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DISPENSA DI

GESTIONE DELLA TECNOLOGIA,


DELL'INNOVAZIONE E DELLE
OPERATIONS
(PRIMO PARZIALE)
EDIZIONE A.A. 2021 - 2022
A cura di Isabel Sandroni, David Cicchetti, Pietro Bonora,
Eleonora Pecci, Angelo Parla e Michele Zheng

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Questa dispensa è scritta da studenti senza alcuna intenzione di sostituire i materiali universitari. Essa costituisce
uno strumento utile allo studio della materia ma non garantisce una preparazione altrettanto esaustiva e
completa quanto il materiale consigliato dall’Università.

CAPITOLO 1 - INNOVAZIONE, SOCIETÀ E SVILUPPO ECONOMICO


1.1 Il ruolo della tecnologia nello sviluppo economico
La tecnologia è un’applicazione pratica delle conoscenze sviluppate: ogni volta che un problema viene risolto,
emergono immediatamente nuove esigenze, prima considerate meno importanti, ma che poi si impongono come
nuove questioni da affrontare, promuovendo ulteriori conoscenze e quindi uno sviluppo della tecnologia. Questo
processo di espansione delle conoscenze e delle applicazioni da esse derivanti è ciò che noi chiamiamo
innovazione, che è diventata il fenomeno più importante della vita economica e sociale di ogni paese dalla fine
del secolo scorso.
Molto significativo l'articolo sul The Economist “The Industry Gets Religion” che sostiene che la nuova retorica nel
linguaggio economico non è più la guerra ma l’innovazione, che può cambiare la vita di imprese e società, è
diventata una nuova “religione” delle organizzazioni e dell’economia.
La scienza e la tecnologia determinano il livello dello sviluppo economico e influiscono sulle condizioni sociali e
politiche di un paese, che hanno effetti sui singoli ma anche sulle loro relazioni e tra le organizzazioni.

1.1.1 Le caratteristiche dell'attuale sviluppo tecnologico


La presente fase della storia economica e sociale è caratterizzata da un forte sviluppo tecnologico. Le tecnologie
dell'informatica e della comunicazione hanno alcune caratteristiche:
1. Rapidità nella riduzione di costo→ maggior velocità di adozione (rispetto al passato), quindi l’adozione è
rapida e la diffusività più elevata. I costi delle telecomunicazioni sono diminuiti lungo tutto il XX secolo e
il trend continua nel XXI secolo.
2. Interdipendenza fra le tecnologie→ pervasività = capacità di investire ogni settore e impresa, senza
eccezioni (le tecnologie, inoltre, coinvolgono tutti i comparti e le funzioni aziendali). A ciò si lega
l’estensione spaziale→ globalizzazione, derivata da questa diffusività e pervasività.
3. Impatto sui meccanismi economici→ ruolo dell’informazione = l’incontro tra domanda e offerta è
condizionato dalle caratteristiche economiche e dai modi in cui l’informazione è disponibile --> mercati
diventano più efficienti (+ trasparenza, - asimmetria, - costi di transazione). Dall’altro lato concentrazione
di mercati in cui aumenta il costo di produzione dell’informazione, qui la crescita è possibile soprattutto
per i player in grado di fare investimenti massicci nella produzione di informazione (Ex. televisione).

1.1.2 Le ondate dello sviluppo tecnologico


Negli ultimi due secoli ci sono state sei ondate tecnologiche, ossia cluster di scoperte scientifiche e applicazioni
che si accompagnano e alimentano a vicenda. Ogni cluster ha un tasso di innovazione maggiore rispetto ai cicli
anteriori, in parte autonomia, in parte intreccio rispetto alle precedenti. Intenso sviluppo economico seguito da
fase di recessione. Le innovazioni si diffondono in singoli settori per poi attraversare trasversalmente l’economia.
1. 1785 - Ferro, meccanizzazione, tessile→ rivoluzione industriale, basi per prosperità futura.
2. 1845 – Periodo vittoriano. Vapore, strade ferrate, acciaio, cotone → periodo vittoriano, sviluppo di
grandi mercati geografici.
3. 1900 - Elettricità, chimica, motore a combustione→ sviluppo della grande impresa, cui seguì poco dopo
la "grande depressione". La tecnologia rivoluzionaria alla base di questa fase è stata una nuova fonte
energetica, l'elettricità, che ha trasformato l'industria e il volto della società.
4. 1950 - Petrolchimica, elettronica, aviazione, spazio→ espansione dell’industria moderna e dei prodotti
di largo e durevole consumo, prima applicazioni in campo bellico e poi in campo industriale. Fenomeno di
Internet con industria elettronica.
5. 1990 - Network digitali, software, biotecnologie→ elettronica, IT, telecomunicazioni. Fenomeno dei Big
Data, biotecnologie, commercio elettronico.
6. 2020 - Robotica, AI, nanotecnologie, genomica, chimica verde→ nuovi materiali e strumenti volti alla
tutela e alla protezione dell’ambiente.

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1.2 Innovazione tecnologica e crescita economica
Robert Solow, fu tra i primi a riconoscere il ruolo della conoscenza nello sviluppo economico, il quale ha individuato
parte della crescita del PIL di un paese non spiegata dai tradizionali fattori di produzione, capitale e lavoro
(RESIDUO DI SOLOW)→ prevede che il progresso tecnico generi una crescita di reddito pro capite di lungo periodo.
Prevede anche che le economie meno sviluppate riescano a crescere più velocemente di quelle sviluppate e
raggiungerle nel tempo, arrivando a convergere in termini di reddito. Obiezioni:
• Non è vero l’assunto che il progresso tecnologico sia trasferibile tra paesi facilmente;
• Non è vero che la conoscenza è un fattore esogeno al sistema economico.

Per superare alcuni dei limiti della teoria di Solow è stato sviluppato il modello endogeno di Romer, in
contrapposizione all'idea che la conoscenza sia prodotta all'esterno del sistema economico. Questa teoria dà
importanza cruciale alla ricerca e sviluppo, di capitale umano e di nuove tecnologie, che sono tutti elementi
endogeni, questi fattori possono spiegare la crescita economica vista come processo di trasformazione continua.
Conoscenza intrinsecamente propulsiva (più cose si sanno, più è possibile sapere) sapere = base dello sviluppo.
Per questo alla fine del ‘700 si assiste alla crescita economica (contrariamente a teorie che prevedevano una
diminuzione del tasso di crescita). Paesi con livello di sviluppo tecnologico e innovativo più elevato = crescita anche
nel livello di vita delle persone. A partire dal 1800 la tecnologia ha dato un impulso senza precedenti alla crescita
della ricchezza nel mondo. Correlazione tra livello di sviluppo economico e capacità innovativa di un paese.

1.3 Innovazione e società


L'innovazione appare in rapporto con la continua evoluzione della società: In essa possiamo vedere la risposta
data dalla conoscenza scientifica alle esigenze e ai bisogni della società. La quale evolve continuamente a cui
deve peraltro in buona parte il proprio sviluppo.

1.3.1 L'influenza dell'innovazione sulla società


Innovazione ha influenza sulla vita delle persone (più reddito→ modifica i consumi, passaggio da economia di beni
a una di servizi, diverse concezioni di spazio e tempo→grande area globale virtuale e in tempo reale).
L’innovazione plasma il contesto sociale e ne indirizza il processo evolutivo. Molte tecnologie su cui si fondano i
processi innovativi sono basate sull’informazione. Persino elementi di spazio e tempo hanno modificato la loro
natura sociale in una grande area globale virtuale e fenomeni sociali a elevatissime velocità, in tempo reale. La
società ha influenza sull’innovazione, per esempio ci sono società che più di altre portano a sviluppare in modo
continuo innovazione e trasformazione economica.

1.3.2 L'influenza della società sull'innovazione


La relazione tra innovazione e società non è solo nel senso che la prima modella il processo di cambiamento della
seconda, ma è anche nella direzione inversa, nel senso che il contesto sociale influenza i processi innovativi che
avvengono nelle organizzazioni. Secondo il modello delle tre T alla base dello sviluppo economico:
• Tecnologia: base dello sviluppo economico.
• Talento: capitale umano, competenze e livello
di istruzione.
• Tolleranza: livello di apertura alla differenza e
alla varietà, accettazione del diverso.

A questo riguardo Richard Florida: Le città e i territori


che possiedono maggiormente le caratteristiche che
favoriscono la tecnologia, che promuovono il talento e
incentivano la tolleranza, hanno uno sviluppo
economico e sociale più elevato rispetto alle altre.
Global Creativity Index del Martin Prosperity Institute à
Australia, USA, Nuova Zelanda.

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1.4 Tecnologia e responsabilità sociale
Le imprese, nella maggior parte dei casi, sembrano utilizzare la tecnologia e l'innovazione avendo come finalità
solo il profitto, trascurando il bene comune. Chi beneficia dell’incremento di ricchezza? Perché pochissimi
beneficiano dell’incremento di ricchezza prodotto nello scorso secolo, creando disuguaglianze.
Le imprese costituiscono un meccanismo attraverso cui si crea l’enorme disparità di reddito che pervade tutto il
mondo (JENKINS). Quasi il 10% della popolazione mondiale vive in una condizione di povertà estrema.
Questa disuguaglianza non è originata dalla limitatezza delle risorse disponibili, ma dal meccanismo di
generazione di utili derivanti dall’innovazione a vantaggio di pochi e a scapito di chi direttamente o meno
collabora allo sviluppo della tecnologia e alla produzione di profitti. I processi pubblici di ripartizione del reddito
potrebbero mitigare gli effetti del meccanismo di accumulazione eccessiva della ricchezza ma le politiche
redistributive stentano a produrre risultati soddisfacenti.
Oggi, la società richiede che tecnologia e innovazione siano strumenti anche di diffusione di benessere e riduzione
di disparità, e non solo di produzione di valore e crescita economica.
L'impresa è amorale, priva in sé di etica. Non per questo deve essere vista come organismo autonomo dai soggetti
che le danno vita, non va vista come distinta da chi ne fa parte, essa rimane comunque e deve essere vista come
un sistema sociale, una comunità che deve abbracciare i valori essenziali all’uomo.
La responsabilità sociale d’impresa nasce proprio dal fatto che l’impresa è una comunità di persone, dotate di
responsabilità individuale, che si relazionano tra di loro, scambiando idee e progetti e agendo in maniera
coordinata. Le persone sono certamente impregnate di egoismo, di ricerca di potere e di sopraffazione, ma sono
anche caratterizzate dalla reciproca solidarietà, dal senso dell'aiuto reciproco, dall'intelligenza, dalla dignità, dalla
spinta interiore verso il bene comune.

1.5 Gli effetti negativi della tecnologia


Uno dei pericoli della tecnologia manifestata già dalla prima ondata tecnologica e che oggi è presente in particolare
tra i giovani è quello del mito della tecnologia, ossia l'idea che la tecnologia possa risolvere ogni problema. Gli
effetti negativi sono:
1. Accettazione passiva e solo ottimistica dell’innovazione tecnologica: Si crede che essa possa risolvere
ogni problema. Certamente essa aiuta ma a sua volta ne genera nello stesso tempo costantemente di
nuovi.
2. Consumismo tecnologico: Induce a credere che l’avere sia più dell’essere (ex. possedere l'ultimo modello
del telefono).
3. Vederla come un fine e non come un mezzo: Ogni strumento può servire l'uomo per finalità positive
oppure del tutto negative. Ritenere che la tecnologia venga utilizzata per fare potere a pochi per creare
vantaggio di alcuni, che renda insomma del tutto perverso il suo utilizzo.
4. Può generare problemi alle persone, alle organizzazioni e alla società (anche con effetti subdoli o
derivanti dall’uso improprio).
5. A volte gli effetti della tecnologia possono essere subdoli, gli effetti sono visibili nel lungo periodo,
quando non è più possibile rimediare. (ex. uso eccessivo del telefono).
6. Effetti nocivi della tecnologia possono poi non essere immediatamente evidenti, quando non dipendono
dal contenuto intrinseco della tecnologia stessa, ma dall'uso che ne viene fatto. (Ex. dell’ingegneria
genetica).

Bisogna essere vigili sui potenziali effetti negativi dell'uso della tecnologia, con la consapevolezza che essa non
è né positiva né negativa in sé, ma può essere utilizzata per fini molto costruttivi o potenzialmente disgreganti.

1.6 Sostenibilità e innovazione


1.6.1 La questione della sostenibilità
Oggi assistiamo a eventi drammatici e talvolta devastanti, determinati dall'utilizzo indiscriminato delle risorse e
dallo scarso rispetto dell'ambiente. In modo crescente i consumatori, i manager e la società in generale dimostrano
un'attenzione spiccata a questi temi. Le attuali generazioni stanno consumando in modo del tutto ingiustificato il
patrimonio biogenetico del pianeta, rendendolo via via meno abitabile, depredando al solo scopo di lucro e a
vantaggio di pochi le limitate risorse. La questione è diventata essenziale, urgente, non più eludibile.
Le autorità pubbliche possono favorire il ruolo positivo della tecnologia, attraverso la promozione di un consumo
sostenibile e dando alle persone la capacità di effettuare scelte per i prodotti e i servii che siano più compatibili
con le risorse dell'ambiente.

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In assenza di particolari incentivi e di pressioni dall'esterno, le imprese di rado sviluppano approcci innovativi
orientati ai temi ambientali, anche se non va sottoscritta la crescita di aziende certificate sull'uso rigoroso di elevati
standard di sostenibilità ambientale e sociale (B Corporation).
Per promuovere una maggiore attenzione delle imprese, i governi e le autorità locali attivano politiche pubbliche
per spingerle a usare la tecnologia in modo compatibile con l'ambiente, attraverso un insieme di incentivi e di
disincentivi.
L'impatto ambientale non è immediatamente percepibile, per questo le autorità pubbliche possono svolgere
un'importante azione informativa sull'impatto. È necessario che anche le imprese si attrezzino per fornire la
maggiore informazione possibile sul tipo di programmi, approcci, strumenti utilizzati per ridurre al minimo i danni
ambientali.

1.6.2 L'innovazione sostenibile


Qualunque innovazione può essere all'origine di nuovo problemi o aggravare i problemi esistenti o può contribuire
a risolverli o a prevenirne di nuovi. La sfida che viene posta alla tecnologia è quella di contribuire a coniugare la
crescita economica e la sostenibilità ambientale promuovendo contemporaneamente lo sviluppo umano, in una
logica di economia circolare.
Tanto un paese è sviluppato tanto più la tecnologia può giocare un ruolo importante nella crescita economica,
ambientale e lo sviluppo sociale.
L'innovazione sostenibile è quel processo di distribuzione della situazione esistente che crea una nuova
condizione sotto il profilo economico, ambientale e sociale. Per le imprese è quel processo di creazione di nuovi
prodotti e servizi che generano valore su tutte le dimensioni dello sviluppo sostenibile secondo la locuzione
chiamata la Triple Bottom Line delle 3 P:
• Planet: Elaborare soluzioni per una maggiore tutela dell'ambiente o per un miglioramento della società;
• People: Tenere conto della dignità delle persone;
• Profit: Diminuzione dell'impronta ecologica e incrementare la redditività aziendale.

Il percorso dell'innovazione sostenibile è costituito da tre differenti fasi:


1. Innovazione delle condizioni operative, l'obiettivo è quello della ricerca di un'efficienza compatibile con
le esigenze di tutela dell'ambiente, combinando la diminuzione dell'impronta ecologica con l'efficienza
delle attività.
2. Innovazione dell'offerta: Si ottiene studiando nuovi prodotti e nuovi servizi o ripensando in modo
complessivo il modello di business, si possono offrire al mercato prodotti che siano eco-compatibili.
3. Innovazione del contesto, cambiando il futuro dell'ambiente in cui essa opera e dando un contributo
importante alla trasformazione della società.

1.7 Le rivoluzioni industriali


Quattro fasi dello sviluppo delle imprese, coincidenti con evoluzione conoscenze e tecnologia produttiva. In ogni
fase, un ruolo di rilievo è assegnato al tipo di energia disponibile e utilizzata. Le fasi evolutive del capitalismo
industriale sono (prima di queste la fonte energetica era quella del corpo umano):
1. I rivoluzione industriale: la meccanizzazione puntale;
2. II rivoluzione industriale: la produzione di massa;
3. III rivoluzione industriale: l'automazione e le reti;
4. IV rivoluzione industriale: le macchine intelligenti.

1.7.1 Meccanizzazione puntuale


La rivoluzione tecnologica che diede avvio al capitalismo industriale nacque alla fine del ‘700 e durò fino all’inizio
del ‘900. La svolta arrivò con la macchina a vapore (brevettata da Watt e poi prodotta e sviluppata da Bolton). La
macchina a vapore crebbe una nuova struttura industriale, capace di generare oltre un terzo del commercio
mondiale. Nacque una nuova struttura sociale siccome gli artigiani vennero sostituiti dalle macchine e gran parte
del lavoro divenne salariato.
La tecnologia utilizzata era incorporata in una macchina, che doveva essere collegata ad una fonte energetica e
poteva svolgere un numero limitato di compiti. Le dimensioni delle fabbriche erano limitate e costituite da un
motore a vapore e da un insieme di macchine. Erano presenti maggiori investimenti di capitale rispetto a prima
ma era ancora di fondamentale rilevanza il lavoro.
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1.7.2 Produzione di massa
Michael Faraday sviluppò una macchina in grado di generare corrente elettrica. Il cambiamento più grande fu la
diffusione dell'elettricità attraverso le infrastrutture di distribuzione. Le conseguenze più importanti furono in
primo luogo la diffusione geografica dei processi di industrializzazione. All'interno della fabbrica fu possibile
sviluppare macchine tecnologicamente complesse, capaci di svolgere un numero maggiore di lavorazioni.
La fabbrica divenne un sistema complesso. La massimizzazione della produttività di ogni singola fase insieme
all'integrazione delle diverse attività portò allo sviluppo della catena di montaggio e della produzione in serie.
In questa nuova organizzazione i lavoratori diventavano una sorta di strumento di produzione, massimo output al
costo più basso possibile. Lo sviluppo avvenne soprattutto nei settori in cui è possibile realizzare economie di scala
produttive che erano legate alle nuove tecnologie di fabbricazione e alla produzione di massa. La crescita della
produzione di massa sancì il successo dell’impresa di grande dimensione.

1.7.3 Automazione, web e innovazione digitale


Lo sviluppo dell'automazione
Con l'utilizzo delle valvole per radio nacquero le prime sperimentazioni di un computer elettronico, a partire dal
lavoro di John Von Neumann. L'informatica ebbe una forte espansione dagli anni Sessanta. La nascita e la
diffusione dei computer costituirono una svolta tecnologica: la capacità di memorizzare e di elaborare le
informazioni in modo automatico comportò l'emergere di una nuova forma di "energia", la quale non era utilizzata
per sostituire la forza umana ma per surrogare un'altra capacità dell'uomo, quella di elaborare l'informazione.

Dallo scambio alla relazione


Fin da sempre al centro dell'attività economica vi era lo scambio. Ogni transazione era slegata dalla precedente e
dalla successiva, il che significa che il senso economico dello scambio si compiva nel singolo atto.
Dalla fine del XVIII secolo è emersa l'idea di mercato come spazio astratto, in cui avviene l'incontro tra domanda
e offerta. Nel tempo la possibilità di comunicare, di scambiare cioè informazioni da un luogo a un altro, ha
consentito di rompere i confini chiusi delle organizzazioni, che hanno cominciato ad operare senza limiti geografici
e con un livello di coordinamento delle attività prima impensabile.

La nascita della Rete


Esistono diversi tipi di reti:
• Rete fisica: connessione materiale tra i vari soggetti (ex. strade, ferrovie etc…);
• Rete cognitiva: capacità di utilizzare le conoscenze per scambiare informazioni diverse tra soggetti
(presuppone esistenza di volontà di partecipazione).
ARPANET, TCP, IP, WWW→ economia della rete (web 1.0 = connessione di info e conoscenze).
Con lo sviluppo della tecnologia che ha reso facili le comunicazioni si è creata una rete di connessioni tra soggetti
in cui viene svolta gran parte dell’attività economica. Al concetto di relazione si accompagna e sì sovra-imprime il
concetto di connessione. La relazione è un canale comunicativo che permette il passaggio ricorrente delle
comunicazioni, la connessione consente l'utilizzo congiunto da parte di più soggetti dell’informazione e della
conoscenza.
La connessione di informazioni e conoscenze dà forma a un'economia della rete (web 1.0) che, per diffondere con
velocità beni e servizi, ha necessità di standard aperti (ex. Netscape, Google).

L'innovazione nel mondo digitale


Per innovazione digitale s'intende l'utilizzo di elementi digitali e di componenti fisiche che, combinati tra loro,
formano una nuova offerta, quasi sempre fondata su un Business Model originale.
Spesso l'innovazione digitale ha origine dal processo di "dematerializzazione" della conoscenza e dalla sua
trasformazione mediante l'utilizzo di nuove tecnologie in nuovi formati e nuovi modi di utilizzo. (ex. ebook).
L'innovazione digitale provoca un cambiamento in tutto l'ecosistema che riguarda il prodotto, modificandone la
natura, i processi di produzione e di distribuzione, i modi di utilizzo, i metodi di pagamento, in sostanza tutto il
Business Model.

Il web 2.0
Nei primi anni del secolo Tim O’Reilly ha coniato il termine web 2.0, per evidenziare l'evoluzione di alcuni aspetti
della Rete. Il primo di questi elementi è costituito dalla possibilità che gli utenti hanno di interagire (Ex. chat, blog
etc…) e creare interazioni (ex. Social Media).

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La caratteristica più rilevante è quella del ruolo degli utenti che interagiscono realizzando continue innovazioni. La
Rete consente di trasformare relazioni a una via in un dialogo continuo tra i soggetti. Nel web 2.0 la relazione è
sostanzialmente una relazione tra pari., ciò significa che non vi è differenza tra i soggetti.
Un altro elemento di cambiamento è la distinzione tra ruoli, nella relazione reticolare del web 2.0 non vi è una
distinzione tra clienti e fornitori. Nella rete vi è uno scambio reciproco. La relazione non è più tra un fornitore e un
cliente, ma è tra soggetti che sono contemporaneamente sia clienti che fornitori.
Nelle transazioni nella Rete non necessariamente c'è un passaggio di denaro diretto, siccome le due parti si
possono cambiare beni e servizi nella medesima rete. I valori economici si formano nella rete come prodotto di
un’interazione complessa di scambi.
Il web non ha solo modificato i rapporti tra le imprese, ma anche l'organizzazione della società e delle istituzioni
politiche. Si sono formate reti sociali che hanno assunto una molteplicità di nuove configurazioni, con l'esplosione
in particolare dei social network, attraverso cui si organizzano interazioni tra individui e imprese e le cui dinamiche
danno luogo a importanti fenomeni culturali e politici.

CAPITOLO 2- L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE


2.1 La quarta rivoluzione: l’intelligenza artificiale
La quarta rivoluzione industriale si basa sull’automatizzazione di una facoltà del tutto nuova: la capacità di
apprendere.
Vi sono 3 elementi quando si parla di AI:
1. Quando ci riferiamo all'AI parliamo di qualcosa che riguarda il funzionamento di una macchina o di un
sistema artificiale che comprende una macchina.
2. Compiti cognitivi, ossia il trattamento di informazioni necessario per produrre conoscenza.
3. Il processo cognitivo non è di tipo generico, ma assomiglia a quello svolto da una mente umana, cui può
pertanto essere associato.

Sono 2 i fenomeni che hanno consentito l’avvio di questa fase: la disponibilità di una quantità enorme di dati e lo
sviluppo della scienza cognitiva.

2.2 La disponibilità dei dati: internet of things e Big data


Nella moderna AI le macchine intelligenti possono essere addestrate non solo sulla base di dati di natura
quantitativa, ma anche usando elementi qualitativi. Il web, con la smisurata ricchezza di dati di cui dispone,
costituisce una preziosa fonte per l’addestramento delle macchine intelligenti.

2.2.1 Internet of Things


Il fenomeno che ha consentito questa enorme crescita di dati viene definito Internet of Things, ossia il web 3.0, lo
spazio digitale dove la connessione e l’interazione non sono più limitate agli esseri umani, ma vengono estese alle
cose, cioè a strumenti e macchine che scambiano tra loro informazioni in modo autonomo e indipendente
dall’intervento umano. Tuttavia, ad oggi, si parla di Internet of Everything, sottolineando il fatto che la conoscenza
non è limitata esclusivamente alle cose, ma può essere estesa anche ai servizi, ai processi, agli animali.
Già negli anni Ottanta, attraverso i dispositivi RFId, era possibile identificare e memorizzare informazioni associate
a un oggetto, attraverso l'apposizione di tag o altri dispositivi. Grazie alla loro diffusione, il costo di alcuni tag si è
ridotto significativamente, al punto che in alcuni settori, come quello della moda, sono associati singoli capi per
fornire diverse informazioni.
La connettività non è oggi limitata esclusivamente alle cose, ma può essere estesa anche ai servizi, ai processi, agli
animali, che sono collegati in modo crescente.

2.2.2 I Big data


Il fenomeno dei big data è alla base dello sviluppo e della crescita dell’intelligenza artificiale. La grande
eterogeneità degli strumenti e delle fonti genera nel tempo un forte aumento della varietà e complessità dei dati.
Inoltre, con lo sviluppo di Internet cresce il loro volume (bytes).
Il fenomeno dell'esplosione dei dati si rifersice a un'enorme disponibilità di fonti e archivi, quali:
• Dati generati da sistemi contabili ed ERP (Entrprise Resource Planning);
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• Dati generati dalle attività di relazione con i clienti e i CRM (Customer Relashionship Management);
• Dati presenti nel web;
• I Big data in senso proprio;
• Dati che deriveranno dall'aumento previsto delle capacità di calcolo e d'interazione.

Con il temine big data si fa riferimento ad una grande quantità di dati non forniti intenzionalmente, frutto di una
grande varietà di fonti non controllate, indipendenti ed eterogenee. Questa definizione contiene alcuni elementi
importanti:
• Non intenzionalità: questi dati non sono resi disponibili attraverso un processo intenzionale ma sono il
risultato di processi comunicativi non finalizzati alla loro produzione.
• Decentramento: l'enorme quantità di dati che provengono da fonti non controllate centralmente. Non vi
è un ente il quale stabilisca quali infgotm azioni produrre e quali invece non fornire: esse sono il frutto di
processi non pianificati e non strutturati.
• Indipendenza.
• Eterogeneità.

La complessità dei big data viene definita in modo più specifico dalle caratteristiche che le informazioni
possiedono, riferendoci allo “schema delle 5 V”:
a. Volume: quantità di informazioni disponibili.
b. Velocità: prontezza con cui i dati sono generati sia della rapidità con cui sono trasmessi ai potenziali
utilizzatori.
c. Varietà: si riferisce alla differenziazione delle fonti e alla natura del formato.
d. Veridicità: si tratta della qualità e dell’affidabilità.
e. Variabilità: i dati non sono stabili e sono soggetti a variazioni nel tempo.
Quindi, da un lato i sistemi intelligenti sono alimentati dai dati, dall’altro lato consentono di affrontare la
complessità delle informazioni che sono sempre più inintelligibili.

2.2.3 Opportunità e problemi nell'utilizzo dei Big Data


Una volta risolti i problemi di analisi e di elaborazione, la miniera dei Big data può costituire una grande
opportunità per chi deve assumere decisioni in qualunque contesto. Tuttavia, il loro utilizzo comporta dei rischi.
Il problema maggiore è relativo alla privacy. Attraverso l'utilizzo dei Big data è oggi possibile scoprire l'identità
digitale di ogni persona. Questa identità digitale può essere usata non solo per obiettivi economici o di business,
ma anche per finalità politiche.

La crescita di volumi e complessità dei dati alimenta i sistemi d'intelligenza artificiale, che apprendono utilizzando
la grande quantità d'informazioni disponibili in un'amplissima e crescente varietà di campi. Questi dati sono quindi
alla base dello sviluppo dell'intelligenza artificiale e a loro volta sono prodotti utilizzando l'intelligenza artificiale.
Inoltre, questi dati possono essere utilizzati a partire da sistemi di analisi intelligente.

2.3 Il movimento cognitivista e i sistemi esperti


2.3.1 L'approccio cognitivista
Il secondo fenomeno alla base della nascita della IV rivoluzione industriale è lo sviluppo della scienza cognitiva.
Nella prospettiva cognitivista il computer è visto come una mente: questa riceve informazioni dall’esterno, opera
sulla base della conoscenza posseduta e produce un risultato finale in termini di valutazioni o decisioni; in modo
analogo opera un calcolatore elettronico. Dato che mente e computer sono visti come due sistemi analoghi, se si
riuscisse a dotare un computer della stessa conoscenza di un essere umano, arriverebbe a prestazioni del tutto
simili.
L'idea di fondo è che sia possibile separare il processo cognitivo in due componenti: conoscenza - inferenza.
Per rendere concreto il funzionamento dell’intelligenza artificiale vengono creati programmi chiamati knowledge-
based systems e poi entrati nel lessico, comunque, con il nome di “sistemi esperti”, che sono software con due
componenti fondamentali: la “knowledge base”, rappresentata dall’insieme delle regole “if-then”, e un motore
inferenziale, ossia un algoritmo che serve per selezionare, ordinare e applicare le regole. A ciò si aggiunge
l’interfaccia con l’utente, che rende possibile l’interazione con il sistema esperto.

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2.3.2 Problemi relativi all'utilizzo dei Sistemi Esperti
È necessario dotare questi sistemi di conoscenza, ma per acquisire questo sapere è necessario un processo di
elicitazione (estrazione) da chi lo possiede. Bisogna quindi innanzitutto identificare chi ha la conoscenza e poi
cercare di formularla in termini di regole che possano essere utilizzate dal software.
Tuttavia, non è semplice estrarre regole che spesso gli esseri umani utilizzano in modo non del tutto conscio e che
difficilmente possono essere rappresentate in semplici meccanismi.
Inoltre, i sistemi esperti hanno mostrato notevoli problemi di utilizzo, soprattutto in situazioni complesse. I tre
principali limiti:
1. Funzionano esclusivamente all’interno di uno specifico ambito (ristretto).
2. L’unica conoscenza di cui dispongono è quella che viene fornita loro; quindi, ogni successivo mutamento
di questa non viene automaticamente integrato nel sistema; perciò, è necessario aggiornare
continuamente il software.
3. Non sono in grado di fornire risposta a situazioni che non si presentano esattamente nello stesso modo o
che richiedono una risposta non convenzionale alla nuova situazione.

2.4 Il movimento connessionista e le Reti naturali


Nella prospettiva cognitivista il calcolatore è visto in analogia con la mente umana, in quella connessionista il
computer costituisce soltanto uno strumento che elabora i segnali ricevuti, ma non rappresenta un riferimento
logico del processo cognitivo. Il modello del movimento connessionista è piuttosto il meccanismo biologico del
cervello, in cui avviene l'attività neurologica di controllo del funzionamento degli organi del corpo.

2.4.1 I neuroni artificiali


Questo movimento ha preso come modello dei processi di intelligenza artificiale il funzionamento del cervello,
cercando di utilizzare lo stesso procedimento, traducendo da un processo di tipo biologico a uno di tipo
informatico. Si vuole riprodurre il processo celebrale attraverso neuroni artificiali, detti nodi, tra loro connessi da
collegamenti di tipo informatico. Ogni neurone artificiale riceve input e a sua volta trasmette un segnale ad altri
nodi. L’output viene prodotto sulla base della somma ponderata degli input. Se i calcoli effettuati dal neurone
superano una certa soglia esso restituisce un valore che viene usato come segnale di attivazione da altri nodi.
𝑛

𝑌 = ∑ 𝑊𝑖𝑋𝑖
𝑖=1

Le connessioni tra neuroni artificiali hanno lo stesso significato delle sinapsi che uniscono i neuroni biologici e
hanno una "dimensione" differente in funzione del peso, che costituisce un rinforzo o un'attenuazione del segnale.

2.4.2 Le reti neutrali


L’insieme dei neuroni artificiali viene chiamata rete neurale. In una rete, come accade per il cervello umano, la
conoscenza non risiede in un singolo punto della rete, ma è distribuita tra le connessioni che uniscono i neuroni
artificiali. La rete neurale si compone di diversi strati chiamati layer, ciascuno dei quali svolge compiti definiti.
𝐼𝑛𝑝𝑢𝑡 𝐿𝑎𝑦𝑒𝑟 → 𝐻𝑖𝑑𝑑𝑒𝑛 𝐿𝑎𝑦𝑒𝑟 → 𝑂𝑢𝑡𝑝𝑢𝑡 𝐿𝑎𝑦𝑒𝑟

2.5 Il Deep Learning


2.5.1 L'apprendimento nelle reti neutrali
Perché una rete impari a svolgere un certo compito cognitivo è necessario un processo di addestramento. Vanno
in primo luogo identificati i dati, questi vengono poi suddivisi in alcune categorie: il primo gruppo è composto dal
training dataset, utilizzato perché la rete apprenda, poi vengono utilizzati dati che la rete non ha mai osservato, il
test dataset, al fine di verificare se essa è in grado di condurre a risultati generalizzabili in contesti differenti.
L’apprendimento avviene attraverso un procedimento di riconoscimento degli errori: ogni qualvolta i dati sono
elaborati, gli errori vengono rilevati e comunicati all’interno, modificando così tutti i pesi delle connessioni tra
neuroni, processo chiamato back-propagation. Questo processo consiste nel fatto che quando un dato
appartenente al gruppo dei training data produce l'attivazione di un neurone artificiale, il peso della relativa
connessione s'incrementa. Al contrario, quando il segnale non ha una sufficiente forza di attivazione, il peso della
connessione diminuisce. In questo modo i pesi vengono continuamente modificati, per tenere conto della
differenza tra l'output ottenuto e quello desiderato (back-propagation learning rule).
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2.5.2 I tipi di apprendimento
Vi sono 3 modalità di addestramento cui una rete può essere sottoposta:
a. Apprendimento supervisionato: processo tramite il quale la rete viene addestrata attraverso la supervisione
di esperti, i quali predispongono le risposte corrette. Ciò avviene preparando un dataset che contiene i dati
sia di input sia dell’output appropriato. L'apprendimento della macchina è tanto migliore quanto più elevato
è il numero di immagini che può visionare.
b. Apprendimento non supervisionato: il software sviluppa un modello di interpretazione dei dati, senza avere
tuttavia una supervisione, cioè l’insieme dei dati con la risposta corretta, che indichi la bontà o meno del
risultato. La rete in questo caso deve scoprire autonomamente gli errori inferendoli nel dataset usato per
l’addestramento.
c. Apprendimento per rinforzo: in questo caso non esiste una soluzione ottimale che possa essere determinata
all’inizio del processo. La rete deve ipotizzare risposte parziali e verificare se queste funzionano; si tratta di
un processo il cui punto di arrivo non è definito, ma in cui vengono forniti comunque dei criteri per giudicare
se una soluzione funziona oppure no. Il processo è iterativo e del tipo trial & error, il sistema prima esplora
possibili risposte, poi riceve premi o punizioni in funzione della bontà delle soluzioni prodotte e, quando esse
funzionano, diventano la base su cui impostare le risposte successive.

2.5.3 Il Deep Learning e gli hidden layer


Per Deep Learning s'intende quel processo di apprendimento basato su un'architettura della rete composta di un
numero elevato di layer. Nelle strutture più semplici una rete ha un solo strato intermedio, mentre in quelle più
complesse il numero degli hidden layer aumenta. Si parla a questo proposito di profondità della rete, per
descrivere il numero di layer presenti tra lo strato di input e quello di output, mentre per ampiezza della rete
s’intende la numerosità dei nodi che compongono ciascun layer. Le macchine che utilizzano processi di Deep
Learning sono in grado di creare strutture di interpretazione di una realtà anche molto complessa.

2.6 Gli utilizzi dell’intelligenza artificiale


2.6.1 Gli ambiti di applicazione
Gli ambiti di applicazione dell'AI sono innumerevoli ma i principali sono:
• Riconoscimento linguistico (NPL): riguarda la capacità di comprendere il linguaggio, dando a esso un
significato, per eventualmente fornire una prestazione nella stessa forma. La risposta cioè deve essere
coerente con il contesto, a partire dalle parole di una particolare lingua e dal loro significato, usando le
regole della relativa grammatica.
• Riconoscimento delle immagini (NIP): identificazione di immagini, riconoscimento di forme e di strutture
e creazione di immagini e filmati.
• Analisi di business (BI): consiste nella raccolta, immagazzinamento e analisi di vari tipi di informazione al
fine di identificare modelli di interpretazione di una realtà, utilizzabili per una varietà molto ampia di fini.
• Robotica: i robot sono strutture meccaniche guidate da sistemi di intelligenza artificiale in grado di
svolgere una grande varietà di attività, con un contenuto non solo cognitivo ma anche fisico. Possiamo
distinguere i robot in funzione delle attività che svolgono:
o Mobilità: robot stazionari, tipicamente integrati nelle linee di produzione, che sono fissi in un
logo, o mobili, tipicamente utilizzati in logistica.
o Interazione con le persone: robot che lavorano indipendentemente dall’essere umano e cobot
(collaborative robot), che invece lavorano fianco a fianco degli esseri umani.
o Aspetto: robot senza aspetto umano o di tipo umanoide.

2.6.2 Le applicazioni manageriali dell'intelligenza artificiale


Vi sono 3 grandi aree applicative dell’AI all’interno delle imprese:
1. Automazione dei processi: si tratta di rendere automatiche attività di tipo gestionale e amministrativo;
l’obiettivo è quello di velocizzare le attività, di ridurre il tempo di esecuzione dei compiti non troppo
sofisticati e completare grandi volumi di attività in tempi brevi.
2. Market intelligence: attività di analisi dei dati (marketing analytics), consiste nello sviluppo e utilizzo di
capacità predittive.
3. Interazione tra soggetti: consiste nell’utilizzare l’AI in interazioni di tipo ripetitivo che coinvolgono clienti,
fornitori e personale interno.

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2.6.3 Gli ostacoli all'adozione dell'AI
Nonostante il rapido sviluppo di strumenti dell'AI all'interno delle imprese, vi sono barriere alla loro adozione. Gli
ostacoli possono essere individuati in 4 grandi categorie:
• Difficoltà di comprensione: le imprese sono restie all’adozione delle macchine intelligenti a causa
dell’impossibilità di capire cosa accada all’interno delle reti neurali. Inoltre, spesso le imprese fanno fatica
a trovare figure professionali necessarie per ricoprire certi ruoli. Infine, molti manager pensano che le
competenze necessarie per utilizzare queste tecnologie siano elevate, pertanto pensano di non esserne
all’altezza.
• Costi di adozione elevati: è un pregiudizio; le tecnologie dell’intelligenza artificiale non sono
particolarmente costose, a meno che non si vogliano costruire sistemi internamente all'organizzazione,
dotandosi di tutte le competenze necessarie.
• Volontà di non licenziare persone: è una preoccupazione fondata, infatti, nel breve periodo le macchine
possono portare a una sostituzione delle persone. È pertanto importante adottare questi sistemi in una
logica di crescita del personale e non di sostituzione.
• Immaturità delle tecnologie: anche se molte tecnologie sono in una fase iniziale, anche questo è un
pregiudizio. Oggi un numero crescente di attività viene automatizzato con grande efficienza ed efficacia,
inoltre, è fondamentale per le imprese cominciare a familiarizzarsi con tecnologie che saranno pervasive
in molti settori.
Per evitare difficoltà future, è importante per le imprese introdurre in modo precoce le tecnologie dell'AI con
progetti pilota che consentano all'impresa di prendere confidenza con le nuove tecnologie.

2.7 Le abilità cognitive dei sistemi intelligenti


2.7.1 Gli sviluppi dell'AI
I continui sviluppi dell’AI sono in gran parte volti a riprodurre il più possibile le capacità cognitive e decisionali degli
esseri umani. Le macchine sono capaci di apprendere modelli di rappresentazione della realtà che simulano molte
funzioni cognitive superiori. Si tratta però di una riproduzione efficace del modo in cui gli esseri umano usano le
funzioni cognitive superiori.
Per AI forte intendiamo la capacità di riprodurre e migliorare le performance cognitive di un essere umano. Si
tratta quindi della possibilità di sostituire completamente una certa prestazione svolta da un uomo con una
compiuta da una macchina.
Per AI debole o ristretta s’intende invece la prestazione cognitiva fornita da una macchina a supporto di un’attività
svolta da un essere umano. A differenza di quella forte, essa non è dunque sostitutiva, ma soltanto
complementare.
Oggi gran parte delle applicazioni nelle imprese appartiene alla categoria dell’AI debole, anche se un numero
crescente di compiti sono svolti in modo del tutto autonomo. I principali compiti cognitivi associati alla mente
umana, realizzabili da un sistema artificiale vengono definiti “le 6 P dell’AI”:
1. Profilazione e analisi: consiste nel comprendere quali elementi siano significativi all’interno di una certa
realtà. Grazie ai sistemi di intelligence è possibile identificare e incrociare le informazioni più rilevanti di
una grande massa di dati. Affinché il decisore abbia la capacità di analizzarli è necessario che vengano
prima categorizzati, condensati, contestualizzati e rappresentati in modalità utili.
2. Produzione di conoscenza: consiste nell’arrivare in modo sistematico a conclusioni che abbiano senso e
che siano giustificate dall’esperienza. La conoscenza di una macchina somiglia alle convinzioni che una
persona sviluppa in base all’esperienza. La conoscenza di una rete neurale non è esplicitabile, ossia non è
possibile comprendere il processo inferenziale che porta a fornire certe risposte a fronte dei dati
esaminati (conoscenza tacita) (Ex. prof robot).
3. Previsione: secondo alcuni pareri il valore dell’AI risiede nella capacità di anticipare il futuro a partire dai
dati disponibili.
4. Ponderazione e valutazione: per procedere a una scelta è necessaria una valutazione soggettiva della
situazione, tuttavia, l’aspetto del giudizio è problematico per le macchine. Una macchina intelligente non
può ripercorrere il processo che porta un essere umano a esprimere giudizi, ma può simulare qualcosa di
analogo. Non si tratta di senso estetico o di emozioni, ma della capacità di formare modelli di
rappresentazione della realtà appresi sulla base dell’esame di una serie numerosa di situazioni in cui sono
state espresse valutazioni estetiche o emozionali.
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5. Prescrizione della soluzione: tutte le fasi precedenti non sono fini a sé stesse ma orientate a una soluzione
e quindi all’ottenimento di una situazione desiderata. I sistemi intelligenti sono in grado di identificare le
soluzioni in un tempo brevissimo.
6. Progettazione di nuove soluzioni: si riferisce all’ideare e al creare qualcosa di nuovo (si parla di creatività
artificiale). Non si tratta di una creatività in senso stretto, ma di una capacità combinatoria che, associata
all’enorme mole di dati che un sistema intelligente può analizzare e da cui può apprendere, porta a
risultati originali (Ex. articolo di giornale preparato da un sistema intelligente). I sistemi di intelligenza
artificiale hanno un'efficacia molto elevata, ma hanno un grande limite: possono svolgere un compito
cognitivo complesso soltanto in un campo molto limitato.

2.8 L’impatto economico delle macchine intelligenti


L’AI avrà effetti marcati in tutta la società e nella vita di tutti, principalmente in 3 temi:
1. L’occupazione: da più parti vi è un’aspettativa negativa per gli effetti dell’AI sull’occupazione. Infatti, le
macchine possono sostituire il lavoro umano, tuttavia, l’invecchiamento complessivo della popolazione
dei paesi più industrializzati comporterà un fabbisogno di lavoro umano che non sarà compensato
dall’utilizzo di sistemi intelligenti. Il saldo occupazionale dovrebbe essere positivo. Inoltre, quando nuove
tecnologie dirompenti e pervasive si affermano, nascono settori, strutture produttive innovative e nuove
professionalità, che a loro volta alimentano altre innovazioni, in un circolo virtuoso dal punto di vista della
crescita e dell’occupazione. Ovviamente, i programmi educativi devono fornire nuove competenze e
devono essere previsti investimenti per aiutare i lavoratori nel processo di transizione. Sicuramente ci
sarà un impatto sui sistemi di welfare, la quantità e la qualità del lavoro cambieranno; quindi, sarà
necessario garantire la stabilità sociale, anche con politiche di welfare. Probabilmente, verrà tassato il
lavoro con i robot e la ricchezza di chi possiede aziende in cui principalmente lavorano robot. È bene
ricordare che ad essere più toccate saranno le maggiori economie industriali. Nei paesi meno sviluppati,
non vi dovrebbe essere una diffusione così marcata dell’AI; tuttavia, queste economie potrebbero subire
una riduzione operazionale per lo spostamento di alcune attività produttive nei paesi avanzati. L'impatto
complessivo dell'AI sull'economia globale dovrebbe essere nel lungo termine molto positivo e il traino
rappresentato delle nuove tecnologie consentirà probabilmente anche ai paesi meno sviluppati di godere
della crescita dell'economia a livello mondale.
2. Le competenze del personale: sicuramente sarà necessaria una nuova organizzazione del lavoro. Ci sono
però visioni contrastanti: alcuni ritengono che sarà necessario modificare le competenze del personale,
al fine di migliorare le prestazioni di persone che collaboreranno con le macchine, altri ritengono che degli
aspetti tecnologici si occuperanno pochi specialisti e che l’interazione con le macchine non avrà bisogno
di particolari conoscenze tecniche, anzi serviranno competenze complementari a quelle delle macchine,
di tipo umanistico e creativo.
3. L’offerta delle imprese: il vantaggio competitivo in molti settori sarà modificato dall’AI e possiamo
prevedere che le aziende non in grado di adottare e utilizzare i nuovi sistemi troveranno difficoltà
crescenti nel mantenere competitività. Tuttavia, questo vantaggio competitivo non sarà di lunga durata.
Naseranno inoltre molte start-up, capaci di creare attività basate sull’utilizzo delle nuove tecnologie.

2.9 I problemi etici dell’AI


L’AI pone problemi sotto due profili differenti: uno riguarda l’uso che ne viene fatto, l’altro nasce dal fatto che le
macchine assumono decisioni con una potenziale valenza etica.
Per quanto riguarda il primo problema, ricordiamo che la tecnologia può essere utilizzata per il bene o a danno
dell’uomo; è quindi necessaria una grande vigilanza da parte di tutta la società perché si pongano limiti al tipo di
utilizzo dell’AI e perché si approvino standard rigorosi a livello mondiale. Un esempio è la bozza di legge proposta
dalla commissione europea al fine di regolamentare l’uso dell’intelligenza artificiale.
Per quanto riguarda il secondo problema ricordiamo che le macchine intelligenti possiedono la capacità di
decidere in modo autonomo e dunque possono compiere scelte moralmente inaccettabili.
È possibile addestrare il sistema con una serie di istruzioni in grado di consentire alla macchina intelligente di
operare scelte che siano del tutto in linea con le regole che la comunità si dà. Tuttavia, non tutte le scelte sono
semplici e alcune di esse non possono essere contemplate dall’interno di un codice o di una normativa, ma
dipendono da un esame più profondo della situazione e da una valutazione di tipo etico (Ex. robot dottore che
deve salvare bimbo o anziano).
Si pone dunque la questione di come dotare una macchina dell’etica che dovrebbe entrare in gioco in ogni
processo decisionale.

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Esistono 2 approcci per affrontare un problema etico di questa natura, top-bottom o bottom-up.
• Top-bottom: consiste nell’individuare le regole e programmare le macchine in modo che esse vengano
rispettate. Il limite di questo approccio consiste nel fatto che non tutte le fattispecie sono definibili a priori
e non tutte le probabilità o le utilità possono essere composte in termini semplici. Inoltre, alcune scelte
non possono essere composte in termini astratti e la decisione non può essere indipendente dalla
situazione specifica in cui gli eventi si manifestano.
• Bottom-up: in questo caso le macchine apprendono la condotta appropriata osservando come si
comportano gli esseri umani in situazioni simili. Non vi è chi prescriva qual è il modo d’agire più
appropriato, dunque in società, culture, credi religiosi differenti, le macchine si comporterebbero in
maniere differenti. Un limite di questo approccio è che l’apprendimento necessario all’intelligenza
artificiale richiede che vengano esaminate molte situazioni ed è impossibile sottoporre al sistema una
varietà così ampia di casi da coprire ogni circostanza. Oltretutto, ogni individuo ha valori differenti
riguardo alle varie situazioni. Inoltre, non è detto che i comportamenti degli esseri umani rispondano
sempre a regole etiche accettabili. Infine, un altro problema dell’approccio bottom-up è che, poiché le
azioni degli esseri umani sono viziate da innumerevoli mancanze, queste vengano necessariamente
riflesse nelle macchine che da questi apprendono.

La soluzione consiste nell’uso combinato dei due approcci. Ciò significa che alcune regole devono necessariamente
essere programmate a priori, altre devono invece essere apprese autonomamente dalle macchine. Una seconda
soluzione al problema etico è, dove possono emergere situazioni complesse, lasciare al giudizio dell'uomo la
decisione finale. Un’altra possibile soluzione può essere individuata nell’AI debole, ossia nel non assegnare alla
macchina intelligente il ruolo di sostituirsi completamente all’essere umano, soprattutto laddove possono
emergere situazioni potenzialmente critiche e quindi nel lasciare al giudizio dell’uomo la decisione finale in caso
di situazioni estremamente complesse.

CAPITOLO 4 - DIFFUSIONE ED EVOLUZIONE DELLA TECNOLOGIA


4.1 La diffusione delle innovazioni
L'adozione dell'innovazione tende a seguire il noto modello del
ciclo di vita del prodotto suddiviso in:
• Introduzione;
• Sviluppo;
• Maturità;
• Declino.

A seconda della fase in cui ci si trova il prodotto ha un


comportamento diverso in termini di prestazioni o di risposta
alla domanda del mercato.
Everett Rogers ha identificato alcuni elementi che hanno un
forte impatto sul processo di adozione:
• Caratteristiche del prodotto;
• Caratteristiche della clientela.

4.1.1 Le caratteristiche del prodotto


Da considerare unitamente:
1. Valore: caratteristiche di utilità del prodotto rispetto ai prodotti esistenti. Maggiore è il valore, minore è
il tempo di adozione (altrimenti difficile che tanti clienti l’adottino).
2. Compatibilità: quanto più un prodotto richiede cambiamenti nei comportamenti, tanto minore è la
probabilità che questi accettino di modificare le proprie abitudini. Riguarda anche il riadattamento di beni
complementari → è richiesta compatibilità del prodotto rispetto al sistema esistente
3. Complessità: quando l’innovazione è difficile da comprendere, una sua rapida adozione da parte della
domanda è improbabile. Aspetti tecnici e modalità di utilizzo.
4. Provabilità: le innovazioni che possono essere provate prima dell’acquisto possono essere adottate in
tempi più brevi in quanto la prova riduce il rischio percepito (si abbassa l'ansia della novità).
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5. Osservabilità: minor rischio percepito e maggiori garanzie che il nuovo prodotto sia in linea con le
aspettative. Se le prestazioni sono valutabili su un arco di tempo molto lungo allora bisogna produrre
prove durante le fasi precedenti (test di prodotto).

4.1.2 Le caratteristiche della clientela


Rogers ha individuato cinque categorie di consumatori, le quali si distribuiscono tra le varie fasi secondo una curva
normale.
1. PIONIERI: fase di introduzione. Consumatori
particolarmente interessati al prodotto e alle
caratteristiche innovative, forte propensione
all’acquisto delle novità, livello di reddito più
elevato e maggiore istruzione.
2. ADOTTANTI INIZIALI: fase di sviluppo.
Consumatori che ci tengono a essere tra i primi,
attenti alle novità, funzione di opinion leader per
altri potenziali clienti.
3. MAGGIORANZA ANTICIPATRICE: prima fase di
maturità. Interessati al bene e solo parzialmente
alle caratteristiche innovative. Devono avere un
certo livello di sicurezza, attendono riduzione di prezzo.
4. MAGGIORANZA RITARDATARIA: seconda fase di maturità. Non sono interessati alle caratteristiche di
novità e sono fortemente sensibili al prezzo. Sono attratti da caratteristiche accessorie rispetto ad altre
offerte.
5. RITARDATARI: fase di declino. Per nulla interessati, lo fanno perché è indispensabile. Acquisto solo per
funzione che il prodotto è in grado di svolgere.

4.1.3 Il segmento zero


Col tempo le esigenze del mercato cambiano, i consumatori si aspettano
prestazioni migliori, pertanto, il mercato evolve seguendo tali esigenze.
Capita però che la tecnologia cresce molto più velocemente nel tempo
rispetto all’evoluzione delle esigenze del mercato, con il risultato che ad
un certo punto i prodotti offerti consentono performance di gran lunga
superiori a quanto desiderato dai clienti.

Il segmento zero è inizialmente formato solo dalla fascia bassa di


mercato e quindi è sottovalutato dalle aziende pioniere. Col tempo però
tale segmento ingloba anche il mercato di massa, il quale a un certo
punto non è disposto a pagare per le tecnologie di fascia alta
(sovraperformanti rispetto le esigenze). Pertanto, si definisce segmento
zero il segmento di mercato formato da quei clienti che non sono
disposti a pagare per un livello di prestazioni ritenute del tutto
eccessive.

Questa fascia di mercato non è servita da alcuna impresa e rappresenta


pertanto un'opportunità per eventuali nuovi entranti, i quali col tempo e
col miglioramento delle proprie tecnologie possono rappresentare una
minaccia per gli incumbent.

4.2 La disruptive technology


• Sustaining technology: sono tecnologie che nel tempo migliorano le prestazioni perché si basano sulla
stessa logica che viene piano piano implementata.
La tipica sustaining technology è l’evoluzione dei microprocessori → legge di Moore (dimezzo il costo e
raddoppio la capacità di calcolo, efficienza ed efficacia contemporaneamente).
Possiamo vedere la sustaining technology come l'impresa incumbent, la quale investe sul miglioramento
tecnologico senza metterne in discussione gli elementi (perché ne controlla la tecnologia e non gli

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converrebbe) → porta al fenomeno del trading up dell’offerta, che comunque soddisfa i clienti perché i
loro bisogni sono sempre più soddisfatti. Il fenomeno del trading up può però finire per produrre
un’offerta più sofisticata di quella richiesta. (Ex. fotografia analogica.)
• Disruptive technology: sono nuove tecnologie che inizialmente funzionano meno delle altre ma se
risultano promettenti riescono a modificare la competizione in modo distruttivo annullando il vantaggio
concorrenziale delle imprese già operanti nel mercato, cioè delle sustaining technology.
Disruptive non è sinonimo di radicalità (ad esempio nei Business Model), ma cambia le basi di
competizione modificando i parametri di performance che esistevano in precedenza. Le imprese
disruptor, infatti, sviluppano tecnologie con minor performance rispetto alle esistenti, offrendo però altri
vantaggi, che una parte del mercato può trovare interessanti (Ex. fotografia digitale).
La Disruptive è quindi la tecnologia che nel tempo supera la sustaining.

4.2.1 La reazione alla tecnologia disruptive


Gli incumbent reagiscono con molta timidezza perché:
• La parte più attraente del mercato (clientela) tende a privilegiare la precedente tecnologia.
• Si preferisce migliorare la tecnologia esistente per andare incontro ai prevalenti del mercato → dilemma
dell’innovatore (che spinge più alla conservazione, per non perdere gli investimenti). Magari sviluppano
per primi la tecnologia disruptive ma poi non vedono le opportunità ad essa legate.

Dilemma dell’innovatore = dubbio se privilegiare in investimenti su disruptive oppure mantenersi su tecnologie


esistenti → prevale la conservazione perché altrimenti di perderebbe quanto sviluppato in termini produttivi, di
competenze, di infrastrutture, di relazioni.

Gli incumbent possono reagire in diversi modi (Goffin e Mitchell, 2010):


• Focalizzarsi sulla tecnologia esistente: si continua sulla tecnologia sustaining perché non si ha fiducia
della disruptive, si ritiene che la nuova tecnologia non avrà la forza di affermarsi nel mercato o comunque
non riuscirà a rimpiazzare l’esistente.
• Sviluppare una strategia di marketing separata: si crea un’azienda dedicata per preservare il mercato
tradizionale senza rinunciare ad affrontare quello nuovo.
• Attendere l’evoluzione del mercato (agire da Follower):
o Strategia da late entrant → prendere tempo per avere un’idea più chiara sulla tecnologia
disruptive (per ridurre rischio).
o Spesso acquisendo piccole imprese o start up che abbiamo sviluppato la tecnologia
• Distruggere la disruption: battere l’innovazione disruptive sulle caratteristiche che la contraddistinguono.
Ci si sposta dai fattori critici del prodotto esistente su quelli di performance che sono stati distrutti dalla
tecnologia disruptive. (esempio: orologi swatch, si sposta l’attenzione sul design e la moda).

4.2.2 Le scelte del disruptor


Ecosistema = insieme di aziende tra loro connesse le quali partecipano congiuntamente all’attività economica e
che dipendono l’una dall’altra per lo sviluppo del proprio business.
Il dilemma del disruptor: come attaccare la tecnologia esistente, cercando di sostituirla, senza tuttavia rinunciare
all’ecosistema che esiste intorno ad essa (Ansari et al. 2016)? Vado contro tutti o mi creo delle alleanze?
Soluzione = sostituire la tecnologia esistente senza rinunciare all’ecosistema che esiste in torno ad essa.
Si hanno due modalità:
• Aggressione (rischio di insuccesso): affrontare di petto per ritagliarsi uno spazio sul mercato. Il disruptor
deve essere in grado di operare senza il supporto iniziale dell’ecosistema e deve incontrare il favore della
domanda di modo che l’ecosistema sia forzato a sostenerla.
• Coopetizione: cooperazione + competizione → alleanza, significa competere senza entrare in conflitto ma
cercando collaborazione secondo tre modalità:
o Far intravedere vantaggi a lungo termine a chi opera già nel settore;
o Raggiungere una massa critica di clienti in tempi brevi per rendere chiaro che non è possibile
prescindere da questa nuova tecnologia;
o Coinvolgere gli incumbent in qualche collaborazione per evitare confronti diretti.
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4.3 L'evoluzione tecnologica
La curva a «S» di Foster permette di cogliere la relazione che intercorre tra lo sforzo tecnologico sostenuto dalle
imprese (gli investimenti) e i miglioramenti della tecnologia stessa (la performance).

Descrive il ciclo di vita, e quindi il processo evolutivo, di ogni


singolo prodotto. Le prestazioni aumentano a un tasso crescente
a mano a mano che gli investimenti procedono.

Asse x → sforzo di investimento = quanto denaro, lavoratori ci


impiego. Non ci mette il tempo perché possono passare anni in
cui non vengono fatti investimenti.
Asse y → performance.

Un caso particolare è la “legge di Moore” che si applica al numero


di transitor all’interno di un chip, si tratta di un’intuizione che si è
rivelata corretta e che ha ben descritto la crescente informatizzazione della società negli ultimi 50 anni. La legge
di Moore, infatti, spiega come aumentano le performance in base al tempo (e non agli investimenti) → ogni anno
e mezzo dimezza la dimensione dei microchip e raddoppia la loro performance.

4.3.1 Le soluzioni al problema del limite fisico


Una volta raggiunto il limite fisico si costruisce una nuova curva a
s di una nuova tecnologia.

Una prima soluzione è stata la progettazione di architettura con


multiprocessori, ma anche nel caso della nuova curva vi è un limite
fisico che non può essere superato.
Per questo motivo alcune imprese hanno iniziato a investire su
una tecnologia differente, quella del computer quantistico.

4.3.2 I limiti della capacità previsionale


È difficile utilizzare la curva a S a fini previsionali perché esistono
molti eventi di varia natura che possono modificare il percorso della tecnologia esistente. La curva a S è utile per
comprendere le dinamiche evolutive e per comprendere opportunità e rischi che nascono dai processi di sviluppo
della tecnologia piuttosto che per un utilizzo a fini di previsione.

4.4 Il disegno dominante


Abernathy e Utterback hanno descritto tramite il modello
evolutivo della tecnologia come le imprese competono per
affermare la propria visione della tecnologia e quali decisioni
vengano prese a riguardo.
Asse y → tasso di innovazione.
Asse x → tempo.
In tale modello vi sono tre fasi ricorrenti:
1. Introduzione → FASE FLUIDA: Sperimentazioni, diversi disegni tecnologici, accento sull’innovazione di
prodotto e sul profilo tecnico e di accettazione da parte della domanda. Non si è ancora delineato un
disegno migliore che possa essere più efficace e più accettato. Gli aspetti di efficienza non sono i più
importanti, pertanto si investe molto sullo studio delle caratteristiche del nuovo prodotto/servizio. La fase
fluida della tecnologia si caratterizza per:
o Profonda incertezza ambientale (competitiva);
o Esistenza di più soluzioni tecnologiche;
o Orientata all’innovazione di prodotto, meno a quella di processo;
o Competizione sulle caratteristiche di prodotto;
o Fase di sperimentazione;
o Impianti produttivi di piccola scala e attrezzature generaliste;
o Processi di produzione flessibili e inefficienti;
o Controllo organizzativo informale.

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2. Affermazione → FASE DI FERMENTO/TRANSIZIONE: Convergenza verso una soluzione convincente e
accetta = il disegno dominante (architettura tecnologica su cui convergono le varie aziende), focus
sull’efficienza e innovazioni di processo (economie di scala ed esperienza, relazioni con fornitori e
distributori). L’incertezza viene meno. Solitamente il DD conquista la quota di mercato maggiore e può
coesistere con altre architetture tecnologiche. Può capitare che il DD emerga subito sin dalla prima fase
se è subito più efficace e non si trovano altre soluzioni con prestazioni simili a costi comparabili. Oppure
può succedere che il DD non si affermi per decenni e che più disegni convivano per anni, rimanendo
comunque in concorrenza piuttosto accesa. È una fase in cui si passa ad una competizione crescente su
aspetti non più centrali del prodotto, in cui si cerca differenziazione. La domanda comprende non più solo
i pionieri ma anche primi adottanti e maggioranza anticipatrice. La fase di transizione o di fermento si
caratterizza per:
o L’emergenza di un dominant design;
o La riduzione dell’incertezza legata a mercato e alla tecnologia;
o Competizione sulla varietà di prodotto, costi efficienza volumi → competizione sui processi
produttivi (estetica, marketing ecc.);
o L’innovazione si sposta sul processo → economie scala e esperienza;
o Obiettivi di efficacia del prodotto e di efficienza dei processi → soddisfare i bisogni del mercato e
concorrere sui costi;
o Processi produttivi più rigidi e attrezzatura più specialista;
o Aumento dei volumi produttivi degli impianti.
3. Finale → FASE SPECIFICA: È la fase di maturità e di avvicinamento al limite fisico, innovazione ridotta al
minimo e si riguardano gli approcci di marketing. Tutte le economie sfruttabili sono ormai sfruttate al
massimo. Possibile sfociare nel Segmento Zero, è possibile quindi che nascano innovazioni che facciano
emergere nuovi disegni dominanti. La specifica si caratterizza per:
o Innovazioni di prodotto prevalentemente incrementali, soprattutto di marketing
o Innovazioni di processo orientate all’efficienza, ma diminuite
o Impianti di grande scala e attrezzatura specialistica
o Controllo organizzativo strutturato
o Economie di scala, efficienza, esperienza ecc.

4.4.1 Dominant Design e standard di settore


Disegno dominante e standard non sono sinonimi.
Disegno dominante = architettura tecnologica che appare vincente nella concorrenza con le altre. Standard =
caratteristica tecnica che garantisce una qualità accettabile.
Spesso standard esiste per garantire compatibilità tra prodotti e dispositivi differenti.

4.4.2 Innovation shock


L'innovation shock è l'improvvisa affermazione di un prodotto appena lanciato nel mercato a seguito del quale
avviene uno sconvolgimento competitivo → nasce da improvvisa e inaspettata esplosione della clientela, prima
che si affermi un DD.
La clientela esplode perché la proposta incontra sue esigenze che non si erano ancora manifestate fino a quel
momento. Le imprese possono imitare il prodotto o riposizionarlo oppure uscire dal mercato. Alla fine di questa
fase di reazione può emergere un DD. In questa situazione è possibile vedere il dilemma dell’innovatore sotto
un’altra ottica.

4.5 Esternalità di rete e beni complementari


L'esternalità di rete è il fenomeno secondo cui il valore di un bene per un individuo aumenta in relazione al numero
di persone che posseggono lo stesso bene (esternalità di rete dirette) o all’aumentare dei prodotti complementari
(esternalità di rete indirette). Beneficio per l’uso di una certa tecnologia legato al numero degli utilizzatori →
aumenta la base clienti.

Possono essere positive (o negative) in funzione:


o dell’estensione della rete fisica (ferrovie, telecomunicazioni, social network, …) → se aumenta l’estensione
allora aumenta l’utilità;
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o della compatibilità tra le varie soluzioni tecnologiche (base di installazioni o base clienti) → per avere una
base di clienti maggiore;
o Presenza di beni complementari (Ex. accessori cellulare).

Legge di Metcalfe (tecnologie digitali) = l’utilità di una rete è pari al


quadrato del numero di utenti che la utilizzano, segue quindi una curva
esponenziale, per cui nella fase iniziale può essere utile stabilire un prezzo
contenuto (o zero). A volte la gratuità c’è anche dopo, data la necessità di
mantenere un’ampissima base clienti.

4.5.1 I mercati Two-sided


Nei mercati two-sided ciascun lato fornisce benefici agli utilizzatori dell’altro lato in quanto hanno esigenze
simmetriche.
Oltre alle esternalità incrociate (cross-side effect) vi sono anche quelle di un solo o entrambi i lati (same-side
effect).
Same-side effect: esternalità di rete all’interno di un solo o di entrambi i lati.
Cross-side effect: esternalità di rete tra i due lati del mercato (più consumatori ci sono meglio è perché aumenta
il numero dei venditori e ci sarà più offerta, più venditori ci sono meglio è perché migliora il servizio e aumenta il
valore della piattaforma).
Più estesa è la rete, più grande è il valore di ciò che si considera:
• all’aumentare del numero di compratori aumenta l’utilità per i venditori.
• all’aumentare del numero di venditori aumenta l’attrattività del portale per i potenziali clienti.

Le strategie di prezzo tengono conto dei cross-side effect.


Sono strategie di attrazione degli utenti di uno dei due lati del mercato (il subsidy side, molto sensibile al prezzo)
basata sul prezzo molto contenuto o addirittura pari a zero. All’altro lato del mercato (money side) viene proposto
il servizio a pagamento.
• Subsidy side: il lato più sensibile al prezzo che spesso ottiene il servizio a costo zero (o ad un prezzo molto
basso), con l’intento di aumentare velocemente la base clienti.
• Money side: il lato meno sensibile al prezzo che può quindi pagare un prezzo per accedere al servizio
(corrispettivo monetario in cambio di dati, accesso alla piattaforma, vetrina globale di comunicazione...).
A volte è possibile applicare una strategia di prezzo FREMIUM → accesso ai servizi di base gratuiti (ma con
pubblicità) + un prezzo per accedere ai servizi premium.

I beni complementari sono prodotti o servizi che, associati ad un altro prodotto, ne aumentano il valore → altra
modalità per aumentare base clienti. Circolo virtuoso tra dimensione base clienti e disponibilità di beni
complementari (si alimentano a vicenda).
4.6 I mercati Winner-take-all
L’impresa che lancia un nuovo prodotto raggiunge una quota di
mercato elevata → superiorità di tale impresa + non c'è spazio
per la concorrenza.
La tecnologia dell'impresa "superiore" è riconosciuta migliore fin
dalle prime fasi (valore intrinseco), a ciò si aggiungono i
rendimenti dell'esternalità di rete, per cui anche se entra un
concorrente quest'ultimo ha uno svantaggio difficilmente
colmabile.
Le altre imprese pertanto diventano locked-out in quanto gli
spazi sono occupati e gli rimarrebbero le nicchie di mercato.

Le imprese non ricercano alternative al DD perché:


• Beni complementari vengono sviluppati solo per il DD.
• Tema della compatibilità.
• Mancanza di investimenti.
L’insieme di questi fattori rende una tecnologia non solo superiore ma dominante. Sono situazioni che le autorità
pubbliche tentano di evitare (legge antitrust e concorrenza sleale).

18
CAPITOLO 5 - LE FORME D'INNOVAZIONE
5.1 Definizione di innovazione
Spesso viene fatta confusione su cosa significhi idea innovativa, invenzione e innovazione. Vediamo di chiarire
quali concetti rappresentano questi temi:
• Idea innovativa: ogni innovazione nasce da un’idea astratta su cosa possa essere una novità e su quale
utilità possa avere. Questo nuovo concetto di per sé è soltanto un’astrazione che non ha alcuna valenza
economica.
• Invenzione: quando le idee si traducono in nuove applicazioni concrete diventano invenzioni. Queste sono
nuove soluzioni tecniche a un problema. Molte invenzioni, tuttavia, non hanno alcuna utilità economica,
in quanto non riescono ad arrivare al mercato.
• Innovazione: quando un’invenzione completa il processo di conversione ad un uso concreto da parte di
una clientela, quando cioè l’dea o l’invenzione hanno un utilizzo economico, possiamo parlare di
innovazione. Quindi, l’innovazione non è un singolo atto, ma è il risultato di un processo, è un concetto
che si articola su quattro dimensioni:
o Base di conoscenza: le conoscenze e le risorse dell’impresa.
o Attività sottostante: l’attività di innovation management e il processo di sviluppo delle diverse attività
sono anch’essi elementi necessari all’ottenimento dei risultati economici derivanti dall’innovazione.
o Oggetto d’innovazione: la nuova offerta può avere contenuti differenti, può cioè riguardare un solo
prodotto, una pluralità di elementi immateriali e materiali, un servizio o l’intero modello di business.
Non di rado i diversi tipi di innovazione coesistono o si sovrappongono tra loro.
o Fase finale: l’ultima fase dell’attività è l’introduzione della nuova offerta nel mercato. Senza questa
non possiamo parlare di innovazione.

5.2 Il nuovo prodotto


Per identificare le diverse tipologie di innovazione è necessario definire:
• La prospettiva della novità (nuovo da quale punto di vista?)
• Il grado di novità del prodotto (quanto nuovo?)

5.2.1 La prospettiva della novità


Uno stesso prodotto può essere totalmente nuovo per alcuni destinatari e invece ampiamente sperimentato per
altri. I nuovi prodotti possono essere distinti nelle seguenti categorie:
• New to the world: innovazioni radicali che possono dare vita a mercati del tutto nuovi;
• Nuove linee di prodotto: articoli che non sono nuovi per il mercato ma lo sono per l’impresa che aggiunge
nuove categorie di prodotto alla propria offerta;
• Aggiunte a una linea esistente: prodotti che vengono alle linee esistenti nei mercati già forniti dall’impresa
(livello di novità ridotto);
• Riposizionamenti: prodotti già in portafoglio ma che vengono reindirizzati a nuovi usi, a nuove applicazioni
o proposti a nuovi segmenti di mercato;
• Miglioramenti o revisioni marginali di prodotti esistenti: cambiamenti di carattere marginale;
• Riduzioni di costo.

5.2.2 Il grado di novità del prodotto


Inoltre, un prodotto/servizio può essere più o meno nuovo sotto il profilo
tecnologico e avere una varietà di impatti sui bisogni dei clienti.
Quando leggeri cambiamenti tecnologici hanno un moderato impatto sui
bisogni della clientela le innovazioni sono dette incrementali.
Quando i cambiamenti della tecnologia sono sostanziali e hanno un impatto
rilevante sui bisogni dei clienti possiamo invece parlare di innovazioni radicali.
L’innovazione può essere originata da una tecnologia mai comparsa in
precedenza e tuttavia non essere percepita come tale dal mercato; si parla in
questo caso di technology breakthrough.
Un prodotto può essere considerato del tutto nuovo dal cliente ma contente una tecnologia che dal punto di vista
delle conoscenze è consolidata; si parla in questo caso di market breakthought.
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5.3 L’innovazione dei servizi
Il comparto dei servizi è enormemente cresciuto negli ultimi decenni e oggi rappresenta una quota rilevante, in
molti casi superiore all’80% del prodotto interno e del lavoro nelle economie più avanzate.
I servizi non sono solo un comparto distinto dell’economia, ma sono divenuti nel tempo una parte integrante delle
attività di produzione e distribuzione degli stessi beni.
L’innovazione nel comparto dei beni riguarda sempre più frequentemente non solo i contenuti tecnici del prodotto
ma anche aspetti del servizio.
L’innovazione nei servizi avviene quando si offre un servizio nuovo rispetto a quanto esisteva in precedenza. A
fianco dei servizi che si traducono in un’offerta totalmente nuova, vi sono innovazioni che non riguardano l’offerta
centrale (core) del servizio ma altri aspetti a esso connessi.

5.3.1 Le caratteristiche dei servizi


Ma cosa differenzia un servizio rispetto a un bene?
1. L’immaterialità: la più importante caratteristica distintiva dei servizi è l’immaterialità. Tutte le qualità
peculiari di un servizio discendono da questa.
Da questo punto di vista, sono quindi possibili innovazioni che si realizzano rendendo immateriali attività
prima del tutto concrete. Esiste pertanto la possibilità di realizzare nuovi servizi sostituendo alle
prestazioni fornite da un bene quelle di un servizio (da economia dei prodotti a economia dei servizi).
2. Eterogeneità e innovazione di processo: i servizi sono resi su base molto eterogenea, perché oggetto di
elevata personalizzazione. Una modalità d’innovazione sta nel variare il livello di eterogeneità,
introducendo elementi di standardizzazione nella fornitura. Secondo alcuni, l’innovazione potrebbe anche
consistere nello standardizzare il processo produttivo, sostituendo al fattore lavoro il capitale e
automatizzare le varie operazioni.
3. Deteriorabilità: non è possibile immagazzinare i servizi, nel caso in cui vengano erogati e non consumati
vanno persi. È molto importante gestire in modo appropriato la domanda, così da evitare che vi siano
picchi che l’offerta non è in grado di soddisfare o cali che comportino uno spreco di produzione. Quindi,
un’area di innovazione riguarda le modalità di gestione della domanda.
4. Raggruppamento: i servizi sono spesso costituiti da pacchetti di attività ed è possibile innovare ampliando
o riducendo la composizione di tali pacchetti.
5. Ruolo del cliente: l’innovazione nel comparto dei servizi può derivare da modifiche apportate al processo
di acquisto che si risolvono nel trasferire dal cliente all’impresa o dall’impresa al cliente alcune fasi
dell’attività (es il cliente può rallentare la spedizione di una lettera).
6. Contestualità di erogazione e consumo: l’erogazione consiste nella consegna del servizio al cliente;
quando il servizio viene reso disponibile al cliente, non esce dalla sfera di proprietà del produttore. Poiché
il servizio non possiede caratteristiche materiali, deve essere acquisito dal cliente mentre viene erogato
dal produttore. Quindi, tra erogazione e consumo del servizio vi è una continua interazione.

5.4 L’innovazione nelle piattaforme


La piattaforma può essere definita come la base tecnologica su cui è possibile costruire un insieme di prodotti tra
loro correlati o famiglie di prodotti con caratteristiche simili. Essa permette di utilizzare un’unica logica produttiva
per dare luogo a una grande varietà di prodotti (piattaforma per lo sviluppo di Punto e Panda).

5.4.1 Benefici e problemi nell’utilizzo della piattaforma


Vi sono svariati benefici nell’utilizzo della piattaforma:
• Costi di produzione inferiori: grazie all’utilizzo della piattaforma si generano economie sia di scala che di
ampiezza;
• Condivisione di componenti tra gruppi diversi: con un’unica base tecnologica è possibile soddisfare a
costi relativamente contenuti una grande varietà di bisogni, semplicemente modificando alcune
componenti dell’offerta;
• Accorciamento del tempo d’introduzione dei nuovi prodotti: dato che lo sviluppo di nuovi prodotti
avviene da una base già utilizzata i tempi si riducono in modo significativo;
• Riduzione della complessità: la condivisione della stessa piattaforma permette di utilizzare parti
sviluppate per altri prodotti, avendo già risolto i relativi problemi tecnici;
• Miglioramento della capacità di aggiornamento dei prodotti: le revisioni e gli ammodernamenti di
aspetti tecnologici della piattaforma possono essere estesi a tutti i prodotti collegati.

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Tuttavia, nell’utilizzo delle piattaforme vi sono anche dei problemi: talvolta è difficile arrivare al miglior prodotto
o servizio, dato che bisogna adattare lo sviluppo non alla migliore soluzione tecnica ma alla piattaforma esistente.
Quindi, la ricerca dell’utilizzo della piattaforma già esistente può compromettere la capacità competitiva del nuovo
prodotto o servizio.

5.4.2 I tipi di innovazione


Per quanto riguarda le piattaforme, possiamo parlare di 4 diversi tipi di innovazione:
• Nuova piattaforma: si tratta di sviluppare una base tecnologica innovativa che possa dare origine a una
nuova famiglia di prodotti;
• Nuovi prodotti basati sulla piattaforma esistente: attraverso l’utilizzo della tecnologia esistente è
possibile innovare attraverso il cambiamento di alcuni elementi, sviluppando nuovi modelli o servizi;
• Miglioramenti incrementali ai prodotti esistenti: si tratta di modifiche marginali ai prodotti per adeguarli
a leggeri cambiamenti nelle esigenze dei clienti o nei costi;
• Nuovi prodotti in nuovi mercati: si tratta di innovazioni che vengono progettate per nuovi mercati e
anche se viene utilizzata la medesima piattaforma tecnologica, l’innovazione può essere di ampia portata.
Poiché la piattaforma possa essere la base per l’innovazione di prodotto, la sua architettura deve essere prevista
in modo tale da poter sostenere l’innesto di componenti e moduli differenti. Questo tipo di struttura viene definito
piattaforma interna.
Invece, si parla di piattaforma esterna o di settore con riferimento a una tecnologia che serve come base comune
a più imprese per lo sviluppo di innovazioni tra loro complementari. Quindi, vi è un’impresa che la sviluppa e la
rende disponibile anche ad altre.
Queste piattaforme danno luogo a quello che è definito “ecosistema innovativo”, ossia un insieme di
organizzazioni tra loro connesse che operano in modo coordinato per creare un valore collettivo.
Le relazioni tra gli elementi della rete non sono esclusivamente di filiera, ma riguardano anche rapporti orizzontali
e di complementarità.

5.5 L’innovazione nel business model


5.5.1 Natura del business model
Per “business model” s’intende l’insieme delle caratteristiche dei prodotti, dei processi di produzione, dei canali
di distribuzione, delle modalità organizzative e dei meccanismi di scambio e di transazione, in sostanza del sistema
d’offerta (value proposition).
Possiamo spiegare il business model come la logica con cui un’impresa definisce una value proposition per i propri
clienti, fornitori, partner, azionisti.
Inoltre, i business model possono anche essere visti come un insieme di elementi che costituiscono un modo
particolare di condurre un’attività. Sono come delle ricette che combinano in modo differente gli stessi ingredienti
o ingredienti differenti e che possono avere value proposition di maggiore o minore successo.
Così come per le architetture di prodotto esistono dei DD, anche tra i Business model si riscontrano modi vincenti.
Tuttavia, è molto più difficile imitare un business model poiché le variabili in gioco in un’innovazione di business
sono molto più numerose e una modifica, anche solo parziale, di un solo elemento può compromettere l’equilibrio
complessivo del sistema di offerta. Ricordiamo che tuttavia esistono alcuni mercati in cui i business model vincenti
possono essere imitati in tutto o in parte e che l’imitazione è più semplice per un’impresa del tutto nuova.
5.5.2 L’innovazione nel Business model
L’innovazione nel business model ha luogo secondo due modalità:
1. Il disegno di un nuovo sistema d’offerta (Business model design): è un’attività intrapresa da una nuova
azienda oppure da una che già esiste e che dà vita a un’attività del tutto nuova in un mercato non ancora
esplorato;
2. Una riconfigurazione delle attività esistenti (Business model reconfiguration): riguarda il cambiamento di
uno o più ingredienti, cambiamento che deve essere tale da costruire per la clientela un’offerta
significativamente diversa.
Entrambe le azioni comportano un rischio piuttosto elevato, in quanto qualunque elemento componga il sistema
d’offerta potrebbe non essere coerente con i bisogni o le aspettative del mercato. Per questo motivo spesso i
nuovi Business model nascono attraverso un processo di sperimentazione, basato su diversi cicli di prova ed
errore.
21
CAPITOLO - 6 INNOVATION MANAGEMENT E COMPORTAMENTO
DELL’IMPRESA INNOVATIVA
6.1 L’innovation management
6.1.1. Il contesto per l’innovazione
Ciò che distingue le organizzazioni che riescono a perdurare nel tempo da quelle che invece hanno un successo
limitato nel tempo è la capacità di creare condizioni affinché l’impresa sia in grado di produrre sistematicamente
innovazioni in modo efficace ed efficiente.
La capacità di sopravvivenza va vista in relazione al contesto in cui opera l'impresa. In un ambiente statico magari
basta un’innovazione marginale per dare competitività e determinare grandi cambiamenti, viceversa in un
ambiente fortemente evolutivo l’impresa deve essere attiva e reggere il passo del cambiamento.
L’ambiente può essere articolato in funzione di aggregati omogenei di variabili. La suddivisione è in riferimento
alle forze esterne che agiscono e che determinano cambiamenti delle decisioni aziendali.

Le variabili più importanti che definiscono l’ambiente sono:


• Scientifico tecnologiche: livello di sviluppo delle conoscenze in un certo ambito, e anche la velocità e
l’intensità con cui crescono (tramite ricerca scientifiche delle università, centri di ricerca pubblici,
laboratori privati delle imprese).
• Socio-culturali: connesse all’evoluzione della crescita e composizione della popolazione di un paese (N.
famiglie, reddito, componenti, età, istruzione). La dimensione culturale riguarda i valori, le relazioni, gli
stili di vita, le abitudini, gli atteggiamenti verso le problematiche sociali.
• Economiche: quelle che a livello macro sintetizzano l’andamento economico complessivo. Se prima le
imprese non davano molto peso a questa variabile dato il contesto stabile, negli ultimi anni essa ha
sempre acquisito maggiore importanza.
• Politico-istituzionali: da ultimo ci sono i comportamenti dei partiti politici e delle istituzioni che si
concretizzano in leggi e atti che condizionano l’operato delle aziende e che quindi condizionano le scelte
che vengono prese.

Le variabili hanno dinamiche molto diverse in funzione del livello di stabilità


di ciascuna di esse. A volte l’ambiente è molto statico, altre volte dinamico.
Nel comportamento innovativo possiamo vedere sia la capacità di sfruttare
l’evoluzione di conoscenze e competenze, sia la capacità di rispondere alle
esigenze e bisogni della domanda.
Non tutte le imprese hanno la stessa capacità di risposta agli stimoli.

6.1.2 Il management innovativo


Vi sono tre modi in cui l’impresa può reagire agli stimoli dell’ambiente:
1. Reazione difensiva: consiste in un atteggiamento di resistenza al cambiamento dell’ambiente; l’impresa
giudica gli stimoli provenienti dal mercato come fortemente aggressivi nei suoi confronti e fa appello al
suo spirito di conservazione, confermando la strategia, l’organizzazione e la cultura che hanno funzionato
in passato. (Es. quando la domanda inizia a preferire un prodotto concorrente o canale distributivo non
coperto; quando la concorrenza attua operazioni di successo difficili da imitare a cause di limitate
conoscenze o tipo di cultura esistente). I motivi per cui si opta per questo atteggiamento sono vari:
• Il management si accorge troppo in ritardo dell’evoluzione/cambiamento tecnologico, della
domanda o concorrenza. Spesso la reazione è così tardiva da poter attuare solo quella difensiva.
• Si possiede una posizione di leadership consolidata nel settore, derivante da competenze
tecnologiche e/o superiorità del prodotto. Qua il cambiamento tecnologico penalizzerebbe molto
l’impresa leader, che tenterà di resistere il più possibile al mutamento.
• Avversione al rischio: qualsiasi cambiamento che sollecita un’innovazione tecnologica implica
assunzione di rischio, che si va a concretizzare nei livelli di investimento, difficoltà nel prevedere
evoluzioni di mercato, possibilità che la concorrenza si appropri dell’innovazione. Le aziende che
hanno una minor avversione al rischio tendono ad attuare una reazione difensiva.

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In queste situazioni solitamente l’impresa fa appello allo spirito di conservazione e si compatta, conferma
la propria strategia che aveva funzionato in passato. Però è un atteggiamento conservativo, non adatto
alla crescita e al cambiamento. Se anche l’impresa uscisse vincente dalla “aggressione” rischierebbe di
vedere compromesse le possibilità di cresciuta future.
2. Reazione adattiva: l’impresa cerca di operare tutti i mutamenti necessari al fine di tener conto del
cambiamento e degli stimoli provenienti dal mercato/concorrenza. Questa reazione può scaturire da un
comportamento attendista, che preferisce mantenere lo status quo, e attuare piccoli cambiamenti solo
quando esso è messo in pericolo da condizioni esterne di mercato.
È un comportamento tipico delle imprese leader che capiscono che il cambiamento è inevitabile. In questo
caso l’impresa, prima di muoversi, aspetta che il cambiamento si sia manifestato in tutta evidenza.
L’impresa deve essere attenta agli stimoli esterni provenienti dall’ambiente, che valuterà ed interpreterà
come possibili indicazioni di cambiamento. La capacità dell’impresa di seguire l’innovazione è data dalla
sua flessibilità strategica (struttura, comportamenti, persone) da attuare in funzione dei segnali
provenienti dall’ambiente.
Velocità, intensità, qualità di adattamento sono le condizioni di successo dell’organizzazione.
3. Reazione innovativa: ogni piccola variazione è vista dall’impresa come una grande opportunità. Non
attende che la domanda manifesti con precisione un bisogno, ma difronte a segnali anche deboli
immagina un futuro possibile e si attiva per realizzarlo. L’ambiente non è visto come una variabile
indipendente dal comportamento dell’impresa, anzi esso è fortemente condizionato dalle proprie scelte.
Impresa che non si adatta all’ambiente, che innova profondamente l’offerta e il comportamento, tutto
questo al fine di agire sull’ambiente stesso. Se non vi è capacità di innovazione, la vita delle imprese (anche
di maggiori dimensioni) è messa ad alto rischio, specie in un ambiente tecnologico competitivo come
quello di oggi. L’innovazione è la chiave per sopravvivere.

6.2 La strategia e I vantaggi del First Mover


L’impresa che introduce per prima un’innovazione nel mercato è detta First Mover. Essa si assume gli oneri di
sviluppare un nuovo prodotto e sopporta i rischi derivanti dall’esplorazione di un territorio sconosciuto.

6.2.1 I vantaggi del First Mover


1. Leadership tecnologica e curve di esperienza: Sviluppare un nuovo prodotto significa acquisire le
conoscenze sulla tecnologia per primi.
Se si tratta di competenze non facilmente acquisibili, il first mover potrà raggiungere una leadership che
i concorrenti difficilmente riusciranno a scalfire.
Anche quando la tecnologia è più facilmente imitabile, il first mover gode di forti vantaggi di costo basati
su una più rapida discesa lungo la curva di esperienza. I vantaggi di costo, infatti, non dipendono solo dalla
dimensione aziendale, ma anche dal livello della produzione cumulata.

In certi settori, il costo di produzione di un bene si


riduce di una percentuale costante ad ogni raddoppio
della produzione cumulata.
L’apprendimento (ripetere più volte una certa attività,
migliorandone ogni volta l’efficienza) e le innovazioni
incrementali (innovazioni introdotte via via che
aumenta la conoscenza dell’attività) generano un
vantaggio competitivo difficilmente raggiungibile,
soprattutto se le altre imprese fanno il loro ingresso nel
mercato tardi.
2. Identificazione e immagine di prodotto: quando viene lanciato un prodotto completamente nuovo,
spesso i consumatori tendono a identificare l’intera categoria con il prodotto lanciato per primo e, anche
se non si arrivasse a un’identificazione totale, l’innovazione potrebbe comunque dare un vantaggio
d’immagine difficilmente colmabile.

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3. Brand loyalty e switching cost: quando il cliente si abitua a comprare un certo prodotto, se è soddisfatto,
non ha motivo per cambiare marca, anzi, solitamente tende a sviluppare un comportamento di acquisto
ripetitivo nei confronti della stessa marca (brand loyalty). Ragioni:
o Inerzia nel processo d’acquisto: il consumatore che sviluppa tale inerzia non modifica con facilità
le proprie scelte d’acquisto.
o Relazione affettiva: nei confronti della marca, che diventa parte del mondo ed esperienze del
consumatore, a cui egli non rinuncia.
o Maturazione della conoscenza di uno specifico prodotto e sue caratteristiche: questo rende più
semplice l’acquisto e/o l’utilizzo abitudinario
Quest’ultimo aspetto è importante quando si tratta di beni altamente tecnologici: il passaggio ad una
diversa tecnologia può porre difficoltà.
Il cliente, quando adotta un prodotto nuovo, deve sostenere anche gli switching cost. Questi, riguardano
il tempo speso per acquisire le competenze e la familiarità con il nuovo prodotto ed eventuali investimenti
per adottare l’innovazione.
4. Esternalità di rete: il first mover in termini di esternalità di rete e cross-side effect avrà un buon vantaggio
competitivo, poiché sarà molto costoso per un Follower sottrarre clienti al first mover, il quale ha già
inglobato i clienti che tenevano maggiormente a far parte di una rete.
5. Accaparramento delle risorse: quando un’impresa entra per prima in un nuovo mercato riesce a occupare
la posizione migliore, ossia ad accaparrarsi le risorse esistenti. Questo aspetto è ancora più rilevante
quando le risorse critiche per operare in una certa attività sono limitate: ovunque vi siano risorse scarse,
un’impresa che entri per prima nel mercato può ottenere un vantaggio competitivo difficilmente
raggiungibile.

6.2.2 Gli svantaggi del First Mover


I first mover hanno grandissimi vantaggi in termini di posizione e di competitività, ma devono sostenere anche alti
costi e correre rischi elevati.
A volte i costi sono superiori ai benefici, e questo avviene quando chi arriva subito dopo il first mover può godere
di costi inferiori, beneficiare degli investimenti del primo entrante, e apprendere dai suoi errori, a tal punto da
assumere una migliore posizione.
Tali agenti seguono da vicino le mosse del First, sfruttandone la scia e beneficiando dei maggiori profitti della fase
di sviluppo del ciclo di vita del prodotto.

Gli svantaggi derivanti da una strategia di prima mossa sono:


• Costi di ricerca e sviluppo: essere first mover, e quindi sviluppare per primi, in settori a forte intensità
tecnologica vuol dire dover sostenere elevati costi di R&S. Inoltre, i rischi associati al possibile fallimento
dell’attività di ricerca sono elevati. I follower devono invece sostenere investimenti molto inferiori, poichè
escludono a priori vie che si sono già dimostrate poco produttive e si concentrano in un’area già
consolidata ed esplorata.
• Creazione e sviluppo del mercato: specialmente per prodotti nuovi, gli investimenti per creare un nuovo
mercato sono ingenti, bisogna: comprendere le esigenze che possono essere soddisfatte, informare
dell’esistenza del prodotto, spiegare perché i prodotti esistenti non riescono a soddisfare quel bisogno, e
quindi per quei motivi il nuovo prodotto è il migliore. Ora bisogna convincere gli acquirenti ad acquistare
il prodotto, e loro saranno gli opinion leader. Tutto ciò richiede forti investimenti in comunicazione, a
volte partendo da esperti per poi arrivare al mercato finale.
Altra condizione essenziale è l’attività di distribuzione, poiché i nuovi prodotti, soprattutto per le
innovazioni radicali, sono difficili da collocare sul mercato, sia perché i canali di distribuzione esistenti non
sono adeguati, sia perché la distribuzione preferisce prodotti già affermati sul mercato e voluti dalla
domanda. Nel primo caso si possono sviluppare canali alternativi o investire su quelli esistenti; nel
secondo caso bisogna ottenere il consenso degli intermediari più specializzati e poi passare ad una
distribuzione più estensiva, una volta che il prodotto ha dimostrato la sua attrattività.
Nonostante i tanti investimenti in comunicazione e distribuzione, spesso i nuovi prodotti non hanno
successo. Ogni innovazione comporta infatti un forte rischio di non accettazione da parte del mercato.
• Investimenti in condizioni abilitanti: un prodotto realmente nuovo, oltre un canale di distribuzione,
richiede anche attività di supporto, che sono costose, e quindi oggetti di investimento. (Es. Fastweb che
ha dovuto cablare le città con la fibra ottica). Spesso, le condizioni abilitanti sono date dalla presenza di

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partner che sono in grado di supportare il nuovo prodotto (reti di assistenza), oppure di prodotti
complementari, necessari affinché l’innovazione abbia successo. Entrambi i casi richiedono investimenti
da parte del first mover; tuttavia, questi investimenti, vanno a vantaggio non solo del first mover, ma
anche di tutti gli altri concorrenti che entreranno dopo.

6.3 La strategia del Follower


Il successo iniziale di creazione di un mercato può non essere mantenuto nel tempo dalla First Mover. Il successo
iniziale attrae concorrenti, i quali faranno leva su ciò che ha già sviluppato il first mover, non solo al fine di entrare
nel mercato, ma anche per sfidare la leadership nel lungo periodo.
Dopo l’ingresso del First Mover nel nuovo mercato, le imprese che la seguono sono dette Followers. Chi la segue
da subito è chiamato Early Follower, chi invece aspetta che il mercato si consolidi, è detta Late Entrant.
I Follower evitano di assumersi quei costi e rischi che tipicamente si assume il First Mover entrando in un nuovo
mercato.

Il secondo entrante può rinunciare alla leadership ma accontentarsi di una buona posizione e di una maggior
redditività dati i minori investimenti.
L’evidenza dimostra però che in mercati caratterizzati da instabilità tecnologica, una strategia che punta alla
leadership può basarsi sull’ingresso tardivo nel mercato. Qua il vantaggio/obiettivo non sta nell’evitare i costi legati
alla prima entrante, ma sul fatto che ci possano essere vantaggi nell’attendere che altri commercializzino prima il
prodotto.

Elementi che i Follower possono sfruttare per ottenere un vantaggio competitivo:


• Forti competenze di marketing: chi possiede rilevanti competenze di marketing, quali un brand molto
conosciuto o una stretta relazione con i canali di distribuzione, tende a non mettere in discussione tali
capacità in un mercato con nuove caratteristiche: entra solo quando si è giunti a un buon livello di
confidenza sui ricavi potenziali, cercando di sfruttare le proprie abilità di marketing.
• Elevate capacità di produzione: l’Early Follower riesce spesso ad ottenere vantaggio competitivo grazie
alle sue capacità produttive quando riesce a cogliere opportunità di sviluppo di un mercato che il First
Mover, incentrato sul DD, può non riconoscere. È stato provato da ricerche che spesso l’early follower ha
rilevanti competenze produttive. Essi spesso riescono a sviluppare un’attività a costi significativamente
inferiori, e questo avviene quando l’Early Follower riesce a sviluppare un migliore business model rispetto
al First Mover. (Es. settori in cui c’è anche l’offerta low-cost).
• Free ridership: lo sviluppo dell’innovazione (tecnologica) richiede elevati investimenti e tanto tempo.
L’innovazione può essere protetta da brevetti, ma le competenze, che invece sono possedute dagli
individui e hanno elevata mobilità, sono più difficili da proteggere.
Free rider è solitamente un Late Entrant che sottrae personale al concorrente e beneficia di un’attività
sviluppata da altri senza sostenerne i costi.
L’appropriazione di competenze tecnologiche è la più diffusa, ma ci si può appropriare anche delle abilità
chiave di un’azienda, quali quelle manageriali, che poi andranno a riprodurre le best practice del First
Mover.
• Risoluzione d’incertezza: per i nuovi prodotti è impossibile ridurre del tutto l’incertezza. Il prodotto dovrà
essere modificato in delle sue caratteristiche dopo il lancio poichè durante le fasi preparatorie era difficile
considerare determinati aspetti.
Tutti questi problemi non ci sono per l’Early follower che ottiene informazioni dal comportamento dei
clienti di fronte all’offerta del First Mover, e dalle quali capisce come migliorare il prodotto in funzione
dei bisogni del mercato. Il Late Entrant beneficia a sua volta di tutto questo: non sostiene il rischio del
First Mover, e neanche i costi di acquisizione delle informazioni che sostiene l’Early Follower.
• Inerzia del First Mover: una volta che il First Mover effettua gli investimenti, è restio ad attuare
cambiamenti, almeno finché le spese vengano recuperate.
Il First Mover rischia di ignorare/sottovalutare ogni piccola trasformazione del mercato, che è però
portatrice di vantaggi ed effetti rilevanti.
In questi casi l’Early follower può approfittare dell’inerzia del leader ed effettuare quegli adattamenti alla
nuova situazione che le consentono un vantaggio significativo.

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Quindi un’impresa non First Mover può attuare diversi approcci: imitazione, strategia basata su specifiche capacità
(per vantaggio competitivo o addirittura leadership).
Tuttavia, per conseguire questo obiettivo è necessario possedere un atteggiamento molto attivo e sviluppare
innovazioni capaci di migliorare l’offerta del primo entrante.

6.4 Le strategie di protezione


L’innovazione è di successo solo se riesce ad assicurare profitti rilevanti per un tempo sufficiente, cioè si deve
realizzare un adeguato ritorno sull’investimento. Il problema è che la fase di elevata redditività si esaurisce spesso
troppo presto, quando i concorrenti innovano e rendono obsoleto il nuovo prodotto.

Affinché si ottengano profitti soddisfacenti per abbastanza tempo, le imprese devono attuare una di queste
strategie:
• Strategie di protezione;
• Strategie di velocità;
• Strategie di team up.

L’azienda, quando realizza e commercializza un nuovo prodotto, deve sempre porsi la questione della difesa dei
ricavi, sennò non riesce a godere della rendita che deriva dall’innovazione, a vantaggio dei concorrenti.

Il Modello di Teece identifica le principali ragioni per le quali le imprese innovatrici non riescono a sostenere il
vantaggio competitivo. Teece identifica due variabili fondamentali:
• Il Regime di Appropriabilità: cioè la capacità dell’impresa di sfruttare i benefici derivanti dall’innovazione.
Ad appropriabilità alto corrisponde un basso livello di imitazione, e viceversa. Il grado di appropriabilità
(forte o debole) dipende dalla difficoltà di imitazione, dal livello di difesa della conoscenza e dalla presenza
di strumenti legali che proteggono l’innovazione.
• Competenze complementari: esse possono essere più o meno rilevanti ai fini dell’innovazione. Si tratta
di competenze utilizzate lungo la catena del valore, che vanno oltre le mere conoscenze tecnologiche (Es.
capacità di approvvigionamento, gestione partner e intermediari commerciali). Tali conoscenze possono
rivelarsi fondamentali (Es. aziende biotecnologiche che ha innovato tramite il DNA ma poi non ha
distribuito e non si è affermata) (altro Es. molti operatori di e-commerce a cavallo del millennio offrivano
servizi di vendita online ma soffrivano dell’assenza delle capacità logistiche, al fine di consegnare in tempi
brevi la merce).

Si ha protezione dell’innovazione solo in alcuni


quadranti.
L’innovazione è sicura quando il regime di appropriabilità
è forte → in questi casi abbiamo un’innovazione
inattaccabile (se le aziende possiede anche le
competenze complementari), o protetta (se l’azienda
non ha tali competenze, o non sono importanti).
Se il regime di appropriabilità è debole → l’innovazione
è indifendibile se non ci sono le competenze
complementari, nel caso le avesse essa può differenziare
il prodotto/servizio e quindi rende l’innovazione
differenziata, riducendo il rischio di imitazione.

6.4.1 Difficoltà d’imitazione e natura della conoscenza


Il miglior modo per prevenire l’ingresso di un concorrente è possedere e mantenere un differenziale nelle capacità
necessarie a sviluppare il nuovo prodotto.
Nella fase di progettazione le conoscenze circa la nuova tecnologia possono essere diffuse (e quindi disponibili),
oppure non diffuse (nel caso di laboratori proprietari o accordi con università sarà difficile per i concorrenti
accedere alle informazioni).
La conoscenza più difficile da copiare è quella tacita, poichè risiede nelle competenze degli individui (Es. avere
idee originali).

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Però non è detto comunque che la conoscenza tacita sia del tutto inattaccabile, poichè in certi casi è possibile
aggirare l’ostacolo, soprattutto se si tratta di singoli individui → le persone molto talentuose hanno alta mobilità
e sono osservate dalle imprese concorrenti. Esse, infatti, cercano sempre di assumere persone con competenze,
al fine di ottenere le loro conoscenze tacite.
Oltre alla conoscenza tacita c’è la questione del tempo da considerare. Ricerche dimostrano che una forte
protezione dell’innovazione derivi dal vantaggio temporale di ingresso del prodotto innovativo nel mercato.
(fondamentali le curve di esperienza)
Molto difficile è invece l’acquisizione di conoscenza tacita nel caso essa sia frutto delle relazioni all’interno
dell’organizzazione. Si tratta di conoscenza socialmente complessa, che per ottenerla non bastano alcune persone
ma l’intero ramo/complesso aziendale.

6.4.2 Le strategie di dissuasione dell’impresa innovatrice


Quando non è possibile mantenere capacità asimmetriche rispetto ai concorrenti lungo la catena del lavoro, o
quando non ci sono strumenti legali, un deterrente all’imitazione o all’ingresso di un concorrente, può essere
quella di creare un’attesa di bassi profitti (dovuta alla volontà dell’impresa di mantenere la leadership a costo di
una diminuzione dei profitti).
Per esempio, riducendo drasticamente i prezzi non appena entra nel mercato un concorrente → questo
soprattutto quando il First Mover gode di economie di scala e/o delle curve di esperienza.
Ci si aspetta una strenua difesa del mercato anche quando la tecnologia in questione è fondamentale anche per
altri mercati dell’impresa innovatrice. Questo perchè si tratta di una tecnologia, la cui importanza, va oltre il
singolo prodotto (comporta anche una riduzione di prezzo).
Altro elemento che scoraggia l’ingresso dei competitors è dato da forti investimenti in impianti produttivi e/o
strutture commerciali, che non possono essere riconvertiti. Questo vuol dire barriere all’uscita.
Esse segnalano un forte commitment da parte dell’incumbent, che non potrà e non vorrà rinunciare a quote di
mercato e volumi circa il nuovo prodotto dopo tutti gli investimenti fatti.
Le strategie di protezione sono efficaci solo quando al potenziale entrante è chiaro che l’incumbent reagirà.
Fondamentale per queste strategie è il signalling, cioè la chiara segnalazione della volontà di intervenire da parte
della First Mover. I segnali, quindi, devono essere forti decisi e incontrovertibili.

6.5 La tutela legale


La tutela legale (Intellectual Property Rights) ha come oggetto la proprietà intellettuale, connessa al
riconoscimento della paternità di una certa soluzione tecnica o di un marchio e al relativo sfruttamento
economico.
Per proteggere/tutelare un’idea o marchio l’impresa deve svolgere delle operazioni. Tali attività stabiliscono e
rendono pubblica l’esistenza dei diritti di proprietà intellettuale.
Brevettazioni → invenzioni, modelli di utilità, varietà vegetali.
Registrazioni → simboli distintivi dell’impresa/prodotto.

Non sempre le imprese sono abbastanza attente a proteggere la loro proprietà intellettuale, ma ricerche hanno
dimostrato che la capacità competitiva delle imprese dipende anche dalle risorse di conoscenza e dall’immagine
aziendale (cioè la proprietà intellettuale). Negli ultimi anni però si sta vedendo una sempre maggiore attenzione
alla protezione della proprietà intellettuale da parte delle imprese.

Non proteggerla in modo adeguato significa esporsi molto al rischio che la conoscenza sviluppata (know-how,
disegno/marchio) venga copiata da imprese concorrenti senza alcun costo. I principali strumenti di tutela sono: il
brevetto, il segreto industriale, il marchio e il diritto d’autore.

6.5.1 Il brevetto
Strumento più utilizzato per proteggere le invenzioni tecnologiche. Esso vieta a terzi la possibilità di sfruttare
l’invenzione o il modello di utilità, di produrli o usarli a fini economico/commerciali.
La proprietà individuale sta nell’escludere agli altri la possibilità di usarlo, e non nel garantire all’inventore lo
sfruttamento economico. Permette all’impresa di godere (se ne è in grado) del vantaggio monopolistico
temporaneo derivante dal suo sforzo innovativo.
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Sono brevettabili soltanto:
• Invenzione industriale: soluzione nuova e innovativa in risposta ad un problema tecnico.
• Modello di utilità: conferisce maggiore efficacia/efficienza a macchine/strumenti, quali particolari
conformazioni e configurazioni.
• Varietà vegetale: una pianta nuova e diversa da quelle conosciute.

Affinché venga rilasciato un brevetto, l’innovazione deve essere economicamente sfruttabile, cioè suscettibile di
utilizzi operativi. Quindi deve avere un significato sotto il punto di vista inventivo e deve essere lucrabile.
Per nuova si intende che non dev’essere un’ovvia e presumibile soluzione ad un problema tecnico.

Il processo di brevettazione è lungo ed oneroso. Il diritto allo sfruttamento esclusivo non può essere violato, e ha
durata ventennale, mentre per i modelli di utilità ha durata decennale.
La protezione è circoscritta all’ambito geografico, è tuttavia possibile richiedere l’estensione del brevetto ad altri
paesi, ma dovendo sostenere costi aggiuntivi. Per questo è stato istituito il brevetto europeo.

6.5.2 Il segreto industriale


È possibile proteggere il know how mantenendo segrete certe conoscenze, piuttosto che brevettandole.
Sono oggetto di tutela le informazioni aziendali riservate e le esperienze tecnico-industriali e commerciali quando:
• Sono segrete → non generalmente note o facilmente accessibili.
• Abbiano valore economico se non conosciute da terzi.
• Siano state predisposte misure adeguate a mantenerle segrete.
Chi acquisisce in maniera abusiva i segreti commerciali è sanzionabile civilmente e penalmente.

6.5.3 Il marchio
Il marchio è un segno che consente di distinguere i prodotti/servizi di un’impresa.
Possono essere registrati i segni percepibili attraverso i sensi, tranne l’olfatto (parole, disegni, lettere, cifre, suoni,
forme, combinazioni e tonalità cromatiche).
Anche la forma o confezione possono essere segni distintivi se il consumatore opera un collegamento diretto con
il prodotto all’azienda, purché non sia una forma necessaria per la natura del prodotto.
Il marchio viene detto individuale quando è richiesto da un singolo soggetto. È detto collettivo quando invece è
richiesto da consorzi, associazioni, cooperative (cioè da più persone fisiche/giuridiche).

6.5.4 Il diritto d’autore


Esso protegge le opere dell’ingegno di carattere creativo (letteratura, musica, arti figurative, tatto, ecc.). Ha inizio
con la pubblicazione dell’opera, e si protrae per settant’anni dopo la morte dell’autore. Sono protetti anche i
software e le banche dati, che per la loro composizione sono una creazione intellettuale.
Se l’opera viene realizzata nell’ambito del rapporto di lavoro allora la sua paternità verrà riconosciuta al datore di
lavoro, e non al lavoratore dipendente.
L’autore ha diritto esclusivo di pubblicare e di utilizzare economicamente la sua opera.
La tutela non è solo economica ma che morale, poiché l’autore può rivendicare la paternità dell’opera e opporsi a
modifiche che possano essere pregiudizievoli della sua reputazione.
Normativa sul copyright → gli autori devono essere remunerati anche nel caso in cui i loro contenuti vengono
utilizzati online. Le piattaforme sono direttamente responsabili dei contenuti creati dai propri clienti.
Questo soprattutto per le grandi piattaforme online, e non sotto i 10 milioni di fatturato o start up con meno di
tre anni di vita.

6.6 Le strategie di velocità e quelle di team up


6.6.1 Le strategie di velocità
Quando il nuovo prodotto costituisce una così allettante opportunità per i competitors, spesso tutele legali e
strategie di protezione non sono sufficienti a scoraggiare le altre imprese dall’entrare nel mercato. (La strategia di
protezione fa avere alla First Mover un atteggiamento passivo, sicura della sua difesa; mentre a volte non si può
avere tutela legale in quanto l’innovazione non è né un’invenzione, né basata su segreti particolari).

In queste situazioni una difesa efficace deriva dalle strategie di velocità → l’impresa mantiene l’iniziativa e
continua ad innovare e sfidare essa stessa i suoi prodotti (anche detto “cannibalismo”).

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Se il concorrente cerca di raggiungere la leader, essa deve correre più velocemente ed innovare continuamente.
La difesa è possibile se, mentre i competitors stanno cercando di imitare il tuo prodotto, l'impresa sta già
innovando e quindi i competitors devono ri-iniziare da capo l’inseguimento. (Es. IPod → molti competitors
cercarono di imitarlo, ma Apple mantenne il
vantaggio competitivo rendendo il suo stesso
prodotto obsoleto, aggiungendo nuove funzioni ed
innovandolo e riducendo le dimensioni).
Questa strategia comporta però il fatto che lo
stesso innovatore deve cannibalizzare il proprio
prodotto e rendere obsolete le proprie capacità
(iPhone che cannibalizza l’IPod).
Le strategie di velocità si possono classificare a
seconda dell’obsolescenza delle capacità e a
seconda del grado di cannibalizzazione del
prodotto.

• Strategia di Rinnovamento di prodotto: viene lanciato un nuovo prodotto prima che quello prima abbia
esaurito il suo potenziale, e spesso anche prima che abbia raggiunto la maturità. Il sacrificio immediato è
notevole poiché è proprio nel periodo di maturità che danno maggiori ricavi. Però tale strategia è
profittevole se l’azienda riesce a sfruttare ed esaurire il potenziale dei propri prodotti in tempi brevi
(tramite una rapida diffusione nel mercato) (Es. intel che mette sempre nuovi processori e rende obsoleti
quelli esistenti).
• Strategia di Rinnovamento radicale: quella che richiede sacrifici maggiori. Il prodotto viene cannibalizzato e
le capacità disponibili vengono rese obsolete. Questa strategia è giustificata solo se i competitors sfidano
non solo l’offerta esistente, ma anche le capacità necessarie per la produzione, e quindi si usa questo
approccio solo se c’è il bisogno di mantenere la capacità innovativa e di leadership attraverso un
rinnovamento radicale dei prodotti. Ovviamente non vengono messe in discussione tutte le capacità e
conoscenze, ma soltanto quelle concernenti il prodotto cannibalizzato in questione. (Intatte → R&S,
logistiche, commerciali) (Es. Machintosh, che sostituì Apple 2, le competenze necessarie in termini di
hardware e software erano completamente differenti).
• Strategia di Rigenerazione delle capacità: la più rara. Qua si vuole mantenere in vita il prodotto, quindi non
lo si vuole cannibalizzare, ma se ne vogliono modificare le capacità. Questo avviene quando si decide di
trovare nuovi utilizzi e/o sbocchi per il prodotto, che possono richiedere nuove competenze. (Es. chi
produce integratori alimentari ha cambiato la funzione d’uso e ha fatto barrette che sostituissero i pasti
nelle diete → modifica delle capacità di Marketing). Non si cannibalizza il prodotto ma lo si destina a nuovi
usi.
• Strategia di Salvaguardia del prodotto: l’impresa concentra i propri sforzi di innovazione in prodotti che non
vadano a cannibalizzare quello esistente, al fine di salvaguardarne il più possibile le potenzialità di sviluppo
e di reddito. (Es. google che va a creare altri motori di ricerca specializzati) (innovazione sfruttata per
nuovi prodotti che si affiancano a quelli esistenti, sfruttandone tutte le capacità).

6.6.2 Le strategie di team up


Tramite queste strategie l’impresa accetta l’entrata di nuovi concorrenti nel mercato, ma cerca di controllarli e
condizionarli tramite la cessione di propri brevetti/licenze. Qua l’impresa innovatrice tende ad incoraggiare
l’entrata di nuove imprese. I motivi per cui accade ciò possono essere raggruppati in alcune ragioni:
• Affermazione del Dominant Design → se si vuole affermare il DD, adottare una tecnologia aperta o
comunque consentirne l’utilizzo a terzi permette di creare le esternalità di rete indispensabili per ottenere
la leadership di mercato.
• Incremento della domanda a monte → questa motivazione riguarda la possibilità di incrementare la
domanda dei prodotti a monte della filiera produttiva, cedendo la tecnologia indispensabile per creare un
vasto mercato in una fase più a valle. (Es. Palm Inc. che ha dato la possibilità di realizzare programmi basati
sul suo sistema operativo → più si diffondevano tali programmi più la domanda di palmari aumentava).
• Acquisizione di capacità e competenze → si vogliono acquisire capacità e competenze mancanti affinché
il prodotto possa avere un rapido ed esteso successo. Questo perchè a volte l’impresa innovatrice ha
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sviluppato forti competenze tecnologiche, ma non ha le capacità necessarie per lo sviluppo
seguente/attività complementari per la sua diffusione/commercializzazione. La partnership può dare
come risultato un rapido sviluppo del prodotto nel mercato. (Es. piccole imprese che dopo averlo
commercializzato nel mercato domestico si appoggiano ad altre imprese per l’internazionalizzazione).
• Compatibilità con altri prodotti → soprattutto in alcuni mercati è fondamentale che il prodotto che si
lancia sia compatibile con altri prodotti già presenti. (Es. per il software è importante la trasportabilità dei
programmi da un pc all’altro). Per ottenere questa compatibilità l’impresa innovatrice può cedere a terzi
l’utilizzo della propria tecnologia. (Alleanza strategica, accordo di licenza, di distribuzione, di co-
marketing, ecc).

6.6.3 Scelta della strategia più opportuna


Spesso la decisione migliore in termini di strategie descritte è quella di attuare una combinazione tra di esse. La
strategia che un’impresa adotta dipende dal grado di imitazione della tecnologia e dalla natura degli asset
complementari che servono per sviluppare il prodotto.
Se la tecnologia è fortemente imitabile (competenze disponibili) una strategia di protezione è controproducente,
la difesa è insufficiente.
Se per sviluppare il prodotto servono competenze complementari una strategia di velocità può rivelarsi perdente
causa insufficienza degli asset complementari → un mix aiuta rispetto ai problemi di disponibilità tecnologica e
rispetto alla complementarità delle competenze.
Si mixano le strategie anche per variare l’approccio in funzione del ciclo di vita del prodotto:
1. Nella fase di introduzione, prima che emerga un DD, l’impresa può favorire la massima diffusione del
prodotto, aprendo la tecnologia a terzi → strategia di team-up.
2. Poi può superare i competitors tramite una strategia di velocità → strategia di velocità.
3. Infine, può proteggere il proprio prodotto tramite il marchio, che sia sinonimo della nuova categoria di
prodotti (Es. intel che permette di farli compatibili coi suoi ma innova continuamente) → strategia di
protezione.

CAPITOLO 7 - PRODOTTO LE PRINCIPALI FONTI DELL’INNOVAZIONE


7.1 La creatività degli individui e delle organizzazioni
Possiamo definire la creatività come l'attitudine di un sistema all’evoluzione.
In primo luogo, vi è il concetto di attitudine cioè la capacità di produrre e non semplice stato. Quindi la creatività
è attitudine positiva orientata alla modifica, al cambiamento, all’innovazione.
Il secondo elemento della definizione riguarda il soggetto della creatività: un sistema. Dunque, un'organizzazione
provvista di capacità di cambiamento. In particolare, le imprese possono essere creative nel loro insieme.
Un terzo elemento della definizione riguarda il concetto di evoluzione. Qualunque sistema è dotato di creatività
dispone della capacità di cambiare; il cambiamento tuttavia è necessario, ma non sufficiente, per definire la
creatività. Bisogna anche che l'individuo o l'organizzazione sia capace di evoluzione: un sistema meccanico può
essere dotato della capacità di cambiare, ma questo cambiamento è contenuto nel "programma" inserito dal
costruttore. Le modalità del cambiamento sono state determinate da qualcuno dall'esterno. Un sistema è creativo
quando è capace di cambiare seguendo una linea non definita a priori non determinabile ex ante. Un sistema è
quindi creativo quando può evolvere in modo non predeterminato.

7.1.1 La creatività individuale


Il più importante soggetto della creatività è l'individuo. Secondo alcuni studi sulla creatività, gli Individui creativi
sono quelli che a proprio agio nella complessità e nelle instabilità: dove le altre persone manifestano disagio per
la situazione di non chiarezza o di difficoltà, gli individui creativi manifestano la propria capacità. Quella innovativa
è un'attività in cui tipicamente ci si trova in una situazione di complessità e di incertezza circa il futuro. Questo è il
motivo per cui le persone creative si muovono bene nei contesti dove è necessario produrre innovazione.

Vi sono numerose teorie che tentano di spiegare i motivi e i processi della creatività individuale. In particolare, la
psicologia cognitiva si concentra sul modo in cui le persone ricevono, organizzano, trasmettono le informazioni.
L’attività creativa, in questa prospettiva, è un’attività di problem solving, costituita dall'insieme dei processi che
consentono a un individuo di risolvere un problema. Essa può dunque essere vista come risultato di abilità di tipo

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cognitivo, quali Problem finding (individuare i problemi), solution generation e problem solving (trovare le
soluzioni) e solution implementation (realizzarle). Queste attività vengono spesso praticate nei laboratori delle
imprese.
Vi sono studiosi che sono critici sull'idea della creatività come semplice lavoro di soluziuone di problemi, secondo
cui bisognerebbe privilegiare il ruolo degli individui all'interno del processo creativo.

L'attività creativa è vista come un processo, che parte dal momento in cui una fonte interna o esterna procede alla
presentazione del tema che deve essere affrontato in modo originale. Le caratteristiche degli individui hanno un
impatto sulla qualità del processo creativo. Le tre caratteristiche principali che influenzano la creatività sono:
• Motivazione intrinseca: dipende dalla natura del problema e dalle modalità con cui esso e presentato.
L’attività creativa è dispendiosa e richiede un grande sforzo. È necessaria una grande energia, che può
essere fornita solo da un’alta motivazione. Essa dipende dal contesto organizzativo e anche dall'interesse
verso il tema.
• Conoscenza specifica: impatto sulla ricerca di informazioni e sulla capacità di selezionare idee
promettenti. La conoscenza del dominio include aspetti tecnici, interesse e attitudine. Maggiore = più
soluzioni efficaci.
• Capacità individuale di pensare in termini creativi -> influenza la qualità della produzione di idee. E
capacità di pensare in modo creativo, di vedere secondo punti di vista differenti. Necessaria propensione
al rischio e capacità di affrontare in modo naif i problemi. Serve anche un’attitudine alla socializzazione e
alla condivisione delle idee + una certa conoscenza delle tecniche creative.

7.1.2 La creatività organizzativa


La creatività organizzativa ha natura diversa rispetto a quella degli individuali e non è la somma delle creatività
dei singoli.
L’ambiente organizzativo può creare un clima favorevole allo sviluppo della creatività degli individui e dei gruppi
(così come può limitarla). Elementi fondamentali che impattano sulla capacità di sviluppare idee e portare avanti
progetti originali:
• Struttura
o Formalizzazione e rigidità: regole rigide e strutture formali riducono capacità di innovazione. Se
invece strutture non sono rigide e le mansioni ruotano c’è più stimolo alla creatività.
o Gerarchia: strutture piatte = ampia comunicazione e più comportamenti cooperativi.
o Autonomia: decentramento decisionale e autonomia = maggiore energia creativa e
imprenditoriale.
o Empowerment: capacità di prendere in mano la situazione ed effettuare scelte in autonomia =
atteggiamento attivo verso la ricerca di soluzioni originali.
• Meccanismi operativi
o Riconoscimenti: stimolo a comportamenti innovativi.
o Premi: dimostrazione di interesse e gratitudine.
• Comportamenti
o Supporto del top management: attenzione e apprezzamento.
o Tolleranza all’errore.
o Sperimentazione.
o Apprendimento: l’organizzazione deve consentire un costante apprendimento interno.
Gestione del conflitto: la creatività e l'innovazione generano conflitto, in quanto romposno la
situazione esistente, e dunque mettono in crisi gli equilibri consolidati. Affinché un'organizzazione
sia creativa, è necessario che vengano messi a punto meccanismi per la gestione dei conflitti.
• Modalità di relazione
o Team creativi: strumento organizzativo efficace per mobilitare le capacità dei singoli e
convogliarle verso l’obiettivo di sviluppo creativo.

7.2 Scienza e tecnologia


L'insieme di conoscenze sviluppatesi ne tempo grazie all'attività di studio e di ricerca su natura e società costituisce
la scienza. Gli studiosi fanno parte del sistema scientifico, composto soprattutto dalle università e dai laboratori
pubblici. Quando la conoscenza viene applicata a un problema concreto è definito tecnologia.
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L'ampiezza dei possibili usi ci aiuta a distinguere tra scienza e tecnologia: le conoscenze di tipo scientifico sono
utilizzabili in una varietà di possibili contesti, mentre la tecnologia solitamente ha uso specifico. Un'altra differenza
che caratterizza la scienza è che i suoi risultati sono divulgati pubblicamente, mentre la tecnologia è protetta da
brevetti o segreti industriali.
L'innovazione tecnologica può essere definita come una nuova combinazione di fattori produttivi per ottenere un
nuovo prodotto o una maggiore efficienza di uno esistente. L'importanza dell'innovazione non è però legata solo
allo sviluppo di nuovi prodotti o processi, ma anche al fatto che le attese di profitto connesse al suo sfruttamento
stimolano le imprese a investire sia nella ricerca di nuove conoscenze sia nel loro successivo impegno.
Oggi la maggior parte degli economisti è convinta che lo sviluppo economico sia strettamente connesso
all'intensità della ricerca e sviluppo e che il livello della tecnologia diffusa nelle imprese sia una delle determinanti
più importanti della crescita delle economie industrializzate.
Una parte rilevante delle innovazioni nasce da cambiamenti della tecnologia, che modificano scenari competitivi,
assetti produttivi e produttività di interi settori. Tuttavia, la tecnologia non ha alcun senso se non è accettata dal
mercato. Ne è quindi nata una sorta di contrapposizione tra due idee di innovazione: technology push, che spiega
il processo innovativo come stimolato dallo sviluppo delle conoscenze e deman pull che individua il ruolo trainante
della domanda nell'indirizzare la tecnologia verso lo sviluppo di nuovi prodotti.

Domanda e tecnologia sono spesso indentificate come contrapposte, nel senso che una prevale necessariamente
sull'altra nel processo innovativo. Soprattutto per le innovazioni incrementale, il contributo dell'analisi delle
esigenze della domanda all'innovazione è fondamentale. Le innovazioni di successo sono costruite in conformità
a un'analisi attenta dei bisogni della clientela. La situazione è differente quando si esaminano le innovazioni
radicali, che anticipano le esigenze della domanda, in cui il ruolo della tecnologia è spesso fondamentale. Queste
ultime hanno maggiore potenziale competitivo ma anche minore probabilità di successo e avvengono ad intervalli
irregolari.

7.3 La ricerca e lo sviluppo


7.3.1 Le fasi della R&S
La fonte più importante di sviluppo della tecnologia, soprattutto nelle imprese che operano in settori a elevata
intensità tecnologica, è costituita dalle attività di ricerca e sviluppo. La ricerca è quell’insieme di attività volte
all’aumento della conoscenza in un determinato campo del sapere, ai fini di una futura applicazione utile al
soddisfacimento dei bisogni individuali o collettivi.
Nella ricerca di base, svolta prevalentemente dalle
università, la conoscenza non è diretta ad un’applicazione
precisa. Ma può essere vista come una potenziale
applicabilità, ma solitamente molto vaga e sempre in uno
spettro ampio di possibili utilizzi.
La ricerca applicata riguarda l’utilizzo del sapere con la
finalità di risolvere problemi di natura specifica. Questa
ricerca è svolta in prevalenza da imprese che si rivolgono
alle istituzioni pubbliche, in particolar modo alle università,
per avere collaborazione.
Lo sviluppo sperimentale si distingue dalla ricerca
applicata in quanto la focalizzazione è soprattutto sul tema dei prodotti e riguarda in particolare la soluzione di
problemi tecnici.
A volte le imprese dedicano investimenti anche alla ricerca di base (per poter ottenere in futuro un vantaggio
competitivo).

7.3.2 Le decisioni sulla R&S


La scelta d’intraprendere investimenti nella ricerca viene solitamente operata quando si intravede un’opportunità
legata all’evoluzione dello scenario. Come sappiamo le previsioni a lungo termine sono sempre difficili e

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comportano un livello di indeterminatezza elevato. Pur nell’incertezza, l’investimento in ricerca e sviluppo
rappresenta il principale vettore di sviluppo a lungo termine dell’impresa.
Gli investimenti in R&S possono essere intrapresi soprattutto per quattro linee di sviluppo aziendale:
1. Espansione delle attività esistenti: linea di sviluppo più semplice e con minori rischi. Promuovere nuove
tecnologie capaci di migliorare le performance dei prodotti o l’efficienza dei processi produttivi. Molto
spesso è un tipo di ricerca orientata allo sviluppo di innovazioni incrementali. Anche quando la R&S è
rivolta a innovazioni di carattere più radicale, si articola lungo traiettorie tecnologiche ben individuate
all’interno del settore.
2. Nascita di nuovi business: per sopperire alla rapida obsolescenza delle tecnologie nel portafoglio di
attività di un’impresa, cercando di mantenimento un portafoglio equilibrato sotto il punto di vista
tecnologico.
3. Ingresso in nuovi settori: entrata in nuovi mercati derivante dall’applicazione di nuove tecnologie ai
prodotti esistenti oppure ampliando tecnologie utilizzate adattandole a prodotti di altri settori.
4. Diversificazione: orizzonte temporale di lungo termine. Soprattutto se si valuta che il mercato sia
destinato a sparire o declinare, è necessario sviluppare nuove capacità tecnologiche in grado di garantire
lo sviluppo futuro in mercati differenti.
Per perseguire le linee di sviluppo di cui abbiamo detto, le imprese possono investire sia nelle tecnologie
fondamentali del settore oppure in tecnologie che riguardano aspetti periferici oppure in tecnologie spesso nuove
rispetto al settore.

7.4 La valutazione delle attività di ricerca


7.4.1 La valutazione dell'attività di ricerca
I progetti di ricerca hanno una probabilità di successo limitata in quanto il lavoro richiede che vengano esplorate
anche linee di sviluppo della conoscenza la cui prevedibilità di un buon esito è inizialmente bassa. Poiché il rischio
è piuttosto elevato, le imprese che vogliono innovare debbono intraprendere più progetti se vogliono garantirsi
uno sviluppo delle conoscenze in linea con le esigenze future. Gli investimenti in R&S sono solitamente elevati e
perciò le imprese devono identificare le priorità e concentrare gli investimenti su di esse. A questo riguardo le
imprese utilizzano programmi di valutazione dei progetti di ricerca, i cui elementi critici sono sostanzialmente due:
• Processo di valutazione: la valutazione viene quasi sempre demandata a gruppi di individui, in modo che
la collegialità garantisca che i progetti vengano esaminati sotto più profili. La valutazione è talvolta affidata
sia a membri interni che esterni. Il processo di valutazione avviene su base sia individuale che collegiale.
• Criteri addottati: criteri definiti a priori nei processi di valutazione:
o Efficacia: risultati attesi in tempi previsti.
o Significatività: rilevanza dei risultati sotto il profilo dell’impatto sulla conoscenza esistente.
o Risorse: disponibilità di risorse adeguate ad affrontare i progetti di ricerca.
o Investimenti: mezzi finanziari e no.
o Ritorno: stima dei potenziali flussi di ricavi o redditi derivanti dagli investimenti.

La difficoltà nell’applicare tali criteri sta nell’intervallo di tempo che intercorre tra il momento della decisione e i
risultati prevedibili dell’attività di ricerca, che nel caso di quella di base può essere molto lungo.È poi solitamente
molto complicato stimare i potenziali ritorni di un investimento dall’esito molto incerto e i cui possibili output sono
valutabili in termini piuttosto ampi.

7.4.2 La gestione del portafoglio progetti


Le imprese per ridurre il rischio di insuccesso attivano più progetti. Si utilizza quindi una logica di portafoglio per
bilanciare le diverse attività in base a potenziale ritorno e livello di rischio. Le imprese più orientate all’innovazione
si trovano così a gestire portafogli di progetti innovativi e uno strumento utilizzato a tal fine è quello che viene
definito il “piano aggregato dei progetti”. Attraverso questo il management è in grado di creare le condizioni
perché il flusso di progetti trovi le condizioni ideali, dal punto di vista organizzativo, per consentire il
raggiungimento degli obiettivi aziendali.
A tal proposito Wheelwright e Clark indicano due elementi fondamentali:
1. Predisposizione delle capacità e acquisizione delle competenze critiche: le imprese che hanno un
numero elevato di progetti rischiano di diminuire la produttività dei singoli progetti. Nel caso in cui

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l’impresa voglia comunque sfruttare le opportunità derivati dallo sviluppo di una serie di progetti
innovativi, deve in primo luogo provvedere alla predisposizione delle risorse necessarie oppure deve
ridurre il numero di progetti. Per dimensionare in modo ottimale le capacità di sviluppo di progetti
innovativi, essa deve individuare e quegli elementi che possono costituire un collo di bottiglia. Laddove
vengono individuati è necessario acquisire le competenze necessarie. Qualora tali risorse non fossero
facilmente reperibile, la collaborazione con enti esterni (Ex. Università, laboratori etc…) può risolvere la
questione delle capacità.
2. Mappatura dei progetti: vi sono due dimensioni significative per mappare i progetti innovativi:
a. Intensità dei cambiamenti del nuovo prodotto: il progetto può prevedere un grado di
innovazione tale per cui si ha un nuovo prodotto di base, una nuova generazione di prodotti, una
estensione di nuove linee, o derivazioni e miglioramenti del prodotto. In questo caso il grado di
modificazione del prodotto passa da una maggiore a una minore intensità di cambiamento.
b. Intensità dei cambiamenti del processo produttivo.
Nella matrice sono rappresentante le quattro
combinazioni dei progetti innovativi:
• Progetti di ricerca e sviluppo avanzata: sono
rivolti a esplorare possibilità di sviluppo sul piano
tecnologico che diano vita a prodotti del tutto
nuovi destinati a soddisfare bisogni non
soddisfatti o a generare nuove esigenze. Questi
progetti possono avere orizzonti temporali di
lungo termine senza uno sviluppo applicativo
immediato.
• Progetti radicalmente innovativi: previsti sia
nuovi prodotti sia nuovi processi in quanto
comportato il ripensamento degli assetti produttivi e del rapporto con il mercato. Si tratta dei progetti più
rischiosi e con le maggiori opportunità, che coinvolgono tutta l’organizzazione aziendale.
• Progetti piattaforma: richiedono innovazioni significative nel prodotto originario o attraverso nuove
versioni che lo sostituiscono o che si affiancano ad esso e che richiedono modifiche nei processi produttivi
a livello di singolo reparto o comunque non di tipo sostanziale. Vengono definiti “piattaforma” in quanto
danno vita a sviluppi del prodotto a partire dalla medesima base tecnologica, che consente una grande
varietà di caratteristiche del prodotto finito.
• Progetti derivati: piccoli adattamenti produttivi, consentono di migliorare le prestazioni del prodotto o
comunque di ampliarne il mercato. Tali progetti coinvolgono i livelli inferiori del management e sono
piuttosto frequenti nella vita del prodotto.

7.5 Il mercato e i clienti


Una delle più importanti fonti d’innovazione è certamente la clientela. Il rapporto con il mercato è importante sin
dalle fasi iniziali del processo di sviluppo di un nuovo prodotto. Il coinvolgimento del cliente nelle fasi iniziali del
processo aumenta le probabilità di successo dell’innovazione.
I Prodotti sono destinati a soddisfare le esigenze dei clienti e dunque una loro approfondita conoscenza è sovente
la fonte delle nuove idee di prodotto. Gli stessi clienti possono offrire dei segnali rilevanti per definire idee di nuovi
prodotti o almeno per fare emergere la presenza di ostacoli.

7.5.1 I clienti trendsetter


I pionieri, cioè gli utilizzatori che si avventurano per primi alla scoperta del nuovo prodotto e che sono anticipatori
di esigenze future. Questi utilizzatori sono definiti trendsetter, perché anticipano le esigenze che si svilupperanno
in un certo mercato e in qualche modo partecipano ai processi formativi di tali esigenze. Sono utilizzatori che per
competenze specifiche e per esperienza maturata possono fare da punto di riferimento per altri clienti.

7.5.2 I lead user


Secondo l’approccio Manufacturer active paradigm, l’impresa definisce le caratteristiche dell’innovazione
attraverso un’analisi e un’interpretazione dei bisogni della clientela.
Un approccio differente è il Customer active paradigm che prevede delle forme di collaborazione tra imprese e
clienti finalizzate allo sviluppo di nuovi prodotti. Nel caso in cui l’impresa voglia utilizzare il contributo delle

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competenze della clientela, deve prima di tutto identificare, poi selezionare e infine motivare gli utenti disponibili
e capaci di collaborare nello sviluppo dei nuovi prodotti.
Nel mercato dei beni industriali alcuni clienti sono in grado di essere rappresentativi delle esigenze future di un
certo mercato: essi sono denominati lead user. Essi sono capaci di fornire indicazioni utili per lo sviluppo di
soluzioni tecnologiche innovative, possono anticipare di molto alcune esigenze che si manifesteranno in seguito
in compratori meno interessati/raffinati grazie alla loro particolare posizione. Conoscono molto bene il prodotto
e possono anche dare un contributo di competenza simile al fornitore. Solitamente sono clienti industriali o utenti
che operano in settori in cui la tecnologia è decisiva. Vi sono due modalità di utilizzo dei lead user a fini innovativi:
1. Motivando i clienti alla collaborazione nell’attività di generazione e di sviluppo dei nuovi prodotti. Le
motivazioni che spingono i clienti a collaborare sono varie: dalla possibilità di utilizzare anticipatamente i
prodotti, all’utilità derivante dal fatto che i nuovi prodotti saranno disegnati in modo particolare sulle
proprie esigenze.
2. Avendo accesso alle idee sviluppate in modo autonomo dai clienti. Un approccio diverso è quello
dell’accesso diretto alle idee sviluppate autonomamente dai clienti. I quali spesso affrontano problemi
che sono comuni all’interno del settore e sviluppano in autonomia soluzioni ai problemi che, se
approfondite e adeguatamente ampliate, possono essere adottate da tutti i clienti del mercato. In altri
casi i clienti sviluppano inconsapevolmente modi originali nell’utilizzo di un certo prodotto o sviluppano
processi migliorativi. La semplice osservazione può fornire alle imprese molte idee sulle modifiche da
apportare e talvolta anche l’ideazione di prodotti totalmente nuovi.

7.6 Open innovation


7.6.1 Closed e Open Innovation
L’innovazione è un processo complesso in cui possono essere coinvolti non solo i membri dell’organizzazione
(Closed innovation), ma anche strutture e soggetti esterni all’impresa (Open innovation).
Alcune imprese, infatti, si rivolgono all’esterno dei confini aziendali per avere altre fonti di nuove idee e per dare
il via a processi innovativi che utilizzano logiche più ampie. Nel caso di closed innovation, l’innovazione ha origine
all’interno dell’organizzazione e tutto il processo è controllato dall’impresa; nel caso delle open innovation, una
parte rilevante del processo è attuata esternamente e l’impresa non ne controlla per buona parte lo svolgimento,
fino al momento in cui si appropria dell’innovazione stessa.
Seconda una ricerca condotta negli USA, le innovazioni che provengono dal di fuori dell’azienda costituiscono una
quota importante dei nuovi prodotti che vengono immessi nel mercato. Le fonti sono molteplici: in primo luogo
troviamo il cliente che svolge un ruolo attivo nel proporre idee nuovo o per creare insieme all’impresa nuovi
prodotti secondo il principio del Customer active paradigm. Altre fonti possono essere: i fornitori, le università, le
società di consulenza, gli specialisti tecnologici e gli inventori indipendenti.

7.6.2 Il trasferimento tecnologico


Per sviluppare un’attività di open innovation le imprese debbono collaborare con una pluralità di attori che
svolgono una parte del processo innovativo. L’aspetto su cui molte imprese oggi sono coinvolte è quello dello
sviluppo e del trasferimento della tecnologia. Questo tema è denominato technology transfer, ossia l’attività in
cui le idee innovative, conoscenza, artefatti tecnologici sono trasferiti ad un altro soggetto. Vi sono diversi motivi
per cui la collaborazione per trasferimento di tecnologia è importante:
• Gestione dell’incertezza: le grandi trasformazioni dell’attuale fase di cambiamento tecnologico
richiedono la necessità di presidiare più mercati e più aree tecnologiche. È fondamentale monitorare in
modo tempestivo una pluralità di sviluppi, abbandonando una certa traiettoria tecnologica quando
l’evoluzione ne rende manifesta l’impraticabilità.
• Controllo dello sviluppo tecnologico: soprattutto agli inizi vi è competizione su quale delle tecnologie
possa emergere ed è importante che gli investimenti non vadano persi e che tecnologie presidiate si
affermino nel mercato.
• Suddivisione del rischio: la collaborazione riduce il livello di costi e mantiene il rischio entro una soglia
accettabile.
• Dimensione dell’investimento: in certi ambiti di attività di R&S comportano significative economie di
scala, che assegnano un vantaggio alle imprese di maggiore dimensione. In questo contesto la
collaborazione costituisce un’alternativa allo sviluppo dimensionale.

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Il trasferimento tecnologico può assumere forme molto diverse, quali:
• Joint venture: iniziativa congiunta con altre imprese di esplorazione e sviluppo delle tecnologie
interessanti;
• Licensing: cessione del diritto di utilizzazione ad un’altra impresa, in modo da avere accesso alla proprietà
intellettuale di terzi;
• Accordi con fornitori e produttori di beni complementari: progetti congiunti di sviluppo di una certa
tecnologia, sfruttamento di ricadute nelle rispettive attività di nuovi prodotti e processi;
• Consorzi e programmi congiunti con le università: una parte dell’attività di ricerca per l’innovazione di
prodotto o di processo è svolto in collaborazione con centri di ricerca pubblici e privati e con le università.
Queste ultime assumono un ruolo sempre più importante, in primo luogo perché la complessità e la
profondità delle conoscenze richieste è sempre maggiore e richiede dunque risorse umani altamente
qualificate e laboratori scientifici avanzati e dotati delle strutture più moderne, che solitamente sono
disponibili nelle università. Le quali, però, hanno bisogno di finanziamenti delle imprese per attrarre
ricercatori preparati e sostenere economicamente le attività. Mentre un tempo la ricerca era molto
specifica e fortemente collegata alla natura del problema affrontato, negli ultimi anni sta avvenendo una
tendenza a una maggiore generalizzazione e de-contestualizzazione della ricerca, conseguentemente la
conoscenza è maggiormente trasferibile tra organizzazioni diverse.
Molto spesso intorno alle università si sviluppano attività economiche basate su una tecnologia avanzata
in grado di dare vita a iniziative imprenditoriali o comunque di essere di aiuto per il travaso delle
conoscenze tecnologiche, in questi casi si parla di Parchi scientifici (Ex. Silicon Valley introno alla Standford
University).

7.6.3 Il processo di trasferimento tecnologico


Affinché la conoscenza prodotta nei laboratori di ricerca o nei centri di cerca venga utilizzata a fini economici, è
necessario che essa passi alle imprese, attraverso il trasferimento tecnologico. Si tratta di un’attività non semplice,
che deve risolvere il problema del passaggio della tecnologia. Questo collegamento dipende dalle caratteristiche
intrinseche della tecnologia stessa e dalle attività di trasferimento che coinvolgono gli intermediari che operano
nel trasferimento della tecnologia tra domanda e offerta (technology broker).
Per il trasferimento il problema maggiore consiste nell’affrontare la questione come offerta e domanda debbano
entrare in contatto per scambiarsi il know-how.
L’aspetto più importante è quello delle esigenze delle imprese, che hanno necessità di entrare in possesso di una
nuova tecnologia. L’incapacità di comprensione di questi bisogni porta infatti a non superare le barriere che
frappongo tra domanda e offerta e a non ottenere un’efficace trasmissione del know-how.
Per comprendere questo aspetto critico del processo, si può utilizzare il modello AMR (Accessibility-Mobility-
Receptivity). Il modello illustra le modalità di trasferimento dal punto di vista dell’impresa che deve acquisire un
certo sapere.Vi è una serie di sotto processi e ogni parte è essenziale per il successo del trasferimento:
• Accessibilità: non è facile avere dati su chi possieda la tecnologia, essendo spesso tali informazioni
riservate e protette dal segreto industriale. Tale barriera può essere superata tramite il ricorso al
tecnhonolgy broker, il cui compito è quello di favorire l’incontro tra domanda e offerta di tecnologa.
• Mobilità: comprendere la possibilità di trasferirela tecnologia attraverso canali e intermediari adeguati.
Non tutto è facilmente trasferibile, ma solo ciò che è possibile codificare in qualche forma.
• Recettività: perché l’impresa possa acquisire conoscenza dall’esterno, è necessaria la receptivity, detta
anche absorptive capacity, ossia la capacità di accettare, acquisire e soprattutto utilizzare la tecnologia.
Questa si compone di quattro sotto-processi:
o Awerness: comprensione della natura della tecnologia, senza la quale si rischia di entrare in
possesso di un know-how non coerente.
o Association: combinazione di nuova tecnologia con esistente, per inserirla in contesto adeguato.
o Assimilation: assorbimento/assimilazione, per farla entrare a pieno titolo nel patrimonio.
o Application: concreto utilizzo nei processi e nei prodotti aziendali.

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CAPITOLO 9 - TECNOLOGIA E COMMERCIALIZZAZIONE DEL NUOVO
PRODOTTO
9.1 Il lancio di nuovi prodotti
9.1.1 Fattori di successo nel lancio di nuovi prodotti
Attraverso un’appropriata strategia e gestione dell’innovazione è possibile identificare il modo migliore per
garantire il successo del nuovo prodotto nel breve e nel lungo termine (prodotto ben posizionato e che conquisti
e mantenga un vantaggio nei confronti della concorrenza).
I fattori che contribuiscono al successo di un prodotto lanciato sul mercato sono:
• Fattori strategici:
o Qualità del prodotto;
o Sinergie commerciali con altri prodotti;
o Sinergie tecnologiche e produttive con altri prodotti;
o Disponibilità di risorse;
o Strategia di lancio.
• Fattori del processo di sviluppo:
o Qualità della tecnologia;
o Efficacia marketing;
o Supporto del top management;
o Time to market;
o Qualità dell’analisi economico finanziaria.
• Fattori di ambiente e di mercato:
o Situazione esterno;
o Dimensione mercato;
o Competitività ridotta.
• Fattori organizzativi:
o Relazioni nel team di sviluppo;
o Modalità organizzazione team.

9.1.2 Insuccesso delle innovazioni e intensificazione dell’impegno


Affinché un prodotto abbia successo, è necessario che tutte le fasi di sviluppo del prodotto siano state condotte
in modo efficace, è sufficiente che una qualunque tra le attività che precedono il lancio non sia stata all’altezza del
compito perché il prodotto non abbia successo, motivo per cui gli insuccessi dei nuovi prodotti sono eventi
tutt’altro che rari all’interno delle aziende. Difronte ad un possibile insuccesso possiamo trovare sia rapide reazioni
da parte delle aziende che una forte resistenza a prendere atto degli insuccessi.
L’economista e premio Nobel Richard Thaler, in alcuni esperimenti, ha notato come gli individui tendono a
considerare moltissimo i costi passati, senza tenere conto del fatto che essi non hanno alcuna influenza sul futuro
e dunque non dovrebbero essere presi in considerazione nelle scelte riguardanti gli eventi a venire. I sunk cost
sono i costi passati, già sostenuti, che non dovrebbero essere considerati nelle valutazioni sull'opportunità o meno
di portare avanti un progetto in futuro. La considerazione dei sunk cost è così elevata nelle scelte degli individui
che porta a comportamenti del tutto illogici. Secondo Thaler il problema nasce dal fatto che nonostante il valore
sia identico, buttare le scarpe regalate è percepito come un mancato guadagno, mentre farlo con quelle comprate
è visto come perdita effettiva. Gli individui sono molto più sensibili alla seconda rispetto al primo, creando una
distorsione nelle decisioni che diventa pericolosa quando in gioco ci sono le scelte manageriali sui nuovi prodotti.
Il peso dei sunk cost è molto importante, infatti possiamo vedere che al posto di mettere le scarpe strette gli
individui non solo continueranno a indossarle, ma talvolta ne compreranno di nuove. Riferendoci alle decisioni da
parte dei manager, i quali di fronte alle difficoltà piuttosto che chiedersi se non convenga intraprendere altre
strade rispondono ai problemi con un maggiore impegno sulle scelte passate. Tale atteggiamento dipende da
quello che viene chiamato intensificazione dell’impegno (escalation of commitment), vale a dire il continuo
investimento in un certo corso di azioni nonostante l'evidenza di insuccessi. Si tratta di un atteggiamento di
rinuncia ad una razionalità di confronto tra opzioni differenti e di selezione della migliore e di scelta basata
largamente sulle decisioni del passato e sulle emozioni. L'escalation può ovviamente essere disastrosa, portando
le imprese a non correggere in tempo comportamenti errati e a continuare a investire su nuovi prodotti che sono

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chiaramente non in linea con le aspettative di mercato, come dimostra il caso di Microsoft la quale nonostante gli
evidenti insuccessi nel mercato degli smartphone, per anni si è rifiutata di abbandonare il settore. L'escalation of
commitment è uno dei motivi per cui talvolta non si interrompe il processo di sviluppo di un nuovo prodotto e si
arriva al lancio, nonostante vi siano chiare indicazioni che la strada intrapresa, se non interrotta, può portare al
fallimento del nuovo prodotto. Una risposta diversa è invece fornita dall’innovation management che ha come
obiettivo esplicito la condizione appropriata delle attività che consentono l'innovazione di avere successo.

9.1.3 L’approccio al mercato


L’ingresso del mercato deve dunque soddisfare due fondamentali scelte: Quali clienti servire e con quale livello di
differenziazione affrontare la concorrenza.
Potremmo quindi operare su tutto il mercato con un approccio di tipo
indifferenziato oppure con una differenziazione significativa rispetto alla
concorrenza.
Quando un’innovazione è di tipo radicale consente di superare questo trade-
off, ovvero tra una strategia mass market sostanzialmente indifferenziato ed
una forte differenziazione su una sola parte del mercato.
Un modo per definire questa scelta è quello del trade-off tra reach e richness,
intendendo con il primo termine l’ampiezza dei destinatari e con il secondo la
ricchezza dell’informazione.

Si parla di trade-off in quanto è possibile muoversi solamente lungo la curva


d’indifferenza, dati i vincoli di bilancio. Ciò significa che quando si decide il
lancio di un nuovo prodotto, bisogna capire se indirizzarlo a tutto il mercato,
senza alcuna strategia di differenziazione, privilegiando quindi il reach oppure
avere un target specifico, al quale indirizzare un’offerta differenziata,
preferendo la dimensione richness.
Bisogna ricordare, però, che con la nascita del web, è stato possibile
estendere il livello di reach senza sacrificare in modo significativo la richness, oppure aumentare quest’ultima a
scapito della prima, superando difatti il tradizionale trade-off. Nel superare i limiti del trade-off, vediamo che la
curva di indifferenza tra reach e reachness viene traslata verso destra.

Limiti che non riguardano solo il prodotto in senso stretto, ma tutto il Business model. Un esempio è quello del
mercato dei quotidiani: Quelli tradizionali possono riportare un numero limitato di notizie, ci sono costi per la
carta, possono essere consegnati esclusivamente tramite i punti vendita oppure spedirli agli indirizzi privati dei
lettori. Con il nuovo Business model dei quotidiani online, il numero delle notizie riportate sui quotidiani online
tende all’infinito, con un livello di richness maggiore. Inoltre, non vi è alcun costo di logistica e si possono
raggiungere tantissimi elettori, potenzialmente senza limiti, con un livello di reach più elevato.

9.2 Il processo di adozione di un nuovo prodotto


Il processo secondo cui un prodotto viene adottato dalla domanda può essere analizzato scomponendolo in 3
elementi:
• Tasso di diffusione;
• Lo schema di diffusione;
• Il livello di penetrazione.

9.2.1 Il tasso di diffusione


Rappresenta la velocità della diffusione del prodotto nel mercato in un certo arco temporale. Un’innovazione può
richiedere periodi molto lunghi per la diffusione quando la complessità tecnica è tale per cui il mercato deve
comprendere appieno e valutare poi le caratteristiche tecniche e innovative del prodotto per deciderne
l’eventuale adozione (ancor di più se bisogna sviluppare nuove competenze tecniche per sfruttare le novità del
prodotto). La complessità può essere anche motivazionale se il prodotto manifesta novità superiori alle esigenze
mercato e deve sviluppare con il tempo le motivazioni necessarie per l’acquisto. Un caso specifico riguarda il lancio
prematuro del prodotto, quindi prima che la domanda si sia evoluta sufficientemente.
Un altro caso è quello della complessità sistematica, in cui, perché il prodotto possa svilupparsi velocemente, è
necessario vengano formate le condizioni di sistema, quali infrastrutture, canali distributivi, strutture di supporto,
essenziali ai fini dell’acquisto o dell’uso del prodotto.

38
9.2.2 Lo schema di diffusione
Riguarda la forma della curva di adozione da parte del mercato (ha più rappresentazioni), mettendo in relazione
le vendite e il tempo. Un certo prodotto può avere un livello di adozione iniziale molto elevato e poi subire un
rallentamento (Ex. fenomeni di moda).
Oppure può avere un’adozione iniziale molto
bassa e poi crescere una forte diffusione (Ex. le
caratteristiche di novità richiedono tempo per
essere comprese). Altri prodotti possono essere
oggetto di una crescita del livello di diffusione
piuttosto costante nel tempo (Ex. innovazioni
marginali).

9.2.3 Livello di penetrazione


Esprime la dimensione del mercato del nuovo prodotto. Può essere rappresentato come il rapporto tra il totale
delle vendite del nuovo prodotto rispetto alle vendite totali del mercato. Nel caso che il prodotto sia totalmente
nuovo, cioè dà vita a una nuova categoria, il concetto di tasso di penetrazione perde significato (=1). Il tasso può
essere esaminato ex post o ex ante. Nel primo caso si tratta di un rapporto tra il totale delle vendite effettive del
nuovo prodotto e mercato totale; nel secondo caso di un rapporto tra il totale delle vendite potenziali per il nuovo
prodotto e mercato totale. Il livello di penetrazione dipende anche dalle azioni di marketing.

9.3 La commercializzazione dei prodotti a elevata complessità tecnologica


La tecnologia gioca un ruolo importante nel definire le strategie di commercializzazione dei nuovi prodotti, in
quanto può costituire un forte fattore di
differenziazione rispetto alla concorrenza
oppure al contrario giocare un ruolo del
tutto marginale.

9.3.1 Analisi della mappa strategica


Al fine di monitorare in modo sistematico l’evoluzione spesso viene utilizzata una mappa
con lo scopo di comprendere quali tecnologie possano essere utili per innovare e quali
siano le modalità più appropriate per entrare in possesso delle conoscenze necessarie.
Essa si compone di 3 elementi: Identificazione delle tecnologie; valutazione della nuova
tecnologia e decisione sulle modalità di utilizzo.
1. Identificazione delle tecnologie: Nell’ambito sia dei prodotti che dei processi
produttivi. L’indagine coinvolge i laboratori di ricerca e sviluppo e le strutture
preposte alla gestione delle operations. Può essere semplice oppure composta in quanto è usata una
pluralità di tecnologie di cui non sempre si ha piena consapevolezza e si conosce il grado di presidio.
2. Valutazione della nuova tecnologia: Esplorazione delle nuove competenze necessarie per operare nel
mercato e anche per eventuali ingressi in nuovi business. Quando si valuti che nuove tecnologie siano
necessarie, si pone il problema di come acquistarle e quindi se sia meglio uno sviluppo interno nei
laboratori di ricerca e sviluppo o tramite acquisizioni o partnership.
3. Decisione sulle modalità di utilizzo: Capire con quali modi usare la tecnologia. Il più immediato è adottare
la tecnologia nei processi o nei prodotti correnti o futuri. Un’altra possibilità, alternativa o complementare
alla prima, è cedere la nuova tecnologia a terzi in licenza.

9.3.2 Decisione sull’offerta


La scelta della strada da seguire per commercializzare la tecnologia. Vi sono moltissime soluzioni che vanno dalla
semplice vendita del know-how fino alla commercializzazione di una soluzione ‘chiavi in mano’. In sintesi, è
possibile cedere o vendere: La licenza del know-how; prototipo funzionante (POC); componenti agli OEM; prodotti
finali (out-of-the-box) e soluzioni complete (end-to-end).

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• Licenza del know how: si tratta di fornire solo le conoscenze tecnologiche, frutto della propria attività di
R&S, lasciando al cliente la responsabilità di realizzare il prodotto finito. Modalità adatta per le imprese
con limitata capacità produttiva o commerciale o con basse risorse finanziarie. In questo modo possono
sfruttare meglio il proprio know how lasciando a terzi il compito di investire nelle attività di produzione e
nel trovare e ottenere il massimo rendimento nel mercato finale.
• Prototipo funzionante: (o proof-of-concept, POC) serve a dimostrare che la tecnologia può essere
applicata e possedere un’elevata utilità. Modalità adatta per le imprese con limitata capacità produttiva
o commerciale o con basse risorse finanziarie. Questa offerta può essere anche dettata dall’esigenza di
convincere la potenziale clientela sull’applicabilità e l’utilità di una tecnologia molto innovativa o
rivoluzionaria.
• Componente: in questo caso la tecnologia viene usata solo per la produzione dei componenti interessati
e viene lasciata la produzione del prodotto complessivo ai produttori detti original equipment
manufacturers, OEM.
• Prodotto finale: si tratta di vendere un prodotto finito perfettamente funzionante, lasciando a terzi la
produzione e la commercializzazione dei beni complementari necessari ad un utilizzo soddisfacente. Il
produttore si concentra sugli aspetti centrali e lascia ai produttori di beni complementare integrare il
sistema d’offerta.
• Soluzione completa: il cliente acquisisce un prodotto in tutte le sue componenti, che non richiede ulteriori
attività o costi per una piena soddisfazione nell’utilizzo. L’espressione end-to-end, derivata dal mondo
dell’informatica con il significato che tutte le parti di un network sono connesse per operare
congiuntamente, viene spesso usata per rappresentare l’offerta di una soluzione completa.

9.3.3 Rimozione dei problemi di adozione (crossing the chasm)


La curva dell’adozione di un nuovo prodotto può avere delle
discontinuità ovvero il segmento dei pionieri e degli adottanti
iniziali satura prima che il segmento successivo sia pronto
acquistare il prodotto innovativo. Esiste quindi una “fossa” che
l’immagine dell’andamento del grafico delle vendite che, dopo un
picco iniziale, ha un’interruzione, spesso letale per l’innovazione.

L’approccio (crossing the chasm) prevede 4 passaggi per superare


la fossa che vi è tra i primi clienti e il resto del mercato:
1. Riconoscere l’esistenza di due mercati: Con clienti, motivazioni e comportamenti d’acquisto differenti. Il
primo è quello dei pionieri es adottanti iniziali, mentre il secondo (>vendite) è quello del mercato
“normale” (clienti pragmatici) che chiedono al nuovo prodotto prestazioni a basso costo.
2. Assegnare obiettivi diversi alle strategie nei due mercati: Per attraversare la fossa sono necessarie due
strategie diverse. La prima orientata a stabile una buona reputazione per l’innovazione, con grande
impegno verso l’aspetto tecnologico (progettazione e R&S sono fondamentali). Il maggior numero di
vendite però sarà realizzato nel secondo mercato, quello dopo la fossa.
3. Identificare il mercato “testa di ponte”: Il mercato ideale è quello che garantisce un buon volume iniziale
di vendite e quindi con ampio numero di pionieri e adottanti. Un buon successo iniziale garantisce
un’immagine del prodotto nuovo positiva, ma questo non è una garanzia. Per superare la fossa vi devono
essere forti relazioni tra i due mercati, in termini di similarità di esigenze, o distanza non eccessiva. Inoltre,
vi devono essere relazioni di passa parola da parte degli opinion leader.
4. Sviluppare una soluzione completa: I nuovi prodotto spesso possono essere complessi. Perché possano
essere utilizzati da clienti con competenze meno sofisticate è necessario che il processo d’acquisto e poi
di utilizzo venga semplificato il più possibile. Offrire una soluzione completa end- to-end riduce la
complessità nel processo di acquisto e di utilizzo della innovazione, in. Quanto il cliente non ha necessità
di completare l’offerta per comprare e usare con soddisfazione il prodotto.

9.3.4 Gestione dell’obsolescenza


Il fatto che il prodotto sia oggetto di rapida obsolescenza comporta nella domanda due atteggiamenti per certi
versi contrastanti: da un lato l’aspettativa e la continua attesa di miglioramenti e dall’altra la preoccupazione di
acquistare un prodotto con caratteristiche molto al di sotto della versione successiva. Spesso parte della domanda

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rinuncia per un tempo molto lungo all’acquisto del prodotto ipotizzando future condizioni miglio (riduzioni delle
vendite) o riduzioni di prezzo (economie di scala e curve di apprendimento). Le imprese che vogliono gestire in
modo positivo l’obsolescenza possono usare alcuni approcci nei confronti della clientela che, come detto, ha
atteggiamenti ambivalenti:
1. Fornire aggiornamenti gratuiti o a pagamento: (per agevolare l’acquisto) in entrambi i casi è necessario
dare comunque la garanzia che le spese successive saranno contenute, in modo tale da garantire che
l’investimento iniziale abbia senso dal punto di vista economico.
2. Forzare l’acquisto della nuova versione: togliendo dal mercato quella esistente, senza più̀ offrire
assistenza o aggiornamenti. In questo caso la domanda deve passare alla nuova versione se vuole
continuare ad utilizzare il prodotto. È una politica rischiosa in quanto i clienti possono maturare
avversione o cercare soluzioni alternative in mercati continui o decidere di abbandonare il prodotto.
3. Offrire assistenza nella migrazione alla nuova versione: i vecchi prodotti non vengono più offerti, ma il
passaggio ai nuovi avviene in misura meno drastica e con maggiore supporto alla domanda (Ex. tutorial,
corsi di formazione, sconti, ritiro vecchio prodotto ecc.).
4. Mantenere le vecchie versioni a fianco delle nuove: in questo caso l’impresa fa affidamento sulla qualità
decisamente superiore del nuovo prodotto e conta sul fatto che in tempi più o meno brevi avvenga
comunque la migrazione. Il mantenimento delle vecchie versioni avviene continuando a fornire assistenza
e compatibilità con quelle nuove.

9.4 La commercializzazione dei prodotti a bassa complessità


L’innovazione di prodotto e di processo giocano un ruolo
importante nel determinare il risultato delle strategie di
commercializzazione, che si traduce in quote di mercato e in
redditività.

L’innovazione di prodotto ha l’obiettivo di raggiungere un


livello più elevato di differenziazione rispetto ai prodotti della
concorrenza, in quanto il cliente sceglie tra lee alternative di
acquisto in funzione delle differenze tra le offerte disponibili.
Se l’obiettivo viene raggiunto, il risultato è quello di migliorare l’immagine del prodotto, le quote di mercato e la
redditività complessiva.
L’innovazione di processo è tipicamente volta ad una riduzione dei costi da trasferire nel prezzo di vendita, al fine
di generare un maggior valore, migliore rapporto qualità/prezzo per il cliente. Anche in questo caso l’obiettivo è il
miglioramento della quota di mercato e una migliore reddittività. Una riduzione dei costi e dei prezzi per il cliente
può generare anch’essa un miglioramento d’immagine e per questa via contribuire all’aumento delle vendite e
della profittabilità̀.

9.4.1 La scelta del mercato


Un’importante scelta per i beni a bassa complessità è quella del mercato di lancio. Si può optare per un ingresso
graduale che, a partire da un singolo mercato, consenta di procedere a quello successivo secondo un programma
stabilito. Questo approccio contente un affinamento delle politiche di commercializzazione sulla base delle prime
risposte del mercato, inoltre consente di graduare gli investimenti spalmandoli su un arco di tempo maggiore.
Un altro approccio è quello di effettuare un lancio su tutto il mercato attraverso una forte campagna di
comunicazione e una distribuzione immediatamente estensiva. Solo in pochi casi il lancio avviene
contemporaneamente in tutti i paesi del mondo.
Un’altra decisione può riguardare il segmento di mercato cui indirizzare l’offerta innovativa: può essere scelta la
strada di rivolgersi prima ai pionieri o indirizzarsi immediatamente su tutto il mercato (preferibile quando le
innovazioni siano di tipo incrementale e non richiedano un grande sforzo cognitivo e non ci sia la percezione di un
alto rischio). Laddove si tratte di un’innovazione radicale, è inevitabile che ci si indirizzi verso la parte di mercato
più propensa a provare l’innovazione. Una volta effettuato il mercato in cui effettuare il lancio, è possibile mettere
a punto le strategie di ingresso, coerenti sotto il profilo del marketing con le decisioni riguardanti i segmenti-
obiettivo.

41
9.4.2 Il tempo di introduzione
La scelta della strategia al momento del lancio del prodotto e nella fase di introduzione è molto importante in
quanto l’evoluzione e il successo futuro dell’innovazione. Ci sono 4 strategie:
1. La strategia di scrematura lenta: consiste nello sviluppare gradualmente il mercato, partendo dai
segmenti a più elevati valore, indirizzandosi esclusivamente verso il segmento dei pionieri, fornendo il
nuovo prodotto ad un prezzo elevato, con una comunicazione limitata al target prescelto e con una
distribuzione altamente specializzata. Usata solo quando il prodotto abbia caratteristiche tecniche che
richiedono la formazione di una opinione da parte delle persone più competenti o quando si voglia
sfruttare una forte diversità nell’elasticità al prezzo dei segmenti del mercato. Quindi non deve esistere
una forte concorrenza potenziale in grado di imitare e lanciare in tempi brevi il nuovo prodotto.
2. La strategia di scrematura rapida: consiste nell’introduzione dell’innovazione rivolgendosi sia ai pionieri
che agli adottatori iniziali per sfruttare la minore elasticità di prezzo e quindi la maggiore disponibilità a
pagare l’elevato prezzo iniziale. La comunicazione e la distribuzione sono estensive.
3. La strategia di penetrazione rapida: è quella di maggiore aggressività nell’introduzione del prodotto e
nello sviluppo del mercato. Richiede un prezzo ad un livello più basso possibile e forti investimenti in
comunicazione di massa e distribuzione estensiva. L’obiettivo è raggiungere nel più breve tempo possibile
un alto livelli di vendite in modo da mantenere una quota di mercato elevata nel momento in cui
entreranno i concorrenti il cui ingresso è ritardato perché scoraggiati dal basso livello di prezzo (economie
di scala e curve di esperienza del first mover). Perché questa strategia funzioni il nuovo prodotto non deve
essere tecnicamente complesso e il mercato potenziale abbia dimensione elevata.
4. La strategia di penetrazione lenta: consiste in uno sviluppo del mercato con il lancio del nuovo prodotto
ad un livello basso di prezzo e con una distribuzione estensiva, ma contenendo gli investimenti in
comunicazione. A tal fine è necessario che l’impresa abbia già un buon rapporto con le strutture
distributive per gli altri prodotti presenti in assortimento. Tale strategia vuole raggiungere una
penetrazione significativa ma senza investimenti eccessivi. Tale approccio funziona quando la domanda è
fortemente elastica al prezzo e l’innovazione ha un carattere di tipo incrementale.

http://bit.ly/Peer2Peer_Bocconi
http://bit.ly/Blab_Bocconi
https://www.blabbocconi.it/dispense/
@blabbocconi

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IN COLLABORAZIONE CON:

43
Per dubbi o suggerimenti sulla dispensa:

MICHELE ZHENG ELEONORA PECCI ANGELO PARLA


+39 3665994221 +39 3664936963 +39 3887530289

@michelezheng_ @e.leonorapecci @angeloparla

DAVID CICCHETTI ISABEL SANDRONI PIETRO BONORA


+39 3665258505 +39 3473302734 +39 3668022678

@davidcicchetti @_sbellaxx @pietrobonora_

Per info sull'attività didattica:

FABIO CACCAMISI FEDERICA DI CHIARA


+39 3289027664 +39 3279948330

@fabiocaccamisi @federicadichiara8

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