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ETICA E RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA

28/09/2021
Capitolo 1:
Sostenibilità

Perché etica e RSI? Negli ultimi anni è molto più evidente l’impatto che l’attività economica ha sull’ambiente.
L’impatto ambientale e sociale è evidente e impatta anche la dimensione economica.
Se dobbiamo mantenere una redditività costante dobbiamo preoccuparci anche dell’impatto ambientale.
Tutto questo rappresenta un costo che l’azienda deve sostenere, l’azienda lo deve fare ma come lo può fare in maniera da produrre un
vantaggio competitivo e non essere solo un costo da sostenere? Esistono soluzioni come le energie alternative che prendono spunto da questa
necessità di ridurre l’impatto ambientale dell’attività produttiva per offrire nuove soluzioni e mettere in campo nuovi modelli produttivi.
Quindi è importante parlare di etica e di responsabilità sociale d’impresa perché può rappresentare delle opportunità dal punto di vista
economico.

In questo grafico viene rappresentato l’andamento nel tempo della performance sociale e
ambientale dell’impresa che è aumentata, tuttavia la retta in alto mostra come le attese che la
società e i vari portarti d’interesse nei confronti dell’azienda su questi temi è aumentato di più.
Questo gap tra la situazione attuale e le attese dalla società rappresenta le problematiche sociali
che si associano all’attività delle imprese
Nonostante lo sforzo delle imprese è aumentato, continua ad aumentare anche questo gap e questa
percezioni delle problematiche
Come mai nonostante le imprese si stiano impegnando su questi temi, le problematiche sociali
sono aumentate? C’è una maggiore presa di coscienza, una maggiore domanda da parte dei
consumatori. C’è un maggiore avvicinamento su questi temi grazi ai mezzi di comunicazione.
Anni fa l’attività dell’azienda non era molto evidente per quello che poteva causare in ambito
sociale e ambientale, oggi invece le attività sono conosciute. I mezzi di comunicazione hanno portato una maggiore attenzione.
Inoltre oggi con l’aumento del livello del benessere si è più attenti a questi temi, scegliamo un prodotto anche su altri criteri. A livello
istituzionale una volta risolti i problemi più emergenti dal punto di vista della sopravvivenza, diventa indispensabile aggiungere anche questi
elementi che incidono sulla qualità della vita.
Altro aspetto riguarda l’aumento della conoscenza, dell’istruzione che portano a attese superiori rispetto al passato. Questo trend riguarda
anche lo sviluppo economico di certi paesi e realtà e al sempre crescente impatto che le aziende hanno nell’economia e nella vita delle
persone.
Da un lato l’impatto ambientale è cresciuto inevitabilmente nel tempo, dall’altro ci sono nuove economie che si sono aggiunte e impattano in
maniera rilevante (come India e Cina).
A prescindere dalla situazione del singolo stato, bisogna considerare questi impatti in maniera sistemica.
Le percezioni sono aumentate perché ragioniamo in termini di sistema; in una economica globale abbiamo nuovi attori che hanno peggiorato
rispetto al passato questa performance.

Etica in economia aziendale


“L’azienda è un istituto economico destinato a perdurare nel tempo (ottica di sostenibilità proiettata nel lungo periodo) che, per il
soddisfacimento dei bisogni umani (la persona e i suoi bisogni sono al centro), ordina e svolge in continua coordinazione la produzione, o il
procacciamento e il consumo della ricchezza.”
Per rispondere alle problematiche socio-ambientali e per cercare di avere un impatto positivo sull’ambiente e sulla società occorre mettere al
centro la persona con i suoi bisogni e con la sua attività lavorativa all’interno dell’impresa.
In tutto questo sviluppo occorre considerare anche la tecnologia che può essere messa al servizio di queste problematiche ma può avere un
impatto sulle persone e sull’ambiente

Sostenibilità
Quando parliamo di sostenibilità si pensa subito all’ambiente, invece la sostenibilità significa sostenibilità ambientale, sociale ed economica
e nasce da questa concezione chiamata rapporto Brutland
Rapporto Brutland 1987 fa riferimento ad uno sviluppo che soddisfi i bisogni dell’attuale generazione senza compromettere la capacità di
quelle future di rispondere ai loro
Per fare questo abbiamo bisogno dei tre pilastri sui quali si basa la sostenibilità: DIMENSIONE ECONOMICA, SOCIALE E AMBIENTALE sempre in
un ottica di lungo periodo per permettere alle generazioni future di avere le stesse opportunità.
Queste tre dimensioni non le dobbiamo vedere come la somma di tre cose diverse, deve essere qualcosa di sistemico che le considera tutte e
tre in interazione l’una con l’altra.
La sostenibilità ha bisogno di tutti e tre gli elementi, non di ciascuno di questi separati. Può accadere che in certe situazioni queste
dimensioni sono in conflitto tra di loro.
Es. investimento conveniente dal punto di vista economico può produrre un impatto negativo.
Quando andiamo ad analizzare certe azioni occorre avere una tripla azione nell’analisi. Uno dei primi concetti e principi di riferimento da
evidenziare è l’approccio olistico; olistico significa un approccio che tiene in considerazione non solo una parte specifica, ma l’interezza del
sistema.
Oltre a questo approccio chiamato olistico/sistemico, la sostenibilità è un concetto complesso perché non è determinato e prevendite, ci sono
tanti elementi di incertezza e di conseguenza questa complessità va gestita con strumenti adeguati.
Un’altro elemento da tenere in considerazione quando parliamo di sostenibilità è che non sempre possiamo agire in un mondo determinato e
certo, non sempre saremo in grado di prevedere con certezza questi accadimenti.
Nel fare questo strumenti di elaborazioni dei dati e di intelligenza artificiale stanno cercando di analizzare il passato e fare previsioni future
proprio perché la complessità e l’incertezza è centrale
Un’altro principio di riferimento è il limite, in quanto le risorse ambientali non sono infinte e di conseguenza bisogna razionalizzare ed essere
efficienti
L’ottica è sempre di lungo periodo e l’ultimo principio di riferimento è l’equità ossia considerare le generazioni attuali Fernando di metterle
sullo stesso piano con quelle future

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Esaurimento delle risorse
Questa tabella fa vedere gli elementi che sono in esaurimento, quelli segnati in rosso sono gli
elementi che scompariranno nel giro di 50 anni.
Molti degli elementi che sono alla base dei processi produttivi delle aziende si stanno esaurendo.
Quindi non soltanto cerchiamo di ridurre l’impatto ambientale del sistema produttivo delle aziende,
ma cerchiamo anche di rigenerarlo.
Com’è possibile rigenerarlo? Attraverso l’economia circolare, ovvero trasformare una catena di
valore lineare (che finisce con il bene finale acquistato) in una catena circolare che va a rigenerare
il bene alla fine della sua vita utile reculando quelle risorse che possono essere rimesse nei processi
produttivi (materie prime seconde)

I 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDG)


La tabella mostra i 17 obiettivi che l’ONU ha definito per orientare le azioni di sostenibilità degli stati,
delle aziende e delle istituzioni.
Sono 17 obiettivi che si riferiscono a tematiche specifiche. L’approccio di questi 17 obiettivi è quello di
essere considerati in maniera congiunta, sono tutti correlati l’uno con l’altro.
Ovviamente all’interno di settori diversi possono diventare più centrali alcuni di questi.
L’obiettivo principale che le nazioni unite hanno avuto nel produrre questo modello è quello di trovare
un denominatore comune che poteva essere comune per tutte le tipologie di attività, tutte le istituzioni a prescindere dalla provenienza e che
questo strumento diventasse uno strumento di divulgazione della sostenibilità.
Questi obiettivi propongono anche dei target specifici che devono essere raggiunti entro il 2030 da tutte le istituzioni aziende e cittadini.
Questi 17 obiettivi nascono all’interno dell’agenda 2030 perché un obiettivo per essere misurato ha bisogno di un target, di una misura con
cui confrontarci nel 2030

Obiettivo 1
POVERTÀ ZERO: propone di porre fine alla povertà in tutte le sue forme in tutto il mondo.
Le forme possono essere variegate come politiche pubbliche, investimenti specifici, ..
Le azienda che maggiormente possono contribuire a questo obiettivo sono le no profit, aziende alimentari (ci sono tante azioni legate alla
riduzione dello spreco alimentare per aiutare quelle fasce di popolazioni che hanno problemi di sussistenza dal punto di vista alimentare),
aziende che si impegnano nel sociale attraverso donazioni, impegno nelle comunità.
Questo primo obiettivo può essere raggiunto se un’azienda è impegnata nel sociale, se effettua azioni filantropiche (azienda che effettua
donazioni e contribuisce a questi temi)
Le cooperative sociali propongono lavori anche di contenuto non particolarmente professionalizzante ma danno l’opportunità a fasce
disagiate di guadagnarsi uno stipendio attraverso il lavoro. Questo contributo può essere identificato in quelle realtà che nascono con
l’obiettivo di collocare fasce deboli della popolazione.
Queste cooperative sociali non sono imprese no profit e nemmeno profit, perché questi lavoratori che assumono diventano soci della
cooperativa. Invece di distribuire gli utili li rinvestono per creare lavori che possono essere in termini economici convenienti.
Obiettivo 2
FAME ZERO: porre fine alla fame, realizzare la sicurezza alimentare e una migliore nutrizione e promuovere l’agricoltura sostenibile.
L’ambito di produzione e già dentro l’obiettivo, sopratutto quello dell’agricoltura
Un tema molto importante all’interno di questo obiettivo è il tracciamento di tutta la filiera produttiva per verificare anche come sono stati
trattati i lavoratori nei vari passaggi della catena del valore.
Altro tema molto ricorrente riguarda la riduzione degli sprechi

Obiettivo 3
SALUTE E BENESSERE: garantire una vita sana e promuovere il benessere per tutti a tutte le età.
Qua parliamo della sanità. Le aziende in tutto questo possono contribuire garantendo la sicurezza dei dipendenti, salute e benessere sul luogo
di lavoro (es. offrire assicurazione sanitaria ai dipendenti), salute e benessere dei consumatori rispetto ai servizi e prodotti offerti.

Obiettivo 4
ISTRUZIONE DI QUALITÀ: garantire un’istruzione di qualità inclusiva e paritaria e di promuovere opportunità di apprendimento permanente
per tutti.
Tutte le aziende riportano nelle loro attività delle attività di formazione per i dipendenti. Una parte di questa formazione è prevista in
maniera obbligatoria, questa non è responsabilità sociale ma legale.
Un dipendente che viene istruito anche su argomenti che non sono legati alla sua professione può aumentare la produttività nonostante sia un
costo per l’azienda che deve offrire questi corsi in maniera gratuita. Le competenze che vengono fuori possono beneficiare la produttività e il
risultato dell’impresa.

Obiettivo 5
UGUAGLIANZA DI GENERE: raggiungere la parità di genere e l’empowerment di tutte le donne e le ragazze.
Si può trovare in quasi tutti i bilanci in quanto è un dato che viene sempre riportato da quasi tutte le aziende; in generale a parte in alcuni
settori la percentuale delle donne si avvicina a quelle degli uomini.
È importante verificare se questo dato compare anche per posizioni apicali, in molte aziende sono molto di più gli uomini manager rispetto
alle donne. Questo viene comunicato in maniera trasparente.

Obiettivo 6
ACQUA PULITA E IGIENE: garantire la disponibilità e la gestione sostenibile delle risorse idriche e servizi igienici-sanitari per tutti.
Trovare dati che dimostrano la riduzione dell’utilizzo risorse idriche o il loro riciclo è fondamentale.
Possono contribuire aziende che nei loro processi produttivi fanno uso massiccio dell’acqua

Obiettivo 7
ENERGIA PULITA E ACCESSIBILE: assicurare l’accesso all’energia a prezzi accessibili, affidabili, sostenibili e moderni per tutti.

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Anche qui vale il discorso dell’acqua sulle public utility
04/10/2021
Obiettivo 8
LAVORO DIGNITOSO E CRESCITA ECONOMICA: promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena e produttiva
occupazione e un lavoro dignitoso per tutti.
Si rivolge prevalentemente alle imprese

Obiettivo 9
INDUSTRIA, INNOVAZIONE E INFRASTRUTTURE: costruire infrastrutture resistenti, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e
promuovere l’innovazione.
Dimensione legata all’impatto sociale e ambientale. In questo caso siamo sempre nell’ambito di un obiettivo facilmente riconducibile
all’attività d’impresa vedendola all’interno di una catena di valore all’interno della quale contribuisce con le infrastrutture, soluzioni
innovative pensate agli sviluppi dell’industria 4.0.
Un’azienda di grandi dimensioni può contribuire sicuramente di più all’aspetto infrastrutturale, mentre una startup favorisce di più
all’innovazione con i servizi e prodotti che offre

Obiettivo 10
RIDURRE LE DISUGUAGLIANZE: ridurre le disuguaglianze all’interno e tra i paesi
Questo obiettivo è più a livello istituzionale. Possiamo pensare alle multinazionali, a imprese che operano in varie nazioni che attraverso la
promozione della formazione e occupazione possono contribuire a questo obiettivo

Obiettivo 11
CITTÀ E COMUNITÀ SOSTENIBILE: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, flessibili e sostenibili.
Il tema è quello delle smart city, ossia città che diventano inclusive e andando ad offrire soluzioni che hanno un impatto positivo dal punto di
vista sociale e ambientale, come soluzioni per la disabilità o dal punto di vista ambientale soluzioni per ridurre traffico e emissioni all’interno
dei centri abitati.
Le imprese sono partner, in quanto molte startup hanno proposto soluzioni su questi servizi che sono diventate parte integrante del servizio
pubblico offerto.

Obiettivo 12
CONSUMO E PRODUZIONE RESPONSABILI: garantire modelli di consumo e produzione sostenibili
Questo obiettivo va a trattare tutta la filiera produttiva. La logica è quella di andare ad analizzare l’attività produttiva in un’ottica di catena
del valore
Le soluzioni che le aziende stanno proponendo sono soluzioni del modello dell’economia circolare; dove non arriviamo solo a ridurre
l’utilizzo delle risorse e a riciclare, ma a riutilizzati, rigenerare e reimpiegare le risorse e i materiali.
Questa è una logica di filiera, non solo dell’azienda finale.
Un ruolo cruciale in questa attività ce l’ha anche il consumatore, perché senza di lui questa linearità non si chiude.
Quando parliamo di consumatore parliamo in generale; questo modello è ancora più importante in quelle aziende in cui il consumatore finale
è un’altra azienda (B2B).
Ci sono nuovi studi su quello che viene chiamato il consumer empowerment, in quanto diventa a tutti gli effetti una risorsa integrata
all’interno del processo produttivo nei modelli circolari.

Obiettivo 13
AGIRE PER IL CLIMA: adottare misure urgenti per combattere il cambiamento climatico e le sue conseguenze.
Oggi c’è questa attenzione maggiore perché i cambiamenti climatici sono diventati molto evidenti, quindi in quanto consumatori e dipendenti
di imprese cerchiamo di dare il nostro contributo.
Tutte le aziende ripropongono il dato che riguarda le emissioni di C02 che l’attività produttiva emette.
Oggi non c’è soltanto un ammontare totale delle emissioni rispetto al passato, ma ci sono ulteriori calcoli che vanno a capire che tipologie,
che sostanze, il singolo impatto che le aziende producono. Misure che cercano di rendere più tangibili questi impatti in quanto non li
consideriamo molto dato che non sono visibili.
Le aziende nel proporre questo dato fanno la comparazione su quelle che sono le quantità di CO2 emesse in termini di campi di calcio per
cercare di dare una idea di quello che è il dato.
Questo perché ci siamo evoluti e gli strumenti di comunicazione hanno permesso di proporre un’offerta in termini di comunicazione più
adeguata

Obiettivo 14
LA VITA SOTT’ACQUA: conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e delle risorse marine per lo sviluppo sostenibile.
All’interno di questo obiettivo possiamo trovare attività più legate agli oceani e ai mari in generale.
Ma riguarda anche quelle aziende che si approvvigionavano da paesi lontani che usano soluzioni via mare per il trasporto.

Obiettivo 15
LA VITA SULLA TERRA: proteggere, restaurare e promuovere l'uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste,
lotta alla desertificazione, e fermare e invertire il degrado del suolo e arrestare la perdita di biodiversità.
Obiettivo legato all’eco sistema, contributo a conservarlo. Sopratutto nell’utilizzo delle materie prime cercare di tutelare quelle che sono in
via distinzione e contribuire a rigenerarle

Obiettivo 16
PACE, GIUSTIZIA E ISTITUZIONI FORTI: promuovere società pacifiche e inclusive per lo sviluppo sostenibile, fornire l'accesso alla giustizia per
tutti e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli
Obiettivo legato all’ambito sociale. Obiettivo che parla della promozione della giustizia, della pace in paesi in cui ci sono conflitti in atto.
Sono più le istituzioni il target di questo obiettivo, ma anche le aziende possono contribuire a questo obiettivo

Obiettivo 17

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PARTNERSHIP PER GLI OBIETTIVI: rafforzare le modalità di attuazione e di rivitalizzare il partenariato globale per lo
sviluppo sostenibile
Obiettivo legato all’ambito sociale. Collaborazioni che spesso si innescano tra imprese e istituzioni, tra imprese e comunità, tra imprese e
associazioni che portano avanti alcuni di questi obiettivi.

Molte delle aziende ricollocano già le loro azioni di responsabilità sociale all’interno dei 17 obiettivi, non tutte però
Tutti questi obiettivi che le aziende vanno a perseguire devono rientrare in un insieme di valori che va oltre all’emergenza del momento o
agli effetti legati alle mode, tendenze. Se ci affidiamo soltanto a quelle che sono le tendenze e alla domanda di mercato che affrontiamo su
questi temi il rischio è che quando questa diminuirà ce ne occuperemo meno di questi temi. È fondamentale che queste azioni e obiettivi
vengano integrati all’interno della missione dell’impresa e dei principi su cui si ispira l’attività stessa.
Occorre avere uno sguardo d’insieme e capire se c’è coerenza tra quello che le aziende dicono e quello che le aziende fanno, perché il
risultato in termini economici può essere realizzato solo se queste azioni vengono integrate all’interno dei processi produttivi e delle
decisioni aziendali altrimenti diventa una spesa necessaria ma questo non porta nulla in termini di vantaggio competitivo e di innovazione.
Diventa importante avere questa base e questi principi per guidarci nell’analisi e capire quando questo percorso verso la sostenibilità che le
imprese hanno intrapreso effettivamente è integrato nelle loro attività e nella loro cultura organizzativa

Capitolo 2:
Etica aziendale

Fondamenti dell’etica in economia aziendale


Definizioni: l’etica studia la condotta degli esseri umani e i criteri in base ai quali si valutano i loro comportamenti e le loro scelte.
Quindi può essere definita come una disciplina che esamina le buone pratiche e quelle scorrette, nel contesto dell’insieme dei doveri morale e
dei valori.
Il comportamento morale riguarda l’agire umano, in relazione alla concezione del bene e del male e di quello che è giusto o sbagliato. Lo
facciamo all’interno di quello che è l’agire umano nel mondo degli affari
Come campo di studio, Business Ethics può essere definita come l’analisi critica e strutturata di come le persone e le istituzioni dovrebbero
comportarsi nel mondo degli affari.
Se andiamo ad applicare questa analisi critica sull’agire in modo etico e morale della persona all’interno delle organizzazioni, il livello di
analisi andrà oltre all’individuo e andrà ad analizzare la collettività all’interno dell’impresa.
Lo studio dell’etica aziendale aiuta ad ottenere alcune risposte sul perché alcune decisioni possono essere considerate etiche o non etiche
Quando parliamo dell’etica aziendale parliamo dell’etica a livello collettivo e non della singola persona; per questo abbiamo bisogno di
principi e di valori che sono legati ai valori dell’azienda

Etica e impresa
Lo studio dell’etica dell’impresa aiuta ad ottenere alcune risposte sul perché alcune decisioni possono essere considerate “etiche” o “non
etiche”, “giuste” o “sbagliate”. Senza uno studio sistematico, si potrebbe solo esprimere un giudizio vago, superficiale e spesso istintivo.
Rispetto a quanto le aziende ci propongono in termini di attenzione all’ambiente, al sociale e alla sostenibilità se non andiamo a radicarlo
all’interno dei loro sistemi valoriali, alla loro missione, a una serie di regole che l’etica aziendale dovrebbe perseguire, rischiamo di essere
superficiali e di giudicare come sostenibile un’azienda che lo sta facendo per promozione e marketing. Per questo occorre avere un modello
di riferimento che ci guida nell’analizzare queste azioni che le aziende propongono.
Quando parliamo di attività aziendale possiamo identificare un insieme di valori e di principi che devono essere rispettati a prescindere dalle
dimensioni dell’impresa, dal settore e tipologie di attività.
La ricerca di un’integrità, ossia di un allineamento tra i propri valori e le proprie azioni, dovrebbe coprire ogni sfera della nostra vita, non
solo quella personale ma anche quella pubblica e professionale, qualsiasi sia il ruolo ricoperto o le mansioni svolte. Concetti come integrità,
trasparenza e solidarietà sono concetti e valori che sono applicabili a qualsiasi tipologia di attività.
Per ogni tipo di azienda (privata, pubblica, profit o non-profit, di grande, media o piccola dimensione), esiste una responsabilità legata al
concetto di ACCOUNTABILITY, al dovere di render conto ai diversi stakeholder di ciò che si è fatto (o non fatto).
Su quello che è il principio di trasparenza, equità, uguaglianza nel trattare equamente i vari portatori di interesse parleremo di accountability,
ovvero dover rendere conto a una pluralità di soggetti chiamati stakeholders.
Il processo stesso di produrre un bilancio di sostenibilità dovrebbe fondarsi su questo principio, ossia il dovere di rendere conto in maniera
trasparente su quello che è l’attività dell’impresa in ambito economico, sociale e ambientale a una pluralità di portatori di interessi.
Il bilancio e la rendicontazione stessa è un’azione di responsabilità sociale che si fonda su questo principio.

Elementi che contraddistinguono etica e impresa


Trattandosi di quel livello più organizzativo dell’etica si contrappongono da un lato quelli che possono essere i principi etici oggettivi o
universali (principi che affermano che i principi morali hanno validità universale e necessaria, devono essere validi sia se parliamo della
singola persona sia della collettività e dell’organizzazione) e dall’altro lato i principi etici soggettivi o relativi che vanno a suddividersi in due
piloni prevalenti:
• soggettivismo assoluto individuale dove ognuno dei componenti dell’azienda ha i suoi principi, le proprie regole morali e di
conseguenza le loro implicazioni nell’azione economico-aziendale variano da soggetto a soggetto (ciò porta all’impossibilità di un
discorso condiviso di etica d’impresa)
• soggettivismo morale collettivo dove i componenti della collettività di una comunità condividono gli stessi principi morali e che si
oggettivizzano quando si tratta del loro ambito di applicazione (azienda o impresa a cui questi appartengono)
Quando si parla di cultura aziendale, di principi e di valori aziendali si parla di questo soggetto morale che è l’azienda che mette assieme
quelli che sono i principi e i valori condivisi dai suoi esponenti e componenti.
È ovvio che questi principi si sovrappongono tra di loro, non sono isolati

Le principali teorie etiche


L’applicazione di questo principio all’interno delle aziende ci identifica tre approcci prevalenti che vengono messi in atto quando si parla di
etica aziendale a livello di collettività.

VISIONE UTILITARISTICA: identifica principi e valori di etica aziendale che massimizzano il miglior bilanciamento tra utilità/felicità e
inutilità/infelicita tra tutte le possibili scelte. Quindi un’azione è giusta se massimizza il migliore bilanciamento fra felicità (coincidente con

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utilità) e infelicità tra tutte le possibili scelte. Il principio guida per l’etica aziendale diventa il principio che massimizza l’utilità per tutti i
possibili stakeholder.
Criticità:
1. Andando a considerare l’utilità collettiva l’utilitarismo può portare a sacrificare il benessere (o anche i diritti) fondamentale di un
individuo, in nome dell’incremento del benessere generale. Quindi scelte che possono portare a un
risultato economico soddisfacente e riducono l’impatto ambientale potrebbero intaccare i diritti e la dimensione sociale
Es. Implementando dei processi produttivi tecnologici, automatizzati si riducono gli sprechi, l’utilizzo delle energie. Quindi da un lato
miglioriamo il risultato economico perché riduciamo i costi, miglioriamo l’impatto ambientale perché utilizziamo meno risorse. Ma
siamo sicuri che a livello di quello che è la centralità dell’uomo all’interno del processo sia una scelta etica? Magari per implementare
questi processi di automazione abbiamo licenziato tante perone o non le abbiamo assunte.
Questo approccio utilitaristico ci aiuta ad avere un’utilità legata alla collettività può rappresentare il rischio di non considerare diritti e
impatti del singolo individuo che possono essere in contrasto con l’etica stessa
2. Come insegna nell’ambito dell’economia politica il teorema di Arrow, non è possibile costruire una singola funzione di utilità collettiva
che sia la somma esatta di tante funzioni di utilità individuali. Non sempre è possibile individuare l’etica collettiva secondo questo
approccio.
3. Non si tiene conto adeguatamente delle esigenze di uguaglianza ed in particolare dei bisogni di coloro che stanno peggio. Vengono
lasciati fuori quelli più deboli e svantaggiati
4. Il concetto di utilità può essere ricondotto al solo benessere materiale, rinunciando a considerare anche il benessere spirituale, culturale e
relazionale delle persone.
Nel considerare i principi e i valori di riferimento con un approccio utilitaristico cerchiamo di capire se tutti questi aspetti sono stati presi in
considerazione e che la valutazione finale supera queste criticità

VISIONE DEONTOLOGICA: fondata sul principio che l’etica deve rispettare determinati principi generali. Nel definire principi e valori che
guidano le scelte della collettività occorre prendere in considerazione alcuni principi generali che devono valere a prescindere dalla tipologia
dell’organizzazione all’interno della quale li stiamo applicando.
Questo approccio si può a sua volta suddividere in due visioni:
(a) Imperativo categorico di Kant: regola che guida un po’ tutte le scelte; trattare gli essere umani come fine non come mezzi e di
domandarsi se tutti si comportassero come il soggetto che fa l’azione. Origine sulla base della pura
razionalità etica, ispirandosi sostanzialmente alla filosofia morale del filosofo Kant, che sfocia nelle sue varie formulazioni
dell’imperativo morale categorico.
(b) Origine contrattualistica, basa il giudizio sul rispetto dei diritti naturali dell’uomo. Nell’intraprendere qualsiasi scelta le aziende
dovrebbero guidarsi dai diritti naturali dell’uomo. Le aziende che adottano questo
tipo di approccio fanno un riferimento continuo a quelli che sono i codici internazionali dei diritti dei lavoratori, a codici etici che
richiamano documenti che vanno a regolamentare il settore.
A sua volta divisibile nelle posizioni come quelle di: John Locke, filosofo inglese del XVII secolo, che si riferisce ad un contratto
implicito fra i cittadini per fare rispettare i diritti naturali dell’uomo; John Rawls, studioso contemporaneo statunitense, che si riferisce
non ai diritti naturali dell’uomo, ma ad un contratto sociale implicito (contratto condiviso all’interno dell’azienda), che dovrebbe essere
accettato da ogni persona ragionevole.
Criticità:
1. Nelle decisioni economiche il calcolo è elemento essenziale anche se si vogliono comunque rispettare principi etici;
2. Il fondamento dei principi irrinunciabili e la gerarchia dei diritti e dei doveri dovrebbe essere applicato a tutte le realtà
3. Donaldson e Werhane evidenziano anche i rischi di implicazioni di fanatismo ed estremismo che sono connessi ad un’applicazione
rigida della visione deontologica
4. Bisogna fare attenzione al fatto che la dimensione legale non prevalga.

ETICA DELLA VIRTÙ, ovvero quell’etica che cerca di promuovere comportamenti virtuosi; si fonda sulla ricerca dell’eccellenza dei
comportamenti, più che sul rispetto dei divieti e delle regole, nella consapevolezza che il comportamento virtuoso si rafforza praticandolo.
Per avere un codice di regole su cui basare le proprie scelte si cerca di promuovere quelli che sono i comportamenti più virtuosi
Aristotele affermava che la virtù si acquisisce praticandola, è un “habitus”, un’“abitudine”, non qualcosa di inconsapevole, bensì
un’educazione acquisita attraverso una pratica continua, che porta a comportamenti eccellenza o anche eroici.
Il principale limite della virtue ethics consiste nella poca ricerca di una comprensione razionale dei fondamenti dei principi e valori dell’etica,
rischiando confusione e quel relativismo soggetto che non figura certo nei presupposti filosofici.

L’azienda come soggetto morale


Il problema di fondo della business ethics è chiedersi se l’impresa è in qualche modo pensabile come una sorta di soggetto morale vero e
proprio o se la responsabilità morale risale unicamente alle singole persone.
“Io spero di fornire la base di una teoria che renda possibile il trattamento delle grandi aziende come membri della comunità morale, di
eguale condizione rispetto a coloro che tradizionalmente sono riconosciuti come farne parte: gli esseri umani biologici ...”.
Questa visione si basa sul concetto di accountability, definendo l’azienda come un agente dotato di intenzioni proprie, che deve perciò
rendere conto a qualcuno: è cioè accountable. L’azienda come tale compie pertanto scelte di carattere intenzionale, che implicano una
responsabilità morale come se fosse una Persona.
Le scelte aziendali possono essere assimilate a quelle compiute in un gioco praticato secondo specifiche regole, che a loro volta sono
determinate (insieme agli obiettivi del gioco) da una struttura formale impersonale, a cui le persone non possono ribellarsi, se non lasciando
(o sovvertendo) il sistema di finalità, valori e regole di cui fanno parte.
L’unico modo efficace per far sì che un’azienda si comporta eticamente è pertanto obbligarla con incentivi e/o
sanzioni a seguire leggi e regolamenti predisposti da chi ne ha la legittimazione.

Etica e legge
La legge spesso rappresenta un livello di comportamento etico “minimo” – etica codificata
L’etica spesso rappresenta uno standard che supera un minimo la legge

Le tre prove della razionalizzazione

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Con riferimento all’etica, la razionalizzazione è quel processo con cui si cerca di convincere sé stessi (e poi gli altri) che un atteggiamento è
corretto, giusto e difendibile, quando in realtà è condotto esclusivamente per servire interessi personali.
Esistono tre test per evitare tale razionalizzazione:
1. Il test della pubblicità invita a porsi la domanda: “posso difendere la mia posizione qualora diventasse pubblica?”
2. Il test di reversibilità aiuta a prendere decisioni più eque e difendibili in quanto invita a “mettersi nei panni dell’altro”
3. Il test della generalizzazione solleva la questione della coerenza: “l’azione che sto intraprendendo, ed il pensiero che sta alla base, è
qualcosa che spero che altri adottino in circostanze simili?”
05/10/2021
Capitolo 3:
Il codice etico

Strumenti di Etica Aziendale: Il CODICE ETICO


Il codice etico è lo strumento che utilizzeremo per analizzare e applicare l’etica aziendale.
Perché abbiamo bisogno di questo strumento? Perché se è vero che occorre darci delle regole fondate sui principi e i valori che l’azienda
esprime nel suo operare, allora abbiamo bisogno anche di alcuni punti di riferimento che possono aiutare a condividere questi principi con i
vari portatori di interesse
Occorre quindi uno strumento che comunica queste regole, inoltre se è costruito sulle necessità e l’operare dell’azienda diventa una
strumento di gestione aziendale basato su principi e valori.
Quindi serve all’azienda per comunicare e promuovere questi comportamenti, principi e valori, ma anche agli altri interlocutori (dipendenti,
fornitori e clienti) per venire a conoscenza delle linee di condotta in ambito morale e valoriale dell’azienda. Parlando di etica inoltre diventa
un documento che incentiva questo tipo di comportamento e questi tipi di valori e principi.
Possiamo quindi definirlo come uno strumento di governance, di gestione, di monitoraggio dei processi aziendali attraverso il quale l’azienda
definisce e comunica le regole che ne orientano la condotta ed esplicita il fondamento della cultura che ne ispira la sua definizione.
All’interno di questi documenti dovremmo essere in grado di trovare un insieme di principi e valori che l’azienda dichiara di perseguire e dei
quali è composta la sua etica aziendale e una seconda parte che ci permette di capire qual è l’orientamento dell’azienda e come mette in atto
questi principi e valori
Il rapporto fra il processo decisionale e l'etica, genera per l’azienda in se, la necessità di definire una sua propria linea di condotta e la sua
propria linea di comportamento morale, che dovrebbe essere tradotta in documento convenzionale
Questo documento viene pubblicato sia per l’azienda, per incentivare comportamenti attinenti ai valori sociali ed etici dichiarati, sia per il
mondo esterno, per poter comunicare questi valori condivisi

Strumenti di Etica Aziendale - Il Codice Etico


Contenuti: il codice etico definisce principi e valori condivisi in azienda e tali da guidare le scelte e i comportamenti intrapresi.
I principi vengono declinati in una serie di regole o norme che disciplinano il comportamento dei soggetti in relazione alle diverse aree di
attività in cui si articola la realtà aziendale.
Il codice si compone di:
• una parte in cui sono presentati principi e valori generali, espressivi della cultura e della storia aziendale;
• una parte, di carattere regolamentare, in cui i principi sono tradotti in una serie di norme di condotta che devono guidare i comportamenti
degli operatori aziendali in modo tale che questi siano sempre in linea con i principi dichiarati.
Tali sezioni possono essere parti di un medesimo codice o costituire documenti diversi, anche se strettamente correlati
Noi parliamo di codice etico in generale, ma la denominazione può cambiare in base alla prevalenza tra due parti. Alcune aziende lo
interpretano come uno strumento che comunica i principi e valori; poi la parte operativa viene delegata a specifiche figure o divisioni. In
questo caso prevalendo la parte dei principi e valori questo strumento potrebbe essere chiamato anche CARTA DEI VALORI.
Alcune aziende ne producono due di documenti: uno che ingloba questa parte valoriare quindi pubblicano la Carta dei Valori e poi il CODICE
ETICO O CODICE DI CONDOTTA collegato all’applicazione delle regole comportamentali
Che approccio potrebbe avere la Carta dei Valori? L’approccio dovrebbe essere utilitaristico e qualche volta dell’etica della virtù.
Mentre le regole di condotta devono codificare alcuni comportamenti, quindi lo strumento di codifica migliore che abbiamo sono le norme e
i regolamenti nei vari settori
Nel modello ideale queste due parti le troviamo all’interno dello stesso documento; però in base alle scelte e alle necessità si possono trovare
anche uno di questi documenti o entrambi
Dove lo troviamo il codice etico? Essendo il codice etico uno strumento di comunicazione e di promozione dei principi e valori etici
dell’azienda esso deve essere pubblico, si può trovare nel sito nella parte istituzionale, nella sezione legata alla corporate governance, le
imprese più evolute hanno invece una sezione dedicata alla responsabilità sociale
Se non lo troviamo pubblicato significa che non sta svolgendo la sua funzione principale
Le aziende più diligenti che adottano questi strumenti per definire la loro etica e i loro comportamenti consegnano anche il codice etico.

Strumenti di Etica Aziendale - Il Codice Etico


A prescindere dalla sostenibilità, qual è quello strumento che meglio racconta, in maniera molto riassuntiva, quello che l’azienda fa e quello
in cui l’azienda crede? La mission, in questi codici etici quindi dovremmo partire dalla mission aziendale.
Nella prima parte —> l’impresa riflette e valuta quali sono i principi e i valori che contraddistinguono la realtà aziendale, concentrandosi
sulla puntualizzazione della mission e sulle modalità, attuate storicamente, o che si intendono attuare, per realizzarla nel modo più corretto.
Nella seconda parte —> è necessario identificare le aree di attività e gli ambiti nei quali si devono applicare i principi e i valori
precedentemente definiti, individuando i principali stakeholder di riferimento per l’impresa, precisando per ognuno gli aspetti maggiormente
critici di relazione e definendo le norme etiche da utilizzare per regolamentare e
gestire al meglio questi ultimi.
Questo documento non è obbligatorio, non esistono norme, decreti legislativi o
regolamenti che obbligano all’adozione di un codice etico. Non essendo obbligatorio
le aziende decidono quando ritengono opportuno di redigerlo e con le modalità che
ritengono più giuste e che rispecchiano l’esigenza di adottarlo
Queste due parti ideali poi vanno a rispecchiare alcuni aspetti che bisogna trovare e
usare nella quotidianità dell’attività svolta.
La struttura del codice etico

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Nella prima parte abbiamo la mission e i valori di riferimento (iper-norma). I valori sono più legati all’agire umano in generale e vengono
operativizzati tenendo conto di quelle che sono le attività quotidiane.
Il passaggio intermedio che definisce i principi generali ha già la risposta della mappatura che va a vedere le attività maggiormente svolte e le
principali criticità
A questo agganciamo gli interlocutori, ossia a chi si riferisce, quindi applichiamo questi principi per i vari stakeholders di riferimento. In un
mondo ideale questo dovrebbe avvenire dialogando con loro in modo tale da avere un loro contributo e una loro visione dell’etica
dell’azienda per cui stiamo redigendo il codice etico.
Essendo uno strumento di gestione e di governance occorre prevedere delle regole di comportamento concrete, quindi si va nello specifico.
Nella parte delle disposizioni specifiche troviamo l’attuazione e delle regole concrete.
Poi c’e una parte legata alle sanzioni perché se l’approccio è normativo è normale che queste vengono previste. Se l’approccio è utilitaristico
o dell’etica della virtù queste sanzioni sono date per scontate nel momento in cui si promuovo valori, principi e condotte etiche. Quei codici
che rispettano l’esigenza del decreto legislativo del 2001 avranno questa parte ben sviluppata.
Se troviamo questa parte delle sanzioni c’è un collegamento con il decreto legislativo e l’approccio sarà normativo
Non c’è in tutti i documenti questa parte perché vogliono rispecchiare quelli che sono i comportamenti coretti lasciando alla legge e alle
norme i comportamenti scorretti
In verticale viene rappresentato il contesto all’interno del quale si crea e opera il codice etico, ossia il sistema di governo di un’azienda.

Mission
La mission è una breve dichiarazione che riflette i valori fondamentali di un'organizzazione. Rappresenta la ragion d’essere
dell'organizzazione.
È una dichiarazione scritta con lo scopo principale di verificare l‘orientamento di un'organizzazione che normalmente rimane invariata nel
tempo. Se poi l’azienda subisce forti cambiamenti di settore o dei modelli organizzativi anche la mission potrebbe cambiare.
Una mission appropriata:
• serve come filtro per individuare ciò che è importante da ciò che non lo è, deve identificare gli interessi prevalenti o costitutivi
• deve orientarci sull’attività prevalente dell’azienda
• comunica la direzione all'intera organizzazione, comunicare i metodi della realizzazione dell’attività
• indica chiaramente quale mercato sarà servito e come, il carattere unico dell’agire dell’impresa
La mission aziendale:
• Serve come strumento di comunicazione per l'organizzazione;
• Allinea le persone ad uno scopo, favorisce l’impegno e l’unità;
• Definisce le indicazioni sullo sviluppo, il cambiamento e la crescita dell’azienda;
• Agisce come strumento di valutazione per aiutare le attività di misurazione. Questo ultimo punto si può vedere soprattutto nei bilanci di
sostenibilità. Se nella mission vediamo un riferimento chiaro
all’ambiente e alla tutela ambientale, allora nella parte dei principi e valori nel codice e degli stakeholder dovremmo trovare l’ambiente
come elemento inserito nel codice etico; per quanto riguarda il bilancio di sostenibilità dovremmo trovare una parte che va a misurare
l’impatto ambientale

Esempi di Mission:
Google: “La nostra missione è organizzare le informazioni a livello mondiale e renderle universalmente accessibili e utili”
3M: “To solve unsolved problems innovatively”
Lego: “Ispirare e sviluppare i costruttori del domani”. Descrizione per aiutarci a capire la mission: il nostro scopo è ispirare ed educare i
bambini a pensare creativamente, ragionare in modo sistematico e realizzare il loro potenziale, plasmando il loro futuro e sperimentando le
infinite possibilità umane
Zuckemberg: “To give people the power to share and make the world more open and connected”
Non solo luogo dove «connettersi», ma struttura per la «formazione di comunità significative»
22/06/2017 —> “Today at the Facebook Communities Summit we changed our mission to focus on bringing the world closer together. I've
been thinking about this idea for a long time. I started talking about it in my community letter and at Harvard Commencement, and today I
shared the most complete explanation of what we're going to focus on for the next decade. Thank you for all your work building community
and bringing people together.”

Esempio codice etico di Davines:


Davines è un’azienda che produce prodotti per capelli di qualità
Documento di una ventina di pagine in quanto dovrebbe essere operativo. Aziende che sono particolarmente rilevanti su quello che è
l’impatto ambientale e sociale hanno documenti più corposi (Enel, Era)
La struttura la possiamo evincere vedendo l’indice: c’è sempre una premessa, una nota metodologica in cui viene presentata l’azienda e ci da
un’idea dell’attività (troviamo anche la mission).
Poi troviamo ‘ambito di applicazione e destinatari’, ossia quel processo di mappatura dell’attività e degli stakeholder
Subito dopo troviamo i principi etici di riferimento.
Qua non troviamo i valori perché quest’azienda ha fatto la scelta di pubblicare anche una Carta dei Valori, quindi i valori vengono riportati in
un documento a se perché sono più legati ai comportamenti individuali promossi dall’azienda, quindi potevano essere resi più operativi se
inseriti in un documento dove lo scopo è proprio quello di renderli operativi e metterli in pratica.
Davines è diventata un punto di riferimento per tutte le aziende di medie dimensioni che si approcciano a questi temi.
All’interno della carta dei valori vengono interpretati e descritti cosa si intende per questi valori.
Nel codice etico invece questi valori diventano operativi.
Lo scopo è quello di mettere da un lato i valori e dall’altro i principi che devono essere messi in pratica tramite le regole di comportamento.
Per ciascuno di questi principi ci sono le varie norme di comportamento.
Solitamente questi documenti sono applicati dall’azienda e definiscono le norme di comportamento. Ma pochi codici etici vanno anche a
regolamentare la seconda parte che potrebbe essere l’altra parte della relazione, ossia come l’azienda si rapporta e come cerca di comportarci.
Nella parte iniziale dovremmo andare a capire di che azienda stiamo parlando e di cosa tratta. Nella premessa troviamo la storia, il settore di
appartenenza, attività dell’impresa, ambito geografico in cui opera, modalità in cui ha deciso di effettuare questa attività produttiva.
Successivamente c’è anche lo scopo dell’adozione del documento, la data. Possiamo capire che il codice etico risponde al decreto legislativo
del 2001 n 231. Si possono trovare anche alcuni aspetti definitori.

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Rispetto alle fonti normative e al diritto quali possono essere altri richiami? Nella prima parte legata all’ambito dell’applicazione viene
effettuato un’ulteriore richiamo agli aspetti normativi, in particolare ai diritti e doveri della società nei confronti dei suoi stakeholders e
interlocutori. Questo è un’ulteriore indicazione che nella definizione dei principi ci sarà un collegamento con diritti e doveri che la società si
è assunta.
Successivamente c’è un’ulteriore sforzo per far diventare quest’etica utilitaristica, quindi considerando tutti i vari portatori d’interesse
all’interno dell’azienda. Ma l’attenzione è posta maggiormente su diritti e doveri e sulla norma
Poi vengono elencati i principi etici di riferimento che sono un po’ troppi per essere resi operativi e alcuni sono superflui rispetto all’attività
principale che l’azienda propone.
La cosa importante da verificare è che queste diverse parti ideali che abbiamo costruito per il codice etico siano coerenti tra loro, rispetto alla
mission e all’attività che l’azienda propone
Può accadere spesso che nei principi ci sono valori e parole importanti che poi non le troviamo attualizzate nelle regole di condotta.
Oltre ad effettuare l’analisi singola sui componenti, occorre essere in grado di esprime un grado di coerenza tra tutte le parti del codice etico,
in particolare sui principi valoriali e sulla parte che li mette in pratica
11/10/2021
Valori e Principi
Il richiamo a valori etici indica l’oggetto che il comportamento morale deve preservare, nulla dicendo sulla dimensione applicativa. I valori
sono qualcosa che va oltre al singolo comportamento, dovrebbero essere una guida generale nell’attività dell’azienda. Sono un po’ il fine di
tutte le azioni e le attività svolte
L’enunciazione di principi di condotta fissa lo schema comportamentale, dando prime generiche indicazioni di quale atteggiamento tenere. I
principi vanno a codificare e cercare di rendere più operativi, proponendo uno schema comportamentale basato su questi valori
È importante sapere questa distinzione perché spesso da luogo a due documenti differenti, come nel caso Davines
Nella struttura del codice etico principi e valori stabiliscono:
- secondo quale linea operativa deve essere perseguita la missione
- se la condotta degli operatori è coerente con l’obiettivo dell’impresa
Esempi:
• Legalità
• Trasparenza
• Integrità
• Onestà
• Equità
• Correttezza

Regole di condotta
Le regole di condotta sono norme operative, che possono anche giungere a una descrizione dettagliata della fattispecie concreta e della
conseguente condotta da tenere.
E necessario valutare:
- Se è opportuno o meno di fissare regole in dettaglio;
- Quale livello di analiticità le norme devono avere?
Alcuni elementi sono significativi per la generalità delle imprese con riferimento a:
• Dipendenti: selezione e gestione del personale, discriminazione, carriera, valorizzazione e formazione, retribuzione e orario di lavoro,
integrità e tutela della persona, salute e sicurezza, conflitti di interessi, privacy, libertà di associazione e di rappresentanza, informazione e
comunicazione, doveri dei collaboratori;
• Azionisti: principi che guidano gli assetti di corporate governance, le modalità di comunicazione al mercato, la trasparenza, tematiche
specifiche quali l’insider trading o l’utilizzo di informazioni price sensitive;
• Clienti e fornitori: con riferimento ai criteri di selezione, alle condizioni e alle modalità di definizione dei contratti, alla tempistica e alla
correttezza dei flussi informativi forniti, alla qualità delle comunicazioni, alla garanzia di qualità dei prodotti, in particolare per i clienti,
diffusione dei principi etici nella filiera di fornitura;
• Istituzioni e la Pubblica Amministrazione: collaborare per il bene comune e del territorio nel quale l’impresa è inserita, impostando
rapporti basati sul rispetto e la cooperazione in relazione alle forme di comunicazione e agli impegni presi;
• La collettività e l’Ambiente: politiche e strategie ambientali, sia ai rapporti con partiti politici, organizzazioni e associazioni, sia, infine,
alla qualità della comunicazione esterna e della gestione delle informazioni, da intendersi in termini sia di trattamento dei dati e delle
informazioni, sia di gestione amministrativa e contabile.

L’impostazione del CE
Quale struttura generale o impostazione di fondo bisogna dare al documento? Si può adottare un codice di regole oppure un codice di
principi: Codice di Regole vs Codice di Principi
Il codice di regole stabilisce precise disposizioni di condotta per diversi dilemmi morali – “nella situazione X fai Y”, “nella situazione Z non
fare K”
Il codice di principi fissa dei postulati di condotta generali ed astratti che devono essere declinati dall’operatore al caso concreto – “quando
agisci rispetta il principio W”
Il codice di regole può essere: Codice Negativo vs Codice Positivo
• Il codice negativo pone l’attenzione sulle condotte che gli operatori non devono tenere – “Non compiere l’azione X”. Vengono definite le
condotte che l’impresa considera non etiche.
• Il codice positivo pone l’attenzione sulla condotte da tenere – “Deve essere compiuta l’azione Y”. Vengono selezionate condotte
meritevoli e definite indirettamente cos’è considerato immorale.

Capitolo 4:
Il codice etico: Dlg 231/2001

Etica e legge

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Noi parliamo di etica e responsabilità sociale d’impresa, è normale che la massima codificazione dell’etica
dovrebbe esprimersi in quelle che sono le norme, la legge. Ma ovviamente occorre stare attenti al rapporto tra
queste due dimensioni (etica e legge), perché è normale che ci sia una sovrapposizione.
Per capire l’equilibrio che ci deve essere tra la norma e l’etica teniamo presente che la legge spesso rappresenta
un livello di comportamento etico “minimo”, che in un certo senso è l’etica che viene codificata, regolamentata.
Però l’etica per come l’applichiamo all’interno delle aziende spesso rappresenta uno standard che supera un
minimo la legge.
Per chiamarlo codice etico oltre alla norma bisogna far prevalere i principi e i valori etici, la dimensione più valoriale riesporto a quella
normativa. Questo si fa andando a capire quanto del suo contenuto rappresenta la parte più valoriale e dei principi.
Questo è fondamentale perché ormai è diventato un tema di dominio pubblico, quindi anche la normativa pian piano si sta avvicinando e ha
già bromato molti aspetti.
Per alcune aziende di grandi dimensioni infatti una norma ha reso obbligatorio il bilancio di sostenibilità. Dal 2001 in poi, i codici etici negli
ultimi 10 anni sono diventati lo strumento che sono stati adottati in massa, rispondendo a questa normativa.

Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231: Disciplina della responsabilità amministrativa a carico degli enti
Questo decreto non c’entra nulla con l’etica aziendale, il tema è la RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEGLI ENTI.
Il D. Lgs. 231/2001 definisce la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di
personalità giuridica, definendone i principi generali e i criteri di attribuzione. Quindi la responsabilità in senso organizzativo, non della
persona fisica, singola. Questo perché gli enti rispondono della loro responsabilità con il loro patrimonio e attraverso gli interessi economici
dei soci. La previsione della responsabilità amministrativa coinvolge materialmente nella punizione degli illeciti il patrimonio degli enti e
quindi gli interessi economici dei soci.
Le sanzioni previste per gli illeciti amministrativi (es. falso in bilancio, rapporti non trasparenti con la pubblica amministrazioni) dipendenti
da reato sono: sanzioni pecuniarie (l’azienda risponde con il proprio patrimonio), sanzioni interdittive, confisca e pubblicazione della
sentenza.
Questo ricade sull’azienda, spesso però questi atti illeciti vengono commessi dalle persone che hanno ruoli dirigenziali che lo fanno in
contrasto con le linee guide. Quando avvengono questi illeciti, queste attività nell’ambito amministrativo che non sono legali, può succedere
che avvengono per il tornaconto della persona che li sta effettuando e non perché l’azienda decide di effettuarle.
Questo decreto definisce anche gli strumenti che un’azienda può avere per dimostrare la buona fede dell’azienda e che la responsabilità
dell’illecito è della singola persona che ha commesso il reato.

Quindi il Decreto legislativo 8.06.2001 n. 231 ha introdotto, per la prima volta nel nostro ordinamento, la previsione di una responsabilità
personale e diretta dell'ente collettivo per la commissione di una serie di reati da parte delle persone fisiche ad esso legate, che abbiano agito
nell'interesse o a vantaggio dell'ente.
Il Decreto Legislativo 231/01 stabilisce le responsabilità del datore di lavoro e dell’azienda in caso di illeciti compiuti dai propri dipendenti.
In tali casi il datore di lavoro può tutelarsi da azioni legali se può dimostrare di aver adottato ed efficacemente attuato un modello di
organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231: Disciplina della responsabilità amministrativa a carico degli enti
L’obiettivo principale di tutta la normativa non è quello di punire i comportamenti illeciti, bensì di prevenirli con un apposito modello che
indirizzi l’atteggiamento dell’ente e del suo organico verso un modo di operare etico e corretto nel perseguimento degli obiettivi economici e
finanziari, e che incoraggi lo stesso verso la responsabilità sociale dell’impresa. Il decreto ha rappresentato un innovazione sul piano
normativo, introducendo un regime di responsabilità amministrativa a carico degli enti per i reati elencati e commessi nel loro interesse o
vantaggio.
La responsabilità dell’ente si aggiunge a quella della persona fisica che ha commesso materialmente il reato.
Per i reati societari cui si applica la disciplina, si tratta delle seguenti tipologie principali:
• Reati commessi nei rapporti con la pubblica amministrazione;
• Delitti informatici e trattamento illecito di dati;
• Reati di falsità in monete, carte di pubblico credito, ecc;
• Delitti contro l’industria ed il commercio. Per esempio quando ci sono azioni contro il segreto industriale.
• Reati Societari che vengono regolamentati da articoli specifici
• Reati di abuso di mercato: quando si sfrutta la posizione monopolistica per il proprio tornaconto
• Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;
• Delitti in materia di violazione del diritto d’autore

Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231: Disciplina della responsabilità amministrativa a carico degli enti
L’articolo 5 e 6 sono legati a quelli che possono essere egli strumenti che possono dimostrare la buona fede dell’organizzazione di fronte al
reato commesso e quindi fanno si che l’impresa possa trasferire la responsabilità al soggetto che ha commesso l’illecito
Art. 5.: Responsabilità dell'ente
1. L'ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio:
a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unita' organizzativa dotata
di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).
2. L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi.
Come lo dimostriamo che l’amministratore ha agito nell’interesse esclusivo suo o di altri soggetti?
Art. 6.: Soggetti in posizione apicale e modelli di organizzazione dell'ente
1. Se il reato e' stato commesso dalle persone indicate nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione
idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi. Quali possono essere questi
modelli? Il codice etico potrebbe essere uno di questi.
b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento e' stato affidato a un organismo
dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
d) non vi e' stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).

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Quindi questa norma prevede che se l’ente ha adottato adeguati modelli organizzativi per prevenire reati societari, potrebbe dimostrare che
illecito commesso è stato fatto per interesse e per conto dell’amministratore persona fisica.
Quindi questo decreto ha spinto all’adozione del codice etico e svolge quindi la funzione di darsi delle regole per prevenire comportamenti
illeciti.
Inoltre occorre che un comitato preposto vigili sul modello organizzativo e quindi sul codice etico
Infine per dimostrare la prevenzione, per dimostrare che il modello fosse operativo bisogna dimostrare le misure che l’azienda prende per chi
viola quanto previsto da questi documenti (sanzioni)

Oltre a verificare il ruolo dell’organismo e dei suoi componenti occorre capire se il codice prevede una modalità con la quale possono essere
segnalate comportamenti scorretti e criticità. Occorre capire in che modo possono essere segnalate questi comportamenti scorretti, criticità o
anche dei dubbi su aspetti che non sono ancora stati codificati
Di fronte a una situazione imprevedibile occorre avere delle modalità per capire come bisogna comportarsi, quindi bisogna avere un canale di
comunicazione
Laddove ci sono delle infrazioni del codice, devono essere previste delle sanzioni, delle risposte a questi comportamenti scorretti etici.
Quindi occorre vedere se ci sono azioni riparatorie, sanzioni previste per eventuali comportamenti critici che non sono in linea con quanto il
codice etico prevede.

Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231: Disciplina della responsabilità amministrativa a carico degli enti
La condizione esimente opera solo se si verificano modelli che rispondono alle seguenti esigenze:
1. Individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati, si dice la mappatura delle azioni e dei comportamenti più
rischiosi. Date le rischiosità più diffuse su tutto l’agire economico, ogni organizzazione ne ha delle sue; quindi partire da quelle che
sono le attività più esposte a comportamenti poco etici dovrebbe essere il primo passo per costruire un documento che svolga questo
ruolo
2. Prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da
prevenire. Non basta dire ‘non devi fare questo’, ma occorre offrire gli strumenti per guidare le azioni che non vanno a compiere questi
atti illeciti.
3. Prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli.
Questi documenti devono essere resi pubblici, cosi gli stakeholders vengono a conoscenza delle regole di condotta definite dall’azienda.
Quando si effettuano nuove assunzioni, insieme al contratto bisognerebbe offrire anche questo documento.
4. Introdurre un sistema disciplinare privato, idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello. Questo per dare
un’applicabilità ulteriore alle regole previste all’interno del codice, di solito dopo aver visto le regole di condotta sulle specifiche
tematiche si inserisce una sezione legata alle sanzioni

Risk Management
Per adottare un assetto organizzativo che rispetti la normativa, è necessario seguire un
determinato schema:
I. Innanzitutto bisogna eseguire una mappatura dei processi a rischio
II. Dopodiché bisogna fare un elenco dei rischi potenziali
III. Sulla base di questo bisogna fare dei protocolli, ovvero un analisi del sistema di
controllo preventivo esistente
IV. A questo punto, ci si chiede se il rischio è accettabile:
• Se SÌ —> si attua un sistema di controllo in grado di prevenire i rischi
• Se NO —> si farà un altro protocollo ancora più dettagliato e preciso. Solo
dopo un ulteriore protocollo si riuscirà a prevenire i rischi.
Di solito questo processo viene inserito all’interno di quelli che sono chiamati processi
legati alla gestione del rischio all’interno delle imprese.
Andando ad analizzare questi aspetti, possiamo creare un’idea su come questo
processo è stato effettivamente realizzato.
Il processo dovrebbe partire dalla mappatura dei processi a rischio andando ad
evidenziare quelle a cui l’azienda è maggiormente esposta, effettuare un elenco di questi rischi per i vari processi e in base a questi realizzare
dei protocolli per prevenirli
Che tipi di rischi stiamo considerando se rimaniamo a quello che dobbiamo adottare per rispondere alle esigenze della norme? Di
responsabilità amministrativa
Oltre a questo rischio amministrativo, dovremmo essere anche in grado di leggere e interpretare norme che vanno a regolamentare rischi
opportunistici oppure di asimmetria informativa tra i vari stakeholder, rischi che riguardano la persona e l’individuo.
Più siamo generali, più rischiamo di non essere operativi ma più siamo di fronte a un codice etico in senso stretto e non solo a un codice di
condotta che risponde alla 231.
Poi il sistema di gestione oltre che a questi documenti che raccolgono i protocolli, abbiamo bisogno anche del sistema di controllo
preventivo, ossia dell’organismo di vigilanza che vigila su questi temi. Questo processo non sempre accade; in alcuni casi questi codici sono
fatti con lo stampino. Quindi si parte dai rischi e protocolli che rispondono alla 231 e si confeziona il documento.

Il Comitato Etico
È l’organo che vigila sul rispetto della normativa
Il comitato etico è un organo aziendale che si inserisce all’interno della corporate governance, dotato di dipendenza ed autonomia, formato da
componenti esterni ed interni, nominato dal CdA a cui risponde. L’ideale sarebbe avere sia organi esterni che interni; con soltanto membri
esterni si rischia di rimanere nell’astratto di quello che valori e principi codificati all’interno del codice possono determinare
Il membro interno dovrebbe essere il ponte tra quello che è l’elemento astratto e la parte operativa.
Le funzioni principali del comitato etico sono:
- Monitorare e verificare l’attuazione del piano di implementazione del CE realizzando un rapporto annuale da sottoporre al CdA;
- Diffondere i contenuti del codice e promuoverlo;

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- Verificare il rispetto del CE deliberando relativamente ai comportamenti che si discostano dagli standard ed individuando misure
adeguate nel caso di comportamenti non conformi tranne l’esercizio del potere disciplinare che spetta agli organi aziendali;
- Predisporre delle revisioni periodiche;

Modelli di Governance
Il Comitato di Controllo interno prende decisioni in materia di violazione del CE
segnalate dal responsabile della funzione audit
L’Internal Audit si occupa della: raccolta delle segnalazioni, valutazione dei processi di
controllo, delle modifiche e diffusione del CE
In base a ciò possiamo avere diversi modelli di governance:
• MODELLO CLASSICO: si caratterizza per la presenza di un amministratore unico o di
un consiglio di amministrazione (CdA), nominato dall’assemblea al quale è affidata
la gestione dell’azienda, e dalla presenza di un collegio sindacale che si occupa delle
attività di vigilanza e controllo. In questa sede, il CdA e il Comitato per il Controllo
interno rispondono al Collegio sindacale. In questo modello il comitato per il
controllo interno è formato da soggetti indipendenti, che sono la maggioranza, e da 4
amministratori non esecutivi. In questo modello è indipendente l’organismo di
vigilanza (Internal audit).
• MODELLO 231 SEMPLICE: altra soluzione che lo rende ancora più indipendente è
quando questo modello organizzativo corrisponde a un codice etico che risponde alle
esigenze etiche senza considerare il 231. In questo modello invece il CdA nomina
l’organismo di vigilanza, il quale risponde al comitato per il controllo interno che è
composto da 3 membri consigliati dal CdA e 2 indipendenti. In questo caso il
comitato per il controllo interno risponde al collegio sindacale.
Se siamo in questa opzione siamo più nell’ambito etico rispetto che a quello legale. Se
troviamo una collocazione indipendente dell’organismo di vigilanza siamo più verso
un codice etico in senso stretto che un codice etico che è anche di condotta e svolge la
funzione prevista dalla 231. Molte aziende che hanno adottate il codice etico pre 231,
hanno entrambi i documenti: codice etico e codice di condotta per la 231. Per l’analisi
occorre scegliere il codice etico.

Le opportunità e le conseguenze derivanti dalla definizione e implementazione di un codice etico.


Attuando un corretto modello di governance che è retta di fronteggiare i rischi e di rispettare la normativa, si possono avere delle opportunità
quali:
- Lo strumento svolge un importante funzione di legittimazione morale dove l’azienda si esprime enunciando in modo chiaro e formalizzato
i doveri fiduciari che l’impresa assume nei confronti dei propri stakeholder;
- Se operativo, sono significativi i diversi benefici di carattere più strettamente economico che servono per migliorare i rapporti con gli
stakeholder. Una più chiara definizione di ruoli, delle posizioni, dei compiti e responsabilità, concorre allo sviluppo del senso di
appartenenza degli stakeholder all’organizzazione, favorendo la condivisione degli obiettivi aziendali e motivando i dipendenti ad un
impegno personale con conseguenti possibili vantaggi connessi. Un migliore ambiento lavorativo infatti può incoraggiare lo sviluppo di
iniziative personali e favorire l’aumento delle prestazioni generali.
- Importanti sono anche i riflessi che il codice etico può avere nella formulazione delle strategie e nella gestione dell’azienda; identificando
i doveri assunti nei confronti degli stakeholder e vincolando in primis i vertici aziendali al rispetto di definiti criteri guida; il documento
non solo esplicita la mission aziendale ma anche le modalità con le quali l’azienda intende perseguire detti fini
- Strumento che regola i rapporti interni: identifica e chiarisce i limiti all’esercizio dell’autorità svolgendo un’importante azione deterrente
per comportamenti illeciti, e facilitando, mediante le attività di formazione e partecipazione, la condivisione e il consolidamento dei
principi e dei valori fra i collaboratori

Il Codice Etico – Aspetti critici


• Il numero delle segnalazioni generalmente è esiguo, perché è già tanto se vengono previste le modalità di segnalazione. Inoltre c’è un po’
di titubanza da parte dei dipendenti
• Alcuni stakeholder non considerano il sistema sanzionatorio efficace poiché il Codice è uno strumento culturale e propositivo che “non
deve prevedere sanzioni, ma un approccio costruttivo teso a sanare i problemi attraverso interventi formativi”. Laddove c’è la criticità
intervenire con formazione per capire meglio la problematiche e trovare una misura di comportamento più adeguata e condivisa
• Quando vengono riscontrati comportamenti non conformi, la maggior parte delle aziende si limitano al semplice richiamo verbale, perché
non parlando di una norma non si può intervenire con sanzioni disciplinari
• I comportamenti a cui sono associate delle sanzioni sono comunque limitati a quelli definiti dallo Statuto dei Lavoratori, dal Codice Civile
e dal Contratto Collettivo. Per sanzionare qualcuno che non segue i principi etici inseriti nel Codice si può solo riportarlo all’interno del
mancato adempimento dell’obbligo di fedeltà o diligenza.

Il Codice Etico – Best Practice


• Affiancare al Codice Etico un documento che dettagli i comportamenti attraverso esempi semplici e concreti, perché spesso rimanendo
nell’aspetto valoriale dei principi occorre essere più generici
• Far firmare ricevuta di consegna del Codice Etico (come elemento psicologico), soprattutto per i neo-assunti;
• Inserire regole chiare e tempistiche per la gestione delle segnalazioni;
• Istituire una help-line, ha la funzione di prevedere figure all’interno del comitato etico che possono essere interpellate prima
• Il Comitato Etico dovrebbe poter agire d’ufficio, anche in maniera propositiva, e non solo in risposta a segnalazioni.
12/20/2021
Esempio codice etico Davines:
I livelli di attinenza alla norma sono diversi, ci può essere solo un mero richiamo, ci potrebbero essere solo alcuni degli elementi elencati
oppure tutti gli elementi che sono stati elencati (organo di vigilanza, modalità di segnalazione, sanzioni, ..)

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Inizialmente c’è subito un riferimento all’etica che è prioritaria ma cerca di andare anche oltre a quanto previsto dalla 231.
Nel paragrafo della riservatezza si parla del trattamento dei dati e informazioni sensibili. Ci sono gli elementi per prevenire quanto la 231
prevede
Nel paragrafo della tutela dell’industria e del commercio si prevede che ciascuno dipendente non deve porre comportamenti volti a impedire
o turbare l’esercizio di un’industria o di compiere atti di concorrenza con violenza o minaccia.
Anche il paragrafo della tutela della proprietà industriale e intellettuale ricade nella 231
Inoltre c’è un intero capitolo sui rapporti con la pubblica amministrazione e partiti politici che parla della corruzione e di pagamenti illeciti
che sono particolarmente inerenti alla 231.
Il codice etico viene applicato ai vari stakeholders, noi dobbiamo capire quali sono e come vengono definiti
In questo caso i partiti politici, per un’azienda che non si espone nel sociale in senso stretto, è uno stakeholder secondario.
A prescindere dal settore e dalla dimensione tutte le aziende si devono rapportare con la pubblica amministrazione, quindi c’è sempre un
paragrafo su di essa.
Ora vediamo la parte di operativa: per definire la funzione che questo documento dovrebbe avere secondo il decreto 231. Andiamo a vedere
le modalità di attuazione, le sanzioni, se c’è o meno l’organismo di vigilanza.
Come segnalare l’illecito? C’è un paragrafo sulle modalità previste, in questo caso viene soltanto citato un modo per segnalarli e ci vengono
rese note le varie sanzioni.
Nel codice etico viene descritto anche il collegio sindacale e l’organismo di vigilanza che viene elencato in termini di componenti e funzioni.
Infine vengono descritte le modalità di segnalazione che sono legate sia a una segnalazione online oppure per iscritto viene dato un indirizzo.
Laddove ci sono, queste sono le forme che si possono trovare in tutti i codici.
In questo caso non viene posta particolarmente attenzione alle segnalazioni, viene dichiarato l’impegno a mantenere la riservatezza.
Sicuramente questo codice ha pieni voti per quanto riguarda il contenuto di quanto previsto dalla norma 231, un po’ meno per quanto
riguarda la parte operativa (organismo di vigilanza vengono elencati i suoi poteri ma è generica, cosi come le sanzioni sono legate alle norme
generiche)
Ma quindi prevale l’approccio normativo o rispetto a quanto ci viene dichiarato nel codice etico stesso troviamo anche elementi della sfera
morale? I principi sono richiamati e vanno a trattare tematiche oltre al settore e alla norma; se andiamo ad aggiungere ai temi della 231 gli
altri temi delle norme di comportamento, stiamo parlando comunque di concetti sempre riconducibili alla norma (legalità, comunicazione
sociale, verifica del flussi finanziari, conflitti d’interesse, sicurezza sul luogo del lavoro). In questo documento il tentativo di andare oltre alla
norma non lo troviamo.
Però oltre al codice etico quest’azienda ha anche la carta etica che va ad approfondire meglio i valori e il loro significato all’interno
dell’azienda.
Dovendo esprimere un giudizio finale: nel codice etico prevale l’approccio normativo e rispecchia i criteri della 231; mentre la parte legata ai
valori è approfondita nella carta dei valori.

Capitolo 5:
La teoria degli stakeholder

Definizione di “stakeholder”
Individui o categorie di individui che hanno un interesse rilevante in gioco nella conduzione dell’impresa:
- sia a causa degli investimenti specifici (non solo monetari) che intraprendono (Stkh in senso stretto, lavoratori, istituzioni pubbliche,
azionisti)
- sia a causa dei possibili effetti esterni positivi o negativi delle transazioni effettuate dall’impresa, che ricadono su di loro (Stkh in senso
ampio, comunità all’interno delle quali l’azienda opera). Es, un’azienda decide di andare a produrre altrove questo provoca il venir meno
di posti di lavoro. Oppure l’impatto ambientale che un’azienda ha su quel territorio
Il termine veniva utilizzato nella cultura contadina scozzese per identificare “il proprietario dei paletti di confine del fondo agricolo” ossia il
vicino, colui che pur non avendo rapporti giuridici, ha rapporti sociali ed è interessato a ciò che succede nel fondo accanto.
Il termine poi è stato preso in prestito per quanto riguarda i vari soggetti che si relazionano con l’impresa per evidenziare qualcosa che va
oltre al diritto espresso dalla proprietà nell’azienda

Stakeholder vs Shareholder
La teoria degli stakeholder è riconosciuta come un punto di partenza per quello che è stato lo sviluppo della responsabilità sociale. Vi è una
grande differenza tra stakeholder e shareholder.
Shareholder approach
Gli shareholder sono gli investitori in capitale finanziario. Infatti l’impresa è legata solo ai lavoratori, fornitori e consumatori, organizzati per
il perseguimento dell’interesse di un solo gruppo di soggetti: gli investitori in capitale finanziario (shareholder)
L’origine viene attribuita a Milton Friedman con il suo libro "the business of business is business.” L’obiettivo dell’azienda era realizzare
utili per rispondere all’esigenza di uno stakeholder in particolare
Stakeholder approach
L’impresa deve costruire anche un adeguata offerta per le attese dei diversi interlocutori (stakeholder) che controllano le risorse di cui essa ha
bisogno.
L’origine viene attribuita a R. Edward Freeman con il suo libro “Strategic management: a stakeholder approach”, comincia a disegnare
un’impresa che deve anche costruire un’adeguata offerta per l’attesa dei diversi interlocutori che controllano altrettanto risorse non
necessariamente monetarie ma che sono comunque utili e strategiche per l’impresa. Questo approccio è strategico per l’impresa e quindi può
produrre un vantaggio competitivo

Classificazioni delle categorie di stakeholder


Secondo l’approccio di Freeman tutti gli stakeholder devono essere considerati allo stesso modo, però operativamente non possiamo
costruire un’offerta per tutti. Quindi occorre iniziare a ragionare su stakeholder primari e secondari:
A) STAKEHOLDER PRIMARI: quelli nei confronti dei quali l’organizzazione ha l’obbligo legale e morale diretto di salvaguardare il benessere.
Sono quelli che si incontrano rispondendo alla domanda: “A beneficio di chi l’azienda viene gestita?” e senza la presenza dei quali
l’impresa non può sopravvivere (come gli azionisti perché senza i loro capitali l’azienda non riesce a iniziare l’attività produttiva,
lavoratori che forniscono forza lavoro, fornitori sono indispensabili per alcuni settori mentre per altri meno, ecc.).

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B) STAKEHOLDER SECONDARI: quelli che, pur non partecipando direttamente alla gestione, incidono sul clima sociale delle relazioni
aziendali (come la comunità locale, i media, pubblica amministrazione per alcuni settori, ecc.).
Questa classificazione non viene fatta ne dal codice etico, ne dal bilancio di responsabilità.

Altre classificazioni delle categorie di stakeholder


Possiamo classificare gli stakeholder in base alle risorse che questi portano all’interno dell’impresa. All’interno degli stakeholder in senso
stretto, distinguiamo tra
a) STRONG STAKEHOLDER/STAKEHOLDER STRATEGICI: sono quegli stakeholder che fanno investimenti specifici nell’impresa portando
nell’impresa asset strategici, ossia non facilmente sostituibili. Questo li rende preziosi per l’impresa che ha un vantaggio a cooperare
con loro nel lungo periodo e, quindi, ad agire in mondo da non interrompere la cooperazione. Sono, ad esempio, lavoratori altamente
specializzati, investitori istituzionali
b) WEAK STAKEHOLDER/STAKEHOLDER MENO STRATEGICI: sono stakeholder che fanno investimenti specifici nell’impresa, ma che
contribuiscono con risorse facilmente sostituibili da parte dell’impresa. Per questa ragione l’impresa non è interessata a una
cooperazione di lungo periodo con loro e, conseguentemente, potrebbe agire in modo “opportunistico”. Sono, ad esempio, lavoratori e
fornitori non specializzati
Nel codice etico può essere sufficiente di parlare di stakeholder primari e secondari; quando si parla del bilancio di sostenibilità occorre
tenere conto anche delle risorse che i vari stakeholder portano nel processo produttivo.

La teoria degli stakeholder


«Gestire gli stakeholder implica un’attenzione non solo a massimizzare la ricchezza per gli azionisti. Essere attenti agli interessi e al
benessere di coloro che possono favorire o ostacolare il raggiungimento degli obiettivi dell’organizzazione» è il monito centrale della teoria
(Phillips, Freeman e Wicks, 2003).
Non descrive semplicemente situazioni esistenti o predice relazioni causa - effetto. Essa suggerisce atteggiamenti, strutture e pratiche che,
prese nel loro insieme, costituiscono lo stakeholder management.
Lo stakeholder management richiede, come caratteristica principale, attenzione simultanea agli interessi di tutti gli stakeholder legittimati, sia
nella definizione delle strutture organizzative che nelle politiche generali o nelle singole decisioni

Identificazione degli stakeholder


Come fanno le aziende a definire i loro stakeholders? Ci possono essere varie modalità.
Una classificazione tipica che si può trovare è in base all’influenza che lo stakeholder può avere
nell’attività aziendale e la tipologia di interesse che detiene nei confronti dell’azienda.
Se c’è un’alto interesse e un’alta influenza abbiamo gli stakeholder strategici, quindi si tratta di
soggetti che è necessario coinvolgere.
Quelli deboli hanno anche interessi alti ma impattano poco, perché detengono asset facilmente
sostituibili. Laddove l’influenza è alta ma non c’è un interesse diretto, entrano in gioco attività di
coinvolgimento necessarie. Quindi sono stakeholder appetibili che vengono richiamati in questi
documenti anche se non in maniera diretta all’attività produttiva

I stakeholder FIAT
In questa altra opzione abbiamo da un lato gli stakeholder che sono influenzati dall’attività
dell’azienda e dall’altro quelli che influenzano.
Mettendo insieme queste due dimensioni identifichiamo quelli che svolgono entrambe queste funzioni. Questo era l’esempio della FIAT.
Gli stakeholder FIAT sono:
- Stakeholder che sono influenzati dall’attività del gruppo quali: famiglie dei dipendenti; organizzazioni aziendali, professioni e di
aggregazione; comunità locali.
- Stakeholder che possono influenzare l’attività del gruppo quali: istituzioni, analisti finanziari e di sostenibilità; media.
- Stakeholder che sono influenti dall’attività del gruppo e che possono influenzare l’attività del gruppo quali: ambiente; clienti; dipendenti;
finanziatori; reti dei concessionari e di assistenza; fornitori e partner; organizzazioni sindacali.

Esempio: Stakeholder Comune di Udine


Per un comune, sono stakeholder tutti i soggetti che costituiscono la comunità di riferimento; a questi l’amministrazione ha il dovere (anche
se non l’obbligo) di rendere conto con il Bilancio sociale. Il rapporto tra Comune e stakeholder è a due sensi:
- Il comune esercita un’importante influenza sui portatori di interessi, attraverso i suoi servizi e le sue attività.
- Gli stakeholder hanno a loro volta potere di influenza sul comune, che infatti li interpella, anche attraverso consultazioni informali. Non
solo questo: molti di loro operano quotidianamente a fianco del Comune, nella co progettazione e nell’organizzazione di servizi e attività

Identificazione degli stakeholder


Altra metodologia per classificare gli stakeholder.
Attribuire l’importanza di ciascuna tipologia di stakeholder rappresentata in colonna, alle attività, alle
macro aree di attività che l’impresa svolge.
Quelli stakeholder che sono presenti in almeno tre categorie saranno stakeholder primari (come il
primo e il terzo).
18/10/2021
Capitolo 6:
Il Codice di Autodisciplina

Il codice di autodisciplina
Il Codice di Autodisciplina è rivolto alle Società Quotate con un’azionariato diffuso che pone in essere criticità di gestione di un numero
elevato di azionisti che detengono anche quote rilevanti. I soci di minoranza devono essere comunque rappresentanti negli organi di governo
dell’impresa

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È stato elaborato nel 1999 da un Comitato composto da rappresentanti di società emittenti e di intermediari nell’ambito della Borsa Italiana,
con l’obiettivo di: offrire alle imprese quotate un modello di organizzazione societaria adeguato a gestire il corretto controllo dei rischi e i
potenziali conflitti d’interesse che si possono presentare nei rapporti che intercorrono fra amministratori e azionisti e fra maggioranze e
minoranze azionarie.
Lo scopo di questo documento è quello di regolamentare il rapporto tra azionisti di minoranza e di maggioranza e porsi anche delle regole su
alcuni aspetti legati agli amministratori e agli organi
Il codice emanato nel 1999 è stato rivisto nel 2002 e nel 2006 in base alle varie riforme e normativa di riferimento; nel 2010 è stato ridefinito
con riferimento all’art. 7 (Remunerazione degli amministratori), e successivamente nel 2011 e 2014. L’attuale versione del Codice di
Autodisciplina è stata approvata nel luglio 2015.
Questo ultimo modello è un modello generico che le aziende quotate possono decidere di adattarlo in base alle specificità della compagine
sociale o adottarlo cosi come

Il Codice di Autodisciplina
Il codice ha natura volontaria ed è strutturato in:
• 10 articoli suddivisi in principi che hanno un carattere più generale;
• Criteri applicativi che contengono indicazioni di dettaglio sull’attuazione dei principi;
• Commenti che intendono, avvalendosi anche di esemplificazioni, chiarire la portata di principi e criteri nonché descrivere alcune condotte
esemplari.
La società che vi aderisce, ne dà informazione al mercato nella Relazione sul governo societario (documenti previsti per le società quotate) e
gli assetti proprietari, precisando quali raccomandazioni siano state effettivamente applicate e con quali modalità.
È un documento volontario ma riguardando temi importanti per le società quotate l’approccio è quello chiamato comply or explain, laddove
si decide di non adottarlo l’azienda deve descrivere le ragione per le quali non ha aderito a questo strumento nelle relazioni sul governo
societario
Logica di flessibilità —> comply or explain

Il Codice di Autodisciplina
I contenuti proposti riguardano:
- il ruolo (art. 1) e la composizione (art. 2) del consiglio di amministrazione (organo apicale);
- principi e regole di condotta degli amministratori indipendenti (art. 3);
- l’istituzione e il funzionamento dei comitati interni al consiglio di amministrazione (art. 4);
- la nomina (art. 5) e la remunerazione (art. 6) degli amministratori;
- il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi (art. 7); organo che mira a dotarsi di strumenti che tutelano questi rapporti e
soprattuto gli azionisti di minoranza che non hanno rappresentanza in questi organi
- ruoli dei sindaci (art. 8);
- i rapporti con gli azionisti (art. 9), sopratutto quelli di minoranza;
- i sistemi di amministrazione e controllo del modello dualistico e monistico (art. 10).

Gli stakeholder a cui si riferisce quindi sono:


• Azionisti
• Amministratori, sindaci (management in generale)
• Organi vari preposti per il monitoraggio e controllo di eventuali rischi legati alla gestione dell’impresa
Questi rischi sono legati sicuramente alla non osservanza delle norme ma ricadono anche nei comportamenti etici e morali
Anche se parliamo di uno strumento frutto di rapporti formalizzati, parliamo di una buona parte di rapporti che vengono regolamentati da
principi comportamentali che ricadono su quello che è oltre alla norma, ossia l’area dei comportamenti morali

Il Codice di Autodisciplina
La centralità è il CdA che all’interno del codice di autodisciplina trova espressione nel:
• concetto di indipendenza dell’agire del CdA (attraverso criteri e aspetti da valutare per l’assegnazione della qualifica di amministratore
indipendente);
• costituzione di comitati interni in grado di assicurare controllo nonché competenze adeguate, in determinati ambiti particolarmente
sensibili per l’attività dell’organo stesso, quali quelli inerenti la nomina e la remunerazione degli amministratori (la costituzione,
all’interno del consiglio di amministrazione, di comitati per la gestione di materie delicate in quanto fonte di potenziali conflitti di
interesse).

Il Codice di Autodisciplina – Comitati


Il codice consiglia l’istituzione di:
• un comitato per le nomine, composto, in maggioranza, da amministratori indipendenti (art. 5);
• un comitato per la remunerazione, composto da amministratori indipendenti (art. 6) o, in alternativa, da amministratori non esecutivi, in
maggioranza indipendenti che proponga al consiglio di amministrazione la politica per la remunerazione degli amministratori e dei
dirigenti con responsabilità strategiche;
• un comitato del controllo dei rischi che ha il compito di supportare, con un’adeguata attività istruttoria, le valutazioni e le decisioni del
consiglio di amministrazione relative al sistema di controllo interno e di gestione dei rischi (SCI), nonché quelle relative all’approvazione
delle relazioni finanziarie periodiche.

Il Sistema di Controllo Interno e di gestione dei rischi (SCI)


Il sistema di controllo interno e di gestione dei rischi richiamato dall’art. 7 del codice di autodisciplina è costituito dall’insieme delle:
• Regole;
• Procedure;
• Strutture Organizzative.
Consente:

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• l’identificazione del rischio
• la misurazione;
• la gestione
• il monitoraggio dei principali rischi dell’azienda in base alla sua attività
Coinvolge:
• il CdA;
• Un Comitato Controllo e Rischi;
• Il responsabile della funzione di internal audit (controllo interno effettuato da questi organi)
• Altri ruoli e funzioni aziendali con specifici compiti in tema di controllo interno e gestione dei rischi.

Il Comitato per il Controllo Interno


Questa tabella mostra alcune delle specifiche azioni svolte dall’organo di
internal audit

Capitolo 7:
La Responsabilità Sociale d’Impresa

All’interno di questa seconda parte andremo ad analizzare azioni concrete che le aziende mettono in atto nello svolgimento delle attività
produttive e che hanno come obiettivo la creazione di un benessere sociale, ambientale ed economico
Oggi questo impatto che le imprese posso avere nella comunità e nell’ambiente è più evidente

La responsabilità sociale d’impresa


Ci sono tante definizioni dal punto di vista teorico e operativo su cosa è la responsabilità sociale.
Per avere un punto di riferimento che sia condiviso e che metta insieme questo approccio teorico degli studiosi e gli aspetti pratici delle
aziende che le adorano dall’altro, la definizione che risulta più utile è quella proposta nel 2001.
Nel 2001 il Libro verde (European framework for CSR) della Commissione Europea, definisce la CSR (Responsabilità Sociale delle
Imprese): «l’inserimento di problematiche di natura sociale ed ecologica delle imprese nelle loro operazioni commerciali (operazioni di
produzione tradizionali) e nei loro rapporti con le parti interessate (stakeholder), integrandole nella strategia e nei processi di gestione
aziendale».
Inizialmente questa integrazione dell’impatto sociale e ambientale prodotto dall’attività economica era stato inteso come un aspetto
periferico, ossia qualcosa in più che l’azienda doveva fare.
La seconda parte della definizione ci dice infatti come l’azienda deve impegnarsi nel sociale e negli aspetti ambientali

La RSI: le origini
Il concetto di responsabilità sociale delle imprese nel senso moderno nasce intorno gli anni Venti, quando le aziende incominciano ad essere
sempre più grandi, ad avere rilevanza nei territori e si comincia a parlare della necessità dei dirigenti di azienda di operare nell’interesse non
solo degli azionisti, ma anche di altri interlocutori sociali.
È solo negli anni Cinquanta che l’argomento viene discusso ampiamente dalla letteratura accademica e manageriale.
La maggior parte degli studiosi individuano in Howard Bowen e nella sua “Social Responsibilities of the Businessmen” (1953) l’origine
della CSR. Inizialmente la responsabilità sociale era legata alla figura dell’imprenditore, l’impatto sociale e ambientale relativo all’attività
economica.
Il dibattito in questa prima fase si concentra sulla responsabilità sociale dell’uomo d’affari e solo successivamente matura la consapevolezza
del predominio delle grandi corporation nei vari contesti socio-economici.

La RSI: le fondamenta
- Davis (1967) nel “Iron law of responsibility”, stabilisce l’esistenza di un legame tra la responsabilità dei manager ed il loro potere sociale,
dovuto al fatto che le opinioni e le azioni dei businessmen influenzano la società. Comincia ad evidenziarsi l’importanza di coinvolgere la
comunità e i vari stakeholder
- Frederick (1960), invece, tenta una definizione più articolata di responsabilità sociale, enfatizzando l’importanza delle aspettative della
comunità in cui l’impresa è inserita ed il conseguente ruolo sociale nell’incrementare il benessere di queste comunità.
- Gli anni ’70 sono contraddistinti dalla diffusione del pensiero innovativo proposto da Carroll, che elabora il celebre modello
multidimensionale, per arrivare alla definizione della RSI piramidale. La sua definizione è famosa come la PIRAMIDE
MULTIDIMENSIONALE DI CARROLL

La RSI comprende gli aspetti economici, giuridici, etici e discrezionali (filantropiche)


delle aspettative che la società ha nei confronti delle aziende in un dato momento di
tempo. Alla base di questa
piramide di trova la responsabilità economica delle imprese legata alla realizzazione di un
profitto economico. È giusto che anche la responsabilità sociale si concentri nel creare un
benessere che sia anche economico.
Poi Carroll dice che siccome queste imprese devono operare all’interno di un contesto
normativo, all’interno di stati diversi perché sono sempre più imprese multinazionali; la
responsabilità sociale deve essere anche una responsabilità legale che riguarda il rispetto delle norme e della legge.

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La piramide propone anche una responsabilità etica, quindi rispettare oltre che aspetti legati all’etica e alla morale anche in un ottica
collettiva. Quindi dalla persona si passa a una pluralità di soggetti.
Per realizzare la responsabilità sociale in senso compiuto bisogna anche essere in grado di leggere l’attività dell’impresa come un buon
cittadino. Ossia una responsabilità che vede l’impresa come un buon cittadino che agisce anche nei confronti della comunità e della
cittadinanza, questa viene chiamata responsabilità filantropica. Infatti la responsabilità sociale è sinonimo di corporate citizenship perché va
oltre all’etica e alla morale, cerca di promuovere comportamenti filantropici
Questa definizione aiuta a capire le singole azioni di responsabilità sociale a quali livelli della piramide si possono collocare

Cosa manca in questa definizioni tra queste quattro dimensioni? Dimensione ambientale, quindi una responsabilità legata all’ambiente
Se la collochiamo nel tempo possiamo giustificare che gli aspetti ambientali non erano così centrali
Inoltre l’ambiente potrebbe essere raggruppato all’interno della responsabilità etica e filantropica
Tuttavia questa piramide deve essere integrata con la responsabilità ambientale data l’importanza di oggi.
Dove collocarla? La responsabilità economica e legale stanno alla base.
Si potrebbe collocare subito dopo quella legale per un discorso di farla diventare una routine.
La regolamentazione su questi temi è già presente.
Mantenendo la prospettiva azienda la responsabilità ambientale sta diventando un argomento da regolamentare, quindi si può collocare tra
quella legale e quella etica
Siccome il mondo delle aziende è variegato, ci possono essere applicazioni di questi temi diverse.
Occorre capire quindi a che livello della piramide la responsabilità sociale delle aziende si colloca, inserendo anche la responsabilità
ambientale.
Ci sono tanti settori in cui le tematiche ambientali sono altamente regolarmente, per esempio nelle aziende ceramiche la responsabilità
ambientale sta subito dopo quella legale.
Dato che una parte dell’etica si va a normare, rimangono temi più legati alla filantropia per far si che le aziende parlino di responsabilità
sociale. La tendenza in atto è di farla diventare un modo per innovare processi, prodotti.
19/10/2021
La RSI: lo sviluppo
Le correnti di pensiero che attraversano il panorama accademico incentrato sulla responsabilità sociale d’impresa sono differenti e
riconducibili a diversi filoni argomentati
Si passa da questioni di carattere etico-morali alla teoria della triple bottom line, fino alla costruzione della reputazione d’azienda. A questa
varietà teorica corrisponde un atteggiamento altrettanto diversificato delle aziende che mettono in atto azioni di CSR: le aziende sono infatti
mosse, anche in base alla tipologia di attività caratteristica condotta, da diversi moventi, strumentali o meno al tradizionale fine di creazione
del profitto.

La RSI: lo sviluppo
CSR1 - inizialmente la responsabilità sociale delle imprese era più rispondere alle norme
CSR2 - successivamente la responsabilità sociale viene chiamata reattiva, ossia diventa più dinamica e più propensa ad assumere degli
obblighi. Si invita l’impresa a concentrarsi sulle questioni più pratiche della RSI ovvero di rispondere efficacemente alle pressioni ambientali
e sociali. L’azienda doveva provare a proporre soluzioni concrete in modo reattivo
La responsabilità, presa letteralmente, implica la condizione di assumere un obbligo, mentre la “reattività” invece delinea una condizione più
dinamica orientata verso l’azione.
CSR3 - la responsabilità sociale che valuta la correttezza morale delle azioni intraprese e riempie il vuoto normativo delle due precedenti
impostazioni con un’analisi dei valori etici posti alla base di tutti i comportamenti sociali delle imprese che mira anche all’innovazione
tramite la responsabilità sociale.

Triple bottom line


La prima modalità di applicazione della responsabilità sociale si basa sull’applicazione del concetto della triple bottom line
Nella seconda metà degli anni ’90 John Elkington coniò l’espressione «TRIPLE BOTTOM LINE» (TBL) per segnalare alle aziende la necessità
di fornire un rendiconto sulle tre principali dimensioni della propria performance, economica, sociale ed ambientale, attraverso un unico
documento destinato ad investitori, clienti e stakeholder in generale.
È un approccio orientato alla performance dell’azienda che deve essere valutata secondo questa tripla linea di fondo. Si presta bene a
misurare la sostenibilità delle imprese perché quando abbiamo parlato di sostenibilità abbiamo sottolineato la gestione congiunta tra le tre
dimensioni (approccio olistico mette insieme performance economica, sociale ed ambientale).
La sfida diventa quella di integrare le tre misure, perché finché rimangono separate riusciamo ad esprimerci sull’impatto sociale, ambientale
insieme al risultato economico; ma non sempre queste tre dimensioni vanno di pari passo, molto spesso sono in conflitto
Es. Pratiche sostenibili non necessariamente sono le più convenienti
Le aziende dovrebbero conseguire un risultato economico di lunga durata astenendosi da quei comportamenti di breve durata che
causerebbero danni alla società ed all'ambiente.
Il principio funziona bene per le tematiche che coincidono con gli interessi economici o regolatori dell'azienda.

Tuttavia, in alcuni casi in alcuni settori la nozione di sostenibilità intesa in questo senso può diventare così vago quasi a diventare
insignificante
Le buone pratiche di occupazione sono più «sostenibili» che quelle adottate dall’azienda che sfrutta la manodopera
Queste affermazioni sono vere ma non offrono nessuna base teorica che permetta di mettere in equilibrio obiettivi di lungo periodo con i
costi sostenuti nel breve che tali obiettivi comportano.
La scuola della TBL riconosce questi trade-off ma non offre una struttura teorica per rispondere ad essi.

Reputazione dell’azienda
Un ulteriore approccio si fonda sul concetto della REPUTAZIONE DELL’AZIENDA e sull'idea che le azioni di CSR potrebbero aumentare,
migliorare l'immagine dell’azienda rinforzando il proprio marchio (consumer oriented). Questo approccio si presta bene alle aziende che
sono orientate ai consumatori e propongono prodotti e servizi di largo consumo.
Responsabilità sociale diventa una qualità ulteriore del prodotto o servizio sul quale il consumatore effettua la sua scelta.
La reputazione mira a portare l’azienda a operare come un buon cittadino per avere da un lato la licenza di operare avendo l’approvazione dei
suoi consumatori e della comunità, dall’altro diventare una qualità in più che si aggiunge ai suoi prodotti/servizi.

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È difficile comunicare e creare una reputazione su un processo.
Un elemento che può aiutare a creare la buona reputazione sono le certificazioni che certificano l’impatto positivo sull’ambiente, pratiche di
produzione responsabili, …
I risultati vengono influenzati
• dalla percezione dei consumatori su quanto l’azienda comunica. Il problema principale è che abbiamo bisogno di avere consumatori che
percepiscono, che abbiano un livello di attenzione elevato su queste tematiche. In generale le azioni di CSR
intraprese in questa ottica servono come una specie di “assicurazione” contro le critiche dell’opinione pubblica in tempi di crisi
• dall’incidenza dell’azione sulla performance economica. I risultati si possono vedere attraverso prodotti più responsabili o processi che
rispettano le pratiche di responsabilità sociale, ma capire quanto di quell’aumento di ricavi sia dovuto al fatto che ci sia una certificazione
ambientale, una comunicazione e una parte legata ad una attenzione maggiore sull’impatto ambientale è difficile.
Quindi in linea generale possiamo dire che indice positivamente sulla performance economica, ma capire con quale entità diventa difficile

Cause-related marketing
All’interno di queste azioni di responsabilità sociale si colloca una modalità specifica per migliorare marchio o prodotto di una impresa,
queste iniziative coincidono con la promozione o il lancio di un nuovo prodotto.
Le iniziative e le strategie di cause-related marketing sono attuate dalle imprese al fine di creare un contesto favorevole alla promozione di
benefici sociali, integrando tale obiettivo nel più ampio progetto imprenditoriale.
Si possono citare campagne di marketing, come ad es. quelle che che prevedono la devoluzione di parte del prezzo pagato dai consumatori
per iniziative filantropiche.

Obblighi morali
Ultima famiglia di azioni di responsabilità sociale legata in maniera più diretta all’etica di responsabilità morale. Questa tesi sostiene che le
aziende hanno il dovere morale di comportarsi ragionevolmente, per ottenere il successo economico restando fedeli a valori etici.
Gli OBBLIGHI MORALI prescrivono, tuttavia, linee di comportamento precise, mentre l'universo di affari è regolato dal principio la
riconciliazione di interessi divergenti: le aziende affrontano i dilemmi etici che possono essere risolti soltanto con la ricerca di un equilibrio
fra diversi valori in conflitto, interessi e costi, non semplicemente applicando un principio etico.
Il rischio è di rimanere vaghi, molto generici perché proporsi dei principi guida all’interno dei codici etici e valori di riferimento è
fondamentale; ma poi occorre capire come questi vengono messi in pratica; ci sono talmente tante diverse opportunità di applicare questi
principi che spesso diventa difficile introdurre all’interno delle strategie delle aziende

Capitolo 8:
Il valore condiviso

Valore Condiviso: The Big Idea


Questo approccio parla di creazione del valore condiviso, nasce nel 2011 da Porter e Kramer, due studiosi di management. Persone che
mirano di capire quali strategie e azioni possono beneficiare le aziende per operare in un’ambiente che è cambiato.
Porter nel 2011 si interroga: visto che il capitalismo è sotto assedio (reduce della crisi finanziaria del 2009) e la crescita economica sembra
un miraggio al momento, occorre uscire da questo circolo vizioso all’interno del quale le aziende si trovano ad operare.
La soluzione per dare un’opportunità nuova di crescita alle imprese è l’identificazione e la realizzazione del VALORE CONDIVISO
La proposta di questo modello cerca di coniugare l’impatto economico con quello sociale-ambientale

Che cos’è il “valore condiviso”?


Parlare di valore condiviso vuol dire che c’è un valore economico; ma l’obiettivo che questa creazione di valore economico dovrebbe avere è
di essere in parte condiviso con gli stakeholder e la società. Insieme a un progresso economico proporre anche un progresso sociale
Il concetto di valore condiviso si può definire come l’insieme delle politiche (strategie aziendali) e delle pratiche operative che rafforzano la
competitività di un’azienda migliorando nello stesso tempo le condizioni economiche e sociali delle comunità in cui opera
—> progresso economico + progresso sociale
Coniugare l’aspetto economico e l’aspetto sociale viene fatto con l’obiettivo di aumentare la competitività dell’impresa e uscire dal circolo
vizioso.
Mettere insieme queste dimensioni significa integrarle all’interno delle strategie e delle politiche aziendali che hanno come obiettivo finale
quello di aumentare la competitività delle aziende
La competitività di un’impresa e il benessere delle comunità che la circondano sono strettamente interconnessi.
• L’azienda per proporre i suoi beni e servizi ha bisogno di una comunità in buona salute, non solo per creare domanda per i suoi prodotti e
servizi, ma anche per avere certi asset critici (competenze, lavoratori altamente specializzati) e un ambiente favorevole all’interno del
quale proporre le sue soluzioni.
• La comunità ha bisogno di imprese di successo per mettere a disposizione dei suoi componenti posti di lavoro e opportunità di creazione di
ricchezza. Quando un’azienda fallisce crea sia un danno economico per i suoi stakeholder sia un danno per il territorio, dato che i soggetti
perdono l’occupazione. Il modello economico delle aziende ci permette di individuare una
soluzione in termini di prodotti e servizi (può individuarlo anche lo stato o aziende non profit), però la carenza maggiore che è evidente
nelle associazioni no profit che non permette la diffusione della soluzione è quella finanziaria/economica; non essendo sempre sostenibile
economicamente non riescono a divulgare all’infinito la soluzione.
Questo modello ci permette di produrre in larga scala e quindi anche la società, oltre che al soddisfacimento dei bisogni, ha bisogno di questo
modello per avere soluzioni alla portata di tutti, di larga scala e ripetibili nel tempo. Senza questo modello la soluzione sarebbe delegata allo
stato o ad associazioni non profit
C’è questa connessione tra i due mondi che non è soltanto vera dalla prospettiva dell’azienda ma anche dalla prospettiva delle comunità.
Competitività e benessere sono strettamente collegati e devono andare di pari passo perché solo in questo modo possono creare valore
condiviso

Valore Condiviso
Sono i bisogni della società, e non solo i bisogni economici convenzionali, a definire i mercati
Per avere un vantaggio competitivo maggiore bisogna capire bene la categoria di bisogno che si va a creare.

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La soluzione sta nel principio del valore condiviso, che comporta la creazione di valore economico con modalità tali da creare valore anche
per la società, rispondendo ai suoi bisogni e ai suoi problemi. Le imprese devono riconciliare il successo economico-finanziario con il
progresso sociale.
Il valore condiviso non sta alla periferia, ma al centro, di ciò che fanno le imprese. Non si tratta più di esternalità ma di internalità, diventano
centrali.
Molte startup sono fallite perché i loro prodotti e servizi non incontravano un effettivo bisogno, e questo ci fa capire che sono i bisogni della
società che guidano i mercati.
Per incentivare la domanda occorre avere una società in buona salute che esprime dei bisogni sempre crescenti per poter trovare delle
soluzioni

Valore Condiviso
Le comunità in cui operano le imprese percepiscono scarsi benefici anche quando crescono i profitti. Questo aspetto economico si sacrifica
se andiamo solo a normare le tematiche socio-ambientali. Se riusciamo a prevedere un costo per l’utilizzo di queste risorse sarebbe solo un
costo per l’azienda.
Parlando di aumento dei profitti in senso stretto non c’è un beneficio diretto, se non creazione di posto di lavoro e impatto positivo sulla
comunità.
Hanno invece la sensazione che i profitti vengano ottenuti a loro spese, una sensazione che è diventata ancora più forte nella fase attuale di
ripresa economica, in cui l’incremento degli utili non ha minimamente compensato l’elevata disoccupazione, i problemi delle imprese locali
e le forti pressioni che gravano sui servizi alla collettività
Per fornire dei benefici alla società, le aziende debbano limitare il proprio successo economico?
Aggiungere un vincolo a un’azienda che sta già massimizzando i profitti, finisce inevitabilmente con l’aumentare i costi e ridurre quei
profitti. Ridurre i processi produttivi significa per esempio licenziare delle persone.
Occorre innovare con processi nuovi che sono più efficienti dal punto di vista dell’utilizzo delle risorse. Si parla di una crescita sostenibile
che cerca di rivedere i modelli per massimizzare anche l’impatto sociale e ambientale. Per fare ciò occorre rivedere oltre che i prodotti e
servizi, anche i processi
Le esternalità si determinano quando le aziende creano dei costi sociali che non sono tenute a sostenere

Dal punto di vista economico non sembra un sacrificio, perché riducendo i danni sociali o i problemi sociali spesso si riducono dei costi
interni per le aziende:
- Come lo spreco di energia o di materie prime;
- Costosi incidenti e l’esigenza di addestrare i dipendenti per rimediare alle carenze della formazione scolastica.
- Formare i dipendenti su alcune tematiche può evitare certi rischi e quindi c’è un beneficio economico
La risposta ai problemi e ai vincoli sociali non fa aumentare necessariamente i costi a carico delle aziende
- Esse possono innovare mediante l’utilizzo di nuove tecnologie, di nuovi metodi operativi e di nuovi approcci manageriali;
- Possono accrescere la produttività ed espandere i mercati.
Mettendo assieme tutti questi aspetti, quindi che da un lato il fatto di creare valore condiviso non significa porsi dei limiti ma certe volte può
rappresentare anche delle opportunità, capiamo in che modo possiamo creare il valore condiviso
25/10/2021
Valore condiviso: problemi sociali
Le tematiche ambientali e sociali all’interno delle quali si può creare valore condiviso sono diverse e
riguardano tutti gli stakeholder.
Viene mostrato qualche esempio strettamente collegato alla produttività dell’azienda, perché l’utilizzo
dell’energia oltre a produrre un impatto negativo sull’ambiente è anche costoso se non c’è un
efficientamento energetico
Altro elemento importante è l’utilizzo dell’acqua, ci sono ora sistemi di depurazione, di utilizzo dell’acqua,
serre verticali. Tutto questo nasce se ci mettiamo nella prospettiva di creare nuove opportunità e soluzioni.
Competenze dei dipendenti, salute e sicurezza dei lavoratori: di fronte ad un investimento ulteriore rispetto
a quelle previste dalla norme, le aziende si impegnano ad andare oltre, il risultato è evidente. I dati che
riguardano infortuni, assenze per malattia saranno minori, e questo determina dei costi minori.
Corsi di formazione: nuove tecnologie, nuovi settori. Sicuramente è un investimento nelle persone e quindi
sono dei costi per l’azienda. Grazie a queste nuove competenze si possono implementare nuove soluzioni,
nuovi impianti.
Tutti questi aspetti richiedono degli investimenti, ma rimangono dei costi se vengono fatti senza essere integrati in una visione di creazione
del valore comune e non soltanto risplendere alla norma.

In che modo creare Valore Condiviso


• incorporazione di un fine sociale alla attività classica dell’impresa; nelle mission spesso c’è questa connotazione del settore, dell’ambito
sociale e ambientale in cui l’attività economica si realizza.
• definizione accurata dei bisogni sociali, ambientali ed economici da soddisfare. Nuovi bisogni significa nuovi mercati e innovazione
• misurazione del valore sociale ed economico creato da tale attività per dimostrare la convenienza economica di creare valore condiviso.
Occorre capire come misurarlo e integrarlo
• creazione della infrastruttura innovativa ottimale, ossia infrastruttura legata alle norme, agli incentivi e alla possibilità di utilizzare ad
esempio processi di riciclo che permettano la rigenerazione o il recupero, infrastrutture che permettano di costruire in sicurezza una
centrale che funziona ad idrogeno. Le aziende dovranno adattarsi a quelli che sono i contesti infrastrutturali
• eventuale collaborazione e dialogo con stakeholder esterni (comunità, stato, istituzioni, competitor, associazioni, altre aziende) che
possono incentivare la creazione di queste soluzioni.
Senza questi elementi il rischio è di continuare a fare della beneficienza in senso lato

Valore Condiviso
La valenza di questo modello è che cerca anche di offrire soluzioni pratiche. Non soltanto aspetti teorici e definitori di come deve essere ma
anche di come può essere

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Per ricercare e proporre nuove soluzioni che creano valore condivo Porter individua tre principali modalità:

I.Andando ad intervenire su prodotti e mercati esistenti,


quindi andando a ridefinire i prodotti e servizi esistenti
con i criteri per creare valore condiviso.
Rispetto a quelle che sono le analisi di mercato
tradizionale, andare a ridefinire i bisogni anche dal
punto di vista sociale e ambientale e ridefinire i mercati
in termini di opportunità di innovare attraverso soluzioni
più sostenibili sia dal punto di vista sociale che
ambientale.
Realizzazione di nuove idee che portano a spazi di
mercato nuovi.
Le aziende che hanno proposto nuove soluzioni hanno
determinano un aumento dei ricavi e dei margini di
profitto. Nuovi mercati, quindi espansione della
presenza in nuovi mercati. Dove certe soluzioni non
sono ancora arrivate le aziende possono diventare dei
first mover. Oppure aumentare le quote di mercato
offrendo soluzioni innovative.
Dal punto di vista dei risultati sociali, questo significa da un lato aumentare la qualità della vita andando a proporre soluzioni innovative in
termini di componenti ambientali e sociali che si aggiungono ai mercati in cui vengono offerti questi prodotti e servizi. Riduzione
dell’impatto ambientale, miglioramento dell’alimentazione soprattutto nei settori che riguardano food e beverage, e migliorare il sistema
educativo. Diventano degli incentivi per tutto l’ecosistema

II.Andando a ridefinire la produttività della catena del valore, andando ad intervenire sui processi per realizzare questi prodotti e servizi. Su
certi prodotti possiamo innovare poco, oppure dal punto di vista della componentistica riusciamo ad intervenire poco, quindi si può rivedere
il processo produttivo lungo tutta la catena del valore.
Entrando nel merito dei singoli settori ci possono essere varie opportunità
Es: lungo la filiera produttiva dell’alimentare. Sul prodotto non posso innovare molto se non andando a creare nuovi mercati come quello
bio. In termini di processo oltre al tema all’efficientamento delle risorse energetiche che determina una riduzione dei costi; oltre a quello c’è
in atto un nuovo movimento che nasce dalla necessità di fare diventare più sostenibile la filiera. Il movimento in atto è la diminuzione delle
eccedenze di cibo, questo spreco è un problema di processo che parte dalla necessità di trovare delle soluzioni alternative. Occorre rivedere la
catena del valore anche nella parte finale della distribuzione del prodotto; la sostenibilità di questa catena passa anche attraverso la
comunicazione.
Per quanto riguarda i risultati economici si determina un aumento della produttività, riduzione dei costi di logistica e operativi, aumento della
sicurezza delle forniture perché possiamo fare a meno di effettuare dei controlli sulla sicurezza dei prodotti, aumento della qualità e della
profittabilità
Dal punto di vista sociale c’è un impatto ambientale minore soprattutto nell’uso dell’acqua e delle materie prime, si possono incrementare le
capacità e i risultati del processo andando a migliorare la capacità di lavorazione di determinate filiere.

III.Creazione di network dove si collabora attraverso i vari stakeholder per realizzare nuove soluzioni.
Questi cluster prevedono che le imprese si impegnano a sviluppare infrastrutture all’interno del mercato locale dove si trovano ad operare.
Creare valore condiviso attraverso la creazione di cluster locali significa investire in condizioni di produzione , infrastrutturali, umane nei
luoghi in cui si produce per poter permettere da un lato il miglioramento della filiera produttiva, dall’altro migliorando le condizioni di vita
dei territori e promuovere lo sviluppo di questi territori.
I benefici economici sono la riduzione dei costi e degli sprechi, migliorare le forniture e condizioni di sicurezza del prodotto e del processo,
le infrastrutture laddove sono indispensabili per realizzare il processo produttivo vengono migliorate, migliore accesso alla forza lavoro
significa attingere a personale locale più formato e competente, tutto questo dovrebbe aumentare il margine sul prodotto finale.
Dal punto di vista sociale c’è un impatto diretto sulla comunità, determinando un miglioramento del sistema educativo, un aumento
dell’occupazione, miglioramento della salute e in termini generali c’è un maggiore effetto incrementale dell’impatto positivo prodotto
dall’attività economica

Queste tre modalità possono anche essere realizzate tutte e tre insieme, non sono alternative.
Se effettua una ridefinizione della seconda modalità possono cercare di ribaltare il risultato anche sul singolo prodotto e servizio.
Queste tre modalità sono pensate come l’origine della creazione del valore condiviso, dove
parte il ridisegno della creazione del valore e della competitività dell’impresa.
Nella tabella non c’è soltanto l’aspetto economico su cui impattano queste tre modalità ma
anche l’aspetto sociale
Esempio: Creare VC - Riconcepire prodotti e mercati
Questo è un esempio che ha portato alla creazione di una nuova impresa. Ridefinire un
prodotto ha fatto si che chi ha proposto questa soluzione mettesse insieme una start up
innovativa
La società si chiama empatica, l’ambito in cui si è ridefinito il prodotto è il settore sanitario.
L’obbiettivo è migliorare la vita delle persone attraverso l’analisi sofisticata dei dati raccolti
quotidianamente dai dispositivi prodotti. Si tratta di dispositivi che svolgono una attività di
monitoraggio su determinati parametri legati alla salute.
Oltre ai dati che vengono normalmente registrati, vengono estrapolati una serie di dati che sono
particolarmente sensibili soprattuto per chi soffre di epilessia. Il bisogno è stato cercare di offrire una soluzione per i genitori dei bambini che
hanno questo problema, andando ad individuare quei dati che possono essere rilevati per segnalare ai genitori questo problema.
Partendo da questo bisogno si è realizzato questo orologio che calcola questi valori e quando sono vicini a determinati limiti riescono a
segnalarlo ai genitori, per allertarli sul rischio.
La vera innovazione in termini di valore condiviso è offrire una soluzione in termini di salute di questi bambini.

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Un esempio simile riguarda sempre questi orologi impiegati da queste società di assicurazioni in Svizzera, che per
dare un incentivo ai loro clienti a ridurre la polizza assicurativa dei loro clienti , ha portato ad adottare questi
strumenti che se indossati e se dimostrato dal cliente che effettuava attività fisica, riconoscevano alla fine
dell’anno uno sconto sulla polizza. Il beneficio sociale è prevenire la malattia, incentivare comportamenti
virtuosi, e diventa un vantaggio assicurativo rispetto alle altre assicurazioni. Questo nasce dalla ridefinizione del
processo.
Il beneficio, oltre che dal miglioramento del servizio dal punto di vista della salute nel caso di empatica, crea una
nuova startup che crea anche occupazione.
Oltre che del miglioramento del servizio, il beneficio è un contributo a livello sociale in quanto aumenta
l’occupazione.
Nei primi 5 anni di vita ha avuto dei ricavi importanti che si aggiravano intorno ai 2 milioni di euro.
Quindi si ha anche un beneficio economico. Chi ha messo in piedi questa soluzione è un
ricercatore che si occupava di questo tipo di malattia che ha cercato di partire dal bisogno
per costruire questa soluzione

Creare VC: ridefinire la produttività nella catena del valore


Ogni impresa è un insieme di attività che consistono nel progettare, produrre, vendere,
distribuire e assistere i prodotti
Ridefinire la produttività nella catena del valore significa intervenire o in una delle diverse
fasi o rivederla nella sua interezza e capire come combinare in maniera più efficiente, sia
dal punto di vista ambientale e sociale, tutte queste fasi che compongono la catena del valore.
Ci possono essere dei settori all’interno dei quali si può avere un maggiore beneficio ambientale e sociale se si interviene nelle attività
primarie delle catena del valore (settori energy intensive..). Altrimenti l’impatto positivo si può produrre anche rivedendo e ridefinendo le
attività di supporto, perché sicuramente c’è un’opportunità di fare efficienza e di migliorare le condizioni sia sociali che ambientali. Occorre
capire se tutti gli interventi che l’azienda propongono sono nei processi, bisogna capire quali sono le fasi maggiormente impattanti.

Esempi di come intervenire nella fasi della catena del valore:


Partendo dalle attività primarie, andando a vedere tutta una serie di
pratiche di trasposti e logistica. Dal punto di vista operativo c’è un
discorso legato all’efficientamento energetico e l’utilizzo delle risorse
anche finanziarie. Il packaging diventa importante nella parte della
logistica in uscita. Sul marketing ci sono tutta una serie di attività
fondamentali per comunicare la sostenibilità di questi prodotti e
servizi. Sempre di più ci stiamo ponendo la domanda in merito a cosa
succede al prodotto dopo la sua vendita. Sulle attività di supporto
ricadono tutte le attività sociali che possono essere intraprese, sia le
pratiche più etiche su molte delle relazioni con fornitori e clienti, tutte
quelle che sono le attività legate alle risorse umane e quelle
nell’ambito tecnologico
Esempio: Creare VC – Ridefinire la produttività nella catena del
valore
Questo è un esempio di una ridefinizione di tutta la catena del valore
di questa azienda vinicola, che ha messo in atto questo progetto che
attraverso l’implementazione di tecnologie che riguardano la
registrazione del dato vanno a registrare tutti quelli che sono una serie di indicatori ambientali, energetici in
tutte le varie fasi per cercare di evidenziare nel prodotto finale l’impronta dal punto di vista ambientale e
sociale che l’azienda ha prodotto per la produzione di una singola unità. Questo è possibile attraverso una tecnologica del reperimento dei
dati attraverso frequenze radio
Il progetto “RFID from Farm to Fork” (F2F) si pone come obiettivo quello di dimostrare la capacità della tecnologia RFID (Radio Frequency
Identification) applicata alle PMI del settore agroalimentare, di offrire nuove opportunità per migliorare la qualità, ridurre gli sprechi,
l’utilizzo di energia e di prodotti chimici e quindi conseguire risultati sostenibili in termini economici, sociali e ambientali.
Con la tecnologia RFID applicata all’intera catena del valore, la PMI ha beneficiato del:
• miglioramento della produttività;
• l'efficienza dei lavoratori e riduzione del costo del lavoro;
• la maggiore velocità di rilevamento di problemi di qualità attraverso il monitoraggio delle variabili ambientali;
• controllo più efficiente della catena di approvvigionamento a causa di una maggiore precisione delle informazioni;
• la riduzione degli errori umani da operazioni di scansione manuale;
• migliore tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti;
• maggiori margini di profitto.
26/10/2021
Creare VC - Facilitare lo sviluppo di cluster locali
Questo ambito è più difficile da verificare perché va oltre a quelle che sono le attività tradizionali dell’impresa e tratta i cluster locali
Uno dei criteri per capire se siamo di fronte a questa terza opzione è analizzare l’impatto che l’azienda ha sul territorio.
Occorre vedere lo stakeholder (ambiente, territorio), e andare a indagare all’interno di questo stakeholder che tipo di azioni l’azienda
intraprende.
I cluster hanno un ruolo di primo piano in tutte le economie regionali di successo e in crescita, e sono decisivi per promuovere la produttività,
l’innovazione e la competitività. Dei fornitori locali competenti promuovono una maggiore efficienza logistica e una collaborazione più
agevole.
Le iniziative messe in atto da un’azienda per migliorare le condizioni infrastrutturali in cui opera il cluster si estendono agli altri partecipanti
e all’economia locale. Le iniziative di sviluppo della forza lavoro, per esempio, aumentano l’offerta di dipendenti qualificati anche per tante
altre imprese.
Questo valore condiviso è molto evidente nei casi in cui l’impresa opera in paesi in via di sviluppo dove l’intervento oltre che d’installare i
processi produttivi è anche di carattere infrastrutturale

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Esempio Nestlé: The Nestlé concept of corporate social responsibility as implemented in Latin America
Nel caso della Nestle si parla soprattutto dei paesi in cui viene coltivato il caffè, o laddove viene coltivato il cacao e tutte una serie di materie
prime fondamentali per realizzare i vari prodotti offerti dall’azienda
In questi casi non si parla di outshoring, ma si tratta soprattutto di un’esigenza climatica in quanto il caffè e cacao crescono in certe zone del
mondo
Come avviene questo ‘processo produttivo’? Avviene cercando di rispettare i principi e le norme che dovrebbero essere il punto di partenza e
andando a cercare di investire su quelle che sono le infrastrutture, investire per formare le risorse umane (investire nelle scuole, creare
percorsi formativi per arrivare ad avere dipendenti formati e competenti).
Per la comunità c’è un valore prodotto evidente. Per l’azienda significa avere manodopera di qualità, processi più efficienti, migliorare
l’efficacia della catena del valore e la qualità dei prodotti offerti. È difficile misurare e individuare questo valore condiviso.
La sfida in questo caso è di catturare questo valore e tradurlo in quelli che possono essere le misure dei 17 obiettivi per lo Sviluppo
Sostenibile. Si possono usare queste misure più macro e capire e misurare meglio il valore condiviso
In questo caso è più difficile, perché sulla ridefinizione della catena del valore qualche azione c’è, qua è più difficile perché bisogna
conoscere bene oltre che l’attività anche i territori in cui l’azienda opera, quali sono le relazioni con i vari stakeholder territoriali
In questi casi o c’è qualche azione che possiamo evidenziare come tale oppure metterci ad effettuare delle proposte è un lavoro più
complesso che richiede alcune informazioni che non sempre siamo in grado di reperire.
Anche se l’approccio prevalente della responsabilità sociale è legata più alla reputazione, oppure a una dimensione legata agli obblighi
morali, comunque proviamo a verificare se e dove si crea valore condiviso nelle tre dimensioni evidenziate

Valore Condiviso
Queste sono alcune domande che ci possono orientare nella definizione del valore condiviso
Una lente interpretativa basata sul valore condiviso si può applicare a tutte le decisioni importanti dell’azienda
- La progettazione dei nostri prodotti potrebbe incorporare maggiori benefici sociali o ambientali? Ridefinire i prodotti significa il ridisegno
del prodotto o servizio esistente
- Stiamo servendo tutte le comunità che trarrebbero beneficio dai nostri prodotti? Ci sono nuovi mercati e nuovi consumatori che possiamo
raggiungere? Tipicamente in certe aree del mondo non potendo offrire lo stesso prodotto, le aziende si adoperano per avere prodotti che
costano meno per andare ad offrirli anche in questi nuovi mercati, rivedendo la dimensione economica del prodotto. L’impatto sociale è di
offrire anche a questi mercati il servizio a prezzi accessibili.
- I nostri processi e i nostri approcci logistici massimizzano l’efficienza nell’utilizzo dell’energia e dell’acqua? Ci stiamo ponendo nella
ridefinizione della catena del valore, soprattutto nell’attività primaria
- La nuova fabbrica si potrebbe costruire in modo da generare un impatto più significativo per la comunità? Andando anche a inserirsi in
una rete stradale o proponendo delle aree verdi che possono migliorare la comunità di riferimento, quindi creare azioni che vadano nella
direzione dei cluster locali
- In che misura e con quali modalità i limiti del nostro cluster condizionano l’efficienza e la velocità di innovazione? Facendo la mappatura
delle competenze necessarie, se c’è qualche investimento in termini di tecnologie, competenze che possono incentivare ulteriormente
l’adozione delle tecnologie anche in questi territori. Per quanto riguarda la creazione di cluster locali ci sono anche tanti incentivi statali.
- Come potremmo rendere più attraente per le imprese la nostra comunità? Ad esempio decidere di avere dei benefici fiscali o creare delle
competenze all’interno di un territorio, potrebbe essere un incentivo a creare valore condiviso partendo dalla comunità e il territorio di
riferimento
- Se i siti sono economicamente comparabili, in quale trarrà i massimi benefici la comunità locale? A parità di condizioni economiche e di
valore economico capiamo dove possiamo ottimizzare il valore sociale creato

Stadi della RSI


Fatta questa panoramica dei vari approcci della responsabilità sociale, l’ultimo approccio è questo
che vede una fase di responsabilità sociale informale
Informale significa che sono aziende che si stanno impegnando nelle varie fasi della responsabilità
sociali, ma non troviamo formalizzato ne un codice etico, ne un bilancio di responsabilità che si
occupa di questi temi. Piccole medie imprese che sono impegnate in attività di sostenibilità senza
chiamarla tale, senza regolamentarla all’interno dei loro processi
Responsabilità sociale consapevole che ci sono azioni che l’azienda può prendere su questi temi e si
sta facendo i primi sforzi per formalizzarla
Questa responsabilità sociale diventa sistemica quando è integrata all’interno dei processi aziendali; si cominciano ad avere tracce dei vari
ambiti del valore condiviso quando queste azioni diventa ripetuta nel tempo. Integrata nei processi decisionali con delle risorse dedicate per
arrivare a proporre la sostenibilità come fonte di innovazione
Proporre la responsabilità sociale come fonte di innovazione, quando alla ridefinizione di quei mercati, prodotti o processi produttivi non si
cerca solo la creazione di un valore per la società
Un altro elemento che si può verificare è quanto effettivamente possiamo spingerci a sostenere che è anche fonte di innovazione per
l’azienda. Se arriviamo a questo traguardo significa che diventa anche un criterio che guida le scelte e i modelli decisionali adottati dalle
aziende

Capitolo 9:
La virtue matrix

Questo strumento aiuta ad analizzare la responsabilità sociale delle aziende e delle decisioni e azioni che vengono proposte
Questa matrice aiuta a ragionare su due dimensioni per cercare di capire se queste azioni di responsabilità sociale sono azioni che possono
essere integrate nella strategia aziendale e possono produrre un impatto socio-economico e aziendale

Valore Condiviso

21
Partendo dall’idea di valore condiviso cerca di conciliare come evidenziare azioni che hanno un impatto positivo sulla società e
sull’ambiente, producendo anche un vantaggio competitivo.
Grazie ai processi innovativi, molte occasioni per conciliare la produzione di benefici sia per la società che per la strategia competitività
dell'azienda, possono presentarsi nell'offerta e nel lancio dei prodotti.
L’effetto delle scelte socialmente responsabili sull’equilibrio di lungo periodo e sulla performance dipende dalla capacità di progettare una
“strategia integrata” che risulti:
- adatta alle capacità dell’impresa
- coerente con gli interessi dei suoi stakeholder
Se è vero che produciamo doppio beneficio allora dovremmo avere due categorie di stakeholder: azienda e fornitori/clienti.
Tutto questo è orientato al lungo periodo e mira a capire come far diventare il valore condiviso un elemento integrato all’interno delle
strategie aziendali.
Quando parliamo di strategia dobbiamo tenere in considerazione il contesto aziendale, le specificità del settore in cui l’azienda opera, della
sua catena del valore, dei suoi prodotti o mercati. Allo stesso tempo deve essere adatta a quelli che sono gli stakeholder di riferimento,
diventa importante mappare gli stakeholder
Queste informazioni per meglio adattatore e capire la sostenibilità per l’impresa che la sta implementando si
possono trovare nella parte iniziale dei bilanci di sostenibilità dove vengono descritti l’attività dell’impresa, dove
opera,…

La virtue matrix
Questa è la figura originale della virtue matrix, si tratta di una matrice divisa in quattro quadranti
Partiamo dai fondamenti sociali che vengono rappresentati nella parte bassa, rappresentano i contesto normativo
sui quali si crea e si sviluppa la sostenibilità che le imprese propongono nel tempo.
I fondamenti sociali: la maturazione di abitudini largamente condivise, convenzioni, leggi e regole che
compongono la “common law” di un paese
Insieme di regole e consuetudini condivise dall’ambito in cui l’azienda svolge la sua attività. Elemento importante
oltre che il territorio in cui opera, diventa il settore. Prassi più o meno consolidate saranno specificate dall’ambito
del settore

La virtue matrix
Dopo aver definito le prassi comuni, le consuetudini, le best practice del settore, subito dopo arriva
una struttura solida rappresentato dalla normativa, leggi di un determinato settore, paese e ambito
geografico (quadrante destro). Il quadrante choice possiamo ricondurlo alla buona prassi dello
svolgimento dell’azienda in quel settore
Sulla parte sinistra siamo ancora nell’ambito delle prassi consolidate, ma abbandoniamo la normativa
e l’obbligatorietà. Quindi azioni che vengono attuate per scelta ma siamo ancora nell’ambito della
responsabilità sociale che risponde alle esigenze, alle buone prassi e non è ancora propositiva.
Quadrante di sinistra: gli atti adottati per scelta, in conformità con le abitudini e le convenzioni
prevalenti
Quadrante di destra: rappresenta atti messi in pratica in concordanza e per rispetto delle leggi e
delle regole
La barriera fra i due quadranti e la parte sopra è rappresentata da meccanismi che vogliono dare
l’impressione che sia in movimento, non è ben definiti a questa distinzione tra la parte alta e bassa
Anche la barriera tra i quadranti più bassi non è ben definita poiché il livello di discrezione nell'adozione di questo genere di comportamenti
può cambiare. Non è ben definita perché sono temi che stanno sempre di più diventando oggetto di regolamentazione. Tutto ciò che è
compliance può andare ad avanzare nel quadrante choice. Molti temi che sono richiesti dalla comunità, dalla buona prassi possono
probabilmente diventare normati e obbligatori. Tra la parte alta e la parte bassa della matrice c’è questa ulteriore linea in movimento perché
questo livello di consuetudine potrebbe cambiare nel momento in cui cambiamo riferimento territoriale
L’azienda inizialmente opera nell’UE, ma nel momento in cui va ad operare in un paese in via di sviluppo questa parte legata alla normativa
e alle consuetudini sarà più bassa, perché saranno meno le tematiche regolamentate e le azioni di responsabilità sociale che rappresentano
delle buone prassi. In quei paesi sarà più facile andare oltre alla norma e far diventare la scelta della sostenibilità una scelta che
contraddistingue quell’impresa in quel territorio

La virtue matrix
Il limite superiore dei fondamenti sociali non è fisso e può muoversi su e giù secondo lo sviluppo della
“common law” di un paese
Abbiamo anche un ulteriore limite non ben definito rappresentato dalla frontiera. La sostenibilità può
riguardare moltissime tematiche che oltre a essere regolamentate possono anche sfociare in quelle che
abbiamo chiamato soluzioni innovative e rappresentare una responsabilità sociale innovativa. Questa
frontiera comprende le attività di innovazione sodale le cui motivazioni tendono ad essere intrinseche e per
le quali il valore economico non è visibile o contemplato.
Frontiera: la parte anteriore delle innovazioni sociali “comprende le attività le cui motivazioni tendono ad
essere intrinseche e di cui valore agli azionisti è chiaramente negativo o non immediatamente visibile.”
(Martin, 2002)
Quadrante destro chiamato strutturale: comprende le azioni sociali strutturali volontarie che portano un
vantaggio alla società a spesa degli azionisti, costituendo una barriera strutturale fondamentale per
l'azione dell’azienda.
Si tratta di azioni che andranno a prediligere l’impatto verso gli azionisti a discapito di quello che è il valore per gli azionisti. Tutte le
azioni di responsabilità sociale hanno un impatto positivo per gli azionisti e per l’azienda, tuttavia questo impatto si fa fatica ad isolarlo
rispetto ad altri risultati e soprattutto a misurarlo.
In questo quadrante non è evidente e misurabile il ritorno economico delle azioni di responsabilità intraprese, andremo a collocare tutte le
azioni per le quali facciamo fatica ad evidenziare questo beneficio economico

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Quadrante di sinistra chiamato strategico: rappresenta tutte le attività sociali strategiche che appartengono alle strategie profit-making
dell’azienda, e allo stesso tempo, producono benefici socio-ambientali anche alla società. Quadrante che meglio
rappresenta tutte le azioni che producono un vantaggio socio-ambientale. L’elemento che contraddistingue un’azione che
fa parte di una strategia aziendale, è che un’azione di lungo periodo, ha risorse e attività dedicate. Dovremmo anche essere in grado di
trovare misure per gli effetti che queste azioni hanno prodotto all’interno delle aziende.
Per capire che tipo di sostenibilità queste aziende ci propongono abbiamo bisogno di mettere insieme tutti questi strumenti e analizzare
l’orientamento di sostenibilità che queste aziende rappresentano.

La virtue matrix
Questo ultimo quadrante è particolarmente importante poiché comprende le azioni di CSR che meglio
rappresentano il principio di un punto di equilibrio fra la creazione di valore economico per l’azienda e
la creazione di prestazioni sociali per la società.
In base a quante azioni andremo a collocare all’interno di questo quadrante capiremo l’origine e
l’integrazione all’interno della strategia delle azioni di sostenibilità delle aziende
Fatta la mappatura degli stakeholder, per ciascuno di essi andremo ad individuare le azioni più
significative. Una volta scelte queste azioni dovremmo analizzarle e collocarle nella matrice in ognuno
dei quattro quadranti
Se abbiamo uno stakeholder al quale vengono dedicate 20 azioni, non possiamo selezionarne 1, occorre
fare una scelta che sia proporzionale allo spazio che all’interno del bilancio di sostenibilità lo
stakeholder rappresenta

La virtue matrix
Queste domande ci guidano nella scelta di posizionamento all’interno della matrice.
L'atto di posizionare le diverse azioni di CSR è guidato da due domande di fondo:
- Quale è l'origine dell'azione: la volontà o il requisito? Se la risposta a questa
domanda è il requisito ci collocheremo nella parte bassa della matrice; se
l’azione è riconducibile alla volontà ci collocheremo nella parte alta della
matrice.
- Quali entità traggono beneficio dai risultati: sia l’azienda che la società, appena
una di loro, nessuno? Se la risposta a questa domanda è solo un’entità saremo
nella parte destra della matrice, se siamo nella parte alta avremo
prevalentemente un beneficio di carattere sociale-ambientale perché tendendo
come punto di riferimento le azioni di beneficienza il beneficio è legato agli
stakeholder a cui si riferisce. Se la risposta è entrambe le due entità allora siamo
nella parte sinistra della matrice, soprattutto nel quadrante strategico. Nella parte
bassa, se è vero che stiamo proponendo azioni che sono best practice, allora oltre che al beneficio dell’impresa ne beneficia, anche se in
entità minore, lo stakeholder a cui si riferisce

La virtue matrix
La volontà dell’azienda viene ricambiata da un valore visibile portato sia all’azienda che alla società: le azioni sono fondate su una strategia
di base e di lunga durata che funziona a favore di entrambe
I risultati non forniscono un valore solido ne all’azienda ne alla società: da un lato l’azienda spende le risorse ed i soldi per effettuare azioni
sociali che la società richiede, dall'altro lato la società non può contare su questo supporto economico dell’azienda non- strutturato
Il focus delle azioni di RSI è incentrato sulla società: in questo caso vengono trascurati i principi base del comportamento economico e di
conseguenza l’azienda è destinata a distruggere il proprio valore
Le azioni vengono generate dall’osservanza delle leggi e conducono a risultati che sostengono soprattutto l’azienda e la società appena nella
misura in cui la conformità alle leggi garantisce l'ordine pubblico ed il normale svolgersi del sistema economico

02/11/2021
Esempio virtue matrix di Davines:
Bilancio di sostenibilità 2021 —> dati 2020
Supponiamo di avere letto tutto il bilancio e abbiamo selezionato per ogni stakeholder le azioni più rilevanti
Visto la tipologia di attività e il modello di business andremo ad analizzare i dipendenti (staff), i clienti, fornitori, distributori, ambiente,
comunità, proprietà (azionisti)
Cercheremo di rappresentare all’interno della virtue matrix almeno uno-due azioni di questi stakeholder
Oltre alla analisi della singola azione, sarà importante analizzare anche la configurazione complessiva
Le azioni vanno selezionate in maniera oggettiva, bisogna rappresentare sicuramente quelle più comuni ma anche quelle più specifiche. In
quanto alcune azioni le troviamo diffusamente a prescindere dal settore e dall’azienda.

Ripasso della matrice


Parte bassa: legata a normativa (destra) o consuetudini (sinistra). Passando dalla destra a sinistra viene meno il riferimento normativo,
rimaniamo nell’ambito della consuetudine
Parte alta: nessun richiamo alle normative, alla buona prassi. Siamo nell’ambito volontario. La differenza tra destra e sinistra erano i
beneficiari delle azioni. Nella parte destra abbiamo la prevalenza di un beneficiario, quadrante filantropico perché l’entità prevalente delle
azioni era la comunità in generale. Il quadrante che meglio rappresenta tutte le varie definizioni sul valore condiviso era il quadrante
strategico, oltre che essere volontarie le azioni producono un doppio beneficio, sia all’azienda sia allo stakeholder a cui si riferisce.

Andiamo a vedere la prima parte: people tratterà i dipendenti

(1) Posticipata l’attivazione di una policy di smart working post-pandemia.


Le aziende hanno deciso di adottare questa modalità a prescindere dall’emergenza sanitaria.
Ci stiamo muovendo dentro la categoria di stakeholder dipendenti

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L’azione per quanto riguarda lo smart working post emergenza è un’azione volontaria che nel gestire l’emergenza molte aziende hanno
messo in campo
Sicuramente non siamo nell’ambito della normativa, in quanto siamo oltre a quello che la normativa prevedeva
La possiamo considerare un’azione legata alle buone prassi, non tanto lontana da un obbligo che fino a poco fa era per tutte le aziende e
quindi collocarla vicino al quadrante della normativa nella parte bassa della matrice
Verso il quadrante strategico perché c’è una flessibilità e il riconoscere delle libertà di gestione del proprio lavoro ai dipendenti

(2) 48,6% di manager a ogni livello organizzativo presso la sede di Parma, con riferimenti alla sostenibilità nella propria mission di ruolo.
L’azienda intende integrare al 100% all’interno delle mansioni di tutti i ruoli dirigenziali anche obiettivi legati alla sostenibilità. Il bilancio
dice anche che rispetto all’obiettivo siamo lontani, siamo a metà
All’interno della matrice ne consideriamo l’origine dell’azione e gli effetti prodotti, in quanto dobbiamo considerare anche l’impatto che
l’azione ha prodotto.
Rispetto alla precedente siamo nella parte alta, siamo nell’ambito volontario. Non siamo nell’ambito normativo ma nemmeno in quello
legato alla buona prassi e consuetudini
Per capire se è strategico o filantropico dobbiamo capire gli effetti che produce: da un lato c’è un effetto prodotto per quanto riguarda gli
obiettivi legati all’ambiente e la comunità, dal punto di vista dell’azienda c’è un maggiore coinvolgimento delle azioni dei manager in quelli
che sono i valori di riferimento, le politiche di sostenibilità.
Siamo nell’ambito strategico, ma dobbiamo considerare il 48,6%. Siamo in una fase iniziale, non siamo arrivati ancora alla perfetta
integrazione. Se ci fosse stata una perfetta integrazione saremmo stati in una posizione centrale nel quadrante strategico ma dato che non è
ancora avvenuto, lo andiamo a collocare più verso le buone prassi e le consuetudini.

Ora andiamo a vedere il paragrafo dell’inclusività e diversità


Questo riguarda la formazione che può essere obbligatoria (come sulla salute e sicurezza). Questo tipo di azioni saranno sicuramente
collocate nella parte bassa della matrice. Se riguarda salute e sicurezza sarà nella parte normativa. Se invece è un’azione più legata a una
nuova normativa o a un nuovo modello organizzativo saranno nelle consuetudini, a delle esigenze di settore.
Possiamo avere anche dei corsi di formazione volontarie (come corso di informatica, corsi legati a soft skills, corsi di lingua).
Se sono corsi legati all’attività e alle mansioni dell’impresa sono volontarie perché non sono previste dalla normativa. Per svolgere bene le
loro mansioni, il loro lavoro saranno volontarie ma per capire dove posizionarla tra le buone prassi e strategia è importante considerare il
settore
Se l’azione è completamente slegata alla tipologia di attività svolta dall’azienda, allora qui si avrà un dubbio tra filantropia e strategia. Perché
se è un corso di scrittura creativa sarà più una scelta del dipendente, quindi sarà filantropica.
Se invece è un corso della psicologia del lavoro che può essere riconducibile alla relazione del dipendente all’intero dell’impresa, allora sarà
più verso il quadrante strategico

(3) 120 colleghi hanno ricevuto una formazione specifica su inclusività e diversità
Vengono evidenziati gli stakeholder coinvolti: dipendenti nella filiale nordamericana
Siamo sicuramente nell’ambito della volontarietà, non ci sono norme che prevedono una formazione su questi temi
Per capire se siamo nel quadrante strategico o filantropico dobbiamo ragionare sull’utilizzo di queste competenze acquisite grazie alla
formazione all’interno dell’azienda.
Questa formazione nasce da un’esigenza: ossia che operando in Nord America queste tematiche devono essere affrontate. Si tratta di
competenze che possono essere sfruttate nel luogo di lavoro e nella gestione dell’azienda nell’area del Nordamerica
Rispetto alla pura competenza che viene offerta al singolo dipendente qui c’è anche un impiego all’interno delle mansioni e dell’azienda
Questa azione la collochiamo nel quadrante strategico vicino al filantropico, in quanto siamo in un ambito più legato alle relazioni
interpersonali che relazioni commerciali

Ora andiamo a vedere il paragrafo della felicità e benessere


Nella prima parte ci sono i risultati di un’indagine svolta all’interno dell’impresa
Potrebbe essere interessante analizzare questa azione di responsabilità sociale perché la decisone di mettersi in primo piano su tematiche
legate non soltanto all’ambito lavorativo ma anche all’ambito personale è importante
Visto che ci sono altri aspetti più concreti, più operativi andiamo ad analizzare le azioni che ricadono nella parte del welfare aziendale, ossia
azioni che l’azienda promuove nei confronti dei suoi dipendenti a seguito di una normativa che riconosceva benefici fiscali ad aziende che
mettevano in atto questo tipo di azioni (esempio: se l’azienda decide di riconoscere dei voucher per palestre ai suoi dipendenti viene
riconosciuta la loro deducibilità fiscale quindi c’è un beneficio economico rispetto a queste azioni). Certe aziende mettono anche a
disposizione un ammontare e sarà il dipendente a decidere quali sono le attività welfare. Il criterio per rientrare in questa categoria è il
riconoscimento di questo beneficio fiscale.
Per quanto riguarda queste azioni di welfare aziendale, siccome non c’è una norma specifica su che tipo di welfare le aziende possono fare,
allora sicuramente siamo nella parte legate alle buone prassi nell’ambito del welfare aziendale.
Il beneficio è sia del dipendente che dell’azienda (doppio beneficio)

(4) 554 ore lavorative retribuite per il volontariato d’impresa.


Sono attività di volontariato svolte in orario lavorativo, ma retribuite. Invece di essere pagati per svolgere l’attività produttiva il dipendente
decide di devolvere le sue ore lavorative nel volontariato
Viene riportato anche in che cosa consistono queste azioni di volontariato: donazioni di sangue, piantumazioni
Il volontariato d’impresa è sicuramente un ambito volontario (parte alta)
Per capire dove posizionare il volontariato bisogna capire il beneficio. Più filantropico perché per l’azienda è un costo in quanto deve
retribuire i dipendenti; sostiene questo costo per dare un beneficio alla comunità.
Se volessimo ritrovare un beneficio per l’azienda potrebbe essere mettersi al servizio della comunità in cui opera dando un contributo
concreto.
Se si scelgono associazioni che possono essere significative per i dipendenti (volontariato svolto nei campi estivi dove vanno i figli dei
dipendenti) potrebbe essere un elemento che lo potrebbe rendere più strategico rispetto ad un ragionamento generale sul volontariato
Anche queste azioni potrebbero essere più strategiche andando a ragionare sul beneficio per l’azienda in termini di socialità, di terzo settore.
Per esempio la formazione sulla diversità per diventare un’azione filantropica dovrebbe riguardare disabilità particolari che non sono presenti
in azienda

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I tre ambiti principali su cui venivano proposte le azioni sono state considerate.
Ragionando sui dipendenti possiamo esprimere che in generale l’orientamento che emerge da questa analisi è volto alla sostenibilità
strategica. Anche quelle che abbiamo visto essere collocate sul quadrante delle buone prassi sono spostate verso il quadrante strategico
(azione relativa allo smart working)
In questo bilancio non abbiamo trovato azioni legate alla norma

Andiamo a vedere la seconda parte: ambiente

(5) 27,5% del fatturato generato da prodotti cui applichiamo l’LCA (life cycle assesment)
Si tratta di un modello di misurazione dell’impatto ambientale prodotto dall’impresa che considera tutte le fasi dalla produzione all’utilizzo
dei prodotti/servizi offerti
Rispetto alla sostenibilità ambientale in generale non si sofferma solo a calcolare le emissione durante la fase di produzione del prodotto
oppure l’utilizzo dell’energia e delle risorse idriche durante il processo produttivo.
Secondo questo modello questo impatto ambientale deve essere calcolato considerando anche l’utilizzo del prodotto fino alla sua vita utile,
fino alla sua dismissione
Questo perché il grosso problema non è durante il processo produttivo dove le aziende sono attrezzate per ridurre l’impatto ambientale,
spesso il danno maggiore avviene dopo la dismissione di questi prodotti (es. mobili, elettrodomestici)
L’impatto ambientale di un’azienda è anche dopo quando questo prodotto deve essere dismesso e riciclato
Come funziona questo modello? Ci sono dei database sulle singole materie che compongo i prodotti. Ciascuna di queste materie produce un
danno sia in termini ambientali che di salute. In base alle percentuali, al peso di questi materiali viene calcolato l’impatto ambientale che il
prodotto attraverso i suoi vari componenti può produrre.
Tornando all’analisi, l’azienda si impegna ad applicare questo modello a più prodotti possibili. Si impegna ad aumentare la percentuale nel
tempo
Si tratta di un’azione volontaria (in settori come quello ceramico è necessario adottarlo per rispettare alcune misure ambientali legate al
settore). Per quanto riguarda il suo beneficio, è solo ambientale o anche economico? Un modello LCA mira all’ottimizzazione delle risorse.
Ottimizzando le risorse, ottimizziamo anche i costi.
Quindi sul beneficio economico non abbiamo dubbi. Abbiamo un doppio beneficio sia dal punto di vista dell’impatto ambientale sia dal
punto di vista economico
LCA è tra tutte le azioni viste quella più strategica in quanto è anche misurabile dal punto di vista economico
Non ha lo scopo di essere un’azione anche di risparmio economico, ma risparmiando le risorse vengono risparmiate inevitabile i costi per
acquistarle
Nonostante siamo all’interno della dimensione ambientale, chiamano in causa in prima persona la scelta dei fornitori e delle materie prime.
Possiamo indicare come stakeholder di riferimento i fornitori.

(6) Aumento del 3,6%, rispetto all’anno precedente, dei packaging in plastica realizzati con plastica bio-based o riciclata.
Sono azioni della bio plastica volontarie. Rispetto al beneficio che possono produrre è sicuramente un beneficio ambientale
Per quanto riguarda l’impatto economico, se fosse un’azione messa in atto in questo periodo di rendicontazione, per l’azienda quando è stata
implementata per la prima volta è stato soltanto un costo perché bisognava adattare il processo produttivo, macchinari, ricerca sui materiali
più adeguati
I primi anni che questa azione veniva proposta era un’azione più di carattere filantropico perché in quei tempi prevaleva l’aspetto ambientale.
Ora invece siamo a regime perché abbiamo aumentato il quantitativo utilizzato dall’azienda. C’è quindi un beneficio economico e anche a
livello di immagine.
Visto che siamo a regime siamo nell’ambito strategico, ma rispetto LCA dove c’è un impatto economico diretto e misurabile, siamo ad un
livello più spostato verso la filantropia e più verso il basso perché arriverà il momento in cui gli imballaggi saranno regolamentati da
normative che considerano i loro impatti ambientali

(7) pigmento naturale- JAGUA


L’azienda ha utilizzato per la nuova linea un pigmento 100% naturale acquistato da un’azienda colombiana impegnata a sostenere le
comunità locali.
Sicuramente è un’azione volontaria. Oltre che al beneficio ambientale crea anche un beneficio legato alle comunità. Sarebbe a metà tra i due
stakeholder: comunità e ambiente
È anche un beneficio per l’azienda perché si può considerare un beneficio in termini di innovazione dei prodotti che mira a ridurre l’impatto
ambientale.
Viene sottolineato questa attenzione alle comunità colombiane, questo ci fa pensare al valore condiviso che può essere creato in tre ambiti
(ridefinizione del prodotto e del mercato, dei processi produttivi e dei cluster locali). Per i primi due ambiti è più facile trovare delle azioni.
08/11/2021
“0% rifiuti della produzione smaltiti in discarica”; “Packaging da fonti rinnovabili”.
Abbiamo anche il modello della circolarità in Davines (obiettivo 12): non basta soltanto ridurre l’impatto ambientale e fare efficienza
sull’utilizzo delle risorse naturali, ma siccome queste si stanno esaurendo, questo modello si occupa anche della rigenerazione e il riutilizzo
di molte risorse. Attraverso questo modello si vuole improntare dei processi che mirano già ad un prodotto che possa essere riciclato
attraverso il recupero di materie prime rigenerate (materie prime seconde). Chiamate cosi perché sono recuperate da prodotti che sono in
disuso, da smaltire o riciclare.
Per le aziende significa mirare a ridurre i rifiuti e gli scarti. Lo scopo per passare dalla linearità alla circolarità è arrivare a riutilizzare il
prodotto finale, quindi una volta che abbiamo realizzato il prodotto e venduto al cliente, bisogna renderlo il più possibile riutilizzabile alla
fine della sua vita. Nel caso di Davines, trattandosi di prodotti per capelli che vengono consumati, il tema principale è il packaging, ossia la
componente di prodotto che diviene un rifiuto.
Lo sforzo è proporre del packaging fatto di carta, legno che possono essere facilmente recuperati come materie prime oltre che proporre un
packaging proveniente da fonti rinnovabili (quindi diventa importante il fornitore).
Come trattiamo le azioni di circolarità? Se non troviamo informazioni dettagliate possiamo collocare la circolarità all’interno della matrice
come un’azione unica rivolta all’ambiente o altrimenti suddividerla per quelle che sono le due fasi principali della circolarità: la produzione e
il riciclo del prodotto finale. Per quanto riguarda la produzione, se è prevalentemente legata alla scelta dei fornitori e delle materie prime,

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allora sono azioni dedicate ai fornitori; se invece è più legata all’efficientamento dei processi e quindi all’attività dell’impresa sono azioni
dedicate all’ambiente.
Per quanto riguarda il packaging, come nel caso di Davines, sono azioni rivolte all’ambiente che però passano attraverso il consumatore,
perché senza il ruolo attivo del consumatore anche lo sforzo di progettare dei packaging riciclabili sarebbe inutile. In questo caso potremmo
collocare l’azione all’interno della categoria “consumatori”.

Inoltre ci sono molte azioni che riguardano i fornitori perché se è vero che questa azienda ha adottato il modello di LCA che riguarda tutta la
filiera produttiva, allora diventa importante la scelta dei fornitori e quelli sono i criteri per selezionare le materie prime. Anche se l’azione è
volta all’ambiente, possiamo indicare come stakeholder di riferimento il fornitore. Bisogna approfondire i soggetti che vengono chiamati in
causa per realizzare queste azioni.
Davines conta di 365 fornitori (il 66% dei fornitori misura il proprio impatto sul pianeta, il 48% utilizza energia da fonti rinnovabili, etc.).
C’è una selezione dei fornitori, spesso accade che si faccia un questionario per analizzare tali dati e per la scelta dei fornitori e le materie
prime.

(8) “supplier sustainability workshop”.


L’azione che prendiamo in considerazione è il workshop che Davines ha organizzato per i suoi fornitori sulla sostenibilità per condividere
pratiche sostenibili che possano migliorare il loro impatto positivo. Questa è un’azione volontaria in quanto non c’è una norma che prevede
la condivisione delle azioni di responsabilità sociale lungo la filiera. Il beneficio è dell’azienda che in questo modo facilita l’attuazione dei
modelli circolari attraverso la sensibilizzazione dei suoi fornitori, ma anche dei fornitori che diventano più competitivi
Se ci fermassimo e non tenessimo conto della certificazione sarebbe un’azione strategica.
Tenendo in considerazione le certificazioni prevalentemente legate all’ambiente e alla società, ad oggi non abbiamo una legge che ne prevede
l’adozione. Le certificazioni non sono previste da una norma in generale.
Ma una volta che l’azienda ha deciso di certificarsi per la parte di qualità, per la parte dell’ambiente o per le B-Corp, sarà obbligata a
misurare alcuni dati e ad essere attiva su queste tematiche. Se non si rispettano non si viene certificati. Il fatto di essere certificati significa
che un po’ della volontarietà di fare sostenibilità si perde perché bisogna stare all’interno delle regole della certificazione e quindi anche se
non c’è una obbligatorietà dettata dalla legge, è dettata dal fatto che si hanno dei parametri da rispettare per ricevere la certificazione.
Quando troviamo azioni legate a delle certificazioni, non siamo di sicuro nella parte normativa. Per definire se siamo nel quadrante della
consuetudine o nel quadrante strategico o in quello filantropico, il criterio fondamentale è quello di capire se l’azione prende spunto dalla
certificazione (la B-Corp nel caso di Davines) e va oltre a quello che la certificazione prevede (allora sarà nel quadrante strategico (8)),
oppure se è un’azione che l’azienda mette in atto per rispettare solo quanto la certificazione prevede (allora sarà nella parte della
consuetudine (8*)).
Nel caso Davines si tratta un argomento che è quello dell’impronta carbonica che la certificazione B-Corp richiede per costruire la filiera
sostenibile. Siamo all’interno della certificazione, quindi abbiamo sicuramente un’azione legata alla consuetudine. Lo collochiamo verso il
quadrante strategico perché non è obbligatorio, ma una volta che si è all’interno delle certificazioni abbiamo un richiamo dei parametri da
rispettare.
Quindi… Prima di tutto cerchiamo di collocare l’azione legata alla condivisione dei principi della sostenibilità in termini di target (si riferisce
ai fornitori (8)), poi facciamo un’analisi di quelle che possono essere le varie certificazione (es. B-Corp) e come queste certificazioni possono
essere collocate nella matrice (8*).
Oltre alla B-Corp ci sono anche le benefit corporation (società benefit) che invece sono legate tutte ad una normativa. Sono regolamentate da
una legge specifica che prevede che le aziende che perseguono anche un fine ambientale o sociale devono modificare il loro statuto inserendo
anche questi fine da perseguire e aggiungere nella loro denominazione sociale “società benefit”. Hanno una serie di agevolazioni e incentivi
in più. Di solito nei bilanci si riporta la certificazione B-Corp, ma se leggiamo società benefit siamo nel quadro normativo (La Florim ha
entrambe, sia la B-Corp che Benefit corporation).

Si nota anche il “progetto pilota” che riguarda l’anidride carbonica. Le consegne dei prodotti, nel territorio dove ha sede centrale l’azienda,
avvengono in bicicletta. In questo caso la macrocategoria è l’ambiente e lo stakeholder target è il cliente. In questo caso si riducono anche le
emissioni di C02 per il cliente.

(9) Possiamo ora analizzare una delle azioni che riguardano la compensazione/neutralizzazione di questo impatto ambientale causato, in
collaborazione con altri enti e organizzazioni vengono finanziate azioni che riguardano il recupero di certe parte del paesaggio, della natura
per compensare il danno e le emissioni causate.
1. Ethiotress: un progetto in Etiopia per migliorare zone particolarmente colpite dai disastri naturali
2. Solel’te: progetti di impiantare nuovi alberi in superfici dove c’è stata la deforestazione
3. Tuteliamo il mare 2020: progetto per la conservazione delle acque del mare
4. Compensazione del carbonio: progetto legato alla compensazione del carbonio che riguarda l’assorbimento di quantità di C02 attraverso
alghe specifiche
Se per un’azione vengono dedicate molte pagine, prendiamo quella come azione rappresentativa, altrimenti possiamo parlare in generale di
compensazione e neutralizzazione dell’impatto ambientale dell’emissione di carbonio.
Per il momento sono tutte azioni volontarie. Bisogna capire bene il beneficio di che tipo è, il beneficio è sicuramente per l’ambiente, ma
bisogna capire se c’è anche un beneficio in termini economici.
Nel momento in cui diventa legge avrà sicuramene un doppio benefcio.
Finché tali azioni sono a discrezione dell’azienda e riguardano la riduzione dell’impatto di C02, allora c’è un beneficio anche economico
perché si riduce l’utilizzo di alcune risorse e quindi anche i costi e andrebbero collocate nel quadrante strategico.
Invece se parliamo di compensazione, come accade nel bilancio di sostenibilità di Davines, sicuramente prevale il beneficio legato
all’ambiente e alle comunità in cui questi progetti vengono implementati. Sono azioni che collochiamo nel quadrante filantropico molto
vicino con quello strategico

Ambiti in cui viene creato valore condiviso


Tutte le azioni collocate nel quadrante strategico hanno un beneficio e sono tutte azioni che creano valore condiviso e per tutte queste
dovremmo essere in grado di capire in che ambito viene creato tale valore. Per l’LCA, ad esempio, il valore condiviso viene creato in termini
di processo; per quanto riguarda il packaging attraverso la ridefinizione del prodotto; per quanto riguarda il pigmento naturale esso crea
valore condiviso attraverso la ridefinizione del processo produttivo, dell’intera filiera e di cluster locali.

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Noi abbiamo cercato di tenere traccia degli stakeholder a cui le azioni si riferiscono (1,2,3,4: dipendenti; 5,6: aziende; 7: comunità). È
opportuno anche tenere conto dei 17 obiettivi a cui queste azioni sono maggiormente collegate. Un’azienda dovrebbe perseguire tutti i 17
obiettivi. Ma per analizzare quelli maggiormente misurabili e quelli che sono fonte di ispirazione alle azioni di responsabilità sociale, in
questo caso siamo di fronte ad un’azienda che ha deciso di ridurre l’impatto ambientale, e possiamo dire che sono stati fatti avanzamenti
rilevanti per quanto riguarda gli obiettivi dello sviluppo sostenibile che misurano l’impatto ambientale.

Abbiamo inoltre il tema della decarbonizzazione


Fino a poco tempo fa venivano calcolate le emissioni di Co2 legate alle principali attività svolte dall’azienda, oggi invece ci sono diverse
misure relative alle emissioni. Ci sono le emissioni dirette che derivano dal processo produttivo (prodotte durante il trasporto,
confezionamento, …), ma anche emissioni indirette, ossia le emissioni che avvengono fuori dal cancello dell’impresa (es. smaltimento,
realizzazione di prodotti complessi con materie prime estratte da fonti naturali). Questo tema diventa molto importante legato al tema della
circolarità. Spesso ci venivano proposte delle emissioni che si riducevano, però il vero inquinamento non risiedeva nella fase produttiva, ma
magri in quella di approvvigionamento. Quindi diventa fondamentale capire le emissioni indirette causate dalla realizzazione del processo
produttivo.
Tema attuale è la Carbon tax, bisogna decidere quale tipo di emissioni prendere come riferimento per calcolarla.
In atto ci sono più fenomeni legati alla sostenibilità: da un lato l’adozione di nuovi processi aziendali, dall’altro ci sono misure e modelli di
gestione di queste misure adeguati.
Le azioni che riguardano le emissioni non sono da trattare nella virtue matrix; ma le emissioni e la loro misurazione saranno parte dell’analisi
che faremo sulle misure e sulla quantificazione di queste azioni. Le analizziamo nella seconda parte, quella della forma.
Adesso stiamo analizzando i contenuti ma per parlare di bilanci abbiamo bisogno anche di una forma.

Andando avanti nel bilancio sostenibile troviamo anche il tema della misurazione e del monitoraggio per realizzare la circolarità. Tutte quelle
che sono le emissioni indirette sono intuitive, sono quelle legate ai servizi correlati.
C’è una suddivisione delle emissioni dirette e indirette che nella letteratura vengono classificati come Scope1 (emissioni dirette), Scope2
(emissioni indirette) e Scope3 (emissioni indirette).
Quelle dirette sono la produzione di energia utilizzato nello stabilimento, parco auto aziendale. Quelle indirette sono quelle legate al mercato
o altri luoghi dove il prodotto da tappa, sono il trasporto e la distribuzione in entrata, smaltimento di rifiuti, viaggi di lavoro, spostamento
casa-adoro e fine vita del prodotto. Si nota che le emissioni indirette pesano molto di più. Quelle dirette sono circa 480, quelle indirette 9101.
Di solito, fino a poco tempo fa, venivano calcolate solo quelle dirette e quindi una parte davvero piccola di quello che è in realtà l’impatto
prodotto.

Ora trattiamo la comunità

(10)“show love, shop local”.


Abbiamo al centro il prodotto, questi ci fa pensare che siamo sicuramente orientati al quadrante strategico. Quando si tratta di comunità è
molto più facile mettere in atto azioni di carattere filantropico (sponsorizzazioni, finanziamenti ad attività sportive, culturali), tutte queste
azioni che sono generiche legate alla comunità di riferimento senza mettere al centro l’attività tipica dell’azienda, sono azioni di carattere
filantropico. La differenza che deve sussistere per collocarle all’interno del quadrante strategico è che queste azioni bisogna costruirle intorno
al prodotto e al servizio offerto dall’azienda e all’attività che l’azienda svolge.
Per quanto riguarda i prodotti locali, è un’azione volontaria. Non c’è una norma, è una scelta dell’azienda per costruire vantaggio
competitivo attraverso la selezione di materie prime e prodotti. Diventando un elemento di differenziazione, il beneficio che si produce è
doppio, quindi nella matrice sarà un’azione altamente strategica in quanto realizza entrambi i benefici e per di più è un’occasione anche per
innovare.

(11) “Programma We care”


Implementazione di azioni di cura nei confronti degli stakeholder nel mondo (donazione di igienizzante). Questa azione è volontaria, il
beneficio è per le comunità lontane, non locali. Facciamo fatica a capire il beneficio economico in termini di maggior vendita di prodotti. In
questo caso, questa è una tipica azione filantropica che andiamo a collocare nel quadrante filantropico

Partnership per gli obiettivi


L’impresa, rispetto ai 17 obiettivi, misura il contributo che l’azienda dà. Quello più elevato è sulla parte ambientale, ossia il n.12 (consumo e
produzione responsabile relativi ai progetti di filiera e circolarità) e il n.13 (lotta ai cambiamenti climatici)
Per quanto riguarda il contributo alle comunità passa attraverso l’obiettivo 16, così come l’istruzione e altre attività volte alla formazione. Per
quanto riguarda l’inclusività abbiamo visto solo un’azione, infatti l’obiettivo 5 sulla parità di genere non è così attivo e non contribuisce in
maniera particolare. Dobbiamo trarre queste conclusioni, ossia capire quali azioni si riferiscono a quale dei 17 obiettivi, in base all’analisi
delle azioni che facciamo nella matrice.
Per ogni obiettivo vengono rappresentate delle particolari azioni

(12) “Davines for future”


Progetti di formazione, di educazione e sensibilizzazione con le scuole. Gli stakeholder di riferimento sono la comunità, le scuole e così via.
Questa azione è volontaria, ma sono buone prassi per le aziende impegnate in questo ambito. Se parliamo solo di formazione senza
considerare la parte della scuola sono ancora di più delle buone prassi che comunque producono un doppio beneficio sia per l’azienda che per
la comunità. Quindi collochiamo questa azione nel quadrante della consuetudine.
09/11/2021
Dipendenti (1, 2, 3, 4)
Ambiente/fornitori (5, 6, 7, 8, 9)
Comunità (10, 11, 12)

In questo bilancio non ci sono richiami alla normativa. Si


poteva trattare l’adozione di un modello organizzativo
secondo la 231 all’interno del quadrante della normativa.

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Anche con l’analisi degli SDG prevalenti hanno un forte orientamento all’ambiente attraverso delle azioni che vanno oltre alla norme e alle
buone prassi (tutte le azioni legati all’ambiente sono la maggior parte strategiche e nella parte alta della matrice)
Per quanto riguarda la dimensione sociale quella viene espressa nelle azioni legati alla comunità, ai fornitori. Anche queste prendono spunto
dalle buone prassi, ma hanno un orientamento strategico. Nonostante questa integrazione della sostenibilità all’interno dell’orientamento
dell’impresa rimangono una buona parte di azioni che riguardano esclusivamente la comunità e l’ambiente in senso lato; quindi rimangono
azioni di coinvolgimento con la comunità e l’ambiente a prescindere dall’attività dell’azienda (quadrante filantropico)
Se vogliamo collocare la responsabilità sociale di questa azienda nella piramide di Caroll, sicuramente ci sarà responsabilità legale,
responsabilità economica e anche responsabilità filantropica.
L’etica l’abbiamo un po’ di pi analizzata nel codice etico, qua possiamo ricondurla al quadrante filantropico
Quindi si tratta di una azienda che soddisfa tutte le dimensioni della piramide di Caroll

Ora dobbiamo tenere in considerazione il valore condiviso


Possiamo sostenere che questa azienda crea valore condiviso, ma dobbiamo capire in quale dei tre ambiti lo crea:
I. Ridefinizione del prodotto o servizio
II. Ridefinizione dei processi della filiera produttiva
III. Creazione di cluster locali
Tutte quelle azioni che andavano a sostituire alcuni componenti dei prodotti (pigmento, packaging) erano interventi che incidono, soprattutto
il packaging, sull’impatto ambientale che cerca di essere prodotto all’interno della filiera (modello LCA).
Quindi oltre al prodotto in senso stretto abbiamo avuto modo di verificare che la logica adottata è una logica di filiera, che riguarda tutto il
processo.
Per i fornitori ci veniva proposto anche un criterio per la selezione dei fornitori, azioni che orientare i fornitori verso i temi della circolarità.
C’è sicuramente una ridefinizione del prodotto frutto di una ridefinizione dell’intera filiera, orientandolo a un minore impatto ambientale e a
una circolarità
In conclusione la creazione del valore condiviso avviene attraverso la ridefinizione del processo produttivo e dell’intera filiera
Sui cluster locali qualche azioni che ci potrebbe fare pesare a questo potrebbero essere tutti i progetti collocati nel quadrante filantropico che
venivano svolti a Parma. Però sono azioni più di carattere filantropico. Il ritorno in termini di vantaggio competitivo è difficile da verificare
Se fossero azioni di formazioni su competenze necessarie all’azienda allora potevano essere azioni di generazione del valore condiviso
attraverso la creazione dei cluster locali
Altre azioni che possono farsi pensare alla creazione dei cluster locali erano quelle azioni di deforestazione, compensazione che venivano
fatte in paesi dove l’impatto negativo a livello ambientale era più rilevante. Ma è sempre una compensazione, poco legato al processo
produttivo dell’azienda
Quindi escludiamo la creazione dei cluster locali, ma possiamo evidenziare le azioni della formazione presso le scuole; tuttavia siamo lontani
allo scopo di produzione di un valore anche per l’azienda sostenibile nel lungo periodo

Nella nostra analisi dobbiamo fare anche un confronto tra le due aziende: Sono allineate? Raramente in quanto i bilanci sono molto diversi
tra di loro. Magari entrambe le aziende creano valore condiviso riferimento il prodotto, ma dobbiamo capire come lo fanno

Capitolo 10:
La rendicontazione sociale

Informazione vs Comunicazione
La rendicontazione sociale e ambientale è da collocare all’intero degli strumenti di
comunicazione dell’azienda.
L’informazione e la comunicazione hanno diversi obiettivi e possono essere
considerate due momenti differenti dell’interazione tra due soggetti.
Nell’INFORMARE il soggetto si limita alla trasmissione di un insieme di dati, dopo una
loro elaborazione.
Informare significa mettere in forma il messaggi, c’è una persona che mette in forma
il messaggio e per misurare tale messaggio vengono utilizzati i contenuti, la relazione la frequenza e la continuità
La COMUNICAZIONE invece prevede un’analisi dei bisogni informativi e degli effetti che la trasmissione dei messaggi ha avuto sui soggetti
destinatari.
Comunicare invece significa condividere un messaggio che si misura attraverso il cambiamento di atteggiamento e di comportamento
Possono essere considerati in due momenti differenti dell’interazione dei soggetti. L’informazione è il momento iniziale dove i costruisce il
messaggio e rappresenta la forma e la modalità attraverso le quali questo messaggio si mette in forma.
Nella comunicazione contano i canali e le forme di condivisione di queste informazioni
Quando parliamo di rendicontazione, parliamo di informazione istituzionale perché deve seguire una serie di criteri e e esigenze dettate dal
fatto che si sta operando con dati prodotti dall’azienda. Non stiamo raccogliendo testimonianze ma ci sono dei sistemi informativi all’interno
dell’azienda che rilevano quelli che sono i processi aziendali.
Successivamente abbiamo bisogno di comunicare questi dati al mercato finanziario o allo stato, qui allora c’è una comunicazione legata ai
dati economici e alla contabilità; si tratta della comunicazione economica che avviene attraverso gli strumenti predisposti.
Tuttavia abbiamo bisogno anche di comunicare con gli altri stakeholder andando ad attingere dalle informazioni istituzionali tramite canali e
strumenti più adatti a svolgere questa funzione.
Quando parliamo del bilancio di sostenibilità c’è una informazione che deve essere messa in forma, si tratta di uno strumento che deve
innescare il dialogo con una pluralità di soggetti che hanno obiettivi ed esigenze diverse
Comunicazione aziendale
È possibile individuare gli obiettivi principali che un soggetto (azienda) persegue ponendo in essere un processo di dialogo e comunicazione:
• informare, ovvero far conoscere agli interlocutori alcune informazioni, metterli al corrente di certe situazioni, render noto un qualcosa;
• persuadere, ovvero convincere l’interlocutore ai fini dell’ottenimento di un consenso, di una approvazione, di fiducia;
• motivare, ovvero spingere verso il raggiungimento di obiettivi particolarmente lontani.
Nei bilanci di sostenibilità sono spesso evidenziati degli obiettivi che servono per motivare gli interlocutori ad essere parte di questa attività.
Le aziende si pongono sempre degli obiettivi raggiungibili.
L’azienda pone in essere flussi in input (dall’ambiente) e in output (verso l’ambiente) di beni/servizi, risorse e informazioni.

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Questo rapporto continuo con l’ambiente e, in generale, con i suoi stakeholder (interni ed esterni) implica un’attività di comunicazione
implicita nella cultura e nei comportamenti, ed esplicita, ovvero volutamente svolta, verso i propri interlocutori. Proprio nell’ottica che le
aziende dovrebbero innescare questo processo di rendicontazione.

Coinvolgimento/Inclusività
In questo processo di coinvolgimento c’è un concetto indispensabile per mettere in piedi un processo efficiente di rendicontazione della
sostenibilità: principio di inclusività
Il coinvolgimento degli stakeholder è il processo attraverso il quale coinvolgiamo le persone che possono essere influenzate dall’attività
dell’impresa o chi può influenzare la sua attività.
Perché è importante?
• Fornisce informazioni e cerca input per mettere in piedi il processo di rendicontazione dei bilanci di sostenibilità
• Si tratta di parlare e ascoltare
• È colloquiale e interattivo
• È guidato da uno scopo, ossia capire le tematiche che bisogna misurare e il principio di materialità delle tematiche

La particolarità di questo processo di rendicontazione è che svolge sia una funzione di comunicazione interna che esterna
La complessità sta oltre nella pluralità di soggetti a cui è rivolta, anche nel fatto che deve coniugar una comunicazione interna ed esterna

Comunicazione interna
La comunicazione interna, definita anche gestionale o organizzativa, è rivolta al management, ma, soprattutto, ai dipendenti (a volte vengono
inclusi anche i clienti e i fornitori integrati verticalmente).
Obiettivi —> motivazione del personale, trasmissione di informazioni riguardanti i processi gestionali e la trasparenza verso i destinatari in
merito alle strategie, alle politiche e ai principi su cui si basa il comportamento dell’impresa.
• coinvolgere il più possibile i dipendenti e sviluppare un consenso verso le scelte e i comportamenti dell’impresa;
• agevolare la crescita delle competenze dei dipendenti e aumentare la flessibilità professionale;
• presentare le scelte strategiche e migliorare la trasparenza dei processi decisionali.
Esempio: nel 2008 un’azienda voleva misurare il suo impatto sociale ed ambientale. Una volta recuperati tutti i dati si era proposto
all’azienda di costruire il bilancio di sostenibilità, per avere un buon strumento per conoscere l’azienda, per mettere nero su bianco le azioni
fatte per i dipendenti.
Incombe la crisi finanziaria del 2009, anche questa azienda manifatturiera si vede calare il fatturato. L’azienda resiste finche puoi ma poi fa
uso alla cassa integrazione. I manager decidono di devolvere parte del proprio stipendio per compensare la parte che la cassa integrazione
non dava.
L’azienda ha decido di mandare avanti il progetto del bilancio di sostenibilità per condividerlo anche con i propri dipendenti tutte le scelte
fatte.
Una volta confezionato il primo bilancio di sostenibilità, l’azienda lo manda a tutti i dipendenti
Rispetto ad altre aziende dei settori che avevano scioperi in azienda, quest’azienda ha affrontato nel migliore dei modi il periodo critico e
oggi sono leader nel settore.
C’è del potenziale nella comunicazione interna anche nel condividere queste azioni.
Chi lo fa in maniera consapevole può sfruttarlo e utilizzarlo nei momenti più critici per condividere e informare sulle strategie messe in atto

Comunicazione esterna
La comunicazione esterna è destinata agli stakeholder che gravitano nella sfera ambientale dell’impresa e che operano al di fuori della stessa
Nello specifico: clienti, distributori e rivenditori, fornitori, azionisti attuali e potenziali, istituzioni, mercati finanziari, mercato del lavoro e
dei capitali, a opinione pubblica e concorrenti, e tutti coloro che potenzialmente potrebbero essere interessati ad entrare in relazione con
l’azienda.
Obiettivi —> creare e consolidare rapporti con coloro con i quali l’azienda è, o potrebbe essere, in relazione.
In base ai destinatari della comunicazione esterna è possibile identificare specifici ambiti di comunicazione:
– commerciale (marketing)
– economico-finanziario (bilanci, piani industriali, report semestrali)
– istituzionale riguarda tutti gli accadimenti dell’azienda e i risultati ottenuti nei confronti dei vari portatori d’interesse,
delle varie divisioni

La rilevazione contabile
- quantificazione delle operazioni di scambio che hanno scopo commerciale
- misurazione, identifica le misure (costi/ricavi, attività/passività)
- rappresentazione all’interno del bilancio civilistico per mettere gli investitori nella condizione di interpretare le scelte e i risultati aziendali
- interpretazione dei fatti aziendali
Quindi, la contabilità è una:
 Determinazione qualitativa e quantitativa.
 Classificazione, elaborazione ai fini della decisione che stiamo valutando
 Rappresentazione agli investitori, banche e mercati finanziari
 Interpretazione delle operazioni aziendali e dei fenomeni oggetto di osservazione
Si basa su di un processo di:
- Conversione della dinamica aziendale in cifre
- Riconversione delle cifre in andamenti aziendali per riuscire a prendere decisioni

Rendicontazione contabile
L’obiettivo della rendicontazione contabile è quello di fornire sinteticamente tre tipi di informazioni di carattere preminentemente
quantitativo:
- il patrimonio di un’impresa, in un dato momento nel tempo

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- il risultato di esercizio aziendale (conto economico)
- le regole e/o i principi contabili adottati per misurare il risultato di esercizio
- Finalità:
• rispondere a norme di legge
• predisporre informazioni sull’andamento della gestione dell’impresa

Perché questa rendicontazione non basta visto che all’interno delle aziende la
rendicontazione economica è fondamentale? Perché non tutti gli interlocutori
sono in grado di interpretare e avere le informazioni necessarie dal bilancio
d’esercizio
Inoltre, stando anche nell’ambito economico se noi prendiamo l’andamento del
tempo dagli anni 70 ai primi anni 2000 di com’è composto il valore delle aziende
maggiormente capitalizzate al mondo (fatto 100 il valore di queste aziende),
vediamo che la parte della quantificazione “fisici e finanziari” è sempre
diventata minore (parte in grigio). Nei primi anni 70 spiegava per l’83% questo
valore, ma nel tempo ha spiegato sempre meno.
Rispetto ai primi anni 70-80 è cresciuta l’incidenza che hanno altri fattori nella
creazione di questo valore
La parte che è aumentata è quella che vien chiamata conoscenza, know how,
asset intangibili
Casi emblematici: aziende che operano su internet
Gli asset strategici a livello finanziario non hanno un valore che si spiega con quelle che sono le immobilizzazioni materiali, sono tutti
intangibili. Tutto sta spesso in quello che è la cultura aziendale, modello di business, innovazione, … una serie di fattori che non sono più
cattura bili dai bilanci economici
Abbiamo bisogno di altre informazioni che ci aiutino a spiegare meglio la parte in azzurro

Risorse Intangibili
Queste risorse intangibili sono risorse legate al capitale intellettuale, che si può suddividere in:
- Capitale strutturale legato alla governance, alla reputazione, alla cultura
organizzativa, all’innovazione, ai processi operativi messi in atto. Ad oggi non
riusciamo a cogliere in termini di ricavi e benefici
- Capitale umano legato ai dipendenti, management, fornitori e altri soggetti che
portano all’intero dell’azienda le loro esperienza, conoscenze, creatività. Il loro
rapporto si basa sulla fiducia degli scambi con l’azienda. Alla base dello sviluppo
del capitale umane ci sono la motivazione e creazione di nuove competenze
create all’interno dell’azienda
- Capitale relazionale, ossia i rapporti con stakeholder, condivisone, motivazione,
sinergie tra i vari soggetti e le varie risorse
Abbiamo bisogno di andare a definire questi capitali e di misurarli. All’interno dei
bilanci di sostenibilità c’è lo sforzo di andare a misurare alcuni di questi elementi

Rendicontazione sociale
È parte della rendicontazione dei “fatti di gestione” e dei “valori etici” che li hanno ispirati.
Se è rendicontazione ci sarà un aspetto quantitativo ma ci sarà anche un aspetto che va oltre alle cifre.
Sebbene per rendicontazione si intenda sempre “rendicontazione delle cifre”, in realtà esiste una
rendicontazione sociale che è delle cifre ma non solo...
“Esiste una rendicontazione delle cifre, una rendicontazione dei fatti ed una rendicontazione dei valori
intesi non in senso economico, ma come principi ispiratori della gestione”
Nei bilanci troviamo oltre che i dati anche la parte qualitativa, ci deve essere un giusto equilibrio. La
parte qualitativa deve spiegare come le cifre rispondo alla missione e all’etica che l’azienda ha deciso di mettere in atto
15/11/2021
Rendicontazione sociale e Bilancio sociale
Per inquadrare correttamente la materia in esame, occorre fare una distinzione ricorrendo ai concetti di “processo” e “prodotto”.
La RENDICONTAZIONE SOCIALE è il processo che permette di creare i presupposti necessari alla realizzazione del Bilancio sociale. È una
modalità relazionale per dare conto della propria responsabilità
Noi analizziamo il risultato finale, ossia il Bilancio Sociale
Il BILANCIO SOCIALE è il documento nel quale il processo trova adeguata finalizzazione, destinato a essere diffuso all’interno e all’esterno
dell’organizzazione che lo realizza
Focalizzandoci solo sul documento c’è il rischio che perdiamo tutta una serie di valenze che il processo può innescare.
I documenti quindi sono frutto di un processo che potrebbe essere effettuato per la prima volta rispettando in ogni modo una serie di criteri e
di standard
Nell’andare ad analizzare il documento dovremmo analizzare tutti questi criteri dettati dagli standard
Il processo oltre che confezione il prodotto finito, andrà ad identificare una serie di regole che l’azienda deve mettere in atto prima di arrivare
alla redazione del documento e al contenuto del bilancio
Diventa importante innescare un processo che coinvolga gli stakeholder prima di arrivare al bilancio finale

Definizione
La contabilità ordinaria non descrive la complessa attività dell’azienda soprattutto nell’ambito della Responsabilità Sociale
mentre il Bilancio Sociale documenta le utilità che l’azienda ha realizzato per ciascuna categoria di stakeholder in senso lato
Il Bilancio Sociale è un documento di rendicontazione nel quale vengono riportati valori, indicatori di performance (sociali, ambientali ed
economici), informazioni che offrono un quadro completo dell’attività e dei risultati raggiunti in relazione agli obiettivi sociali dichiarati

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Definizione
Il Bilancio Sociale è:
• uno strumento di comunicazione verso gli eventuali stakeholder,
• uno strumento di gestione e di riflessione interna sulla cultura interna e sui valori dell’impresa,
• un modo con il quale nell’impresa vengono superati il rischio del comportamento opportunistico e del comportamento sleale basato
sull’asimmetria informativa tra i diversi stakeholder. Sapendo quali sono le tematiche più importanti per i vari portatori d’interessi si
vanno a rendicontare le intenzioni e gli obiettivi che l’azienda si pone per evitare questi rischi, comportamenti opportunistici e rischi che
derivano da asimmetrie informative tra i diversi stakeholder

Anno di rendicontazione 1882


Titolo “Rendiconto morale ed economico”
All’interno c’è la partita doppia (costi/ricavi) e una rendicontazione dei fatti che vanno a spiegare le attività svolte dall’associazione nel
1882. Spiegare anche l’impatto generato, si vanno a integrare dati economici con alcuni dati che vanno a raccontare e misurare l’impatto
sociale spiegato da questa attività.
È anche un aspetto legato alla trasparenza, ossia come sono stati impiegati i fondi e le risorse.
A prescindere dalla normativa, moda e momento storico è uno strumento utile a raccontare e a capire
l’attività dell’impresa anche da chi non è esperto sugli aspetti economici e finanziari
È utile anche per attrarre fondi e investimenti in quanto si tratta di una società no profit
In caso di società profit serve per attrarre investitori.

Il Bilancio Sociale
Questo è uno schema di massima del bilancio sociale. Ogni standard poi avrà le informazioni richieste
A prescindere dallo standard, solitamente il bilancio si apre con una lettera agli stakeholder (previsto da
entrambi gli standard) per evidenziare l’impegnò e la direzione che l’azienda esprime con il suo governo.
Poi abbiamo una parte che evidenzia la metodologia dove si esplicita lo/gli standard adottati.
Nella premessa metodologica capiamo lo standard di rendicontazione. Cosi come nella nota metodologica
viene evidenziato il perimetro all’interno del quale si sta rendicontando.
Poi dopo c’è sempre una parte sulla presentazione dell’azienda, la storia, il settore in cui opera. Bisogna
vedere se in questa parte c’è un richiamo e una coerenza con il codice etico.
Successivamente ci sono i risultati economici espressi in maniera più leggibile e utile a una platea ampia.
Sono una serie di dati riportati con il loro andamento nel tempo resi più utili e tradotti per un insieme di
lettori che non sono necessariamente quelli dei mercati finanziari e gli azionisti
La rendicontazione dipende anche dalle scelte dell’azienda, in quanto si può fare tenendo conto dei singoli stakeholder oppure vedere come il
valore degli stakeholder è innescato dalla triple bottom line
Oltre che alla rendicontazione ex post bisogna trovare anche se ci sono degli obiettivi futuri sulle singole tematiche e sui singoli stakeholder
di riferimento. Bisogna fare i conti sugli obiettivi e rendicontazione futuri.
La validazione professionale è una revisione. Sia la certificazione che la revisione prevedono una verifica esterna effettuata da un revisore
esterno. Come la certificazione che viene rilasciata laddove sono rispettate una serie di requisiti controllati da parte di un soggetto esterno.

Capitolo 11:
La disclosure non finanziaria

Rendicontazione sociale - Normativa


Pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea la Direttiva 2014/95/UE in tema di responsabilità sociale delle grandi imprese. La
norma prevede che le aziende con oltre 500 dipendenti (grandi aziende) producano annualmente una dichiarazione sui temi ambientali,
sociali e relativi all’impiego, sul rispetto dei diritti umani e sulla lotta alla corruzione.
Il documento dovrà inoltre includere una descrizione delle politiche, dei risultati e dei rischi inerenti ai temi trattati (logica del lungo
periodo).
Se un’azienda non adotta tali misure dovrà spiegarne i motivi. Non è un obbligatorietà al 100%
A livello nazionale la direttiva è stata recepita il 6 dicembre 2016 con il Dlg. 254/2016
Applicabilità del nuovo regime a decorrere dall’esercizio avente inizio dal 1 gennaio 2017.
I bilanci prodotti dal 2017 in poi sono bilanci che dovrebbero rispettare questa normativa
Prima questi documenti esistevano, occorre verificare da quanti anni queste adottano il bilancio di sostenibilità. Molte aziende si sono
allineate solo dopo l’entrata in vigore di questa normativa

Criteri per rendicontare


La normativa italiana riguarda:
• enti di interesse pubblico;
• gruppo di grandi dimensioni;
• totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 20.000.000 di euro;
• totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore a 40.000.000 di euro;
• «società madre»: l’impresa, avente la qualifica di ente di interesse pubblico, tenuta alla redazione del bilancio consolidato. Anche società
di medie dimensioni controllate da una società soggetta alla normativa è obbligata in quanto la società che la controlla deve rendicontare
sui fatti prodotti dalla società. Magari non produce un suo bilancio ma la sua rendicontazione viene inserita in quella del controllante
C’è il tentativo di una nuova normativa che vada ad ampliare questo obbligo
In alcuni casi la spinta viene anche da aziende che sono clienti di altre aziende. Se l’azienda cliente ha bisogno di rispettare questa normativa,
obbliga anche l’azienda fornitrice a rispettare tale normativa

Standard di rendicontazione

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Per quanto riguarda lo standard di rendicontazione non viene prevista uno schema ben preciso, ma vengono riconosciuti gli standard e le
linee guida emanati da autorevoli organismi sovranazionali, internazionali o nazionali, di natura pubblica o privata, funzionali, in tutto o in
parte, ad adempiere agli obblighi di informativa non finanziaria previsti.

Metodologia autonoma di rendicontazione


L’insieme composito, costituito da uno o più standard di rendicontazione, e dagli ulteriori principi, criteri ed indicatori di prestazione,
autonomamente individuati ed integrativi rispetto a quelli previsti dagli standard di rendicontazione adottati, che risulti funzionale ad
adempiere agli obblighi di informativa non finanziaria.
Le aziende mettono insieme alcuni aspetti, mettendo in primo piano quello prevalente.
Ad esempio: ci sono alcuni settori che hanno delle esigenze specifiche su alcuni temi ambientali. Oltre allo standard GRI che vale per tutti i
settori, ci sono degli aspetti specifici che vanno a regolamentare le tematiche che fanno riferimento al settore (come certificazioni).

Rendicontazione sociale - Normativa


La normativa stabilisce che si può decidere lo standard che si vuole, ma definisce alcuni temi che la dichiarazione non finanziaria deve
rappresentare.
La dichiarazione individuale di carattere non finanziario, deve assicurare la comprensione:
• dell’attività di impresa: storia, presentazione dell’azienda per dare un d’idea e costruire il perimetro all’interno del quale si va a
rendicontare
• del suo andamento: dati economici
• dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta: entrare nel merito dei vari impatti prodotti
• copre i temi ambientali, sociali, attinenti al personale
• al rispetto dei diritti umani: tema ricorrente e fondamentale
• alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attività e delle caratteristiche dell’impresa

Rendicontazione sociale - Normativa


Sui temi appena elencati, la normativa prevede che la dichiarazione di carattere non finanziario contiene almeno informazioni riguardanti:
a) utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche —>
all’interno della parte relativa all’impatto ambientale
b) le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera —> verificare in che modo e quali sono le modalità di
misurazione
c) l’impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull’ambiente nonché sulla salute e la sicurezza
—> verificare nel lungo periodo come si sviluppa questo impatto perché la fotografia che i documenti fanno su un anno è nulla rispetto
all’impatto che fanno nel tempo. Siccome ci sono molti investimenti su impianti produttivi e energie rinnovabili, fare una proiezione del
dato sul medio/lungo termine diventa importante per capire l’impatto
d) aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parità di genere, le misure volte ad
attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalità con cui è realizzato il dialogo con le
parti sociali —> richiamiamo lo stakeholder dipendenti, sindacati
e) rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonché le azioni poste in essere per impedire atteggiamenti ed
azioni comunque discriminatori;
f) lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati —> richiamo allo stakeholder Stato,
istituzioni, pubblica amministrazione, enti che devono vigilare determinati settori.

Collocazione della dichiarazione e regime di pubblicità


Dove viene prodotta questa dichiarazione?
La normativa a livello Italiano prevede che la dichiarazione individuale di carattere non finanziario può:
a) essere contenuta a seconda dei casi, nella relazione sulla gestione, di cui in tal caso costituisce una specifica sezione contrassegnata
come “Dichiarazione non finanziaria secondo il Dlgs”oppure “Disclosure non finanziaria”. Se lo troviamo all’interno della relazione
sulla gestione vuol dire che tale rendicontazione è stata adottata per rispondere alla normativa e agli obblighi di legge. In questo caso
bisogna approfondire fino a che punto rimane un documento per rispondere ai requisiti normativi oppure se si va oltre a questo
b) costituire una relazione distinta, fermo restando l’obbligo di essere contrassegnata comunque da analoga dicitura. Una volta approvata
dall’organo di amministrazione, la relazione distinta è messa a disposizione dell’organo di controllo e del soggetto incaricato entro gli
stessi termini previsti per la presentazione del progetto di bilancio, ed è oggetto di pubblicazione sul registro delle imprese, a cura degli
amministratori stessi, congiuntamente alla relazione sulla gestione.
Viene prodotto con la scadenza prevista per il bilancio dell’esercizio ed è unificata ad esso; ha l’obbligo di pubblicità pubblicandolo nel
registro delle imprese e anche sul bilancio online all’interno della sezione dedicata alla sostenibilità.

Sanzioni
Per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla normativa è competente la CONSOB (ente
selezionato per vigilare sulla i dichiarazione non finanziaria). Questo perché la maggior parte delle aziende soggette alla normativa sono
società quotate.
In cosa consistono queste sanzioni? Agli amministratori dell’ente di interesse pubblico, obbligato a norma del presente decreto, i quali
omettono di depositare, nei termini prescritti, presso il registro delle imprese la dichiarazione individuale o consolidata di carattere non
finanziario, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 20.000 ad euro 100.000. Laddove non venga soddisfatto questo
obbligo è prevista una sanzione pecuniaria
Se il deposito avviene nei trenta giorni successivi alla scadenza dei termini prescritti, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta ad un
terzo. Quindi l’obbligo deve essere rispettato anche nei termini e nelle modalità previste dalla normativa
Salvo che il fatto costituisca reato, quando la dichiarazione individuale o consolidata di carattere non finanziario depositata presso il registro
delle imprese contiene fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero (quando si dichiara il falso) oppure omette fatti materiali rilevanti, agli
amministratori e ai componenti dell’organo di controllo dell’ente di interesse pubblico si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da
euro 50.000 ad euro 150.000.
La sanzione viene ridotta della metà e si applica agli amministratori e ai componenti dell’organo di controllo.
16/11/2021

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Mentre per la rendicontazione contabile (quella per il bilancio d’esercizio), abbiamo regole ben precise, ma la normativa vista finora non ci
dà uno schema degli indicatori e misure per redigere il bilancio di sostenibilità e la dichiarazione non finanziaria, ma delega altri standard. Lo
standard dipende dalla scelta dell’azienda, possono essere scelti standard diffusi a livello nazionale e internazionale, un mix tra essi o un
modello proposto dall’azienda stessa.
Quindi per prima cosa, nella nota metodologica, è necessario evidenziare qual è lo standard di rendicontazione. In quella sezione, quindi
all’introduzione della forma del documento, si può inserire questo commento relativamente alla normativa e alla denominazione del
documento.
Nel report si può anche partire dall’analisi della forma e poi descrivere il contenuto.
Quindi non ci sono standard univoci, ma ce ne sono alcuni più diffusi sia a livello nazionale che internazionale
Domanda: vantaggi e svantaggi che possono rappresentare uno standard adottato a livello internazionale rispetto a uno standard adottato a
livello nazionale.
Gli standard internazionali diffusi nella stragrande maggioranza dei paesi europei, occidentali e asiatici sono più complessi perché si
rivolgono prevalentemente a multinazionali e si rende quindi necessario avere uno standard e un bilancio di sostenibilità che sia fruibile a
prescindere dall’ambito e dall’origine dell’aziende per rispondere ad una platea di stakeholder variegata e di diversa provenienza. Altra cosa
importante che spinge l’adozione di uno standard internazionale è l’elevato grado di comparabilità che questo standard può rappresentare per
aziende che lo adottano a prescindere dall’origine e ambito di applicazione. L’adozione di standard internazionali permette di avere una
stessa forma di informazioni e ci si riesce ad esprimere meglio avendo una stessa base comune di rendicontazione. L’impatto generato sarà
diverso ma se usiamo gli stessi strumenti riusciremo anche a compararlo. L’adozione di uno standard internazionale quindi ha il vantaggio di
rendere più compatibili questi documenti e permette di dialogare un’ampia platea di stakeholder.
A livello nazionale si tiene conto del contesto di riferimento su cui costruiamo la responsabilità sociale e la sostenibilità. Gli standard
sviluppati a livello nazionale tengono conto delle specificità del contesto di riferimento, della cultura di fare impresa (uno standard italiano
nera ad evidenziare gli aspetti normativi e culturali sul tema). Sono più facili perché si rivolgono ad una tipologia id impresa maggiormente
identificata secondo un criterio di contesto e di normativa ben preciso.
Cosa è meglio? Dipende dalla tipologia dell’impresa
In tutto questo bisogna fare i conti con il consolidamento di questi standard perché ci possono essere standard molto adatti a rendicontare la
sostenibilità della nostra azienda ma che vengono utilizzati da pochissime aziende e quindi verrebbe meno il rispondere alla normativa
(perché essa chieda di adottare standard diffusi e consolidati) e vengono meno anche quei criteri di comparabilità e valutazione univoca di un
impatto diverso da azienda ad azienda.
In atto c’è un processo di armonizzazione degli standard, si ha bisogno di avere una base comune dei vari standard per poter rendere
comparabili queste misure.
Lo standard più diffuso sulla relazione di bilanci di sostenibilità è il GRI. Tutti stanno cercando di confluire ad un modello che rappresenti
caratteristiche comuni.
Evidenziamo i criteri comuni posti alla base di questo processo di armonizzazione dei vari standard. La scelta dello standard incide sulla
qualità del documento e sull’output del processo (ossia la parte quantitativa: i numeri che ne risultano dall’adozione di questi standard).

Capitolo 12:
Il bilancio sociale: i modelli

Global Reporting Initiative GRI


“Global Reporting Initiative (GRI) is a network-based organization that has pioneered the development of the world’s most widely used
sustainability reporting framework...”
In order to ensure the highest degree of technical quality, credibility, and relevance, the reporting framework is developed through a
consensus- seeking process with participants drawn globally from business, civil society, labor, and professional institutions.

Alla base del GRI c’è un’organizzazione no profit (Global Reporting Initiative) con sede in Olanda che negli anni ha cercato di mettere
insieme competenze diverse per identificare questi standard per la rendicontazione della sostenibilità
Si tratta di un processo multi stakeholder perché ha messo insieme oltre che ricercatori e le varie istituzioni che si occupavano e si occupano
anche oggi delle misure di sostenibilità, ha messo insieme anche i professionisti, ossia persone che all’interno delle aziende si occupavano di
questi temi.
Global Reporting Initiative, fondata nel 1997 dalla Coalition for Enviromentally Responsible Economies in collaborazione con lo United
Nations in particolare con Environment Programme (sezione che si occupa delle tematiche ambientali), oggi è un ente autonomo
Nonostante la sua attività sia molto simile a quella di un ente pubblico o di un’azienda, è rimasto volutamente un ente no profit indipendente.
Scopo delle linee guida dello GRI è promuovere a livello internazionale l’armonizzazione delle diverse modalità di rendicontazioni di
performance ambientali, sociali ed economiche, sviluppando linee comuni che rendano i report confrontabili
Gli standard sono stati sviluppati inserendo tutte le specificità dei settori e tutte le tipologie di impresa (c’è una versione anche per le piccole-
medie imprese). Per avere uno standard che sia diffuso e comprensibile a tutti i livelli sono state coinvolte anche imprese di medie
dimensioni, aziende pubbliche e imprese no profit
Cos’è successo nel tempo? Si è partiti da una prima versione dello standard e nel tempo ci sono state vari aggiornamenti ed evoluzioni
Ad oggi siamo a una versione più consolidata e longeva in quanto fa riferimento agli ultimi anni, e fa riferimento anche a una normativa che
oggi diventa il punto di riferimento. L’ultima versione è in vigore da 3 anni.
Qualche bilancio ancora può essere rimasto agganciato ai vecchi livelli, tuttavia sarà poco
utile in quanto viene meno la confrontabilità. Nella maggioranza dei casi le imprese hanno
adottato l’ultima versione del GRI.

GRI Network
Questo è il network all’interno del quale si sviluppano gli standard.
Il GRI è uno standard set; studia, definisce e divulga gli standard della rendicontazione
sulla sostenibilità.
È al centro di un network complesso dove fanno parte le varie istituzioni pubbliche,
sindacati (temi relativi ai dipendenti vanno confrontati con i sindacati), società civile,
consulenti di vario tipo, investitori, accademia (ricercatori e docenti), aziende, revisori,
commercialisti e comunità della formazione su questo argomento.

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Lo sbaglio che questi processi fanno è quello di adottare solo la logica delle istituzioni che si stanno
sviluppando nel momento. Il segreto del successo del GRI è il network, l’approccio multi stakeholder adottato
dagli inizi

GRI
I report di sostenibilità basati sul framework GRI possono essere utilizzati per analizzare e confrontare i
risultati aziendali in termini di sostenibilità rispetto a:
• leggi, norme, codici, norme di efficienza e azioni di volontarietà (livello internazionale);
• dimostrare l'impegno delle aziende per lo sviluppo sostenibile, ossia quantificarlo attraverso gli indicatori
che GRI propone su questi temi
• confrontare le performance aziendali nel tempo, sia tra aziende ma anche della stessa azienda.
GRI promuove e sviluppa questo approccio di standardizzazione dei bilanci per stimolare la domanda di
informazioni sulla sostenibilità che andrà a beneficio delle aziende che lo redigono e di coloro che utilizzano
le informazioni del report.
Panoramica sui GRI Sustainability Reporting Standards
L’ultima versione del GRI è la versione che viene chiamata GRI Sustainability Reporting Standards, standard
per la rendicontazione della sostenibilità
Sono vari documenti accessibili online, gratuitamente e in tante lingue.
Ci sono una parte di documenti relativi ai criteri per la rendicontazione secondo il GRI (Standard universali)
GRI 101 contiene i principi di rendicontazione
GRI 102 e 103 contengono l’informativa generale e le modalità di gestione
Insieme questi tre documenti costituiscono gli standard universali a prescindere del settore in cui opera l’azienda
Nella parte più specifica troveremo i tre capitoli (GRI 200, 300 e 400) che vanno a identificare i singoli indicatori di performance sul tema
economico (GRI 200), ambientale (GRI 300) e sociale (GRI 400)
Un’azienda dovrà partire dai principi di rendicontazione e dalle basi per misurare la parte ambientale, sociale ed economica

GRI Framework
Il documento che definisce i principi di rendicontazione viene anche chiamato GRI Reporting Framework perché è il modello di riferimento
per iniziare questo processo
A prescindere dal settore o di tipologia di azienda tutte le aziende possono e devono utilizzare questo documento.
Vuole essere un modello universalmente accettato per il reporting della performance economica, ambientale e sociale di un’organizzazione.
Tutte le organizzazioni possono utilizzarlo, indipendentemente da dimensione, settore di attività o paese.
Oltre a dare le indicazioni comuni si hanno anche delle specifiche per quanto riguarda le imprese di medie-piccole dimensioni e alcune
aziende che operano in determinate aree geografiche, mercati. Il modello include considerazioni pratiche comuni a diversi tipi di
organizzazioni, dalle imprese più piccole a quelle di maggiori dimensioni, localizzate in diverse aree geografiche.
Il caposaldo del framework è: The Sustainability Reporting Guidelines
Altri componenti del GRI Framework sono:
- Sector Supplements (supplementi relativi a dei settori) (unique indicators for industry sectors). Vanno a orientare meglio su quali sono gli
indicatori e le misure che i principali settori devono trattare nella loro rendicontazione
- National Annexes (unique country-level information). Fa riferimento alla nazionalità dell’azienda che sta rendicontando. Alcuni paesi
hanno ritenuto indispensabile definire delle tematiche in particolare

Contenuto del Framework


Una prima parte è composta dalle linee guida che contengono principi e linee di condotta, nonché
informazioni standard - compresi gli indicatori - per delineare un quadro di comunicazione
comune che le aziende possono adottare volontariamente in maniera flessibile.
I protocolli sono la "ricetta" dietro ogni indicatore e includono: le definizioni per i termini chiave
dell’indicatore, le metodologie di compilazione, ambito di applicazione dell'indicatore, e di altri
riferimenti tecnici delle linee guida. Danno indicazioni su come sono stati calcolati gli indicatori
Questi due elementi ci aiutano a capire come costruire il report
I supplementi di settore e National Annexes integrano (non sostituiscono) l’utilizzo delle linee
guida fondamentali per individuare un unico insieme di tematiche di sostenibilità che diversi
settori possono presentare. Vanno a definire cosa è prioritario inserire nel bilancio considerando
l’ambito geografico o il settore geografico di appartenenza in quanto la platea della sostenibilità è
vasta.

GRI
L’approccio di base è quello della triple bottom line
Il GRI cerca di misurare non solo la linea di fondo legata al risultato economico ma aggiungendo anche la performance sociale e
ambientale

Definizione del contenuto del report: principi che secondo il GRI il processo di
rendicontazione dovrebbe rappresentare
I principi che definiscono il contenuto del report sono alla base di questo processo
Prima di iniziare a inserire le informazioni utili per il bilancio di sostenibilità
dobbiamo capire come muoverci e darci delle regole che riguardano tutto l’agire
dell’impresa. Occorre darci delle regole e trovare dei criteri guida
Questi principi, in particolare, riguardano la materialità che ogni argomento deve
rappresentare per essere inserito all’interno del report, ossia l’informazione deve
essere importante sia dal punto di vista dell’azienda sia degli stakeholder.
Altro elemento per definire cosa inserire nel bilancio è l’inclusività degli
stakeholder, ossia ascoltare, dialogare con tutte le parti interessate.

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Altro elemento importante è il contesto di sostenibilità, ossia descrivere bene il settore, le priorità, l’ambito geografico, approccio e storia
dell’azienda che aiuta a costruire un contesto di sostenibilità dove inserire i vari indicatori e le varie misure della sostenibilità
Competenza, ossia rendicontare non solo quello che va bene ma anche dei risultati non prettamente positivi

Principi di definizione del contenuto del report


Principi importanti per valutare a che livello di sostenibilità l’azienda si sta misurando.
- Materialità: le informazioni devono riferirsi ad argomenti e indicatori che riflettono gli impatti significativi economici, ambientali e
sociali o che potrebbero influenzare le decisioni e le valutazioni degli stakeholder. Per definire l’attinenza a quanto il GRI prevede, è
importante il principio di materialità. È importante analizzare e giustificare da un lato i dati che vengono inseriti nel bilancio e dall’altro
quelli che vengono lasciati fuori, in quanto la tendenza è di riportare i dati positivi e le tematiche dove l’azienda ha risultati positivi e
omettere tematiche dove la performance non è delle migliori. Bisogna valutare la materialità facendo riferimento da un lato alla
prospettiva dell’azienda e dall’altro alla prospettiva degli stakeholder per esprimere il giudizio, valutare e investire hanno bisogno di
informazioni che siano materiali per questi processi. Nell’analizzare la matrice di materialità, bisogna capire se sono il frutto di processi
di inclusività di stakeholder.
- Inclusività degli stakeholder: l’organizzazione deve identificare i propri stakeholder e rispondere in che modo ha risposto alle loro
ragionevoli aspettative/interessi. Approfondire in che modo l’azienda dialoga con gli stakeholder per la definizione di tematiche più
materiali. Con i nuovi strumenti di comunicazione l’inclusività è più facilitata, ma è l’intenzione e l’impegno che conta.
- Contesto di sostenibilità: il report deve illustrare la performance dell’organizzazione con riferimento al più ampio tema della sostenibilità
(livello settoriale, locale, regionale o internazionale). Il GRI per darci un po’ più di coordinate all’interno delle quali si muove la
sostenibilità dell’azienda, definisce un capitolo dove l’azienda descrive il suo contesto di sostenibilità trattando temi rilevanti a livello
settoriale, locale o regionale. Il dato diventa significativo se collocato all’interno di un contesto (es: la virtue matrix l’abbiamo definita in
un contesto definito legato dall’ambito geografico in cui l’azienda opera e, nella parte delle buone prassi, dal settore di appartenenza).
[Confrontando le due aziende diventa importante il loro contesto di sostenibilità].
- Completezza: gli argomenti e gli indicatori devono riflettere gli impatti economici, ambientali e sociali significativi e permetter agli
stakeholder di valutare la performance dell’organizzazione nel periodo di rendicontazione (obiettivo, perimetro, tempistica). Tema
complicato da verificare e da definire esternamente in quanto è il risultato finale di un metodo che viene esplicitato che noi prendiamo
come dato. Non approfondiamo in che modo la completezza sia stata definita nel processo di rendicontazione. Per testare questo criterio
bisogna capire, riferendoci alle due aziende, se ci sono temi che eventualmente sono riportati soltanto da uno dei due bilanci e vedere
questi temi a cosa si riferiscono, ossia come mai l’altra azienda non li rendiconta. Le opzioni possono essere: temi con risultati
particolarmente positivi, ossia che anche non essendo materiali l’azienda li include nel proprio bilancio; oppure i temi che vengono
riportati soltanto da una delle due aziende sono rilevanti per il settore e l’azienda che non li sta misurando, vuol dire che non ha raggiunto
risultati particolarmente positivi. La completezza va definita facendo un confronto tra i temi misurati dai due bilanci.

Rappresentazione della Materialità


Se è vero che dobbiamo capire tra tutte le tematiche che l’azienda può svolgere in ambito sociale, ambientale ed economico quali sono quelle
più materiali e importanti dal punto di vista decisionale dell’azienda e per gli stakeholder, dobbiamo capire in che modo queste due
prospettive possono essere intrecciate
Questa matrice di materialità incrocia l’importanza che la tematica economico, sociale ed
ambientale rappresenta per l’azienda (asse x) e dall’altra l’importanza che la tematica rappresenta
per gli stakeholder dell’azienda (asse y)
Per esprimersi sull’importanza che la tematica ha per l’azienda è un processo che ogni azienda
dovrebbe mettere in atto, a prescindere dalla sostenibilità, per definire le proprie strategie nel
medio-lungo periodo
La difficolta è costruire i valore dell’asse y, ossia capire per gli stakeholder quali sono le tematiche
più importanti, bisogna innescare dei processi di ascolto e dialogo con gli stakeholder (principio di
inclusività). Questa matrice non riusciamo a costruirla se non inneschiamo un processo di dialogo e
ascolto con gli stakeholder.
Come può avvenire questo ascolto? Se io azienda decido che nei prossimi anni mi voglio orientare
sull’innovazione e la ricerca e sviluppo, la formazione dei dipendenti sarà un tema materiale per
l’azienda. Devo capire in che modo questa formazione può essere costruita e può produrre un
impatto rilevante anche per i dipendenti.
Per ascoltare i dipendenti si possono utilizzare questionari, partecipazione a fiere specializzate
(scambio di informazioni sull’andamento del settore e dell’attività), workshop (seminari, convegni),
strumenti di comunicazione come web e social media, opinione leader (persone coinvolte su quel
tema che possono essere ascoltati)
Quindi bisogna capire com’è stata costruita questa matrice, quali sono stati gli strumenti di
inclusività degli stakeholder
Supponiamo che i puntini rappresentino i temi principali dell’azienda, dobbiamo capire quali sono
quelli rilevanti per gli stakeholder e per l’azienda.
Esempio: Granarolo anni fa invitò tutti i loro fornitori che sono spesso anche azionisti, clienti e istituzioni nel teatro comunale a Bologna e
andavano in scena gli stakeholder. Tutti gli stakeholder che rappresentavano le loro appartenenze si esprimevano sui temi
La b per ha chiamato tutti gli stakeholder per confrontarsi su quelli che sono i temi più materiali
Se il tema della formazione non è rilevane per gli stakeholder allora l’azienda dovrebbe rendicontare sui dati raccolti sulla sicurezza dei
dipendenti invece che sulla loro formazione
I temi più materiali sono collocati nella parte alta e destra della matrice perché sono temi rilevanti sia per l’azienda che per gli stakeholder.
L’azienda potrebbe rendicontare all’interno della matrice tutti i temi, ma il rischio è di avere bilanci molto lunghi.

35
[Quando leggiamo i bilanci: troviamo la matrice, vediamo quali sono le azioni di inclusività che sono
state intraprese, verifichiamo i temi più materiali e proviamo a verificare nella rendicontazione tramite
numeri e parte quantitativa se questi temi sono stati affrontati in maniera adeguata. Facciamo il
confronto tra le due aziende]

La matrice di Materialità vs Virtue Matrix


Se vogliamo mettere insieme le due matrici viene fuori una matrice di materialità che è ribaltata in
quanto le tematiche meno materiali che sono riconducibili nel quadrante compliance della virtue matrix
saranno quelle che la norma già prevede
Quelle della parte strutturale sono molto rilevanti per gli stakeholder (parte alta) ma poco rilevanti per
l’azienda. Quelle più materiali coincidono con quelle che abbiamo raggruppate nel quadrante
strategico. Quelle meno materiali, ossia quelle più vicine all’origine della matrice di materialità,
coincidono con le azioni che abbiamo raggruppato nel quadrante della compliance. Poco rilevanti per
l’azienda e per lo stakeholder perché sono azioni richiamate dalla norma e in termini di
rendicontazione di che cosa si sta facendo rispetto alla norma non è materiale per i processi decisioni.
Ultimo step per analizzare la materialità è vedere se le azioni più materiali coincidono con quelle che
abbiamo analizzato e collocato tra le azioni strategiche. Potrebbe essere che le azioni materiali non
coincidono con quelle classificate come azioni strategiche nella virtue matrix non significa che si ha
sbagliato, ma la risposta potrebbe essere che rispetto alle azioni più materiali, l’azienda realizza azioni
meno rilevanti.
La differenza tra queste matrici è che quella di materialità dovrebbe rilevare l’intenzione e l’orientamento che l’azienda assume sulla
rendicontazione di sostenibilità, la virtue matrix riguarda azioni reali che le aziende hanno messo in atto per la sostenibilità. Non è tutto che
l’intenzione e l’orientamento coincida con quanto rilevato dalla virtue matrix.
Nel lungo periodo dovrebbero coincidere perché la materialità ci da i temi che il pubblico definisce più rilevanti, magari le azioni concrete
possono verificarsi nel lungo periodo

Principi di garanzia della qualità del report


l GRI oltre a dirci su cosa rendicontare, dovrebbe anche definire i criteri per rappresentare il dato. Il secondo gruppo dei criteri che
prendiamo in analisi riguarda la qualità del report. Qui si esprimono prevalentemente i revisori del bilancio. La revisione è un processo che
verifica la qualità dei dati riportati. Sono criteri utilizzati da parte di chi deve revisionare i bilanci.
- Equilibrio: il report deve riflettere gli aspetti negativi e positivi della performance (valutazione ragionata). Bisogna essere in grado anche
di verificare i dati negativi, capire come mai ci sia un trend negativo spiegando le azioni poste in essere e analizzare quali potrebbero
essere le azioni correttive.
- Comparabilità: analisi comparativa nel tempo e rispetto ad altre organizzazioni. Rispetto agli altri standard, essendo così diffuso e
sviluppato per tutte le varie tipologie di organizzazioni, permette una comparabilità sia nel tempo che nello spazio tra la performance
dell’azienda in considerazione e tra le varie aziende.
- Accuratezza: informazioni accurate e dettagliate (qualitative – grado di chiarezza; quantitative – metodi specifici utilizzati). Ha a che fare
con il dettaglio e la chiara esposizione del dato in quanto c’è una parte di questi bilanci, soprattutto quella ambientale, particolarmente
tecnica. Secondo questo principio bisogna mettere in chiaro il metodo utilizzato per calcolare le misure (es. tre livelli per misurare
l’emissione di Co2). La ricetta dell’indicatore deve essere esplicitata.
- Tempestività: cadenza regolare di rendicontazione. Adesso con la normativa la cadenza è annuale, però prima si rendicontava non
regolarmente e non tutti gli anni sempre con le stesse modalità.
- Chiarezza: informazioni presentate in modo comprensibile e accessibile.
- Affidabilità: le informazioni e i processi utilizzati per redigere il report devono potere essere oggetto di esame (controllo interno/esterno,
prove documentali). Deve esserci una revisione resa possibile dalla maniera in cui il processo è stato predisposto e dall’informazione che
all’interno di ogni tematica siamo capaci di ricavare. L’affidabilità si esprime al massimo nel momento in cui troviamo una revisione, ma
non è detto che questa ci sia, allora dobbiamo interrogarci sulla possibilità di ricostruire il processo che ha portato al bilancio.

Che valore può aggiungere in più la revisione al bilancio di sostenibilità? Garanzia, affidabilità.
Fino alla penultima pagina del bilancio tutta l’informazione è prodotta dall’azienda. La revisione invece si trova nell’ultima pagina ed è una
verifica esterna. È una validazione esterna che si effettua ad esempio sul grado di attinenza del GRI
Rispetto alla revisione del bilancio tradizionale contabile dove se tu hai dichiarato di avere 100 mila euro di materie prime nel magazzino, il
revisore va a verificare che ci siano; qua è un po’ più difficile perché se hai dichiarato qualcosa (ad esempio essere impegnato in una causa
sociale), si può verificare ma non avere una controprova di quel che il bilancio riporta.
La revisione sul bilancio di sostenibilità viene prevalentemente effettuata sul processo di rendicontazione: la società di revisione va a
verificare, rispetto a quanto il GRI o lo standard adottato dichiara, quanto ne hai tenuto conto e a che livello lo hai realizzato. Non revisiona il
dato in senso stretto come accade in quella contabile, ma revisione il processo, la forma.

Perimetro del report


Occorre stabilire le entità (ad esempio, controllate, joint venture) per le quali è necessario includere la performance nel report, a valle e a
monte.
Occorre includere le entità che generano impatti significativi, effettivi e potenziali sulla sostenibilità (controllo; influenza dominante).
Il perimetro del report è una parte del contenuto del report che può essere utilizzato per valutare la qualità dello stesso. Un conto è per
un’azienda multinazionale rendicontare soltanto per le sedi occidentali, un conto è rendicontare per tutte le sedi produttive anche presenti in
paesi in via di sviluppo o in paesi particolarmente critici sulle tematiche ambientali e sociali.
È una parte del contenuto del report prevista dal GRI che dovrebbe darci l’idea di quanto l’azienda sta in maniera trasparente rendicontando
il suo impatto in quanto la sua presenza nel mondo è simbolo di assunzione di particolari rischi non legati solo a quelli della sede centrale,
ma rispetto a tutte le sedi produttive. Questa parte si trova all’inizio dove si trova la parte che spiega dove l’azienda opera.

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GRI - Informativa standard
Macro categorie di informazioni che il GRI richiede e sulla base delle quali dovrebbero essere organizzati i bilanci di sostenibilità.
Il documento 102 dà le linee generali per la stesura del report, ci identifica sei parti ideali con contenuti specifici.

GRI 102: General Disclosures


1. Organizational profile: troviamo il perimetro del report, il contesto di sostenibilità. Diventa importante capire anche se siano di fonte ad
una azienda che occupa 1000 dipendenti, 5000 o 100mila per definire l’impatto generato dalle azioni che l’azienda rendiconta.
2. Strategy: parte legata alla strategia, ossia nel lungo periodo quali sono gli obiettivi e linee guida e strategiche che l’azienda persegue in
termini di sostenibilità economica, ambientale e sociale.
3. Ethics and integrity: parte legata agli aspetti valoriali introdotta con il nuovo standard GRI. Vengono enunciati gli aspetti valoriali legati
alla Mission e Vision. [Verificare la coerenza con quanto visto nella prima parte del codice etico].
4. Governance: parte legata a tutti quelli che sono i vari organi e modelli decisionali e di governo dell’impresa in quanto la responsabilità
su questi temi e misure dobbiamo essere capaci di ricondurla a questi organi.
5. Stakeholder engagement: è alla base della costruzione del report
6. Reporting Practic: pratiche e criteri del processo di rendicontazione e i criteri utilizzati
Da un alto c’è una parte legata al contesto in cui l’azienda opera (strategia e la sua analisi, parametri, governance, impegni assunti
rispettivamente anche a quanto emerge dal coinvolgimento degli stakeholder, la modalità di gestione e rendicontazione della sostenibilità) e
dall’altre la parte dei risultati che saranno evidenziati nei documenti relativi alle tre dimensioni: sociale ambientale ed economica attraverso
l’individuazione degli indicatori di performance di cui il GRI parla.

GRI standards
Tutti questi documenti costituiscono il GRI standard:
• GRI 100: Universal Standards
• GRI 101: Foundation
• GRI 102: General Disclosures
• GRI 103: Management Approach: parte legata alle pratiche di gestione
• GRI 200: Economic
• GRI 300: Environmental
• GRI 400: Social
Lo standard viene suddiviso in tali documenti in base alle tematiche che questi trattano
Se sono un’azienda che si approccia per la prima volta a questa rendicontazione parto con il GRI 100 contenente i criteri e i principi che
questo standard propone. All’interno di questi criteri e principi ci sono due categorie: da un lato quelli che definiscono il contenuto del
report, dall’altro i principi che definiscono la qualità dell’informazione (comprese nel documento relativo agli standard universali)

Il GRI 101 introduce i principi fondamentali per definire il contenuto (i principali sono materialità e inclusività) e la qualità del report e
spiega come predisporre un rapporto in linea con gli standard GRI.
Una volta definiti i contenuti abbiamo una serie di principi che ci vanno a definire la qualità dell’informazione
Applicando le linee guida del GRI 101 è possibile identificare gli aspetti dell’Organizzazione che generano impatti significativi sugli
stakeholder. Una volta individuati gli impatti ambientali significativi sarà possibile applicare gli standard specifici (GRI 200, 300 e 400). Il
GRI 101 accompagna il GRI 100

Fino a poco tempo fa il GRI permetteva la verifica del livello di attinenza allo standard.
Il GRI offre anche il servizio di una revisione del documento che rilascia un documento che attesta il livello di attinenza: massima attinenza
ai principi e strumenti che il GRI propone, quindi la massima attinenza quando lo standard lo prevede è A+.
Se siamo di fronte a una valutazione tipo B significa che qualche parte di questa valutazione non è stata riportata all’interno del documento
(es. se non c’è la matrice di materialità è una mancanza importante). Altri elementi per valutare l’attinenza è la presenza degli indicatori.

Il GRI 102, che serve a riportare informazioni sul contesto dell’Organizzazione e le sue pratiche di rendicontazione. Questo include
informazioni sul profilo dell’Organizzazione, la strategia, l’etica, l’integrità, la governance e le modalità di coinvolgimento degli stakeholder
ed il processo di Reporting. Si definisce meglio come rendicontare queste informazioni. Il GRI 102 ci descrive in che modo tutte le
informazioni devono essere catalogate, ci da un insieme di tematiche materiali che devono essere rappresentate all’interno del documento. E’
un indice con informazioni necessarie per il bilancio.

Il GRI 103, il quale, invece, è utile per rendicontare le modalità di gestione degli aspetti materiali da parte dell’Organizzazione. È stato
progettato per essere utilizzato per ogni aspetto materiale, inclusi quelli coperti dagli standard GRI specifici (serie 200, 300 e 400). Il GRI
103 definisce delle pratiche di gestione, la sostenibilità per essere rendicontata deve essere integrata nella strategia e deve essere una fonte di
obbiettivi e di risorse che l’azienda deve impegnarsi a monitorare nel tempo. La parte del 103 da qualche regola per la gestione

[Nel report verificare se questo indice proposto dal GRI viene riportato nei bilanci e andiamo a dare qualche idea di indicatore, soprattutto
quelli core che dobbiamo essere in grado di trovare nei bilanci. Questa analisi serve per verificare a livello operativo come viene applicato
questo standard e per esprimere un giudizio sulla qualità dei documenti che stiamo analizzando, qualità rispetto all’attinenza dello standard.]

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E’ la parte più gestionale ed è stato costruito per interagire con gli indicatori, in quanto la gestione va effettuata sugli indicatori previsti dallo
stesso GRI.
Le tre categorie hanno diversi livelli di approfondimento. Partono dalle classi degli indicatori, per poi per ogni classe esplicitare singoli
indicatori che possono essere suddivisi ulteriormente in due categorie. Non abbiamo grossi problemi sulla parte economica di copertura e di
rendicontazione degli indicatori perché sono indicatori che conosciamo già (quelli legati alla performance economica, presenza sui mercati,
impatti economici indiretti, temi di anticorruzione, comportamenti anti concorrenziali che riguardano le imposte e le pratiche di
approvvigionamento).
Sono nuovi invece tutti gli indicatori legati alla parte ambientale e sociale; sulla classe 300 di quegli ambientali troviamo indicatori legati ai
materiali utilizzati: all’utilizzo dell’acqua e agli scarichi idrici, biodiversità, rifiuti, la compliance ambientale quindi se ci sono dei sistemi di
gestione delle tematiche ambientali e come questi vengono rendicontati e un elemento sempre più rilevante per le aziende che partecipano
spesso ai bandi pubblici oltre a dimostrare quelli che sono i dati ambientali e i certificati rispetto all’azienda, vengono richiesti anche dei dati
e certificati relativi alla catena di subfornitura (acquisto materie prima, non posso dichiarare che rispettano certi criteri ambientali, se quelle
materie prime a loro volta non le rispettano).
La parte sociale mette insieme più tematiche: fare il punto sui dati occupazionali (quanti dipendenti per reparto, per funzione, tempo
determinato o indeterminato), c’è un elemento tra manager e dipendenti (vedere in che modo interagiscono), tema fondamentale è la salute e
sicurezza del lavoro (c’è una norma su questo, ma non c’è un altro documento pubblico dove si fa il punto su quanto l’azienda ha messo in
campo e con quali risultati per ridurre la rischiosità sul luogo di lavoro. Questi dati fanno vedere la numerosità degli incidenti che l’azienda
ha affrontato e fanno capire il tasso di gravità degli incidenti), poi abbiamo formazione e istruzione dove la formazione è legata a quella
obbligatoria, alle mansioni svolte nell’azienda o per la crescita
generale del dipendente; poi ci sono una serie di tematiche
riconducibili al tema dell’uguaglianza.
Queste sono le macro categorie che devono essere trattate
all’interno del bilancio e per far sì che siano rendicontate nello
specifico abbiamo bisogno di verificare i singoli indicatori.

[domanda esame] Per ogni categoria vengono proposte una serie di


indicatori e misure. Il primo criterio per definire quali indicatori ce
lo dà la materialità perché se tra i temi di materialità vengono
trattati i temi relativi alla sub fornitura, allora è il caso che vada a
misurare quegli indicatori. La bussola principale per capire fino a
che livello vado a rendicontare ce lo dà la materialità.
Il GRI ci dà un’indicazione andando a suddividere questi
indicatori core e additional.
Gli indicatori core sono quelli che devono essere rendicontati a
prescindere dal settore di appartenenza del contesto di riferimenti.
Sono il punto di partenza nella rendicontazione della sostenibilità.
Gli indicatori additional sono quelli rilevanti per certe
tipologie di settori e per certe dimensioni di aziende. Poi
per capire meglio se è il caso di includere questi additional,
possiamo utilizzare quei supplementi di settore.
[Capire quanti core vengono rendicontati e quanti
additional vengono inclusi nel report per capire la qualità
del report. Questi indicatori li troviamo sparsi all’interno
dei vari contenuti].
Per ciascuno di questi il GRI ci dà la ricetta che aiuta a chi
deve redigere il bilancio a misurare il dato che stiamo
rendicontato (es. sulla performance economica abbiamo il
valore economico generato e distribuito).
Quindi non sono informazioni “semplici” da mettere in
evidenzia, ma ci vuole una verifica anche per capire se
l’azienda sta omettendo delle informazioni sensibili ai temi
della trasparenza e alla valutazione della sua sostenibilità.
Come facciamo a capire qual è il core o l’additional? Se il
bilancio è stato fatto secondo il GRI ad un buon livello di
attinenza, alla fine del bilancio ci sarà una tabella (green
index) dove viene fatto l’elenco di tutti gli indicatori inseriti
nel bilancio. L’elenco non dà il valore dell’indicatore, ma ci
dà l’elenco delle tematiche a cui si riferiscono gli
indicatori, la pagina e il livello di copertura all’interno del
bilancio dove trovare l’indicatore. Utilizzando questa
analisi possiamo analizzare il livello di attinenza e capire
quanti sono core e quanti additional.
30/11/2021
GRI 102: General Disclosures
1. Organizational profile
2. Strategy
3. Ethics and integrity
4. Governance
5. Stakeholder engagement
6. Reporting Practice

Il bilancio GRI G4 è composto da 5 sezioni:


1. Visione strategica

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2. Profilo aziendale
3. Parametri del report
4. Struttura Governance, impegni, coinvolgimento degli
stakeholder
5. Gli indicatori di performance

GRI Standards
Ci sono delle informazioni specifiche per definire tali indicatori
Esempio sulla riduzione nel consumo di energia, la serie 300
riguarda l’ambiente (informativa 302-4)
Il GRI ci dice quali sono i requisiti per misurare questo tema e
dichiarare questo indicatore
Nella specifica dell’indicatore è esplicitata la misura che
dobbiamo andare a recuperare nell’informativa aziendale, viene
richiesto il risultato che può essere misurato dal risparmio
energetico e dalle iniziative di efficientamento.
Ulteriormente si possono rendicontare le tipologie di energie
incluse nella riduzione dei consumi energetici (es: quanto parte
di questa è data da combustibili, riscaldamento,
raffreddamento, etc).
La baseline, ossia l’arco temporale di riferimento è l’anno
solare.
Bisogna esplicitare quelli che sono gli standard e le
metodologie per la sua misurazione.
Nella seconda parte, dopo il riquadro verde, ci possono essere
ulteriori informazioni su come inserire questo dato e poi delle
raccomandazioni per evitare errori nel rendicontare questo dato.
L’ultima parte, le linee guida, è rappresentata da esempi concreti su come calcolare e rendicontare questi dati.
Anche per chi si approccia per la prima volta a queste tematiche, questa ricetta è molto puntuale e aiuta ad arrivare ad un primo calcolo che
sia in linea con lo standard previsto dal GRI.
All’interno dello standard ci sono tutti gli strumenti per misurare l’indicatore proposto.

E’ cambiato il formato usato per identificare gli indicatori (ora “disclosure”). Per esempio, l’indicatore EN15 nei nuovi Standard è la
disclosure 305-1. Inoltre, alcuni indicatori (non molti) sono stati modificati, accorpati o esplosi.
E’ indicato in modo più chiaro, anche attraverso espedienti grafici, ciò che è necessario rendicontare (i “requirements”, riconoscibili dall’uso
del verbo “shall” - deve) e ciò che è facoltativo (le “recommendations”, riconoscibili dall’uso del verbo “should” - dovrebbe).

GRI 102
Ci focalizziamo sul 102, un ipotetico indice che il GRI propone per comunicare tutti quei dati materiali e che devono essere inclusi
all’interno del bilancio.
All’interno di questo indice l’informazione dovrebbe partire con quello che è il profilo dell'organizzazione. Il bilancio dovrebbe inserire tutta
la rendicontazione all’interno di quella che è l’attività prevalente dell’azienda, luogo, la orma giuridica, mercato in cui svolge l’attività, la
dimensione, numero dei dipendenti, catena di fornitura (tendenza a rendicontare anche in termini di filiera), … Tutto quello che ci aiuta ad
inquadrare l’azienda
Informativa 102-1  Nome dell'organizzazione
Informativa 102-2  Attività, marchi, prodotti e servizi
Informativa 102-3  Luogo della sede principale
Informativa 102-4  Luogo delle attività
Informativa 102-5  Proprietà e forma giuridica
Informativa 102-6  Mercati serviti
Informativa 102-7  Dimensione dell'organizzazione
Informativa 102-8  Informazioni sui dipendenti e gli altri lavoratori
Informativa 102-9  Catena di fornitura
Informativa 102-10  Modifiche significative all'organizzazione e alla sua catena di fornitura
Informativa 102-11  Principio de precauzione
Informativa 102-12  Iniziative esterne
Informativa 102-13  Adesione ad associazioni
Poi c’è una seconda parte legata alla strategia aziendale e analisi. L’informazione in questa parte è legata alle scelte economiche aziendali.
Questa sezione fornisce una descrizione strategica, del rapporto dell’organizzazione con la sostenibilità al fine di creare il contesto per un
report successivo e più dettagliato inerente ad altre sezioni delle linee guida
La strategia e l’analisi sono rappresentate da due sezioni:
1. Dichiarazione della più alta autorità del processo decisionale in merito alla sostenibilità per l’organizzazione e la sua strategia (lettera
agli stakeholder)
2. Descrizione dei principali impatti, rischi ed opportunità dell’attività dell’azienda che sta rendicontando

Poi c’è una parte relativa all’etica e integrità


Novità che la nuova versione del GRI ha introdotto. In particolare in questa sezione bisogna rendicontare l’insieme dei principi e dei valori
che guidano il comportamento dell’azienda.
Informativa 102 – 16  Valori, principi, standard e norme di comportamento
Informativa 102 - 17 Meccanismi per ricercare consulenza e segnalare criticità relativamente a questioni etiche

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L'organizzazione deve rendicontare le seguenti informazioni:
A. Una descrizione dei valori, principi, standard e norme di comportamento dell'organizzazione.
B. Una descrizione dei sistemi interni ed esterni per:
• richiedere consulenza e analisi in materia di comportamento etico e legittimo, e di integrità organizzativa;
• segnalare criticità relative a comportamenti non etici o illegali, nonché all'integrità organizzativa.
[Qui bisogna trovare una coerenza con quanto riscontrato nel codice etico. Ci sono gli stessi stakeholder? Andare a verificare se c’è questa
sezione, chi non ha queste attività integrate e non ha un processo di gestione in senso stretto della sostenibilità, non avrà questa parte.
Se nella prima parte abbiamo detto che il codice etico è stato adottato solo per rispondere alla normativa ed è stato poco operativo su tutti
questi aspetti di gestione, allora faremo fatica a trovare una sezione dettagliata su questi temi all’interno del bilancio di sostenibilità. Questa
mancanza oltre ad essere un elemento di criticità per quanto riguarda l’adozione del GRI, cioè oltre a darci un elemento per valutare
l’attinenza allo standard, è un forte elemento di criticità per quanto riguarda la filiera della sostenibilità all’interno dell’azienda]
Ricapitolando:
Capitolo 1  dati relativi al profilo dell’azienda
Capitolo 2  etica ed integrità
Capitolo 3  informative sulla governance

Successivamente c’è una parte relativa alla governance, perché se è vero che parliamo di gestione di queste tematiche e di strategia allora
dobbiamo definire una struttura per monitorare tale gestione e strategie
In questa sezione dobbiamo verificare le informazioni relative alla struttura della governance, quindi quali sono le varie divisioni,
responsabilità a livello esecutivo sulle tematiche economico-ambientali e sociali, trovare la modalità attraverso le quali si identificano gli
stakeholder e vengono ascoltati, etc.
Le informative in questa sezione offrono una panoramica di:
• la struttura della governance e la sua composizione;
• il ruolo del massimo organo di governo nello stabilire scopi, valori, e strategie dell'organizzazione;
• la valutazione delle competenze e delle performance del massimo organo di governo;
• il ruolo del massimo organo di governo nella gestione dei rischi; il ruolo del massimo organo di governo nella rendicontazione di
sostenibilità;
• il ruolo del massimo organo di governo nella valutazione delle performance economiche, ambientali e sociali; remunerazioni e incentivi.
Si tratta di una sezione molto lunga in quanto costituisce quegli indicatori che, negli indicatori ESG, rappresentano la G ossia la governance.
La governance non ha un documento dedicato, mentre la E e la S si
E = environmental che troviamo nella sezione 300
S = social che troviamo nella sezione 200
G = governance
Su questa parte qua la quantificazione è relativa, perché se per esempio vado a definire gli organi di governo e gestione non è utile come
indicatore numerico dire che ci sono 10 persone. Ma rispetto a questo numero è importante dire quante donne ci sono, oppure definire gli
incentivi che questi ruoli possono avere
La quantificazione di questi temi è relativa, perché bisogna entrare di più in questi indicatori dato che dal punto di vista numerico non ci
danno delle informazioni per definire l’impatto sulla governance

Governance
Informativa 102-18  Struttura della governance
Informativa 102-19  Delega dell'autorità
Informativa 102-20  Responsabilità a livello esecutivo per temi economici, ambientali, e sociali
Informativa 102-21  Consultazione degli stakeholder su temi economici, ambientali, e sociali
Informativa 102-22  Composizione del massimo organo di governo e relativi comitati
Informativa 102-23  Presidente del massimo organo di governo
Informativa 102-24  Nomina e selezione del massimo organo di governo
Informativa 102-25  Conflitti di interessi
Informativa 102-26  Ruolo del massimo organo di governo nello stabilire finalità, valori, e strategie
Informativa 102-27  Conoscenza collettiva del massimo organo di governo
Informativa 102-28  Valutazione delle performance del massimo organo di governo
Informativa 102-29  Identificazione e gestione degli impatti economici, ambientali e sociali
Informativa 102-30  Efficacia dei processi di gestione del rischio
Informativa 102-31  Riesame dei temi economici, ambientali, e sociali
Informativa 102-32  Ruolo del massimo organo di governo nel reporting di sostenibilità
Informativa 102-33  Comunicazione le criticità
Informativa 102-34  Natura e numero totale delle criticità
Informativa 102-35  Politiche retributive
Informativa 102-36  Processo per determinare la retribuzione
Informativa 102-37  Coinvolgimento degli stakeholder nella retribuzione
Informativa 102-38  Tasso della retribuzione totale annua
Informativa 102-39  Percentuale di aumento del tasso della retribuzione totale annua

Successivamente c’è una parte che riguarda il coinvolgimento degli stakeholder. Il GRI subito dopo aver fatto l’elenco delle informazioni
sull’azienda, sull’etica e integrità e sulla governance, prima di iniziare a rendicontare chiede di identificare gli stakeholder
Informativa 102-40  Elenco dei gruppi di stakeholder (mappatura degli stakeholder)
Informativa 102 - 41  Accordi di contrattazione collettiva
Informativa 102 - 42  Individuazione e selezione degli stakeholder
Informativa 102 - 43  Modalità di coinvolgimento degli stakeholder
Informativa 102 - 44  Temi e criticità chiave sollevati

40
Questo è un range che va dal semplice elenco degli stakeholder a quelli che sono i soggetti cui prevalentemente l’attività dell’azienda
coinvolge nel processo decisionale. E’ il bilancio il luogo dove si fa il punto su quali sono gli stakeholder e le modalità attraverso le quali
questi vengono coinvolti
Gli ultimi due elementi (102-43/44) parlano di come abbiamo conseguito il criterio della inclusività, perché senza questa attività la
materialità non la possiamo validare in quanto sarà presente solo la prospettiva dell’azienda, senza il coinvolgimento degli stakeholder

Informativa 102-40  Elenco dei gruppi di stakeholder


Requisiti di rendicontazione
L'organizzazione deve rendicontare le seguenti informazioni:
a. Un elenco dei gruppi di stakeholder coinvolti dall'organizzazione.
Linee guida
Alcuni esempi dei gruppi di stakeholder sono:
• Società civile;
• Clienti;
• Dipendenti e lavoratori non dipendenti;
• Sindacati;
• Comunità locali;
• Azionisti e fornitori di capitale;
• Fornitori
Occorre valutare ed analizzare il grado di mappatura e di analisi degli stakeholder presi in considerazione
Se è vero che dopo dobbiamo ascoltare gli stakeholder per definire i temi materiali è importante definire quali abbiamo preso in
considerazione

Poi dovremmo anche trovare delle informazioni che ci guidano all’interno dei processi di rendicontazione
Queste informative forniscono una panoramica del processo intrapreso dall'organizzazione per definire i contenuti del report di sostenibilità.
Consentono anche di analizzare il processo intrapreso per individuarne i temi materiali e il relativo perimetro, nonché cambiamento. o
revisioni. Inoltre, forniscono informazioni di base sul report, le dichiarazioni in merito all'utilizzo dei GRI Standards, l'indice dei contenuti.
GRI e la modalità dell'organizzazione per richiedere l'assurance esterna.

Questi costituiscono sezioni nel bilancio, es. la parte relativa alla materialità, la revisione e forniscono informazioni sulle modalità di
rendicontazione (cadenza), se c’è una dichiarazione di conformità con il GRI e l’indice finale degli indicatori di performance.
Ci sono elementi che di solito sono sparsi all’interno del bilancio: la parte inziale ci definisce le pratiche sulla rendicontazione e lo standard,
successivamente i temi materiali, alla fine del report troviamo la conformità rispetto al GRI e la revisione. La revisione è fatta sulla forma
che dimostra l’attinenza rispetto a quanto richiesto dal GRI, non sul contenuto. Il revisore è esterno e quindi si esprime sulla qualità della
rendicontazione: verifica se le pratiche e le informazioni sono state riportate e rendicontate rispetto a quanto il GRI prevede o lo standard di
riferimento.
Pratiche di rendicontazione
Informativa 102-45  Soggetti inclusi nel bilancio consolidato
Informativa 102-46  Definizione del contenuto del report e perimetri dei temi
Informativa 102-47  Elenco dei temi materiali (materialità)
Informativa 102-48  Revisione delle informazioni (effettuate non sul contenuto, ma sulla forma)
Informativa 102-49  Modifiche nella rendicontazione
Informativa 102-50  Periodo di rendicontazione
Informativa 102-51  Data del report più recente
Informativa 102-52  Periodicità della rendicontazione
Informativa 102-53  Contatti per richiedere informazioni riguardanti il report
Informativa 102-54  Dichiarazione sulla rendicontazione in conformità ai GRI Standards (non è detto che ci sia).
Se trovassimo una dichiarazione molto elevata (A+), significa che c’è una attinenza perfetta. Quindi se non c’è è opportuno
metterla noi, dicendo se il livello di attinenza è sufficiente, è ampiamente coerente con il GRI oppure se rappresenta una
informazione minima rispetto allo standard. Se non abbiamo questa dichiarazione si può anche leggere la revisione che solitamente
da una informazione sull’attinenza
Informativa 102-55  Indice dei contenuti GRI
Informativa 102-56 Assurance esterna (revisione)

Nell’ultima parte troveremo l’insieme dei vari indicatori


Un'organizzazione che intende dichiarare che il proprio report di sostenibilità è stato redatto in conformità ai GRI Standards (opzione Core o
Comprehensive) dovrà soddisfare tutti i requisiti di questa sezione. Tali requisiti sono definiti nel testo dall'uso dei termini
"dovrebbe/dovrebbero" e simili e dall'uso del grassetto. Essi guidano l'organizzazione attraverso il processo di redazione di un report di
sostenibilità in cui:
• Sono stati applicati i Principi di rendicontazione.
• Sono state realizzate informative contenenti informazioni di contesto sull'organizzazione.
• È stato identificato e rendicontato ogni tema materiale.

GRI
Vi sono due opzioni per redigere un report in conformità ai GRI Standards: Core e Comprehensive.
 Core: questa opzione indica che un report contiene le informazioni minime necessarie a comprendere la natura dell'organizzazione, i
suoi temi materiali e i relativi impatti, e come questi vengono gestiti.
 Comprehensive: la presente opzione si basa sull'opzione Core e richiede informative aggiuntive sulla strategia, l'etica, l'integrità e la
governance dell'organizzazione. Inoltre l'organizzazione dovrà comunicare in modo più esteso i propri impatti inserendo tutte le
informative specifiche per ciascun tema materiale contemplato dai GRI Standards.

41
GRI 200-300-400
Occorre trovare la tabella Greenindex riassuntiva alla fine del bilancio. Vengono riassunti gli indicatori con il grado di copertura su questi
temi. In quanto è importante vedere il processo di rendicontazione, più che il valore
Quindi proviamo a vedere se le tematiche e le categorie degli indicatori vengono coperti dal bilancio e dalla rendicontazione.
Successivamente bisogna selezionare quelli che sono più significativi, scegliere dei dati interessanti che aiutano a capire la misura rispetto
all’attività che l’azienda propone

Integrazione degli SDG


Bisogna cercare di identificare i 17 obiettivi all’interno del bilancio di sostenibilità
C’è un processo di integrazione di questi obiettivi perché hanno target e obiettivi diversi. In teoria
tutti i 17 SDG devono essere riscontrati in tutte le tipologie di attività. Il processo in corso è quello di
integrare i due modelli
Negli ultimi anni si sta riconducendo i vari target che sono stati indicati per gli SDG a quelli che
sono i contenuti del report
Ad esempio gli indicatori di performance economico, sociale e ambientale sono riconducibili ai
target e tematiche dei 17 obiettivi. Infatti nel GRI Index molti bilanci riportano gli obiettivi dello
sviluppo sostenibile a cui si riferiscono
Nella lettura del bilancio potremmo trovare già uno o più obiettivi a cui tale tematica fa riferimento
Dovrebbe essere incluso non soltanto in termini di risultati ma di obiettivi futuri che dovremmo
trovare sul bilancio.
Quindi gli SDG, all’interno del bilancio, li possiamo trovare nella parte relativa agli indicatori e nel
GRI Index e nella identificazione degli obiettivi futuri
Il bilancio di sostenibilità non nasce con i 17 obiettivi, ma è il documento dove misurare e
rendicontare l’avanzamento su questi obiettivi

Capitolo 13:
Il bilancio sociale: GBS

Gruppo di Studio per il Bilancio Sociale GBS


Gruppo di studio per la statuizione dei principi di redazione del bilancio sociale (unificazione, confrontabilità). Costituito nel 1998 e formato
da gruppo interdisciplinare di professionisti, accademici, revisori, comunicatori, commercialisti.
Inizialmente l’attenzione era sulle tematiche sociali e ambientali in senso lato.
Ha emanato nel 2001 uno standard di contenuto per l’elaborazione del bilancio sociale nelle imprese; nel 2004 lo stesso modello con alcune
varianti per la PA; nel 2007 il documento di ricerca n. 5 – Gli indicatori di performance nella rendicontazione sociale; l’ultima versione
aggiornata è del 2013.
Assunto di partenza: individuare criteri che diano uniformità al Bilancio sociale.
I principi e le indicazioni procedurali che il GBS ritiene essenziali per la redazione del Bilancio sociale sono in parte desunti dall’esperienza
e dalla dottrina e in parte messi a punto tramite il confronto con i modelli di accountability accreditati a livello internazionale
Rispetto al GRI il GBS è stato adottato in massa inizialmente, poi dopo la necessità delle aziende a confortarsi con altre realtà ha portato a
preferire il GRI. In quanto se abbiamo uno standard comune riusciamo a confrontare le aziende
Il GBS è stato adottato per le diverse tipologie di organizzazioni, come aziende, mondo no-profit e pubblica amministrazione.
All’interno di ciascuna organizzazione poi ci sono stati dei modelli più specifici (GBS dedicato al bilancio sociale delle università)

Modello GBS
Obiettivi:
1. Fornire agli stakeholder un quadro complessivo delle performance aziendali, aprendo un processo interattivo di comunicazione sociale
2. Fornire informazioni sulla qualità dell’attività aziendale per migliorare, anche sotto il profilo etico-sociale, le conoscenze degli
stakeholder
Ciò significa:
- Dare conto dell’identità e del sistema di valori di riferimento assunti dall’azienda e della loro declinazione nelle scelte imprenditoriali,
nei comportamenti gestionali, nei loro risultati ed effetti; Esporre gli obiettivi di miglioramento che l’azienda si impegna a perseguire
- Fornire indicazioni sulle interazioni fra l’azienda e l’ambiente in cui opera
- Rappresentare il valore aggiunto e la sua ripartizione

Mette in evidenza il BS come documento di sintesi da redigere periodicamente, formato in base a regole e procedure precostituite alle quali
ci si deve attenere
Le informazioni in esso contenute devono presentare un forte aggancio con fonti certe e con procedure definite.
Il BS è suddiviso in tre parti:
- L’identità aziendale (informazione rispetto all’azienda)  questo ci ricorda il profilo dell’organizzazione
- La produzione e la distribuzione ai vari stakeholder del valore aggiunto (riclassificazione del conto economico).
- La relazione sociale (parte qualitativa dove per ciascun stakeholder viene rendicontato l’impatto generato dall’azienda)
Nel GBS non c’è un elenco di indicatori, rispetto al GRI
La prima e la terza parte devono essere confrontabili. E’ prevista la revisione esterna

42
Struttura generale
All’interno di ciascuna di queste tre parti sono indicate
una serie di informazione. Sulla identificazione
dell’organizzazione viene richiesta la definizione della
mission (nel GRI non c’era una richiesta esplicita),
esplicitazione dei valori di riferimento (etica e
integrità) e le strategie e politiche messe in atto.
Per quanto riguarda l’area di rendicontazione parte
dalla identificazione degli stakeholder e dei progetti e
risorse destinate, per poi arrivare alla definizione degli
indicatori e calcolo del valore aggiunto.
Nella parte della relazione sociale vengono previsti
eventuali giudizi e opinioni degli stakeholder (non c’è
la materialità)
Non è prevista una revisione obbligatoria, ma alla fine
del documento solitamente c’è un documento di
revisione

Modello GBS
Nella prima parte (identità aziendale) vengono
individuati:
 Assetto istituzionale  assetto proprietario, evoluzione della governance, storia, evoluzione, collocazione sul mercato, dimensione,
assetto organizzativo.
 Valori di riferimento  orientamenti valoriali, principi etici, codici di comportamento effettivamente seguiti. L’esposizione di tali
valori deve sottostare ad alcuni principi per garantire di comprensibilità e significatività
 Missione  le principali finalità che l’azienda intende perseguire in campo economico e sociale. Vi rientrano i contributi agli STK
sotto forma di specifici vantaggi o gli apporti alla collettività in termini di accrescimento del benessere, di qualità della vita, di
innovazione, di integrazione sociale, di mutualità e solidarietà.
 Strategie  occorre illustrare gli obiettivi a medio-lungo termine che l’azienda persegue e le scelte che intende porre in essere in
termini di programmi, iniziative, azioni e risorse.
 Politiche  è necessario rappresentare gli obiettivi a breve termine e le scelte di indirizzo e di intervento ai fini della gestione delle
risorse ad essi relative.

Nella seconda parte (produzione e distribuzione del valore aggiunto):


• Il parametro del valore aggiunto misura la ricchezza prodotta dall'azienda nell'esercizio, con riferimento agli interlocutori (stakeholder)
che partecipano alla sua distribuzione.
Perché rivolto ai vari stakeholder? Se guardiamo il calcolo del valore aggiunto, partiamo dal valore della produzione e togliamo i costi
della produzione per materie prime e servizi esterni. All’interno del valore aggiunto approssimato troviamo il valore prodotto nei
confronti dei dipendenti svolgendo la normale attività, ricchezza prodotta nei confronti dei soci, nei confronti dello stato. In qualche
bilancio troviamo anche le liberalità, ossia finanziamenti che l’azienda effettua nei confronti delle comunità in cui opera
• Il processo di calcolo riclassifica i dati del conto economico in modo da evidenziare la produzione e la successiva distribuzione del
valore aggiunto agli stakeholder di riferimento.
• Nel processo di distribuzione si tiene conto anche dell'effettiva attribuzione del risultato di esercizio.
• Il valore aggiunto viene rappresentato in due distinti prospetti:
1. il prospetto di determinazione del Valore
Aggiunto, individuato dalla
contrapposizione dei ricavi e dei costi
intermedi;
2. il prospetto di riparto del Valore Aggiunto,
ricomposto quale sommatoria delle
remunerazioni percepite dagli interlocutori
interni all’azienda e delle liberalità esterne.
Si tratta di una misura economica. È una grandezza
importante che racconta la sostenibilità dell’azienda a
livello macro. Comprende il valor economico che
l’azienda produce attraverso la sua attività
tradizionale

Il valore aggiunto: CE a valore aggiunto


valore della produzione civilistico al netto dei ricavi
“accessori”

- costi della produzione esterni (materie prime


utilizzate e servizi)

= valore aggiunto* molto approssimativo

- costi del personale (viene letto come un valore


prodotto in termini di contributo all’attività
produttiva)

43
= margine operativo lordo (EBITDA)**

- altri costi della produzione interni

= risultato operativo

All’interno di questo valore aggiunto abbiamo gli interessi passivi, le imposte, i dividendi, liberalità, le retribuzioni dei dipendenti

Il valore aggiunto
In altri termini il valore aggiunto riflette la ripartizione della ricchezza generata dall’impresa tra i vari stakeholder:
- personale dipendente (retribuzioni)
- finanziatori (interessi passivi)
- Stato (imposte)
- soci (dividendi)
- impresa (autofinanziamento: ammortamenti, accantonamenti, utili non distribuiti).

[non serve sapere l’ammontare del valore aggiunto, ma è importante sapere la percentuale dedicata ai dipendenti, allo stato, alle liberalità, ai
finanziatori e ai soci]
A prescindere dall’azienda e dal settore, quello a cui viene dedicato in percentuale la maggior parte del valore aggiunto è il personale. Il
costo maggiore che le aziende, a prescindere dal settore in cui operano, devono affrontare è quello del personale

Il valore aggiunto – Ripartizione

Struttura generale
2) Relazione sociale
Riferisce su ciò che:
- l’azienda si proponeva di conseguire ed ha realizzato
- i destinatari ritengono di aver ricevuto.
Sezione generale in cui si indicano: Obiettivi, Norme di Comportamento, Stakeholders, Criteri Sezione particolare in cui per ogni stakeholder
si definiscono: Politiche, Valori, Risultati, Processi di rilevazione
Modello GBS
Nella terza parte viene inserite una parte qualitativa che descrive gli indicatori utilizzati per i singoli stakeholder. Questa parte deve essere
coerente con la prima parte generale dove venivano indicati le strategie che l’azienda si pone per i temi della sostenibilità
La relazione sociale
• Contiene la descrizione qualitativa e quantitativa dei risultati che l'azienda ha ottenuto in relazione agli impegni assunti e ai programmi
realizzati e degli effetti prodotti sui singoli stakeholder.
• La relazione sociale deve presentarsi come una serie ordinata di informazioni che fanno riferimento all'enunciato sull'identità (valori,
missione, strategie e politiche) oltre che agli stakeholder individuati, dando al lettore la possibilità di verificare quanto tale enunciato sia
stato più o meno realizzato e rispettato, e permettendo conseguentemente una valutazione complessiva sul comportamento
imprenditoriale.
• Gli elementi essenziali della relazione sociale riguardano:

1. l'indicazione degli impegni assunti ovvero gli obiettivi e le norme di comportamento (ad esempio: codice di comportamento, politiche
aziendali, procedure operative, manuali di qualità, etc.) che conseguono dalla identità aziendale;
2. l'identificazione degli stakeholder a cui il bilancio sociale si indirizza;
3. l'esplicitazione delle politiche relative ad ogni categoria di stakeholder, dei risultati attesi e della coerenza ai valori dichiarati;
4. il processo di formazione del bilancio sociale, che permette di evidenziare le relazioni tra obiettivi ed esiti connessi all'attività aziendale;
5. l'ordinata e completa esposizione dei fatti, delle informazioni quantitative e qualitative, delle comparazioni, dei giudizi e più
generalmente dei dati utili a descrivere la relazione tra assunti ed esiti;
6. le opinioni e i giudizi degli stakeholder a cui si da voce all'interno del bilancio sociale nel rispetto del principio di inclusione;
7. le eventuali comparazioni (benchmarking) adatte a mettere il lettore nelle condizioni di meglio valutare le performance dell’azienda. I
benchmark vanno operati solo se i dati vengono desunti da fonti ufficiali e pubbliche;

44
8. gli obiettivi di miglioramento per l’esercizio successivo, riguardanti sia il processo che il merito;

Identificazione dei Stakeholder


• L'azienda deve definire a quali categorie di stakeholder il proprio
bilancio sociale è particolarmente indirizzato, specificando, se del
caso, quali sono quelle che assumono rilievo prioritario.
• In linea generale, e con riferimento alle aziende di produzione che
scambiano nel mercato con orientamento al profitto, si ritiene che si
debbano rendicontare le azioni e relazioni con i seguenti
stakeholder:
- Personale
- Fornitori
- Soci
- Pubblica Amministrazione
- Finanziatori
- Collettività
- Clienti / utenti

Modello GBS
Sezioni integrative
Giudizi ed opinioni degli Stakeholder. In particolare:
1. è necessario ipotizzare il coinvolgimento graduale almeno dei pubblici che l'azienda ritiene fondamentali;
2. non esistono criteri predefiniti di coinvolgimento degli stakeholder, ma tali criteri devono essere esposti chiaramente nel bilancio stesso;
3. gli stakeholder possono essere consultati sia direttamente, sia attraverso campionamenti, sia attraverso rappresentanze. Del criterio
prescelto si dovrà dare specifica informazione;
4. la voce degli stakeholder può riguardare gli assunti valoriali di partenza, ma soprattutto gli esiti gestionali e le performance sociali
oggetto del bilancio. Sezioni integrative
• Commenti e dichiarazioni dell’azienda
• Miglioramento del bilancio sociale

Modello GBS
La qualità del processo di formazione del bilancio sociale e delle informazioni in esso contenute è garantita dal rispetto dei seguenti principi:
1. Responsabilità: occorre fare in modo che siano identificabili o che possano identificarsi le categorie di stakeholder ai quali l'azienda
deve rendere conto degli effetti della sua attività.
2. Identificazione: dovrà essere fornita la più completa informazione riguardo alla proprietà e al governo dell'azienda, per dare ai terzi la
chiara percezione delle responsabilità connesse. E' necessario sia evidenziato il paradigma etico di riferimento, esposto come serie di
valori, principi, regole e obiettivi generali (missione).
3. Trasparenza: tutti i destinatari devono essere posti in condizione di comprendere il procedimento logico di rilevazione, riclassificazione
e formazione, nelle sue componenti procedurali e tecniche e riguardo agli elementi discrezionali adottati.
4. Inclusione: fare in modo di dar voce - direttamente o indirettamente - a tutti gli stakeholder identificati, esplicitando la metodologia di
indagine e di reporting adottata. Eventuali esclusioni o limitazioni devono essere motivate.
5. Coerenza: dovrà essere fornita una descrizione esplicita della conformità delle politiche e delle scelte del management ai valori
dichiarati.
6. Competenza di periodo: gli effetti sociali devono essere rilevati nel momento in cui si manifestano (maturazione e realizzazione
dell'impatto sociale) e non in quello della manifestazione finanziaria delle operazioni da cui hanno origine.
7. Prudenza: gli effetti sociali positivi e negativi devono essere rappresentati in modo tale da non sopravvalutare il quadro della realtà
aziendale e della sua rappresentazione. Quelli che si riferiscono a valori contabili devono essere indicati in base al costo.
8. Significatività e rilevanza: bisogna tenere conto dell'impatto effettivo che gli accadimenti, economici e non, hanno prodotto nella realtà
circostante. Eventuali stime o valutazioni soggettive devono essere fondate su ipotesi esplicite e congruenti.
9. Neutralità: il bilancio sociale deve essere imparziale ed indipendente da interessi di parte o da particolari coalizioni.
10. Comparabilità: deve essere consentito il confronto fra bilanci differenziati nel tempo della stessa azienda o con bilanci di altre aziende
operanti nel medesimo settore o contesto.
11. Periodicità e ricorrenza: il bilancio sociale, essendo complementare al bilancio di esercizio, deve corrispondere al periodo
amministrativo di quest’ultimo.
12. Comprensibilità, chiarezza ed intelligibilità: le informazioni contenute nel bilancio sociale devono essere chiare e comprensibili.
Pertanto la struttura espressiva deve trovare un giusto equilibrio tra forma e sostanza. La struttura e il contenuto del bilancio devono
favorire l'intelligibilità delle scelte aziendali e del procedimento seguito.
13. Verificabilità dell’informazione: deve essere verificabile anche l’informativa supplementare del bilancio sociale attraverso la
ricostruzione del procedimento di raccolta e rendicontazione dei dati e delle informazioni.
14. Utilità: il complesso di notizie che compongono il bilancio sociale deve contenere solo dati ed informazioni utili a soddisfare le
aspettative del pubblico in termini di attendibilità e completezza.
15. Attendibilità e fedele rappresentazione: le informazioni desumibili dal bilancio sociale devono essere scevre da errori e pregiudizi, in
modo da poter essere considerate dagli utilizzatori come fedele rappresentazione dell'oggetto cui si riferiscono. Per essere attendibile,
l’informazione deve rappresentare in modo completo e veritiero il proprio oggetto, con prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli
formali.

Modello GBS
 Prescrittività  i valori affermati devono essere intesi come la guida effettiva del comportamento e dell’attività in azienda

45
 Osservanza  i valori affermati devono essere effettivamente osservati e rispettati in azienda Stabilità à i valori devono essere cogenti
per una durata significativa
 Generalità  i valori devono ricoprire l’insieme delle attività e delle relazioni tra l’azienda e i suoi stakeholders
 Imparzialità  i valori affermati, se hanno validità generale, devono essere applicati in modo imparziale tra tutte le categorie di
stakeholder e se riferiti ad una specifica categoria di stakeholder, in modo imparziale tra i soggetti in essa compresi
 Universalizzabilità  i valori devono essere intesi dall’azienda non in modo occasionale, ma essere considerati come validi in tutti i
casi analoghi, cioè in tutti i casi in cui ricorrono le caratteristiche alle quali i valori si riferiscono
Contenuti principali
Principali assunti per categoria di stakeholder: personale
• composizione del personale
• consistenza per età, sesso, livello d’istruzione, qualifica, funzione, anzianità, nazionalità, tipologia contrattuale organizzazione del
lavoro
• turnover
• attività sociali
• politica delle assunzioni
• politiche di pari opportunità
• formazione e valorizzazione
• sistema di remunerazione ed incentivazione
• attività sanitaria e sicurezza sul lavoro
• relazioni industriali

Principali assunti per categoria di stakeholder: soci e finanziatori


Soci:
• ripartizione % del capitale tra soci a
• gevolazioni riservate ai soci
• remunerazione del capitale investito
• partecipazione dei soci al governo dell’azienda e tutela delle minoranze
• investor relations
Finanziatori:
• composizione, tipologia e caratteristiche di finanziatori e finanziamenti
• rapporti con istituti di credito
• investor relations

Principali assunti per categoria di stakeholder: clienti e fornitori


Clienti/Utenti:
• analisi della clientela e dei mercati serviti
• sistemi di qualità
• valutazione della soddisfazione dei clienti
• condizioni negoziali
Fornitori:
• caratteristiche ed analisi dei fornitori
• sistemi di qualità
• condizioni negoziali
• ricaduta sul territorio
• rispetto degli standard omogenei nella
catena di fornitura

GRI vs GBS

46
06/12/2021
Capitolo 14:
Certificazioni etico sociali ed ambientali

Le certificazioni
Le certificazioni più famose sono sulla qualità del prodotto. Noi ci focalizziamo su quelle che vanno a verificare certi processi e risultati che
hanno un impatto sociale e ambientale prodotto dalle aziende che decidono di certificarsi
[verificare se esistono certificazioni che sono state create per verificare certi standard della responsabilità sociale ed ambientale]
La famiglia di certificazioni più conosciuta è quella delle ISO
 Qualità
ISO 9000:2000  standard di riferimento per i sistemi di gestione e certificazione della qualità
 Ambiente
ISO 14000  standard di riferimento per i sistemi di gestione e certificazione ambientale.
 Qualità salute e sicurezza sul lavoro
SA8000 (Social Accountability 8000)  standard di riferimento per i sistemi di gestione sociale sulle condizioni di lavoro, sulla base
dei quali si può ottenere la "certificazione etica".
ILO-OSH 2001  linee guida dell’ILO per la gestione della salute e sicurezza sul lavoro
OHSAS 18000  standard e linee guida per i sistemi di gestione e certificazione per la salute e sicurezza sul lavoro
ISO 22000  sistema di gestione per la sicurezza nelle organizzazioni operanti nella catena alimentare
 Sistemi integrati
ISO 26000  Standard sulla Responsabilità Sociale, per la cui realizzazione ISO sta coinvolgendo numerose delegazioni, osservatori,
attori e stakeholder internazionali. Per l’Italia, un gruppo di lavoro UNI sta già lavorando dal 2003, ed è stata definita la composizione
della delegazione italiana che fa parte del gruppo di lavoro ISO, composta da esponenti del mondo delle imprese (ABI), dei sindacati
(CGIL), dei consumatori (ACU), del governo (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali); delle istituzioni pubbliche (INAIL), e del
mondo accademico.

Tutte queste certificazioni per essere verificate a livello internazionale devono partire da qualcosa di oggettivo

SA 8000
SA 8000 è una sigla che significa Social Accountability, ovvero Responsabilità Sociale, ed è il primo standard diffuso a livello
Internazionale circa la responsabilità sociale di un’azienda. La norma SA 8000 contiene nove requisiti sociali orientati all'incremento della
capacità competitiva di quelle organizzazioni che volontariamente forniscono garanzia di eticità della propria filiera produttiva e del proprio
ciclo produttivo. Tale standard è applicabile ad aziende di qualsiasi settore per valutare se le stesse ottemperano ad alcuni requisiti minimi in
termini di diritti umani e sociali.

Lo standard SA 8000 è stato elaborato negli Stati Uniti e pubblicato ufficialmente il 15 ottobre 1997 dal CEPAA (Council on Economic
Priorities Accreditation Agency) che è l’ente di accreditamento del Consiglio per le Priorità Economiche
La conformità ai requisiti della norma si esplica nella certificazione di parte terza, rilasciata da un Organismo di certificazione indipendente.
La certificazione dimostra che l’Organizzazione soddisfa i requisiti di responsabilità sociale della norma, attraverso un meccanismo analogo
a quello dei sistemi di gestione per la qualità ISO 9000 e per l’ambiente ISO 14000

La missione del SAI


• elaborare, diffondere, promuovere e aggiornare la norma SA 8000
• accreditare gli organismi di certificazione e formazione su SA 8000
• realizzare corsi per valutatori di sistemi SA 8000
Il SAI rappresenta l’unico ente di accreditamento per gli organismi terzi che intendono certificare i sistemi di responsabilità sociale SA 8000
delle aziende.

SA 8000: Il controllo dei fornitori


Una specifica di SA 8000 sta nel fatto che l’azienda che
intende certificarsi, deve garantire che anche la catena dei
propri fornitori/subappaltatori rispetti tali requisiti sociali. Se
io utilizzo materie prime da aziende che operano in altre parti
del mondo, devo verificare che rispettino i diritti e i requisiti
previsti dal SA 8000
Questo tipo di verifica viene effettuato sia sull’organizzazione
certificata, sia sui fornitori/subfornitori
Questo aspetto è strettamente legato allo scopo fondamentale della norma, che è quello di migliorare le condizioni lavorative in tutto il
mondo e di attivare un processo di miglioramento continuo

La logica di base
- La situazione di partenza (risultati storici). Partire da una situazione storica
- L’applicazione del sistema di gestione per migliorare e sviluppare obiettivi non soddisfatti
- Evidenziare i nuovi risultati (miglioramento)
- L’applicazione del sistema di gestione e richiedere la certificazione

47
Per ottenere la certificazione SA 8000, l'organizzazione deve documentare ed applicare i requisiti ivi compresi.
La richiesta di una politica con obiettivi, la pianificazione ed attuazione per raggiungere gli obiettivi, la nomina di un rappresentante della
Direzione ed infine il riesame periodico sono gli stessi degli altri Sistemi di gestione. Necessita un Sistema Documentato di Gestione Sociale,
separato o integrato in altri (Qualità-ambiente-sicurezza-etica)

Requisiti
I nove requisiti sociali di SA 8000 riguardano i fondamentali diritti umani e dei lavoratori:
1. Lavoro infantile
2. Lavoro obbligato
3. Salute e sicurezza
4. Libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva
5. Discriminazione
6. Procedure disciplinari previste per l’osservanza di alcuni di questi criteri
7. Orario di lavoro entro i limiti normativi
8. Retribuzione
9. Sistemi di gestione che monitorano e implementano tutti questi requisiti
Tali requisiti bisogna applicarli a tutte le aziende e a tutte le realtà.
Finché rimaniamo nei primi criteri sono molto basilari. Ma i criteri 6-7-8 non sono temi che tutte le aziende gestiscono nel loro quotidiano,
quindi ci sono diversi livelli rispetto a questi requisiti

Per l'ottenimento della certificazione, devono essere rispettati i seguenti documenti internazionali:
Questi documenti sono riconosciuti a livello
internazionale

SA800: Le opportunità per le imprese


- Tutela del brand
- Miglioramento delle relazioni interne
- Maggiore appetibilità per le risorse umane più qualificate
- Maggior valore riconosciuto a prodotti “etici”
- Miglioramento immagine presso gli stakeholders
- Garanzia di sostenibilità del business
- Occasione per vigilare sul comportamento sociale della supply chain

Le opportunità per i lavoratori


- Maggiori garanzie di riconoscimento dei diritti dei lavoratori
- Miglioramento continuo delle condizioni di lavoro
- Maggiori prospettive di sostenibilità del posto di lavoro

Le opportunità per i consumatori


- Possibilità di scegliere al momento dell’acquisto
- Percezione di responsabilità verso uno sviluppo sostenibile

Le opportunità per i sistemi di rappresentanza (associazioni, sindacati, istituzioni, ONG)


- Occasione di innovazione del proprio ruolo di rappresentanza
- Partecipazione responsabile al miglioramento ed alla sostenibilità dei sistemi economici
- Valorizzazione dell’impegno dei soggetti appartenenti alla categoria rappresentata
- Progetti di sistema

SA800
I principali potenziali mercati interessati alla SA 8000 in Italia sono:
a) imprese che decentrano la produzione in paesi in cui possono godere dei benefici connessi ad un più basso costo della manodopera
specie se usata in paesi del terzo mondo.
b) imprese sul territorio nazionale e che intendono utilizzare la certificazione SA 8000 come strumento di vantaggio competitivo nei
confronti di coloro che non sono in grado di fornire garanzie sul proprio comportamento etico.
c) grandi multinazionali che operano anche sul territorio italiano

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SA800
I principi fondamentali
• Coinvolgimento del management
• Tutti i settori dell’azienda sono coinvolti
• Privilegia la prevenzione piuttosto che il controllo
• Finalizzata al miglioramento continuo
• Unisce requisiti di prestazione a requisiti di sistema

L’iter di certificazione
1. Definizione del sistema RS (da parte dell’azienda)
2. Istruttoria preliminare e raccolta Informazioni/dati critici
3. I parte visita di certificazione
4. II parte visita di certificazione
5. Emissione del certificato
6. Audit periodici di sorveglianza e miglioramento continuo

Sistema di Gestione Ambientale


Indicazioni del mercato:
• Legislazioni più severe
• Politiche economiche orientate all’incentivazione
• Crescente attenzione delle parti interessate alle problematiche
• Sviluppo sostenibile
Sono alcuni degli elementi di fondo per implementare un Sistema di Gestione Ambientale

Dal punto di vista dell’azienda


• Diminuzione dei costi
• Vantaggi in termini di competitività
• Adempimento degli obblighi
• Riduzione dei rischi
Sono alcuni degli elementi di diretto interesse per implementare e gestire un S.G.A.

Gli standard S.G.A


ISO 14000 non è una certificazione che va a mi8surare la riduzione dell’impatto ambientale, ma certifica un processo di gestione delle
tematiche ambientali adeguato all’azienda.
La famiglia di Norme della serie 14000 è composta da:
• UNI EN ISO 14001 - S.G.A., requisiti e guida per l’utilizzo
• UNI EN ISO 14004 - S.G.A., linee guida generali sui principi, sistemi e tecniche di sviluppo
• UNI EN ISO 14010 - Linee guida per l’audit ambientale, principi generali
• UNI EN ISO 14011 - Linee guida per l’audit ambientale, procedure di audit dei sistemi SGA
• UNI EN ISO 14012 - Linee guida per l’audit ambientale, criteri di qualificazione per auditor

La certificazione del S.G.A. è effettuata da un ente accreditato sulla base della rispondenza ai requisiti espressi dalla UNI EN ISO 14001
Inoltre in qualsiasi momento l’Azienda può integrare il proprio sistema certificato con i requisiti espressi dalle prescrizioni EMAS,
certificazione prevista per gli standard ambientali a livello europeo
Il regolamento EMAS può essere implementato partendo dalla certificazione 14001 attraverso i requisiti espressi dal “Bridging Document”

Requisiti generali del modello 14001


Parte da una definizione della strategia di politica ambientale, sulla base
della quale si effettua una pianificazione a lungo termine. Poi si mettono
in pratica delle politiche per la sua attuazione
Vengono previsti controlli periodici e azioni correttive, vengono definiti i
criteri per il riesame da parte della direzione. Si aggiornano le politiche
ambientali e riparte questo circuito.

EMAS
Obiettivo dell' EMAS è incentivare il miglioramento continuo delle
prestazioni ambientali delle organizzazioni mediante:
- introduzione e attuazione di sistemi di gestione ambientale;
- valutazione obiettiva, periodica e sistematica (audit) dell'efficacia di tali
sistemi;
- informazione sulle prestazioni ambientali e un dialogo aperto con il
pubblico e parti interessate.
Tutte le organizzazioni, e non più i soli siti produttivi, con un livello di rendimento ambientale corrispondente almeno agli standards legali
applicabili, possono partecipare al nuovo schema EMAS (Sistema di Ecogestione e Audit) del regolamento CEE 761/2001, per conseguire:
l'iscrizione nel registro europeo delle organizzazioni registrate EMAS, e l'utilizzo del LOGO ambientale europeo.

Integrazione con il Sistema Qualità


La stessa UNI EN ISO 14001 mette in evidenza, nell’appendice B, le compatibilità dei due sistemi. Semplificando tale schema possiamo dire
che:
 La parte del S.G.A. legata alla sua gestione è del tutto simile a quella del S.Q., pertanto immediatamente mutuabile da questo.

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 Una parte del S.G.A. richiede integrazioni a procedure e metodologie del S.Q. già esistenti per il Sistema Qualità e quindi facilmente
integrabili.
 Una parte del S.G.A. deve essere implementato.

UNI ISO 26000


Cosa è UNI ISO 26000
• UNI ISO 26000 è uno standard internazionale che fornisce linee guida sulla RSO
• Propone concetti, definizioni, principi, temi, modalità di attuazione e promozione della RSO. Propone degli standard che riguardano la
definizione dei temi della responsabilità sociale, aiuta le imprese a individuare le tematiche della responsabilità sociale su cui certificarsi
• Si rivolge a tutte le organizzazioni e settori
• Tiene conto delle differenze sociali, ambientali, legali, economiche ed è complementare ad altri strumenti ed iniziative (ISO,
ILO,OCSE)
Cosa non è UNI ISO 26000
• Non è uno standard di processo, non porta alla gestione della RSO, non è uno standard per la relazione del bilancio di sostenibilità
• Non è un sistema di gestione
• Non contiene requisiti o obblighi (shall) ma raccomandazioni (should). Questo è coerente con il fatto che tutte le organizzazioni devono
superare ciò che dice la norma. Mentre le altre certificazioni contengono dei criteri che l’azienda deve verificare
• Non è utilizzabile a fini certificativi a differenza di altre norme/ standard/ sistemi di gestione certificabili.
Se dovessimo analizzare all’interno della virtue matrix le certificazioni, sono volontarie in quanto non c’è una norma che prevede la
certificazione; di sicuro non siamo nel quadrante della compliance. Ma nel momento in cui un’azienda decide di certificarsi poi è
obbligata a seguire i criteri richiesti dalla certificazione. Quindi tutte le azioni che l’azienda mette in atto per avere la certificazione sono
nel quadrante delle consuetudini, con un richiamo a un elemento dettato dalla certificazione stessa.
Quindi l’azione di certificarsi è volontaria, ma se poi entriamo nel merito di quello che contiene la certificazione la volontarietà viene
meno
Quindi la decisione del ISO 26000 di non prevedere la certificazione, questo perché un’impresa si autocertifica e non prevede una
certificazione esterna per conservare la volontarietà che dovrebbe essere il criterio guida per la responsabilità sociale; questo per evitare
che tali azioni diventano azioni dettate dalla certificazione
• Riconosce nel rispetto delle leggi la base della RSO incoraggiando ad azioni che vadano oltre

UNI ISO 26000

Nasce nel
2001 da una iniziativa della ISO
Consiste in 7 capitoli che riguardano 7 tematiche specifici e 2 allegati che rappresentano un punto di rifermento
6 categorie rappresentate Governi; Imprese; Sindacati; ONG, Consumatori, Ricerca e Servizi
Copenaghen 2010
450 esperti delegati; 210 osservatori; 99 nazioni rappresentate; 42 organizzazioni
Approvazione
Più del 94% dei voti favorevoli 88 Paesi votanti, 72 favorevoli, 5 contrari, 11 astenuti Astenute Germania, Austria, Vietnam, Bangladesh, ...
Contrarie USA, India, Cuba, Turchia, Lussemburgo Favorevole CINA!!!

UNI ISO 26000


La ISO 26000 è costituita da 7 capitoli e 2 allegati così definiti:
Scopo: Definisce il campo di applicazione della ISO 26000 e individua alcune limitazioni ed esclusioni.
Termini e definizioni: Identifica e fornisce la definizione dei termini chiave che sono di fondamentale importanza per la comprensione della
responsabilità sociale e per l'utilizzo della ISO 26000
Comprendere la responsabilità Sociale: Vengono descritti i fattori importanti e le condizioni che hanno influito sullo sviluppo della
responsabilità sociale e che continuano a influenzare la sua natura e la pratica.
Esso descrive inoltre il concetto di responsabilità sociale stesso - che cosa significa e la valenza per le organizzazioni. Il capitolo include una
guida per le piccole e medie organizzazioni per l'uso della norma ISO 26000.
Principi della responsabilità sociale: Introduce e spiega i principi della responsabilità sociale come: rendicontabilità (accountability);
trasparenza; comportamento etico; rispetto degli interessi degli stakeholder; rispetto del principio di legalità; rispetto delle norme
internazionali di comportamento; rispetto dei diritti umani.
Riconoscere la responsabilità sociale e le parti interessate: indirizza verso due distinti ambiti della responsabilità sociale: il riconoscimento
della responsabilità sociale da parte di un’organizzazione e l’identificazione e il coinvolgimento delle parti interessate di un’organizzazione.
Fa un elenco di azioni che possono essere messi in atto nei confronti dei vari stakeholder
Guida ai principali argomenti e temi della responsabilità sociale: spiega le materie fondamentali e le questioni relative alla responsabilità
sociale: governo (governance) dell’organizzazione; diritti umani; pratiche di lavoro; l’ambiente; pratiche operative corrette; aspetti specifici
relativi ai consumatori; coinvolgimento e sviluppo della comunità. Qua è sempre in termini descrittivi
Guida all’integrazione della responsabilità sociale nell’organizzazione: fornisce indicazioni sul mettere in pratica la responsabilità sociale in
un'organizzazione.
Viene inclusa in questa parte una guida relativa alla comprensione della responsabilità sociale di un'organizzazione, all'integrazione delle
azioni di RS in tutta l'organizzazione, alla comunicazione e ai miglioramenti in questa materia.

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- Allegato A: presenta un elenco non esaustivo delle iniziative volontarie e degli strumenti relativi alla responsabilità sociale; affronta
aspetti di base e l'integrazione della responsabilità sociale in tutta l'organizzazione.
- Allegato B: contiene il glossario dei termini utilizzati nella ISO 26000.

UNI ISO 26000


Il capitolo che assomiglia di più a un GRI è il
4, dove vengono elencati una serie di principi
che le aziende che adottano il 26000 devono
rispettare
Nel capitolo 5 è prevista la mappatura degli
stakeholder e l’impegno dell’azienda nei loro
confronti (materialità e inclusività)
Il capitolo 7 è quello che più si avvicina alla
gestione della responsabilità sociale
Le azioni che vengono realizzate secondo il
capitolo 7 dovrebbero essere tutte nel
quadrante strategico, in quanto non c’è una
obbligatorietà

7 principi
1. Responsabilità di rendere conto
(accountability)
Responsabilità di rispondere degli impatti
sulla società, sull’economia e
sull’ambiente
2. Trasparenza
Trasparenza nelle decisioni e nelle attività che impattano sulla società e sull’ambiente
3. Comportamento etico
Il comportamento di un’organizzazione dovrebbe basarsi su valori quali onestà, equità e integrità espressi nelle varie decisioni
dell’azienda e nei documenti delle certificazioni
4. Rispetto per gli interessi e le aspettative degli stakeholder
Un’organizzazione dovrebbe rispettare, considerare e rispondere agli interessi degli stakeholder andando a considerare i processi
stabiliti nel capitolo 5
5. Rispetto del principio di legalità
Nessun individuo o organizzazione risiedono al di sopra della legge
6. Rispetto delle norme internazionali di comportamento
Un’organizzazione dovrebbe rispettare le norme internazionali di comportamento nell’aderire al principio di legalità
7. Rispetto dei diritti umani
Un’organizzazione dovrebbe rispettare i diritti umani e riconoscerne l’importanza e l’universalità.

7 Temi fondamentali
Questi corrispondono ai 6 capitolo del GRI
1. Governo dell’Organizzazione
Governance, struttura dell’organizzazione e meccanismi decisionali
2. Diritti Umani
Rispetto e salvaguardia dei diritti umani, inclusi i diritti civili e politici, diritti economici, sociali e culturali, i principi fondamentali ed i
diritti sul lavoro
3. Rapporti e condizioni di lavoro
Occupazione e rapporti di lavoro, condizioni di lavoro e protezione sociale, dialogo sociale, salute e sicurezza sul lavoro, sviluppo delle
risorse umane e formazione sul luogo di lavoro
4. L’ambiente
Prevenzione dell’inquinamento, uso sostenibile delle risorse, mitigazione dei cambiamenti climatici e adattamento, protezione
dell’ambiente, biodiversità e ripristino degli habitat naturali
5. Corrette prassi gestionali
Lotta alla corruzione, coinvolgimento politico responsabile, concorrenza leale, promuovere la responsabilità sociale nella catena del
valore, rispetto dei diritti di proprietà
6. Aspetti specifici relativi ai consumatori
Comunicazione commerciale onesta, protezione della salute dei consumatori, consumo sostenibile, servizi e supporto ai consumatori,
risoluzione dei reclami, privacy, accesso ai servizi, educazione e consapevolezza
[quando andremo ad analizzare i vari contenuti sulle tre dimensioni del GRI, qual è il tema che non è centrale nel GRI ma invece è
previsto nel 26000? Questo relativo ai consumatori]
7. Coinvolgimento e sviluppo della comunità
Coinvolgimento della comunità, educazione e cultura, creazione di nuova occupazione e sviluppo delle competenze, sviluppo
tecnologico e accesso alla tecnologia, creazione di ricchezza, salute, investimento sociale.
È più facile essere più specifici perché a questi temi non corrispondono delle misure.

7 Raccomandazioni per Integrare la RSI


1. Analizzare la relazione tra organizzazione e responsabilità sociale
Tipo di organizzazione, settore, natura delle attività, dimensione, localizzazione, valori, principi, missione, obiettivi, codici di condotta,
orientamento strategico, catena del valore, ecc.
2. Comprendere la responsabilità sociale

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Adozione della necessaria diligenza, determinare la pertinenza e la significatività dei temi fondamentali, comprendere la propria sfera
d’influenza, stabilire le priorità
3. Pratiche per integrare la responsabilità sociale
Aumentare la consapevolezza e le competenze in materia di RS, definire l’orientamento dell’organizzazione, costruire la responsabilità
nel governo, nei sistemi e procedure
4. Comunicazione
Comprendere il ruolo della comunicazione nella responsabilità sociale, le caratteristiche dell’informazione, i tipi di comunicazione ed il
dialogo con gli stakeholder
5. Accrescere la credibilità
Metodi per accrescere la credibilità dei rapporti e delle affermazioni riguardo alla responsabilità sociale, risolvere i conflitti o il
disaccordo tra un’organizzazione e i suoi stakeholder
6. Riesame e miglioramento
Monitorare le attività sulla responsabilità sociale, riesaminare i progressi e le prestazioni, accrescere l’affidabilità della raccolta e della
gestione di dati ed informazioni, migliorare le prestazioni
7. Iniziative volontarie Natura volontaria della partecipazione, esempi di iniziative volontarie nell’Allegato A (che ufficialmente non fa
parte delle Linee Guida ISO 26000 e ISO non appoggia ufficialmente le iniziative riportate)

Gli Indici di Sostenibilità


- Dow Jones Sustainability World e Dow Jones Sustainability STOXX
- FTSE Global e European STOXX
- The ASPI IndexASPI
- EUROZONE® (Advanced Sustainable Performance Indices)

Gli Indici di Sostenibilità


L'indice di sostenibilità Dow Jones Sustainability World (DJSI World) comprende le migliori società a livello mondiale in termini di
performance sostenibile (che si sostanziano nel il 10% delle 2500 società di grandi dimensioni che fanno parte dell'Indice Finanziaro Dow
Jones Word), valutate secondo criteri economici, ambientali e sociali

L'universo di partenza è costituito dagli Indici FTSE All-share ed FTSE Developed Europe Index, esclusi i produttori di tabacco, armi,
detentori di stazioni di energia nucleare od operatori presso le stesse, imprese di estrazione o produzione di uranio. Per essere ammesse agli
indici FTSE, le aziende devono:
•Impegnarsi per la sostenibilità ambientale;
•Sviluppare relazioni positive con gli stakeholders;
•Appoggiare e supportare i diritti umani universali.

Dow Jones Suistainability Index


C’è una valutazione dell’azienda che si sta
valutando (prima colonna) e poi i range medi
all’interno del quale devono essere valutati.
La valutazione deve essere anche utile a comparare
perché vengono selezionate solo le aziende che
hanno una sostenibilità elevata. In questo caso
l’azienda è minore del minimo in quanto 61 è
minore di 63. Quindi non è entrata in questo indice
Poi abbiamo il punteggio complessivo sulle tre
dimensioni, questa azienda è debole sulla
dimensione ambientale. Per ogni dimensione
abbiamo una valutazione sulle singole voci
In questo caso vengono considerate la corporate
governance, i codici di condotta, la gestione dei
rischi, brand, lotta al crimini e stakeholder
engagement. Queste sono quelle più importanti che
compongono la dimensione economica
Nella dimensione ambientale l0azienda è molto
indietro per quanto riguarda la dimensioni dei rischi.
Mentre nella dimensione sociale, il reporting è molto
elevato. Quindi segue i principi ed è trasparente
Questa valutazione ci aggiunge il fatto di validare
l’analisi effettuata sul bilancio tramite la società di
rating che sta rilasciando questo score, poi ci aggiunge
una informazione importante che non siamo in grado
di verificare dal bilancio. Ossia che in termini di
processo e di rischi questa azienda non ha fatto alcuna
azione
Queste valutazioni spesso sono un risultato finale di
un questionario che la società di rating propone alla
azienda. Quindi abbiamo anche un approfondimento
legato ai processi, dialogando con l’azienda.
Per quanto riguarda la dimensione sociale ci sono le
tematiche relative ai dipendenti, fornitori, etica degli
affari, cittadinanza d’impresa, capitale umano

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Una volta effettuato questo arriva la valutazione finale: dentro o fuori il rating.
Questo aiuta le aziende a capire a che livelli sono valutati.
[quando verifichiamo se ci sono delle certificazioni, andiamo a identificare se l’azienda è quotata in alcuni di questi indici, ha effettuato delle
valutazione da alcune di queste società di rating]

Ora manca una verifica di un soggetto esterno sulla performance della sostenibilità dell’azienda. Questo avviene tramite i premi sulla
sostenibilità
Questi premi sul bilancio di sostenibilità, sul prodotto più sostenibile, azienda con un impatto zero, l’azienda più circolare sono pochi ma il
processo è sempre lo stesso.
Ci si misura su alcune tematiche della sostenibilità e c’è un soggetto esterno che valuta attraverso i dati

Esempio analisi del bilancio di sostenibilità di Davines (forma)


Questa azienda non è soggetta al decreto che prevede la DNF in maniera obbligatoria
Per questo motivo questa azienda ha mano libera nel decidere il modello di rendicontazione
[tra gli indicatori del GRI guardare nei bilanci se c’è qualche riferimento alla circolarità]

Esempio analisi del bilancio di sostenibilità 2020 Gruppo Ostero


Società che si occupa della produzione e commercializzazione di frutta e ortaggi. Si tratta di un’attività familiare, rispetto alla norma di
questo tipo di aziende questa azienda è stata quotata in borsa. Quindi ha la necessità di rispettare ciò che il decreto legislativo della
Disclosure finanziaria prevede
[indicare settore di appartenenza]
Leggendo l’indice dobbiamo capire se all’interno del documento vengono ripresi gli standard GBS e GRI

La nota metodologica evidenza che il bilancio è stato redatto in conformità con il GRI secondo l’opzione ‘in accordance – core’. Quindi ci
sta dicendo che il livello di attinenza è base. Occorre vedere se questo viene confermato nella revisione
Nella nota metodologica si evidenziano anche delle certificazioni volontarie
Controllare ISAE 3000, si evidenzia anche con la revisione

C’è un riferimento al codice etico


[verificare se c’è un richiamo dei temi e dei valori riportati nel codice etico anche del bilancio di sostenibilità]

Governance del gruppo


Vedere se c’è un informazione sugli organi principali
Capire se c’è una qualche definizione degli organi e delle funzioni

Stakeholder
In questo caso c’è una mappatura degli stakeholder
Quelli che hanno una dipendenza maggiore e rilevano delle risorse importanti per l’azienda sono gli stakeholder strategici
[vedere se gli stakeholder rappresentati nel bilancio sono gli stessi del codice etico]
[Non limitiamoci a fare la lista delle certificazioni che ci sono. Vedere se ci sono quelle che cercano di gestire tematiche che vanno oltre al
tradizionale processo di rendicontazione]

Matrice di materialità
[tenere traccia di quelle più materiali, in quanto la matrice dovrebbe indicarci se le azioni più materiali sono quelle in cui l’azienda va a
misurare il suo impatto].
Oltre che andare ad analizzare in che modo è stata costruita la materialità, verificare anche che le azioni più materiali sono opportunamente
misurare all’interno del bilancio
Citare le azioni che vanno a raccontare all’interno del bilancio l’impatto generato relativo su quel tema

Certificazioni
Verificare se viene esplicitato a quale società e sedi produttivi fanno riferimento

Valore aggiunto
In questo valore aggiunto abbiamo solo 2 anni (aspetto critico). Due anni non sono sufficienti per valutare l’andamento.

Responsabilità sociale
I dati sono ricchi (dipendenti, genere, età, contratto di lavoro)
Aspetto critico: viene fatto solo su due anni
Sulla salute e sicurezza ci sono i principali indicatori previsti dal GRI. Non ci sono obiettivi futuri
[verificare se ci sono obiettivi futuri per capire se abbiamo un metodo di paragone]
Il bilancio dovrebbe aiutarci a capire l’impegno dell’azienda nei confronti degli stakeholder e delle tre dimensioni
Il GRI prevede l’equilibrio, quindi bisogna riportare solo le criticità, se si riduce a due anni queste criticità non vengono riportate.

Responsabilità ambientale
Ci sono una serie di indicatori previsti dal GRI
Ci sono le emissioni scop 1, scop 2 e scop 3
Capire se le tonnellate di emissioni sono tante o poco con specifici indicatori (es. campi da calcio).

Verso la fine troviamo l’indice dei contenuti GRI


Ci interesse verificare il riassunto con tutti gli indicatori previsti dallo standard
Qua prendiamo per tutte e tre le dimensioni uno degli indicatori (più peculiare) e confrontarlo rispetto a quanto la definizione del GRI
propone

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Revisione
Per quanto riguarda la conformità al GRI c’è un ultimo passaggio che dice che non sono stati trovati elementi non conformi. Apparentemente
conferma quanto detto dalla società
Ma non conferma il livello di conformità in accordance core
Hanno rilevato alcuni aspetti per quanto riguarda il processo di revisione, ma non entra dentro nel dato
Non ci sono valutazioni A, A+ quindi si tratta di una revisione in senso stretto

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