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E. Tugendhat, Etica antica e etica moderna, in Problemi di etica, trad. it. Einaudi, Torino 1987,
pp. 22-41.
giusta, di una vita modello, che deve essere imitata da tutti, sia dai singoli sia dalla
comunit politica. Essa si confronta con il pluralismo delle visioni del mondo e con la
progressiva individualizzazione degli stili di vita e muove dal fallimento e dai
pericoli - cui votato ogni tentativo filosofico e politico - di considerare come
vincolante una determinata forma di vita, imponendo il suo modello su tutte le altre
possibili forme di vita.
Proprio richiamandosi a questi principi, il filosofo tedesco Jrgen Habermas,
daccordo su questo con il liberalismo filosofico e politico di John Rawls, giunto a
tracciare nei suoi lavori una rigida linea divisoria tra teoria morale e teoria etica, tra
questioni della giustizia e questioni della buona vita: tra norme e valori. Un discorso
filosofico postmetafisico e liberale, scrive Habermas, non deve rinunciare a
considerazioni di ordine normativo. Esso deve circoscrivere per la propria
attenzione prevalentemente alle questioni di giustizia: mirare a illustrare quel
punto di vista morale con cui noi giudichiamo le norme e le azioni, cercando di
stabilire ci che sta nelleguale interesse di ciascuno e che parimenti buono per
tutti.3 Per quanto concerne invece le questioni etiche le questioni che riguardano
cio scelte esistenziali, orientamenti di valore, concezione del bene, tutto ci insomma
che rimanda al terreno irriducibilmente plurale delle forme di vita, storicamente e
culturalmente connotate - esso deve ispirarsi al principio di una giustificata
astensione neutrale. La societ giusta lascia libere tutte le persone di decidere che
uso fare del tempo della loro vita. A ciascuna essa garantisce pari libert di sviluppare
unautocomprensione etica, al fine di realizzare una concezione personale di vita
buona in base alle proprie possibilit e preferenze.4 Queste questioni si collocano
sempre nel contesto di una determinata forma di vita individuale o di una particolare
forma di vita collettiva. Sintrecciano alle questioni dellidentit. Sono quindi
questioni per le quali evidentemente non esistono soluzioni indipendenti dal
contesto, ossia risposte generali e vincolanti per tutti allo stesso modo.5 Di nuovo, e
detto con parole pi semplici: a ciascuno deve essere lasciata la libert di decidere la
propria forma di vita, purch le conseguenze di questa decisione non ostacolino il
libero perseguimento dei propri scopi da parte di tutti gli altri. Da qui limpegno di
una teoria politica normativa a stabilire quello spettro di orientamenti morali su cui
tutti, singoli e gruppi, possono e debbono trovarsi daccordo, se vogliono vivere in una
societ giusta. Da questo consenso per intersezione devono rimanere fuori, per,
quelle che Rawls chiamava le visioni comprensive del bene irragionevoli e che
Habermas chiama, appunto, questioni etiche concernenti le identit. Nei confronti di
queste questioni la critica filosofia deve arretrare: su di esse non si pu n si potr
mai raggiungere un accordo razionale, anzi, gi questa pretesa costituisce, per
J. Habermas, Il futuro della natura umana. I rischi di una genetica liberale, Einaudi, Torino
2002.
4
5
Ibidem.
Ivi, p. 7.
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/01/29/ildoppio-volto-dellalienazione-la-nuova-teoria-critica-di-rahel-jaeggi
che stanno alla base di queste pratiche? E rovesciando prospettiva: siamo proprio
sicuri che in un ordine etico tradizionale in cui viene praticato il matrimonio
combinato, la differenza liberale tra etica e morale venga avvertita come un punto di
vista davvero imparziale e universale? O non forse pi verosimile pensare che
questa stessa differenza sia percepita come il velo dietro cui si nascondono le pretese
e il progetto egemonico di unaltra forma di vita, di unaltra concezione etica,
quella appunto occidentale, fondata sul privilegiamento dellautonomia individuale nei
confronti dei vincoli etici tradizionali? Ma se cos , non forse pi opportuno
provare a confrontarsi su un piano di parit, facendo emergere le differenze e i
contrasti tra diverse concezioni etiche della famiglia, le stereotipizzazioni e le
stigmatizzazioni reciproche, ma anche argomentando esplicitamente le pretese di
validit razionali incorporate nellideale di famiglia occidentale? Come ci ha
insegnato il femminismo, osserva Jaeggi, anche nel nostro mondo, i cambiamenti
nelle forme tradizionali della famiglia, pi che attraverso limposizione di principi
morali universalistici sono stati e sono tuttora il risultato della difficile opera di
trasformazione delle strutture della mentalit e delle pratiche di vita quotidiane, messa
in moto dalla discussione pubblica su quelle che inizialmente venivano percepite
come questioni esclusivamente private.
Ma, a veder bene, argomenta Jaeggi riferendosi alla sua seconda critica, il principio
dellastensione neutrale dalle questioni etiche proclamato da Rawls e da Habermas
incontra dei limiti anche se applicato alle nostre societ. La tesi della neutralit liberale
nasconde il fatto che la scelta privata dei possibili piani di vita e dei possibili valori,
nelle nostre societ liberali, tuttaltro che libera e priva di condizionamenti.
Listituzione del mercato nelle culture del presente, liberali sotto il profilo politico e
capitalistiche sotto quello economico, forse il migliore esempio di unistituzione che
parla e agisce come un medium neutrale, ma che ha effetti significativi sulle forme di
vita.8 Anche il mercato capitalistico, in ultima istanza, una pratica sociale che sta in
piedi grazie a un sistema organizzato di valori. anchesso, in qualche modo, una
forma di vita. La strategia dellastensione neutrale dalle questioni etiche non permette
allora di vedere questa forma di vita in quanto forma di vita. Ma proprio ci costituisce
laffossamento di quella spinta emancipativa moderna che fondata sul
riconoscimento antipaternalistico della libert dei soggetti nella formazione della
propria vita. Invece di permettere agli individui di dare forma autonomamente alla
propria vita, la strategia dellastensione neutrale nasconde i poteri che la determinano.
La spinta emancipativa della modernit si rovescia nel suo contrario.
La sfida di Jaeggi quindi quella di mostrare come lordine del discorso che
Habermas e Rawls hanno imposto alla filosofia vada ribaltato di 180 gradi: il progetto
emancipativo della modernit pu essere difeso solo facendo saltare la rigida parete
divisoria tra questioni morali e questioni etiche. Ma per Jaeggi si tratta anche di
smorzare la radicalit con cui normalmente vengono poste le questioni etiche e di
ricondurre questo piano del discorso nellalveo di un confronto razionale e
argomentativo. Il primo passo di una critica delle forme di vita deve essere quello di
spostare il fuoco dellattenzione dalle grandi domande che si affacciano normalmente
8
Ivi, p. 40.
nei dibattiti sui valori Chi siamo? Come vogliamo intenderci? Come vogliamo
vivere? alla questione di come sono concretamente strutturate le nostre pratiche di
vita e gli orientamenti normativi che stanno alla loro base. Una volta aperto il black
box delle nostre forme di vita, scrive la filosofa, ci si accorger che esse sono campi di
tensione e di contraddizioni, ma soprattutto risposte a problemi che possono
funzionare o meno, riuscire o fallire, e che come tali possono essere messe in
questione criticamente, trasformate e trascese. Gli strumenti filosofici per compiere
questo lavoro di analisi delle forme di vita Jaeggi li ricava da unoriginale rilettura in
chiave pragmatistica della filosofia di Hegel. Valorizzando in particolare la lezione di
autori come Dewey e Putnam la filosofa punta a far saltare, a partire da una
prospettiva di filosofia e ontologia sociale, lassunto secondo cui le questioni dei valori
e delle identit siano di principio impenetrabili al dibattito razionale e argomentativo,
in quanto ancorate su prese di posizione valoriali idiosincratiche e in ultima istanza
incommensurabili. Si tratta di mostrare, piuttosto, che anche i valori sorgono sempre
nel quadro di processi di vita materiali e sono sempre incorporati in concrete prassi
di vita: proprio in quanto tali, essi possono essere valutati in relazione alla loro
origine, alle sfide e ai problemi a cui rispondono ma soprattutto alle conseguenze che
essi producono e alle crisi a cui essi conducono.
Che cosa una forma di vita?
Lassunto di partenza di Jaeggi quindi che il primo passo di una critica delle forme
di vita definire cosa esse in ultima istanza sono. Qui Jaeggi parte da una
considerazione molto generale: quando si parla di forme di vita si esprime sempre
un interesse per gli orientamenti quotidiani che determinano la vita; per quei modi
informali che determinano una societ: un interesse, quindi, per il modo in cui gli
esseri umani vivono, per quello che fanno e per il modo in cui lo fanno.9 Se si
afferma, per esempio, che il movimento del 68 voleva lottare contro le forme di vita
ereditate e per nuove forme di vita, ci si vuole riferire al fatto che in gioco, in questo
movimento, non erano cambiamenti istituzionali del sistema politico, ma
cambiamenti della dimensione politica delle pratiche di vita quotidiane. La creazione
di negozi antiautoritari per bambini, la sperimentazione di nuove forme di relazione e
di nuovo modi di lavoro in comune, la deconvenzionalizzazione delle forme di
comportamento che arrivava persino ai modelli di abbigliamento, ma anche ci che
Herbert Marcuse diagnosticava e allo stesso tempo propagava come nuova
sensibilit, sono tutte istanze di tali cambiamenti.10
Da questa considerazione di partenza, Jaeggi procede per dare una prima definizione,
anchessa in realt molto larga, tale da permetterle di far convergere sotto la
denominazione di forme di vita cose e strutture sociali tra loro molto diverse: con
forma di vita va inteso un modello collettivo di condotta di vita che governa, in termini
9
10
Ivi, p. 69.
Ivi, p. 70.
11
12
Ivi, p. 115.
Ivi, pp. 86-87.
a questo punto che Jaeggi scopre le sue carte filosofiche: il faro che guida la sua
definizione di forme di vita come risposte a soluzioni di problemi di secondo ordine
, come lei stessa afferma, Hegel. Ma un Hegel a cui vengono applicate, come si
detto, massicce dosi di pragmatismo americano. Le forme di vita, scrive Jaeggi, sono
formazioni delleticit, istanze dello spirito oggettivo, atti di realizzazione della
libert, manifestazioni della prassi umana che rimandano allesistenza di uno spazio
di riflessione e di formazione. Esse simpongono non come un improvviso
accrescimento di sapere oppure come lapplicazione di unidea normativa sospesa
per aria, ma mediante un movimento di trasformazione pratica in cui le pratiche e le
istituzioni divenute normativamente implausibili e disfunzionali vengono erose e
dissolte.13 Proprio per queste ragioni, esse possono essere criticate e sulla base di un
criterio razionale: la capacit che esse mostrano di offrire una cornice di espressione
e di realizzazione alle istanze di libert che premono sullo sfondo della crisi delle
vecchie forme di vita gi esistenti. Crisi queste che daltra parte emergono quando le
risposte ai problemi incorporate nelle forme di vita passate non funzionano pi, si
inceppano: richiedono nuove soluzioni.
In che senso, dunque, il concetto di eticit di Hegel riletto alla luce della definizione,
di matrice pragmatista, di forme di vita quali istanze di risoluzione di problemi di
secondo ordine costituisce per Jaeggi un punto di riferimento filosofico
imprescindibile per il suo progetto di una critica delle forme di vita?
Per rispondere a questa questione, la filosofa dedica alcune pagine del libro a una
rilettura di alcune parti della Filosofia del diritto di Hegel, soffermandosi in particolare
su quei passaggi della sezione delleticit che le permettono di riprendere in mano i
temi a partire dai quali aveva messo in questione la strategia liberale dellastensione
neutrale dalle questioni etiche: ossia da una parte il conflitto tra forme di vita familiari
moderne e tradizionali e dallaltra la questione dellordine di mercato capitalistico in
quanto forma di vita.
Quando Hegel elegge la famiglia a prima forma delleticit, scrive Jaeggi, egli aveva in
mente una forma storicamente determinata di famiglia: la famiglia nucleare di stampo
cristiano-borghese. Questa formazione era una forma delleticit, per il filosofo di
Stoccarda, in quanto capace di trasformare la naturalit dei rapporti di genere in
rapporti formati culturalmente e determinati in termini normativi: ossia in rapporti
voluti per se stessi, nei quali i loro membri conferiscono realt alla loro libert in
quanto libert sociale. Per Hegel, questi elementi risolvevano fondamentalmente due
problemi: da una parte il problema di dare un significato al bisogno naturale e una
stabilit etico-istituzionale al sentimento dellamore, dallaltra il problema di
temperare liperstabilit del lato istituzionale del matrimonio con il riconoscimento
dellautonomia dei singoli, tanto allinterno del rapporto quanto in rapporto alla
famiglia di origine. Il punto che questi problemi non nascevano dal nulla. Hegel
sviluppava la sua concezione sullo sfondo di alternative, delle quali comprendeva le
crisi, le difficolt e le contraddizioni. Hegel privilegiava quindi questa specifica
formazione della famiglia non perch essa fosse astrattamente giusta (o superiore dal
punto di vista morale), ma perch reagiva a conflitti sorti realmente e li risolveva
13
Ivi, p. 424.
unipotizzabile alternativa alla societ del lavoro che si basi su un reddito minimo di
cittadinanza deve differenziarsi chiaramente da qualsiasi derubricazione e
sottovalutazione del significato etico del lavoro in termini di riconoscimento, di
formazione e di integrazione sociale.
Una critica immanente che lavora con lo strumento della negazione determinata
Gli esempi appena fatti gettano luce su quello che in definitiva il modello di critica
cui Jaeggi guarda per fondare il suo progetto filosofico di una critica delle forme di
vita. una critica che lei definisce immanente, intendendo con ci un tipo di critica
che lavora sulle contraddizioni interne a ciascuna forma di vita, operando con la figura
hegeliana della negazione determinata. Una critica immanente, come lei spiega,
finalizzata a elaborare le contraddizioni di una forma di vita che non sono n una
semplice inconsistenza n una disunione logica, bens un campo di tensione
allinterno di una formazione che spinge questa oltre di s.14 La critica immanente
localizza la normativit delle pratiche sociali nelle condizioni di attuazione delle
pratiche stesse. Con ci essa relativizza la differenza dicotomica tra essere e dovere
essere, ma punta allo stesso tempo a trascendere lordine del discorso dato allinterno
di una singola forma di vita. La chiarificazione di quali sono le contraddizioni che
mettono in crisi una forma di vita rispetto al suo concetto finalizzata a una
trasformazione crescente del vecchio, che nei momenti di crisi cerca il principio di
uno sviluppo razionale15 e vede lesistente come non puramente negativo.
Nellesistente anche nella sua contraddittoriet presente un potenziale a cui ci
si deve collegare.16 La critica immanente, scrive Jaeggi, entra in gioco proprio
facendo leva sulle pretese di verit e di validit inscritte nel potenziale di razionalit
delle norme incorporate nelle pratiche sociali, anche nella loro figura negativa o di
crisi, perch sono le stesse aspettative normative gi incorporate che permettono di
leggere i problemi e le crisi come tali e di spingere a cercare nuove soluzioni.
Negli ultimi capitoli del volume, attraverso una lettura incrociata della filosofia di
Dewey, di MacIntyre e di Hegel, Jaeggi fa vedere come il progetto filosofico di una
critica delle forme di vita pu ambire in definitiva ad una ricostruzione e ad una
riduzione in chiave pragmatistica di due motivi centrali della classica filosofia della
storia moderna: il motivo del progresso e quello dellemancipazione. Nel quadro di un
progetto di critica delle forme di vita, come Jaeggi lo concepisce, queste idee tuttavia
perdono ogni carattere in senso forte teleologico o prometeico. In gioco, in un
progetto filosofico di questo tipo, come lei chiarisce, piuttosto un tentativo di
ridefinire cosa pu significare un processo di arricchimento e di apprendimento, un
relativo progresso nello sviluppo storico aperto e senza prospettiva centrale, che
parte dalle figure della crisi e del fallimento normativo delle forme di vita, per scorgere
14
15
16
Ivi, p. 287.
Ivi, p. 259.
Ivi, p. 303.
Ivi, p. 343.
Ivi, p. 450.