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Albino Santucci - Le Relazioni Pubbliche.

Contenuti e modalità operative

Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da
copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e
per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633).

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Indice

1. TRASPARENZA, BIDIREZIONALITÀ E SIMMETRIA ..................................................................................... 3


1.1 LA BIDIREZIONALITÀ E LA SIMMETRIA ............................................................................................................................. 4
2. A CHI SONO RIVOLTE .............................................................................................................................. 6
3. RELAZIONI PUBBLICHE E COMUNICAZIONE INTEGRATA ...................................................................... 9
4. CENNO ALLE MODALITÀ OPERATIVE ................................................................................................... 12
BIBLIOGRAFIA ................................................................................................................................................. 15

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1. Trasparenza, bidirezionalità e simmetria

Le Relazioni Pubbliche, dunque, sono costituite dall’insieme delle attività, consapevoli e

programmate che una organizzazione (pubblica o privata, profit o no profit) pone in essere per

creare, sviluppare o consolidare relazioni con i suoi pubblici influenti; i pubblici influenti sono quei

soggetti che la coalizione dominante in seno a una organizzazione ritiene possano agevolare o

ostacolare il raggiungimento degli obiettivi della organizzazione stessa.

James Grunig, docente statunitense famoso per i suoi studi in materia di relazioni pubbliche,

agli inizi degli anni ’90, definisce la coalizione dominante di una organizzazione come il gruppo di

persone che, in seno alla organizzazione stessa, detiene il potere di definire strutture e decidere

strategie e programmi in un determinato periodo di tempo.

Così definite, le relazioni pubbliche, assumono un ruolo importantissimo in seno alle

organizzazioni. Ma nella pratica tale ruolo hanno fatto fatica a esercitarlo in quanto, anche tra gli

addetti, spesso si riscontra una non facile convergenza anche sui contenuti stessi delle medesime.

Si è detto anche che le stesse siano pervasive e possano essere percepite anche come

“manipolatorie” e “ambigue” ma, nella realtà, per essere efficaci devono essere trasparenti e

bidirezionali.

La trasparenza è condizione di efficacia dell’attività del relatore pubblico.

È impensabile di mantenere una relazione duratura e proficua con un soggetto pubblico

influente al quale vengano trasferiti, in modo occulto, messaggi non corretti e che non consentano

al medesimo soggetto alcuna possibilità di interazione. Una relazione può dirsi trasparente in

presenza dei seguenti passaggi:

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 dichiarazione, da parte del relatore pubblico, della propria identità;

 esplicitazione della identità del soggetto che si rappresenta;

 trasparenza sull’obiettivo che si persegue.

Risulta di tutta evidenza che la caratteristica la trasparenza delle relazioni pubbliche è

fattore caratterizzante l’attività di relatore professionista e non necessariamente di chi si trovi a fare

tale attività in modo occasionale.

1.1 La bidirezionalità e la simmetria

La trasparenza è strettamente connessa con gli aspetti etici della professione, che non

vanno affatto sottovalutati; tuttavia è sicuro che, nella stragrande maggioranza dei casi, quando si

ha a che fare con interlocutori con i quali l’organizzazione è interessata a creare relazioni positive e

durature, la trasparenza, la bi-direzionalità e la tendenziale simmetricità diventano condizioni di

efficacia. Non si può infatti pensare di mantenere una relazione duratura e positiva con soggetti ai

quali vengano trasferiti, con modalità non trasparenti, messaggi non corretti e ai quali non si

assicuri la possibilità di dialogo e interazione. Dunque la questione etica interviene, e in modo

significativo, nei casi in cui l’operatore decida consapevolmente di avviare un’iniziativa non

trasparente, unidirezionale o del tutto asimmetrica ritenendola più efficace. La distinzione è

rilevante, perché l’operatore che agisce sistematicamente in modo non trasparente,

unidirezionale e asimmetrico, prima ancora di violare l’etica professionale, è semplicemente un

pessimo operatore.

La comunicazione asimmetrica è sbilanciata a favore di un soggetto e ha lo scopo di

modificare opinioni, comportamenti scelte e decisioni mediante una attività retorica e persuasiva.

Al contrario la comunicazione simmetrica, facendo leva su un rapporto equilibrato e

tendenzialmente simmetrico, si prefigge la comprensione reciproca delle aspettative degli

interlocutori della relazione mediante la negoziazione degli obiettivi operativi.

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Il principio della asimmetria o simmetria è da anni al centro degli studi teorici delle relazioni

pubbliche per descrivere i modelli di pratica delle relazioni pubbliche. Una relazione è sempre

asimmetrica in natura (all’interno della stessa c'è sempre un soggetto che ha peso) e lo è a

maggior ragione quando ad avviarla è una organizzazione che, tramite l relazione istaurata,

intende accelerare il raggiungimento degli obiettivi perseguiti: che poi è la ragione stessa delle

relazioni pubbliche.

In particolare la relazione/comunicazione asimmetrica è sbilanciata a favore

dell’organizzazione avendo come unico fine la persuasione: vale a dire il cambiamento delle

opinioni, dei comportamenti e degli atteggiamenti degli influenti al fine di raggiungere gli obiettivi

stabiliti dall’organizzazione in maniera autonoma, unilaterale e non negoziale.

Tuttavia la tesi prevalente degli studiosi (Grunig, Hunt, Vercic, Sriramesh...) è che l'efficacia

di una relazione è inversamente proporzionale alla sua asimmetria percepita: in altri termini quanto

più un soggetto percepisce di avere con un altro soggetto una relazione simmetrica, tanto più è

possibile che l'uno tenga conto delle argomentazioni e aspettative dell'altro, che il negoziato

giunga ad un risultato positivo per le due parti, e che si possa dunque definire efficace quella

relazione.

La distinzione tra unidirezionalità e bidirezionalità e tra asimmetria e simmetria indica la

direzione della comunicazione e lo scopo della stessa.

La comunicazione unidirezionale si contraddistingue per il trasferimento di informazioni e

assume la forma del monologo, al contrario quella a due vie rappresenta la modalità dello

scambio di informazioni e si esplicita nel dialogo.

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2. A chi sono rivolte

Le relazioni pubbliche si rivolgono ai pubblici influenti di un’organizzazione; sono tali i

soggetti che hanno poteri decisionali o di influenza importanti per il raggiungimento degli obiettivi

che l’organizzazione persegue.

Un’organizzazione che pratica relazioni pubbliche tende ad attivare relazioni con questi

pubblici per determinare in essi opinioni, atteggiamenti, comportamenti che permettano il

raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione stessa con il migliore rapporto costi/benefici e

che, al contempo, permettano a quei pubblici di avere un valore aggiunto dall’avere agevolato o

comunque non ostacolato l’organizzazione nel raggiungere tali obiettivi.

Questa definizione fa emergere in modo chiaro il principio della tendenziale simmetria fra le

parti di una relazione che è l’elemento caratterizzante le relazioni pubbliche efficaci. In sostanza i

pubblici influenti di una organizzazione trovano interesse a contribuire a ridurre gli ostacoli o

addirittura a favorirne gli obiettivi esclusivamente se ritengono di trarre un qualsivoglia ma

misurabile valore aggiunto dalla relazione che in tal modo intrattengono con l’organizzazione.

Gli stakeholder attivi, o pubblici influenti, sono soggetti interessati a relazionarsi direttamente

e in maniera pull con l’organizzazione perché consapevoli delle conseguenze prodotte dalla/sulla

organizzazione nel raggiungimento dei suoi scopi principali (missione, visione, valori, strategia, …) e

dai suoi obiettivi specifici

Vale la pena, in questa sede, soffermarsi brevemente sul concetto di “stakeholder”;

letteralmente significa avere un interesse, un titolo, un “diritto”. In altri termini, lo stakeholder è un

soggetto (singolo o collettivo) che ritiene autonomamente e non perché riconosciuto

dall’organizzazione, di possedere un titolo per entrare in relazione con questa; ritiene di essere un

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soggetto le cui opinioni o decisioni, i cui atteggiamenti o comportamenti possono oggettivamente

avere una influenza per il raggiungimento di un uno specifico obiettivo dell’organizzazione.

La definizione degli obiettivi dell’organizzazione, se le pubbliche relazioni funzionano, deriva

dall’ascolto e dall’interpretazione effettiva degli stakeholder attivi, tenendo in considerazione

anche le loro aspettative.

Per fare l’esempio di una impresa, questa avrà tra i suoi stakeholder i dipendenti, le

banche, la stampa di settore e generalista, il ministero delle Finanze e il pubblico decisore.

Ogni organizzazione ha stakeholder che variano in funzione degli obiettivi perseguiti e più o

meno distinguersi da quelli di un’organizzazione concorrente. I giornalisti che si occupano di moda,

per esempio, saranno stakeholder per tutti gli stilisti, ma ciascun stilista avrà azionisti, clienti e

distributori diversi. Anche per un produttore di profumi il giornalista che si occupa di moda è

importante ma, fra i tanti giornalisti, tenderà a relazionarsi con il giornalista esperto di bellezza e

cosmesi.

Gli stakeholder potenziali diventano attivi e dunque hanno interesse a relazionarsi

direttamente con l’organizzazione quando diventano effettivamente consapevoli delle

conseguenze prodotte sul raggiungimento delle finalità generali e degli obiettivi specifici

dell’organizzazione.

Al fine di chiarire anche la differenza tra stakeholder e influente occorre porre l’attenzione

sulla questione inerente la fonte di legittimità; il termine “influente” implica che sia l’organizzazione

a ritenerlo tale, quindi la fonte di legittimazione è l’organizzazione stessa. Nel caso dello

stakeholder, al contrario, è egli stesso a ritenere di avere il titolo per rivendicare il diritto di

interloquire con l’organizzazione e non sempre l’organizzazione gli riconosce tale ruolo.

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Dal punto di vista pratico, i due termini possono sembrare sinonimi e intercambiabili, ma è

bene essere consapevoli delle differenze. Esistono infatti le seguenti tre diverse categorie:

- influenti che si ritengono stakeholder, ovvero soggetti che l’organizzazione per prima ritiene

influenti e che sono anche stakeholder, cioè si ritengono portatori di un interesse nei

confronti dell’organizzazione;

- influenti che non si ritengono stakeholder, ovvero soggetti che l’organizzazione ritiene

influenti ma che non si considerano tali;

- stakeholder non ritenuti influenti dall’organizzazione, ovvero soggetti che si ritengono

stakeholder ma che non vengono considerati tali dall’organizzazione.

La distinzione non ha una valenza solo speculativa ma ha riflessi pratici importanti perché

per ogni specifico obiettivo perseguito l’organizzazione deve in primo luogo decidere quali siano i

suoi influenti e quindi individuare quali tra questi sono consapevoli di essere stakeholder e quali non

lo sono, tenendo in considerazione anche quegli stakeholder che l’organizzazione non intenda

riconoscere come influenti.

Ora, mentre con riferimento al primo gruppo, si può pensare che la relazione instaurata (o

da instaurare) possa effettivamente essere, a due vie e tendenzialmente simmetrica, e che il

modello comunicativo adottato possa essere diretto, essenziale, argomentativo, pull.

Rispetto al secondo gruppo l’organizzazione dovrà operare, in una prima fase, con

modalità push, persuasive e con argomenti tali da attirare l’attenzione cercando poi di persuaderli

a diventare stakeholder, così da potere instaurare anche con loro una relazione interattiva e

tendenzialmente simmetrica. Ne consegue che, per l’interlocutore soltanto influente,

l’organizzazione dovrà adottare un diverso modello comunicativo, più indiretto, più attraente, e

sicuramente più complesso e oneroso.

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3. Relazioni pubbliche e comunicazione integrata

Qualsiasi organizzazione per il solo fatto di esistere, anche se non dotata di una funzione né

interna né esterna adibita alle RP, instaura delle relazioni con una molteplicità di soggetti come, a

titolo di esempio, azionisti, elettori, soggetti istituzionali, clienti, soci. Molto spesso si tratta di relazioni

non consapevoli o non programmate ma tale ricorrenza non ne neutralizza gli effetti; pertanto le

Relazioni Pubbliche, al pari di qualsiasi disciplina della comunicazione e del management, hanno

bisogno di essere implementate in modo consapevole mediante processi che, al pari di altre

attività aziendali, prevedano attività di pianificazione, implementazione, controllo e misurazione.

Strettamente connesso con l’attività di RP vi è il concetto di immagine che solitamente è

affiancato, quando non confuso, con i concetti di identità e reputazione.

Vi sono differenze tra identità, immagine e reputazione.

Con buona approssimazione possiamo dire che:

- l’identità indica i valori che sono alla base di una organizzazione e sono veicolati, condivisi,

attraverso i comportamenti dell’organizzazione;

- l’immagine generalmente coincide con la percezione dell’identità che hanno i pubblici

influenti di e per una organizzazione;

- la reputazione è rappresentata dalla percezione dell’organizzazione da parte dei soggetti

in base alla esperienza diretta o indiretta, avuta dagli stessi nel tempo.

Le RP sono, a tutti gli effetti, una delle discipline della comunicazione d’impresa.

Si affiancano a

 pubblicità che ha l’obiettivo prioritario di creare e rafforzare una immagine di marca e si

espleta attraverso l’annuncio, lo spot, il comunicato radio, il manifesto…

 promozione che ha lo scopo di vendere un prodotto e che si espleta attraverso l’offerta

speciale, il concorso a premi…

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 direct marketing che ha lo scopo di creare e rafforzare la relazione diretta con il cliente,

mediante strumenti come l’iscrizione ad un club.

Per completare il quadro vanno definite anche le sponsorizzazioni, va detto se debbano o

possano essere considerate una disciplina autonoma rispetto alle altre. La questione è controversa:

può dirsi, infatti, che le sponsorizzazioni, infatti, possono far parte delle relazioni pubbliche, della

pubblicità e delle promozioni. Nel primo caso rientrano le sponsorizzazioni classiche effettuate a

vantaggio di associazioni culturali, sociali; nel secondo quelle sportive e nel terzo le cosiddette

“trasmissioni televisive sponsorizzate”.1

A questo punto è bene sottolineare che la pubblicità, a differenza di tutte le altre discipline,

viene definita “above the line”, sopra la riga, cioè visibile, trasparente, quantificabile, esplicita,

tutte le altre si definiscono invece “below the line”, sotto la riga, cioè più difficilmente identificabili

e dunque quantificabili. Ognuna di queste discipline risponde a regole diverse che si sono evolute

e consolidate nel tempo e ciò comporta che non si possano applicare alla pubblicità le medesime

regole della promozione in quanto l’efficacia dell’una o dell’altra dipendono infatti da principi e

modalità operative diversi; infatti la promozione efficace produce effetti immediati invece la

pubblicità si propone obiettivi più a medio termine come il rafforzamento dell’immagine di marca.

Sulla stessa linea il direct marketing genera informazioni relative al singolo consumatore, per

sviluppare iniziative di database o relationship marketing, mentre le relazioni pubbliche, a di

supporto a specifici obiettivi di marketing, pianificano e realizzano eventi e sviluppano relazioni con

i media per ottenere approvazione e consenso da parte di opinion leader credibili e capaci di

attirare l’attenzione dei consumatori sul prodotto o servizio. Tuttavia non può negarsi che, per

informare il consumatore dell’esistenza di una promozione, è sovente utile servirsi della pubblicità,

del direct mail e delle relazioni pubbliche.

1 Cfr. Toni Muzi Falconi, Governare le Relazioni, 2° ed., pagg. 3 e seguenti

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In altri termini, in funzione dell’obiettivo specifico perseguito dall’organizzazione, il

management può scegliere di usare ciascuna disciplina come disciplina-guida che coordina le

altre oppure come disciplina-supporto che viene coordinata da un’altra. Tale situazione traduce,

esplicita, a giudizio di alcuni, il senso dell’espressione “comunicazione integrata”:

Altri studiosi propendono per parlare di comunicazione integrata quando:

 Le organizzazioni tendono a rendere coerenti i messaggi inviati all’esterno con quelli inviati

all’interno (comunicazione interna e esterna).

 Le organizzazioni tendono a rendere coerenti i messaggi inviati al mercato con quelli inviati

agli influenti (comunicazione di marketing e istituzionale).

 La comunicazione dell’organizzazione on-line è coerente con quella off-line.

 La funzione comunicazione, all’interno dell’organizzazione, opera in modo sinergico, con le

altre funzioni aziendali.

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4. Cenno alle modalità operative

L’attività di pubbliche relazioni si attua mediante un flusso continuo e costante di atte a:

 definire le variabili che orientano l’obiettivo definito;

 ascoltare dei pubblici influenti sulle variabili definite e sui destinatari finali;

 definire i messaggi chiave;

 implementare un pretest che analizza i livelli di familiarità del contesto, del contenuto del

messaggio e dell’autorevolezza percepita della fonte;

 progettare specifici interventi di comunicazione;

 effettuare una ulteriore fase di ascolto tesa a valutare gli esiti e a riprogettare RP.

In questa fase il relatore pubblico deve anche tendere ad aumentare la consapevolezza

degli obiettivi dell’organizzazione e creare l’interesse, nel pubblico influente, a stabilire una

relazione con l’organizzazione: da stakeholder potenziale a stakeholder attivo

Il “flusso continuo” di azioni di cui si è detto passa attraverso quattro macrofasi:

- ascolto iniziale,

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- progettazione,

- attuazione,

- ascolto.

La fase iniziale dell’ascolto è una fase attiva che si realizza attraverso un’intensa e

importante attività relazionale che deve fornire all’organizzazione elementi utili per definire con

chiarezza e consapevolezza le proprie finalità nonché per determinare le politiche di

comunicazione oltre ai messaggi da comunicare e le azioni da intraprendere.

Può verificarsi che, a seguito di un’attenta fase di ascolto, vengano rideterminati gli stessi

obiettivi perseguiti e da perseguire.2

La successiva fase della progettazione, partendo dai risultati dell’ascolto, prevede la

progettazione di una strategia relazionale tesa alla determinazione degli strumenti che meglio di

altri si ritiene possano massimizzare la strategia delle relazioni pubbliche.

La terza fase, quella inerente l’attuazione di quanto progettato, valorizza la creatività e la

capacità comunicativa della funzione delle relazioni pubbliche. Infatti, essendo le risorse disponibili,

sia umane che finanziarie, sempre limitate, la sfida non consiste solo nel produrre iniziative efficaci

e che aiutino l’organizzazione a raggiungere l’obiettivo che si vuole raggiungere, ma soprattutto

nel farlo con il miglior rapporto costi/benefici.

La quarta ed ultima fase, quella dell’ascolto, è determinante.

Intanto va detto che l’ascolto non è separato dalla comunicazione anzi ne è la parte più

importante.

2 Cfr. Toni Muzi Falconi, Governare le Relazioni, 2° ed., pagg. 43 e seguenti

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Dunque le Relazioni Pubbliche, al pari di qualsiasi altra funzione manageriale, devono

dimostrare di fornire dati misurabili e quindi le valutazioni sulla loro efficacia devono dimostrare se:

 l’interlocutore è stato raggiunto,

 l’interlocutore ha recepito il messaggio,

 l’interlocutore ha cambiato opinione, comportamento; c’è stato un cambiamento di

natura quantitativa e qualitativa,

 la relazione tra l’organizzazione e l’influente è cambiata.

E’ evidente che avendo a che fare con sistemi di relazione le cui dinamiche sono per

definizione veloci, il riavvio del ciclo conduce inevitabilmente ad una revisione degli obiettivi, e

dunque di variabili e strumenti, degli stakeholder o degli influenti; il tutto è teso ad una pratica che

si espleti anche attraverso il miglioramento continuo delle pratiche di Relazioni Pubbliche.

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Bibliografia

 Toni Muzi Falconi Governare le relazioni 2003 Il Sole 24 Ore

 Nicoletta Cerana, Comunicare la responsabilità sociale, 2004 Franco Angeli

 J. E. Post, L. E. Preston and S. Sachs, “Redefining the Corporation, Stakeholder

Management and Organizational Wealth,” Stanford University Press, Stanford, 2002.

 Cutlip, Center, Broom. Effective Public Relations, 1994; trad. it.: Nuovo manuale di

relazioni pubbliche, a cura di Roggero, 2002

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