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Intervista al prof.

Vincenzo Esposito, coordinatore per la Regione Campania delle Università della Terza
Età e presidente dell’Unitre, Università delle Tre Età della Penisola Sorrentina. L’attività di questa
associazione no profit di promozione sociale in sei comuni dellla costiera sorrentina, con circa seicento
soci, di cui il 70% è costituito da donne, è notevole e costituisce un’esperienza dal punto di vista
educativo e sociale che merita di essere conosciuta, perché può costituire anche un modello di
socializzazione riproducibile in Italia e all’Estero.

Domanda: Prof. Esposito, ci parli della sua associazione. Come e dove è nata? Con quali scopi?

L’Unitre nacque nel 1995 a Vico Equense, sulla costiera sorrentina, come sede locale dell’Associazione
Nazionale delle Università della Terza Età, allo scopo di dare agli anziani delle buone opportunità per il
loro tempo libero. Con l’estendersi agli altri comuni della Penisola Sorrrentina e con l’impegno volontario
di molte persone di cultura, la partecipazione si estese a persone meno anziane e con interessi diversi.
Emerse così la spinta e direi l’esigenza di realizzare obiettivi più ambiziosi.

Domanda: Ho capito che vi è stata nel tempo una evoluzione. In che senso?

Si è andato sviluppando un tipo di associazionismo di promozione culturale e sociale che coinvolge


persone di culture, formazione, etnie diverse ma tutte interessate a migliorare le proprie conoscenze,
tenersi aggiornate e ad avere cura della propria qualità della vita, senza sentirsi però legate in percorsi
formativi di tipo scolastico; insomma non fare scuola ma fare club con l’intento di aver cura di sé in modo
intelligente e creativo.

Domanda: Obiettivi piuttosto ambiziosi. Se ho capito bene si svolgono attività culturali. Ma su


quali basi e finalità?

Le attività sono molte, dai laboratori d’arte e mestieri ai corsi disciplinari, alle conferenze, ai convegni, ai
viaggi, alle feste. Il fine è migliorare la qualità della vita delle persone non in modo astratto ma tenendo
presente che essa è legata all’ambiente nel quale si è immersi e che condiziona i nostri comportamenti.
La qualità della vita perciò non dipende soltanto da noi ma anche dall’ambiente che, se presenta elementi
di criticità, va modificato. Fare cultura significa perciò anche prendere coscienza delle responsabilità
individuali e sociali e trovare le forme di partecipazione attiva per sanare l’ambiente di vita o per lo meno
per risolverne i problemi che possono essere affrontati.

Domanda: Sembra la vostra attività eminentemente politica. Con quali risultati?.

L’associazione è apartitica e aconfessionale. Ai suoi dirigenti è vietato fare politica attiva ed essere iscritti
ad un partito. L’ambizione è certamente anche quella di influire sulla gestione dei servizi pubblici e sul
governo della città, puntando principalmente sulla cittadinanza attiva e sul senso di responsabilità sociale.
Ci siamo aperti al territorio cercando di coinvolgere nelle nostre iniziative le persone meno disposte ad
una vita fatta di socievolezza e di socialità. Le nostre popolazioni sono caratterizzate da un individualismo
spinto che costringe a scarsi rapporti interpersonali e a poca partecipazione. Il senso di responsabilità
personale è sacrificato spesso e ciò è causa della poca cura per l’ambiente e con atteggiamenti passivi di
fronte all’inefficienza dei servizi sociali.

Domanda: Quali sono le vostre attività più significative e più valide per le finalità che ha
indicato?

E’ evidente che tutto ciò che serve a far incontrare le persone a impegnarsi in un’attività gratificante o a
riflettere col contributo dei saperi, delle informazioni e del dialogo, porta a realizzare le finalità che ho
indicato. Tra le varie e numerose proposte formative comprendenti laboratori e corsi disciplinari, mi piace
citare alcune forme particolari di socializzazione che sono considerate generalmente, a torto, di minore
valenza educativa: l’autobiografia e la ricerca di storia locale, la recitazione, il canto corale, la dinamica di
gruppo. Nel laboratorio di autobiografia e storia, abbiamo coinvolto anche persone non iscritte al
sodalizio, illetterati, persone non aduse alla scrittura e professionisti. Il ricorso alla memoria individuale e
collettiva è una forrma di coscientizzazione del proprio vissuto e delle proprie scelte esistenziali. Dal
dialogo emergono fatti, circostanze e propositi. La recitazione è un mezzo per padroneggiare la lingua,
curare l’espressione e per vincere la timidezza; è un mezzo per imparare a fare amicizia e a collaborare;
produce responsabilità nei confronti dei partners e per il succcesso della rappresentazione. Altrettanto si
può dire per il canto corale che in più induce ad agire all’unisono e quindi è esercizio alla socialità. Nel
club cosiddetto “degli inquieti” si realizza una dinamica di gruppo che induce a manifestarsi e a
considerare i comportamenti reciproci nelle situazioni sociali. Se a questi pilastri aggiungiamo le
conoscenze di diritto pubblico, storia, lingua, letteratura, antropologia, sociologia, etica e l’impegno in
iniziative di valore sociale, il nostro intendimento assume una visione più chiara.

Domanda: Se ho capito, non fate soltanto cultura nel senso tradizionale del termine?
Facciamo cultura nel senso etimologico del termine. Stimoliamo le persone di ogni età a “coltivarsi”. A
coltivare corpo, mente e volontà sociale per mezzo di strumenti che sviluppano la manualità, la creatività,
le conoscenze, il dialogo, i rapporti, l’assunzione di responsabilità da cittadini, nonché lo svago e l’uso
intelligente del proprio tempo. In tutto ciò vi è lo scopo di aiutare le persone a prevenire il disagio e le
malattie, ad assumere comportamenti utili in caso di necessità, a convivere responsabilmente.

Domanda Per le vostre attività formative seguite una particolare metodologia? A quale
pedagogia vi ispirate?

I riferimenti teorici sono diversi ma si tengono particolarmente presenti il pedagogista brasiliano Paulo
Freire e don Milani, per il fine che essi pongono all’insegnamento che è quello di far prendere coscienza
all’allievo della sua condizione e delle proprie possibilità di riscatto e di miglioramento della propria
qualità di vita.Per i laboratori d’arte e mestiere si segue il metodo dimostrativo. Il maestro mostra come
si fa, gli allievi eseguono. I corsi di cultura seguono i metodi propri delle singole discipline: si va dal
metodo espositivo, al metodo attivo con la ricerca, al metodo dialogico: si pongono domande e
coralmente si cercano risposte.

Domanda: Lei ha detto che la realtà sociale in cui operate è caratterizzata da individualismo
spinto. Riuscite a sconfiggerlo?

Veda: la vita solitaria di individui lasciati soli a se stessi può essere allegra ed è probabile che sia molto
indaffarata ma è destinata ad essere anche rischiosa e terribile. Vediamo spesso persone sole e disperate
di fornte a malattie e a problemi esistenziali. Chi è in difficoltà ha poche speranze di salvezza, in caso di
insuccesso personale, quando i legami sono radi e tremendamente inaffidabili. La solidarietà è difficile da
praticare come sono difficili da comprendere i suoi vantaggi e ancor più le sue virtù morali. Noi riteniamo
che fare del volontariato sociale nel nostro ambiente solo per alleviare i bisogni più urgenti senza far gran
che per cambiare strutturalmente la nostra comunità sia un lavoro di poca utilità e di corto respiro.
Riteniamo che certi guasti nel nostro vivere quotidiano vanno affrontati senza reticenze e senza ritardi.
Anche perché costatiamo che oggi la società, come ci ricorda Zygmunt Bauman, non è più protetta dallo
Stato. E’ esposta alla rapacità di forze che non controlla e che non tenta neanche di sottomettere. Il
Governo e tutti i governi lottano, quando ne hanno voglia, per superare le tempeste del momento come
misure di emergenza e si danno da fare soltanto per rimanere al potere dopo le elezioni successive, senza
programmi o ambizioni di lungo respiro. E’ in gioco la nostra libertà come singoli e come comunità. Gli
intellettuali che hanno coscienza di ciò, si assumono una grande responsabilità se non tentano di fare
quello che almeno è nelle loro possibilità. I nostri docenti sentono questa responsabilità. La risposta alla
sua domanda, come vede, è problematica; contiene in sé altre domande che andrebbero rivolte ad altri.
Sappia che non abbiamo sussidi di sorta, che nessuno è ricompensato per ciò che fa e che i nostri
associati non pagano che una tessera annuale di € 28,00.

Grazie, prof. Esposito per la sua chiarezza e per il contributo che dà alla sociatà con la sua
organizzazione. Auguri di buon lavoro.

Marcella Continanza

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