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Economia ed Etica

AA 2020-21

Prof. Roberto Burlando


Dip. di Economia e Statistica
S. Cognetti, Torino
I livelli di analisi e intervento della politica
economica sono classicamente considerati tre.

Quelli delle scelte:

Ø Sociali (obiettivi, valori, priorità)


Ø Istituzionali (strutturazione delle istituzioni
atte a perseguire le priorità)
Ø Correnti (manovre congiunturali e strutturali).

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Le scelte Sociali
riguardano la individuazione degli obiettivi che
sono considerati socialmente desiderabili in un
certo luogo ed in un certo tempo.
Vi sono diversi modi indagarle e individuarle, che
muovono da concezioni (filosofiche, etiche ed
economiche) diverse e comportano percorsi ed
esiti assai diversi tra loro.

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Dal punto di vista logico e teorico, la dimensione delle
scelte sociali è quella prioritaria per la politica
economica: solo da essa - perseguita possibilmente in
modo democratico - si possono far discendere le scelte
istituzionali e gli interventi correnti.
Non a caso si parla di autocrazia, plutocrazia e tecnocrazia quando
quando questo livello è sostituito dalla valutazione di qualche
categoria di soggetti particolari: dittatori, elite di ricchi, “tecnici”.

Le preferenze sociali devono essere identificate


e poi confrontate:
- con la realtà economica che si vuol modificare
- con le effettive possibilità di cambiamento 4
In ciascun ambito della Politica economica si fanno valutazioni
• di importanza dei diversi obiettivi e
• di efficacia dei diversi strumenti nel raggiungerli,
che si rifanno necessariamente ad una qualche concezione di cosa è
bene o, almeno, meglio rispetto a qualcos’altro.

Tali valutazioni dipendono quindi dalle prospettive adottate per


valutare il bene o il meglio.

Questo è particolarmente vero per le scelte sociali, nelle due aspetti


risultano centrali:
Il bene di chi?
Cos’è il bene (o il meglio rispetto a..)?
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Proprio il fatto che nelle scelte di Politica economica sia
coinvolta una valutazione su ciò che è bene ha fatto sì che
la riflessione economica abbia sempre – sia pur con
posizioni diverse – considerato in esse cruciale il ruolo
dell’etica.
Tali scelte implicano, necessariamente, la definizione di
obiettivi in qualche modo condivisi da una qualche
comunità di persone.
Le scelte individuali derivano da una visione del mondo e
del proprio ruolo in essa, le scelte sociali aggiungono a
questa dimensione la composizione dei valori o obiettivi
individuali in un insieme più ampio.
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L’etica è talvolta considerata come un insieme di regole esterne, di
vincoli che limitano la libertà di azione di ciascuno.
Questo è in realtà un ruolo del sistema delle leggi e, casomai, una
funzione svolta sul piano individuale dal famoso “super-io”.

L’etica nasce invece come riflessione su come vivere meglio, come


affrontare con maggior consapevolezza e successo l’esperienza
umana che la vita ci consente di sperimentare. (P. Singer, How are we to
live, pag 24: “an ethically good life is also a good life for the person leading it”..
“we identify ourselves with other, and larger, goals, thereby giving meaning to our
lives”)

L’etimo del termine “regole” indica essenzialmente dei modi di fare sperimentati
che consentono di ottenere risultati migliori in specifici campi. E’ in questo senso
che si usava dire che le regole sono fatte per essere infrante, ma solo quando si
trova un modo migliore, rispetto a quello da loro implicato, di fare quelle date
cose.
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Una distinzione classica in diverse discipline sociali
e certo in Economia è quella tra analisi positiva e
normativa.
La distinzione (positivista) è di tipo logico ed ha
ormai essenzialmente una funzione euristica
perché nella realtà le due dimensioni si influenzano
reciprocamente in maniera rilevante.
- l’analisi positiva dovrebbe aver a che fare con la
realtà così com’è e dunque fornire una sorta di sua
descrizione e analisi del funzionamento, mentre
- l’analisi normativa dovrebbe indicare come le cose
“dovrebbero” funzionare per andar bene o meglio.
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Tipicamente l’analisi normativa deve fare
riferimento ad una qualche idea di cosa sia o
possa essere il “bene” (o un “meglio” rispetto
alla situazione data)
per poter fornire indicazioni su come le cose
“dovrebbero” funzionare per raggiungerlo.

Cosa sia – o possa essere - il bene (assoluto o


relativo) è però un aspetto cruciale da definire.

Si tratta di una delle classiche questioni della


filosofia morale.
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Nei principali approcci di filosofia morale il bene viene
interpretato come:

Eudaimonia, autorealizzazione in seno alla comunità di


appartenenza (Aristotele, etica delle virtù)

Massimizzazione del piacere e minimizzazione del dolore


totali (Bentham) o individuali (economia neoclassica)
(Utilitarismo)

Rispetto della legge morale universale come condizione


necessaria per essere davvero umani, rispettare se stessi
e partecipare alla società
(Kant e deontologismo)
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Un’ altra distinzione classica nelle materie
economiche è, conseguentemente, quella tra
Economia (politica) e Politica Economica.
Tipicamente l’economia dovrebbe aver a occuparsi
dell’analisi positiva (micro e macro) e la politica
economica invece con una combinazione delle
due.
Infatti la politica economica dovrebbe mettere
insieme le conoscenze su:
- funzionamento reale dei sistemi socio-economici
- aspetti normativi, ovvero obiettivi da raggiungere
attraverso il disegno di istituzioni appropriate e
interventi specifici degli operatori pubblici.
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Se la filosofia morale si interroga sul suo stesso
oggetto (bene e/o giusto), le cose si complicano
ulteriormente quando il tema è considerato
nell’ambito dell’economia.
La stessa rilevanza delle riflessioni etiche in
economia è tema di aperto dissenso, tra chi
ritiene separabili gli aspetti positivi e quelli
normativi (economia a-etica) e chi invece li
considera legati inscindibilmente .
Un ambito sul quale, però, sempre – sia pur con
posizioni diverse – è quasi sempre stato
considerato cruciale il ruolo dell’etica è quello
delle scelte di politica economica.
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Interpretazioni del rapporto tra Etica ed economia

Le molteplici posizioni riguardo al rapporto tra


etica da una parte ed economia e politica
economica dall’altra
possono essere schematicamente rappresentate
raggruppate in quattro grandi gruppi,
a seconda che si ritenga vi siano o meno tra esse
relazioni importanti ed a quale aspetto - tra etica ed
economia - si debba dare la priorità.
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Rapporto tra etica ed economia

Priorità
Priorità ad economia Priorità ad etica
Conciliabilità

Incon- Economia a-etica Economia irrimediabilmente


ciliabili “Il denaro non ha odore” “sporca”

L’economia (marginalismo e L’etica definisce i valori e i criteri


concorrenza perfetta) definisce sia di rilevanza sia di efficacia,
le condizioni (tecniche e l ’ economia in ogni suo ambito
politiche) di efficienza deve rispettarli ed è strumento.
produttiva in tutti gli ambiti, Approcci filosofici: da Aristotele a
l’etica può intervenire solo a Gandhi, Gadamer, Jonas,
Concilia- posteriori poiché riguarda solo: Levinas; Sen, Daly e movimenti
bili - distribuzione del reddito (teo- solidaristici, Fair trade, Finanza
ria neo-classica standard) o etica etc. Sostenibilità forte.
anche Approcci religiosi (tutte le
- condizioni del vivere civile (for principali religioni, in particolare
me di neo-contrattualismo e metodisti e quaccheri ma anche
versione debole RSI, soste- A. Smith, Economia di
nibilità debole etc) Comunione etc.)
La reciproca influenza tra le analisi positive e normative
sarà esplicitamente considerata (quando non già evidente
di per sé) nel prosieguo dell’analisi, quando i temi trattati
la evidenzieranno.

Merita qui solo evidenziare come diverse prospettive sul


versante positivo si associano a prospettive normative
con esse coerenti (e viceversa).

Il punto è cruciale nella situazione economico-sociale


attuale perché
alcune teorizzazioni cercano di presentarsi come
universali in quanto affatto indipendenti da assunzioni
valoriali,
mentre in realtà celano specifiche assunzioni a livello di
filosofia morale da cui discendono le loro deduzioni. 15
Le teorizzazioni economiche che pretendono di essere
autodeterminate e autosufficienti pongono la propria
versione dell’analisi economica quale paradigma unico
non solo nell’ambito delle scienze sociali ma anche in
(almeno alcune) naturali (come le biologia) e sono state
quindi anche definite “pensiero unico”.
Uno degli obiettivi di questo corso sarà quello di
considerare le principali assunzioni – sia sul piano
economico che su quello filosofico – su è costruita
questa particolare prospettiva.
Questa analisi si traduce anche in una specifica tesi, non
originale ma poco considerata: esistono significativi e
cruciali collegamenti tra le riflessioni etiche, quelle
metodologiche e quelle relative alle forme di
razionalità. 16
Le indagini sulle preferenze sociali quindi non possono
pretendere di avere carattere “universale”
(a differenza delle teorie morali che possono aspirare a ciò anche
se devono poi riconoscere l’esistenza di altre visioni) e
presentano anzi una caratteristica cruciale, che deve
essere tenuta ben presente:

Esse dipendono necessariamente dall'apparato


analitico utilizzato che, a sua volta, dipende da giudizi
di valore (come evidenziato già da G. Myrdal) e quindi
da valutazioni etiche.
Scelte sociali
2 approcci:
§ diretto: individua graduatorie sociali basate direttamente
su principi e valori considerati fondamentali.
§ indiretto: emergente solamente dalla aggregazione delle
preferenze individuali del momento

2 livelli analitici possibili per ogni approccio:


§ "positivo" scelte promananti dalla società in un dato
momento
§ "normativo" cosa (e perché) debba essere considerato
desiderabile dalla società
Ordinamenti sociali diretti e indiretti.
Un Ordinamento Sociale Diretto si riferisce direttamente
agli “stati del mondo”, valutandoli sulla base di un alcuni
principi etici e/o politici emergenti o da un processo
costituzionale (con convergenza tra visioni filosofiche e/o
politiche diverse), oppure imposti da un dittatore o capo
religioso.

Un Ordinamento Sociale Indiretto è costruito invece solo


sulla base delle preferenze dei singoli individui in un dato
momento, senza che vi sia un alcun elemento ritenuto
essenziale e prioritario rispetto ad esse (autonomia ma
problemi di riduttivismo etico)
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Scelte Sociali: Approcci Diretto, Indiretto, Positivo, Normativo

Indiretto Diretto

Welfarismo (funzioni di Approccio dei Principi


benessere o di utilità in ambito democratico
Normativo sociale, diverse per le Assunti teocratici
modalità di aggregazione
impiegate) (supposte leggi divine)
o dittatoriali
Proxy: Costituzioni
Scelte elettorali dei (definiscono principi
cittadini e programmi dei fondamentali e/o valori
Positivo partiti di riferimento) e sistemi
Scelte concrete degli delle leggi
eletti
Positiva. La teoria positiva delle scelte
pubbliche (sociali, collettive) mira a individuare
le preferenze e/o gli obiettivi che la società
esprime, attraverso ciò che gli individui paiono
indicare con le loro scelte.
• Indiretta: analisi delle scelte politiche
(elettorali) dei cittadini e dei programmi dei
partito votati o dei comportamenti degli
eletti.
• Diretta: Analisi del sistema delle leggi in
vigore
Positiva indiretta: Occorre rilevare e aggregare
preferenze molteplici, spesso contrastanti.
In astratto sono possibili molti approcci, in concreto
spesso ci si rifà a due di questi:

ü opinioni espresse dai rappresentanti politici eletti (in


democrazia), alle loro indicazioni programmatiche
o
ü rivelazione delle preferenze attraverso l'analisi delle
scelte concrete operate dai policy makers
Positiva indiretta. Problemi rilevanti:

ü le preferenze ottenute nei modi precedentemente


indicati rappresentano davvero quelle della società nel
suo complesso?

ü spesso i politici non sembrano interpretare gli


interessi della collettività bensì quelli di una sola parte
di essa o addirittura i propri (personali o di gruppo)

In ogni caso nell'approccio positivo si parte dalla


considerazione della realtà dei programmi politici e
dell'intervento politico concreto.
Normativa.

La teoria normativa delle scelte pubbliche


(sociali, collettive) mira invece a
individuare le preferenze e/o gli obiettivi
che la società dovrebbe avere,
a partire dalla riflessione sui principi
(fondamenti) di natura etica o politica
relativamente a ciò che debba intendersi
per bene pubblico o interesse collettivo.
Normativa diretta
Rischia di essere – in democrazia - una posizione di
principio, un riferimento “alto” ma di non facile
collegamento con la realtà dei fatti quotidiani..
(necessarie ulteriori analisi relative all’applicazione).

Perché tale riferimento sia democratico occorre vi sia


democrazia nel momento della sua individuazione e
definizione.
Ci sono invece costituzioni o obiettivi “imposti” - da
dittatori, capi religiosi, o comunque da elites come quelle
connesse a tecnocrazie e paternalismo (degli economisti
mainsteam secondo A. Sen)..
L’approccio indiretto appare compatibile con approcci etici
consequenzialisti e con l’utilitarismo.
Approccio diretto è invece collegato a visioni che si rifanno a
principi fondanti, come le kantiana e aristotelica.
La tensione tra i due approcci appare manifesta anche tra due
istanze contrapposte nelle società odierne.
Da un lato vi sono le spinte che vengono dai mercati, che
puntano sui desideri momentanei degli individui, contribuendo
a plasmarle, e portano a mercificare ogni cosa (Sandel) ed a
portare l’uso della razionalità strumentale anche sul piano degli
obiettivi (Sen).
Dall’altro troviamo invece, specie nelle Costituzioni
democratiche, l’affermazione di principi fondamentali a cui i
legittimi interessi personali o di gruppo devono sottostare
(Lash).
Bentham da un lato era un riformatore sociale
radicale per i suoi tempi, nei quali predominava una
visione aristotelica “tradotta” e sclerotizzata in una
concezione che giustificava l’esistente.
In una società divisa in classi sociali e in cui la
nobiltà aveva ancora potere di vita e morte sui servi
sostenne che “ciascuno conta per uno e nessuno
più di uno”, e che l’utilità che ciascuno doveva
massimizzare non era la propria ma quella totale, la
somma di quelle individuali (universalismo).
Egli però considerava i diritti umani come un
“nonsense on tramps” e giustificava la tortura.
L’economia neoclassica ha però abbandonato l’universalismo
esplicito di Bentham proponendone una versione che anche i
principali filosofi morali utilitaristi contemporanei rigettano.
L’approccio assume un individualismo egoistico in cui ciascuno
massimizza la sua utilità individuale. Si assume poi – con una
lettura quantomeno discutibile del riferimento di A. Smith alla
mano invisibile – che il funzionamento del mercato assicuri la
composizione di questi interessi confliggenti in un ordinamento
sociale presentato come efficiente, ottimale e – tendenzialmente –
armonioso.
Se (teoremi dell’economia del benessere) un equilibrio economico
generale competitivo (EEG) esiste, è unico e stabile (cosa assai
difficile, si veda il tema fallimenti del mercato) esso avrà anche le
caratteristiche di ottimalità allocativa.
Tale efficienza darà però origine a configurazioni diverse in
funzione distribuzione iniziale delle risorse.
Distribuzioni iniziali di risorse fortemente disuguali
potrebbero determinare allocazioni efficienti tecnicamente
ma inaccettabili dal punto di vista sociale.
Questo potrebbe indurre a ipotizzare la possibilità di
realizzare forme di trasferimenti di risorse (ricchezza) per
compensare tali disuguaglianze, anche se queste
potrebbero incidere sulla efficienza allocativa.
Una soluzione alternativa proposta – tipicamente dal
pensiero liberale – al riguardo è quella di interventi tesi a
modificare non l’allocazione finale bensì quella iniziale delle
risorse, garantendo una vicinanza di condizioni di partenza
(sanità, educazione, beni pubblici in genere).
In realtà il raggiungimento della configurazione ottimale –
ottimo paretiano – dipende dal funzionamento ottimale dei
meccanismi di mercato.
sul piano teorico diversi teoremi individuano le condizioni
sotto le quali si raggiunge tale condizione. Tali condizioni
matematiche hanno tutte una implicazione in termini di
condizione economica.
Il mancato rispetto di una di queste condizioni dà luogo a
quelli che vengono in gergo definiti i “fallimenti del
mercato” sul piano microeconomico.
In presenza di ciascuno di essi non si può assumere che i
mercati raggiungano l’allocazione ottimale e quindi neppure
che scelte individualistiche portino ad alcun ottimo sociale.
Fallimenti del mercato
• Mancanza condizioni di concorrenza perfetta
tante imprese tutte di piccole dimensioni, no costi di di
transazione e asimmetria info
• Rigetto individualismo
• metodologico ed esogeneità preferenze
• etico
Diritti, Costituzioni, libertà e dimensioni
omogeneità del prodotto
informazione completa e simmetrica
• Incompletezza dei mercati
– Esternalità
– Beni pubblici
– Costi personali e associativi, rilevanza distribuzione Y, beni
meritori
Approccio dei principi
Fallimenti dello Stato in economia
• Fallimenti della politica nel cogliere e
rappresentare le scelte sociali dei cittadini
• Corruzione, interessi privati
• Ciclo elettorale (Political-economic cycle)
• Ritardi nella percezione del ciclo economico
• Ritardi nelle decisioni politiche
• Ritardi amministrativi nell’attuazione delle
misure deliberate dalla politica
• Ritardo degli effetti delle politiche economiche

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