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Forme dell’ Utilitarismo

R. Burlando
Corso “Economia ed Etica”
Utilitarismo e Utilità
Da Bentham a Menger, Gossen, Jevons. Utilità come piacere
psichico generato dai beni, misurabile in modo cardinale e
dunque confrontabile tra persone diverse

Pareto fu il più prominente economista a rifiutare l’idea della


possibilità di confronti interpersonali di utilità ed a proporre il
concetto di utilità ordinale.

Per decenni l’economia ha utilizzato solo l’utilità ordinale,


relegando quella cardinale a considerazione di welfare
economics, fino all’affermazione della teoria dei giochi e della
scelta razionale, che richiedono la concezione cardinalista.
Tassonomia dell'Utilitarismo (G. Pontara in Utilitarismo, Dizionario di Politica)
Grandi meriti storici dell'utilitarismo (attraverso Beccaria, Mill ed
altri), tra cui il contributo all'emancipazione dal "giogo" dell' "ipse
dixit" ed il forte riformismo sociale di un Bentham (e non solo), che
in una società fortemente differenziata in classi (e nella quale si
riteneva che gli operai fossero destinati a rimanere ai limiti della
sussistenza) propose di "..[contare] ciascuno .. per uno, nessuno per
più di uno”.
I tempi, però, sono cambiati, la distinzione in classi sociali ha preso
forme assai diverse e la teoria neoclassica le ha tolto ogni valore
euristico oltre che politico e sociale. Secondo molti autori critici, le
versioni oggi predominanti dell'utilitarismo, certo in economia ma
anche in vari altri ambiti della cultura anglosassone in generale,
svolgono un ruolo importante nella costruzione di una ideologia e
di prassi orientate al mantenimento dello status quo, al
conservatorismo degli interessi (anziché a quello dei valori).
Diversi utilitaristi - non violenti e/o socialmente impegnati
(Pontara stesso, ma anche P. Singer) operano per contribuire a far
chiarezza nell'ambito della loro stessa tradizione, approfondendo
e diffondendo la critica di quelle versioni che tradiscano gli
orientamenti originari di essa e che portano ad esiti (personali e
sociali) opposti a quelli che essi auspicano.
Pontara propone una prima grande distinzione tra la "notevole
varietà di significati" che il termine utilitarismo ha assunto nel
tempo, quella tra teorie
- fattuali (positive direbbero gli economisti) e
- normative,
di cui poi considera ancora le principali versioni, anche se si
concentra sulla interpretazione dell'utilitarismo come sistema
etico, trascurando volutamente le versioni dell’utilitarismo come
teoria della scelta, e sui sistemi (sette) di etica utilitaristica e
terminando con un confronto con le teorie della giustizia.
L'utilitarismo come teoria fattuale.

Vi sono tre versioni dell’utilitarismo come teoria fattuale


(positiva):

§ analitico-esplicativa

§ psicologico-sociale

§ metaetica

In termini analitico-esplicativi l'utilitarismo può solo contribuire,


come ben evidenzia Pontara, ad illustrare "i criteri dell'agire
morale propri della morale comune", senza andar oltre.
Le ricerche di psicologia (ed in certa misura economia) cognitiva
e sperimentale degli ultimi decenni non paiono suffragare
l'interpretazione psicologico-sociale (pur inducendo al
riconoscimento, invece, della pervasività di modelli culturali che
riescono a modificare atteggiamenti personali.
La versione dell'utilitarismo che ha proposto la teoria dell'utilità
attesa e della scelta strumentalmente razionale come teorie
positive ha sollevato un ampio dibattito e trovato significative
smentite, dando luogo ad una vasta area di teorizzazioni
alternative (prospect theory, regret, le interpretazioni delle
euristiche più o meno frugali etc.).
Non è da escludere che vi sia una significativa ma ridotta
percentuale (tra il 20 e il 30%, negli studi sperimentali sul DP
esteso) di persone che si comportano come ipotizzato da questa
visione, ma certo la maggior parte di esse si comporta
sistematicamente in modo non compatibile con essa.
Metaetica. Da un lato la distinzione, comune nella metaetica, tra
termini deontici (doveroso, moralmente retto, etc.) e assiologici
(buono, preferibile etc.) appare importante, in particolare alla luce
della disinvoltura con cui molti economisti paiono identificare i due
diversi piani o, almeno, passare dall'uno all'altro, in funzione
dell'utilità retorica momentanea, senza distinguerli, anzi giocando su
quella duplicità.
Dall'altro, e forse più significativamente, da più parti si ritiene che in
questi 40 anni il programma della metaetica (e degli approcci "meta"
in generale, di chiara ascendenza neopositivistica così come le
moderne versioni "assiomatiche” dell'utilitarismo) abbia mostrato
tanti limiti da essere stato progressivamente soppiantato, in filosofia,
da analisi e considerazione di temi più concreti.
"L'analisi metaetica [..] è in affanno: l'allontanamento dalle questioni
sostanziali sterilizza progressivamente il dibattito e obbliga i filosofi a
tornare ai problemi reali” (Michela Marzano).
Metaetica 2.
Per un esempio paradigmatico di quel percorso in tempi recenti si
veda di J. Broome, Ethics out of Economics, ed in generale il suo
percorso di ricerca.
Esso presenta ormai – per i filosofi - soprattutto un interesse
storico, come tentativo estremo di definire dei requisiti logici che si
vorrebbe appartenessero anche alla realtà. Il mondo però è diverso
dalla rappresentazione che la logica razionalista, scientifica o etica,
ne riesce a fornire e le tante forzature teoriche hanno prodotto
mondi astratti, virtuali e non letture soddisfacenti della realtà in cui
gli uomini vivono.
Peccato che l'economia continui ad essere una scienza "inesatta e
separata" (come recita il titolo di un significativo libro del filosofo
della scienza Daniel Hausman - Hausman D,1992, The inexact and
separate science of Economics, Cambridge, CUP) e non abbia
imparato molto (per usare un eufemismo) da questa evoluzione.
L'utilitarismo come dottrina normativa.

L'uso più comune del termine utilitarismo, però, denota (Pontara) "un
insieme di dottrine etiche che hanno in comune la concezione per cui
la giustificazione morale delle azioni dipende esclusivamente dalla
loro 'utilità', ossia dal valore delle conseguenze cui esse e le azioni
alternative conducono".

In tale ambito, la distinzione precipua è appunto quella tra


considerazioni dell'utilitarismo come teoria della decisione (metodo
di deliberazione) e come sistema etico.

Il primo è l'ambito cui sono maggiormente interessati gli economisti,


almeno negli ultimi decenni, e quello su cui si sono investite più
energie e sforzi da parte del mainstream e, forse anche per questo,
da molte parti si tende a far (con)fusione tra questo piano e quello
del sistema etico, di cui ci occuperemo ora.
L'utilitarismo come dottrina normativa.
Nella visione dell'utilitarismo come sistema etico, il problema (e
l'obiettivo fondamentale) è l'individuazione dei principi validi
dell'agire moralmente giustificato. Dunque l'utilitarismo come teoria
della scelta presuppone l'U. come sistema etico, mentre il secondo
non comporta necessariamente il primo.
L'utilitarismo come sistema etico.
In questa versione, afferma Pontara, l'Utilitarismo si contrappone alle
concezioni etiche:
- basate sull'assunto di diritti naturali inerenti ad ogni essere umano
(giusnaturalismo),
- deontologiche
- dei principi (etica della virtù)
- implicanti ogni forma di egoismo etico (individuale o di gruppo) -
perché l'Utilitarismo è una dottrina universalistica.
Universalismo vs egoismo etico.
L'ultima considerazione è certo valida per alcune forme ("alte") di
utilitarismo, ma la versione moderna di esso, legata alla teoria
della scelta razionale, appare invece piuttosto come una
ponderosa costruzione intellettuale che cerca di dare dignità
universalistica ad assunti fondamentalmente egoistici ed
autocentrati.
Tanto da avvertire la necessità di "ridurre" ogni possibile forma di
altruismo e reciprocazione a considerazioni esclusivamente
autocentrate (reciprocal altruism), ammettendo al più quella di
gruppo familistico (skin altruism), vista come estensione genetica
(il selfish gene ha fatto proseliti..) della preoccupazione per se
stessi.
La tesi sostanziale delle versioni riduttivamente universalistiche
rimanda direttamente ai temi dell'individualismo etico e
metodologico e l'interpretazione dell'U. come sistema etico
strettamente conseguenzialista solleva questioni fondamentali.
Due di queste conducono, non casualmente, a filoni diversi
dell'Utilitarismo.
Si tratta di quelle del:
valore delle conseguenze, che deve essere intrinseco (nonostante
le rimostranze degli strumentalisti), da cui la distinzione tra
utilitaristi edonisti e non.
modo in cui la giustezza e l'obbligatorietà morale di una azione
dipendono dalle conseguenze ad essa connesse, che conduce alla
distinzione è tra U. dell'atto e della norma.

L'U. della norma consente di tener conto, in una qualche misura, di


alcuni aspetti della motivazione (messi in evidenza dal
deontologismo e dall'etica delle virtù), mentre quello dell'atto si
presenta come una forma "più pura" di riferimento alle sole
conseguenze dirette delle azioni.
Le divisioni su entrambe le questioni sono significative, tanto che si
parla di sistemi diversi di etica utilitaristica.

Sistemi di etica utilitaristica.

L'approccio edonistico

l'approccio delle preferenze

L'approccio cosiddetto ideale

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