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Dunque, tale progetto si distingue nettamente dal progetto personalizzato, individuale o di caso per due
aspetti:
1) Il progetto individuale è centrato sulle peculiarità di una singola persona.
2) Il progetto di azione sociale, a dimensione collettiva, tende ad avere come bersaglio gli aspetti che
accomunano più situazioni, più persone, più famiglie in uno stesso disagio o problema.
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oggetto di un’attenta analisi per identificare le modalità per rintracciarle ed i mezzi attraverso i quali
evitare si configuri un ostacolo-
4) Le azioni sono il cuore del progetto, il motore che permette di raggiungere i risultati immediati rispetto
al bisogno. Devono essere pensate in modo induttivo, a partire da un soggetto presente che sappia
esprimere un orientamento rispetto alle linee di soluzione del problema o del disagio.
5) Il tempo è uno dei vincoli più importanti del progetto, poiché obbliga all’ordine, al rigore,
all’organizzazione, affinchè la scansione delle azioni possa svolgersi in modo congruente ai risultati e agli
obiettivi da ottenere. Il tempo si adegua alla disponibilità delle risorse, perciò, incide nelle scelte perché i
mezzi disponibili possono dare risultati possibili.
6) Lo spazio può essere quello identificato dal committente, scelto dai soggetti o posto dai beneficiari. In
ogni caso deve essere definito.
Questi elementi costituiscono la struttura essenziale del progetto, senza i quali esso risulterebbe fragile.
Perché nasca un progetto è sufficiente che esistano risorse dedicate ad un obiettivo, da cui partire per
costruire l’intero assetto, i quali sono gli elementi minimali indispensabili perché si strutturi un progetto.
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IL PROCESSO METODOLOGICO
Se il progetto è un dispositivo metodologico, ciò vuol dire che esso implica un modo di fare, di agire e di
procedere che alcuni definiscono come “ciclo del progetto”. Il lavoro per progetti si svolge secondo uno
sviluppo di tipo processuale, in fasi che si susseguono in ordine logico e cronologico; si individuano sei fasi:
1) La programmazione indicativa è quella fase in cui l’ente promotore, generalmente rappresentato
dall’equipe del progetto, esplora gli obiettivi generali rispetto a bisogni o fasce deboli della popolazione.
Si tratta di identificare le priorità e gli interessi dell’ente promotore, per pensare ad una
programmazione interna e per predisporre progetti. La fase di programmazione indicativa può essere
determinante nella definizione dell’oggetto, delle finalità, del metodo e dei tempi da parte di chi
progetta. Essa offre indicazioni di priorità e permette di definire le prime ipotesi di campo, prefigurando
possibilità di risorse dedicate.
2) L’identificazione del progetto: esso contiene due operazioni fondamentali: lo studio del problema o del
disagio presente e la messa a punto degli obiettivi. La prima operazione mira a conoscere gli aspetti del
problema e il modo in cui esso verrà affrontato. Dunque il modo di conoscere il problema e la
valutazione che di esso se ne fa, stabiliranno in modo induttivo quello che si penserà di fare in futuro.
L’osservazione diretta dovrà essere privilegiata sia come metodo che come strumento di ricerca, ogni
elemento verificato attentamente poiché, a differenza di una qualsiasi ricerca sociologica, esso costituirà
la base di un intervento che potrebbe anche fallire. La seconda operazione consiste nella definizione di
ciò che vogliamo ottenere, tradotto in obiettivi ed in risultati raggiungibili con le azioni ipotizzate. La fase
di identificazione-definizione si concluderà con un documento di pre-progetto che riporta in modo
sintetico lo studio del problema, l’ipotesi progettuale e le ragioni che sostengono l’idea progettuale.
3) L’istruzione del gruppo: l’ente promotore, sulla base del documento del pre-progetto, decide di investire
sulla proposta e dà mandato all’equipe di progetto di procedere nella fase di istruzione, costituita dalle
seguenti operazioni:
a) La costruzione del quadro logico: Il quadro logico ha un’enorme quantità di pregi ma presenta un
grosso limite, costituito dalla sua rigidità strutturale. Nonostante questo costituisce un buon
documento per l’attuazione dello studio di fattibilità che ha come obiettivo quello di verificare se ciò
che si intende fare è realizzabile e può ragionevolmente assicurare il raggiungimento degli obiettivi
con le risorse ed i costi previsti. Il documento di progetto a sua volta comprenderà diverse voci
secondo il seguente indice: riassunto, contesto, ente promotore, ragioni fondanti, intervento, ipotesi
e rischi, modalità di realizzazione, fattori di sostenibilità del progetto, sistema di monitoraggio e
valutazione, budget e conclusioni.
b) Lo studio di fattibilità
c) L’eventuale aggiustamento e stesura definitiva del quadro logico
d) Il documento definitivo di progetto.
4) La fase di finanziamento: una volta messo a punto il progetto definitivo ed un documento
corrispondente, si tratta di avviarlo al finanziamento, cioè di presentarlo ad enti o organizzazioni che
dispongono di fondi. Gli enti finanziatori sono molteplici e sono enti pubblici, come lo Stato e le regioni o
enti privati, come le banche o i grandi donatori. Mentre i canali istituzionali sono più noti, i canali di
“fund raising” sono meno conosciuti e praticati da chi opera nei servizi sociali. Alcune organizzazioni
sviluppano delle strategie vere e proprie, mettono a disposizione risorse e ricorrono ad esperti per poter
assicurare un flusso finanziario alle loro attività. Un percorso di finanziamento deve essere ben
disegnato e accompagnato in tutti i suoi passaggi. Deve poter poggiare su una documentazione
appropriata; deve anche ipotizzare la necessità di fare delle integrazioni o delle specificazioni ulteriori.
Molti progetti non vengono finanziati non tanto perché non sono ben fondati e ben costruiti, ma perché
manca una relazione di corrispondenza significativa tra la proposta del richiedente e le attese del
decisore, per non parlare dei casi in cui la documentazione è incompleta. Nel caso di esito positivo,
raramente il finanziamento ottenuto copre l’intero budget. La fase di finanziamento si concluderà
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quando, con le risorse assegnate, sarà possibile ridisegnare un budget definitivo da trasmettere a coloro
che dovranno realizzarlo.
5) La fase di realizzazione del progetto: essa prenderà avvio e potrà svolgersi con sufficienti garanzie di
esito purché sia ben identificato un responsabile di progetto che dovrà governare tutte le operazioni di
attuazione. La realizzazione prevede alcuni passaggi:
a) Il lancio del progetto
Esso ha delle implicazioni importanti con l’ambiente organizzativo e sociale. Consiste in una
presentazione del progetto in termini di obiettivi, sfide e di condizioni positive richieste per il
successo e mira ad ottenere il massimo di consenso, di appoggio e di collaborazione.
b) Il pilotaggio del progetto
È l’azione di governo da parte del responsabile del progetto che dovrà guidare gli operatori,
assegnando loro i compiti, accompagnando tutte le operazioni, dando le disposizioni necessarie,
ridistribuendo le risorse, monitorando i diversi passaggi e verificando i risultati.
c) La pianificazione delle attività
Deve essere tradotta in mappe e grafici visibili ed accessibili.
d) La predisposizione degli strumenti di programmazione
e) Il monitoraggio e la valutazione in itinere
6) La fase di valutazione del progetto: è una delle fasi più delicate e in un certo senso costituisce “un
progetto nel progetto”. Essa consiste in un progetto conoscitivo che implica un assetto di ricerca, con
strumenti di rilevazione e misurazioni. Una buona valutazione deve innanzitutto definire a chi è
destinata e per quali motivi si deve fare. L’oggetto, le modalità ed i tempi di valutazione sono
strettamente legati ai destinatari della valutazione che possono essere l’ente promotore, l’ente
finanziatore, il partner e la stessa equipe di progetto. La fase di valutazione deve produrre un
documento analogo ad un rapporto di ricerca, deve poter indicare non solo le acquisizioni ed il successo
del progetto, ma anche i suoi punti deboli, in termini di “lezioni apprese”. La valutazione ha assunto una
tale importanza nelle procedure di finanziamento e nello sviluppo delle strategie di intervento.
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parole più comuni ed utilizzate della professione perdono la loro capacità di indicare la direzione e le
ragioni dell'agire, lasciando spazio solo ad un riferimento nominalistico che, dietro la magia della parola,
nasconde spesso un vuoto o perlomeno un difetto di coscienza della posta in gioco. Ogni tanto vale la pena
di soffermarsi sul contenuto di termini che si pensano assolutamente noti, per sondarne tutto il valore in
rapporto all'esperienza, ma anche alla coscienza che essi richiamano, così da riscoprirli veramente nella loro
profondità e nel loro autentico significato.
Progetto: termine divenuto comune in tanti ambiti anche molto diversi tra loro ed utilizzato in modo
ambivalente nella certezza che il punto di vista filosofico-antropologico può offrire interessanti spunti alla
chiarificazione della coscienza e della pratica progettuale. Progetto è termine denso di significato:
etimologicamente viene dal latino proicere ("gettare avanti") e nella lingua italiana sta ad indicare l'atto di
"immaginare qualcosa e proporre il modo di attuarla". Così il progetto è primariamente un "piano di lavoro,
ordinato e particolareggiato, per eseguire qualcosa", e più propriamente "insieme di calcoli, disegni,
elaborati necessari a definire inequivocabilmente l'idea in base alla quale realizzare una qualsiasi
costruzione", e perciò, in modo figurato, anche "idea, proposito, anche vago, bizzarro, difficilmente
attuabile".
La parola progetto indica un'azione (il progettare) complessa e variamente articolata, che peraltro non
rimanda ad un'unica forma di coscienza, in cui sono implicati campi diversi e prospettive di vita molto
differenti: si parla, ad esempio, di progetto di vita, di progettazione di servizi, di progetti economici, di
progetti educativi, di progetti di legge, mutuando il termine che un tempo indicava solo un principio
architettonico (il progettista era solo colui che lavorava in campo civile ed edilizio, o al massimo nel conte
sto di realizzazioni tecnico-industriali), per indicare ad extensum qualunque tipo di impresa che prefiguri un
piano di azione organico disegnato secondo una pluralità di fattori e proiettato nel futuro. Quest'estensione
del valore della parola progetto si è talmente dilatata da far credere addirittura che l'assenza di
progettualità sia altamente pericolosa non solo ai fini della costruzione di una casa, ma rispetto a
qualunque attività che risulterebbe infantile ed inconsistente se mancasse della progettazione adeguata.
Ciò che dunque un tempo sembrava importante solo per costruire una casa (l'edificio fisico della propria
esistenza), oggi diventa il disegno organico portante di qualunque iniziativa cui si attribuisca la speranza di
una certa efficacia e durata nel tempo. Perciò progettare diventa azione di tutti, di cui è essenziale scoprire
le coordinate non solo tecniche ma conoscitive ed etiche, perché nel progettare è implicato un soggetto
umano, sono presenti delle ragioni, è sotteso un fine che guida l'azione: il progettare è atto umano,
secondo la pienezza per cui S. Tommaso diceva che "delle azioni che sono compiute dall'uomo sono dette
umane in senso proprio solo quelle compiute dall'uomo in quanto uomo. Ora l'uomo si distingue dalle altre
creature prive di ragione perché è padrone dei suoi atti. Perciò si dicono umane in senso proprio le sole
azioni di cui l'uomo ha padronanza. D’altra parte, l'uomo è padrone dei suoi atti in virtù della ragione e
della volontà... Quindi propriamente sono denominate umane le azioni che scaturiscono da una
deliberazione della volontà".
Interessante analizzare la struttura stessa dell'atto di progettare, per capire quale tipo di razionalità sia
messo in campo e per cogliere lo specifico dell'azione progettuale, onde evitare di fraintenderla con altre
azioni o altri termini, come pianificazione, organizzazione, ideazione che pure appartengono
all'intenzionalità dell'umana coscienza.
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dell'ordinare elementi sparsi nel reale per ricondurli entro uno schema fruibile, di interpretare la
complessità nell'ottica di una visione organica e manipolabile, del poter verificare ciò che altrimenti si
porrebbe solo innanzi come ignoto e quindi ultimamente misterioso ed imprevedibile. Forse, alla radice,
nell'idea stessa di progetto c'è il desiderio di vincere la paura dell'ignoto attraverso un proprio disegno
sovrapposto al destino. La cultura del progetto è figlia della razionalità illuministica, cioè di una ragione che
vuole controllare ogni aspetto dell'uomo e della realtà, più preoccupata di dominare le situazioni nelle varie
componenti che di fruire del mistero delle cose.
L'idea stessa di progetto è filosoficamente moderna", poiché presuppone il primato di una ragione
calcolante sulla complessità del reale, come accade dal Rinascimento in poi a partire dalla nozione di homo
faber, cioè di uomo padrone del proprio destino e costruttore del proprio dominio sulla realtà delle cose. Il
progetto si rifà alla radice all'atteggiamento tipico di Prometeo, l'eroe del mito, che vuole mettere innanzi lo
sguardo per conto dell'intera umanità alla ricerca del fuoco da rubare agli Dei, come simbolo di un dominio
sul presente e sul futuro. Da qui possiamo concludere che nell'idea stessa del progettare è contenuto
l'assioma di Bacone del conoscere per dominare, vale a dire di un'intenzionalità conoscitiva in funzione di
un risultato operativo. Perciò alla paura dell'ignoto si sostituisce la tensione a creare un modello di
conoscenza perfettamente adeguato alla necessità della ragione di trovare una causa ad ogni cosa. In
questo senso il linguaggio della progettualità è profondamente moderno e si inserisce in un'immagine di
uomo e di realtà precisamente identificata, che oggi si snoda sullo sfondo del passaggio alla post modernità
segnato dalla transizione da una cultura tecnologica (che pretendeva dominare tutto con strumenti tecnici)
ad una cultura che riconduce tutto dentro le maglie di uno schema della progettualità che imprigiona con
schemi linguistici l'infinita varietà degli aspetti possibili del reale". Ciò che un tempo era garantito dallo
strumento (cioè dal prolungarsi della conoscenza nella tecnica), è ora affrontato nel l'accumulazione di
piani protesi all'unificazione di passato-presente-futuro. Il progetto come ordine del pensiero e tecnica
operativa diviene così il modello di impostazione dell'azione personale e professionale, configurando un
nuovo paradigma conoscitivo, fondato su parametri che pregiudicano inevitabilmente la visione del reale
che sarà possibile costruire a partire dall'uomo progettuale. Pensando al progetto bisogna dunque
constatare il passaggio dal paradigma della scientificità galileiana e baconiana al paradigma della precisione
concettuale e terminologica del linguaggio della progettualità, paradigma che si vuole estendere a tutti gli
aspetti della ricerca sociale attribuendo ad esso anche un valore quasi etico di inerranza e di metodologia
infallibile. La sequenza delle procedure, l'uso di parametri progettuali, la verifica dei risultati ottenuti entro
precise griglie di valutazione sono gli elementi di una mentalità progettuale vincente in tutti gli ambiti. La
caratteristica del progetto è anzitutto creare un'immagine, un modello di ricerca applicabile, uno schema su
cui misurare i risultati della ricerca: il progetto nasce perciò da una domanda cui si vuole trovare una
risposta come conferma. In più, il progetto unisce l'impiego di un modello da verificare con la dimensione
utopica della coscienza, ossia con la prospettiva di ideare un mondo diverso a partire da una diversa
organizzazione dell'esistente. Perciò non è solo un'operazione conoscitiva, ma è anche operazione pratica
(atto volto a modificare degli assetti esistenti), che implica una durata nel tempo e una verifica
dell'investimento di energie fatto. In questo senso il progettare è una dimensione tipica dell'uomo perché
ne raccoglie le tensioni e i desideri, ed è quindi da ascrivere nella categoria della possibilità di auto-
realizzazione. Nel senso più profondo, l'uomo progetta perché si sente chiamato a dislocarsi in una
dimensione diversa da quella reale, perché la forza del desiderio spinge verso un oltre. L'origine ultima
dell'istanza progettuale risiede perciò nella forza della coscienza che non accetta di rimanere ferma sul dato
presente, ma si proietta altrove. L'uomo è fatto per autotrascendersi continuamente; per questo progetta
sé anzitutto, cioè immagina una realtà diversa da quella in cui gli tocca di vivere. Ma l'immaginario non è
pura fuga dalla realtà o rifiuto dell'esistente, è "una tensione al reale che ci trascende, un'apertura al
possibile: il possibile della cosa in quanto possibilità dell'uomo, del suo orientarsi e del suo essere ulteriore
nel mondo", vale a dire che l'uomo non è chiuso nell'orizzonte deterministico della fattualità, ma sa
liberarsi dalle contingenze per proiettarsi nel campo inesplorato della possibilità. Così l'immaginazione è
proiezione della libertà verso un orizzonte più ampio del fattuale che riguarda la vita come tale, e
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conseguentemente anche il bagaglio professionale, investendo le dimensioni etiche e deontologiche della
professione. Progettare significa perciò, professionalmente, soprattutto essere in movimento, essere al
passo con la novità in quanto la si prevede; significa avere uno strumento operativo ritenuto sicuro nei
risultati perché sostanzialmente appoggiato al paradigma scientifico. Nella nostra cultura rimane tuttavia la
pretesa che ogni aspetto (anche marginale) della realtà possa venir controllato da un progetto ben
strutturato e verificato nei suoi esiti. Ciò spiega perché all'ideologia del cambiamento radicale o della
palingenesi dell'umanità, si sostituisce l'immagine di tanti microprogetti. Abbandonata l'idea di un
cambiamento globale, rimane ugualmente l'esigenza di affermare la propria capacità di mutazione dentro i
particolari, ed il progettare diventa funzionale a creare una rete di piccoli cambiamenti entro il modello di
una società ben compaginata. La figura del progetto diventa figura emblematica della nostra epoca: non
solo uno strumento metodologico per verificare la congruità dell'azione dell'operatore verso la realtà, ma
un fine caricato di una valenza quasi morale e di una forza risolutiva taumaturgica dei problemi.
L'atteggiamento progettuale viene da lontano, anche se oggi la sua intenzionalità non è più solo pragmatica
o euristica, ma ha una pretesa quasi veritativo-morale di soluzione dei problemi. Perciò interrogarsi sull'atto
del progettare pone la domanda su chi sia l'uomo, su cosa voglia, su quale sia il valore del suo agire, su quali
sono le conseguenze del suo muoversi nella realtà. In sintesi, interrogarsi sul valore del progettare chiama
in causa il valore etico dell'agire stesso.
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(tradizione, ipotesi di lettura) attraversa l'oggi (che è l'angolo di visuale con cui analizziamo le cose), in vista
di un futuro da conoscere o realizzare.
Il progetto è una modalità di anticipazione del reale in:
1) Senso cognitivo (previsione)
2) Senso operativo (trasformazione)
Previsione, prevenzione, piani di attuazione, obiettivi, verifiche proiettano nel futuro un'immagine del
presente che ancora non è attuata.
Progettare è dunque un modo per sfuggire all'originaria finitezza del soggetto per aprirsi in qualche modo
all'infinito, proiettando una propria immagine su spazi che nel presente non ci apparterrebbero. In tal senso
progettare è operazione conoscitiva ed etica allo stesso tempo, cioè implica una mossa dell'intelligenza ed
una deliberazione della libertà tesa a rendere immaginabile ciò che ancora non esiste.
Sul piano pratico questa progettazione si esprime:
Nei piani di previsione economica
1) Nelle pianificazioni urbanistiche o sociali
2) Nei bilanci di previsione, nelle programmazioni
3) Nell'identificazione di obiettivi a medio e lungo termine,
sempre nella prospettiva di avere uno schema sul futuro governabile già nel presente. L'ideale della ragione
di dominare la totalità dei fattori si esprime nella società tecnologica con una scansione controllata del
tempo e delle risorse che prevede bilanci di previsione e consuntivi sintetici, sino a formulare una
valutazione del raggiungimento degli obiettivi: all'idea di fine ultimo si sostituisce l'immagine di obiettivi
parziali e della loro misurazione con indicatori altrettanto parziali. Stupisce comunque che in un'epoca in
cui nessuno si sente più di fare progetti totalizzanti, perché mancano alla cultura dei riferimenti forti di
contenuto veritativo, si voglia ugualmente affrontare la realtà in chiave di progetti particolari, con lo stesso
impeto e pretesa di precisione con cui un tempo si voleva trasformare tutto. Nonostante che le ideologie
siano finite, non può venir meno la tensione della coscienza a dislocarsi fuori di sé, anche se oggi questa
tensione ad andare oltre sembra ridursi alla semplice sommatoria dei singoli indicatori, con la rinuncia ad
una visione totalizzante. Oggi sembra bastare la semplice pianificazione dei risultati attraverso il controllo
delle risorse e la parcellizzazione controllata delle singole operazioni, e così il progetto si riduce ad opera
zione formale di cui controllare solo la coerenza degli elementi costitutivi, in un'organizzazione di fattori
spesso virtuali, come attesta il linguaggio proprio della progettualità. Oggi in qualunque settore non si può
però fare a meno di progettare e di ordinare risorse e metodi entro la scelta di obiettivi da raggiungere:
progetti educativi, progetti culturali, di sviluppo, di organizzazione, ma anche progetti di vita come
realizzazione di una personale vocazione o di una traiettoria professionale, sembrano non sfuggire a
specifiche metodologie che prevedono la scansione secondo parametri di analisi, strategie, risorse, tempi,
metodi, strumenti di verifica, sintesi ed interpretazione dei risultati. Il tutto all'interno di griglie operative
ritenute assolutamente scientifiche, come se la metodologia di progetto fosse un evento univoco, solo
tecnico, tale da poter prescindere dal soggetto che la pone in atto. In realtà non è così, poiché come ogni
azione anche il progettare implica le dimensioni etiche connesse alla scelta della persona. Per questo il
progettare chiede una riflessione sul senso dell'agire umano.
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1) L’autodeterminazione (cioè la cosciente volontà di realizzare se stesso)
2) L'autotrascendimento (cioè la capacità di trasformazione del mondo a misura di un Bene)
Perciò nell'azione si svolge la dialettica dell'autopossesso e dell'uscita da sé, in una traduzione pratica fatta
di progetto e fatica della realizzazione. Nell'agire l'io si esprime e modifica al contempo la realtà; per cui
ogni passaggio dell'azione è significativo in quanto mette in campo una concezione di sé e delle cose,
esprimendo il fine ultimo per cui ci si muove visto che la coscienza del dove si vuole arrivare sta prima di
ogni singola operazione del progetto. Infatti, dal punto di vista epistemologico e metodologico, il fine
determina i mezzi e guida il percorso da attuare, i criteri di verifica, la lettura dei dati e dei risultati: in un
progetto è possibile vedere solo ciò che è stato impostato dal metodo scelto e dagli strumenti impiegati. Ad
esempio, il progetto educativo di una scuola o di organizzazione di un servizio, esprime la visione di uomo
che si possiede: la scelta degli obiettivi non è mai neutra, ma implica la chiarezza su qual è la gerarchia di
valori che si vuole esaltare. Perciò nel progettare è implicata la dimensione etica della scelta, dell'elezione
del fine, della selezione dei dati e degli strumenti per poter evidenziare, al termine della ricerca, quanto
all'inizio si voleva scoprire e quanto si voleva ottenere. In ogni scansione del progetto è, dunque, sempre
implicato il soggetto che lo ha ideato, la sua libertà, la sua domanda di bene, e in ultima istanza anche la
rete di relazioni che il progetto ha mobilitato, giacché l'uomo esiste solo come soggetto in relazione.
Progettare è allora prevedere e prefigurare una realtà in base a quello che più sta a cuore. Con il suo
progettare l'uomo va così in cerca di spiegazioni che vadano oltre l'apparenza, scegliendo ipotesi e percorsi
in grado di esprimere il personale rapporto alla verità cui si appartiene. L'atto supera sé stesso perché è
intenzionato, prima ancora che al risultato, alla sua capacità di creare significati e relazioni in ordine alla
vita buona. Non c'è azione, infatti, che non ponga la domanda sulla sua bontà in ordine al soggetto che la
compie, all'altro che la riceve, al suo intrinseco contenuto d'essere. Ogni azione ha sempre e da subito una
ricaduta comunitaria: "Il più piccolo atto umano e qualsiasi realtà per quanto minuscola sono coinvolti in un
regime sociale che li dirige e compenetra da ogni parte. Non posso compiere il più piccolo atto
commerciale, pretendere il più modesto salario, regolare il contratto più elementare senza sentirmi
immediatamente accerchiato da ogni parte - anche sostenuto - dalla solidarietà economica, sociale,
giuridica che costituisce la base stessa del mio contratto, del mio lavoro, del mio commercio,
indipendentemente e al di fuori delle mie intenzioni". Perciò nell'istante stesso in cui l'azione è posta,
chiede la coscienza del suo scopo e del suo significato. Il valore dell'azione dipende dall'immagine di uomo
che si possiede, per cui non c'è autentica risposta alla domanda sul perché valga la pena di progettare al di
fuori del nesso antropologia-etica, da cui di pende tra l'altro la qualità del rapporto sociale. Solo una
nozione dell'uomo come essere dotato di un destino, chiamato ontologicamente a rispondere di sé (e
perciò dell'altro, visto che la relazione è costitutiva), può fondare la solidarietà come atto teso al bene e
non solo alla propria autoconservazione. Per cui ogni progetto va dimensionato sulla sua capacità di
costruire relazioni e di mettere in comunicazione con il volto dell'altro. L'altro non è qualcosa che si
aggiunge alla vita, ma è la presenza del Mistero come mi si presenta. All'origine è la relazione, ma la
relazione si esplica nella comunicazione e nello scambio di beni, perciò implica partecipazione alla vita
dell'altro, cura del suo destino, riconoscimento della sua dignità. In ogni rapporto autentico emerge che
l'altro non è mai totalmente definibile e dominabile in uno schema logico. Per questo parlare di un'azione
progettuale implica sempre
1) La bontà del progetto in sé
2) Il valore del progetto per il soggetto che lo attua
3) La ricaduta del progetto su altri
al fine di realizzare un bene in sé, conseguire la realizzazione del soggetto agente e costruire una rete di
relazioni interpersonali significative. Con ciò si evidenzia quanto la dimensione del "per" sia la molla
dell'azione in tutti i suoi momenti.
In conclusione, l'attività della progettazione, in ogni suo passaggio, mette in campo l'occhio con cui si
guarda la realtà, il criterio di ricerca, il risultato che si desidera, la concezione di sé e delle relazioni con cui
si affronta la complessità della realtà sociale, mostrando chiaramente che siamo in presenza di una
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modalità con cui il soggetto esprime un senso preciso della sua vita e della sua azione.
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progetto per essere coscienti anche dei limiti, visto che ogni progetto non esaurisce la realtà, ma ne
evidenzia solo alcuni fattori. Ogni progetto reca in sé l'esigenza di globalità e di organicità: è l'idea di un
tutto (sistemico o funzionale) che guida le varie fasi di un progetto, e che ne rende intelligibili i vari
momenti. Senza un'idea di ordine che percorre la complessità dei frammenti non sarebbe possibile pensare
un progetto nemmeno in termini scientifici. Il progetto oscilla sempre tra la visione da cui muove e
l'obiettivo che intende realizzare, tra la virtualità di cui è immagine e la realtà che intende scoprire e
mutare. Perciò esso implica sempre una dinamica coscienziale vigile ed attiva: si parte con un aspetto
immaginativo spesso utopico (cioè non presente nel reale se non come potenzialità) per giungere ad un
controllo dei fattori in gioco che risponda ai criteri di verifica che ci si è dati. Non vi è mai un momento in
cui il progetto possa procedere, per così dire, automaticamente senza l'intervento del soggetto che lo attua.
Ogni progetto dipende dalla capacità di sintesi tra l'immaginato e il reale: il rapporto tra concezione ed
esecuzione è totalmente dovuto al soggetto che lo produce e lo realizza. In tal senso il progetto esprime il
massimo di responsabilità. Eppure, il progetto ha in sé un'immaginazione tendenzialmente universale, cioè
vorrebbe avere un'universalità di significato rispetto alla porzione di realtà di cui si occupa. Dall'incontro tra
la domanda specifica del soggetto ideatore e la singola realtà analizzata nasce qualcosa di inedito sul piano
conoscitivo o pratico che si vorrebbe estendere anche ad altro. In tal senso ogni progetto assume un valore
quasi universale, almeno per quanto riguarda la tensione a diventare modello applicabile un po' a tutto,
almeno in termini di ricerca del significato. Occorre però verificare l'ipotesi teorica che soggiace al progetto
poiché la domanda di partenza è il primo strumento per gestire l'incertezza del rapporto tra il progetto e la
realtà. L'incertezza non permette alcuna acquisizione: l'ipotesi di partenza è invece il provvisorio avvio della
ricerca che dovrà servirsi non della pretesa di conferme a tutti i costi, ma di un'attenta analisi dei risultati
attraverso approssimazioni successive. Per questo gestire l'incertezza significa affrontare la realtà con
ipotesi flessibili, perché essa è sempre più grande di ogni progettazione, mettendosi in un'originaria
disponibilità verso l'insorgere dell'inedito e dell'imprevisto. Un progetto necessita perciò di un ambiente
aperto, suscettibile di essere esplorato e modificato; implica una concezione di realtà come mistero ricco di
significati e non come problema o enigma irrisolvibile", al punto che la sua vera efficacia sta tutta nella sua
capacità di valorizzare ogni fattore incontrato entro una spiegazione positiva.
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possono essere attivate o implementate dalla progettazione di un assetto diverso. Ogni realtà è segno di
Altro, perciò ha senso progettare per scoprire proprio il non ancora detto o esperito che la realtà può
manifestare. Il soggetto che progetta è un uomo in movimento, un tipo umano radicato nella certezza della
bontà dell'essere e che ha una speranza sul futuro. Il progetto ha una valenza ontologicamente positiva
perché esprime la coscienza dinamicamente aperta al nuovo e quindi descrive un tipo umano capace di
cercare il compimento di sé e della società. È un bisogno di pienezza che induce al progetto, è una ricerca
del meglio che fa scoprire l'immagine di un progetto da realizzare. Nel progetto è impiegata tutta
l'intelligenza e la libertà dell'io, anche con il rischio di insuccesso (lo scacco), ma pur sempre nella speranza
di una maggiore pienezza. Nelle dimensioni del progettare emerge la struttura profonda della persona, la
sua intenzionalità ultima che ritroviamo in quattro fattori trasversali che costituiscono i connotati di una
cultura del progetto così come vengono individuati da Boutinet, cioè il progetto come:
1) Necessità vitale
La dimensione simbolica dell'esperienza è la ragione vera della tensione prospettica e progettuale dell'io
che interiorizza il suo impatto con la realtà e vuole rielaborarne il significato in altre esperienze.
L'impatto con la novità, l'incontro con il diverso, il timore della morte invitano ad attivare la capacità
progettuale: non c'è vita senza progetto perché il finalismo è la dimensione propria dell'agire (nessuno si
muove senza uno scopo significativo per la realizzazione della vita). La ricerca dell'inedito è la molla del
camminare verso una verità misteriosa presentita come destino di ciascuno. Il proiettarsi innanzi è un
modo per scongiurare la paura della fine e dell'insignificanza dell'oggi: nel progetto è la salvezza
dell'oggi, visto che l'esistenza è un essere gettati nella realtà alla ricerca della direzione di marcia. Il
progetto è la prima indicazione del presente in vista del futuro, alla ricerca anche di una propria
identificazione personale, contro la spersonalizzazione della burocrazia e l'anomia delle pianificazioni
standardizzate. Perciò progettare è una necessità vitale, poiché la vita è la mossa della libertà per
salvarsi dal l'assurdo e per partecipare di un dinamismo creativo
2) Opportunità culturale
Riafferma che il soggetto può ancora esprimersi in maniera critica e libera: nel progetto è contenuta una
ricerca radicale di senso che non subordina il progresso sociale al solo progresso tecnologico ("la ricerca
di senso del progetto coincide con la sua funzione critica che lo rende capace di contestare un certo
stato di cose esistente"). Il progetto assume così la figura della liberazione dalla schiavitù
dell'immediato: anticipa il progresso, ma al tempo stesso non lo precostituisce totalmente nei suoi
risultati. Nelle società tradizionali il progettare era arte quasi divinatoria, mentre oggi ha funzione
profetica rispetto alla presunzione di un cambiamento troppo pianificato e precostituito, proprio in
quanto nasce da un'ideazione libera. Profezia significa saper guardare oltre e rispondere ad attese
inedite: dinanzi al rischio di fermarsi a piccole microrealizzazioni o alla sola pianificazione delle risorse
esistenti, il progetto apre alla dimensione della speranz", intesa come certezza del futuro radicata nella
certezza di una possibile storia buona.
3) Posta in gioco ed intreccio esistenziale
Mette in primo piano la domanda ultima su ciò che vale la pena di perseguire nella vita personale e nella
società: poiché progettare significa preferire degli obiettivi ad altri, questo impone una messa in
questione radicale della posta in gioco su cui si vuole misurare il cambiamento per sé e per tutti. Il tema
della posta in gioco è importante per chiarire la direzione di cammino che il soggetto vuole perseguire,
perché nell'uomo c'è una tensione quasi escatologica verso la realizzazione piena della propria
condizione, un'attesa che il futuro non sia già tutto pianificato ma possa riservare ancora qualche novità.
Il progetto ha come posta in gioco questa speranza che fa imparare all'uomo l'arte di mettere ordine nei
suoi impulsi e di distinguere su cosa vale la pena di giocare tutto.
4) Prospettiva pragmatica
Aiuta l'uomo a superare la tentazione del disimpegno per riscoprire il senso del fare, che è sempre un
agere, ossia il portare un significato ultimativo in ciò che si compie. Contro l'appiattimento dell'azione a
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pura sommatoria di riflessi condizionati, il progetto svolge una funzione importante di richiamo alla
razionalità come metodo e disciplina.
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meno ampia; se troppo ampia, si lavorerebbe su un problema troppo generale e poco ampia si lavorerebbe
su un qualcosa di troppo limitato. Le situazioni problematiche non devono essere troppo ricche di ipotesi,
perché’ ciò potrebbe portare a limitazioni sull’analisi e sulla progettazione. Il problema deve essere:
1) Reale (espresso su fatti concreti e non pregiudizi personali)
2) Oggettivo (basato su eventi dimostrabili)
3) Formulato in termini negativi (non deve esprimere una soluzione)
4) Chiaro (accessibile a tutti)
5) Specifico (riferibile a elementi precisi, persone, spazi...)
LA DESCRIZIONE
È la sintesi del processo di analisi del problema, sintesi di un fenomeno conoscitivo determinante per la
strutturazione del progetto. Le azioni progettuali vengono definite dopo la definizione del problema.
Conoscere un fenomeno implica lo sviluppo di una definizione di contesto, problemi, risorse, bisogni e
risorse di un territorio: questi aspetti ci accompagneranno durante tutta la definizione del progetto. Negli
elementi di contesto vengono compresi anche i soggetti, il problema, la condivisione delle informazioni, le
diverse rappresentazioni del territorio, delle organizzazioni e delle funzioni. Nella descrizione ci si basa
anche su fattori osservabili e misurabili. Infine, viene definito un documento di “studio del problema” che
deve rispondere alle richieste di conoscenza e di informazione su in fenomeno. Infine, si traccia un profilo di
una realtà problematica sintetizzata in:
1) Espressione ed elementi descrittivi
2) Ampiezza, dimensione, incidenza, rilevanza
3) Grado di insoddisfazione dei gruppi sociali coinvolti
4) Reazioni dei gruppi colpiti
5) Tappe dello sviluppo
6) Conseguenze, problemi collegati e generati
7) Soggetti coinvolti negli interventi
Non bisogna fare una vera e propria ricerca, basta descrivere lo scenario e da questo deve emergere la
consapevolezza degli elementi essenziali del problema, nello specifico territorio trattato. Il problema viene
descritto nella sua evoluzione temporale e vengono considerati; i soggetti coinvolti nella situazione, le
azioni intraprese, gli ostacoli incontrati e le risorse reperibili. Viene prima identificato sia il problema che i
bisogni; questo perché il problema mette in luce una condizione negativa attuale mentre il bisogno è un
fenomeno che manda segnali, un desiderio soggettivo. Una condizione di disagio esprime segnali di
malessere, un bisogno non soddisfatto; non tutti i bisogni diventano problemi, a volte invece sono così gravi
che non possono essere affrontati da un progetto. I problemi devono avere una soglia di accessibilità da
parte di un’organizzazione per poter essere affrontati con un progetto di azione sociale. In questo caso non
si fa riferimento al bisogno come carenza o mancanza di risorse materiali e non, perché in questo caso non
si considera la dimensione progettuale. L’uomo è costituito da una struttura corporea e fisica e dalle
relazioni con gli altri; questi rapporti avvengono in risposta ad un bisogno definito come un’azione del
progetto esistenziale della persona. L’obiettivo del progetto è quello di soddisfare ogni bisogno. La relazione
con i bisogni segnala i momenti di difficoltà, di crisi, di peggioramento della qualità della vita che porta a
condizioni di disagio e situazioni problematiche. (bisogno non soddisfatto che degenera)
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gli indicatori di riferimento. È una sintesi delle caratteristiche del fenomeno oggetto dell’osservazione.
L’esploratore deve essere nel luogo dove si manifesta la problematica e deve interagire con le persone e
le organizzazioni evitando il pregiudizio. Le tecniche e gli strumenti adottati devono essere adeguati alla
problematica che viene trattata. È importante raccogliere le informazioni reperite e incasellarle; è anche
utile annotare sia l’osservazione sia l’interpretazione della stessa. Si possono utilizzare; carte di rete e
griglie per la suddivisione delle informazioni in base a chi le comunica. Gli operatori dei servizi territoriali
possono utilizzare l’esplorazione come metodo di approccio alla realtà.
2) Raccolta della documentazione preliminare
Il primo step è quello di ricerca delle fonti, queste sono informazioni di base sul tema che stiamo
affrontando. Le fonti ci permettono di posizionare la situazione in un continuum di azioni e riflessioni
sulla stessa. Un progetto che non è mai stato attuato deve essere confrontato con altre idee simili, per
reperire stimoli e valutare eventuali rischi ed evitare errori. Le fonti possono essere suddivise in:
a) Fonti orali (incontri con persone significative dalle quali reperire informazioni)
b) Documenti espressivi (esprimono indicazioni storiche, religiose, culturali, politiche e si possono
reperire in documenti come biografie)
c) Fonti statistiche (informazioni di tipo qualitativo e quantitativo di un fenomeno)
d) Bibliografie (libri, riviste, articoli, tesi di laurea..)
e) Ricognizione ricerche empiriche (raccolta e valutazione di studi empirici sul fenomeno specifico e su
argomenti analoghi
Una difficoltà che può emergere in questa fase è rappresentata dalla necessità di classificare materiali
numerosi ed eterogenei. Per evitare questo si possono utilizzare delle tabelle a doppia entrata, dove
inserire le informazioni reperite. Grazie a questo metodo si possono confrontare le informazioni e
definire una coerenza e integrazione delle stesse. Alla fine di questo passaggio conoscitivo si può
delimitare l’oggetto di analisi per poi proseguire mettendo in luce gli aspetti significativi della situazione
problematica.
L’AMPIEZZA
Delimita la descrizione del problema ripercorrendo le diverse dimensioni. La somma della quattro
dimensioni emerge attraverso un quadro di sintesi dell’ampiezza del fenomeno. Le dimensioni devono
seguire questo ordine:
1) Settoriale o globale
Variabile che dipende dal punto di osservazione. Il progetto di azione sociale riguarda solitamente
fenomeni settoriali osservati da un preciso punto di osservazione.
2) Spaziale
Per spaziale si intende in territorio; si deve delimitare lo spazio entro cui si studia il problema. Questo ci
permetterà di raccogliere informazioni relative alle caratteristiche sociali, demografiche, culturali,
politiche, economiche, religiose… Ogni territorio agisce in maniera differente in relazione ad una
problematica. Il territorio comprende istituzioni, servizi, professionalità che possono essere interpellate
e coinvolte nelle fasi di studio del problema.
3) Temporale
Mettere a fuoco l’arco di tempo in cui un fenomeno si sviluppa. Questa dimensione permette di
collocare ed individuare l’insorgenza del fenomeno e di collegarla ad altri eventi emersi in un particolare
periodo nello stesso arco di tempo. Permette anche di valutare le situazioni antecedenti, per valutare la
sua insorgenza.
4) Latente o manifesta
a) La descrizione di un fenomeno latente richiede un’analisi più dettagliata e attenta. L’accumulo di
situazioni apparentemente normali può portare a situazioni di rischio.
b) Un fenomeno invece manifesto è più semplice da identificare e discutere.
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GLI INDICATORI
Gli indicatori accumulano informazioni di sintesi, importanti per ridurre la complessità della realtà. Ogni
indicatore fa riferimento agli obiettivi di tipo conoscitivo per la descrizione della situazione problematica.
Gli indicatori per ottenere informazioni devono rispettare dei requisiti di natura concettuale; pertinenza,
rilevanza, specificità, sensibilità e accessibilità, validità, attendibilità e fattibilità. Un indicatore informativo
segnala la presenza del malessere, delle difficoltà e delle contraddizioni presenti in una situazione. Gli
indicatori in questa fase vengono costituiti e rilevati per identificare e circoscrivere un fenomeno. Per
quando riguarda una situazione problematica latente, è opportuno suddividere le informazioni per area per
facilitare l’identificazione degli indicatori. Per costruire indicatori per la definizione del problema è
opportuno seguire le seguenti fasi:
1) Scelta della dimensione del problema: Vengono scelti dei punti di vista attraverso la ricerca di risorse,
bisogni e condizioni di rischio della condizione problematica.
2) Individuazione degli obiettivi informativi: Per raggiungere gli obiettivi devono essere ricercate delle
informazioni chiare, concrete, sintetiche.
3) Reperimento delle fonti di informazione: Ogni fonte richiede un’analisi accurata per valutare la sua
pertinenza rispetto al problema e alle risorse disponibili.
4) Tecniche di elaborazione delle informazioni: Fase operativa per l’elaborazione e il trattamento dei dati,
conduce alla definizione del problema.
I GRUPPI COLPITI
Un problema non colpisce solo la fascia di popolazione direttamente interessata ma anche altri soggetti;
infatti, non ci si può soffermare solo sul primo gruppo ma si possono valutare le caratteristiche di chi
subisce in modo indiretto per comprendere meglio il problema. Un ulteriore livello di approfondimento è
rappresentato dalla ricerca di interessi che vengono toccati dal problema; alcune informazioni possono
rinforzare il problema mentre altre possono impedire la soluzione. I gruppi sociali non direttamente
interessati possono essere descritti per valutare se queste persone, apparentemente indifferenti, possono
produrre alleanze, interessi per la promozione del progetto oppure resistenze e contrapposizioni. Un’ultima
analisi può essere fatta sugli effetti diretti ed indiretti che questa situazione produce sulla popolazione di un
territorio. È importante quindi l’analisi degli attori che può essere inserita all’interno di una tabella che va
ad identificare contributi e interesse e aspettative degli attori stessi.
L’INTENSITÀ
Il grado di insoddisfazione espresso da coloro che subiscono la situazione problematica e da coloro che ne
sono responsabili determina quanto il progetto può essere supportato. Le possibilità di successo del
progetto sono legate alle alleanze, all’accoglienza che un territorio sarà in grado di offrire alle attività che
verranno sviluppate. Molte volte situazioni che sono molto importanti per la popolazione vengono
trascurate dai politici per la presenza di situazioni sempre più rilevanti. Questo deve essere valutato perché
il progetto deve comunque essere finanziato e supportato. Verranno valutate infine le resistenze
dell’ambiente sociale e politico che serviranno per valutare rischi e per calibrare proposte nella stesura del
progetto.
I PROCESSI
L’attenzione viene posta sulle fasi che hanno determinato l’insorgenza del problema. In questo caso non si
analizzano le cause. (es. studio sugli adolescenti in disagio = non mi soffermo sull’età ma su che processo ha
portato questi studenti a vivere questo momento di disagio). In un lavoro di processo non si troverà mai la
soluzione perfetta, mentre si può intervenire sui processi perché ciò porterà in evidenza il punto critico e
quindi quando è emersa la situazione problematica. L’identificazione dei percorsi permette di descrivere il
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problema in termini processuali e quindi all’attuazione di un intervento. In seguito, ci si concentra sui nodi
critici senza perdersi in definizioni delle cause molto generali.
LE CONSEGUENZE
Dai processi emergono aspetti evidenti e nascosti, ripresi poi nella conclusione e nella descrizione del
problema. La situazione problematica è la conseguenza di un percorso esprimibile in termini di situazioni
critiche, difficoltà e disagi.
CONCLUSIONI
Le conclusioni devono essere sempre messe a confronto con la descrizione del problema che gli attori
propongono e riporterà tutti i punti di vista emersi. Questa disponibilità al confronto permette di ottenere
alleanze e perseguire iniziative comuni in sede di progettazione. Gli elementi raccolti nella descrizione del
problema verranno inseriti all’interno di una sintesi che verrà utilizzata in fase diagnostica. I materiali
accumulati vengono ripresi e rivisti per la formulazione di ipotesi esplicative ed operative sul problema.
Dopo la parte esplorativa si passa alla fase diagnostica che tende a ordinare e concettualizzare la situazione
descritta. La conoscenza del problema implicherà una certa oggettività per lasciare poi spazio al processo di
valutazione in cui vengono inseriti criteri espliciti e impliciti.
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b) Anticipazione
c) Accoglienza dell’incertezza e dell’apertura
d) Definizione di differenti ipotesi e scenari
2) Cristallizzazione
Fase della diagnosi volta a chiarire la situazione mettendo rodine nei dati, specificando la posta in gioco
per i differenti attori, facendo il punto sulle differenti ipotesi. Si ordinano i dati organizzandoli per
sistemi. L’attività principale sul piano intellettuale è costituita da una categorizzazione e della
concettualizzazione.
in una attività del genere per giungere alla formulazione di ipotesi e occorre riferirsi a quadri di analisi
teorica.
I RISCHI PER GLI OPERATORI
Il rapporto tra diagnosi e azione esprime una complessità per gli operatori sociali con mandati istituzionali
che spesso tendono ad agire rapidamente ed intuitivamente mentre, per stabilire una diagnosi pertinente,
occorre assumere una distanza. Gli operatori sociali si lascino trascinare dalla propria ideologia. Se gli
operatori si limitino ad ipotizzare interventi in base ad analisi statistiche senza occuparsi delle dinamiche
sociali. Una buona diagnosi deve:
1) Isolare la situazione problema
2) Reperire le sue componenti
3) Identificare gli indicatori di disfunzionalità
4) Scoprire le risorse ed i vincoli a livello ambientale circostante e degli attori coinvolti per valutare il grado
di fattibilità del progetto.
Quindi vi è una reale difficoltà per gli operatori sociali coinvolti a livello dell’azione nel distanziarsi per
essere in grado di valutare con obiettività e di collocarsi in una pratica di conoscenza e di analisi richiesta
dalla pratica diagnostica.
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Questa fase di studio e di esplorazione della natura del problema non può essere realizzata senza il
coinvolgimento degli interlocutori implicati. Essa consisterà di giungere ad una definizione collettiva
del problema.
c) Ricerca dei gruppi colpiti
d) Analisi delle risorse istituzionali esistenti e delle risorse che possono essere interpellate e mobilitate
3) Fase 3: formulazione della diagnosi sociale con gli interlocutori
La terza fase prevede uno stretto contatto con gli interlocutori del progetto attraverso tre tappe:
a) Analisi strategica:
Riassumere i vincoli e le debolezze
Censire opportunità e i rischi
b) Selezione della definizione del problema:
Confronto tra i diversi attori
Ricercare e utilizzare studi o esperienze analogiche
Restituire il problema in un quadro teorico che consente di definire la problematica
c) Elaborazione di ipotesi di lavoro in termini di proposte d’azione coerenti con la diagnosi: diagnosi
operativa.
LA NOZIONE DI INDICATORE
È necessario procedere attraverso intermediari che prendono il nome di indicatori. L’indicatore è un segno
concreto che traduce dei fenomeni qualitativi e quantitativi, può presentarsi sotto forma numerica o
visuale. Necessita di una
raccolta e di un confronto sistematico d’informazioni. A livello diagnostico rappresenta una scala di mura
dell’importanza del problema.
1) Le qualità di un indicatore, l’indicatore deve rispondere a diverse qualità:
a) Gradi di pertinenza, ovvero avere un rapporto più o meno stretto con il problema da individuare
b) Sensibilità
c) Accessibilità che deve essere immediata, da costruire, da ordinare, da rilevare
Per migliorare la pertinenza e attivare degli incroci è possibile aumentare il loro numero, devono inoltre
essere validi e affidabili; la validità è dimostrata dalla capacità di misurare un fatto. L’affidabilità ne
consente l’utilizzo da parte di persone diverse con la realizzazione degli stessi risultati.
2) La natura delle informazioni da raccogliere:
a) Dati numerici
b) Dati qualitativi
Le lavoro sociale gli indicatori quantitativi non sono sufficienti né pertinenti, spesso infatti è necessario
reperire indicatori qualitativi
3) L’interpretazione dei dati
Le informazioni devono essere organizzate in categorie collegando gli indicatori, comparando diverse
definizioni del problema, per giungere ad una definizione ricostruita del problema connessa ad un
quadro teorico.
LE 4 PARTI DELL’ANALISI
ANALISI DEGLI STAKEHOLDERS
I destinatati del progetto in relazione con il progetto, viene definito “stakeholders”. L’analisi identifica tutti
coloro che saranno probabilmente interessati al fine di ottimizzare i benefici sociali e le istituzioni del
progetto e di minimizzare le conseguenze negative. È importante che l’analisi venga eseguita precocemente
durante le fasi dell’identificazione e della concezione-istruzione del progetto. Quello che va a fare nel
concreto nella società odierna è identificare sistematicamente tutte le differenze sociali, di genere, così
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come gli specifici interessi, problemi e potenziali di uomini e donne presenti nei gruppi selezionati. Il
progetto dovrebbe essere elaborato attraverso un laboratorio di pianificazione partecipata, che includa
rappresentanze dei principali stakeholders assicurandosi che vengano rappresentati. Ogni volta che il
quadro logico viene rivalutato durante la vita del progetto, bisognerebbe rivedere l’analisi degli stakeholder
fatta in origine. L’analisi stakeholders e quella del problema sono strettamente collegate: senza il punto di
vista delle persone riguardo ad un problema non possono essere chiari né la natura, né i bisogni né le
soluzioni.
ANALISI DEL PROBLEMA
L'analisi del problema identifica gli aspetti negativi di una situazione e stabilisce la relazione causa effetto
attraverso tre passaggi:
1) Definizione precisa del contesto e dell'oggetto di analisi
2) Individuazione dei principali problemi affrontati dei gruppi target
3) Visualizzazione dei problemi in forma di diagramma chiamato anche albero dei problemi per stabilire la
relazione causa effetto
L'analisi viene presentata poi in forma di diagramma che mostra gli effetti di un problema al vertice e le sue
cause alla base. Lo scopo dell'analisi ed identificare i reali colli di bottiglia ai quali i stakeholders
attribuiscono priorità che cercano poi di superare. Una volta completato costituisce un'immagine
esauriente della situazione negativa esistente. Costruire un albero dei problemi significa semplicemente
mettere in ordine gerarchico; per prima cosa si analizza ogni problema identificato, fra questi poi si
seleziona un problema che rappresenta un punto d'avvio è un secondo ad esso correlati. Quindi:
1) Se il problema è una causa, va a posto a livello Inferiore
2) Se è un effetto, va posto a livello superiore
3) Se non è una causa nessun effetto va posta lo stesso livello
Man mano che l'albero si sviluppa i rimanenti problemi vengono aggiunti poi allo stesso modo. Una volta
che l'albero è completato si sceglie il problema principale. Comunemente si incontrano due difficoltà
durante l'analisi e l'identificazione del problema:
1) La specificazione insufficiente del problema che si avverte quando essere definiti in modo insufficiente
dettagliato e non ne coglie la reale natura.
2) Le soluzioni assenti sono affermazioni che non descrivono la situazione negativa, ma l'assenza di una
situazione desiderata
ANALISI DEGLI OBIETTIVI
L'analisi degli obiettivi è un approccio metodologico impiegato per:
1) Descrivere una situazione in futuro con la partecipazione di soggetti rappresentativi
2) Verificare la gerarchia degli obiettivi
3) Illustrare in un diagramma le relazioni mezzo fine
Le situazioni negative dell'albero dei problemi vengono tradotte in soluzioni, espresse in termini di
realizzazioni positive, queste sono appunto obiettivi rappresentati in un diagramma che mostra l'ordine
gerarchico esistente tra mezzi e fini (quando si parla di logica dai mezzi ai fini con il termine mezzi si
intendono non solo le risorse disponibili, ma più propriamente le attività che si prevede di realizzare con il
progetto). Questo diagramma procura una chiara visione d'insieme della situazione futura desiderata.
ANALISI DELLE STRATEGIE
L'ultimo passaggio implica la scelta della strategia che sarà utilizzata per raggiungere gli obiettivi desiderati.
L'analisi delle strategie implica una scelta degli obiettivi che saranno inclusi nel progetto e di quelli che ne
rimarranno esclusi, nonché obiettivi generali e obiettivi specifici. Questo passaggio richiede:
1) Chiari criteri di scelta delle strategie
2) Individuazione di possibili differenti strategie adatte a raggiungere gli obiettivi
3) Scelta delle strategie del progetto
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Nella gerarchia degli obiettivi, i diversi grappoli di obiettivi di uno stesso tipo nell'insieme vengono chiamati
strategie. uno o più di essi verrà scelto come strategia per l’operatività futura. Poi si seleziona il significativo
e realizzabile in base ad una serie di criteri. A seconda del campo d’azione e della consistenza del lavoro
implicato, in grappoli o la strategia scelti possono formare un intervento a misura di progetto o di
programma costituito da una serie di progetti.
LA FASE DI PIANIFICAZIONE
È la fase di costruzione della matrice del quadro logico, essa ha 4 colonne e quattro righe:
1) La logica verticale identifica ciò che il progetto intende effettuare, chiarifica la relazione e specifica
condizioni ed elementi di incertezza
2) La logica orizzontale è relativa alla misurazione degli effetti del progetto e delle risorse utilizzate
attraverso diversi indicatori chiave e delle fonti di verifica
PRIMA COLONNA: LA LOGICA DI INTERVENTO
Essa pone in luce la strategia di base sottesa al progetto:
1) Le attività e le risorse che devono essere mobilitate
2) La realizzazione di queste attività consentirà di raggiungere i risultati attesi
3) I risultati attesi complessivamente conducono al raggiungimento dell’obiettivo specifico
4) L’obiettivo specifico contribuisce agli obiettivi generali
I quattro livelli di obiettivi sono definiti così:
1) Obiettivi generali del progetto spiegano perché sia così importante per la società, in termini di benefici a
lungo termie per i beneficiari finali e di benefici più ampi per altri gruppi. Aiutano anche a mostrare
come il programma si adatti alle politiche regionali del governo e dell’organizzazione dell’UE. Gli obiettivi
generali non saranno raggiunti in modo esclusivo dal progetto, ma richiederanno altresì l’apporto di altri
programmi e progetti.
2) L’obiettivo specifico è l’obiettivo che deve essere perseguito con la realizzazione del progetto che
verosimilmente deve durare più a lungo del progetto stesso. Deve riferirsi al cuore del problema e
definirsi in termini di benefici sostenibili per i gruppi target. Dovrebbe esprimere una equità di benefici
fra uomini e donne all’interno dei gruppi. In ogni progetto dovrebbe essere presente un solo obiettivo
specifico; più obiettivi potrebbero rendere il progetto troppo complesso.
3) I risultati attesi sono i prodotti delle attività intraprese, la combinazione dei quali permette il
raggiungimento dell’obiettivo specifico, ovvero il punto da cui i gruppi target iniziano a godere dei
benefici.
4) Le attività sono le azioni che devono essere poste a disposizione per produrre i risultati attesi. Esse
sintetizzano cosa verrà intrapreso nel progetto
SECONDA COLONNA: GLI INDICATORI OGGETTIVAMENTE VERIFICABILI (IOV)
Sono la descrizione di:
1) Obiettivi generali
2) Obiettivo specifico
3) Risultati attesi
Le risorse materiali e immateriali necessarie a condurre a termine le attività pianificate sono situate nella
casella in fondo alla seconda colonna, che significa che nella matrice del quadro logico non ci sono
indicatori oggettivamente verificabili per le attività. All’interno del riquadro dovrebbe essere indicata una
stima approssimativa delle risorse necessarie. Le attività si riferiscono ai diversi risultati attesi. Gli indicatori
delle attività sono definiti quando si prepara la scheda che specifica le attività.
TERZA COLONNA: LE FONTI DI VERIFICA (FDV)
Le fonti di verifica indicano dove e in che forma si possono trovare le informazioni sul raggiungimento di
obiettivi generali, specifico e risultati attesi. I costi e le fonti di finanziamento sono situati nella casella in
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fondo della terza colonna.
QUARTA COLONNA: LE CONDIZIONI
Nella fase di analisi è emerso che il progetto da solo non può raggiungere tutti gli obiettivi previsti
nell’albero degli obiettivi. Una volta scelta una strategia, rimangono comunque gli obiettivi esclusi dalla
logica di intervento e altri fattori esterni. Essi incidono sul progetto e sulla sostenibilità a lungo termine del
progetto; se si vuole che il progetto abbia successo bisogna tenere conto di questi fattori che vanno inclusi
come condizioni. Le condizioni rispondo a questa domanda: quali fattori esterni non sono influenzati dal
progetto, ma possono incidere sulla sua realizzazione e sulla sostenibilità a lungo termine? La logica
verticale nel quadro logico è il rapporto tra la prima e la quarta colonna che funziona nel seguente modo:
1) Soddisfatte le pre-condizioni si passa alle attività
2) Completate le attività e soddisfatte le condizioni date a questo livello passo a perseguire i risultati
3) Conseguiti i risultati attesi e soddisfatte le condizioni a questo livello si potrà raggiungere l’obiettivo
specifico
4) Raggiunto l’obiettivo specifico si potrà contribuire al conseguimento degli obiettivi generali.
COME IDENTIFICARE LA LOGICA DI INTERVENTO?
Una volta raggiunto un accordo fra gli stakeholders su cosa debba essere l’obiettivo specifico, gli obiettivi
sottesi alla finalità del progetto possono essere trasferiti dall’albero degli obiettivi alla matrice del quadro
logico. Gli obiettivi scelti per essere inclusi dovranno essere riportati nella prima colonna del quadro logico.
In questa fase è importante assicurarsi che i livelli degli obiettivi siano corretti.
COME IDENTIFICARE LE CONDIZIONI?
La probabilità e l’importanza delle condizioni identificate dovrebbero essere considerate come parte della
valutazione del grado di rischio del progetto. Alcune saranno cruciali per la riuscita del progetto, altre sono
marginali. Un metodo utile per stimare l’importanza delle condizioni è il seguente diagramma di flusso (vedi
immagine sotto). Una volta identificate le condizioni devono essere poste nei termini di una situazione
desiderata. In questo modo esse possono essere verificate e controllare.
I FATTORI DI QUALITÀ
Un progetto è sostenibili quando continua ad estendere i suoi vantaggi ai beneficiari per un periodo
prolungato, dopo che l’assistenza del donatore si è esaurita per la maggior parte. La qualità non è un tema
da affrontare appena prima della fine di un progetto, ma si dovrebbe tenerla presente dalla fase della
pianificazione in poi.
COSA SONO I FATTORI DI QUALITÀ?
L’esperienza dimostra che la sostenibilità a lungo termine dei benefici di un progetto dipende dai seguenti
fattori:
1) Proprietà del progetto da parte dei beneficiari; ovvero in che grado i destinatari e i beneficiari del
progetto hanno partecipato alla sua pianificazione e sono coinvolti, in modo tale che il progetto possa
avere il suo supporto e sia sostenibile una volta terminati i finanziamenti
2) Supporto delle politiche = la qualità delle politiche di settore attinenti e il grado di supporto che il
governo partner ha dimostrato per la continuazione dei servizi del progetto
3) Uso di tecnologie appropriate= se le tecnologie applicate dal progetto possono continuare ad operare
sul lungo termine
4) Aspetti socio-culturali= in che modo il progetto terrà conto dei modelli e degli atteggiamenti e quali
misure sono state prese per assicurare che tutti i gruppi beneficiari avranno un accesso appropriati ai
benefici e ai sevizi del progetto, durante e dopo lo sviluppo di quest’ultimo.
5) Uguaglianza fra i sessi= in che modo il progetto terrà conto dei bisogni e degli interessi specifici di donne
e uomini, e porterà ad un accesso prolungato ad equo da parte di donne e uomini ai servizi.
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6) Protezione delle condizioni ambientali= in che grado il progetto proteggerà o danneggerà le condizioni
ambientali, e quindi sosterrà e inficerà il raggiungimento di benefici a lungo termine
7) Capacità istituzionali e di management= l’abilità e l’impiego delle agenzie di implementazione di
realizzare il progetto e di continuare ad erogare servizi una volta concluso il periodo.
8) Fattibilità economica e finanziaria= se i benefici lo sviluppo del progetto superano i costi e il progetto
rappresenta un investimento praticabile a lungo termine.
Il contenuto e l’importanza di questi fattori dipenderà dal contesto e dalla configurazione del progetto.
Questi fattori sono definiti in relazione alla loro probabilità e importanza allo stesso modo delle condizioni e
vengono poi eliminati come superflui. Questa è una parte importante della pianificazione, non tenere conto
di questi fattori potrebbe invalidare sia la fattibilità sia sostenibilità del progetto.
COME PIANIFICARE LA QUALITÀ
Dopo avere stabilito la logica di intervento e le condizioni, la preparazione del quadro continua con una
revisione relative alla qualità del progetto.
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a gestire il progetto. I costi traducono i termini finanziari tutte le risorse identificate. Dovrebbero essere
presenti in un formato standard, che specifichi il contributo della comunità europea, del governo e di ogni
altra parte interessata. Per questo le attività dovrebbero essere elaborate in modo sufficiente a stimare i
mezzi materiali e immateriali necessari. Bisogna porre attenzione al costo di raccolta dei dati relativi agli
IOV, la cui stima deve essere completata nella fase di formulazione al suo termine.
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e molte volte queste attività non sono create per le loro caratteristiche. Questi ragazzi dovrebbero
essere aiutati ad avvicinarsi di più alle proprie risorse ed alle loro esigenze.
Sono importanti le reazioni che gli adulti hanno nei confronti di questi adolescenti portatori di disagio; sono
differenti ma molte volte si traducono in una sorta di “passiva tolleranza”. Ciò è dovuto al fatto che gli
adulti pensano che siano normali queste situazioni, soprattutto quando un ragazzo lavora ed è sottoposto a
regole molto rigide. È quindi normale che si sfoghino anche con gesti eclatanti. All’interno dell’ambiente
lavorativo i ragazzi hanno molte responsabilità, usciti da questo di deresponsabilizzano. Gli adulti tendono a
non voler comprendere i reali motivi di questo disagio e quindi stigmatizzano tutti questi ragazzi, questo
attua a sua volta un processo di esclusione che porta questi ragazzi a sentirsi “ai margini”. L’ atteggiamento
degli adulti è influenzato dal sentimento di insicurezza sociale, che amplifica la paura ma per affrontare
questo problema gli adulti hanno una grande risorsa: la capacità di pensare e quindi saper cogliere i
messaggi che arrivano e di “restituirli” agli adolescenti dopo averli rielaborati. Gli adulti devono collaborare
e confrontarsi, per dare un significato a ciò che accade e fornire una risposta che abbia senso, diventando
così dei mediatori. L’obiettivo è quello di creare dei gruppi di adulti che attuano alcune possibili piste di
lavoro operative:
1) Valorizzazione e coordinamento delle realtà istituzionali già esistenti (poli di aggregazione; agenzie
sociali e culturali del territorio)
2) Attenzione preventiva a scuola (progetti rivolti a chi è meno motivato a studiare) progetto già attivo
grazie all’Amministrazione Comunale di Valmadrera
3) Percorsi di avvicinamento degli adolescenti al mondo dell’associazionismo
4) Interventi di educativa di strada (già presenti da tre anni ma si punta a potenziare anche coinvolgendo
altri soggetti)
5) Realizzazione di laboratori creativi (possibilità espressiva, stimolare sul piano relazionale nella scoperta
di sé e dei propri interessi)
6) Sostegno agli adulti che hanno compiti educativi (attraverso specifici corsi formativi)
Anche nel mondo lavorativo i ragazzi vivono questa marginalità, ma questo ambito è molto complesso; fra
le aree di intervento la scelta è caduta su quelle della scuola, dell’educazione e di orientamento e dello
sviluppo di comunità. Si sono scelte queste aree perché erano già attivi dei progetti ed erano già presenti
delle risorse.
Da pagina 116 a pagina 124 sono state elaborate delle tabelle per la stesura degli obiettivi e la definizione
delle attività.
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2) Costante scarsità delle risorse in relazione agli obiettivi
3) Tendenza a vincolare finanziamenti a progetti
4) Presenza (anche solo potenziale e quindi da scoprire) di nuovi soggetti finanziatori
5) Incremento della "competizione" tra organizzazioni
La cultura del servizio sociale, attraverso la pratica della raccolta fondi, potrà acquisire maggiori conoscenze
attinte dalla cultura di impresa. In una logica di azione di questo tipo si segnala immediatamente il rischio di
generare conflitti o incomprensioni tra il ruolo del privato e del pubblico. Gli stessi criteri di azione per una
raccolta fondi e la competizione tra le varie organizzazioni possono generare un rapporto contraddittorio
tra fini e mezzi, che potrebbe portare ad eccessi, come ad esempio lo "sfruttamento mediatico" di
particolari e gravi situazioni di bisogno. Sia i rischi che le risorse connesse a questa pratica impongono
l'adozione di approcci culturali equilibrati a fronte del reperimento delle risorse. Mentre appare
improcrastinabile da parte delle Organizzazioni Non Profit e degli Enti Pubblici la creazione di una sensibilità
comune circa il problema della sostenibilità finanziaria tra tutti gli individui impegnati nelle attività
progettuali.
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3) Analisi dell’ambiente esterno
È dinamica e serve a individuare alcuni elementi di riferimento e del contesto utili per la raccolta fondi. È
necessario individuare i "pubblici di riferimento" e cioè l'insieme dei soggetti individuali, collettivi e
sociali che sono o possono essere collegati e/o interessati, direttamente e indirettamente, alle attività
del progetto o della nostra organizzazione. Occorre valutare la reputazione percepita della nostra
organizzazione presso i vari pubblici di riferimento, gli elementi di distinzione con altre organizzazioni
analoghe o che offrono lo stesso servizio. Non trascurare l'analisi dei trend sociali, economici, politici che
spesso sono all'origine di nuovi settori e programmi di intervento sociale (es. anziani) e che quindi
potranno orientare le scelte progettuali della nostra organizzazione, anche in considerazione delle
priorità dei maggiori finanziatori ed in particolare di quelli pubblici. In particolare, per rivolgersi ai
soggetti finanziatori pubblici è fondamentale l'analisi delle politiche sociali e dei processi di decisione di
intervento.
Ogni strategia di fund raising dovrebbe essere saldamente basata su un'analisi preventiva dei soggetti o
delle categorie di soggetti ai quali ci si intende rivolgere e degli aspetti di mercato che caratterizzano il
tipo di finanziamento che ci si accinge a richiedere. Questa analisi dell'ambiente esterno ci introduce
all'individuazione dei mercati della raccolta fondi, come quegli ambiti dove avvengono scambi tra beni e
servizi e le risorse necessarie a realizzarli. Il mercato della raccolta fondi è una delle possibili forme di
indicizzazione dei potenziali soggetti finanziatori e dell'analisi delle dinamiche tra domanda e offerta di
un bene o servizio, e delle regole dello scambio. Esistono perciò degli strumenti di "scambio" utilizzati
nei vari mercati per l'erogazione e la raccolta dei fondi. Per i soggetti e i mercati pubblici a livello
nazionale, regioni, enti locali, altri soggetti di diritto pubblico, fondazioni bancarie, aziende sanitarie,
aziende pubbliche di servizi, gli strumenti più utilizzati sono:
a) Contratti e convenzioni (per specifici progetti o servizi di interesse pubblico)
b) Bandi di gara o appalti, patrocinio con finanziamento (contributo a singoli progetti), -finanziamento a
fondo perduto (ad organizzazione e spesso a pioggia). Nell'ambito dei mercati pubblici va compresa
l'Unione Europed (per esempio fondi strutturali, altre linee di finanziamento come "equal”)
Gli strumenti possono essere la gara aperta, gara ad invito, contributo a singoli progetti, programmi
quadro di intervento… Per quanto riguarda i soggetti collettivi e i mercati privati di raccolta fondi (ad es.
imprese private, associazioni di categoria) gli strumenti utilizzati sono
a) Sponsorizzazione
b) Grandi e piccole donazioni
c) Finanziamenti a fondo perduto
Il mercato delle donazioni di privati (individui, club di servizio, associazioni, chiese) è quello che ha
sviluppato la più ampia varietà e creatività di strumenti:
a) Mailing
b) Telemarketing
c) Contatto diretto
d) Eventi speciali
e) Aziende,
f) Donazioni pianificate (vincolate ad un particolare avvenimento e per uno scopo specifico)
g) Testamentarie donazioni ad hoc.
Anche in questi mercati è sempre più diffusa la richiesta di presentazione di progetti per l'erogazione di
finanziamenti. Esistono inoltre i cosiddetti "grandi donatori" individui o soggetti collettivi privati che
avendo a cuore uno specifico problema o condizione di bisogno sostengono in maniera significativa e
spesso partecipano attivamente ad Organizzazioni non profit che si occupano quella particolare
situazione.
4) Pianificazione della raccolta fondi
Fase ancora più importante della realizzazione, alla quale occorre dedicare tempo e riunioni da parte del
team di progetto. Grazie alle informazioni raccolte ed alle consapevolezze raggiunte, in questo momento
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decisivo per il successo della raccolta fondi occorre uno sforzo di sintesi e di decisione. In questa fase
vengono identificati i mercati a cui è possibile rivolgersi, stilando un elenco di possibili donatori per il
progetto. Per ciascuno di essi occorre individuare gli strumenti più adeguati, i tempi, i costi e le modalità
di tutte le attività per il reperimento delle risorse. Fondamentale è la definizione dei ruoli delle persone
coinvolte perché l'attività di raccolta fondi, soprattutto presso privati, è sostanzialmente uno svilupparsi
di relazioni. Per ottenere occorre do mandare in maniera adeguata ed è importante che a domandare
siano le persone "giuste". "Un'azione di fund raising di successo è quella condotta dalla persona giusta
che chiede al donatore giusto la giusta cifra per il giusto progetto, nel momento giusto e nel modo
giusto
Per questo è opportuno sensibilizzare alla condivisione delle attività di raccolta fondi tutte le persone,
coinvolte nella organizzazione o nel progetto, che possono mettere in atto ulteriori reti di relazioni. Tra i
fattori di successo della raccolta fondi vi è l'importanza del l'immagine, la reputazione e le strategie di
comunicazione messe in atto dell'organizzazione richiedente. Né va trascurata la consapev lezza della
buona causa, la conoscenza e l'attenzione dell'opinione pubblica per quel particolare bisogno. In questa
fase viene quantificata la cifra da raccogliere. È importante sottolineare che i soggetti sono motivati a
fornire risorse perché il progetto offre una opportunità di contribuire alla soluzione di un particolare
situazione di bisogno (espressa sinteticamente e chiara mente dalla buona causa) che sarà realizzata in
maniera efficace. Dal momento che un funding mix equilibrato e differenziato è un ottimo fattore di
sostenibilità e sviluppo dell'organizzazione, è necessario definire le varie percentuali obiettivo di
finanziamento al progetto da parte di vari donatori (in casi eccezionali vi sono donatori che
contribuiscono al 100% dei costi del progetto). Nel caso di convenzioni di organizzazioni non profit con
un ente pubblico per l'erogazione di un servizio si rischia la dipendenza dall'apporto finanziario pubblico
con l'impossibilità di raccogliere risorse da altri soggetti. Nell'ottica dello sviluppo dell'organizzazione
vanno attentamente valutati i costi vivi ed impliciti dei vari strumenti impiegati per la raccolta fondi
(nella spedizione di lettere di richiesta fondi ad un pubblico poco segmentato i costi della busta e dei
francobolli possono superare i ricavi).
5) Esecuzione della raccolta fondi
È la messa in atto pratica di tutte attività precedentemente pianificate. Nell'esempio di un reperimento
di risorse presso un ente pubblico attraverso lo strumento della convenzione possiamo individuare
alcune fasi:
a) Individuazione delle priorità e delle disponibilità finanziarie del l'ente pubblico
b) Individuazione delle persone di riferimento all'interno dell'ente
c) Primo contatto, presentazione dell'idea di progetto
d) Verifica fattibilità e progettazione
e) Presentazione del progetto definitivo
f) Fase di negoziazione degli aspetti progettuali e giuridici
g) Stipula convenzione con l'ente pubblico
h) Avvio e svolgimento del progetto
i) Controllo amministrativo e rendicontazione
j) Comunicazione dei risultati del progetto
6) Valutazione e revisione
La fase di valutazione si basa su criteri oggettivi ma anche sull'incremento dell'esperienza e della rete di
relazioni e rapporti della organizzazione nell'ambito dell'esecuzione del ciclo della raccolta fondi. È
possibile valutare la percentuale dei fondi effettivamente raccolti rispetto agli obiettivi fissati o alle
risorse necessarie per il progetto. Vanno analizzate le fonti di finanziamento anche in termini di
composizione e provenienza delle risorse e dei contributi per la sostenibilità del progetto e
dell'organizzazione. Occorre definire precisamente il rapporto tra spese sostenute e l'ammontare dei
fondi raccolti che deve sempre mantenersi entro certi limiti variabili in funzione degli strumenti utilizzati.
Alla fine del processo di valutazione si entrerà in possesso di informazioni utili per rinnovare l'analisi
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interna dell'organizzazione. Si potrà inoltre valutare le possibilità di successo o gli aggiustamenti
necessari per la realizzazione di analoghi cicli di raccolta fondi.
VALUTARE QUANDO
La valutazione di progetti e programmi spesso viene accusata di valutare la qualità «estetico - narrative»
rispetto all'effettiva utilità.
1) Se fatta prima del progetto la valutazione avrebbe la pretesa di prevedere l'imprevedibile: se sintetica
rischia di risultare insufficiente, se esaustiva costerebbe quanto il progetto stesso.
2) Se fatta a progetto concluso la valutazione apparirebbe come qualcosa di assimilabile a un'autopsia
ex-post altamente qualificata: un'esercitazione accademica, ma assai meno performativa per quel che
riguarda il conseguimento degli obiettivi del progetto concluso - essendo i «giochi» ormai fatti - e
altrettanto poco utile ai fini della realizzazione di progetti futuri essendo, in questo campo, ogni
progetto, un «gioco» con sue proprie regole esclusive.
Anche le valutazioni in itinere o corso d'opera (on going) non sono esenti da critiche. Come giudicare
qualcosa di non ancora concluso? E come fare una valutazione «in corso» senza i dati di base con cui
confrontare i miglioramenti (o i peggioramenti) indotti dal progetto?
VALUTARE COME
Le modalità di effettuazione della ricerca valutativa acquistano un significato decisivo. Ci sono due filoni
(non sempre necessariamente contrapposti) lungo i quali le ricerche si sono sviluppate.
1) Metodologie seguite dalle grandi agenzie internazionali (OCSE, CEE, UNESCO)
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2) Unità di ricerca valutativa specializzate nell'analisi degli interventi di piccole dimensioni e della rilevanza
sociale complessiva degli interventi (spesso cooperano con grandi agenzie come la FAO, la CEE).
Ciò che distingue i due approcci è una caratteristica di ordine disciplinare.
1) Il primo approccio enfatizza l'analisi costi-benefici, la quantificabilità dei fenomeni, la lettura dei bilanci,
giudica le capacità imprenditoriali e organizzative lettura connessa alle discipline economiche e
organizzative, a cui spesso sfugge quali siano i problemi di maggiore rilievo, in quanto si affida a dati
«oggettivi» di attendibilità discutibile (bilanci aziendali improvvisati e approssimativi).
2) Il secondo approccio tiene in considerazione diverse competenze disciplinari: di ordine sociologico
(relative alla composizione sociale della realtà analizzata, ai valori dominanti, ai rapporti di potere e alle
relazioni di parentela, alla struttura economica, a tutto quanto concorra nell'individuazione degli
indicatori di coesione socia le della comunità, dei fattori, dissolti i quali, qualsiasi forma di sviluppo
innescherebbe forme di disgregazione autodistruttiva).
Le riflessioni sociologiche si mescolano con quelle di ordine antropologico, psicologico, economico, politico
ed etnico, deve saper usare gli strumenti statistico – demografici, con riflessioni di tecnici specialisti
(agronomi, veterinari). Dev’essere in grado di mediare, in sede di valutazione, tra la necessità di operare
per un cambiamento e l'esigenza di lasciare il senso del progetto alla cultura locale.
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diverse forze siano indirizzate verso obiettivi condivisi, mettendo in campo strategie il più possibile
funzionali al raggiungimento dello scopo.
L’ORGANIZZAZIONE
La realizzazione del progetto è affidata ad un sistema strutturato per realizzare gli obiettivi sui quali si è
costituita l’organizzazione. Ogni componente deve avere chiaro l’obiettivo comune, deve lavorare nella
prospettiva della realizzazione di ciò che è stato proiettato nel futuro e pensato come importante. Uno degli
indicatori positivi della salute di un’organizzazione è dato dalla presenza di un alto grado di funzionalità del
sistema, assicurata se ogni soggetto, ogni parte dell’organizzazione lavorano nella direzione di un impegno
comune, di un obiettivo condiviso. Gli obiettivi devono essere realistici, non vanno collocati nell’area
dell’idealità, ma in quella del possibile, e devono essere chiari, esplicitati e condivisi. Un altro elemento che
sostiene l’organizzazione è il flusso di comunicazione; si tratta di un aspetto delicato, poiché molto spesso
tali flussi sono scarsi e non sono individuati in modo adeguato i percorsi per realizzarli. Se in un progetto
non vengono previste adeguate forme di controllo e di feed back, si rischia di procedere senza cogliere
quanto potrebbe incidere sul progetto.
PROGRAMMAZIONE E PROGETTO
Che rapporto sussiste tra programmazione e progetto? L’accordo del programma è un atto programmatorio
che riguarda gli enti che partecipano a quello specifico accordo. I progetti sono impegni specifici che ogni
istituzione assume rispetto all’accordo di programma. La programmazione muove le azioni di tutti mentre i
progetti muovono le azioni di ognuno. Questo rapporto tra programmazione e progetto è significativo,
infatti elementi di gestione dei servizi rientrano nell’area di interesse dei progetti, cioè si riconosce la
necessità di realizzare un progetto specifico per una particolare tipologia di bisogno, attività e lavoro.
Quali sono gli elementi da considerare nel lavoro per progetti? Perché lavorare per progetti nell’azione
sociale? Che cos’è il progetto? Che cos’è il progettare? Progettare è prima di tutto una competenza
cognitiva, che si impegna a sviluppare, con intelligenza e creatività, un’idea: è una competenza selettiva
atta a produrre sequenze logiche che definiscono il futuro che si desidera realizzare e che aiutano a
percorrere il cammino verso il futuro
LAVORARE PER PROGETTI
Lavorare per progetti è uno sviluppo della funzione progettuale, non può non tener conto di una scelta di
metodo: lavorare in prospettiva futura, essere proiettati nel futuro per raggiungere uno specifico obiettivo.
L’obiettivo può essere una costruzione interna dell’organizzazione che si riunisce in un progetto sulla base
di un obiettivo proprio: questa tendenza è tipica dei “progetti obiettivo”, che impegnano a lavorare per
progetto con un obiettivo proveniente dall’esterno. Un progetto ha una scadenza e quindi lavoro per il
futuro con un traguardo definito. Lavorare per progetti è un percorso capace di produrre nuovi saperi, non
esiste un progetto realizzato da un singolo, soprattutto un progetto di azione sociale. Lavorare per progetti
sviluppa la capacità di produrre nuovi saperi poiché presuppone di operare con altre persone, con altre
professionalità, crea rapporti con soggetti diversi all’interno e all’esterno del proprio ente. Quindi lavorare
per progetti rende capaci di produrre nuove competenze; tutte le persone che lavorano nel progetto
aumentano anche le proprie competenze sulla base di una ridefinizione. Sia dei compiti professionali
specifici, sia delle strategie messe in campo dai diversi soggetti coinvolti. Sono nuove competenze che
riguardano le singole discipline, le singole professionalità all’interno di quel progetto. Le competenze
progettuali ed operative cambiano nel momento in cui si attiva il confronto con discipline, soggetti e
professionalità, con istituzioni o altri soggetti. Spesso si riscontra la tendenza a considerare importanti solo
gli specialisti, senza avere il coraggio di dar voce alle persone direttamente interessate, quasi che il sapere
tecnico-professionale possa contenere tutta la capacità di progetto.
PROGETTO E CAMBIAMENTO
Lavorare per progetti è necessario quando si affronta una situazione inedita, che richiede la costruzione di
un paradigma, di un modello operativo di riferimento. Questo accade soprattutto quando si svolgono
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funzioni di responsabilità rilevanti; una situazione nuova può essere affrontata senza pensare a nuove
soluzioni nel risolverla, adeguandola al sistema delle risposte esistenti o compiendo un’azione di tipo
cognitivo, di riflessione, di proiezione nel futuro, cercando nuovi percorsi, analizzando tutte le sfaccettature
del problema.
LE DIVERSE POSSIBILITÀ DI AZIONE SOCIALE
Lavorare per progetti non racchiude tutta l’azione e la professionalità di un operatore, ma richiede una
scelta professionale specifica, rispetto ad altre logiche di azione sociale. Se si individua il lavoro su progetti
come strumento in una situazione, esso deve diventare una scelta professionale di tutto il gruppo;
l’eventualità che alcuni possano continuare a lavorare in modo spontaneo, come se fossero liberi
professionisti, pone problemi delicati. In alcune occasioni gli operatori devono intervenire seguendo il
flusso delle intuizioni e della casualità. Ad esempio, nei confronti dei bisogni nuovi che l’ente di
appartenenza non ha preso ancora ufficialmente in carico, occorre intervenire ma non è più possibile
inserire la competenza professionale in un lavoro di progetto. Il lavoro per progetti presuppone una scelta
professionale specifica, che non riguarda la singola professione, ma il sistema di professionisti che sono
parte di una organizzazione.
LAVORARE PER PROGETTI E LAVORO PER OBIETTIVI
Lavorare per progetti è diverso anche dal lavorare per obiettivi; a volte si crea confusione perché l’impulso
al lavoro per progetti si è consolidato sull’onda dei “progetti per obiettivo”, realizzati negli anni ’80
nell’ambito del Piano Sanitario Nazionale. Dal punto di vista metodologico, la diversità sussiste: lavorare per
obiettivi predefiniti corrisponde ad una azione sociale lineare; procedere in una determinata direzione
secondo un modello che razionalizza e che tende a tralasciare tutte le turbolenze, a non considerare tutte le
condizioni che possono mettere in discussione l’obiettivo.
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attraverso percorsi di sperimentazione.
Una delle caratteristiche del lavorare per progetti nel lavoro sociale è l’integrazione con il complesso dei
servizi della comunità locale in cui si realizzano. A volte, invece, progetti particolari si costituiscono come
“isole felici”. Lavorare per progetti tende più ad includere che ad escludere, tende a rapportarsi con gli altri
piuttosto che definirsi come una parte a sé stante, tende a lavorare in modo integrato, piuttosto che
lavorare in modo separato. I cittadini devono poter beneficiare di un clima positivo che li faccia sentire
accolti da servizi in grado di adeguarsi ai bisogni dell’utenza.
Nel lavoro sociale si presentano una complessità di problemi, di insuccessi, di percorsi che sarebbe
necessario approfondire in modo più analitico. Anche nell’azione sociale esistono percorsi vincolanti
rispetto alla definizione del progetto. In particolare: l’individuazione della domanda e dei bisogni, con
particolare attenzione alla differenza tra domanda presentata, situazione di bisogno e problema che
alimenta il bisogno.
Nell’ambito dei servizi alla persona si pone il delicato problema tra le domande che i cittadini pongono agli
operatori e quelle che pongono agli amministratori. Quale bisogno l’operatore prende in considerazione?
Quale predilige l’amministratore? Come emergono le domande rispetto al soggetto politico? Come gioca
sull’operatore il potere di chi fa le domande? Un altro aspetto è la ricognizione delle risorse e dei vincoli, gli
elementi di resistenza e di facilitazione. Gli elementi di resistenza pongono difficoltà al progetto: possono
essere di tipo culturale, ideologico, politico e professionale. Mentre gli obiettivi trovano ampia trattazione
in altri contributi, circa le strategie operative, invece, si suggeriscono queste, solo apparentemente semplici
domande. Chi fa, che cosa, in che tempi, quando e perché?
Secondo questa logica il lavorare per progetti è un percorso che ha una circolarità in grado di rimettere in
discussione progettualità, di verificare il percorso fatto, di ridefinire gli obiettivi e le strategie. Mentre il
lavoro per obiettivi ha un percorso definito per procede fino al raggiungimento dell’obiettivo, il lavoro per
progetti richiede che venga ridefinito sulla base delle verifiche periodiche. Il lavorare per progetti è uno
strumento professionale, fornisce una struttura mentale e punti di riferimento, ma sarebbe illusorio
pensarlo come risolutivo di tutti i problemi dell’azione sociale; così come sarebbe illusorio pensare che
possieda meccanismi automatici.
Nelle scienze sociali non esiste razionalità assoluta, non esiste certezza del risultato; infatti, nelle azioni
progettuali si possono inserire variabili che non sono state considerate. Questo limite, per certi aspetti, può
essere corretto attraverso il lavorare per progetti, perché uno degli assiomi di questa metodologia, l’azione
con altre professionalità e con altri soggetti, garantisce la moltiplicazione dei saperi, la produzione di un
sapere “plurale”, il sapere quotidiano della normalità, ma anche il sapere del buon senso, oltre ai diversi
saperi professionali. Nell’ambito dell’azione sociale deve essere rivalutata la capacità di ricerca, intesa come
capacità di considerare il lavoro sociale in interazione stretta tra processo di ricerca e ambiente in cui si
manifestano determinati problemi, di cui i professionisti impegnati nel sociale dovranno recuperare una
certa competenza.
Processo di ricerca significa anche riscoprire il valore del lavoro sul territorio, nella comunità locale, per
individuare i fattori di problematicità sociale, di rischio, gli elementi di disgregazione, i valori di solidarietà e
di aggregazione, le risorse informali e le energie recondite. Atteggiamento di ricerca, per chi è impegnato
nella gestione dei servizi, comporta porre attenzione alle diverse componenti della realtà civile e sociale:
cittadini, gruppi, associazioni, operatori.
ASPETTI CHE FAVORISCONO IL LAVORARE PER PROGETTO
Uno degli aspetti è la presenza di un quadro normativo che preveda il lavoro per progetti. In questa
prospettiva acquistano rilevante importanza le normative regionali e nazionali più recenti.
Un secondo aspetto riguarda più direttamente i professionisti: non è possibile lavorare per progetti se gli
operatori non sono formati a lavorare per progetti e questo tipo di formazione chiama in causa capacità
specifiche o meglio strategie che sottolineano alcune competenze di tipo professionale. Chi lavora per
progetti dovrebbe utilizzare la strategia delle connessioni, molto diversa dalla strategia della separazione,
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dall’enucleazione, cioè dal mettersi da parte o del tirarsi fuori. La strategia delle connessioni, intesa come
capacità di connettere o di distribuire risorse, comporta la chiamata in causa delle diverse realtà del
territorio per costruire un’identità professionale fra pubblico e privati.
Un altro elemento è rappresentato dalla strategia della partecipazione, il lavoro per progetti chiama in
causa capacità di coinvolgimento, di assunzione di responsabilità diffuse, riconosciute ad una pluralità di
soggetti. L’ottica progettuale dovrebbe poggiare sulla prevenzione e sviluppare azioni sociali con
caratterizzazioni anticipatorie attraverso una strategia della prevenzione.
Da ultimo, la strategia della ricerca intervento, termine usato per significare percorsi differenti. Rispetto al
lavoro per progetti si intende un atteggiamento culturale e professionale nonché una metodologia che
l’operatore dovrebbe considerare, mettendo in campo un raccordo molto stretto tra l’area della ricerca e le
azioni da compiere anche attraverso percorsi di reciprocità: interventi attivati e bisogni studiati diventano
elementi della ricerca. Molti operatori non riescono a dar voce, o meglio valore informativo e politico alle
loro azioni. Non sono in grado di fare emergere negli interventi professionali l’intrinseco valore sociale e
comunitario. Sia i singoli operatori che i dirigenti di servizio dovrebbero assicurare valore di ricerca ai propri
interventi per inserirli come elementi sostanziali della progettazione.
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