LA MISURA
La misurazione è l’assegnazione di numeri ad oggetti, in modo che le relazioni esistenti tra gli oggetti
possano essere dedotti dalle relazioni esistenti tra i numeri. Quest’ultimi sono l’insieme utilizzato per
esprimere i caratteri dell’oggetto reale. Misurare ha a che fare con conoscere e governare i fenomeni, fin
dall’antichità si son ricercati strumenti per descrivere i fenomeni. Le misure rappresentative dei fenomeni
sono definite grandezze. Le grandezze non sono il fenomeno stesso ma uno strumento convenzionale per
dare rappresentazione ad un dato fenomeno.
Il termine misura può riferirsi sia al processo mediante il quale si perviene alla determinazione di un
risultato numerico (misurazione), sia al risultato numerico stesso (valore della misura), sia infine all’insieme
delle dimensioni di un fenomeno, di un oggetto da descrivere. La misura risponde all’esigenza di
quantificare le grandezze di un fenomeno mediante l’individuazione del numero che esprime il rapporto con
una grandezza della stessa specie che viene scelta come unità di misura. Il concetto di misura non può
essere definito senza avere un’attenzione particolare per le esigenze specifiche che muovono le singole
attività di misurazione. L’attività di misurazione non può prescindere dalla convenzione prescelta per la
rappresentazione del fenomeno oggetto di conoscenza.
La performance rappresenta il momento della realizzazione, del compimento del fine aziendale, ovvero
dei suoi obiettivi strategici. L’espressione performance si correla al concetto di execution, oggi al centro
del dibattito attorno al tema di come le imprese debbano essere gestite e governate. L’execution è
l’effettiva implementazione della strategia aziendale, ovvero il dare forma allo shared value. In altri termini,
è il portare a compimento gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Vi è una centralità della performance nella
gestione aziendale.
Il concetto di misura non può essere definito senza avere un’attenzione particolare per le esigenze
specifiche che muovono le singole attività di misurazione. L’attività di misurazione non può prescindere
dalla convenzione prescelta per la rappresentazione del fenomeno oggetto di conoscenza.
Performance-> Maraghini e Riccaboni han visto che la parola performance nel tempo è stata associata a
modelli tradizionali di misurazione aziendale. A partire da una 20 di anni fa si inizia a ridefinire i fini stessi
dell’impresa quindi non solo profitto. E con questa ridefinizione c’è stato anche il cambio da performance a
valore condiviso oppure sviluppo sostenibile. Proprio perché son stati ridefiniti i fini dell’impresa, il secondo
motivo di questa tendenza è dal fatto che il termine performance ha una sfumatura positiva, la si associa ad
un qualcosa di positivo e si è preferito quindi un vocabolo più neutro che può essere positivo o negativo.
Hanno affermato che è questo il momento in cui il termine performance deve riprendere valore, bisogna
fare un lavoro sull’etimologia della parola performance. In latino performare vuol dire dare una forma
definitiva, allora da questo punto di vista indica il termine dell’esecuzione della strategia, si intende il
compimento degli obiettivi aziendali. Ha a che fare con il modo in cui le imprese devono essere gestite, con
l’effettiva implementazione della strategia aziendale, dare forma al valore, portare a compimento gli obiettivi
di sviluppo sostenibile. Questo è un modo per riportare il termine performance, si lavora sull’etimologia della
parola.
La performance rappresenta il momento della «realizzazione», del «compimento» del fine aziendale,
ovvero dei suoi obiettivi strategici.
L’espressione «performance» si correla al concetto di «execution», oggi al centro del dibattito attorno al
tema del come le imprese debbano essere gestite e governate
L’execution rappresenta infatti l’effettiva implementazione della strategia aziendale, ovvero il "dare forma"
allo "shared value" o, in altri termini, il "portare a compimento" gli obiettivi di sviluppo sostenibile
Due sono gli elementi principali alla base del problema della valutazione della performance:
• l’interesse degli stakeholder alle performance dell’azienda, con la ricerca dei modelli adeguati a tal
fine e con la definizione di quale sia il tipo di risultati a cui è necessario fare riferimento;
• l’individuazione delle tecniche adeguate per poter valutare il raggiungimento degli obiettivi di
performance e delle attese da parte degli stakeholder
Il livello di performance che un’impresa raggiunge è una funzione dell’efficienza e dell’efficacia delle
azioni che intraprende. Un sistema di misurazione di performance può essere definito come il set di
metriche usate per quantificare sia l’efficacia che l’efficienza di tali azioni.
SVILUPPO SOSTENIBILE-> Sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità
delle generazioni future di soddisfare i propri. È un processo di cambiamento quindi ad esempio lo
sfruttamento delle risorse, i cambiamenti istituzionali etc devono essere coerenti con la sostenibilità.
Questa nel tempo è stata proposta in maniere diverse, ma sempre con qualcosa in comune. Cosa? Queste
3 dimensioni
Dimensioni costitutive
• Sostenibilità ambientale: accento sull’uso delle risorse ambientali, tale da rispettare i vincoli posti dalla
capacità di rigenerazione e di assorbimento da parte dell’ecosistema.
• Sostenibilità sociale: focalizzata sulla necessità di puntare a un miglioramento delle condizioni di vita,
tramite un migliore accesso ai servizi sanitari, educativi, sociali, al lavoro [...], nonché la necessità di un
cambiamento sostanziale negli stili di vita dei consumatori
• Sostenibilità economica, che procede dalla consapevolezza della necessità di una revisione degli attuali
modelli di consumo. Contribuire allo sviluppo della società riducendone costi e rischi, migliorando la
qualità di prodotti e servizi, senza aumentare – o preferibilmente riducendo – le possibili ricadute
negative.
Queste dimensioni devono essere interconnesse e non sommate fra loro. Può essere analizzato/osservato
da più punti di osservazione: politico, sociologico, macroeconomico, scienze ingegneristiche ambientale,
economico-aziendale (quello che utilizzeremo noi). Per raggiungere la sostenibilità è necessario il
coinvolgimento/lavoro di tutti, dalle istituzioni, ai soggetti privati, imprese ecc.
L’oggetto di riferimento della sostenibilità è il concetto di shared value, che può essere definito come policy
e pratiche operative che aumentano la competitività di un’impresa e contemporaneamente migliorano le
condizioni economiche e sociali delle comunità in cui operano. La creazione di shared value si focalizza
nell’identificare ed espandere le connessioni fra il progresso sociale e quello economico. È inoltre rilevante
l’orizzonte temporale di riferimento.
CHARITY, CSR E SOSTENIBILITÀ
• Shared value: è l’oggetto di riferimento della sostenibilità (creazione di valore condiviso nel lungo
periodo). È qualcosa di necessario per competere – correlato a scelte strategiche. Diverso da Charity e
CSR poiché è ritenuto qualcosa di necessario per competere. Sono le pratiche che implementano la
competitività di un’azienda e permettono di migliorare le condizioni economiche e sociali delle
comunità nelle quali l’azienda opera enfatizza connessione tra progresso sociale ed economico. Il valore
è condiviso (ripartito tra + soggetti).
Es: Treedom à sito che permette di piantare alberi e seguirne poi lo sviluppo.
Benefici ambientali = piantare l’albero.
Benefici economici = dalla risposta a un bisogno sociale si è creato un business. Integro al bisogno sociale
il mio vantaggio competitivo.
Benefici sociali = gli alberi vengono piantati da contadini locali e vengono piantati in aree dove è
necessario creare possibilità di lavoro per la comunità.
La risposta a un bisogno sociale e/o ambientale è integrata a un vantaggio competitivo.
L’idea di fondo è che questi tre elementi sono importanti non solo per la società e l’ambiente, ma
sono strumentali anche alla generazione di reddito
Quanto maggiore l’integrazione, quanto più si dà risposta a priorità e bisogni sociali, integrandoli nel
proprio vantaggio competitivo, tanto più l’impresa sarà orientata alla creazione di vantaggio competitivo.
Non altera il comportamento economico delle aziende ma le aiuta a focalizzarsi su elementi di benessere
sociale ai quali può rispondere con soddisfazione di soci e azionisti.
La sostenibilità implica il superamento dell’idea che l’obiettivo finale dell’impresa è la remunerazione del
capitale proprio. Con la sostenibilità si ha un cambiamento del paradigma. La creazione di valore condiviso
diventa indispensabile.
Porter e Kramer con riferimento al valore condiviso specificano che può assumere forme diverse:
• Riprogettazione dei prodotti e del mercato à creazione di prodotti e servizi innovativi in grado di
soddisfare esigenze e bisogni dei potenziali clienti anche utilizzando tecnologie alternative e
minimizzando l’impatto ambientale.
• Ridefinizione della produttività lungo la catena del valore à migliorando l’efficienza dei processi
interni e della supply chain (catena di fornitura). Assicurando produttività nella catena del valore da
ridefinire assicurando un contesto organizzativo orientato al miglioramento professionale dei
lavoratori.
• Facilitare lo sviluppo di cluster locali attraverso relazioni con diversi attori: organizzazioni di categoria,
università, centri di ricerca, fornitori, sistema finanziario. In un’ottica di dialogo, partecipazione e
engagement.
Idea di fondo: questi tre elementi sono importanti non solo per società e ambiente, ma sono strumentali
anche alla generazione di reddito e congruità delle relazioni tra i conferenti di capitale proprio. La
generazione di reddito è una delle condizioni da rispettare insieme a tutte le altre.
STAKEHOLDER THEORY
Strategic management stakeholder approach 1984: le imprese per perdurare nel tempo in un ambiente
mutevole con successo devono mantenere rapporti positivi con i diversi stakeholder senza attribuire
priorità assoluta agli interessi economici dei conferenti capitale di rischio.
L’obiettivo dell’impresa è pertanto quello di soddisfare le attese di tutti i portatori di interessi e non soltanto
dei proprietari/azionisti (ad esempio i lavoratori, i fornitori, i clienti, le comunità locali), il che presuppone
l’adozione di iniziative su base volontaria che vanno oltre quelle obbligatorie per legge.
La teoria nasce in contesto anglosassone ma anche nella teoria economico aziendale italiana si parla di
portatori di interesse sottolineando che i principi ai quali il soggetto economico si deve ispirare sono:
1. Principio di economicità
2. Principio di contemperamento degli interessi à creazione di strutture di governo e processi ispirati a
partecipazione e confronto nell’idea di evitare frizioni e contrasti tra i portatori di interesse che
possono anche compromettere l’esistenza dell’azienda. Ciò si riflette nella teoria degli stakeholder.
È una teoria che nasce negli anni 80 e che sta a monte di tutto il discorso sulla responsabilità d’impresa
prima e della sostenibilità poi. Nasce in contrapposizione alla teoria di Freedman à Shareholder based
view = the social responsability of business is to increase its profits: la responsabilità sociale di un business
è fare profitto. Un’impresa è socialmente responsabile nella misura in cui riesce a ottenere dei redditi.
Shareholder based view à l’unica responsabilità è massimizzare il reddito a favore dei conferenti capitale
proprio senza ricorrere a frodi. Secondo la prospettiva shareholder based i manager devono prendere
decisioni da parte del soggetto economico e qualsiasi iniziativa che non sia finalizzata alla generazione di
reddito rappresenta un’inosservanza al compito ricevuto. Ogni iniziativa non finalizzata alla generazione di
reddito rappresenta un’inosservanza del mandato ricevuto ma rappresenta anche una distrazione di
risorse.
Il nostro modo di concepire la sostenibilità si distanzia da questa teoria e affonda le radici nella stakeholder
theory.
1. che si può ragionevolmente ritenere saranno interessati dalle attività, dai prodotti o dai servizi
dell’organizzazione o
2. le cui azioni avranno un impatto sull’abilità dell’organizzazione di implementare le proprie strategie
ed ottenere i propri obbiettivi.
È uno stakeholder qualsiasi individuo o gruppo che possa influenzare o sia influenzato dal raggiungimento
di un obiettivo aziendale. Le imprese sono in grado di perdurare nel tempo in un ambiente mutevole,
soltanto se mantengono rapporti positivi con diversi portatori di interessi, senza attribuire priorità assoluta
agli interessi economici dei conferenti capitale di rischio. L’obiettivo dell’impresa è pertanto quello di
soddisfare le attese di tutti i portatori di interessi e non soltanto dei proprietari/azionisti, il che presuppone
l’adozione di iniziative su base volontaria che vanno oltre quelle obbligatorie per legge. La vera sfida è
identificare gli stakeholder rilevanti.
SOSTENIBILITÀ
GESTIONE E CONTROLLO
Il controllo di gestione e una funzione critica nelle organizzazioni. Eventuali carenze in quest’area possono
causare ingenti perdite finanziarie, un danno all'immagine e persino il fallimento dell'azienda. La parola
“controllo”, nella sua accezione manageriale, non ha una definizione universalmente accettata. Una visione
superata e ristretta dell’MCS lo riduce a un semplice sistema cibernetico e regolatorio che comporta un
singolo circuito di feedback, paragonabile a un termostato che misura la temperatura, poi la confronta con
lo standard desiderato e se necessario effettua un’azione correttiva, in questo caso accendere o spegnere
il condizionatore. Nel circuito di feedback di un MCS, i manager misurano la performance, confrontano
quella misurazione con uno standard di performance predefinito e pongono in atto azioni correttive.
Tuttavia, noi assumeremo una prospettiva più ampia. Molti controlli di gestione di uso corrente, non si
focalizzano sulla misurazione della performance. Si focalizzano invece sull’obiettivo di incoraggiare,
aiutare e a volte obbligare i collaboratori ad agire nel miglior interesse dell’organizzazione. Inoltre alcuni
controlli di gestione sono proattivi anziché reattivi.
I controlli proattivi servono a prevenire i problemi in modo che l’organizzazione non abbia ricadute
negative sulla performance (es: approvazione preventiva spese). Il controllo di gestione include perciò
tutti i dispositivi o tutti i sistemi che usano i manager per fare in modo che i comportamenti e le decisioni
dei loro collaboratori siano coerenti con gli obiettivi e con le strategie dell’azienda.
CONTROLLO DI GESTIONE
Le azioni relative alla creazione del valore condiviso devono essere pianificate e controllate dalle aziende
per accertare che tali programmi vengano effettivamente seguiti. Noi ci occuperemo del controllo in
riferimento agli obiettivi di sostenibilità. Per
parlare di controllo parleremo di controllo in
termini generali e poi orientati alla
sostenibilità.
Misure di performance è un tema di controllo
sui risultati.
La premessa che occorre fare riguarda il fatto
che in generale gli studi di accounting della
sostenibilità socio-ambientale sviluppati nel
tempo possono essere ricondotti a due
strategie di analisi:
• Approccio manageriale
• Approccio critico
Sono due approcci che differiscono molto nell’uso degli strumenti di accounting per lo sviluppo sostenibile
ma anche per l’interpretazione del ruolo dell’accounting con riferimento alla sostenibilità. Noi
propenderemo per l’approccio manageriale.
Approccio manageriale à muove dal presupposto di coniugare gli aspetti di sostenibilità ambientale,
sociale ed economica dell’agire aziendale; riconosce il bisogno di contemplare le tre dimensioni e
concepisce l’accounting come un mezzo per risolvere le problematiche di sostenibilità dell’azienda. In base
a questo approccio l’accounting, la contabilità e il controllo di gestione possono dare un contributo nel
risolvere i problemi di sostenibilità dell’azienda. Questo approccio muove da un’esigenza di superare i limiti
delle misure tradizionali di performance economico finanziaria. Non basta soffermarsi sulle performance di
BP, occorre andare oltre i limiti delle tradizionali misure di performance economico-finanziare (contabili
[reddito, margine operativo lordo, ROI] e di mkt [di prezzo]). È un approccio alla sostenibilità che richiama
il rivedere le pratiche operative ma anche le rilevazioni e l’informazione. Riconoscimento dei limiti dei
strumenti tradizionali di accounting che, essendo chiamati a rappresentare le performance monetarie, non
si prestano a trattare anche le questioni sociali e ambientali.
Al fine di superare questi limiti, nell’ambito dell’approccio manageriale, si sono delineate due prospettive
di analisi:
Approccio critico à secondo l’approccio critico al ruolo dell’accounting per la sostenibilità socio-
ambientale vengono proposte argomentazioni differenti rispetto all’approccio manageriale. Viene
contestato il fatto che a loro modo di vedere in ogni caso le aziende attribuiscono priorità a obiettivi di
natura economica e questo è un approccio critico. Ciò che conta alla fine sono gli aspetti economici. Quindi
gli obiettivi economici diventano predominanti a scapito delle tematiche sociali e ambientali. Inoltre
sostengono che la causa di crisi ambientali e disparità sociali sia ascrivibile al modo con cui vengono utilizzati
i sistemi di accounting. Gli strumenti tradizionali di accounting sono asserviti ala management e operano
come pratiche legittimanti che non danno un contributo alle sfide dello sviluppo sostenibile. Secondo questi
autori la sostenibilità non è studiabile a livello aziendale ma assume significato solo a livello planetario e
lungo un orizzonte temporale inter-generazionale.
I meccanismi operativi rappresentano i sistemi che governano il comportamento delle persone che
operano nelle aziende e contribuiscono allo svolgimento delle combinazioni economiche.
Sono costituiti da insiemi di processi e si avvalgono di insiemi di regole, di procedure e di programmi.
Esprimono l’elemento dinamico dell’assetto organizzativo, complementare alla struttura organizzativa.
Contemperano esigenze connesse alla strategia aziendale ed esigenze delle persone che operano
all’interno dell’azienda
I meccanismi operativi possono essere distinti in due classi:
MANAGEMENT
Il controllo di gestione è la parte conclusiva del processo di management. Ci sono varie definizioni di
management, gli studiosi hanno suddiviso questo concetto in una serie di elementi più piccoli e più
facilmente discernibili. La tabella mostra gli schemi di classificazione più accreditati.
La prima colonna individua le funzioni manageriali più importanti nella catena del valore. La seconda
colonna identifica le principali tipologie di risorse con cui devono operare i manager. L’espressione
controllo di gestione appare nella terza colonna della tabella, che distingue le funzioni di management in
base a un processo che comporta la definizione degli obiettivi, la formulazione della strategia e il controllo
di gestione. Quindi il controllo è l’ultima parte del processo decisionale.
Nella maggior parte delle organizzazioni risulta più efficiente cercare di migliorare i MCS rispetto a
sforzarsi nel migliorare la definizione della strategia.
ATTIVITÀ DI MANAGEMENT
La pianificazione strategica è il processo di decisione delle mete dell'organizzazione e delle strategie per
raggiungerle
Programmazione è il processo che, sulla base degli indirizzi strategici prestabiliti nel piano, individua le
alternative di azione concrete da attuare in un periodo, di regola annuale, stabilendo le risorse da impiegare
e definendo i compiti dei vari responsabili. Il budget è dato da un insieme di prospetti separati ma tutti
collegati tra loro. Pianificazione e programmazione è diverso da previsione(prevedere)
Direzione e motivazione: comportano la mobilitazione del personale per eseguire i progetti e svolgere le
attività quotidiane
Controllo: comporta la verifica che piani e programmi siano effettivamente seguiti e vengano
adeguatamente modificati al variare delle circostanze. E’ il processo che tende ad assicurare che le azioni
svolte siano in linea con i risultati voluti. Processo che tende a rassicurare le azioni svolte siano in linea con
i risultati voluti. Il controllo si realizza tra quanto è stato programmato e quanto è stato effettivamente
eseguito. Il controllo è consequenziale.
La conoscenza degli obiettivi è un prerequisito per la progettazione di qualunque MCS e più in generale
per qualunque attività finalizzata. Non per forza gli obiettivi sono solo quantitativi o finanziari, molte
imprese hanno obiettivi extra finanziari come quelli legati alla sostenibilità o allo sviluppo e benessere del
personale.
Tuttavia, in qualsiasi organizzazione i collaboratori devono avere un’idea generale di quelle che sono
considerate le finalità generali. I collaboratori però non sono sempre d’accordo su come bilanciare le
responsabilità della propria organizzazione verso gli stakeholder. Per questo le organizzazioni sviluppano
meccanismi di compromesso espliciti o impliciti per risolvere i conflitti tra gli stakeholder e raggiungere
un certo livello di accordo sugli obiettivi da perseguire.
FORMULAZIONE STRATEGICA
Una volta definiti gli indirizzi strategici, le strategie vengono poi a stabilire come le organizzazioni
dovrebbero usare le proprie risorse per raggiungere quegli obiettivi. Una strategia ben concepita è in
grado di spiegare cosa dovrebbero fare i collaboratori per quanto riguarda anche tutta la pianificazione
progettata intorno all’obiettivo in aree eterogenee come il marketing, il branding etc.. Abbiamo una road
map dettagliata ma semplice da comprendere e condividere. Tutto quello che viene fatto è funzionale
agli obiettivi tanto che possiamo costruire il business a ritroso partendo da questi ultimi.
Molte organizzazioni sviluppano strategie deliberate, ovvero sviluppate tramite processi di pianificazione
sistematici e spesso complicati. Alcune aziende invece non hanno strategie formalizzate e gli elementi
principali di queste emergono da una serie d’interazioni tra il management, i collaboratori e l’ambiente;
emergono inoltre da decisioni prese spontaneamente ed esperimenti improvvisati che dovrebbero
indicare quali attività portano alla massimizzazione del successo.
In ogni caso se esiste un minimo di coerenza nel processo decisionale, si può dire che si è formata una
strategia, indipendentemente dal fatto che sia programmata e/o non programmata. In questo senso le
visioni strategiche si formano attraverso processi organizzativi dinamici anziché attraverso un processo
formale di elaborazione della strategia.
Neppure le visioni strategiche più sofisticate possono arrivare a dettagliare tutte le azioni desiderate e a
contemplare tutte le possibili evenienze. Ma per la progettazione dei MCS, conviene disporre di strategie
il più possibile specifiche e dettagliate. Le visioni strategiche formalizzate rendono più agevole per il
management sia identificare le alternative praticabili di controllo di gestione, sia renderle operative in
modo efficace. I controlli di gestione possono essere mirati sui fattori critici di successo
dell’organizzazione, come lo sviluppo di nuovi prodotti, minimizzazione dei costi o incremento della quota
di mercato.
Ma le strategie formalizzate non rappresentano una condizione sufficiente per il successo. È nella fase di
esecuzione del processo manageriale che i MCS svolgono un ruolo critico.
I sistemi di controllo possono avere due funzioni base: controllo strategico e controllo di gestione.
Secondo un’accezione ampia, il controllo di gestione include l’insieme degli strumenti e dei sistemi utilizzati
dai manager per indurre comportamenti individuali e organizzativi coerenti con il raggiungimento degli
obiettivi aziendali. Molti controlli di uso corrente non appaiono focalizzati sui risultati e sulla misurazione
delle performance, quanto sulla finalità di incoraggiare, aiutare e talora obbligare i collaboratori ad agire
nel miglior interesse dell’azienda. I comportamenti delle persone che operano nell’azienda possono essere
indirizzati nella direzione degli obiettivi attraverso un insieme eterogeneo di strumenti, formali e informali,
impiegabili simultaneamente. Non si tratta solo di meccanismo di retroazione, ma si tratta di una
prospettiva più ampia. Hanno a che fare con il comportamento delle persone. Gli studiosi sostengono
questa funzione comportamentale del controllo di gestione. Non è sufficiente misurare le performance ma
occorre anche controllare i comportamenti.
Il controllo strategico impone ai manager di rispondere alla domanda “La nostra strategia è valida?”
oppure in contesti dinamici “la nostra strategia è ancora valida?” Tutte le imprese devono mettere in atto
il controllo strategico, ma la preoccupazione che una strategia possa diventare obsoleta è maggiore per
le imprese che operano in contesti dinamici.
Gli strumenti da impiegare per affrontare i problemi di controllo strategico e controllo di gestione sono
profondamente diversi. I manager che affrontano problemi di controllo strategico hanno un approccio
prevalentemente esterno: studiano il settore e il ruolo che ricopre la loro organizzazione al suo interno e
cercano di capire come può competere con le altre imprese in base alla combinazione di punti di
forza/debolezza e opportunità/minacce.
Il fine del controllo di gestione è incoraggiare le persone ad adottare azioni e comportamenti adeguati e
desiderabili. È pertanto necessario per prevenire la possibilità che i collaboratori facciano qualcosa che
non dovrebbero fare o non facciano qualcosa che dovrebbero fare.
Se si potesse contare regolarmente sul fatto che tutti i collaboratori perseguono il miglior interesse
dell’organizzazione, non ci sarebbe bisogno di un sistema di controllo di gestione.
Una volta assodata la necessità di concentrarsi sui comportamenti bisogna domandarsi quali sono le
caratteristiche dei collaboratori che creano il bisogno di implementare dei MCS. Le cause che ispirano
l’introduzione dei sistemi di controllo sono:
1. ASSENZA DI DIRETTIVE
L’agire di alcuni collaboratori risulta inadeguato per il semplice fatto di non sapere cosa
l’organizzazione vuole da loro. Quando si verifica questa mancanza di direttive, la probabilità che
vangano posti in atto i comportamenti desiderati è legata al caso. Di conseguenza, una funzione di
controllo presuppone un’adeguata azione informativa rivolta ai collaboratori su come essi possano
contribuire al raggiungimento degli obiettivi. (COMUNICAZIONE + RINFORZO)
2. PROBLEMI MOTIVAZIONALI
Anche quando sanno esattamente cosa ci si aspetta da loro, alcuni collaboratori non soddisfano le
attese dell’azienda a causa di problemi motivazionali. Si tratta di problemi molto diffusi perché gli
obiettivi individuali e organizzativi tendono a divergere, questo perché l’individuo è animato
dall’interesse egoistico. A volte i collaboratori agiscono nel proprio interesse a scapito degli interessi
dell’azienda. Come ad esempio l’operaio che trova il modo di rallentare il proprio lavoro, pur
convincendo il datore di lavoro che opera a un ritmo soddisfacente, oppure si attardano a pranzo, si
dedicano eccessivamente alle cose che rendono più piacevole la vita, si assentano per malattia anche
se non sono ammalate ecc.
Il problema dell’avversione al lavoro e di altri comportamenti egoistici si pone ancora oggi. “le
persone vogliono mantenere il proprio tenore di vita, anche se per farlo devono ricorrere all’attività
criminale”. Un esempio sono la cattiva gestione e l’appropriazione indebita. Le forme più gravi di
comportamento inappropriato, come la frode, possono avere impatti molto pesanti tra cui perdita di
ricavi, compromissione delle relazioni di business, sanzioni, spese legali, deprezzamento delle azioni
e molto altro.
Ma oltre ad utilizzare i MCS per evitare comportamenti negativi o disfunzionali, l’utilizzo dei MCS è
importante anche per motivare i comportamenti positivi o produttivi: ovvero su come si possano
indurre i collaboratori a perseguire costantemente e con il massimo impegno gli obiettivi
dell’organizzazione (incentivi, controllo risultati...)
3. LIMITI PERSONALI
Il terzo problema comportamentale che devono affrontare i MCS si crea dove i collaboratori che
sanno esattamente cosa ci si aspetta da loro e sono motivati a dare il massimo, non sono in grado di
fornire una performance adeguata a causa di tutta una serie di limitazioni. Alcune di esse riguardano
la persona nello specifico come la mancanza di attitudine, di formazione, di esperienza rispetto al
lavoro da svolgere. Un esempio è la situazione in cui i collaboratori vengono promossi al di sopra del
loro livello di competenza. In questi casi i problemi diventano inevitabili, ci possono essere mansioni
progettate male e questo costringe anche i lavoratori più attivi e motivati a stancarsi causando errori
di valutazione. Le ricerche psicologiche indicano inoltre che tutti gli individui, per quanto intelligenti,
ben addestrati o esperti, presentano dei limiti nella capacità di percepire nuovi problemi, nel
ricordare fatti importanti ed elaborare correttamente le informazioni.
SUPERAMENTO CONTROLLO DI GESTIONE TRADIZIONALE
I controlli di gestione non si riducono sempre a un semplice sistema cibernetico (come un termostato):
● Sensore ➜ rileva la prestazione
● Misuratore ➜ la confronta con lo standard predefinito
● Attuatore ➜ se necessario, effettua un’azione correttiva
STRATEGIE DI SOSTENIBILITÀ
PASSIVA: l’azienda subisce la sostenibilità e la vive quale costrizione, essa non è inclusa nei ragionamenti
strategici e si opera in un’ottica di depurazione a valle (ex-post);
REATTIVA: l’azienda reagisce a stimoli esterni e la sostenibilità è vista come vantaggio economico di breve
e lungo termine;
ADATTIVA: presa di coscienza dell’azienda delle proprie responsabilità. Ciò nonostante, non vi è
investimento di risorse e l’azienda si limita ad adattarsi a prescrizioni legislative e alle istanze dei diversi
stakeholder.
PROATTIVA: l’azienda vive la sostenibilità come responsabilità che contraddistingue il modo di essere nel
contesto di riferimento. È condivisa e trasmessa lungo tutta la piramide organizzativa.
Per avere un’elevata probabilità di successo, le organizzazioni devono possedere un controllo di gestione
efficace. L’espressione fuori controllo si usa per descrivere una situazione nella quale c’è un’elevata
probabilità di performance inadeguata. Ma anche un controllo di gestione efficace può avere dei
problemi, perché il controllo perfetto non esiste, se non in circostanze del tutto particolari. Il controllo
perfetto supporrebbe la garanzia dell’infattibilità di tutti i sistemi di controllo e della perpetua correttezza
comportamentale di tutti gli individui su cui deve fare assegnamento l’organizzazione. Il costo derivante
dalla mancanza di un sistema di controllo perfetto si definisce perdita da controllo. È la differenza tra
performance teoricamente possibile in base alla strategia scelta e la performance che ci si può attendere
in base alla presenza dei MCS.
Si può dire di aver raggiunto il controllo ottimale se le perdite da controllo attese sono inferiori al costo di
implementazione di un maggior numeri di controlli. Il benchmarking è un controllo adeguato.
La valutazione del raggiungimento di un controllo efficace deve essere orientata al futuro e guidata dagli
obiettivi:
• ORIENTATA AL FUTURO perché lo scopo è evitare sorprese sgradite, il passato serve unicamente
come riferimento per il futuro, ossia in termini di esperienze passate e maturate o di lezioni
apprese dai malfunzionamenti del sistema di controllo.
• GUIDATA DAGLI OBIETTIVI perché gli obiettivi esprimono quello che l’azienda cerca di ottenere.
Ciò nonostante, stabilire se si è conseguito un controllo efficace è difficile perché l’adeguatezza del
controllo dipende dal futuro ma il futuro e incerto, come lo sono anche le previsioni di possibili
conseguenze. E non si può stabilire un controllo efficace su un’attività se non si prende in considerazione
la performance su tutte le dimensioni significative.
COME EVITARE PROBLEMI DI CONTROLLO
Implementare i MCS non è sempre il modo migliore per ottenere un controllo efficace. A volte i problemi
si possono evitare, e ciò significa eliminare la possibilità che si creino. Le organizzazioni non possono mai
evitare tutti problemi di controllo, ma spesso possono evitarne alcuni limitando l’esposizione a determinate
criticità e a certe fonti di pericolo, o riducendo la massima perdita potenziale in caso di problemi.
1. ELIMINAZIONE DELL’ATTIVITA’
A volte i manager possono eliminare i problemi di controllo che si associano ad una determinata attività
trasferendo i rischi potenziali, ed i relativi profitti, ad un terzo tramite meccanismi come i subappalti, i
contratti di licenza, o il disinvestimento.
I manager che non sono in grado di controllare certe attività, perché non dispongono delle risorse
necessarie, o perchè non hanno una conoscenza adeguata dei processi da implementare, o per via di
limitazioni legali o strutturali, sono più inclini ad eliminarle. Quando non vogliono abbandonare del
tutto un’area che non sono in grado di controllare bene, i manager dovrebbero limitare gli investimenti
e quindi una parte di rischi in tale area. Un esempio è il cloud computing, mediante il quale le imprese
ottengono risorse informatiche (elaborazione, archiviazione, messaggistica, trasmettere in streaming
e così via) dall’esterno, e pagano solo quello che usano, anziché sviluppare un’infrastruttura diretta e
gestire da sé i propri sistemi.
La disciplina che mira a stabilire se determinate attività economiche si possono controllare più
efficacemente attraverso i mercati o attraverso le gerarchie organizzative è l’economia dei costi di
transazione.
2. AUTOMAZIONE
L’automazione è una seconda opzione per evitare i problemi di controllo. A volte i manager possono
utilizzare computer e robot per ridurre l’esposizione della propria organizzazione ad alcuni di questi
problemi. I dispostivi si possono programmare e quando operano correttamente sono più coerenti
degli umani. I computer eliminano i problemi umani dell’inaccuratezza, dell’incongruenza e della
mancanza di motivazione.
Tuttavia, l’automazione può fornire al massimo un controllo parziale. Essa possiede dei limiti tra cui la
fattibilità, infatti gli esseri umani possiedono la capacità di effettuare valutazioni complesse in maniera
intuitiva e ciò non è replicabile da nessuna macchina. Un secondo limite è il costo, in quanto
l’automazione richiede spesso grossi investimenti. L’automazione, quindi, è applicabile soltanto a
situazioni in cui le decisioni siano riconducibili a modelli decisionali predefiniti.
3. CENTRALIZZAZIONE
Una centralizzazione elevata, che concentra tutte decisioni importanti nelle mani del top
management, è tipica delle piccole imprese, specie quando sono gestite dal fondatore del proprietario.
In questi casi, il top management avoca a sé stesso le decisioni importanti, e anche quelle poco
importanti, evitando così che i collaboratori di più basso livello possono fare valutazioni sbagliate.
In quasi tutte le organizzazioni, non si possono centralizzare tutte le decisioni critiche, e si rendono
quindi necessarie altre soluzioni di controllo. Quando le decisioni sono decentralizzate i controlli sui
risultati hanno un ruolo fondamentale per responsabilizzare i manager sulle conseguenze delle proprie
decisioni.
4. CONDIVISIONE DEI RISCHI
Condividendo i rischi con delle entità esterne si possono limitare le perdite che potrebbero derivare
dai comportamenti inappropriati dei collaboratori. La condivisione dei rischi può comportare, ad
esempio, la sottoscrizione di polizze assicurative per tutelarsi contro perdite potenzialmente molto
ingenti che l’azienda non sarebbe in grado di sopportare. Un’altra forma di condivisione dei rischi con
soggetti esterni è la costruzione di una joint-venture.
ALTERNATIVE DI CONTROLLO
Per i problemi di controllo che non si possono evitare, i manager devono implementare uno o più
meccanismi di controllo che vengono definiti controlli di gestione. L’insieme dei meccanismi di controllo
utilizzati formano il sistema di controllo di gestione (MCS).
I MCS variano da un’organizzazione all’altra e tra aree decisionali di una stessa organizzazione. I MCS di
alcune organizzazioni consistono prevalentemente nel tentativo di assumere persone affidabili, in grado di
fornire un contributo in lena con le attese, altre organizzazioni offrono incentivi legati alle performance.
La scelta dei controlli da implementare non è casuale, ma si basa su una molteplicità di fattori. In certe
situazioni, alcuni controlli non sono efficaci o non sono convenienti. Alcune tipologie di controlli si addicono
maggiormente a certe categorie di problemi, le diverse organizzazioni, e le diverse aree di ciascuna
organizzazione, devono affrontare spesso combinazioni assai differenziate di problemi di controllo. Alcune
forme di controllo hanno effetti collaterali indesiderabili che possono essere particolarmente dannosi in
certi contesti.
Come già detto, l’insieme dei meccanismi di controllo utilizzati forma il sistema di controllo di gestione
(MCS). Tra questi vi sono i controlli sulle azioni, i controlli
sui risultati e i controlli sul personale.
Controllo del personale: danno modo di fare un buon lavoro e accrescono la possibilità che ognuno possa
controllarsi. Sii possono implementare questi controlli tramite 3 azioni: selezione del personale, formazione
del personale (una forma di controllo, accrescere la possibilità ) e progettazione delle mansioni e che si
trovino in condizioni buone per svolgere il lavoro. Trovare le persone giuste per quelle determinate azioni
e accrescere le probabilità che il lavoro venga svolto correttamente
Controlli culturali: ispirati alla creazione di una adeguata cultura organizzativa, mirano ad incoraggiare il
monitoraggio reciproco (sotto)
LA CULTURA ORGANIZZATIVA
La cultura organizzativa è costituita dall’insieme di valori, norme, opinioni e conoscenze condivisi dalle
persone che operano nell’azienda e trasmessi ai nuovi membri come il modo corretto di pensare e
comportarsi. Produce un effetto sui
comportamenti non direttamente accostabile
alla struttura organizzativa, né al livello di
responsabilità attribuito ai collaboratori, o alla
presenza e all’azione dei meccanismi
operativi. Ogni organizzazione ha una propria
cultura.
Si manifesta su tre livelli la cultura
organizzativa (sotto immagine) a decrescere:
La cultura organizzativa
La cultura organizzativa svolge due funzioni fondamentali nelle aziende:
- Integrazione interna: la cultura organizzativa favorisce lo sviluppo e il rafforzamento di un’identità
collettiva, attraverso la creazione di legami sociali che informano le relazioni reciproche tra persone,
permettendo a queste di lavorare insieme in modo proficuo
- Adattamento esterno: riguarda il modo in cui l’azienda si relaziona all’ambiente per raggiungere gli
obiettivi, consolidare la strategia e competere efficacemente
Codici di condotta
• Codici etici, credo organizzativi, vision e mission ecc.: si tratta di documenti formali scritti che
forniscono un quadro generale dei valori organizzativi, degli impegni assunti nei confronti degli
stakeholder e delle modalità con cui dovrebbe funzionare l’organizzazione nella prospettiva dei
manager. (vision: esprime la proiezione desiderata dello stato futuro dell'organizzazione, risponde alla
domanda quali scopi vogliamo perseguire e cosa vogliamo essere nel 2022; mission: il fine
dell’organizzazione (qual è il nostro business, il nostro scopo)
• Principi guida fondamentali dell’organizzazione
Ricompense di gruppo
• Per esempio, piani di condivisione dei risultati finanziari dell’impresa, possesso di azioni da parte dei
dipendenti.
• Si tratta di controlli culturali (sebbene coinvolgano controlli sui risultati) perché la correlazione tra gli
sforzi individuali e i risultati premiati è più debole rispetto alle ricompense individuali. Hanno il
problema del free riding, ottenere benefici che alla fine non sono stati ottenuti in modo adeguato da
me
Trasferimenti intra-organizzativi
• Migliorano la socializzazione dei collaboratori all’interno dell’organizzazione, inibendo lo sviluppo di
obiettivi e prospettive incompatibili.
• Migliorano il senso di appartenenza all’organizzazione nel suo complesso, inibendo l’identificazione
con singole unità
Input dall’alto
Le prese di posizione del management devono essere coerenti con il tipo di cultura che vorrebbe instaurare
e, soprattutto, le sue azioni e i suoi comportamenti devono essere coerenti con le sue affermazioni.
Uno dei modelli di progettazione dei sistemi di programmazione controllo che ha costituito un riferimento
costante negli ultimi trent’anni in Italia è quello di Amigoni.
La complessità strutturale dell’impresa si definisce con riferimento a due attributi, la numerosità delle aree
di risultato e la loro connessione, e la numerosità e l’articolazione delle aree di responsabilità. Quanto più
numerose sono le aree di risultato tanto più numerose e articolate sono le aree di responsabilità.
Il dinamismo ambientale esprime la velocità del cambiamento mentre il grado di discontinuità ne indica la
prevedibilità.
È possibile identificare una serie di caratteristiche generalizzabili che il sistema di controllo deve possedere
affinché tale sistema possa efficacemente supportare l’attività di guida e orientamento della direzione. Tali
caratteristiche sono: l’articolazione, la rilevanza, la selettività, l’orientamento, la responsabilizzazione
formale, la rigidità procedurale, lo stile di controllo e la prontezza.
Una delle considerazioni nel modello di Amigoni dimostra come, al crescere della complessità strutturale
dell’impresa, aumenti la centralità del sistema di controllo di gestione nella guida dell’impresa efficiente ed
efficace verso obiettivi definiti, purché l’ambiente sia stazionario. Se l’ambiente è invece altamente
dinamico o discontinuo, le imprese devono basarsi sui meccanismi operativi diversi dagli strumenti tipici
del controllo di gestione.
L’importanza della componente di processo del sistema di controllo è esplicitamente menzionata nel
modello di Brunetti.
Tale modello definisce il sistema di controllo come sintesi della struttura sia organizzativa sia tecnico-
contabile e di processo. La struttura tecnico-contabile è quell’insieme di strumenti nei quali si esprimono
sia gli obiettivi sia i consuntivi. Essa fornisce l’infrastruttura tecnica della struttura organizzativa del
controllo.
Il processo di controllo è la metodologia in base alla quale si svolge il controllo: definizione degli obiettivi,
svolgimento dell’attività, verifica dei risultati mediante raffronto con gli obiettivi, analisi degli scostamenti
e azioni correttive o ritaratura degli obiettivi.
Tra gli elementi di struttura e il processo vi sono chiari e frequenti fenomeni di interazione.
Gli input dai quali dipende la configurazione del sistema di controllo sono: fattori organizzativi, fattori
umani e fattori sociali. I fattori organizzativi sono rappresentati dalla struttura organizzativa di base, i
meccanismi operativi, la strategia effettivamente perseguita, ma includono anche lo stile di direzione, ossia
l’insieme di comportamenti della direzione nei riguardi dei collaboratori e l’ambiente esterno. I fattori
umani comprendono le capacità, le conoscenze, le abilità, le motivazioni, le aspettative, i valori e i modi di
essere dei membri dell’organizzazione. I fattori sociali riguardano, invece, la composizione e le
caratteristiche dei gruppi che operano all’interno dell’organizzazione.
Gli output del sistema sono: l’efficienza direzionale, la motivazione e il morale. L’efficienza direzionale
rappresenta, da un lato, la capacità di gestire la consapevolezza del governo d’impresa e, dall’altro, la
possibilità di valutare le prestazioni manageriali. La motivazione è ciò che spinge un individuo a svolgere
una certa azione o a perseguire un dato obiettivo. Infine, il sistema di controllo raggiunge effetti di più
ampio respiro che raggiungono tutto il sistema organizzativo e quindi tutti i membri dell’organizzazione.
Tali effetti, che vengono indicati con il termine clima organizzativo, possono essere positivi o negativi.
Il processo di controllo non può prescindere dalle relazioni tra quest’ultimo e gli altri elementi del sistema
di controllo, che sono:
• Infrastruttura
• stile di direzione e cultura
• meccanismi di coordinamento e integrazione:
• sistemi degli incentivi:
L’infrastruttura è costituita dalla struttura organizzativa formale dalla relativa mappa delle responsabilità
formali (centri di responsabilità economica e connessi sistemi di misurazione). L’organizzazione formale è
a sua volta influenzata dalla strategia e dalle politiche operative.
I meccanismi di coordinamento e integrazione, invece, sono tutti quei meccanismi che consentono di
integrare i processi decisionali e i processi di allocazione delle risorse, risolvere conflitti organizzativi,
accrescere il senso di appartenenza all’organizzazione, sviluppare condivisione e fiducia
nell’organizzazione.
Il sistema degli incentivi è l’insieme di elementi che regola il rapporto fra le organizzazioni e i suoi
collaboratori e che identifica i benefici in cambio dei quali una persona offre il suo contributo professionale
all’organizzazione.
l processo formale di controllo comprende due processi distinti ma correlati: il processo di pianificazione
e quello di reporting. La pianificazione ha lo scopo di definire gli obiettivi strategici e i piani d’azione
necessari per conseguire gli obiettivi strategici.
Il budgeting consiste, invece, nel processo di definizione dell’espansione economico-monetaria dei piani
d’azione. Il reporting è definito come quel processo di rilevazione e comunicazione dei risultati conseguiti,
di determinazione del grado di raggiungimento dei risultati attraverso il confronto con gli obiettivi.
I due processi sono solo formalmente separati ma le interazioni fra gli stessi sono molteplici.
La cultura e lo stile di direzione sono aspetti prevalentemente informali. La cultura aziendale, cioè l’insieme
di valori condivisi, percezioni comuni, simboli, abitudini e regole d’azione, che orienta i comportamenti
delle persone, è una delle forme di coordinamento più semplici ed efficaci. Secondo Maciariello e Kirby, i
sistemi di controllo ben progettati e solidi tendono ad evolvere nel tempo in modo coerente rispetto alla
cultura prevalente in azienda.
INFRASTRUTTURA
Struttura organizzativa: STILE DI DIREZIONE E CULTURA
• Strategia Stili prevalenti
• Operazioni • Interni, esterni e misti
Modelli di misurazione Valori principali
• Centri di responsabilità economica • Norme e valori
• Prezzi di trasferimento
COORDINAMENTO E INTEGRAZIONE
INCENTIVI Comitati permanenti
Individuali e di gruppo • Strategici
Orientati al breve e al lungo termine • Operativi
Percorsi di carriera Conferenze formali
Tecniche di coinvolgimento
Se il sistema di controllo richiede comportamenti che sono in contrasto con la cultura e lo stile di controllo
prevalenti nell’organizzazione si corre il rischio che esso venga sistematicamente disatteso.
Maciariello e Kirby sono tra i pochi studiosi che hanno tentato di razionalizzare l’informale in merito al
processo informale di controllo.
L’organizzazione informale è l’insieme di strutture soft difficili da descrivere, eppur presenti nelle
organizzazioni. Queste strutture tendono a rafforzarsi nel momento in cui l’organizzazione percepisce un
pericolo, quindi la necessità di aumentare l’adattabilità della stessa.
Gli incentivi informali sono parametrati sulla base della statura morale e sono riconosciuti a ciascun
membro di rilievo della struttura informale. Questi incentivi hanno una natura intrinseca e sono
rappresentati dal rispetto, dal riconoscimento di capacità specifiche da parte dei membri della rete
informale. A differenza degli incentivi formali quelli informali sono particolarmente efficaci in virtù del
coinvolgimento personale di chi offre l’incentivo. L'esistenza di un'organizzazione informale, di un sistema
di incentivi che premia ciò che non è codificato, di meccanismi di coordinamento e integrazione molto
informali è molto probabilmente correlata alla presenza di incertezza.
In questo contesto, l'informalità pervasiva consente alla cultura di esercitare un "controllo" stretto sul
processo di raccolta delle informazioni, ricerca strategie, finalità e obiettivi alternativi, confrontandoli con
i valori e le aspettative dei membri dell'organizzazione e adattandosi alle nuove condizioni. Se gli obiettivi
dell'organizzazione sono minati dall'incertezza solo i valori più profondi dell'organizzazione potranno
costituire la base per la "selezione" di comportamenti accettabili e questa selezione può avere anche effetti
distruttivi.
Innanzitutto, colpisce il centro del processo di controllo, che enfatizza il controllo organizzativo più che la
tradizionale definizione di controllo strategico, gestionale e operativo. La strumentazione tecnico-contabile
assume un ruolo sfumato, sottolineando ancora una volta che il valore degli strumenti di controllo non è
assoluto, ma relativo: dipende dal modo (processo) con cui gli strumenti vengono utilizzati.
Inoltre, l'evidenza di molteplici interazioni tra il processo di controllo e altri elementi organizzativi tipici
delle imprese ricorda la complessità del problema del controllo aziendale.
Infine, come elemento di originalità del modello, la chiara introduzione dell'informalità è assunta come
funzione di risposta all'incertezza ambientale e come mezzo per promuovere l'adattabilità del sistema al
cambiamento ambientale.
Il modello sembra troppo normativo, ma ovviamente questo è un problema di tutti i modelli contingenti.
Le stesse regole modello non sono molto articolate, queste si riferiscono principalmente alla necessaria
coerenza tra gli elementi del processo formale e informale, tra gli aspetti formali e informali del processo
di controllo, tra il grado di formalità/informalità del processo e l’incertezza ambientale.
Se quindi gli autori definiscono l’architettura ideale di un sistema di controllo, che ha nel processo la sua
componente fondamentale, essi non risultano esaustivi relativamente ai modi in cui le organizzazioni
riescano a raggiungere e mantenere questa architettura ideale.
Questo modello pone al centro del processo di controllo la strategia. Simons propone un modello di
controllo che sia in grado di bilanciare i trade-off tipici dell’attività di controllo, come, ad esempio, la
standardizzazione e l’originalità, il controllo e la flessibilità, la strutturazione e la creatività. Quattro leve di
controllo vengono idealmente azionate in gradi e misure diverse in modo da soddisfare le esigenze di
controllo delle organizzazioni che, nel processo di formulazione e implementazione della strategia, si
confrontano continuamente con l’ambiente. Le leve di controllo corrispondono ad altrettanti sistemi
formali quali: sistemi di credo, sistemi di limite, sistemi diagnostici e sistemi interattivi.
I sistemi di credo (sistemi di convinzioni) sono utilizzati per ispirare sia la strategia deliberata sia la strategia
emergente e orientano la ricerca di nuove opportunità sia aziendali sia individuali. Essi rappresentano la
raccolta di “definizioni organizzative” che i dirigenti più anziani comunicano r rinforzano sistematicamente
in modo da fornire all’organizzazione valori di fondo, finalità e direzione. Fanno perno sul desiderio innato
di chi opera nell’organizzazione di sentirsi partecipe del suo destino e di contribuire al perseguimento dei
suoi scopi. Essi si formalizzano attraverso documenti quali mission statement e dichiarazioni delle finalità
aziendali.
I sistemi di limite (sistemi di vincoli) definiscono il dominio dell’attività organizzativa dei membri
dell’organizzazione, esplicitando il prezzo che dovrà pagare chi lavorando per l’organizzazione si spingerà
al di la dei vincoli stabiliti. I sistemi di limite garantiscono che le strategie realizzate ricadano all’interno
della sfera di attività accettabile. Le forme più semplici di un sistema di limite sono i codici di condotta.
I sistemi diagnostici, impiegati per motivare, monitorare e premiare il raggiungimento di obiettivi
specificati, sono meccanismi di feedback che costituiscono il nucleo centrale di tutti sistemi di controllo
tradizionali. I sistemi diagnostici sono progettati e implementati per assicurare l’attuazione della strategia.
La parte fondamentale di ciascun sistema diagnostico è costituita dai piani economico-finanziari e dal
budget.
Le quattro leve creano forze opposte che guidano l’effettiva implementazione della strategia la
successiva formulazione. Simons ipotizza che il controllo sia il processo organizzativo di bilanciamento
simultaneo delle quattro leve di controllo.
Nonostante le leve di controllo siano sistemi formali, l’attivazione delle stesse si relaziona ad aspetti
informali, per esempio i colloqui face to face dei membri dell’alta direzione. La limitazione più rilevante,
che è comune a molti modelli contingenti, è che è un modello normativo e ignora la dimensione di processo
di cambiamento organizzativo.
Quali sono le caratteristiche generali dei controlli sui risultati e quali sono elementi costituivi? (arriveremo
a parlare di indicatori a senso stretto) Qual è la finalità? Che cosa viene controllato?
I controlli sui risultati rendono possibile premiare i collaboratori per aver prodotto buoni risultati o
sanzionarli per i risultati sono scadenti. Quindi i controlli sui risultati responsabilizzano le persone per i
risultati ottenuti. Il salario variabile legato alla performance si può definire un tipico controllo sui risultati
perché premia i collaboratori per aver prodotto buoni risultati (pay-for-performance). I controlli sui
risultati rendono possibile anche punire i collaboratori se i risultati sono scadenti.
Le ricompense che si possono legare ai risultati vanno ben oltre la retribuzione monetaria. Alcuni esempi
sono: sicurezza del posto, promozioni, grado di autonomia, incarichi di prestigio e apprezzamenti formali. I
controlli sui risultati sono alla base delle meritocrazie, le ricompense vengono assegnate ai collaboratori
più bravi e più coscienziosi, anziché a quelli che hanno la maggiore anzianità o le affiliazioni “giuste”.
I controlli sui risultati influenzano le azioni o le decisioni perché inducono i collaboratori a preoccuparsi
delle conseguenze che queste possono avere (responsabilità per i risultati ottenuti). L’organizzazione non
dice espressamente ai collaboratori quali azioni effettuare o quali decisioni prendere; essi vengono
autorizzati a intraprendere le azioni e a prendere le decisioni che a loro avviso dovrebbero produrre nel
modo migliore i risultati desiderati.
I controlli sui risultati influenzano le azioni o le decisioni perché inducono i collaboratori a preoccuparsi
delle conseguenze che queste possono avere (responsabilità per i risultati ottenuti). L’organizzazione non
dice espressamente ai collaboratori quali azioni effettuare o quali decisioni prendere; essi vengono
autorizzati a intraprendere le azioni e a prendere le decisioni che a loro avviso dovrebbero produrre nel
modo migliore i risultati desiderati.
Per tutte queste ragioni, sistemi di controllo sui risultati ben progettati possono aiutare a produrre
risultati desiderati.
Ma come tutte le altre forme di controllo, anche quelli sui risultati non si possono applicare in tutte le
situazioni. Sono efficaci solo dove i risultati desiderati possono essere definiti chiaramente e misurati
adeguatamente dall’organizzazione, e dove i risultati misurati sono sufficientemente sotto il controllo del
collaboratore.
Gli obiettivi di risultato (target) sono un elemento importante del controllo sui risultati perché influenzano
il comportamento in due modi. Primo, accrescono la motivazione fornendo ai collaboratori degli obiettivi
chiari da perseguire (quasi tutti preferiscono avere target specifici cui mirare, anziché ricevere indicazioni
vaghe). Secondo, consentono ai collaboratori di valutare la propria performance. È l’obiettivo che permette
di distinguere una performance soddisfacente da una insoddisfacente. Il mancato raggiungimento
dell’obiettivo segnala la necessità di migliorare. Quindi i controlli sui risultati, le misure, permettono di
valutare il rapporto tra prospettiva e realtà. Il mancato raggiungimento obiettivo implica la necessità di
migliorare e di correggere gli errori commessi.
I controlli sui risultati vengono usati comunemente per controllare i comportamenti dei collaboratori a
numerosi livelli organizzativi. Sono un elemento necessario dell’approccio di empowerment dei
collaboratori. Vengono usati soprattutto per valutare i comportamenti dei collaboratori dotati di potere
decisionale, come i manager. I controlli sui risultati sono coerenti con l’implementazione di forme
decentrate di organizzazione, caratterizzati da entità o centri di responsabilità sostanzialmente
autonome/i.
Dunque, il decentramento organizzativo, ossia la delega delle prerogative decisionali ai manager, e la
creazione di sistemi incentivanti per indurre a generare risultati desiderati, sono due scelte critiche di
progettazione organizzativa in un contesto controllato dei risultati. Esse devono essere prese
congiuntamente perché concentrarsi su un elemento ed escludere l’altro significherebbe costruire delle
organizzazioni mal progettate.
I controlli sui risultati non devono limitarsi solo ai livelli manageriali, ma possono venir estesi anche a livelli
più bassi della struttura organizzativa. Tuttavia, anche se è il decentramento organizzativo è un mezzo
efficace per responsabilizzare i collaboratori, in alcuni casi ci possono e ci devono essere dei limiti
all’empowerment.
I controlli sui risultati offrono svariati benefici di carattere preventivo. Un’accurata definizione dei risultati
informa i collaboratori su quello che ci si aspetta da loro e li incoraggia a fare tutto ciò che possono per
raggiungere gli obiettivi desiderati. In questo modo, i controlli sui risultati ovviano a una possibile mancanza
di direttive. Anche senza la supervisione diretta o l’interferenza del capo, i controlli sui risultati inducono i
collaboratori a comportarsi in modo da massimizzare le probabilità di produrre i risultati che desidera
l’organizzazione. Questo effetto motivante si determina in particolare quando gli incentivi alla produzione
dei risultati desiderati promuovo anche il tornaconto economico dei lavoratori.
Inoltre i controlli sui risultati possono anche mitigare i problemi derivanti dai limiti individuali: siccome
promettono quasi sempre delle ricompense per chi ottiene buoni risultati, possono aiutare le organizzazioni
ad attrarre e a trattenere collaboratori che hanno fiducia nelle proprie capacità.
Le misure di performance sulla base delle quali si implementano controlli sui risultati forniscono anche
alcuni benefici non motivazionali ma diagnostici, ovvero aiutano le organizzazioni a valutare le varie
strategie, le varie entità organizzative e i vari collaboratori. Se la performance non è in linea con le
aspettative, le organizzazioni possono prendere in considerazione l’ipotesi di modificare le strategie, di
aggiornare i processi, o di sostituire le persone. C’è un problema nel capire fino a che punto spingere questo
processo individuando il grado di profondità da dare al controllo sui risultati, su quali temi di performance
deve essere adottato. Individuare il grado di profondità con cui spingere il meccanismo di retroazione
(strumento valido per i manager a prescindere dall’unità organizzativa in cui operano) à Ciclo di
pianificazione e controllo si basa sulla valutazione della performance ed è un qualcosa che i manager si
trovano a compiere a prescindere dalla loro qualifica. Fino a dove si può dunque spingere il sistema di
controllo basato sui risultati in cui si premiano i dipendenti per aver ottenuto i propri obiettivi? È una scelta,
non c’è una ricetta valida per ogni organizzazione. I sistemi di controllo devono considerare il contesto e
quindi decidere il grado di profondità da dare al processo di controllo.
In termini generali i controlli sui risultati consentono di attuare una modalità di gestione da parte dei
manager chiamata management by exception: gestione per eccezioni che prevede interventi correttivi nel
momento in cui c’è uno scostamento tra risultati preventivi e effettivi. Aiuta a focalizzare l’attenzione
(tempo da dedicare ai problemi) su quegli elementi che risultano significativamente diversi da quanto
preventivato. Così i manager allocano il proprio tempo nel modo più efficiente sulle attività di competenza
per accertare la messa a punto i piani.
Management by exception significa concentrarsi sulle aree di risultato che deviano dagli obiettivi per poi
considerare in seconda battuta le aree decisionali che presuppongono che le attività si stanno svolgendo in
conformità ai programmi.
Se il risultato non è conforme all’obiettivo il sistema di controllo basato sui risultati lancia un segnale che si
è manifestata un’eccezione, che le cose non stanno procedendo come preventivato. Poi non è che i
manager devono indagare le ragioni di qualsiasi scostamento ma gli scostamenti vanno esaminati sulla base
di rilevanza e dimensione.
DEFINIRE LE DIMENSIONI DI RISULTATO
Definire le dimensioni giuste su cui misurare la performance è difficile, e comporta il bilanciamento delle
responsabilità dell’organizzazione verso tutti i suoi stakeholder.
MISURARE LA PERFORMANCE
La misura è un elemento critico del sistema di controllo sui risultati. L’oggetto della misurazione è quasi
sempre la performance resa da un’identità organizzativa o da un collaboratore in un determinato arco di
tempo.
Vi sono misure oggettive, le quali si suddividono in economico-finanziarie (come l’utile netto, gli utili per
azione, il rendimento delle attività), e non economico finanziarie (come la quota di mercato, la customer
satisfaction), e misure soggettive come l’essere un buon giocatore di squadra.
Le misure di performance variano da un livello organizzativo all’altro. Ai livelli più elevati, quasi tutti i
risultati critici vengono definiti in termini di risultati di mercato e/o finanziari. I manager di livello più basso,
invece, vengono valutati quasi sempre in base ad indicatori operativi, tipicamente non economico-
finanziari. A livello critico intermedio della struttura organizzativa, che coincide spesso con un centro di
profitto, i manager devono tradurre gli obiettivi economico-finanziari in obiettivi operativi. Se i manager
identificano più aree di risultato su cui misurare la performance di un determinato collaboratore, devono
attribuire un peso a ciascun indicatore in modo da poter aggregare i singoli giudizi in una valutazione
complessiva. A volte le organizzazioni possono rendere espliciti ai collaboratori i pesi relativi degli indicatori
di performance. Tuttavia, spesso, i pesi sono parzialmente o totalmente impliciti.
Le ricompense incluse negli schemi di incentivazione possono assumere la forma di tutto ciò che i
collaboratori apprezzano, come aumenti di stipendio, bonus, promozioni, sicurezza del posto, nuovi
incarichi, opportunità di formazione, autonomia, status e potere.
Le punizioni sono l’opposto delle ricompense in quanto demotivano i collaboratori. Alcuni esempi sono:
disapprovazione del superiore, esclusione dagli aumenti o dai bonus, dimensionamento, minaccia di
licenziamento.
Se il sistema di incentivi viene implementato male, può indurre nei collaboratori una percezione di
scorrettezza e produrre effetti opposti a quelli desiderati.
I controlli sui risultati funzionano al meglio solo quando sono presenti tutte e tre queste condizioni:
• Le organizzazioni possono stabilire quali sono i risultati desiderati nelle aree sottoposte controlli
• I collaboratori di cui si controllano i comportamenti hanno un’influenza significativa sui risultati di
cui sono chiamati a rispondere
• Le organizzazioni possono misurare efficacemente i risultati
Affinchè i controlli siano efficaci, le organizzazioni devono sapere quali sono i risultati desiderati nelle aree
che intendono controllare e devono comunicarli efficientemente ai collaboratori che operano in queste
aree. Per desiderabilità dei risultati si intende che, a parità di tutte le condizioni, è preferibile avere in
misura maggiore la qualità rappresentata dalla misura dei risultati.
L’importanza di ciascuna area potrebbe variare nel tempo e tra le diverse componenti dell’organizzazione
in funzione delle esigenze e delle strategie.
I collaboratori di cui si controllano i risultati devono essere in grado di incidere concretamente sui risultati
in un determinato periodo di tempo. È questo il principio di controllabilità, uno dei pilastri della
responsabilizzazione. Il principale fondamento logico del principio di controllabilità è che le misure di
risultato sono utili solo nella misura in cui forniscono informazioni sulla desiderabilità delle azioni
effettuate.
Se un’area di risultato è totalmente fuori controllo, le misure di risultato non rivelano nulla sulle azioni
intraprese o sulle decisioni adottate. Una controllabilità parziale rende problematico desumere dalle misure
di risultato se le decisioni assunte e le azioni compiute erano valide o meno.
Queste influenze incontrollabili ostacolano i tentativi di utilizzare le misure di risultato per fini di controllo.
Diventa difficile quindi stabilire se i risultati ottenuti sono dovuti alla azioni intraprese, alle decisioni
adottate o a fattori incontrollabili. Le azioni e le decisioni efficaci non produrranno necessariamente buoni
risultati. E le azioni inefficaci potrebbero passare inosservate.
Il criterio chiave da usare per giudicare l’efficacia delle misure di risultato è la capacità di indurre i
comportamenti desiderati. Se una misura induce i comportamenti desiderati in una determinata
situazione, ossia se è congruente con l’area di risultato desiderata, vuol dire che è efficace. Se non li induce,
è inadeguata.
Per indurre comportamenti desiderati, oltre che congruenti e controllabili, le misure di risultato dovrebbero
essere anche precise, oggettive, tempestive e comprensibili. Pur in presenza di tutte queste caratteristiche,
una misura dovrebbe essere anche efficiente in termini di costo, vale a dire che si dovrebbero considerare
i costi di sviluppo e utilizzo della misura.
1. PRECISIONE
Le misurazioni contengono inevitabilmente una componente di errore. L’errore rende inaccurata la misura.
L’accuratezza della misura indica la vicinanza delle misurazioni al suo valore effettivo. La precisione è la
frequenza con cui misurazioni ripetute, effettuate in condizioni analoghe, dallo stesso risultato.
Tanto più la precisione è elevata, tanto più le misure si possono definire affidabili. La mancanza di
precisione è, quindi, una caratteristica indesiderabile per una misura di risultato. Neanche le misure di
risultato affette da distorsione, in quanto contengono un errore sistematico, saranno particolarmente utili
ai fini del controllo. Ovviamente, alcuni aspetti delle performance (come la responsabilità sociale, la
capacità di leadership e lo sviluppo del personale) sono difficili, se non impossibili, da misurare con
precisione, perché contengono un errore casuale o sono affette da distorsione (valutazioni soggettive della
performance).
La precisione è dunque una caratteristica importante perché se manca la misura perde gran parte del suo
valore informativo. Le misure imprecise aumentano il rischio di valutare erroneamente la performance. I
collaboratori reagiranno negativamente alle disparità che si creano inevitabilmente quando performance
della stessa qualità vengono giudicate diversamente.
2. OGGETTIVITA’
Una misura è oggettiva se non viene influenzata da sentimenti o interpretazioni personali, cioè è esente
da distorsioni. L’oggettività di una misurazione è bassa se la performance viene auto-valutata o se ai
valutandi si lascia ampia discrezionalità nella scelta dei metodi di misurazione. Una bassa oggettività tende
ad introdurre un errore sistematico. Le misure efficaci fini del controllo dovrebbero essere perciò sia precise
(affidabili) sia oggettive (non affette da distorsioni). Ci sono due modi per accrescere l’oggettività della
misurazione: affidarla a persone non coinvolte nel processo (ad esempio addetti al controllo di gestione),
far verificare la misura da esperti indipendenti (professionisti).
3. TEMPESTIVITA’
La tempestività designa lo scarto temporale tra la performance del collaboratore e la misura dei risultati.
La tempestività è una caratteristica importante della misurazione per due ragioni. La prima è motivazionale:
i collaboratori devono ricevere ripetute sollecitazioni sulla performance per dare il massimo. Le misurazioni,
e quindi anche le ricompense, rinviate troppo a lungo perdono gran parte del loro impatto motivazionale.
Un secondo vantaggio è che la tempestività accresce il valore degli interventi che potrebbero rendersi
necessari. Se esistono problemi significativi ma le misure della performance non sono tempestive sarà
impossibile risolvere i problemi prima che si creino ulteriori danni.
4. COMPRENSIBILITA’
I collaboratori di cui si controllano i comportamenti devono sapere di cosa sono chiamati a rispondere.
Ciò comporta una comunicazione. Potrebbe servire anche la formazione se, per esempio, i collaboratori
dovessero raggiungere dei risultati espressi in termini nuovi e diversi, come avviene quando
l’organizzazione sposta il focus della misurazione. Inoltre, i collaboratori devono sapere come agire per
influenzare l’indicatore di performance. Quando capiscono cosa rappresenta una misura, i collaboratori
sono posti in condizione di fare tutto ciò che possono per influirvi.
5. EFFICIENZA SUI COSTI
Un indicatore di performance potrebbe avere tutte le qualità menzionate in precedenza ma essere troppo
costoso da sviluppare o da utilizzare. I costi sono superiori ai benefici. In questo caso, l’azienda cercherà
un’alternativa più efficiente dal punto di vista economico. I vari trade-off tra le qualità della misura creano
dei vantaggi e degli svantaggi. Per esempio, le misure si possono rendere spesso più congruenti, più
controllabili, più precise e più obiettive, compromettendone però la tempestività.
PRO:
CONTRO:
• Spesso le misure dei risultati non sono in grado di indicare in modo affidabile se sono state
effettivamente attuate azioni positive.
• A causa della presenza di fattori incontrollabili, tendono ad accrescere i rischi dei collaboratori, e
quindi spesso si rendono necessari incentivi per le persone avverse al rischio.
• Talvolta entrano in conflitto: motivazione a conseguire risultati (obiettivi ambiziosi) e comunicazione
fra l’entità aziendali (obiettivi prudenti).
Abbiamo cercato di mettere in luce le caratteristiche principali, l’ossatura consiste negli aspetti chiave
appena precisato, all’interno di una gestione richiede una serie di elementi:
Centri di responsabilità: Primo elemento fondamentale e alla base dei controlli sui risultati. Non sono
necessariamente economici, sono un’unità organizzativa guidata da un manager con responsabilità per
un particolare complesso di input e/o output. I livelli possono avere varia natura. Un’efficace sistema di
controllo assegna a ciascun manager la responsabilità di un gruppo di attività e azioni e tiene sotto
controllo sia i risultati delle attività sia l’azione dei manager su questi risultati.
L’identificazione dei CDR:
• Coordinamento con la struttura organizzativa di base: non esiste una sistema di responsabilizzazione
valido in tutte le circostanze, l’assegnazione delle responsabilità all’interno dell’azienda può variare
da azienda ad azienda, non c’è un modo generale di assegnare responsabilità
• Si ispira alla teoria della contingenza
• Si basa sul decentramento: delega del potere decisionale all’interno di un’azienda, che garantisce ai
manager ai vari livelli operativi il potere di prendere decisioni relative al loro settore di responsabilità
Processo di controllo: Processo attraverso il
quale si attua poi il controllo sui risultati, il quale
prevede la definizione degli obiettivi, la
misurazione attraverso la struttura tecnico
contabile, il controllo della prestazione con
l’obiettivo, l’analisi degli scostamenti la
valutazione dei risultati e l’assunzione di azioni
(nessuna azione, azione correttiva, modifica
obiettivi).
Ha moltissima importanza la valenza degli obiettivi e la capacità di auto-valutarsi, valutazione dei risultati
con l’utilizzo degli incentivi. La conoscenza degli obiettivi è un prerequisito per qualunque attività finalizzata
e da questo punto di vista gli obiettivi rappresentano:
Quando si fissano gli obiettivi si possono presentare due problemi principali: il modo di fissare gli obiettivi
e il livello degli obiettivi
In quale misura il processo di definizione degli obiettivi dovrebbe essere top-down o bottom-up?
Top down: si formula inizialmente una visione generale del sistema ovvero se ne descrive la finalità
principale. Ogni parte del sistema è successivamente rifinita. Dall’alto verso il basso, l’obiettivo è in cima
Bottom up: al contrario in questo sistema le parti sono specificate in dettaglio e poi connesse tra loro in
modo da formare componenti più grandi a loro volta interconnesse. Dal basso verso l’alto
• Partecipare al processo di budgeting rende più accettabili gli obiettivi stabiliti e, di conseguenza,
accresce l’impegno a raggiungerli.
• È un modo efficace per condividere le informazioni, poiché pone a confronto le priorità e i vincoli
dell’organizzazione con le indicazioni provenienti dal basso sul potenziale e i rischi dell’impresa.
• Benefici di natura cognitiva (chiarisce le aspettative e induce a riflettere sul modo migliore di
raggiungerli)
Tuttavia, l’approccio bottom-up presenta anche svantaggi (tempi di elaborazione comune, ridotto apporto
concreto e disponibilità di informazioni da parte dei manager di livello più basso, slack...)
Ciascuno dei due approcci hanno vantaggi e limiti benché a livello teorico un approccio partecipativo
dovrebbe avere ripercussioni benefiche sotto il profilo motivazionale.
LIVELLO OBIETTIVI
La scelta dovrebbe tener conto dell’aspetto che si vuole enfatizzare, se l’obiettivo vuole essere
principalmente uno strumento di gestione (che è uno strumento di ... futura) allora in questo senso
l’obiettivo dovrà essere fissato a livelli realistici, dovrebbe riflettere il probabile andamento della
gestione.
Dopodiché ci sono delle teorie che guidano in questo senso. La curva che spiega il livello di motivazione in
relazione alle difficoltà dell’obiettivo è una curva messa
appunto nell’ambito delle teorie del goal setting. Teoria
che intende spiegare quali tipi di obiettivo risultino più
efficaci nel generare motivazione. Al riguardo la curva ci
dice che se l’obiettivo è troppo facile la motivazione
rimane bassa, motivazione che invece cresce al crescere
della difficoltà dell’obiettivo ma fino ad un certo punto
fino a che l’obiettivo può essere percepito come troppo
difficile con conseguenze negative sulla motivazione.
Qual è il punto ottimale? Il punto dove subentra una
percezione di eccessiva difficoltà? Non c’è una risposta,
perché poi subentrano fattori psicologici, fattori legati al
contesto, soggetti avversi al rischio, esperienze e così via.
Un altro aspetto rilevante è la cosiddetta protezione da proiezioni ottimistiche: in altri termini obiettivi
settati ad un livello non troppo stretch, dovrebbero ridurre il rischio di overcommitment risource. Cosa
vuol dire questo? Pensate al budget. Con il budget da dove si parte? Il punto di partenza in un processo di
budget è il budget delle vendite, il passaggio successivo dovrebbe consistere nel definire, sulla base degli
obiettivi di vendita, quanto produrre tenendo conto anche delle scelte in tema di scorte. Ora definire gli
obiettivi di produzione significa anche tenere conto delle risorse necessarie a sostenere la produzione e
quindi ragionare sui costi da affrontare per poter garantire un certo livello di produzione che sostenga poi
l’attività di vendita. Se l’obiettivo è fissato troppo in alto si impegnano più risorse. E se poi questo
obiettivo non è raggiungibile? Le risorse rimangono impegnate soprattutto la parte dei costi fissi. Quindi
fissare obiettivi sfidanti ma raggiungibili mette a riparo da questo rischio.
MANAGEMENT ACCOUNTING
Per svolgere le proprie funzioni e i compiti richiesti dal ciclo di pianificazione e controllo, il management
necessita di informazioni. Per contabilità direzionale (management accounting) si intende "il processo di
individuazione, raccolta, analisi, preparazione, interpretazione e comunicazione di informazioni (di natura
finanziaria e operativa) utilizzate dal management per pianificare, valutare e controllare l'attività di
un'organizzazione e per assegnare la responsabilità dell'uso delle risorse (International Federation of
Accounting, 1993)
IL SISTEMA DI REPORTING
L’output informativo di un sistema di controllo sui risultati è dato dal sistema di reporting. Cos’è il sistema
di reporting? Insieme dei documenti periodici che devono essere prodotti ai fini del controllo e che
costituiscono il flusso di informazioni derivante dalla contabilità̀ direzionale. Sono l’elemento unificante tra
hardware e software utilizzati e il processo di contabilità direzionale. Grazie all’uso delle risorse
informatiche nelle aziende possiamo restituire un insieme di documenti periodici ai fini del controllo di
gestione. In senso più ampio possiamo dire che il sistema di reporting è anche un processo di
rappresentazione e comunicazione di più informazioni utili a prendere decisioni.
SCOPI:
Eventuali scostamenti vengono valutati per capirne poi le cause. La valutazione dei risultati si basa sui
contenuti della documentazione. La base di valutazione è il sistema di reporting attraverso l’analisi degli
scostamenti tra obiettivi e risultati effettivi.
• l’attività aziendale svolta, complessiva o per CdR (controllo economico: controllo come strumento
di gestione)
• le prestazioni manageriali (controllo esecutivo: controllo come strumento di misurazione e
valutazione delle performance)
SISTEMA DI INCENTIVI
Un incentivo può essere positivo o negativo. Ma cosa è un incentivo? In termini generali è qualcosa che
dovrebbe spingere qualcuno a tenere un
determinato comportamento. Nel caso in
cui si parli di cose che i collaboratori
apprezzano parliamo di ricompense,
viceversa di cose che preferiscono evitare
parliamo di punizioni (può essere anche
assenza di ricompense).
IL PACCHETTO RETRIBUTIVO
• Salario
• Benefit: Piani pensionistici e sanitari, benefici di varia natura
a) incentivi di breve termine: basati sulla performance dell’anno corrente o di periodi più brevi
Assicurano ricompense monetarie e sono per esempio i bonus. Possono essere calcolati
attraverso il ricorso delle formule, ad esempio una ricompensa pari al 2% delle vendite oppure
10% dell’utile netto e così via. Ci sono anche bonus per obiettivi extra finanziaria
b) incentivi di lungo termine: basati sulla performance misurata su periodi superiori all’anno
Di solito sono riservati ai livelli dirigenziali più elevati. L’obiettivo principale qui è premiare i
collaboratori per il contributo alla creazione di valore nel lungo periodo (valore economico).
Oltre a indurre i dipendenti a lavorare di più e a lavorare meglio questi incentivi hanno la finalità
di attrarre e ottenere risorse umane migliori. Gli incentivi possono essere cumulativi quindi
riferiti all’intero periodo o di fine periodo. (esempi piani azionari : stock option, azioni vincolate..)
- funzione di stimolo: induce i collaboratori a lavorare sodo, produrre risultati e avere successo.
Normalmente, infatti, i dipendenti tendono a impegnarsi di più nelle attività che prevedono
ricompense e viceversa.
- funzione di indirizzo: aiuta i collaboratori a capire meglio che cosa ci si aspetta da loro. Le
ricompense, infatti, focalizzano l’attenzione dei dipendenti e li informano dell’importanza relativa
di aree di risultato spesso in concorrenza
• ATTRAZIONE/MANTENIMENTO:
- Corrispondere ai collaboratori soltanto il salario base garantito tende ad attirare persone avverse
al rischio.
- Al contrario, offrire un compenso legato alla performance tende ad attirare persone dotate di
spirito imprenditoriale e non avverse al rischio, più aggressive e più fiduciose nelle proprie
capacità.
- Le azioni vincolate, per esempio, sovente hanno lo scopo di trattenere i collaboratori
nell’organizzazione (“manette d’oro”).
• Entità dell’incentivo: quale parte del pacchetto deve essere variabile e in che prop
• Livello e tipo della misura:
• Ricorso alla soggettività: può giocare un ruolo nelle decisioni riguardanti le produzioni o può avere
un peso anche nell’attribuzione di bonus annuali.
• Soglia inferiore: Per evitare di pagare bonus per una performance considerata mediocre (o peggio).
• Soglia superiore:
• Le ricompense di gruppo vengono spesso utilizzate per l’implementazione dei controlli culturali e
sul personale.
- I membri del gruppo esercitano un reciproco controllo (con relative sanzioni) dei comportamenti
- I piani di incentivazione a base azionaria, per esempio, forniscono incentivi diretti solo a pochi
manager ai massimi vertici dell’organizzazione.
- Quando vengono estesi a collaboratori di più basso livello, la loro remunerazione diventa più
volatile e incerta, ma la loro motivazione non ne viene proporzionalmente influenzata.
SOSTENIBILITÀ E CONTROLLO DI GESTIONE
Tutto quello detto fin qui vale in termini generali, l’agganciare il controllo sui risultati alle performance di
sostenibilità richiede specificazioni aggiuntive. Il sistema di controllo tradizionale si basa sulla
determinazione del reddito quale misura del successo dell’impresa. La sostenibilità però richiede di
contemplare accanto alla dimensione economica anche gli aspetti di natura ambientale e sociale, bisogna
integrarli con la performance, non basta sommarli. L’elemento discriminante è la sostenibilità che vuol dire
non basarsi solo sulla determinazione del reddito.
Cosa vuol dire ripensamento del sistema di controllo? Vuol dire procedere in un modo diverso rispetto al modo
tradizionale di concepire il confronto fra risultati.
Nel caso di un’azienda orientata alla sostenibilità cosa succede? L’azienda e gli stakeholder entrano in rapporto
reciproco perché la sostenibilità è la creazione di valore condiviso, così si generano nuovi fabbisogni
informativi interni ed esterni e occorre essere sempre piu trasparenti nei confronti degli stakeholder. Lo
scambio di informazione con gli stakeholder diventa essenziale tanto che nelle imprese serve che si sia
qualcuno ad occuparsi di questo ambito. Quindi ci deve essere un dialogo permanente.
Stakeholder è “qualsiasi individuo od entità che può influenzare o essere influenzato dall’attività
dell’organizzazione in termini di prodotti, policy e rapporti lavorativi”
“Gli stakeholder sono definiti in generale come quei gruppi o individui: (a) che si può ragionevolmente
ritenere saranno interessati dalle attività, dai prodotti o dai servizi dell’organizzazione; o (b) le cui azioni
avranno un impatto sull’abilità dell’organizzazione di implementare le proprie strategie ed ottenere i propri
obiettivi”
Fattori critici di successo: sono un numero limitato di fattori chiave di risultato sui quali l’azienda deve
focalizzare lo svolgimento dei risultati postivi per poter ottenere un rendimento competitivo soddisfacente
(esempi fattori critici: redditività, produttività, contenimento costi, sviluppo competenze del personale,
atteggiamento dei dipendenti, equilibrio di breve e lungo periodo e via dicendo). Possono essere esterni o
interni:
• Esterni: riguardano di solito la struttura del settore, strategia competitiva, fattori ambientali etc
• Interni: capitale intellettuale, risorse intangibili di cui può disporre l’azienda, capitale umano etc
Il sistema di controllo quindi si apre a diverse dimensioni di performance la cui conoscenza passa attraverso
il dialogo, attraverso l’attività di stakeholder engagement.
Un ultimo aspetto sui sistemi di controllo basati sui risultati riguarda le modalità di funzionamento, l’uso
che se ne fa.
1. Le informazioni generate dal sistema di controllo sui risultati ricorrano all’ordine del giorno negli
incontri di alta direzione
2. I sistemi interattivi richiedono un’attenzione regolare
da parte dei manager a tutti i livelli dell’organizzazione
(non solo alta direzione) circa le informazioni ottenute
attraverso i controlli
3. Dati che emergono dall’interazione sono interpretati e
discussi in incontri tra superiori e collaboratori e
anche in incontri tra manager di pari livello
4. Un sistema interattivo delle informazioni prodotte dl
sistema di controllo dovrebbe essere tale da produrre
un dibattito costante sui dati sottostanti e suggerire
ipotesi di valutazione
IL SISTEMA DI CONTROLLO DELL'AREA VENDITE CAPITOLO 2
Gli indicatori di performance sono misure utilizzate dall’azienda ai diversi livelli organizzativi per il
monitoraggio e la valutazione del perseguimento degli obiettivi generali e parziali, sulle quali i manager
focalizzano l’attenzione per indirizzare il comportamento dei collaboratori.
All’interno di un sistema di controllo basato sui risultati, accanto agli aspetti di natura organizzativa
(definizione obiettivi, incentivi etc) un ruolo dominante è svolto dalla strumentazione tecnica. Elemento
centrale della strumentazione tecnica è il set degli indicatori di performance che intendono misurare e
rappresentare lo sforzo compiuto in azienda verso il raggiungimento di obiettivi definiti e gli impatti
prodotti. Gli indicatori sono le misure dell’azienda per il monitoraggio degli obiettivi.
Nella logica della sostenibilità gli indicatori accertano il raggiungimento degli obiettivi puntando alla
soddisfazione dei diversi stakeholder. Gli indicatori sono anche una forma di presidio del rapporto tra
organizzazione e interlocutori.
Gli indicatori devono essere coerenti alla vision e alla mission dell'azienda, ai suoi fattori critici di successo,
alla strategia e ai piani di azione, puntando alla soddisfazione delle aspettative delle differenti categorie di
stakeholder. Gli indicatori pongono le condizioni per un più efficace tutela del rapporto tra l'organizzazione
stessa e i propri interlocutori rispetto a obiettivi prefissati.
L'attenzione deve essere rivolta anche alle variabili critiche, ovvero le variabili a cui è collegato il successo
dell'azienda e che risultano determinanti nella creazione di valore.
L’articolazione di un sistema di indicatori di performance deve tenere conto delle responsabilità dei
manager. La maggior parte dei centri di responsabilità può avere più obiettivi e quindi diversi indicatori di
performance.
Gli indicatori possono assumere:
• funzione informativa, finalizzata al monitoraggio di certe grandezze nel tempo o confrontando diverse
realtà.
Gli indicatori utilizzati dovrebbero consentire di valutare lo stato o l’andamento di alcuni fenomeni
rilevanti e possono essere espressi in forma tale da consentire la creazione di indicatori di intensità;
• funzione valutativa, finalizzata a valutare la posizione rispetto al raggiungimento di prefissati obiettivi
di sostenibilità, per valutare, ad esempio, l’efficacia delle scelte adottate. Gli indicatori esprimono il
tasso di scostamento rispetto ad un valore di riferimento.
Occorre attraverso gli indicatori di performance, focalizzare l’attenzione sugli aspetti che determinano il
successo di un’azienda e sono utili nella creazione di valore condiviso lungo le diverse direzioni.
Gli indicatori di performance e il loro raggiungimento parlano anche delle responsabilità assegnate ai
manager nell’azienda: le responsabilità si distinguono non solo per la mansione decisionale assegnata
attraverso la delega ai manager ma anche per risultati obiettivo che sono chiamati a raggiungere grazie alle
leve gestionali.
Deve esserci allineamento tra fattori critici di successo, le responsabilità delle unità organizzative. Gli
indicatori di performance devono tenere conto di tutti questi aspetti.
In questo sistema di ricompensa va considerato il grado di difficoltà del target fissato: qualora questo sia
particolarmente impegnativo e quindi si richiedendo importanti salti prestazionali rispetto alla situazione
di partenza, la relazione con il sistema premiante dovrà essere adeguatamente configurata.
L'allineamento tra indicatori di performance adottati dall'organizzazione e fattori critici di successo,
strategia e piani d'azione è un elemento centrale da ricercare per aumentare le probabilità di un'efficace
implementazione del percorso di medio-lungo termine dell'azienda. Particolare attenzione deve essere
posta anche alle aree non adeguatamente presidiate tramite indicatori, perché le misure non sono state
definite oppure se individuate, non risultano atte a catturare efficacemente i fenomeni da governare.
• indicatori qualitativi, riferiti a fenomeni non suscettibili di essere direttamente misurati. È possibile
pervenire a un’espressione numerica frutto di valutazione soggettiva, assegnando agli aspetti indagati
una scala di valori. Le scale Likert sono un modo per assegnare numeri a categorie qualitative.
DIMENSIONE VALUTATIVA
In base alla dimensione valutativa del fenomeno oggetto di analisi:
• indicatori di efficienza, (capacità di impiegare in maniera razionale le risorse disponibili) che
esprimono relazioni input-output, volti a rappresentare la capacità di minimizzare le risorse a parità
di risultati o, viceversa, la capacità di massimizzare i risultati a parità di risorse. È implicito in tutto ciò
la relazione risorse-risultati, input-output.
• indicatori di efficacia, ovvero la capacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.
DIMENSIONE DI SOSTENIBILITÀ
In base alla dimensione della sostenibilità alla quale cui si riferiscono:
• People, la dimensione sociale (indicatori sociali);
• Planet, la dimensione ambientale (indicatori ambientali);
• Profit, la dimensione economica (indicatori economici).
Questa classificazione (Triple P approach) consente di valutare il grado di coerenza e di equilibrio rispetto
alla strategia della sostenibilità, articolata nelle sue dimensioni costitutive. Permettono di accertare
disallineamenti tra indirizzi strategici e indicatori.
Una prima fase di aziende che tengono una condotta che mira alla sostenibilità sarà prevalente la
dimensione profit degli indicatori e poi nel tempo l’insieme degli indicatori utilizzati dovrà rivolgersi anche
alle altre dimensioni per un equilibrio coerente sulle varie direzioni della strategia di sostenibilità. I tre punti
non sono categorie mutualmente esclusive.
RUOLO DI CIASCUN ELEMENTO COSTITUTIVO E INTERDIPENDENZE RECIPROCHE
Un’altra prospettiva di analisi propone una classificazione articolata al fine di rappresentare il quadro
complessivo entro il quale si sviluppa l’azione dell’azienda, puntando a cogliere il ruolo di ciascun elemento
costitutivo e le eventuali interdipendenze reciproche:
• indicatori di scenario; mirano a rappresentare il contesto di riferimento esterno all’azienda. Si punta
tramite questi indicatori a comprendere le caratteristiche dell’ambiente entro il quale
l’organizzazione opera, esprimendone le dinamiche. Sono indicatori che hanno a che fare con il
settore di riferimento, col mercato e con l’area geografica.
• indicatori di bisogno; sono rivolti a rappresentare i bisogni e le istanze dei portatori di interesse.
Immaginiamo ad es un indicatore di scenario che segmenta la domanda di un particolare prodotto
sulla base di caratteristiche socio-demografiche; a ciascuna categoria di potenziali consumatori
corrispondono bisogni diversi: gli indicatori di bisogno possono cogliere questo fenomeno.
• indicatori di input; hanno a che fare con le risorse delle quali l’azienda si avvale nella realizzazione
delle attività. Possono essere espressi in termini monetari o non monetari.
• indicatori di attività; Indicatore sociale.
• indicatori di output (risultato); esprimono i risultati dell’attività svolta.
• indicatori di outcome (impatto); esprimono l’impatto sugli stakeholder prodotto anche attraverso
l’azione dell’impresa. Sono indicatori interdipendenti con contesto e soggetti esterni all’aziende.
Hanno prospettiva di medio-lungo periodo. Es: riduzione dei furti (legato al tema della sicurezza che
è di tipo sociale; a monte può avere come indicatore di output l’installazione di telecamere di
sicurezza, l’impatto sulla popolazione è la riduzione dei furti); salvaguardia della biodiversità (crescita
degli investimenti di impianti green da parte delle aziende).
Con riferimento alla tipologia di indicatori, è ormai condivisa l'impostazione centrata sull'opportunità
di puntare a un set bilanciato nel quale siano presenti sia la dimensione financial, sia la dimensione
non financial. L'elevato grado di dinamismo, varietà e variabilità del contesto in cui operano le aziende
non può essere presidiato solo tramite misure di performance financial.
I processi di vendita rivestono un'importanza cruciale e la loro efficacia si ripercuote a monte sulle altre
componenti della catena del valore, generando rilevanti effetti sinergici se opportunamente presidiati
in ottica complessiva. Indicatori come la soddisfazione della clientela consentono di catturare elementi
non rappresentabili tramite misure financial, di comprendere le esigenze e le aspettative di questa
categoria di stakeholder, non confinabili entro logiche esclusivamente commerciali.
All’aumentare del numero di indicatori ai diversi livelli si riduce il livello complessivo di efficacia del
sistema (incertezza inerente le priorità, difficoltà di prestare attenzione a tutti gli aspetti, possibili
disallineamenti comportamentali). Quanti indicatori occorre monitorare. All’aumentare del numero di
indicatori ai diversi livelli organizzativi si riduce il livello complessivo di efficacia del sistema perché
diventa difficile enucleare le priorità, prestare attenzione a tutti gli effetti e destinare le risorse con
disallineamenti comportamentali. Poca informazione non va bene perché siamo nel campo
dell’incertezza, troppa informazione rende difficile prendere una decisione. C’è un trade off in relazione
al grado di ampiezza del set di indicatori.ù Altro tema rilevante è rappresentato dal grado di ampiezza
del set di indicatori di performance: all'aumentare del numero di indicatori da presidiare e monitorare
ai diversi livelli si riduce potenzialmente il livello di efficacia complessiva del sistema.
Si pensi, riguardo alla forza vendite, al differente orientamento indotto dai seguenti indicatori:
L'indicatore che riguarda il fatturato da nuovi clienti è di tipo outcome-based e focalizza il soggetto
sull'efficacia dell'attività rivolta alla clientela potenziale. I due indicatori generano spinte differenti,
anche in contrapposizione; pertanto, l'azienda deve prestare adeguata attenzione al loro corretto
bilanciamento in ter- mini di priorità e definizione del target. Questo aspetto ovviamente si amplifica
in termini di complessità all'aumentare del numero di indicatori da gestire. In questo senso, può essere
di supporto all'azienda la formalizzazione di modelli che esplicitano il grado di priorità tra i diversi
indicatori e i relativi collegamenti, evidenziando possibili nessi di causalità, quali sono le mappe
strategiche. Va tuttavia evidenziato che strumenti di questo genere devono essere adottati evitando
approcci deterministici, nella piena consapevolezza che le relazioni di causalità tracciate sono solo
ipotetiche, sia sul piano qualitativo, sia su quello quantitativo. Il focus del sistema di controllo deve
restare l'orientamento ai risultati, responsabilizzando i manager coinvolti con tutti gli strumenti
disponibili.
2.2 IL GOVERNO DEI COSTI NELL’AREA VENDITE: NUOVE DIMENSIONI E LOGICHE DI RIFERIMENTO
Activity-based Costing
A partire dai sistemi tradizionali si sono creati di ridente altri approcci come l’Activity-based Costing (ABC)
anch’esso full cost, è un sistema che individua nelle attività aziendali l’oggetto intermedio di assegnazione
dei costi indiretti. I costi vengono assegnati alle attività e da queste agli oggetti di costo che tali attività
richiedono, tramite driver specifici per ciascuna attività, che dovrebbero esprimerne il consumo da parte
dell’oggetto di costo.
Punto di forza rispetto agli approcci tradizionali è quello di indagare in modo più analitico le relazioni causali
che determinano i costi, rappresentando la complessità di un oggetto di costo, non tramite i volumi ma
tramite le attività, che risultano meno vaste e più omogenee rispetto ai centri di costo. Dall’ABC si ricava il
costo pieno che ha un grado di rappresentatività più elevato in termini di risorse consumate.
Punti di debolezza—> le aziende non possono orientare l’attività, soprattutto di vendita, tramite supporti
centrati sui così di attività perché non apprezzano la redditività complessiva di un cliente che tiene conto
anche del valore percepito. Inoltre il sistema ABC richiede ipotesi sui volumi perché per calcolare l’activity
driver (coefficiente per imputare il costo dell’attività all’oggetto di costo) è richiesto il volume.
In tutti i modelli di calcolo dei costi che prevedono assegnazione dei costi comuni a un oggetto è necessario
definire ipotesi (congetture) per la costruzione di coefficienti di allocazione, quindi non è possibile pervenire
a soluzioni prive di discrezionalità.
ABC—> decisioni di medio lungo periodo quali prezzo di vendita, decisioni di mix di prodotto
Gli elementi di discrezionalità e distorsioni incidono soprattutto nel breve termine. Nell’area vendite il costo
di prodotto nel breve periodo, cioè con capacità produttiva data, non va bene per prendere decisioni,
perché si rischia di focalizzare l’azione su prodotti solo apparentemente redditizi allontanando opportunità
con altri prodotti apparentemente poco redditizi (perdita di margine tout court). Creando degli impatti
anche sugli indicatori che prendono in considerazione i coefficienti di imputazione dei costi fissi, esempio
“indicatore di variazione di volume” che misura l’assorbimento del costo fisso a livello unitario con
l’aumentare del volume. Scelte strategiche rispetto alle richieste del mercato potrebbero condurre a
impatti negativi sul piano della variazione di volume.
Critico orientare tutta l’organizzazione verso gli obiettivi aziendali, nella definizione di volumi che non
rappresentano la situazione ottimale a livello di singolo centro ma piuttosto apprezzata in una prospettiva
complessiva.
Il costo di prodotto può avere quindi maggiore rilievo nelle decisioni di lungo periodo (posizionamento
strategico).
Ad esempio le decisioni di PRICING non possono basarsi solo sui costi perché devono tenere in
considerazione il valore percepito dal cliente.
Nel sistema di controllo dell’Area Vendite deve quindi perdere di centralità il riferimento al prodotto e alla
costruzione del suo costo quale elemento di base a partire dal quale si sviluppano le politiche commerciali,
con ripercussioni sui prezzi, spostandosi verso una focalizzazione sui fattori strategicamente rilevanti, come
sono per esempio il cliente, il brand, la reputazione.
Le organizzazioni nel contesto attuale configurano la propria offerta recependo input dal mercato con
strategie di differenziazione per catturare i clienti target che esprimono richieste specifiche con risposte
personalizzate. Esempio il prezzo di una stanza dipende da:
• Periodo e tasso di occupazione
• Tipologia di cliente
• Modalità di acquisizione del cliente
Le imprese si trovano di fronte clienti più maturi, preparati ed esigenti che riconoscono il valore negli
elementi intangibili.
Ci sono profonde differenze tra due ambiti spesso considerati sovrapponibili cioè l’ambito del calcolo dei
costi e quello del loro governo.
MODELLI TRADIZIONALI
Il calcolo dei costi ha una visione statica, prevede sistemi di misurazione dei costi tradizionali o più recenti
come ABC. Focus sullo strumento, modello con una serie di ipotesi, elementi di base e relazioni reciproche.
Le logiche e del calcolo dei costi, la staticità dei modelli e le ipotesi semplificartici per la definizione dello
strumento mal si coniugano con le logiche di gestione aziendale.
MODELLI NUOVI
Il governo aziendale deve modificarsi coerentemente e in modo dinamico al contesto in cui opera.
In un contesto ambientale fortemente orientato al cliente determinare il processo decisionale dei manager
affidandosi al calcolo del costo di prodotto appare poco utile e fuorviante. Sono variabili difficili da
racchiudere in termini monetari, indicatori non financial quali soddisfazione e qualità percepita.
Il sistema di controllo di gestione non esaurisce nella sola componente del sistema di contabilità analitica
ma è uno strumento di guida dell’attività manageriale. Diventa quindi per i manager lo strumento per
esercitare il proprio grado di autonomia nell’utilizzo delle risorse secondo la modalità che ritiene efficace
ed efficiente per la traduzione della strategia in azione e quindi raggiungimento obbiettivi.
In termini organizzativi è fondamentale la diffusione degli indirizzi strategici ai diversi livelli, l’efficacia della
delega e la consapevolezza dei responsabili al riguardo, se risulta chiara la finalità e l’attribuzione di
responsabilità aumenta la probabilità di riuscire a gestire le ripercussioni generate da alta variabilità del
contesto. Nel governo dei costi, a differenza del calcolo dei costi, deve trovare affermazione il concetto di
responsabilità, elemento centrale che consente di gestire la mutevolezza che contraddistingue le variabili
e i fattori critici di successo con il presidio delle leve gestionali e l’impatto economico delle decisioni in
termini di costo prospettico cioè costo standard, che è un parametro obiettivo.
Target costing—> fissazione del prezzo partendo dal mercato quindi riconoscendo la centralità del ruolo
del cliente nella determinazione del valore del prodotto come prezzo che è disposto a pagare. A partire da
tale prezzo si definisce il costo obiettivo ritenuto adeguato in termini di redditività. Il costo obiettivo,
complessivamente definito, viene disaggregato nelle sue componenti individuando possibili alternative di
realizzazione in termini di caratteristiche desiderate dalla clientela sia in fase di utilizzo sia sul piano
estetico.
Punto di partenza è la creazione di valore e rispetto a questo vanno ricercate le responsabilità, si tratta di
anticipare gli eventi spostando a monte l’attenzione sulle decisioni che determinano i costi e non limitarsi
a catturarli nel momento in cui sorgono, agendo in modo reattivo piuttosto che proattivo.
Conclusione:
Gli approcci in cui prevale il calcolo dei costi creano falsa convinzione di poter controllare i fenomeni con
informazioni solo apparentemente rappresentative, che sono statiche, semplificate e non valide erga
omnes. Si deve quindi passare da un’imposizione orientata alla rappresentazione dei fenomeni a
un’imposizione che cerchi di recepire il dinamismo in cui il decisore ha la responsabilità di cercare modalità
efficaci di combinazione di leve disponibili per raggiungere l’obiettivo assegnato.
Il tema degli strumenti di controllo focalizzati sul cliente ha avuto vari contributi che nel tempo si sono
evoluti da una visione centrata sulla prospettiva economico finanziario ad approcci multidimensionali in cui
vengono rappresentate le variabili critiche agganciate al cliente difficili da esprimere in termini monetari.
Alla visione centrata sulla prospettiva economico finanziario fanno parte strumenti basati sul Customer
Accounting quali il Customer Costing, Customer Profitability Analysis e Customer Lifetime Value.
Customer Costing
Costruzione di informazioni di costo che trovano nel cliente il cost object principale per formulare
un’espressione economica del valore delle risorse che l’azienda ha dedicato al cliente (anche costo gestione
della relazione).
Criticità —> identificazione delle tipologie di costo e problematica imputazione dei costi comuni
Elementi di supporto è la Strategic Management Accounting inizialmente orientato ai costo e
successivamente integrato con una prospettiva più ampia quali concorrenti, mercati ecc..
Un passaggio ulteriore è rappresentato da Customer Profitability Analysis che prevede la costruzione di
informazioni di redditività dei clienti mettendo in relazione i ricavi con i costi, permettendo ai manager di
ragionare anche a livello strategico oltre che operativo.
1) Da un lato, sono stati sviluppati approfondimenti sul versante della costruzione dell’indicatore e delle
modalità di calcolo, con soluzioni proposte che presentano anche elevati gradi di complessità, non di
rado ostacolando l’effettiva fruibilità e utilità sul piano gestionale. Nell'impostazione concettuale
considerata quale riferimento principale, il CLV è sostanzialmente il risultato economico netto (positivo
o negativo) prospettico, ovvero complessivamente generabile da un cliente per l'azienda,
considerando l'intera durata della relazione tra il cliente e l'organizzazione:
Correlazione positiva tra durata della relazione con l’azienda e la generazione di profitti da tale relazione,
all’aumentare della durata migliora la redditività, perché più fedeltà del cliente che trova nell’azienda un
riferimento non facilmente sostituibile per soddisfare le proprie esigenze, riconoscono valore che lo porta
a pagare anche un prezzo più alto (premium Price), l’azienda ha anche meno costi nella gestione della
relazione piuttosto che trovare nuovi clienti.
Possibilità di nuovi clienti tramite i clienti fedeli
2) Aspetti attinenti all’utilizzo del CLV e conseguenti ripercussioni, permette di individuare relazioni con
elevata redditività, ha elevato grado di soggettività per la sua natura prospettica
Gli approcci illustrati riferibili alla tematica del Customer Accounting possono essere rivisti per accogliere
aspetti di sostenibilità, inserendoli nelle informazioni che dovrebbero supportare il processo di decision
making. Si tratta di pervenire alla quantificazione degli aspetti ambientali e sociali relativi al cliente,
considerato quale soggetto singolo o in aggregazioni in cluster rilevanti, arrivando a contemperare
esplicitamente questi elementi nelle informazioni di costo (Customer Costing) e di redditività della clientela.
In quest'ottica, l'attività decisionale verrebbe supportata da informazioni atte a rappresentare, oltre
all'economicità, anche la dimensione ambientale e la dimensione sociale.
il concetto di costo ambientale e sociale vuole rappresentare il valore delle risorse e attività dedicate a
migliorare l'impatto ambientale/sociale dei processi aziendali, per prevenire, abbattere o eliminare le
ripercussioni ambientali/sociali negative, nonché a controllare l'impatto ambientale e sociale dei processi
aziendali.
Si distinguono i costi ambientali e sociali strictu sensu dai costi della gestione ambientale e sociale.
I primi sono rappresentati da azioni proattive poste in essere dall'impresa, volte a generare ricadute
positive sull'ambiente e sulla società. Tali costi conducono a un miglioramento nella relazione tra l'azienda
e l'ambiente/società, in termini di prevenzione o riduzione degli impatti negativi, andando oltre le
prescrizioni legislative (obbligatorie).
I secondi sono costi collegati ad azioni volte a gestire il rapporto tra l'azienda e l'ambiente/società in una
logica di rincorsa (ex post), ovvero puntando a sanare a valle gli effetti negativi generati dai processi e dai
prodotti, evitando di intervenire a monte, per esempio ridefinendo in ottica di sostenibilità fattori
produttivi, processi e prodotti/servizi. Si tratta, per esempio, dei costi di adeguamento alle disposizioni
legislative, nonché dei costi derivanti da comportamenti ambientali/ sociali scorretti (sanzioni).
La maggior parte di costi ambientali sono riferiti a oggetti più ampi del singolo cliente, come categorie di
clienti (clusterizzazione). L’azienda dovrebbe considerare accanto ai costi ambientali interni (concorrono al
risultato) quelli ambientali esterni supportati dalla collettività o clienti (es. riduzione costi energetici
nell’utilizzo del prodotto).
Misurazioni espressive della redditività, entrando in gioco anche la leva dei ricavi, diventa importante la
politica di prezzo che riflettono scelte attinenti alla dimensione ambientale e sociale.
In un'ottica di breve periodo è possibile recepire le dimensioni della sostenibilità nella tradizionale misura
rappresentata dal margine lordo di contribuzione (o margine di contribuzione di primo livello), determinato
dalla differenza tra ricavi e costi variabili associati a un oggetto di calcolo, nel caso in questione il cliente.
Questo indicatore rappresenta la capacità dell'oggetto di riferimento di contribuire alla copertura dei costi
fissi aziendali (costi di periodo).
Il margine lordo di contribuzione è atto a orientare il processo di scelta dell'azienda e della stessa Area
Vendite, in un contesto di capacità produttiva data, ovvero in situazioni decisionali in cui non si generano
ripercussioni quali-quantitative sulla struttura, allorquando, per esempio, in sede di budgeting si tratti di
programmare il mix di produzione e vendita ottimale, nonché in fase di valutazione della convenienza ad
accettare o rifiutare un ordine da un cliente, in generale in relazione a scelte di convenienza economica in
condizioni di struttura data.
La rivisitazione del margine di contribuzione in ottica di sostenibilità potrebbe trovare espressione in due
possibili configurazioni:
Se oggetto di riferimento è il cliente il margine di contribuzione è differenza tra ricavi e cv del cliente (sia
del prodotto che della relazione).
L’efficacia dipende dalla modalità con cui si definisce impatto ambientale e sociale tramite le info del
sistema di contabilità ecologica e sociale. Tale sistema dovrà essere dimensionato sia sulla variabile
prodotto sia cliente.
Dimensione ambientale—> ambiente, misura dell’impatto che i fattori produttivi hanno sui fattori naturali,
gli impatti sono molteplici quindi complesso. . A parità di prodotti e di volumi, due clienti che esprimono
esigenze differenti sul piano del servizio richiesto in termini di consegna possono generare margini di
contribuzione differenti, non solo nell'accezione tradizionale della misura, ma anche su quella che accoglie
la considerazione dell'aspetto ambientale relativo. Differenti sono gli impatti ambientali associati sia a
diversi mezzi di trasporto, sia, a parità di mezzi di trasporto, alla soluzione di consegna concordata, in
un'unica soluzione o frazionata in diversi momenti. Necessità di costruire espressione univoca che
racchiuda più impatti, minimizzando la soggettività.
In questa misura del margine, rivisto in ottica ambientale e sociale, più in generale, di sostenibilità, si hanno
fattori differenti, un effetto composito collegato a variabili diversamente governabili e con gradi di
reversibilità eterogenei rispetto alle decisioni collegate.
La prospettiva verso cui tendere è quella di un margine «di sostenibilità», inteso quale strumento che riesca
a integrare coerentemente le tre dimensioni, considerando entro un'unica informazione impatti economici,
ambientali e sociali opportunamente combinati, essendo la sostenibilità un concetto che va oltre la mera
somma delle sue componenti costitutive.
Inizialmente la soddisfazione del cliente veniva misurata calcolando i gap tra valore atteso e percepito,
successivamente l'ambito scientifico si è spostato verso approcci di misurazione diretta della soddisfazione
della clientela
La Service Profit Chain (SPC) è uno strumento che si inserisce nel contesto in oggetto, confermando la
stretta correlazione tra aspetti economico-finanziari, crescita aziendale, soddisfazione e fedeltà della
clientela, valore dei prodotti/ser- vizi, ai quali si aggiungono in modo esplicito e determinante fattori
attinenti alle risorse umane, con particolare riferimento a conoscenze e competenze, produttività,
soddisfazione e fedeltà. Si ribadisce la centralità delle risorse umane nella generazione del valore, con
relazioni specifiche particolarmente rilevanti tra fedeltà della clientela e fedeltà del personale,
soddisfazione della clientela e soddisfazione del personale, oltre che tra aspetti economici e fedeltà della
clientela
In ottica di sostenibilità la soddisfazione della clientela può derivare da fattori ambientali e sociali.
Il Customer Relationship Management (CRM) poggia, così come la Customer Satisfaction, sull'assunto della
centralità di un efficace presidio delle relazioni con la clientela per il conseguimento degli obiettivi aziendali,
presidio da fondare su una piattaforma informativa relativa ai clienti adeguatamente strutturata.
Un CRM orientato in ottica di sostenibilità potrebbe rivelarsi prezioso anche nella realizzazione di azioni
rivolte alla clientela, non direttamente incardinate nel processo di vendita. È il caso di iniziative di
coinvolgimento del cliente in attività con motivazioni ecologiche o sociali. In queste situazioni la finalità si
pone su un piano diverso rispetto alla conclusione della vendita.
La disponibilità di informazioni su temi ambientali e sociali potrebbe risultare utile anche sul fronte del set
di indicatori di performance.
1. Misure sintetiche: Si tratta di misure finanziarie, espresse in un singolo valore, che riflettono gli impatti
aggregati o sulla bottom line di svariate aree di performance. Per esempio, i profitti contabili riflettono
gli effetti aggregati delle decisioni relative sia ai ricavi sia ai costi. Due categorie:
• Misure di mercato: riflettono i cambiamenti intervenuti nei corsi azionari o nei rendimenti per gli
azionisti.
• Misure contabiIl: si possono definire in termini residuali (quindi come margini; come il reddito
netto, l’utile operativo, il reddito residuale o il valore aggiunto economico) o in termini di rapporto
(come il return on investment, il return on equity o il return on net assets).
2. Combinazioni di misure (congiunzione di misure contabili e di mercato oppure integrazione con misure
non economico-finanziarie): comportano l’utilizzo di un tipo o dell’altro di misure sintetiche, o di
entrambi, oltre ad alcuni indicatori finanziari e/o extra finanziari disaggregati.
La maggior parte delle aziende fonda i controlli sui risultati su misure sintetiche di performance. Possono
essere impiegati anche indicatori di natura operativa ma generalmente si utilizzano forme sintetiche di
performance economico-finanziaria. Va specificato che anche i migliori indicatori non potranno mai essere
in grado di cogliere le sfaccettature di una performance manageriale.
Vedremo pregi e limiti delle misure di mkt che richiamano la necessità di rivolgersi a combinazioni di misure.
Sia le misure di mkt sia le contabili sono imperfette e non sono in grado di catturare la performance in tutti
i suoi aspetti.
1. MISURE SINTETICHE:
Il reddito economico (attitudine dell’impresa a creare flussi di cassa futuri) è diverso rispetto al reddito
contabile e questa differenza ha implicazioni importanti per il controllo di gestione.
L’obiettivo principale delle organizzazioni con fini di lucro è massimizzare il valore per gli azionisti o più
sinteticamente il valore dell’impresa. Nella logica della performance economico-finanziaria si assume che
uno degli obiettivi delle imprese è massimizzare il valore economico per gli azionisti. Questo è un obiettivo
che va perseguito nel rispetto dei vincoli di legge prestando un’adeguata attenzione a dipendenti, clienti e
portatori di interessi nella logica della congruità delle remunerazioni (remunerazione a fronte del proprio
contributo all’attività economica svolta). Idealmente per riflettere correttamente il successo di un’azienda
le misure di performance dovrebbero salire quando si crea valore e scendere quando si distrugge. Ma come
definiamo il valore economico?
L’efficacia delle diverse misure sta anche nel grado in cui sono in grado di catturare la capacità dell’impresa
a generare valore economico secondo il criterio della congruenza. Le misure di performance dovrebbero
salire quando si crea valore economico e scendere quando si distrugge.
In quale misura e in che termini le misure contabili e di mercato rispettano questo principio? Per rispondere
bisogna determinare il valore economico.
Il valore di qualunque attività patrimoniale si può calcolare in un determinato momento attualizzando i
flussi di cassa futuri che dovrebbe generare l’impresa in base al valore del denaro nel tempo e all’incidenza
del rischio.
MISURE DI MERCATO
Un approccio alla stima delle variazioni intervenute nel valore dell’impresa consiste nell’utilizzare misure di
performance di mercato, che misurano questi cambiamenti, oppure se si prendono in considerazione anche
i dividendi, il rendimento per gli azionisti. Il valore creato (cioè rendimento per gli azionisti) si può misurare
direttamente per qualunque periodo (annuale, trimestrale etc.) come la somma dei dividendi pagati agli
azionisti nel periodo di misurazione +/- la variazione intervenuta nel valore di mercato dell’azione. Per le
imprese quotate in borsa, il valore di mercato dell’azienda si considera generalmente la misura più
prossima del suo vero valore intrinseco.
Le misure di mercato hanno una grossa attrattiva anche perché forniscono indicazioni relativamente dirette
sui cambiamenti che si determinano nel valore dell’impresa. Questa congruenza della misurazione attenua
le pressioni politiche esterne all’organizzazione che altrimenti potrebbero indirizzarsi sull’azienda. Se i
cambiamenti che si producono nel valore di mercato vengono misurati in base all’andamento dei prezzi di
transazioni effettuate in un mercato attivo ed efficiente, le misure basate sul mercato presentano anche
altri vantaggi.
Per le aziende quotate in borsa, i valori di mercato sono disponibili tempestivamente, sono precisi,
relativamente accurati e obiettivi; inoltre sono comprensibili ed efficienti sul piano dei costi perché non
richiedono alcuna spesa da parte dell’azienda.
Le misure basate sul mercato però hanno dei limiti. Innanzitutto, c’è un problema di controllabilità, cioè di
solito queste misure possono essere influenzate solo da pochi top manager e quindi dice poco sulla
performance dei manager di livello “più basso”. Le valutazioni del mercato azionario sono influenzate da
numerosi fattori che sfuggono al controllo dei manager come ad esempio la crescita economica, il clima
politico, la politica monetaria e via dicendo. Si possono comunque migliorare gli indicatori che fanno
riferimento al mercato per metterli in condizione di evidenziare maggiormente gli elementi controllabili
della performance, come l’uso di valutazioni di performance relative. Per esempio, i manager si possono
responsabilizzare sulla generazione di rendimento di mercato superiori a quelli del mercato nel suo
complesso o a quelli di un gruppo selezionato di imprese simili alla loro.
In secondo luogo, i valori di mercato non riflettono sempre la performance realizzata ma semplicemente le
aspettative, che non è detto si realizzino. I mercati quindi possono reagire sproporzionalmente a particolari
notizie. Le valutazioni del mercato non riflettono sempre pienamente il valore sottostante dell’impresa e
quindi le decisioni prese o le transazioni effettuate in un determinato giorno, come l’assegnazione o
l’esercizio delle stock option, possono risentirne di tale differenza. Un altro problema è quello
dell’incongruenza: per ragioni competitive le aziende considerano spesso confidenziale le informazioni sulla
produttività della ricerca e sviluppo, delle strategie di prezzo, la qualità ecc. e quindi i mercati ne risultano
poco informati. Ma anche in presenza di una piena trasparenza informativa, non è detto che le valutazioni
siano corrette.
Le misure di mkt per congruenza si avvicinano di più alla nozione teorica di valore economico.
Le misure di mercato soddisfano il criterio della congruenza (che può essere sia un beneficio sia un limite).
1. Congruenza: sono influenzate da aspettative che non è detto che si realizzano. Se la congruenza è un
beneficio non è detto che non sia anche un limite.
• Le misure di mercato possono essere pesantemente influenzate dalle aspettative, che non è
detto che si realizzino.
• Le valutazioni dei mercati possono essere influenzate da voci e rivelazioni opportunistiche da
parte dei manager, che non sempre riflettono gli interessi di lungo termine dell’azienda.
• Problemi di efficienza dei mercati: Incongruenza: Per ragioni competitive, non sempre i mercati
sono bene informati sui piani e sulle prospettive di un’azienda e, di conseguenza, sui cash flow e
sui rischi che si profilano in futuro. Altre “anomalie”
2. Disponibilità à Le misure basate sul mkt sono disponibili solo per società quotate in borsa.
3. Praticabilità à Le misure di mercato sono disponibili solo per società quotate in Borsa, ma non lo
sono per quelle a capitale privato o per le controllate al 100%, e non sono applicabili alle
organizzazioni non profit.
4. Controllabilità à In genere, le misure di mercato possono essere influenzate in modo significativo
soltanto da pochi top manager dell’organizzazione, cioè coloro con il potere di prendere decisioni di
grande importanza.
Questi limiti delle misure basate sul mercato possono indurre le organizzazioni a cercare misure di
performance alternative, ad esempio facendo ricorso a misure contabili. Le misure di mercato sarebbero
ottime secondo il criterio di congruenza con la nozione di reddito economico, ma per i limiti che le inficiano
occorrerà poi impiegare misure di performance alternative (contabili).
MISURE CONTABILI
Le misure contabili sono ampiamente utilizzate perché hanno un’ampia serie di benefici.
• Tempestive
• Precise: le regole contabili sono fissate e descritte nei minimi dettagli. Sono determinate da regole
contabili.
• Obiettive: sono soggette a valutazione da parte di auditor indipendenti che assicurano una verifica di
oggettività dei risultati contabili
• Congruenti: misure come i profitti contabili o i rendimenti sono relativamente congruenti con
l’obiettivo di massimizzare il valore per gli azionisti; esistono inoltre correlazioni positive fra i profitti
contabili e le variazioni nel prezzo dell’azione
• Economiche: vanno comunque predisposte per i report finanziari. L’uso delle misure contabili non
richiede particolari costi.
• Comprensibili: usate da lungo tempo, i manager sanno come influenzarle.
Per riassumere il limite principale delle misure contabili di performance è la congruenza: non riflettono
adeguatamente le variazioni che si determinano nel valore economico delle entità, specie sui brevi periodi,
e presentano alcuni problemi di controllabilità che si possono affrontare con gli stessi metodi utilizzabili per
adeguare le misure basate sul mercato. Restano comunque positive per tutti gli altri criteri di valutazione:
tempestività, accuratezza, comprensibilità, efficacia sul piano dei costi e fattibilità.
Lez7
Tornando al nostro discorso sulle misure economiche, stiamo parlando di misure collegate alla g di
enviromental social governance perché tra le dimensioni della sostenibilità ha un suo rilievo anche l’aspetto
economico. Quali sono le misure che vengono comunemente utilizzate per misurare la performance
economica? Al riguardo abbiamo detto che è possibile distinguere:
• Misure sintetiche: a loro volta si possono suddividere in misure di mercato e misure contabili
• Combinazioni di misure
Per quanto riguarda le misure sintetiche sia quelle di mercato sia quelle contabili hanno una serie di
vantaggi che le rendono apprezzabili come misure di performance ma bisogna essere consapevoli dei limiti
che possono influenzare il loro utilizzo.
Il 1 modello considera anche la gestione patrimoniale, sia il numeratore che denominatore. Mentre nel 2
caso stiamo considerando solo la gestione caratteristica, ma si tratta sempre di misure di redditività
dell’investimento.
La seconda formula mostra anche la possibile scomposizione del ROI e le possibili leve gestionali che i
manager possono influenzare (si può agire sia dal lato del tasso di redditività delle vendite sia dall’indice di
rotazione degli investimenti operativi).
Ci sono 3 categorie di problemi causati dall’uso delle misure di redditività dell’investimento (entrambe le
formule) e sono:
• Subottimizzazione: una focalizzazione ristretta sul ROI o comunque sugli indici di redditività contabile
del capitale investito può portare i responsabili a prendere decisioni che migliorano il ROI della loro
divisione, ma che non sono in linea con l’interesse complessivo dell’impresa. In generale quando le
performance di un centro di investimento sono valutate in base a misure come queste come il ROI, i
manager saranno poco inclini ad accettare proposte di investimento il cui rendimento atteso è
inferiore rispetto al ROI della loro divisione
Quindi ci si pone davanti questo problema di investimento il responsabile della divisione sarebbe
portato a rifiutare l’investimento perché investire nel nuovo progetto vuol dire diminuire ROI
complessivo della divisione. Un investimento dovrebbe essere scelto/valutato se il rendimento atteso
è superiore rispetto al costo del capitale per finanziare l’investimento. Da questo punto di vista il ROI
è una misura subottimale perché porta i manager a rifiutare proposte di investimento il cui ritorno
atteso è inferiore rispetto a quello della propria divisione anche se è maggiore rispetto al costo del
capitale per l’intera azienda.
• Segnali fuorvianti in merito alla performance: È un problema che riguarda soprattutto le grandezze
impiegate nel calcolo del ROI, nel capitale fisso. Intanto bisogna vedere la formula:
L’uso di queste misure può portare una focalizzazione eccessiva sul breve termine che può generare
danni notevoli in prospettiva nel proseguimento di obiettivi strategici del lungo periodo, cioè
conseguimento economicità. I limiti intrinseci a questo tipo di misure possono produrre effetti
perversi, poiché i manager incoraggiati a generare profitti o rendimenti contabili a breve termine
possono essere indotti a:
Prima di parlare delle combinazioni di misure, e quindi della balanced scorecard che è uno strumento di
performance multidimensionale che può essere ampliato alla dimensione sociale e ambientale, diremo
un’ultima cosa sulle misure di performance economico finanziare, considerando la distribuzione del valore
aggiunto.
Analisi di questo tipo che riguardano la distribuzione del valore aggiunto le troviamo anche nei report di
sostenibilità. Cosa vuol dire valore aggiunto? Creare valore nel lungo periodo, e cioè il fatto che l’azienda
debba operare secondo continuità ed equilibrio economico, implica anche che le aziende debbano avere
una certa attitudine, devono essere in grado di attrarre risorse con una prospettiva di remunerazione. Il
tema della congruità delle remunerazioni è una delle condizioni da soddisfare in chiave simultanea per
poter dire che un’azienda opera in condizioni di equilibrio economico.
Le risorse apportate devono essere in grado di far si che l’azienda possa formulare un’offerta competitiva,
tale da soddisfare la domanda, le prospettive di sviluppo e di conseguire redditi soddisfacenti. Il reddito
deve soddisfare poi le attese sociali ad esempio dei dipendenti con salari in linea con la produttività, deve
poi garantire un’adeguata remunerazione al capitale di prestito e via dicendo.
In questo contesto il concetto di valore aggiunto è una grandezza utile per osservare la capacità
dell’impresa di generare flussi di risorse/remunerazioni tali da conseguire un reinvestimento soddisfacente
degli utili e consentire anche remunerazione per tutti i portatori di interessi.
“Il valore aggiunto è inteso come la maggiore ricchezza prodotta dall’azienda in un dato periodo quale
differenza tra il valore dei beni e servizi impiegati nella produzione e il valore dei prodotti ceduti.”
In altri termini il valore aggiunto misura l’incremento di valore generato dalla produzione una volta sottratti
i costi esterni sostenuti per acquisizione materie prime e servizi. Quindi mette in evidenza la capacità
dell’azienda di distribuire ricchezza in modo soddisfacente tra prestatori di lavoro, conferenti capitale di
prestito, conferenti capitale di rischio e PA.
LA BALANCED SCORECARD
Che cos’è una balanced scorecard? È uno strumento di misurazione della performance
multidimensionale.
Ad un certo punto a seguito delle modificazioni intervenute nel contesto competitivo, nell’ambiente
economico di riferimento delle aziende, ci si rende conto che come si era fatto per lungo tempo, misurare
le performance economico finanziarie e le performance operative poteva non essere più sufficiente a
condurre l’azienda all’interno di un contesto completamente mutato.
Cosa era successo nel frattempo? Anche gli strumenti di misurazione delle aziende hanno bisogno di
modifiche, di essere innovati e aggiornati, perché nel frattempo era cambiato il mondo come ad esempio
la diffusione delle tecnologie dell’informazione, le conoscenze scientifiche e manageriali, globalizzazione,
gestione della produzione e via dicendo. Quindi nel tempo si modificano profondamente le fonti il vantaggio
competitivo delle aziende, non è più sufficiente misurare i ricavi o il reddito, cresce la rilevanza di variabili
critiche come la qualità, la flessibilità o le interazioni con i clienti e fornitori, la sostenibilità.
Molte di queste dimensioni non possono essere catturate dai tradizionali strumenti di misurazione delle
performance e quindi diventa necessaria l’attivazione di flussi informativi non contabili da integrare con
quelli economico-finanziari. I sistemi di controllo devono iniziare a considerare ambienti competitivi dove
le esigenze di risposta al mercato richiedono sempre maggiore velocità
Uno strumento che si afferma come framework molto diffuso per integrare misure di performance
finanziarie e non finanziarie, con una esplicita connessione con gli obiettivi strategici è quello della balanced
scorecard. Inizialmente nasce come modello di reporting per la direzione a seguito di un’indagine condotta
dai suoi principali autori (Kaplan e Norton). È un approccio che nasce da un’indagine. L’idea di fondo della
balanced scorecard è che nessun indicatore di risultato preso singolarmente sia in grado di riconoscere e
apprezzare in maniera compiuta la situazione aziendale e quindi implicitamente c’è l’esigenza di costruire
un sistema articolato di misure di performance economico finanziarie e non.
Una BSC consiste in un insieme di misure di performance focalizzate su quattro aspetti: finanziario,
clienti, processi interni, crescita e
apprendimento.
Ogni dimensione sottende uno specifico quesito, ad esempio nel definire la prospettiva financial la
domanda chiave è come ci valutano gli azionisti?
Poi c’è la prospettiva dei clienti, la domanda chiave qui è “come dobbiamo apparire ai clienti?” L’attenzione
è focalizzata quindi sulle performance delle organizzazioni così come sono percepite dai clienti e la
consapevolezza che se i clienti non sono soddisfatti troveranno altri fornitori in grado di dare risposta ai
loro bisogni. Gli indicatori chiave tipici sono quelli in grado di misurare la capacità di soddisfare il target di
mercato: numero acquisizioni nuovi clienti, tasso di fedeltà dei clienti, valutazione ottenuta nelle indagini
di costumer satisfaction.
Poi abbiamo la prospettiva dei processi interni, la domanda chiave qui è “in quali processi dobbiamo
eccellere per soddisfare azionisti e clienti?”. Vengono monitorati e analizzati quei processi che esercitano
un maggior impatto sulla generazione di reddito e sul consolidamento delle relazioni di mercato. Quindi gli
indicatori da utilizzare sono quelli che misurano l’efficacia e l’efficienza dei processi (esempio tempo di
risposta agli ordini).
Infine, abbiamo la prospettiva dell’apprendimento e della crescita, qui la domanda è “come sostenere nel
tempo il miglioramento e il cambiamento”. Quindi una prospettiva che considera l’attitudine dell’azienda
al miglioramento attraverso l’apprendimento continuo. Contempla indicatori utili a misurare i processi di
apprendimento e crescita quindi grado di soddisfazione del personale, turn over, livello di formazione e via
dicendo.
Gli indicatori devono essere tra loro collegati da una relazione di causa-effetto, per fare questo si utilizza
uno strumento che prende il nome di mappa strategica.
Perché proprio queste 4 prospettive? C’è una relazione di fondo che lega queste prospettive. Come sono
legate fra loro? Kaplan e Norton dicono che:
Per ottenere risultati economici soddisfacenti è necessaria la combinazione di due elementi: il primo è la
capacità di creare valore per i clienti e quindi valutarne i risultati, l’altro riguarda i processi interni e la loro
efficienza. È evidente il legame, come conseguire risultati economico finanziari positivi? Da un lato
cercando di soddisfare i clienti dall’altro cercando di essere efficienti nello svolgimento dei processi interni.
Quindi creare valore per il cliente si trasforma al tempo stesso in maggiore ricchezza per l’azienda e quindi
performance economico finanziaria positiva, solo se la produzione e l’erogazione dei prodotti o dei servizi
avviene attraverso processi interni efficienti. L’altra condizione è che tutto ciò sia duraturo e sostenibile nel
tempo e questo richiama l’importanza di valutare i risultati nella prospettiva della crescita e
dell’apprendimento. In sintesi le misure non financial delle 3 prospettive, a parte quella economico
finanziaria, esprimono i driver dei risultati economici.
• Ogni misura nella Balanced Scorecard costituisce un elemento di una catena di relazioni di causa ed
effetto.
• Alla fine, tutte le misure sono collegate ai risultati dell’organizzazione.
• Si crea un equilibrio fra le misure di risultato (finanziarie, relative ai clienti) e driver di performance
(valore per il cliente, processi interni, apprendimento e crescita).
• La scelta delle misure e la loro ponderazione presuppongono l’esplicitazione del modello di business e
la comprensione dei driver dei risultati economico-finanziari.
• La balanced scorecard consente di combinare misure di risultato con indicatori lag e con indicatori lead
Perché c’è bisogno della BSC? Perché nelle aziende contemporanee la capacità di creare valore origina più
negli assets intangibili che tangibili quindi caratteristiche gestionali che possono essere monitorate
attraverso opportuni indicatori di performance da collocare in una balanced scorecard.
Tra gli elementi di originalità e i limiti dello strumento, tra i punti che la letteratura ha individuato:
ORIGINALITÀ
• Collegamento tra strategia e gestione operativa: con la BSC la strategia viene posta al centro
dell’organizzazione e costituisce la base per la gestione operativa (le misure per esempio collegate ai
processi interni o collegati all’apprendimento e alla crescita che sono aspetti di natura operativa
devono essere configurati in base all’idea strategica)
• Quattro prospettive di analisi
• Flessibile ed adattabile nel tempo
• Individuazione delle relazioni causali tra i fattori critici di successo di un’azienda (e i relativi indicatori)
nelle varie prospettive
LIMITI
Ci sono una serie di ragioni che fanno si che una BSC possa prestarsi anche ad accogliere misure di
risultato da collocare entro una catena di relazioni causali di natura ambientale e sociale.
Un corpo di ricerche ha sottolineato che il BSC può essere uno strumento appropriato per controllare e
rendere conto delle questioni di sostenibilità, in quanto:
Noi sappiamo che la BSC ha 4 prospettive, quelle fatte in precedenza, ma allora in che modo possiamo
incorporare anche gli aspetti ambientali e sociali all’interno di uno strumento che di suo è orientato alla
dimensione economico finanziaria?
Possono esserci più modi e gli approcci all’integrazione della prospettiva di sostenibilità nel modello della
Balanced Scorecard sono sostanzialmente 3:
1. introduzione di una quinta prospettiva «non-market», a fianco delle quattro prospettive tradizionali,
dedicata al presidio della sostenibilità. Il primo approccio prevede appunto l’introduzione di una quinta
prospettiva di analisi della performance specificamente collegata a accogliere obiettivi di natura
ambientale e sociale. Introducendo una 5 prospettiva a questa sarà assegnata una maggiore o minore
rilevanza a seconda delle priorità dell’organizzazione. Questo approccio è coerente con le seguenti
condizioni:
2. definizione di una BSC specifica dedicata al presidio della sostenibilità da affiancare a quella
economico finanziaria
• poco indicato nel caso di aziende caratterizzate da un atteggiamento strategico sostenibile
proattivo;
• utilizzo circoscritto all’ambito del dipartimento ambientale o di un’eventuale unità organizzativa
specificatamente responsabile dei temi di sostenibilità o responsabilità sociale;
• impatto piuttosto debole proprio perché non spinge i manager a cercare integrazione tra risultati
ambientali, sociali ed economico finanziari. Alternativa più adatta per coordinare, organizzare e
differenziare gli aspetti sociali e ambientali, una volta definita la loro rilevanza strategica e il
posizionamento all’interno della catena causa- effetto del complesso delle operazioni aziendali;
• utilmente impiegabile per stimolare impegno e tensione verso gli obiettivi socio-ambientali da
parte delle unità preposte alla gestione di tali tematiche. Per iniziare a costruire una cultura di
sostenibilità
Secondo alcuni autori, la terza alternativa sembra invece la più indicata se l’obiettivo dell’impresa è quello
di integrare pervasivamente la gestione della sostenibilità all’interno della strategia.
• parziale: è parziale quando obiettivi e misure di natura ambientale e sociale sono recepiti solo
all’interno di una o alcune delle prospettive convenzionale. Ad esempio possiamo trovare misure
di natura ambientale solo nella prospettiva dei processi interni.
• completa: è completa quando obiettivi e misure di natura ambientale e sociale sono inclusi in tutte
le 4 dimensioni di lettura della performance
Quindi il terzo approccio offre la possibilità di analizzare compiutamente le relazioni tra i risultati socio-
ambientali e le prestazioni complessive d’impresa lungo tutte le prospettive di analisi previste dal modello.
È evidente che per una strategia proattiva di sostenibilità dove effettivamente si persegue la creazione di
valore condiviso, gli autori sembrano suggerirci il terzo approccio.
Ci possono essere anche combinazioni di questi 3 approcci, per esempio ci sono aziende che aggiungo
prospettive e integrano indicatori di performance di natura sociale e ambientale negli altri 4. Questo
sempre nell’idea che una BSC esprime una serie di indicatori specifici di una data impresa perché specifica
una strategia dell’impresa o di una business unit.
Questi tre approcci corrispondono a tre differenti concezioni della relazione tra strategia di business e
strategia di sostenibilità che possono
manifestarsi nell’azienda.
Le mappe strategiche
ESEMPIO HERA
Mappa strategica
La mission -> fine dell’organizzazione
Obiettivi
IL REPORTING DI SOSTENIBLITÀ
Il report è uno strumento di accountability, ovvero per definizione dovere di giustificare e legittimare a chi
ne ha diritto, ciò che l’impresa sta facendo per rispettare gli impegni presi con gli stakeholder.
I fattori che spingono alla reportistica di sostenibilità:
• le pressioni esercitate da stakeholder esterni (es. azionisti, clienti, investitori istituzionali): stakeholder
sempre maggiormente interessati alle performance riguardanti gli impatti ambientali e sociali generati
dalle attività d’impresa
• la ricerca di vantaggi di reputazione che si ripercuotono positivamente in termini di aumento della
fedeltà dei clienti e della capacità di accedere ai finanziamenti, nonchè di riduzione della
remunerazione del capitale proprio;
• la previsione di requisiti informativi obbligatori predisposti da organi regolatori o dalle borse valori:
quindi c’è l’aspetto anche normativo che può obbligare le aziende a predisporre report di sostenibilità
(come detto prima della Danimarca, Svezia etc)
• la sensibilità mostrata dagli organi di governo aziendale e dai singoli manager.