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ORGANIZZAZIONI e PROGETTAZIONE
Fin dalla nascita la nostra vita è scandita dalla presenza di grandi organizzazioni. Banche,
scuole, ospedali, studi medici, comuni, etc., ne sono tutti degli esempi e, seppur molto
diverse le une dalle altre, ciò che le accomuna sono i seguenti elementi:
• Essere costituite da Persone
• Avere Obiettivi e Risultati da raggiungere
• Avere una Struttura progettata con precisione
• Relazionarsi con l’ambiente esterno
• Utilizzano Risorse per raggiungere i propri fini
Le sfide organizzative principali sono la globalizzazione, competizione, etica ed
incompatibilità, rapidità di risposta, social business e Big Data. Le organizzazioni sono
entità sociali, guidate da obiettivi, progettate come sistemi di attività deliberatamente
strutturati e coordinati che interagiscono con l’ambiente esterno.
Daft ha definito l’organizzazione come entità sociale, della quale fanno parte individui che
non operano a caso ma per raggiungere determinati obiettivi (in comune), progettate come
sistemi di attività coordinate, dove tutto è influenzato dall’ambiente esterno con il quale
questa interagisce. Ciò vuol dire che nell’ambiente possono accadere eventi che influiscono
sulle scelte e sull’organizzazione (es. sciopero dei lavoratori aeroportuali o fenomeni
atmosferici). Nel 2023 progettare e gestire un’organizzazione è più complesso a causa
dell’incertezza: questa è generata dalle variabili ambientali che possono modificare l’operato
dell’organizzazione, come il Covid che ha generato il boom degli e-commerce o dei nuovi
metodi di comunicazione interna aziendale (Zoom, Google Meet) influenzando gli asset
organizzativi delle aziende. L’ambiente incerto però non è legato solo ad eventi catastrofici
su scala mondiale come il Covid, ma si riferisce anche alle tecnologie che diventano
obsolete dopo pochi anni, ai gusti dei consumatori sempre in costante variazione. Fra le
sfide organizzative, dunque, rientra la globalizzazione che vede organizzazioni diverse in
diverse parti del mondo, la competizione crescente, gli standard etici richiesti e
l’ecocompatibilità così come molte altre sfide, maggiori rispetto al passato.
Ogni organizzazione è descritta da specifici tratti della sua struttura. È possibile distinguere
due tipologie di dimensioni organizzative:
• Le dimensioni strutturali descrivono le caratteristiche interne dell’organizzazione e
permettono un confronto con altre organizzazioni
• I fattori contingenti riguardano l’organizzazione nella sua totalità e l’ambiente
organizzativo che influenza la sua struttura, ossia ambiente, obiettivi, dimensione,
cultura e tecnologia
Gli stakeholder sono portatori di interessi nei confronti di un’azienda, e per progettare
un’organizzazione che funzioni bisogna tener conto di questi elementi che ruotano attorno
l’organizzazione stessa: per farlo bisogna soddisfare le loro aspettative. Questi sono i
lavoratori, il manager, gli azionisti e creditori, i fornitori, le banche, i sindacati, la comunità e
le istituzioni e anche i clienti. Sempre di più le organizzazioni hanno a cuore il benessere
della comunità in cui operano, e perciò si è diffusa la cosiddetta “moda” secondo cui le
organizzazioni oggi fanno il bilancio sociale, rendicontando anche la disclosure delle
informazioni utili a riportare quanto è stato fatto per la comunità (donazioni, emissioni di Co2
ridotte, atti benevoli di finanziamento, costruzioni per la comunità). Ciò avviene perché se
gli stakeholders sono contenti allora le istituzioni saranno favorevoli a concedere bonus o
ad aiutare quelle organizzazioni che si sono rivelate meritevoli di attenzioni. È importante
sottolineare come ciascuna delle categorie di stakeholders va’ soddisfatta.
Le teorie organizzative che accenneremo sono quattro e sono i capisaldi
dell’organizzazione, si tratta di teorie dell’inizio novecento. I soggetti sono ad esempio Henry
Ford o Max Weber che hanno lasciato il segno nelle teorie organizzative aiutando chi negli
anni a venire si è posto di fronte ad un problema di tipo organizzativo.
Il primo che studieremo è il caso Henry Ford con il Fordismo, ovvero il modo di rispondere
al problema organizzativo e ideato dallo studioso Frederik Taylor; siamo nell’inizio del 1900
e lo scenario socioeconomico che caratterizza l’epoca è l’elevata possibilità di manodopera
con molte persone, poco scolarizzate e molto povere, che si spostavano da campagna a
città in cerca di un lavoro. Il problema delle fabbriche non era la produzione ma la
massimizzazione di questa, essendo il mercato talmente grande e nuovo da assorbire tutti
i prodotti immediatamente, dando vita all’organizzazione scientifica del lavoro, ideata da
Taylor e applicata dalla Ford sulla T1, il primo modello ad essere prodotto e venduto in
massa. Il processo complesso di costruire un’automobile comincia a suddividersi di volta in
volta ogni parte fino ad arrivare a funzioni elementari così da “elementarizzare” ogni
funzione (es. avvitare un bullone), così che anche persone così poco scolarizzate riescano
a svolgere semplici funzioni; la sommatoria di queste numerose microattività renderanno un
prodotto finito e realizzabile su larga scala. Altro processo è quello di cronometrare le
mansioni di un lavoratore e vedere quanto impiega a svolgerle, in seguito si rapporta il tempo
necessario alla mansione rispetto alle ore lavorative del lavoratore stesso e si tira fuori uno
standard valido per tutti, standardizzando processi e tempi di lavorazione. Il termine
“stacanovista” nasce da Stakanov, un operaio russo che costantemente migliorava le sue
prestazioni in termini tempistici portandosi al limite, abbassando il tempo standard. Taylor
dimostrò che attraverso una selezione accurata, calcolando i tempi e spingendo al massimo
sulla produttività delle persone si poteva aumentare di quattro volte la produttività, in questo
caso nello scarico di acciaio dai vagoni a Bethleem Steel. Per quanto la teoria fosse
estrema, questa risulta molto attuale per la produttività e viene comunemente chiamata con
il nome di Teorica meccanicistica-razionale. Dunque, l’approccio di Taylor richiama:
• Standardizzazione delle procedure
• Selezione dei lavoratori sulla base delle capacità
• Pianificazione attività, addestramento incentivi salariali per incrementare output
Il secondo è Fayol, l’inventore dell’organigramma: a differenza di Taylor, secondo Fayol
tutte le organizzazioni vanno articolate in cinque funzioni fondamentali, a prescindere da
ciò che fanno:
• Tecnica: riguarda la produzione (operai, fabbriche).
• Commerciale: chi vende e piazza i beni sul mercato.
• Sicurezza: il concetto è diverso da quello moderno (sicurezza sul lavoro), ma riguarda
la protezione dei beni aziendali evitando furti, danneggiamenti o eventi simili.
• Contabilità: misurazioni di ogni tipo, consumi, costi, oggetti di costo
• Direttiva: è la funzione più importante dove è collocato il management
La funzione direttiva si occupa di definire l’organigramma aziendale; Fayol, oltre che definire
le cinque funzioni da lui proposte, introduce linee guida, i principi fondamentali
dell’organizzazione:
• Divisione del lavoro: il lavoro va’ suddiviso in maniera chiara e inequivocabile in modo
che ogni lavoro sia colmato da un ben definito lavoratore.
• Unità di comando: un progetto deve avere un solo capo à esiste solo un capo di
riferimento
• Unità di direzione: a capo di un’organizzazione ci deve essere un solo
direttore/capo/manager
• Autorità e responsabilità: concetti strettamente legati (ma che spesso non viaggiano
insieme)
• Gerarchia: tutte le relazioni devono essere organizzate in modo gerarchico
• Sistemi retributivi: introducendo concetti come il contratto di lavoro e rapporto di
dipendenza
Si può dire che il modello di Fayol è il modello di approccio gerarchico di direzione
amministrativa.
Il terzo è Max Weber con il modello burocratico: la sua è una visione di organizzazione
razionale che vuole istruire tutti i processi organizzativi mettendoli per iscritto, ponendoli
quindi tutti di fronte ad una norma/regola scritta che regola tutta la popolazione di individui
interni. L’approccio non permette discrezionalità perché è tutto prestabilito anteriormente e
non c’è altra interpretazione dei processi se non quella che è possibile visualizzare sulla
norma. Enfatizza la progettazione e la gestione delle organizzazioni in un’ottica impersonale
e razionale:
• obbedienza solo a doveri di ufficio
• autorità legale (norma, procedura) e responsabilità ben definite
• precisa gerarchia
• precise competenze
• selezione in base a qualificazione e specializzazione
• professionalità e esclusività
• carriera per anzianità
• disciplina
Vennero così introdotte le competenze e la disciplina, che premiava i dipendenti che
rispettavano le norma e agivano senza violarle. Altro principio introdotto è l’esclusività: se
lavori per un’organizzazione non puoi in alcun modo lavorare con altre organizzazioni.
La scuola classica ha manifestato però dei grandi limiti, soprattutto la Teoria di Taylor
dovuti alla sua scarsa considerazione di alcuni processi: non aveva considerato che a
lavorare sono le persone, diverse fra loro, con parametri diversi e certamente non tutti
stakanovisti. Ciò portò ad un incremento di infortuni e incidenti, i quali provocavano
l’interruzione della catena di montaggio e quindi una gran perdita di produttività, ricordando
che l’obiettivo era la massimizzazione della produzione. Il problema sorgeva ovviamente
anche da un punto di vista sociale: la fabbrica non era moderna ma erano posti bui che
portavano le persone a provocare incidenti e ad essere meno produttivi. Quanto al modello
burocratico di Weber, utilizzato nella gran parte nelle banche, prevedeva la stessa funzione
svolte anno dopo anno dai lavoratori, come poteva essere timbrare un foglio o redigere gli
stessi documenti; la diretta conseguenza alla noia dei lavoratori è la scarsa produttività.
Uno studioso di nome Mayo è stato il primo a condurre esperimenti, resi noti come
Esperimenti di Hawthorne, facendo partire un nuovo filone di studi che superava e
ammorbidiva la scuola classica. Fra i suoi principi risulta la rilevanza dei rapporti informali
sul posto di lavoro, non solo per un discorso psicologico ma anche perché si instaura uno
scambio che fa bene all’organizzazione: Motivazione e produttività sono influenzate da
situazioni di contesto quali:
• Coinvolgimento
• Ambiente sociale e le relazioni “informali” tra persone
• Condizioni fisiche
• Gli incentivi non-economici rivestono la massima importanza
• Un elevato livello di specializzazione non è la più efficiente forma di attribuzione dei
compiti
Gli incentivi non economici acquisiscono un ruolo importante; la troppa specializzazione
viene sostituita con la variazione, il job rotation. Questi percorsi circolari sono propedeutici
per un percorso di carriera verticale. Ultimo tema è il coinvolgimento delle persone: se
coinvolgo i lavoratori questi sono più motivati, soprattutto nelle decisioni interne fra
dipendente e capo.
Si arriva infine al modello contingente di Daft, autore del libro, che trova un adattamento
razionale fra le dimensioni strutturali interne e le dimensioni contestuali. Teoria contingente
vuol dire approccio situazionale/del momento; la teorica classica (Mayo a parte) prevedeva
la “one best way”, mentre il modello contingente è “one best fit” che presuppone che non
esiste una struttura o un approccio universalmente riconosciuto come migliore, ma anzi le
strutture si adattano a seconda dei casi. Il Daft si è però inventato quali possono essere i
fattori migliori al variare dei fattori contingenti.
Una strategia è un piano per l’interazione con l’ambiente competitivo volto a raggiungere
gli obiettivi organizzativi. Si studieranno tre approcci strategici di cinque autori in tutto:
strategie competitive di Michael Porter, le strategie di Miles e Snow e infine la Ocean blue
di Kim e Mauborgne. Porter dice che ci sono due strategie competitive, ovvero la leadership
di costo oppure la differenziazione, applicabili ad un ambito competitivo ampio o
ristretto/locale. Quanto alla leadership di costo (modello meccanico) un esempio perfetto
è Ryanair, con un approccio organizzativo molto estremo che prevede il mantenimento dei
prezzi massi in seguito ad uno studio ed un’analisi ferrea (approccio simile al taylorismo)
che spinge alla massimizzazione dell’efficienza in termini di tempistiche e utilizzo della forza
lavoro, un approccio quasi ossessivo volto alla riduzione dei costi. L’ambito competitivo è
essenziale per comprendere l’approccio strategico da eseguire, soprattutto per quanto
riguarda la differenziazione del mercato in cui si compete, ad esempio su scala globale o
su un mercato ristretto. Secondo Michael Porter il vantaggio competitivo deve essere chiaro,
prezzo (leadership di costo) o differenziazione dell’impresa/prodotto, a seconda dell’ambito
competitivo che può essere su larga scala o ristretto (anche per “segmentazione di utenza”).
Miles & Snow, a differenza di Porter, propongono invece quattro alternative strategiche,
esplorazione, difesa, analisi e reazione, ognuna con rispettiva progettazione organizzativa:
• Esplorazione: (innovare, rischiare, crescere… es. Google) in cui si punta tutto sul
creare qualcosa che prima non c’era. Le aziende che adottano questa strategia
investono continuamente in innovazione e R&S, reagendo così al mercato e alle sue
continue innovazioni. L’orientamento è all’apprendimento, la struttura necessita
invece di essere fluida, flessibile, decentralizzata e con ampi spazi per la ricerca.
L’imprenditorialità viene premiata così come la creatività, richiamando un approccio
organizzativo “organico”. Si rischia.
• Difesa: (stabilità, efficienza, controllo… es. Paramount) per strategia di difesa si
intende una strategia con termini chiave quali stabilità, efficienza e controllo; il caso
Paramount dal punto di vista strategico ha un approccio chiaro ed evidente poiché
mai produrrà un film rivoluzionario (no ai film disruptive come Avatar). In questo caso
si punta al mantenimento del proprio status d’impresa e anzi al miglioramento
continuo, in termini di efficienza, delle funzioni già messe in essere (caso film:
assicurandosi sempre un tot numero di proiezioni, di canali e di rendimento), traendo
il massimo da ciò che già c'è. La responsabilizzazione è bessa e la supervisione è
accentrata. Non si assumono rischi.
• Analisi: (stabilità e innovazione periferica… es. Amazon, Sony) combinazione delle
precedenti; Amazon ha un business, ossia l’e-commerce, che è ormai consolidato o
anche monopolista per certi aspetti, qui ovviamente ci si aspetta una strategia di
difesa, al contrario ha provato diverse volte a fare innovazione lanciando nuovi
prodotti (Alexa, Prime video…) con strategie esplorative. Dal punto di vista
organizzativo l’approccio migliore è il cosiddetto ambidestro, inteso come la divisione
di una parte di organizzazione con un modello meccanico/difesa e un’altra parte
organico/attacco. L’orientamento è all’efficienza e all’apprendimento, controllando i
costi, la flessibilità e l’adattabilità; anche per le linee di prodotto consolidate è previsto
un orientamento all’efficienza.
• Reazione: (necessità immediate… DELL) una NON strategia che si rappresenta con
l’osservare i mercati e il loro andamento, senza alcun approccio predefinito. DELL e
Lenovo sono i più grandi venditori di computer al mondo, ma quanto alla prima si è
certi che non fa dell’innovazione un carattere tipico dell’impresa (“la rivoluzione non
verrà da DELL), che punta invece ad una reazione immediata (on demand) in base
alla situazione.
Si passa invece alla Blue Ocean Strategy, di Kim & Mauborgne, propone un approccio
rivoluzionario eludendo le indicazioni sopracitate di lotta contro la concorrenza. I due autori
spiegano il successo delle imprese in questione e di conseguenza la strategia applicata per
arrivare a questo successo. L’approccio tradizionale si basava sulla “sanguinosa guerra fra
corporation nell’Oceano rosso” per acquisire clienti e quote di mercato; i due autori hanno
identificato l’approccio Strategia Oceano blu, differente dall’Oceano rosso poiché non dice
di andare contro altri competitor, ma anzi dice di “esplorare l’Oceano blu” non ancora
esplorato. Un esempio famosissimo è la Nintendo Wii, rivale di Microsoft e Sony nella
gaming industry che si scontravano continuamente, la quale prima di affermarsi ha deciso,
attraverso ampi investimenti volti a comprendere il settore, di non fare la guerra a Sony e
Microsoft (ormai colossi finanziari e a livello di brand): analizzarono come il cliente gamer
era un maschio fra i 13 e i 25 anni, lasciando così scoperta la fetta di mercato di bambini,
donne, adulti e famiglie in generale. Crearono così un dispositivo (joystick) diverso che ha
permesso di sviluppare prodotti e giochi adatti ad un pubblico totalmente differente, creando
un mercato inesplorato in cui entrare da “esploratore”, nonostante il rischio fosse altissimo.
Successivamente dopo dieci anni Microsoft e Sony ancora non riescono a raggiungere i
risultati ottenuti da Nintendo Wii. Altro esempio è il Cirque du Soleil, il quale ha tagliato le
spese sostenute per gli animali ampliando l’aspetto teatrale, aumentando i prezzi e
puntando ad un segmento di mercato nuovo.
La gerarchia può essere alta (gran numero di livelli gerarchici) o piatta (basso numero di
livelli gerarchici) ed è una scelta strutturale che varia a seconda del tipo di organizzazione.
Bisogna valutare una serie di vantaggi e svantaggi ai quali si va incontro nella scelta:
• Vantaggi nelle strutture alte:
o una maggiore specializzazione
o una profondità del livello, che può garantire in maniera più efficace il controllo
poiché ciascuno si concentra sulla produttività di chi è sotto di lui; risulta facile
controllare e individuare le falle nel sistema produttivo
o motivazione maggiore per le prospettive di carriera essendo maggiori le
opportunità di crescita vista la presenza di numerose unità organizzative poste
gerarchicamente
o span of control, ossia ampiezza del livello gerarchico, che in questo caso
facilità il lavoro di un supervisore essendo minore il numero di supervisionati
o il coinvolgimento dei livelli più bassi è maggiore
• Svantaggi nelle strutture alte:
o i costi della struttura sono maggiori poiché posizioni elevate nella gerarchia
aumentano i costi dovuti alla remunerazione degli attori posti in queste caselle
o si rischia una distorsione delle comunicazioni verticali e quindi una successiva
perdita di controllo; come se fosse un gioco “telefono senza filo”, si rischia che
la comunicazione che parte da A, va a B, per poi arrivare a G, perda il
significato originariamente voluto dall’unità organizzativa A
o distorsioni volontarie, ossia reinterpretazioni contornate da omissioni o
cambiamenti delle informazioni fra unità organizzative
o la lentezza del processo di comunicazione perché le persone da informare
sono maggiori e quindi si va ad intaccare la velocità delle decisioni
o rigidità e pesantezza sono causate da queste strutture gerarchiche e quindi si
è meno propensi al cambiamento
o demotivazione dovuta alla pesantezza della linea gerarchica e possibilità di
carriera non meritocratiche che spesso premiano l’esperienza in azienda e
non la qualità
Per quanto riguarda le strutture organizzative piatte basta invertire i pro e i contro della
struttura organizzativa alta; per questo motivo nessuna delle due scelte è sempre ottimale
in ogni situazione ma bisogna parametrare ciascuna scelta in base al mercato e all’azienda
stabilita.
Anche qui pro e contro sono intercambiabili fra accentramento e decentramento come
quanto è stato valido per strutture organizzative piatte o alte.
Gli strumenti sono parametrati in base a quante risorse umane servono per il funzionamento
e anche lo sforzo organizzativo necessario al funzionamento. Lo strumento che si colloca
più in basso nel grafico è il sistema informativo, ossia un programma che serve ad
assolvere le funzioni di coordinamento, utilizza l’informatica ai fini del coordinamento (si
pensi al settore automotive dove il venditore approccia al cliente disponendo di informazioni
in merito a pronta consegna, ordini, arrivo permettendo di concedere sconti o di spingere
maggiormente in base alle informazioni fornite dal software); le risorse umane necessarie e
lo sforzo sono bassi, questo perché una volta implementato o creato è accessibile a tutti, è
inoltre possibile anche acquistare software già predisposti (molto utilizzato nel settore
bancario).
I contatti diretti sono invece uno strumento di coordinamento (di cui un esempio è visibile
nel settore sanitario) che consumano maggiormente le ore di risorse umane e lo sforzo
necessario al funzionamento, dove gli attori si occupano di coordinare le unità operative fra
loro. La collaborazione fra unità è essenziale per permettere un coordinamento efficace.
Il team è uno strumento particolare à è una task force permanente. Il gruppo è composto
da persone provenienti da ambienti organizzativi diversi che si trovano a lavorare a tempo
pieno insieme. Il Policlinico Gemelli ha adottato i team come strumento: da una parte ha i
classici dipartimenti funzionali (pneumologia, cardiologia) e dall’altra ha questi tumor board
per la cura di patologie tumorali, formati da attori di reparti diversi che ogni giorno lavorano
a stretto contatto (ad esempio anatomopatologi con oncologi o in generale colleghi con
specializzazioni differenti ma funzionali alla cura di quella patologia); gli indicatori spiegano
che, in questo caso, l’efficacia di questi team nella cura dei pazienti rispetto ai normali reparti
è superiore del 35%, solamente dal lato organizzativo quindi (non nuove tecniche o nuovi
farmaci). La dimensione organizzativa in questi casi riesce a spiegare una maggiore
efficacia e performance di unità organizzative.
STRUTTURA FUNZIONALE
La struttura funzionale di un modello organizzativo sta a dire che le unità sono allocate in
base all’attività che svolgono: raggruppo le attività in base alla funzione comune che le
persone svolgono; si creano contenitori/silos organizzativi fatti da persone che svolgono una
determinata funzione. La struttura come quella funzionale necessita di alcune condizioni per
essere implementata: è ideale per le aziende mono-prodotto o con pochi prodotti molto simili
tra loro, l’idea è sempre quella di sfruttare le economie di scala in modo da far diminuire il
costo marginale unitario all’aumentare della produzione. Il modello ha dei vantaggi e degli
svantaggi:
• Vantaggi:
o Specializzazione
o Focalizzazione
o Sviluppo di conoscenze e capacità approfondite
o Economie di scala
o Ideale per obiettivi di natura funzionale (“devo vendere tot”)
• Svantaggi:
o È un modello che si ispira molto al modello meccanico
o Tempo di risposta lento rispetto al cambiamento perché si concentrerebbe su
tutta l’organizzazione; è adatto a settori molto statici e poco dinamici
o Scarso coordinamento fra le funzioni organizzative, tutte incentrate su loro
stesse
o Sovraccarico della gerarchia e accumulo di decisioni al vertice
o Minore innovazione
o Implica una visione ristretta degli obiettivi organizzativi
I punti di debolezza vanno seguiti e stabilizzati ricorrendo a strumenti di coordinamento già
visti nei paragrafi precedenti, ad esempio un project manager esterno alle funzioni può
coordinare e aiutare la comunicazione ed il coordinamento fra le funzioni; in questo caso il
project manager non ha alcuna autorità ed è quindi un facilitatore. Anche i team sono utili
senza compromettere la struttura.
STRUTTURA DIVISIONALE
Qui si divide il lavoro rispetto all’output ci sono delle divisioni centrali che si chiamano
corporate, successivamente in ogni divisione sono presenti unità addette alle funzioni
relative a quell’output. Si nota subito la grande differenza rispetto al funzionale, essendo
una struttura che suddivide i dipartimenti in base al prodotto o servizio proposto
dall’organizzazione (es. prodotto A, prodotto B), il tutto quindi riporta alla dimensione
centrale corporate. Ogni unità è per così dire autonoma ed ha al suo interno tutto il
necessario a garantire l’output. Le divisioni possono essere create intorno a prodotti ma
anche intorto ad aree geografiche (es. unità Europa, unità America) o per categorie di
clienti (es. unità prodotti per golf, unità prodotti per tennis). Le divisioni sono anche
chiamate business unit. Il modello in questione è stato proposto nel tempo a fronte di livelli
di incertezza ambientale e dello scenario in cui si trovavano, per sopravvivere quindi hanno
adottato alcune strategie di diversificazione (una struttura funzionale che va in rovina
trascina in rovina tutta l’azienda), usufruendo della diversificazione di prodotti o servizi per
coprire eventuali crisi di prodotti o dipartimenti che fanno parte della struttura (es. se Virgin
fallisse con la divisione delle palestre, avrebbe diverse divisioni come la compagnia aerea,
le radio, pronte a fronteggiare le perdite e a risollevare l’azienda; anche Johnson & Johnson
gestisce circa 50 divisioni quasi come identità autonome sotto il cappello della corporate
che indirizza e coordina le unità; Nestlé usufruisce di una moltitudine di prodotti spaziando
da caffè, cioccolato, acqua). La struttura divisionale non permette di usufruire del know how
perche i prodotto o servizi spesso non hanno nulla a che fare fra le divisioni. Anche in questo
caso sono presenti vantaggi e svantaggi, opposti rispetto al modello funzionale:
• Vantaggi:
o Il divisionale è adattivo al cambiamento e garantisce dinamicità
o Responsabilità sul prodotto e sui punti di contatto sono chiari e il grado di
soddisfazione è superiore rispetto al funzionale
o Genera un alto grado di coordinamento fra le funzioni
o Permette alle unità di adattarsi a differenze di prodotto, geografiche o di
settore clienti
o Decentralizza notevolmente il processo decisionale evitando sovraccarichi al
vertice
• Svantaggi:
o Elimina l’utilizzo del know how
o Elimina le economie di scala nelle unità funzionali
o Porta a uno scarso coordinamento tra le linee di prodotto
o Rende difficili l’integrazione e la standardizzazione delle linee di prodotto
• Svantaggi
o I manager spesso non hanno il controllo su molte attività svolte dai dipendenti
e anche su questi
o Richiede una grande quantità di tempo per gestire le relazioni e i potenziali
conflitti con i partner
o Comporta un rischio di fallimento organizzativo se un partner non effettua le
consegne o cessa le attività
o La fedeltà dei dipendenti e la cultura aziendale possono essere deboli perché
i dipendenti hanno la sensazione di poter essere sostituiti da servizi a contratto
Quanto all’ecologia delle popolazioni (Hannan & Freemann 1977), una popolazione è un
insieme di organizzazioni impegnate in attività simili e con caratteristiche analoghe per
quanto riguarda l’utilizzo delle risorse ed i risultati; competono per risorse o clienti simili.
Emergono costantemente nuovi modelli organizzativi perché l’adattamento di una
organizzazione è fortemente limitato in rapporto ai cambiamenti richiesti dall’ambiente, le
organizzazioni consolidate sono lente a cambiare; l’innovazione e cambiamento si
verificano più per la nascita di nuove tipologie di organizzazioni che mediante la
modificazione di quelle esistenti. Le limitazioni al cambiamento provengono dagli
investimenti in impianti, macchinari, personale specializzato, opinioni radicate nei decisori,
storia di successo che giustifica le procedure correnti. Deriva dalle teorie biologiche della
selezione naturale (Darwin): le forme che sopravvivono sono quelle che si adattano meglio
all’ambiente.
Le alleanze strategiche internazionali rappresentano uno dei modi più usati per realizzare
internazionalizzazioni e attività internazionali, includendo pratiche come:
• Accordi di licenza: Contratto mediante il quale il proprietario di un brevetto da ad un
altro soggetto il diritto di quel brevetto mantenendone la titolarità
• Joint venture: A e B creano l’organizzazione C, ossia due o più imprese collaborano
creando una nuova unità per condividere costi di sviluppo e produzione nonché rischi
(non solo 50% e 50%); le joint venture possono includere l’ampliamento di una stessa
azienda con la collaborazione di aziende locali (Starbuck apre “Starbucks Italia” a
Milano tramite joint venture con Princi).
• Acquisizioni: di imprese straniere all’estero
Quando si approccia ad un ambiente internazionale gli aspetti critici sono tre: (a) da una
parte, man mano che l’azienda cresce e si confronta con mercati differenti deve confrontarsi
anche con la diversità degli orientamenti cognitivi (Lawrence e Lorsch) all’interno
dell’organizzazione che osserva difficoltà di comunicazione interna e necessità di un ampio
coordinamento; (b) nelle imprese che si internazionalizzano un’integrazione intensa è
necessaria tra unità altamente differenziate; (c) implementazione dei meccanismi per il
trasferimento della conoscenza e delle innovazioni.
Esistono quattro differenti approcci all’espansione globale à Daft individua due parametri
per trovare l’approccio migliore, mettendo sull’asse y l’importanza della
standardizzazione delle attività su scala globale, sull’asse x invece la necessità di
adeguarsi alle caratteristiche di ogni singolo mercato domestico incorporando
caratteristiche singole domestiche. I modelli sono:
- Divisione internazionale (basso x basso y)
- Struttura globale per prodotto (basso x alto y)
- Struttura globale per area geografica (alto x basso y)
- Struttura globale a matrice (alto x alto y)
La struttura globale per prodotto quando si vuole vendere lo stesso prodotto in giro per il
mondo senza adattarlo a nulla; ogni divisione di prodotto ha la responsabilità globale per
l’area di prodotto specifica (il prodotto è standardizzato globalmente).
La struttura globale per area geografica è una struttura che differenzia i prodotti in base
a specifiche esigenze dei mercati esteri di riferimento. Personalizzando per area geografica
prevale la clientela e si perde la standardizzazione.
CAPITOLO 7
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA PER L’IMPATTO
SOCIALE: ETICA e SOSTENIBILITÀ
Con il termine organizzazione ibrida si intende un’organizzazione che persegue al suo
interno una missione sia di profitto sia sociale. Le imprese sociali ibride sono sottoposte al
rischio di deriva etica (mission drift), ossia attribuire minore importanza alla missione
sociale e maggiore alla generazione di entrate e profitti. La pressione sulle organizzazioni
affinché fossero finanziariamente redditizie e socialmente responsabili ha spinto sia le
imprese a scopo di lucro sia le organizzazioni senza scopo di lucro in una zona ibrida in cui
la creazione di valore sia sociale sia finanziario fa parte del core business. Il fenomeno della
sostenibilità ad oggi è una sorta di isomorfismo: negli ultimi anni si sta diffondendo la moda
riguardo all’attività di rendicontazione di disclosure delle info non obbligatorie riguardanti
l’impatto sociale dell’impresa. Spesso si tratta di mero marketing/comunicazione per
vendere meglio i risultati da valorizzare, senza poi effettivamente cambiare le regole e le
procedure interne aziendali. Si cerca un compromesso fra logica del profitto e logica del
benessere sociale, considerando stakeholders locali, comunità, ambiente e normative su
lavoro/inquinamento; se le strategie fossero guidate da questi principi allora tutto ciò
avrebbe senso, ma la logica del profitto incide ancora notevolmente, spesso con incentivi
fiscali, bonus a favore delle imprese che ottengono risultati sociali considerevolmente buoni
per la comunità.
La professoressa Joan Woodward studia l’impatto della tecnologia sulla struttura di tutta
l’organizzazione: ha lasciato il segno perché gli studi da lei condotti sono ancora oggi utili
alle aziende per gestire processi di industria tecnologici. Visitò diverse organizzazioni, un
campione di circa un centinaia di aziende manufatturiere che producono beni tangibili, e
raccolse dati sulle caratteristiche della tecnologia, sulla struttura organizzativa e sui sistemi
di gestione.
Predispose poi una scala di classificazione e ordinò le aziende in base alla complessità
tecnica del processo manifatturiero, cioè del grado di meccanizzazione del processo
manifatturiero. Questa scala indica il grado di automazione/meccanizzazione di un’azienda
classificato in base al rapporto fra lavoro eseguito da macchine o da dipendenti. Questo
grado viene definito complessità tecnica, quando è alto l’individuo deve solo osservare la
macchina, quando è basso è l’individuo a realizzare il pezzo o prodotto con le sue mani. In
questo ambito, Woodward identifica tre gruppi, Gruppo 1, Gruppo 2 e Gruppo 3, ai quali
attribuisce le aziende prese in esame. Nella colonna centrale si spiega il significato di una
complessità tecnica alta o bassa:
1. Nel Gruppo 1 “produzione unitaria e a piccoli lotti” rientrano unità che producono
in modo unitario su ordinazione, piccole quantità di un prodotto o piccoli lotti (aumenta
piano piano il numero di output realizzati).
2. Nel Gruppo 2 “produzione a grandi lotti e produzioni di massa”, a grandi lotti
secondo la catena di montaggio e secondo le linee di assemblaggio, produzione di
massa.
3. Nel Gruppo 3 “produzione a processo continuo” che vede l’assenza di un numero
predeterminato da produrre essendo ormai la produzione ininterrotta – il settore per
eccellenza è il settore del petrolio o del gas insieme a Coca Cola Company. Bisogna
sempre assicurare il livello produttivo continuo per rispondere alle esigenze di
mercato.
Emersero chiare relazioni tra la tecnologia e la struttura: “tecnologie differenti impongono
tipi di richieste differenti su individui e organizzazioni e quelle domande dovevano essere
soddisfatte attraverso una struttura appropriata”. La tecnologia e la struttura devono essere
allineate con la strategia organizzativa per soddisfare bisogni mutevoli e offrire nuovi
vantaggi competitivi. I sistemi tecnologici e quelli umani di un’organizzazione sono
interconnessi.
Negli anni a venire (studi di Woodward fatti nel 1970) la tecnologia ha assunto sempre più
importanza, ma nonostante il progresso le implicazioni di natura organizzativa da lei trovate
sono ancora molto valide per le aziende. Sostanzialmente più parti dei processi produttivi
sono oggi affidati alla tecnologia (Industria 4.0 fino al 2018 e Industria 5.0 dal 2019) nelle
organizzazioni più moderne e c’è quindi meno bisogno di operai o personale poco
qualificato, preferendo invece laureati in economia, ingegneri o tecnici. Nella cosiddetta
fabbrica intelligente, robot, macchine, attività di progettazione di prodotto e analisi di
ingegneria fanno capo al sistema di un singolo computer in una rete interconnessa di
informazioni e produzione (a) Computer-aided design (CAD) utilizzo dei computer nelle fasi
di disegno, progettazione e ingegnerizzazione di nuove parti; (b) Computer-aided
manufacturing (CAM) utilizzo di macchine a controllo computerizzato nella gestione dei
materiali, nella fabbricazione dei componenti, nel processo produttivo e nell’assemblaggio;
(c) Robot nuovi robot in grado di comunicare e collaborare con i dipendenti; (d) Stampa 3D
costruisce oggetti sovrapponendo in successione strati di materiali uno alla volta. La
produzione snella è invece un approccio scrupoloso alla soluzione dei problemi per ridurre
lo spreco e al miglioramento della qualità che utilizza personale altamente specializzato in
ogni stadio del processo produttivo. Incorpora elementi tecnologici ma ruota attorno alle
persone e non a macchinari o software.
Le aziende di servizi non si basano su tecnologie fisse e legate a macchine e devono fare i
conti principalmente con la necessità che i dipendenti del nucleo tecnico siano vicini al
cliente.
Le differenze nella progettazione di organizzazioni di prodotto e servizi sono:
Ciò che la Woodward non studia è la differenza fra le imprese manufatturiere e quelle dei
servizi. Le organizzazioni di servizi conseguono il loro obiettivo primario attraverso la
produzione e la fornitura di servizi. Il settore dei prodotti e servizi è posizionato al centro
di questi due settori, un esempio è quello dei fast food, deve garantire un output tangibile e
un servizio.
Le principali differenze rispetto a quelle manifatturiere sono:
• Il servizio è erogato nel momento in cui viene prodotto (contemporaneità), mentre nel
settore manufatturiero è possibile lo stoccaggio (che ha un costo ovviamente)
• Il settore dei servizi è labor & knowledge intensive, la manifattura è capital
intensive (ci sono input di trasformazione)
• Nei servizi la qualità è difficile da misurare, nei beni tangibili è invece più facile (su
TripAdvisor non c’è un giudizio univoco su un ristorante, mentre è oggettivo
determinare il corretto funzionamento di un motorino ad esempio)
• Nei servizi il luogo di erogazione è importante così come il tempo di risposta, nel
settore manufatturiero non è essenziale il luogo di produzione (moderatamente
importante) e il tempo di risposta può essere vario.
• Nel settore dei servizi si osservano organizzazioni con più innesti organici,
presentando una prevalenza del modello organico nei principi organizzativi rispetto
a quello meccanico.
Infine, l’approccio dei sistemi socio-tecnici riconosce l’interazione delle esigenze tecniche
e di quelle umane che si verifica in un’efficace attività di job design, combinando le necessità
delle persone con la necessità di efficienza tecnica da parte dell’organizzazione.