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ECONOMIA DELLO SVILUPPO SOSTENIBILE

29/09/2021
Concetto di sviluppo sostenibile
Due termini: sviluppo e sostenibile.

Sviluppo
Dal punto di vista economico allo sviluppo è stato associato il significato di crescita. La BM
definisce alcuni paesi sviluppati e altri IVS in base alla capacità di produrre.
Schumpeter -> sviluppo di tipo economico
Shen -> sviluppo come sviluppo umano
Abbiamo ampio ventaglio di definizioni di sviluppo e quindi anche di misurazioni dello
sviluppo. Dobbiamo concordare che l’obbiettivo dello sviluppo è quello di migliorare le
nostre ambizioni. Tuttavia, nell’ambito economico al significato di sviluppo è stato associato
quello di crescita economica -> crescita PIL pro capite. NB il PIL costituisce il valore di
mercato dei beni e servizi finali che possono essere prodotti in un determinato periodo di
tempo in paese con i fattori produttivi del paese. Il PIL è una misura a cui si fa tantissimo
riferimento. Il pregio del PIL è che cerca di rappresentare il livello dell’attività economica di
un paese con un solo indicatore. Il PIL è associato allo sviluppo perché si pensa che una
crescita del PIL che permette di disporre di più beni e servizi possa soddisfare un maggior
numero di bisogni e aspirazioni, ma questo non è sempre detto. Tuttavia, possiamo
osservare che in passato la crescita del PIL sia stata accompagnata ad un miglioramento
della qualità della vita (es. crescita del PIL ha determinato in passato la crescita dell’attesa di
vita). Questo ha portato ad identificare la crescita del PIL come sviluppo.
Dobbiamo tuttavia fermarci oggi e guardare con più criticità al significato del PIL perché
osserviamo che oggi non è più vero che una crescita del PIL si accompagna ad un aumento
della capacità del PIL di soddisfare i bisogni dell’uomo. Oggi un aumento del PIL non solo a
volte non si accompagna ad un miglioramento della capacità di soddisfare bisogni, ma
addirittura ostacola la possibilità di soddisfare tali bisogni. Una crescita del Pil non sempre è
accompagnata da un aumento del benessere, perché il PIL misura il valore di mercato dei
beni. e servizi che transitano dal mercato. Il valore dei beni e servizi è indicativo della loro
capacità di soddisfare i bisogni? I marginalisti avevano dedotto che non poteva essere
l’utilità di un bene a determinarne il valore (vedi appunti marginalisti).
Nella contabilità nazionale del PIL misuriamo i beni che transitano dal mercato, ma fino a
pochi anni fa escludendo dalla misurazione i beni di cui non rilevo il passaggio sul mercato
(mercato sommerso o illegale). Tuttavia, all’interno dell’UE si è imposto un sistema di
contabilità che impone ai paesi di fare una stima di questi mercati sommersi o illegali.
N.B. Il PIL sintetizza la capacità di utilizzare le risorse in modo produttivo; se una maggior
produzione si riflette in una maggior capacità di soddisfare i bisogni le della popolazione,
una crescita del PIL pro-capite potrebbe contribuire a migliorare la condizione della
popolazione
30/09/2021
Il settore pubblico produce inoltre molti beni e servizi che non sono destinati alla vendita ->
per cui il valore viene dato dal costo di produzione. La remunerazione all’interno del settore
pubblico potrebbe quindi non essere collegata alla qualità dei beni e servizi.
Consideriamo anche che molto spesso, guardando la contabilità nazionali, se vediamo il PIL
crescere in un paese, siamo indotti a dire che c’è stato sviluppo. Non sempre vuol dire che

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soddisfiamo più bisogni di un tempo. Alcune attività non vengono registrate nel PIL (es.
volontariato), per cui il PIL diventa un indicatore poco efficiente nella misurazione del
benessere.
Consideriamo un altro aspetto: che riguarda le attività di ricostruzione dei danni. Eventi
tragici come inondazioni e terremoti, che distruggono vite e infrastrutture vengono rilevate
nel PIL quando c’è un’opera di ricostruzione. Tutte le spese di rispristino non dovrebbero
essere introdotte nel PIL perché vanno solo a rimediare a qualche danno che c’è stato.
Si può pensare al PIL come un flusso, ma il benessere ha bisogno di un flusso e di un fondo -
> quando guardiamo la condizione economica di una persona guardiamo reddito e ma
anche il patrimonio. Il problema di quando guardiamo una nazione, siamo concentrati solo
sul PIL (reddito) e non anche al patrimonio. In un paese dovremmo guardare al patrimonio
costruito dall’uomo, quindi il capitale di produrre, ma anche il capitale naturale, ambientale.
Dobbiamo prestare attenzione al fatto che a volte la produzione del reddito va a discapito
del patrimonio e tante volte per produrre distruggiamo capitale naturale e il reddito non ne
tine conto. Quindi il reddito è cresciuto a scapito del patrimonio che resterà impoverito.
Tutto questo per osservare quanto il riferimento al PIL come indicatore di benessere è
sicuramente da prendere in considerazione, ma ricordando anche tutto quello che non può
misurare e le variazioni del patrimonio.

Sostenibile
Dobbiamo osservare che questo concetto proviene dall’ambito naturalistico, dove viene
definita una risorsa sostenibile quando […]
Il concetto di sviluppo sostenibile è inteso in maniera non unanime, implica idee e valori
diversi, al variare delle convinzioni anche du natura etica circa quali siano gli obbiettivi che
una società deve conseguire. (qui c’è un esempio che non ho scritto). Che cosa debba essere
inteso come sostenibilità è molto controverso.
Idea di sviluppo sostenibile sembra poter conciliare lo sviluppo con la sostenibilità. In molto
caso osserviamo che lo sviluppo inteso come crescita è andato a scapito della conservazione
della sostenibilità.
Alcuni ritengono che parlare di sviluppo sostenibile sia una contraddizione. Certamente
quando parliamo di sviluppo dobbiamo avere attenzione al benessere delle persone, ma
dobbiamo pensare che queste condizioni siano compatibili con la salvaguardia del capitale
ambientale.
Molto autori ritengono che non si possa tendere ad una crescita continua della popolazione
e della produzione. Date le dimensioni del nostro pianeta avere delle politiche di continua
crescita della produzione è una politica non accettabile. Dobbiamo osservare che la grande
crescita economica che ha caratterizzato i paesi industriali ha interferito sulle relazioni tra
vita umana, capitale naturale e capitale ambientale, portando dei grandi squilibri.
Una definizione molto conosciuta di sviluppo sostenibile è apparsa nel rapporto Our
Common Future. Definisce lo SS come uno sviluppo che richiede una gestione delle risorse
che assicuri una qualità della vita possa essere condivisa anche dalle generazioni future. Non
dobbiamo quindi guardare al reddito, ma a tutto ciò che può far migliorare la qualità della
vita, quindi la salute, l’istruzione ecc.
Certamente dobbiamo pensare che lo sviluppo soddisfi i bisogni primari, ma dobbiamo
anche considerarne che deve dare a tutti una vita migliore (eliminare povertà estrema, fame
ecc.). questi traguardi devono essere raggiunti senza sfruttare il patrimonio in modo tale da
precluderne l’uso per le generazioni successive.

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Questa visione è vista da molto con una SS che si poggia su tre pilastri: economic,
environmnet e social.
L’abbassamento di un pilastro può essere compensato dall’innalzamento di un altro? È
sufficiente che un pilatro avanzi per compensare le riduzioni degli altri?
Il tipo di compensazione che può esistere tra uno e l’altro è visto in modi diversi dagli autori.
Per alcuni non ci può essere una sostituzione di uno a scapito dell’altro. Altri sostengono che
una traiettoria possa essere sostenibile qualora la crescita di una di questi pilastri sia. In
grado di compensare il deterioramento di un altro.
Ci sono principi che sono comunque condivisi:
- Interrelazione tra sistema naturale e sistema ambientale e vita essere viventi.
- Lo SS deve prevenire gli impatti ambientali.
- Conservazione della diversità biologica e anche quella culturale, erchèp come la
diversità biologica è fondamnetale per la sopravvivenza delle specie, UNESCO
sottolinena che la doversità culturale è fondamnetale per noi
- Prima di proceder ad una azione dobbiamo valutare la c.d. capaità di carico, cioè il
numero di essri animali e vengetali che un ambiente può sostenetre
- Noi dobbiamo agire per la tutela dell’ambiente a beneficio nostro e delle generazioni
future
Perseguire lo SS dipende comunque molto dalle visioni da chi sceglie una particolare politica
e osserviamo anche che molto spesso l’idea di SS è collegata al mantenimento di un certo
livello di benessere (capacità di crescita), quindi abbiamo politiche che sono considerate
sostenibili qual ora permettano di mantenere lo stesso livello di consumi e di reddito che
viene confuso con il livello di benessere.
Altri autori legano l’idea si SS all’idea di conservazione di capitale naturale, quindi ritengono
sostenibile una gestione delle risorse che mantenga inalterato lo stock di risorse naturali
utilizzate.

Herman Daly da una definizione forte di SS. Lui individua tre elementi che caratterizzano lo
SS:
1. Il nostro modo di utilizzare le risorse che sono capaci di rinnovarsi non deve superare
la cloro capacità di generazione (?);
2. L’immissione di sostanze inquinanti di scorie nell’ambiente non deve superare la
capacità assimilativa dell’ambiente stesso (La capacità assimilativa dell’ambiente
oggi è superata dalle emissioni di gas serra che produciamo);
3. Uno SS deve utilizzare le risorse non rinnovabili (olio, metano) in linea con la capacità
di trovare un sostituto.

Gli economisti guardano molto alla capacità di carico di un sistema. Da questa idea di
capacità di carico in relazione ad una singola specie vivente, si è passati a valutare la
capacità di carico di un intero ecosistema (capacità de pianeta di produrre cibi, sostenere la
vita umana). Molto ritengono possibili arrivare anche ad una popolazione molto più elevata
di quella attuale, ma non con il nostro modello di produzione, estrazione ecc.

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Lo sviluppo sostenibile nel pensiero economico

mercantilisti
Osserviamo che questa analisi delle relazioni tra sistema economico e ambiente ara già
considerata tra j primi studi della scienza economica. Già gli autori mercantilisti guardano
alla ricchezza di un paese. Si tratta di un insieme di studi eterogenee, ma uniformità nell’dea
che ricchezza di un paese dipenda dal numero della popolazione e delle risorse a
disposizione. Come può un paese aumentare la propria dotazione di oro? O facendo più
esportazioni che importazioni o colonizzando altri territori. Da questa analisi, quindi, segue
che un paese poteva aumentare la propria ricchezza sfruttando la ricchezza di un latro
paese. Non c’era quindi idea di ricchezza che cresce, tanto più Ha qualcuno, tantomeno ha
un latro. Una ricchezza quindi che non può crescere.
Questa visione è in contrasto che per migliorare la condizione dei meno abbienti non sia
necessario una diminuzione del benessere. di chi sta meglio.
I teorici della decrescita dicono che se vogliamo superare la disparità, il mondo ricco deve
addirittura decrescere. La parte più ricca deve quindi rinunciare a qualche cosa.
Da come quindi si intende la ricchezza, dipendono le politiche
Nella scuola dei mercantilisti è iniziata poi a svilupparsi un’idea deriva anche dalla capacità
di un paese di produrre e di esportare. Che non solo sono le dotazioni, ma anche il modo in
cui io uso queste risorse, la capacità di utilizzare la terra che determinano la ricchezza.
Abbiamo quindi un passaggio da un’idea di ricchezza come fondo ad un’idea di ricchezza
come flusso, che parte dal fondo.

Fisiocrati
Questa idea di ricchezza come flusso è chiarissima nella scuola successiva, quella dei
fisiocrati (seconda metà 18 sec), che considerano diverse classi sociali: agricoltori,
manifatturieri e classe aristocratica. Ritengono che la capacità di creare ricchezza sia nella
terra. Perché questo grande limite? loro ritengono produttiva solo la terra perché li riesco a
misurare un sovrappiù in termini fisici. Manca una teoria del valore. Non si considerano altri
input come la terra e la manodopera.
I fisiocrati considerano addirittura il settore manifatturiero sterile, perché non riescono a
misurane il valore aggiunto.
A partire questo limite però è fondamentale la loro analisi sull’idea di sovrappiù (il nostro
PIL). Inoltre, evidenziamo che il vero sovrappiù è qualcosa che permette, una volta ottenuto
il prodotto, di rimpiegare tutti gli input.
Quest’idea di sovrappiù è quella che noi misuriamo nel nostro PIL? Noi quando parliamo di
PIL misuriamo davvero un sovrappiù? L’idea di contabilità nazionale si basava su una
misurazione che calcolava il sovrappiù rispetto all’imput. Ma il nostro PIL non considera tutti
gli input. La nostra contabilità nazionale ci trae in inganno, noi pensiamo sia qualcosa in più,
ama in realtà il nostro PIL calcola il valore degli input di mercato al prezzo, quindi non
contabilizza tutti i fattori che non hanno prezzo. Quindi abbiamo una misurazione di. un
prodotto netto, che in realtà prodotto netto non è (N.B. quasi tutti i beni ambientali non
sono contabilizzati).
Quindi il contributo dei fisiocrati mette in luce che il sovrappiù deve essere qualche cosa che
permette di ripristinare tutti i precedenti input. Allora viene fuori un’idea fondamentale per
la sostenibilità:

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o economia circolare -> il tableau economique evidenzia la circolarità. Il sistema può
davvero essere circolare se la produzione finale è in grado di ricostituire tutti gli
input che sono stati utilizzati.
Il grano va agli aristocratici perché il sovrappiù è dato dalla terra, quel sovrappiù
deve allora appartenere ai proprietari terrieri, cioè gli aristocratici. Questi ultimi lo
consumano e lo scambiano e quindi il sistema è in stato stazionario.
L’idea che vien fuori è che questo sovrappiù deve essere non tutto consumato, ma
risparmiato e investito per far si che il sistema cresca. Lo schema del tableau
economique evidenza questa circolarità.

L’analisi della crescita della sostenibilità di Quesnay permette di rappresentare due


fondamentali problematiche:
1. si deve considerare il sovrappiù solo quello il cui consumo compromette le possibilità
di riproduzione che richiedono di essere attentamente valutate
2. l’ampliamento del sovrappiù dipende dalle scelte riguardo il suo impiego. Se è
interamente consumato il sistema non può crescere.

Sia fondo (mercantilisti) che flusso (fisiocrati) devono essere considerati per valutare le
politiche della sostenibilità.

Economisti classici
Per i classici il sovrappiù può essere ottenuto in ogni processo produttivo. L’analisi degli
economisti classici osserva che servono terra lavoro capitale, ma la possibilità di ottenere un
sovrappiù dipende dalla possibilità di sfruttare/impiegare tutti questi tre fattori. Servirà
quindi una teoria del valore.

ADAM SMITH
Lui osserva che la ricchezza dipende dalla quantità di beni che il lavoro consente di produrre.
Quindi dipende dal lavoro e dalla capacità dei lavori di produrre output. Per Smith
l’aumento della capacità

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13/10/2021
BUOLDING
Ci invita a riflettere che il nostro pianeta è grande ma è finito.

EHLRIC
paragona la crescita demografica ad una bomba. La forte crescita demografica è stata
accompagnata da grandi divari, carestie e conflitti e da grandi problemi ambientali. La
soluzione proposta è quella di stabilizzare la popolazione mondiale ad un livello compatibile
con la diponibilità delle risorse. Avviare quindi delle politiche. Di contenimento demografico.

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HARDIN
Parla della tragedia dei Commons. I Commons sono le proprietà comuni. Il nome deriva dalla
tradizione anglosassone in cui ogni villaggio aveva un pascolo all’interno del quale gli
abitanti del villaggio avevano il diritto di far pascolare le loro bestie.
Evidenzia il fatto che l’esistenza di un Commons implica una tragedia. Cerchiamo di capire il
termine tragedia: che cosa è una proprietà comune? Un bene a libero accesso dive chiunque
può accedere, ma dove la presenza di uno influisce sul benessere di tutti gli altri che hanno
accesso a quel bene.
Nel Commons della tradizione anglosassone, il fatto di far pascolare molte bestie sullo
stesso pascolo causava, col calpestio, un terreno più compatto, una maggiore difficoltà di
nutrizione del bestiame e quindi danni agli allevatori e agricoltori.
Un esempio che possiamo fare oggi è quello delle strade, sono un bene comune, tutti le
possono usare, a tutti siamo consapevoli delle riduzioni di benessere che derivano da questo
fatto (inquinamento, traffico, congestionamento ecc.).
Hardin parla quindi di tragedia perché? Le tragedie greche non avevano un lieto fine, qui la
tragedia consiste che la regolamentazione del common o arriva ad uno sfruttamento del
bene comune in modo efficiente (implica la limitazione della libertà di alcuni ad accedere a
quel bene comune) o non limita la libertà, che implica uno sfruttamento inefficiente. Non c’è
una soluzione che consenta libertà ed efficienza insieme di un Commons.
Hardin parla quindi della tragedia dei beni comuni.
Che cosa propone Hardin per utilizzare le risorse a libero accesso in modo efficiente? I
Commons nella tradizione inglese. Sono stati privatizzati, quindi ogni allevatore poteva
valutare singolarmente la corretta consistenza della sua mandria perché qualora l’avesse
ampliata i danni sarebbero ricaduti sull’allevatore stesso. Quindi privatizzare un bene
comune implica che ogni individuo può scegliere come utilizzare il bene comune, ne vede i
costi e i benefici e lo utilizza in modo efficiente.
Un’altra soluzione è arrivare alla gestione pubblica, solo un’autorità pubblica ha un’autorità
di imporre delle regole (es trade: autorità pubblica può dare blocco del traffico).
Per utilizzare in modo efficace un bene a libero accesso abbiamo quindi due scelte:
privatizzarlo ove possibile o darlo in gestione ad un’autorità pubblica.
Abbiamo poi un contributo di una autrice, Elinor Ostrom, che ritiene che in certe comunità si
sviluppi uno spirito di solidarietà e attenzione al benessere altrui, per cui le persone
autonomamente decidono id comportarsi in un certo modo.

BERRY COMMONER
parla di chiudere un circolo, natura-uomo-tecnologia. Osserva che in. natura ogni ciclo
termina lasciando al nuovo ciclo sostanze organiche che permettono la ripresa del ciclo
successivo. Osserva anche che l’uomo, intervenendo nel sistema naturale, ha rotto il cerchio
della natura, rompendo quegli equilibri naturali. Da anche cosa dipende questa rottura del
cerchio? impatto demografico, quantità beni materiali che popolazione vuole possedere,
modo in cui tali beni vengo prodotti.
Commoner sottolinea ala necessità di chiudere il cerchio, il comportamento umano che ha
impattato in termine di risorse energetiche e naturale deve essere chiuso. La maggior
responsabilità di questa rottura secondo lui è dei paesi più ricchi, quindi ei paesi che hanno
avuto un maggior impatto sulle risorse naturali.

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In un altro lavoro parla di far pace col pianeta, per farlo bisogna modificare le disuguaglianze
oggi esistenti. Queste disuguaglianze richiedono che la parte più ricca smetta di cresce
sempre di più.

NICOLAS GEOGESCU-ROEGEN
osserva che gli economisti hanno ignorato le leggi della termodinamica nell’elaborale le loro
tesi. Lui afferma che anche le teorie economiche devono tener conto delle leggi fisiche.
Leggi termodinamica:
1- non è possibile né creare né distruggere né energia o materia. C’è solo
trasformazione.
2- Questo processo di trasformazione dell’energia trasforma l’energia da uno stato più
disponibile ad uno meno disponibile. Si determina quindi una dissipazione
dell’energia.
Che cosa ricava Geogescu-Roegen da queste due leggi? Se non possiamo creare energia,
dobbiamo riciclare i materiali che abbiamo. Ma la seconda legge ci dice che ogni
trasformazione va verso una dissipazione dell’energia, questo implica che la possibilità di
mantenere l’energia e la materia con il riciclaggio non è realizzabile per una legge fisica.
Osserva quindi che il ciclo economico non può essere pensato come circolare perché ogni
processo di è produzione utilizza un’energia ad alta entropia e lo rilascia a bassa entropia,
creando inquinamento e determinando cambiamenti ambientali.
Allora che informazioni ci offre per permettere di modificare il nostro modo di produrre?
L’unica energia che abbiamo in modo indefinito è il solare, è l’eolico. Lui afferma quindi che
per soddisfare i bisogni dell’uomo dobbiamo usare l’energia solare. Poi certamente è
importante ridurre le disparità esistenti e permettere anche alle nazioni che non sono
riuscite a progredire di raggiungere n livello di vita decoroso. Bisogna quindi avere
un’agricoltura che non deteriori; avere una popolazione in linea con le capacità
dell’agricoltura; evitare gli sprechi; progettare i beni in modo che siano durevoli e riparabili.
La sua conclusione non è molto positiva. Se vogliamo ridurre le disuguaglianze dobbiamo
modificare il modello dico sumo dei paesi ricchi e arrivare ad una riduzione della loro
produzione. Visione di un limite invalicabile alla continua crescita. lui critica quindi la teoria
economica che cerca delle politiche per continuare a crescere invita a incorporare le leggi
della termodinamica

WILLIAM NORDHAUS
richiama l’analisi precedente e pone questo interrogativo: la crescita è obsoleta? Propone
quindi nuove misure di benessere. Lui è rilavante per la sua ricerca riguardo il tema del CC e
del riscaldamento globale. Le sue analisi hanno permesso od creare dei modelli che valutano
le interazioni tra sistema economico e sistema climatico, arrivando a sostenere che le
emissioni di carbonio e altri gas nell’atmosfera deve essere penalizzata. Prospetta quindi
diversi strumenti (carbon tax; meccanismi di cap-and-trade). A questi meccanismi, dice,
devono poter accedere anche i paesi più poveri. C’è quindi bisogno che i paesi più ricchi
forniscano assistenza dal punto di vista finanziario e tecnologico.

Negli anni 70 appare una corrente che è stata soprannominata di neomalthusiani. Questa
coerente è ad opera della pubblicazione di un rapporto richiesto dal Club di Roma. Il club di
Roma radunava diversi esponenti della comunità scientifica e aveva come obbiettivo quello
di analizzare i grandi problemi di fronte a noi e di valutare questi problemi a livello mondiale

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e di proprie delle soluzioni per fronteggiare queste grandi sfide. Perciò decide di
commissionare un rapporto al MIT. Questo rapporto è intitolato Limiti allo sviluppo.
L’opera di questi scienziati è sta rivolta a raccogliere dati sull’uso storico delle risorse e a
prevedere l’uso futuro arrivando a cerare molti allarmi. Allarme sulla mancata disponibilità
di risorse future per molti settori industriali.
Il rapporto evidenziava il raggiungimento dei limiti analizzando i dati del passato riguardo la
dinamica demografica, l’utilizzo delle risorse naturale e l’inquinamento. Sulla base di questi
dati estrapolava la conclusone per il futuro. I risultati furono preoccupanti. Il fatto do aver
estrapolato la dinamica delle variabili è stato oggetto di critica, perché la reazione dell’uomo
di fronte alla scarsità è di mettere in atto meccanismi che procurano altra scarsità. Il
rapporto però è nato in un periodo in cui …
Ha costituito un grido di allarme, anche se non si escludeva la possibilità di raggiungere una
stabilità economica ed ecologica e si riprende un concetto di Mill: una situazione del genere
non dovrebbe essere intesa come un assenza di progresso, perché … evidenziava come una
situa di equilibrio potrebbe permettere di avere progresso e soddisfazione dei bisogni
umani.
14/10/2021
DELI (?)
ha pubblicato un lavoro sull’economia dello stato stazionario ritenendo che questo stato
permette di avere un equilibrio biofisico e una crescita molare. Definisce lo stato stazionario
come una situazione basata sull’etica della … questa condizione di stazionarietà non
dovrebbe essere intesa come una situa in cui le nazioni smettono di arricchirsi, ma come
una situazione ideale, miglioramento in educazione, salute e ambiente.
In un altro lavoro deli sottolinea principi che dovrebbero essere osservati per raggiungerlo
sviluppo sostenibile. Osserva che capitale natarle e capitale prodotto dall’uomo non sono
sostituibili, e sono complementari. La disponibilità di ciascun capitale influisce sulla
possibilità di usare l’altro. Un equilibrio ideale dovrebbe essere una condizione di equità ->
attuare quindi delle politiche che non vadano a ridurre il patrimonio naturale e ambientale.
Indica tre principi:
1. Risorse rinnovabili. Riproducibili sono utilizzate in modo sostenibile quando il nostro
sfruttamento non altera la loro capacità di riproduzione e non causa quindi un
impoverimento né nella quantità né nella qualità
2. Risorse non rinnovabili. Ogni sfruttamento odierno riduce le possibilità di
sfruttamento nel futuro. Devono quindi essere sfruttate in linea con la capacità di
creazione di sostitutivi di queste risorse.
3. La nostra attività di produzione e consumo genera delle esternalità secondo deli la
nostra produzione di rifiuti non deve superare la capacità di assimilazione dei nostri
sistemi. Bisogna tener conto di quella che lui chiama scala della biosfera. La scala
economica deve essere in linea con la scala della biosfera.

Conferenze internazionali

Beni pubblici -> non escludibili e non rivali (def. economica). Cosa vuol dire? Esempio: un
faro è un bene pubblico perché nel momento in cui un faro giuda le navi non posso
escludere le navi che lo vedono, per escludere alcune navi dovrei spegnerlo ed escludere
tutti. Non rivale nel senso che la quantità a disposizione di quel bene è uguale per tutti.

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Free rider -> giustificativo di coloro che salgono sui mezzi pubblici senza dover corrispondere
il biglietto, tanto il servizio pubblico funzionano stesso e non è aggravato dalla loro azione.
Questo comportamento di free rider è rivolto a quelle persone che non vogliono pagare un
corrispettivo per la fruizione di un bene che è pubblico.
Il miglioramento climatico è un bene pubblico, la concentrazione di gas serra nell’atmosfera
è un bene pubblico.
C’è la difficoltà di giungere ad un accordo, il quale può essere prodotto dal settore pubblico.
Il settore pubblico interviene perché ha poteri in positivo. Esempio: Noi attraverso la TASI
che colpisce i possessori di case contribuiamo alla fruizione del servizio.
Questa è una premessa nel comprendere la difficoltà di giungere a degli accordi perché a
livello della comunità internazionale manca questa autorità pubblica che agisce in positivo.

La conferenza dell’ambiente umano di Stoccolma 1972


Lo scopo della conferenza era di analizzare i problemi che davvero minacciavano il pianeta
in modo evidente. Era un momento di crisi energetica, in cui sono iniziate a comparire
gruppi ambientalisti forti. Questo ha permesso alla conferenza di avere grande risonanza.
Erano allora presenti delegati din113nazioni che hanno stilato un piano d’azione contenete i
diritti, ma anche le responsabilità dell’uomo in relazione all’ambiente globale. A Stoccolma
viene adottata una dichiarazione, la dichiarazione di Stoccolma …. (Attenzione alle
responsabilità e ai diritti -> grande libertà determina poca responsabilità. Tanta
responsabilità determina meno libertà). Nella dichiarazione si afferma che le risorse naturali
devono essere salvaguardate. Si richiamano le istituzioni, che devono agire pre proteggere e
migliorare l’ambiente umano. Si riconosce non solo la responsabilità. Dei governi, ma anche
degli uomini. Ambiente viene riconosciuto come patrimonio dell’umanità, patrimonio
comune. Concetto basilare nella definizione delle attività umane che possono attuare questo
bene. Si richiama la responsabilità ala fine di assicurare non solo a noi, ma anche ai posteri
un ambient più adatto.
Un altro risultato è quello di aver istituito un programma (nome programma?) per
coordinare e promuovere le iniziative in ambito dell’ONU in relazione alle questioni
ambientali.
Due anni dopo la conferenza di Stoccolma è stato istituito il Worldwacth Institute che
raccoglie e pubblica dati utili per l’analisi dei … condizionano il nostro pianeta.
Questo istituto pubblica dei rapporti che evidenziano la relazione tra sistema economico,
naturale e sociale. Il primo è nel 1984 dove vengono divulgati questi dati sullo stato del
mondo.

La commissione mondiale per lo sviluppo e l’ambiente



Richiesta di cooperazione su scala globale. La promozione di un bene pubblico non può
avvenire senza cooperazione. la commissione pubblica un rapporto in cui parla di un
comune futuro.il rapporto Bruntnam (?)
Richiamo ad uno sviluppo che non riporto danni naturali. Afferma che non esistono precisi
limiti alla crescita. (vedi slide)
Il rapporto sottolineala necessità di equilibrio globale che permetta di conciliare le ….

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Comitato intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC)
Il suo scopo è quello di unire i più brillanti esperti sul clima al fine di valutare tutte le info
disponibili in capo scientifico e socioeconomico delle conseguenze del cambiamento
climatico. Devono valutare l’impatto del CC e proporre delle strategie di adattamento al CC.
questa valutazione viene espressa all’interno di un rapporto.

Conferenza sull’ambiente e sviluppo (1992)


Scopo di valutare i problemi che dobbiamo affrontare per attivare uno sviluppo sostenibile.
La comunità internazionale si riunisce per considerare i problemi già emersi, ma a favore di
una cooperazione e per arrivare a cerare accordi internazionali. La conferenza produce
importanti risultati che sono accordi e convenzioni.
NB nome di ambiente e sviluppo vengono accostati. Passo molto importante.
Tre accordi:
1. Agenda 21 -> un programma di azione che stabilisce che a scala globale e nazionale
debbano essere programmate le azioni dello sviluppo sostenibile.
2. Dichiarazione dei principi per la gestione delle foreste -> stabilisce quali principi
vanno seguiti per l’utilizzo sostenibile delle foreste ma in modo non vincolante.
3. Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo -> definisce i diritti egli obblighi delle
nazioni. Offre anche uno sviluppo sostenibile, richiede lotta alla povertà, attenzione
alla demografia e un cambiamento dei modi di produzioni. Si riconosce
l’interdipendenza tra sviluppo e protezione dell’ambiente e anche della pace. Per
eliminare le tensioni, le guerre è necessario conciliare sviluppo e ambiente.
- Principio di equità di intra e intergenerazionale è richiamato nella
dichiarazione, secondo il quale il diritto allo sviluppo … vedi slide
- Viene poi richiamato il principio precauzionale (vedi slide). Molti paesi
ritengono che le misure per risolvere i problemi ambientali debbano prima
essere scientificamente provati e a volte devono anche essere attuati solo s e
il costo economico non risulti eccessivo. In molti casi si agisce sena avere
attenzione alle conseguenze se il costo rilevato è troppo alto.
- Principio di diversa responsabilità è un principio molto innovativo. Si tratta di
un principio di responsabilità comune, ma differenziata. Quindi siamo tutti
responsabili, ma ala responsabilità di ciascuno deve essere differenziato. Tra
chi? Stati Sviluppati e Stati in via di sviluppo. In questa dichiarazione si
riconosce quindi un ruolo diverso per i danni creati all’ambiente da diversi
paesi i costi da sostenere perle politiche ambientali che devono
necessariamente tener conto del livello economico e delle possibilità
finanziarie dei diversi paesi.
- Il principio chi inquina paga (slide). Implica di saper calcolare il costo delle
esternalità e di far pagare a chi produce tali esternalità il costo determinato
- Principio di concentrazione che riguarda la cooperazione di tutti i governi.
Oltre a questi tre accordi, la Conferenza di Rio arriva a permettere la sottoscrizione di due
convenzioni
1. Convenzione sulla Biodiversità -> obbiettivo è quello di conservare la diversità
biologica, permetter e che queste risorse siano usate in modo sostenibile, ma anche
in modo equo. Che la ripartizione die benefici avvenga in modo equo e giusto. La
definizione di biodiversità è ampia, ha aa che fare con la diversità genetica, di specie,

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degli ecosistemi. L’obbiettivo, quindi, è quello di non ridurre la biodiversità in questi
sensi.
Perché era importante ad arrivare una convenzione che mirasse a salvaguardare la
diversità? Perché la biodiversità viene considerata il mezzo per la sopravvivenza e le
principali minacce alla biodiversità venivano dall’impatto della popolazione, della
produzione e dei modelli di consumo.
2. Convenzione quadro sui cambiamenti climatici -> stabilizzare le concertazioni
atmosferiche di gas serra per prevenire pericolose interferenze delle attività umane.
Obbiettivo che richiedeva di valutare quale livello delle emissioni di gas serra
avrebbe permesso di non interferire sul clima.
I gas serra vengono naturalmente assorbiti dalla vegetazione attraverso la funzione
clorofilliana e negli oceani. La parte non assorbita. Dalle piante dagli oceani va in
atmosfera, con tempi di permanenza che dipendono dal tipo di gas serra. Le azioni
passate avrebbero avute un’influenza nel futuro a causa del ritardo tra l’emissione di
gas serra e la concertazione nell’atmosfera.
Dobbiamo osservare che la convenzione stabilisce quali sono:
- le strategie da attuare -> prevenzione delle cause antropogeniche dei
cambiamenti; climatici (strategia di mitigazione); prevenzione delle
conseguenze negative e dei danni causati dai cambiamenti climatici (strategia
di adattamento).
- le priorità
- gli impegni
- le azioni
è stata creata la Conferenza delle parti (COP) che ha il compito di mettere in atto le
azioni che servono per raggiungere gli obbiettivi stabiliti dalla convenzione UNFCCC.
Vediamo ora gli sviluppi della Convenzione quadro. Ha creato questo organo, il COP.
La COP I si riunisce a Berlino e ritiene che non basterebbe mantenere le emissioni del
1990 anche nel 2000. A che livello di emissioni dobbiamo tornare? Si rimanda alle
COP successive di stabilire di quanto dovrebbero essere ridotte le emissioni.
Alla COP II di Kyoto viene firmato il primo accordo internazionale che ha valenza
legare per la riduzione dei gas effetto serra, il famoso Protocollo di Kyoto, che mette
in partica il principio di responsabilità comune ma differenziata. Nel protocollo
vengono considerati sei gas serra. Perché si chiamano gas sera, perché soni degli
effetti naturali. L’effetto serra in sé è benefico, naturale. A Kyoto l’impegno è per i PI
a una riduzione dei sei principali gas serra. La riduzione era di almeno il 5% rispetto al
1990.
Tuttavia, il protocollo non considerava tutti i possibili gas serra e si basava su un
principio visto nella dichiarazione di Rio, quello della responsabilità comune, ma
differenziata. Quindi chiedeva solo ai paesi nell’Annessi B (economie industrializzate
ed economie in transizione) di modificare le emissioni dei loro gas serra. L’impegno
richiesto dal protocollo era:
slide target riduzione delle emissioni (i dati non dobbiamo conoscerli)
da una parte tiene conto della diversa responsabilità, ma è molto difficile calcolare
correttamente le richieste e si creerà un aspetto di debolezza. Vediamo come:
la Cina non è inclusa, ma è il più grande emettitore.

11
Altro problema è che un paese può emettere poco, ma importare beni che hanno nel
loro ciclo produttivo comportano elevate emissioni in un altro paese. Possiamo
quindi non considerare il primo paese responsabile?
Altro aspetto è, la responsabilità deve fare riferimento al paese al numero di abitanti
del paese quindi alle emissioni pro-capite? E poi, devo guardare le emissioni attuali o
il cumolo delle emissioni?
Il Protocollo stabiliva due diversi requisisti per entrare in vigore
1. quantitativo -> almeno 55 partecipanti alla Convenzione sul clima devono
ratificare il protocollo
2. qualitativo -> tra questi paesi vi devono essere dei partecipanti indicati
all’Annesso I della Convenzione, che complessivamente siano responsabili del
55% delle emissioni totali di anidride carbonica nel 1990 …. Vedi slide
nel 1998 si apre la firma la protocollo di Kyoto, ma in attesa di superare questi die
vincoli, Bush afferma che non firmerà il protocollo. Perché? L’attenzione, nel
frattempo, era alla ripartizione delle emissioni globali e quindi il presidente
americano riteneva che il protocollo avrebbe creato degli svantaggi nei suoi rapporti
commerciali con la Cina.
Vent’anni dopo il vertice di Rio si tiene a Johannesburg un vertice mondiale sullo
sviluppo sostenibile per vedere i progressi. Qui la Russia annuncia che avrebbe
ratificato il protocollo di Kyoto. Questa ratifica arriva nel 2004 e permette di
superare il vincolo qualitativo.
Arriviamo al 2005 quando il protocollo di Kyoto entra finalmente in vigore.
Alcuni tra i maggiori produttori di gas serra, tra cui gli USA, non sottoscrivono il
Protocollo, considerandolo un freno …. Vedi slide
Che cosa chiedeva il Protocollo?
Slide misure previste dal protocollo X2
Il protocollo di Kyoto prescrive azioni domestiche, da effettuare cioè in ambito
nazionale da ciascun paese, ed azioni internazionali, da effettuarsi. Attraverso
cooperazione sia fra gli stessi paesi dell’annesso I sia tra i paesi dell’annesso I egli
altri paesi. Per tale cooperazione internazionale il Protocollo prevede specifici
meccanismi di cooperazione, definiti meccanismi flessibili.
….
Attuazione congiunta-> prevede programmi di cooperazione tra i paesi dell’annesso I
per ridurre le emissioni e aumentare gli assorbimenti
…..
Evitando le missioni all’interno di un altro paese si genera un credito di emissioni
detto Emission Reduction Units (ERU) che sono sottrattati all’ammontare dei
permessi del paese ospitante, a vanno a beneficio del paese che ha realizzato il
progetto. Il totale delle emissioni permesse nei due paesi rimane lo stesso.
….
21/10/2021
NB Parlando di gas serra -> Il PCCC determina il potenziale clima alterante dei vari
gas, che misura il contributo di un gas serra al riscaldamento globale rispetto
all’anidride carbonica. Quando ho calcolato questo potenziale di riscaldamento
posso tradurre l’impatto di ogni gas in termini di anidride carbonica. Questo è il
motivo per cui sentiamo sempre parlare di emissioni di carbonio.

12
La grande novità del protocollo era l’introduzione dei meccanismi flessibili. Scopo di
questi meccanismi era quello di permettere il soddisfacimento delle riduzioni di gas
sera al costo più basso possibile per i paesi obbligati dal protocollo. Quindi
permetteva una cooperazione sia ai paesi obbligati sia verso i PVS. Introduceva
inoltre la possibilità della negoziazione dei vincoli di emissione. Questo è oggi un
punto molto critico.
Come aveva stabilito il protocollo di Kyoto di questi meccanismi flessibili? ->
attuazione congiunta (vedi slide)
Benché tutti i paesi dell’annesso I possano ospitare. progetti di attuazione congiunta
è più probabile che questi progetti abbiano luogo nei PVS, dove il costo è più basso
per unità abbattuta.
Un meccanismo di questo tipo richiede una contabilizzazione seria ed affidabile, per
potere verificare che il progetto comporti un effettiva riduzione dei gas. Questa
riduzione poi deve essere effettivamente collegata la progetto. Ci devono essere
degli strumenti solidi per permettere una valutazione delle emissioni che il progetto
possa limitare.
Un ulteriore meccanismo previsto dal protocollo di Kyoto è il meccanismo di sviluppo
pulito. Questo meccanismo flessibile riguarda la cooperazione non tra paesi coinvolti
nella riduzione, ma tra paesi dell’annesso I e paesi che non hanno vincoli di
riduzione, cioè i PVS. A differenza del progetto precedente che coinvolgeva tutti i
paesi dell’annesso uno, questo meccanismo riguarda una cooperazione tra paesi con
vincoli e paesi senza vincoli.
Quando questo potrebbe essere opportuno, quando attuare un progetto in un PVS
implica un costo marginale di abbattimento inferiore rispetto a quello che si farebbe
sul proprio territorio. In questo caso i diritti di emissione si chiamano Certified
Emission Reductio (CER)
Duplice beneficio -> abbattimento a costa inferiore e trasmissione di conoscenza
tecnologica nel PVS.
I vincoli che questi progetti richiedono:
- comportare una riduzione delle emissioni di un gas regolato da un protocollo;
- questa riduzione deve essere verificata;
- bisogna essere in grado di quantificare per determinare il numero di crediti
del paese che implementa il progetto;
- il paese ospitante deve confermare che il progetto serve allo sviluppo
sostenibile;
- il progetto non deve utilizzare fondi dell’assistenza ufficiale. allo sviluppo.
Perché? Se utilizzando quei fondi avevo deciso per un progetto che
comportava veramente per uno sviluppo più pulito l’avrei fatto a prescindere
dai crediti che poi mi sarebbero arrivati. Si arriva ad un paradosso (che non
ho capito)
- senza l’incentivo dei crediti il progetto non deve essere economicamente
realizzabile. La convenziona deve essere data solo dall’esistenza dei cediti. Se
per un paese è conveniente andare a investire all’interno di un latro paese, lo
fa.
L’altro meccanismo flessibile è quello del commercio delle emissioni. Se un paese
ha un certo CAP e se riesce a rispettarlo, i suoi diritti di emettere possono esser e
venduti ad un paese che non riesce a rispettare il suo CAP. La negoziazione

13
avverrà quando il paese che non riesce a rispettare il suo CAP va incontro a dei
costi di abbattimento che non si può permettere. Questi diritti vengono chiamati
Assigned Amount Units (AAU).
È possibile questa negoziazione per la particolarità dei gas serra, per cui è
irrilevante dove avviene la loro emissione. Vediamo infatti che un sistema di
permessi negoziabili richiede questa condizione di irrilevanza del luogo di
emissione per potere funzionare bene. Per capire-> le polveri sottili non hanno la
stessa caratteristica. È rilevante dove si trovano.
I meccanismi flessibili hanno quindi il vantaggio di riguardare dei problemi
globali. I gas serra sono un problema mondiale e il luogo dove vengono
effettuate le riduzioni non ha importanza.
La contrattazione permette di arrivare a rispettare il vincolo del protocollo nel
modo più economico possibile.

Nel 2007 siamo alla COP 13. All’interno di questa COP si è discusso come
migliorare il trasferimento di tecnologie da parte dei paesi più avanzati verso i
paesi emergenti. Kyoto poteva dei vincoli entro il primo periodo che era
2008/2012. Alla fine di tale periodo bisognava arrivare ad un nuovo accordo. Così
alla COP 15 di Copenaghen le aspettative erano alte. Si sperava di arrivare ad un
negoziato vincolante con un obbiettivo di riduzione rispetto alla convenzione
quadro. A Copenaghen si è preso atto che l’uomo ha intenerito sul clima e gli
esperti della IPCC hanno affermato che la permeanza dei gas serra nell’atmosfera
avrebbe creato degli effetti nel futuro a prescindere dai prossimi comportamenti.
La speranza era di arrivare alla COP 15 a definire un accordo vincolante ma con
un obbiettivo di evitare chela temperatura media globale salisse di più di 2°C
rispetto ai livelli preindustriali (imparare bene questa frase).
È facile raggiunge questo obbiettivo. Chi sono i principali responsabili
dell’emissione dei gas serra? Gli USA e la Cina che non sono nel protocollo di
Kyoto. Questo vuol dire che per gli altri paesi è un onere enorme da supportare.
Viene proposto un accordo nella sessione plenaria di questa COP a cui molti paesi
si oppongono e il risultato è deludente, perché ci si accorda su questo
importante obbiettivo della temperatura, ma non viene stabilito come arrivare a
questo risultato, non sono specificate le azioni, non sono specificati i vincoli.
Tuttavia, si lascia ai paesi la possibilità di dichiarare quanto intendo fare da lì al
2020, anno in cui si pensava che potesse entrare in vigore un accordo vincolante.
A Copenaghen si raggiunge il risultato di predisporre un fondo, il fondo verde per
il clima, per aiutare paesi più poveri per agire per evitare il CC e per adattarsi ai
problemi del CC.
Dopo Copenaghen, abbiamo Cancún, dove si chiede ai paesi di arrivare entro il
2020 ad una riduzione molto più rilevante. Il comitato intergovernativo sul CC
mostrava l’importanza che tutti paesi. Agissero, in particolare paesi
maggiormente responsabili delle emissioni e si chiedeva ai paesi di ridurrei gas
serra. Si chiede poi di ampliare il fondo per aiutare i PVS a adattarsi ai CC che
hanno un brande impatto sul settore agricolo.
Si osserva anche che il contribuito all’emissione dei gas serra dipende anche
molto dalla deforestazione, e dalla necessità di trovare terreni per l’agricoltura. Il
terreno perde lo strato superficiale, che è quello più fertile, deforestando. Così si

14
obbliga a deforestare ancora. In più la deforestazione viene spesso attuate
attraverso la combustione degli alberi che rilasciano ulteriori gas serra
nell’atmosfera. IPCC afferma che, in quel periodo, la deforestazione contribuiva
del 20% delle emissioni di gas serra.
Un’altra COP è quella del 2011, dove la speranza era sempre di arrivare ad una
bozza del trattato da sottoscrivere a Parigi per entrare in vigore nel 2020. Questa
bozza ritiene che i maggior responsabili debbano agire. La Cina annuncia la
possibilità di arrivare ad un accordo vincolante sul clima. il Protocollo di Kyoto
dovrebbe scadere nel 2012e a Durban si chiede id prolungarlo finoal2020. Ma
purtroppo alla 18esimaconfernzadel 2012 molto paesi non consentono di
ampliare il protocollo.
I paesi che accettano di prolungare il protocollo al 2020 sono responsabili di una
quota di emissioni molto limitata (15%). Cina e USA non prendono impegni
vincolanti. Il secondo periodo di impegno, quindi, durava fino al 2020 e aveva
vincoli più duri, per evitare di raggiungere un vincolo di non ritorno. I paesi che
assumo questi impegni però non sono i principali emettitori.
A Doha -> vedi slide
A Varsavia verrà trattato più nello specifico il problema. La conferenza di Varsavia
si discute dei necessari trasferimenti di fondi verso i PVS, più colpiti dal CC.
REDD+ accordo su una serie di regole per ridurre le emissioni. Da processi di
deforestazione.
Vedi slide
REDD+ permette attraverso la conservazione di ridurre le emissioni pagare i paesi
che accettano di preservare le foreste. Un indennizzo per il mancato sfruttamenti
delle foreste stesse.
Alla COP 20 a Lima si discute di come arrivare a quell’accordo a Parigi.
Finalmente arriviamo alla COP 21 nel dicembre del 2015. Obbiettivo di
raggiungere l’accordo vincolante e universale sul clima. Obbiettivi dell’accordo di
Parigi? Equali i vincoli perla sua entrata in vigore?
Entrerebbe in vigore nel moneto in cui almeno 55 paesi ratificassero l’accordo ed
essi devono coprire almeno il 55% delle emissioni globali.
L’obbiettivo di 2°C viene ritenuto troppo debole. I governi convegno che ci si
debba impegnare a limitare l’incremento a 1.5°C.
A Parigi si chiedeva di raggiungere il picco il più presto possibile. Le emissioni
perdurano nell’atmosfera e anche senoi oggi le riduciamo, continuiamo
d’aumentare la concertazione dei gas serra. Per un po’ le emissioni continuano a
restare nell’atmosfera. Quindi dobbiamo cercare di raggiunge il picco il più
presto possibile e raggiungere -> carbon neutral.
Si chiede quindi ai paesi di comunicare i propri programmi di riduzione nazionale
e ogni volta avere degli obbiettivi più rilevanti.
A Kyoto l’approccio di negoziazione seguito era dall’alto verso il basso (bottom
down), perché cera un accordo che diceva ai paesi le entità delle riduzioni a cui
ogni paese doveva sottostare. Il paese che non rispettava i vincoli doveva pagare.
A Parigi è diverso -> come deve essere ottenuto il risultato del1.5°C è lasciato ai
paesi. Questo approccio può portare al risultato che l’impegno dei diversi paesi
non consegua l’obbiettivo globale su cui si è convenuto.

15
Si richiama l’importanza che i Paesi sviluppati alimentino il fondo per permettere
ai PVS di ridurre le emissioni.
Tra i paesi deve esserci la possibilità di fidarsi. quindi i pesi devono dichiarare i
loro impegni e comunicare cosa si è ottenuto -> trasparenza.
Nel 2016 si è apertala firma del trattato di Parigi. Risultato eclatante. Moltissimi
stati hanno firmato lo stesso giorno (175 parti). Verso la finedel2016 il presidente
degli USA e il presidente Cinese annunciano che avrebbero ratificato l’accordo di
Parigi. Il 4 novembre vengono soddisfatti i vincoli per cui il trattato entra in
vigore. (PNDC impegni che ogni paese intendeva assumere per raggiungere gli
obbiettivi).
Si sperava chela conferenza successiva arrivasse a delineare gli obblighi dei paesi
in linea con l’obbiettivo, perché quelli definiti dai paesi da soli non erano
abbastanza. A Marrakech si parla di questo e si raggiunge un risultato, ma non
c’è ancora un programma che permetta di essere compatibile con l’obbiettivo.
La successiva conferenza aveva predisposto la presidenza delle isole Fiji. Una
scelta importante perché le Fiji rappresentano una situazione comune a molti
piccoli atolli. Le previsioni dell’innalzamento dei mari sono allarmanti sulla loro
situazione, destinate ad essere sommerse. La COP 23 ha avuto luogo a Bon,
perché nelle Fiji era difficile. A Bon si evidenziano le rilevazioni di concertazioni di
CO2 nell’atmosfera e che superano i 400ppm in modo costante.
A Bon la presidenza delle Fiji ha voluto portare un approccio tradizionale
all’interno delle comunità. Un approccio cioè responsabile, partecipativo e
trasparente definito dialogo di Talanoa. In modo che le parti della COP abbiano
fiducia reciproca e siano trasparenti nelle loro dichiarazioni.
Il tentativo di questa trasparenza secondo l’approccio del presidente della
Commissione sarebbe stato favorevole a indurre i paesi a rivedere gli impegni dei
loro NDC. Si sperava in questo approccio di corresponsabilità di indurre i paesi a
rivedere i loro Contributi Nazionali Volontari.
La conferenza successiva si tiene a Katovice e si incarica questa COP di definire il
c.d. Libro elle regole, per far si che l’accordi di Parigi avesse delle azioni stabilite
in linea con l’obbiettivo. Si definisce il modo in cui le riduzioni devono essere
misurate. In polonia, l’uso del carbone ha maggiormente contribuito all’aumento
della temperatura, quindi, ha annunciato che non avrebbe evitato l’uso di questo
combustibile possibile perché ne dipendeva molto.
Il rapporto dell’IPCC risultava essere ora preoccupante perché avvertiva che per
raggiungere il target di Parigi ed evitare le conseguenze drammatiche
dell’incremento della temperatura, sarebbe stato necessario arrivare a 0
emissioni entro 30 anno. Per quanto l’IPCC sia formata da grandi esperti, questo
rapporto ha creato divisione tra i partecipanti: UE e altri condividevano la loro
analisi, mentre altri paesi si sono opposti, in particolare quelli produttori di
petrolio.
Si è arrivati quindi ad una soluzione di compromesso: accettare le conclusioni del
rapporto in questa COP avrebbe costretto i paesi a impiegare degli impegni di
riduzioni molto più forti di quelli che sono stati espressi poi nell’accordo.
Il segretario generale delle NU indice un vertice nell’autunno del 2019per agire in
favore della preservazione del sistema climatico. Visto che il CC è in atto, viene
chiesto di attuare quelle strategie pe proteggere le persone dal CC. Quindi viene

16
chiamata la necessità di modificare i propri contributi nazionali. Il segretario
generale delle NU dice che serve un impegno di tutti i paesi, ma non basta. Tutti
ci dobbiamo muovere verso un futuro vere, quindi settore provato e pubblico.
Abbiamo poi un ulteriore rapporto dell’Organizzazione Metereologica Mondiale
e già allora si osservava che rispetto al periodo preindustriale, la temperatura era
cresciuta più di un grado (alcuni affermano solo a causa dell’uso del carbone). Il
rapporto evidenziava l’aumentare dei gas serra, anche negli oceani. Anche
l’assorbimento negli oceani non è senza conseguenze, questo assorbimento
modifica l’acidità degli oceani. Il rapporto mostrava questo dato all’armante.
Un altro spetto del rapporto sono gli incendi e quando essi siano legati a
fenomeni climatici, perché la siccità e il calore aumentano il rischio di incendi e il
tempo per spegnerli. Osserva che le maggior perdite economiche a causa degli
incendi si sono verificare causa degli incendi.
Arriviamo alla COP25 che avrebbe dovuto tenersi a Santiago. Ma in Cile c’erano
molti disordini, quindi Madrid si è offerta di ospitarlo. La grande discussione è su
un punto dell’accordo di Parigi, che stabilisce le regole del carbonio. Punto molto
divisivo. Perché? L’accordi di Parigi dice che ogni paese deve comunicare il loro
piano di azione attraverso i NDC. Riconosce che i paesi possano attuare una
cooperazione tra di loro in modo volontario. Anche l’accordo di Parigi è in linea
con quanto stabilito nel protocollo di Kyoto. In questo ultimo avveniva però una
negoziazione, mentre nell’accordo di Parigi richiede che i paesi riducano i loro
contributi. Abbiamo. Di risultatati di mitigazione che possono essere venduti a
livelli internazionale e quindi il paese che compera questi diritti può usarli se non
è in gradi di raggiungere quanto dichiarato di fare. Nonostante sia rilevante
questo aspetto, meccanismo, dobbiamo osservare che il protocollo di Kyoto
implicava un trasferimento delle emissioni a carico del paese che sosteneva il
progetto, mentre l’accordo di Parigi chiede ai paesi che ospitano il progetto di
afre un aggiustamento corrispondente. Che cosa si intende per aggiustamento
corrispondete è da chiarire. Questi aggiustamenti corrispondenti sono oggetto di
grande discussione. Molti hanno criticato la possibilità di calcolare con esattezza
il valore di questi ITMO. Il problema è che i paesi in questo processo di attenzione
e fiducia reciproca pubblicano i loro risultati non contestualmente alla vendita
degli ITMO, quindi avviene che un paese può acquistare quegli ITMO, ma finche il
paese cheli ha venduti non ha aggiustato correttamente gli ITMO, il paese cheli
ha comprati non li può usare. Molti paesi ritengono che questo processo sia un
escamotage per permettere ai paesi di fornire una contabilità meno trasparente.
Quest’argomento alla COP di Madrid è stato terribilmente divisivo.
Alla COP di Madrid si è affermato di aver accusato i paesi maggiormente
industrializzati di non ver mantenuto le loro promesse.
La stessa presidente dellaCOP25 ha sottolineato l’impossibilità di affrontare il
problema del CC.
Arriviamo alla COP 26 che si avvierà la prossima settimana e sarà ospitata dal UK,
ma anche il ruolo dell’Italia è molto importante. quali gli obbiettivi? L’imitare
l’aumento della temperatura ad 1.5°C; adattarsi perla salvaguardia delle
comunità … vedi slide
Si chiede poi di presentare nuovi obbiettivi da qui al 2030.

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L’accordo richiede una cooperazione, quindi bisogna trovare una soluzione al
funzionamento del mercato del carbonio. Servono anche impegni da parte della
società civile, servono dei finanziamenti. I paesi avevano promesso di creare
fondo e devono mantenere quindi questa promessa.
Atro punto sottolineato è la salvaguardia dell’habitat e della comunità.
La questione del mercato del carbonio creerà delle incomprensioni trai paesi
perché alcuni vedono il mercato come un incettivo altri come oggetto di
manipolazioni.
28/10/2021
Vertice del Millennio
In occasione del cambio di secolo si è ottenuto il vertice del millennio per capire quale ruolo
avrebbero potuto svolgere le NU. Di fronte a questi problemi i leader concordano sulla
Dichiarazione del millennio (189 paese) che si impegno a raggiungere alcuni obbiettivi
fondamentali entro il 2015. L’impegno era quello di eliminare la povertà. Il vertice di Rio
aveva sottolineano come la Pace era una condizione fondamentale per raggiungere lo
sviluppo sostenibile e anche qui si riprende questo tema.
C’è stato anche un accordo su come misurare il percorso verso il raggiungimento degli
obbiettivi. Sono 8 obbiettivi:
1. eliminazione della povertà estrema e della fame
traguardo a -> è dimezzare tra il 1990 e il 2015 la percentuale di persone con il
reddito inferiore a 1 dollaro al giorno. Intanto si chiede di dimezzare non il numero
assoluto, ma la percentuale. In questa linea simbolica di 1 dollaro è stata poi rivista al
rialzo e sono stati considerati poveri estremi persone con 1.25 dollari.
Traguardo b -> garanzia di una piena e produttiva occupazione. Obbiettivo molto
ambizioso, perché anche noi paesi industrializzati non l’abbiamo raggiunto
Traguardo c -> dimezzare tra il 1990 e il 2015la percentuale di persone che soffre la
fame.
2. Raggiungimento dell’istruzione primaria universale
Traguardo -> tutti i bambini del mondo devono completare almeno un ciclo di
istruzione primaria entro il 2015. Tutti i bambini del mondo. traguardo di rilevo e
permetta davvero di realizzarlo, perché chiede, a prescindere dall’età il
completamento di un ciclo di istruzione primaria
3. Promuovere l’uguaglianza di genere e l’empowerment delle donne
Traguardo -> eliminazione della disuguaglianza nell’ambito dell’istruzione. Oggi le
disuguaglianze sono oggi in tantissimi altri settori, non solo nell’istruzione.
4. Ridurre la mortalità infantile
Traguardo-> ridurre di 2/3, tra il 1990 e il2015, il tasso di mortalità sotto i cinque
anni di età.
5. Migliorare la salute materna
Traguardo a -> ridurre di ¾ il rapporto di mortalità materna (rapporto tra donne che
muoiono e bambini nati vivi).
Traguardo b
6. Combattere l’HIV/AIDS, la malaria e altre malattie
Traguardo a -> fermare
Traguardo b -> garantire a tutti l’accesso alla sanità
Traguardo c -> fermare entro i 2015 e iniziare a ridurre l’incidenza della malaria e di
altre importanti malattie.

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7. Garantire la sostenibilità ambientale
Traguardo a -> tutti i programmi devono includere i principi della sostenibilità
Traguardo b -> ridurre la perdita della biodiversità raggiungendo entro il 201 una
diminuzione del tasso di riduzione
Traguardo c -> dimezzare la percentuale di persone prive di accesso sostenibile
all’acqua potabile e ai servizi igienici. Si ritiene che se non si riesce a permettere a
tutti di accede all’acqua anche gli altri obbiettivi saranno compromesso
Traguardo d -> ave raggiunto, entro 2020, un miglioramento nella vita di almeno 100
milioni di abitanti dei quartieri poveri. A volte la migrazione campagna città non
porta benefici ai poveri.
8. Sviluppare una partnership globale per lo sviluppo
Traguardo -> sviluppare ulteriormente un sistema commerciale e finanziario sia
aperto, regolamentato, credibile e non discriminatorio. Cose serve? una governance
corretta e un processo di sviluppo che si accompagni ad una riduzione della povertà
Traguardo b ->
Traguardo c -> soddisfare le speciali esigenze dei paesi senza sbocchi sul mare e dei
piccoli stati insulari in via di sviluppo.
Traguardo d ->gestire in maniera esauriente i problemi di debito dei paesi in via di
sviluppo attraverso misure nazionali. E interazionali che rendano il debito sostenibile
nel lungo periodo.
Traguardi e -> in collaborazione con le industrie farmaceutiche, garantire l’accesso ai
farmaci essenziali nei paesi in via di sviluppo
Traguardo f -> in collaborazione con il settore privato, rendere disponibili i vantaggi
delle nuove tecnologie, in particolar modo quelli relativi all’informazione e alla
comunicazione.
Questi obbiettivi sono molto rilevanti, ma guardano più la realtà dei paesi in difficoltà solo
l’ultimo obbiettivo guarda alla responsabilità dei paesi avanzati di permettere a tutti
condizioni di ita migliori.
Gli obbiettivi sono stati conseguiti con delle enormi disparità. Molto problematiche
dipendeva dalla mancanza di fondi sufficienti, quindi nel 2002 in Messico si è tenuta la
conferenza il cui obbiettivo era quello di analizzare che cosa potesse essere fatto per
finanziare il raggiungimento degli obbiettivi dichiarati. All’interno di questa conferenza si è
discusso dive trovare le risorse per permettere il raggiungimento degli obbiettivi così
ambiziosi. Si è discusso s che ruolo avessero potuto svolgere gli investimenti, come
promuovere il commercio internazionale, come avrebbe dovuto incrementarsi l’aiuto
pubblico allo sviluppo, come procedere per cancellare una parte del debito dei paesi
indebitati. All’interno della conferenza è stato sottolineato il richiamo di un obbiettivo che
almeno lo 0,7% del PIL dei paesi dovesse essere devoluto come aiuto pubblico allo sviluppo.

Il vertice dello sviluppo sostenibile di Johannesburg


Si tiene un vertice sullo sviluppo sostenibile nel 2002. Lo sviluppo perché sia sostenibile deve
premettere di migliorare la qualità della vita per tutti però deve portare attenzione a quanto
il nostro pianeta può supportare. Vedi slide
Si sottolinea chi dovesse sostenere l’onere di tutte queste politiche. E a Rio i paesi avevano
rinnovano l’impegno dello0,7%, dopo 10 anni chi era riuscito davvero a ottemperare
all’impegno sottoscritto? Paesi piccolissimi (Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Norvegia e
Svezia).

19
Il grafico delle percentuali vede quanti paesi in termini di peso sul reddito hanno devoluto in
termini di assistenza allo sviluppo
La linea tratteggiata è l’obbiettivo delle NU dello 0,7%. Il regno unito si approssima,
a parte il regno unito e la Germania il peso di questi paesi è scarso.

Risultati ottenuti a Johannesburg è stata una dichiarazione e un piano d’azione per lo


sviluppo sostenibile (vedi slide)

Rio + 20 (2012)
I governi dichiarano il lor impegno per promuovere lo sviluppo sostenibile e propongono un
quadro strategico per garantire che il percorso perseguano anche dopo il 2012. Viene
istituito il Gruppo di lavoro intergovernativo.
Documento conclusivo approvato a Rio è “The future we want” (link nelle slide)
In questa conferenza si era scusso di ottenere nuovi obbiettivi

Sustainable Development Summit


Si arriva nel 2015 SDS con gli MDG. Si sottolinea come certi obbiettivi del millennio non
fossero stati conseguiti in particolare aree difficili. Era quindi necessario proporre di nuovi.
La nuova agenda è quindi più ampia con grandi obbiettivi nel campo economico, sociale e
ambientale e la forte necessità di vivere in società pacifiche e inclusive. Vengono annunciati
17 obbiettivi e i target associati agli obbiettivi non sono limitati come i precedenti sono
addirittura 169.
Possiamo guardare al preambolo dell’agenda 2030 (slide)
169 traguardi dimostrano la grande ambizione di questi nuovi obbiettivi, ampliando il
panorama.
Popolazione -> Si fa riferimento alla popolazione, viene ribadita l’intenzione di sradicare la
povertà e la fame (non più dimezzate, ma completamente sradicate).

20
Pianeta -> Vinee ribadita l’intenzione di procedere per proteggere il pianeta
Prosperità -> realizzarsi per permettere un pregresso sociale e tecnologico
Pace -> promuovere società pacifiche, giuste e inclusive. Non ci può essere sviluppo
sostenibile senza pace e viceversa.
Partnership -> partnership globale, uno spirito di rafforzata solidarietà incentrato sui più
poveri, ma a cui tutti possono partecipare
Possiamo rudere gli obbiettivi a tre aree macro: Fine povertà; promozione della prosperità
per tutti; protezione dell’ambiente e contrasto ai cambiamenti climatici.

Comunità europea e lo sviluppo sostenibile


Che cosa sta facendo l’UE? e cosa ha fatto in passato?
Il grande cambiamento che è avvenuto nell’attenzione dell’UE ha portato anche un
cambiamento nei trattati istitutivi.
I primi trattati sono il tratto CECA ed EURATOM in cui non c’è nessun accenno ai problemi
ambientali. Neanche alla firma del Tratto di Roma nel 1957 non si è parlato di questi temi
Questo non ha impedito alla comunità di avere dei poteri in campo ambitale. Era stato
introdotto un articolo, art. 235 (ora 308) che affermava:

non si è parlato di una politica ambientale comune, ma se si dovesse agire nel campo
ambitale, il consiglio potrebbe deliberare all’unanimità dopo aver consultato il parlamento
europeo.
Abbiamo poi il Vertice di Parigi (1972). Anni 70’ sono anni in cui i problemi ambientali sono
stati una forte preoccupazione e nel vertice di Parigi i capi di governo hanno espresso
l’attenzione ai problemi ambientali. La comunità aveva data prevalenza ai problemi
economic, ma era riconosciuto che guardando alle condizioni di vita delle persone i
problemi ambientali non potevano essere trascurati. Inizia così una prima politica a livello
ambientale in EU che conferisce alla comunità potere di azione anche nei casi non previsti
dal trattato stesso. Nascono varo programmi d’azione

Il primo programma d’azione (1973-1976)


Riguardava problemi su diversi settori (inquinamento aria, acqua ecc.). Si tratta di una
politica settoriale, che guarda ai problemi che si verificano all’interno di un settore, ma non
guarda al problema in modo diffuso come sarebbe importante fare. Viene però accennato
un principio importante, il principio di sussidiarietà. Principio che è divenuto fondamentale
all’interno di integrazione europea. si capisce che è necessario interazione tra diversi paesi,
perché si stavano verificando problemi ambientali internazionali (problema generato in un
paese, ma che provocano problemi anche il tri paesi). Quini l’analisi dell’esistenza di questi
problemi evidenzia come sia necessario traviare delle soluzioni comuni.

Secondo e Terzo Programma d’Azione (1977- 1981, 1982-1986)


Il secondo richiama l’importanza dei sistemi di valutazione di impatto ambientale,
osservando che pria dell’azione devo valutare l’impatto, per evitare certi impatti.
21
Nel terzo programma viene proprio attuata questa politica di prevenzione e il tentativo di
integrare la politica ambientale in tutte le altre politiche comunitarie. Deve essere una
politica orizzontale, non verticale. Durante il terzo programma è approvata la direttiva
sull’impatto ambientale in relazione alla realizzazione delle opere edilizie.

Un punto fondamentale nel cambiamento della politica ambientale è l’anno in cui entra in
vigore l’Atto Unico Europeo, che introduce un titolo dedicato all’ambiente, il titolo VII. Con
questo cambiamento nei trattati costitutivi abbiamo finalmente un atto giuridico, formale in
campo ambientale.
Non viene imposto uno standard unico, ma si permette ai singoli paesi di raggiungere
standard soggettivi.

Quarto Programma d’Azione


Il Quarto programma d’azione richiede di approcciare i problemi ambientali in modo
globale. Si ammette il ricorso a strumenti economici e fiscali -> una politica di comando e
controllo impone un obbligo e successivamente un controllo di rispetto di tale obbligo.
Ammetter un ricorso a strumenti economici e fiscali vuol dire applicare una politica diversa,
dove c’è l’idea che attraverso un incentivo o un disincentivo modifico la volontà degli agenti
perché attuino certi comportamenti. ES. L’eco pass da un disincentivo a entrare nel centro di
Milano in macchina, non ti obbliga a non entrare.
Il quarto programma d’azione prevede la possibilità di ricorrere a strumenti economici, le cd
imposte ambientali, fiscali e anche sussidi.

Nel 1990 si tiene a Dublino un consiglio sull’ambiente. Prendeva atto di grandi problemi e
guardava all’azione comunitaria in campo internazionale a cosa avrebbe potuto fare per
risolvere i problemi emergenti. È stato anche pubblicato un libro, il libro verde, per
analizzare l’ambiente urbano, dove la maggior parte della popolazione vive.

Arriviamo al 1992 con il trattato di Maastricht che modifica il trattato costitutivo della
Comunità europea. molti temi vengono ripresi dall’Atto Unico Europeo. C’è molta enfasi
sull’idea di sostenibilità e qualità dell’ambiente come qualità della vita. La protezione
all’ambiente diventa una politica comunitaria, perché è compito dell’Unione tutelare
l’ambiente e proteggere le persone. Questo nuovo trattato pone l’azione della comunità in
materia ambientale in una situazione che implica un alto livello di tutela dell’ambiente
tenendo conto della diversa situazione delle regioni. Ricorda che la tutela ambientale deve
essere integrata orizzontalmente in tutte le politiche comunitarie.

Quinto Programma d’Azione (1992)


Il Quinto Piano d’Azione Ambientale per uno Sviluppo Durevole e Sostenibile. Era avvenuto
nel frattempo il vertice sulla terra che aveva portato alla convenzione Quadro, alla
convenzione sulla diversità biologica, all’agenda 21 e a qualcosa d’altro?. Qui si cerca di
capire come trasformare queste idee ina zione, si sottoscrive l’agenda 21. Questo
programma di riferisce a delle aree di interesse strategico (settore industriale, produzione
die energia, agricoltura, trasporti, turismo)
In tutte le politiche comunitarie gli obbiettivi devonoessereintegrati.ci deve essere la ripresa
dei principi enunciati a Rio. Di nuovo c’è l’idea che affiancando ai sistemi amministrativi e

22
normativi vanno mese delle misure di tipo economico, come tasse, sussidi e addirittura
accordi volontari.
Strumenti volontari proposti nel Quinto programma d’Azione:
- Nel 1992 nasce Ecolabel, un marchio che la comunità fa per garantire la comunità
economica. Volontario perché chi lo vuole ottenerlo deve accettare di essere
sottoposto ad un sistema di controllo e certificazione che valuti la sua eccellenza in
campo ambientale. Qual è il beneficio che ne deriva? Era ormai chiarala grande
attenzione dei consumatori ai problemi ambientali e quindi nasce la necessità di
mostrare ai consumatori l’impegno dei produttori in campo ambientale.
- Viene poi istituito il programma LIFE che rappresenta il supporto finanziario alla
politica comunitaria
- Un altro strumento volontario è il regolamento EMAS emanato nel 1993. Volontario
perché richiede alle imprese di agire in un certo modo. È una certificazione che le
imprese svolgono un ruolo rilevante nella protezione ambientale. Non tutte le
imprese sono soggette al regolamento EMAS.

Agenzia europea dell’ambiente. Divulga dati. Rilevanti riguardo ambiente in particolare


nell’UE.
Firma della Carta di Albur che rappresenta l’impegno di agire a livello locale, ma anche
l’elaborazione di piani più a lungo termine e di far partecipare la società civile.

Arriviamo ala trattato di Amsterdam (1997). Entra in vigore nel 1999 e richiama l’idea di
integrare la tutela ambientale in tutte le politiche europee. Richiamo a quattro principi:
1. principio di precauzione
2. principio dell’azione preventiva
3. principio di correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente
4. principio chi inquina paga

Al consiglio di Lisbona del200 sia ribadisce questo concetto. Qui c’è la necessità di integrare
in ogni azione della comunità i problemi ambiateli.

A Nizza nel200 viene approvata la Carta dei diritti fondamentali dell’UE. Tra gli obbiettivi
troviamo la citazione di una promozione di diritti sostenibili.

Sesto Programma d’Azione


Arriviamo al Sesto programma d’azione. Titolato ambiente 2010, il nostro futuro, la nostra
scelta. Stabilisce quali sono le azioni che la nostra comunità vuole sostenere in modo
prioritario. Necessità di compartecipazione di tutti, di avere un mercato attento alla
sostenibilità, economia circolare.
I settori considerati prioritari sono:
- Il cambiamento climatico
- la diversità biologica
- l’ambiente e la salute
- la gestione delle risorse e dei rifiuti

23
Abbiamo nel 2001 il Consiglio europeo a Göteborg che approva la strategia sostenibile
dell’UE. Viene qui analizzato il problema dei trasporti. Bisogna affrontare i problemi che
riguardano la vita urbana.
Si sottolinea la rilevanza di trasferire il trasposto alla rotativa e alle vien navigabili.
Un altro aspetto è il problema della sanità. Erano allora sorti dei problemi sulla qualità do
certi prodotti. Si dice quindi che anche l’unione deve agire per garantire la sicurezza dei
prodotti.
Altro tema è quello delle risorse naturali. Si sottolinea che anche l’impiego di risorse
naturale accompagna la crescita del reddito, ma bisogna modificare questa relazione. È
importante utilizzare le risorse sena compromettere le vite future.

Nel 20021 viene ratificato il protocollo di Kyoto da parte dell’UE, l’unione quindi accetta una
riduzione delle emissioni rispetto al 1990 dell’8%. Viene poi adottato il principio di
responsabilità comune ma differenziata.

Stimando che queste variazioni avrebbero permesso all’UE di ridurre il globale delle
emissioni dell’8% rispetto ala 1990.
Il protocollo avena anche introdotto un sistema di meccanismi flessibili. L’UE ispirata da
questo meccanismo che ancora non entrava in vigore, ha cerato un sistema di emission
trading all’interno dell’UE. stabilisce un sistema di scambio delle quote. Il principio è sempre
lo stesso -> l’idea che favorendo la commercializzazione di diritti ad emettere permetta di
diminuire le emissioni nei paesi dove serve.
La realtà è che questo meccanismo non ha funzionato molto bene. Ha dovuto essere
continuamente rivisto. Il meccanismo prevedeva un CAP alle emissioni e ogni paese doveva
dividere quel CAP tra i settori che maggiormente emettevano (gli veniva assegnato un certo
budget di permessi). Inizialmente questo è stato fatto a titolo gratuito, quindi i prezzi dei
permessi venivano distribuiti. Ma alla dinamica di questi prezzi dei permessi è stata
fortemente in riduzione. Quindi il prezzo del permesso non ha costituito un incentivo ad

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abbattere. Quindi il sistema ha dovuto essere riformato, da prima riducendo il CAP, poi
riducendo i permessi distribuiti gratuitamente.
4/11/2021
[N.B. Differenza tra sistemi di regolazione diretta e indiretta. Il primo sistema se è ben
controllato prevede delle norme da una certezza riguardo il risultato, mentre il secondo
sistema non ha la certezza del livello di emissioni, ma ha un enorme beneficio in termini
economici. Lo standard. Obbliga tutti al rispetto di una regola indipendentemente dal fatto
che sia molto o poco costoso attenersi a tale regola. Il sistema indiretto invece da incentivi e
disincentivi, quini emetteranno meno quelli che convengono a farlo, non obbliga tutti ad
uno stesso standard ma permette agli agenti di agire dove è meno costo farlo. Possiamo
definire questo sistema a costo efficace.
Il sistema dei permessi negoziabili, dove la regolarità dei permessi è definita dal regolatore.
Il numero di permessi è dato, quindi è un sistema di regolazione diretta. ha però anche il
beneficio di ottenere quel risultato al costo più basso possibile, quindi è anche costo
efficace. Questo sistema ingloba i benefici del sistema della regolazione diretta, ma anche
quelli del sistema di regolazione indiretta. Che cosa permette a questo sistema di essere
costo efficace? La negoziabilità. Un sistema di permessi negoziabili potrebbe essere
funzionale per qualunque tipo di esternalità? O il tipo di esternalità deve essere particolare
per essere una negoziabilità globale? Le emissioni di gas serra sono un problema globale
perché la concentrazione di gas nell’atmosfera non dipende dal paese da cui viene. Un
sistema di controllo delle polveri sottili potrebbe funzionare con dei permessi negoziabili?
No, perché le polveri sottili rilevano dove vengono emesse. Il sistema dei permessi funziona
bene dove non è rilevante il luogo di emissione.
Quindi -> Il sistema dei permessi negoziabili permette di raggiungere quel particolare livello
di emissione al costo più basso possibile, pur essendo un sistema di regolazione diretta.]

All’interno dell’UE sia stato stabilito questo mercato dei permessi ispirato a quello di Kyoto
che ancora non era entrato in vigore. Ogni impianto riceve quindi delle quote e nel primo
periodo (fino al 2007) di stabiliva una assegnazione gratuita delle quote. Problema: assegno
le quote gratuite a chi? A chi in passato è stato maggiormente responsabile. Questo crea
però una disparità rispetto a chi si sta affacciando al mercato. un sistema di questo tipo crea
quindi delle disparità trai presenti e quelli che verranno in futuro. Stesso problema era
rilevabile anche nel protocollo di Kyoto. Le responsabilità dei diversi paesi erano date sulla
responsabilità storica, capacità tecnica ed escludeva i PVS.
Il mercato dei permessi europeo è quindi poi passata da un’assegnazione gratuita ad una
vendita all’asta dei permessi, mantenendo quella negoziabilità per cui sarà conveniente
comprare un permesso quando ho dei costi di abbattimento inferiori.
Le quote permettono di emettere una tonnellata di biossido di carbonio equivalente in
atmosfera nel corso dell’anno riferito. È possibile, comunque, che i gestori non comprino
permessi e non rispettino il vincolo. Un sistema di regolazione diretta funziona se controllo e
se do delle sanzioni in caso di inadempienza. È quindi poi stato stabilito quale sarebbe stata
la sanzione.
Questo sistema europeo ha continuato a subire degli aggiustamenti. Da una parte perché
molti paesi erano entrati in recessione nel primo periodo e il prezzo dei permessi sul
mercato è crollato (perché i paesi non producevano più così tanto). Se i prezzi continuano a
crollare non ho incentivo a migliorare le tecnologie.

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Un ulteriore problema riguarda il dibattito sulla necessità di fissare delle imposte sul
carbonio. Questa direttiva riguardava i paesi dell’UE. Nel moneto in cui i vincoli diventano
stringenti e devo comprare il prezzo di un permesso o abbattere, mi accorgo che la
concorrenza dei paesi non vincolati dalla direttiva mi ostacola. Il commercio internazionale
che dipende dai vantaggi comparati dei vari paesi risulta, per i paesi UE, soggetti alla
direttiva, un problema, dovendo questi paesi sostenere dei costi di adempimento più
elevati. Alcuni gestori hanno quindi trovato convenienza de localizzare la loro produzione
dove il sistema di regolamentazione ambientale è meno stringente. Qui affrontiamo die
problemi:
il primo è che la regolazione prevista dall’UE e da Kyoto da attenzione alle emissioni in fase
di produzione e non quelle legate al consumo dei prodotti. Vuol dire che la responsabilità
sembrerebbe più legata alla fase produttiva che a quella del consumo. Quindi, ad esempio,
noi italiani aumentiamo il consumo di certi beni prodotti all’estero e quindi il nostro
consumo incide sulla concertazione die gas serra nell’atmosfera. Non incide nel budget
italiano perché il bene è stato prodotto in un paese diverso. Ma è giusto non considerare il
nostro consumo? Abbiamo non solo il problema della competizione sleale di chi produce
altrove per evitare la normativa più stringente, ma vediamo che questo processo di
delocalizzazione fa aumentare le emissioni, non le riduce. Altro aspetto in termini di calcolo
della responsabilità dei paesi è che questo processo di dare importanza alle emissioni di
produzione va a avantaggio dei paesi che hanno delocalizzato.
Vedremo quindi il sistema di aggiustamento di carbonio alla frontiera -> le imprese che si
delocalizzano producono più gas serra, poi trasportano i loro beni nella zona regolamentata,
cerano un problema di emissioni e creano una concorrenza sleale rispetto alle imprese
localizzate nel luogo regolamentato. Nel momento in cui l’impresa importa dovrebbe
ottenere una penalizzazione per l’importazione di beni prodotti con regole più blande e
dovrebbe aggiustare, introdurre un’imposta sul carbonio per equiparare i prodotti importati
a quello della zona regolamentata.

Pacchetto. Clima. energia conosciuto come 202020 -> aveva un orizzonte al 2020,
l’obbiettivo era di ridurre i gas serra almeno al 20% rispetto ai livelli del 1990, incrementare
l’uso delle energie rinnovabili giungendo al 20% della produzione di energia e aumentare
l’efficienza energetica.
Attraverso questo pacchetto l’UE vuole dare una riposta al problema del CC con una politica
integrata. Si impegna a ridurre ulteriormente le emissioni. Proporre un pacchetto così
ambizioso rispetto a Kyoto riflette l’ambizione Europea di arrivare a degli accordi con
obbiettivi via via più ambiziosi. Questo pacchetto era già rivolto all’attenzione alla soglia dei
2°C e quindi l’UE dice “dobbiamo agire noi” per evitare il c.d. punto di non ritorno. Questo
pacchetto richiedeva la revisione del sistema di quote all’interno del paese, rendendo il CAP
più vincolante, ma anche guardava al peso dei settori che non rientravano nel sistema di
scambi dell’UE. settori che però contribuiscono alle emissioni di gas serra. Quindi si è
chiamato questo sistema di ripartizione degli sforzi nell’ambito di tutti i settori non
regolamentati (Effort Sharing extra EU).
L’obbiettivo era dimostrare anche la volontà dei paesi di agire e permettere a livello globale
di arrivare ad un accordo vincolante sul CC.

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Settimo Programma d’Azione
Vedi slide

I paesi dovevano presentare i loro INDC e questo viene fatto dall’UE per arrivare ad un
accordo vincolante sul clima globale.
L’UE è la prima economia che presenta alla convenzione quadro il proprio impegno.
Anche l’ECOFIN riconosce l’importanza dell’obbiettivo e la necessità di sostenere questo
percorso verso un sistema che non incida in modo drammatico sui CC.

La conferenza tenuta a Parigi, la COP21 nel2015 -> si raggiunge l’obbiettivo di sottoscrivere


un accordo che l’intenzione che entrasse in vigore entro il 2020. Obbiettivo raggiunto molto
prima del 2020.
Mentre il protocollo di Kyoto è arrivato ad un accordo su quanto ogni paese doveva ridurre,
qui l’approccio seguito è diverso. Ogni paese ha presentato che cosa intende fare nel futuro.
Ma sommando i diversi impegni dei paesi, tali impegni non sono in sintonia. Comunque, l’UE
ratifica l’accordo e il contributo dell’UE ha permesso dell’entrata in vigore dell’accordo in
tempi precedenti alla previsione del 2020.
L’amministrazione Trump aveva deciso di recedere dall’accordo di Parigi. Questo
comportamento di free rider degli USA non è stato seguito da altri. Uscire dall’accordo per
gli USA significava godere dei benefici della riduzione delle emissioni senza subirne i costi e
questo avrebbe potuto portare altri paesi a fare lo stesso. Invece il Consiglio ribadisce
l’importanza di continuare a credere nella possibilità di migliorare il CC e riesce a convincere
molti paesi a proseguire su questa strada. Poi Biden intende rientrare nell’accordo.
Trump riteneva che quell’accordo non bastasse e ha giustificato la sua recessione dicendo
che l’accordo era blando. Il Consiglio europeo ha risposto che è importante un impegno
globale e delle maggiori economie globali.
Viene fatto un piano dopo il pacchetto 202020 c’è un accordo sulle politiche dell’energie e
del clima 2020-2030. Prevede una riduzione entro il 2030 del 40% delle emissioni di gas
effetto serra rispetto al 1990. Una quota almeno del32% di energia rinnovabile. Un
miglioramento vedi slide
Gli obbiettivi del pacchetto 202020 sono stati raggiunti, ma obbiettivi al 2030 sono più
ambiziosi.

Il Green Deal è stato presentato meno di due anni fa. L’impegno più rilevante è la neutralità
climatica entro il 2050. Ciò richiede di adottare delle norme diverse sulla produzione di
energia. Quindi a marzo 2020 la commissione dice che serve una normativa europea. vedi
slide per susseguirsi di date.

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È stato pubblicato il pacchetto Fit for 55 che include come l’UE intende rivedere le proprie
politiche energetiche climatiche per ridurre le emissioni del 55% in pochi anni. è un
pacchetto adottato la scorsa estate in cui si richiama l’importanza di aumentare l’efficienza
energetica e il risparmio energetico anche negli edifici.
Si propone il meccanismo di aggiustamento di carbonio alla frontiera. Quindi si stabilisce
una carbon tax sulle importazioni di cemento, acciaio, alluminio, fertilizzati e elettricità.
Si deve rivedere il sistema di scambio delle quote. E anche il regolamento su come deve
essere utilizzato il terreno e le foreste.

La misurazione della sostenibilità

Necessita di avere degli indicatori per avere una risposta sulla correttezza delle politiche
implementate. Un tentativo ambizioso do misurare la nostra traiettoria e valutare se può
essere considerata sostenibile.
Abbiamo tanti indicatori che ci possono dare delle risposte, ma sono indicatori parziali.
Dobbiamo partire quindi dalla consapevolezza che l’obbiettivo è molto ambizioso. La
sostenibilità è infatti un concetto molto complesso. Abbiamo bisogno di un indicatore
dinamico, perché l’idea di sostenibilità dipende da come il passato influisce sul presente e
viceversa. Un indicatore in grado di valutare se le nostre azioni pregiudicano il futuro.
Una preoccupazione che abbiamo sottolineato riguarda la forte crescita demografica. Una
preoccupazione che aveva già ben presente a Malthus. Spesso in relazione al quesito di
sostenibilità si va a valutare la capacità di carico di un ecosistema, cioè la massima
numerosità di popolazione che quell’ecosistema può sostenere. Dalla valutazione che gli
studiosi fanno sulla capacità di carico si è arrivati anche a cercare di stimare la capacità di
carico demografico del nostro pianeta. Purtroppo, la valutazione che molti danno evidenzia
che la crescita demografica, anche se rallentata, determina un aumento dell’uso del suolo,
dell’acqua, delle risorse animali e vegetali. Questo non è in linea con la capacità di carico del
pianeta. Questo interrogativo ha portato a rispondere a: qual è l’impatto della popolazione

28
sul pianeta? la questione può essere valutata attraverso diversi indicatori. La crescita della
popolazione implica uso del suolo, quindi perdita, frammentazione o trasformazioni di
habitat.
Situazione particolare per le isole, dove l’introduzione di un predatore compromette
l’esistenza delle specie autoctone. In modo più grave in un’isola che in un territorio isolato.
Osservandi che una difesa dai predatori o dalle malattie deriva da uno spostamento, e su
un’isola questo non è possibile.
L’uomo con le proprie infrastrutture ha creato delle isole (costruzione di strade che ha
determinato una frammentazione che impedisce lo spostamento delle specie). L’attività
umana ha straformato gli habitat, ha frammentato moltissime zone.
Tutti questi aspetti implicano dei cambiamenti negli ecosistemi. L’azione dell’uomo ha
determinato cambiamenti dell’habitat. Utilizzo di specie animali e vegetali è spesso
avvenuto ad un tasso superiore rispetto alla capacità riproduttiva delle specie animali e
vegetali (rischio estinzione).
Questo è una responsabilità umana. È importante valutare le relazioni tra la soddisfazione
delle nostre necessità e l’impatto di queste sulla conservazione della biodiversità
Abbiamo elencato alcuni impatti della nostra azione sugli ecosistemi, ma osserviamo che
essi ci forniscono dei servizi fondamentali, sono il nostro supporto, ci forniscono cibo, acqua
e materie prime, ma hanno anche importanti servizi in termini di regolazione del clima, delle
maree ecc. Altri servizi sono di tipo culturale, estetico, spirituale, creativo.

Sono tutti servizi che valutiamo in modo coretto dal mercato? O molto di questi servizi
vengono forniti non attraverso il mercato e senza l’attribuzione di un corretto valore? Per
acqua, cibo e materie prime c’è un prezzo. I servizi di regolazione invece difficilmente
transitano dal mercato, come anche quelli culturali questo indice ad utilizzarli senza
l’attribuzione del corretto valore che meriterebbero.
10/11/2021
Mentre il mercato da dei segnali sulla scarsità che un modello di consumo evidenzia, per
molti dei servizi ecosistemici il mercato non ci da alcun segnale, perché non hanno alcun
valore di mercato.
Il nostro corso sarà quello di riflettere su quale sia un buon regolatore per permettere dir
oedere scelte giuste in mancanza di segnali di mercato.

29
Questa mancanza di segnali di mercato ha portato ad uno sfruttamento non in vista della
ricerca di un maggior benessere o un benessere sostenibile, perché questi ecosistemi sono
stai utilizzati come fossero gratuiti. Questa mancanza porta a prendere decisioni non
ottimali.
Guardiamo a quali modelli sono stati posti per valutare l’impatto della popolazione umana
sulla conservazione deglie cossitemi

Modello I=PAT
Assume come misura del nostro impatto qualche cosa che dipende dalla dinamica di tre
grandezze P = popolazione, A = affluences (modello di consumi in termini di risorse),
T=Technology.
Questa semplice relazione mette in luce come una popolazione anche di ridotte dimensioni,
ma con un modello di consumo elevato o tecnologie molto impattanti può avere un risultato
grosso. Evidenzia anche come paesi come la Cina, anche se il livello di consumo pro-capite è
basso, possono avere un impatto molto grande.
La pressione demografica è sempre stata considerata importane, ma questo modello ci
invita a perdere in considerazione anche T e A

Modello PSR
Pressione, Stato, Riposte -> il nostro modo di agire determina delle pressioni sull’ambiente,
abbiamo la possibilità di trovare degli indicatori che esercitiamo sull’ambienti. Questa
pressione viene indicata con degli indicatori, ma tiene anche conto che mette in atto delle
politiche di risposta per cercare di evitare quelle forti pressioni che modificano lo stato
dell’ambiente.
Questo modello è stato poi ampliato nel rapporto DPSIR che amplia il modello cercando di
individuare le determinati delle pressioni. Rispetto al modello precedente si analizzano i
comportamenti che derivano dalla necessità di soddisfare i bisogni individuali e che
esercitano pressioni sull’ambiente. A queste pressioni segue una modifica dello stato
dell’ambiente, quindi una valutazione dell’impatto.

Siamo in una situazione in cui la ricchezza di indicatori ambientali è molto ampia


Ecco alcune categorie per poterli classificare
- indicatori ambientali -> insieme molto eterogeneo con misurazioni più attente al
benessere dell’uomo. Questa ricchezza di indicatori permette un’analisi parziale,
perché se il nostro obbiettivo è quello di valutare se siamo o meno su una traiettoria
sostenibile questi indicatori non si pongono a questa necessità. Perché? avere tanti

30
indicatori rede difficili aggregarli per valutare se le modifiche che le nostre pressioni
esercitano sull’ambiente sono compatibili con una sostenibilità che dura nel tempo.
Il WWF pubblica un rapporto ogni due anni nel quale propone diversi indicatori di cui
uno è molto allarmante perché la presunzione di questi studiosi è quella di
quantificare la dinamica delle popolazioni (quanto stiamo causando estinzioni sulle
specie animali).
- Parte dall’idea che siccome la contabilità nazionale è molto centrata sulla capacità di
produzione del reddito, si potrebbe partire da questi indicatori e fare delle
integrazioni per valutare se quel livello di redditi consumi possa essere mantenuto
nel tempo. Quindi si pone come obbiettivo quello di avere un indicatore capace di
mantenere un determinato livello di produzione considerando anche l’impatto
ambientale.
Uno dei più importanti tentatavi è stata la pubblicazione di Daly e Cobb che hanno
proposto l’indice di benessere economico sostenibile (ISEW).
Se voglio stimare benessere la contabilità nazionale è carente perché non mi
permette di calcolare i servizi che i beni di consumo durevole permettono di avere.
Dobbiamo tener conto della distribuzione, ma aggiungere ai beni di consumo anche
una valutazione di questi servizi che mi permetterà di aver delle soddisfazioni.
Poi c’è tutta quella parte di bisogni che noi soddisfiamo in autoconsumo (lavoro
domestico) che non sono oggetto di transazione.
Anche lo stato ci fornisce poi servizi in modo durevole, che dobbiamo conteggiare.
Dobbiamo poi conteggiare i danni determinati dal traffico e dal pendolarismo,
conteggiare come l’urbanizzazione impatta gli ambienti.
Domanda: Quanto noi dovremmo trasmettere alle generazioni future?
Hanno poi osservato come il benessere delle persone sia legato a delle dinamiche
che non dipendono dalle persone direttamente, ma dal loro paese. Allora se
vogliamo determinare un indice di sostenibilità dobbiamo ter conto di queste cose
prendendo come indicatovi il saldo di investimenti all’estero e d’investimenti esteri
all’interno.
Questo indice viene poi ulteriormente sviluppato da un gruppo che si nomina
Redefining Progress. Loro pubblicano un rapporto in cui dicono che dobbiamo avere
un indicatore che mi permetta di valutare se sto davvero progredendo o no.
indicatore che loro chiamano di progresso genuino (GPI). È abbastanza analogo
all’indicatore precedente e poi dice che non tutto quello che fa parte delle
transazioni nazionali aumenta il benessere, ma può diminuirlo. L’osservazione è che
a parità di PIL potrei aver un grande divario nelle ore lavorate. Possiamo scomporre il
rapporto PIL/popolazione in PIL/ore lavorate x Ore lavorare/popolazione. paesi
possono avere lo stesso PIL pro capite con ore lavorate dissimili. Se il PIL pro-capite
può esser uguale anche un numero di ore lavorate differenti allora devo considerare
se il PIL pro-capite implicano quantità diverse di tempo libero. Bisogna allora
contabilizzare le variazioni di tempo libero.
Quali sono le differenze fondamentali tra GPI rispetto al PIL? Vedi slide
Osserviamo che il tentativo di introdurre alcuni concetti legati alla sostenibilità, però
posso davvero dire che questo indicatore mi permette di cogliere la sostenibilità? Da
una valutazione un po’ più attenta del benessere

31
Confronto tra GPI e ISEW

tutti i paesi evidenziamo che la crescita della capacitò di produrre. Bene e servizi non
si accompagna ad una crescita del benessere. Non sono le società più ricche quelle
dove si sta meglio.
- Lasciamo come è la contabilità nazionale, ma facciamo con dei conti satellite delle
rilevazioni sulla situazione ambientale, senza però modificare la contabilità
nazionale.
I principali schemi sono il SEEA e il SERIEE.
11/11/2021
La misurazione del benessere equo e sostenibile in Italia
Istat fa una proposta di misurare il benessere e quo e sostenibile. Le 12 dimensioni del
benessere considerate si maggior. Rilievo sono:

32
Indicatori di sostenibilità basati sul principio di conservazione e dello stock di ricchezze
Basano l’idea di sostenibilità sulla valutazione di un certo stock che deve rimanere per
garantire pari opportunità

• Risparmio Genuino
Il primo indicatore proposto dalla BC è quello del Risparmio Genuino (Genuine Saving).
L’idea di risparmio per noi è la parte di reddito che noi non utilizziamo per il consumo;
tuttavia, la BC ci inviata a pensare: è sufficiente pensare al consumo da eliminare al reddito
per avere uno stock da conservare? Il risparmio ci dice solo quanta parte del reddito
prodotto non è utilizzata al consumo, ma non da informazione sulla conservazione di tutti gli
stock in senso ampio. È solo il capitale prodotto dall’uomo quello rilevante? Un indicatore di
sostenibilità deve intendere la ricchezza da conservare con riferimento a tutti i patrimoni
(capitale umani, natarle e ambientale).
Questi capitali sono difficili da misurare, tuttavia la proposta attuata -> la contabilità
nazionale ci
permette di rilevare la eprc3ntuale di reddito risparmiata -> il tasso di risparmio lordo serve
a ripristinare il capitale fisso che si è logorato -> arriviamo quindi al calco di una ulteriore
percentuale, ?? -> tasso di risparmio netto che può essere per ampliare gli investimenti, ma
questi investimenti fanno riferimento solo al capitale prodotto dall’uomo -> la BC dice che
per essere sostenibile alla generazione futura devi lasciare non solo il capitale che hai
prodotto anche il capitale umano non deve essere intaccato. Che cosa può essere
migliorato? Bisogna guardare all’educazione. Guardare la percentuale sul reddito che un
paese dedica all’educazione. Le spese in educazione sono un investimento in capitale
umano, non un consumo -> poi l’attenzione è anche al capitale naturale e ambientale.

Il tentativo è di farci riflettere che il risparmio così come appare sulla contabilità nazionale è
qualcosa di cui non possiamo veramente disporre. Avere un tasso di risparmio genuino
positivo vuol dire conservare lo stock di ricchezza e addirittura ampliarlo -> lo stock di
ricchezza data dall’aggregato capitale prodotto dall’uomo, capitale ambientale, capitale
naturale è cresciuta.

33
Noi abbiamo affermato che uno sviluppo sostenibile richiede attenzione particolare a tre
pilatri capitale ambientale capitale sociale e capitale naturale. Allora questi pilastri nel
risparmio genuino si sostituiscono.
Il Genuine Saving è un importante tentativo fa riferimento ad un indicatore unico che anche
se in modo debole mi dice se sto conservando lo stock e che quindi non mi sto
impoverendo. Se il tasso di risparmio genuino è negativo siamo su una traiettoria non
sostenibile.
Tutti i paesi che hanno un buon sistema di educazione e capitale umano hanno un tasso
genuino positivo.

• L’impronta ecologica
I tentativi di misurare la conservazione di misurare la ricchezza sono molto ampi. Un
indicatore completamente differente è quello proposto dal WWF insieme al movimento che
cerca di determinare la c.d. impronta ecologica -> non rilevante solo cogliere se
trasmettiamo uno stock maggiore o minore, ma anche capire se lo stock che stiamo
trasmettendo è adeguato. Questo richiede una valutazione dello stock pro-capite.
L’indicatore dell’imprenta ecologica -> l’idea è quella di capire quanto è grossa la nostra
impronta sul pianeta. Noi abbiamo a livello mondale una certa biocapacità a disposizione
che non è equamente distribuita. Il quesito a cui si vuole rispondere calcolando l’impronta
ecologica: di questa biocapacità quante ne stiamo usando? Quante ne serve per sostenere i
nostri modelli di consumo e produzione? E quanta ne stiamo usando per recepire i nostri
scarti? L’impronta ecologica è una misurazione in ettari, gli ettari che ci servono per
sostenere i nostri consumi ecc.
Se la nostra impronta richiede più ettari di quelli che abbiamo non siamo su una traiettoria
sostenibile.
La biocapacità non è distribuita in modo uniforme e allora per avere una rappresentazione a
livello planetario la proposta è quella di calcolare quello che viene chiamato ettaro globale.
È un particolare ettaro che ha una produttività media rispetto a tutte le biocapacità presenti
nel pianeta.
Quali sono le componenti dell’impronta ecologica? Abbiamo:
- L’impronta delle terre coltivate -> lo spazio occupato dalle terre coltivate
(alimentazione nostre e degli animali, e produzione di beni non ad uso alimentare)
- L’impronta delle foreste -> superfice di foresta necessaria a fornire polpa, prodotti
del legno e legna da ardere
- Impronta delle zone di pesca -> spazio marino e di acqua dolce utilizziamo per
soddisfare la domanda di prodotti ippici
- Impronta dei terreni edificati -> Abitazioni, industrie, vie di comunicazione
Possiamo confrontare gli spazi che noi richiediamo per le nostre necessita con la
biocapacità, che è data dalla quantità di terreno sul nostro pianeta a che permette di
produrre e per recepire gli scarti della produzione. Nell’impronta ecologica viene
quantificato solo uno spazio, quello che serve per evitare di aumentare le emissioni di gas
serra nell’atmosfera, lo spazio che servirebbe per assorbire le emissioni senza alterare il
clima. È più facile quantificare lo spazio.
L’impronta ecologica e la biocapacità vengono espresse in ettari globali.
Che cosa fa aumentare l’impronta? Perché nel tempo essa è continuamente cresciuta?
Preoccupazione costante è quella della crescita demografica, che richiede più spazi. Oltre ad
essa si modificano nel tempo la tipologia e il livello di consumi. I driver dell’impronta

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ecologica sono quindi la crescita demografica; il consumo pro-capite; l’intensità
dell’impronta (efficienza nella trasformazione delle risorse naturali in beni e servizi).
L’innovazione tecnologica ha permesso in molti casi di migliorare la produttività e quindi di
cambiare la bioproduttività per ettaro.
Dalla differenza tra area produttiva e bioproduttività per ettaro otteniamo il surplus
ecologico. La nostra impronta più piccola nello spazio è quello che può sostenere il pianeta.
Ma se invece l’impronta è più grande del pianeta abbiamo un deficit ecologico.
È difficile avere i dati per calcolare questa impronta. Tuttavia, dalle analisi sull’impronta
ecologica si osserva che la nostra impronta è diventata più grande dello spazio a diposizione
a livello globale già negli anni ’70.

L’impronta del carbonio è quella che è cresciuta di più. la linea tratteggiata in verde è la
biocapacità. Essa è tendenzialmente cresciuta, quindi la nostra azione è riuscita a migliorare
la performance degli spazi a disposizione, ma non abbastanza.
L’impronta non solo supera la biocapacità, ma il divario ha continuato a crescere.
La parte più chiara rappresenta delle stime.

Sulla base di un particolar indicatore che ci informa sulla capacità di produrre beni e servizi
otteniamo una visone positiva (PIL mondiale è cresciuto). Sono aumentati anche altri
indicatore, è aumentata anche l’attesa di vita. Tuttavia, l’indicatore dell’impronta ecologica
ci dice che nonostante questi elementi positivi, il consumo che avviene nei paesi sviluppati
richiederebbe una diminuzione (?).
Abbiamo anche un deterioramento degli ecosistemi e una preoccupazione per cui i
cambiamenti diventino non più controllabili.
Una relazione spesso indagata è che la crescita della capacità di produrre ha in termini
ambientali. Abbiamo una grande attenzione nella relazione tra lo sviluppo economico e le
condizioni ambientali.
Rispetto a reti inquinanti la crescita ha avuto degli effetti positivi, perché le emissioni per
unità di prodotto sono ridotte. Quindi la crescita è stata favorevole, perché è accompagnata
da maggiori conoscenze e attenzioni e permette quindi di modificare le tecnologie e ridurre
certe tipologie di emissioni. Osserviamo poi che le spese sostenute per abbattere le
emissioni dai paesi sviluppato sono relativamente contenute e che quindi la nostra capacità
di produrre non contrasta con la possibilità di abbattere le emissioni (la crescita delle spese

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è rimasta bassa) perché? Perché la crescita implica delle trasformazioni strutturali. Questa
trasformazione ha un impatto ambientale.
I più positivi vedono una relazione favorevole tra crescita e conservazione ambientale
perché le spese di abbattimento sono state contenute e perché la crescita …. Slide
Questa ipotesi si esprime con la Curva di Kuznets ambientale. È una relazione tra vari
indicatoridi degrado ambientale e reddito pro-capite. Secondo questa relazione. La crescita
inizialmente rede la distribuzione del reddito più iniqua, ma poi l’equità diventa un valore
delle società che operano in questo senso. In realtà il contributo di Kuznets è molto discusso
perché non è stato sempre così nella parassi.
Una curva analoga è stata proposta in termini di impatto ambientale. Che lega l’andamento
del PIL pro-capite alle amissioni del PIL pro-capite

Possiamo osservare quali ipotesi potrebbero suggerire la validità di questa relazione equali
potrebbero contrastare il fatto che la crescita dipenda dalle emissioni pro-capite
Pensiamo ad alcuni effetti:

La crescita si accompagna anche a cambiamenti:


- Cambiamenti delle preferenze e quindi ai consumatori che sempre più sono attenti al
settore verde. Questo cambiamento è possibile quindi dei bisogni fondamentali sono
soddisfatti.
- Anche il cambiamento tecnologico implica maggiore attenzione ai problemi
ambientali.
- Cambiano anche le istituzioni che acquisiscono la capacità di controllare i problemi
ambientateli.
- Cambiamenti nella crescita demografica. La crescita economica si accompagna ad
una riduzione del tasso di natalità e di fertilità.
È opinione condivisa che Alcune esternalità ambientali non sono state controllate. Queste
esternalità sono cresciute al crescere del reddito meno proporzionalmente, ma non siamo
arrivati a quella scolta he implica uh disaccoppiamento tra crescita e problemi ambientali.

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Si osservato che questa idea che ci sia una relazione per cui quando si è poveri si inquina
meno è discussa. Perché non è vero che essere poveri implica avere uno scarso impatto
ambiatele, anzi a volte è proprio la povertà a determinare certe forme di inquinamento, è la
povertà che spinge a delle attività insostenibili dal punto di vista ambientale (es. problema
della deforestazione. Alcuni paesi stanno deforestando per ampliare il terreno coltivabile. È
la necessità di produrre cibo che indice a d attività ecologicamente dannose).
Il forte problema del debito estero di molti paesi poveri ha portato molte nazioni povere a
sfruttare al limite le proprie risorse per ripagare il debito.
Alcuni sono arrivati a parlare di una povertà che causa inquinamento. Certamente c’è una
relazione che si può autoriformare tra povertà e inquinamento che si causano a vicenda.
La povertà dipende poi da altri fattori che portano degrado ambientale: impatto
demografico; istituzioni carenti che non tutelano diritti di proprietà.
Si è parlato quindi di una trappola della povertà ->
Osserviamo il problema delle coltivazioni intensive e delle mono coltivazioni
Osserviamo anche al problema della deforestazione
In questa relazione tra crescita economica e ambiente è indispensabile studiare delle
strategie che sgancino la situazione ambientale dalla crescita perché in molto casi la crescita
non è accompagnata alla curva di Kuznets ma da uno sfruttamento intensivo delle risorse.
Cosa può permettere lo sganciamento? Il progresso delle conoscenze tecnologiche e un
ruolo primario delle istituzioni e dei governi.
17/11/2021
L’interesse collettivo
In passato sono stati concessi molti sussidi in campo ambientale. Sussidi di questo genere
sono davvero efficienti?
Siamo interessati alla regolamentazione. Le regole possono andare verso la promozione
della sostenibilità o meno quindi come i governi stabiliscono le regole è fondamentale per
indirizzarci verso una traiettoria sostenibile. Un sistema di tassazione dei comportamenti
dannosi è fondamentale.
Non possiamo definire bene cosa è il bene comune perché questo sottintende dei principi
etici che dipendono dalla propria scala di valori. Quindi come devono agire i governi? Come
indentificare l’interesse collettivo? Affrontiamo ora alcuni di questi problemi.

Perché è necessaria l’opera di regolazione da parte delle istituzioni? Dire ciò presuppone di
considerare perché il nostro agire potrebbe non essere soddisfacente. E quindi rispondere a
questa domanda presuppone di conoscere la scala di valori della società e quindi richiede
postulato di natura etica. Una parte della teoria economica ha cercato di rispondere al
quesito di cosa possiamo intendere per bene collettivo.
Ci poniamo un problema quello di ordinare le diverse situazioni per valutare quale
situazione potrebbe essere preferibile ad un'altra, indifferente o peggiore. Deve esserci un
sistema che mi permetta di creare un ordinamento completo. Dobbiamo osservare però che
la formulazione dello stesso ordinamento richiede dei giudizi di valore. Il tentavo di costruire
questo ordinamento sociale in due modi:
- diretto -> osserva le diverse situazioni e c’è qualcuno si permette i dire che la
situazione A è preferita, indifferente o peggiore della situazione B.
- indiretto -> guarda le preferenze che gli individui esprimo sulle diverse situazioni.
Entrambe le costruzioni di ordinamenti suscitano delle critiche.

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Per quanto riguarda l’ordinamento indiretto, basarsi sulle preferenze espresse dagli
individui potrebbe contrastare con alcuni principi irrinunciabili (estendere l’obbligo
vaccinale piuttosto che avere il green pass). Inoltre, le scelte potrebbero anche essere
influenzate perché non tutti gli individui potrebbero non essere informati
Nell’ordinamento diretto invece ci si chiede che potere potrebbe avere quella persona per
dire che una situazione è meglio di un altra. Le critiche dicono che si tratta di un
atteggiamento di un regime autoritario o un atteggiamento di tipo paternalistico (es. uso
delle cinture di sicurezza).
La costruzione di un ordinamento indiretto deve affrontare una seri grande di problemi. Se
vogliamo basare un ordinamento sulle preferenze degli individui, come possiamo misurarle?
Ciascuno di noi saprebbe dire cosa preferirebbe, ma quanto è più soddisfatto da una
situazione rispetto ad un latra? Non si riesce a dare una quantificazione delle soddisfazioni.
Se non sappiamo misurare le soddisfazioni come possiamo aggregarle soddisfazioni di chi è
più soddisfatto e meno soddisfatto? Se non riesco a misurarle non riesco nemmeno ad
aggregarle.
Pigou e la correte degli utilitaristi pensano che sia possibile misurare le soddisfazioni e
quindi che sia possibile anche un confronto interpersonale. Pigou e la corrente utilitaristica
(basata sull’idea che si potesse misurare l’utilità) ha delle critiche da prete di economisti
come Pareto che dice che si può dire solo che si può arrivare a dire “preferisco A a B”.
Pareto arriva ad affermare che una situazione per una certa collettività è una situazione in
cui la soddisfazione è più elevata de guardando la soddisfazione che si ha passando dalla
situazione A a B tutta la collettività è soddisfatta in B -> siamo cioè tutti unanimi noi nel dire
che sarebbe meglio procedere in un certo modo. Questo criterio dell’unanimità è definito
anche la versione debole.
Vediamo la versione forte -> una collettività migliora la soddisfazione passando da A a B se
almeno un individuo nella situazione B è più soddisfatto che in A e nessuno sta peggio. Se
almeno uno sta meglio è una situazione di maggiore efficienza. Ma siamo davvero sicuri che
il fatto che uno sta meglio non abbia poi delle implicazioni sugli altri? Questo criterio è
basato sull’individualismo, cioè che la soddisfazione che ha l’individuo dipende solo da lui e
non dal confronto con gli altri. Molti di noi però non riusciamo ad essere così generosi da
gioire per gli altri.
Diventa allora comprensibile che anche la versione debole potrebbe non essere condivisa ->
abbiamo tutti fame, a tutti viene data una piccola cosa, ma uno bello nutrito viene dato un a
pasto completo, siamo davvero sicuri che anche se stiamo meglio di prima staremo meglio
vedendo qualcuno che sta ancora meglio di noi?
Sulla base del criterio di efficienza proposto da Pareto possiamo arrivare a definire l’ottimo
paretiano. Una situazione può essere definita di ottimo paretiano se siamo ad un punto tale
che non è più possibile migliorare la situa di uno di noi senza peggiorare quella di altri.
Problema è che non tutti condividono l’idea che sia il nostro benessere che dipende solo da
noi e poi dipende anche dalla percezione che noi abbiamo del nostro benessere. Molti
osservano che questo criterio potrebbe non essere condiviso da chi mira ad una
distribuzione maggiormente ugualitaria. Una prima critica è quindi il problema della
disuguaglianza che non viene tenuto conto. Un’altra critica -> davvero sono in grado di
valutare cosa è meglio per loro?
Un altro rilevante problema è che questo criterio ordina situazioni particolari, quelle in cui
un intervento non danneggia la maggioranza e va a favore di una parte della popolazione.
Ma al maggior parte degli interventi economici ha delle conseguenze positive per alcuni e

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non per altri. Pareto non è in grado di dire se mi sono mosso meglio o peggio perché no è in
grado di confrontare il maggior benessere di alcuni con il peggioramento di altri.
Questo porta a delle situazioni che privilegiano il non fare.
Nuova economia del benessere che osservando i criteri di Pareto che non forniscono
ordinamento totale, introduce il principio di indennizzo (Kaldor). Se coloro che sono
privilegiati dall’intervento potessero compensare i danneggiati e ancora stare meglio allora
questo è un miglioramento. Questo principio amplia i campi di applicazione.
18/11/2021

COP26 - Glasgow Climate Pact – presentazione compagna


Accordo estenuante, COP26 è forse la più lunga. È stato firmato sabato 13 novembre.
Inizialmente il patto doveva stabilire l’eliminazione graduale del carbone, ma il ministro
dell’ambiente indiano si è recente opposto e il testo finale fa riferimento ad una graduale
riduzione del carbone non abbattuto e parla di graduale riduzione di sussidi inefficienti ai
combustibili fossili. Il ministro indiano ha affermato che l’india si impegnerà a fornire megawatt di
energia da fonti rinnovabili. l’india è un paese che sta vivendo. una grande crescita demografica e
il ministro ha sottolineato che sono i paesi sviluppati che si dovrebbero impegnare più di quelli in
via di sviluppo.
Il grande problema in questa decisione è l’opposizione degli USA a eliminare tutti i combustibili
fossili. È comunque. importante sottolineare che nella prima formulazione non c’era un limite
temporale.
Risultati del patto nel meccanismo loss and damage -> Il patto ha riconosciuto il diritto di ricevere
dei risarcimenti ai paesi più vulnerabili, ma non sono stati messi in atto (teoria okay, pratica no).
Parlando dei finanziamenti la COP 26 si è aperta con la consapevolezza di un grande fallimento,
quello di non aver mobilitato100 miliardi entro il 2020, questo obbiettivo è stato spostato al
2023. I paesi sviluppati sono esortati a raddoppiare i valori dei fondi destinati all’adaptation entro
il 2025.
A Glasgow Raggiungimento di un accordo che regola il mercato del carbonio -> sono traslati circa
320milioni di crediti per evitare chela grossa quantità di crediti nel mercato potesse portare il
prezzo di questi alla saturazione del mercato.
Flessibilità -> Il patto do Glasgow riconosce ai paesi in via di sviluppo la sigla “Fx” (flexibility), che
incoraggia a non nasconderei dati.

Accordi collaterali: il più rilevante è il Global methan pledge che prevede la riduzione delle
emissioni di metano. Del 30% rispetto ai livelli del 2020 entro il decennio. Tra i paesi che hanno
formato però non c’è la Russia, la Cina e l’Australia.

Sulla base del criterio paretiano non tutte le situazioni sono ordinabili perché il passaggio da
una situa A a B non permette un confronto con la situazione iniziale e soprattutto diverse
situazioni definite di ottimo paretiano non possono essere confrontate tra di loro.
In Inghilterra era nato il dibattito sulla soppressione dei dazi sul grano -> Ricardo e Malthus
si schieravano su fronti opposti.
Provvedimento analogo è stato proposto anche da … che afferma che una configurazione A
è migliore di B se guardando a situa B è possibile distribuire i benefici ottenuti nella situa A
in modo da compensare B e avere un ottimo paretiano.

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Era indispensabile per allargare la diversità negli stati del mondo introdurre un principio di
questo tipo. L’introduzione di questo principio sembrava poter ampliare gli stati del mondo
ordinabili; tuttavia, è stato criticato in due modi: il fatto che l’indennizzo venga
effettivamente corrisposto o meno; discussione sul fatto che il giudizio di una situa rispetto
ad un latra possa essere dato solo con riferimento alla ricchezza complessiva e non soltanto
ad alla sua riduzione.
Introdurre questo principio ha comunque permesso di ordinare diversi stati del mondo e ha
apportato.

1. Funzione utilitaristica -> Prima funzione di benessere sociale è la funzione basata


sull’utilitarismo e sulla base di questa funzione in una società composta da individui,
riteniamo il benessere sociale misurabile dalla somma delle utilità dei singoli
individui. Devo valutare con quale funzione aggregare le diverse utilità e prima acora
come misurare le diverse utilità.
W = ()????
Benessere sociale data dalla somma delle utilità degli individui. Fare la somma
significa dare lo stesso peso a tutti gli individui e non considerare come il reddito si
distribuisce tra gli individui.

Si considerano tre livelli, tre funzioni di utilità, ma tutti i punti rappresentano


situazioni che vengono giudicate identiche.

2. È stata quindi elaborata la funzione utilitaristica generalizzata -> l’idea è che certe
politiche vanno valutate sulla base dei risultati conseguite presso alcune classi
sociali.
W (u) ???
Do diversi peso all’utilità dei soggetti, quindi introduco dei pesi che attribuiscono alla
utilità raggiunte un peso diverso, perché l’obbiettivo delle mie politiche è incidere
sulla disuguaglianza; quindi, do più peso a quelle zone che ritengo meritevoli di
attenzione

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Se i pesi sono uguali l’inclinazione sarà -1

3. Funzione di Bernoulli-Nash -> ipotizziamo dia ver un reddito nella mia società pari a
10. Secondo la funzione utilitaristica dare ad un idnivuodo0 e all’altro 10 è
equivalente a dare ad uno 5 e all’altro 5, perché la somma è sempre 10 (non rilevo
quanto va a uno e quanto va all’altro. Non guarda alla distribuzione). Se pensiamo
all’operatore prodotto, fa si che se un individuo ha 0 il prodotto è nullo.

Il prodotto serve per ordinare le situa, e mi permette di avere una distribuzione più
equa.
La funzione di Nash può essere generalizzata introducendo
W (U,) ?????

4. Funzione di Rawls -> secondo lui se una persona dovesse stabilire un ordinamento
del benessere senza sapere la sua posizione in un ordinamento sociale, riterrebbe
che potremmo pensare ad un benessere che aumento solo nel caso in cui migliori la
situa dell’individuo che sta peggio. Valutare il benessere sociale con riferimento
all’individuo che sta peggio. Maximin perché il criterio di ordinamento è di ordinare
le situazioni sulla base di quelle che massimizzano il valore minimo.
W = min (ui)
Welfare non è più una somma. Che forma avrebbero le curve di isobenessere?

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Perché angolose?
?????

5. Funzione di Bergson-Samuelson -> aggrega le diverse utilità sulla base di queste


ipotesi:
- dipende dalle utilità individuali
- le utilità sono confutabili
- il criterio paretiano forte è soddisfatto
- le preferenze sociali sono convesse o strettamente convesse

6. Arrow -> dice di cerare un ordinamento sociale completo che consideri il criterio die
efficienza paretiano e che soddisfi le condizioni di una funzione di benessere sociale.
Lui dice che è impossibile trovare una modalità di aggregazione delle preferenze che
soddisfi tutte le caratteristiche desiderabili. Esiste la possibilità di aggregare le
preferenze che soddisfi vari criteri (elenco numerato nelle slide)? Solo l’ordinamento
di un dittatore può soddisfare queste cinque caratteristiche. Il teorema di Arrow è
noto, infatti, come il teorema dell’impossibilità.
Facciamo un esempio: cosa otteniamo aggregando le scelte delle persone attraverso
una votazione? Innanzitutto, devo capire quanto la scelta sarà confermata
(unanimità o maggioranza). Osserviamo che abbiamo tre possibili situazioni:

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Aggregare in questo modo non rispetta un criterio che noi desideriamo, abbiamo
delle preferenze sociali che implicano che il risultato dipende dal modo in cui ho
fatto votare. Se io sono il presidente e voglio far votare una determinata alternativa
basta che cambi l’ordine delle votazioni:

Rappresentazione del problema del consumatore

Sugli assi cartesiani indico i due beni. All’interno del grafico abbiamo le curve di differenza e
le curve di isobenessere. Queste curve hanno la concavità verso l’alto, perché l’analisi
marginalista parte dal presupposto che la soddisfazione del consumatore cresce in seguito al
consumo.
Nello stesso grafico rappresentiamo i vincoli del consumatore che dipendono dal reddito (Y)
e i prezzi dei beni (py e px1).

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Il vincolo di bilancio è l’intersezione con gli assi. Il vincolo di bilancio mi divide il primo
quadrante in punti al di sotto del vincolo, punti sopra il vincolo (panieri non accessibili) e
punti sullo stesso vincolo (possibili panieri che posso prendere. Spendendo tutto il mio
reddito). Tra tutti mi convien scegliere quello che mi da la maggior soddisfazione, in cui il
vincolo di bilancio (vdb) è appena tangente alla curva di indifferenza (cdi).
Se vdb e cdi sono tangenti vuol dire che in quel punto hanno la stessa inclinazione. Il
rapporto tra i prezzi è l’inclinazione del vdb, mentre il rapporto tra le utilità marginali dei
due beni è l’inclinazione della cdi -> Sceglierò quindi il paniere (x 1; y1)
Cosa avvien se il prezzo del bene X cambia? Cambia l’inclinazione del vdb perché i panieri
accessibili mutano. Se il prezzo si riduce, posso accedere a panieri più ricchi di prima. muta
l’intersezione con l’asse delle X allargando l’insieme dei panieri accettabili. Tra tutti i panieri
sceglierò di nuovo quello dove il nuovo vdb tange la cdi.
24/11/2021
Pensando di far variare con continuità il prezzo del bene ho la possibilità di cogliere da
questo grafico una relazione tra prezzo del bene e quantità di quel bene che il consumatore
sceglie razionalmente di domandare e le posso riportare in un grafico ottenendo una curva
di domanda definita ordinaria o marshalliana.

Osserviamo che facendo variare il prezzo del bene X il consumatore ha spostato la sua scelta
dal paniere A al paniere C, e osserviamo anche che è vero che il paniere C gli da una
maggiore soddisfazione ma il suo potere di acquisto il suo potere di acquisto in C è
cresciuto. E in C il prezzo del bene X è diventato più basso; quindi, il bene X riprospetto al
bene Y è diventato più economico.
Vogliamo scomporre quanta parte della variazione della quantità consumata di X è
imputabile al fatto che sono diventato più ricco (perché il mio potere di acquisto è cresciuto)
e quanta parte è imputabile al fatto che il bene X è diventato relativamente più economico,
distinguendo in quello che viene definito effetto reddito da quello chiamato effetto
sostituzione.
Come calcolo l’effetto reddito? L’effetto reddito è un effetto dovuto al fatto che la riduzione
di prezzo ha aumentato il mio potere di acquisto. Il modo corretto per calcolare l’effetto
reddito è di interrogarsi quanta parte della variazione di x1 e x2 è imputabile al fatto che il
mio potere di acquisto è cresciuto.
Come mantengo la visione del potere di acquisto o il calcolo di quanto è aumentato il mio
potere di acquisto? Lo posso fare chiedendomi: Se i prezzi non fossero variati, che paniere
avrei consumato? Noi sappiano che da A a C ho una variazione della quantità consumata del
bene X da x1 a x2 e io posso, guardando alla scelta che ho fatto C, valutare di quanto sto
meglio rispetto ad A. Ma abbiamo detto che le curve sono ordinabili e non misurabili, però
io posso dire: come quantifico il beneficio che è imputabile a questo? Traspongo il nuovo
vdb in modo tale che diventi tangente alla vecchia curva di indifferenza. Osservo che A e B

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mi danno la stessa soddisfazione perché appartengono alla stessa cdi. L’inalterazione del
potere di acquisto non è fatta solo dalla possibilità di poter consumare lo stesso paniere di
prima, ma avere lo stesso livello di soddisfazione.
Ma, per acquisire il paniere B ho bisogno di un reddito molto più basso di quello che ho in A
perché l’intersezione con l’asse verticale è il mio reddito monetario diviso il prezzo del bene
Y e se l’intersezione è mutata vuol dire che per acquisire il bene B ho bisogno di un reddito
monetario molto più basso per acquisire questo paniere. Quindi la distanza dei redditi tra il
punto B e C mi dice di quanto potrei ridurre il reddito monetario del consumatore per farlo
stare come stava prima ma con i nuovi prezzi. Viceversa, il passaggio da B a c è legato non
ad una variazione dei prezzi, ma ala fatto che ho un potere di acquisto maggiore. e quindi
dico: il passaggio tra A e B non dipende dal potere di acquisto perché sto sulla stessa cdi di
prima, ma scelgo il B perché il bene X è diventato relativamente più economico. quindi il
passaggio tra x1 e x3 è chiamato effetto sostituzione perché nella mia scelta, scelgo questa
soluzione perché il bene X è diventato più economico di Y. Viceversa il passaggio tra B e C
indica un cambiamento di scelta del consumatore non perché un bene è diventato più
economico (perché la tangente AB ha la stessa inclinazione della tangente AC, quindi il
rapporto tra i prezzi è lo stesso), ma perché la riduzione del prezzo mi ha reso più ricco.

In generale, allora, osserviamo che la curva di domanda mi dice quale era la quantità che
consumavo quando il bene X aveva un prezzo pari a X1 e quale era la quantità che consumo
quando il bene X ha un prezzo pari a x2e quindi include delle variazioni che sono imputabili
sia ad un effetto sostituzione che un effetto reddito. In latri termini, la curva di domanda in
generale rappresenta sì una relazione tra prezzo e quantità domandata, ma con punti che mi
danno una soddisfazione molto diversa una dall’altra (quando il prezzo è molto alto posso
consumare poco e quindi il mio livello di soddisfazione sarà molto diverso da quello che
avrei sulla stessa curva di domanda con un prezzo più basso).

Curva di domanda Hicksiana o compensata -> è un tentativo (non è una curva che esiste
nella realtà) di costruire una potenziale tra prezzo e quantità rispondendo ad un quesito di
questo tipo: qual è la quantità che il consumatore domanderebbe per ogni prezzo (dai i
gusti, dato il suo reddito dati i prezzi degli latri beni) se a mano a mano che il prezzo varia io
non facessi mutare il suo potere di acquisto? Quindi, se il prezzo si riduce io dovrei togliergli
un po’ di reddito per non fargli acquisire un livello più grande di soddisfazione, ma per farlo
stare come stava prima. Mentre se il prezzo aumenta dovrei dargli del reddito per poterlo
fare stare come stava prima. quindi, se per ogni variazione di prezzo potessi compensare il
fatto che il suo potere di acquisto varia (da variazioni del suo redito monetario per
mantenere invariato il suo livello di soddisfazione), allora avrei una curva di domanda che
compensa in ogni punto. Perché faccio variare il reddito del consumatore in continuità per
farlo stare allo stesso livello del consumatore. Quindi si tratta di una relazione tra prezzo e
quantità domandata che non include l’effetto reddito, solo l’effetto sostituzione.
Voglio escludere l’effetto reddito, come? con la curva di domanda compensata.

Torniamo al grafico di prima, e diciamo: quando il prezzo del bene x è px1, un punto della
curva di domanda sarà la quantità domandata x1 e quando il prezzo del bene x sarà x2, un
punto della curva di domanda ordinaria o marshalliana sarà x2. Ma il passaggio tra x1 e x2
include sia l’effetto reddito che l’effetto sostituzione. Voglio escludere l’effetto reddito.
Come faccio? Devo mantenere il consumatore sulla soddisfazione inziale. Calcolo il suo

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reddito in modo da dirgli: il tuo livello di soddisfazione non deve variare quindi se il prezzo si
riduce ti tolgo un po’ di reddito per farti stare come stavi prima. Se il prezzo aumenta ti do
un po’ di reddito. E allora la curva do domanda compensata sarà una raffigurazione ->
quando il prezzo del bene x è x1 tu domandi x1, quando il prezzo del bene x è x2 tu non
domandi x2 se tolgo l’incremento del tuo potere di acquisto, ma domandi x3 -> tiene conto
solo dell’effetto sostituzione.

Il surplus del consumatore

Abbiamo costruito la curva di domanda e diciamo che quando il prezzo è p1 il consumatore


domanda x1. Io cerco di trovare una misurazione di come muta il benessere del
consumatore se faccio variare il prezzo. Devo cercare degli indicatori e una scelta è quella di
riferissi alla grandezza nota come surplus del consumatore. Valuta le variazioni di benessere
il seguito alla variazione del surplus.
Che cosa è il surplus del consumatore? Avendo una curva di domanda che viene inclinata
negativamente, osserviamo che è vero che se il prezzo è p1 la quantità domanda è x1, ma
non è vero che ad un prezzo più lato non ci sarebbe stata domanda perché ogni
consumatore sceglie uguagliando il rapporto tra utilità marginali e prezzi nella condizione
ideale. Quindi anche ad un prezzo più altro avrei avuto dei consumatori disposti ad acquisire
quel bene. Il fatto che si trovi sul mercato la prezzo p1, consente a quei consumatori che
avevano una diponibilità marginale a pagare più alta di p1, di aver un vantaggio.
Viene perciò definito surplus del consumatore l’area ottenuta dalla differenza tra tutta l’area
sotto la curva di domanda (la curva di domanda rappresenta i benefici che ogni unità
ulteriore acquisita dal consumatore gli da in termini di soddisfazione). L’area sotto la
curvami rappresenterebbe il beneficio totale che ho dalla disponibilità di quel bene e
raffronto questo beneficio totale con la spesa che devo sostenere per quel bene. Visto che il
prezzo è p1, se compro la quantità x1, la spesa è prezzo per quantità-> è il rettangolo O-p1-H-
x1. Ero disposto a pagare di più, ma spendo meno del beneficio che ho. perciò identifico
l’area A-p1-H come surplus del consumatore -> Differenza tra beneficio che considero sulla
base delle scelte espresse dal consumatore, da cui derivo la sua curva di domanda, e spesa
effettiva.

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Diminuzione di prezzo
Se il prezzo si riducesse in p2, il consumatore domanderebbe la quantità x2.

Come valuto il beneficio che il consumatore ha avuto da questa riduzione di prezzo? Con
riferimento a questa grandezza che abbiamo definito surplus, mi permetto di dire che
calcolo il vantaggio del consumatore vedendo quanto è variato il suo surplus. Quando il
prezzo era p1 il suo surplus era A-p1-H, adesso il suo surplus è diventato A-p2-K e perciò la
variazione del suo surplus è identificabile dall’area p1-H-K-p2.
Quindi la misura della variazione di benessere potrebbe essere logicamente valutata sulla
base della variazione del surplus del consumatore. Prima guardavo l’utilità che aveva
rispetto alla spesa, adesso guardo sempre questo e questa variazione la prendo per
misurare la variazione di benessere.

Io potrei misurare la variazione di benessere anche in un altro modo.

Io so che con il prezzo del bene X inziale il consumatore domandava A e con il prezzo variato
domanda B. Ma io non riesco a misurare la distanza tra i livelli di soddisfazione, noi non
siamo degli utilitaristi. E alloro devo trovare qualche cosa che mi misuri di quanto sta
meglio. Io posso quindi dire: questo consumatore è andato a stare meglio e devo attribuire
un valore a quanto sta meglio -> allora dico: il nuovo è prezzo del bene X ha fatto stare
meglio il consumatore. Di quanto? Io lasciava indifferente il paniere A e il paniere C. Come
avevo ottenuto il paniere C? traslando il nuovo vdb e rendendolo tangente alla cdi inziale.
Allora i due vincoli li riesco a identificare in termini di reddito. Ma acquisirebbe il paniere C
con il nuovo prezzo con un reddito molto più basso (ricordandoci che l’intersezione con
l’asse delle ordinate è il reddito diviso il prezzo del bene Y).
Quindi dico: C e A sono indifferenti, ma sarebbero acquisiti A con il vecchio reddito e i vecchi
prezzi e C con un reddito molto più basso e i nuovi prezzi.
Perciò valuto il beneficio che ha dalla riduzione di prezzo dicendo: se invece di ridurre il
prezzo, avessi guardato a quale è la variazione di reddito che poteva farlo stare come stava
prima ma con i nuovi prezzi, avrei spostato la Curva di bilancio nuova tangente a quella
vecchia e questo divario mi dice un incremento di reddito che è esattamente in grado di

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compensare la riduzione di prezzo. Se io togliessi al consumator e il reddito pari a F, ma
avessi i nuovi prezzi, lo lascerei come sta prima e quindi il movimento verticale dal reddito
con intersezione nel punto F al reddito con intersezione nel punto E è quello che io posso
dire il beneficio quantificato in termini di reddito.

Proviamo adesso a vederlo per metterlo poi in confronto con il surplus, tracciando la curva
compensata invece di quella ordinaria (D).

In D deve passare sua la curva di domanda ordinaria che quella compensata. Se riduco il
prezzo a p2, la curva di domanda ordinaria mi dirà che il consumatore consumerà la
quantità x2 e trovo il punto K sulla curva ordinaria. Ma come costruisco la curva di domanda
compensata a partire dal punto H? a partire dal punto H, facendo ridurre il prezzo, mi dico:
se il prezzo è p2 quanto consuma il consumatore se lo compenso? Se gli sottraggo del
reddito? Consumerà la quantità x3.
Allora, per metter un confronto con la visione del surplus che era l’area sotto la curva di
domanda ordinaria, il beneficio che qui è la distanza delle intersezioni con l’asse delle
ordinate, dico: io posso fare riferimento all’area sotto la curva di domanda compensata e
osservare che l’area p1-H-L-p2 mi da una misura alternativa della variazione del benessere
del consumatore che ho misurato in termini di quanto reddito gli devo sottrarre per farlo
stare sulla curva di domanda inziale, ma con i nuovi prezzi diversi. E vediamo che è diversa
dal surplus del consumatore, è più piccolo.

Arriviamo ad una definizione di variazione compensativa (VC) -> l’aumento di benessere


derivante dalla diminuzione di prezzo può essere determinato in base alla diminuzione di
reddito che il consumatore dovrebbe subire per avere, col nuovo prezzo, la stessa utilità di
prima. quindi faccio riferimento la curva inziale, ma ai nuovi prezzi.

Variazione equivalente (VE) -> guardiamo prima il grafico e poi la definizione

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Abbiamo visto che il consumatore quando il prezzo del bene X si riduce cambia la sua scelta
da A a B. Ma io non so quanto u2 dista da u1, so solo che li sta meglio. Prima mi sono
domandato quanto reddito avrei potuto sottrargli per farlo stare a livello u1 ma con i nuovi
prezzi. Per lui è indifferente, gli ho sottratto un ammontare che quantifico in moneta e dico:
quella quantità di reddito che gli ho sottratto va a misura il beneficio che lui ha avuto.
Ma potrei altresì osservare che se il prezzo varia, il consumatore si sposta in B, ma io posso
chiedermi: se il prezzo non fosse cambiato quanto avrei dovuto aumentare il suo reddito per
permettergli di arrivare alla sedazione u2. Quindi, invece di far riferimento alla curva inziale
e ai prezzi finali, mi domando, con riferimento alla curva di indifferenza finale e i prezzi
iniziali: il consumatore ha raggiunto il punto B perché il prezzo si è ridotto, se il prezzo non si
è ridotto, quanto avrei dovuto incrementare il suo reddito per raggiungere la soddisfazione
che ha in u2? Avrei dovuto spostare il vdb da EG a MN, mantenendo l’inclinazione inziale e
vendendo dove questo vincolo è tangente alla curva raggiunta dopo ala variazione di prezzo.
Il reddito in più, rispetto al reddito che mi permetteva di acquisire il paniere A, è una
quantificazione del beneficio calcolato in equivalente di reddito che il consumatore ha
perché il prezzo si è ridotto.

Definizione -> l’aumento di benessere derivante dalla diminuzione di prezzo può essere
misurato anche in base all’aumento del reddito che il consumatore dovrebbe ottenere per
avere, con il prezzo originale, la stessa utilità che avrebbe avuto con il nuovo prezzo.

Proviamo a rappresentarla:

La VE fa riferimento ad una curva di domanda compensata non che passa dalla situazione
iniziale p1-x1, ma a livello di soddisfazione che io raggiungo quando il prezzo è p2.
Mentre prima avevo valutato la variazione compensativa creando la curva di domanda
compensata passante per il punto H, adeso devo calcolare la VE, tracciando la curva di
domanda compensata che passa per il punto K.

Se faccio riferimento al surplus ottengo una grandezza, se faccio riferimento alla VC o alla VE
ottengo grandezze di tipo diverso. In particolare, in questo grafico (sotto) in cui sono tutte
evidenziate, si mette la curva marshalliana, la curva Hicksiana che passa per il punto H, la
curva Hicksiana che passa per il punto K, osservo:
•La VC è l’aera p1-H-L-p2;
•La variazione del surplus del consumatore (SC) mi dice che il benessere del consumatore è
aumentato di p1-H-K-p2;
•La VE si ottiene costruendo la curva di domanda compensata che passa per il punto K e
guardando l’area tra p2 e p2, sotto la curva di domanda compensata che passa per il punto
K.

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Otteniamo quindi tre misure diverse. A quale facciamo riferimento? Ognuno potrebbe
scegliere e non è nemmeno detto che l’ordinamento possa essere lo stesso a seconda
dell’indice a cui mi riferisco. E anche nelle domande che io pongo al consumatore e le
risposte che ricevo potrebbero fare riferimento a quantificazione diverse delle variazioni di
benessere ->
•Se faccio riferimento a come è variatala mia utilità rispetto ala spesa, faccio riferimento ad
una grandezza tipo surplus;
•Se faccio riferimento a quanto reddito potrebbero togliermi per avere l’utilità inziale con il
nuovo prezzo, faccio riferimento ad una VC;
•Se faccio riferimento a quanto reddito dovrebbero darmi per raggiungere lo stesso livello
di soddisfazione che il nuovo prezzo mi ha permesso di raggiungere, rifaccio riferimento a
una VE.
25/11/2021
Aumento di prezzo

Se il prezzo del bene x aumenta, la curva di domanda muterà e mi dirà quanto consumerà il
consumatore, il suo potere di acquisto si è ridotto. Quando il prezzo diventa p2, la domanda
sarà x2. In questo caso il surplus si è ridotto.

Vediamo di delineare anche la variazione compensativa in caso di aumento di prezzo.

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Questa volta il vdb diventa più restrittivo e il consumatore come scelta finale troverà quel
paniere che gli da il massimo beneficio, cioè il paniere B.
Se il prezzo aumenta, mail consumatore venisse indennizzato consumerebbe il paniere B.
Come lo ottengo? sposto il nuovo vdb e lo rendo tangente alla curva inziale.
Costruisco la curva di domanda compensata a livello di utilità iniziale:

Area non è uguale alla variazione compensativa del caso della diminuzione di prezzo.

Vediamo ora la variazione equivalente nel caso di aumento di prezzo:

Se il prezzo aumenta il consumatore sceglie il paniere B che gli riduce la sua soddisfazione.
Prendo l’inclinazione del vincolo inziale, lo porto tangente alla curva che ha subito
l’aumento di prezzo e dico che il reddito che poteva permettere di stare sul vincolo EJ si è
ridotto per stare il vincolo EL.

Se p2 fosse il prezzo inziale e non finale?


……..

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Quanto muta il benessere. È difficile da misurare. Questa tabella ci aiuta a capire questa
difficoltà.

NB. DPA=disponibilità a pagare; DAC=disponibilità ad accettare


In caso il prezzo aumenti, la VC mi da la misura della disponibilità di accettare una
compensazione per subire quel danno. Nel caso il prezzo si riduce, la VC mi esprime quanto
la gente sarebbe disposta a pagare per ottenere quel beneficio.

Condizioni di efficienza nel mercato

Per analizzare questi casi di fallimenti di mercato è utile rivedere perché il mercato
permetterebbe di arrivare ad una situazione efficiente. Vediamo prima quali sono i casi in
cui il mercato permette di arrivare all’ottimo paretiano.

L’inclinazione delle curve di indifferenza è il c.d. SMS che corrisponde al tasso con il quale il
consumatore è disposto a scambiare un bene con un altro.
Le proprietà delle curve di indifferenza sono:

Beni perfetti sostituti-> tasso a cui li sostituisco è sempre lo stesso


Beni perfetti complementi -> li consumo sempre nella stessa proporzione

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Ottimo nello scambio
Analizziamo il caso di due beni e due consumatori in un modello di puro scambio, senza
porci il problema della produzione. Ci interroghiamo come sarebbe utile per l’oro scambiarsi
le dotazioni che hanno per raggiungere la massima soddisfazione.
Costruiamo la scatola di Edwing. la scatola ha come dimensioni la dotazione die due beni.

Allocazione dei beni

Dotazione di beni

I punti della lente sono punti in cui i consumatori stanno meglio. I punti interno alla lente
sono un miglioramento paretiano, in cui nessuno peggiora e almeno uno dei due migliora. Il
miglioramento lo vedo da fatto che le due curve hanno inclinazioni diverse. l’SMS per il
consumatore A e B è diverso quindi c’è spazio per la contrattazione. Fino a che punto
arriverà la contrattazione? Terminerà in un punto all’interno della lente in cui le cdi saranno
tangenti.
Posso confrontarli tra di loro? Se parto dall’idea che non sia possibile confrontare le utilità,
non sono in grado di ordinare Q ed E sulla base del criterio di Pareto. Curva dei contratti è la
curava che raggiungo dopo la contrattazione libera.

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Il libero agire delle forze di mercati che permette dia vere dei prezzi dati permette ai
consumatori di adeguare i loro panieri. Il libero mercato permette di raggiungere l’ottimo
paretiano. Le posizioni di ottimo sono molteplici e il mercato assicura l’efficienza ma non
l’equità.

Teoria delle scelte del produttore


Lo stesso prodotto può essere realizzato con infinte combinazioni di input. la funzione di
produzione può essere definita come quella funzione che mi dice quando posso produrre in
modo efficiente dati i fattori produttivi.
Costruisco l’analisi del problema del produttore partendo dagli isoquanti

L’isoquanto rappresenta le indefinite combinazioni di lavoro e terra che danno luogo allo
stesso livello di prodotto.
Inclinazione di isoquanto è il Saggio Marginale di Sostituzione Tecnica. Condizione tecnica
che mi dice quanto lavoro posso rinunciare compensandolo con una quantità aggiuntiva di
terra per ottenere lo stesso livello di prodotto.
Secondo i marginalisti la produttività marginale di un fattore può essere decrescente.

Gli isoquanti sono inclinati negativamente, ma sono anche con la concavità verso l’alto. La
pendenza è data dal SMST.
Il problema del produttore: si trova di fronte ala possibilità di combinare lavoro e terra per
ottenere lo stesso livello di prodotto. Quale punti deve sceglier? Quello che a parità di
ricavo, mi da il minor costo.
Rappresenterò la funzione che mi dice il costo che deve sostenere, il costo che sosterrò
dipende dai prezzi del lavoro e della terra dati e dal modo in cui li combino. Io posso
rappresentare questa funzione nel mio asse cartesiano dove ho messo sugli assi i due imput
lavoro e terra. Sarà una retta, la retta di isocosto.

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Osservo che lungo l’isoquanto ho dei costi doversi nella produzione. Il produttore sceglierà
di combinare gli input che gli permetterà il mino costo di produzione, cioè nel punto di
tangenza tra retta di isocosto e isoquanto.
Nel punto di ottimo:

Vediamo due fattori produttivi T e L, e due beni x e y. Costruiamo una scatola (distribuzione
dei fattori produttivi):

Ogni punto all’interno della scatola mi da una ripartizione tra la produzione del bene x e del
bene y.

Quando non potrò più avere un miglioramento? Quando i due isoquanti non sono più
tangenti all’interno della lente

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Individuo anche qui dei punti all’interno della scatola di efficienza paretiana.

Qui posso osservare che questi punti possono are luogo a diverse scelte. Cosa farà il
produttore? I punti sono ottenuto a parità di input e quindi a parità di costo. Quindi mi
interrogherò quali costi mi danno maggior beneficio negli output.
Arriviamo a costruire quindi la c.d. frontiera delle possibilità di produzione

Concavità verso il basso -> inclinazione della FPP è data dal Saggio Marginale di
Trasformazione. La frontiera mi dice quanto la tua rinuncio a produrre il bene y può essere
trasformata ….. bene x.
Il SMT è quindi il rapporto tra i costi marginali dei due beni:

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Se tutti i punti sono a parità di costo sceglierò quella che mi da il massimo ricavo.
Rappresentiamo quindi i possibili ricavi che ottengono dalla vendita del bene x e y. Ottengo
la retta di isoricavo.

Inclinazione della retta di isoricavo è il rapporto tra i prezzi

Nel punto di ottimo:

Abbiamo ottenuto le condizioni che devo essere soddisfatte per avere una condizione
Pareto efficiente nello scambio, nella produzione e nella composizione del prodotto.

Nello scambio abbiamo una situazione Pareto efficiente qualora il rapporto tra le utilità
marginali ponderate per il rispettivo prezzo sia uguale per tutti i consumatori -> siamo in un
punto lungo la curva dei contratti e quindi quando il SMS eguaglia il rapporto tra le utilità
marginali dei due beni al rapporto tra i prezzi dei due beni. Abbiamo osservato che il SMG
tecnica rappresenta la possibilità di determinare l’efficienza nella co posizione dei fattori
produttivi e che un produttore riesce a minimizzare i costi di produzione nel caso in cui
eguagli la produttività marginale die fattori produttivi, ponderati per i rispettivi prezzi, per i
fattori che impiega.
Con riferimento alla curva di trasformazione abbiamo osservato che i massimi ricavi
derivanti dalla scelta di distribuire i fattori produttivi nella produzione di diversi prodotti si
ottiene quando il SMT tra due beni eguagli il rapporto dei due beni.

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1/12/2021
Quale tipo di mercato potrebbe raggiungere queste condizioni di efficienza? Rivediamo il
mercato di concorrenza perfetta. Osserviamo che un mercato competitivo permettere di
raggiungere l’efficienza nello scambio, nella produzione e nella combinazione di prodotti.
Quali sono quindi le caratteristiche di un mercato competitivo?
- Prodotto omogeneo, non c’è preferenza di un consumatore per un produttore
rispetto ad un altro
- Informazione perfetta
- Libertà di entrata ed uscita dal mercato
- Assenza di esternalità
- Assenza di costi di transazione
- Esistono numerose imprese e molto consumatori
- Il prezzo è dato
Come si comporta un impresa in concorrenza perfetta?

Ipotizzando che l’obbiettivo dell’impresa sia quello di massimizzare i profitti, l’analisi


marginalista ci consente di tracciare per quell’impresa l’andamento dei costi e dei ricavi.
L’analisi marginalista presuppone una produttività dei fattori che implica un costo marginale
che oltre un certo punto è crescente e questo fa si che il costo marginale (MC) intersechi il
costo totale medio (CM) e il costo variabile medio (CVM) nel loro punto di minimo, perché
finché il MC è inferiore al CM e al CVM questi devono decrescere.
Il prezzo è dato. In un equilibrio di lungo periodo, finché il prezzo permette a qualche
produttore du avere dei profitti superiore al normale, essendoci libertà di entrata dal
mercato, le imprese entrano e alla fine si raggiungerà un equilibrio di lungo periodo dove il
prezzo di mercato è uguale al CM minimo. Non dipende dalla quantità prodotta dalla singola
impresa e quindi il ricavo marginale perla singola impresa è uguale al prezzo. La dinamica
dei profitti di un’impresa dipende dall’andamento congiunto dei ricavi e dei costi -> finché
l’incremento dei ricavi è maggiore dei costi, i profitti crescono. Quando i ricavi crescono
meno dei costi, allora i profitti si riducono.
L’impresa avrà quindi convenienza a produrre finché il MC (che rappresenta la variazione dei
costi) è inferiore al ricavo marginale (che rappresenta la variazione dei ricavi).

Perché diciamo che l’impresa in concorrenza permette di raggiungere l’efficienza nello


scambio, nella produzione e nella composizione del prodotto?
In concorrenza il prezzo è dato ed è lo stesso per tutti i consumatori, quino ogni
consumatore aggiusta il suo paniere in modo da averla massima soddisfazione, e quindi ogni
consumatore eguaglierà il suo SMS al rapporto tra i prezzi dei due beni. Allora i SMS di
diversi consumatori saranno anche uguali fra di loro. Questo vuol dire che il regime di
concorrenza perfetta realizza nello scambio una situazione Pareto efficiente perché tutti i
consumatori hanno aggiustato i loro panieri in modo tale da avere SMS uguali. Quindi se
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ricucinassero ad uno dei beni per incrementare quello dell’altro vedrebbero peggiorare la
loro situazione.
Ma osserviamo che non solo si realizza l’efficienza nello scambio, ma anche nella produzione
perché i prezzi dei fattori produttivi sono dati ai produttori. Quindi ogni produttore sceglie
quella composizione di input per avere quel prodotto al costo minimo e quindi eguaglierà il
SMST al rapporto tra i prezzi degli input. ma se questo è vero per tutti i produttori, avranno
tutto lo stesso SMST e quindi realizzeranno un’efficienza nella produzione.
Osserviamo altresì che ogni impresa produce fino al punto in cui il suo costo marginale è
uguale al prezzo e quindi nella produzione del bene X il produttore arriverà fino al punto in
cui il MG di produzione del bene X è uguale al prezzo del bene X. Lo stesso farà il produttore
del bene Y. Poiché i prezzi sono dati avverrà che il rapporto tra i prezzi sarà uguale al
rapporto tra i costi marginali e quindi si realizzerà quella condizione per cui il SMT sarà
uguale al SMS che permette il raggiungimento di una condizione di ottimo.
Sulla base di questa osservazione, all’interno dell’economia del benessere, sono stati
enunciati questi due teoremi:
1. Primo teorema fondamentale dell’economia del benessere -> in un sistema
economico di concorrenza nel quale vi sua un insieme completo di mercati, un
equilibrio concorrenziale, se esiste, è un ottimo paretiano.
L’equilibrio di concorrenza perfetta è Pareto-efficiente: l’allocazione cui perviene il
mercato è tale che non è possibile aumentare l’utilità di un individuo senza ridurre
quella di un altro individuo.
2. Secondo teorema fondamentale dell’economia del benessere -> se sono rispettate
alcune condizioni relative alle funzioni di utilità individuali e alle finzioni produzione,
in presenza di mercati completi ogni posizione di ottimo paretiano può essere
realizzata come equilibrio concorrenziale, data un’appropriata redistribuzione delle
risorse, fra gli individui.
Un’allocazione Pareto-efficiente può essere sempre raggiunta come equilibrio di
un’economia concorrenziale, modificando opportunamente le dotazioni inziali.
Per chiarire il contribuito di questo secondo teorema ritorniamo delle cose dette
nella scorsa lezione -> avevamo evidenziato, attraverso la scatola di Edwing, che data
una reta distribuzione delle risorse tra due individui, se per quella distribuzione. Due
curve di indifferenza non sono tangenti il quel punto, quello non è un ottimo
paretiano perché entrambi possono migliorare la propria soddisfazione in tutti i
punti all’interno. Ma partendo da questa distribuzione inziale raggiungerò solo un
punto all’interno ella lente, e non potrò raggiungere un punto all’esterno. se ritengo
che i punti all’interno non siano quelli che esprimono i desideri della società, la
distribuzione inziale deve essere modificata. Se voglio una distribuzione a favore di
un consumatore che è in una situazione particolarmente disagiata, dovrò agire sulla
distribuzione inziale. Lo stesso vale per quanto riguarda la produzione.
Il secondo teorema ci dice quindi proprio questo aspetto -> qualunque posizione può
essere raggiunta come equilibrio di economia concorrenziale, purché io agisca sulle
condizioni inziali, con una redistribuzione o dei beni a disposizione dei consumatori o
dei fattori produttivi. A disposizione dei produttori, potrò ottenere quel risultato che
ritenevo migliore per la mia collettività.
Il primo teorema ci dice: un equilibrio concorrenziale è Pareto-efficiente se valgono certe
condizioni; il secondo teorema ci dice: il sistema concorrenziale non ti permette d
raggiungere tutti punto di ottimo se parti da una certa dotazione, ma se modifichi la

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distribuzione della dotazione inziale puoi raggiungere qualunque punto di ottimo. Con un
equilibrio equo o più iniquo tra le parti sociali.
Si dice che il primo teorema ha una natura più descrittiva perché ci dice che cosa succede ad
un mercato concorrenziale; il secondo teorema invece ha una natura prescrittiva perché ci
dice come dovrebbero agire le autorità per far si che il libero agire delle forze di mercato mi
permetta di raggiungere una certa situazione desiderata. In parte, questo è stato anche
espresso in questo modo: l’agire del mercato permette una funzione di allocazione
efficiente. Ed è un’istituzione (lo Stato) che abbia potere di redistribuire le risolse in un certo
modo che deve agire dal punto di vista redistributivo perché la situazione efficiente
raggiunta dal mercato sia quello che anche l’istituzione desiderava per la propria collettività.

Andiamo ad esaminare che condizioni devono essere soddisfatte perché davvero il libero
agire delle forze di mercato mi permetta questa situazione di efficienza.

Allora osserviamo che poiché i mercati difficilmente rispettano queste condizioni, il libero
agire delle forze di mercato non mi porta quella situazione Pareto efficiente. Oltre al ruolo
redistributivo dello stato, ci deve essere anche un ruolo di intervento perché non sempre
queste condizioni possono esser e rispettate. Quindi osserviamo che la necessità di
intervenire da parte di un’istituzione è per:
- definire i diritti di proprietà e garantire il rispetto dei contratati
- Redistribuire
- Produrre i beni meritori
- Evitare i fallimenti del mercato

Fallimenti di mercato

I fallimenti di mercato sono delle situazioni in cui il libero gire delle forse si mercato non
riesce a produrre risulta in qualche senso ottimali, dando così spazio all’intervento pubblico
sostitutivo o correttivo.
Perché è importante intervenire? Perché una conseguenza del fallimento è di arrivare a una
situazione che potrebbe implicare un miglioramento per tutte le parti coinvolte.
Vediamo le cause principali dei fallimenti di mercato:
- Esistenza di mercati non concorrenziali
- Assenza di controllo sufficiente da parte da parte degli agenti che non sconsente
scambi mutualmente vantaggiosi (esternalità, mancanza di assegnazione di diritti di
proprietà)
- Impossibilità di accordarsi sul modo d dividersi o guadagni di uno scambio
vantaggioso o do ripartire i costi d un’azione che procura beneficio a tutti (beni
pubblici, proprietà comune)

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- Mancanza di informazioni sufficienti per sfruttare tutte le opportunità vantaggiose
(asimmetria informativa)

Casi di concorrenza insufficiente - monopolio


Analizziamo la situazione della concorrenza per chiarire perché la situazione di concorrenza
potrebbe causare un fallimento trattando in particolare il monopolio.
Noi sappiamo che il monopolista per massimizzare i propri profitti produce fino ala punto in
cui il MG è uguale al ricavo marginale produce una quantità inferiore a quella che verrebbe
prodotta in condizione di occorrenza perfetta.

Osserviamo che il libero agire delle forze di mercato permette di arrivare ad un equilibro
qualora domanda e offerta fossero uguali. Un possibile modo di misurare il benessere che
deriva da questa situazione di produzione è fare riferimento ad una misurazione legata alala
misurazione del surplus. Abbiamo definito il surplus dei consumatori come l’area sotto la
curva di domanda e sopra il prezzo, in modo analogo possiamo definire il surplus dei
produttori -> la curva di offerta esprime la diponibilità dei produttori ad immettere un’unità
aggiuntiva di un bene. Se il loro MG è inferiore al prezzo che ricavano significa che hanno un
benefizio legato all’esistenza di u prezzo più alto.
La somma dei due surplus è massima proprio all’incrocio tra le due curve.

Perché si dice che il monopolio implica una perdita secca?

Ragioniamo in termini di variazioni di surplus. Rappresentiamo il grafico in caso di


monopolio. Sappiamo che il monopolista ha una curva non elastica e se vuole vendere di più
deve abbassare il prezzo (Curva di domanda inclinata negativamente). Ma deve vendere a
questo prezzo più basso tutta la sua quantità, che significa che il suo ricavo marginale è
inferiore al prezzo. Quindi tracciando nel grafico la curva di domanda e la curva di ricavo
marginale (MR) il monopolista sceglierà di produrre quella quantità dove il costo marginale
è uguale al ricavo marginale (quindi qm) e di venderla al prezzo pm.

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Facciamo un confronto, sulla base di questa analisi, di una situazione che si verificherebbe in
una condizione concorrenziale e in una condizione di monopolio.
Nel monopolio abbiamo osservato che il monopolista produrrebbe la quantità q m e la
venderebbe al prezzo pm, ma se questa fossero le curve di domande e di offerta in un
mercato in concorrenza, arriverei a produrre dove il mio ricavo marginale è uguale al costo
marginale e quindi in concorrenza produrrei la quantità indicata con q c vendendola al prezzo
pc, dove la curva di offerta globale incontra la curva di domanda.
Facciamo un confronto tra la situazione che si verificherebbe in concorrenza e la condizione
di monopolio -> Passando dalla situazione di concorrenza a quella di monopolio, osserviamo
che sul mercato viene offerta una quantità inferiore ad un prezzo più alto. Come cambia la
situazione dei produttori? Vediamo di quanto varia il loro surplus e guardiamo anche di
quanto varia la situazione di consumatori -> ad un prezzo più alto i produttori vendono
meno, ad un prezzo più alto i consumatori consumano meno di quanto farebbero in
concorrenza e pagano di più.
Passando dalla situazione di concorrenza alla situazione di monopolio vediamo quanto varia
il surplus dei consumatori -> quando il prezzo era pc il surplus era l’area tra la curva di
domanda (p) sopra pc. Adesso, quando il prezzo diventa pm, il surplus dei consumatori
diventa l’area tra ala curva di domanda e pm. I produttori, quindi, perdono tutta l’area A e
tutta l’area B. la variazione del lor surplus è A + B, perché il loro surplus prima era tutta
l’area sopra p e sopra pc, adesso è l’area sopra pm e sotto p.

La manovra sarebbe innocua in termini di benessere totale se la perdita di benessere dei


consumatori potesse compensare l’incremento di benessere sei riproduttori e ancora stare
meglio. E allora valutiamo la situazione dei produttori.
Abbiamo definito surplus dei produttori l’area sotto il prezzo p c e sopra la loro curva di
offerta (MC). Quando questa produzione fosse in regime di monopolio, i produttori vedono
modificare il loro surplus perché il loro nuovo surplus è l’area sotto il nuovo prezzo e sopra
la curva MC. Quindi da una parte guadagnano l’area A, dall’altra perdono l’area C.
osserviamo quindi che, a causa di questo regime di monopolio, quanto perdono i
consumatori non è compensato da quanto guadagnano i produttori. A con A si compensa,
ma abbiamo una perdita secca. Un modo intuitivo di comprendere il significato di perdita
secca e quello di ragionare sul significato di curve di costo marginale e di domanda. La curva
di costo marginale mi dice quale è il costo che con questa tecnologia di produzione grava
per avere un’unità in più. la curva di domanda mi rappresenta la diponibilità marginale a
pagare che dipende dal beneficio marginale che hanno in consumatori dal disporre di
quell’unità in più e allora è evidente che finché la curva della disponibilità marginale a
pagare per un’unità in più domina la curva di quanto costa al margine produrre quella unità
in più, miglioro il benessere perché il beneficio marginale che cero è maggiore del costo che
devo sostenere per la produzione. Siccome in monopolio mi fermo alla quantità qm venduta
ala prezzo pm, vedo che esiste tutto un tratto (quello delle are B e C) in cui la disponibilità
marginale a pagare dei consumatori, che rappresenta il beneficio che a loro deriva dal
disporre queste unità in più, è superiore al costo al marginale che deve essere sostenuto per
produrre quell’unità in più, perciò, la produzione creerebbe un beneficio positivo. E quindi
non produrre queste unità implica una perdita di benessere.

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Andiamo all’analisi del fallimento costituti dalla presenza dei beni pubblici
Definizione di bene pubblico: beni di cui tutti possono godere in comune, nel senso che il
consumo di ciascun individuo non comporta alcuna sottrazione del consumo dello stesso
bene da parte di un altro individuo (es. faro).
Le caratteristiche fondamentali dei beni pubblici sono:
- Non rivalità -> più individui possono simultaneamente beneficiare di un bene senza
ridurre l’utilità che deriva dal consumo di quel bene.
- Non escludibilità

Quindi possiamo distinguere il grado di rivalità con questo esempio:

Questo ha delle importanti conseguenze nella costruzione della curva di domanda. se il


bene non è rivale noi non siamo liberi di scegliere. Allora la quantità che io posso consumare
è uguale a quella che mi viene offerta e la mia è uguale a quella degli altri.

Che implicazione ha nella costruzione della curva di domanda?

Come ottengo la curva di domanda globale? Sommandola quantità domandata da A e la


quantità domandata da B.
Nel caso di un bene non rivale non possono chiedere agli individui quanto vogliono
domandare, perché quello che c’è è a diposizione nella stessa quantità per tutti. questo
implica una particolare costruzione della curva di domanda che non avviene per

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aggregazione orizzontale delle quantità domandate, ma per aggregazione verticale delle
disponibilità a pagare per una certa quantità.

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