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CAPITOLO 1

ORGANIZZAZIONI e PROGETTAZIONE
Fin dalla nascita la nostra vita è scandita dalla presenza di grandi organizzazioni. Banche,
scuole, ospedali, studi medici, comuni, etc., ne sono tutti degli esempi e, seppur molto
diverse le une dalle altre, ciò che le accomuna sono i seguenti elementi:
• Essere costituite da Persone
• Avere Obiettivi e Risultati da raggiungere
• Avere una Struttura progettata con precisione
• Relazionarsi con l’ambiente esterno
• Utilizzano Risorse per raggiungere i propri fini
Le sfide organizzative principali sono la globalizzazione, competizione, etica ed
incompatibilità, rapidità di risposta, social business e Big Data. Le organizzazioni sono
entità sociali, guidate da obiettivi, progettate come sistemi di attività deliberatamente
strutturati e coordinati che interagiscono con l’ambiente esterno.

All’interno di un’organizzazione, come ad esempio quella aeroportuale, si trovano una serie


di attori operanti ciascuno nel suo ambito di competenza (hostess, piloti, addetti
manutenzione, amministratori…); lo scopo ultimo (mission) di un aeroporto è la partenza e
l’atterraggio dei velivoli, e qui si nota quanto differenti possano essere le organizzazioni alla
base di diversi aeroporti a seconda delle dimensioni. Le operazioni messe in essere dai
diversi attori necessitano quindi di una diversa cadenza a seconda della necessità
dell’aeroporto (un volo ogni ora o uno ogni tre minuti). L’aeroporto funziona, ed è quindi
performante, quando non ci sono ritardi o i clienti sono soddisfatti e altri fattori, i quali
necessitano tutti di un corretto ed efficace svolgimento dei propri compiti da parte degli
attori in maniera coordinata, agendo secondo regole predeterminate. Il coordinamento
è di fatti alla base dell’organizzazione. Risulta quindi complessa l’organizzazione e la
gestione degli attori in un aeroporto (o in un’azienda) in cui gli attori sono molteplici.
Utilizzare al meglio i propri fattori produttivi significa ottimizzare le risorse a seconda delle
esigenze, massimizzando la loro utilità. Nello svolgimento dei vari task aziendali non è
necessaria una sequenzialità ma anzi si ricerca spesso la simultaneità fra operazioni (check-
in mentre l’aereo deve ancora atterrare), ad esempio Ryanair è riuscita a creare un modello
organizzativo tale da permettere al velivolo di stare in media solo 30 minuti a terra prima di
decollare nuovamente.

Daft ha definito l’organizzazione come entità sociale, della quale fanno parte individui che
non operano a caso ma per raggiungere determinati obiettivi (in comune), progettate come
sistemi di attività coordinate, dove tutto è influenzato dall’ambiente esterno con il quale
questa interagisce. Ciò vuol dire che nell’ambiente possono accadere eventi che influiscono
sulle scelte e sull’organizzazione (es. sciopero dei lavoratori aeroportuali o fenomeni
atmosferici). Nel 2023 progettare e gestire un’organizzazione è più complesso a causa
dell’incertezza: questa è generata dalle variabili ambientali che possono modificare l’operato
dell’organizzazione, come il Covid che ha generato il boom degli e-commerce o dei nuovi
metodi di comunicazione interna aziendale (Zoom, Google Meet) influenzando gli asset
organizzativi delle aziende. L’ambiente incerto però non è legato solo ad eventi catastrofici
su scala mondiale come il Covid, ma si riferisce anche alle tecnologie che diventano
obsolete dopo pochi anni, ai gusti dei consumatori sempre in costante variazione. Fra le
sfide organizzative, dunque, rientra la globalizzazione che vede organizzazioni diverse in
diverse parti del mondo, la competizione crescente, gli standard etici richiesti e
l’ecocompatibilità così come molte altre sfide, maggiori rispetto al passato.

Ogni organizzazione è descritta da specifici tratti della sua struttura. È possibile distinguere
due tipologie di dimensioni organizzative:
• Le dimensioni strutturali descrivono le caratteristiche interne dell’organizzazione e
permettono un confronto con altre organizzazioni
• I fattori contingenti riguardano l’organizzazione nella sua totalità e l’ambiente
organizzativo che influenza la sua struttura, ossia ambiente, obiettivi, dimensione,
cultura e tecnologia

Le dimensioni strutturali interne di un organizzazione sono:


• La formalizzazione è l’ammontare di discrezione che gli attori hanno nell’eseguire i
propri task, ossi quanto le persone devono seguire regole, procedure, standard. Il
rispetto di uno standard, come il cetriolo nel Big Mc, comporta un alto livello di
formalizzazione che non ammette difformità rispetto alle regole prestabilite
(discrezionalità zero); differentemente un medico ha formalizzazione molto bassa
poiché la cura del paziente è affidata alla sua indipendente discrezionalità e scelta.
• La specializzazione si riferisce alla conoscenza approfondita di un basso numero di
elementi/cose da parte di attori appunto specializzati e alla razionale divisione del
lavoro fra questi. In chirurgia, ad esempio, la specializzazione era unica un tempo
mentre oggi le specializzazioni sono almeno ventisei (alta specializzazione).
• La gerarchia è un concetto semplice “Chi riporta a chi? Chi è posizionato sopra
gerarchicamente?” e via dicendo. Lo Span of control si occupa del “quante persone
ha mediamente come subordinato un capo” (aziende dove i subordinati a un capo
sono 3 e altre in cui sono 30) a seconda dei fattori contingenti.
• La complessità è il numero di diverse unità o attività all’interno dell’organizzazione.
• La centralizzazione riguarda il luogo organizzativo in cui vengono prese le decisioni:
può essere un solo attore ad avere autonomia decisionale così come molteplici; si
studia in questo modo come i fattori contingenti influenzano il grado di autonomia.
Queste dimensioni strutturali variano al variare dei fattori contingenti, alcuni esempi di questi
sono la tecnologia, le strategie intraprese, la cultura, l’ambiente e via dicendo. Queste
verranno analizzate singolarmente più avanti nei capitoli del Daft. La complessità è una
variabile di sfondo delle dimensioni strutturali che non rientra fra le quattro fondamentali ma
verrà menzionata successivamente in un capitolo.

I fattori contingenti principali delle organizzazioni sono:


• Dimensione: numero di dipendenti, fatturato (poco usato)
• Tecnologia: strumenti, tecniche e azioni utilizzate per trasformare gli input in output.
• Ambiente: gli elementi esterni ai confini dell’organizzazione (es. settore di attività, pubblica
amministrazione, clienti, fornitori, comunità finanziaria etc.).
• Obiettivi e strategia: lo scopo e le tecniche competitive che distinguono l’organizzazione
dalle altre
• Cultura: l’insieme di valori fondamentali, convinzioni, conoscenze e regole condivise dal
complesso dei dipendenti.

Gli stakeholder sono portatori di interessi nei confronti di un’azienda, e per progettare
un’organizzazione che funzioni bisogna tener conto di questi elementi che ruotano attorno
l’organizzazione stessa: per farlo bisogna soddisfare le loro aspettative. Questi sono i
lavoratori, il manager, gli azionisti e creditori, i fornitori, le banche, i sindacati, la comunità e
le istituzioni e anche i clienti. Sempre di più le organizzazioni hanno a cuore il benessere
della comunità in cui operano, e perciò si è diffusa la cosiddetta “moda” secondo cui le
organizzazioni oggi fanno il bilancio sociale, rendicontando anche la disclosure delle
informazioni utili a riportare quanto è stato fatto per la comunità (donazioni, emissioni di Co2
ridotte, atti benevoli di finanziamento, costruzioni per la comunità). Ciò avviene perché se
gli stakeholders sono contenti allora le istituzioni saranno favorevoli a concedere bonus o
ad aiutare quelle organizzazioni che si sono rivelate meritevoli di attenzioni. È importante
sottolineare come ciascuna delle categorie di stakeholders va’ soddisfatta.
Le teorie organizzative che accenneremo sono quattro e sono i capisaldi
dell’organizzazione, si tratta di teorie dell’inizio novecento. I soggetti sono ad esempio Henry
Ford o Max Weber che hanno lasciato il segno nelle teorie organizzative aiutando chi negli
anni a venire si è posto di fronte ad un problema di tipo organizzativo.

Il primo che studieremo è il caso Henry Ford con il Fordismo, ovvero il modo di rispondere
al problema organizzativo e ideato dallo studioso Frederik Taylor; siamo nell’inizio del 1900
e lo scenario socioeconomico che caratterizza l’epoca è l’elevata possibilità di manodopera
con molte persone, poco scolarizzate e molto povere, che si spostavano da campagna a
città in cerca di un lavoro. Il problema delle fabbriche non era la produzione ma la
massimizzazione di questa, essendo il mercato talmente grande e nuovo da assorbire tutti
i prodotti immediatamente, dando vita all’organizzazione scientifica del lavoro, ideata da
Taylor e applicata dalla Ford sulla T1, il primo modello ad essere prodotto e venduto in
massa. Il processo complesso di costruire un’automobile comincia a suddividersi di volta in
volta ogni parte fino ad arrivare a funzioni elementari così da “elementarizzare” ogni
funzione (es. avvitare un bullone), così che anche persone così poco scolarizzate riescano
a svolgere semplici funzioni; la sommatoria di queste numerose microattività renderanno un
prodotto finito e realizzabile su larga scala. Altro processo è quello di cronometrare le
mansioni di un lavoratore e vedere quanto impiega a svolgerle, in seguito si rapporta il tempo
necessario alla mansione rispetto alle ore lavorative del lavoratore stesso e si tira fuori uno
standard valido per tutti, standardizzando processi e tempi di lavorazione. Il termine
“stacanovista” nasce da Stakanov, un operaio russo che costantemente migliorava le sue
prestazioni in termini tempistici portandosi al limite, abbassando il tempo standard. Taylor
dimostrò che attraverso una selezione accurata, calcolando i tempi e spingendo al massimo
sulla produttività delle persone si poteva aumentare di quattro volte la produttività, in questo
caso nello scarico di acciaio dai vagoni a Bethleem Steel. Per quanto la teoria fosse
estrema, questa risulta molto attuale per la produttività e viene comunemente chiamata con
il nome di Teorica meccanicistica-razionale. Dunque, l’approccio di Taylor richiama:
• Standardizzazione delle procedure
• Selezione dei lavoratori sulla base delle capacità
• Pianificazione attività, addestramento incentivi salariali per incrementare output
Il secondo è Fayol, l’inventore dell’organigramma: a differenza di Taylor, secondo Fayol
tutte le organizzazioni vanno articolate in cinque funzioni fondamentali, a prescindere da
ciò che fanno:
• Tecnica: riguarda la produzione (operai, fabbriche).
• Commerciale: chi vende e piazza i beni sul mercato.
• Sicurezza: il concetto è diverso da quello moderno (sicurezza sul lavoro), ma riguarda
la protezione dei beni aziendali evitando furti, danneggiamenti o eventi simili.
• Contabilità: misurazioni di ogni tipo, consumi, costi, oggetti di costo
• Direttiva: è la funzione più importante dove è collocato il management
La funzione direttiva si occupa di definire l’organigramma aziendale; Fayol, oltre che definire
le cinque funzioni da lui proposte, introduce linee guida, i principi fondamentali
dell’organizzazione:
• Divisione del lavoro: il lavoro va’ suddiviso in maniera chiara e inequivocabile in modo
che ogni lavoro sia colmato da un ben definito lavoratore.
• Unità di comando: un progetto deve avere un solo capo à esiste solo un capo di
riferimento
• Unità di direzione: a capo di un’organizzazione ci deve essere un solo
direttore/capo/manager
• Autorità e responsabilità: concetti strettamente legati (ma che spesso non viaggiano
insieme)
• Gerarchia: tutte le relazioni devono essere organizzate in modo gerarchico
• Sistemi retributivi: introducendo concetti come il contratto di lavoro e rapporto di
dipendenza
Si può dire che il modello di Fayol è il modello di approccio gerarchico di direzione
amministrativa.

Il terzo è Max Weber con il modello burocratico: la sua è una visione di organizzazione
razionale che vuole istruire tutti i processi organizzativi mettendoli per iscritto, ponendoli
quindi tutti di fronte ad una norma/regola scritta che regola tutta la popolazione di individui
interni. L’approccio non permette discrezionalità perché è tutto prestabilito anteriormente e
non c’è altra interpretazione dei processi se non quella che è possibile visualizzare sulla
norma. Enfatizza la progettazione e la gestione delle organizzazioni in un’ottica impersonale
e razionale:
• obbedienza solo a doveri di ufficio
• autorità legale (norma, procedura) e responsabilità ben definite
• precisa gerarchia
• precise competenze
• selezione in base a qualificazione e specializzazione
• professionalità e esclusività
• carriera per anzianità
• disciplina
Vennero così introdotte le competenze e la disciplina, che premiava i dipendenti che
rispettavano le norma e agivano senza violarle. Altro principio introdotto è l’esclusività: se
lavori per un’organizzazione non puoi in alcun modo lavorare con altre organizzazioni.

La scuola classica ha manifestato però dei grandi limiti, soprattutto la Teoria di Taylor
dovuti alla sua scarsa considerazione di alcuni processi: non aveva considerato che a
lavorare sono le persone, diverse fra loro, con parametri diversi e certamente non tutti
stakanovisti. Ciò portò ad un incremento di infortuni e incidenti, i quali provocavano
l’interruzione della catena di montaggio e quindi una gran perdita di produttività, ricordando
che l’obiettivo era la massimizzazione della produzione. Il problema sorgeva ovviamente
anche da un punto di vista sociale: la fabbrica non era moderna ma erano posti bui che
portavano le persone a provocare incidenti e ad essere meno produttivi. Quanto al modello
burocratico di Weber, utilizzato nella gran parte nelle banche, prevedeva la stessa funzione
svolte anno dopo anno dai lavoratori, come poteva essere timbrare un foglio o redigere gli
stessi documenti; la diretta conseguenza alla noia dei lavoratori è la scarsa produttività.

Uno studioso di nome Mayo è stato il primo a condurre esperimenti, resi noti come
Esperimenti di Hawthorne, facendo partire un nuovo filone di studi che superava e
ammorbidiva la scuola classica. Fra i suoi principi risulta la rilevanza dei rapporti informali
sul posto di lavoro, non solo per un discorso psicologico ma anche perché si instaura uno
scambio che fa bene all’organizzazione: Motivazione e produttività sono influenzate da
situazioni di contesto quali:
• Coinvolgimento
• Ambiente sociale e le relazioni “informali” tra persone
• Condizioni fisiche
• Gli incentivi non-economici rivestono la massima importanza
• Un elevato livello di specializzazione non è la più efficiente forma di attribuzione dei
compiti
Gli incentivi non economici acquisiscono un ruolo importante; la troppa specializzazione
viene sostituita con la variazione, il job rotation. Questi percorsi circolari sono propedeutici
per un percorso di carriera verticale. Ultimo tema è il coinvolgimento delle persone: se
coinvolgo i lavoratori questi sono più motivati, soprattutto nelle decisioni interne fra
dipendente e capo.

Si arriva infine al modello contingente di Daft, autore del libro, che trova un adattamento
razionale fra le dimensioni strutturali interne e le dimensioni contestuali. Teoria contingente
vuol dire approccio situazionale/del momento; la teorica classica (Mayo a parte) prevedeva
la “one best way”, mentre il modello contingente è “one best fit” che presuppone che non
esiste una struttura o un approccio universalmente riconosciuto come migliore, ma anzi le
strutture si adattano a seconda dei casi. Il Daft si è però inventato quali possono essere i
fattori migliori al variare dei fattori contingenti.

Il modello meccanico riguarda principi di organizzazione dove è prevista alta


formalizzazione, alta specializzazione, una scala gerarchica rigida, una struttura
centralizzata e comunicazione verticale.
Il modello organico è l’opposto perché presenta poche regole e poca formalizzazione con
alta discrezionalità, autonomia decisionale anche a livelli più bassi, organizzazione piatta e
comunicazione orizzontale, ruoli allargati e struttura decentralizzata. Questi sono gli estremi
opposti della struttura organizzativa.
CAPITOLO 2
STRATEGIA, PROGETTAZIONE ed EFFICACIA
Ogni organizzazione esiste perché ha uno scopo: il Top Management definisce la direzione
strategica che l’organizzazione deve perseguire e la missione specifica da realizzare. Il
punto di partenza nella gestione strategica di un’organizzazione è l’analisi SWOT
(strenghts, weakness, opportunities and threats) che mira a capire i punti di forza e di
debolezza (interni all’ambiente organizzativo) e le opportunità o minacce (nell’ambiente
esterno). Questo tipo di analisi è particolarmente importante per l’outsourcing, dovendo le
aziende valutare se conviene produrre internamente (punti di forza o debolezza) o
esternamente (opportunità di produrre all’estero aumentando l’efficacia o riducendo i costi).
Ciò implica che tutte le energie e le risorse dell’organizzazione siano indirizzate verso un
obiettivo generale ben definito, unificante e convincente:
• La MISSIONE (obiettivo ufficiale) è l’obiettivo generale dell’organizzazione e consiste
nella visione, valori condivisi e ragion d’essere dell’organizzazione stessa. È un
importante strumento di comunicazione.
• Il VANTAGGIO COMPETITIVO è ciò che contraddistingue un’organizzazione dalle
altre e le offre la capacità di soddisfare i clienti nel mercato.
• La COMPETENZA DISTINTIVA è qualcosa che l’organizzazione fa particolarmente
bene rispetto ai concorrenti.
La gestione strategica si articola in due momenti:
• Definizione di mission e obiettivi ufficiali
• Traduzione di mission e obiettivi ufficiali in “numeri” da poter monitorare
Bisognerà poi fare scelte di strutturazione e selezionare un modello organizzativo valido ed
efficace, in caso contrario risulterà necessario ricominciare con la pianificazione strategica.
Oggi i piani strategici annuali vanno per la maggiore, prima invece i piani erano addirittura
quinquennali. Le due fasi precedentemente citate cominciano con la definizione della
mission e degli obiettivi ufficiali: la mission è il motivo ufficiale, la ragion d’essere di
un’azienda ed è un’importante strumento di comunicazione; risulta essere come la
“costituzione aziendale” inderogabile. Nell’ambito degli obiettivi ufficiali sono due le
domande fondamentali: “Qual è il nostro vantaggio competitivo? Qual è la nostra
competenza distintiva?” dove il vantaggio competitivo è il carattere distintivo che induce i
clienti a scegliere l’azienda in questione rispetto ai competitor, in genere rientra nella mission
ed è facilmente riconoscibile. Gli obiettivi ufficiali, dunque, riguardano la mission e i valori
sui quali si fonda l’azienda come il motivo dell’esistenza, gli obiettivi operativi invece
designano fini specifici perseguiti mediante procedure operative, come performance
generale (redditività, crescita, volume output o erogazione di p&s entro certi budget), le
risorse (acquisizione dell’ambiente e delle risorse necessarie, il mercato (quota o posizione
di mercato desiderata), lo sviluppo del personale (formazione, promozione, sicurezza e
crescita), la produttività (output ottenuto in base alle risorse) e l’innovazione e cambiamento
(sviluppo di nuovi specifici servizi, prodotti o processi produttivi e capacità di adattarsi ai
cambiamenti ambientali.

Una strategia è un piano per l’interazione con l’ambiente competitivo volto a raggiungere
gli obiettivi organizzativi. Si studieranno tre approcci strategici di cinque autori in tutto:
strategie competitive di Michael Porter, le strategie di Miles e Snow e infine la Ocean blue
di Kim e Mauborgne. Porter dice che ci sono due strategie competitive, ovvero la leadership
di costo oppure la differenziazione, applicabili ad un ambito competitivo ampio o
ristretto/locale. Quanto alla leadership di costo (modello meccanico) un esempio perfetto
è Ryanair, con un approccio organizzativo molto estremo che prevede il mantenimento dei
prezzi massi in seguito ad uno studio ed un’analisi ferrea (approccio simile al taylorismo)
che spinge alla massimizzazione dell’efficienza in termini di tempistiche e utilizzo della forza
lavoro, un approccio quasi ossessivo volto alla riduzione dei costi. L’ambito competitivo è
essenziale per comprendere l’approccio strategico da eseguire, soprattutto per quanto
riguarda la differenziazione del mercato in cui si compete, ad esempio su scala globale o
su un mercato ristretto. Secondo Michael Porter il vantaggio competitivo deve essere chiaro,
prezzo (leadership di costo) o differenziazione dell’impresa/prodotto, a seconda dell’ambito
competitivo che può essere su larga scala o ristretto (anche per “segmentazione di utenza”).
Miles & Snow, a differenza di Porter, propongono invece quattro alternative strategiche,
esplorazione, difesa, analisi e reazione, ognuna con rispettiva progettazione organizzativa:
• Esplorazione: (innovare, rischiare, crescere… es. Google) in cui si punta tutto sul
creare qualcosa che prima non c’era. Le aziende che adottano questa strategia
investono continuamente in innovazione e R&S, reagendo così al mercato e alle sue
continue innovazioni. L’orientamento è all’apprendimento, la struttura necessita
invece di essere fluida, flessibile, decentralizzata e con ampi spazi per la ricerca.
L’imprenditorialità viene premiata così come la creatività, richiamando un approccio
organizzativo “organico”. Si rischia.
• Difesa: (stabilità, efficienza, controllo… es. Paramount) per strategia di difesa si
intende una strategia con termini chiave quali stabilità, efficienza e controllo; il caso
Paramount dal punto di vista strategico ha un approccio chiaro ed evidente poiché
mai produrrà un film rivoluzionario (no ai film disruptive come Avatar). In questo caso
si punta al mantenimento del proprio status d’impresa e anzi al miglioramento
continuo, in termini di efficienza, delle funzioni già messe in essere (caso film:
assicurandosi sempre un tot numero di proiezioni, di canali e di rendimento), traendo
il massimo da ciò che già c'è. La responsabilizzazione è bessa e la supervisione è
accentrata. Non si assumono rischi.
• Analisi: (stabilità e innovazione periferica… es. Amazon, Sony) combinazione delle
precedenti; Amazon ha un business, ossia l’e-commerce, che è ormai consolidato o
anche monopolista per certi aspetti, qui ovviamente ci si aspetta una strategia di
difesa, al contrario ha provato diverse volte a fare innovazione lanciando nuovi
prodotti (Alexa, Prime video…) con strategie esplorative. Dal punto di vista
organizzativo l’approccio migliore è il cosiddetto ambidestro, inteso come la divisione
di una parte di organizzazione con un modello meccanico/difesa e un’altra parte
organico/attacco. L’orientamento è all’efficienza e all’apprendimento, controllando i
costi, la flessibilità e l’adattabilità; anche per le linee di prodotto consolidate è previsto
un orientamento all’efficienza.
• Reazione: (necessità immediate… DELL) una NON strategia che si rappresenta con
l’osservare i mercati e il loro andamento, senza alcun approccio predefinito. DELL e
Lenovo sono i più grandi venditori di computer al mondo, ma quanto alla prima si è
certi che non fa dell’innovazione un carattere tipico dell’impresa (“la rivoluzione non
verrà da DELL), che punta invece ad una reazione immediata (on demand) in base
alla situazione.

Si passa invece alla Blue Ocean Strategy, di Kim & Mauborgne, propone un approccio
rivoluzionario eludendo le indicazioni sopracitate di lotta contro la concorrenza. I due autori
spiegano il successo delle imprese in questione e di conseguenza la strategia applicata per
arrivare a questo successo. L’approccio tradizionale si basava sulla “sanguinosa guerra fra
corporation nell’Oceano rosso” per acquisire clienti e quote di mercato; i due autori hanno
identificato l’approccio Strategia Oceano blu, differente dall’Oceano rosso poiché non dice
di andare contro altri competitor, ma anzi dice di “esplorare l’Oceano blu” non ancora
esplorato. Un esempio famosissimo è la Nintendo Wii, rivale di Microsoft e Sony nella
gaming industry che si scontravano continuamente, la quale prima di affermarsi ha deciso,
attraverso ampi investimenti volti a comprendere il settore, di non fare la guerra a Sony e
Microsoft (ormai colossi finanziari e a livello di brand): analizzarono come il cliente gamer
era un maschio fra i 13 e i 25 anni, lasciando così scoperta la fetta di mercato di bambini,
donne, adulti e famiglie in generale. Crearono così un dispositivo (joystick) diverso che ha
permesso di sviluppare prodotti e giochi adatti ad un pubblico totalmente differente, creando
un mercato inesplorato in cui entrare da “esploratore”, nonostante il rischio fosse altissimo.
Successivamente dopo dieci anni Microsoft e Sony ancora non riescono a raggiungere i
risultati ottenuti da Nintendo Wii. Altro esempio è il Cirque du Soleil, il quale ha tagliato le
spese sostenute per gli animali ampliando l’aspetto teatrale, aumentando i prezzi e
puntando ad un segmento di mercato nuovo.

Quando vado a misurare l’efficacia organizzativa:


• L’approccio più diffuso è l’approccio basato sugli obiettivi, il quale consiste
nell’identificare obiettivi che pone enfasi sugli output di un’organizzazione utilizzando
indicatori come redditività, quota di mercato, crescita, responsabilità sociale e qualità
di prodotto. Nei piani strategici, ad esempio biennali, si legge “da qui a due anni la
quota di mercato deve passare da 10% a 18%”. Si misura guardando il
raggiungimento di tali obiettivi e quindi il risultato del proprio operato (output).
• Altro approccio invece è l’approccio basato sulle risorse, e quindi sugli input e sulla
capacità di gestione delle risorse. Si basa sulla capacità di ottenere risorse scarse e
di valore, integrandole con successo; gli indicatori sono la posizione negoziale,
capacità di interpretare e sfruttare l’ambiente, capacità di utilizzare risorse tangibili
(forniture e persone) e intangibili (conoscenze) e di rispondere ai cambiamenti legati
alla disponibilità. Tali metodi mirano a definire l’efficacia nel reperimento delle risorse,
e quindi nella progettazione organizzativa; un esempio è Telethon che raccoglie fondi
per finanziare progetti di ricerca medica, per valutare il suo operato non misura il
risultato dell’impiego dei soldi, ma misura la sua capacità di raccogliere fondi, e quindi
risorse.
• L’approccio basato sui processi interni è invece l’approccio che non guarda input
o output, bensì guarda al processo intermedio, ovvero di trasformazione basato sulla
produttività (rapporto input output) cercando di migliorare nel tempo. I processi interni
devono essere fluidi, ben funzionanti ed armonizzati, che assicurino un’elevata
produttività (le unità operative che non operano correttamente e non assicurano
produttività possono essere tagliate fuori o fuse fra loro per rispettare gli standard di
produttività aziendali). Indicatori sono il clima di lavoro/conflitti, la fiducia e il rapporto
tra dipendenti, l’efficienza interna, lo sviluppo dei dipendenti.
• Un altro approccio, che non prevede nulla di marcatamente prevalente e anzi
considera tutti questi aspetti in contemporanea, tirando dentro gli stakeholders, è
l’approccio dei costituenti
strategici o anche detto
approccio degli stakeholders
(un esempio è Facebook).
L’efficacia è misurata in base alla
soddisfazione degli stakeholder
chiave a seconda del processo di
riferimento. Indicatori:
• L’approccio dei valori competitivi tenta di bilanciare l’attenzione a diverse parti
dell’organizzazione invece che focalizzarsi su una di esse.
CAPITOLO 3
ELEMENTI FONDAMENTALI
DELLA STRUTTURA ORGANIZZATIVA
L’organigramma è uno strumento aziendale formato da caselline e linee, ossia riporti
gerarchici che indicano posizioni e gerarchie all’interno di un’organizzazione. Le componenti
chiave della struttura organizzativa sono il fatto che indica i rapporti di dipendenza formale,
come il numero di livelli gerarchici e span of control di manager e supervisori, indica il
raggruppamenti di individui in unità organizzative, comprende la progettazione di sistemi
che assicurino la comunicazione, il coordinamento tra le unità organizzative e l’integrazione.
Coordinare sinergicamente il lavoro in modo da rendere efficienti le posizioni e scegliere un
approccio funzionale all’attività sono i concetti chiave intorno ai quali ruota la composizione
dell’organigramma. I collegamenti possono essere di tipo verticale o orizzontale: verticali
sono quei collegamenti progettati per il controllo, ossia il rapporto gerarchico, le regole/piani,
i sistemi informativi verticali, mentre orizzontali sono i collegamenti progettati per
coordinamento e collaborazione come sistemi informativi, contatto diretto, task force, team
e integratore full time. Queste informazioni sono preliminari rispetto alle strutture
organizzative che verranno studiate.

La gerarchia può essere alta (gran numero di livelli gerarchici) o piatta (basso numero di
livelli gerarchici) ed è una scelta strutturale che varia a seconda del tipo di organizzazione.
Bisogna valutare una serie di vantaggi e svantaggi ai quali si va incontro nella scelta:
• Vantaggi nelle strutture alte:
o una maggiore specializzazione
o una profondità del livello, che può garantire in maniera più efficace il controllo
poiché ciascuno si concentra sulla produttività di chi è sotto di lui; risulta facile
controllare e individuare le falle nel sistema produttivo
o motivazione maggiore per le prospettive di carriera essendo maggiori le
opportunità di crescita vista la presenza di numerose unità organizzative poste
gerarchicamente
o span of control, ossia ampiezza del livello gerarchico, che in questo caso
facilità il lavoro di un supervisore essendo minore il numero di supervisionati
o il coinvolgimento dei livelli più bassi è maggiore
• Svantaggi nelle strutture alte:
o i costi della struttura sono maggiori poiché posizioni elevate nella gerarchia
aumentano i costi dovuti alla remunerazione degli attori posti in queste caselle
o si rischia una distorsione delle comunicazioni verticali e quindi una successiva
perdita di controllo; come se fosse un gioco “telefono senza filo”, si rischia che
la comunicazione che parte da A, va a B, per poi arrivare a G, perda il
significato originariamente voluto dall’unità organizzativa A
o distorsioni volontarie, ossia reinterpretazioni contornate da omissioni o
cambiamenti delle informazioni fra unità organizzative
o la lentezza del processo di comunicazione perché le persone da informare
sono maggiori e quindi si va ad intaccare la velocità delle decisioni
o rigidità e pesantezza sono causate da queste strutture gerarchiche e quindi si
è meno propensi al cambiamento
o demotivazione dovuta alla pesantezza della linea gerarchica e possibilità di
carriera non meritocratiche che spesso premiano l’esperienza in azienda e
non la qualità
Per quanto riguarda le strutture organizzative piatte basta invertire i pro e i contro della
struttura organizzativa alta; per questo motivo nessuna delle due scelte è sempre ottimale
in ogni situazione ma bisogna parametrare ciascuna scelta in base al mercato e all’azienda
stabilita.

Il grado di accentramento è regolato sul processo decisionale che considera in genere


quante decisioni vanno prese, il tipo di decisioni (critiche o meno importanti) e soprattutto il
margine di discrezionalità su queste (in assenza o meno di procedure già stabilite che non
danno spazio alla discrezionalità). Le decisioni possono essere quindi definite con un grado
di accentramento maggiore o minore; accentrare è inteso come riunire le decisioni nelle
posizioni più alte dell’organigramma, decentrare invece vuol dire delegare a posizioni
inferiori:
• Svantaggi dell’accentramento:
o è presente un sovraccarico del vertice che comporta tempestività e qualità
della risposta decisamente inferiori rispetto ad un decentramento decisionale
o lentezza nella risposta a problemi scomponibili
o non coincidenza fra informazioni e decisioni, ossia poca consapevolezza delle
condizioni locali sulle quali si prendono decisioni
o scarso sviluppo di competenze manageriali dovute alla facoltà di scelta
affidata solamente ad uno/pochi, non permettendo ad altri di sviluppare il loro
“saper scegliere” e rischiando di ritrovarsi in mani sbagliate in caso di
abbandono di manager
o possibilità di responsabilizzazione limitata e problemi di motivazione
• Vantaggi dell’accentramento:
o orientamento e prospettiva più generali
o sfruttamento delle competenze al vertice, ossia sfruttamento di manager e
attori molto capaci che, prendendo maggiori decisioni, avranno modo di dare
un grande contributo
o minori costi di struttura dovuti alle minori responsabilità delle posizioni inferiori
che non devono in questo modo percepire una remunerazione maggiore.

Anche qui pro e contro sono intercambiabili fra accentramento e decentramento come
quanto è stato valido per strutture organizzative piatte o alte.
Gli strumenti sono parametrati in base a quante risorse umane servono per il funzionamento
e anche lo sforzo organizzativo necessario al funzionamento. Lo strumento che si colloca
più in basso nel grafico è il sistema informativo, ossia un programma che serve ad
assolvere le funzioni di coordinamento, utilizza l’informatica ai fini del coordinamento (si
pensi al settore automotive dove il venditore approccia al cliente disponendo di informazioni
in merito a pronta consegna, ordini, arrivo permettendo di concedere sconti o di spingere
maggiormente in base alle informazioni fornite dal software); le risorse umane necessarie e
lo sforzo sono bassi, questo perché una volta implementato o creato è accessibile a tutti, è
inoltre possibile anche acquistare software già predisposti (molto utilizzato nel settore
bancario).

I contatti diretti sono invece uno strumento di coordinamento (di cui un esempio è visibile
nel settore sanitario) che consumano maggiormente le ore di risorse umane e lo sforzo
necessario al funzionamento, dove gli attori si occupano di coordinare le unità operative fra
loro. La collaborazione fra unità è essenziale per permettere un coordinamento efficace.

La task force è lo strumento di coordinamento più utilizzato di fronte a problemi o situazioni


particolari: con questo strumento, delle persone da unità organizzative differenti
temporaneamente si trovano a lavorare insieme per affrontare un determinato problema, i
quali un volta risolto il problema tornano alla loro posizione originale; la particolarità è infatti
la scadenza o temporaneità. Un esempio sono le task force create ad hoc per il Covid; altri
casi di task force si presentano di fronte ad una crisi o di fronte alla creazione/restauro di
nuovi progetti o prodotti o servizi. Si trova più in alto nel grafico perché coinvolge un numero
maggiore di persone e gli comporta uno sforzo superiore.

Il quarto è l’integratore full-time o project manager, figura individuata nell’organizzazione


al fine di garantire esclusivamente il coordinamento; gerarchicamente è posta lateralmente
rispetto alle funzioni dovendo solamente coordinare le unità (figure come il project manager
non riportano a nessuno) e non ha dipendenza funzionale rispetto ad altri. È un facilitatore
senza autorità in alcuni modelli, in altri ricopre invece una larga autorità sugli attori
organizzativi. In termini di ore e di impegno supera la task force poiché lo sforzo è volto solo
al coordinamento.

Il team è uno strumento particolare à è una task force permanente. Il gruppo è composto
da persone provenienti da ambienti organizzativi diversi che si trovano a lavorare a tempo
pieno insieme. Il Policlinico Gemelli ha adottato i team come strumento: da una parte ha i
classici dipartimenti funzionali (pneumologia, cardiologia) e dall’altra ha questi tumor board
per la cura di patologie tumorali, formati da attori di reparti diversi che ogni giorno lavorano
a stretto contatto (ad esempio anatomopatologi con oncologi o in generale colleghi con
specializzazioni differenti ma funzionali alla cura di quella patologia); gli indicatori spiegano
che, in questo caso, l’efficacia di questi team nella cura dei pazienti rispetto ai normali reparti
è superiore del 35%, solamente dal lato organizzativo quindi (non nuove tecniche o nuovi
farmaci). La dimensione organizzativa in questi casi riesce a spiegare una maggiore
efficacia e performance di unità organizzative.

STRUTTURA FUNZIONALE

La struttura funzionale di un modello organizzativo sta a dire che le unità sono allocate in
base all’attività che svolgono: raggruppo le attività in base alla funzione comune che le
persone svolgono; si creano contenitori/silos organizzativi fatti da persone che svolgono una
determinata funzione. La struttura come quella funzionale necessita di alcune condizioni per
essere implementata: è ideale per le aziende mono-prodotto o con pochi prodotti molto simili
tra loro, l’idea è sempre quella di sfruttare le economie di scala in modo da far diminuire il
costo marginale unitario all’aumentare della produzione. Il modello ha dei vantaggi e degli
svantaggi:
• Vantaggi:
o Specializzazione
o Focalizzazione
o Sviluppo di conoscenze e capacità approfondite
o Economie di scala
o Ideale per obiettivi di natura funzionale (“devo vendere tot”)
• Svantaggi:
o È un modello che si ispira molto al modello meccanico
o Tempo di risposta lento rispetto al cambiamento perché si concentrerebbe su
tutta l’organizzazione; è adatto a settori molto statici e poco dinamici
o Scarso coordinamento fra le funzioni organizzative, tutte incentrate su loro
stesse
o Sovraccarico della gerarchia e accumulo di decisioni al vertice
o Minore innovazione
o Implica una visione ristretta degli obiettivi organizzativi
I punti di debolezza vanno seguiti e stabilizzati ricorrendo a strumenti di coordinamento già
visti nei paragrafi precedenti, ad esempio un project manager esterno alle funzioni può
coordinare e aiutare la comunicazione ed il coordinamento fra le funzioni; in questo caso il
project manager non ha alcuna autorità ed è quindi un facilitatore. Anche i team sono utili
senza compromettere la struttura.

STRUTTURA DIVISIONALE

Qui si divide il lavoro rispetto all’output ci sono delle divisioni centrali che si chiamano
corporate, successivamente in ogni divisione sono presenti unità addette alle funzioni
relative a quell’output. Si nota subito la grande differenza rispetto al funzionale, essendo
una struttura che suddivide i dipartimenti in base al prodotto o servizio proposto
dall’organizzazione (es. prodotto A, prodotto B), il tutto quindi riporta alla dimensione
centrale corporate. Ogni unità è per così dire autonoma ed ha al suo interno tutto il
necessario a garantire l’output. Le divisioni possono essere create intorno a prodotti ma
anche intorto ad aree geografiche (es. unità Europa, unità America) o per categorie di
clienti (es. unità prodotti per golf, unità prodotti per tennis). Le divisioni sono anche
chiamate business unit. Il modello in questione è stato proposto nel tempo a fronte di livelli
di incertezza ambientale e dello scenario in cui si trovavano, per sopravvivere quindi hanno
adottato alcune strategie di diversificazione (una struttura funzionale che va in rovina
trascina in rovina tutta l’azienda), usufruendo della diversificazione di prodotti o servizi per
coprire eventuali crisi di prodotti o dipartimenti che fanno parte della struttura (es. se Virgin
fallisse con la divisione delle palestre, avrebbe diverse divisioni come la compagnia aerea,
le radio, pronte a fronteggiare le perdite e a risollevare l’azienda; anche Johnson & Johnson
gestisce circa 50 divisioni quasi come identità autonome sotto il cappello della corporate
che indirizza e coordina le unità; Nestlé usufruisce di una moltitudine di prodotti spaziando
da caffè, cioccolato, acqua). La struttura divisionale non permette di usufruire del know how
perche i prodotto o servizi spesso non hanno nulla a che fare fra le divisioni. Anche in questo
caso sono presenti vantaggi e svantaggi, opposti rispetto al modello funzionale:
• Vantaggi:
o Il divisionale è adattivo al cambiamento e garantisce dinamicità
o Responsabilità sul prodotto e sui punti di contatto sono chiari e il grado di
soddisfazione è superiore rispetto al funzionale
o Genera un alto grado di coordinamento fra le funzioni
o Permette alle unità di adattarsi a differenze di prodotto, geografiche o di
settore clienti
o Decentralizza notevolmente il processo decisionale evitando sovraccarichi al
vertice
• Svantaggi:
o Elimina l’utilizzo del know how
o Elimina le economie di scala nelle unità funzionali
o Porta a uno scarso coordinamento tra le linee di prodotto
o Rende difficili l’integrazione e la standardizzazione delle linee di prodotto

Le decisioni possono essere prese al vertice o essere spartite: il grado di


divisionalizzazione deve essere gestito ma si tratta di un argomento molto complesso;
agire sul grado di divisionalizzazione vuol dire stabilire quanta discrezionalità affidare nelle
decisioni aziendali, stabilendo il grado di autonomia delle unità divisionali. Supponiamo la
presenza di tre scenari:
• Accentramento à la decisione sono prese solo dal quartier generale, le divisioni
gestiscono solo la logistica operativa. Questo è uno scenario che si adatta a diversi
prodotti che richiedono materiali omogenei e quindi è ideale per le economie di scala
(richiesti grandi volumi di materiali simili). Lo svantaggio è che non è garantito che
tutte le unità organizzative necessitino degli stessi numeri di materie prime e
soprattutto nello stesso momento temporale rispetto alle altre divisioni della struttura.
• Decentramento à quando ognuno ha bisogno di materiali diversi, i prodotti sono ad
esempio molto diversi fra loro. L’autonomia delle divisioni è maggiore perché ognuna
di loro si occupa di un prodotto specifico diverso dagli altri che ha quindi necessità
diverse. La direzione generale svolge quindi una funzione indirizzo nei confronti delle
divisioni, consigliando mercati, svolgendo ricerche e indicando la direzione strategica
da intraprendere. Lo svantaggio è la perdita di economie sfruttabili, ma le gestione
logistica e tempistica è ottimale con questo grado di divisionalizzazione.
• Soluzione intermedia à accentramento sull’acquisto di materie comuni e convenzioni
più importanti; decentramento per quanto riguarda le funzioni minori di
approvvigionamento (sollecito, ricevimento, collaudo etc.). Si mettono quindi dei
confini all’autonomia decisionale delle divisioni, che potranno muoversi nei limiti e
nelle convenzioni prestabilite dalla direzione generale (ad esempio per spese
importanti è necessaria l’autorizzazione del direttore centrale). I vantaggi sono una
maggiore flessibilità gestionale ed organizzativa, gli svantaggi invece risiedono in una
maggiore necessità di coordinamento delle attività.

La STRUTTURA A MATRICE consiste nell’adozione simultanea di due o più criteri di


specializzazione, solitamente “funzioni e prodotti” o “funzioni e progetto”; prevede due capi
poiché si incrociano il funzionale con il divisionale: un esempio è avere un capo del prodotto
“condizionatori”, che dirige la produzione dei condizionatori e un capo del settore “Italia” che
dirige invece ogni funzione che concerne il mercato italiano. I manager di prodotti e funzioni
hanno la stessa autorità, sono corresponsabili del raggiungimento dei singoli obiettivi e i
dipendenti riportano ad entrambi (matrice di responsabilità)L’organigramma a matrice, oltre
a richiedere un approfondimento in merito a responsabilità e gerarchia dei direttori:
• Il management delle strutture funzionali ha funzione di selezionare specialisti per
progetti, offrire risorse e controllarne il rendimento
• Il management dei prodotti/progetti ha funzione di gestire i progetti, coordinare,
incentivare i membri, controllare costi
È una struttura ovviamente più complicata che richiede un maggior dispendio economico e
energetico per i gruppi di lavoro che devono rispondere a due responsabili. Tutto questo
porta conflitto, da non intendersi necessariamente come un male ma come un qualcosa da
gestire. Il grande pregio è che è utile a business che cambiano velocemente o quando il
mercato ha due richieste confliggenti fra loro. Le condizioni per garantirne l’implementazione
sono l’esistenza di una pressione a condividere risorse scarse tra le linee di prodotto
(professionalità specializzate) e una pressione ambientale verso due o più output critici;
inoltre, l’organizzazione deve operare in un ambiente instabile e complesso con un vasto
aggiornamento dei prodotti (prodotti a breve ciclo di vita, necessità di svolgere attività interne
di sviluppo tecnologico e strategie di differenziazione). Anche in questa struttura sono
presenti dei punti di forza e dei punti di debolezza ossia:
• Vantaggi
o Realizza il coordinamento necessario per far fronte a richieste duali da parte
dei clienti
o Assicura la condivisione flessibile delle risorse umane tra i prodotti
o Si adatta a decisioni complesse e cambiamenti frequenti (in ambienti instabili)
o Offre opportunità per lo sviluppo di competenze funzionali e di prodotto
(entrambe)
o È da preferire in organizzazioni di media grandezza con molteplici prodotti
• Svantaggi
o Espone i partecipanti ad una duplice autorità, creando confusione
o Implica la necessità che i partecipanti abbiano buone capacità interpersonali
e ricevano una formazione adeguatamente approfondita, in assenza di queste
doti risulta complesso gestire la mole di coordinamento necessaria
o Assorbe molto tempo e molte risorse, comportando riunioni frequenti e
sessioni di risoluzione di conflitti interni
o Non può funzionare se i partecipanti non la comprendono e non adottano
relazioni collegiali anziché verticali
o Richiede grandi sforzi per mantenere un bilanciamento di potere

La STRUTTURA ORIZZONTALE, o STRUTTURA PER PROCESSO è una struttura che


divide i dipartimenti in base a processi, i quali ricevono un input e dai quali deriva un output.
La struttura per processo è la struttura “teoricamente” perfetta perché si rifà a ciò che
succede veramente in azienda e a ciò che il cliente osserva, ma la sua realizzazione è
particolarmente difficile. Tutti i dipendenti sono formati in modo trasversale e lavorano in un
determinato processo, eliminando virtualmente le gerarchie verticali e i confini tra le unità
organizzative – struttura creata intorno a processi chiave interfunzionali. I process owner
hanno la responsabilità di ogni processo chiave completo, i clienti sono il fattore guida
dell’organizzazione e la cultura che vige in strutture organizzative come questa è l’apertura
e la fiducia nella collaborazione, auspicando al miglioramento continuo e alla
responsabilizzazione. Fasi intermedie sono processo owner à analisi di mercato à ricerca
à pianificazione di prodotto à testing à consegna al cliente. Pro e contro sono:
• Vantaggi
o Promuove la flessibilità e la velocità di reazione ai cambiamenti nei bisogni dei
clienti che comunicano direttamente
o Focalizza l’attenzione verso la creazione di valore per il cliente aumentandone
grado di soddisfazione e fidelizzazione
o Ogni dipendente ha una visione più ampia degli obiettivi organizzativi
o Promuove il lavoro di gruppo e la collaborazione
o Offre ai dipendenti l’opportunità di condividere responsabilità e presa di
decisioni
• Svantaggi
o La determinazione dei processi chiave è lunga e difficile
o Richiede cambiamenti nella cultura, nella progettazione di mansioni, nella
filosofia di management e nei sistemi informativi di ricompensa
o I manager tradizionali possono essere restii ad abbandonare potere e autorità
o Richiede una formazione significativa dei dipendenti per permettere loro di
lavorare in maniera efficace in ambienti di gruppo orizzontali
o Può limitare lo sviluppo di competenze approfondite

La STRUTTURA A RETE o MODULARE è utile per le start-up, ad esempio, ed è formata


da gruppi di lavoro o anche imprese che costituiscono una rete. L’organizzazione appalta
molti processi principali ad aziende separate coordinando la loro attività (outsourcing), la
comunicazione avviene attraverso internet o comunicazione in rete e ci si coordina per
mezzo del mercato. Il centro ha il controllo su processi di cui possiede competenze distintive
o difficili da imitare. Pro e contro:
• Vantaggi
o Consente anche alle organizzazioni di piccole dimensioni di operare su scala
globale e di attingere a risorse internazionali
o Conferisce all’azienda un ampio raggio di azione senza la necessità di
effettuare grandi investimenti in impianti, macchinari o strutture di distribuzione
o Consente all’organizzazione di essere altamente flessibile e di fornire una
risposta ai bisogni mutevoli
o Riduce notevolmente i costi amministrativi

• Svantaggi
o I manager spesso non hanno il controllo su molte attività svolte dai dipendenti
e anche su questi
o Richiede una grande quantità di tempo per gestire le relazioni e i potenziali
conflitti con i partner
o Comporta un rischio di fallimento organizzativo se un partner non effettua le
consegne o cessa le attività
o La fedeltà dei dipendenti e la cultura aziendale possono essere deboli perché
i dipendenti hanno la sensazione di poter essere sostituiti da servizi a contratto

Infine, si trova la STRUTTURA IBRIDA che combina le caratteristiche di vari approcci


adattati alle necessità strategiche e che viene utilizzata in ambienti di rapido cambiamento
– garantisce flessibilità.
CAPITOLO 4
AMBIENTE ESTERNO
Quando si parla di ambiente in organizzazione aziendale ci si riferisce ad un qualcosa di
complesso; sicuramente i concorrenti, la competitività, i settori collegati ne fanno parte, tanto
che la lista è estremamente lunga:
a) SETTORE DI APPARTENENZA: Concorrenti, dimensione, del settore e
competitività, settori collegati
b) MATERIE PRIME: Fornitori, produttori, beni immobili, servizi
c) RISORSE UMANE: Mercato del lavoro, agenzie di collocamento, università,
scuole di formazione, dipendenti in altre aziende, sindacalizzazione
d) RISORSE FINANZIARIE: Mercati azionari, banche, risparmi e prestiti,
investitori privati
e) MERCATO: Consumatori, clienti, potenziali utilizzatori di prodotti e potenziali
utilizzatori di servizi
f) TECNOLOGICO: Tecniche di produzione, conoscenze scientifiche, computer,
information technology, e-commerce
g) CONDIZIONI ECONOMICHE: Recessione, tasso di disoccupazione, tasso di
inflazione, tasso di investimento, parametri economici, crescita
h) GOVERNATIVO: Città, Stato, leggi e regolamenti, tasse, servizi, sistema
giudiziario, meccanismi giuridici; Competizione e acquisizioni da parte di
aziende straniere, ingresso in mercati esteri, dogane, regolamentazioni, tassi
di cambio
i) SOCIOCULTURALE: Età, valori, convinzioni, educazione, religione, etica del
lavoro, movimenti dei consumatori ed ecologisti

L’ambiente influenza le organizzazioni per il bisogno di ottenere informazioni sull’ambiente


(razionalità limitata) e per il bisogno di ottenere le risorse dall’ambiente. L’ambiente di
riferimento ha a che vedere con i settori con cui l’organizzazione interagisce in modo diretto
e di cui una variazione può avere un impatto immediato sugli obiettivi strategici; esempi
sono il settore di appartenenza, di materie prime, di risorse umane e finanziarie, del mercato.
L’ambiente generale è invece comprensivo dei settori che non hanno un impatto diretto ma
che possono influenzarle nel tempo indirettamente, come settore delle condizioni
economiche, governativo, socioculturale, tecnologico. I livelli di certezza o incertezza
dipendono da caratteristiche ambientali: semplicità-complessità o stabilità-instabilità.
• La complessità ambientale è uno dei fattori contingenti: la complessità aumenta
all’aumentare del numero di fattori esterni che possono influenzare l’organizzazione,
ovvero la differenza fra i fattori che possono essere influenti sull’organizzazione; la
semplicità è l’opposto.
• Il dinamismo ambientale è un'altra caratteristica e si riferisce alla sfera ambientale,
ai suoi cambiamenti e alla loro frequenza/velocità: si parla di instabilità quando la
sfera ambientale muta frequentemente ovvero repentinamente, stabilità fa invece
riferimento a sfere ambientali non soggette a cambiamenti.

Come rispondono le organizzazioni al crescere dell’incertezza? Qual è la loro reazione?


Risposte sono di tipo: aumentare la complessità interna, incrementando il numero di
posizioni e unità organizzative; costruire relazioni; differenziazione e integrazione; processi
di management organici e meccanici; pianificazione, previsione e rapidità di risposta

Incrementare il numero di unità organizzative à in questo modo aumenta la complessità


interna, ci si articola notevolmente e le unità si scindono in tante unità. Ogni settore
dell’ambiente esterno richiede un dipendente che si occupi di esso.

Costruire relazioni à anche qui si è visto che al crescere dell’incertezza le aziende


costruiscono legami, partnership collegandosi con altre organizzazioni. Il tema è centrale,
essendo oggi le organizzazioni inserite all’interno di ecosistemi organizzativi, dove si
osservano ruoli in cui le persone hanno come compito quello di intrattenere relazioni con
l’ambiente: si chiamano funzioni cuscinetto o ruoli di confine; le funzioni cuscinetto
attutiscono l’impatto assorbendo l’incertezza proveniente dall’esterno e acquisendo dati
ambientali (si intrattiene la comunicazione esterna), mentre i ruoli di confine collegano e
coordinano l’organizzazione con gli elementi chiave dell’ambiente esterno, scambiando
informazioni per rintracciare e acquisire dati su cambiamenti ambientali o mettere in luce
positivamente l’organizzazione scambiando info con l’ambiente.

Differenziazione e integrazione à Lawrence e Lorsch introducono il concetto di


differenziazione che ha a che fare con la diversità degli orientamenti cognitivi dei manager
delle varie unità organizzative – fa riferimento alla diversità degli orientamenti cognitivi ed
emotivi tra i manager di differenti unità funzionali e nella diversità della struttura formale tra
tali unità. Lawrence e Lorsch hanno visto come ciascuna unità si è differenziata allo scopo
di gestire il proprio sotto-ambiente. La R&S ha scelto una struttura informale, la produzione
molto formale, il coordinamento e la collaborazione tra le unità diventano difficoltosi.
L’integrazione consiste nel livello e nella qualità di
coordinamento tra le unità. Quando l’ambiente ha un alto livello di incertezza, sono
necessari ruoli formali di integrazione come:
o Personale di collegamento
o Project manager
o Brand manager
o Coordinatori (Etc)
Per essere efficaci le organizzazioni devono bilanciare adeguatamente i livelli di
integrazione e differenziazione rispetto alle condizioni di incertezza ambientale.

Processi di management organici e meccanici à ambiente stabile denota un modello


meccanico, un ambiente instabile denota invece un modello organico. Ne processi di
management meccanico, i compiti sono suddivisi in parti specialistiche separate e
rigidamente definiti, vi è una rigida gerarchia di autorità e controllo (molte regole) e la
conoscenza e controllo relativi ai compiti sono accentrati ai vertici (la comunicazione è
verticale); nei processi organici i dipendenti contribuiscono ai compiti comuni dell’unità, i
quali sono adattati e ridefiniti attraverso il lavoro di gruppo dei dipendenti. Vi è meno
gerarchia di autorità e controllo e ci sono meno regole. La conoscenza e il controllo relativi
ai compiti sono localizzati in ogni punto dell’organizzazione (la comunicazione è
orizzontale).

Pianificazione, previsione e rapidità di risposta à con il crescere dell’incertezza


ambientale i manager intensificano le attività di pianificazione ossia elaborano scenari, piani
e programmi introducendo procedure di risk management che permettono di essere pronti
al verificarsi di eventi avversi (come il fallimento di un fornitore, la consegna mancata o
tardiva etc.). Attraverso l’elaborazione di scenari si sperimentano differenti situazioni e
cercano di anticipare/attenuare gli effetti che i cambiamenti potrebbero avere
sull’organizzazione. Le organizzazioni che operano in ambienti instabili costituiscono
spesso una unità organizzativa separata per il planning.
Un tema fondamentale è quello della dipendenza dalle risorse, poiché le organizzazioni
sono dipendenti dall’ambiente di riferimento in quanto traggono da questo le risorse
necessarie alla loro sopravvivenza. Il grado di dipendenza è influenzato dal quanto la risorsa
è importante per l’organizzazione e il secondo è il livello di discrezionalità esercitabile da chi
controlla quella risorsa. La dipendenza dalle risorse significa che le aziende dipendono
dall’ambiente ma cercano di ottenere il controllo sulle risorse per minimizzare tale
dipendenza. Le aziende per limitare questa dipendenza:
• Creano collegamenti organizzativi
• Tentano di controllare la sfera ambientale con strategie
Esempi di collegamenti organizzativi sono le acquisizioni o fusioni (crescita esterna /
proprietà), joint venture e partnership (alleanze strategiche), partecipazioni incrociate in
consigli di amministrazione e partecipazione azionaria incrociata (cooptazione di persone
chiave, CDA concatenati), recruitment dei dirigenti e pubblicità, pubbliche relazioni. Esempi
invece di controllo della sfera ambientale sono lobbing, reputazione istituzionale o
scientifica, associazioni (attività politica o regolamentazione), cambiare le regole del gioco
(cambiamento dell’ambiente di riferimento), rappresentatività (associazioni di settore); sono
solite anche attività illecite come la corruzione volta a trarre un vantaggio dal pagamento di
figure decisive.
CAPITOLO 5
RELAZIONI INTERORGANIZZATIVE
Dal considerarsi entità autonome e separate in concorrenza con le altre aziende, oggi si è
passati ad una densa rete di relazioni orizzontali tra organizzazioni, che sviluppano
transazioni, flussi e collegamenti. Un ecosistema organizzativo è un sistema formato dalle
interazioni di una comunità di organizzazioni e dei loro rispettivi ambienti.

La dipendenza dalle risorse rappresenta un elemento chiave all'interno delle relazioni di


dipendenza tra le organizzazioni all'interno di un ecosistema organizzativo. Questo concetto
si basa sull'idea che le aziende, per prosperare e crescere, dipendano da risorse specifiche
che possono essere acquisite, integrate o condivise attraverso varie forme di
collaborazione. Le tipologie di relazioni di dipendenza sono:
• Acquisizione/fusione
• Joint venture
• Alleanza strategica
• Approvvigionamento di forniture
• Associazioni di categoria
• CDA concatenato

I network collaborativi avvengono quando le aziende si uniscono per diventare


maggiormente concorrenziali e dividere le risorse scarse. Si condividono i rischi e i livelli di
performance e innovazione sono più elevati. Si passa quindi da un orientamento tradizionale
conflittuale ad uno nuovo, la partnership:
• Sospetto, competizione e distacco à fiducia, incremento del valore per tutti
• Prezzo, efficienza, profitti propri à equità, lealtà, profitti di tutti
• Informazioni e feedback limitati à collegamenti elettronici per condividere info
• Soluzione legale dei conflitti à meccanismi per uno stretto coordinamento
• Coinvolgimento e investimenti anticipati minimi à coinvolgimento totale
• Contatti a breve termine à contratti a lungo termine
• Il contratto limita la reazione à supporto anche al di fuori del contratto

Quanto all’ecologia delle popolazioni (Hannan & Freemann 1977), una popolazione è un
insieme di organizzazioni impegnate in attività simili e con caratteristiche analoghe per
quanto riguarda l’utilizzo delle risorse ed i risultati; competono per risorse o clienti simili.
Emergono costantemente nuovi modelli organizzativi perché l’adattamento di una
organizzazione è fortemente limitato in rapporto ai cambiamenti richiesti dall’ambiente, le
organizzazioni consolidate sono lente a cambiare; l’innovazione e cambiamento si
verificano più per la nascita di nuove tipologie di organizzazioni che mediante la
modificazione di quelle esistenti. Le limitazioni al cambiamento provengono dagli
investimenti in impianti, macchinari, personale specializzato, opinioni radicate nei decisori,
storia di successo che giustifica le procedure correnti. Deriva dalle teorie biologiche della
selezione naturale (Darwin): le forme che sopravvivono sono quelle che si adattano meglio
all’ambiente.

• Modello organizzativo: insieme di tecnologia, struttura, prodotti, obiettivi e


personale specifici di un’organizzazione, che possono essere accettati o
respinti dall’ambiente
• Nicchia: ambito d’azione caratterizzato da da risorse e necessità ambientali
caratteristiche (fonte di dipendenza)
• Management ininfluente, cambiamento per inerzia

Nella lotta per sopravvivenza i modelli organizzativi si differenziano in:


• Generalisti: organizzazioni con nicchia e sfera di influenza ampia
• Offronounavastagammadiprodottioservizieservonounmercato ampio
• Sono più protette dai cambiamenti perché diversificano
• Specialisti: organizzazioni che offrono beni e servizi
limitati e mercato più ristretto
• Offrono una gamma più limitata di beni e servizi o un mercato più ristretto
• Di piccole dimensioni, sono più competitive e si muovono con maggiore rapidità
e flessibilità

Nell’istituzionalismo (Powell & DiMaggio 1978) si trova la legittimazione da parte degli


stakeholders, la ricerca di coerenza tra organizzazione e aspettative dell’ambiente nei suoi
confronti; esiste un isomorfismo organizzativo. Il cambiamento verso l’isomorfismo dipende
da:
• Forze coercitive (legittimazione politica o dell’ambiente sociale, miti, cerimonie)
• Forze mimetiche (imitazione per paura)
• Forze normative (professionalizzazione)
CAPITOLO 6
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA PER L’AMBIENTE
INTERNAZIONALE
Si analizza internazionalizzazione da un punto di vista organizzativo; il processo passa
per quattro stadi e ci si può approcciare in vari modi dal punto di vista strategico. Le
motivazioni che spingono le aziende sono richiamate principalmente in tre fattori:
• Economie di scala à aumentare i volumi di produzione espandendo la scala
dell’attività, riducendo il costo marginale unitario e producendo così a un costo più
basso
• Economie di scopo/gamma à è un concetto collegato al precedente che prevede
la riduzione dei costi aumentando il numero o la varietà dei servizi offerti sui mercati
e paesi serviti, puntando sul know how posseduto e sulle conoscenze per fare nuovi
business.
• Minor costo dei fattori produttivi à ottenere materie prime, lavoro e altre risorse
al più basso costo possibile in altri paesi o ampliandosi; ciò perché ampliandosi si ha
più possibilità di scelta dei fattori produttivi
L’internazionalizzazione si classifica in quattro stadi che vanno dal domestico fino alla scala
globale:

I. Domestico in cui l’azienda inizia ad individuare un mercato in cui esportare pur


mantenendo la produzione nel paese d’origine (es. produco e vendo in Italia, inizio
a vendere in Austria, Svizzera, Slovenia); l’orientamento è al paese, la struttura è
domestica con delle unità di export e il potenziale di mercato è moderato
II. Internazionale è una fase in cui non vi sono ancora stabilimenti o business unit
in altre nazioni, ma una porzione maggiore dei beni va all’estero (anche più della
metà), orientandosi all’estero (ambiente multi-domestico); il posizionamento inizia
ad essere competitivo e vi sono divisioni internazionali (mercato potenziale
ampio)
III. Multinazionale in cui l’azienda è collocata in più paesi diversificando, creando
così organizzazioni interne quasi autonome che commercializzano nella
regione/paese; è la fase dell’esplosione e il mercato è multinazionale
IV. Globale che rappresenta la fase massima alla quale un’azienda può aspirare
internazionalizzandosi (es. Apple) in cui l’azienda è presente in ogni paese con
entità autonome; si adottano matrici transnazionali (approfondito dopo)

Le alleanze strategiche internazionali rappresentano uno dei modi più usati per realizzare
internazionalizzazioni e attività internazionali, includendo pratiche come:
• Accordi di licenza: Contratto mediante il quale il proprietario di un brevetto da ad un
altro soggetto il diritto di quel brevetto mantenendone la titolarità
• Joint venture: A e B creano l’organizzazione C, ossia due o più imprese collaborano
creando una nuova unità per condividere costi di sviluppo e produzione nonché rischi
(non solo 50% e 50%); le joint venture possono includere l’ampliamento di una stessa
azienda con la collaborazione di aziende locali (Starbuck apre “Starbucks Italia” a
Milano tramite joint venture con Princi).
• Acquisizioni: di imprese straniere all’estero

Quando si approccia ad un ambiente internazionale gli aspetti critici sono tre: (a) da una
parte, man mano che l’azienda cresce e si confronta con mercati differenti deve confrontarsi
anche con la diversità degli orientamenti cognitivi (Lawrence e Lorsch) all’interno
dell’organizzazione che osserva difficoltà di comunicazione interna e necessità di un ampio
coordinamento; (b) nelle imprese che si internazionalizzano un’integrazione intensa è
necessaria tra unità altamente differenziate; (c) implementazione dei meccanismi per il
trasferimento della conoscenza e delle innovazioni.

Esistono quattro differenti approcci all’espansione globale à Daft individua due parametri
per trovare l’approccio migliore, mettendo sull’asse y l’importanza della
standardizzazione delle attività su scala globale, sull’asse x invece la necessità di
adeguarsi alle caratteristiche di ogni singolo mercato domestico incorporando
caratteristiche singole domestiche. I modelli sono:
- Divisione internazionale (basso x basso y)
- Struttura globale per prodotto (basso x alto y)
- Struttura globale per area geografica (alto x basso y)
- Struttura globale a matrice (alto x alto y)

La divisione internazionale fa parte di un modello divisionale dove non c’è una


standardizzazione, possono esserci criteri per prodotto o criteri geografici (fase 2
internazionalizzazione); si creano divisioni che operano diversamente rispetto alle divisioni
domestiche (es Brembo produce freni e prodotti per automobilismo in Italia in due divisioni,
in Cina la produzione è unica e affidata ad una divisione internazionale).

La struttura globale per prodotto quando si vuole vendere lo stesso prodotto in giro per il
mondo senza adattarlo a nulla; ogni divisione di prodotto ha la responsabilità globale per
l’area di prodotto specifica (il prodotto è standardizzato globalmente).

La struttura globale per area geografica è una struttura che differenzia i prodotti in base
a specifiche esigenze dei mercati esteri di riferimento. Personalizzando per area geografica
prevale la clientela e si perde la standardizzazione.

La struttura globale a matrice è invece la situazione più complessa perche cerca di


rispondere alle esigenze geografiche pur mantenendo una standardizzazione del prodotto;
il modello di riferimento è il modello a matrice, diverso da quello studiato, poiché non
prevede la matrice funzione x prodotto, ma zona geografica x prodotto; si cerca di combinare
i vantaggi di entrambe. Volvo ha un approccio di questo tipo, ossia produzione di car, truck
camion e altri business (escavatori e veicoli da cantiere).

I meccanismi di coordinamento globale sono meccanismi di coordinamento e di


trasferimento di conoscenza tra unità altamente differenziate:
• Team globali: o team transnazionali, sono gruppi di lavoro composti da membri
provenienti da nazioni diverse e con molteplici competenze al servizio di molteplici
paese
• Pianificazione centrale: la sede centrale deve essere attiva nella pianificazione,
programmazione e controllo per far si che le parti geograficamente disperse
dell’organizzazione globale lavorino come parti coordinate e non indipendenti
• Espansione dei ruoli di coordinamento: creazione di specifici ruoli o posizioni
organizzative per il coordinamento e l’integrazione di tutte le parti dell’azienda.

Il modello transnazionale si basa su interdipendenza ed alto grado di differenziazione, con


livelli elevati di coordinamento, apprendimento e trasferimento della conoscenza tra divisioni
tra loro distanti. Gestire un’organizzazione mondiale è come una rete. È il tipo più avanzato
di organizzazione internazionale e l’esempio migliore di progettazione globale in termini di
complessità ed integrazione organizzativa.
1. Proprietà e risorse sono disperse su scala mondiale in attività altamente specializzate
collegate tra loro tramite relazioni di interdipendenza.
2. Le strutture sono flessibili e sempre mutevoli
3. I manager delle sussidiarie avviano strategie e innovazioni che diventano strategie
per l’intera azienda.
4. L’integrazione e il coordinamento sono ottenuti attraverso la cultura aziendale, la
condivisione della visione e dei valori e lo stile di gestione.

CAPITOLO 7
PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA PER L’IMPATTO
SOCIALE: ETICA e SOSTENIBILITÀ
Con il termine organizzazione ibrida si intende un’organizzazione che persegue al suo
interno una missione sia di profitto sia sociale. Le imprese sociali ibride sono sottoposte al
rischio di deriva etica (mission drift), ossia attribuire minore importanza alla missione
sociale e maggiore alla generazione di entrate e profitti. La pressione sulle organizzazioni
affinché fossero finanziariamente redditizie e socialmente responsabili ha spinto sia le
imprese a scopo di lucro sia le organizzazioni senza scopo di lucro in una zona ibrida in cui
la creazione di valore sia sociale sia finanziario fa parte del core business. Il fenomeno della
sostenibilità ad oggi è una sorta di isomorfismo: negli ultimi anni si sta diffondendo la moda
riguardo all’attività di rendicontazione di disclosure delle info non obbligatorie riguardanti
l’impatto sociale dell’impresa. Spesso si tratta di mero marketing/comunicazione per
vendere meglio i risultati da valorizzare, senza poi effettivamente cambiare le regole e le
procedure interne aziendali. Si cerca un compromesso fra logica del profitto e logica del
benessere sociale, considerando stakeholders locali, comunità, ambiente e normative su
lavoro/inquinamento; se le strategie fossero guidate da questi principi allora tutto ciò
avrebbe senso, ma la logica del profitto incide ancora notevolmente, spesso con incentivi
fiscali, bonus a favore delle imprese che ottengono risultati sociali considerevolmente buoni
per la comunità.

Un tema centrale in merito è quello dell’etica, considerata come un aspetto superiore


rispetto alla responsabilità, e può avere moltissime ripercussioni su un’organizzazione
aziendale. In genere, nel tempo l’etica guida il processo di formazione delle norme; è
l’insieme di principi e valori morali che governa i comportamenti di un gruppo, i valori che
stabiliscono standard rispetto a buona o cattiva condotta nella presa di decisioni. Spesso
l’etica è opinabile, non riconducibile all’interno di una legge, tanto che le norme di legge
riguardano comportamenti non necessariamente regolati da standard etici. L’etica
organizzativa pone delle sfide alle imprese, consiste in principi che guidano decisioni e
comportamenti dei manager in merito al fatto che essi siano giusti o sbagliati sotto l’aspetto
morale. Ci si dota di strutture organizzative e sistemi formali che mi consentono di presidiare
la dimensione etica, queste strutture implementabili sono i rispettivi:
• Codice etico à una dichiarazione formale dei valori etici e della responsabilità
sociale dell’azienda, la quale iscrive i valori che intende far rispettare dalle persone
facenti parte dell’organizzazione (esempio perfetto è il codice etico della Ferrero)
facendo sottoscrivere tale codice dai suoi dipendenti.
• Comitato etico à comitato interfunzionale chiamato a deliberare ogni qualvolta ci
siano questioni di natura etica interne, fornendo pareri su come aggiornare e
migliorare il codice
• Whistle blowing à (letteralmente “soffiatore di fischietto”) è uno strumento che
permette l’attivazione di meccanismi di denuncia, assicurando ai dipendenti la
possibilità di denunciare comportamenti scorretti, non etici o illegali (anche se terzi al
soggetto)
CAPITOLO 8
TECNOLOGIA
La tecnologia consiste nel processo produttivo di un ’organizzazione e comprende sia i
processi di lavoro sia i macchinari. Si vedrà come la tecnologia ha un impatto sulle scelte
organizzative; la parola tecnologia è infinitamente piena di significati, si intendono i
processi, le tecniche, i macchinari e le azioni utilizzati per trasformare gli input organizzativi
(materiali, informazioni, idee) in output (prodotti e servizi). Bisogna quindi essere
maggiormente specifici: in questo corso ci si focalizza su tecnologie core e su tecnologie
ausiliarie. La core technology è un processo di lavoro che è direttamente correlato alla
missione dell’organizzazione; è un sottoinsieme della tecnologia, perché dentro un’azienda
si possono adottare decine di centinaia di tecnologie con differenti procedure, ma ce n’è una
che è definita chiave, ossia il processo di lavoro direttamente collegato alla mission
aziendale (ad esempio nella “Coca-Cola Company”, la formula della bevanda è la core
technology). Nelle imprese altamente differenziate le core possono essere più di una a
seconda delle divisioni. Le tecnologie ausiliarie non sono direttamente collegate con la
mission dell’impresa pur essendo altamente importanti per questa; una tecnologia ausiliaria
è un processo importante per l’organizzazion ma non direttamente correlato alla sua
missione.
La progettazione dovrebbe tenere in considerazione le pressioni che procedono dal basso
verso l’alto, ossia dai processi operativi di lavoro, ma anche le core technology e le unità
ausiliarie.

La professoressa Joan Woodward studia l’impatto della tecnologia sulla struttura di tutta
l’organizzazione: ha lasciato il segno perché gli studi da lei condotti sono ancora oggi utili
alle aziende per gestire processi di industria tecnologici. Visitò diverse organizzazioni, un
campione di circa un centinaia di aziende manufatturiere che producono beni tangibili, e
raccolse dati sulle caratteristiche della tecnologia, sulla struttura organizzativa e sui sistemi
di gestione.

Predispose poi una scala di classificazione e ordinò le aziende in base alla complessità
tecnica del processo manifatturiero, cioè del grado di meccanizzazione del processo
manifatturiero. Questa scala indica il grado di automazione/meccanizzazione di un’azienda
classificato in base al rapporto fra lavoro eseguito da macchine o da dipendenti. Questo
grado viene definito complessità tecnica, quando è alto l’individuo deve solo osservare la
macchina, quando è basso è l’individuo a realizzare il pezzo o prodotto con le sue mani. In
questo ambito, Woodward identifica tre gruppi, Gruppo 1, Gruppo 2 e Gruppo 3, ai quali
attribuisce le aziende prese in esame. Nella colonna centrale si spiega il significato di una
complessità tecnica alta o bassa:
1. Nel Gruppo 1 “produzione unitaria e a piccoli lotti” rientrano unità che producono
in modo unitario su ordinazione, piccole quantità di un prodotto o piccoli lotti (aumenta
piano piano il numero di output realizzati).
2. Nel Gruppo 2 “produzione a grandi lotti e produzioni di massa”, a grandi lotti
secondo la catena di montaggio e secondo le linee di assemblaggio, produzione di
massa.
3. Nel Gruppo 3 “produzione a processo continuo” che vede l’assenza di un numero
predeterminato da produrre essendo ormai la produzione ininterrotta – il settore per
eccellenza è il settore del petrolio o del gas insieme a Coca Cola Company. Bisogna
sempre assicurare il livello produttivo continuo per rispondere alle esigenze di
mercato.
Emersero chiare relazioni tra la tecnologia e la struttura: “tecnologie differenti impongono
tipi di richieste differenti su individui e organizzazioni e quelle domande dovevano essere
soddisfatte attraverso una struttura appropriata”. La tecnologia e la struttura devono essere
allineate con la strategia organizzativa per soddisfare bisogni mutevoli e offrire nuovi
vantaggi competitivi. I sistemi tecnologici e quelli umani di un’organizzazione sono
interconnessi.

Negli anni a venire (studi di Woodward fatti nel 1970) la tecnologia ha assunto sempre più
importanza, ma nonostante il progresso le implicazioni di natura organizzativa da lei trovate
sono ancora molto valide per le aziende. Sostanzialmente più parti dei processi produttivi
sono oggi affidati alla tecnologia (Industria 4.0 fino al 2018 e Industria 5.0 dal 2019) nelle
organizzazioni più moderne e c’è quindi meno bisogno di operai o personale poco
qualificato, preferendo invece laureati in economia, ingegneri o tecnici. Nella cosiddetta
fabbrica intelligente, robot, macchine, attività di progettazione di prodotto e analisi di
ingegneria fanno capo al sistema di un singolo computer in una rete interconnessa di
informazioni e produzione (a) Computer-aided design (CAD) utilizzo dei computer nelle fasi
di disegno, progettazione e ingegnerizzazione di nuove parti; (b) Computer-aided
manufacturing (CAM) utilizzo di macchine a controllo computerizzato nella gestione dei
materiali, nella fabbricazione dei componenti, nel processo produttivo e nell’assemblaggio;
(c) Robot nuovi robot in grado di comunicare e collaborare con i dipendenti; (d) Stampa 3D
costruisce oggetti sovrapponendo in successione strati di materiali uno alla volta. La
produzione snella è invece un approccio scrupoloso alla soluzione dei problemi per ridurre
lo spreco e al miglioramento della qualità che utilizza personale altamente specializzato in
ogni stadio del processo produttivo. Incorpora elementi tecnologici ma ruota attorno alle
persone e non a macchinari o software.

La produzione snella e quella flessibile hanno permesso la personalizzazione di massa.


Questa consiste nell’utilizzo di tecniche della produzione di massa per realizzare
rapidamente e a costi ragionevoli beni personalizzati per singoli clienti. La customizzazione
di massa è agli antipodi della produzione di massa perche si realizza un prodotto come e
quando la vuole il cliente, e ciò è realizzabile grazie all’automazione (know-how dell’Industria
5.0) realizzandoli in grossa scala e permettendo un doppio vantaggio in termini del cliente
(personalizzazione) e dell’impresa (è possibile sfruttare economie di scala e incassare
grandi profitti).

Le organizzazioni di servizi conseguono il loro obiettivo primario attraverso la produzione e


la fornitura di servizi. Le principali differenze rispetto a quelle manifatturiere sono:

Le aziende di servizi non si basano su tecnologie fisse e legate a macchine e devono fare i
conti principalmente con la necessità che i dipendenti del nucleo tecnico siano vicini al
cliente.
Le differenze nella progettazione di organizzazioni di prodotto e servizi sono:
Ciò che la Woodward non studia è la differenza fra le imprese manufatturiere e quelle dei
servizi. Le organizzazioni di servizi conseguono il loro obiettivo primario attraverso la
produzione e la fornitura di servizi. Il settore dei prodotti e servizi è posizionato al centro
di questi due settori, un esempio è quello dei fast food, deve garantire un output tangibile e
un servizio.
Le principali differenze rispetto a quelle manifatturiere sono:
• Il servizio è erogato nel momento in cui viene prodotto (contemporaneità), mentre nel
settore manufatturiero è possibile lo stoccaggio (che ha un costo ovviamente)
• Il settore dei servizi è labor & knowledge intensive, la manifattura è capital
intensive (ci sono input di trasformazione)
• Nei servizi la qualità è difficile da misurare, nei beni tangibili è invece più facile (su
TripAdvisor non c’è un giudizio univoco su un ristorante, mentre è oggettivo
determinare il corretto funzionamento di un motorino ad esempio)
• Nei servizi il luogo di erogazione è importante così come il tempo di risposta, nel
settore manufatturiero non è essenziale il luogo di produzione (moderatamente
importante) e il tempo di risposta può essere vario.
• Nel settore dei servizi si osservano organizzazioni con più innesti organici,
presentando una prevalenza del modello organico nei principi organizzativi rispetto
a quello meccanico.

Il modello di Perrow è il modello di riferimento per la comprensione delle tecnologie a livello


di unità e ne permette di analizzare la natura della tecnologia ed il suo rapporto con la
struttura dell’unità stessa. Identifica due dimensioni per studiare le tecnologie ausiliarie,
ossia varietà e analizzabilità; la varietà è frequenza di eventi inattesi e nuovi nel processo
lavorativo, l’analizzabilità è la possibilità di scomporre qualcosa in sotto parti per studiarle
singolarmente. Sulla base di queste dimensioni, Perrow identifica quattro tipologie di
tecnologie ausiliarie.
• Tecnologie routinarie à variabilità bassa e analizzabilità alta, sono presenti compiti
formalizzati e standardizzati. , i compiti richiedono molta formazione ed esperienza.
• Tecnologie non routinarie à difficile da standardizzare perché la varietà è alta
• Tecnologie artigianali à quando c’è una bassa varietà e una bassa analizzabilità,
l’output non è sempre diverso ma è simile, tuttavia, il processo non è scomponibile
(artigianale perche ci si avvale delle competenze di qualcuno in grado di risolvere
certi problemi – artigiano)
• Tecnologie ingegneristiche à elevato numero di eccezioni ma scomponibile, come
ad esempio la dichiarazione dei redditi, ossia attività gestite da formule, procedure e
tecniche prestabilite, perche richiedono un grande sforzo in fase di progettazione, ma
una volta capite e sviluppate sono applicabili delle routine (un videogioco ad
esempio) essendo scomponibili.

Una volta identificata la natura della tecnologia di un’unità organizzativa, se ne può


determinare la struttura appropriata. Quando qualcosa è routinario, l’approccio di
progettazione che meglio funziona è quello meccanico; all’opposto il modello organico è
adatto a tecnologie ausiliarie non routinarie.

Le tecnologie routinarie sono caratterizzate da una struttura di tipo meccanico, mentre le


tecnologie non routinarie da una struttura organica.
Lo studioso Thompson cercò di cogliere dalle interdipendenze tra unità organizzative le
implicazioni sull’organizzazione aziendale. Si definisce interdipendenza la misura in cui le
unità dipendono le une dalle altre per materiali, informazioni o altre risorse; l’assunto è che
maggiore è l’interdipendenza tra unità, maggiore sarà il fabbisogno di coordinamento
necessario nell’organizzazione. Ne identifica:
• Generica ossia con interdipendenza molto bassa, in cui le unità sono abbastanza
autonome e il grado di interdipendenza è basso. Ogni unità può agire in maniera
altamente indipendente, come ad esempio una filiale di una banca (cassa, ufficio
prestiti, ufficio mutui, assicurazioni) dove l’individuo deve “interrogare” il sistema
informativo piuttosto che mettersi in contatto con altre unità dell’organizzazione
bancaria, agendo così autonomamente.
• Sequenziale con interdipendenza di livello intermedio, il lavoro fluisce tra unità
prevalentemente in una direzione e gli output prodotti da un’unità diventano input per
altre.
• Reciproca massimo grado con interdipendenza molto alta, le unità si influenzano
reciprocamente così come avviene negli ospedali, tra le organizzazioni più
complesse.
Di seguito, la tabella offerta dal DAFT elenca sport che fungono da esempio per
rappresentare graficamente le differenze e le classificazioni in termini di interdipendenza
organizzativa fra unità, in questo caso fra i membri di una squadra di baseball, football
americano e basket. Rispettivamente, i gradi di interdipendenza sono posti in maniera
crescente, da generica fino a reciproca.

Infine, l’approccio dei sistemi socio-tecnici riconosce l’interazione delle esigenze tecniche
e di quelle umane che si verifica in un’efficace attività di job design, combinando le necessità
delle persone con la necessità di efficienza tecnica da parte dell’organizzazione.

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