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5. Attuazione e valutazione
Per quanto riguarda l’attuazione delle p.p si confrontano due prospettive analitiche:
a. La prima viene definita top down e suggerisce che l’attuazione processa
dall’alto, quindi dal vertice politico e burocratico che l’ha formulata e
approvata, alla base cioè coloro che sono incaricati di attuarla
b. Bottom up,i dettagli dell’attuazione vengono definiti, selezionati e tradotti in
pratiche dagli operatori che agiscono a contatto diretto con i fruitori delle p.p
Gli operatori hanno conoscenze e poteri sufficienti per adattare la politica
pubblica alle caratteristiche del loro pubblico e ad esigenze personali.
La valutazione è il procedimento finale della p.p, ci sono numerosi criteri per
valutarla come la capacità della politica pubblica di conseguire li obiettivi. Questa
caratteristica è l’efficacia mentre con efficienza si intende il conseguire gli obiettivi
con il minor costo possibile. Inoltre la valutazione della politica deve anche misurare
l’impatto successivamente alla sua attuazione, la valutazione può essere fatta sia da
outputs cioè tutto ciò che è emerso alla fine del procedimento della pp, sia in
outcomes ovvero ciò che ha davvero fatto la messa in opera di quella pp e che le
può essere attribuito.
Per la terminazione di una pp è indispensabile un’ulteriore pp che ne imponga la
cessazione.
6. Schemi decisionali
6.Tipi di democrazie
I regimi demo esibiscono notevoli diversità strutturali che attengono ai loro sistemi
istituzionali, politiche che riguardano i loro sistemi partitici e funzionali che
concernono il loro funzionamento e rendimento. Considerata la stabilità/instabilità
dei regimi demo come una variabile indipendente, la variabile indipendente, cioè
esplicativa, venne individuata nella cultura politica: i sistemi politici dotati di cultura
politica omogenea e secolarizzata darebbero origine a regimi demo stabili; i sistemi
politici con cultura eterogenea e frammentata darebbero origine ai regimi demo
instabili. Lijphart vi aggiunse il comportamento delle élite e pervenne a una tipologia
di regimi demo più ricca.
Oggi sappiamo che dovremmo forse prestare maggiore attenzione alla categoria
delle democrazie spoliticizzate. Per la precisione le democrazie consociative
presentano culture politiche piuttosto segmentate, nelle quali le culture politiche
sono diverse, ma la distanza ideologica è contenuta. Tuttavia, i comportamenti
visibili delle élite possono riuscire a cambiare la cultura politica dei loro sostenitori, a
ridurre la distanza ideologica e il grado di polarizzazione tra i partiti, a far compiere il
difficile passaggio da una demo centrifuga a una centripeta funzionante. Lijhpart ha
rivisto e riformulato la sua classificazione di regimi demo con grande attenzione, per
l’appunto alle variabili istituzionali. La nuova classificazione prende le mosse
dall’individuazione di due logiche di funzionamento polarmente diverse. La prima
fondata sul principio maggioritario, valorizza il conflitto politico; la seconda timorosa
degli effetti di quel principio, preferisce la ricerca di accordi. Le democrazie
maggioritarie si contrappongono cosi alle demo che, Lijhpart definisce consensuali
abbandonando, il termine consociative che, per quanto destinato a classificare un
minor numero di casi, rimane più preciso, e rifuggendo dal termine proporzionali,
pure ultimamente applicato dalla letteratura di lingua tedesca e riferito al
funzionamento complessivo e concreto del regime demo e non soltanto ai sistemi
elettorali. In verità, appare molto più utile distinguere in linea di principio le
democrazie con riferimento a 2 criteri: da un lato quello definibile come strutturale,
dunque, maggioritari contro proporzionali; dall’altro, il criterio comportamentale
ovvero, consensuali contro conflittuali.
La seconda classificazione di Lijhpart=