Sei sulla pagina 1di 27

POLITICA COMPARATA

La politica comparata è una sub-disciplina della scienza politica che identifica un metodo e
un campo di ricerca; il metodo comparato è un metodo di controllo che permette di verificare
la validità di affermazioni di carattere generale e di allargare il campo di ricerca. La nuova
politica Comparata, 1954, ha come obiettivo il superamento di formalismo, provincialismo e
descrittivismo della disciplina.

Cosa si compara? Superando il formalismo si cercava di studiare quello che la politica è al di


fuori delle istituzioni, andare oltre allo Stato; ciò significa intendere la politica come sistema
o approccio sistemico: per capire cosa significa ciò bisogna capire da cosa è composto, a
cosa si riferisce nello specifico ecc. Il padre di questo approccio è Easton (sistema politico=
insieme di interazioni astratte dalla totalità del comportamento sociale, che permettono
l’assegnazione di alcuni valori in modo autoritativo a favore di una società).
Il sistema politico si fonda sulla interdipendenza di input e output. Gli input sono le domande
o le richieste dei gruppi che arrivano al sistema; questi arrivano al sistema politico, che
elabora delle decisioni e azione (attua norme) che poi diventano gli output che riversa nella
società; questi incontreranno all’interno dell’ambiente sociale il malcontento della società, e
quindi porteranno con sé altre domande o richieste. Per far si che questo sistema si
mantenga, è necessario che siano presenti 3 componenti essenziali:
1. Comunità politica: individui e gruppi uniti nel loro agire politico
2. regime politico: insieme di norme e valori che regolano le interazioni in una
comunità politica
3. autorità: chi occupa posizioni di potere e prende decisioni vincolanti per la comunità
politica

Le funzioni del sistema rendono possibile il mantenimento del sistema; ogni sistema politico
è basato su strutture che svolgono determinate funzioni. Ci sono 3 tipi:
1. Socializzazione politica: il momento in cui i membri del sistema acquisiscono
norme, valori, che permettono la loro integrazione all’interno del sistema; varia a
seconda dei sistemi e nel tempo (scuola, famiglia, mass media)
2. reclutamento: formazione e selezione di chi ricopre incarichi politici (partiti politici)
3. comunicazione: gestione del flusso di informazioni politiche
Ci sono anche altre 2 funzioni del sistema politico: funzioni di processo (attraverso cui
interessi provenienti da gruppi o individui in competizione tra loro e si articolano e si
convertono in scelte decisionali); funzioni di output (formazione, applicazione e
amministrazione giudiziale delle norme= potere legislativo/esecutivo/giudiziario).
Si possono comparare: funzioni (quali strutture svolgono tale funzione in uno o più sistemi
politici), strutture (come agiscono, quali risultati, da chi sono composte), processi
(svolgimento di una attività politica in un determinato periodo di tempo), regole (norme che
regolano le istituzioni e gli effetti del loro impegno), valori (principi e credenze che
influenzano processi e guidano i comportamenti di individui).
I sistemi politici non sono gli Stati.

Perchè si compara? Comparare serve per rispondere a 3 limitazioni: etnocentrismo dei


concetti propri delle democrazie liberali occidentali; rendere la realtà informale dei fenomeni
politici oltre le istituzioni statali; elaborare categorie utili alla comparazione di contesti e
informazioni omogenei. Si compara per un’interessante conoscitivo (costruire
classificazioni e tipologie), dare delle spiegazioni a dei fenomeni, fare previsioni, capire
meglio il nostro sistema politico e istituzioni/norme, studiare altri sistemi politici (con
cui si potrebbe poi collaborare).
Come nasce la comparazione? Si parte da una teoria che specifica quali sono i fattori
causali, si definiscono i fattori cruciali per l’analisi e si inserisce poi la raccolta empirica dei
dati; il problema è che servono concetti che possano essere utilizzati in contesti diversi
(stretching dei concetti). La sfida è riuscire ad arrivare a dei concetti generali per la
comparazione ma allo stesso tempo precisi e definiti; partendo da un oggetto, si definiscono
le sue caratteristiche/variabili, arrivando poi ad un concetto. Si fa una classificazione
quando si ha una sola variabile; si definiscono tipologie quei concetti generali con due o più
variabile.
Non è tutto comparabile, non si può comparare qualcosa di simile, ma concetti omogenei o
casi che abbiano proprietà in parte simili o in parte non simili; bisogna chiedersi rispetto a
cosa gli oggetti sono comparabili.

Come si compara? Uno dei modi per iniziare una ricerca è comparare un numero ampio di
casi (20-30): questo metodo si basa su analisi statistiche; i vantaggi e gli svantaggi sono di
questo tipo di comparazione sono:
- Vantaggi: con una comparazione ampia, si ha una probabilità di poter testare alcune
generalizzazioni tenendo conto delle diverse variabili e di trovare eccezioni a regole
generali
- svantaggi: i dati devono essere quantificabili e standardizzati (raccolti in modo
uniforme) per essere comparati
Questa analisi si attua attraverso un'analisi quantitativa per riuscire a studiare le relazioni tra
le variabili, infatti, quando si ha un ampio numero di casi, viene definito approccio orientati
alle variabili; i suoi limiti sono: non sempre i dati sono standardizzati, e si basano su
correlazioni statistiche (quindi spiega come due variabili variano ma non se una variabile
causa la variazione dell’altra).
Un altro tipo di comparazione è quella a pochi casi (2-6); i suoi vantaggi e svantaggi sono:
- vantaggi: permette di considerare la complessità delle relazioni tra fattori diversi, i
dati sono qualitativi e non devono essere standardizzati, si possono analizzare casi
più complessi
- svantaggi: richiede una conoscenza dettagliata e approfondita dei casi che è
dispendiosa in termini di risorse e tempo
Questo tipo di analisi si basa su un approccio qualitativo, che cerca di analizzare processi in
atto, definito anche approccio orientato ai casi. Tra i suoi limiti troviamo: non permette di
giungere a conclusioni generali e di testare in modo rigoroso delle generalizzazioni, richiede
una conoscenza profonda e familiarità con i casi considerati.
Quale metodo scegliere? Dipende da cosa noi vogliamo verificare, e soprattutto la scelta dei
numero dei casi è una conseguenza di quello che si vuole andare a studiare

Ci sono 2 tipi di comparazione”base”, definiti nel 800 dal filosofo Mill:


- metodo dell’accordo/comunanze: si basa sull’idea che se c’è un fenomeno che
ritroviamo presente in più casi, la sua spiegazione si cerca nelle caratteristiche che
accomunano questi casi; vengono sottintende le loro differenze per cercare quello
che può essere un fattore comune esplicativo, sul quale si avvia la comparazione
- metodo delle differenze: si guarda se ci sono dei casi simili in tutto ma c’è un
fattore che cambia, andiamo a considerare quel fattore come determinante; viene
sottinteso che ci siano altri elementi in comune, e si cercano i fattori all’origine delle
differenze, che poi sarà quello analizzato (metodo usano nelle Area Studies)
Altri tipi di comparazione del fine 900 di Przeworski e Teune:
- metodo dei sistemi più differenti: si selezionano casi che sono molto diversi ma
hanno in comune la caratteristiche che si vuole studiare (Danimarca e India sono
democrazie)
- metodo dei sistemi più simili: si selezionano casi molto simili ma che non hanno in
comune la caratteristiche che i vuole studiare (India e Pakistan sono ex colonie UK
ma non sono entrambe democrazie)
Alcune strategie per la ricerca comparata sono: quella del numero grande (numero ampio
di casi di ricerche statistiche dove si scelgono 2-3 variabili); comparazione binaria (si
guardano due casi); strategia del numero piccolo (scelta di un numero limitato di casi, sotto
i 10, così si creano gruppi che lavorano in profondità su più variabili); strategia del caso
singolo (un unico caso può contribuire alla formazione di proposizioni generali e alla
costruzione di teorie che permetteranno la comparazione).
Fattore tempo: l’analisi comparata può avvenire su un dato tempo (analisi sincronica),
oppure nel corso del tempo (analisi diacronica)
Fattore spazio: si possono comparare entità transnazionali (UE), istituzioni statali (sistemi
politici), spazi geografici (comunità montane/spazio Alpino), entità sub-statali
(regioni/province), studi di area (Medio Oriente/Nord Africa)

Passaggio da sistema politico al regime politico


Modello di sistema politico di easton
Ogni sistema politico agisce in diversi sistemi economico sociali che provocano gli input del
politico stesso

Parlando di sistema politico come intendiamo la politica? 3 aspetti


“Politica” ha significati diversi in italiano es una politica migratoria
Polity: per definire identità e confini di un territorio, di un singolo sistema politico (risponde
alle domande “cosa tiene insieme una comunità politica come la caratterizza?”, territorio
istituzioni, aspetti socio-culturali) → ambiente e comunità del sistema (ciò che ruota attorno
al sistema)
Politics: definisce i processi che avvengono all’interno del sistema politico (la scatola del
sistema eastoniano). Chi governa e come→ funzionamento del sistema
Policy: decisioni su aree politiche specifiche (output del sistema, politiche pubbliche)
→decisioni che vengono prese

Le componenti essenziali del regime politico sono: l’autorità, la comunità e il regime politico;
un regime può crollare o implodere, non è sempre stabile. Il regime viene definito anche a
seconda della base sociale, ed è l’insieme di norme e valori che regolano le interazioni in
una comunità politica. La base sociale può studiata secondo 3 approcci:
1. livelli di sviluppo economico, urbanizzazione alfabetizzazione che sono condizioni
per la democrazia; teoria modernizzazione. Critiche: non considera effetti esterni che
possono agire sui regimi (guerre, crisi), lo sviluppo economico non è un perquisito
ma una condizione che favorisce la democrazia, le democrazia possono
sopravvivere in contesti poveri, gli stati colonizzati sono resi noti economicamente
dipendenti da quelli industrializzati
2. Evidenziare le classi sociali: si parte dall’idea che le strutture sociali contribuiscono
alla definizione del regime politico; l’ispettrice e Rokkan elaborano 4 fratture
“cleavages” che hanno caratterizzato la struttura sociale EU: con la nascita dello
stato nazione nascono queste fratture che costituiscono una tensione continua tra
centro/periferia, stato/chiesa, città/campagna, capitale/lavoro (poi se ne aggiunge un
altro da Inglehart, materialista/post materialista); queste fratture sono all’origine dei
partiti politici
3. Attitudini soggettive: cerca di capire le classi sociali e come si relazionano con il
regime; vengono analizzate le singole classi per capire le loro mentalità nei confronti
del regime

Cultura politica, studiata da Almond, che ha introdotto la cultura politica “come un modello
particolare di orientamenti verso azioni politiche in cui ogni sistema politico è incorporato”;
Pye dice “comprende gli ideali politici e le norme operative di una comunità politica. È il
prodotto della storia collettiva di un sistema e delle storie di vita dei suoi membri”. Al suo
interno, la cultura politica ha anche sotto definizioni: subcultura (valori/norme di
comportamento relative ad un determinato gruppo della collettività) e cultura politica d’élite.
La cultura politica ha 4 sottoinsiemi sociali che servono ad identificare i contenuti di una
cultura politica:
1. Sistema comunitario: identità sub nazionali
2. Sistema socio-culturale: valori/rituali ecc trasmessi da agenti socializzanti
3. Sistema economico: implicazioni politiche sui singoli delle scelte economiche
4. Sistema politico: legittimità del sistema politico e il supporto di cui gode da parte della
comunità politica
Negli anni 90 si ha un ritorno della dimensione culturale nello studio della politica: crollo
URSS+democratizzazione, sviluppo Areas Studies, “Scontro delle civiltà” di Huntington;
critica: quanto la cultura politica ha un impatto sulle istituzioni politiche?

Definizione empirica di stato: si basa sulle principali funzioni svolte dall’apparato statale; si
ha una forte connessione tra istituzioni statali e istituzioni di regime, e se c’è un cambio di
regime, può esserci una continuità negli apparati statali.
Il regime politico ha al suo interno delle istituzioni stabili, indica come il potere è distribuito
tra i vari ruoli, definisce l’ordine costituzionale ed è in stretto interscambio con lo stato e il
sistema politico.
Il termine democrazia indica: rapporto tra potere e persone, diverse realtà definite da
cittadini e élite al potere, opinioni normative ed ideali, concetto nato in Occidente ed è
riconosciuto come sistema universalmente, definito valore universale, adottata da politici che
possono intendere in modo controverso il termine, è imposta dall’Occidente, ed è adatta solo
ad esso?
DEMOCRAZIA: DEFINIZIONI E TIPOLOGIE
Robert A.Dahl definisce 4 caratteristiche necessarie che si devono avere per essere delle
democrazie:
1. Suffragio universale
2. Elezioni libere, ricorrenti, competitive ed eque
3. Più partiti politici
4. Fonti di informazioni diverse e alternative
(È implicito il rispetto dei diritti civili e politici)
Una definizione più precisa di democrazia è basata su 5 procedure chiave di una
democrazia:
1. Partecipazione effettiva, ognuno può dire la sua
2. Uguaglianza al voto
3. Comprensione illuminata, tutti sono a conoscenza delle alternative
4. Controllo dell’agenda, tutti possono portare argomenti all’ordine del giorno
5. Inclusione degli adulti, tutti o almeno chi è resistente ha i pieni diritti di cittadinanza
Ma oltre alle procedure, le istituzioni e le norme devono garantire i diritti e le libertà, ma la
legittimità della democrazia si fonda anche su aspettative della comunità politica (meno
corruzione, uguaglianza ecc) che se mancano può esserci una delegittimazione delle
istituzioni democratiche.

Tipi di democrazia (demo=democrazie rappresentative)


Democrazie dirette: basate sul coinvolgimento diretto dei cittadini, che esprimono il proprio
parere direttamente, nelle scelte decisionali tramite il voto;

Democrazia semi-parlamentare: il premier viene eletto dal parlamento e riceve un voto di


fiducia; si ha una forte leadership del governo che determina le politiche principali e controllo
il funzionamento del parlamento attraverso una maggioranza parlamentare stabile (UK,
Spagna)

Democrazia parlamentare: il premier eletto dal parlamento riceve un voto di fiducia; il primo
ministro è “primus inter pares” e deve considerare la coalizione di partiti che supporta il
governo nel guidare l’attività parlamentare (Italia, Danimarca)

Democrazia semi-presidenziale: il capo dello stato è eletto dai cittadini e il primo ministro è
sostenuto dalla maggioranza (possono essere della stessa maggioranza parlamentare o no)
(Francia)
Democrazia presidenziale: elezioni diretta del presidente che è a capo dello stato e
dell’esecutivo; in USA il potere legislativo non è controllato da presidente e la maggioranza
può essere diversa e bloccare le politiche di governo, in AL il presidente può influenzare il
processo legislativo

Arend Lijphart identifica poi 2 modelli popolari di democrazia distinguendo diverse


dimensioni e applicandole a 36 paesi: democrazia maggioritaria e democrazia consensuale.

D maggioritaria (UK), adatta a società. D consensuale (Belgio), adatta a


relativamente omogenee. più eterogenee

Problemi: modelli come i poli opposti “puri” non corrispondono alla realtà, poiché la
maggioranza dei regimi democratici sono modelli misti;dall’ osservazione empirica
emergono più casi tendenti al modello consensuale; le dimensioni considerate sono tante e
diverse, ma sono perfettamente formali-legali, rischiando così di trascurare la realtà politica
effettiva.
Le visioni dominanti della democrazia emerse da sondaggi di opinione includono:
- democrazia liberale, dove ci sono elezioni libere e competitive, tutela delle
minoranze, libertà di opposizione, tribunali imparziali e indipendenti
- democrazia socialdemocratica, con un’attenzione maggiore ai diritti sociali
- democrazia diretta, con referendum e partecipazione diretta nei processi decisionali
che completano le istituzioni rappresentative

Democratizzazione e livelli di democrazia


La democratizzazione è il principale fenomeno politico nei ultimi decenni; Huntington ha
individuato 3 ondate di democratizzazione: 1828-1926, 1943-1962, 1974-oggi. È un
processo che non va inteso in una prospettiva evoluzionista, ma avviene a più stadi e a più
riprese/ondate.
A noi interessa analizzare se il sistema politico è una democrazia o no, e misurare il livello di
democrazia di un sistema politico o a livello globale; per misurarlo si guarda a:
- varieties of democracy, che fa un report annuale e analisi di singole variabili
- economist intelligence unit, dove vengono svolte previsioni/ricerche accademiche
basate su: electoral process and pluralism, functioning of government, political
participation/culture, civil liberties
- freedom house, i cui report tengono conto di: processo elettorale, pluralismo e
partecipazione politica, funzionamento del governo, libertà di espressione e di
associazione, rapporti tra potere giudiziario e governo, diritti individuali

CAMBIO DI REGIME
Può avvenire per dei cambiamenti politici, economici, territoriali e di popolazione; sono una
rivoluzione? Che tipo di partecipazione popolare c’è stata? Il cambio di regime è da
intendersi come bidirezionale: da temine autoritario a democrazia, o viceversa; c’è un
cambio di regime quando, oltre al crollo dei principali aspetti dell'autoritarismo, si possono
osservare tutti gli elementi della definizione minima di democrazia.
Il cambiamento di regime può anche essere tra 2 democrazie: da democrazia consensuale a
maggioritaria, o viceversa; questo avviene quando ci sono dei cambiamenti significativi di
tutte, o quasi tutte, le caratteristiche di una democrazia, ma se ci sono dei cambiamenti
parziali, il regime resta invariato. Prima del cambio di regime vero e proprio, si ha una fase di
transizione, dove si devono analizzare tutti i cambiamenti nel corso del tempo: questo
periodo viene chiamato di “fluidità istituzionale” perché vengono create nuove istituzioni con
poca forza, oppure le istituzioni si riducono al formalismo; in questo periodo vengono
abbandonate alcune caratteristiche chiave del regime precedente, ma mancano ancora le
caratteristiche del nuovo regime.

Le caratteristiche fondamentali delle transizioni sono:


1. Livello di continuità: siamo di fronte ad una forte discontinuità rispetto al regime
precedente oppure no? Se si, si ha un evento hai a che fa identificare il regime
(eg.colpo di stato) e la presenza di nuovi attori; se non si ha una forte discontinuità,
ma continuità, si ha un cambiamento più graduale, e alcuni membri dell’ élite restano
al potere.
Può anche essere che questo cambiamento arrivi dall’alto, da parte dell élite: il nuovo
regime si sovrappone con la transizione e questo comporta il riconoscimento di diritti
civili/politici, il passaggio di governo da militari a civili, un’apertura a più partiti politici e
sindacati, l’adozione di norme e istituzioni democratiche che regolano il processo elettorale e
i rapporti tra legislativo e esecutivo. Vengono stilate le nuove regole e istituzioni che
regoleranno il nuovo regime.
2. Ruolo delle opposizioni: l’opposizione, in un regime autoritario, potrebbe agire
attraverso una lotta armata, anche se ha poca influenza e per questo si unisce ad
attori internazionali.
3. Ruolo dell’esercito: se le forze armate sono sconfitte o divise il cambiamento è più
semplice, quando restano intatte, potrebbero tornare al potere appoggiando il nuovo
regime.
4. Formazione di una coalizione che instaura il nuovo regime: include partiti e
movimenti di opposizione, e si ha l’avvio di patti/tavole rotonde/accordi per risolvere il
conflitto e facilitare la transizione e l’installazione del regime.
5. Partecipazione di massa: può essere attraverso forme classiche (scioperi,
manifestazioni) o forme di violenza collettiva (rivolte), e può esercitare pressione o
influenzare le fasi di negoziazioni.
6. Installazione della democrazia: se è successiva ad un conflitto violento o una guerra
civile, ha influenza moderatrice e propensione al compromesso; può trattarsi di una
ri-democratizzazione se vi era una democrazia liberale precedente al regime
autoritario: questo può influenzare la nuova transizione in termini di socializzazione,
politicizzazione, leadership, continuità di organizzazioni collettive
7. Ragioni del crollo: sconfitta militare, crisi economica, intervento paese straniero,
spaccature interne alla coalizione al governo ecc.
8. Grado di organizzazione dell’opposizione: opposizione democratica più o meno
organizzata con partiti pronti a riorganizzarsi con la caduta del regime

Il consolidamento del regime avviene attraverso la radicalizzazione di istituzioni e regole


democratiche in una società, e la strutturazione delle relazioni tra società civile e regime; gli
eremiti che lo determinano sono:
1. Stabilizzazione elettorale: il suo indicatore è la volatilità elettorale (maggiore
consolidamento, minore volatilità)
2. Modelli ricorrenti di competizione: non ci sono nuovi partiti e quindi si sono
stabilizzate le fratture sociali
3. Leadership di partito e classe politica: stabilizzazione della leadership e ricambio
delle élite a livello nazionale e locale

La legittimazione del regime è il processo attraverso cui si sviluppa una sua legittimità e si
consolida attraverso atteggiamenti positivi dei cittadini verso le istituzioni demo che vengono
considerate migliori dell’alternativa procedente; è un processo dal basso verso l’alto ed è
tipico delle democrazie occidentali consolidate con una forte società civile che promuove le
istituzioni e la loro legittimità tra i cittadini.
L’ancoraggio è l’emergere e l’adattarsi di “ancore” che coinvolgono e tengono insieme la
società civile e possono anche controllarla; è necessario quanto la legittimazione per
raggiungere il consolidamento demo. Si dice ancoraggio
perché le “ancore” sono corpi intermedi che sono in grado
di coinvolgere la popolazione e tenere insieme delle
istanze che possono apparire troppo volte a legittimare il
potere.

La democrazia di qualità è un regime largamente


legittimato dai cittadini, in cui la comunità intera gode di
libertà e uguaglianza, e dove i cittadini possono sempre valutare le scelte del governo e
controllarle; altri requisiti sono:
- stato di diritto, e la supremazia della legge sull’autorità
- Responsabilità elettorale e Inter-istituzionale, idea che i leader politici debbano dare
conto delle loro decisioni e mostrano una responsabilità anche verso alcuni organi
statali

LE NON-DEMOCRAZIE

Solo l’8% della popolazione mondiale vive in una democrazia “piena”; ci sono vari tipi di
regime di cui può far parte il restante 92%:
Regime tradizionale: fanno parte i sultani e le monarchie assolute (Arabia Saudita, Oman);
secondo Linz e Chehabi il “sultanismo o sultanati” è una forma di potere assoluto del
sovrano, basato su un rapporto di paure e ricompense, dove il sovrano è “legibus solutus”
cioè non deve sottostare alle leggi e le sue decisioni non sono sottoposte a nessun organo e
gestisce il suo potere per scopi propri e per accresce il potere del regno. La successione è
ereditaria, non ci sono elezioni e nessuna responsabilità nei confronti dei sudditi; la
legittimità di questo regime è su base patrimoniale: il sovrano è proprietario delle risorse sul
territorio. Polizia ed esercito sono usati per reprimere opposizioni, per questo mancano
mobilitazioni di massa e opposizioni organizzate.
In Oman il cugino del sultano, Haitham ben Tarek, è diventato il nuovo sovrano dopo una
“riunione famigliare”.

Regime autoritario: la definizione di questo avviene attraverso 5 dimensioni (Linz):


1. Sistema politico con pluralismo politico limitato e non responsabile dove l’elite non è
responsabile di fronte ai cittadini, le elezioni non sono libere ma piuttosto un
appuntamento simbolico perché esiste una coalizione dominante egemonica (spesso
anti-qualcosa) di attori che supportano il regime e che emargina ogni opposizione,
anche se spesso sono controllate e funzionali al regime.
2. Senza un’elaborazione ideologica ma con mentalità caratteristiche su cui attori con
interessi diversi concordano; spesso sono concetti ambigui.
3. Senza mobilitazione politica ampia se non in alcune fasi come quella iniziale o di
crisi; la partecipazione politica è fortemente controllata e disincentivata
4. Con un leader o un piccolo gruppo (forte personalizzazione) che esercita il potere
entro limiti formalmente mal definiti ma prevedibili, non c’è certezza del diritto ma una
forte discrezionalità del potere.

Tipi di autoritarismo
I regimi autoritari si distinguono in base a: una coalizione dominante, mentalità legittimante,
mobilitazione dall’alto e una strutturazione del regime. Esistono:
Autoritarismo militare: si ha un solo attore al potere grazie ad un golpe, la mentalità
caratteristica è quella dell’ordine e della sicurezza e la partecipazione è limitata o assente.
Ciò che può facilitare un golpe è: assenza di istituzioni consolidate, capacità organizzativa
dell’esercito e pervasività nel gestire il monopolio dell’uso della forza, “riportare l’ordine” in
casi di crisi, appoggio all’esercito da parte di uno stato estero, tutela degli interessi delle
forze armate, protezione del “interesse nazionale”.
Ciò che può limitare un golpe è: società civile forte e organizzata, partito politico forte e
dominante, professionalizzazione dell’esercito e accettazione del potere civile, timore di
minare L’Unità dell’esercito in caso di intervento militare.
Ci sono diversi tipi di autoritarismo militare in base al ruolo dei militare; se sono:
- moderatori, allora restano esterni al governo come gruppo influente con diritto di vere
il cui obiettivo è mantenere lo status quo;
- guardiani, allora controllano direttamente il governo occupando posizioni di rilievo per
“garantire l’ordine”;
- governanti, allora sono presenti in tutte le strutture politiche e burocratiche per
“trasformare la società e creare un partito unico”
Autoritarismo civile-militare: pretende una compresenza di attori appartenenti alle forze
armate e l'élite che supporta il colpo di stato; sono molto forti, a volte più del regime militare
stesso, basati sul terrore e sulla paura (richiede sforzo mantenerli). Si ha una componente
civile che è a favore del regime e quindi si ha anche una base sociale che crede nel regime:
possono far parte di classi sociali diverse e può essere anche composta dal clero. Si hanno
valori e una mentalità che richiama l’ordine, la madrepatria e lo sviluppo economico; la
popolazione è limitata e controllata da sindacati cooptati dal regime e si ha un partito unico
egemonico; oggi questi regimi sono molto diffusi, rientrano alcuni regimi populisti, di esercito
partito, burocratici militare o corporativi

Autoritarismo civile: gli attori che guidano la nascita di questo regime sono civili, e la
mentalità caratteristica è molto forte e può anche assomigliare ad una ideologia
(nazionalismo, Islam, comunismo). La mobilitazione popolare non è legata all’esercito ma si
organizza con forme che si avvicinano a quelle dei militari (Iran) e può essere anche a base
religiosa.

Autoritarismo elettorale: ci sono regole e istituzioni formali di una democrazia,


regolamentate e controllate dal regime; i partiti di opposizione sono ammessi per
convenienza, per dare parvenza di legittimità ma che legittimano indirettamente il regime, e
gli sono utili. Le elezioni sono manipolate e possono essere ricorrenti e competitive; le
opposizioni sono represse, limitate nelle loro azioni e nella loro capacità di mobilitare la
popolazione contro il regime.

Nel 2022 il numero di democrazie liberali nel mondo è tornato ai livelli del 1986 (es);
l’aumento dei regimi autoritari vede oggi, come tipologia più diffusa l’autoritarismo elettorale:
per la prima volta dal 1995, nel 2022, i regimi pienamente autoritari superano le democrazie
liberali (43% della popolazione mondiale vive in regimi autoritari)

I REGIMI IBRIDI
Il nome fu coniato durante l’ultima ondata di democratizzazione per indicare i casi di regimi
con componenti di autoritarismo ed elezioni (Africa, Asia e America Latina); si parlava di
democratura, semi-democrazia, democrazia illiberale, semi autoritarismo. In alcuni casi si
trattava di regimi che avevano avviato la transizione a democrazie, ma poi alcune forze
interne hanno impedito la continuazione, facendo fermare questo processo ad un livello di
mezzo (Tunisia).
I regimi ibridi sono quelli che non rispecchiano le caratteristiche minime della definizione di
democrazia, ma neanche quelle proprie dei regimi autoritari; si caratterizzano per istituzioni
che sono stabili per un periodo di tempo (non una transizione). Sono “democrazie” in cui il
rispetto dei diritti è minimo e emergono componenti proprie dell'autoritarismo.

Tipi di regimi ibridi


Nei regimi ibridi si considerano le istituzioni(si cerca di capire se arrivano dal precedente e
regime e quindi ci sono dei legami ancora presenti che impediscono di arrivare ad una
democrazia) e gli attori decisivi (“veto players” che mantengono il regime in stato di
ambiguità senza riuscire ad eliminare le forze di pro democrazia); per studiare le ragioni
dell’interruzione del recesso si guarda: al processo elettorale, il funzionamento dello stato e
allo stato di diritto.
Quando si analizza il processo elettorale si identificano due tipi di regimi:
- la democrazia limitata, che ha il suffragio universale, procedure letterali
formalmente corrette, un sistema multipartitico ma i diritti civili e l’opposizione sono
limitati e repressi dalle forze di polizia
- la democrazia protetta, dove ci sono alcuni attori che pongono dei limiti
all’espressione effettiva del voto, le elezioni non sono libere e l’opposizione è
controllata
Nel funzionamento dello stato si identifica la democrazia senza legge, nella quale lo stato
non è in grado di funzionare correttamente, non ci sono istituzioni statali funzionanti, vige
illegalità diffusa e l’assenza di organi burocratici funzionanti.
Nello stato di diritto si guardano alle pseudo/quasi-democrazia, dove si ha una forte
illegalità e vincoli alla effettiva garanzia di diritto; sono di fatto regimi autoritari.

Crisi della democrazia


Negli ultimi anni i cambi di regimi sono soprattutto da una democrazia ad un regime ibrido,
perché non viene completato il processo verso quelli autoritari; ecco perché quando si parla
di “crisi della democrazia”, la democrazia sembra perdere la sua capacità attrattiva,
soprattutto quando i leader autoritari possa sono contare sul controllo delle risorse: la
“maledizione delle risorse” può riuscire a consolidare un regime autoritario. Anche la
disinformazione e la polarizzazione tossica sono due indici di crisi della democrazia; essi
infatti rinforzano e velocizzano le transizioni verso regimi autoritari; la polarizzazione è
formata da semplificazioni massime.
Quali indicatori segnalano le democrazie in
declino?
Come entrano in crisi i regimi ibridi?
Si tratta di un passaggio da ibridi a autoritari: i leaders accentrano il potere e aumentano la
repressione del dissenso; un esempio è quello dell’Egitto, che ha visto un serie di proteste
iniziate nel 2011 della società civile contro Mubarak, che porteranno a nuove elezioni dove
vince Morsi, che però viene arrestato l’anno dopo, e si insedierà l’ISIS?

DALLA MACRO POLITICA ALLA GOVERNANCE

Potere legislativo, rappresentanza e democrazia


Si presuppone una divisione di poteri che prende in esame dei pesi e contrappesi, in modo
che venga garantito un equilibrio tra funzioni; per questo, vengono enunciati 3 poteri nelle
democrazie:
1. Funzione legislativa —> potere legislativo, il processo decisionale
2. Funzione esecutiva —> potere esecutivo
Questi due hanno una funzione di rappresentanza
3. Funzione di controllo giurisdizionale —> potere giudiziario

Propria del parlamento e dell’esecutivo è la funzione di rappresentanza, che indica l’agire


nell’interesse dei rappresentanti; nell’ élite che fa parte di questa funzione il tipo di agire “in
rappresentanza” implica un’attenzione al tipo di rappresentanza effettuata:
- rappresentanza politica, agisce negli interessi della collettività tramite fiduciario che
agiscono secondo virtù civiche; l’eletto deve rappresentare una collettività più ampia,
svolge il suo compito in modo “indipendente”, con una sua discrezionalità e il suo
giudizio
- rappresentanza privata, agisce negli interessi dei singoli/gruppo tramite delegati
(eg. avvocato/assistito)
Esistono una serie di paradossi della rappresentanza, uno in particolare è quello del
mandato imperativo (vincolo di mandato): gli eletti sono direttamente responsabili nei
confronti degli elettori e possono essere revocati anche in corso del loro mandato se si
distanziano dal programma politico presentato (come in Germania); questo limiterebbe la
discrezionalità e il proprio giudizio. Questo vincolo è vietato in molte democrazie, dal 2004 il
Consiglio di EU lo ritiene inaccettabile, e vige infatti il divieto del vincolo di mandato: in Ita
(art. 67 Costituzione, “ogni membri del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue
funzioni senza vincolo di mandato) questo implica che gli eletti abbiano un mandato più
generale, senza vincolo giuridico (non revocabile), in modo da assicurare una libertà di
espressione dei Parlamentari; le elezioni successive saranno il metro con cui verrà giudicato
l’operato dei rappresentanti, che hanno come unico vincolo la responsabilità politica.
I parlamentari hanno l’obbligo di aderire ad un Gruppo Parlamentare (si può cambiare nel
corso del tempo, questione contestata), che detta la linea politica da seguire.

I parlamenti sono assemblee di rappresentanti eletti, che formano un corpo politico chiamato
a discutere e legittimare questioni che riguardano la comunità in generale; sono istituzioni
collegiali, permanenti, e che al loro interno ha un pluralismo dovuto alle varie linee dei
partiti politici. I parlamenti vengono riconosciuti per essere: rappresentativi (delle forze
politiche elette democraticamente), trasparenti (nello svolgimento della loro attività),
accessibili (coinvolgere la società civile), responsabili (nei confronti dell’elettorato per azioni
e condotta). Hanno 3 funzioni principali:
1. Rappresentativa, svolta dai singoli rappresentanti o Gruppi attraverso i partiti in
Parlamento. NON è da intendersi come rappresentativa della società (gruppi etnici,
religiosi) anche se possono essere incluse quote (es. quote rosa per donne); Come
viene svolta? Attraverso interpellanze e interrogazioni (scritte o orali) a ministri/
funzionari per ricevere informazioni sul funzionamento di alcune politiche o per
migliorare la trasparenza di procedure.
2. Monitoraggio e controllo (del governo); nelle democrazie parlamentari (parlamento
elegge con voto di fiducia il governo e può farlo cadere) è una funzione chiave
(eg.Casi di Germania e Spagna: «sfiducia costruttiva»: Parlamento vota la sfiducia
solo se vi è una maggioranza alternativa per nuovo governo. Maggiore stabilità dei
governi); nelle democrazie presidenziali (capo del governo è eletto dai cittadini) il
Parlamento può mettere sotto accusa il Presidente con procedura di impeachment e
obbligarlo alle dimissioni (Il Presidente cerca di nominare ministri dei partiti di
maggioranza per accordare linea politica “parlamentarismo dei sistemi
presidenziali”).
Il controllo dell’opposizione sulle attività legislative è fondamentale, e avviene tramite
interrogazioni, dibattiti in aula, e attraverso i media.
3. Funzione legislativa, nelle democrazie parlamentari funzione spesso svolta dal
governo (75% delle proposte di legge è di iniziativa governativa), e il parlamento
propone emendamenti; può comunque esserci una fusione dei poteri se vi è stretta
relazione tra Parlamento e governo nelle attività legislative: in questo caso aumenta
ruolo di controllo di magistratura e media. Nelle democrazie presidenziali con
separazione di poteri, se il Presidente non può contare su maggioranza, in
Parlamento può esserci uno stallo decisionale.

Le camere
Quali relazioni tra le Camere? Come si strutturano i lavori ? Numero di camere, chi
rappresentano, tipo di elezione ....
Monocamerali: una Camera
Bicamerali: due Camere («bassa» Deputati, «alta» Senato); può essere di vari tipi a
seconda della Base rappresentativa (congruente o incongruente) o dei Poteri attribuiti
(simmetrico o asimmetrico).

Bicameralismo ridondante: assemblee ugualmente rappresentativi e eguali poteri


Bicameralismo funzionale: assemblee ugualmente rappresentativi e poteri differenti
Bicameralismo forte: basa rappresentativa forte e poteri simmetrici
Bicameralismo debole base rappresentativa debole e poteri asimmetrici

Ruolo delle commissioni in parlamento e dei partiti


Ci possono essere commissioni come membri più o meno stabili, e possono essere di
inchiesta, con funzione legislativa e commissioni speciali; all’interno si seguono le linee
dettate dai leader parlamentari e di partito.

POTERE ESECUTIVO E LE SUE FUNZIONI


Prima distinzione è quella tra governo e governance:
- governance è un’attività che consiste nel prendere decisioni collettive; sono i
processi e le interazioni individuali e collettive, formali e informali dei governi con
ONG/movimenti sociali/gruppi di interesse/ecc
- governo, organo che indica le attività formali di indirizzo/di guida e le autorità che
svolgono questi ruoli; è composto da istituzioni che hanno la responsabilità di
prendere decisioni

Le sue funzioni prevedono:


1. Iniziativa politica: i progetti di leggi redatti dagli uffici dell’esecutivo e inviati al
parlamento per l’approvazione
2. Poteri regolatori: trasforma le leggi approvate in regolamenti attuativi per renderli
operativi (questa fase compete ai ministeri)
3. Coordinamento: tra ministeri e le istituzioni della burocrazia

Tipi di governo
Un primo criterio per la distinzione, è quello di definire il governo in base a com’è stato
eletto (cittadini/parlamento): governi presidenziali (monocratici eletti) dove gli elettori
eleggono il presidente che sceglie i componenti del governo ed è a capo dello stato, ma si
ha un incompatibilità tra incarichi di governo e ruolo parlamentare; nei governi parlamentare
(monocratici parlamentare) dove il parlamento accorda/revoca la fiducia al governo, elegge il
capo di stato, ed è possibile che ci si sa una sovrapposizione tra incarichi.
Un altro criterio è quello di analizzare le relazioni all’interno del governo: governi collettivi,
dove manca il ruolo preminente del Premier (non viene imposto la volontà del premier
perché non dettano la linea del governo); governi ministeriali, dove i singoli ministri operano
in relativa autonomia dietro le indicazioni del premier che è primus inter pares; governi del
primo ministro, dove il premier e la figura dominante che gestisce i singoli ministri; in
situazioni di crisi, esistono anche i governi tecnocratici, che hanno ministri scelti per la loro
esperienza e competenza (non per appartenenza politica), in Ita quello di Draghi/Monti.
Un terzo criterio e di vedere quanti partiti sostengono il governo e se questi hanno o meno
la maggioranza: governo di maggioranza (a partito unico); governo di minoranza (di
coalizione, 2/+ partiti), che può essere formato da
- coalizioni sovradimensionate (numero superiore a quello necessario per la
maggioranza parlamentare) si trovano in casi di crisi/post crisi/post transizioni
democratiche
- coalizioni minime vincenti (del numero minimo necessario per raggiungere la
maggioranza parlamentare),
- coalizioni minoritarie (i partiti che sostengono il governo che non hanno la
maggioranza parlamentare).
La frammentazione del sistema partitico influisce sul tipo di governo: maggiore e il numero di
partiti, minore e la probabilità di avere un partito monopartitico o con una coalizione minima
vincente.

La partitocrazia - Party governments


I partiti e i leader di partito sono i principali attori nel processo decisionale: reclutano i leader
che prendono decisioni in modo sempre più personale, così che il loro potere aumenti in
caso di nomine di candidati; la partitocrazia è un fattore della crisi della democrazia.

POTERE E CONTROLLO GIUDIZIARIO


La magistratura è uno degli strumenti più importante; svolge due funzioni:
- controllo del potere legislativo/esecutivo
- Risoluzione dei conflitti in cui sono coinvolte le autorità pubbliche in modo imparziale
affinché sia garantita piena indipendenza le corti—> indipendenza giuridica, che è il
principio cardine che permette ai tribunali e ai giudici di esercitare le proprie funzioni
senza influenza o controllo da parte di attori
Gli indicatori di indipendenza e imparzialità sono:
- durata in carica non si sovrapponga con la durata in carica dei governi
- salario adeguato al ruolo svolto per limitare la corruttibilitá dei giudici
- stabilità del sistema giuridico
- autonomia delle decisioni senza ingerenza da parte del governo
- autogoverno della magistratura

Nelle transizioni dall’ autoritarismo alla demo, in caso di forte corruzione anche della
magistratura, si procede ad una revisione del sistema giudiziario; la fiducia dei cittadini
nel sistema giudiziario e la fiducia dello stato di diritto proprio delle democrazie.

I Pubblici Ministeri svolgono un ruolo chiave nel rapporto tra esecutivo e giudiziario, sono il
legale rappresentante dell’interesse generale dello stato. Hanno la responsabilità di avviare
un'inchiesta e presentare un caso in giudizio in un però esso contro un individuo che ha
violato la legge; più è indipendente, più è severi nel controllare le azioni dei poteri politici.
Spesso sono proprio i PM a scoprire casi di corruzione politica (eg. Ita 1992-1993
operazione “mani pulite”)

Le corti costituzionali/supreme controllano il potere legislativo ed esecutivo nella loro


funzione legislativa, verificando la conformità delle leggi con le norme costituzionali;
esercitano un controllo sulle autorità politiche nel loro agire.
Giudiziarizzazione della vita politica (attivismo giudiziario)
Indica un ruolo chiave della magistratura in contesti democratici, un ago della bilancia, che
pretende un intervento della magistratura sulle scelte della politica (della corte costituzionale
e dei tribunali e corti internazionali); la separazione garantisce una migliore qualità
democratica e responsabilità interistituzionale.
Nei regimi non democratici i PM sono nominati e influenzati nelle sentenze

LE POLITICHE PUBBLICHE
Il sistema politico include 3 facce della politica:
1. Polity: identità e confini di un singolo sistema politico (cosa tiene insieme la
comunità politica, territorio/istituzioni/aspetti socio-culturali)
2. Politics: processi all’interno del sistema (chi e come governa)
3. Policy: decisioni su aree specifiche (output del sistema, politiche pubbliche

Policy
Una politica pubblica, di fatto, non è una singola decisione, ma di un insieme di decisioni
collegate dalle interazioni degli attori politici, che costituiscono la “linea di azione”, e che
sono finalizzate a risolvere un problema che è entrato nell’agenda politica. La politica è
“pubblica” perché colpisce direttamente/indirettamente una collettività, e viene attuata da
autorità pubbliche e funzionari politici; attraverso esse che i riferimenti normativi sono attuati.

Come e perché soltanto alcuni problemi entrano nell’agenda politica? Chi controlla
l’agenda? Come vengono “filtrati” gli inputs in arrivo?
6 fasi del ciclo delle politiche:
1. come entra una questione nell’agenda politica? Una questione si costruisce come
“problema” per cause esterne (crisi economica/flussi migratori) o perché viene introdotto
come “problema” da un leader politico (sicurezza/lotta evasione fiscale)… Questa fase è
molto importante perché informa su chi ha definito il problema è perché in quel determinato
momento.
2. formulazione e preparazione della politica: vengono formulate alternative e soluzioni
dando avvio ad uno scontro tra interessi divergenti; quali alternative sono proposte e quali
escluse? Quali interessi vengono tutelati e quali no? Quali conflitti tra interessi possono
portare a fasi di stallo? Il successo di una proposta dipende dall’apertura di una “finestra di
opportunità politica”, un momento cruciale in cui l’azione si velocizza e in cui gli imprenditori
di policy agiscono per convincere vertici politici che il problema è rilevante e serve un
intervento rapido.
3. fase decisionale: gli attori formali (governo/parlamento/burocrazia) e attori informali
(interessi colpiti dalla misura/associazioni) vengono coinvolti a diversi a livelli
(nazionale/locale/internazionale); questo è il processo di governance, dove il governo può
cercare una contrattazione, un compromesso per arrivare alle decisioni per cercare di
mettere d’accordo tutti.
4 fase implementazione: politica adottata e gli uffici/burocrazia affina il modo in cui sarà
eseguita
5. valutazione politica: vengono valutati gli output (cosa è stato prodotto) e gli esiti (cosa si
è ottenuto)
6. continuazione, ridefinizione o conclusione: viene deciso se continuare, modificare o
porre a termine una politica; spesso si segue il “path dependance” e una volta avviata la
politica tendenziale si continua, al massimo si fanno piccole modifiche, fino a quando non ci
saranno nuove congiunture critiche e si apriranno nuove “finestre di opportunità”.

Classificazione politiche pubbliche


Si possono classificare in base:
- ai livelli (nazionale/locale/regionale)
- Agli ambiti di policy possono essere inseriti nuovi temi (welfare e politiche sociali) o
essere tolti

Le classificazioni prendono in considerazione una distinzione tra


- politiche procedurali, basate su regolamenti specifici che definiscono e terminati
processi
- Politiche sostanziali, che regolano ambiti specifici
Alcune politiche possono essere entrambe.

Un primo criterio per la classificazione è quello di Lowi, che le classifica in base


all’applicazione e alle possibili sanzioni:ci sono sanzioni? Sono immediate? Colpiscono gli
individui o l’ambiente di condotta? In questo modo lui distingue varie politiche:
- politiche distributive: assegnano servizi o benefici a individui/gruppi senza o poche
sanzioni (politica economica)
- politiche regolative: politiche procedurali che impongono restrizioni o sanzioni sul
comportamento di individui/gruppi mirate a proteggere l’interesse pubblico generale
(politiche ambientali)
- politiche costitutive: politiche procedurali che riguardano la riorganizzazione di
istituzioni e alle regole formali (revisione legge elettorale)
- politiche redistributive: politiche sostanziali che spostano l’allocazione della ricchezza
e reddito a favore delle classi inferiori (tutte le politiche dello stato sociale)

Un secondo criterio è quello di Wilson, in base ai costi e ai benefici di ogni politica: questi
possono essere dispersi o concentrati su piccoli gruppi sociali.
- politiche maggioritaria: i costi e i benefici sono divisi tra ampi settori della società
- politiche dei gruppi di interesse: misure che premiano un piccolo gruppo a spese di
un altro (la società non è coinvolta)
- politiche imprenditoriali: i benefici sono generalizzati e di piccola entità, i costi
ricadono su un piccolo gruppo; serve una capacità imprenditoriale per far accettare i
costi a solo un gruppo
- politiche clientelari: costi sono dispersi nella società (non c’è molta opposizione) ma i
benefici solo a piccoli gruppi ben organizzati (conflitto se si premia sempre lo stesso)

Ci sono tendenzialmente 2 modelli di policy making (come si costruisce una politica


pubblica:
1. Incrementale: Lindblom, una politica
diretta ad un problema che viene
testata è modificata con
aggiustamenti continui, procedendo
per tentativi e errori
2. Bidone della spazzatura: March e
Olsen, problemi da affrontare si
guardano le soluzioni e si scartano
quelle che non sono utilizzabili

In Italia si predilige il modello incrementale.

MICROPOLITICA
Partecipazione politica non convenzionale: i movimenti sociali
La partecipazione politica sono azioni intraprese da cittadini per cercare di influenzare le
decisioni politiche; questa include l’attività dei singoli membri, l’azione compiuta e il
comportamento individuale, l’ambiente in cui avviene la partecipazione. La partecipazione
può essere convenzionale/formale (voto, campagne elettorali) o non convenzionale
(scioperi, manifestazioni, petizioni), è presente in ogni democrazia, e il suo studio la
caratterizza.
La partecipazione convenzionale è necessaria, ma non è sufficiente per la definizione di
democrazia; ci sono 3 paradossi della partecipazione (soprattutto) all’interno di ambienti
democratici:
1. Democrazie stabili con bassi livelli di partecipazione politica; cause: se aumenta lo
sviluppo eco-sociale, diminuisce la partecipazione; se la demo è stabile, la
partecipazione diminuisce; se la demo è in crisi, i cittadini si sentono esclusi e si ha
una depoliticizzazione.
2. Ambiguità dell’azione collettiva; cause: scelta razionale, partecipazione per ottenere
una ricompensa (Olson, questa può essere una azioni e non razionale perché anche
senza prendervi parte, l’individuo si accorge di poter beneficiare dei risultati
dell’azione = free rider); sociologia politica dice che si partecipa collettiva per
imitazione sociale, psicologia della folla, per integrarsi in una organizzazione politica.
3. Forte partecipazione nei regimi autoritari; causa: la partecipazione è un fattore di
cambiamento politico-sociale in contesti autoritari —> politica della mobilitazione =il
leader chiede supporto che deve essere sempre confermato, e si vuole arrivare a dei
plebisciti per rafforzare la sua figura (+ 70%)

Dagli anni 60, i movimenti sociali diventano un nuovo attore della partecipazione politica
non convenzionale; sono di vario tipo a seconda della tematica per cui nascono. Ci sono 2
definizioni:
- Tilly e Tarrow: “una prolungata campagna di rivendicazione che fa ricorso a
performances ripetute per pubblicizzare la protesta è che poggia su organizzazioni,
network, tradizioni e solidarietà in grado di sostenerla"; ci sono 2 caratteristiche
fondamentali: la base del movimento sociale (organizzazione, network,
partecipazione, patrimonio culturale) e la campagna del movimento (manifestazioni
pubbliche, raduni, comunicati stampa ecc)
- Della Porta e Diani: “reti di interazioni informali, basate su credenze/solidarietà
condivise, mobilitate su tematiche conflittuali, attraverso un uso frequente di varie
forme di protesta”

Per classificare i movimenti sociali si individuano i temi sollevati, i valori, la composizione


sociale e repertori della protesta; ci sono 3 criteri:
1. Comportamento collettivo; movimenti come fenomeno irrazionale e disfunzionale che
nasce da una situazione di stress sociale, che va controllato per essere ricondotto in
un ambito istituzionale
2. Mobilitazione delle risorse; movimenti agiscono in modo razionale, propositivo e
organizzato; si da importanza alle risorse, al ruolo di imprenditori politici e
dell’organizzazione; teoria di Tilly prende in considerazione la categoria sociale alla
quale fa riferimento il movimento e le somiglianza tra la scelta di vari movimenti, e la
capacità di network sociali si riescono a mobilitare.
3. Struttura delle opportunità politiche; si tiene in considerazione quali sono le
caratteristiche di quel preciso momento che fanno si che le persone entrino a far
parte del movimento; i fattori che definiscono questo criterio sono: forza dello stato,
strategie delle élites di potere, instabilità politica, presenza di alleati influenti al
potere, intensità della repressione.

Vecchi e nuovi movimenti


Vecchi: originati da domande eco-sociali, di sfida (operaio, di liberazione nazionale), o di
difesa sociale (brigantaggio)
Nuovi: originati su temi culturali (valori post-moderni), di difesa sociale (per ambiente) o di
sfida (femministi), contro le discriminazione
La mobilitazione può includere pratiche di vecchi o nuovi movimenti

Evoluzione dei movimenti sociali


L’evoluzione del movimento può avvenire tramite una istituzionalizzazione e
burocratizzazione, le cui cause possono essere:
- meccanismi di smobilitazione, cause: competizione, defezione, disincanto,
istituzionalizzazione
- divisione della base: escalation vs istituzionalizzazione
- democrazia e concentrazione: nuove questioni in agenda e nuovi canali di
partecipazione

Le rivoluzioni sono trasformazioni rapide e fondamentali delle strutture di stato e di classe di


una società, un trasferimento di potere in 3 fasi sovrapposte: disintegrazione dello stato,
lotta per il potere, ricostruzione radicale. Ci sono 3 tipi di rivoluzione: borghese (democrazia),
di massa (regimi comunisti), dall’alto (regimi fascisti). Come nascono? Spesso partono da un
movimento; è necessaria una classe sociale forte che avvia un cambiamento sociale e
politico (Barrington Moore 1966), il collasso delle forze dominanti prodotto da due
contraddizioni congiunte: produttori attivi vs. classe dominante e stato vs. classe dominante
(Skocpol 1979), e infine, la frustrazione della classe dominante che deve essere organizzata
da un movimento politico e da una leadership (Tilly 1978)
Gruppi di interesse, lobby
Sono organizzazioni formali, basate su singoli membri volontari che cercano di influenzare le
politiche pubbliche senza assumersi responsabilità di governo; “interesse” indica un obiettivo
materiale o un bene pubblico.
Eg. Gruppi di interesse: economici, cause specifiche, advocacy di cause per altri (disabili,
bambini), istituzionali (chiese, grandi enti pubblici), organizzazioni “ombrello” per determinati
interessi (imprenditori).
Questi gruppi supportano/finanziano alcuni partiti politici: dicono essere trasparenti per
evitare casi di corruzione; inoltre possono partecipare in fase legislativa come “parti sociale”.

Partecipazione politica convenzionale: partito politici e sistemi di partiti


La partecipazione politica convenzionale ha come caratteristica principale il voto, che è
stato studiato attraverso modelli di “cultura civica”: analizzano forme di partecipazione
classica e di routine (tenersi informati, votare, mobilitarsi per una campagna elettorale o
un’azione collettiva, essere attivista regolare in un partito o movimento politico, candidarsi
alle elezioni politiche).
Milbrath e Goel hanno evidenziato nel caso USA 3 gruppi di gruppi cittadini:
1. Gladiatori: impegnati nella lotta politica, 5-7%
2. Spettatori: osservano il contesto ma raramente partecipano se non con il voto, 60%
3. Apatici: non prendono parte a forme convenzionali di partecipazione politica, 33%

Partiti politici
2 definizioni principali:
- Weber: “associazioni a cui si decide liberamente se partecipazione, e hanno due fini:
uno è quello di assicurare al leader una posizione di potenza all’interno della
comunità; il secondo, è quello di dare vantaggi materiali ai membri”
- Sartori: “gruppo politico che si identifica con un’etichetta ufficiale, e che si presenta
alle elezioni ed è capace di allocare candidati alle cariche pubbliche”

I partiti politici esercitano potere in un sistema politico e assumere la leadership (≠ gruppi di


interesse); perseguono benefici ideali/materiali per i loro membri e tentano di mobilitare
membri e sostenitori; formano organizzazioni più o meno permanenti con struttura definita (≠
movimenti sociali).
Duverger distingue tra partiti formati “internamente” (gruppi interni al parlamento) e
“esternamente” (da fasi si istituzionalizzazione di movimenti sociali). I “cleavages”, fratture
sociali, di Lipset e Rokkan si erano congelate in partiti politici stabilì fino agli anni 70; in
seguito si verifica lo "scongelamento" con l'emergere di nuovi problemi sociali e nuove
fratture post-materiali, anti-sistema e forte disallineamento degli elementi.
Ci sono diverse funzioni elettorali dei partiti:
- nomination elettorale, designare i cittadini che devono rappresentarli nella campagna
elettorale (reclutamento)
- Mobilitazione elettorale, convincere i cittadini a partecipare alle elezioni e a votare
per i loro candidati
- Strutturazione delle problematiche, decidere la linea politica in merito a determinati
problemi sociali e le alternative politiche possibili

Oltre a quelle elettorali, hanno anche funzioni complementari:


- funzione di rappresentanza, sociale di gruppi e strati sociali rappresentati dal partito
e dai candidati
- Funzione di aggregazione degli interessi
- Formazioni e sostegno a governi
- Integrazione sociale, permettono ai cittadini di partecipare efficacemente al processo
politico

3 modelli di comportamento partitico:


1. Ottenimento dei voti, massimizzazione voti per
2. Ottenimento di cariche, ottenere potere nel sistema politico e
3. Perseguimento di politiche, raggiungere obiettivi specifici

Tipi di partiti
Partito dei notabili: poco strutturati, aristocratici è alta borghesia in parla,e to, partecipazione
solo convenzionale
Partito di massa: risultato di movimenti sociali, organizzazione centralizzata, base solida,
coordina la parte politica e forte funzione di integrazione sociale fino 1970
Robert Michels 62 “legge ferrea dell’oligarchia”: “chi dice organizzazione dice oligarchia”, vi
è una tendenza per cui tutti i partiti (anche quelli di massa) finiscono per essere dominati da
élites e diventare partiti quadri.
Partiti pigliatutto, orientato a politiche intermedie e al centro
Partito elettorale professionale, non è di massa, enfasi su leadership personale, questioni
specifiche, flessibilità strategica, competenze marketing politico
Partito di cartello, al potere da lungo tempo, connesso con lo stato, collusione e metodi
clientelistici
Sistemi di partito, Sartori
Indica il numero di partiti in parlamento secondo i criteri di potenziale di ricatto e livello di
polarizzazione.
Monopartitici: partito unico/egemone/predominante
Bipartitici: 2 partiti competono per maggioranza assoluta dove uno dei due la ottiene e
governa da solo
Multipartitici: pluralismo moderato (Max 5 partiti, poca polarizzazione ideologica e governi di
coalizione, sistema bipolare con forte centripete), pluralismo polarizzato (+ 5 partiti, forte
polarizzazione ideologica, forze antisistema, opposizioni bilaterali che si escludono a
vicenda, tendenze centrifughe, pensiero ideologico).

Sistemi elettorali
Sono l’insieme delle regole che governano il processo elettorale; si distingue tra formula
elettorale (solo il meccanismo di conversione dei voti in seggi) e sistema elettorale (formula
+ come sono definite le circoscrizioni, soglie di sbarramento, preferenze, propaganda,
informazione politica e finanziamento dei partiti). I sistemi elettorali sono leggi fondamentali,
regole di ingegneria istituzionale che influiscono sul risultato elettorale.
La formula può essere:
- proporzionale, si assegnano i seggi in parlamento in base alla percentuale di voti
ricevuta da ciascun partito; principio guida è quello di offrire rappresentanza ai partiti;
il partito che ottiene più voti, ottiene un premio di maggioranza per garantire una
maggio stabile; ci sono delle soglie di sbarramento per essere rappresentati in
parlamento, e l’ampiezza del collegio elettorale è determinante: più i seggi sono
espressi sono numerosi più il sistema è proporzionale è aperto alla rappresentanza
di piccoli partiti: piace perché produce assemblee legislative più rappresentative,
facilità l’accesso delle minoranze a cariche pubbliche, evita i voti persi/sprecati,
stimola la partecipazione elettorale; non piace perché produce governi di coalizione,
frammentazione politica, partiti estremisti, costringe politica di alleanze con partiti
minori con forte potere di veto
- Maggioritaria, vince il candidato che riceve più voti in un collegio (uninominale); first
past the post —> in ciascun collegio vi è un unico seggio in gioco che è assegnato al
candidato che supera tutti gli altri (UK). Si divide upon due varianti: plurality, si vota
una volta sola e vince chi ha la maggioranza relativa, UK, si caratterizza per seggi
extra che vengono dati al partito che ottiene il maggior numero di voti in modo che si
arrivi alla maggio assoluta, l’obiettivo è avere un esecutivo stabile e affidato ad un
governo monocratico, per questo sono importanti le circoscrizioni (se ci sono partiti
molto forti in alcune aree, saranno rappresentati più di altri) i cui confini sono definiti
attraverso il gerrymandering in modo da massimizzare l’efficienza elettorale di un
partito, questo sistema piace perché è semplice e riduce la frammentazione
politica,non piace perché si dice che alcuni voti vadano sprecati/persi e non è
rappresentativo per molti degli elettori; e majority, doppio turno e per vincere serve la
maggioranza assoluta 50+1 voti, FR, aspetti positivi: produce un effetto aggregante è
uno riduttivo sul numero dei partiti in parlamento e favorisce la stabilità politica

Ci possono essere anche formule miste: in Italia nel 1993-2005 Mattarellum, 2017-oggi
Rosatellum; legge di Duverger: sistema elettorale maggioritario determina sistemi bipartitici
stabile e più efficaci, sistemi elettorali proporzionali determinano multipartitici e instabili ma
maggiore rappresentanza

Comportamento elettorale
Come votano gli elettori? Votano cercando di far sì che i propri interessi siano tutelati dal
partito, oppure votano in maniera retrospettiva, guardando cosa ha fatto il governo
precedente; negli ultimi decenni si è avuto un aumento della volatilità elettorale: elettori la cui
preferenza in termini di partito cambia da un’elezione all’altra; questo è segno di
indebolimento dei legami tra partiti ed elettori e il rafforzamento del ruolo del leader del
partito.

Potrebbero piacerti anche