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Questa dispensa è scritta da studenti senza alcuna intenzione di sostituire i materiali universitari. Essa costituisce
uno strumento utile allo studio della materia ma non garantisce una preparazione altrettanto esaustiva e
completa quanto il materiale consigliato dall’Università.
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1.2 Innovazione tecnologica e crescita economica
Robert Solow, fu tra i primi a riconoscere il ruolo della conoscenza nello sviluppo economico, il quale ha individuato
parte della crescita del PIL di un paese non spiegata dai tradizionali fattori di produzione, capitale e lavoro
(RESIDUO DI SOLOW)→ prevede che il progresso tecnico generi una crescita di reddito pro capite di lungo periodo.
Prevede anche che le economie meno sviluppate riescano a crescere più velocemente di quelle sviluppate e
raggiungerle nel tempo, arrivando a convergere in termini di reddito. Obiezioni:
• Non è vero l’assunto che il progresso tecnologico sia trasferibile tra paesi facilmente;
• Non è vero che la conoscenza è un fattore esogeno al sistema economico.
Per superare alcuni dei limiti della teoria di Solow è stato sviluppato il modello endogeno di Romer, in
contrapposizione all'idea che la conoscenza sia prodotta all'esterno del sistema economico. Questa teoria dà
importanza cruciale alla ricerca e sviluppo, di capitale umano e di nuove tecnologie, che sono tutti elementi
endogeni, questi fattori possono spiegare la crescita economica vista come processo di trasformazione continua.
Conoscenza intrinsecamente propulsiva (più cose si sanno, più è possibile sapere) sapere = base dello sviluppo.
Per questo alla fine del ‘700 si assiste alla crescita economica (contrariamente a teorie che prevedevano una
diminuzione del tasso di crescita). Paesi con livello di sviluppo tecnologico e innovativo più elevato = crescita anche
nel livello di vita delle persone. A partire dal 1800 la tecnologia ha dato un impulso senza precedenti alla crescita
della ricchezza nel mondo. Correlazione tra livello di sviluppo economico e capacità innovativa di un paese.
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1.4 Tecnologia e responsabilità sociale
Le imprese, nella maggior parte dei casi, sembrano utilizzare la tecnologia e l'innovazione avendo come finalità
solo il profitto, trascurando il bene comune. Chi beneficia dell’incremento di ricchezza? Perché pochissimi
beneficiano dell’incremento di ricchezza prodotto nello scorso secolo, creando disuguaglianze.
Le imprese costituiscono un meccanismo attraverso cui si crea l’enorme disparità di reddito che pervade tutto il
mondo (JENKINS). Quasi il 10% della popolazione mondiale vive in una condizione di povertà estrema.
Questa disuguaglianza non è originata dalla limitatezza delle risorse disponibili, ma dal meccanismo di
generazione di utili derivanti dall’innovazione a vantaggio di pochi e a scapito di chi direttamente o meno
collabora allo sviluppo della tecnologia e alla produzione di profitti. I processi pubblici di ripartizione del reddito
potrebbero mitigare gli effetti del meccanismo di accumulazione eccessiva della ricchezza ma le politiche
redistributive stentano a produrre risultati soddisfacenti.
Oggi, la società richiede che tecnologia e innovazione siano strumenti anche di diffusione di benessere e riduzione
di disparità, e non solo di produzione di valore e crescita economica.
L'impresa è amorale, priva in sé di etica. Non per questo deve essere vista come organismo autonomo dai soggetti
che le danno vita, non va vista come distinta da chi ne fa parte, essa rimane comunque e deve essere vista come
un sistema sociale, una comunità che deve abbracciare i valori essenziali all’uomo.
La responsabilità sociale d’impresa nasce proprio dal fatto che l’impresa è una comunità di persone, dotate di
responsabilità individuale, che si relazionano tra di loro, scambiando idee e progetti e agendo in maniera
coordinata. Le persone sono certamente impregnate di egoismo, di ricerca di potere e di sopraffazione, ma sono
anche caratterizzate dalla reciproca solidarietà, dal senso dell'aiuto reciproco, dall'intelligenza, dalla dignità, dalla
spinta interiore verso il bene comune.
Bisogna essere vigili sui potenziali effetti negativi dell'uso della tecnologia, con la consapevolezza che essa non
è né positiva né negativa in sé, ma può essere utilizzata per fini molto costruttivi o potenzialmente disgreganti.
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In assenza di particolari incentivi e di pressioni dall'esterno, le imprese di rado sviluppano approcci innovativi
orientati ai temi ambientali, anche se non va sottoscritta la crescita di aziende certificate sull'uso rigoroso di elevati
standard di sostenibilità ambientale e sociale (B Corporation).
Per promuovere una maggiore attenzione delle imprese, i governi e le autorità locali attivano politiche pubbliche
per spingerle a usare la tecnologia in modo compatibile con l'ambiente, attraverso un insieme di incentivi e di
disincentivi.
L'impatto ambientale non è immediatamente percepibile, per questo le autorità pubbliche possono svolgere
un'importante azione informativa sull'impatto. È necessario che anche le imprese si attrezzino per fornire la
maggiore informazione possibile sul tipo di programmi, approcci, strumenti utilizzati per ridurre al minimo i danni
ambientali.
Il web 2.0
Nei primi anni del secolo Tim O’Reilly ha coniato il termine web 2.0, per evidenziare l'evoluzione di alcuni aspetti
della Rete. Il primo di questi elementi è costituito dalla possibilità che gli utenti hanno di interagire (Ex. chat, blog
etc…) e creare interazioni (ex. Social Media).
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La caratteristica più rilevante è quella del ruolo degli utenti che interagiscono realizzando continue innovazioni. La
Rete consente di trasformare relazioni a una via in un dialogo continuo tra i soggetti. Nel web 2.0 la relazione è
sostanzialmente una relazione tra pari., ciò significa che non vi è differenza tra i soggetti.
Un altro elemento di cambiamento è la distinzione tra ruoli, nella relazione reticolare del web 2.0 non vi è una
distinzione tra clienti e fornitori. Nella rete vi è uno scambio reciproco. La relazione non è più tra un fornitore e un
cliente, ma è tra soggetti che sono contemporaneamente sia clienti che fornitori.
Nelle transazioni nella Rete non necessariamente c'è un passaggio di denaro diretto, siccome le due parti si
possono cambiare beni e servizi nella medesima rete. I valori economici si formano nella rete come prodotto di
un’interazione complessa di scambi.
Il web non ha solo modificato i rapporti tra le imprese, ma anche l'organizzazione della società e delle istituzioni
politiche. Si sono formate reti sociali che hanno assunto una molteplicità di nuove configurazioni, con l'esplosione
in particolare dei social network, attraverso cui si organizzano interazioni tra individui e imprese e le cui dinamiche
danno luogo a importanti fenomeni culturali e politici.
Sono 2 i fenomeni che hanno consentito l’avvio di questa fase: la disponibilità di una quantità enorme di dati e lo
sviluppo della scienza cognitiva.
Con il temine big data si fa riferimento ad una grande quantità di dati non forniti intenzionalmente, frutto di una
grande varietà di fonti non controllate, indipendenti ed eterogenee. Questa definizione contiene alcuni elementi
importanti:
• Non intenzionalità: questi dati non sono resi disponibili attraverso un processo intenzionale ma sono il
risultato di processi comunicativi non finalizzati alla loro produzione.
• Decentramento: l'enorme quantità di dati che provengono da fonti non controllate centralmente. Non vi
è un ente il quale stabilisca quali infgotm azioni produrre e quali invece non fornire: esse sono il frutto di
processi non pianificati e non strutturati.
• Indipendenza.
• Eterogeneità.
La complessità dei big data viene definita in modo più specifico dalle caratteristiche che le informazioni
possiedono, riferendoci allo “schema delle 5 V”:
a. Volume: quantità di informazioni disponibili.
b. Velocità: prontezza con cui i dati sono generati sia della rapidità con cui sono trasmessi ai potenziali
utilizzatori.
c. Varietà: si riferisce alla differenziazione delle fonti e alla natura del formato.
d. Veridicità: si tratta della qualità e dell’affidabilità.
e. Variabilità: i dati non sono stabili e sono soggetti a variazioni nel tempo.
Quindi, da un lato i sistemi intelligenti sono alimentati dai dati, dall’altro lato consentono di affrontare la
complessità delle informazioni che sono sempre più inintelligibili.
La crescita di volumi e complessità dei dati alimenta i sistemi d'intelligenza artificiale, che apprendono utilizzando
la grande quantità d'informazioni disponibili in un'amplissima e crescente varietà di campi. Questi dati sono quindi
alla base dello sviluppo dell'intelligenza artificiale e a loro volta sono prodotti utilizzando l'intelligenza artificiale.
Inoltre, questi dati possono essere utilizzati a partire da sistemi di analisi intelligente.
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2.3.2 Problemi relativi all'utilizzo dei Sistemi Esperti
È necessario dotare questi sistemi di conoscenza, ma per acquisire questo sapere è necessario un processo di
elicitazione (estrazione) da chi lo possiede. Bisogna quindi innanzitutto identificare chi ha la conoscenza e poi
cercare di formularla in termini di regole che possano essere utilizzate dal software.
Tuttavia, non è semplice estrarre regole che spesso gli esseri umani utilizzano in modo non del tutto conscio e che
difficilmente possono essere rappresentate in semplici meccanismi.
Inoltre, i sistemi esperti hanno mostrato notevoli problemi di utilizzo, soprattutto in situazioni complesse. I tre
principali limiti:
1. Funzionano esclusivamente all’interno di uno specifico ambito (ristretto).
2. L’unica conoscenza di cui dispongono è quella che viene fornita loro; quindi, ogni successivo mutamento
di questa non viene automaticamente integrato nel sistema; perciò, è necessario aggiornare
continuamente il software.
3. Non sono in grado di fornire risposta a situazioni che non si presentano esattamente nello stesso modo o
che richiedono una risposta non convenzionale alla nuova situazione.
𝑌 = ∑ 𝑊𝑖𝑋𝑖
𝑖=1
Le connessioni tra neuroni artificiali hanno lo stesso significato delle sinapsi che uniscono i neuroni biologici e
hanno una "dimensione" differente in funzione del peso, che costituisce un rinforzo o un'attenuazione del segnale.
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2.6.3 Gli ostacoli all'adozione dell'AI
Nonostante il rapido sviluppo di strumenti dell'AI all'interno delle imprese, vi sono barriere alla loro adozione. Gli
ostacoli possono essere individuati in 4 grandi categorie:
• Difficoltà di comprensione: le imprese sono restie all’adozione delle macchine intelligenti a causa
dell’impossibilità di capire cosa accada all’interno delle reti neurali. Inoltre, spesso le imprese fanno fatica
a trovare figure professionali necessarie per ricoprire certi ruoli. Infine, molti manager pensano che le
competenze necessarie per utilizzare queste tecnologie siano elevate, pertanto pensano di non esserne
all’altezza.
• Costi di adozione elevati: è un pregiudizio; le tecnologie dell’intelligenza artificiale non sono
particolarmente costose, a meno che non si vogliano costruire sistemi internamente all'organizzazione,
dotandosi di tutte le competenze necessarie.
• Volontà di non licenziare persone: è una preoccupazione fondata, infatti, nel breve periodo le macchine
possono portare a una sostituzione delle persone. È pertanto importante adottare questi sistemi in una
logica di crescita del personale e non di sostituzione.
• Immaturità delle tecnologie: anche se molte tecnologie sono in una fase iniziale, anche questo è un
pregiudizio. Oggi un numero crescente di attività viene automatizzato con grande efficienza ed efficacia,
inoltre, è fondamentale per le imprese cominciare a familiarizzarsi con tecnologie che saranno pervasive
in molti settori.
Per evitare difficoltà future, è importante per le imprese introdurre in modo precoce le tecnologie dell'AI con
progetti pilota che consentano all'impresa di prendere confidenza con le nuove tecnologie.
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Esistono 2 approcci per affrontare un problema etico di questa natura, top-bottom o bottom-up.
• Top-bottom: consiste nell’individuare le regole e programmare le macchine in modo che esse vengano
rispettate. Il limite di questo approccio consiste nel fatto che non tutte le fattispecie sono definibili a priori
e non tutte le probabilità o le utilità possono essere composte in termini semplici. Inoltre, alcune scelte
non possono essere composte in termini astratti e la decisione non può essere indipendente dalla
situazione specifica in cui gli eventi si manifestano.
• Bottom-up: in questo caso le macchine apprendono la condotta appropriata osservando come si
comportano gli esseri umani in situazioni simili. Non vi è chi prescriva qual è il modo d’agire più
appropriato, dunque in società, culture, credi religiosi differenti, le macchine si comporterebbero in
maniere differenti. Un limite di questo approccio è che l’apprendimento necessario all’intelligenza
artificiale richiede che vengano esaminate molte situazioni ed è impossibile sottoporre al sistema una
varietà così ampia di casi da coprire ogni circostanza. Oltretutto, ogni individuo ha valori differenti
riguardo alle varie situazioni. Inoltre, non è detto che i comportamenti degli esseri umani rispondano
sempre a regole etiche accettabili. Infine, un altro problema dell’approccio bottom-up è che, poiché le
azioni degli esseri umani sono viziate da innumerevoli mancanze, queste vengano necessariamente
riflesse nelle macchine che da questi apprendono.
La soluzione consiste nell’uso combinato dei due approcci. Ciò significa che alcune regole devono necessariamente
essere programmate a priori, altre devono invece essere apprese autonomamente dalle macchine. Una seconda
soluzione al problema etico è, dove possono emergere situazioni complesse, lasciare al giudizio dell'uomo la
decisione finale. Un’altra possibile soluzione può essere individuata nell’AI debole, ossia nel non assegnare alla
macchina intelligente il ruolo di sostituirsi completamente all’essere umano, soprattutto laddove possono
emergere situazioni potenzialmente critiche e quindi nel lasciare al giudizio dell’uomo la decisione finale in caso
di situazioni estremamente complesse.
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converrebbe) → porta al fenomeno del trading up dell’offerta, che comunque soddisfa i clienti perché i
loro bisogni sono sempre più soddisfatti. Il fenomeno del trading up può però finire per produrre
un’offerta più sofisticata di quella richiesta. (Ex. fotografia analogica.)
• Disruptive technology: sono nuove tecnologie che inizialmente funzionano meno delle altre ma se
risultano promettenti riescono a modificare la competizione in modo distruttivo annullando il vantaggio
concorrenziale delle imprese già operanti nel mercato, cioè delle sustaining technology.
Disruptive non è sinonimo di radicalità (ad esempio nei Business Model), ma cambia le basi di
competizione modificando i parametri di performance che esistevano in precedenza. Le imprese
disruptor, infatti, sviluppano tecnologie con minor performance rispetto alle esistenti, offrendo però altri
vantaggi, che una parte del mercato può trovare interessanti (Ex. fotografia digitale).
La Disruptive è quindi la tecnologia che nel tempo supera la sustaining.
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2. Affermazione → FASE DI FERMENTO/TRANSIZIONE: Convergenza verso una soluzione convincente e
accetta = il disegno dominante (architettura tecnologica su cui convergono le varie aziende), focus
sull’efficienza e innovazioni di processo (economie di scala ed esperienza, relazioni con fornitori e
distributori). L’incertezza viene meno. Solitamente il DD conquista la quota di mercato maggiore e può
coesistere con altre architetture tecnologiche. Può capitare che il DD emerga subito sin dalla prima fase
se è subito più efficace e non si trovano altre soluzioni con prestazioni simili a costi comparabili. Oppure
può succedere che il DD non si affermi per decenni e che più disegni convivano per anni, rimanendo
comunque in concorrenza piuttosto accesa. È una fase in cui si passa ad una competizione crescente su
aspetti non più centrali del prodotto, in cui si cerca differenziazione. La domanda comprende non più solo
i pionieri ma anche primi adottanti e maggioranza anticipatrice. La fase di transizione o di fermento si
caratterizza per:
o L’emergenza di un dominant design;
o La riduzione dell’incertezza legata a mercato e alla tecnologia;
o Competizione sulla varietà di prodotto, costi efficienza volumi → competizione sui processi
produttivi (estetica, marketing ecc.);
o L’innovazione si sposta sul processo → economie scala e esperienza;
o Obiettivi di efficacia del prodotto e di efficienza dei processi → soddisfare i bisogni del mercato e
concorrere sui costi;
o Processi produttivi più rigidi e attrezzatura più specialista;
o Aumento dei volumi produttivi degli impianti.
3. Finale → FASE SPECIFICA: È la fase di maturità e di avvicinamento al limite fisico, innovazione ridotta al
minimo e si riguardano gli approcci di marketing. Tutte le economie sfruttabili sono ormai sfruttate al
massimo. Possibile sfociare nel Segmento Zero, è possibile quindi che nascano innovazioni che facciano
emergere nuovi disegni dominanti. La specifica si caratterizza per:
o Innovazioni di prodotto prevalentemente incrementali, soprattutto di marketing
o Innovazioni di processo orientate all’efficienza, ma diminuite
o Impianti di grande scala e attrezzatura specialistica
o Controllo organizzativo strutturato
o Economie di scala, efficienza, esperienza ecc.
I beni complementari sono prodotti o servizi che, associati ad un altro prodotto, ne aumentano il valore → altra
modalità per aumentare base clienti. Circolo virtuoso tra dimensione base clienti e disponibilità di beni
complementari (si alimentano a vicenda).
4.6 I mercati Winner-take-all
L’impresa che lancia un nuovo prodotto raggiunge una quota di
mercato elevata → superiorità di tale impresa + non c'è spazio
per la concorrenza.
La tecnologia dell'impresa "superiore" è riconosciuta migliore fin
dalle prime fasi (valore intrinseco), a ciò si aggiungono i
rendimenti dell'esternalità di rete, per cui anche se entra un
concorrente quest'ultimo ha uno svantaggio difficilmente
colmabile.
Le altre imprese pertanto diventano locked-out in quanto gli
spazi sono occupati e gli rimarrebbero le nicchie di mercato.
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CAPITOLO 5 - LE FORME D'INNOVAZIONE
5.1 Definizione di innovazione
Spesso viene fatta confusione su cosa significhi idea innovativa, invenzione e innovazione. Vediamo di chiarire
quali concetti rappresentano questi temi:
• Idea innovativa: ogni innovazione nasce da un’idea astratta su cosa possa essere una novità e su quale
utilità possa avere. Questo nuovo concetto di per sé è soltanto un’astrazione che non ha alcuna valenza
economica.
• Invenzione: quando le idee si traducono in nuove applicazioni concrete diventano invenzioni. Queste sono
nuove soluzioni tecniche a un problema. Molte invenzioni, tuttavia, non hanno alcuna utilità economica,
in quanto non riescono ad arrivare al mercato.
• Innovazione: quando un’invenzione completa il processo di conversione ad un uso concreto da parte di
una clientela, quando cioè l’dea o l’invenzione hanno un utilizzo economico, possiamo parlare di
innovazione. Quindi, l’innovazione non è un singolo atto, ma è il risultato di un processo, è un concetto
che si articola su quattro dimensioni:
o Base di conoscenza: le conoscenze e le risorse dell’impresa.
o Attività sottostante: l’attività di innovation management e il processo di sviluppo delle diverse attività
sono anch’essi elementi necessari all’ottenimento dei risultati economici derivanti dall’innovazione.
o Oggetto d’innovazione: la nuova offerta può avere contenuti differenti, può cioè riguardare un solo
prodotto, una pluralità di elementi immateriali e materiali, un servizio o l’intero modello di business.
Non di rado i diversi tipi di innovazione coesistono o si sovrappongono tra loro.
o Fase finale: l’ultima fase dell’attività è l’introduzione della nuova offerta nel mercato. Senza questa
non possiamo parlare di innovazione.
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Tuttavia, nell’utilizzo delle piattaforme vi sono anche dei problemi: talvolta è difficile arrivare al miglior prodotto
o servizio, dato che bisogna adattare lo sviluppo non alla migliore soluzione tecnica ma alla piattaforma esistente.
Quindi, la ricerca dell’utilizzo della piattaforma già esistente può compromettere la capacità competitiva del nuovo
prodotto o servizio.
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In queste situazioni solitamente l’impresa fa appello allo spirito di conservazione e si compatta, conferma
la propria strategia che aveva funzionato in passato. Però è un atteggiamento conservativo, non adatto
alla crescita e al cambiamento. Se anche l’impresa uscisse vincente dalla “aggressione” rischierebbe di
vedere compromesse le possibilità di cresciuta future.
2. Reazione adattiva: l’impresa cerca di operare tutti i mutamenti necessari al fine di tener conto del
cambiamento e degli stimoli provenienti dal mercato/concorrenza. Questa reazione può scaturire da un
comportamento attendista, che preferisce mantenere lo status quo, e attuare piccoli cambiamenti solo
quando esso è messo in pericolo da condizioni esterne di mercato.
È un comportamento tipico delle imprese leader che capiscono che il cambiamento è inevitabile. In questo
caso l’impresa, prima di muoversi, aspetta che il cambiamento si sia manifestato in tutta evidenza.
L’impresa deve essere attenta agli stimoli esterni provenienti dall’ambiente, che valuterà ed interpreterà
come possibili indicazioni di cambiamento. La capacità dell’impresa di seguire l’innovazione è data dalla
sua flessibilità strategica (struttura, comportamenti, persone) da attuare in funzione dei segnali
provenienti dall’ambiente.
Velocità, intensità, qualità di adattamento sono le condizioni di successo dell’organizzazione.
3. Reazione innovativa: ogni piccola variazione è vista dall’impresa come una grande opportunità. Non
attende che la domanda manifesti con precisione un bisogno, ma difronte a segnali anche deboli
immagina un futuro possibile e si attiva per realizzarlo. L’ambiente non è visto come una variabile
indipendente dal comportamento dell’impresa, anzi esso è fortemente condizionato dalle proprie scelte.
Impresa che non si adatta all’ambiente, che innova profondamente l’offerta e il comportamento, tutto
questo al fine di agire sull’ambiente stesso. Se non vi è capacità di innovazione, la vita delle imprese (anche
di maggiori dimensioni) è messa ad alto rischio, specie in un ambiente tecnologico competitivo come
quello di oggi. L’innovazione è la chiave per sopravvivere.
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3. Brand loyalty e switching cost: quando il cliente si abitua a comprare un certo prodotto, se è soddisfatto,
non ha motivo per cambiare marca, anzi, solitamente tende a sviluppare un comportamento di acquisto
ripetitivo nei confronti della stessa marca (brand loyalty). Ragioni:
o Inerzia nel processo d’acquisto: il consumatore che sviluppa tale inerzia non modifica con facilità
le proprie scelte d’acquisto.
o Relazione affettiva: nei confronti della marca, che diventa parte del mondo ed esperienze del
consumatore, a cui egli non rinuncia.
o Maturazione della conoscenza di uno specifico prodotto e sue caratteristiche: questo rende più
semplice l’acquisto e/o l’utilizzo abitudinario
Quest’ultimo aspetto è importante quando si tratta di beni altamente tecnologici: il passaggio ad una
diversa tecnologia può porre difficoltà.
Il cliente, quando adotta un prodotto nuovo, deve sostenere anche gli switching cost. Questi, riguardano
il tempo speso per acquisire le competenze e la familiarità con il nuovo prodotto ed eventuali investimenti
per adottare l’innovazione.
4. Esternalità di rete: il first mover in termini di esternalità di rete e cross-side effect avrà un buon vantaggio
competitivo, poiché sarà molto costoso per un Follower sottrarre clienti al first mover, il quale ha già
inglobato i clienti che tenevano maggiormente a far parte di una rete.
5. Accaparramento delle risorse: quando un’impresa entra per prima in un nuovo mercato riesce a occupare
la posizione migliore, ossia ad accaparrarsi le risorse esistenti. Questo aspetto è ancora più rilevante
quando le risorse critiche per operare in una certa attività sono limitate: ovunque vi siano risorse scarse,
un’impresa che entri per prima nel mercato può ottenere un vantaggio competitivo difficilmente
raggiungibile.
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partner che sono in grado di supportare il nuovo prodotto (reti di assistenza), oppure di prodotti
complementari, necessari affinché l’innovazione abbia successo. Entrambi i casi richiedono investimenti
da parte del first mover; tuttavia, questi investimenti, vanno a vantaggio non solo del first mover, ma
anche di tutti gli altri concorrenti che entreranno dopo.
Il secondo entrante può rinunciare alla leadership ma accontentarsi di una buona posizione e di una maggior
redditività dati i minori investimenti.
L’evidenza dimostra però che in mercati caratterizzati da instabilità tecnologica, una strategia che punta alla
leadership può basarsi sull’ingresso tardivo nel mercato. Qua il vantaggio/obiettivo non sta nell’evitare i costi legati
alla prima entrante, ma sul fatto che ci possano essere vantaggi nell’attendere che altri commercializzino prima il
prodotto.
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Quindi un’impresa non First Mover può attuare diversi approcci: imitazione, strategia basata su specifiche capacità
(per vantaggio competitivo o addirittura leadership).
Tuttavia, per conseguire questo obiettivo è necessario possedere un atteggiamento molto attivo e sviluppare
innovazioni capaci di migliorare l’offerta del primo entrante.
Affinché si ottengano profitti soddisfacenti per abbastanza tempo, le imprese devono attuare una di queste
strategie:
• Strategie di protezione;
• Strategie di velocità;
• Strategie di team up.
L’azienda, quando realizza e commercializza un nuovo prodotto, deve sempre porsi la questione della difesa dei
ricavi, sennò non riesce a godere della rendita che deriva dall’innovazione, a vantaggio dei concorrenti.
Il Modello di Teece identifica le principali ragioni per le quali le imprese innovatrici non riescono a sostenere il
vantaggio competitivo. Teece identifica due variabili fondamentali:
• Il Regime di Appropriabilità: cioè la capacità dell’impresa di sfruttare i benefici derivanti dall’innovazione.
Ad appropriabilità alto corrisponde un basso livello di imitazione, e viceversa. Il grado di appropriabilità
(forte o debole) dipende dalla difficoltà di imitazione, dal livello di difesa della conoscenza e dalla presenza
di strumenti legali che proteggono l’innovazione.
• Competenze complementari: esse possono essere più o meno rilevanti ai fini dell’innovazione. Si tratta
di competenze utilizzate lungo la catena del valore, che vanno oltre le mere conoscenze tecnologiche (Es.
capacità di approvvigionamento, gestione partner e intermediari commerciali). Tali conoscenze possono
rivelarsi fondamentali (Es. aziende biotecnologiche che ha innovato tramite il DNA ma poi non ha
distribuito e non si è affermata) (altro Es. molti operatori di e-commerce a cavallo del millennio offrivano
servizi di vendita online ma soffrivano dell’assenza delle capacità logistiche, al fine di consegnare in tempi
brevi la merce).
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Però non è detto comunque che la conoscenza tacita sia del tutto inattaccabile, poichè in certi casi è possibile
aggirare l’ostacolo, soprattutto se si tratta di singoli individui → le persone molto talentuose hanno alta mobilità
e sono osservate dalle imprese concorrenti. Esse, infatti, cercano sempre di assumere persone con competenze,
al fine di ottenere le loro conoscenze tacite.
Oltre alla conoscenza tacita c’è la questione del tempo da considerare. Ricerche dimostrano che una forte
protezione dell’innovazione derivi dal vantaggio temporale di ingresso del prodotto innovativo nel mercato.
(fondamentali le curve di esperienza)
Molto difficile è invece l’acquisizione di conoscenza tacita nel caso essa sia frutto delle relazioni all’interno
dell’organizzazione. Si tratta di conoscenza socialmente complessa, che per ottenerla non bastano alcune persone
ma l’intero ramo/complesso aziendale.
Non sempre le imprese sono abbastanza attente a proteggere la loro proprietà intellettuale, ma ricerche hanno
dimostrato che la capacità competitiva delle imprese dipende anche dalle risorse di conoscenza e dall’immagine
aziendale (cioè la proprietà intellettuale). Negli ultimi anni però si sta vedendo una sempre maggiore attenzione
alla protezione della proprietà intellettuale da parte delle imprese.
Non proteggerla in modo adeguato significa esporsi molto al rischio che la conoscenza sviluppata (know-how,
disegno/marchio) venga copiata da imprese concorrenti senza alcun costo. I principali strumenti di tutela sono: il
brevetto, il segreto industriale, il marchio e il diritto d’autore.
6.5.1 Il brevetto
Strumento più utilizzato per proteggere le invenzioni tecnologiche. Esso vieta a terzi la possibilità di sfruttare
l’invenzione o il modello di utilità, di produrli o usarli a fini economico/commerciali.
La proprietà individuale sta nell’escludere agli altri la possibilità di usarlo, e non nel garantire all’inventore lo
sfruttamento economico. Permette all’impresa di godere (se ne è in grado) del vantaggio monopolistico
temporaneo derivante dal suo sforzo innovativo.
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Sono brevettabili soltanto:
• Invenzione industriale: soluzione nuova e innovativa in risposta ad un problema tecnico.
• Modello di utilità: conferisce maggiore efficacia/efficienza a macchine/strumenti, quali particolari
conformazioni e configurazioni.
• Varietà vegetale: una pianta nuova e diversa da quelle conosciute.
Affinché venga rilasciato un brevetto, l’innovazione deve essere economicamente sfruttabile, cioè suscettibile di
utilizzi operativi. Quindi deve avere un significato sotto il punto di vista inventivo e deve essere lucrabile.
Per nuova si intende che non dev’essere un’ovvia e presumibile soluzione ad un problema tecnico.
Il processo di brevettazione è lungo ed oneroso. Il diritto allo sfruttamento esclusivo non può essere violato, e ha
durata ventennale, mentre per i modelli di utilità ha durata decennale.
La protezione è circoscritta all’ambito geografico, è tuttavia possibile richiedere l’estensione del brevetto ad altri
paesi, ma dovendo sostenere costi aggiuntivi. Per questo è stato istituito il brevetto europeo.
6.5.3 Il marchio
Il marchio è un segno che consente di distinguere i prodotti/servizi di un’impresa.
Possono essere registrati i segni percepibili attraverso i sensi, tranne l’olfatto (parole, disegni, lettere, cifre, suoni,
forme, combinazioni e tonalità cromatiche).
Anche la forma o confezione possono essere segni distintivi se il consumatore opera un collegamento diretto con
il prodotto all’azienda, purché non sia una forma necessaria per la natura del prodotto.
Il marchio viene detto individuale quando è richiesto da un singolo soggetto. È detto collettivo quando invece è
richiesto da consorzi, associazioni, cooperative (cioè da più persone fisiche/giuridiche).
In queste situazioni una difesa efficace deriva dalle strategie di velocità → l’impresa mantiene l’iniziativa e
continua ad innovare e sfidare essa stessa i suoi prodotti (anche detto “cannibalismo”).
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Se il concorrente cerca di raggiungere la leader, essa deve correre più velocemente ed innovare continuamente.
La difesa è possibile se, mentre i competitors stanno cercando di imitare il tuo prodotto, l'impresa sta già
innovando e quindi i competitors devono ri-iniziare da capo l’inseguimento. (Es. IPod → molti competitors
cercarono di imitarlo, ma Apple mantenne il
vantaggio competitivo rendendo il suo stesso
prodotto obsoleto, aggiungendo nuove funzioni ed
innovandolo e riducendo le dimensioni).
Questa strategia comporta però il fatto che lo
stesso innovatore deve cannibalizzare il proprio
prodotto e rendere obsolete le proprie capacità
(iPhone che cannibalizza l’IPod).
Le strategie di velocità si possono classificare a
seconda dell’obsolescenza delle capacità e a
seconda del grado di cannibalizzazione del
prodotto.
• Strategia di Rinnovamento di prodotto: viene lanciato un nuovo prodotto prima che quello prima abbia
esaurito il suo potenziale, e spesso anche prima che abbia raggiunto la maturità. Il sacrificio immediato è
notevole poiché è proprio nel periodo di maturità che danno maggiori ricavi. Però tale strategia è
profittevole se l’azienda riesce a sfruttare ed esaurire il potenziale dei propri prodotti in tempi brevi
(tramite una rapida diffusione nel mercato) (Es. intel che mette sempre nuovi processori e rende obsoleti
quelli esistenti).
• Strategia di Rinnovamento radicale: quella che richiede sacrifici maggiori. Il prodotto viene cannibalizzato e
le capacità disponibili vengono rese obsolete. Questa strategia è giustificata solo se i competitors sfidano
non solo l’offerta esistente, ma anche le capacità necessarie per la produzione, e quindi si usa questo
approccio solo se c’è il bisogno di mantenere la capacità innovativa e di leadership attraverso un
rinnovamento radicale dei prodotti. Ovviamente non vengono messe in discussione tutte le capacità e
conoscenze, ma soltanto quelle concernenti il prodotto cannibalizzato in questione. (Intatte → R&S,
logistiche, commerciali) (Es. Machintosh, che sostituì Apple 2, le competenze necessarie in termini di
hardware e software erano completamente differenti).
• Strategia di Rigenerazione delle capacità: la più rara. Qua si vuole mantenere in vita il prodotto, quindi non
lo si vuole cannibalizzare, ma se ne vogliono modificare le capacità. Questo avviene quando si decide di
trovare nuovi utilizzi e/o sbocchi per il prodotto, che possono richiedere nuove competenze. (Es. chi
produce integratori alimentari ha cambiato la funzione d’uso e ha fatto barrette che sostituissero i pasti
nelle diete → modifica delle capacità di Marketing). Non si cannibalizza il prodotto ma lo si destina a nuovi
usi.
• Strategia di Salvaguardia del prodotto: l’impresa concentra i propri sforzi di innovazione in prodotti che non
vadano a cannibalizzare quello esistente, al fine di salvaguardarne il più possibile le potenzialità di sviluppo
e di reddito. (Es. google che va a creare altri motori di ricerca specializzati) (innovazione sfruttata per
nuovi prodotti che si affiancano a quelli esistenti, sfruttandone tutte le capacità).
Vi sono numerose teorie che tentano di spiegare i motivi e i processi della creatività individuale. In particolare, la
psicologia cognitiva si concentra sul modo in cui le persone ricevono, organizzano, trasmettono le informazioni.
L’attività creativa, in questa prospettiva, è un’attività di problem solving, costituita dall'insieme dei processi che
consentono a un individuo di risolvere un problema. Essa può dunque essere vista come risultato di abilità di tipo
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cognitivo, quali Problem finding (individuare i problemi), solution generation e problem solving (trovare le
soluzioni) e solution implementation (realizzarle). Queste attività vengono spesso praticate nei laboratori delle
imprese.
Vi sono studiosi che sono critici sull'idea della creatività come semplice lavoro di soluziuone di problemi, secondo
cui bisognerebbe privilegiare il ruolo degli individui all'interno del processo creativo.
L'attività creativa è vista come un processo, che parte dal momento in cui una fonte interna o esterna procede alla
presentazione del tema che deve essere affrontato in modo originale. Le caratteristiche degli individui hanno un
impatto sulla qualità del processo creativo. Le tre caratteristiche principali che influenzano la creatività sono:
• Motivazione intrinseca: dipende dalla natura del problema e dalle modalità con cui esso e presentato.
L’attività creativa è dispendiosa e richiede un grande sforzo. È necessaria una grande energia, che può
essere fornita solo da un’alta motivazione. Essa dipende dal contesto organizzativo e anche dall'interesse
verso il tema.
• Conoscenza specifica: impatto sulla ricerca di informazioni e sulla capacità di selezionare idee
promettenti. La conoscenza del dominio include aspetti tecnici, interesse e attitudine. Maggiore = più
soluzioni efficaci.
• Capacità individuale di pensare in termini creativi -> influenza la qualità della produzione di idee. E
capacità di pensare in modo creativo, di vedere secondo punti di vista differenti. Necessaria propensione
al rischio e capacità di affrontare in modo naif i problemi. Serve anche un’attitudine alla socializzazione e
alla condivisione delle idee + una certa conoscenza delle tecniche creative.
Domanda e tecnologia sono spesso indentificate come contrapposte, nel senso che una prevale necessariamente
sull'altra nel processo innovativo. Soprattutto per le innovazioni incrementale, il contributo dell'analisi delle
esigenze della domanda all'innovazione è fondamentale. Le innovazioni di successo sono costruite in conformità
a un'analisi attenta dei bisogni della clientela. La situazione è differente quando si esaminano le innovazioni
radicali, che anticipano le esigenze della domanda, in cui il ruolo della tecnologia è spesso fondamentale. Queste
ultime hanno maggiore potenziale competitivo ma anche minore probabilità di successo e avvengono ad intervalli
irregolari.
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comportano un livello di indeterminatezza elevato. Pur nell’incertezza, l’investimento in ricerca e sviluppo
rappresenta il principale vettore di sviluppo a lungo termine dell’impresa.
Gli investimenti in R&S possono essere intrapresi soprattutto per quattro linee di sviluppo aziendale:
1. Espansione delle attività esistenti: linea di sviluppo più semplice e con minori rischi. Promuovere nuove
tecnologie capaci di migliorare le performance dei prodotti o l’efficienza dei processi produttivi. Molto
spesso è un tipo di ricerca orientata allo sviluppo di innovazioni incrementali. Anche quando la R&S è
rivolta a innovazioni di carattere più radicale, si articola lungo traiettorie tecnologiche ben individuate
all’interno del settore.
2. Nascita di nuovi business: per sopperire alla rapida obsolescenza delle tecnologie nel portafoglio di
attività di un’impresa, cercando di mantenimento un portafoglio equilibrato sotto il punto di vista
tecnologico.
3. Ingresso in nuovi settori: entrata in nuovi mercati derivante dall’applicazione di nuove tecnologie ai
prodotti esistenti oppure ampliando tecnologie utilizzate adattandole a prodotti di altri settori.
4. Diversificazione: orizzonte temporale di lungo termine. Soprattutto se si valuta che il mercato sia
destinato a sparire o declinare, è necessario sviluppare nuove capacità tecnologiche in grado di garantire
lo sviluppo futuro in mercati differenti.
Per perseguire le linee di sviluppo di cui abbiamo detto, le imprese possono investire sia nelle tecnologie
fondamentali del settore oppure in tecnologie che riguardano aspetti periferici oppure in tecnologie spesso nuove
rispetto al settore.
La difficoltà nell’applicare tali criteri sta nell’intervallo di tempo che intercorre tra il momento della decisione e i
risultati prevedibili dell’attività di ricerca, che nel caso di quella di base può essere molto lungo.È poi solitamente
molto complicato stimare i potenziali ritorni di un investimento dall’esito molto incerto e i cui possibili output sono
valutabili in termini piuttosto ampi.
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l’impresa voglia comunque sfruttare le opportunità derivati dallo sviluppo di una serie di progetti
innovativi, deve in primo luogo provvedere alla predisposizione delle risorse necessarie oppure deve
ridurre il numero di progetti. Per dimensionare in modo ottimale le capacità di sviluppo di progetti
innovativi, essa deve individuare e quegli elementi che possono costituire un collo di bottiglia. Laddove
vengono individuati è necessario acquisire le competenze necessarie. Qualora tali risorse non fossero
facilmente reperibile, la collaborazione con enti esterni (Ex. Università, laboratori etc…) può risolvere la
questione delle capacità.
2. Mappatura dei progetti: vi sono due dimensioni significative per mappare i progetti innovativi:
a. Intensità dei cambiamenti del nuovo prodotto: il progetto può prevedere un grado di
innovazione tale per cui si ha un nuovo prodotto di base, una nuova generazione di prodotti, una
estensione di nuove linee, o derivazioni e miglioramenti del prodotto. In questo caso il grado di
modificazione del prodotto passa da una maggiore a una minore intensità di cambiamento.
b. Intensità dei cambiamenti del processo produttivo.
Nella matrice sono rappresentante le quattro
combinazioni dei progetti innovativi:
• Progetti di ricerca e sviluppo avanzata: sono
rivolti a esplorare possibilità di sviluppo sul piano
tecnologico che diano vita a prodotti del tutto
nuovi destinati a soddisfare bisogni non
soddisfatti o a generare nuove esigenze. Questi
progetti possono avere orizzonti temporali di
lungo termine senza uno sviluppo applicativo
immediato.
• Progetti radicalmente innovativi: previsti sia
nuovi prodotti sia nuovi processi in quanto
comportato il ripensamento degli assetti produttivi e del rapporto con il mercato. Si tratta dei progetti più
rischiosi e con le maggiori opportunità, che coinvolgono tutta l’organizzazione aziendale.
• Progetti piattaforma: richiedono innovazioni significative nel prodotto originario o attraverso nuove
versioni che lo sostituiscono o che si affiancano ad esso e che richiedono modifiche nei processi produttivi
a livello di singolo reparto o comunque non di tipo sostanziale. Vengono definiti “piattaforma” in quanto
danno vita a sviluppi del prodotto a partire dalla medesima base tecnologica, che consente una grande
varietà di caratteristiche del prodotto finito.
• Progetti derivati: piccoli adattamenti produttivi, consentono di migliorare le prestazioni del prodotto o
comunque di ampliarne il mercato. Tali progetti coinvolgono i livelli inferiori del management e sono
piuttosto frequenti nella vita del prodotto.
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competenze della clientela, deve prima di tutto identificare, poi selezionare e infine motivare gli utenti disponibili
e capaci di collaborare nello sviluppo dei nuovi prodotti.
Nel mercato dei beni industriali alcuni clienti sono in grado di essere rappresentativi delle esigenze future di un
certo mercato: essi sono denominati lead user. Essi sono capaci di fornire indicazioni utili per lo sviluppo di
soluzioni tecnologiche innovative, possono anticipare di molto alcune esigenze che si manifesteranno in seguito
in compratori meno interessati/raffinati grazie alla loro particolare posizione. Conoscono molto bene il prodotto
e possono anche dare un contributo di competenza simile al fornitore. Solitamente sono clienti industriali o utenti
che operano in settori in cui la tecnologia è decisiva. Vi sono due modalità di utilizzo dei lead user a fini innovativi:
1. Motivando i clienti alla collaborazione nell’attività di generazione e di sviluppo dei nuovi prodotti. Le
motivazioni che spingono i clienti a collaborare sono varie: dalla possibilità di utilizzare anticipatamente i
prodotti, all’utilità derivante dal fatto che i nuovi prodotti saranno disegnati in modo particolare sulle
proprie esigenze.
2. Avendo accesso alle idee sviluppate in modo autonomo dai clienti. Un approccio diverso è quello
dell’accesso diretto alle idee sviluppate autonomamente dai clienti. I quali spesso affrontano problemi
che sono comuni all’interno del settore e sviluppano in autonomia soluzioni ai problemi che, se
approfondite e adeguatamente ampliate, possono essere adottate da tutti i clienti del mercato. In altri
casi i clienti sviluppano inconsapevolmente modi originali nell’utilizzo di un certo prodotto o sviluppano
processi migliorativi. La semplice osservazione può fornire alle imprese molte idee sulle modifiche da
apportare e talvolta anche l’ideazione di prodotti totalmente nuovi.
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Il trasferimento tecnologico può assumere forme molto diverse, quali:
• Joint venture: iniziativa congiunta con altre imprese di esplorazione e sviluppo delle tecnologie
interessanti;
• Licensing: cessione del diritto di utilizzazione ad un’altra impresa, in modo da avere accesso alla proprietà
intellettuale di terzi;
• Accordi con fornitori e produttori di beni complementari: progetti congiunti di sviluppo di una certa
tecnologia, sfruttamento di ricadute nelle rispettive attività di nuovi prodotti e processi;
• Consorzi e programmi congiunti con le università: una parte dell’attività di ricerca per l’innovazione di
prodotto o di processo è svolto in collaborazione con centri di ricerca pubblici e privati e con le università.
Queste ultime assumono un ruolo sempre più importante, in primo luogo perché la complessità e la
profondità delle conoscenze richieste è sempre maggiore e richiede dunque risorse umani altamente
qualificate e laboratori scientifici avanzati e dotati delle strutture più moderne, che solitamente sono
disponibili nelle università. Le quali, però, hanno bisogno di finanziamenti delle imprese per attrarre
ricercatori preparati e sostenere economicamente le attività. Mentre un tempo la ricerca era molto
specifica e fortemente collegata alla natura del problema affrontato, negli ultimi anni sta avvenendo una
tendenza a una maggiore generalizzazione e de-contestualizzazione della ricerca, conseguentemente la
conoscenza è maggiormente trasferibile tra organizzazioni diverse.
Molto spesso intorno alle università si sviluppano attività economiche basate su una tecnologia avanzata
in grado di dare vita a iniziative imprenditoriali o comunque di essere di aiuto per il travaso delle
conoscenze tecnologiche, in questi casi si parla di Parchi scientifici (Ex. Silicon Valley introno alla Standford
University).
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CAPITOLO 9 - TECNOLOGIA E COMMERCIALIZZAZIONE DEL NUOVO
PRODOTTO
9.1 Il lancio di nuovi prodotti
9.1.1 Fattori di successo nel lancio di nuovi prodotti
Attraverso un’appropriata strategia e gestione dell’innovazione è possibile identificare il modo migliore per
garantire il successo del nuovo prodotto nel breve e nel lungo termine (prodotto ben posizionato e che conquisti
e mantenga un vantaggio nei confronti della concorrenza).
I fattori che contribuiscono al successo di un prodotto lanciato sul mercato sono:
• Fattori strategici:
o Qualità del prodotto;
o Sinergie commerciali con altri prodotti;
o Sinergie tecnologiche e produttive con altri prodotti;
o Disponibilità di risorse;
o Strategia di lancio.
• Fattori del processo di sviluppo:
o Qualità della tecnologia;
o Efficacia marketing;
o Supporto del top management;
o Time to market;
o Qualità dell’analisi economico finanziaria.
• Fattori di ambiente e di mercato:
o Situazione esterno;
o Dimensione mercato;
o Competitività ridotta.
• Fattori organizzativi:
o Relazioni nel team di sviluppo;
o Modalità organizzazione team.
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chiaramente non in linea con le aspettative di mercato, come dimostra il caso di Microsoft la quale nonostante gli
evidenti insuccessi nel mercato degli smartphone, per anni si è rifiutata di abbandonare il settore. L'escalation of
commitment è uno dei motivi per cui talvolta non si interrompe il processo di sviluppo di un nuovo prodotto e si
arriva al lancio, nonostante vi siano chiare indicazioni che la strada intrapresa, se non interrotta, può portare al
fallimento del nuovo prodotto. Una risposta diversa è invece fornita dall’innovation management che ha come
obiettivo esplicito la condizione appropriata delle attività che consentono l'innovazione di avere successo.
Limiti che non riguardano solo il prodotto in senso stretto, ma tutto il Business model. Un esempio è quello del
mercato dei quotidiani: Quelli tradizionali possono riportare un numero limitato di notizie, ci sono costi per la
carta, possono essere consegnati esclusivamente tramite i punti vendita oppure spedirli agli indirizzi privati dei
lettori. Con il nuovo Business model dei quotidiani online, il numero delle notizie riportate sui quotidiani online
tende all’infinito, con un livello di richness maggiore. Inoltre, non vi è alcun costo di logistica e si possono
raggiungere tantissimi elettori, potenzialmente senza limiti, con un livello di reach più elevato.
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9.2.2 Lo schema di diffusione
Riguarda la forma della curva di adozione da parte del mercato (ha più rappresentazioni), mettendo in relazione
le vendite e il tempo. Un certo prodotto può avere un livello di adozione iniziale molto elevato e poi subire un
rallentamento (Ex. fenomeni di moda).
Oppure può avere un’adozione iniziale molto
bassa e poi crescere una forte diffusione (Ex. le
caratteristiche di novità richiedono tempo per
essere comprese). Altri prodotti possono essere
oggetto di una crescita del livello di diffusione
piuttosto costante nel tempo (Ex. innovazioni
marginali).
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• Licenza del know how: si tratta di fornire solo le conoscenze tecnologiche, frutto della propria attività di
R&S, lasciando al cliente la responsabilità di realizzare il prodotto finito. Modalità adatta per le imprese
con limitata capacità produttiva o commerciale o con basse risorse finanziarie. In questo modo possono
sfruttare meglio il proprio know how lasciando a terzi il compito di investire nelle attività di produzione e
nel trovare e ottenere il massimo rendimento nel mercato finale.
• Prototipo funzionante: (o proof-of-concept, POC) serve a dimostrare che la tecnologia può essere
applicata e possedere un’elevata utilità. Modalità adatta per le imprese con limitata capacità produttiva
o commerciale o con basse risorse finanziarie. Questa offerta può essere anche dettata dall’esigenza di
convincere la potenziale clientela sull’applicabilità e l’utilità di una tecnologia molto innovativa o
rivoluzionaria.
• Componente: in questo caso la tecnologia viene usata solo per la produzione dei componenti interessati
e viene lasciata la produzione del prodotto complessivo ai produttori detti original equipment
manufacturers, OEM.
• Prodotto finale: si tratta di vendere un prodotto finito perfettamente funzionante, lasciando a terzi la
produzione e la commercializzazione dei beni complementari necessari ad un utilizzo soddisfacente. Il
produttore si concentra sugli aspetti centrali e lascia ai produttori di beni complementare integrare il
sistema d’offerta.
• Soluzione completa: il cliente acquisisce un prodotto in tutte le sue componenti, che non richiede ulteriori
attività o costi per una piena soddisfazione nell’utilizzo. L’espressione end-to-end, derivata dal mondo
dell’informatica con il significato che tutte le parti di un network sono connesse per operare
congiuntamente, viene spesso usata per rappresentare l’offerta di una soluzione completa.
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rinuncia per un tempo molto lungo all’acquisto del prodotto ipotizzando future condizioni miglio (riduzioni delle
vendite) o riduzioni di prezzo (economie di scala e curve di apprendimento). Le imprese che vogliono gestire in
modo positivo l’obsolescenza possono usare alcuni approcci nei confronti della clientela che, come detto, ha
atteggiamenti ambivalenti:
1. Fornire aggiornamenti gratuiti o a pagamento: (per agevolare l’acquisto) in entrambi i casi è necessario
dare comunque la garanzia che le spese successive saranno contenute, in modo tale da garantire che
l’investimento iniziale abbia senso dal punto di vista economico.
2. Forzare l’acquisto della nuova versione: togliendo dal mercato quella esistente, senza più̀ offrire
assistenza o aggiornamenti. In questo caso la domanda deve passare alla nuova versione se vuole
continuare ad utilizzare il prodotto. È una politica rischiosa in quanto i clienti possono maturare
avversione o cercare soluzioni alternative in mercati continui o decidere di abbandonare il prodotto.
3. Offrire assistenza nella migrazione alla nuova versione: i vecchi prodotti non vengono più offerti, ma il
passaggio ai nuovi avviene in misura meno drastica e con maggiore supporto alla domanda (Ex. tutorial,
corsi di formazione, sconti, ritiro vecchio prodotto ecc.).
4. Mantenere le vecchie versioni a fianco delle nuove: in questo caso l’impresa fa affidamento sulla qualità
decisamente superiore del nuovo prodotto e conta sul fatto che in tempi più o meno brevi avvenga
comunque la migrazione. Il mantenimento delle vecchie versioni avviene continuando a fornire assistenza
e compatibilità con quelle nuove.
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9.4.2 Il tempo di introduzione
La scelta della strategia al momento del lancio del prodotto e nella fase di introduzione è molto importante in
quanto l’evoluzione e il successo futuro dell’innovazione. Ci sono 4 strategie:
1. La strategia di scrematura lenta: consiste nello sviluppare gradualmente il mercato, partendo dai
segmenti a più elevati valore, indirizzandosi esclusivamente verso il segmento dei pionieri, fornendo il
nuovo prodotto ad un prezzo elevato, con una comunicazione limitata al target prescelto e con una
distribuzione altamente specializzata. Usata solo quando il prodotto abbia caratteristiche tecniche che
richiedono la formazione di una opinione da parte delle persone più competenti o quando si voglia
sfruttare una forte diversità nell’elasticità al prezzo dei segmenti del mercato. Quindi non deve esistere
una forte concorrenza potenziale in grado di imitare e lanciare in tempi brevi il nuovo prodotto.
2. La strategia di scrematura rapida: consiste nell’introduzione dell’innovazione rivolgendosi sia ai pionieri
che agli adottatori iniziali per sfruttare la minore elasticità di prezzo e quindi la maggiore disponibilità a
pagare l’elevato prezzo iniziale. La comunicazione e la distribuzione sono estensive.
3. La strategia di penetrazione rapida: è quella di maggiore aggressività nell’introduzione del prodotto e
nello sviluppo del mercato. Richiede un prezzo ad un livello più basso possibile e forti investimenti in
comunicazione di massa e distribuzione estensiva. L’obiettivo è raggiungere nel più breve tempo possibile
un alto livelli di vendite in modo da mantenere una quota di mercato elevata nel momento in cui
entreranno i concorrenti il cui ingresso è ritardato perché scoraggiati dal basso livello di prezzo (economie
di scala e curve di esperienza del first mover). Perché questa strategia funzioni il nuovo prodotto non deve
essere tecnicamente complesso e il mercato potenziale abbia dimensione elevata.
4. La strategia di penetrazione lenta: consiste in uno sviluppo del mercato con il lancio del nuovo prodotto
ad un livello basso di prezzo e con una distribuzione estensiva, ma contenendo gli investimenti in
comunicazione. A tal fine è necessario che l’impresa abbia già un buon rapporto con le strutture
distributive per gli altri prodotti presenti in assortimento. Tale strategia vuole raggiungere una
penetrazione significativa ma senza investimenti eccessivi. Tale approccio funziona quando la domanda è
fortemente elastica al prezzo e l’innovazione ha un carattere di tipo incrementale.
http://bit.ly/Peer2Peer_Bocconi
http://bit.ly/Blab_Bocconi
https://www.blabbocconi.it/dispense/
@blabbocconi
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Per dubbi o suggerimenti sulla dispensa:
@fabiocaccamisi @federicadichiara8