatore viene assunto per un progetto a termine ma, nel corso del progetto si rende conto che
la comunità ha un bisogno permanente di quell’intervento deve: a) Stendere relazioni periodiche e
dimostrare, con i dati raccolti, i risultati
positivi del progetto, ad esempio
l’aumento di persone che
frequentavano il servizio;
b) Coinvolgere maggiormente i funzionari
trasmettendogli gli obiettivi del
servizio;
c) Convincere gli interlocutori più potenti
sulla validità del servizio;

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d) Coinvolgere all’interno del comitato di


gestione persone esterne al progetto
ma che ne condividevano la causa.

LO STRESS DEL COMMUNITY WORK


Nel lavoro di comunità, tra i tanti fattori che generano stress troviamo: - insicurezza dell’impiego;
- orario di lavoro irregolare;
- difficoltà nell’ottenere
finanziamenti;
- isolamento e mancanza di punti di
sostegno;
- frustrazione per non essere
compresi;
- lentezza dei progressi;
- pressioni da parte della comunità o
dell’organizzazione che vogliono
vedere subito risultati concreti.

ESIGENZA DI UN SOSTEGNO CRITICO


Il lavoro di comunità va svolto preferibilmente in equipe, tuttavia sono molti gli operatori che si trovano a
seguire da soli un progetto. Questi operatori sentono spesso la necessità di confrontarsi con qualcuno circa
il lavoro da svolgere e che ci aiuti a guardare le cose in modo più critico quando perdiamo di vista
l’obiettivo e ci facciamo coinvolgere eccessivamente dalle pressioni della comunità o dell’organizzazione.
Tra le persone che possono offrire un sostegno critico all’operatore troviamo: - direttore del progetto;
- consulente esterno;
- altri operatori che lavorano
in contesti simili;
- alcuni membri della
comunità.

LO SVILUPPO DELLE COMPETENZE PERSONALI


Molti operatori di comunità hanno come punto debole la mancanza di assertività, ovvero la difficoltà nel
prendere posizione soprattutto quando potremmo recare un dispiacere agli altri.
Essere assertivi non significa essere aggressivi, al contrario, significa essere consapevoli delle proprie
posizioni e saperle difendere in determinate circostanze.
Per risolvere questo problema è possibile lavorare sulla propria autostima e autoefficacia.

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