Sei sulla pagina 1di 35

-FONDAMENTI DI PSICOLOGIA DI COMUNITÀ

CAPITOLO 1: LA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ TRA TEORIA E


PRATICA
La psicologia di comunità è una disciplina che si occupa di individuare e sperimentare strategie professionali per
affrontare i PROBLEMI di una comunità, che hanno rilevanti IMPLICAZIONI COMPORTAMENTALI E PSICOLOGICHE.
Orford La → mission della disciplina può essere ricondotta a due punti:
1. aiutare le persone a diventare consapevoli del ruolo che hanno le CONDIZIONI in cui vivono nel determinare la
loro SALUTE E IL LORO BENESSERE
2. aiutarle a UNIRSI affinché si attivino e diventino protagoniste di processi di cambiamento delle loro condizioni di
vita Questa significa interrogarsi sulle determinanti dei maggiori problemi sociali e di salute della nostra società e
rispetto alle modalità più adeguate per affrontarli. (Esempio: il rapporto tra disuguaglianze sociali/povertà e disturbi
mentali o il rapporto tra suicidi e crisi economica).
Secondo Orford parlare di persone implica sottolineare una dimensione sociale, di reti e relazioni interpersonali, di
qualcosa che rimanda a processi identitari di appartenenza.
Mannarini La psicologia di comunità si occupa di convivenza, di “noi” e quindi necessariamente anche → di “loro”.
Si occuC pa dell’“altro necessario”, quell’altro senza cui l’essere umano non può darsi nella sua natura propriamente
umana, e che pur tuttavia pone il problema della differenza. Questo significa che l’interesse della psicologia di
comunità è rivolto all’interdipendenza tra le componenti contestuali e quelle individuali, nel tentativo di
comprenderne la dinamica transazionale e capire quali condizioni favoriscono lo sviluppo e il benessere individuale
e di quella comunità.
Brofenbrenner L’evoluzione delle discipline psicologiche è stata segnata da un marcato squilibrio tra la → grande
attenzione dedicata al concetto di personalità e agli stadi dello sviluppo individuale e lo scarso interesse per il
versante ambientale della classica equazione di Lewin (teoria del campo).
→ La psicologia di comunità parte dall’assunto che il comportamento della persona possa essere meglio compreso
se studiato in relazione ai contesti sociali che caratterizzano la sua vita quotidiana. L’oggetto di studio viene
collocato nell’interfaccia tra la persona e l’ambiente, creando una UNITÀ DI ANALISI E DI INTERVENTO che può
essere definita “persona-nel-contesto” (metafora ecologica). L’individuo e i contesti sociali sono considerati
inseparabili, in quanto connessi da complesse interazioni reciproche, e le condotte interpretate come il miglior
adattamento possibile per l’individuo in relazione alle condizioni ambientali. Problematiche come depressione,
alcolismo o integrazione sociale vengono studiate in relazione ai contesti di vita in cui la persona è inserita, che
creano una sorta di ecosistema.

Psicologia clinica di comunità: un confronto


Psicologia clinica e di comunità condividono la
finalità ultima di perseguire il benessere delle
persone ma elaborano percorsi differenti per il
raggiungimento di tale scopo:
Ciononostante psicologia clinica e di comunità
sono in un rapporto di complementarietà: se è
indiscutibile che per le persone che già presentano un disturbo è più adeguato un approccio clinico, è altrettanto vero
che tempi e costi delle terapie non consentono di raggiungere tutte le persone che ne avrebbero bisogno. La cura
della patologia di affianca alla ricerca e alla rimozione delle condizioni di vita in cui molti problemi di salute
mentale affondano le loro radici.
Focus sulle risorse personali e sociali → Agire in un’ottica di comunità quindi significa guardare al territorio e alla
comunità in modo diverso, concentrandosi sulla salute invece che sulla malattia, ricercandone le risorse prima
ancora di comprendere la diffusione di forme di psicopatologia. Essa può essere definita come una disciplina in cui
è fondamentale interrogarsi su quali sono i valori che muovono il nostro operare: l’assunto di partenza è quello
dell’importanza che si realizzi un equilibrio tra valori collettivi e individuali, che consenta un cambiamento sociale
che vada nella direzione di una più equa distribuzione delle risorse materiali e psicologiche tra i membri della
comunità.
I valori
La psicologia di comunità, essendo una disciplina orientata al cambiamento sociale, fonda teoria, ricerca e azione
sia sulle evidenza empiriche sia sui valori: questi ultimi dicono alla scienza “come dovrebbe essere” la comunità
ideale, la scienza indica quali metodi utilizzare per arrivare al cambiamento sociale a partire dalle condizioni
attuali.
I valori su cui si fonda possono essere raggruppati in 3 categorie coerenti con tali livelli:
1. Valori personali: autodeterminazione, salute, cura e interesse verso gli altri e la comunità. Permettono il
raggiungimento del benessere a livello individuale.
2. Valori relazionali: collaborazione e rispetto per la diversità. Permettono di congiungere sfera individuale a quella
collettiva.
3. Valori collettivi: giustizia, responsabilità sociale nei confronti dei gruppi svantaggiati e sostegno alle istituzioni
sanitarie, collettive e sociali. Promuovono il benessere assicurando un’equa distribuzione delle risorse all’interno
della comunità e ne garantiscono l’accesso a tutti i membri. I diversi valori operano in maniera sinergica
I valori che guidano la promozione del benessere ai diversi → livelli sono interdipendenti e la loro capacità di
indirizzare efficacemente gli interventi dipende dall’equilibrio con cui vengono perseguiti: autodeterminazione e
benessere psicofisiologico possono essere raggiunti solo se sostenuti a livello relazionale, grazie a legami significativi
Rtra i membri della comunità e, a livello collettivo, attraverso la disponibilità e la possibilità di accedere alle risorse
presenti nel territorio. L’interdipendenza dei vari livelli del benessere permette dunque alla psicologia di comunità di
integrare la visione individualista e quella collettivista, rendendo tale disposizione priva di significato, e
dimostrando come interessi privati e collettivi possano sostenersi reciprocamente. Il valore del rispetto della
diversità quindi guida l’azione degli psicologi di comunità attraverso il principio dell’inclusione, che sostiene il diritto
di ogni persona a essere unica e a non essere giudicata sulla base di un unico standard convenzionalmente
accettato. I professionisti dovrebbero essere in grado di promuovere il benessere di gruppi svantaggiati, riducendo
la tendenza a “etichettare” gli utenti sulla base dei loro problemi, lavorando con le persone allo sviluppo di risorse
individuali, relazionali e di comunità che permettano loro di cambiare le situazioni di ineguaglianza che sono alla
base della loro difficoltà. La psicologia di comunità ha scelto di adottare valori che permettano di promuovere il
benessere a vari livelli di analisi, senza che uno di questi venga privilegiato a spese di altri, ma tenendo presente come
l’equilibrio tra i valori possa essere modificato in relazione ai diversi bisogni che le persone possono manifestare, alle
loro esperienza di vita e alle caratteristiche dei contenti nei quali sono inserite.

I principi guida (lenti)


La metafora ecologica (James Kelly)
Ecologia: studio delle relazioni che intercorrono fra gli organismi e l’ambiente che li ospita. La metafora ecologica
viene adottata da quelle discipline che si propongono di analizzare le relazioni tra gli individui e i sistemi sociali con
cui interagiscono. Per la psicologia di comunità, essa costituisce il “filtro” attraverso cui i fenomeni vengono definiti
e analizzati. Questi fenomeni nascono e si sviluppano nei contesti ed è al loro interno che possono essere compresi e
modificati La metafora ecologica è stata introdotta per superare il paradigma riduzionistico dominante della
psicologia tradizionale, che scompone l’individuo in processi di base (cognizione, percezione, emozione ). Secondo
tale metafora, le COMUNITÀ sono sistemi composti da vari livelli interconnessi tra loro, e il comportamento delle
persone può essere meglio compreso quando viene studiato in relazione a molteplici livelli di analisi . L’assunzione
di tale metafora implica un’assunzione fondamentale sulle cause dei problemi, che vengono considerati come il
risultato dell’interazione nel tempo tra individui, setting e sistemi, e possono essere efficacemente affrontati
attuando cambiamenti nei contesti di vita e promuovendo le capacità delle persone di utilizzarne le risorse.
All’interno della metafora ecologica convive la concezione simbolica di “comunità” come spazio sociale multi-livello,
importante per la vita individuale e la convivenza, ma contemporaneamente area di studio e azione professionale
nella quale anche dimensioni oggettive dell’ambiente fisico, interpersonale, economico, e politico influenzano i
comportamenti collettivi e individuali cercando di cogliere quali meccanismi spieghino tali influenze. Adottare la
metafora ecologica significa partire dal presupposto che gli ambienti di vita in cui siamo inseriti esercitano
un’influenza significativa sul nostro comportamento.
Implicazioni:
• se il comportamento individuale è strettamente connesso all’ambiente, per promuovere il loro benessere è
necessario modificare i contesti di vita
• per decidere quali modifiche apportare agli ambienti di vita è necessario innanzitutto sapere quali caratteristiche
contestuali sono associate a maggiori o minori livelli di benessere +
• prima di intervenire su un contesto, bisogna studiarne le caratteristiche di partenza
• quando un contesto viene modificato, i potenziali benefici si estendono a tutti gli individui che sperimentano tale
ambiente in quel momento ma anche alle persone che entreranno in contatto con quel particolare contesto in
futuro
Prevenzione e promozione- ottica proattiva
La promozione del benessere e la prevenzione delle varie forme in cui si esprime disagio possono essere realizzate
nei diversi livelli ecologici. La promozione del benessere è inizialmente centrata sulla promozione delle competenze
individuali, mentre la prevenzione può essere applicata alla modificazione della comunità (promuovere il benessere
anche attraverso cambiamenti nelle politiche pubbliche). Adottare un approccio basato sulla prevenzione del disagio
e sulla promozione del benessere significa porsi in un’ottica proattiva di fronte alla pianificazione dei servizi,
valutando i bisogni di comunità e promuovendo le risorse dei suoi membri.
Empowerment (Rappaport)
Rappaport propone un approccio al lavoro di comunità centrato sul rafforzamento del senso di controllo che le
persone hanno sugli eventi della loro vita, in cui lo psicologo lavora con le persone svantaggiate per promuoverne
la capacità di autodeterminazione.
Livello individuale → per le persone è essenziale poter esercitare un certo grado di controllo sulla vita, soprattutto
per coloro che vengono tipicamente esclusi dai processi decisionali che si ripercuotono sulla loro quotidianità.
Livello relazionale → la relazione tra coloro che realizzano gli interventi e i gruppi a cui questi sono rivolti dovrebbe
essere basata sulla collaborazione finalizzata a un obiettivo comune.
Livello collettivo una prospettiva ancorata al principio del potere mette in evidenza come gran parte → dei problemi
psicosociali derivi da situazioni di inuguaglianza, sia da un punto di vista economico, sia rispetto alla possibilità di
avere voce nei meccanismi decisionali attraverso la partecipazione.

Il principio dell’empowerment mette in rilievo la necessità di considerare le dinamiche di potere che caratterizzano
la relazione tra i professionisti e gli utenti di un servizio o i soggetti di una ricerca. Questo comporta l’apertura a
interpretare insieme ai soggetti i risultati di una ricerca attraverso l’utilizzo di metodologie partecipative, e la
capacità di scegliere la strategia migliore per affrontare i problemi della comunità insieme ai membri che ne fanno
parte, considerati come depositari di conoscenze e competenze fondamentali per il lavoro dei professionisti.

→ La psicologia di comunità è una disciplina accademica e contemporaneamente un modo di agire professionale.


Come disciplina si pone l’obiettivo di comprendere in che maniera fattori situati a diversi livello possano interagire
tra loro e avere un’influenza sul benessere degli individui; diviene fondamentale comprendere le caratteristiche
dell’ambiente familiare, del gruppo dei pari, delle organizzazioni educative e lavorative, nonché approfondire il
complesso insieme di influenze che collegano tali contesti tra loro. La psicologia di comunità si configura anche
come professione di aiuto, che si propone di trasmettere le conoscenze acquisite con la ricerca affinché le persone
divengano consapevoli del ruolo che le condizioni in cui vivono hanno nel determinare la loro salute e il loro
benessere.
I ruoli e le competenze dello psicologo di comunità
Prestazioni tipiche: una molteplicità di prestazioni possibili, tra cui
• elaborazione e costruzione di progetti di comunità • organizzazione e conduzione di focus groups • analisi/stesura
di profili di comunità • analisi organizzativa di istituzioni, gruppi, associazioni e comunità
Il professionista dovrebbe conoscere i principi guida ed essere in grado di applicarli nella pratica. All’interno dei
principi, al professionista non dovrebbero sfuggire le implicazioni etiche della propria pratica professionale.
Competenze operative
Le competenze che vengono messe in atto qui includono: partecipare alla → raccolta e all’interpretazione di dati
per rilevare la situazione di un quartiere o l’efficacia di un programma, la gestione di gruppi per i progetti di ricerca-
azione partecipata per le attività di apprendimento di life skills, la capacità di parlare in pubblico e fornire feedback.
Competenze di pianificazione
Le abilità sottostanti alla pianificazioni degli intervenienti implica un → grado maggiore di autonomia e
responsabilità e comprendono la conduzione di assessment di comunità e la successiva progettazione di interventi
in grado di soddisfare i bisogni individuati all’interno della comunità, mobilitando le risorse esistenti. Le abilità
comprendono inoltre l’ascolto riflessivo, la supervisione condivisa e la comunicazione, orientate a fare in modo che
i soggetti possano vivere un percorso di crescita ed empowerment e di partecipazione alla vita della comunità più
ampia.
Competenze di networking
Comprendono: ricerca di finanziamenti, gestione dei contatti politici e → amministratori, creazione di partnership
su progetti, competenze di leadership nella gestione del personale che lavora nel progetto.
Depowerment
capacità di tenere in considerazione il sapere non professionale e di integrarlo con le → conoscenze scientifiche

Lo psicologo di comunità come:


Attivatore di risorse Coerentemente con l’idea che i membri di una comunità cono depositari di → competenze e
conoscenze che derivano dal contatto quotidiano con l’ambiente in cui sono inseriti, lo psicologo di comunità
dovrebbe porsi come attivatore di tali risorse, aiutano la comunità a definite i propri obiettivi e a elaborare delle
strategie che ne permettano il raggiungimento.
Divulgatore di informazioni nella comunità Per favorire la presa di decisione da parte dei cittadini, una → prima
fase spesso coincide con la trasmissione delle informazioni ai leader della comunità, che successivamente si
occupano dell’ulteriore diffusione delle informazioni ai cittadini, permettendo così che il loro sapere, derivante
dalla conoscenza quotidiana del contesto in cui vivono, incontri le evidenze scientifiche disponibile. → Dopo una
prima fase di definizione degli obiettivi con la committenza, il compito principale del professionista è costituito
dall’individuazione di strumenti e metodi adeguati allo studio delle caratteristiche della comunità, che gli permetta
di comprenderne bisogni e risorse e di stabilire con maggiore accuratezza come rispondere alle richieste della
committenza (fasi di valutazione). Decidere come studiare la comunità, o come aiutare la comunità a conoscersi,
implica importanti scelte di carattere valoriale (es: attivare dei processi che aiutino i soggetti della comunità a
identificare i loro problemi e bisogni). Il ritratto dello psicologo di comunità risulta variegato e delinea un
professionista in grado di operare in contesti molto differenti tra loro, utilizzando competenze che vanno dalla
progettazione e implementazione di interventi alla gestione di contatti con istituzioni politiche e scolastiche.

CAPITOLO 2:
LE ORIGINI DELLA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ
Le origini e la nascita
I valori che ispirano, insieme ai principi teorici e alle strategie d’intervento, sono stati fortemente influenzati dagli
eventi storici e politici di quel periodo. Secondo Seymour Sarason, queste radici sono da ricercare nell’evoluzione
sociale e culturale degli Stati Uniti iniziata con l’inizio della WW2.
Eventi:
• Durante e dopo la WW2 Nel mondo universitario avvengono due cambiamenti:
→ 1. l’apertura della psicologia accademica verso l’intervento sociale
2. l’apertura della psicologia accademica verso la psicologia clinica
La psicologia accademica inizia ad interessarsi a questioni sociali rilevanti, come lo studio dei processi individuali di
dominio e sottomissione che hanno condotto alla tragedia della guerra. Allo stesso tempo, la psicologia clinica
inizia ad assumere un ruolo importante nell’affrontare i problemi sociali creati nel dopoguerra.
Nel 1948, Lewin teorizza la partecipazione attiva dello sperimentatore alle ricerche e la necessità di occuparsi di
problemi reali che interessano le persone.
Nello periodo, Skinner ipotizza l’applicazione delle sue teorie in funzione del cambiamento sociale attraverso
l’elaborazione della comunità di Walden 2, in cui Skinner immagina una comunità utopistica in grado di raggiungere
uno scopo molto ambizioso: un’organizzazione più funzionale rispetto alle società moderne in cui le persone
possono sviluppare al meglio le proprie potenzialità vivendo pacificamente.
• Fine degli anni ‘50 Gli Stati Uniti perdono la corsa allo spazio con l’Unione Sovietica; questa → sconfitta ferisce
l’orgoglio nazionale e genera grande preoccupazione. Tutto ciò si concretizza in una severa autocritica dell’intera
società. Secondo Sarason, questo evento concorre a trasformare quel contesto sociale, in quanto vengono attivate
molte misure per migliorare il sistema educativo e valorizzare le risorse intellettuali di ogni categoria sociale.
• Gli anni ‘60 Grandi riforme promulgate da Kennedy e Johnson.
In questo periodo vengono → poste le basi concrete per la realizzazione degli interventi di comunità. Si ricordano:
1. Community Mental Health Center Act → Riduce i ricoveri negli ospedali psichiatrici e amplia l’offerta di trattamenti
al cittadine all’interno della propria comunità di residenza.
2. War on Poetry Introduce riforme in senso socio socioassistenziale. →
3. Il programma Head Start del 1965: : programma del Department of Health and Human Service degli Sta! Uni!, is!
tuito per fornire a bambini e famiglie provenienti dai ceti più svantaggiati servizi comprensivi di educazione, salute e
nutrizione. Proge7ato per ridurre le disuguaglianze, cominciando nella fase prescolastica, a7raverso a vità di
sostegno emotivo e sociale, di educazione alla salute e nutrizione. Filoni di intervento: Early Head Start (per bambini
fino a 3 anni), Head Start (per bambini 3-5 anni), Migrant and Season Program Branch (per immigra! e lavoratori
stagionali). I servizi offerti sono tu orienta! a parificare le condizioni di accesso alla scuola primaria; i servizi sociali
lavorano in collaborazione con la famiglia allo scopo soprattutto di fornire l’accesso alle risorse presenti nella
comunità.
In seguito a questi cambiamenti sociali: Swampscott, 1965: un ristretto gruppo di psicologi e operatori della salute si
riunisce. Questo evento è il primo atto formale di fondazione della disciplina, durante il quale prende forma e
significato l’espressione “psicologia di comunità”, che invita a ricercare anche nell’ambiente sociale la causa dei
problemi e le risorse per la loro risoluzione. La comunità entra così nella psicologia clinica come luogo in cui si
generano e si manifestano patologie e all’interno del quale possono essere risolte, soprattutto in chiave preventiva.
Nonostante lo spostamento paradigmatico, fino ai primi anni 70 la psicologia di comunità si limitò a occuparsi della
malattia mentale. In seguito, gli psicologi si svincolano dal trattamento della patologia psichica e si orientano verso
problematiche sociali più generale, seguendo il paradigma ecologico, dove gli oggetti di studio e di intervento sono
gli “individui in situazione” e l’obiettivo principale delle ricerche e degli interventi è il cambiamento sociale
complessivo. Ciò significa concettualizzare aspetti individuali a un livello collettivo, il che la avvicina ad altre
discipline come la salute pubblica, l’epidemiologia, la sociologia e l’antropologia. Questo ha portato a fare
dell’interdisciplinarità una caratteristica distintiva di tutti gli psicologi di comunità.
Il modello di Barbara Dohrenwend → relazione tra classe sociale e disturbi mentali. Questo modello sposta l’accento
relativo all’eziologia dei disturbi dalle caratteristiche individuali alle caratteristiche di alcuni gruppi sociali, come, per
esempio, i poveri. Il modello:
• pone l’accento sull’interazione fra fattori contestuali e individuali nello sviluppo della psicopatologia
• pone attenzione al concetto di stress psicosociale
• pone l’accento sulla possibilità di concentrarsi sui singoli individui ma anche su interventi che si occupano
dell’ambiente più allargato
• permette ai professionisti di pensare a interventi di prevenzione → È stato introdotto allo scopo di fornire una
cornice concettuale euristica che pone al centro il concetto di stress psicosociale e che aiuta a pensare ai problemi
delle persone in termini alternativi rispetto a quelli di diagnosi e malattia. Il modello quindi può essere
euristicamente utilizzato per guidare strategie mirate a incrementare la qualità della vita e il benessere o per la
prevenzione di disordini e psicopatologie.
Il senso di comunità
All’interno di questa visione “ecologica” del disagio, un obiettivo comune diviene la crescita dell’intera comunità,
ottenibile attraverso la redistribuzione delle risorse, la quale a sua volta avviene attraverso la promozione della
partecipazione attiva delle persone e la condivisione del potere “
→ senso di comunità”: sentimento di appartenenza e partecipazione attiva degli individui alla vita comunitaria. Il
senso di comunità diventa una pietra miliare e un valore centrale della disciplina. Dal punto di vista operativo, il
senso di comunità è il valore sovraordinato attraverso cui giudicare gli sforzi per cambiare ogni aspetto del
funzionamento di una comunità. Uno dei suoi elementi costitutivi è la disponibilità a dare agli altri.
Sarason definisce la “comunità” come:
• la percezione di similarità con gli altri dimensione: → similarità.
• un’accresciuta interdipendenza con gli altri mantenuta grazie alla disponibilità a offrire o fare per gli altri ciò che
ci si aspetta da loro dimensione: → interdipendenza, ovvero la consapevolezza dei legami inevitabili tra il proprio
agire e l’agire altrui.
• la percezione di essere parte di una struttura pienamente affidabile e stabile dimensione: → vissuto di
appartenenza, ovvero il riconoscimento della comunità stessa come contenitore che racchiude e accomuna i membri
appartenenti. McMillan e Chavis definiscono il senso di comunità come un sentimento che gli individui hanno di
appartenere e di essere importanti gli uni per gli altri, unita a una fiducia condivisa che i bisogni dei membri
saranno soddisfatti dal loro impegno a essere insieme.
Per comprendere il modo in cui il senso di comunità può operare, essere defin ito e misurato, propongono 4 fattori:
1. appartenenza 2. influenza 3. integrazione e soddisfazione dei bisogni 4. connessione emotiva condivisa
A livello comune, tutti gli studi condotti hanno confermato che il senso di comunità risulti legato a: • un alto livello di
benessere individuale • agli affetti piacevoli • all’autoefficacia • bassi livelli di solitudine e ritiro depressivo Il senso
di comunità è stato messo in relazione anche con le capacità individuali di risoluzione dei problemi e di
fronteggiamento di eventi stressanti.

Il storico contesto italiano La Psicologia di Comunità italiana nasce intorno alla seconda metà degli anni Se7anta,
con un decennio di ritardo rispe7o a quella statunitense. La data di inizio viene fa7a coincidere con l’anno di uscita
del volume scri7o da Donata Francescato per Feltrinelli nel 1977. Otre che nel cinema, nella musica e nell’editoria,
segnali di un forte a7acco all’approccio tradizionale alla malattia mentale, sono iden!ficabili già nel 1968: Franco
Basaglia decide, con il supporto dei più importan! fotografi italiani, di documentare le condizioni di vita delle “ is!
tuzioni totali” (manicomi). Ne nasce, nel 1969, un volume dal !tolo “Morire di classe” che sfocerà nella famosa legge
del 1979. Dall’inizia!va congiunta di Donata Francesco e di un gruppo di professionis! dell’ARIPS di Brescia, la
psicologia di comunità comincia a muovere i primi passi. Nel 1994 viene fondata la SIPCO: Società Italiana di
Psicologia di Comunità. Nasce inoltre la prima rivista del se7ore: “Rivista di psicologia di comunità”.

CAPITOLO 3: IMPLICAZIONI E APPLICAZIONI DELLA METAFORA ECOLOGICA


La felicità percepita- l’ecosistema del benessere e la metafora ecologica
La fiducia che riponiamo nelle altre persone sembra essere un ottimo indicatore della qualità delle relazioni sociali
che caratterizzano la nostra quotidianità. La qualità delle relazioni con gli altri sembra essere il nucleo attorno al
quale viene plasmato il nostro benessere. Le relazioni a loro volta vengono incoraggiate dagli ambienti: quando gli
ambienti vengono riconfigurati per accogliere le persone, creando luoghi di aggregazione, i cittadini rallentano e si
riappropriano dei loro spazi
L’ → ambiente come ecosistema del benessere: L’AMBIENTE che ci circonda, con le sue caratteristiche fisiche e
sociali, sembra essere il fulcro intorno a cui ruotano molti dei nostri comportamenti, le relazioni con gli altri e il
nostro benessere. I luoghi sono costituiti da strutture e processi che si influenzano reciprocamente, in una
relazione dinamica che crea l”ecosistema del nostro benessere”.
Fattori partecipanti al benessere:
• Fattori individuali: conoscenze, capacità di affrontare e risolvere i problemi quotidiani, ottimismo, tendenza a
scoraggiarsi di fronte alle difficoltà.
• Fattori contestuali: rete relazionale con cui si ha un contatto diretto, frequente e con cui si condividono la maggior
parte delle esperienze (amici-famiglia). Man mano che ci allontaniamo dalla sfera delle relazioni più strette e della
comunità locale, siamo in grado di valutare le caratteristiche della città/regione/nazione in cui viviamo. Le nostre
conoscenze saranno diverse se viviamo in una città che offre molti stimoli culturali e ci permette di raggiungere con
facilità i principali eventi organizzati. Allo stesso tempo, il sostegno degli amici sarà particolarmente importante per
gli individui con difficoltà familiari o economiche.
Questo complesso → intreccio tra fattori individuali e contestuali e le influenze che ne derivano può essere esteso a
qualsiasi aspetto del nostro benessere e a un’ampia gamma di comportamenti. L’ecosistema del nostro benessere
è l’oggetto principale della psicologia di comunità, il cui principale obiettivo è quello di comprendere quali
caratteristiche ambientali influenzano i comportamenti degli individui, per riuscire a creare contesti in grado di
promuovere il loro benessere.
La METAFORA ECOLOGICA per la Psicologia di Comunità
Costituisce il filtro attraverso cui i fenomeni vengono definiti e analizzati, fornisce quindi un paradigma per la
ricerca scientifica – con oggetto di studio “l’individuo-nel contesto” - e per la pratica – gli interventi si
propongono di modificare gli ambienti di vita e le relazioni tra contesti ed individui. Adottarla significa partire
dal presupposto che gli ambienti di vita influenzano significativamente il nostro comportamento
Le TEORIE ECOLOGICHE nelle scienze sociali
I principali modelli teorici che hanno applicato la metafora ecologica condividono l’idea che l’ambiente possa essere
concettualizzato e descritto a molteplici livelli di analisi, e concordano sull’importanza di pensare che sia composto
da livelli concentrici che si influenzano reciprocamente
• Kurt Lewin: la teoria di campo→ Lewin viene considerato il pioniere dell’attenzione all’ambiente per la
spiegazione del comportamento individuale. Con la teoria di campo sviluppa un metodo di analisi dei problemi
sociali orientato a comprendere che cosa influenza il comportamento degli individui. Secondo Lewin qualsiasi
comportamento dipende dalla particolare configurazione del campo psicologico entro cui avviene in quel dato
momento. I fattori che influenzano il comportamento vengono riassunti con la formula C= f(P,A) dove: C=
comportamento individuale P= persona A= ambiente psicologico percepito, definito come “spazio di vita ” Quindi,
gli atti individuali sono il risultato della combinazione tra elementi personali e fattori ambientali, filtrati dalla
percezione individuale.
• Roger Barker: la psicologia ecologica Barker ha cercato di evidenziare la sincronia tra → AMBIENTE, inteso in
termini oggettivi, e COMPORTAMENTO UMANO, individuando dei pattern di comportamenti stabili, che si
presentavano in alcuni contesti. Secondo la psicologie ecologica, tali pattern comportamentali sono indipendenti
dalle persone coinvolte, in quanto derivano da specifiche configurazioni spazio-temporali in un determinato
ambiente. Con l’espressione “setting comportamentale” Barker descrive la sintonia all’interno di un setting tra
ambiente sociale e comportamento. C’è dunque una corrispondenza, un adattamento tra ambiente e
comportamento, che possono essere considerati “sinomorfici”: la sintonia tra ambiente e comportamento deriva
dalla struttura fisica dell’ambiente, dalle pressioni sociali al conformismo e dalla selezione degli individui.
• Urie Bronfenbrenner Criticando la teoria di Barker, amplia la concezione di ambiente. → Secondo Brofenbrenner,
per comprendere il comportamento umano non è sufficiente limitarsi all’analisi delle caratteristiche oggettive
dell’ambiente, ma è indispensabile considerare alcuni aspetti che vanno al di là della situazione immediata. Nel suo
modello è fondamentale la prospettiva temporale: l’interesse si concentra sul progressivo adattamento tra l’essere
umano in crescita e gli ambienti fisici e sociali con cui la persona entra in contatto quotidianamente . “La
comprensione dello sviluppo umano richiede di andare oltre l’osservazione diretta del comportamento; richiede
inoltre l’analisi di molteplici sistemi in interazione tra loro (nicchie ecologiche: regioni dell'ambiente che possono
avere condizioni particolarmente s-favorevoli per lo sviluppo di individui), analisi che non si limita allo studio di
singoli ambienti e tiene conto di fattori ambientali al di là della situazione immediata in cui l’individuo è inserito.”
All’interno dell’ecosistema di Brofenbrenner si individuano 4 livelli concentrici in grado di influenzare il
comportamento individuale e di gruppo:
1. Microsistema: include tutti gli ambienti con cui l’individuo ha un contatto diretto (contesta familiare, gruppo
classe, luogo di lavoro).
2. Mesosistema: composto dalla rete di microsistemi in cui l’individuo è inserito e dalle loro reciproche
interconnessioni.
3. Esosistema: comprende tutti quegli ambienti con cui l’individuo non ha un contatto diretto ma che influenzano
gli altri contesti in cui egli stesso è inserito.
4. Macrosistema: livello che condiziona tutti i livelli inferiori ed è rappresentato da leggi, norme e credenze che
guidano la società allargata, determinando il sistema economico, sociale, legale, educativo e politico di una società o
di un insieme. Il comportamento degli individui, quindi, è il risultato dell’adattamento dell’individuo alle
caratteristiche degli ambienti in cui è inserito. Tale adattamento deriva a sua volta dall’interazione tra gli individui e
le loro nicchie ecologiche, e da come questa si sviluppa nel tempo.
• James Kelly → Kelly si riferisce alla “comunità” con una particolare area geografica, nella quale convivono
individui che possono avere interessi simili o molto diversi tra loro. Nel suo modello ecologico, l’ecosistema è
rappresentato dalla comunità allargata, che supera i confini della comunità geografica in cui la persona è inserita,
andando a comprendere l’ambiente fisico e sociale e l’insieme di norme, valori, regole e tradizioni che regolano le
interazioni tra gli individui. Con “biosfera” Kelly fa riferimento al sistema politico, sociale ed economico che
governa le diverse società.
Kelly elabora 4 principi ecologici che descrivono la relazione tra gli individui e i vari sistemi sociali.
Tali principi sono linee guida fondamentali per la ricerca e l’intervento nella comunità: permettono di sviluppare
ipotesi di ricerca sui fattori ambientali che influenzano il comportamento individuale e di pianificare interventi che
promuovano il benessere modificando alcuni aspetti del contesto.
1. Interdipendenza tra diversi ambienti: i diversi contesti si influenzano reciprocamente e i cambiamenti in un
ambiente avranno delle ripercussioni sugli altri setting e sulle loro relazioni. Fondamentale è la prospettiva
temporale: il modo in cui i vari ambienti si influenzano e in cui modellano il comportamento individuale varia nel
tempo, sulla base di cambiamenti storici e del ruolo che un particolare ambiente assume nei diversi momenti di vita.
2. Ciclo delle risorse: le risorse possono includere conoscenze, competenze, beni materiali, denaro, e vengono
scambiate, utilizzate e distribuite all’interno dei vari sistemi sociali. All’interno della distribuzione territoriale delle
risorse è necessario prestare attenzione a investire in attività innovative ed efficaci in grado di rispondere ai
bisogni della popolazione, in seguito a un’attenta analisi dei bisogni del territorio.
3. Adattamento reciproco tra individuo e ambiente: l’adattamento descrive il sistema di influenze reciproche tra gli
individui e gli ambienti in cui vivono. Quando un aspetto dell’ambiente cambia, l’individuo si adatta; allo stesso
modo, quando il comportamento subisce un cambiamento, anche l’ambiente viene plasmato da un processo di
adattamento (positivo o negativo). L’ambiente è in grado di favorire o contrastare alcuni comportamenti a seconda
delle risorse che offre. L’equilibrio tra risorse e problematiche presenti in un ambiente può stimolare risposte adattive
differenti, a seconda del modo in cui queste interagiscono con le caratteristiche degli individui e delle loro relazioni.
4. Successione: la successione enfatizza come gli ambienti e gli individui siano in costante cambiamento. Ogni
adattamento da parte di un individuo/ambiente crea un sistema di reazioni a catena che, nel corso del tempo,
modificano sia gli ambienti sia il comportamento e il benessere.
I 5 LIVELLI ECOLOGICI
L’analisi dei fattori individuali e contestuali è funzionale sia per fini conoscitivi, che applicativi: comprendere i
fattori preponderanti nel determinare un fenomeno permette di sviluppare interventi mirati a mutare tali fattori
• Livello individuale, 3 aspetti:
1) Fattori organico-ereditari e demografici: tutte quelle caratteristiche che connotano l’individuo (genere, età,
fattori genetici, etnia, ecc). Pur essendo immodificabili, permettono di individuare gruppi maggiormente a rischio
per un determinato fenomeno.
2) Competenze e abilità: la raccolta di informazioni è centrata su abilità relazionali e soc iali, abilità di coping,
conoscenze e credenze e caratteristiche emotive e cognitive.
3) Lo stile di vita: area relativa ai fattori comportamentali e legati agli stili di vita. L’attenzione è centrata su che
cosa fanno le persone e come i diversi comportamenti interagiscono tra loro. In particolare, è necessario individuare
i fattori comportamentali che si caratterizzano come fattori di rischio o di protezione per un determinato
fenomeno. A livello di intervento, modificare i comportamenti è un aspetto centrale ma al tempo stesso
complesso: è difficile ottenere cambiamenti nelle abitudini di vita agendo solo sui comportamenti senza
considerare agli aspetti psicologici, sociali e i benefici secondari connessi all’attuazione di un comportamento.
Solitamente si ricerca un’azione indiretta, modificando fattori individuali o contestuali in grado di limitare i
comportamenti adeguati o di favorire condotte inappropriate.
MICROSISTEMA (o Microlivello): contesti di vita e persone con cui l’individuo ha un contatto diretto (es. famiglia,
insegnanti, gruppo dei pari) => rete sociale. Sono contesti molto rilevanti, sia per la possibilità di sviluppo di
comportamenti antisociali, che per la possibilità di efficacia dell’intervento; quest’ultimo può consistere nel
potenziare/modificare la rete, favorire buon clima sociale, promuovere sostegno sociale e adeguata
comunicazione tra microsistemi diversi.Attenzione: per potersi considerare tale, un intervento su microlivello deve
prevedere una modificazione del contesto relazionale, in modo che la rete sociale in cui il soggetto è inserito
veicoli il cambiamento. È importante non confondere luogo (setting) dell’azione e livello (es. fare un training in
classe sulla resistenza alla pressione dei pari è a livello individuale, poiché agisce su competenze e abilità dei singoli).
FOCUS: IL SOSTEGNO SOCIALE è la funzione principale della rete sociale e può essere inteso come l’aiuto che
l’individuo può ricevere dalle persone che gli stanno accanto; può svilupparsi e prendere forma con modalità:
-Strumentale: aiuto concreto, che allevia lo stress e facilita adeguata soluzione problemi
-Emotivo: sostegno affettivo, che aumenta autostima e permette migliore gestione emozioni
-Informativo: consigli e informazioni, utili nella risoluzione di un problema
-Affiliativo: deriva dal far parte/sentirsi parte di gruppi o associazioni, permette di avere contatti sociali
soddisfacenti e occupare positivamente t empo libero
• Organizzazioni (scuola, servizi sociosanitari, luogo di lavoro). Per organizzazione si intende un insieme strutturato
di microsistemi. Gli individui partecipano tramite il macrosistema alla vita di queste organizzazioni. Vi sono alcuni
aspetti della vita organizzativa su cui il controllo dell’individuo è minimo (es: collegio docenti) Qui è possibile
considerare sia le caratteristiche strutturali, sia le caratteristiche organizzative, sia il clima relazionale. A livello di
intervento, è possibile agire su questi aspetti attraverso modifiche strutturali sia dell’organizzazione, sia del clima
sociale.
• Livello di comunità Questo livello è rappresentato dalla comunità sia in senso geografico, sia in termini di
interconnessione tra gli individui. Aspetti che influenzano il benessere: fattori strutturali, organizzativi, relazionali,
valoriali e relativi ai livelli di interconnessione tra enti e servizi diversi. La raccolta di informazioni, strettamente
collegata al fenomeno che si vuole comprendere, può avvenire attraverso la mappatura del territorio, i profili
geografici di comunità o l’utilizzo di dati d’archivio. La comunità viene intesa e analizzata come una vasta rete di
organizzazioni; comprendere come queste interagiscono, come si attivano per risolvere i problemi, è fondamentale
per capire come stanno e come si comportano i suoi membri. Caratteristiche della comunità legate al benessere e al
comportamento: - Caratteristiche strutturali: composizione demografica, mobilità residenziale, status socio-econom
- Caratteristiche sociali: capitale sociale, coesione, efficacia collettiva, costrutti basati su relazioni di fiducia e
reciprocità tra i membri della comunità
• Macrosistema Include tutti gli altri. Costituito dalle istituzioni nazionali e sovranazionali ma racchiude anche le
condizioni economiche, culturali, politiche e sociali di un dato territorio. A tale livello è fondamentale
l'approfondimento delle credenze culturali, delle tradizioni, delle leggi e delle infrastrutture ideologiche, culturali,
religiose ed economiche che sono in grado di influenzare la vita quotidiana delle persone. Interventi mirati a ridurre
le disuguaglianze hanno la potenzialità di migliorare il benessere fisico e mentale dell’intera popolazione. Inoltre,
vari interventi a livello nazionale hanno la potenzialità di ridurre i (rafforzamento del welfare e degli
ammortizzatori sociali, le politiche di potenziamento del terzo settore e dell’associazionismo, la promozione di valori
culturali di cooperazione).

COME ANALIZZARE I DIVERSI LIVELLI ECOLOGICI


➢ Analisi della letteratura esistente: permette di conoscere i fattori che la comunità scientifica considera come
rilevanti rispetto al problema che si sta analizzando. Consente di approfondire: lo sviluppo teorico dell’oggetto di
studio, strategie e linee guida già proposte.
➢ Analisi epidemiologica: permette di conoscere come si distribuisce all’interno ella popolazione un fenomeno
qual è la prevalenza dello stesso nella popolazione e in specifici sottogruppi. Aiuta nell’identificazione delle fasce
della popolazione maggiormente a rischio.
➢ Analisi delle ricerche locali già implementate: permette di approfondire a livello territoriale quali ricerche sono
già state svolte e quali risultati hanno evidenziato. Queste ricerche presentano una maggiore attenzione al contesto
culturale specifico e permettono di distribuire le risorse in modo più funzionale.
➢ Ideazione e attuazione di una nuova ricerca: permettono di raccogliere nuove informazioni specifiche rispetto
agli obiettivi dell’operatore. Favoriscono la conoscenza dei bisogni della comunità in un determinato momento e
consentono di raccogliere informazioni rispetto alle variabili più recenti evidenziate dall’analisi della letteratura.
Vantaggi di agire sui contesti
A livello di intervento, è auspicabile cercare di promuovere e potenziare i fattori che risultano protettivi rispetto a
un potenziale rischio. Agire sugli ambienti permette di intervenire indirettamente sull’individuo* e garantisce
maggiori probabilità che il cambiamento dello stesso si mantenga nel tempo, proprio perché sono state create le
condizioni ambientali in grado di sostenerlo. *nel caso in cui si presentino cambiamenti a livello sociale si potrebbe
parlare solo di cambiamento potenziale (ovvero sono presenti le condizioni affinché questo possa avvenire). Al
contrario, un cambiamento individuale non sostenuto a livello sociale porterebbe a un miglioramento limitato
nella vita dell’individuo, proprio perché non sono presenti le condizioni di sostegno e le risorse necessarie per
favorire un cambiamento stabile. Perché si ottenga un miglioramento della salute e del benessere protratto nel
tempo e configurato come risorsa stabile del sistema, è necessaria una sinergia tra cambiamento individuale e
sociale.
I processi sociali con cui agiscono i contesti
Verranno presi in considerazione il modo in cui i diversi contesti di vita influenzano i comportamenti e la vita
quotidiana delle persone devono essere considerati tra livelli di analisi e di processo. Esempio: vita quotidiana di un
adolescente. 1. Processi di primo ordine: sono costituiti dalle influenze dirette che i contesti di vita hanno
sull’individuo. Non esiste una spiegazione condivisa tra gli studiosi circa quali siano i meccanismi microsistemici che
favoriscono o inibiscono il benessere psicosociale dell’adolescente. Secondo il modello dell’apprendimento sociale,
ad esempio, i ragazzi acquisiscono stili di vita e comportamenti dagli altri individui sia attraverso l’osservazione, sia
attraverso il rinforzo. Secondo le teoria dell’attaccamento, invece, le esperienze dei primi anni di vita
costituirebbero degli schemi cognitivi che influenzano il modo in cui i ragazzi entrano in relazione con gli altri
adulti e con le istituzioni (m.o.i).
2. Processi di secondo ordine: sono costituiti dalle interconnessioni tra due o più setting all’interno dei quali la
persona partecipa attivamente. I diversi contesti interagiscono e, influenzandosi tra loro, provocano ulteriori
effetti sull’individuo (es: rapporto genitori-insegnanti). Uno dei processi che sembrano agire a questo livello di
analisi è l’effetto coerenza, che si attiva quando fra i diversi contesti di vita può essere identificata una comunanza
di intenti e di valori; l’esposizione a setting contraddistinti da messaggi normativi comuni e condividi (es:regole di
condotta) dall’intera comunità favorisce la presenza e l’apprendimento di determinati valori e comportamenti. Un
fenomeno strettamente legato all’effetto coerenza si riferisce alla presenza in diversi setting delle stesse figure
adulte significative: questa “costante presenza” rinforza alcuni valori e principi condivisi nella comunità (es:
allenatore come animatore dei centri estivi). Le caratteristiche di un contesto possono anche modificare l’intensità
dell’effetto che altri contesti hanno sul comportamento e sul benessere delle persone (es: buone relazioni sociali
con adulti che non fanno parte della famiglia possono compensare la presenza di relazioni conflittuali all’interno
della famiglia). Questi effetti vengono chiamati “effetti di moderazione”, in quanto le caratteristiche di un ambiente
di vita sono in grado di moderare l’influenza di altri contesti. Non sempre le caratteristiche di un setting agiscono
influenzando direttamente il comportamento degli individui: a volte la presenza di alcuni fattori in un contesto va a
plasmare caratteristiche di altri ambienti di vita che, a loro volta, influenzano il benessere e il comportamento della
persona. Un altro fattore importante è la qualità della comunicazione tra i diversi setting (es: scuola-famiglia).
3. Processi di terzo ordine: sono il prodotto delle interazioni dei vari elementi del sistema “comunità” e sono la
manifestazione di fenomeni che si sviluppano al livello gerarchicamente più basso (es: interazioni tra istituzioni,
associazioni, gruppi). Questi processi non sono semplicemente l’aggregazione dei processi derivanti da tutti i setting
microcontestuali (primo ordine), o dall’interazione tra questi (secondo ordine), ma generano effetti imputabili al
sistema comunitario nel suo insieme. Perciò molto spesso i processi di terzo ordine risultano difficili da
identificare. Il sistema comunità è gerarchicamente organizzato e gli effetti dovuti ai processi di livello più basso
precedono quelli di ordine superiore. Infatti, le condizioni affinché si possano attivare e sviluppare processi di terzo
ordine sono quelle di avere a disposizione dei setting sufficientemente interconnessi tra loro.
I cinque principi di Levine: il significato dell’approccio ecologico nella pratica Partendo dalla metafora ecologica,
Levine ha proposto cinque principi pratici da applicare in psicologia di comunità:
1. Un problema sorge in un setting o in una situazione: i fattori situazionali causano, innescano, esacerbano e/o
mantengono il problema. Il lavoro dell’operatore deve essere diretto alla comprensione delle caratteristiche
individuali e alla conoscenza delle caratteristiche dei setting in cui l’individuo è inserito. È necessario quindi
valutare l’adattamento degli individui e il contesto ambientale in cui sono inseriti. Il principio sottende che
l’operatore esca dal proprio ufficio o laboratorio e analizzi sul campo le modalità con cui i problemi si stanno
manifestano in quel determinato setting,
2. Un problema sorge perché la capacità adattiva del setting (di “problem solving) è bloccata. La prospettiva
ecologica presuppone una relazione di interdipendenza tra persone e setting, come parte di uno stesso sistema
integrato. Pertanto, le capacità adattive delle persone in un determinato setting sono limitate dalla natura del
setting stesso. I problemi, in ottica ecologica, sono analizzati in modo diverso e richiedobqno di pensare al
cambiamento come a un’opportunità per il sistema a breve e a lungo termine.
3. Per essere efficace, un aiuto deve essere collocato in modo strategico rispetto all’insorgere del problem a. È
necessario fare uno sforzo per cambiare il proprio punto di vista, superando la nostra idea soggettiva di come
dovrebbe essere elargito l’aiuto. Bisognerebbe portare aiuto alla persona, o meglio al setting in cui la persona è
percepita come “problema”. È necessario tenere presenti le dimensioni temporali e spaziali del problema, in modo
da intervenire strategicamente nel momento più idonea rispetto allo sviluppo dello stesso. Inoltre, gli interventi
attuati all’interno di un setting dovrebbero essere in collegamento con gli altri interventi present i in quel setting;
dovrebbero poi essere fissati incontri periodici di aggiornamento e confronto sulla definizione di una direzione
comune e di discussione.
4. Gli scopi e i valori dell’operatore o del servizio di aiuto devono essere coerenti con gli scopi e i valori del setting .
Ciascun setting presenta scopi e valori sia a livello manifesto che latente. Se gli obiettivi del cambiamento sono
coerenti con gli scopi latenti e manifesti di quel setting, il processo di cambiamento non susciterà resistenze da parte
degli attori. Se invece gli obiettivi del cambiamento proposto sono in conflitto con i valori del setting, potrebbero
verificarsi conflitti e tentativi di bloccare e ostacolare il cambiamento. È tuttavia necessario affrontare alcune
tematiche che confliggono con il setting per favorire un cambiamento; in alcuni casi è necessario usare
coscientemente alcuni temi che suscitano conflitto. È però basilare, da parte dell’operatore, essere attento a non
anticipare il conflitto prima che il setting sia pronto ad affrontarlo. Questo principio suggerisce anche che il servizio
o l’operatore che introducono il cambiamento debbano confrontarsi relativamente al rapporto tra i propri valori
personali e i valori del setting e della committenza .
5. La forma d’aiuto deve essere stabilita in modo sistematico, usando le risorse naturali del setting o mediante
l’introduzione di risorse che possono diventare istituzionalizzate come parte del setting. In base a questo,
l’operatore dovrebbe cercare di comprendere quali sono le risposte presenti e come il setting le utilizza. È
preferibile introdurre un cambiamento che sia duratura nel tempo e che continui a essere una risorsa nella
risoluzione dei problemi in un dato setting. Affinché sia duraturo ed efficace è necessario fare riferimento ai
principi dell’interdipendenza e della successione precedentemente illustrati. → Gli operatori che scelgono di
adottare un modello teorico basato sulla metafora ecologica per la progettazione di programmi di intervento devono
tenere in considerazione la complessità relativa al cambiamento di un sistema come la comunità. La metafora
ecologica evidenzia come il cambiamento non sia un processo lineare: gli interventi volti alla risoluzione di un
problema, infatti, possono generare nuove difficoltà in altri contesti. Pertanto occorrerebbe prestare attenzione al
raggiungimento di obiettivi in contesti multipli di analisi. Infatti, in un intervento efficace basato su modelli ecologici
è in grado di mettere in azione il setting per la costruzione di altri interventi e di riattivare la percezione di potere e
controllo da parte delle persone coinvolte.
Il ruolo degli operator
i Gli operatori dovrebbero essere in grado di costruire relazioni con diversi → partner presenti nel setting, prendersi
il tempo necessario per la conoscenza del contesto e creare soluzioni con le persone utilizzando modalità
partecipative. Deve saper tollerare l’ambiguità e la frustrazione che possono derivare da alcune fasi dell’intervento
e facilitare nel setting la mobilitazione e la ricerca di risorse interne o esterne.
La ricerca → La metafora ecologica, come chiave di lettura della realtà, prevede l’utilizzo di diverse tipologie di
misurazione con lo scopo di preservare il maggior grado di complessità possibile per la comprensione dei fenomeni
oggetti di studio, così come si presentano naturalmente nei setting analizzati.

CAPITOLO 4: PREVENZIONE E PROMOZIONE DEL BENESSERE


Livelli e classificazione degli interventi
Sono 5 le maggiore categorie di fattori connessi alla salute e al benessere:
• Fattori genetici e associati a fattori biologici (es: l’abuso di sostanze psicotrope risulta collegato ad alterazioni del
sistema dopaminergico. • Stili di vita (abuso di sostanze) e stili alimentari (obesità). • Assistenza sanitaria. •
Ecologia e condizioni di vita. • Le caratteristiche sociali e della società strettamente connesse e sovrapposte ad
aspetti ecologici e alle condizioni di vita.
L’ufficio europeo dell’OMS raccomanda che gli operatori della salute si concentrino su: - migliorare le condizioni
ambientali e sociali di vita delle persone - contrastare le ineguaglianze nell a distribuzione economica, di potere e
delle risorse troppo concentrate in mano di pochi - misurare e comprendere le dimensioni dei problemi e misurare
gli effetti delle proprie azioni professionali L’obiettivo dell’approccio preventivo è quello di raggiungere molte più
persone e le più bisognose.
La prevenzione di pone come uno degli argomenti fondati della psicologia di comunità. La classificazione di Caplan;
tipologie di prevenzione:
1. Prevenzione primaria: è volta a ridurre l'incidenza di un disturbo, agendo sulla popolazione sana e prevenendo
lo sviluppo di nuovi casi.
2. Prevenzione secondaria: ha lo scopo di individuare precocemente nuovi casi problematici e di fornire
trattamenti a uno stadio precoce o latente dello sviluppo del disturbo. Esempi di questo genere di interventi sono i
gruppi di sostegno psicologico per le madri che manifestano qualche segnali di depressione post partum. 3
. Prevenzione terziaria: l’obiettivo è quello di ridurre la durata, l’impatto e la cronicizzazione di un particolare
disagio o disturbo. Un disturbo non deve necessariamente produrre disabilità e una disabilità non deve diventare
necessariamente un handicap. Il limite di questa classificazione è che non riesce a discriminare in maniera netta il
confine tra interventi di prevenzione secondaria e terziaria e forme di trattamento, di terapia o di riabilitazione.
La classificazione basata sul modello di Brofenbrenner; Consente di considerare in un’unica cornice le forme di
prevenzione che non si limitano ad agire a livello individuale, ma propongono interventi che sono riconducibili ai
diversi contesti di vita dei soggetti.
1. Macrolivello si possono collocare quei progetti che agiscono sulle relazioni diadiche. →
2. Mesolivello si possono collocare quegli interventi che puntano a favorire le relazioni tra i diversi → microlivellli
(comunicazione scuola- famiglia).
3. Macrolivello si possono collocare quelle azioni che introducono o modificano le norme o → l’organizzazione
dell’ambiente socioculturale ampiamente inteso.
La classificazione dell’Insitute of Medicine; gli interventi possono essere:
• Universali: interventi considerati desiderabili per l’intera popolazione ( prevenzione primaria). ≃
• Selettivi: interventi auspicabili per quei sottogruppi il cui rischio di sviluppare un qualsiasi disturbo è
significativamente maggiore rispetto alla media (es: figli di tossicodipendenti).
• Indicati: interventi applicabili a persone che sono state identificate come portatrici di chiari segni o sintomi
prodromici, tali da doverli considerare ad alto rischio per quanto riguarda lo sviluppo futuro di un determinato
disturbo. Questa classificazione offre il vantaggio di proporre delle categorie tassonomiche ben definite, senza
sovrapposizioni con gli interventi terapeutici rivolti a soggetti per i quali è stata fatta una chiara diagnosi.
La classificazione basata su target e livello di intervento; approccio che utilizza la classificazione dell’IoM senza
rinunciare ai vantaggi di un sistema di categorizzazione che considera un approccio multilivello. Tiene conto
contemporaneamente dei livelli possibili di intervento (individuale, microlivello, organizzazione,
comunità/macrolivello) e dei 3 target (universali, selettivi e indicati) proposti dallo IoM.
Prima dimensione: livello dell’intervento I progetti focalizzati sull’individuo hanno l’obiettivo di indurre un
cambiamento a livello informativo o di incrementare competenze e abilità sociali. I progetti focalizzati sul
microsistema si pongono l’obiettivo di migliorare la qualità degli ambienti relazionali delle persone, agendo non
msul target ultimo dell’intervento ma sulle persone che vi stanno intorno. I progetti focalizzati sul macrosistema
possono prefigurare interventi di sviluppo di comunità (es: ampliamento piste ciclabili) o modificazioni legislative
(es: tassazione dei cibi spazzatura)
Seconda dimensione: gruppo target Non è facile individuare il confine tra i predittori del → disadattamento (per gli
interventi selettivi) e i sintomi precoci (per cui ha senso pensare interventi indicati). Non sono fissi. Oltre a
considerare livello di intervento e gruppo target, occorre considerare anche tuta quell’area di studi di psicologia
dello sviluppo che indaga su come avvengano i processi di acquisizione e sviluppo delle competenze. Infatti, gli
interventi di prevenzione possono considerarsi delle azioni professionali intenzionali con lo scopo di alterare i
processi di sviluppo.
Dai fattori di rischio alla promozione del benessere Approccio dei fattori di rischio e protezione l’attenzione a questi
fattori è finalizzata alla prevenzione di → un disagio: il fine è la riduzione della probabilità di incorrere in
problematiche. ,p
Fattori di rischio: caratteristiche individuali o condizioni ambientali misurabili la cui presenza si associa a una
maggiore probabilità di sviluppare disagio.
Fattori di protezione: caratteristiche individuali o condizioni ambientali che aumentano la probabilità e le capacità
di una persona di adattamento e di mantenere-aumentare uno stato di benessere . In un intervento di protezione
l’obiettivo è di agire sui fattori modificabili specificamente per ridurre la probabilità che un disturbo si manifesti. Per
fattori protettivi si intendono quei fattori che interagiscono nella relazione tra fattori di rischio e conseguenze, che
sono in grado di ridurre l’impatto negativo del fattore di rischio sull’insorgenza del problema.
Interventi di promozione della salute: si caratterizzano per un orientamento alla creazione delle condizioni che
permettono o migliorano una situazione di benessere o di sviluppo positivo, non ponendosi l’obiettivo di
prevenire un disturbo o una problematica specifica; la finalità è promuovere una condizione positiva. Interventi di
protezione e di promozione vengono considerati come azioni congiunte.
Fattori di resilienza: capacità di un soggetto di resistere all’influenza dei fattori di rischio; esso indica l’abilità di
lottare e imparare dalle avversità e cercare di integrare anche queste esperienze nella propria vita.
Approccio allo sviluppo positivo → l’attenzione è posta sulla promozione di condizioni di benessere e salute intese
come sviluppo positivo. Sviluppo positivo: realizzazione del proprio potenziale e di un positivo e attivo
coinvolgimento con la comunità. Componenti: - competenza (es: capacità di risoluzione dei conflitti) - abilità di
decision making - fiducia (autostima, autoefficacia) - connessione (relazioni positive con famiglia, scuola, comunità) -
qualità morali (rispetto per norme e valori sociali e culturali) - cura (empatia verso gli altri)
L’integrazione tra i due approcci ha condotto allo sviluppo di modelli e interventi che sono in grado di spiegare e
promuovere sia i processi che proteggono da esiti di sviluppo negativi, sia quelli che promuovono uno sviluppo
positivo. Spettro dei possibili interventi: Che cosa funziona di più in ambito preventivo e di promozione
• Agire contemporaneamente su vari livelli Molteplicità dei livelli di azione progetti che coinvolgono i diversi livelli o
sistemi che hanno un’influenza → sullo sviluppo di un comportamento o di un vissuto problematico oggetto di
intervento, quali il livello individuale, il gruppo dei pari, la famiglia, la scuola e la comunità. I progetti efficaci di
prevenzione e promozione sono quelli che agiscono congiuntamente sui fattori di rischio e di protezione collocabili a
diversi livelli di analisi.
• Interventi con solide basi teoriche Teoricamente fondati progetti costruiti sulla base di un modello teorico,
ovvero la cui definizione di → obiettivi e strategie è guidata e giustificata da una teoria. Nell’ambito prevenzione,
2 tipologie di teorie alla base di un progetto svolgono un ruolo importante: 1. modelli esplicativi: tipologia di tipo
eziologico che spiega le cause di un problema 2. modelli di cambiamento: illustra quali sono i metodi migliori per
modificare questi fattori eziologici Dopo aver identificato i fattori di rischio e di protezione per il disturbo che si
intende prevenire in base a un modello teorico, i progetti efficaci utilizzano teorie empiricamente verificate che
illustrano come ottenere i cambiamenti desiderati sui fattori eziologici e sul comportamento finale.
• L’utilizzo di metodologie interattive Metodi misti di insegnamento e coinvolgimento le strategie di tipo
interattivo, che promuovo no → l’interazione e il coinvolgimento attivo dei partecipanti, sono più efficaci delle
metodologie di natura strettamente informativo-nozionistica.
• L’importanza di un sufficiente dosaggio e della coerenza con le norme culturali
Sufficiente dosaggio si riferisce al grado di esposizione alle attività del progetto in cui sono coinvolti i → soggetti
target. Questo indicatore può essere misurato in termini di qualità, di ore, lunghezza delle sessioni di attività, numero
di sessioni, durata totale del progetto. I progetti che si sono rivelati maggiormente efficaci sono quelli che prevedono
un ampio dosaggio di attività e che non risultino estemporanei nei progetti informativi che si svolgono all’interno
delle scuole. Culturalmente rilevante spesso training e progetti vengono importati e tradotti da altre realtà culturali.
→ È opportuno che queste attività vengano pilotate per verificarne l’applicabilità in un contesto diverso.
• Formare lo staff e valutare gli esiti Formazione adeguata dello staff i progetti efficaci necessitano di training,
sostegno e supervisione → degli operatori sociali o degli altri attori coinvolti nella realizzazione delle attività. Valutare
gli esiti per valutazione di efficacia si intende l’analisi della capacità del progetto di → raggiungere i risultati
prefissati. Essa permette anche il miglioramento del progetto.

CAPITOLO 5; EMPOWERMENT: IL POTERE ATTRAVERSO LA PARTECIPAZIONE


 Il concetto di EMPOWERMENT coglie il sentimento di “potere di”. Descrive quel sentimento di potere sentito
in una situazione in cui il potere è derivato dall’esserci sentiti in grado di gestire la situazione, a trovare la
soluzione adeguata con la soddisfazione di aver fatto del nostro meglio, di aver inciso sul contesto che ci
stava attorno.
 è l’obiettivo che si auspica di ottenere lo psicologo di comunità per le persone con cui lavora.
 Viene identificato come uno degli obiettivi della promozione della salute
 Zimmerman sostiene che cercare una singola definizione di empowerment contraddica il cuore stesso → del
costrutto, poiché lo rende prescrittivo. Si basa su 2 concetti principali: 1. Il potere, che ne costituisce la radice
etimologica 2. La partecipazione, che ne sottolinea l’aspetto pratico e più relazionale
Con il concetto di potere si indicano l’influenza e il controllo che si possono avere su altri.
Weber il potere, in generale, non esiste in isolamento, ma implica un contesto relazionale tra persone o → cose.
Essendo creato dalle e nelle relazioni, il potere e le relazioni di potere possono modificarsi.
Il potere può anche essere condiviso (es: movimenti di protesta) → potere positivo: caratterizzato da collaborazione,
condivisione, mutualità.
Il potere come esperienza personale: il contributo di Michel Foucault
→ 1. Il potere può essere esercitato solo da SOGGETTI LIBERI, che possono confrontarsi con un ampio spettro di
possibilità, reazioni e comportamenti realizzabili. La libertà si collega al potere e ne diventa elemento caratterizzante.
Chi lavora in un’ottica di empowerment deve necessariamente considerare e affrontare nel modo corretto il legame
tra potere, libertà e scelta. Solo nel momento in cui io divento consapevole della mia libertà di decidere e capace di
analizzare le possibilità che ho di fronte posso esercitare il mio potere.
2. L’esercizio del potere crea continuamente NUOVE CONOSCENZE e le nuove conoscenze portano a maggior
potere. Potere e conoscenza sono integrati. Lo stresso legame tra conoscenza e potere viene sottolineato come un
circolo virtuoso. Solo se conosco i servizi del mio territorio e i miei diritti posso concretamente contribuire al loro
miglioramento ed esercitare il mio potere.
3. L’ONNIPRESENZA del potere: non tanto perché ha il privilegio di consolidare tutto sotto un’unità indissolubile,
ma perché è prodotto da un momento all’altro, da ogni relazione. Il potere è ovunque, perché deriva da ogni cosa.
Ogni situazione della mia vita è intrisa di potere e mi dà la possibilità di esprimere il mio potere.
Il potere è distribuito nella comunità: il modello a tre dimensioni di Steven Lukes:
1. “Come vengono prese le decisioni e come vengono risolti i conflitti?” Parlando di potere condiviso questa presa di
decisione dovrebbe essere necessariamente comune, capace di includere e accogliere le esigenze e il pensiero di
diversi gruppi.
2. “Come si decide quali temi verranno inclusi o meno nell’agenda dei decisori finali?” Porta alla luce il rapporto con
la politica e gli organi di informazione. In teoria, ogni gruppo/persona/organizzazione all’interno della comunità
dovrebbe avere la possibilità di indicare le priorità, quali problemi considerare e, successivamente, se e come
collaborare alla soluzione dei problemi stessi.
3. “Come decido quali sono i miei bisogni?” Riguarda le forze che determinano quali bisogni le persone riconoscono
come propri. Implica un collegamento con aspetti individuali, che riguardano la percezione, le capacità cognitive,
la visione di sé e la comprensione del contesto in cui si vive. Il modello di Lukes propone azioni a livelli diversi per
fare in modo che ogni individuo o gruppo in un contesto abbia le competenze e la possibilità di incidere sulle scelte
che lo riguardano.
Dal singolo alla comunità: l’empowerment diventa partecipazione
PARTECIPAZIONE: processo in cui i soggetti prendono attivamente parte ai processi decisionali nelle istituzioni, nei
programmi e negli ambienti che li riguardano. Si riferisce all’impegno e alla responsabilità del singolo all’interno di un
progetto volto a raggiungere un obiettivo collettivamente determinato.
Piero Amerio → la dimensione della partecipazione è quella che allarga il senso della relazione all’intera comunità, in
quanto conduce gli individui alla discussione, al dialogo come strumento che vale a costruire mondi possibili e
condivisi, decisioni comuni e responsabilità. Il nesso tra partecipazione e comunità va analizzato su due piani: 1
. Piano soggettivo non c’è senso senso di comunità senza coinvolgimento nell’azione collettiva. → l'appartenenza,
la condivisione di un’identità e i fini comuni presuppongono un certo grado di “presenza sociale”: la comunità non
deve essere subita, passiva o impostata.
2. Piano oggettivo la comunità, in quanto sistema sociale, è regolata da norme che presiedono ai → processi di
rappresentanza e all'interazione
finalizzata di quell'insieme di
istituzioni, reti, regolamenti,
norme, e usi politici che
contribuiscono alla governance
del territorio.
Le forme della PARTECIPAZIONE
• BOTTOM-UP : forma di
partecipazione spontanea. Sono i cittadini stessi che si attivano per creare pressioni sui politici. • TOP-DOWN: forma
di partecipazione provocata. Vi è un attore forte (es: ente pubblico) che stimola e facilita la partecipazione della
popolazione, favorendo le6 condizioni affinché questa possa svilupparsi al meglio (es: processi di riqualificazione di
aree urbane). → Il professionista deve chiarire con i committenti quale modalità di partecipazione si ritene attivare e
sia più funzionale al progetto. Favorire varie forme di partecipazione implica indurre nei cittadini l’idea di poter
contare, influire sulle decisioni. Influire sulle decisioni implica che queste non siano già state prese in precedenza da
politici, tecnici, professionisti, ecc (empowerment)
• La scala della partecipazione di Arnsterin: la partecipazione può essere intesa come un CONTINUUM. Si parte da
un livello di informazione in cui il ruolo delle persone è marginale e “senza potere” reale. La consultazione,
successivamente, prevede l’integrazione dell’interazione strutturata su un tema o su un problema specifici.
l’interazione strutturata comporta la predisposizione e la gestione di un processo di scambio di informazioni per lo
meno bidirezionale (decisore-cittadini), ma spesso multi-direzionale tra tutti gli attori coinvolti. Il terzo livello
(decidere insieme) riguarda le strategie di concertazi-one in cui i cittadini hanno un ruolo più importante, anche se
perdurano aspetti “pro forma”. La partecipazione sostanziale corrisponde alla partecipazione vera e propria: in essa
il potere è redistribuito, attraverso processi di negoziazione, tra cittadini e “detentori del potere”. Questa scala
evidenzia: - come esistano vari livelli di partecipazione - come situazioni comunemente considerate partecipative
possono in realtà essere ritenute di “falsa partecipazione” - come la partecipazione sia un continuum più che una
distinzione netta tra categorie di approcci partecipativi
Cosa favorisce la partecipazione
L’attivazione degli individui su temi locali di interesse collettivo risulta favorita dal verificarsi delle seguenti
condizioni: • la percezione di appartenere a comunità sufficientemente coese, la presenza di modelli socioculturali
orientati alla tolleranza della diversità e al pluralismo • la percezione della situazione in termini di bisogni e
problemi, e quindi la visione di possibili soluzioni • un senso di autoefficacia individuale e collettiva
sufficientemente elevato Per favorire la partecipazione bisogna quindi: • scegliere luoghi in cui le persone si
sentano a loro agio, luoghi già conosciuti • dare modo alle persone di aiutare concretamente, attraverso l’azione di
gruppo e la possibilità di usare e mostrare le loro capacità • dare sostegno al lavoro favorendo la continuità e la
realizzazione delle iniziative, mantenendo alta la visibilità delle azioni svolte • non trascurare il livello istituzionale
bisogna far capire come un lavoro condiviso tra operatori → istituzionali e cittadini possa facilitare la continuità dei
progetti e la loro efficacia: la partecipazione è quindi una risorsa che deve essere gestita e conosciuta
adeguatamente.
L’empowerment tra individuo e contesto
Zimmerman, Rappaport: L’EMPOWERMENT è un processo ma anche un risultato. Questo implica la presenza sia di
fattori in grado di delineare e definire il percorso di crescita sia di alti che ne definiscono gli esiti ultimi. • I processi di
empowerment si basano sulle azioni che permettono agli attori di ottenere le risorse necessarie, di sviluppare una
visione critica di ciò che li circonda. • I risultati dell’empowerment si riferiscono alle conseguenze dei processi
stessi, a ciò che le persone riescono a ottenere partecipando attivamente nei loro contesti. Lo psicologo di comunità
è interessato a entrambi questi aspetti: comprendere come favorire il processo dell’empowerment e verificare il
risultato raggiunto attraverso di esso.
Per fare ciò bisogna vedere l’empowerment come processo iterativo, nel quale individui e gruppi caratterizzati da
scarsa influenza e potere individuano degli obiettivi ritenuti importanti e significativi, e intraprendono delle azioni per
raggiungerli. Come processo iterativo, non ha una fine precisa; il raggiungimento degli obiettivi spesso porta a
formularne altri (processo motivazionale circolare). Livello individuale: controllo, consapevolezza e partecipazione
L’empowerment individuale è un processo di crescita del singolo che, attraverso un percorso terapeutico/
formativo/esperienziale, sviluppa nuove abilità e competenze, necessarie per gestire le difficoltà quotidia.
Zimmerman l’empowerment individuale è un costrutto composto da 3 fattori principali: →
1. Controllo: credere nelle proprie capacità, sentimento di fiducia verso le competenze possedute.
2. Consapevolezza critica (componente interpersonale): capacità di comprendere e analizzare i propri contesti di
vita e di capirne i meccanismi di influenza, capacità di analizzare la situazione. Si riferisce all’abilità di capire i
legami di potere, il ciclo delle risorse, gli ostacoli al cambiamento e i fattori che influenzano il tema. Con
consapevolezza critica s’intende anche la capacità di “desiderare il cambiamento” e di considerarlo possibile. È il
prerequisito base per passare all’azione.
3. Partecipazione (componente comportamentale): riguarda le azioni vere e proprie e prende forma attraverso la
messa in atto di un piano condiviso e accettato da più individui. È il motore del cambiamento, l’insieme delle
strategie messe in atto per ottenere un cambiamento sociale.r
Livello micro: il piccolo gruppo come promotore di cambiamento
Il gruppo diventa il primo contesto in cui poter sperimentare il proprio potere, attraverso la partecipazione, il
controllo e la consapevolezza critica.
Pearlstein → la presenza di un leader efficace è di estrema rilevanza per l’empowerment di un gruppo. Il leader ha
lo scopo di incoraggiare e consentire lo svolgimento dei compiti del gruppo al massimo delle proprie possibilità: il
suo ruolo è fondamentale per far sentire le persone capaci e autonome. La leaderchip efficace rafforza il sentimento
di autoefficacia e scoraggia i comportamenti passivi e non assertivi dei membri del gruppo il leader svolge un ruolo
di creatore dell’empowerment nelle altre → persone del gruppo (leader empowering). I gruppi di auto-aiuto
(composti da individui accomunati da un problema) possono risultare sia empowering che empowered. Il lavoro
svolto all’interno del gruppo, di condivisione, passaggio di informazioni, sostegno reciproco, ha come risultato quello
di aumentare la forza e il controllo in soggetti scoraggiati. Spesso il gruppo realizza che solo attraverso relazioni con
altri gruppi e associazioni può portare il problema per cui è sorto a un livello di attenzione più diffuso si avanza nel
continuum. → Livello organizzativo Il livello organizzativo si pone in una situazione intermedia tra gruppo e
comunità. L’organizzazione è infatti un insieme di microsistemi e la comunità risulta essere un insieme di
organizzazioni. Distinguiamo:
• Organizzazioni empowered: che riescono a manifestare il loro potere nel contesto allargato, promuovendo il
cambiamento sociale in generale e raggiungendo obiettivi importanti per l’intera comunità. Sono caratterizzate da
controllo, consapevolezza critica e partecipazione, quindi sono in grado di allargare il loro specifico obiettivo per
avere un impatto maggiore sul benessere della comunità.
• Organizzazioni empowering: che riescono a favorire l’empowerment delle persone all’interno dell’organizzazione.
Essere possono essere distinte ma appare più frequente una compresenza dei due aspetti. Lo psicologo di comunità
può essere chiamato come consulente per rendere maggiormente empowering ed empowered una data
organizzazione. → lavoro di rete: strumento più usato per raggiungere finalità empowered. Solo attraverso
l’aggregazione e il lavoro coordinato si può sperare in un effettivo cambiamento delle condizioni dei contesti.
Livello di comunità locale
• Comunità empowered: che riescono a rendere priorità i bisogni delle persone
• Comunità empowering: che riescono a favorire l’empowerment delle persone all’interno delle comunità stesse.
Le azioni che si attivano in questo campo hanno l’obiettivo principale di coinvolgere e influenzare decisioni
politiche, di attivare campagne che incidano sui politici e azioni in grado di mobilitare l’opinione pubblica. I
cambiamenti per rendere una comunità empowering devono essere sia amministrativo-funzionali sa di tipo
strutturale. → L’empowerment è un concetto è l’ingrediente base che caratterizza la disciplina e si integra
perfettamente con gli altri due principi: prevenzione e modello ecologico. La prevenzione svolta dalla psicologia di
comunità risulta differente da quella di altre discipline perché prevede azioni a diverso livello e perché impone
sempre azioni volte all’empowerment.

CAPITOLO 7; LAVORARE PER LA COMUNITÀ: GLI STRUMENTI DI AZIONE DELLO PSICOLOGO


La psicologia di comunità è una disciplina applicata: lo psicologo di comunità, congiuntamente alla ricerca, mira
sempre a finalità pratiche. Esempi di strumenti: ricerca-azione (principale), training, mentoring, peer education,
gruppi di auto-aiuto, lavoro di rete. (mentoring, peer ed, gruppi di a-a lavorano sul microlivello; lavoro di rete lavora
sul macrolivello) → → Tutte le metodologie hanno una forte connessione coi principi basa della disciplina:
Metafora ecologica in quanto molto spesso le azioni svolte non agiscono direttamente sul target, ma → risultano
azioni indirette svolte sui contesti di vita del target o sulle persone che ci entrano in relazione.
Orientamento proattivo spesso le azioni svolte sono azioni di prevenzione e/o promozione del → benessere, che
permettono di arginare potenziali rischi e intervengono prima che un disturbo di manifesti o sia radicato.
Empowerment è il filo conduttore di tutte le attività. L’obiettivo comune a tutte le attività è quello di → aumentare
le competenze, attraverso la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti, per fare in modo che le persone abbiano
maggior controllo e consapevolezza critica. Per una maggiore efficacia, è auspicabile l’integrazione di diverse
tecniche, così da affrontare il problema a più livelli.
IL CAMBIAMENTO INDIVIDUALE
Training
 Percorsi formativi volti a modificare alcuni aspetti del singolo.
 Il fine è promuovere conoscenze, competenze e abilità; lo psicologo di comunità dovrebbe essere un buon
formatore, in grado di utilizzare tali competenze sia con target diversi per età, ruolo, e professionalità, sia
con diverse finalità.
 I training si basano sull’assunto che molti aspetti della vita degli individui sono appresi all’interno dei
diversi contesti sociali, grazie all’interazione con gli altri, alle conseguenze che derivano dal proprio
comportamento, all’osservazione dell’altrui comportamento, alla percezione delle norme e dei valori.
 L’apprendimento consegue o viene indotto da un’interazione con l’ambiente, è il risultato di esperienze
che conducono allo stabilirsi di nuove configurazioni di risposta agli stimoli esterni. Avviene
quotidianamente attraverso il contatto con diversi individui e contesti. Può essere modellato
 i training si → focalizzano sul cambiamento dei seguenti aspetti:
- Aumentare conoscenze: intese come le nozioni che l’individuo possiede rispetto a un certo tema, per
evitare che basi le sue azioni su informazioni sbagliate. Nei training bisogna identificare le
informazioni/conoscenze necessarie all’obiettivo che si vuole raggiungere e trovare il momento e il modo
migliore per far passare tali conoscenze. Usare una modalità attiva di ricerca delle informazioni risulta più
efficace, come la discussione di gruppo o la sperimentazione delle nuove informazioni acquisite.
- Promuovere abilità: intese come qualcosa che permette al soggetto di fare. Molti training cercano di far
apprendere nuove modalità d’azione e competenze ai soggetti: problem-solving skills (es: abilità di
fronteggiare lo stress), social skills (es: abilità di comunicazione).
- Modificare atteggiamenti: essendo fortemente soggettivi, risultano essere gli aspetti più difficili da
modificare. Richiedono di agire su processi talvolta non espliciti. Se la modificazione delle conoscenze e
delle abilità può portare a smussare alcuni atteggiamenti, altre azioni dovrebbero essere previste per
aumentare la possibilità di cambiamento efficace e duraturo. Gli atteggiamenti di cui la psicologia di
comunità si interessa maggiormente riguardano specifici comportamenti (es: fumo), specifiche
popolazioni, contesti, oppure sé stessi. Compito dello psicologo è quello che comprendere gli
atteggiamenti esistenti, mostrare possibili visioni alternative, far sperimentare la negatività di alcune
posizioni estreme, ecc. Ciò richiede l’utilizzo di attività mirate ma indirette che permettano ai soggetti di
riflettere sui loro atteggiamenti e comportamenti, di sperimentare le conseguenze negative delle loro
azioni, in un ambiente protetto. È importante la gestione delle attività e delle discussioni al loro termine,
che dovrebbero aiutare a far emergere i significati intrinseci di quello che si è fatto (debriefing). → La
psicologia di comunità si interessa dello sviluppo di competenze relazionali, che facilitino gli individui a
stare in gruppo, a viverlo come risorsa, a gestire al meglio le relazioni con gli altri. Per questo, diventano
molto importanti le abilità sociali, intese come tutte quelle abilità che permettono di relazionarsi in modo
efficace, lavorando in gruppo. Lavorare su tali abilità porta benefici al singolo e a chi sta intorno, e spesso
diventa prerequisito necessario per poter impostare attività di partecipazione. Caratteristiche dei training:
• vengono comunemente inseriti tra le attività di tipo individuale • vengono utilizzati come azione di
prevenzione selettiva e indicata in base al target prescelto • training con obiettivi comuni dovranno essere
strutturati in modo diverso rispetto a tempi, attività, temi affrontati e modalità prescelte, a seconda se sia un
intervento universale, selettivo o indicato • si svolgono prevalentemente in gruppo
Il training, inizialmente ideato per promuovere abilità per la prevenzione dell’uso di sostanze, può essere realizzato
con ragazzi delle scuole primarie e secondarie. Le componenti! principali si suddividono in 3 aree:
1. Abilità personali: relazione dell’individuo con sé stesso, i propri vissuti, emozioni e problemi
2. Abilità sociali: perme7ono di costruire relazioni positive e poter usufruire di sostegno, aiuto, condivisione
3. Abilità e conoscenze per resistere alla pressione (dei coetanei, dei media, ecc.) Una variante è il Life Skills Training
Parent Program, finalizzata a promuovere relazioni posi!ve e comunicazione con i genitori.
Limi: inadeguata preparazione dello psicologo nel gestire le tecniche formative, mancata coincidenza bisogni
gruppo/training, incapacità di creare gruppo e saldare un adeguato contra7o formativo con i partecipanti, generando
boico7aggi Vantaggi: tecnica flessibile, efficace per far passare messaggi e apprendimento a popolazioni target.
Mentoring
Il mentoring agisce sulle reti relazionali prossimali (microlivello). Si colloca tra gli interventi di tipo selettivo o
indicato, che si avvale dell’uso di non professionisti. Il mentoring è una relazione uno-a-uno, che nel tempo prevede
l’affiancamento di un soggetto adulto esperto (mentor) con un soggetto in possibile difficoltà (mentee). Si basa
sulla teoria dell’apprendimento di Bandura, che considera essenziale il ruolo di modelli positivi nello sviluppo
dell’individuo. Il mentoring quindi prevede l’affiancamento con un modello positivo, che possa facilitare la
riflessione e il controllo di persone con difficoltà. La relazione di mentoring è asimmetrica ma tendente
all’orizzontalità: il rapporto tra soggetto in difficoltà e adulto esperto, nonostante le differenze, deve cercare di
stimolare la partecipazione attiva e le iniziative del mentee, a favorire lo sviluppo di una maggior autonomia. La
relazione risulta inutile se non ha il riconoscimento e il contributo di entrambi. L’obiettivo del mentoring è quello di
potenziale l’empowerment sia del mentee sia del mentor. Altri obiettivi risultano specifici dei singoli progetti. Fasi
dei progetti di mentoring: 1. Ideazione del progetto e attivazione: attraverso un’attenta analisi del contesto e delle
esperienze precedenti si individuano le attività più adeguate a raggiungere gli obiettivi prefissati. 2. Progettazione:
individuazione di obiettivi, attività e tempi. 3. Realizzazione 4. Valutazione: inteso sia come monitoraggio continuo e
valutazione di processo, sia come valutazione di efficacia
Efficacia dei progetti Appaiono più efficaci i programmi di mentoring fortemente connessi con → l’ambiente
scolastico, rispetto a quelli finalizzati a promuovere benessere psicosociale e salute per bambini e adolescenti a
rischio, e a quelli svolti in ambiente lavorativo. I risultati ottenuti dai programmi di mentoring sono fortemente
influenzati da variabili inerenti alla realizzazione delle attività, quali la qualità della relazione che si instaura tra
mentor e mentee.
La peer education
La peer education viene definita come il condividere informazioni, atteggiamenti o comportamenti attraverso
ragazzi che non hanno qualifiche professionali di educatori ma il cui obiettivo è curare. Importante è il rapporto di
educazione-influenza reciproca che, a livello formale o informale, instaurano rea loro persone afferenti a un
medesimo gruppo di riferimento. Interventi tra pari. la peer ed ha un particolare tipo di formazione-relazione
caratterizzata da un → rapporto di simmetria tra utente ed esperto e dal fatto che questa metodologia implichi
l’uso di membri di un determinato gruppo per agire il cambiamento sugli altri membri dello stesso gruppo. Teorie
che sostengono la peer ed: • la teoria dell’apprendimento sociale di Bandura, che sottolinea l’importante ruolo dei
pari come modello comportamentale • la teoria dell’azione ragionata, che indica come, per influenzare il
comportamento, sia necessario agire sulle norme sociali, intese come ciò che le persone rilevanti (i pari) pensano o
credono di un dato comportamento • la teoria della diffusione delle innovazioni, che dice che i processi attraverso
cui i pari possono fungere da opinion leaders possono diventare agenti di cambiamento • la teoria della
“participatory education”, che utilizza un’ottica di empowerment e partecipazione nell’educazione da parte del
target stesso Fasi della peer ed: 1. Reclutamento dei peers: leader dei gruppi target, adatti alla formazione, con
abilità comunicative elevate, non coinvolti attivamente nel comportamento negativo da prevenire. 2. Formazione:
deve fornire le conoscenze dell’argomento, le abilità comunicative necessarie e deve affrontare temi legati
all’immagine personale e questioni relative 3. Azioni dei peers: può avvenire sia in contesti e situazioni naturali sia
in cotesti di formazione specifici. 4. Sostegno e monitoraggio ai peers: azioni di supervisione, sostegno tecniche,
sociale e personale ai peer educators e agli altri attori coinvolti nel programma. 5. Valutazione: può riguardare la
valutazione di efficacia finale sul target degli studenti a cui il programma è diretto, al fine di verificare se gli
obiettivi specifici sono stati raggiunti, oppure sui peer educators. → Lo psicologo di comunità predilige l’utilizzo di
modelli di peer education in cui vengono enfatizzati la partecipazione attiva, l’empowerment e la responsabilità di
tutti gli attori e in particolare dei giovani.
I gruppi di auto-aiuto
I gruppi di a-a sono un’azione non professionale per promuovere, mantenere o recuperare la salute. Rispetto alle
altre tecniche il ruolo del professionista è ancora più marginale. I gruppi di a-a sono un piccolo gruppo volontario,
composto da persone con un problema comune e il desiderio di superare efficacemente il momento di difficoltà .
Essendo un gruppo di pari si sfruttano le potenzialità delle relazioni orizzontali, in cui tutti i membri detengono lo
stesso valore e possono fornire sostegno agli altri componenti del gruppo.
Aspetti principali: • Scopo: fornire aiuto, migliorare la propria situazione attraverso il confronto e il sostegno dei
pari • Origini: dal gruppo stesso, non dipende quasi mai da esterni. • Fonte d’aiuto: i membri stessi intervengono
per affrontare temi specifici. • Composizione: membri con un problema comune, senza distinzione di ruolo. •
Controllo: l’attività è sotto il controllo dei membri. In base al loro obiettivo, i gruppi di a-a si distinguono in varie
tipologie. Obiettivi: 1. Controllo del comportamento e riorganizzazione della condotte (es: Alcolisti Anonimi) 2.
Sostegno e difesa dallo stress (es: divorziati, handicappati) 3. Crescita personale e autorealizzazione (simile al
mentoring) 4. Azione sociale (il gruppo si struttura per trovare risorse e lottare insieme per l’affermazione dei propri
diritti, l’azione non è rivolta all’interno ma all’esterno, per portare cambiamenti alla comunità) Cosa può fare lo
psicologo di comunità per tali gruppi fungere da consulente esperto/creare o → proporre lo sviluppo di nuovi
gruppi attraverso l'identificazione di soggetti a rischio/aiutare i gruppi a integrarsi con il sistema formale di
cura/mappare i gruppi esistenti e analizzare le caratteristiche. I gruppi di a-a possono rivelarsi negativi se diventano
autoreferenziali e non si aprono verso l’esterno, se creano dinamiche di dipendenza e non favoriscono
l’autonomia dei propri membri, se scatenano disuguaglianze interne e lotta al potere. L’aiuto di un consulente
esterno può risultare importante in momenti di impasse che potrebbero portare alla cronicizzazione dei problemi.
→ I gruppi di a-a sono un’importante risorse per la comunità, poiché diventano un tipo di intervento a basso costo,
fortemente legato ai bisogni dei partecipanti, meno stigmatizzante rispetto a un servizio ufficiale e più facilmente
disponibile. Promuovono l’empowerment del singolo, attraverso le naturali dinamiche di gruppo e l’uso di non-
professionisti.
Il lavoro di rete
Questa tipologia di intervento può essere collocata a livello di organizzazione, comunità locale, ma anche macro. A
questi livelli si attivano,ttyyr solitamente, cambiamenti di tipo strutturale, relazionale e legislativo. La rete viene
definita, strutturalmente, come l’insieme degli attori (gruppi, enti, associazioni) coinvolti/interessati a un problema e,
funzionalmente, come una modalità particolare di collaborazione e scambio tra i diversi attori. Promuovere il lavoro
di rete significa passare dall’individualismo istituzionale, in cui ogni ente affronta alcuni aspetti specifici di comunità,
a un’ottica collaborativa in cui ogni gruppo può portare le sue idee e risorse per affrontare i problemi esistenti. Il
compito dello psicologo di comunità è quello di favorire questo processo di scambio, per fare in modo che non
emergano conflitti ma si sfruttino al meglio le risorse e le conoscenze di ogni nodo della rete.
La CONSULENZA AI POLITICI o DIRIGENTI DI ORGANIZZAZIONI Presentare i risulta! delle proprie ricerche ai
politici/decisori per fare in modo che vengano prese in considerazione. In modalità partecipatva, facilitare processi
vol! a cambiare norme, leggi e regolamenti. Questo è facilitato dall’avere i politici come commi7en! della ricerca
stessa. Le NUOVE TECNOLOGIE e le COMUNITA’ ONLINE Gli smartphone sono strumen! economici, di semplice
utilizzo, grande flessibilità e trasportabili; pertanto perme7ono di raggiungere ampie fasce della popolazione, di
essere segui! in tempo reale e di sperimentare se ng diversi. In ambito della salute sono ancora poco u!lizza!;
a7ualmente sono state sperimentate app per la promozione della consapevolezza delle proprie emozioni e la
coerenza tra valori e comportamento. A livello di relazioni sociali, da un lato favoriscono i rapporti a distanza (tra
famigliari/amici lontani) e l’integrazione di persone con handicap e difficoltà relazionali; dall’altro diminuiscono il
livello di fiducia ed empatia, oltre a ridurre legami con il vicinato. Le community networks sembrano ridurre questo
problema, in quanto i membri vivono nello stesso quar!ere/area geografica e si scambiano informazioni su
servizi/eventi/bisogni concre!, creando un’occasione per un’interazione più frequente tra residenti. Non è de7o,
però, che questo compor! un aumento del capitale sociale. A volte questi strumenti vengono crea! dai professionis!,
ma molto spesso arrivano dai ci7adini stessi, come il Social Street, nato dall’esperienza del gruppo FB “Residenti di
Via Fondazza” di Bologna, creato con l’obie vo di contrastare l’impoverimento delle relazioni di vicinato. La
valutazione dell’impa7o di ques! strumenti sulla vita sociale di una comunità è urgente.

SENSO DI COMUNITÀ: COME E PERCHÉ I LEGAMI CONTANO CAPITOLO 1: SENSO DI COMUNITÀ


McMillan, Chavis Componenti del senso di comunità:
→ • MEMBERSHIP; spirit: sentimento di essere parte della comunità. Subcomponenti: boundaries: stabiliscono chi
è in/escluso dalla comunità e hanno una natura perlopiù simbolica. Una delle funzioni basilare è garantire la
sicurezza fisica ed emotiva (emotional safety). Inoltre facilitano i processi di appartenenza e identificazione
collettiva (belonging and identification). Il tutto pone le basi affinché le persone possano investire nella comunità e
nelle relazioni con gli altri membri (personal investiment
• INFLUENCE; trust: processo bidirezionale che si esercita dagli individui nei confronti della comunità e dalla
comunità nei confronti dei suoi membri. Le persone sono maggiormente attratte da quelle comunità sulle quali
percepiscono di poter esercitare una qualche forma di influenza. La pressione al conformismo deriva congiuntamente
dal bisogno dell’individuo di ottenere dai membri l’adesione alle sue norme. Subcomponenti: personal investiment;
norme; conformismo. È stata rinominata trust a voler sottolineare che l’elemento saliente per l’esercizio positivo del
potere è lo sviluppo della fiducia degli altri, nelle norme e nell’autorità istituzionale.
• INTEGRATION AND FULFILLMENT OF NEEDS; trade: perché una comunità esista e continui ad esistere, è
necessario che il farne parte sia per gli individui gratificante e premiante. Il senso di comunità è tanto più forte
quanto più gli individui sentono di poter soddisfare allo stesso tempo i propri e altrui bisogni. Per conciliare bisogni
individuali e collettivi la direzione è fornita dai valori condivisi, che definiscono bisogni emotivi, bisogni intellettuali e
i modi in cui soddisfarli. I valori condivisi sono la forza integrativa della comunità. Nominarla trade sottolinea lo
scambio sociale sottinteso: reciprocità, equità e solidarietà sono i principi che regolano lo scambio sociale in un
consesso basato sulla fiducia e l’appartenenza. La dinamica interna all’integrazione e alla soddisfazione di bisogni si
spiega dall’assunto che le comunità si organizzano intorno ai bisogni, e gli individui di affiliano a quelle comunità che
sono in grado di soddisfarli.
• SHARED EMOTIONAL CONNECTION; art: connessione emotiva condivisa- sottolinea il legame emotivo che
sussiste fra i membri di una comunità. Si basa su una storia comune (memoria collettiva) e sulla possibilità di
riconoscersi ed identificarsi in essa, ed è rafforzata dal coinvolgimento e dalla condivisione di eventi significativi per
la collettività. Le comunità forti sono quelle che offrono all’individuo modi positivi per interagire, eventi importanti
da condividere, modalità per portare a termine i compiti, opportunità di ottenere riconoscimenti, di investire e di
sperimentare un legame spirituale con gli altri. Viene rinominata art per riaffermare che l’espressione della
memoria, il ricordo e la condivisione di eventi importanti sono costitutivi dell’identità di un gruppo sociale e di una
comunità. Per la dinamica interna, gli autori ricorrono a due formule:
◦ specifica come alla base ci sia il contatto tra le persone e una buona qualità delle interazioni
◦ chiarisce quali fattori innalzino la qualità dell’interazione; condivisione di eventi, relazioni non ambigue, azioni
collettive portate a termini, ecc.
→ Lo spirito di comunità (membership), unitamente al riconoscimento e al rispetto di un’autorità, sono la base
della fiducia (influence), che è a sua volta il fondamento dello scambio sociale (integration and fulfillment of needs);
insieme, questi elementi definiscono una storia collettiva che viene simbolizzata nell’arte (shared emotional
connection), la quale è si radicata nell’esperienza, ma cristallizza i valori trascendenti della comunità, sottraendoli
alla contingenza.
Senso di comunità e processi di identificazione sociale
L’identificazione con la comunità ha un ruolo in almeno due dimensioni del senso di comunità: l’essere parte e la
connessione emotiva condivisa. Le differenze inter-individuali nei livelli di senso di comunità potrebbero
dipendere dalla forza con cui gli individui si identificano con la loro comunità: un’identificazione debole si
assocerebbe a un basso senso di comunità e viceversa.
Una ricerca ha concluso che i processi di identificazione con la comunità non siano sostanzialmente diversi dai
processi di identificazione con i gruppi. Dal punto di vista psicologico, entrambi sono percepiti in modi abbastanza
simili. Nessun individuo può costruire la propria identità prescindendo dai vari gruppi entro cui e tra i quali trascorre
la propria esistenza. Una parte importante del senso del sé deriva da tali appartenenze. Le appartenenze, quando
sono soggettivamente rilevanti, contribuiscono a formare l’identità personale, e poiché l’adesione ad un gruppo è in
funzione del contributo positivo che esso conferisce all’identità, l’individuo è portato a rafforzare la caratterizzazione
del gruppo in modo che essa risulti soddisfacente per il proprio sé. L’appartenenza conferisce un certo livello di
autostima, un’immagine positiva che essi tendono a mantenere costante.
Perchè le persone scelgono di identificarsi con un particolare gruppo?
Turner gli individui si identificano in una categoria nella misura in cui essa offre loro la possibilità di → differenziarsi
il più possibile dai membri di un’altra categoria
Teoria della distintività ottimale di Brewer le persone sono portate a soddisfare, oltre al bisogno di → distinguersi
dagli altri, anche il bisogno di appartenere, ricercando costantemente l’equilibrio tra eccessiva assimilazione ed
eccessiva differenziazione.
L’identificazione in un gruppo ha 3 dimensioni: affettiva, cognitiva (la consapevolezza dell’appartenenza al gruppo)
e sociale (il senso di connessione con gli altri membri). Mentre le dimensioni affettive e sociali sono inglobate nel
senso di comunità, la dimensione cognitiva (consapevole) non si sovrappone all’appartenenza, ma è una dimensione
distinta, se pur correlata. L’identificazione consapevole è in grado di predire il senso di comunità più in una comunità
di interessi che in una comunità territoriale. l’identificazione tende ad assumere maggiore importanza per quelle
→ comunità alle quali le persone scelgono di appartenere.
SENSO DI COMUNITÀ Il processo di identificazione
DIMENSIONE FISICA È alla base dell’identità di luogo, cioè di quella parte dell’identità personale che si struttura nel
rapporto con l’ambiente fisico
DIMENSIONE SOCIALE È alla base dell'identità sociale, che si forma attraverso l’inserzione nei gruppi sociali
Entrambi i processi influiscono sullo sviluppo del senso di comunit à. Le persone che dimostrano un forte senso di
comunità territoriale tendano a percepire la propria comunità come particolarmente coesa e dotata di caratteri
distintivi e a percepire le altre comunità territoriali come molto differenti, distanti e in competizione con la propria.
Determinanti a livello individuale del senso di comunità
• Variabili sociodemografiche (età, genere, livello di istruzione, reddito)
• Valori, sistemi di credenze organizzati secondo una gerarchia di priorità. Vanno intesi alla stregua di obiettivi
desiderabili che motivano e determinano l’azione finalizzata, costituendo degli standard di giudizio. I valori
tradizionali (lavoro, potere maschile, famiglia, autorità parentale e religione) sono in linea con la nozione classica di
comunità, richiamandone gli aspetti connessi all’ordine sociale e ai legami forti.
• Personalità; tutti i 5 tratti di personalità del Big Five sono associati al senso di comunità, in particolare
l’estroversione.
Determinanti a livello di comunità
• Densità abitativa, intesa o come densità sociale o come densità spaziale → sono gli aspetti restrittivi della densità
sono particolarmente determinanti, in quanto la percezione di un eccessivo numero di individui all’interno dello
stesso spazio può provocare la sensazione di affollamento e di forzata riduzione dello spazio personale.
Specularmente, un’alta densità implica dover dividere le risorse disponibili, quindi sarebbe un nocumento al senso di
comunità. Nelle aree residenziali molto popolate, infatti, le persone tendono a vedere gli altri come potenziali
concorrenti, influendo negativamente sulla percezione dei benefici che essi pensano di poter ottenere attraverso un
impegno attivo e un coinvolgimento nella vita della comunità, favorendo indirettamente risposte di ritiro. Plas, Lewis
hanno rilevato connessioni tra le → caratteristiche urbanistiche del luogo e tre delle dimensioni costitutive del senso
di comunità di McMillan e Chavis: connessione emotiva, senso di appartenenza e la soddisfazione dei bisogni.
• Progettazione urbana L’importanza della progettazione urbana nel determinare un senso di → appartenenza e
connessioni tra i residenti è confermata. Rilevante è il fatto di vivere in ambiente pensati a favorire la circolazione
delle persone prima che delle automobili o dei mezzi.
• Il verde pubblico rende le persone più soddisfatte della qualità dei vita dell’ambiente →
• Gli spazi pubblici Non è tanto la frequenza con cui i residenti fruiscono degli spazi pubblici a → determinare il
senso di comunità, ma la loro disponibilità, qualità e accessibilità.
Risorsa o responsabilità: qual è la teoria generale sottesa alla nozione di senso di comunità?
Il senso di comunità come risorsa Teoria motivazionale di McClelland → la motivazione deriva da 3 bisogni
fondamentali:
1. bisogno di riuscita: risiede in un confronto con uno standard di valore che l’individuo tende a raggiungere o a
superare attraverso un’autovalutazione delle proprie abilità
2. bisogno di potere: spinta a evitare l’isolamento e a cercare l'interazione con gli altri. McClelland distingue tra un
potere personalizzato, egoistico, e un potere socializzato, posto al servizio degli altri
3. bisogno di affiliazione: esigenza di controllare il proprio ambiente sociale e di influenzare gli altri
→ Il senso di comunità è stato inteso e misurato secondo una prospettiva basata sulla teoria dei bisogni, intendendo
la comunità come una risorsa che gli individui utilizzano per soddisfare una varietà di bisogni materiali e
psicologici. Giustapponendo i 3 macro-orientamenti alle 4 componenti del modello di McMillan e Chavis, si vede
• appartenenza e connessione emotiva soddisfano il bisogno di affiliazione
• l’influenza soddisfa il bisogno di potere
• soddisfacimento dei bisogni è in grado di soddisfare tutti e 3 ed eventualmente altri ancora
Il senso di comunità, quindi, può essere ridefinito come la credenza soggettiva che la comunità sia una risorsa in
grado di rispondere ai bisogni individuali fondamentali. Questo spiega perché il sentirsi parte di una comunità si
associ a più alti livelli di benessere psicologico e a un impegno attivo delle persone nella comunità.
senso di comunità come responsabilità
Nowell, Boyd presentano un modello in cui la connessione individuo-comunità si fonda sul senso di →
responsabilità, indipendentemente dall’aspettativa di soddisfacimento di qualunque bisogno. Riprendono la
distinzione logica tra:
• Logica delle conseguenze: si fonda sull’aspettativa, o sul calcolo di un effetto vantaggioso che deriverebbe
all’individuo da un certo comportamento. Informa l’azione razionale, ed è la logica che si applica al senso di
comunità come risorsa.
• Logica dell’appropriatezza : si fonda sulla premessa che le persone, attraverso i gruppi, le agenzie e le istituzioni
che incrociano nei loro percorsi biografici, sviluppano valori, norme e credenze circa ciò che è appropriato in un
dato senso. Questo insieme di cognizioni orienta il loro comportamento. Secondo questa logica, il senso di
responsabilità è la risultante dell’interazione tra il modo con gli individui percepiscono la comunità e il loro insieme
di credenze relativo a quale dovrebbe essere il loro rapporto con quella comunità.
Gli approcci socio-costruzionisti
COSTRUZIONISMO Privilegia la dimensione comunicativa e interazionale alla base dei processi di conoscenza.
Prospettiva sociale di analisi dei processi di costruzione della conoscenza (socio-costruzionismo)
COSTRUTTIVISMOPrivilegia la dimensione individuale, focalizzandosi sulle caratteristiche fisiologiche della
percezione. Prospettiva individualistica
Ci si accosta allo studio del senso di comunità con un approccio che consente ai partecipanti di esprimesi con il
proprio linguaggio - e non con quello del ricercatore - e ci si accorge così che il significato del termine “comunità”, nel
momento in cui viene usato dai parlanti, è di tipo particolare e locale, e non coincide necessariamente con quanto
implicato o prescritto, da un modello teorico. La stessa espressione “senso di comunità” risulta talvolta opaca e priva
di senso per le persone, e il significato si schiarisce solo attraverso un processo di negoziazione con il ricercatore.
Mentre la ricerca mainstream segue un approccio etico, e coerentemente procede utilizzando categorie di ordine via
via superiore, l’uso che le persone comuni fanno delle categorie è molto specifico, e come tale può essere colto
solo da un prospettiva emica, dell’insider. Gli autori di approccio socio-costruzionista sottolineano che il senso di
comunità non può essere concettualizzato in forma statica, ma va inteso come un processo, in cui le persone
interagiscono tra loro, costruiscono la loro identità, trovano e offrono sostegno e contribuiscono al bene comune. Il
senso di comunità è una caratteristica mutevole delle relazioni, e come tale può essere un barometro del
cambiamento in una comunità. Gli studi socio-costruzionisti abbandonano i metodi quantitativi per ricorrere a
strumenti e tecniche di tipo qualitativo, in grado di sollecitare e adeguarsi alla specificità e alla variabilità dei
contesti di indagine e di rispettare la pluralità delle voci parlanti, senza forzarle dentro una logica estranea a loro
l’approccio → narrativo si presta all’esame delle storie collettive per comprendere le relazioni tra l’identità personale
e l’identità sociale, e il modo in cui la comunità crea e trasforma la propria storia. In questa chiave, il senso di
comunità può essere codificato come un shared narrative. Gli studi socio-costruzionisti costringono a interrogarsi
sulla validità concettuale dello stesso costrutto e sulla sua effettiva capacità di cogliere e descrivere fenomeni
psicologici e psicosociali reali, riproponendo la questione della commensurabilità o incommensurabilità del codice
scientifico e del codice di senso comune In società orientali, studi → condotti applicando gli strumenti di misura
codificati nella tradizione occidentale hanno dato esiti univoci: questi strumenti non sono in grado di catturare il
senso di comunità in altre culture, perché esso è chiaramente contesto-dipendente e inseparabile dai significati che
gli individui assegnano alla comunità.
Senso di comunità negativo
La ricerca dimostra che il senso di comunità può avere una valenza negativa e non necessariamente associarsi a esiti
indesiderabili, ma svolgere una funzione protettiva. Non sempre un elevato senso di comunità produce benessere
psicosociale; in particolari circostanze è preferibile un atteggiamento di distacco, che può realizzarsi attraverso un
allontanamento, un disinvestimento emotivo o un meccanismo di identificazione in negativo. la valenza del senso di
comunità non dipende solo dal numero di → componenti presenti, ma anche dalla qualità, dai valori e dai costi che
gli individui associano alla loro specifica comunità. Ad esempio, un senso di comunità territoriale debole non si
associa ad atteggiamenti di apatia e indifferenza nei confronti del luogo in cui si vive, ma ad una percezione molto
acuta del problema, che a sua volta alimenta la tendenza a reagire o ad agire proattivamente per modificare lo status
quo. Alcuni autori propongono di pensare il senso di comunità negativo come una forza centrifuga che tende ad
allontanare le persone, a spingerle verso e oltre i confini della comunità.
Brodsky, Loomis e Marx propongono un modello a 4 componenti del senso di comunità negativo:
• Distintività (/bisogno di affiliazione) bisogno di distinguersi e differenziarsi dagli altri membri
→ • Astensione (/influenza) atteggiamento di passività e indifferenza nei confronti di ciò che accade → nella
comunità, le persone non vogliono essere né bersaglio né fonte di influenza
• Frustrazione (/integrazione dei bisogni) percezione della comunità come fonte di frustrazione, → come un
ostacolo al loro bisogno di riuscita e di autorealizzazione
• Alienazione (/condivisione) sentimento di estraneità, di non familiarità e di disconnessione dalla → comunità e
dalla sua cultura.
Molteplicità e multiappartenenze: il senso di comunità multiplo
Ogni individui partecipa contemporaneamente a più comunità: familiare, amicale, professionale, di interesse ,ecc.
Brodsky e Marx esplorano il senso di comunità in comunità poste tra loro in relazione di inclusione gerarchica:
• un setting educativo: centro semi-residenziale di inserimento socio-lavorativo
• un setting di ruolo: classi di studenti e membri dello staff del centro di formazione
• un setting territoriale: il quartiere di residenza degli studenti mostrando la coesistenza di molteplici sensi di
comunità, ciascuno agganciato a una comunità diversa, e anche le reciproche relazioni di influenza. Gli autori hanno
proposto un'espansione del senso di comunità a una varietà di setting, sottolineando l’importanza di analizzare
l’interazione tra le varie appartenenze: ciò consente di definire un quadro di lettura degli effetti combinati
L’esplorazione di più comunità → (quelle che le persone incrociano nel percorso di vita) permette di comprendere
meglio come agisce il senso di comunità nei vari setting. Comunità diverse possono soddisfare bisogni diversi e
offrono risorse diversificate ai loro membri. “Comunità primaria”: comunità che rinforza le norme, i valori, l’identità
individuale e fornisce sistemi di sostegno che sono fondamentali per il benessere delle persone. “Comunità
secondarie”: ascritte o acquisite, suscettibili anch’esse di fornire vantaggi e supportare i processi identitari. Il senso
di comunità multiplo è anche un modo per concettualizzare le scelte che portano gli individui a investire in un setting
piuttosto che in un altro. Spesso i nuovi setting nascono coesistere o competere con i vecchi, oppure per integrarli o
sostituirli.
Teoria di Brofenbrenner teorizza che l’individuo sia circondato e influenzato da 5 sistemi ecologici, → contenuti
uno dentro l’altro e in reciproca relazione. Tali relazioni sono multidimensionali, multidirezionali e complesse.
Caratteristiche dei 5 sistemi:
• i microsistemi sono i setting dentro cui la persona vive e con cui è in diretto contatto (es:famiglia)
• i mesosistemi sono costituiti dalle interrelazioni tra i più importanti microsistemi che contengono l’individui
(interazioni tra famiglia, scuola e gruppo di pari)
• gli esosistemi sono quei setting sociali in cui l’individuo non ha un ruolo attivo e diretto ma che influenzano i suoi
microsistemi (es:governo)
• i macrosistemi rappresentano gli aspetti culturali (ideologie)
• i cronosistemi descrivono le condizioni storico-sociali il cui cambiamento nel tempo genera la rinegoziazione
delle norme sociali e della struttura istituzionale generale ➢ ad integrazione, a questi è stato aggiunto il sistema
ontogenico, che cattura la dinamica interna dell’individuo e che rappresenta il contenitore più interno I 6 sistemi
rappresentano quanto generalmente si intende per “contesto di vita”.

I due costrutti che si possono trasformare in strategie di intervento:


EMPORWEMENT
CAPABILITIES in relazione alla marginalità, specialmente alle persone senza fissa dimora
Negli ultimi anni, diversi e molteplici sono stati i modelli ad essere sorti, in alternativa a quello definito come
tradizionale.
Mentre in quest’ultimo si richiedeva agli utenti di compiere un percorso “a crescere”, sulla conquista di un livello al
successivo, la logica sembrerebbe rovesciarsi invece nel modello Housing First, grazie al quale l’ottenimento del
risultato (la casa) viene posta all’inizio dell’intervento, per proseguire con la ricostruzione del percorso di vita della
persona.
La casa non è considerata come qualcosa che la persona si deve meritare, non si attribuisce sul compimento di
diversi livelli ma nella prospettiva di rispecchiare un diritto fondamentale.
Non è considerata solo come base fisica (un tetto e delle mura) ma anche come base psicologica per ripartire:
intendendo con ciò che la casa sia la base identitaria da cui costruire tutte una serie di risorse con cui poter far
ricominciare la propria vita, La casa dà un senso di identità.
La casa da sé tuttavia non basta: nel programma Housing first abbiamo approccio all’intervento orientato alla
recovery: RECOVERY con esso da intendersi il processo di recupero, di cambiamento nello stile di vita, mirato a
promuovere il benessere globale della persona, ripristinando il senso di autostima e padronanza, e favorendo
l’integrazione nella comunità.
Un orientamento di questo tipo significa costruire un intervento basato sulle caratteristiche della persona, dunque
centrato sul suo percorso di vita e sui suoi bisogni, tenendo conto anche delle sue risorse .
Approccio che implica superare la logica
dell’assistenzialismo e mutare la rappresentazione che i
servizi e l’opinione pubblica hanno dell’utente.
Da una certa immagine dell’utente andremo a configuare
dei servizi ed interventi coerenti con essa. Dunque:

Promuovere l’empowerment nei confronti di persone senza fissa dimora significa riattivare nella persona la
percezione di AVERE: cose da cui sono state deprivate da tempo

Un altro modello teorico, molto importante, che viene sempre utilizzato nell’ambito dell’emarginalità, associato
storicamente a deificit e problematiche , è quello delle capabilities, dunque un Altro modo di guardare all’utenza .
Esso lavora per aumentare le opportunità di vita di una persona. L’biettivo dei programmi è quello di aumentare in
quantità e varietà l’opportunità di essere, di scelta e azione, che derivano tutte dall’interazione tra risorse, abilità
personali e ambiente sociale, politico ed economico.

Significa anche chiedersi


10 capabilities incluese in questo modello teorico, le due prime sono fondamentali

Cosa significa lavorare con lente di empowerment e approccio delle


capabilities all’interno di un intervento verso persone senza fissa dimora, cui si
mira verso la recovery?
Significa trasferire la possibilità di scelta e autodeterminazione all’interno dei
programmi di HF
Su cosa si può dare scelta? Nel programma di HF, se ci sono le risorse per farlo

Trattare le persone in questo modo manda messaggio molto importante e forte: l’operatore considera la persona in
grado di compiere determinate scelte. IN quest’ottica il soggetto non faràa altro che percepire ripercussioni positive
su di sé, come percezione di controllo e da lì , con ricadute ottime sulla sua salute fisica e mentale e l’intagrazione
nella comunità.
Ci sono poi delle caratteristiche generali che denotano quelle organizzazioni che promuovono empowerment e
capabilities

Altre carratteristiche ritenutte fondamentali purchè un’organizzazione sia abile nell’allargare le opportunità di vita
sono:
CAPITOLO 2: IL TERRITORIO. QUARTIERI E CITTÀ Cittadinanza attiva e partecipazione: community capacity building
Moro la cittadinanza attiva è la capacità dei cittadini di auto-organizzarsi in una molteplicità di forme → associative e
di agire nella sfera pubblica, esercitando potere e responsabilità. I poteri distintivi dell’attivismo civico sono, ad
esempio, il potere di produrre informazione e letture alternative della realtà, o il potere di affermare nuovi valori o di
far funzionare le istituzioni. Anche la partecipazione politica assume una varietà di forme, collocabili lungo un
continuum che va dal tenersi informati sugli eventi al ricoprire una carica pubblica. 3 forme di partecipazione
politica: • la presenza, ovvero un atteggiamento ricettivo • l’attivazione, ovvero la messa in atto di una serie di
comportamenti che vanno dalla totale delega alla totale presa in carico • la partecipazione, ovvero il coinvolgimento
dirette nelle decisioni politiche. La partecipazione richiede una certa costanza ed impegno che si protrae per lunghi
periodi. In assenza di questa caratteristica, è preferibile il termine mobilitazione. Tipi di partecipazione:
Partecipazione latente/invisibile coinvolgimento che si traduce in interesse, informazione e fiducia → verso la
politica (stampa, tv, internet).
Partecipazione manifesta/visibile atti concreti di coinvolgimento nella sfera politica, come il voto o la → militanza a
un partito.
Partecipazione convenzionale si realizza attraverso le istituzioni politiche. →
Partecipazione non convenzionale raggruppa le forme partecipative alternative a quelle istituzionali →
(manifestare in piazza, firmare petizioni,ecc).
Partecipazione strumentale ha come finalità quella di soddisfare interessi o ideali personali o collettivi. →
Partecipazione simbolica ha come fine l’espressione e l’affermazione di un’identità e rimanda a concetti → di
comunità e appartenenza.
COMMUNITY CAPACITY BUILDING: concetto che si riferisce alle strategie attraverso cui rafforzare le capacità delle
comunità territoriali di identificare le priorità e le opportunità e di lavorare per sostenere il cambiamento. Consiste
nel promuovere le "capacità" delle comunità locali di sviluppare, concretizzare e sostenere le proprie soluzioni ai
problemi. Proprietà di una comunità che ne costituiscono la capacità:
1. Il senso di comunità dei residenti. 2. L’impegno da parte di singoli individui, gruppi e organizzazioni. 3. I
meccanismi di problem solving che permettono di tradurre l’impegno in azione. 4. L’accesso alle risorse,
materiali, politiche o umane, necessarie per sostenere l’azione.
→ Nesso partecipazione-cittadinanza attiva-senso di comunità → L’attivazione dei cittadini è favorita dal verificarsi
di alcune condizioni, come: 1 la percezione del contesto di vita individuale e sociale in termini di bisogni da ascoltare
e di problemi da affrontare 2 la percezione che i cittadini hanno circa la possibilità che la loro azione possa
effettivamente incidere sulla situazione 3 la percezione di far parte di una comunità coesa, caratterizzata da
interazione e integrazione sociale, fiducia e supporto reciproco, sentimenti di appartenenza

“Community engagement”: rapporto tra senso di comunità e impegno attivo dei cittadini
Chavis, Wandersman → 3 motori della partecipazione potenziati o attivati dal senso di comunità:
1. Il modo con cui gli abitanti percepiscono il proprio quartiere, i suoi punti di forza e i suoi problemi . Questo
determina quanto essi siano soddisfatti di viverci.
2. Le relazioni di vicinato: se il loro senso di comunità è solito, è probabile che siano anche più inclini a rafforzare il
loro senso di connessione interpersonale.
3. La percezione di controllo sull’ambiente (locus of control) e di competenza, molto simile alla percezione di
autoefficacia, ossia di poter influenzare con le proprie azioni un qualche aspetto del quartiere. Locus of control:
variabile psicologica che indica la percezione che ciascun individuo ha della possibilità di controllare la propria vita,
dunque la convinzione che le azioni abbiano un peso nella direzione degli eventi.
Felicità, qualità della vita e benessere i tre termini sono contigui ma non sinonimi
→ Felicità Filosofia ed economia si sono interrogate sui fattori che contribuiscono alla felicità delle persone: Filosofia
richiamando la natura sociale della felicità, fondata su una valorizzazione dei legami e → della relazione con l’altro,
sulla cura dei beni relazionali Economia elaborando l’idea che il reddito e la crescita economica degli stati non sono
sufficienti → a garantire la felicità delle persone
Qualità della vita World Health Organization Quality of Life: “è la percezione soggettiva integrata di quattro aree:
salute fisica, benessere psicologico, relazioni sociali e ambiente”. Alla qualità della vita concorrono fattori tanto
oggettivi quanto soggettivi → Veenhoven: elabora una classificazione quadripartita,distinguendo tra le opportunità
che le persone hanno di condurre una buona vita e i risultati che ottengono. È la differenza tra potenzialità e
attualità, connesse tra loro informa non lineare. Veenhoven distingue anche tra qualità interne e qualità esterne,
ossia relative all’ambiente o alla persona. Sul piano delle
opportunità, la vivibilità dell’ambiente si riferisce alle
caratteristiche dell’ambiente che sono in grado di soddisfare i
bisogni e di garantire lo sviluppo delle capacità individuali. Le abilità (di vita) riguardano gli strumenti e le risorse
interne di cui i singoli individui dispongono per affrontare i problemi della vita e definiscono il potenziale adattivo. Sul
piano dei risultati, l’utilità (della vita) fa riferimento all’idea che una buona vita abbia un senso e un valore che
trascende il singolo individuo, trattandosi quindi di un giudizio esterno. La soddisfazione e l’apprezzamento (della
vita) è invece la valutazione interna e soggettiva di quanto raggiunto dall’individuo nel corso della sua esistenza.
Benessere: non si tratta della semplice assenza di un disturbo ma di uno stato globale derivante dal più generale
funzionamento della persona,, nei suoi aspetti interni e di relazione con il contesto.
Benessere soggettivo: è definito come la combinazione di sentimenti di soddisfazione per la propria vita
(componente cognitiva), sperimentazione di emozioni positive e ridotta frequenza di emozioni negative
(componente affettiva).
Benessere psicologico: è stato declinato in una prospettiva eudaimonica, la quale considera il benessere come la
realizzazione del potenziale umano presente in ogni individuo. L'eudemonia non è la semplice felicità, è la felicità
intesa come scopo della vita, e come fondamento dell'etica. Il benessere psicologico è qualcosa di più della felicità:
non tutti gli obiettivi cui una aspira sono forieri di benessere, anche se possono essere fonte di piacere. Il benessere
psicologico include 6 diversi aspetti dell’autorealizzazione personale (Keyes): 1. Un atteggiamento positivo nei
confronti di sé stessi e del proprio passato 2. La percezione di un processo di crescita continua di sé stessi come
persone 3. La convinzione che la propria esistenza abbia un senso e un significato 4. Il poter fruire di relazioni
interpersonali di qualità 5. La capacità di gestire efficacemente la propria vita e l’ambiente circostante 6. Un senso
di autodeterminazione
Benessere sociale: cattura la percezione soggettiva del funzionamento che le persone hanno di sé stesse nella
società. Si riferisce al rapporto che i singoli intrattengono con la comunità allargata, intesta come qualcosa di più e
di più complesso delle sole relazioni interpersonali. Ha 5 dimensioni: 1. Integrazione sociale: misura con cui le
persone sentono di appartenere alla propria comunità. 2. Accettazione sociale: pensare che gli altri siano degni di
fiducia. 3. Contributo sociale: percezione di poter offrire un contributo alla società. 4. Attuazione sociale:
valutazione dell’andamento complessivo della società, credere che possa essa possa evolvere positivamente. 5.
Coerenza sociale: valutazione dell’organizzazione e del funzionamento della società. → Alla qualità della vita e al
benessere concorrono: • fattori interni ( aspettative, bisogni, valutazioni, credenza, atteggiamenti, abilità) • fattori
contestuali (relazioni interpersonali, richieste, sfide e opportunità che i contesti offrono)
Quale ruolo hanno l’appartenenza e i legami comunitari nel produrre benessere?
Epidemiologia sociale dimostra che la coesione, il capitale sociale e le reti di relazioni sono molto → importanti nella
salute fisica e mentale delle popolazioni. Una quota rilevante del benessere è da ricercare in determinanti di tipo
sociale. Il senso di comunità, che esprime la qualità soggettiva della relazioni con un contesto in cui ci si riconosce, è
stato messo in relazione prevalentemente con il benessere soggettivo e solo di rado con il benessere sociale. Modelli
di integrazione socio-culturale
Multietnicità: coesistenza in uno stesso sistema sociale di soggetti con identità etniche diverse. Concetto
descrittivo. Multiculturalismo: si riferisce alle strategie politiche con cui si affrontano, o si dovrebbero affrontare, le
questioni connesse alle differenze etniche. Concetto normativo. Sul piano politico, il multiculturalismo si traduce
nella domanda di riconoscimento dell’appartenenza a un gruppo particolare, con una sua peculiarità culturale. I
principali modelli di integrazione socio-culturale sono di 4 tipi:
• Modello assimilazionista: di matrice etnocentrica. Prevede che i migranti debbano adattarsi alla cultura della
società che li ospita, conformandosi alle regola che governano i comportamenti nella sfera pubblica e relegando il
mantenimento della specificità culturale nella sfera privata. Nonostante sia stata respinta come modello normativo
di integrazione orientato a cancellare le differenze, essa rappresenta anche un processo sociale spontaneo nelle
interazioni tra maggioranza e minoranza.
• Modello di fusione o melting pot: prevede che le varie differenze dovrebbero mescolarsi fino a fondersi e dar vita
ad una società e ad una cultura omogenea, in cui le differenze originarie sono praticamente azzerate. Metafora del
mosaico: le differenze possono combinarsi mantenendo ciascuno le proprie qualità e caratteristiche.
• Modello multiculturalista o pluralista: fondandosi sulla valorizzazione dell’alterità, ammette la possibilità di una
coesistenza pacifica e armoniosa di culture diverse all’interno di una comunità nazionale, che dialoga con le singole
comunità riconoscendole lo status di interlocutori pubblici. La vita pubblica è così considerata come mediazione tra
gruppi differenti.
• Modello funzionalista/di istituzionalizzazione della precarietà: non prevede la possibilità di una piena
integrazione socio-culturale delle minoranze e tende a scoraggiarne lo stanziamento stabile e il radicamento sul
territorio. Vede gli immigrati come ospiti temporanei per ragioni utilitaristiche e strumentali (lavoro); possono
risiedere e lavorare nella società di accoglienze solo nella misura in cui il loro apporto è funzionale alla società.
Quali sfide affronta una persona migrante?
• Identità se si considera l’identità come la risultante dell’interrelazione di tre rapporti di → integrazione (spaziale-
temporale-sociale), ne consegue che trasferimenti forzati, emigrazione ed esili sono condizioni che minacciano tali
vincoli, inducendo uno stato temporaneo di disorganizzazione psichica.
• Processi di acculturazione I migranti si devono confrontare con contesti differenti e devono → affrontare:
cambiamenti comportamentali (indotti dall'apprendimento della cultura ospitante), i processi di trasformazione
dell’identità etnica e i meccanismi di identificazione culturale e le difficoltà di adattamento psicologico e
socioculturale al contesto di accoglienza. L’analisi del senso di comunità dei gruppi di migranti è stata finalizzata ad
approfondire le dinamiche dell’identità, i processi si acculturazione e l’impatto sul benessere psicologico il senso di
comunità → relativa al gruppo etnico di appartenenza mitiga gli effetti dello stress, facilitando il processo di
inserimento e migliorando lo stato psicologico globale. È importante, per i migranti, poter disporre di reti si relazioni
omogenee dal punto di vita etnico-culturale, che fungono da ponte verso l’integrazione nelle più ampie strutture
sociali del paese ospitante. Tali reti funzionano come setting di apprendimento, in cui i migranti possono sviluppare
competenze e rinegoziare la propria identità.
Le sfide per le società ospitanti
Il processo di acculturazione, bidirezionale, pone delle sfide anche alle società ospitanti. Esso infatti include tutti i
cambiamenti che avvengono in seguito al contatto tra individui e gruppi di culture diverse e si inserisce nel più
generale quadro delle relazioni tra gruppi sociali. Teoria dell’identità sociale e della categorizzazione del sé ci ricorda
che il processo di categorizzazione → del sé, alla base dello sviluppo dell’identità sociale, implica un
posizionamento sociale, cioè una relazione e un confronto con gli altri individui e gruppi. Ciò porta con sé un bias,
ovvero la tendenza a valutare positivamente il gruppo con cui ci si identifica e negativamente tutti gli altri. Questa
tendenza è giustificata dal bisogno di difendere l’immagine del gruppo dai processi di confronto sociale, proteggendo
così l’immagine di sé, e nei processi stessi di categorizzazione sociale. Sul piano cognitivo, la categorizzazione di sé e
degli altri come membri di gruppi (piuttosto che singoli individui) genera effetti di stereotipizzazione, spingendo gli
individui ad enfatizzare gli elementi che rendono i gruppi diversi gli uni dagli altri. Ripercuotendosi sul
comportamento, esso getta le basi per la formazione di un atteggiamento che consiste nel considerare il proprio
gruppo “migliore”. L’ostilità delle società ospitanti nei confronti dei gruppi etnici stanziatisi sul proprio territorio è
determinata dal fatto che essi attivano incontrollabili sentimenti di paura (di essere “contaminati”, di vedere crollare
i propri valori, una generale paura del cambiamento). Relazione col senso di comunità: • non c’è relazione tra senso
di comunità e pregiudizio per immigrati. • se aumenta eterogeneità etnica in un territorio il senso di comunità
degli abitanti tende a indebolirsi. → quando la diversità e la numerosità delle presenza straniere supera una certa
soglia, il mantenimento del senso di comunità sembra accompagnarsi ad un aumento delle tendenze di tipo
xenofobo. Relazione tra senso di comunità e accettazione del diverso
Elementi del senso di comunità che possono indurre il rifiuto della diversità:
• Dimensione di appartenenza: definisce i confini tra chi è membro della comunità e chi non lo è. Nel farlo
favorisce la coesione e lo stabilirsi di rapporti stretti e significativi, garantendo sicurezza psicologica ed emotiva
tendenza a dare valore ai gruppi e alle comunità che si percepiscono come → affini. Concetto di entitatività: chi
appartiene a un gruppo percepisce anche un’elevata similarità con gli altri membri, è la percezione che un aggregato
sociale abbia natura di entità.
• Conseguentemente, i processi di identificazione con l’ingroup favoriscono distorsioni cognitive che possono avere
effetti deleteri nella valutazione della diversità se si rafforza l’appartenenza, i confini → tendono a farsi rigidi e ad
essere utilizzati in forma difensiva o esclusiva. → Omofilia: orientamento a creare più frequentemente relazioni con
persone che si percepiscono come simili invece che dissimili. → Prossimità: inclinazione a formare più facilmente
relazioni con persone fisicamente vicine invece che lontane. Dialettica comunità-diversità
• Non sempre e non necessariamente i sentimenti di identificazione con il gruppo o con la comunità di
appartenenza si associano ad atteggiamenti negativi nei confronti degli outsider o dei diversi. Una “buona
comunità non è necessariamente una comunità che esclude.
• I sentimenti positivi che le persone sviluppano nei confronti del proprio gruppo tendono ad accompagnarsi ad
una parallela accettazione della diversità etnico-culturale. Nelle società che accolgono gli immigrati, un
atteggiamento favorevole al multiculturalismo si associa ad un giudizio più positivo nei confronti delle comunità
immigrate.valutazio

CAPITOLO 3: I LUOGHI DI APPRENDIMENTO Walk the talk: la scuola come comunità


La comunità-scuola viene definito come un oggetto poliedrico e unità sociale in costante mutamento. Il concetto di
comunità-scuola ha 3 dimensioni:
1. Relazionale è centrale, in quanto direttamente implicata dalla concezione dell’apprendimento → quale processo
sociale fondato sulla collaborazione e l’interscambio fra le persone. Ci sono 3 modi di declinare la dimensione
relazionale: 1. come bisogno fondamentale di affiliazione la comunità è la forma sociale base in → grado di
soddisfare il bisogno di appartenenza che motiva gli attori scolastici a costruire e mantenere un minimo di interazioni
positive e significative, soprattutto nell’età dello sviluppo. 2. come risorsa le relazioni supportive costituiscono una
risorsa che favorisce il → positivo adattamento all’ambiente e promuove il senso della scuola come comunità. 3.
come tessuto sociale che costruisce intorno al complesso delle pratiche condivise l’organizzazione scolastica si
configura come una comunità di pratiche, → dove le relazioni sociali prendono vita a partire dall’insieme delle
attività, dei modi di pensare, di agire e di comunicare condivisi dai suoi protagonisti, rafforzando l’adesione al
progetto formativo comune.
2. Partecipativa condivisione degli obiettivi e della vision va di pari passo con la presa in carico → attiva del
percorso formativo e/o lavorativo individuale. Questi, insieme, promuovono l’assunzione di responsabilità da parte
degli attori verso l’organizzazione scuola nel suo complesso, così come verso singoli membri o piccoli gruppi, anche
attraverso la partecipazione ai processi decisionali
3. Fisico-simbolica consente di identificare ogni singola scuola come un’unità sociale specifica e → differente dalle
altre. Coinvolgimento, collaborazione, pratiche comuni, valori, norme sociali e obiettivi condivisi sono caratteristiche
distintive della scuola come organizzazione e ne rappresentano i tratti culturali tipici. Le proprietà strutturali
contribuiscono ad alimentare l’idea della scuola come comunità.
Strike: richiama l’attenzione su due componenti principali della scuola-comunità: orientamento democratico
(promuove autonomia, libertà di scelta e partecipazione alle decisioni) e vision condivisa.
Strike: la comunità scolastica rispetta 4 condizioni principali:
1. Coesione degli attori intorno al progetto educativo. 2. Contatto diretto tra gli attori. 3. Cura e sostegno
reciproco da e verso tutti i protagonisti. 4. Coerenza fra il progetto condiviso e la sua traduzione pratica in
azioni comuni.
Il senso di comunità a scuola L’integrazione delle 3 dimensioni (relazionale, partecipativa e fisico-simbolica)
permette di pensare al senso di comunità scolastico come ad una trama psicologica e relazionale che mette in
rapporto individui e organizzazione. È un legame psicologico che connette attori alla scuola quale locus relazionale,
simbolico e fisico; è contesto-specifico e il modo di intenderlo è strettamente connesso al modo di intendere la
comunità a cui si riferisce (la scuola può essere vista anche come comunità dell’obbligo).

Royal, Rossi l’organizzazione scolastica è concepita come un setting che favorisce l’interazione sociale → e lo
strutturarsi dei legami sociali fra gli attori, sicché essa diventa un’esperienza stabile e supportiva che alimenta il
senso di comunità. Modello del senso di comunitàs colastico di Royal e Rossi:
Il senso di comunità scolastico è prima di tutto un’esperienza relazionale e si riferisce alla risonanza psicologica che
la scuola, come esperienza interattiva e sociale, ha per le persone (Bateman). Il senso di comunità scolastico si
tipizza infatti anche in relazione ai protagonisti dell'esperienza scolastica (studentiprofessori): dimora nelle relazioni
fra gli attori. L'analisi privilegiata infatti è l'interazione che interconnette i docenti agli studenti e gli studenti ai
docenti, nonché gli studenti fra loro.
Clima scolastico: si riferisce all'insieme delle condizioni che rendono la scuola un contesto in grado di favorire lo
sviluppo e l'adattamento positivo dei suoi membri. Interseca diversi aspetti: • percezione di sicurezza • processi di
insegnamento e di apprendimento efficaci • relazioni interpersonali: qualità e solidità delle interazioni. Trova qui
la sua dimensione più significativa → guardare il modo in cui i docenti si relazionano agli studenti e gli studenti
all'ambiente scolastico, agli insegnati e fra loro, permette di raccogliere informazioni sul tipo di clima che le
caratterizza. Poiché è attraverso le relazioni e le interazioni che il senso di comunità si forma e cresce, questo può
essere inteso come una misura del clima o della "personalità" della scuola. Infatti, la scuola con uno sviluppato
senso di comunità si distingue per un sistema relazionale etico orientato alla cura e al sostegno reciproco il →
senso di comunità diviene una caratteristica della comunità piuttosto che degli individui: se docenti e studenti
valutano le reciproche relazioni come giuste, si sentono sostenuti e trovano conforto nelle interazioni con gli atri,
allora la scuola si contraddistingue per alti livelli di senso di comunità.
Gli studenti Per il senso di comunità degli studenti appaiono centrali: • il bisogno di affiliazione, che motiva a
construire reti di relazioni • i bisogni di autonomia e di competenza, che inducono a differenziarsi e a preservare
un'immagine positiva di sé stessi. Una comunità scolastica è funzionale alla crescita dei giovani quando si configura
come un luogo dove le relazioni interpersonali sono orientate alla cura, promuove il coinvolgimento, la
partecipazione ai processi decisionali e la convergenza verso un insieme comuni di valori, obiettivi e norme. Elementi
in grado di promuvere il senso di comunità: • fiducia reciproca • rispetto • senso di sicurezza, sia fisica che emotiva,
da parte dei pari e degli adulti significativi • coinvolgimento in attività strutturate all'interno della scuola (senso di
partecipazione) i contesti → che incoraggiano il protagonismo dei giovani sono luoghi sociali dove essi hanno modo
di sentirsi importanti, riconosciuti e stimolati dagli adulti. Cioò fa accrescere la fiducia in loro stessi e il sentimento di
rispetto e solidarietà.
I docenti 2 modi di considerare il senso di comunità dei docenti, a seconda della comunià di riferimento
1. la scuola → adotta una prospettiva macro e guarda al legame positivo che interconnette gli insegnanti alla
comunità scolastica nella sua globalità. Mette sullo stesso piano le relazioni fra i veri membri della comunità,
interrogandosi sulla loro capacità di promuovere o ostacolare il senso di comunità degli insegnanti.
2. il gruppo di professionisti che operano al suo interno q adotta una prospettiva → micro e guarda alle connessioni
positive fra i docenti che formano la comunità professionale, oltre che al modo in cui questa microappartenenza
possa favorire la comunità scolastica più ampia. Modello di senso di comunità relativo al gruppo degli insegnanti
articolato in 5 dimensioni: • Identità di gruppo • Repertorio interattivo condiviso • Ambito condivido, il “fare scuola”
come un’impresa condivisa • Sicurezza emotiva e tolleranza delle differenze individuali • Relazioni significative che si
fanno veicolo di cura e sostegno In generale, l'organizzazione scolastica è risultata uno degli elementi che più
significativamente rinforza il senso di comunità degli insegnanti. È importante perciò che all'interno della scuola
vengano previsti incontri in cui ogni insegnante possa condivididere il proprio contributo. La → cooperazione
rappresenta un processo di riflessione e discussione che ha ad oggetto i valori, le norme, i traguardi e il modo di
concepire l'organizzazione. I docenti non cooperano solo per affrontare uno specifico problema ma anche per
trovare un'intesa sugli obiettivi da conseguire e sul come raggiungerli. Solo così la collabolazione si fa strumento di
promozione del rispetto, della fiducia e del senso di respondabilità nei confronti della comunità.
La comunità universitaria
La comunità universitaria viene considerata un caso particolare di comunità di interessi, in quanto:
• comunità di interessi perchè spinge i giovani ad affiliarsi in base a uno scopo comune, ovvero realizzare le proprio
aspirazioni professionali
• caso particolare perchè è a scelta parzialmente svincolata, poichè gli studenti, principalmente spinti dalle proprie
ambizioni, devono raffrontarsi con una serie di fattori quali la disponibilità dei posti o la sede geografica
• caso particolare perchè le comunità universitarie sono dotate di struttura fisica oltre che sociale, il che le ancora
ad un contesto territoriale specifico.
Benessere a scuola Concorrono 2 prospettive di analisi della comunità scolastica:
• Social community: rimanda al senso della scuola come comunità e concerne principalmente la sua tenuta
connettiva, focalizzandosi sugli aspetti psicologici del contesto che rimandano ai sentimenti di coesione, fiducia,
sicurezza, interdipendenza e scambio sociale fra i membri.
• Learning community: ha a che fare con la consapevolezza degli attori che le proprie aspettative e i propri
obiettivi sono sostenuti dall'appartenenza alla comunità scolastica.
Livello sistemico → Prospettiva macrosistemica il senso di comunità si configura come il barometro → che misura la
salute della comunità scolastica. Questa prospettiva guarda al senso di comunità come a una caratteristica della
scuola e presta attenzione al modo in cui esso contribuisce a renderla un contestoglobalmente sano. Secondo
quest'ottica gli elementi che maggiormente qualificano un ambiente scolastico sono: il clima democratico, la cultura
dell'organizzazione, la qualità del tessuto relazionale, la configurazione dell'impianto burocratico.
Livello individuale →Prospettiva centrata sull'individuo guarda al modo in cui il senso di comunità si → lega ai vissuti
soggettivi di studenti e docenti promuovendone lo sviluppo e l'adattamento al constesto scuola, nonchè
disinnescando meccanismi psicologici e esiti comportamentali disfunzionali.
Empowerment dei docenti
Per quanto riguarda l'empowerment dei docenti si pone attenzione su due fattori:
• la relazione col dirigente scolastico stile di → leadership empowering del dirigente scolastico: egli assegna
incarichi di responsabilità ai docenti e li coinvolge nella definizione dei programmi e nelle decisioni che riguardano
la scuola. Così facendo il dirigente rinvigorisce la motivazione dei docenti, riduce il conflitto interpersonale e aumenta
la soddisfazione personale, sostenendo la consapevolezza che il contributo personale alla comunità scolastica sia
significativo. Moye, colleghi: concezione multidimensionale dell'empowerment dei docenti, declinata secondo 4
fattori: 1. consapevolezza che il proprio lavoro abbia uno scopo 2. senso di autoefficacia 3. percezione di avere
libertà di scelta nello svolgimento delle attività lavorative 4. consapevolezza di influire sul raggiungimento dei
risultati Ci sono 2 modi di intendere l'empowerment dei docenti: ✔ politico: inerente all'equità delle relazioni di
potere; maggiormente implicato dalla struttura burocratica e dall'assetto organizzativo della scuola. ✔
epistemologico: inerente alla scuola come ambiente educativo si focalizza sugli aspetti connessi all'insegnamento e
alla conoscenza.
• la configurazione dell'assetto burocratico della scuola → impianto burocratico di tipo enabling: gli elementi
caratterizzanti sono la condivisione e il meccanismo della delega dei compiti e delle funzioni da parte del dirigente
agli insegnanti. Esso dota l'organizzazione scolastica di una struttura flessibile e cooperativa. Si contraddistingue per
la chiarezza delle regole, i processi decisionali inclusivi e la solidarietà come criterio di lavoro e di regolazione dei
rapporti professionali. Rende gli insegnanti collettivamente responsabili del benessere della comunità scolastica,
della mission istituzionale e dello sviluppo e dell'adattamento positivo degli studenti.
Approccio capacitante; Martha Nussbaum, Amartya Sen "Cosa può fare ed essere ciascuna persona?"
l'approccio capacitante getta luce sui ruoli sociali, sulle → attività e sui comportamenti c,he ciasun individuo sceglie
liberamente e realisticamente di assumere e porre in essere compatibilmente con le condizioni contestuali. Esiste un
set di 10 capacità centrali che rappresentano le condizioni di base imprescendibili per lo sviluppo di ognuno,
integrati in 3 macroambiti:
1. Integrità degli individui → comprende: - Life: la possibilità di vivere una vita mediamente lunga e di non morire
prematuramente. - Bodily health, ovvero la tutela della salute fisica (sana alimentazione, possibilità di ricevere cure,
ambiente sano) - Bodily integrity, ovvero la tutela dell'integrità fisica, cioè l'opportunità di muoversi in sicurezza al
riparo da violenze e abusi.
2. Sano sviluppo emotivo, emotivo e relazionale comprende: → - Sense, imagination and thought: possibilità di
potersi esprimere e sviluppare le proprie abilità cognitive e l'intelletto - Ragion pratica: possibilità di partecipare ad
attività di tipo politico/religioso, poter esprimere la propria opinione sulle società e impegnarsi a livello
sociale/politico. Ciò consente di pianificare il proprio futuro e di perseguire le aspirazioni personali - Emotions
(sentimenti): capacità di stabilire un positivo attaccamento alle persone e di sperimentare una vita emotivamente
piena
3. Capacità di tipo sociale → comprende: - Affiliation: capacità di interagire con gli altri e possibilità di sentirsi parte
dell'ambiente, sviluppando relazioni sociali coi membri della comunità. - Other species: stabilire relazioni rispettose
ed estranee da ogni forma di discriminazioni anche con altre specie viventi (animale domestico). - Play: capacità di
divertirsi e avere momenti di svago - Controllo sull'ambiente fisico e sociale: capacità di relazionarsi proficuamente
all'ambiente circostante esercitando un controllo attivo su si esso attraverso la politica, il lavoro, ecc.
Caratteristiche strutturali e organizzative del contesto sociale capacitante: • presenza di una leadership stimolante •
sistema di valori basato sulla promozione dei punti di forza • trama relazionale orientata al supporto reciproco •
presenza di occasioni di rivestire ruoli significativi
La comunità scolastica come contesto educativo sociale capacitante può fungere da attivatore delle → capacità
individuali garantendo le condizioni minime per coltivare l'autonomia, per svolgere attività e rivestire ruoli di
rilevanza sociale in sintonia con il complesso delle attitudini, aspirazioni e qualità personali. Esempio:
Leadership stimolante assetto burocratico enabling →
Relatizioni supportive comunità scolastica come social community →
→ Il senso di comunità può fungere da indicatore della valenza capacitante della comunità scolastica e come
indicatore delle capacità tanto a livello individuale quanto a livello del setting scolastico. Il senso di comunità
scolastico contribuisce a rendere la scuola un ambiente sociale e di apprendimento sicuro, costituendo un fattore
di protezione contro a bullismo, condotte aggressive, vittimizzazione o consumo di sostanze stupefacenti (per gli
alunni) e di burnout o assenteismo (per i docenti). La partecipazione rappresenta una delle componenti che
stimola maggiormente il senso della scuola come comunità. Un assetto organizzativo e burocratico che abilita al
protagonismo e stimola la comunicazione aperta è un aspetto centrale del senso di comunità di studenti e docenti,
in quanto accresce la percezione che l'ambiente scolastico sia democratico e supportivo. → Agire sui CONTESTI per
promuovere capacità.

CAPITOLO 4: IL MONDO DEL LAVORO E DELLE ORGANIZZAZIONI


Importanza di alimentare legami basasti sulla fiducia e sull'inclusione sociale nelle e tra le organizzazioni. →
Responsabilità sociale d'impresa: capacità delle imprese di preoccuparsi e occuparsi volotariamente di questioni
sociali ed ecologiche nello svolgimento di operazioni commerciali e aziendali con gli stakeholder, ossia i portatori
d'interesse. Le ORGANIZZAZIONI sono chiamate ad integrare simultaneamente: • dimensione economica (business)
• dimensione ambientale (salvaguardia dell'ambiente) • dimensione sociale (reti di stakeholder) questa evoca
dinamiche relazionali di inclusione, → appartenenza, fiducia, cooperazione, equità di opportunità e cittadinanza
attiva. Queste dimensioni rendono le organizzioni comunità di relazioni solidali, orientate alla costruzione di reti
sociali inclusive e alla promozione del benessere attraverso una consapevole realizzazione di pratiche organizzative
socialemnte responsabili. Il concetto di COMUNITÀ ORGANIZZATIVA può essere descritto posizionandolo
simbolicamente sul continuum contesto-iterazione. Con riferimento al contesto, il concetto di comunità
organizzative è stato descritto facendo riferimento alla natura contesto-specifica del locus organizzativo,
riconoscendo gradualmente la rilevanza della dimensione relazionale dell'essere parte dell'organizzazione. Dopo di
che, è stata rilevata l'importanza di vedere nella comunità organizzativa una struttura di mediazione tra istituzioni,
individui e comunità più ampia. Con riferimento all'interazione, il concetto di organizzazione come comunità è stato
teorizzato dal paradigma della "comunità di pratiche" (community of practice), descritto da tre dimensioni tra loro
strettamente integrate: impegno reciproco, impresa comune e repertorio condiviso. L'impegno reciproco in cui
sono coinvolti i membri dell'organizzazione determina l'appartenenza a una comunità organizzativa e il suo stesso
mantenimento. La reciprocità dell'impegno dei membri è da intendersi come un insieme di traiettorie di
partecipazione diverse e complementari alle pratiche, orientate a raggiungere un obiettivo comune. I. L'impresa
comune sottolinea la dimensione negoziale dalla pratica. I processi di negoziazione tra le persone fanno emergere
gli obiettivi condivisi della comunità, che si sostanziano attraverso responsabilità reciproche agite e condivise. Il
repertorio condiviso sintetizza i processi collettivi di costruzione dei significati negoziati e condivisi nella comunità.
→ Ogni organizzazione è una costellazione di comunità di pratiche, in cui i membri esperiscono appartenenze
multiple che ridefiniscono le loro identità professionali e personali. (Wengerm, McDermott). Le organizzazioni sono
luoghi in cui gli individui, o attivando processi di identificazione consapevole o (non) partecipando alle sue pratiche
socio-culturali, sviluppano appartenenze (o non) rilevanti per la definizione della loro identità sociale e per lo
sviluppo di dinamiche tra gruppi e comunità. Intendere le organizzazioni come comunità invita a ripensare al ruolo
strategico che possono avere le appartenenze nei contesti organizzativi. Comprendere quale possa essere il
potenziale del senso di comunità per le organizzazioni diviene, dunque, essenziale per individuare strategie
manageriali innovative, che sappiano valorizzare la complessità sociale degli attuali scenari organizzativi. Dimensioni
e definizioni del senso di comunità psicologico in contesti lavorativi:
• MODELLO PSCW (Psychological Sense of Community at Work) di Burroughs e Eby, 1998. Le caratteristiche
individuali dei dipendenti e la loro percezione di aver stretto con l'azienza un contratto psicologico significativo
hanno un impatto positivo sul senso di comunità organizzativo.
• MODELLO COSOC (Community Organization Sense of Community) di Hughey, Speer, Peterson, 1999. Il modello
propone una visione delle organizzazioni come comunità ponendo il focus più sulla dimensione collettiva che sulla
dimensione individuale. L’organizzazione svolga una funzione di mediazione tra l’individuo e la comunità
territoriale. Il modello spiega le dinamiche in riferimento a processi di connessione intraorganizzativa e extra-
organizzativa.
• MODELLO SOC-R (Sense of Community Responsability) di Boyd e Nowell, 2010. Il presupposto è che il senso di
comunità sia un costrutto multidimensionale che cattura, da un lato, la credenza degli individui che la comunità
possa essere una risorsa attraverso cui soddisfare bisogno psicologici e fisici; dall'altro, che sintetizza il sentimento
di responsabilità che gli individui provano nei confronti del benessere della comunità.
Negli studi di McMillan e Chavis :
• L’appartenenza si riferisce al sentimento di appartenenza percepito nei confronti del vicinato, quartiere, paese,
città. Nel contesto organizzativo, l’appartenenza si riferisce al sentimento di essere parte di specifici collettivi come
team di lavoro, dipartimenti, o organizzazione più ampia.
• L’influenza è la percezione degli individui di avere voce in capitolo nel determinare l’evoluzione e il cambiamento
della comunità di riferimento e l’apertura verso gli altri membri della comunità. Nel contesto organizzativo,
l’influenza è la capacità percepita da dipendenti e menager di poter esprimere la propria opinione sia nei processi
decisionali sia nello sviluppo di piani organizzativi strategici, e di essere aperti ad accogliere l’intervento di altri.
• La connessione emotiva condivisa si riferisce al legame emotivo tra i membri della stessa comunità. Nel contesto
organizzativo, i dipendenti si sentono emotivamente connessi partecipando alle pratiche e al vissuto della
comunità organizzativa.
• La responsabilità, nelle comunità territoriale fa riferimento al benessere dei vicini del quartiere. Nel contesto
organizzativo, i dipendenti percepiscono un senso di responsabilità per le attività collaborative di lavoro, di
supporto emotivo o orientato al compito, per il successo e il benessere dell’intera organizzazione.
Queste teorie ci orientano nel riconoscere il SENSO DI COMUNITÀ ORGANIZZATIVO come un costrutto
multidimensionale e contesto-specifico, capace di catturare dimensioni individuali e relazionali del setting
organizzativo e di sintetizzare: • la risposta della comunità ad esigenze personali dei membri dell’organizzazione
(senso di comunità come risorsa) • la responsabilità consapevole dei membri, orientati proattivamente a
supportare il benessere dell’organizzazione stessa (senso di comunità organizzativo come responsabilità)
Due relazioni importanti tra SENSO DI COMUNITÀ ORGANIZZATIVO e:
➢ Il benessere psicologico nei luoghi di lavoro il rapporto del senso di comunità con il benessere → psicologico è
intrinsicamente radicato nel significato che si attribuisce al senso di comunità: esso si caratterizza nello spazio della
relazione tra individui e comunità, laddove la comunità è in grado di soddisfare i bisogni psicofisiologici di un
individuo, che si traducono in maggiore benessere psicologico. - Le percezioni psicologiche associate alle attività
lavorative (es: chiara identificazione dei compiti lavorativi, percezione di autonomia, ecc) sono un fattore
determinante della soddisfazione lavorativa. - La soddisfazione lavorativa è influenzatra dalla percezione dei
dipendenti di vivere in un contesto di lavoro sfidante e stimolate.
➢ I comportamenti di cittadinanza organizzativa -Cittadinanza organizzativa: coinvolgimento proattivo nella vita
della comunità; insieme di comportamenti di lealtà, virtù civica, altruismo e cortesia. Se si pensa che i
comportamenti di cittadinanza organizzativa, così come la responsabilità sociale d’impresa, sono correlati con le
prestazioni dei dipendenti e il tempo di permanenza in azienda, esplorare in che modo il senso di comunità
organizzativo possa accrescere la conoscenza dei processi organizzativi può rappresentare un valore aggiunto per il
management delle organizzazioni profit. → Tramite senso di responsabilità: i dipendenti tendono ad essere più
coinvolti in pratiche organizzative socialmente responsabili → Percepire l’impresa come socialmente responsabile
influenza i comportamenti dei dipendenti, orientandoli ad agire in modo sostenibile
Implicazioni pratiche per il management
L’uso strategico del senso di comunità organizzativo può applicarsi a differenti aree di gestione delle organizzazioni,
quali gestione del cambiamento, reti organizzative, politiche e strategie aziendali, comportamento organizzativo,
studi di genere e gestione della diversità nei contesti aziendali.
• Kreijns, Kirschner, Jochems (2003): il senso di appartenenza, creatosi in comunità di pratiche favorevoli ad attivare
dinamiche di apprendimento collaborativo può influenzare positivamente la capacità di generare idee alternative e
di mettere in atto strategie di problem solving efficaci.
• D’Aprile, Mannarini, Simons (2011): il senso di comunità può prevenire fenomeni come il “pensiero di gruppo” o
groupthink [si riferisce al modo di pensare che i membri di un gruppo fanno proprio quando ritengono che consenso e
giudizio unanime del gruppo siano più importanti della proposizione e valutazione di nuove idee]. Il senso di comunità
potrebbe avere un duplice ruolo: 1. potrebbe supportare i processi di coesione sociale all’interno del team o
dell’organizzazione; 2. potrebbe stimolare collaborazione, condivisione dei processi decisionali, di comunicazione,
importanti per la creazione di idee innovative, e lo sviluppo di comunità organizzative che costruiscono conoscenza.
Il senso di comunità può avere implicazioni nella creazione e nel mantenimento di network organizzativi con gli
stakeholder (portatori di interessi nell’azienda). Evidenze empiriche supportano l’idea che il senso di comunità
organizzativo gioca un ruolo strategico nello sviluppo di network sociali sostenibili:
• Foster-Fishman, Berkowitz, Lounsbury (2001): hanno sostenuto l’importanza sia del senso di appartenenza sia
dell’efficacia collettiva per accrescere la collaborazione.
• Allee (2000, 2008): gli studi sulla gestione e sulla configurazione di reti organizzative di valore (value network)
hanno evidenziato il ruolo del senso di comunità organizzativo. Ha messo anche in evidenza che il senso di comunità
può essere considerato una risorsa intangibile utile per definire alleanze strategiche tra organizzazioni e
stakeholder. Un ruolo rilevante può essere ricoperto dal senso di comunità nella definizione delle politiche e delle
strategie aziendali. Lo sviluppo del senso di comunità potrebbe essere un importante obiettivo organizzativo da
raggiungere qualora dinamiche cognitive, emotive e relazionali del senso di appartenenza possono in qualche modo
incidere su fatturato, assenteismo, produttività e profitto: • Mulroy, Lauber (2002): se i manager aziendali dovessero
rilevare che il senso di comunità fosse negativamente correlato con l’assenteismo, potrebbero prendere in
considerazione l’attuazione di interventi di costruzione di comunità (community building strategy). • D’Aprile, Talò
(2014, 2015) e D’Aprile, Loperfido, Talò (2014): il senso di comunità organizzativo potrebbe avere un ruolo rilevante
nel funzionamento organizzativo generale, per esempio nel rafforzare il commitment organizzativo dei dipendenti. •
Meyer, Stanley, Herscovitch (2002): tutto ciò può ridurre il turnover e sostenere la produttività aziendale.
Nell’ambito dei comportamenti organizzativi, i manager si concentrano su aspetti individuali e su caratteristiche del
gruppo di lavoro: il senso di comunità sembra essere una variabile in grado di predire o influenzare leadership,
coesione di squadra (team coesion) e motivazione. • Il management aziendale potrebbe incentivare lo sviluppo
della propensione a sviluppare senso di comunità progettando piani formativi aziendali specifici. • Magoshi, Chang
(2009): nell’ambito della gestione delle diversità in azienda (diversity management), il senso di comunità può
rappresentare un valore aggiunto di grande rilevanza, nel caso in cui la vicinanza con persone di genere,
orientamento sessuale, etnie e religioni diverse creasse conflitti capaci di interferire con le prestazioni lavorative. Il
senso di comunità organizzativo può esprimere l’appartenenza all’organizzazione come insieme sovraordinato alle
specifiche sub-appartenenze. • Gaertner, Dovidio (2000): lo spazio lavorativo potrebbe essere il luogo in cui il senso
di comunità potrebbe supportare la definizione di un’identità comune di gruppo (common ingroup identity). I
manager potrebbero valutare anche percorsi per step: 1. promuovere prima lo sviluppo di appartenenza in comunità
di pratiche specifiche per poi estenderli gradualmente all’intera organizzazione, così da intensificare le possibilità di
contatto focalizzate sul raggiungimento di un obiettivo; 2. promuovere processi di valutazione che tengano conto
dell’inclusione sociale come indicatore di prestazione efficace del team.

CAPITOLO 5: L'UNIVERSO 2.0


Grazie alle tecnologie digitali, le persone possono interagire sempre di più sulla base di interessi e obiettivi comuni,
indipendetemente dalla loro ubicazione. Negli ultimi anni, c'è stato un crescente interesse per il ruolo svolto dalle
comunità virtuali nell'incrementare il capitale sociale, inteso come l'insieme di risorse, reali o virtuali, accessibili
tramite connessioni sociali dirette e indirette.
Putman, 2000 → sostiene la tesi del "declino della comunità": concentrandosi sull'analisi dei trend di partecipazione
a club e organizzazioni d'impregno civico e sociale, rileva una riduzione complessiva dei livelli di coinvolgimento.
Dopo di che Putman aggiungerà che le giovani generazioni di oggi non sono meno impegnate rispetto ai loro
predecessori, ma lo sono in forme nuove La lotta per le cause sociali → è una delle principali forme di partecipazione
nelle comunità online, con l'81% dei membri dei gruppi online coinvolti in questo tipo di attivismo (Pierce,
Boekelheide). Putnam stesso suggerisce che internet può offrire potenzialità sia positive che negative per
l'espansione del capitale sociale e per le capacità delle persone di fare comunità.
Rapporto interazioni reali e virtuali → Etzioni: una corretta combinazione di interazioni faccia-a-faccia e interazioni
online permette di soddisfare un maggior numero di esigenze di una comunità rispetto alla separazione netta delle
due forme. La sovrapposizione di interazioni reali e online innescherebbe un processo virtuoso di arricchimento e
crescita personale e sociale. Le interazioni online, riducendo drasticamente i costi connessi ala distanza e al tempo,
permettono alle persone di scambiare più punti di vista e di allargare la personale visione dei problemi quas costo 0.
La comunità virtuale Definizioni:
• Howard Rheingold: la comunità virtuale è un'aggregazione sociale che emerge dalla rete quando un numero
sufficiente di persone porta avanti una discussione pubblica per sufficiente tempo, con altrettanti sentimenti umani,
creando ragnatele di relazioni personali nel cyberspazio. • Gruppo di persone che instaura interazioni online many-
to-many. • Gruppo di utenti uniti da un interesse comune.ù Le definizioni di comunità virtuale possono essere:
➢ allargate: insistono sulla forma dell'interazione
➢ ristrette: pongono l'accento anche sugli obiettivi dell'interazione. seguendo le definizioni → ristrette, possiamo
identificare 4 ASPETTI BASILARI che descrivono una comunità virtuale:
Similarità→ somiglianza tra i membri in termini di interessi, esperienze, tratti geografici.
Interattività→ include 2 tipi di interazioni, quella tra il gestore del sistemi e i membri, e quella tra i membri .
Continuità→ le interazioni devono continuare per un certo periodo di tempo.
Cyberspazio→ comprende tutti gli aspetti del mondo online.
I forum di discussione, i blog e i wiki hanno delle proprietà comuni: • incoraggiano la collaborazione tra persone
dislocate in luoghi e fusi orari diversi • creano una registrazione non volatile delle discussioni, consentendo alle
conoscenze condivise di restare consultabili nel tempo • permettono l'organizzazione della conoscenza, attraverso
il thread (discussione tra due o più utenti strutturata in una sequenza di domande e risposte).
Differenze I forum di discussione coinvolgono gli utenti in un processo di domande e risposte. I blog → incoraggiano
commenti e una narrazione in prima persona. I wiki si concentrano sullo scambio incrementale delle conoscenze e la
partecipazione multi-utente, che li rende delle comunità open source.
Cosa trasforma un gruppo online in una comunità virtuale?
Si distingue fra: • Insediamenti virtuali: quando alcune misure oggettive d'interazione via computer (es: numero di
messaggi, la proporzione di membri attivi, ecc) superano alcune soglie base • Comunità virtuali: insediamenti virtuali
in cui i membri sviluppano legami affettivi
Chi si è in una comunità virtuale: le trasformazioni dell'identità \
2 livelli in cui si sviluppa l'identità: 1. Identità di gruppo: il sentimento di appartenenza ad un gruppo. A sua volta,
questa ha 2 livelli:
1. Uno super-ordinato, l'identià sociale. Le identità sovraordinate coinvolgono i gruppi che condividono
specifiche caratteristiche socio-demografiche, le identità legate a degli hobby o interessi o anche le identità
connesse all'essere portatori di problemi di salute o all'essere parenti di persone malate. Per le comunità
virtuali, l'identità sovraordinata è data dall'identità professionale dei loro membri. Questa identità è
definita come l'insieme delle caratteristiche centrali e distintive che le persone usano per definire se stessi
nell'ambito lavorativo. La caratteristica distintiva dei gruppi super-ordinati è che generalmente
interagiscono poco con gli altri gruppi super-ordinati. 2
2. . Uno sub-ordinato, l'identità di gruppo vera e propria. Le identità sub-ordinate sono legate a gruppi
specifici in cui i membri interagiscono tra loro. Possono essere basati intorno agli stessi gruppi super-
ordinati, ma questi gruppi interagiscono maggiormente tra di loro. L'identità sub-ordinata è collegata a un
particolare gruppo interattivo anche se è probabilmente correlata all'identità superordinata. I gruppi
basati su un'identità subordinata sono più coesi e durevoli e facilitano la co-costruzione di norme e di
comportamenti condivisi che sono componenti molto importanti del senso di comunità virtuale. 2. Identità
personale: la capacità di riconoscersi e sentirsi riconosciuti dagli altri membri del gruppo. Nell'uso non
professionale della rete, l'identità viene spesso nascosta dietro uno pseudoimo o nickname. Se da un lato,
queste identità-altre garantiscono protezione e impersonalità, dall'altro fanno cadere ogni collegamento con
la realtà fisica del soggetto. In questo modo i memebri possono volutamente estremizzare un'opinione o la
loro reazione ai fatti per ottenere un particolare riconoscimento. Quando un individuo si sente "accettato"
sviluppo un senso di appartenenza maggiore. Una variabile che può influenzare il tipo d'identità che un
membro si andrà a costruire in un gruppo online sono le norme di quel gruppo: - le norme informali
forniscono ai membri le regole implicite di comportamento: tanto più i membri rispettano le norme, tanto più
il loro legame con la comunità aumenta. Più un membro rispetta il gruppo e se ne sente parte attiva, meno
erige un'identità di sè deformata ed estrema. - le norme formali possono spingere verso un eccesso di
informazioni personali. In queste comunità virtuali i membri possono impeganrsi in livelli di auto-rivelazione
ben superiori a quelli dei gruppi faccia-a-faccia e possono richiedere molte informazioni agli altri membri
del gruppo. Qui il ruolo dell'identià si lega strettamente al livello di fiducia che i membri instaurano tra loro e
con il sito web che li ospita.
TEORIE
SID (Social Identity Theory) Quando c'è un buon livello di fiducia nel gruppo, aumenta il livello di → identificazione
allo stesso modo sia nei gruppi faccia-a-faccia sia nelle piattaforme web.
SIDE (Social Identity Model of Deindividuation Effects) un aumento di informazioni identitarie porta a → una
diminuizione di interazioni positive con il gruppo e di fiducia. L'anonimato cambia la rilevanza relativa all'identità
personale rispetto a quella sociale e può avere quindi un effetto profondo sul comportamento di gruppo. Indica che
la presenza di qualsiasi informazione individuale nei gruppi online fa aumentare il peso soggettivo dell'identità
individuale a scapito dell'identità sociale, indebolendo così la coesione di gruppo. →In ogni caso, creare la propria
identità online e ritenere che gli altri l’abbiano recepita correttamente ha un effetto significativo sulla soddisfazione
del gruppo.
TEORIA DELLO SCAMBIO SOCIALE→ prospettiva psicologica e sociologica che spiega il cambiamento e la stabilità
sociale come un processo di scambio negoziato tra le parti. Presuppone che le relazioni umane siano formate da
un'analisi soggettiva costi-benefici e da un confronto delle alternative possibili. Sostiene che l'attaccamento
affettivo delle persone è determinato dall'entità con cui si condivide il supporto. Se lo scambio è diadico,
l'attaccamento rimane tra i due partner. Se lo scmabio avviene indirettamente, all'interno di un gruppo o di
un'organizzazione, l'attaccamento è verso il gruppo o l'organizzazione stessa.
Il senso di comunità virtuale
• "il sentimento di adesione, appartenenza, identificazione e attaccamento ad un gruppo che interagisce
principalmente attraverso la comunicazione elettronica" Il senso di comunità virtuale misura la communityness dei
gruppi e distingue le comunità dagli altri tipi di conglomerati virtuali.
MODELLO DI KOH E KIM, 2010 il senso di comunità psicologice può essere ridotto, all'interno di → comunità
virtuali, a tre caratteristiche chiave: • appartenenza: sentimento di sentirsi parte della comunità virtuale • influenza:
sentire che i membri influenzano gli altri membri o l'intera comunità • immersione: lo stato di flow (stato psicologico
associato ad alti livelli di prestazione, l'esecutore è totalmente assorbito da ciò che sta facendo) durante la
navigazione nella comunità virtuale.
MODELLO DI TONTERI E COLLEGHI, 2011 descrivono il senso di comunità virtuale come "human → experience of a
community feeling in a virtual environment". Lo delinea in 5 dimensioni: 1. il senso di appartenenza e la percezione
dei propri diritti e doveri nella comunità 2. la percezione di influenza nella comunità e di essere influenzato dalla
comunità 3. la percezione diffusa tra i singoli membri di avere una propria e distinta identità nella comunità 4. la
sensazione di avere una identificazione e una comune identità sociale con la comunità 5. la sensazione di una forte
connessione emotiva tra i membri della comunità Secono questo modello, il bisogno di auto-realizzazione precede
lo sviluppo del senso di comunità virtuale anziché essere una delle sue componenti. Il senso di comunità virtuale si
concentra sulla condizione di appartenenza alla comunità da parte del singolo membro. Adesione, appartenenza,
identificazione e attaccamento

Potrebbero piacerti anche