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DISPENSA DI

ECONOMIA E MANAGEMENT
DELLE AMMINISTRAZIONI
PUBBLICHE
(SECONDO PARZIALE)
EDIZIONE A.A. 2022 - 2023

A cura di Pietro Bizzotto e Chiara Tua

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Questa dispensa è scritta da studenti senza alcuna intenzione di sostituire i materiali universitari. Essa costituisce
uno strumento utile allo studio della materia ma non garantisce una preparazione altrettanto esaustiva e
completa quanto il materiale consigliato dall’Università.

Si ringraziano i vari studenti che, nel corso degli anni, hanno contribuito a
redigere e revisionare la dispensa al fine di aggiornarla e migliorarla:
Sophie Bianchi, Antonella De Sabato, Clara Depalma, Giulio Limpido,
Stefania Lo Iacono, Daniel Tosca, Eleonora Pecci, Michele Zheng, Angelo Parla

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CAPITOLO 9 - LA GESTIONE E VALUTAZIONE DELLA
PERFORMANCE
9.1 I concetti di performance measurement e di performance management
La performance di un’istituzione pubblica si può definire come la capacità dell’istituzione di rispondere alle
attese dei molteplici portatori di interesse, quali gli utenti/consumatori, i cittadini/finanziatori, i dipendenti e le
istituzioni pubbliche o aziende private con le quali essa si relaziona. Il performance measurement, o
misurazione della performance, si riferisce a tutti quei processi e strumenti tramite i quali le informazioni sulla
performance sono raccolte e rese disponibili. La misurazione della performance consente di chiarire la
relazione che intercorre tra gli obiettivi di un’istituzione pubblica, le risorse (input) da essa impiegate per il
raggiungimento di questi obiettivi e i risultati conseguiti, ovvero i prodotti dell’azione pubblica in termini di
servizi erogati e di attività svolte (output) da un lato e gli impatti generati dagli output prodotti (outcome)
dall’altro.
L’uso di queste informazioni sulla performance a supporto dei processi decisionali è detto performance
management o gestione della performance. Il performance management si può definire come l’insieme delle
attività svolte dalle istituzioni pubbliche per gestire e migliorare la performance. Questa attività si articola nelle
seguenti componenti:
• Definizione degli obiettivi (performance planning);
• Misurazione dei fenomeni (performance measurement);
• Valutazioni di merito (performance evaluation).

9.2 L'affermazione del performance management


Il successo o il crollo di grandi civiltà è stato determinato o influenzato dagli apparati amministrativi di chi
deteneva il potere. Il paradigma del New Public Management e della governance hanno rimesso al centro
del dibattito la ricerca do logiche e strumenti capaci di diffondere il performance management nelle istituzioni
pubbliche. Negli ultimi vent’anni si è affermato un sistema di pratiche centrato sulla produzione di
informazioni sulla performance delle istituzioni pubbliche e sul loro utilizzo per attività di rendicontazione e
gestione. Le istituzioni pubbliche possono funzionare meglio se maggiormente sottoposte a una valutazione
esplicita di cosa producono per la comunità, sia per favorire un giudizio dei cittadini come elettori degli organi
di rappresentanza democratica, sia per favorire sistemi di responsabilizzazione interna alle amministrazioni e
tra questa e la politica. Una maggiore attenzione alla performance richiede spesso anche un ripensamento
dei gradi di autonomia decisionali all’interno delle amministrazioni. L’affermazione del performance
management è spesso associata a maggiori gradi di libertà lasciati alle singole istituzioni e ai loro manager
per organizzare e gestire le risorse e i processi produttivi.
Il performance management si sta affermando in quanto si riconosce sempre più la necessità di chiarire la
distinzione tra la sfera politica e del management e di lasciare a quest’ultima sufficienti gradi di autonomia
controbilanciati da un sistema di responsabilizzazione sui risultati ottenuti.
L’attenzione alla performance è coerente con una tendenza diffusa a rafforzare i sistemi di rendicontazione.
La conoscenza di cosa fanno le istituzioni pubbliche serve alle persone anche nella loro veste di
consumatori/utenti. Qui la misurazione della performance serve ai processi di scelta di consumo dei servizi
pubblici. Le informazioni servono per operare scelte individuali, come nella scelta degli ospedali in base a
misure di qualità assistenziale.
La misurazione della performance può essere usata per definire livelli essenziali o minimi del servizio
pubblico. Le misure di performance sono usate come dispositivo per regolare i rapporti interistituzionali o per
definire i rapporti tra i soggetti istituzionali e le aziende deputate a svolgere servizi per l’interesse pubblico.
Diverse misure di performance sono usate per finanziare le istituzioni locali e le aziende che erogano servizi
pubblici o di pubblica utilità. In questo caso le misure di performance sono usate come sistema di allocazione
delle risorse con obiettivi di promozione dell’efficienze, dell’efficacia e di equità.
Il richiamo alla performance serve a evocare la centralità dei bisogni e delle persone che li esprimono. La
performance riguarda la capacità delle istituzioni di rispondere alle attese e sottolinea la centralità del fine
rispetto al mezzo.

9.3 Performance measurement: i criteri di valutazione delle istituzioni


pubbliche

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La performance delle istituzioni pubbliche è multidimensionale e può essere misurata e valutata con diversi
parametri. Si fa riferimento a un’impostazione aziendale in cui vengono proposti quattro principali criteri di
valutazione. I primi tre, efficienza, efficacia ed economicità sono generali per qualsiasi tipo di azienda ma
assumono un significato particolare nel contesto pubblico. Il quarto criterio, l’equità, ha un significato
distintivo per le istituzioni pubbliche perché riguarda la distribuzione dei costi e benefici dell’azione
amministrativa tra i membri della comunità di riferimento e richiama una tensione di fondo verso la loro
uguaglianza.
L’obiettivo fondamentale delle istituzioni pubbliche è soddisfare i bisogni della popolazione che non trovano
risposta nell’azione individuale o comunque privata. Le istituzioni pubbliche non sono valutabili in base a un
risultato economico perché i prodotti finali non sono scambiati a prezzi di mercato.

9.3.1 Il criterio di efficienza


L’efficienza è da intendere come il rapporto tra le risorse (input) impiegate e i prodotti o le prestazioni
intermedie (output) conseguiti. Le risorse possono essere misurate in unità naturali o in moneta. La
misurazione delle risorse in termini monetari permette di aggregare risorse diverse e di costruire indicatori di
costo complessivo per unità di prodotto, come il costo per studente, il costo per certificato prodotto e il costo
per ricovero. Gli indicatori di efficienza espressi in termini non monetari, detti anche di efficienza tecnica,
misurano il rendimento di una specifica risposta oppure di un sistema di risorse. Sono esempi di questi
indicatori il numero medio di studenti per classe, il tempo medio di lavoro per certificato prodotto.
Gli indicatori di efficienza espressi in termini monetari riflettono l’esigenza di minimizzare l’impego di risorse
(input) per unità di prodotto (output) oppure di massimizzare l’output dati gli input impiegati. L’istituzione è
tanto più efficiente quanto più l’indicatore di costo per unità prodotta è basso. Tale indicatore riflette tre
variabili che è utile tenere distinte: i prezzi delle risorse acquisite, la loro produttività specifica e la loro
organizzazione nei processi produttivi. Si migliora l’efficienza riducendo le retribuzioni dei lavoratori o
scontando prezzi più bassi negli acquisti di beni e servizi. L’efficienza migliora se le specifiche risorse sono
più produttive. L’efficienza dipende da come le diverse risorse sono combinate tra loro, anche a prescindere
dalla produttività individuale. Le istituzioni pubbliche, espressione delle comunità, non possono essere
indifferenti alle diverse modalità con cui è possibile ottenere maggiore efficienza. È fondamentale che le
analisi di efficienza delle istituzioni pubbliche prestino attenzione alle modalità con cui essa può essere
migliorata, mantenendo una visione complessiva che non trascuri gli effetti sociali delle scelte e ricordando
che il lavoro è svolto da persone e non da macchine.

9.3.2 Il criterio di efficacia


Nei sistemi di mercato l’efficacia è valutata e incentivata dalle scelte dei consumatori. È la scelta di acquisto
che rileva l’efficacia del prodotto nel rispondere al bisogno. Nel contesto pubblico questa valutazione
implicita è depotenziata perché molto prodotti pubblici non hanno un prezzo e perché le istituzioni spesso
operano in settori dove la valutazione diretta dell’efficacia del prodotto da parte del cittadino può essere
difficile. La valutazione di efficacia pubblica è più complessa di quella di efficienza per diversi motivi.
In primo luogo, i bisogni hanno un’importante componente soggettiva. Le persone non hanno la stessa
tensione verso la tutela della salute, l’arte e la cultura. Le persone hanno preferenze eterogenee per la
soddisfazione dei bisogni ed è pertanto difficile per le istituzioni pubbliche aggregarle in modo da tutti
condiviso. Mentre il mercato riesce a differenziare l’offerta dei prodotti per tenere conto dell’eterogeneità
delle scelte dei consumatori, il pubblico ha molti impedimenti nel farlo.
Il secondo problema è che in molte aree di intervento pubbliche è difficile misurare i bisogni e anche la
capacità di soddisfarli.
Il terzo problema riguarda la co- determinazione tra diverse istituzioni nella soddisfazione dei bisogni. La
nostra salute dipende dai servizi sanitari, ma anche dalla sicurezza stradale, dalle norme sull’emissione di
inquinanti e dalla sicurezza alimentare. Per la maggior parte delle finalità pubbliche rilevanti interviene una
serie di istituzioni pubbliche tra loro correlate. Per misurare la performance di un’istituzione non basta avere
misure di esito come l’aumento della vita attesa o i risultati del test Invalsi ma occorre anche lavorare
sull’attribuzione degli esiti alle diverse istituzioni.
Qualsiasi correlazione tra prodotti e soddisfazione dei bisogni, tra output e outcome, è affetta da effetti di
confondimento. La correlazione tra variabili non è una prova di una relazione causa-effetto. Il semplice
osservare che a fronte di un’azione pubblica corrisponda un miglioramento di una misura di esito non basta
a trarre una conclusione sull’efficacia. Altri fattori potrebbero aver modificato l’indicatore di esito nel tempo di

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osservazione. Anche il confronto tra diverse istituzioni pubbliche che offrono gli stessi prodotti potrebbe
essere inficiato da importanti fattori di confondimento.

9.3.3 Il criterio di equità


Il mercato tende ad ignorare il tema dell’equità lasciando alle istituzioni pubbliche e al privato sociale il
compito di intervenire quando si ritiene che l’accesso ai prodotti debba essere garantito a prescinder dalla
disponibilità a pagare. L’equità non è un criterio strettamente economico a è fondamentale per valutare la
performance delle istituzioni pubbliche per diverse ragioni.
L’istituzione pubblica opera secondo un’accezione molto forte di equità: i cittadini devono essere trattati in
modo uguale a parità di bisogno. La misura dell’uguaglianza richiede un lavoro di analisi dei dati che vada
ben oltre gli indicatori di tendenza centrale e che includa anche misure di dispersione e di distribuzione dei
fenomeni. Un tema particolarmente critico riguarda una parte della popolazione che non accede ai servizi
anche se gratuiti. Sembra paradossale che proprio i più poveri non colgano l’opportunità di ottenere benefici
a zero costi. Il tema diventa se e come gestire interventi che promuovano l’accesso ai servizi delle fasce più
deboli della popolazione che, spesso, sono anche quelle che possono beneficiare maggiormente
dell’intervento pubblico. In Italia, il tema dell’equità dei servizi offerti dal pubblico riguarda anche il divario tra
Nord e Sud. In tutte le classifiche sulla qualità dei servizi pubblici le realtà del Sud sono posizionate
sistematicamente sotto quelle del Nord. Un indicatore di queste differenze sono le migrazioni interne per
l’assistenza sanitaria e gli studi universitari. In molti casi i cittadini del Sud, pur avendo servizi locali gratuiti
disponibili, si spostano per ottenere servizi migliori. La mobilità è un segnale di non omogeneità della qualità
dei servizi. La mobilità richiede risorse economiche e relazionali e tende a favorire le fasce particolarmente
deboli. Eventuali meccanismi di finanziamento in base ai servizi resi trasferiscono risorse dalle regioni del
Centro-Sud a quelle del Centro-Nord e in una direzione opposta a quella che servirebbe per riequilibrare la
situazione socio-economica. Nonostante questi fenomeni dovrebbero attirare un meccanismo di riequilibrio
stimolando le regioni del Sud a investire per frenare la mobilità, i flussi di finanziamento dal Centro-Sud al
Centro-Nord si sono consolidati e non si registrano segnali di un’inversione della tendenza.

9.3.4 Il criterio di economicità


Le istituzioni pubbliche sono formate da molte organizzazioni che vengono definite aziende se dotate di
autonomia. Possiamo definire aziende pubbliche le università, le scuole, le aziende sanitarie locali. Ma per
diversi aspetti possono considerarsi aziende o gruppi aziendali i Comuni, le Regioni e lo Stato Centrale. Senza
autonomia non vi è un reale spazio per organizzare e gestire e per svolgere una funzione manageriale.
L’autonomia è anche assicurata dalla sostenibilità economico-finanziaria di lungo periodo, altrimenti
definibile come economicità. Un’organizzazione che svolge attività che non sono sostenibili sotto il profilo
economico è in costante pericolo di interventi traumatici che ne ridefiniscano gli spazi di autonomia.
Un’azienda rispetta il criterio di economicità se è in equilibrio economico senza interventi straordinari.
Un’azienda pubblica rispetta il principio di economicità se persegue le sue finalità istituzionali in una
situazione di equilibrio strutturale tra ricavi e costi. L’economicità è una dimensione della valutazione della
performance delle singole aziende pubbliche e sintetizza e va oltre le misure di efficienza, efficacia ed equità.
Un’azienda in disavanzo che viene risanata dalle istituzioni pubbliche di riferimento non rispetta il criterio di
economicità perché opera con risorse aggiuntive rispetto a quelle che i cittadini le mettono a disposizione.
Le cause della mancata economicità delle aziende possono essere diverse, da bassi livelli di efficienza a
finanziamenti inadeguati rispetto alle attività svolte. Non rispettano la condizione di economicità anche le
aziende che non hanno più una finalità utile alla società, poiché il bisogno di riferimento p mutato o viene
garantito in altri modi. Esiste una fattispecie di mancata (o scarsa) economicità anche quando, per rispettare
l’equilibrio economico, l’azienda è costretta a operare a livelli quali-quantitativi inadeguati. In questo caso
l’equilibrio di lungo periodo è compromesso dal rischio che manchi la legittimazione sociale e il consenso
politico per finanziare l’azienda.

9.4 Multidimensionalità e complessità delle valutazioni della performance


Le università hanno due missioni fondamentali: l’insegnamento e la ricerca. Identificare quale sia l’esito
(outcome) degli studi universitari è molto difficile. Lo studio ha la funzione generale di offrire la capacità di
base (capabilities) per potere avere una vita attiva, libera e consapevole. Ciò significa riconoscere che si

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studia per finalità professionali ma anche per ragioni più soggettive e personali. A livello universitario il
riferimento principale per valutare gli esiti e quindi l’efficacia dei servizi è il mercato del lavoro: il tasso di
occupazione a una certa data dopo il conferimento del titolo di laurea e il reddito da lavoro. Questi indicatori
presentano però criticità: non misurano i benefici dell’esperienza universitaria non catturati dal mercato del
lavoro; risentono delle problematiche della confrontabilità tra diversi corsi di laurea e dalle diverse
caratteristiche dei mercati del lavoro di riferimento. Per misurare l’efficacia della produzione scientifica si
usano criteri bibliografici: l’impact factor della rivista della pubblicazione, il numero di citazioni e altri indicatori
di sintesi più complessi. L’idea di fondo è che il valore (l’esito) di una pubblicazione sia misurabile in base a
quanto essa viene ripresa da altri ricercatori. L’equità di un sistema di misurazione della performance delle
università può essere analizzata rispetto a tre dimensioni: geografica, socio-economica e relativa alle diverse
aree di ricerca e insegnamento. Una concentrazione delle università in poche aree del paese indebolirebbe
le aree più povere, costringendo studenti, ricercatori e docenti a emigrare in territori in cui sono presenti
università. La misurazione dell’economicità comprende quella di efficacia, efficienza ed equità e le sintetizza
facendo specifico riferimento all’equilibrio di lungo periodo dell’azienda. Il primo indicatore economico-
finanziario può essere inteso come pareggio di bilancio. La misurazione dell’economicità riguarda indicatori
economico-finanziari, di efficienza, efficacia ed equità tesi a verificare quanto l’azienda sia sostenibile rispetto
alle dinamiche di chi la finanzia e dell’ambiente di riferimento. Ogni entità dotata di un certo grado di
autonomia non è in condizione di economicità se è in sostanziale disequilibrio economico-finanziario atteso.
Sottolineare la complessità del lavoro di costruzione di adeguati sistemi di misurazione della performance
non significa metterne in dubbio l’entità, serve per mettere in luce la necessità di una progettazione attenta
che riconosca le implicazioni della scelta di alcuni indicatori rispetto ad altri e del loro peso relativo quando
utilizzati in valutazioni di sintesi. Il sistema, se stabile nel tempo, avrebbe anche effetto di segnalare a tutte le
università la necessità di scelte maggiormente orientate all’efficienza e all’efficacia. Però la scelta di dare peso
a questi indicatori potrebbe collidere on alcune interpretazioni del criterio di equità volte ad assicurare
omogeneità della distribuzione delle università e degli studenti universitari tra i territori.

9.5 I livelli logici di applicazione del performance measurement e


management
Si possono individuare quattro livelli logici a cui applicare i sistemi di misurazione e management della
performance nelle istituzioni pubbliche.
Il primo riguarda i sistemi pubblici nel loro complesso, avendo come oggetto più istituzioni che
contribuiscono a svolgere una funzione di natura pubblica. A questo livello, le istituzioni pubbliche sono
individuate come responsabili della soddisfazione di un bisogno compelssivo e sono misurate sia per i servizi
erogati direttamente, che per la loro resa istituzionale in termini di orientamento degli interessi privati verso
l'interesse collettivo.
Un secondo livello riguarda le politiche pubbliche intese come interventi o “pacchetti” di interventi volti a
rispondere a un’area di bisogno di una popolazione di riferimento. Il riferimento è tipicamente settoriale ed è
possibile individuare una o più responsabilità istituzionali e un sistema amministrativo di riferimento. La
crescente disponibilità di dati e di adeguati strumenti per analizzarli rende possibile valutare l’effetto delle
politiche pubbliche offrendo uno strumento analitico di valutazione, anche se solo ex post. Questa
impostazione è detta evidence based policy.
Il terzo livello di analisi riguarda le aziende e le unità organizzative. È questo il livello in cui il performance
management nelle istituzioni pubbliche si avvicina al performance management nelle imprese. In entrambe
le situazioni il lavoro in un contesto organizzato viene orientato tramite sistemi di misurazione, valutazione e
retro-azione tesi ad assicurare l’allineamento dei comportamenti rispetto agli obiettivi aziendali.
L’ultimo livello riguarda le persone che operano nelle istituzioni. I sistemi di gestione del personale, di
programmazione e controllo e i sistemi informativi a essi sottesi sono chiamati a riflettere la centralità del
contributo alla performance e sono tesi a misurare l’apporto individuale al risultato intermedio o finale.

9.6 Il ciclo della performance


Il ciclo della performance serve a mettere in luce alcuni tratti dell’approccio comuni a diverse istituzioni
pubbliche.
• È riconosciuto che il ciclo debba avere un input di natura strategica relativo all’indirizzo di fondo che
orienta il sistema di misurazione e valutazione della performance. La scelta delle misure e degli

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indicatori non è neutra ma deve essere coerente con le scelte ritenute fondamentali per il successo
dell’istituzione;
• Le indicazioni strategiche supportano la programmazione operativa (performance planning) che
comprende il piano delle azioni da interpretare e il conseguente piano delle risorse (budgeting). Alla
definizione di attività da svolgere e di risorse correlate sia anche associato un sistema di misure
(performance planning) che permetta di oggettivare il raggiungimento di obiettivi intermedi(output)
o finali (outcome). Le misure servono a un doppio scopo:
a) Per verificare che le attività abbiano un impatto;
b) b) per permettere di spostare il sistema di responsabilizzazione dallo svolgimento delle
attività all’ottenimento di risultati rilevanti e coerenti con l’orientamento strategico;
• La fase di programmazione orienta la gestione e informa la produzione degli elementi necessari per
misurare la performance (performance measurement). Il performance management richiede dunque
lo sviluppo di adeguati sistemi informativi a sostegno della misurazione dei risultati tanto che ne sono
un carattere fondamentale e di natura strategica;
• Il ciclo può prevedere delle azioni di revisione, per esempio per delinearsi di informazioni inizialmente
non disponibili, che richiedono aggiustamenti nelle azioni e che portano a rivedere gli obiettivi di
risultato;
• L’enfasi attribuita ai risultati mette al centro dell’intero ciclo della performance la fase di valutazione
(performance evaluation). Lo scostamento tra obiettivi e risultati conseguiti diventa la base per la
rendicontazione tra politica e amministrazione.

9.7 I limiti del performance management


Esistono delle criticità rilevanti nell’adottare logiche di performance management nel pubblico. Questi limiti
riguardano:
• L’effetto sineddoche;
• La complessità e i costi di gestione;
• I rischi di manipolazione;
• La collisione con le logiche della razionalità politica.

L’effetto sineddoche è assumere la rappresentazione del tutto tramite l’osservazione di una parte soltanto.
La misurazione della performance complessiva dovrebbe cogliere l’impatto dell’intervento su aspetti quali
l’approvvigionamento di beni essenziali, la prevenzione di epidemie, la rinascita del capitale sociale. Ma in
realtà esso non riesce a rappresentare completamente i profili di tutti i benefici resi. L’effetto sineddoche è
grave perché può distorcere i sistemi di management orientandoli verso obiettivi e viste parziali.
Il secondo limite, relativo alla complessità e ai costi di gestione del sistema, è in stretta relazione con il primo.
L’effetto sineddoche porta a moltiplicare le misure, nel tentativo di minimizzare gli spazi di non
rappresentazione dei fenomeni. Il risultato è la proliferazione di indicatori specifici e parziali. Ciò ha come
conseguenza l’aumento dei costi di gestione del sistema di misurazione. L’effetto sineddoche e di
complessità e aumento dei costi dipendono l’uno dall’altro e dovrebbero essere gestiti nella ricerca di un
equilibrio contingente e pragmatico.
Il terzo limite riguarda il rischio di manipolazione delle misure. Le persone interessate dalle misure di
performance hanno spazi per intervenire a loro favore, per esempio tramite la registrazione di fatti o attività. È
importante tenere presente che il performance management propone un modello forte di razionalità
amministrativa, fondato sulla misurazione e sulla trasparenza, in contesti sociali dominati dalla razionalità
politica, che segue logiche di raccolta del consenso. La razionalità dei comportamenti politici può collidere
con la razionalità di strumenti di performance management.

9.8 Gestire solo con misure di performance?


Il performance management riguarda una serie di attività volte a misurare e valutare il profilo dei risultati in
un’ottica di intervento per il miglioramento continuo. Si sostiene che il management basato sulla
performance sia alternativo a quello basato sulla conformance, perché sostituisce il controllo dei risultati ex
post a quello sui comportamenti ex ante. Il performance management appare un modello in contrasto con
quello burocratico tradizionale: le istituzioni pubbliche devono essere libere di agire per conseguire gli

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obiettivi che sono loro assegnati e su cui sono responsabilizzate. La valutazione degli scostamenti tra obiettivi
e risultati e le misure di output, outcome e di razionalità economica permettono di allentare i sistemi di
controllo preventivo e legale. L’affermazione del performance management è auspicabile perché può
produrre rilevanti benefici.
I sistemi di performance management hanno importanti limiti intrinseci e devono essere associati a pratiche
manageriali di compensazione. La prima è il sistema di regole. Il fatto che le istituzioni pubbliche siano
sottoposte a troppe regole, a volte inutili, non significa che le regole non servano ad amministrare bene. La
legalità amministrativa imprescindibile. La cultura e i valori sono una componente fondamentale del
management pubblico. Buona parte delle azioni e decisioni prese nella gestione sono informate da processi
impliciti, per i quali sono le competenze professionali e i valori di fondo a guidare i comportamenti piuttosto
che il riferimento a misure di risultati o regole di varia natura.

CAPITOLO 10 - IL BILANCIO DELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE


10.1 Differenze tra sistemi di contabilità finanziaria e sistemi di contabilità
economico-patrimoniale
I sistemi contabili hanno caratteristiche diverse in base alle finalità perseguite. Possono seguirne una sola
oppure diverse contemporaneamente, se non sono contrastanti tra loro. Storicamente le imprese pubbliche
hanno adottato un sistema contabile con prevalente finalità autorizzativa (c.d. contabilità finanziaria o
contabilità pubblica), diverso da quello delle imprese private (c.d. contabilità generale o contabilità
economico-patrimoniale).

10.1.1 Finalità dei sistemi di rilevazione contabile (perché si rileva?)


La finalità principale del sistema di contabilità economico-patrimoniale è la misurazione a posteriori del grado
di raggiungimento delle condizioni di economicità, invece per la contabilità pubblica il fine principale è la
funzione autorizzativa, ossia la regolazione a priori dei rapporti tra gli organi. A tal proposito assume un ruolo
cruciale il bilancio preventivo, strumento attraverso cui l’organo rappresentativo (Parlamento per lo Stato,
Consiglio per le Regioni, i Comuni e le Provincie) definisce:
• L’entità complessiva della spesa (Quanto può spendere al massimo quest’anno l’istituzione
pubblica?)
• L’articolazione della spesa stessa per natura (Quanto può spendere per il personale? Per l’acquisto
di beni? Per interessi passivi? Per investimenti?) e/o per destinazione (Quanto può spendere al
massimo quest’anno l’azienda pubblica per l’istruzione? Per la sanità? Per i trasporti?)
• La natura e la provenienza delle entrate (Per finanziare la spesa, l’istituzione pubblica può far conto
su trasferimenti da altri enti pubblici? Imposte sui redditi? Imposte sugli immobili? Tariffe dei servizi
pubblici? Rendite da cespiti?)

Il bilancio di previsione stabilisce quindi, per ogni voce di bilancio, l’ammontare dell’entrata e della spesa
prevista. Tale ammontare è detto stanziamento. La funzione autorizzativa del bilancio impone che le spese
effettive non superino i relativi stanziamenti:

∀ 𝑣𝑜𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝑏𝑖𝑙𝑎𝑛𝑐𝑖𝑜:
𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑒𝑓𝑓𝑒𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 ≤ 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑝𝑟𝑒𝑣𝑖𝑠𝑡𝑎 (≡ 𝑠𝑝𝑒𝑠𝑎 𝑎𝑢𝑡𝑜𝑟𝑖𝑧𝑧𝑎 ≡ 𝑠𝑡𝑎𝑛𝑧𝑖𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜)

È obbligatorio il pareggio tra il totale degli stanziamenti in entrata e quello degli stanziamenti in uscita.
Tuttavia, tale pareggio è solo formale in quanto le entrate comprendono il ricorso all’indebitamento, il quale è
soggetto a numerosi vincoli sia sull’entità che sulla destinazione (le risorse derivanti dall’indebitamento
possono essere utilizzata solamente per gli investimenti).
10.1.2 Oggetto della rilevazione (cosa si rileva?)
Nelle imprese pubbliche la maggior parte degli scambi non avviene a "condizioni di mercato", ma dipende da
decisioni legate a poteri sovraordinati. Ad esempio, i tributi costituiscono una contropartita indiretta ed
indistinta dei servizi erogati.
A consuntivo, il bilancio di contabilità economico-patrimoniale mostra il reddito d’esercizio e il patrimonio di
funzionamento, mentre il bilancio di contabilità finanziaria evidenzia due grandezze finanziarie:
• Il fondo cassa;

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• Il risultato di amministrazione.

10.1.3 Metodo della rilevazione (come si rileva?)


La contabilità pubblica si fonda sul metodo della rilevazione in partita semplice, ossia sulla rilevazione di un
solo valore numerario. Tale sistema segue il valore rilevato nelle varie fasi del processo di entrata o di spesa.

Per l’entrata:
• Accertamento: momento in cui sorge giuridicamente il diritto di acquisire un’entrata;
• Riscossione e versamento: effettiva entrata monetaria. Con la riscossione il debitore salda il suo
debito nei confronti della PA e con il versamento le somme vengono versate al tesoriere. il
documento con cui la PA ordina al tesoriere d’incassare una determinata somma o regolarizza un
incasso già avvenuto si chiama reversale.

Per la spesa:
• Impegno: momento in cui sorge giuridicamente l’obbligo a sostenere un’uscita;
• Liquidazione: determinazione della somma certa da pagare al creditore;
• Ordinazione: disposizione, tramite mandato di pagamento, al tesoriere di provvedere al pagamento
delle somme liquidate;
• Pagamento: effettiva uscita monetaria.

10.1.4 La regolazione dei rapporti tra organi


Raramente un unico organo è responsabile dell’intero processo, per questo motivo le rilevazioni avvengono nei
momenti di passaggio delle responsabilità da un organo all’altro. In particolare:
• Con l’approvazione del bilancio di previsione l’organo rappresentativo autorizza e vincola
l’effettuazione delle spese da parte dell’esecutivo;
• L’impegno è l’atto con cui i dirigenti delle unità organizzative deliberano l’assunzione di
un’obbligazione giuridica verso terzi nei limiti di quanto autorizzato nel bilancio di previsione ed
affidano all’unità organizzativa competente la gestione delle successive fasi del processo di spesa;
• Con la liquidazione, l’unità organizzativa competente per l’effettuazione della spesa attesta la
conformità della fattura con quanto contrattato, ordinato e consegnato autorizzando così la
ragioneria ad ordinare il pagamento;
• Con l’ordinazione la ragioneria autorizza le tesorerie a procedere al pagamento.

10.2 Bilanci e rilevazioni contabili nelle istituzioni pubbliche


Le rilevazioni contabili si possono classificare (a seconda che siano effettuate prima, durante o dopo lo
svolgimento delle operazioni aziendali) in:
• Preventive (bilancio di previsione annuale);
• Di esercizio (gestione di bilancio);
• Consuntive (conto consuntivo o rendiconto).

10.2.1 Rilevazioni preventive


Il bilancio preventivo annuale è il principale documento del sistema di contabilità finanziaria e si compone di
due sezioni: entrata e spesa. La contabilità finanziari vincola sia l’entità della spesa sia la sua articolazione per
natura e/o destinazione, così come la natura e la provenienza delle entrate. Le entrate si classificano in
correnti e in conto capitale.

Le entrate correnti a loro volta si articolano in:


• Entrate tributarie: relative ai tributi propri dell’azienda pubblica;
• Entrate per trasferimenti correnti: quantità economiche traferite da un ente sovraordinato ad un ente
subordinato (Stato Regioni / Regioni Comuni) per finanziare la gestione operativa;
• Entrate extratributarie: provengono da tariffe per servizi a domanda individuale e da proventi
patrimoniali.

Le entrate in conto capitale si dividono in:

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• Entrate per trasferimenti di capitale;
• Entrate da alienazioni patrimoniali;
• Entrate da indebitamento.

All’interno dell’articolazione delle entrate in Titoli sono previsti ulteriori e più analitici livelli di classificazione
che considerano la natura e la provenienza delle entrate. Anche le spese si articolano in Titoli, in particolare
si distinguono:
• Spese correnti: relative alla gestione operativa;
• Spese in conto capitale: relative all’effettuazione d’investimenti;
• Spese per il rimborso di prestiti: relative al rimborso di quote capitale di debiti di finanziamento.

L'ulteriore disaggregazione delle spese è più complessa rispetto a quella delle entrate da momento che si
possono utilizzare criteri diversi, tutti in qualche misura rilevanti, ma trasversali. Si distingue tra classificazioni:
• Per natura: evidenziano la natura dei fattori produttivi acquisiti (ad es. la spesa per il personale, per i
beni di consumo, per servizi, per il godimento di beni di terzi, interessi passivi, ecc.).
• Per destinazione: riflettono le aree d’intervento dell’azienda pubblica (classificazione funzionale: es.
trasporti, sanità, istruzione), i programmi e i progetti individuati dai processi di pianificazione e
programmazione delle singole aziende (classificazione programmatica) e le unità organizzative a cui
è affidata l’acquisizione e/o l’utilizzazione dei fattori produttivi (classificazione amministrativa: spese
per ministero e per centri di responsabilità in cui si articola ciascun ministero).

Pro e contro:
• La classificazione per destinazione fornisce un’informazione utile per valutare le scelte dell’ente
rispetto alle politiche pubbliche, ma richiede una ripartizione delle spese che può essere arbitraria.
• La classificazione per natura non consente di comprendere in quali settori si concentra l’attività
pubblica, ma permette di analizzare la rigidità della spesa, essendo alcune voci (personale, interessi
passivi) più rigide di altre (acquisto di beni e servizi).

I criteri utilizzati e il loro grado di analiticità determinano la tipologia e la numerosità di vincoli posti dall’organo
rappresentativo e quindi influiscono sugli spazi di autonomia lasciati agli organi esecutivi. Una volta definita
la classificazione, per ogni voce di entrata e di spesa è necessario uno stanziamento, il quale può essere
espresso in termini di competenza finanziaria e/o di cassa. La differenza è rappresentata dalla fase dell’entrata
e della spesa cui si riferiscono gli stanziamenti.
• Sistema di competenza finanziaria: gli stanziamenti in entrata rappresentano gli accertamenti previsti
mentre quelli in uscita stabiliscono gli impegni previsti;
• Sistema di cassa: gli stanziamenti in entrata rappresentano le riscossioni previste, quelli in uscita il
limite ai pagamenti previsti.

I due sistemi hanno finalità diverse: il primo si concentra sui momenti della decisione e dell’assunzione di
obbligazioni giuridiche verso terzi (concretizzazione delle politiche gestionali), mentre il secondo si
concentra invece sul momento delle effettive entrate ed uscite monetarie, consentendo quindi di controllare
l’equilibrio monetario. I due sistemi agiscono diversamente sui comportamenti amministrative e sui rapporti
tra gli organi dell’azienda, sia tra istituti pubblici di livello diverso. Per l’attuale normativa lo Stato e le Regioni
adottano entrambi i sistemi, mentre gli enti locali solo il sistema di competenza finanziaria. Il bilancio
preventivo dev’essere in pareggio, deve garantire quindi l’equilibrio fra gli stanziamenti di competenza in
entrata e quelli in uscita. Per le aziende che adottano il sistema di competenza finanziaria (da solo o insieme
al sistema di cassa), al pareggio concorre il risultato di amministrazione iniziale, ossia il risultato di
amministrazione alla fine dell’esercizio precedente a quello cui il preventivo si riferisce. Questo obbligo non
è previsto per il Bilancio dello Stato, che adotta il sistema di competenza pura, secondo cui i risultati di un
esercizio non vengono traslati sul successivo, ma sono riversati sulla tesoreria, incrementandone o
riducendone l’esposizione. Se l’ente adotta anche il sistema di cassa, il pareggio dev’essere garantito anche
in termini di cassa, quindi gli stanziamenti in entrata (riscossioni previste) devono corrispondere agli
stanziamenti in uscita (pagamenti previsti). A tale pareggio concorre anche il fondo cassa iniziale.
Se l’esercizio precedente si è chiuso con:
• Un risultato di amministrazione nullo, gli stanziamenti di competenza in uscita devono essere pari a
quelli in entrata;

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• Un disavanzo di amministrazione, questo dev’essere necessariamente “applicato”, ossia coperto con
stanziamenti di competenza in entrata superiori agli stanziamenti di competenza in uscita;
• Un avanzo di amministrazione, questo può essere applicato in tutto o in parte, rispettando alcuni
vincoli (può essere dedicato solo a spese d’investimento o per il rimborso di debiti).

L’eventuale avanzo/disavanzo di amministrazione iniziale applicato viene iscritto nel bilancio di previsione
prima di tutte le entrate/spese. Nel corso dell’esercizio è possibile modificare gli stanziamenti per adeguare
la gestione ad eventuali fabbisogni imprevisti. In questi casi si devono seguire specifiche procedure (c.d.
istituti di flessibilità) volte a salvaguardare le prerogative dell’organo rappresentativo e gli equilibri di bilancio.
Per coprire maggiori stanziamenti in uscita è necessario ricorrere all’utilizzo di nuove o maggiori entrate
oppure riducendo stanziamenti in altre voci di uscita (c.d. storno). Se i saldi rimangono invariati la decisione
può essere assunta dall’organo di governo, viceversa è necessaria una delibera da parte dell’assemblea
elettiva (Parlamento per il livello centrale o Consiglio per gli enti locali).

Esempio di rilevazioni di esercizio: quando l’azienda vende uno specifico servizio in contanti, il sistema di
contabilità economico-patrimoniale rileva un componente positivo di reddito (valore numerario) e una
variazione positiva della cassa (valore numerario). La contabilità finanziaria rileva invece solo l’entrata di
moneta, classificandola tra le entrate correnti.

10.2.2 Rilevazioni di esercizio


Le rilevazioni vengono effettuate rispetto alle singole fasi dell’entrata e della spesa, per cui durante il periodo
amministrativo si rilevano:
• Per ogni voce di entrata accertamenti, riscossioni e versamenti;
• Per ogni voce di spesa impegni, liquidazioni, ordinazioni e pagamenti.

Inoltre, per ogni processo di spesa, ogni fase vincola quelle successive: ordinazioni e pagamenti devono
sempre essere minori o uguali alle liquidazioni, che a loro volta devono sempre essere minori o uguali agli
impegni. Le rileazioni devono cioè rispettare il seguente vincolo:

𝑖𝑚𝑝𝑒𝑔𝑛𝑜 ≥ 𝑙𝑖𝑞𝑢𝑖𝑑𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 ≥≥ 𝑜𝑟𝑑𝑖𝑛𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 = 𝑝𝑎𝑔𝑎𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜

Questi vincoli non valgono invece per l'entrata.


Iresidui attivi sono le somme accertate ma non ancora riscosse in un dato periodo e quindi ancora da riscuotere
nel periodo successivo. analogamente i residui passivi sono le somme impegnate ma non ancora pagate in un
dato esercizio. durante il periodo il periodo amministrativo ci possono essere:
• Accertamenti e impegni assunti nello stesso periodo amministrativo (riscossioni e pagamenti in
conto di competenza);
• Accertamenti e impegni assunti in periodi amministrativi precedenti (riscossioni e pagamenti in conto
residui).

Per ogni voce di bilancio è necessario tenere due sistemi di scritture: uno relativo alla gestione di competenza
e uno relativo alla gestione dei residui. In tale sistema è necessario riprendere i residui formatesi negli esercizi
precedenti, rilevarne le riscossioni o i pagamenti nel corso dell’esercizio, nonché eventuali cancellazioni, e
determinare l’ammontare dei residui da riportare nell’esercizio successivo.
10.2.3 Rilevazioni consuntive
Il documento consuntivo dell’azienda pubblica è detto conto consuntivo o rendiconto e serve a valutare i
risultati conseguiti e soprattutto a verificare il rispetto dei limiti di spesa definiti a preventivo. Il rendiconto
presenta innanzitutto gli accertamenti/impegni e le riscossioni/pagamenti effettuati nel corso dell’esercizio
per ogni voce di entrata/spesa. Per ogni voce di bilancio il rendiconto evidenzia:
• Residui iniziali (accertamenti non ancora riscossi e impegni non ancora pagati, rilevati nei periodi
precedenti);
• Stanziamenti di competenza definiti a preventivo;
• Accertamenti/impegni assunti nel corso del periodo amministrativo;
• Riscossioni/pagamenti effettuati (in conto competenza e in conto residui);
• Residui finali;

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• Economie e diseconomie.

Queste ultime voci possono riferirsi alla gestione di competenza o alla gestione dei residui. Nel primo caso si
generano economie o diseconomie se gli accertamenti/impegni sono diversi da quanto preventivato. In
particolare, si generano:
• Economie in entrata a fronte di maggiori accertamenti rispetto agli stanziamenti di competenza
definitivi (economie in conto competenza);
• Diseconomie in entrata a fronte di minori accertamenti rispetto agli stanziamenti di competenza
definitivi (diseconomie in conto competenza);
• Economie di spesa a fronte di minori impegni rispetto agli stanziamenti di competenza definitivi
(economie in conto competenza);

Con riferimento alla gestione dei residui, si generano:


• Economie in conto residui quando si sia rilevato un aumento dei residui attivi iniziali o si sia rilevata
una diminuzione dei residui passivi iniziali;
• Diseconomie in conto residui si siano rilevate delle diminuzioni o delle cancellazioni dei residui attivi
iniziali.

Vista la finalità autorizzativa del bilancio, non è possibile impiegare somme superiori agli stanziamenti né
rettificare in aumento i residui passivi. Per questo motivo non è consentita la formazione di diseconomie di
spesa. Il rendiconto mostra inoltre due risultati di sintesi che esprimono l’equilibrio tra la ricchezza prelevata
ed impiegata dall’istituzione pubblica: il fondo cassa finale e il risultato di amministrazione.

Il primo corrisponde alle disponibilità liquide dell’azienda al termine del periodo:

+ fondo cassa iniziale


+ riscossioni in conto competenza
+ riscossioni in conto residui
- pagamenti in conto competenza
- pagamenti in conto residui
= fondo cassa finale

Il risultato di amministrazione può essere determinato e analizzato o come risultato di quantità-fondo oppure
come quantità-flusso. Il risultato è identico indipendentemente dalla modalità di calcolo scelta.

Il risultato di amministrazione come quantità-fondo è pari a:

+ fondo cassa finale


+ residui attivi finali
- residui passivi finali
= ris. di amministrazione finale

Il risultato di amministrazione evidenzia se le disponibilità liquide ad una certa data (fondo cassa), unitamente
alle somme che l’azienda ha il diritto d’incassare (residui attivi), sono sufficienti a coprire le somme che
l’azienda si è impegnata a pagare (residui passivi).

Come risultato di quantità-flusso, il risultato di amministrazione è determinato:

+ ris. amministrazione iniziale


+ accertamenti
- impegni
+ economie in conto residui
- diseconomie in conto residui
= ris. amministrazione finale

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In questo modo si evidenzia come il risultato di amministrazione dipenda, non dai movimenti monetari, ma
da accertamenti e impegni. Il risultato mostra se la gestione ha consentito di acquisire ricchezza in misura
sufficiente rispetto ai bisogni oppure se ci sono stati consumi superiori alla ricchezza acquisita. Trattandosi di
un risultato composto da valori relativi ad accertamenti e impegni, la variazione del risultato di
amministrazione indica se nel periodo sono maturati diritti giuridici sufficienti a coprire le obbligazioni
giuridiche assunte.

10.3 L'evoluzione dei sistemi contabili pubblici


In Italia le aziende che svolgono attività di mantenimento dell’ordine (Stato e Regioni) hanno mantenuto la
tradizionale contabilità finanziaria, al contrario le aziende che svolgono rilevanti processi di produzione e di
cessione di beni e servizi a domanda individuale hanno adottato la contabilità generale. Per gli enti locali e
gli enti pubblici non economici è prevista la coesistenza dei due sistemi. Questa evoluzione dei sistemi
contabili pubblici è in parte riconducibile ai limiti della contabilità finanziaria, limiti che sono conseguenza
delle caratteristiche tecniche del sistema e dei comportamenti distorti nell’utilizzo dello stesso. La contabilità
finanziaria rileva gli impegni e i pagamenti, ma non mostra le risorse effettivamente impiegate dall’azienda,
ossia i costi e le altre componenti negative del risultato d’esercizio. Inoltre, non è in grado di rappresentare
l’equilibrio economico e, visto che si fonda sul metodo della partita semplice, non riesce neanche a definire
l’entità, la composizione e la dinamica del patrimonio, visibili invece nello stato patrimoniale nella contabilità
generale. Al contrario nella contabilità generale il valore delle risorse impiegate trova rappresentazione nel
conto economico e l’equilibrio economico si manifesta nel risultato d’esercizio. In conclusione, il sistema di
contabilità finanziaria non è in grado di rappresentare né i servizi erogati e l’impatto sui bisogni, né il
raggiungimento delle finalità istituzionale e l’economicità dell’azienda.

CAPITOLO 7 - GLI ACQUISTI PUBBLICI


7.1 Le istituzioni pubbliche come cliente
Il profilo delle richieste di acquisto pubbliche si è modificato con il passare del tempo sia in termini di mix di
prodotti, sia in termini di rilevanza strategica. Le istituzioni richiedono sempre più spesso la gestione completa
di alcuni servizi, fino ad acquistare le competenze e il know-how dei fornitori esternalizzando la gestione di
intere funzioni. Non è più possibile affrontare questo tema esclusivamente secondo una prospettiva
burocratica e normativa; è necessario interpretare gli acquisti alla luce degli obiettivi specifici e trasversali di
policy. I principali ambiti strategici in cui gli acquisti sono chiamati a svolgere un ruolo sono:
• Lo sviluppo delle PMI;
• La tutela dell'ambiente (green public procurement);
• La promozione e tutela dei diritti sociali,
• Il sostegno all’innovazione.

7.1.1 Che cosa acquistano le istituzioni pubbliche?


Viene definito appalto qualsiasi contratto scritto, tra soggetti pubblici o privati, in cui un'istituzione pubblica
corrisponde del denaro per:
• esecuzione di lavori: progettazione e realizzazione di opere pubbliche, intese come edifici (per
esempio scuole, ospedali, residenze studentesche) o infrastrutture (per esempio ponti, strade,
ferrovie);
• fornitura di beni: acquisto o locazione di prodotti (per esempio dispositivi medici, farmaci, computer,
divise per le forze dell’ordine ecc.);
• prestazione di servizi: definiti in generale come tutte quelle prestazioni diverse dalle forniture e dai
lavori (per esempio servizi di manutenzione, di pulizia, assistenza ecc.).

7.2 Perché vendere alle istituzioni pubbliche è diverso


Un'istituzione pubblica di distingue da un'impresa privata quando acquisisce fattori produttivi dall'esterno per
tre motivi:
1. Persegue l'interesse pubblico;
2. Utilizza denaro pubblico;
3. Esercita un potere.

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Queste tre caratteristiche giustificano e determinano un sistema di regole a cui un'istituzione pubblica deve
attenersi sia per selezionare il fornitore sia nell'esecuzione del contratto.
L'interesse pubblico si realizza tramite la tutela della concorrenza. Questa aiuta la selezione del fornitore più
idoneo, migliora l'offerta e si traduce nel divieto di discriminazione (non avvantaggiare in modo indebito un
soggetto a danno di un altro). Infatti, le procedure:
• Devono essere conosciute in anticipo da tutti i soggetti coinvolti (principio di pubblicità e
trasparenza);
• Non possono essere modificate durante il processo di selezione;
• Devono essere coerenti e proporzionate all'oggetto del contratto (principio di proporzionalità).

Le decisioni devono essere rese pubbliche e motivate. Gli elementi principali sono:
• Motivi di esclusione (illecito professionale che metta in discussione l'affidabilità e l'integrità del
potenziale fornitore);
• Requisiti di partecipazione;
• Le caratteristiche tecnico-funzionali dell'oggetto d'acquisto;
• I criteri di valutazione dell'offerta;
• La procedura con cui si selezionano il fornitore e l'offerta.

Un contratto pubblico, a differenza di un contratto tra soggetti privati, una volta sottoscritto, è modificabile
solo se ricorrono determinate condizioni previste dalla norma e se non se ne alterano gli aspetti sostanziali.
Le istituzioni pubbliche esercitano un potere e sono quindi in grado di incidere sui comportamenti dei privati.
Negli appalti si verifica sia nella fase di selezione che in fase di esecuzione (facoltà di recedere in qualunque
momento). Il fornitore inoltre spesso non può rifiutarsi di eseguire il contratto in quanto l'interruzione di
pubblico servizio è un reato. D'altra parte, affinché il potere dell'istituzione pubblica non sia illimitato e il
fornitore sia tutelato, l'azione dell'istituzione è vincolata al rispetto delle procedure e deve essere in linea con
la legge ed i principi dell'ordinamento.

7.3 Il ciclo degli acquisti pubblici


Il processo di acquisto presuppone un'attività di programmazione e ricerca ex ante e un'attività di
monitoraggio ex post. Il concetto di ciclo di acquisiti rappresenta in una ricostruzione completa, logica e
sequenziale delle fasi del processo.
La prima fase è costituita dalla programmazione, che è in grado di anticipare i bisogni permettendo di
rispondere in modo efficace e tempestivo nel momento in cui il fabbisogno si manifesta. Oltre ad essere utile
all'interno dell'ente lo è anche per il mercato, così come può anche rappresentare una forma di contrasto alla
corruzione, poiché consente di rendere noti in anticipo i fabbisogni dell'amministrazione al mercato, di
renderne esplicite le finalità, di argomentare e documentare i passaggi del processo decisionale,
scoraggiando forme di collusione.
Segue l'istruttoria, che permette di rispondere a tre domande:
1. Cosa acquistare?
2. Da chi acquistare?
3. Come acquistare?

Per rispondere è necessaria un'analisi di mercato e se risulta utile è opportuno avviare un dialogo con i
fornitori. Solo recentemente la normativa ne ha sancito la piena legittimità prevedendo la “consultazione
preliminare del mercato”. L'istruttoria porta alla redazione dei documenti di gara.

La selezione del fornitore si articola nel modo seguente ed è espressamente definita dalla legge:

Pubblicazione bando ---> Esclusione ---> Qualificazione ---> Valutazione offerte---> Aggiudicazione

Tali procedure si distinguono per:


• Possibilità di negoziare con il fornitore;
• Possibilità di selezionare preventivamente il fornitore a cui chiedere di presentare un'offerta;
• Il grado di pubblicità che viene dato alla procedura di selezione.

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Nelle procedure “aperte” l'istituzione pubblica si rivolge all'intero mercato, pubblicando un bando e
chiedendo di presentare un'offerta in busta chiusa e non modificabile. Nelle procedure “competitive con
negoziazione” si rivolge all'intero mercato pubblicando un avviso ma ha la facoltà di avviare una
negoziazione con il fornitore. Talvolta è possibile negoziare direttamente con i fornitori ritenuti idonei senza
pubblicare alcun bando/avviso ma devono ricorrere specifiche condizioni definite per legge. Questo è il caso
delle “procedure negoziate”. Data la natura potenzialmente lesiva della concorrenza, di norma per la maggior
parte dei contratti si ricorre alle procedure aperte. La stazione appaltante aggiudica il contratto all'operatore
con l'offerta economicamente più vantaggiosa. Vi sono tre criteri:
• Del miglior prezzo: adatta per beni standardizzati a scarso valore aggiunto e per lavori semplici; non
considera la molteplicità di fattori che caratterizzano un bene/prodotto;
• Del miglior rapporto qualità/prezzo: esplicita meglio i caratteri qualitativi spostando in capo al
fornitore l'onere di dettagliare l'offerta tecnica; maggiore discrezionalità ma anche problemi di
interpretazione;
• Comparazione costo/efficacia
La fase di esecuzione del contratto risulta essere molto importante anche se talvolta viene trascurata.
• Gestione del contratto: La fase di esecuzione del contratto, sebbene fondamentale per la buona
riuscita dell’acquisto, è stata spesso trascurata in passato, privilegiando il momento della selezione.
• Valutazione: L’istituzione pubblica deve essere in grado di controllare e pretendere il rispetto delle
modalità di esecuzione avanzate dall’impresa nella sua offerta. Laddove i contratti siano ben costruiti
possono scattare meccanismi di premio/sanzione.

7.4 La razionalizzazione degli acquisti


In Italia abbiamo un elevato grado di frammentazione della domanda pubblica (31000 punti ordinanti. Il
punto ordinante è chi concretamente, all'interno di un'istituzione, svolge una procedura di acquisto) e inoltre
anche l'offerta risulta esserlo. Tale frammentazione limita:
• Il raggiungimento di economie di scala per gli acquisti standardizzabili;
• La creazione di competenze specialistiche che consentirebbero di formulare richieste di acquisto più;
• coerenti con l’offerta;
• La possibilità di svolgere analisi del fabbisogno che richiedono investimenti che il singolo ente, magari
di piccole dimensioni, non è in grado di sostenere;
• La razionalizzazione organizzativa e operativa.

Per questo motivo è stato avviato il “Programma di razionalizzazione degli acquisti della PA” con l'obiettivo di:
• Semplificare le procedure per gli acquisti mediante l'uso dell'ICT
• Ottimizzare la spesa pubblica grazie all'aggregazione della domanda.

Per realizzare questi obiettivi si opera seguendo tre assi:


• Standardizzazione: l'assunto di base è che portare alla convergenza di bandi e capitolati permette di
confrontare i risultati tra amministrazioni, riducendo l'asimmetria informativa e creando un
benchmark di riferimento, finalizzato al contenimento dei costi.
• Centralizzazione della committenza: si è mossa secondo due paradigmi: aumentare la dimensione
dei contratti per cercare economie di volume ed aumentare il potere contrattuale; costituire dei
soggetti specializzati che svolgano funzione centrale di committenza per avere economie di scala.
Le soluzioni organizzative sono diverse e non hanno un disegno organico, tuttavia è possibile
identificare tre variabili esplicative:
o Governance: obbligatorietà/volontarietà di adesione alla centrale e rapporto tra gli enti aderenti,
che può essere gerarchico o paritario.
o Specializzazione: le centrali possono avere una specializzazione merceologica (es: svolgere
solo procedure per l'affidamento dei lavori), settoriale (es: operare solo in sanità) oppure agire
in modo eterogeneo.
o Autonomia organizzativa: una centrale può essere un soggetto autonomo e specializzato
oppure incardinata all'interno di una direzione regionale/ministero.
Criticità della centralizzazione:
o Rendimenti di scala decrescenti nel tempo;
o Creazione oligopolio che limita la concorrenza ed innovatività del sistema;

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o Costi di coordinamento e limitata accountability.
• Digitalizzazione (e-procurement): ha lo scopo di diminuire i costi di transazione creando un luogo
virtuale in cui domanda e offerta si possono incontrare in modo trasparente e standard.

Queste tre dimensioni si sono spesso sovrapposte, non sempre creando sinergie, ma talvolta ostacoli al
concreto raggiungimento degli obiettivi di policy.

7.5 Le strategie delle imprese


Le imprese che decidono di operare nel settore pubblico si trovano ad affrontare scelte strategiche rispetto
al dimensionamento della loro presenza, che può essere definita in termini di massimo fatturato possibile nei
diversi settori di fornitura oppure definendo un obiettivo di quota del proprio fatturato che si intende realizzare
con il settore pubblico. La seconda strategia (di “autolimitazione”) si rifà al principio della diversificazione del
rischio; d’altra parte, è anche possibile che l'impresa scelga di preferire il settore pubblico, accettando anche
una minore redditività, sapendo di poter contare sulla stabilità e sicurezza del mercato. Altre imprese possono
scegliere il settore pubblico per meri obiettivi di prestigio ed immagine.
Un'altra strategia può essere quella di operare solo in “nicchie qualificate” considerate innovative e
dinamiche. Ancora diversa è la strategia di operare in “captive market” ossia con quelle istituzioni con le quali
si ritiene di avere rapporti privilegiati e vantaggi competitivi difficilmente attaccabili in relazione a rapporti
trasparenti e leciti. Tuttavia, tale strategia deve tenere conto che dei possibili svantaggi, in certi casi non
trasparenti o addirittura illeciti.
Un'altra dimensione rilevante delle scelte strategiche riguarda l'ambito territoriale: le imprese che operano nel
settore delle utilities sono “obbligate” dal mercato ad estendersi in ambito nazionale o addirittura globale.

CAPITOLO 19 – IL PARTENARIATO PUBBLICO PRIVATO


19.1 Le ragioni del PPP
Oggi si cercano forme di collaborazione che permettano a pubblico e privato di co-evolvere in modo
sostenibile. Questo è possibile da un lato separando la titolarità della funzione di produzione ed erogazione
del servizio, dall’altro coinvolgendo direttamente il privato nel finanziamento degli investimenti.
Tale necessità è legata all’esigenza di superare tre limiti insiti nel sistema pubblico:
• I limiti della finanza pubblica, che impediscono un orientamento verso politiche di medio-lungo
termine (es. costruzione autostrada BREBEMI (Brescia-Bergamo-Milano, 2.4 miliardi)
• La necessità di integrare competenze specialistiche, utili al soddisfacimento efficiente ed efficace
dei bisogni (es. centro trapianti)
• La difficoltà di dare risposte al momento giusto e in tempi certi alle esigenze (es. caso delle
infrastrutture italiane)
Infine, l’obiettivo risulta essere quello di perseguire le proprie finalità istituzionali tramite un anticipo di risorse
private (economiche e know-how), restituite nel tempo tramite canoni o tariffe pagate dal pubblico e/o dagli
utenti.

19.2 Cos’è il PPP


Si definisce PPP “forma di cooperazione tra PA e imprese allo scopo di assicurareil finanziamento, la
costruzione, ristrutturazione, gestione o la manutenzione di un’infrastruttura e/o la prestazione di un
servizio” con le seguenti caratteristiche:
• Durata temporale relativamente lunga;
• Partecipazione del privato in diverse fasi del progetto (finanziamento, progettazione, costruzione,
gestione, manutenzione);
• Parziale o totale copertura dell’investimento attraverso risorse private;
• “Allocazione efficiente dei rischi tra PA e impresa”, in relazione agli ambiti del progetto di
competenza rispettiva.

Il privato co-definisce con il soggetto pubblico le modalità per conseguire gli obiettivi pubblici: a maggiori
poteri, maggiori responsabilita’ (e maggiori rischi). Diversamente, in un appalto è la PA che definisce le
modalità, delegando al privato l’esecuzione. Quindi, rispetto all’appalto, l’impresa assume più responsabilità
e, conseguentemente, rischi.

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Il PPP si costituisce di tre macro-aree: oggetto della partnership, funzioni assegnate, modalità di
remunerazione del privato.
L’oggetto può essere la realizzazione di un’infrastruttura ex novo (investimento greenfield) oppure la
riqualificazione di un asset esistente (investimento brownfield); Inoltre si distingue tra infrastrutture di tipo
economico e sociali. Nel primo caso supportano direttamente le attività produttive (es: autostrade), quelle di
tipo sociale sono finalizzate ad accrescere il benessere sociale ed indirettamente la produttività economica
(es: scuole, edilizia pubblica). E’ importante ricordare la presenza di investimenti intangibili quali per esempio
quelli in Ricerca e Sviluppo. I servizi dati in gestione ai partner privati possono essere Core oppure Ancillari:
nel primo caso l’operatore economico eroga il servizio pubblico stesso (es: cure mediche), nel secondo
gestisce quei servizi (es: manutenzione impianti) che rendono possibile l’erogazione.
All’operatore privato possono essere affidate diverse funzioni, il numero di funzioni delegate dipende dal
contesto istituzionale e organizzativo in cui si svolge l’operazione. Non esiste una formula standard di
cooperazione, in quanto il numero delle funzioni delegate dipende dal contesto istituzionale di riferimento.
In primis, al privato, viene chiesto di finanziare totalmente o parzialmente l’investimento, egli può progettare,
costruire, gestire le operations, mantenere e gestire. Una caratteristica del PPP è quella di fornire delle
soluzioni chiavi in mano, in cui il partner privato si pone come interfaccia unitaria per la realizzazione del
progetto. Invece, in un approccio tradizionale, il ruolo di regista dell’operazione spetta alla PA, che si trova a
coordinare gli operatori chiamati ad eseguire diversi contratti di fornitura.

I modelli di pagamento possono essere ricondotti a quattro fattispecie:


• A prestazione à il rischio resta prevalentemente in capo alla stazione appaltante. Questa forma non
è direttamente correlata alla performance ma a parametri di qualità previsti dal contratto.
• A tariffa à Quando sono gli utenti stessi a pagare per un servizio prestatodall’operatore. Generalmente,
la tariffa è determinata in modo da coprirecosti di gestione, di investimento e di capitale.
• Canone di disponibilità à Il canone è legato alla disponibilità di un servizio secondo determinati livelli
di performance.
• Quota capitaria à In uso nel settore sanitario, in cui all’operatore privato viene riconosciuto un
ammontare fisso periodico per la totale spesa in carico di un paziente, con un vincolo di performance.

19.3 Il finanziamento del PPP


Tre sono gli strumenti utilizzabili dagli operatori privati:
• Project financing;
• Leasing finanziario;
• Finanziamento corporate

19.3.1 Project financing


È una particolare modalità di finanziamento di un progetto che prevede che questo sia inglobato in un
veicolo societario (SPV) che ha come univo obiettivo la realizzazione e gestione del progetto stesso.
La SPV è quindi uno snodo di contratti che consentono di isolare il progetto e di“schermarlo” dai rischi
operativi. Questo rende il progetto finanziabile con elevata leva finanziaria (elevato debito) che riduce il
fabbisogno di capitale di rischio (più oneroso).
Il PF è un’operazione flow based, poiché i finanziatori valutano il merito di credito dell’operazione in base alla
consistenza dei flussi di cassa previsionali della gestione, a prescindere dalla situazione patrimoniale e
finanziaria dei soggetti che partecipano alla SPV. Per garantire la stabilità dei flussi di cassa viene costituito
un security package, ovvero un insieme di contratti e assicurazioni volti a suddividere la responsabilità tra i
soggetti coinvolti. Questo rende il PF notevolmente oneroso per i costi di transazione connessi, però è anche
uno strumento molto versatile.
Un elemento importante che differenzia l’applicazione privata da quella pubblica del PF è costituito dal fatto
che nel primo caso rappresenta esclusivamente uno strumento di finanziamento, mentre nel secondo il focus
è spostato sui servizi erogati, sulla loro qualità e sulla capacità di risposta in tempi brevi ai fabbisogni dei
cittadini.
In generale il PF consente alle amministrazioni di:
• Collegare la copertura dell’investimento alle tariffe corrisposte dall’utenza;
• Ripartire il pagamento dell’investimento su un periodo mediamente lungodi utilizzo.

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Vantaggi del PFàAttribuzione dei rischi e responsabilità̀ ai soggetti più in grado di sostenerli; Collegamento
dei costi di investimento ai ricavi da tariffa; Ripartizione del pagamento dell’investimento su un periodo
mediamente lungo di utilizzo dell’infrastruttura e dei correlati servizi.
Svantaggi del PFàElevata complessità̀; Alti costi di transazione; Difficoltà nel finanziamento

19.3.2 Leasing (finanziario)


È uno schema negoziale che consente a un soggetto, dietro pagamento di canoneperiodico, di utilizzare un
bene mobile o immobile strumentale all’esercizio dellapropria attività, con possibilità di riscatto al termine del
contratto (A differenza del leasing operativo in cui non è prevista opzione di riscatto ed il canone dipende
dall’entità dei servizi, non dalla vita utile del bene)
Rispetto al PF, il leasing coinvolge il soggetto finanziatore direttamente in fase di gara insieme al costruttore
e progettista.
Vantaggi LeasingàCanone periodico con possibilità̀ di riscatto finale dell’opera (se leasing finanziario);
Soluzione “chiavi in mano”; Maggiori garanzie sulla finanziabilità̀ dell’opera, con la banca impegnata fin da
subito nell’ATI; Canone di leasing contabilizzabile tra i costi di gestione.
Svantaggi LeasingàMinore trasferimento della responsabilità̀ di realizzazione al costruttore: necessità di
penali; Modello nuovo, minore familiarità̀ degli operatori.

19.3.3 Finanziamento corporate


È inserito in un contratto di medio-lungo termine definito sulla base delle specifiche caratteristiche del
progetto e del merito di credito del soggetto debitore.
Un esempio: Operatore privato o in RTI (Raggruppamento temporaneo di imprese) raccoglie capitali di
debito per finanziare un’operazione di PPP. A differenza del PF, la valutazione del merito di credito viene
svolta sui membri dell’RTI/SPV e non sul progetto stesso.
Vantaggi FCàContratto di medio-lungo periodo; Meno complesso del Project Finance
Svantaggi FCàUtile solo a piccoli investimenti, in quanto poco conveniente (il merito di credito è quello del
dell’ATI/SPV)

19.4 Il trasferimento dei rischi


Vi sono due momenti essenziali nel processo di strutturazione delle PPP:
• L’identificazione à valutare se l’allocazione del rischio all’operatore economico sia in grado di
generare valore economico e sociale per il pubblico.
• L’allocazione dei rischi à quantificare razionalmente il rendimento atteso da parte dell’operatore
economico.

Un PPP permette alla PA di prendere coscienza dei rischi e dei loro impatti. Il PPP è un’operazione ben
circoscritta e visibile in quanto l’operatore privato attribuisce un valore economico al rischio trasferito.
Uno dei vantaggi della PPP è la possibilità di poter contabilizzare fuori bilancio il costo dell’investimento. Col
tempo sono stati definiti dei requisiti più stringenti per la contabilizzazione off-balance del PPP ed una chiara
allocazione dei rischi è uno di questi.
La base della negoziazione del contratto è la matrice dei rischi:
• Rischio di costruzione à es: ritardo consegna, deficienze tecniche
• Rischio di disponibilità à es: eventi che non rendono possibile la struttura realizzata/i servizi
secondo le specifiche previste contrattualmente
• Rischio di domanda à la variabilità dei ricavi derivante dalla volatilità della domanda (es: traffico
autostradale)

19.5 I modelli di PPP


I due modelli di PPP sono: Istituzionale e Contrattuale
Nel PPP istituzionale il progetto sarà realizzato da un’impresa mista o joint venture, a capitale pubblico o
privato. Un punto a favore di questo modello risulta essere relativo al mantenimento del ruolo di governance
aziendale da parte della PA; tuttavia, vi sono dei punti a sfavore:
• mancanza di risorse pubbliche
• tensioni tra soci dovuta a governance poco chiara o ingerenze politiche nelle scelte aziendali
• scarsa trasparenza nell’allocazione dei rischi tra partner

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Il PPP contrattuale, è un contratto stipulato dalla PA con un operatore economico. I pregi di tale modello
rispetto a quello precedente sono: separazione più netta tra pubblico e privato; definizione chiara dei ruoli e
responsabilità. Tuttavia, essendo un contratto, risulta essere uno strumento rigido.
I modelli di PPP possiamo classificarli in termini di profondità della relazione di partnership e,
conseguentemente, per il livello di rischio trasferito al partner privato.

19.6 Conclusioni
PPP come strumento mediamente più complesso e costoso di altri, che tuttavia permette di realizzare gli
investimenti e farlo nei tempi opportuni, con una qualità̀ potenzialmente alta.
Il PPP richiede da parte delle istituzioni pubbliche e delle imprese lo sviluppo di competenze di: Valutazione;
Progettazione; Negoziazione; Gestione.
Per permettere:
• Al pubblico l’assunzione di un ruolo attivo da project manager
• Al privato la comprensione e la gestione efficace della complessità̀ del settore pubblico e orientare
la propria azione secondo codici di comportamento etici e responsabili.

INNOVAZIONE NELLE ISTITUZIONI PUBBLICHE


Innovazioni o fallimenti?
Non tutte le innovazioni possono essere considerate tali. Molto spesso, infatti, modifiche che si
suppongono essere innovative e migliorative dello status quo, non risultano essere tali. Perché?
Innanzitutto, un’innovazione per essere definita come tale deve apportare una novità relativa; inoltre deve
poter essere implementate e infine, deve avere risultati tangibili. Se una modifica non presenta queste
caratteristiche peculiari, ma soprattutto non risponde a bisogni che ancora necessitano di essere espressi,
risulterà essere inevitabilmente fallimentare. Quali sono pertanto i criteri utili a stabilire se un’innovazione ha
avuto successo o meno? Bisogna valutare principalmente l’impatto che quest’ultima ha avuto sulla
popolazione, in quanto l’obiettivo primario della sua introduzione è aumentare il valore aggiunto da
consegnare ai cittadini.

ComuniChiamo nel Comune di Ravenna

Il Comune di Ravenna ha scelto l'app ComuniChiamo come strumento per consentire ai cittadini di
segnalare problemi in città come buche, perdite d'acqua o lampioni rotti. L'app è user-friendly e molte
segnalazioni sono state effettuate dai cittadini. Il servizio include anche strumenti informatici per la gestione
dei lavori di manutenzione, con le segnalazioni che vengono automaticamente indirizzate ai responsabili e
condivise con i cittadini. Nel primo anno di utilizzo, sono state registrate circa 2.000 segnalazioni.

È un’innovazione perché apporta una novità relativa, è implementata e ha avuto dei risultati tangibili

ItsArt del Ministero dei Beni Culturali

La piattaforma ItsArt era stata finanziata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC) tramite Cassa
Depositi e Prestiti (CDP), insieme a un partner privato (Chili). Essa era stata concepita come una piattaforma
digitale a pagamento italiana dedicata a contenuti culturali e artistici, che avrebbe potuto essere
particolarmente utile durante i lockdown per offrire i contenuti culturali in modo diverso. Tuttavia, le
principali criticità riscontrate sono state i prezzi non competitivi (2 euro per noleggiare un film) ei contenuti
non esclusivi. Di conseguenza, il risultato economico della piattaforma è stato negativo, con 7,5 milioni di
costi a fronte di soli 246 mila euro di ricavi.

Le innovazioni devono rispondere a un bisogno

Immuni del Ministero della Salute

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Immuni, l'app di tracciamento dei contatti di positivi al Covid-19, resa disponibile il 1° giugno 2020, è stata
definitivamente dismessa il 31 dicembre 2022. L'app è stata realizzata da Bending Spoons a titolo gratuito
in meno di 3 mesi e con soli 10 giorni di differenza da quando Apple e Google hanno reso possibile il
tracciamento sui loro dispositivi. L'infrastruttura informatica, invece, è stata affidata alle società pubbliche
Sogei e PagoPA, a garanzia di maggiore privacy e controllo sui dati prodotti. Con 21 milioni di download,
92.000 utenti segnalati come positivi e 197mila segnalazioni di contatto stretto, è stata tra le prime app di
contact tracing ad essere diffuse in Europa.

Con quali criteri stabilire se un’innovazione ha avuto successo o meno?

Tipologie di innovazioni
Cambiamento: crescita, evoluzione o sviluppo di uno o più elementi del processo di erogazione del
bene/servizio pubblico e del modo in cui esso è organizzato. Si caratterizza inoltre per continuità rispetto al
passato; il bene/servizio infatti non viene soppresso, ma esclusivamente modificato. Il cambiamento è
presente in ogni forma di organizzazione ed è possibile in ogni momento.

Innovazione: implementazione di idee già esistenti non ancora adottate in una determinata organizzazione
e contesto. Implica normalmente una rottura rispetto alle azioni precedenti, mediante un approccio
totalmente differente da ciò che veniva svolto precedentemente. Anche in questo caso è presente e
possibile in ogni forma di organizzazione.

Invenzione: rappresenta la generazione di nuovi concetti e idee. Si intende generalmente una soluzione
nuova ed originale ad un problema. A differenza di cambiamento ed innovazione è verificabile, per forza di
cose, una sola volta e in un solo luogo. La stessa idea, modificata, non è più una novità, e si trasforma quindi
in un’innovazione che quindi può essere implementata.

Riforma: è l’insieme dei cambiamenti apportati a un’organizzazione nel suo complesso con l’obiettivo di
migliorarla. Si verifica in ogni sistema e apporta un cambiamento radicale a livello non solo del singolo
processo, ma dell’intera struttura di un settore.

Nel corso degli ultimi anni si sono date diverse definizioni al termine innovazione.
Le principali e più accreditate sono tre:
a) Rogers, che nel 2003, definisce innovazione un’idea, una pratica, un oggetto che vengono
percepiti come nuovi dall’individuo o l’unità organizzativa che li adotta;
b) Nel 2005, sull’Oslo Manual l’innovazione è definita come l’implementazione di un cambiamento
significativo nel modo di operare dell’organizzazione o nei suoi prodotti;
c) Infine, la definizione più recente è quella dell’OECD, risalente al 2010, in cui si definisce innovazione
l’implementazione di significativi cambiamenti ai beni e servizi, ai processi operativi, ai metodi
organizzativi o alla comunicazione dell’organizzazione con l’utente.

Dalla somma di queste definizioni si può quindi dire che innovare significa apportare una novità relativa,
implementata e dai risultati tangibili. Infine, è importante sottolineare che le innovazioni si definiscono
rispetto a chi le compie: è innovazione anche ciò che già c’è altrove, ma viene implementato per le prima
volta in un altro luogo.

Vi sono numerose tipologie di innovazione:


• Innovazione di sistema -> si fonda su cambiamenti al CONTESTO in cui i servizi sono creati ed
erogati;
• Innovazione di servizio -> fa riferimento a cambiamenti che avvengono nell’offerta di servizi di
un’azienda del settore pubblico;
• Innovazione di processo -> si tratta di cambiamenti nel modo in cui i prodotti e i servizi sono
progettati ed erogati;
• Innovazione di paradigma -> si tratta di un processo di cambiamento che ha come fine ultimo
quello di cambiare la mission di un’organizzazione;

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• Innovazioni amministrative -> si tratta di innovazioni finalizzate a modificare la struttura organizzativa
ed i processi;
• Innovazioni tecnologiche -> si tratta di innovazioni che stimolano il cambiamento nelle aziende del
settore pubblico, attraverso l’introduzione di tecnologie;
• Innovazioni accessorie -> si tratta di innovazioni finalizzate ad interiorizzare nella mission
dell’azienda funzioni e servizi di competenza dall’ambiente esterno;

N.B. queste categorie non sono mutualmente esclusive né esaustive!


Esistono vari livelli di innovazione. Ad un primo livello si trovano le cosiddette INNOVAZIONI DI MAKE-UP la
cui introduzione produce effetti di breve periodo; inoltre, fintanto che non è incorporata in un set di
innovazioni più ampio non produce effetti di scala. Salendo di livello si trovano le INNOVAZIONI
INCREMENTALI le quali, sulla base dell’idea che l’innovazione sia un processo “step by step”, portano a
cambiamenti strutturali di lungo periodo solo se le condizioni istituzionali e l’impegno complessivo verso
l’innovazione rimangono costanti. Vi sono poi le INNOVAZIONI RADICALI, le quali rappresentano una
discontinuità improvvisa con il passato. In questo caso, infatti, si sviluppano nuovi servizi o si stabiliscono
nuovi modi per organizzare ed erogare un servizio. Infine, al livello più alto, si trovano le INNOVAZIONI
SISTEMATICHE, le quali godono di ampio respiro ad un livello macro. In questo caso l’emergere di nuove
tecnologie, che vanno a trasformare il settore, rafforza la forza lavoro permettendo di adottare nuovi tipi di
organizzazione e nuove relazioni.

Gestire e promuovere l’innovazione nelle IP

Nel caso delle IP l’innovazione risulta un processo complesso. Questo perché i servizi e le politiche esistenti
rappresentano una data allocazione di risorse, ovvero uno STATUS QUO che tutale specifici target. È
necessario quindi mantenere un certo equilibrio sociale ed economico tra gli stakeholder, altrimenti i
portatori di interesse che si sentono sfavoriti dall’innovazione genereranno una certa resistenza al
cambiamento.
L’innovazione di norma richiede infatti sperimentazioni in pochi e limitati contesti, i quali possono godere
immediatamente di vantaggi generando un’iniziale iniquità nel sistema in termini di apprendimento,
superamento di attriti a potenziali resistenze e talvolta per recuperare il tempo necessario a sostituire
infrastrutture fisiche o digitali.

Il ciclo di vita dell’innovazione è pertanto composto da quattro fasi:


1. La prima fase è quella della CONOSCENZA in cui l’agente innovatore si rende conto dell’esistenza
di un bisogno non soddisfatto e ha un’idea di come soddisfarlo nella pratica;
2. La seconda fase è di INCUBAZIONE E PROTOTIPAZZIONE, ovvero la fase di decisione vera e
propria di “decisione” in cui l’agente testa l’innovazione;
3. La terza fase è la fase di IMPLEMENTAZIONE E DIFFUSIONE dell’innovazione;
4. Infine, la quarta fase, di valutazione dei risultati, è quella che maggiormente distingue il settore
pubblico da quello privato.

Affinché un’innovazione sia efficace vi sono tre elementi che devono contribuire all’innovazione:
a) I sistemi informativi e hardware
b) I processi e la cultura organizzativa, con quest’ultima che deve essere favorevole alle idee
innovative e deve portare a un percorso strutturato a sostegno delle innovazioni
c) Dipendenti e dirigenti, che devono essere qualificati, con visione strategica e capacità di motivare.

Nelle IP, i soggetti promotori possono essere sia esterni che interni.
Nel caso di soggetti esterni ci troviamo di fronte ad un ente sovraordinato, un’advocacy esterna oppure
campagne di stampa o mediatiche e pressioni dell’opinione pubblica anche tramite i social media. Per
quanto riguarda i soggetti interni questi possono appartenere alla categoria di dirigenti o dipendenti,
oppure può essere una componente politica dell’istituzione pubblica.

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Per quanto concerne invece i supporti che possono affiancare il processo di innovazione in una istituzione
pubblica, questo possono essere:
• Premi all’innovazione;
• Network o gemellaggi inter-istituzionali per l’innovazione;
• Processi di benchmarking o bench-learning interistituzionali;
• Supporti tecnici;
• Incentivi economici dall’ente sovraordinato;
• Maggiore autonomia istituzionale o amministrativa;
• Incentivi ai dirigenti e ai dipendenti;

Innovazione nel settore privato e nel settore pubblico

CAPITOLO 20 - SMART CITY E SHARING ECONOMY NEI SERVIZI


PUBBLICI
20.1 Il ruolo delle tecnologie ICT nell’innovazionedelle istituzioni pubbliche
L’innovazione è un processo di cambiamento profondo di un’azienda. Che può riguardare i modelli
produttivi, le caratteristiche dei servizi o le forme di interfaccia con gli utenti.
È sempre difficile innovare in profondità un’azienda, per la naturale tendenza a replicare i comportamenti
storici a cui corrisponde una struttura di potere consolidata ed una rassicurante stratificazione di competenze

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conosciute. Tale difficoltà diviene ancor più evidente nelle istituzioni pubbliche, poiché in questo caso si
tratta di una modificazione della composizione dei servizi e quindi degli interessi prioritariamente tutelati, che
sono frutto di lunghi processi di aggiustamento reciproco tra gli stakeholder.
L’innovazione attiva processi di riallocazione del valore pubblico prodotto e quindi cicli politici di
negoziazione e allocazione dei benefici tra le parti legittimamente in competizione tra di loro.
Tutti i paesi dell’UE hanno adottato il loro piano di e-government che indica le priorità di investimento e i
relativi obiettivi. L’Italia ha introdotto numerosi strumenti informatici per facilitare il raggiungimento degli
obiettivi di semplificazione, come per esempio la firma digitale, il protocollo informatico, laposta elettronica
certificata.
Se in passato l’attenzione era focalizzata sugli strumenti informatici come semplice supporto
nell’automazione di attività ripetitive e strutturate, oggi l’attenzione si è spostata sul ruolo strategico del
sistema informativo come leva di innovazione complessiva e generale.
20.2 E-government: cos’è e perché è rilevante per le istituzioni pubbliche
L’E-government viene intesa come l’attitudine a utilizzare in maniera sistematica la leva delle tecnologie ICT
per sviluppare strategicamente le istituzioni pubbliche. Lo sviluppo delle tecnologie ICT è finalizzato a quattro
macro-obiettivi:
• Efficienza dei processi produttivi;
• Supporto ai processi gestionali;
• Partecipazione democratica;
• Maggior efficacia relazionale con gli utenti.

20.2.1 Efficienza produttiva


Adeguati strumenti informatici favoriscono l’aumento dell’efficienza produttiva attraverso processi di
innovazione differenti, da una parte, l’introduzione di nuove tecnologie ICT migliora il processo produttivo
interno alla singola unità erogativa (es: automatizzazione laboratori di analisi degli ospedali). D’altra parte,
favoriscono il miglior coordinamento delle relazioni dinamiche tra unità e dipartimenti organizzativi di una
stessa organizzazione (gli atti amministrativi vengono fatti circolare informaticamente, garantendo il rispetto
dei tempi).
Inoltre, lo sviluppo tecnologico sostiene un miglior coordinamento operativo tra le istituzioni pubbliche,
potendo ingegnerizzare i processi interistituzionali.
Per riuscire a catturare il valore aggiunto dei tre potenziali processi occorre attivare distinti processi di
sviluppo, essendo ognuno di questi tre livelli di innovazione autonomo.
Le innovazioni di questo tipo possono introdurre anche alcuni potenziali pericoli: Inevitabilmente
irrigidiscono ulteriormente le procedure, rischiando di rendere il modello burocratico difficile da gestire in
casi di eccezioni o situazioni fuori standard, determinando bassa flessibilità. Inoltre, ogni innovazione nelle
regole, nelle priorità o nei servizi richiede un aggiornamento delle procedure informatiche, rendendo il
cambiamento talvolta più lento o costoso.
Sebbene vi siano dei rischi, è evidente che tramite l’ingegnerizzazione dei sistemi risulta più facile attuare un
controllo esterno della compliance alle regole e della trasparenza, favorendo il rispetto delle norme e
rendendo più difficile la presenza di favoritismi e corruzione.

20.2.2 Supporto ai processi decisionali


Le istituzioni pubbliche sono tra i principali generatori di big data, in quanto raccolgono ed elaborano dati su
tutti i cittadini, su tutti gli immobili pubblici e privati e su tutte le imprese, in modo sistematico, costante ed
estremamente standardizzato. Questi dati vengono costantemente aggiornati e controllati.
Inoltre, le istituzioni pubbliche raccolgono dati su ogni interesse pubblico rilevanti quali disoccupazione o
abbandono scolastico. La produzione di questi dati non comporta costi aggiuntivi rispetto alla loro attività
ordinaria.
Grazie alle tecnologie ICT, le istituzioni pubbliche stanno sviluppando sempre di più la capacità di correlare
tra di loro questi dati, per poterli analizzare sia per la definizione delle politiche, sia per supportare meglio il
singolo utente. Si riesce a comprendere sempre meglio i problemi di un territorio e le possibili dimensioni
causali esplicative.
Anche a livello di singolo cittadino poter correlare informazioni sul suo stato sociale, di salute e reddituale
permette di costruire risposte più personalizzate ed efficaci ai problemi delle persone, per esempio in ambito
di welfare o di supporto al reinserimento lavorativo. Questo pone oggi problemi rilevanti in tema di tutela della

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privacy dei singoli. Per esempio, alcune regioni hanno deciso che bambini non vaccinati non possono
iscriversi all’asilo nido pubblico o le regioni dispongono dell’accesso al database delle vaccinazioni).
Contrastano, in questo caso, obiettivi di tutela della riservatezza e della libera determinazione dei singoli, con
obiettivi di interesse collettivo o di supporto ai più deboli e fragili, incapaci di trasformare bisogni in domanda.

20.2.3 Lo sviluppo della partecipazione democratica


La partecipazione democratica è favorita dall’uso delle ICT come strumento ti comunicazione utile a:
• Diffondere l’accesso condiviso in tempi brevi o reali ad una pluralità di stakeholder (consigli comunali
in streaming)
• Dialogare e discutere con gli stakeholder riducendo i costi di spostamento
• Attivare processi di raccolta di opinioni/voto in remoto (e-democracy)

Per svolgere queste funzioni è necessario un lavoro redazionale, di selezione e sintesi, che permetta anche
al più vasto pubblico di accedere a informazioni utili e non a semplici database di big data.
Anche a questo livello esistono dei rischi: L’abitudine, la capacità e la diffusione di strumenti ICT non è
equamente distribuita tra i cittadini. Pertanto, si rischia di sollecitare solo la presenza di alcuni interlocutori e
di pregiudicare la rappresentazione di altri tipi di interessi legittimi. Per esempio, un sondaggio web-based sul
car sharing avrà una sottorappresentazione dell’opinione degli automobilisti tradizionali.
Esiste però un secondo pericolo rilevante: l’inevitabile lavoro di selezione e analisi dei big data avviene
fisiologicamente da parte di tecnostrutture che agiscono sotto l’indirizzo del vertice istituzionale, quindi
dell’organo politico in quel momento maggioritario. Per ovviare a questa critica è possibile rendere pubblici
anche i big data originari anonimizzati, in modo che ognuno possa controllarli ed in modo da alimentare un
dibattito democratico correlato ai problemi e le possibili policy.

20.2.4 Crescita dell’efficacia relazionale con gli utenti


La digital economy, ma anche la diffusione delle piattaforme di servizio, rendono molto più semplice,
personalizzato e focalizzato sulle tecnologie l’accesso ai servizi, vedi prenotazione di viaggi. Si utilizza
l’espressione virtual state quando nelle istituzioni è minima la presenza di carta, poiché le informazioni
viaggiano su supporti digitali (paperless administration), permettendo all’utente anche l’acceso in remoto ai
servizi o alle pratiche pubbliche.
Il concetto di virtual state rappresenta una visione che guarda complessivamente alle caratteristiche dei
servizi e alle modalità di relazione con gli utenti per poter costruire prodotti e interfaccia pubbliche più efficaci.
Il cambiamento consiste quindi nel reingegnerizzare i processi erogativi ed i modelli di relazione con l’utente.
Anche in questi cambiamenti esistono dei rischi rilevanti e profondi. Inevitabilmente le modalità di interfaccia
con gli utenti che si basano su piattaforme tecnologiche (App per il bike sharing) privilegiano alcuni segmenti
di cittadini. Si usa l’espressione digital divide per qualificare le differenze di competenze e di accessibilità
d’uso delle tecnologie tra diversi cluster sociali, che possono nascere da differenze di reddito, culturali,
anagrafiche. Spesso i target di utenti che rappresentano il cuore della missione pubblica sono proprio le
persone economicamente e culturalmente più fragili, che di norma sono proprio quelle con un maggiore
digital divide. Pertanto, spesso le IP si trovano di fronte a trade-off di notevole rilievo.
Per ovviare a questo problema un ruolo chiave è giocato dalla “multicanalità”, ossia l’utilizzo contemporaneo
di diversi canali per rispondere simultaneamente alle esigenze di innovazione e di tutela degli utenti più
deboli.
La multicanalità però può determinare nel breve periodo un significativo aumento dei costi. Inoltre, gli
standard di qualità dei servizi pubblici devono essere identici in tutti i canali di accesso e questo è
oggettivamente difficile da ottenere nel momento in cui si affianca un servizio innovativo a quello tradizionale.
Possiamo individuare tre livelli di maturazione nei processi di innovazioni:
1. Le istituzioni tradizionali, che hanno adottato sporadicamente innovazioni ICT, in modo disorganico
e non pianificato.
2. Le istituzioni pubbliche che hanno sistematicamente aggiunto uno strato tecnologico sia per gestire
i processi interni sia quelli di rapporto con utenti ma senza reingegnerizzare i processi produttivi o le
caratteristiche dei servizi.
3. Le istituzioni pubbliche che hanno sistematicamente utilizzato le ICT a tutti i livelli.

20.3 L’innovazione delle città e dei territori: le smart city


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La diffusione sempre più capillare di nuove tecnologie associata alle importanti trasformazioni economico-
sociali, hanno determinato un mutamento non solo nelle relazioni tra istituzioni pubbliche e cittadini, ma
anche nell’interazione tra istituzioni stesse ed il loro contesto di riferimento, portando al cambiamento del
concetto di modello di sviluppo urbano. Le città sono divenute il motore dell’economia.
Le città esercitano un ruolo fondamentale nell’attuazione degli obiettivi strategici delle politiche pubbliche
territoriali il cui fine ultimo è garantire migliori condizioni qualitative della vita urbana.

20.4 Definizione di smart city


La letteratura ha proposto numerose definizioni, differenziate a seconda della prospettiva degli autori.
Alcune definizioni si focalizzano prevalentemente sulla componente tecnologica come connessione tra i
servizi al cittadino. Secondo Washburn e Sindhu “l’uso di ICT di sistema costituisce il sub-strato
infrastrutturale e di servizio di una città più intelligente, interconnessa ed efficiente.”
Una prospettiva più ampia e con un forte orientamento allo sviluppo sostenibile e all’uguaglianza distributiva
viene proposta da altri autori: Una smart city deve essere dotata di infrastrutture di connessione in grado di
aumentare l’efficienza economica, politica e di garantire uno sviluppo urbano, sociale e culturale (Holland).
Forte attenzione deve essere data all’inclusione e all’importanza del ruolo del capitale relazionale e sociale
nello sviluppo urbano.
Un terzo filone assegna grande rilevanza ai processi di coordinamento tra gli stakeholder e di interoperabilità
tra i sistemi. Risultano fondamentali l’interoperabilità di settori di policy della città e la necessaria accessibilità
delle informazioni da parte degli utenti.
Un quarto approccio evidenzia come il focus principale delle smart city sia in ultima istanza il vivere del
cittadino. Qui ci si focalizza sull’importanza del benessere e qualità della vita. Secondo la Commissione
Europea “le città intelligenti combinano diverse tipologie per ridurre l’impatto ambientale e offrire ai cittadini
una vita migliore”.
Rendere una città intelligente è quindi un percorso multidisciplinare, in cui assume notevole importanza il
contemperamento dei diversi ambiti di interesse.

20.5 Le caratteristiche di una smart city


Basandosi sul lavoro dell’European Smart City Project, le smart city presentano sei caratteristiche
fondamentali:
• Smart governance;
• Smart and sharing economy;
• Smart mobility;
• Smart environment;
• Smart people;
• Smart living;
• I diversi livelli di infrastrutture tecnologiche e l'internet of things.

20.5.1 Smart governance


Con Smart Governance si intende dare un approccio più partecipato al policy making e alla gestione della
città. L’obiettivo è duplice: da un lato rendere i cittadini più consapevoli e coinvolti nella pianificazione urbana;
dall’altro coordinare il più possibile le istituzioni pubbliche con le varie forme organizzate in modo da
promuovere la visione di una città funzionante come un unico organismo integrato.
Lo strumento principale è lo sviluppo di una piattaforma ICT diffusa e integrata, capace di agire come una
rete di comunicazione e coordinamento tra cittadini, settore pubblico e privato. Tutto ciò è funzionale alla
definizione congiunta degli obiettivi ritenuti di interesse pubblico.

20.5.2 Smart and sharing economy


Per Smart Economy si intende lo scambio fisico e virtuale di beni, servizi e conoscenza (es: e-commerce). A
questo proposito risultano rilevanti, per le IP, i modelli di Sharing Economy, ovvero la condivisione tra più
consumatori di uno stesso asset, per massimizzarne la saturazione e ridurne la capacità produttiva inutilizzata.
Si passa quindi dal modello del consumo basato sull’acquisto e la proprietà al consumo basato sul solo
utilizzo, esclusivamente quando un bene davvero serve (es: Car sharing).

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Per il consumatore i benefici sono notevoli, in quanto paga solo il tempo di utilizzo e non si occupa della
manutenzione/assicurazione. Allo stesso modo vi sono vantaggi per le IP, ovvero la diminuzione
dell’inquinamento, del consumo del suolo e della circolazione di asset vecchi e pericolosi. È inoltre più
semplice incentivare imprese verso opzioni più sostenibili (macchine elettriche) ed una sensibilizzazione alla
cultura della condivisione.

20.5.3 Smart mobility


La Smart Mobility è lo sviluppo di un sistema logistico e di trasporto integrato basato principalmente sul
supporto garantito dalle ICT. Si promuove un sistema di trasporto più sicuro, sostenibile e articolato in
trasporti basato su mezzi pubblici, piste ciclabili e percorsi pedestri avendo come priorità l’utilizzo di mezzi
non inquinanti.

20.5.4 Smart environment


L’approccio Smart Environment si basa su energie intelligenti con fonti rinnovabili; misurazione e
monitoraggio dell’inquinamento; riqualificazione di edifici; diffusione di green builings. Tutto ciò è garantito
dall’impiego delle ICT.

20.5.5 Smart people


Ci si riferisce alla capacità del capitale umano presente nelle città di sviluppare una conoscenza e modo di
agire coerente con gli obiettivi di sostenibilità, qualità diffusa e sviluppo equo. Si raggiunge questo obiettivo
tramite la diffusione dell’utilizzo delle ICT e la condivisione dei bigdata.

20.5.6 Smart living


Con Smart Living si intende lo sviluppo di uno stile di vita sano e sicuro in una città stimolante a livello culturale
e sociale, grazie alla presenza di possibilità di fruizione culturale, sportiva e ambientale. Le tecnologie
permettono di monitorare sistematicamente l’offerta culturale e sportiva e di renderla accessibile, anche
analizzando i gap di offerta o gli strati sociali poco coinvolti.

20.5.7 I diversi livelli di infrastrutture tecnologiche e l'internet of things


Le tecnologie bridging, che permettono la connessione tra le reti di infrastrutture, tra reti infrastrutturali e
singoli servizi o business e tra servizi e utenti sono decisive per la creazione di un ecosistema integrato e
navigabile.
La progettazione e la creazione di queste infrastrutture informative di connessione sono alla base dello
sviluppo delle smart city.
La capacità di visione di questo percorso di crescita progressivo è una delle leve principali che spiegano la
rapidità o lentezza dello sviluppo smart delle città. In particolare, risultano decisivi due elementi tecnologici
fondamentali:
• Il substrato informatico di connessione tra tutte le reti di infrastrutture edi servizi;
• L’internet of things: Qualunque dispositivo elettronico equipaggiato con unsoftware che gli permetta
di scambiare dati con altri oggetti connessi.
IoT permette di raccogliere informazioni di un singolo utente o asset, mentre il substrato tecnologico
sottostante garantisce la circolazione di queste informazioni. L’obiettivo è quello di creare un sistema
integrato, che porti a un valore aggiunto complessivo. La capacità pianificatrice delle istituzioni pubbliche
(capitale istituzionale) e la capacità di interagire con gli stakeholder (capitale sociale) sono decisive.

CAPITOLO 13 – LE RELAZIONI TRA ISTITUZIONI PUBBLICHE


13.1 Le interdipendenze strutturali fra le istituzioni pubbliche
I singoli territori e le variabili socioeconomiche e ambientali sono tra loro interdipendenti. Territori confinanti
hanno solitamente flussi di mobilità per lavoro, per i trasporti, per l’accesso ai servizi che determinano
l’interdipendenza l’uno dell’altro. L’esistenza delle interdipendenze tra territori genera reciproche esternalità
negative e positive. Anche i processi culturali e politici possono generare interdipendenze reciproche o
modificare quelle già esistenti. La globalizzazione facilita la mobilità delle persone, delle informazioni e delle

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merci ed intensifica le interdipendenze tra i territori. Gli interessi pubblici che la singola istituzione cerca di
promuovere sono profondamente influenzati da ciò che avviene in altri territori (interdipendenza orizzontale)
e da altri livelli di governo (interdipendenza verticale). Visto che queste interdipendenze sono strutturali e
quindi non sono eliminabili tramite atti normativi, è necessario governarle rapportandosi sia orizzontalmente
con istituzioni simili appartenenti a territori limitrofi (es. accordi tra Stati) o con istituzioni di pari livello di
governo ma con competenze complementari (es. accordi tra i comuni e le ASL) sia verticalmente con
istituzioni che rappresentano un livello di governo diverso (es. regioni che interagiscono con l’UE o con i
comuni).
L’attuale processo di evoluzione dei sistemi pubblici aumenta il numero delle istituzioni con cui è rilevante
coordinarsi. Infatti, da un lato vi sono forti spinte al decentramento a favore di enti intermedi (regioni e aree
metropolitane) ed enti locali, mentre dall’altro vi è lo sviluppo di aziende pubbliche specializzate. Questo
impone la necessità di sviluppare competenze di coordinamento interistituzionale efficaci sia a livello di
singolo ente sia a livello di sistema al fine di riuscire a promuovere lo sviluppo socio-economico complessivo.
Per questo vi è un aumento e un rafforzamento dei corpi sociali intermedi (imprese, massmedia, associazioni)
che frammentano il potere d’influenza sulle variabili socio-economiche rilevanti, non più prevalentemente
controllabili da una singola istituzione pubblica né dai singoli stati.

13.2 Riconoscere e organizzare le interdipendenze per creare valore: la nascita


e la gestione delle reti
Le interdipendenze tra istituzioni pubbliche sono strutturali e non eliminabili, ma se vengono organizzate e
gestite possono creare valore nell’indirizzare le strategie, gli obiettivi e le attività operative verso il comune
scopo di risposta al fabbisogno pubblico. Al contrario se lasciate a dinamiche spontanee e non coordinate
possono distruggere valore. L’organizzazione e il governo delle interdipendenze contribuiscono alla
costruzione di reti di pubblico interesse, la quale può essere definita come un insieme d’istituti giuridicamente
autonomi, pubblici e privati, con distinti soggetti economici, caratterizzati da interdipendenze organizzate
con la finalità di creare valore di sistema distribuito tra i diversi nodi. Gli elementi distintivi della rete sono:
• La presenza di una pluralità di istituti pubblici o privati giuridicamente autonomi, ognuno dei quali
dotato di potere decisionale nell’interesse della sua attività economica (soggetto economico). Se i
nodi, ossia i partecipanti alla rete, sono solo giuridicamente autonomi siamo in presenza di un gruppo
pubblico.
• L’interdipendenza tra i nodi.
• Le interdipendenze devono essere organizzate. L’organizzazione può essere formale, ossia basata
su sistemi strutturati che utilizzano espliciti strumenti di pianificazione e coordinamento di rete, oppure
informale, cioèbasata su un’implicita condivisione sociale e culturale. Le reti informali si basano sulla
fiducia reciproca, sulla reputazione dei soggetti coinvolti e sulla legittimità.
• La capacità di distribuire equamente tra i nodi il valore aggiuntogenerato. L’equità riguarda l’equilibrio
tra contributi e ricompense che ogni nodo scambia con la rete. L’equità non è una dimensione
oggettiva, ma soggettiva, pertanto viene valutata in base ai rapporti socio-economici esistenti.

Gli elementi critici nella costruzione e gestione delle reti sono:


• Le reti nascono se i nodi sono in grado di leggere e interpretare le interdipendenze, comprendendo
il vantaggio dell’organizzarle e il danno individuale e di sistema insito nell’assenza di
coordinamento.
• Le reti perdurano se i nodi distribuiscono equamente il valore aggiunto generato dalla rete,
garantendo ai singoli nodi una sostanziale equità percepita tra contributi e ricompense scambiate
con la rete.

Le istituzioni pubbliche sono naturali creatrici e promotrici delle reti in quanto:


• Hanno il compito di tutelare l’interesse pubblico, il che è più facile facendo ricorso alle
interdipendenze fra i soggetti per risolvere problematiche comuni;
• Hanno strutturalmente una prospettiva di lungo periodo, coerente alle complessità insite nella
creazione di reti;
• Dispongono di sufficienti risorse per incentivare altri partner a partecipareal coordinamento della
rete.

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È importante sottolineare che solitamente ogni singola istituzione pubblica partecipa a molteplici reti,
all’interno delle quali esercita ruoli diversi:
• Promotore e gestore primario della rete;
• Partecipante alla rete in condizioni paritetiche rispetto agli altri soggetti(nodo);
• Ostacolatore attivo o passivo.

13.3 La cessione di prerogative di governo e ilcapitale sociale


Per organizzare le interdipendenze e far nascere una rete occorre che i singoli nodi cedano alcune
prerogative di governo a una meta-organizzazione, ossia a un’organizzazione sovraordinata creata ad hoc
dai partner. La nascita di tale organizzazione comporta quindi per i nodi aderenti la rinuncia ad alcuni gradi
di autonomia e di potere. La cultura di rete non è necessariamente frutto di opzioni ideali o valoriali, ma può
risiedere nella consapevolezza razionale dei vantaggi della collaborazione strategica.
Un driver importante per la cessione di prerogative di governo e per il funzionamento delle reti è il capitale
sociale, definito come esistenza di legami di fiducia e norme di reciprocità che facilitano l’interazione sociale.
il capitale sociale innesca un circolo virtuoso, in quanto più è alto più intense e numerose sono le esperienze
di collaborazione positive. Il capitale sociale è quindi il frutto della storia sociale ed istituzionale di un territorio
e può essere modificato solo molto lentamente nel tempo. Per questo motivo esso è presente in misura molto
differenziata nei diversi territori, sia a livello internazionale, sia nazionale, sia locale. La cessione di prerogative
di governo alla rete non è però totale. I singoli nodi recuperano infatti parte delle prerogative di governo
cedute in quanto partecipano al governo della meta-organizzazione. Le prerogative di governo passano così
da una logica della singola istituzione a quella del sistema. Questa prospettiva sistemica deve sopportare
l’equa distribuzione del valore aggiunto creato. È difficile adottare un sistema di distribuzione equo tra
istituzioni e territori, ma solamente un criterio di distribuzione del valore condiviso può assicurare la credibilità
della rete stessa.

13.4 Le tipologie di reti d’interesse pubblico


Per classificare le reti di pubblico interesse è significativo utilizzare una pluralitàdi variabili d’indagine:
• La natura e i fini istituzionali dei diversi soggetti coinvolti: le istituzioni partecipanti a un network
d’interesse pubblico possono appartenere a classi diverse: possono essere istituzioni pubbliche
locali, nazionali o internazionali, oppure aziende profit o non-profit. Ciascuna di esse avrà diversi fini
istituzionali.
• La numerosità e la frammentazione delle istituzioni coinvolte: la numerosità e la frammentazione degli
attori coinvolti nella rete determinano la quantità di relazioni necessarie per generare un
orientamento condiviso e i costi e la difficoltà di governo complessivo del network. Una possibile
soluzione che semplifica e facilita la governance è la costituzione di meccanismi di rappresentanza
unitaria per tipologia di attori.
• L’intensità delle prerogative di governo esercitabili dalle istituzioni pubbliche: è molto differenziata:
le prerogative di governo possono essere gerarchiche e sovraordinate, costituendo il soggetto
economico unitaria di riferimento; oppure possono svolgere un ruolo rilevante d’indirizzo e di
coordinamento perché dispongono di una quota considerevole delle risorse del settore o perché
sono dotate di poteri di regolamentazione e/o pianificazione infrastrutturale; infine ci sono reti in cui le
istituzioni pubbliche rappresentano un nodo con poteri pari a quellidi tutti gli altri attori del network.
• I contenuti degli scambi fra i nodi e il loro livello d’interdipendenza: l’oggetto dello scambio di rete
può essere di tipofinanziario in cambio di prestazione, di coordinamento e di condivisione diobiettivi,
di integrazione operativa, di interscambio di professioni e know- how, di confronto culturale ed
elaborazione di visioni condivise.
• Il capitale sociale e la storia delle reti: la storia dei territori e quindi il capitale sociale accumulato,
influenza la potenzialità dei territoristessi di produrre forme di coordinamento.

Quadro sinottico di classificazione delle reti d’interesse pubblico

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Livello di complessità Alta Media Bassa
della connsessione
Variabili di classificazione

Natura e fini dei nodi Entrambi sono Natura eterogenea/ fini Entrambi sono
della rete eterogenei omogenei omogenei

Numerosità dei nodi Elevata Elevata, con Scarsa


meccanismi di
rappresentanza unitari
Prerogative di governo Potere di indirizzo Potere d’indirizzo e Potere gerarchico
esercitabili dalla PA in funzione del coordinamento sovraordinato
livello di
autorevolezza
Numerosità degli scambi; Entrambi modesti Numerosità elevata, Entrambi elevati
livelli di interdipendenza interdipendenza
modesta
Capitale sociale Scarso In sviluppo Ricco
storicamente
accumulato

Spesso nelle relazioni di pubblico interesse non vi possono essere precise gerarchie tra i nodi perché ogni
istituzione rappresenta un interesse legittimo,ossia ognuno è dotato di poteri specifici su un segmento del
processo di tutela degli interessi collettivi. Su una singola decisione possono quindi intervenire due o più
istituzioni, con distinti poteri su aspetti decisivi ma parziali. La meta- organizzazione non dispone di un
meccanismo diretto di regolazionedemocratica, cioè non vi sono organi elettivi-rappresentativi superiori a
cui appellarsi in caso di conflitti. Diviene quindi indispensabile una forte cultura della concertazione
interistituzionale, ossia l’abitudine a coordinarsi tra istituzioni (modello Renano), pena l’impossibilità di
coordinare le interdipendenze.

13.5 Strumenti di connessione nelle reti pubbliche:governance e processi


decisionali
Affinché i nodi cedano le prerogative di governo e siano leali nelle decisioni, è necessario che la meta-
organizzazione sia autorevole e competente, cioè che sia dotata di sufficienti risorse, conoscenze e
strumenti. È necessaria anche un’efficace tecnostruttura di supporto che agevoli sia i processi decisionali sia
quelli operativi. Si sono sviluppati diversi strumenti di coordinamento interistituzionale:
• Accordi politico istituzionali: possono essere informali (basati su accordi tra i rappresentanti degli
organi di governo) o formali (basati su configurazioni giuridiche come quadri di accordi o protocolli
d’intesa).
• Strutture di coordinamento istituzionale: si costituiscono comitati, conferenze permanenti o cabine
di regia tra rappresentati degli organi di governo delle istituzioni della rete. Hanno regole decisionali
e difunzionamento determinate e seguono cronoprogrammi di lavoro.
• Tecnostrutture interistituzionali di supporto decisionale: si crea una nuova unità organizzativa
specializzata che è espressione di tutti i nodi della rete. La nuova struttura opera come vera e propria
tecnostruttura di rete per l’analisi e la preparazione delle decisioni.
• Integrazione di servizi: le unità organizzative delle singole istituzioni partner si coordinano
operativamente o attraverso équipe professionali miste, o attraverso produzione di servizi o
attraverso la scelta di un fornitore.
• Imprese interistituzionali per l’erogazione congiunta di servizi: si costituisce un nuovo soggetto
controllato da tutti i nodi della rete, il quale opera contestualmente da tecnostruttura per il supporto
decisionale della rete e da unità di produzione.

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• Fusione tra istituzioni: si eliminano le barriere giuridiche ed operative, costituendo una nuova
istituzione pubblica unitaria che opera su scala più vasta.

CAPITOLO 14 – LE RELAZIONI TRA ISTITUZIONIPUBBLICHE E


AZIENDE PARTECIPATE
14.1 Agenzie, aziende e imprese pubbliche
Le istituzioni pubbliche sono organizzazioni autonome con compiti, natura giuridica e modelli di
finanziamento differenti, con il fine di esercitare alcune funzioni proprie delle istituzioni pubbliche in modo
focalizzato e specializzato. Tali organizzazioni possono essereclassificate in tre categorie:
1. Agenzie: sono istituzioni/unità tecnico-operative che vengono costituite per svolgere specifici
compiti di regolazione, pianificazione, indirizzo, controllo o ispezione in sinergia con l’ente territoriale
di riferimento. Esse non sono quindi dotate di personalità giuridica propria, ma godono di autonomia
funzionale dall’ente di riferimento, da cui vengono finanziate in base alla stima del loro fabbisogno
finanziario, ovvero la stima del valore degli input che dovranno utilizzare svolgendo le loro attività. Un
esempio di agenzia pubblica è rappresentato dall’Agenzia delle entrate, soggetta alla regia del
ministero dell’Economia e delle finanze. Una particolare categoria di agenzie è rappresentata dalle
authority, che godono solitamente di una maggior autonomia istituzionale al fine di garantire la loro
imparzialità e indipendenza dagli enti territoriali ed hanno compiti esclusivi di regolazione e controllo
di un settore dell’economia come l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).
2. Aziende pubbliche: sono istituzioni o unità autonome dotate di autonomia giuridica che erogano
servizi pubblici finanziati prevalentemente da un ente sovraordinato. L’azienda è autonoma nel
decidere come produrre e quali fattori produttivi acquisire, tuttavia, gran parte delle risorse è fornita
dall’ente pubblico proprietario, che definisce cosa l’azienda debba produrre. I meccanismi di
finanziamento possono basarsi:
o sulla committenza diretta dell’ente di riferimento, che indirizza l’azienda verso cosa produrre
e sugli standard del prodotto/servizio (è il caso di Trenitalia che viene finanziata dalle
Regioni).
o sui volumi di output prodotti e domandati dagli utenti, se le aziende operano in sistemi di
monopolio o di public competition, ovvero in competizione con altre aziende pubbliche e
private, ma finanziate da un ente terzo pagante sovraordinato (è il caso delle aziende
ospedaliere, il finanziamento deriva maggiormente dalle regioni ed è correlato al numero e
alla tipologia dei pazienti che scelgono quella struttura piuttosto che un’altra).
3. Imprese pubbliche: istituti giuridicamente ed economicamente autonomi che operano sul mercato
contemperando obiettivi di impresa, operando in regime di scambi tipici di mercato, con un forte
orientamento agli interessi pubblici (per esempio ENI, Poste Italiane o altre imprese di servizi pubblici
locali). Storicamente molte imprese pubbliche operavano in regime di monopolio, tale situazione è
stata progressivamente superata in primis con l’evoluzione del dibattito culturale rispetto alla natura
e alla regolazione dei settori (in particolare con l’avvento del New Public Management), ma anche per
effetto di nuove tecnologie che hanno consentito di organizzare in modo competitivo settori che
precedentemente si configuravano come monopoli naturali (per esempio telefonia o distribuzione
di metano).

Nel decidere se costituire un’agenzia, un’azienda o un’impresa pubblica si devono combinare


coerentemente il grado di autonomia rispetto all’ente controllante e il modello di finanziamento. Le
combinazioni più frequenti sonoschematizzate nella seguente tabella:

Finanziamento Per funzioni Quasi mercato Scambi tipici di


Livello di autonomia (input) (output) mercato

Funzionale Agenzie
Organizzativa e Aziende pubbliche
gestionale
Strategica Imprese pubbliche

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La scelta di costituire un’unità organizzativa autonoma dipende inoltre dalle specifiche finalità che
l’istituzione pubblica intende perseguire tramite la nuova organizzazione. Nel caso di agenzie e aziende
pubbliche gli obiettivi che solitamente si vuole soddisfare sono i seguenti:
• Specializzare e focalizzare un’unità organizzativa su una funzione specifica dando una risposta
all’elevata eterogeneità dei prodotti/servizi e la conseguente difficile focalizzazione organizzativa (es.
Aree Expo);
• Rafforzare l’autonomia istituzionale costituendo un soggetto politicamente più indipendente (es.
Agenzia europea per l’ambiente, RAI);
• Rafforzare l’autonomia gestionale, ovvero la capacità di organizzare e gestire in maniera economica
la propria attività (es. la Fondazione La Scala di Milano);
• Creare un soggetto che operi in rete con altre istituzioni pubbliche per beneficiare di migliori
economie di scala o di integrazione (es. legge Galli prevede che il ciclo integrato dell’acqua avvenga
almeno su base provinciale, fungendo da ponte di comunicazione ed interazione tra i comuni);
• Costituire partnership con soggetti privati per acquisire know-how o finanziamenti (es. ANAS che
entra nel gruppo di Ferrovie dello Stato);
• Rendere più agevole il processo di cambiamento organizzativo (change management). Uno shock
istituzionale può favorire i processi di rinnovo dei dirigenti o delle configurazioni organizzative e
l’introduzione o lo sviluppo di sistemi manageriali utili per guidare l’organizzazione verso la crescita
dell’efficienza e dell’efficacia istituzionali.

Nel caso di costituzione di imprese pubbliche o di trasformazione di agenzie o aziende in imprese pubbliche,
le finalità che di norma si perseguono sono:
• Gestione dei monopoli naturali (es. settore energetico in Russia o nei paesi arabi);
• Intervento in settori o imprese in crisi (es. nazionalizzazione di alcune banche americane ed europee,
per evitare il fallimento, dopo la crisi del 2008);
• Promozione dello sviluppo socio-economico (es. finanziarie regionali di sviluppo);
• Presidio dei settori strategici per l’interesse pubblico (es. imprese aereospaziali);
• Creazione delle premesse per operazioni di privatizzazione (es. Telecom Italia).

A seconda delle finalità cambia naturalmente la mission delle aziende, agenzie ed imprese pubbliche ovvero
la tipologia di attività distintive che le caratterizza. Troviamo agenzie che hanno come mission principale la
concertazione istituzionale (es. le istituzioni che compongono l’ONU), altre svolgono compiti di regolazione,
ispezione e controllo (es. ISPRAàIstituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Oppure
troviamo agenzie che si distinguono per la programmazione e la gestione della committenza nei confronti
dei produttori (es. ATO – Ambiti Territoriali Ottimali – che svolgono attività di committenza per il ciclo integrato
dell’acqua) ed infine esistono molte aziende pubbliche che erogano servizi ai cittadini oppure ad altri soggetti
(es. ATMàAzienda Trasporti Milanesi, che eroga trasporto pubblico).

14.2 I gruppi pubblici


Il gruppo pubblico è un insieme di agenzie/aziende/imprese autonome con un unico soggetto economico
pubblico di riferimento, che è la capogruppo. Le forme giuridiche, la natura e i gradi di autonomie delle
singole controllate possono differire all’interno di uno stesso gruppo pubblico, persino la partecipazione
stessa della capogruppo alle singole organizzazioni può essere di maggioranza o di minoranza in relazione
alle caratteristiche del settore. La varietà delle soluzioni adottabili dalla capogruppo consente di rispondere
alla complessità e all’eterogeneità delle diverse funzioni pubbliche. Un altro tema importante riguarda la
progettazione dei confini del gruppo pubblico, cioè la decisione di quante e quali aziende/agenzie/imprese
istituire, con quale missione, con quale grado diautonomia ed infine con quale modello di governance e di
organizzazione. Nella progettazione dei confini e della missione del gruppo pubblico, le principali variabili
da considerare sono:
• Il numero di aziende controllate che si intende costituire;
• I partner pubblici e privati da coinvolgere;
• Il mix delle funzioni da assegnare.

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Partendo dall’analisi del primo punto, l’agenzia/azienda/impresa pubblica può essere concepita come mono-
istituzionale, cioè dipendente da un unico ente per cui eroga servizi, oppure interistituzionale, cioè destinata
a comprendere nelle proprie attività una pluralità di attori. La presenza di attori diversi nel gruppo pubblico
comporta diversi vantaggi. In primis, consente alle singole istituzioni di operare su bacini territoriali ampi,
perseguendo economie di scala, maggiore specializzazione e, in ultima analisi, una riduzione dei costi della
frammentazione istituzionali senza l’imposizione di complessi processi di aggregazione
istituzionaleàfavorendo quindi l’integrazione orizzontale ed evitando la fusione delle istituzioni, pensiamo
all’ATO (Ambito Territoriale Ottimale). La pluralità dei partner pubblici può garantire anche l’integrazione dei
processi laddove essi siano frammentati tra i vari livelli di governo (integrazione verticaleàtrasporto
pendolari gestito dalle regioni, mentre quello nazionale dallo Stato) o tra i settori pubblici (integrazione
intersettorialeàstrutture socio-sanitarie per anziani dove risorse e compiti sono assegnati sia dai comuni che
dalle ASL). Un’ulteriore dimensione da valutare nella scelta dei partner è la natura giuridica dei medesimi. Tale
scelta è esemplificata all’interno del seguente schema:

Passando infine alla scelta del portafoglio di funzioni da assegnare all’azienda, occorre quindi valutare se
conviene configurare un’azienda mono-funzionale oppure un’azienda pluri-funzionale, con compiti e
missioni eterogenei tra loro. Questa scelta è correlata alle dimensioni del bacino d’utenza: in presenza di un
ente territoriale di notevoli dimensioni potrebbe essere utile costruire un’azienda monofunzionale. In
presenza, invece, di un bacino di utenza limitato, per l’esiguità delle dimensioni geografiche e per
l’impossibilità di costruire le necessarie alleanze, potrebbe essere utile istituire un’azienda pluriservizio. La
natura monofunzionale o plurifunzionale delle aziende influenza la terza dimensione, ovvero il numero di
aziende presenti nel gruppo pubblico, aumentando nel primo caso (tante aziende monofunzionali) e
diminuendo nel secondo.

14.3 Il governo del gruppo pubblico


L’istituzione pubblica “capogruppo” indirizza e controlla le proprie agenzie, aziende o imprese esercitando
una funzione di governo unitaria e complessiva, che si compone di tre distinte funzioni principali che operano
contemporaneamente:
1. La funzione di regolazione è esercitata solo dallo Stato o dalle regioni, qualora ricoprano il ruolo di
capogruppo, e riguarda il grado di liberalizzazione/competizione del settore in cui opera il gruppo
pubblico e la natura delle attività da esso svolte;
2. La funzione di gestione della proprietà (esercitata tramite la verifica dell’equilibrio di bilancio)
consiste nel governare gli asset, assicurandosi che lo stato patrimoniale del gruppo pubblico sia
costante o crescente nel tempo;
3. La funzione di committenza dei servizi, in cui la capogruppo si colloca verso le controllate come
cliente “terzo pagante”, definendo il mix di e la quantità di servizi, imponendo obiettivi e standard di
erogazione, negoziandoil finanziamento pubblico per gli output prodotti.

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Le funzioni di gestione della proprietà e di committenza dei servizi sono in parte in conflitto tra loro: la
capogruppo, infatti, come proprietaria cerca di massimizzare il rendimento finanziario e patrimoniale del
gruppo (bassi costi e alti ricavi), come committente verso le altre aziende del gruppo cerca di massimizzare i
benefici per i cittadini e minimizzare il loro esborso. Entrambe le dimensioni di governo sono necessarie: non
si può rinunciare all’equilibrio economico e alla valorizzazione degli asset (presidiati dalla funzione di
proprietà) né alla massimizzazione del beneficio sociale a fronte delle risorse collettive (controllate dalla
funzione di committenza). La struttura di governance del gruppo pubblico deve, pertanto, favorire l’esercizio
contestuale ed equilibrato di entrambe le funzioni di governo da parte della capogruppo. Purtroppo, questi
equilibri dei sistemi di governo dei gruppi pubblici sono molto difficili da costruire e mantenere.
Empiricamente si osserva che in momenti di crisi della finanza pubblica si tende a privilegiare solo la funzione
di proprietà per salvaguardare efficienza e risparmi di spesa, rischiando di diminuire la qualità dei servizi e
quindi la stessa legittimità ad un prelievo di maggiori risorse. Viceversa, in periodi di disponibilità di risorse
pubbliche, si osserva la tendenza a enfatizzare la funzione di committenza, perché l’attenzione principale
ricade sul tema dello sviluppo di nuovi ed ulteriori servizi efficaci ed inclusivi. La possibilità di costruire una
situazione di equilibrio tra le due funzioni si determina quando si distribuiscono gli obiettivi e le responsabilità
delle due funzioni a unità organizzative distinte all’interno della capogruppo stessa, facendo attenzione a
dare pari rilevanza e strumenti con pari forza di incentivazione alle due unità controllanti. Di norma, la funzione
di proprietà è collocata nell’ente territoriale unitariamente e a livello centrale, tipicamente nella direzione
generale o economico-finanziaria. Al contrario, ma sempre nello stesso ente territoriale, la funzione di
committenza è una competenza dispersa attribuita ai singoli settori. Nell’attuale fase evolutiva delle istituzioni
pubbliche si osserva una grossa enfasi sul tema della costituzione e concentrazione delle aziende e dei
gruppi pubblici, che porta a trascurare la fase di controllo delle aziende pubbliche, cioè quella del governo
da parte dell’ente capogruppo. Ciò comporta l’indebolimento dello sviluppo e dell’utilizzo sia degli strumenti
di proprietà che di quelli di committenza da parte della capogruppo. Altre volte, invece, si registra un focus
eccessivo sulla funzione di proprietà che si spiega alla luce di diverse motivazioni:
• Gli obiettivi della committenza sono spesso politicamente controversi e socialmente sensibili,
pertanto spesso restano impliciti o indicati in termini generici, di difficile identificazione. Se tali
obiettivi fossero discussi pubblicamente, infatti, le categorie sfavorite esprimerebbero subito la loro
voice contraria per volgere il dibattito pubblico a loro favore. Tutto ciò rende difficile esplicitare in
modo profondo la funzione di committenza, rendendo i suoi obiettivi difficili da identificare;
• Quando identificati, gli obiettivi della funzione di committenza (output e outcome sociali) restano
difficili da misurare rispetto a quelli di proprietà (equilibrio di bilancio, valore degli asset);
• La funzione di proprietà è più facile da organizzare in quanto è possibile concentrare le competenze
gestionali disponibili nell’ente territoriale. La funzione di committenza, all’opposto, è inevitabilmente
dispersa tra i vari settori e quindi più complessa da coordinare, anche perché ogni singolo settore
necessita si specifici sistemi informativi e competenze di analisi.

La debolezza della funzione di governo dell’ente controllante rappresenta un elemento di criticità per la
difesa degli interessi collettivi in quanto non solo determina un’insufficiente programmazione e controllo
degli obiettivi sociali delle aziende pubbliche, ma rende inoltre potenzialmente infruttuosa la costituzione di
aziende o agenzie pubbliche che altrimenti potrebbe essere portatrice di significativi benefici.

14.4 Gli strumenti di governo del gruppo pubblico


Le funzioni di regolazione, proprietà e committenza utilizzano strumenti di governo specifici e distinti. La
funzione di regolazione in particolare utilizza:
• Leggi;
• Regolamenti attuativi;
• Direttive;
• Linee guida.

La funzione di gestione della proprietà fa invece ricorso ai seguenti strumenti:


• Definizione dei confini e della composizione del gruppo pubblico, attraverso la costituzione e la
trasformazione degli assetti istituzionali e delle missioni delle singole controllate;

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• Approvazione degli statuti e dei regolamenti delle aziende, definendo il ruolo, la numerosità, i poteri e
la composizione degli organi;
• Selezione e nomina dei membri degli organi di governo e del management;
• Controllo economico-finanziario preventivo, durante gli esercizi e consuntivo;
• Controllo del valore patrimoniale, soprattutto in caso di società di capitale quotate in borsa.

Nell’esercizio della funzione di proprietà emergono numerose criticità, spiegabili con la complessità insita nel
disegno dell’architettura di un gruppo pubblico. Spesso le determinanti della nascita di
un’agenzia/azienda/impresa pubblica sono condizionate da emergenze o contingenze politicamente
sensibili a cui si risponde con la creazione di un soggetto ad hoc. La sommatoria di molteplici trasformazioni
istituzionali non sempre garantisce lo sviluppo di un gruppo pubblico razionale e sinergico. Inoltre, la nomina
dei membri degli organi di governo delle controllate pubbliche, in genere attribuita formalmente alle
competenze dell’organo di governo dell’ente controllante, richiede la ricerca di un difficile equilibrio tra
rappresentatività politico-istituzionale e professionalità dei candidati. La funzione di committenza dei servizi,
invece, si articola nei seguenti strumenti di governo:
• Conferimento pluriennale del mandato per l’esercizio del servizio e sua regolamentazione. Si utilizza:
lo strumento del conferimento di funzione in caso di servizi che prevedono trasferimenti finanziari
diretti da parte del committente pubblico; lo strumento della concessione di pubblico servizio in caso
di servizi auto remunerativi in cui il committente pubblico regola le tariffee gli standard attesi di servizio;
• Negoziazione e controllo del contratto di servizio, che stabilisce gli output e il mix di utenti atteso e i
correlati finanziamenti/eventuali tariffe;
• Concertazione con l’erogatore della carta dei servizi che definisce gli standardper gli utenti;
• Gestione dei trasferimenti/finanziamenti per i servizi resi con eventuali incentivi e disincentivi in base
ai risultati raggiunti;
• Monitoraggio del livello di soddisfazione degli utenti, che può essere correlato al sistema premiante per
il produttore.

Le principali criticità di tali strumenti derivano dal fatto che quasi tutte le informazioni necessarie per il
controllo sono prodotte e detenute dall’azienda erogatrice del servizio stesso e non dal committente. Inoltre, è
sempre il produttore che detiene il necessario know-how per interpretare i dati e valutare la razionalità dei
propri assetti produttivi. A queste rilevanti criticità è possibile rispondere, almeno in parte, tramite diverse
soluzioni integrate:
• Attivare specifiche unità organizzative di committenza per singolo ambito di servizi, con staff dedicati,
specializzati in valutazione dei servizi pubblici;
• Fare in modo che i dati inviati al committente siano stati controllati e certificati attraverso l’attivazione
di procedure di garanzia o tramite soggetti esterni super partes;
• Mantenere un forte controllo pubblico sull’azienda di produzione attraverso la nomina di vertici
istituzionali e management la cui competenze sono ritenute adatte a garantire una gestione efficace
e l’attento presidio degli organi di governo aziendale;
• Collocare il monitoraggio della soddisfazione degli utenti presso i servizi del committente per
raccogliere informazioni esterne per verificare la corrispondenza con le informazioni fornite dal
produttore.

CAPITOLO 15 – LE RELAZIONI TRA LE ISTITUZIONI PUBBLICHE E LE


IMPRESE PRIVATE
15.1 Istituzioni pubbliche e imprese: una relazione bidirezionale
Esiste una relazione bidirezionale tra il sistema delle IP e il sistema delle imprese che determina circoli virtuosi
o viziosi che si autoalimentano.
Istituzioni pubbliche forti riescono a favore lo sviluppo economico attraverso una promozione diretta e
indiretta delle imprese. Il sostegno diretto è generato dalla disponibilità di infrastrutture economiche di base
necessarie alla crescita delle imprese. Il sostegno indiretto risiede nel contributo dell'IP alla presenza di
capitale istituzionale e capitale sociale di una collettività. Allo stesso modo, un sistema d'impresa forte,
sostenibile ed equilibrato, contribuisce allo sviluppo del sistema delle IP, sia per un maggiore afflusso di
tribuiti, ma anche perché contribuisce alla crescita sociale e culturale dei lavoratori, fornitori, dei clienti e del

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mercato in generale. In altri termini, i sistemi istituzionali si sostengono e rinforzano a vicenda, generando
meccanismi virtuosi di spill over sul rispetto delle norme sociali concordate tra i membri delle comunità.
Valgono anche relazioni negative inverse. Un sistema pubblico debole rallenta il sistema delle imprese,
divenendo un elemento di costo ambientale aggiuntivo. A loro volta imprese fragili, oltre a poter contribuire
debolmente sul piano fiscale, danno un contributo più modesto alla crescita di persone, mercati e reti di
produzione di valore, innestando circoli viziosi di insufficiente sviluppo sociale ed economico complessivo.
La crisi economico-finanziaria del 2008 ha confermato l'esistenza di questa rilevante relazione tra sistema
istituzionale pubblico e imprese. Nelle nazioni con più forti sistemi pubblici (Nord Europa), si è assistito a una
più rapida e incisiva capacità di reazione alle determinanti della crisi, recuperando più velocemente i tassi di
crescita e il tenore di consumi pre-crisi. Questa visione ispira l'intervento delle istituzioni internazionali nel
processo di nation building o nation restoring, il cui focus iniziale è la ricostruzione del sistema delle istituzioni
pubbliche senza il cui funzionamento nessuna rinascita sociale ed economica è possibile. Tutto ciò è un
processo molto complesso e tutt'altro che meccanico, perché significa rieducare le persone di una comunità
e tutti i loro meccanismi di rappresentanza alle regole di una istituzione.
Queste constatazioni offrono uno sguardo diverso sul dibattito dei rapporti tra "Stato e mercato" così come
tra "Stato e non-profit". La maggiore robustezza ed efficacia dell'uno rafforza l'altro: la relazione non è
necessariamente di trade-off, ma di sinergia reciproca.
In sintesi, le IP costituiscono un vettore imprescindibile di ogni sviluppo sociale ed economico di una
comunità, ma dipende dal capitale sociale disponibile, cioè dalla disponibilità a collaborare all'interno della
comunità, fidandosi reciprocamente, adottando norme redistributive e di regolazione condivise.

15.2 Funzione e servizi della PA a sostegno dello sviluppo economico


Il processo di globalizzazione dell'economia aumenta per le nazioni la pressione per la ricerca di più elevati
livelli di produttività di sistema. Diverse sono le azioni che le IP possono svolgere a sostegno dello sviluppo
economico locale e possono essere raggruppate in quattro filoni principali:
1. Erogazione di servizi reali alle imprese;
2. Erogazione di finanziamenti;
3. Formazione;
4. Networking.

I servizi reali alle imprese


I primi fondamentali servizi reali alle imprese sono le reti di trasporto e logistica infrastrutturali, le reti di
telecomunicazione e la disponibilità di aree industriali razionalmente inserite nella pianificazione urbanistica
generale. In seconda istanza il sistema di istruzione scolastica determina la qualità e quantità di competenze
culturali, sociali e professionali disponibili in un territorio. In terza istanza il sistema pubblico regola i processi
economici, protegge la proprietà privata e le innovazioni e arbitra nel sistema di giustizia i conflitti. Come
detto, il sistema delle imprese costruisce infrastrutture di trasporto e logistica, interagisce con il sistema
educativo, contribuisce alla regolarità e fluidità dell'attività economica.

I servizi reali a supporto dell'export


Con la progressiva integrazione dei mercati e lo sviluppo di accordi per il commercio internazionale le
politiche tradizionali di sostegno alle esportazioni sono diventate più difficoltose da attuare. Si è quindi
affermata la necessità di utilizzare soluzioni più vicine alle esigenze concrete delle imprese che operano sul
territorio promuovendo l'affermazione di condizioni operative adeguate alla loro attività (ex. semplificazione
delle procedure amministrative, aiuto a svolgere attività amministrative in altri paesi, facilitazione dell'accesso
ai capitali, messa a disposizione di conoscenze e know-how etc…). In Italia questi compiti sono svolti
principalmente da tre soggetti:
• ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane;
• SACE (Servizi Assicurativi del Commercio Estero): assiste le imprese esportatrici offrendo una serie di
prodotti assicurativi e finanziari che vanno dall'assicurazione crediti alla prestazione di garanzie a
sostegno degli investimenti;
• SIMEST (Società Italiana per le Imprese all'Estero): investe nel capitale sociale delle imprese
esportatrici con l'obiettivo di favorirne lo sviluppo.

I servizi reali di supporto alla creazione d'impresa

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La nascita e la creazione di nuove imprese è un processo tipico di qualsiasi economia di mercato, ma solo
alcune riescono a crescere e svilupparsi. Questa funzione di un sistema economico in linea in principio non
dovrebbe richiedere l'intervento del pubblico, che dovrebbe limitarsi a consentire la libera iniziativa degli
individui a fare impresa.
In anni recenti si è andata sempre più affermando la visione che l'imprenditorialità, in un contesto economico
in cui le forme organizzate di lavoro tradizionali si sono disgregate (de-industrializzazione, de-
materializzazione), vada stimolata perché le persone trovino nuove soluzioni di impiego. è emersa inoltre la
consapevolezza che esistono dei fallimenti di mercato nell'accesso ai capitali che impediscono la creazione
e lo sviluppo delle imprese, in particolar modo in settori più innovativi.

Sostegno e attrazione degli investimenti


Lo sviluppo economico può essere sostenuto per via esogena, attraverso l'attrazione di imprese e
investimenti esterni che possono innescare sul territorio di riferimento circoli virtuosi di crescita, oppure per
via endogena, sostenendo cioè la crescita e il successo delle attività economiche locali attraverso il sostegno
per l'apertura verso nuovi mercati.
L'attrazione degli investimenti ha come scopo fondamentale quello di favorire l'insediamento di nuove
imprese nel territorio di riferimento o la crescita di quelle esistenti, creando nuovi posti di lavoro diretti, ma
anche un indotto favorevole per lo sviluppo di nuove attività economiche collegate. Le attività tipiche per
l'attrazione degli investimenti possono essere suddivise in azioni di marketing conoscitivo e di marketing
operativo. Le prime consistono in analisi e ricerche volte a comprendere i bisogni e le richieste dei potenziali
investitori riguardando alla locazione delle loro attività traducendole in priorità da inserire nella
programmazione strategica del territorio. Il marketing operativo si qualifica invece nella promozione del
territorio presso potenziali investitori cercando di influenzare le loro decisioni di localizzazione delle attività
produttive. Tra i servizi di supporto che possono aumentare la "confidenza" delle imprese con nuovi mercati
e renderle sempre più proattive nelle scelte strategiche e operative ci sono essenzialmente due possibili linee
di intervento: l'accompagnamento alla scoperta di nuovi mercati e lo sviluppo di conoscenze e competenze
delle persone per approcciare, analizzare, selezionare e decidere le strategie di internazionalizzazione delle
imprese a cui appartengono.

I servizi finanziari
Alcune categorie di imprese, PMI o start-up, riscontrano delle difficoltà nell'accesso al credito, che vengono
superate con diversi strumenti pubblici.
Gli strumenti di finanza agevolata sono finalizzati a supportare lo sviluppo delle imprese. Essi possono essere
ricondotti a quattro tipologie:
1. Contribuiti a fondo perduto: I contribuiti a fondo perduto sono sostanzialmente somme che vengono
concesse alle imprese e non richiedono un rimborso. Possono essere articolati a loro volta in:
o Contribuiti in conto capitale: finalizzati a incrementare i mezzi patrimoniali del beneficiario;
o Contribuiti in conto impianti: finalizzati all'acquisto o alla realizzazione di immobilizzazioni;
o Contributi in conto esercizio: finalizzati a coprire alcuni costi di esercizio.
1. Finanziamenti a tasso agevolato: consentono l'ottenimento di prestiti con oneri inferiori ai normali
livelli di mercato. Assimilabili a questa forma sono i contribuiti in conto interessi, che consentono di
ridurre l'onerosità di prestiti concessi da banche o altre istituzioni finanziarie.
2. Interventi in conto garanzia: le amministrazioni presentano al beneficiario e ai creditori garanzie
diverse e/o integrative rispetto a quelle costituite sul patrimonio aziendale. Questa operazione,
diminuendo il fattore di rischio, consente l'applicazione di condizioni di finanziamento meno onerose
per soggetti che, disponendo di un patrimonio limitato o rappresentando un rischio maggiore, non
sono elegibili al finanziamento o non dispongono di un patrimonio adeguato a prestare le garanzie
richieste.
3. Interventi in conto capitale sociale: consistono nell'acquisizione, per un determinato periodo, di una
partecipazione nel capitale sociale del beneficiario. Operano in tal senso, per esempio, i fondi venture
capital misto pubblico-privato.

I servizi di networking e formazione


In questa categoria di servizi rientrano l'organizzazione di fiere e forum e gli accordi con università e centri di
ricerca per l'erogazione di servizi a valore aggiunto e formativi.

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La formazione rappresenta un "tassello" fondamentale nell'ambito dei programmi pubblici a supporto dello
sviluppo locale, poiché consente di far crescere le conoscenze e le competenze necessarie a un percorso di
crescita e di sviluppo equilibrato e sostenibile nel medio-lungo termine.
Gli interventi formativi congiunti, per operatori pubblici e privati, rappresentano un ambito di azione a
supporto della progettazione di nuovi servizi rivolti alle imprese. Per le piccole e medie imprese le ridotte
dimensioni o la dotazione limitata di capitali rendono critico non solo attirare risorse umane specializzate ma
anche individuare e accedere a iniziative adeguate di formazione e di sviluppo.
La formazione può essere quindi considerata uno dei più importanti veicoli per stimolare il passaggio
all'economia della conoscenza, gli investimenti in ricerca e innovazione tecnologica, per stimolare
l'imprenditorialità e per creare un sistema condiviso di norme, valori, aspettative, attitudini e pratiche.

15.3 Le istituzioni pubbliche a supporto dello sviluppo e le forme di


partnership
Gli interventi a supporto dello sviluppo del territorio sono per natura trasversali ai
dipartimenti/funzioni/direzioni in cui si organizzano le IP. Richiedono competenze specialistiche e flessibilità,
elementi che hanno determinato la creazione di IP specializzate, a ogni livello di governo. Le formule
istituzionali e giuridiche adottate sono eterogenee.
L'efficacia delle agenzie per lo sviluppo economico locale si misura anche nella loro capacità imprenditoriale
nell'ottenere finanziamenti europei o nazionali competitivi o nel saper gestire efficacemente quelli ottenuti in
base a processi programmatori sovraordinati.

Le agenzie di sviluppo
Le agenzie di sviluppo sono IP autonome, emanazione di enti territoriali o costituite da questi in partnership
con soggetti privati, che hanno l'obiettivo di attuare le politiche di sviluppo.
Un'agenzia di sviluppo è chiamata a svolgere una pluralità di attività che possono essere raggruppate in sette
categorie principali:
1. Erogazione di contribuiti e finanziamenti;
2. Facilitazione dell'accesso a forme di finanziamento;
3. Promozione dell'innovazione, della conoscenza e dello sviluppo tecnologico;
4. Consulenza gestionale;
5. Project management di attività complesse;
6. Promozione dell'internazionalizzazione;
7. Attrazione degli investimenti.

Esse sono classificabili nelle due seguenti tipologie: agenzie di attrazione degli investimenti e agenzie di
sviluppo in senso stretto.

Gli incubatori di impresa


Nella loro forma più tradizionale, gli incubatori di impresa sono enti pubblici che offrono alle neoimprese,
gratuitamente o a canoni ridotti, spazi fisici, servizi o attrezzature che ne consentono l'attività. Un vantaggio
offerto dall'incubatore alle imprese è costituito dalla vicinanza fisica di più soggetti, favorendo quindi lo
scambio e il confronto di idee (cross-fertilization) e l'eventuale generazione di progetti congiunti.
Col tempo, da questo modello tradizionale, si è passato a incubatori virtuali, in cui le connessioni sono
sostenute da tecnologie informatiche. Il focus degli incubatori virtuali è quello di sostenere in modo più
puntuale lo sviluppo di singole idee progettuali attraverso corsi di formazione e sessioni di coaching ai
neoimprenditori, uniti a piccoli finanziamenti a fondo perduto che possono aiutare a realizzare un prototipo.
La connessione virtuale permette potenzialmente l'incontro e lo scambio di informazioni e idee con una
pluralità di imprese, distanti geograficamente, ma che hanno una maggiore specializzazione condivisa.
Questo approccio è stato promosso e sostenuto da Kauffman Foundation ed è alla base del progetto Re Up.

15.4 Le Camere di Commercio e il ruolo delle associazioni di categoria


Tutte le imprese italiane hanno l'obbligo di iscrizione alla Camera di Commercio, che rappresenta un
meccanismo di networking, per lo meno informativo, istituzionalizzato. Esse rappresentano un sistematico
meccanismo di raccolta e diffusione di informazioni su tutte le imprese di un territorio, classificate per tutte le
dimensioni più rilevanti. Queste informazioni vengono sistematicamente rese pubbliche permettendo sia la

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verifica della veridicità delle informazioni autodichiarate nelle relazioni commerciali dalle singole imprese, ma
anche di conoscere l'evoluzione dei mercati e le potenzialità di partnership o competizione presenti in un
territorio. Le Camere di Commercio offrono numerosi servizi alle imprese, utilizzati soprattutto da quelle di
piccole e media dimensione, come: consulenza fiscale, ambientale, di diritto del lavoro, formazione e
aggiornamento etc…
Le imprese devono obbligatoriamente contribuire finanziariamente al funzionamento della propria Camera
di Commercio per tutte le sue attività istituzionali, ognuna in funzione del proprio fatturato. La dimensione
della singola Camera di Commercio locale dipende dal numero di imprese presenti in un territorio e dalla loro
dimensione media. Ciò determina il fatto che territori industrialmente ricchi siano dotati di una Camera di
Commercio di maggiore dimensione, questo, però, è controbilanciato dai maggiori investimenti offerti dagli
enti sovraordinati (UE e Stato) alle agenzie di sviluppo locale dei territori industrialmente più deboli.
Quasi tutte le imprese sono, a loro volta, coordinate in associazioni di categorie, che rappresentano il loro
dispositivo di rappresentanza istituzionale nei confronti di sindacati, IP, di altre categorie di imprese. Le
associazioni di categoria sono tanto più rilevanti quanto più un settore industriale è frammentato e disperso.
La capacità delle imprese di organizzarsi in modo coeso e strategicamente orientato è un ottimo dispositivo
istituzionale, che almeno parzialmente può supplementare le ridotte dimensioni delle singole organizzazioni.

15.5 Finanziamenti europei per lo sviluppo e crescita delle imprese


La Politica di Coesione (PC) territoriale, insieme alla Politica Agricola Comune (PAC), costituisce il maggiore
ambito di intervento dell'UE. Essa nasce per colmare i divari di sviluppo territoriali: investendo
prevalentemente nelle aree più svantaggiate, mira a stimolare una crescita più veloce rispetto a quelle più
forti in modo da consentire loro di avvicinarsi a quelle più ricche. La Politica di Coesione rientra nei fondi a
gestione indiretta, per cui sono gli stati a gestire operativamente i programmi.
La Politica di Coesione opera in cicli pluriennali di programmazione (attualmente di 7 anni). All'inizio di ogni
ciclo sono definiti gli obiettivi e le regole di funzionamento che saranno poi implementati negli anni
successivi. Al fine di garantire la transizione da un ciclo all'altro esiste un periodo ponte di tre anni in cui
completare i progetti e impiegare le risorse avanzate.
La Politica di Coesione vede coinvolti attivamente il livello comunitario, nazionale e regionale/locale. A livello
europeo la Commissione propone gli obiettivi, le regole, l'allocazione delle risorse che sono poi approvati dal
Consiglio e dal Parlamento europeo. Questa negoziazione prende avvio almeno due anni prima della
scadenza del ciclo di programmazione.
Una volta definito il quadro regolatorio a livello europeo ogni Stato Membro propone alla Commissione un
proprio programma d'azione, il cosiddetto Accordo di partenariato.
L'Accordo di partenariato è basato su un piano strategico comune che stabilisce le priorità di investimento,
l'allocazione delle risorse finanziarie a livello sia europeo sia nazionale e i target, in termini di risultati chiari e
misurabili da raggiungere. Dunque, è il programma che le autorità nazionali concordano con la Commissione
europea relativamente alle strategie di sviluppo nazionali che lo Stato Membro si impegna a realizzare
attraverso il Piano Nazionale delle Riforme (PNR) presentato nell'ambito del Semestre Europeo di
Coordinamento.
A livello nazionale o regionale è definito il Programma Operativo (PO) che pianifica risultati attesi obiettivi
specifici e azioni, definendo le percentuali di allocazione delle risorse, ai quali faranno riferimento i singoli
progetti. Il PO è lo strumento più importante che contribuisce al raggiungimento delle strategie di riforma
nazionale (PNR) ed europee (Europa 2020) e agli obiettivi di crescita.
I PO possono essere regionali (POR) e nazionali (PON), a cui si affiancano i Piani di Sviluppo Rurale (PSR)
nazione e regionale.
Comunemente, quando si parla di Politica di Coesione si fa riferimento ai Fondi Strutturali che sono cinque.
Gli ESIF sono gli strumenti attraverso cui l'UE finanzia la sua azione per lo sviluppo territoriale.
1. Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR): rafforzare la coesione economica e sociale dell'UE
correggendo gli squilibri territoriali. Gli investimenti di questo fondo sono concentrati su alcune
priorità, ossia:
o Ricerca e innovazione;
o Agenda digitale;
o Sostegno alla competitività produttiva delle PMI;
o Economia a basse emissioni di carbonio.
2. Fondo Sociale Europeo (FSE): strumento principale per la creazione di maggiori e migliori
opportunità di lavoro nello spazio europeo. Sostiene azioni nelle aree seguenti:

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o Apprendimento e formazione permanente per i lavoratori;
o Servizi all'occupazione;
o Sostegno ai dipendenti in contesti industriali di ristrutturazione;
o Integrazione di soggetti svantaggiati nel mercato del lavoro;
o Sostegno alle ONG e alla rete di parti sociali;
o Riqualificazione del personale della PA e rafforzamento dell'efficienza della PA nella
erogazione dei servizi pubblici in tutti i settori.
3. Fondo di Coesione (FC): finalizzato a ridurre le disparità regionali di natura economica e sociale e a
incrementare lo sviluppo sostenibile. Il fondo assiste i paesi che hanno un reddito nazionale lordo
procapite inferiore al 90% della media dell'UE e che non si trovi in situazioni di deficit pubblico
eccessivo. Le attività sostenute sono le seguenti:
o Reti transeuropee di trasporto, in particolare progetti infrastrutturali rientranti nel
"meccanismo per collegare l'Europa";
o Tutela dell'ambiente e in particolare progetti del settore energia, efficienza energetica ed
energie rinnovabili; nonché trasporti ferroviari e intermodale.
4. Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR): in coerenza con gli obiettivi di Europa 2020
e con la riforma della PAC recentemente ripensata, tende a perseguire tre obiettivi strategici:
o Stimolare la competitività delle imprese del settore agricolo;
o Assicura la sostenibilità della gestione delle risorse naturali e del clima;
o Mantenere e creare posti di lavoro nelle comunità rurali.
5. Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e della Pesca (FEAMP): sostiene le comunità costiere impiegate
e il transito dei pescatori verso la pesca sostenibile.

CAPITOLO 11 – ETICA E POLITICHE DI CONTRASTO ALLA


CORRUZIONE
11.1 Effetti della corruzione sulla società
La corruzione danneggia gravemente l’economia e la società nel suo complesso. Molti paesi nel mondo
sono afflitti da una corruzione profondamente radicata che ostacola lo sviluppo economico, mina la
democrazia e lede la giustizia sociale e lo Stato di diritto. Gli stati membri dell’UE non sono immuni da questa
realtà. La rilevanza socioeconomica della lotta alla corruzione è messa nel giusto risalto dalla Banca Mondiale
che considera questo fenomeno come uno dei principali ostacoli allo sviluppo economico e sociale. La
natura sommersa di queste transazioni rende particolarmente difficile poter disporre di dati sistematici per
costruire statistiche attendibili.

11.2 Corruzione nel settore privato e nel settore pubblico: rilevanza e


definizioni
La corruzione si sostanzia nello scambio tra un atto di potere e una prestazione che danneggia gravemente
la società o un’impresa nei suoi meccanismi socioeconomici fondamentali e, pertanto, attira l’attenzione
dell’opinione pubblica. Il reato di corruzione si caratterizza per due specifiche condotte: quella attiva e quella
passiva. La prima si realizza quando si elargisce denaro o si promettono vantaggi illeciti a un soggetto per
compiere un atto non conforme o contrario ai propri doveri d’ufficio. La seconda è rappresentata
dall’accettazione, da parte di chi svolge una funzione pubblica o di chi ha responsabilità decisionali in
impresa, dei suddetti vantaggi (anche nota come concussione). Esempi come Tangentopoli e Mafia Capitale
rappresentano le conseguenze di atteggiamenti che hanno privilegiato l’interesse dei singoli a danno
dell’integrità economica di istituzioni e imprese. La corruzione nel settore privato è più difficilmente
perseguibile rispetto a quella nel settore pubblico in quanto non lede direttamente interessi pubblici e non
comporta l’utilizzo improprio di denaro pubblico.
La corruzione in ambito pubblico è mediaticamente e politicamente più visibile perché le IP esercitano in via
esclusiva poteri sovraordinati attraverso i quali regolano e limitano alcune libertà individuali o d’impresa.
Nelle IP la corruzione si manifesta quando le persone vogliono ottenere privilegi come facilitazioni o tempi di
espletamento delle procedure più rapidi. Questi comportamenti rendono parzialmente inefficace l’attività
delle istituzioni pubbliche e delegittimano l’esercizio dei poteri sovraordinati: anche se sul piano etico tali
comportamenti sono inaccettabili sia nel pubblico che nel privato, la gravità del fenomeno appare maggiore
per quanto riguarda l’ambito di interesse collettivo. La corruzione, tra l’altro, può essere difficile da individuare

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perché gli obiettivi delle IP sono multidimensionali e questa complessità spiega perché una quota
significativa dei controlli viene effettuata soltanto ex ante sulle procedure e non sui risultati.

11.3 La diffusione della corruzione nel mondo


Laddove il ruolo delle IP è legittimato e rafforzato da una diffusa etica pubblica si creano processi di sviluppo
positivi; nei territori caratterizzati da un forte senso delle istituzioni (alto capitale sociale) i cittadini rispettano
le regole da queste definite. Invece, nei luoghi dove la corruzione e la sfiducia nelle istituzioni pubbliche
prevale, si indebolisce la legittimazione dell’istituzione stessa; nelle nazioni a basso capitale sociale, vi è un
clima di sfiducia sulle capacità e sulle possibilità delle IP di garantire lo sviluppo socioeconomico.
La sommatoria di mancato rispetto delle regole impedisce il consolidarsi di un ruolo positivo delle regole
dettate dalle IP.

11.4 Le politiche delle istituzioni internazionalicontro la corruzione


11.4.1 L’ONU
Risale al 1975 la prima soluzione dell’ONU contro la corruzione nelle attività di commercio internazionale;
soltanto alla metà degli anni Novanta si può ritrovare una nuova dichiarazione di contrasto e lotta alla
corruzione nell’attività di impresa. In seguito, il contenuto delle risoluzioni ONU si concentra maggiormente
sulla corruzione del settore pubblico. Dal 2005, le Nazioni Unite hanno dato vita a un programma di lotta della
corruzione “UN’s Global Programme Against Corruption”. Una delle strategie suggerite per aumentare la
trasparenza è l’adesione alla United Nations Convention Against Corruption (UNCAC), che richiede, ad
esempio, la pubblicazione da parte degli stati di relazioni circa il rischio di corruzione nelle loro
amministrazioni.

11.4.2 Il fondo monetario internazionale


Dalla metà degli anni Novanta all’interno dell’FMI si è affermata la convinzione che bisogna arginare il
problema per promuovere lo sviluppo dei paesi. Il FMI interpreta il problema secondo una prospettiva
macroeconomica, con la prospettiva esplicita di promuovere politiche capaci di rafforzare le IP in termini di
competenze professionali, regole di funzionamento e accountability verso stakeholder e società.

11.4.3 La banca mondiale


Anche per la BM, dal 1995, la corruzione è stata inserita tra le questioni critiche da affrontare, attivando
strategie anticorruzione. Significativo è stato il contributo inserito nel World Development Report del ’97 in
cui si afferma che la corruzione danneggia il clima di fiducia e il capitale sociale, anche nei confronti delle
istituzioni: si decise pertanto di investire nell’accountability, di creare un settore privato competitivo, di
migliorare la gestione del settore pubblico, e di coinvolgere maggiormente i cittadini.

11.4.4 L’OCSE
L’OCSE ha adottato nel 1997 la convenzione Combating Bribery of Foreign Public Officials in International
Business Tranactions, che è stata ratificata da trentasei stati i quali hanno riconosciuto la gravità del problema
e la necessità di adottare misure per superarlo. Inoltre, la convenzione sottolinea la natura morale e politica
del problema della corruzione, che incide direttamente sia sullo sviluppo economico di un paese sia sul
funzionamento del mercato.

11.5 Oggetto e forme di corruzione nelle IP


Vi sono diverse classificazioni proposte per definire le forme di corruzione. Una prima classificazione sintetica
osserva come il corruttore può pagare il pubblico ufficiale in cambio dell’espletamento di una procedura
(concessione di una licenza), oppure in cambio della preferenza accordata rispetto ai concorrenti (appalto),
oppure per impedire che vengano intraprese azioni di controllo o verifiche a suo danno. Un punto di vista
più complesso e articolato analizza e classifica le forme di corruzione rispetto a tre distinte prospettive di
analisi:
• Le tipologie di non conformità alla norma;
• L’oggetto della corruzione;
• Le determinanti individuali della corruzione.

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11.5.1 Le tipologie di non conformità alla norma
A seconda della natura delle regole cui si fa riferimento, occorre distinguere le seguenti tipologie di
comportamenti con cui qualificare la mancata conformità:
• Legali o non legali (rispettano o non rispettano la legge);
• Legittimi o non legittimi (titolarità di assumere una decisione o meno);
• Leciti o illeciti (consentiti o non consentiti dalla legge);
• Etici o non etici (fa riferimento a norme etiche e morali);
• Funzionali o disfunzionali (favorevoli al raggiungimento del fine comune).

Ogni norma può essere rispettata in modo formale o in modo sostanziale. In contesti molto dinamici il rispetto
della forma o della sostanza della norma tende a concretizzarsi in comportamenti differenti, danti luogo a
situazioni diverse:
• Rispetto formale che coincide con i fini sostanziali (sempre meno frequentemente);
• Rispetto formale che non consente di perseguire i fini sostanziali (tipico del comportamento
“burocratico”);
• Necessità di venir meno al rispetto formale (in modo più o meno palese) per perseguire i fini
sostanziali (persone motivate, portatrici di valori sociali positivi, che corrono però il rischio di essere
accusate di illeciti);
• Mancato rispetto di forma e sostanza, quando si perseguono fini particolari in modo illegale.

11.5.2 L’oggetto della corruzione


Le forme di corruzione possono essere identificate evidenziando le relazioni tra i soggetti pubblici, privati e
cittadini nel caso di erogazione di un servizio pubblico. Questi soggetti sono:
• Lo Stato regolatore;
• L’istituzione committente di servizi;
• Il produttore incaricato dell’erogazione delle prestazioni;
• Imprese private regolate o influenzate da istituzioni pubbliche;
• Il cittadino utente.

Un primo esempio di corruzione può avvenire durante il processo di regolazione statale di una politica o di
un settore da parte delle imprese influenzate dai futuri contenuti normativi in approvazione. L’erogatore può
inoltre cercare di corrompere i controllori dell’autorità regolatoria affinché non intervengano sul mancato
rispetto di alcune norme. Anche un funzionario può richiedere somme di denaro in cambio di ispezioni
superficiali. Un’altra relazione critica è quella tra IP committente e soggetto erogatore del servizio: pagamento
di prezzi più alti in cambio di benefici collaterali, servizi più scadenti e vantaggi al committente, ad esempio.
Anche la relazione tra erogatore e cittadino è critica, in quanto il cittadino potrebbe ricorrere a ricompense
informali per ottenere priorità di accesso o sconti sui pagamenti alle IP.

11.5.3 Le determinanti individuali della corruzione


La natura della corruzione può inoltre essere indagata attraverso l’analisi delle determinanti che spingono
l’individuo ad accettare comportamenti non corretti. Il pubblico ufficiale corrotto non agisce solamente ed
esclusivamente per soldi, ma piuttosto per amicizia o per guadagnare un nuovo status sociale all’interno
dell’ambiente lavorativo. Oltre che dai valori etici, il comportamento del singolo può essere influenzato anche
dal contesto, che incide su come il singolo accetti di far parte di processi di corruzione, arrivando a superare
i confini del proprio potere formale. La debolezza dei controlli e la superficialità nella supervisione ne sono un
esempio. Inoltre, la scarsa enfasi sul tema della solidarietà, il coinvolgimento dei vertici politici stessi in
processi di corruzione e la scarsa efficacia delle misure di contrasto, alimentano la diffusione del fenomeno
poiché fanno prevalere la percezione di impunità nei confronti dei corrotti e dei corruttori.
Infine, è necessario ricordare che il rapporto tra corrotto e corruttore raramente si esaurisce in un solo
scambio, creando spazi per perpetrare questi atteggiamenti scorretti.

11.6 I costi sociali della corruzione

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La corruzione determina alti costi sociali collettivi, garantendo benefici ad una ristretta cerchia di persone o
istituzioni. Il corruttore e il corrotto traggono immediati benefici privati o per l’istituzione per cui lavorano. La
ripetizione di fenomeni di corruzione determina la stratificazione di benefici presso alcuni gruppi sociali, i
quali si rafforzano e sviluppano grazie ad essi. L’accumulazione di ricchezza determina l’aumento della loro
possibilità di corrompere, e se sono sufficientemente forti è possibile a creare una cultura di implicita
accettazione del fenomeno che abbassa costi e rischi della corruzione stessa. D’altro canto, gli individui che
non appartengono ai gruppi sociali protetti, non accedono o accedono in modo più difficoltoso ai servizi
offerti dalle IP. In questo contesto risulta anche difficile una valutazione dei programmi pubblici, in quanto gli
obiettivi iniziali sono stati distorti e non perseguiti, con una complessiva perdita di capacità di governo e di
controllo da parte delle istituzioni pubbliche. Nel medio-lungo periodo si genera un contesto in cui le imprese
e le famiglie non sono più capaci di muoversi in uno scenario correttamente regolato in quanto costrette ad
accettare corruzione, e a difendersi da essa. Si instaura un circolo vizioso che prende il nome di state capture
e society capture. I gruppi di potere che attuano processi di corruzione esercitano un potere informale sulle
IP anche tramite infiltrazione in esse di propri referenti (state capture) e, tramite essi, sono in grado di
influenzare a proprio vantaggio le dinamiche economiche e sociali, compreso il controllo del consenso
politico (society capture).

11.7 Possibili azioni di contrasto alla corruzione


Con l’avvento del NPM, molti studiosi avevano ritenuto che il ridimensionamentodel settore pubblico avrebbe
ridotto il fenomeno della corruzione, e che l’applicazione di sistemi manageriali avrebbe aumentato la
trasparenza e diminuito lo spazio “in ombra”.
Secondo altri, invece, la privatizzazione e la deregulation avrebbero incrementato i fenomeni di corruzione,
in quanto il settore privato non è soggetto alle stesse norme per la prevenzione e il contrasto della corruzione.
Inoltre, la difficoltà di costruire efficaci strumenti di valutazione ex-post ha ridoto la possibilità di combattere
questo fenomeno. La stabilità e diffusione della corruzione la rendono socialmente accettata e come
inestirpabile: ogni tentativo di reazione e denuncia non viene supportato né dal pubblico né dai privati. Il
tradizionale aumento nel rigore dei controlli, in questo contesto, risulta controproducente, in quanto
irrigidisce le procedure, le rende più lunghe e complesse, aumentando l’opacità del sistema amministrativo.

La corruzione può essere superata attraverso l’utilizzo di alcune leve di intervento:


1. Nei casi gravi di corruzione che hanno riguardato pubblico e privato, è apparsa evidente la scarsa
qualità delle regole che governano sistemi così complessi. L’inadeguatezza delle regole è spesso
dovuta al ritardo del legislatore rispetto alla dinamicità ambientale. In tale condizione si avranno
soluzioni pratiche che si collocano in vuoti normativi che appaiono anche più convincenti da seguire.
Tuttavia, non esiste nessuna garanzia che le soluzioni pratiche siano migliori anche nel lungo
periodo e siano compatibili con l’obiettivo delle IP.
2. Le modalità di applicazione delle regole sono altrettanto importanti perché spesso la debolezza del
sistema è stata individuata:
o è nella mancata applicazione del principio di separazione delle funzioni del controllante e
del controllato;
o In una catena di controlli troppo lunga, complessa e contraddittoria che finiva per
deresponsabilizzare tutti.
Una più rigorosa applicazione dei principi di distinzione dei ruoli e delle responsabilità potrebbe
aiutare a ridurre lo spazio per comportamenti corruttivi.
3. Necessario promuovere e diffondere un’etica e una cultura pubblica che sottolinei il maggior
benessere collettivo derivante da società meno corrotte. Per promuovere un cambiamento culturale
è indispensabile l’esempio positivo che può venire dai leader del mondo pubblico, privato e non-
profit. Altresì importante è l’immediatezza e la visibilità della maggiore efficienza ed efficacia di un
sistema pubblico corretto.
4. Per ridurre la corruzione occorre aumentare la trasparenza intesa come strumento per avvicinare i
cittadini alle IP e accrescere la loro fiducia in esse. Un approccio partecipativo e orientato all’utenza
è quello di stare in ascolto rispetto alle preferenze dei cittadini, dando priorità all’attuazione di
iniziative di trasparenza sugli ambiti ritenuti più interessanti dagli stakeholder. Un aiuto concreto può
essere fornito dalle piattaforme di comunicazione come Internet. Aumentare la trasparenza non vuol

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dire tuttavia aumentare la mole di dati disponibili, ma piuttosto facilitare la consultazione di quelli
disponibili. Per diventare più trasparenti occorre seguire diversi step.
o Adottare metodi per definire quali iniziative di trasparenza sono prioritarierispetto all’ente;
o Incrementare le informazioni disponibili in modo semplice ed accessibile;
o Aumentare le opportunità di feedback da parte degli utenti;
o Predisporre “giornate della trasparenza” destinate alla comunicazione e condivisione delle
informazioni con i principali stakeholder istituzionali e non.
5. Il controllo sui risultati finali, rispetto a obiettivi realistici definiti ex ante, risulta ancora più efficace se si
accompagna a sistemi strutturati di accountability verso gli stakeholder. In questo modo gli obiettivi
attesi sono resi noti ai gruppi di cittadini o ai loro rappresentanti in contesti organizzati. La forza della
rendicontazione agli stakeholder risiede nel fatto che questi processi valutativi sono pubblici, quindi
sottoposti al controllo sociale, in cui ogni singolo cittadino può segnalare elementi di criticità o di
sospetto.

Ovviamente nessuna di queste leve è da sola in grado di risolvere definitivamente il problema: occorre infatti
agire in modo coordinato su più aspetti, sensibilizzando la popolazione e dando garanzie e protezione ai
soggetti più esposti a questo fenomeno o che decidono di denunciarlo.

CAPITOLO 16 – LE RELAZIONI TRA LE ISTITUZIONI PUBBLICHE E LE


AZIENDE NON-PROFIT
16.1 Il settore non-profit
Il settore non-profit, detto anche privato sociale o terzo settore, è inteso come sistema di soggetti che operano
secondo logiche e regole diverse da quelle del mercato e da quelle delle istituzioni pubbliche. Le aziende
del settore non-profitnon perseguono il profitto come obiettivo primario; non sono basate suun criterio di
rappresentanza. Questo settore viene identificato con l’insiemedelle aziende e associazioni non-profit, private
e volontarie.
Fa parte del settore non-profit il Museum of Modern Arts di New York, la Fondazione La Scala di Milano,
L’Università di Harward e l’Università Bocconi. I settori più interessati alla presenza di organizzazioni non-profit
sono la tutela della salute, i servizi socio-assistenziali, la ricerca, l’istruzione di vario livello, la tutela
dell’ambiente; la tutela, il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale; la difesa e la
promozione dei diritti umani, civili, sociali e politici; lo sportdilettantistico; la tutela dei consumatori.
Quando si parla di non-profit vengono spesso citate anche le imprese sociali, imprese private in cui l’attività
economica di impresa ha per oggetto la produzione e lo scambio di beni o servizi di utilità sociale, così come
tutta una serie di concetti più o meno correlati al settore e al suo humus culturale, quali economia sociale,
capitale sociale, volontariato, filantropia, dono.
Le istituzioni possono operare in settori diversi o in diverse parti disettori allo stesso tempo, in alcuni con una
finalità filantropica, in altri con finalità di reddito per riuscire a costruire una sostenibilità economica
complessiva.
Le imprese sociali, ovvero soggetti profit, ma che perseguono scopi sociali operano con scambi tipici di
mercati in alcuni ambiti e adottano logiche filantropiche in altri.
Attribuire una sola identità a una istituzione è piuttosto complesso nella società contemporanea in cui
crescenti sono i soggetti “ibridi”, che rispondono con unanatura articolata alla crescente complessità sociale
che determina obiettivi sempre più contraddittori tra di loro, come accrescere contemporaneamente il livello
di solidarietà redistributiva e la sostenibilità economica.
Le istituzioni possono cambiare settore prevalente di intervento o identità nel corso del tempo a seconda di
diversi contesti territoriali e delle lorodinamiche di trasformazione interne.
Inoltre, le istituzioni possono cambiare settore prevalente di intervento o identità nel corso del tempo a
seconda di diversi contesti territoriali e delle loro dinamiche di trasformazione interne.
Alcune tipologie di aziende non-profit sono il risultato di una specificità nazionale o locale, ma comunque
estremamente rilevanti all’interno dei singoli paesi. Si parla di settore non-profit perché, al di là dei confini che
si potrebbero definire elastici, tutto l’insieme di soggetti di così varia natura che ricade in questa categoria ha
un peso sulle economie moderne tutt’altro che trascurabile, e in crescita anche nelle economie emergenti e
nei paesi a basso reddito. Se l’insieme di soggetti privati che investono nell’interesse pubblico ha dei confini
vasti e variegati, esso è già imponente in molti paesi e in crescita in altri.

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16.2 L'approccio istituzionale e l'approccio funzionale all'interesse pubblico
Una società che persegue il benessere collettivo è generalmente intesa come una società capace di dare
risposte adeguate e soddisfacenti a interessi particolari e a interessi generali, comuni, collettivi o ritenuti
rilevanti per una certa comunità in quanto espressione dei valori e della cultura che la qualificano: proprio in
quanto tali, questi interessi vengono definiti interessi pubblici.
Diverse organizzazioni sono impegnate ogni giorno nel perseguimento di interessi pubblici. Esiste una
visione prevalentemente dicotomica su dove risieda la responsabilità di tutelare l’interesse pubblico: se essa
sia in capo solo o prevalentemente alle istituzioni pubbliche, o anche ad altri soggetti privati, profit e non-
profit. Due sono gli approcci prevalenti: l’approccio istituzionale (o strutturale) e l’approccio funzionale.
Secondo l’approccio istituzionale, la responsabilità di tutelare e perseguire gli interessi pubblici è tipica dello
Stato nelle sue varie articolazioni, per cui si stabilisce una relazione biunivoca: quando un interesse viene
percepito o definito come pubblico, esso diventa funzione propria ed esclusiva delle istituzioni pubbliche,
che la esercitano con differenti modalità.
Secondo l’approccio funzionale, tale correlazione biunivoca non esiste: soggetti di varia natura si fanno
carico di contribuire a soddisfare interessi pubblici.
L’accento è posto sulla funzione che esercitano, più che sulla scatola istituzionalealla quale appartengono. In
questo secondo caso il ruolo delle istituzionipubbliche diventa quello di promuovere, indirizzare e coordinare
l’intervento di una platea di attori di natura variegata.
Dove prevale la logica istituzionale, le aziende non-profit intervengono e hanno spazio in settori ritenuti non
convenienti e non attrattivi per le imprese, o nei quali l’intervento pubblico si dimostra inefficace per vari
motivi, mentre nella logica funzionale esse operano in molti settori in concorrenza o in collaborazione con le
imprese e con le istituzioni pubbliche, sulla base dei proprio fattori distintivi di competitività.
In Europa, negli ultimi due secoli, ha prevalso la concezione istituzionale: nel XIX secolo nella forma di welfare
state bismarckiano o “residuale” e nel XX secolonella forma di welfare state beveredgiano o “generalizzato”. Il
primo modello prevede che le istituzioni pubbliche, oltre a garantire i beni collettivi, favoriscano il
soddisfacimento di bisogni individuali a quei gruppi di popolazione che non sono in grado di farlo
autonomamente sull’idea universalista che certi bisogni, quali istruzione, sanità, assistenza, sicurezza, tutela
dell’occupazione e pensionicostituiscano un diritto del cittadino e di ogni persona, e in quanto tali devono
essere garantiti a tutti dalle istituzioni pubbliche, almeno a livelli considerati essenziali.
Quale che sia il modello, in Europa il welfare state è sempre stato accompagnatoda forme di intervento privato
a tutela di interessi pubblici o comino a gruppi di cittadini, quali le cooperative, le imprese sociali, le società di
mutuo soccorso ealtre forme di solidarietà.
In decenni più recenti si è assistito all’affermarsi di logiche di esternalizzazione dell’intervento pubblico a
favore di un maggiore ruolo di altri soggetti privati o misti pubblico-privato, fenomeno che ha determinato
una decisa evoluzione verso una concezione funzionale dell’interesse pubblico, con il rafforzamento del
principio di sussidiarietà e del modello cosiddetto di “welfare mix” o di “welfare society”. La responsabilità
della difesa dell’interesse pubblico rimane in capo all’istituzione pubblica.
Diversamente dall’Europa, negli Stati Uniti ha prevalso la logica dell’autonomia, della libertà e della
responsabilità individuale, secondo cui ogni persona deve essere in grado di soddisfare autonomamente i
propri bisogni con logiche di mercato, mentre le istituzioni pubbliche intervengono solo in situazioni di
necessità estreme. Nei più recenti decenni vi è stata un’evoluzione verso formedi intervento pubblico che si
sono avvicinate al modello bismarckiano oppure determinate dalla necessità di tutela di “interessi strategici”
o di protezione dell’economia.
I soggetti che contribuiscono al perseguimento dell’interesse pubblico sono diversi: essi si aggiungono
colmando un gap di risorse, all’intervento delsoggetto pubblico.
Per questo motivo, studiando le istituzioni pubbliche, bisogna comprendere i tratti distintivi e la rilevanza,
cercando di distinguere il modello di finanziamentoe la definizione dei diritti e interessi collettivi da tutelare e
il modello di erogazione dei servizi.
I soggetti privati che contribuiscono al perseguimento dell’interesse pubblico sono:
• Le aziende non-profit (associazioni di volontariato, fondazioni, cooperativesociali e le imprese sociali);
• Le imprese che ispirano le proprie scelte strategiche al principio della Responsabilità Sociale di
Impresa (RSI), maggiormente nota con l’acronimo CSR.

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16.3 Aziende non-profit: definizione, ruolo e funzioni
Secondo la definizione strutturale-operativa, che non si basa sullo status legale o giuridico di un’azienda ma
sulla sua struttura e sulle sue caratteristiche operative, è azienda non-profit quella che risponde a tutte e
cinque le seguenti caratteristiche:
• È organizzata, ovvero ha una struttura organizzativa definita. Questo significa che deve avere una
costituzione o statuto e regole scritte di comportamento per i membri dell’organo direttivo. Deve
essere evidente tanto ai membri quanto ai non membri la presenza di confini organizzativi definiti.
Ciò aiuta a distinguere un’azienda o organizzazione non-profit da tutto ciò che “organizzato” non è.
• Ha natura giuridica privata. Nonostante possa ricevere finanziamenti o donazioni in natura da parte
del settore pubblico, e possa prevedere la presenza di uno o più membri rappresentanti delle
istituzioni pubbliche nel proprio organo di indirizzo, l’azienda non-profit è istituzionalmente e
giuridicamente separata dall’istituzione pubblica, cioè non è parte di alcun livello di governo.
• È autonoma nelle decisioni (self-governing). Questo significa che l’azienda è equipaggiata per
dirigere e controllare le proprie attività. Esiste un organo di indirizzo, esistono una configurazione di
governance interna e delle regole di comportamento, e l’organo di indirizzo ha piena autonomia
decisionale.
• È volontaria, ovvero costituita volontariamente o prevede un qualche grado di partecipazione
volontaria. Questo può significare almeno tre cose. L’azienda può impiegare lavoro volontario.
L’azienda è volontaria nel senso che la costituzione dell’azienda e l’appartenenza all’azienda stessa
è una base volontaria: non vi è obbligatorietà a divenire membri, né in tutti i casi al pagamento di una
quota.
• Non redistribuisce profitto. Questo significa che l’eventuale valore generato deve essere
necessariamente redistribuito per le finalità istituzionali. Quest’ultimo concetto è collegato allo scopo
dell’azienda non-profit, che non è quello di ottenere né massimizzare la remunerazione
dell’imprenditore o di chi ha il diritto di proprietà, ma quello di rispondere in modo adeguato
all’interesse pubblico per il quale l’azienda si è volontariamente costituita.

Le aziende non-profit nella società contribuiscono all’interesse pubblico sviluppando la capacità di


trasformare in servizi o in risposta ai problemi della società, le risorse che esse riescono ad attrarre sulla base
del principio della gratuità e del dono o dello scambio di mercato eticamente responsabile o con condizione
di favore per gli utenti target delle finalità istituzionali. Si tratta di conferimenti di risorse finanziarie senza attesa
di remunerazione, di possibilità di utilizzare a titolo gratuito altre condizioni non monetarie per lo svolgimento
dell’attività di lavoro volontario. Le aziende non-profit generano valore tramite un sistema di doppio scambio.
La possibilità o la capacità delle aziende non-profit di mantenere un equilibrio di lungo periodo dipende da
vari fattori distintivi e tipici di tale tipo di azienda. Critico è il livello di professionalità ed efficienza, che può
essere sinteticamente espresso dal rapporto tra risorse raccolte e risorse effettivamente impiegate
nell’erogazione dei servizi e che giungono a coloro i quali hanno un bisogno da soddisfare. Altrettanto critici
sono il livello di coinvolgimento dei donatori e/o dei volontari nel sistema di governance, il livello di
trasparenza nell’uso delle risorse tramite una tempestiva, periodica e trasparente rendicontazione. Più
l’azienda no profit è in grado di produrre valore per coloro che hanno bisogni pubblici non tutelati e più è in
grado di rendicontare ai propri bisogni stakeholder il valore prodotto, più probabilmente verrà finanziata
attraverso donazioni e/o trasferimenti pubblici. La sua sostenibilità dipende dal più o meno elevato grado di
diffusione nella società del principio di gratuità. Le aziende non-profit sono classificate in base alle seguenti
tre funzioni:
• Advocacy, cioè sensibilizzazione a ogni livello e nei confronti di vari soggetti si determinati problemi,
sia con la finalità informativa/di diffusione della percezione di alcune tematiche sia con la finalità
conseguente di raccogliere supporto e fondi;
• Grant-making (o erogativa), cioè allocazione di risorse finanziarie ad altri soggetti o organizzazioni. Le
risorse da allocare possono provenireda attività di raccolta fondi o da rendite patrimoniali;
• Service-delivery (o operativa), tipica di tutte quelle organizzazioni cheproducono e vendono beni o
che producono ed erogano servizi gratuitamente o a condizioni particolarmente a diretto vantaggio
dei destinatari.
Alcune aziende non-profit possono coprire più di una funzione.

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16.3.1 Le aziende non-profit in Italia
In Italia, a seconda della natura giuridica, si distinguono le libere associazioni (tipo di azienda non-profit
prevalente), le associazioni di volontariato (dove le attività devono essere svolte esclusivamente a titolo
gratuito), le fondazioni, le imprese cooperative, le ONLUS e le imprese sociali che rappresentano un attore
capace di rispondere ai bisogni sociali crescenti tramite una forma imprenditoriale efficace ed efficiente.
Il tema dell’imprenditoria sociale ha rappresentato e rappresenta una tematica di grande rilevanza nella
creazione di politiche a livello europeo. L’Italia ha un ruolo importante nella diffusione del modello
dell’impresa sociale, in quanto primo paese a istituzionalizzare l’attore “impresa sociale” tramite la legislazione
sulle cooperative sociali.

16.4 Imprese socialmente responsabili


Funzione e responsabilità primaria dell’impresa è quella di contribuire all’aumento della ricchezza, di produrre
valore per i suoi portatori di interesse con lo svolgimento di attività lecite, nel rispetto delle regole giuridiche
e sociali e del principio di razionalità economica. Ogni impresa ha l’autonomia di scegliere il tipo di attività e
le modalità secondo cui operare nel mercato e organizzare i processi economici interni.
Secondo la teoria economica classica, tali scelte sono guidate dall’obiettivo di soddisfare, ottimizzare,
massimizzare la remunerazione dell’imprenditore o dei titolari del diritto di proprietà dopo aver negoziato al
meglio, con riferimento a questo obiettivo, le condizioni di partecipazione di altri soggetti all’attività
dell’impresa e aver corrisposto i tributi alle istituzioni pubbliche.
La Commissione europea con il Libro Verde del 2001 ha per la prima volta definito il concetto di
Responsabilità Sociale di Impresa (nota come CSR, “corporate sociale responsibility”), considerata come uno
strumento strategico per realizzare società contestualmente più competitive e più socialmente coese,
nell’ottica generale di modernizzare e rafforzare il modello sociale europeo. La CSR viene definita come
“l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni
commerciali e nei rapporti con le parti interessate”.
Un’impresa può adottare una strategia di espansione rapida delle attività, di fronte a opportunità di mercato
di breve periodo, accettando contratti a elevato rischio per aumentare il livello di redditività senza
preoccuparsi del fatto che nel medio periodo possa determinarsi la necessità di ridimensionare in misura
significativa il personale causando disoccupazione, di cui devono poi farsi carico le istituzioni pubbliche.
Oppure può decidere di spostare la sede della propria attività per incentivare le dimissioni del personale per
il quale aumentano in misura non sopportabile i disagi dei trasporti o del trasferimento delle famiglie. Alcune
imprese possono decidere di trasferire le proprie attività in paesi a più basso costo di lavoro, senza
preoccuparsi né della disoccupazione che generano nei paesi in cui erano svolte precedentemente le
attività, né di applicare nei nuovi paesi misure per la sicurezza del lavoro o divieto di utilizzare lavoratori minori
solo perché non esistono vincoli di legge. Altre imprese possono attuare politiche di delocalizzazione,
avviando però in anticipo programmi di riconversione professionale del proprio personale e applicando nei
nuovi paesi dove trasferiscono la produzione gli stessi standard di sicurezza importi dai paesi con legislazione
più avanzata.
Le imprese che privilegiano comportamenti del primo tipo non sono “socialmente responsabili” poiché
perseguono propri obiettivi particolari generando effetti negativi per altri soggetti e per l’intera società
(esternalità negative), mentre le imprese che privilegiando comportamenti del secondo tipo sono
considerate “socialmente responsabili” poiché sono attente a non generare effetti negativi su altri soggetti o,
addirittura, pongono tra i propri obiettivi e i propri criteri di scelta quelli di generare effetti positivi per altri
soggetti e per l’intera comunità (esternalità positive).
È aperto il dibattito tra coloro per i quali la responsabilità sociale dell’impresa consiste nel perseguire la
massima redditività e competitività nel rispetto della legge, posizione prelevante in passato ma oggi messa
in discussione dalla strutturale crisi del sistema economico cosiddetto di “libero mercato”, e coloro secondo
i quali è possibile adottare comportamenti compatibili con il mantenimento delle capacità reddituali e della
competitività delle imprese e che, anzi, contribuiscano a una più elevata redditività e competitività nel lungo
periodo, rispondendo non solo agli interessi e alle aspettative degli imprenditori, degli azionisti dei manager,
ma anche agli interessi e alle aspettative di tutti glialtri portatori di interessi (stakeholder) e della società nel
suo complesso, contribuendo positivamente all’interesse generale. I comportamenti socialmenteresponsabili
sono tanto più necessari per la sostenibilità dell’azienda quando piùgli stessi stakeholder dell’azienda sono
sensibili a queste tematiche.

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L’impresa stessa contribuisce con i propri comportamenti a educare o mantenere inconsapevoli i propri
stakeholder, a partire dai clienti.
Un punto cruciale di tale dibattito ha un impatto rilevante sulle istituzioni pubbliche stesse; uno dei temi più
dibattuti è il grado di volontarietà, o al contrario, di obbligatorietà di alcune pratiche di responsabilità sociale.
Non solosi auspica che le imprese adottino comportamenti socialmente responsabili, maanche che esistano
leggi e politiche pubbliche che frenino comportamenti irresponsabili (azione preventiva) o sanzionino
duramente comportamenti irresponsabili (azione correttiva).
I comportamenti aziendali correlati al principio della “responsabilità sociale dell’impresa” possono essere
dettati da obiettivi molto diversi:
• Recuperare immagine e credibilità dopo comportamenti che hanno danneggiato la fiducia e la
reputazione dell’impresa;
• Rendere più efficaci le campagne di marketing e di comunicazione per aumentare la competitività
dell’impresa;
• Contribuire ad aumentare la redditività e il valore per gli azionisti;
• Contribuire direttamente a migliorare le condizioni di vita di tutti i soggettiche hanno rapporti con
l’impresa e della società nel suo complesso.

La responsabilità sociale d’impresa è espressa e misurata da strumenti quali indicatori sociali, rapporti sociali
e bilancio sociale, via via più sofisticati,sistematizzati da vari studi e applicati in modo più o meno ampio e in
forme piùo meno trasparenti e soddisfacenti.

16.5 Le evoluzioni del non-profit e della responsabilità sociale: implicazioni


manageriali
In un sistema di welfare in profonda ristrutturazione come quello attuale, vi sononuovi bisogni a cui far fronte e
nuove categorie di persone portatrici di tali bisogni. Si pensi al fenomeno “nuovo” dei giovani NEET e al suo
effetto dirompente sull’economia del lavoro in Europa e sulla futura sostenibilità dei sistemi di welfare, alle
famiglie allargate o unipersonali, agli anziani soli, ai bisogni dei profughi e richiedenti asili. Per nuovi bisogni
sono richiesti nuove politiche e nuovi servizi.
Nuovi bisogni, nuovi target e nuovi perimetri di intervento richiedono di conseguenza nuove competenze.
Con competenze non si allude solo al saper leggere le dinamiche dell’ambiente esterno dell’azienda che
cambia, ma anche di saper gestire le relazioni complesse parlando il linguaggio di diversi settori. Una delle
competenze chiave per i nuovi manager del futuro, pubblici o privati, è quella di riuscire a comprendere il
linguaggio di “altri” settori e saper dialogareper l’obiettivo comune della tutela dell’interesse generale. Parlare
il medesimo linguaggio significa anche avere consapevolezza e accurata conoscenza degli obiettivi
strategici dell’interlocutore professionalmente e istituzionalmente responsabile e competente nel
rappresentare gli interessi pubblici e gli impatti ottenuti a loro difesa.
Il settore non-profit agisce al di fuori di logiche di mercato con scambi tipici. A fonte di donazioni o di
erogazione di servizi a titolo gratuito o con tariffe inferiorial costo di produzione si perseguono alcuni interesso
collettivi. Misurare il gradodi efficacia dell’azione filantropica su obiettivi collettivi, spesso diversi e di lungo
periodo, è estremamente complesso. Questa complessità deve essere gestita per riuscire a rendicontare agli
stakeholder delle aziende non-profit, in modo damantenere la sostenibilità dell’azienda stessa.

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