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Fondamen di psicologia di comunità – 2° edizione

di San nello, Vieno e Lenzi – ed. il Mulino

CAPITOLO 1

MISSION della Psicologia di Comunità:


1. Aiutare le persone a diventare consapevoli del ruolo che hanno le condizioni in cui vivono, nel determinare la
loro salute ed il loro benessere
2. Aiutarle ad unirsi, affinché si a vino e diven!no protagoniste di processi di cambiamento delle loro condizioni
di vita

Le ineguaglianze sociali e la povertà sono ancora tra le cause principali di gran parte dei disturbi di salute mentale

PERSONA NEL CONTESTO: unità di analisi e di intervento => l’individuo ed i contes! sociali sono considera! inseparabili

PSICOLOGIA CLINICA vs PSICOLOGIA DI COMUNITA’:


Finalità di entrambe: perseguire il benessere delle persone e creare alleanza terapeu caincl, ma con percorsi differen!:
- Clinica o$ca rea$va: interviene quando è già presente un problema
- Comunità o$ca proa$va: interviene prima dell’insorgenza del disagio, cercando di prevenirlo. Ha quindi a che
fare con tu7o ciò che una persona vive prima di definirsi “caso clinico”

Strategia HOUSING FIRST


Si offre al ci7adino senza abitazione una casa, poi si a va una serie di servizi per accompagnarlo verso una migliore
qualità di vita. Si interviene, cioè, contemporaneamente nel modificare il contesto di vita e nel fornirgli i sostegni per
superare la sua condizione

SETTING TERAPEUTICO dello Psicologo di Comunità: scuole, quar!eri, associazioni, aziende, ci7à

VALORI della Psicologia di Comunità


Definizione di Mayton, Ball-Rockeach e Loges: “serie di credenze che sostengono la superiorità di un determinato
modello di condo a, o di alcune finalità di vita, rispe o a modalità alterna ve”.
La Psicologia di Comunità è una disciplina orientata al cambiamento sociale e fonda teoria, ricerca e azione sia su
evidenze empiriche, che su valori: i valori definiscono come dovrebbe essere la comunità ideale, la scienza indica i
metodi per arrivare al cambiamento sociale.
I valori possono essere raggruppa! in 3 categorie:
- Valori personali, che perme7ono il raggiungimento del benessere a livello individuale: autodeterminazione,
salute, cura e interesse verso gli altri e la comunità.
- Valori relazionali, che consentono di congiungere sfera individuale e colle va: collaborazione e rispe o per la
diversità
- Valori colle$vi, che assicurano un’equa distribuzione delle risorse all’interno della comunità e ne garan!scono
l’accesso a tu : gius!zia e responsabilità sociali verso gruppi svantaggia!, sostegno alle is!tuzioni
sanitarie/educa!ve/sociali

PRINCIPI GUIDA: metafora ecologica, prevenzione e promozione, empowerment, inclusione


PRINCIPIO DELL’INCLUSIONE: sos!ene il diri7o di ogni persona a essere unica e a non essere giudicata sulla base di un
unico standard convenzionalmente acce7ato.
METAFORA ECOLOGICA, introdo7a da James Kelly nel 1966
Le comunità sono sistemi compos! da vari livelli interconnessi tra loro e il comportamento delle persone può essere
meglio compreso quando studiato in relazione a molteplici livelli di analisi. I problemi sono considera! come il risultato
dell’interazione nel tempo tra individui, se ng e sistemi. Concezione simbolica di comunità come spazio sociale
mul!livello.
EMPOWERMENT, conce7o introdo7o da Rappaport nel 1984
Rafforzamento del senso di controllo che le persone hanno sugli even! della loro vita; lo psicologo lavora con le persone
svantaggiate per promuoverne la capacità di autodeterminazione, a livello individuale e colle vo. Membri della
comunità come a vatori delle risorse che possiedono.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 1


PREVENZIONE e PROMOZIONE: affrontare i problemi prima che insorgano modificando condizioni ambientali e
promuovendo risorse individuali; le azioni dovrebbero collocarsi a diversi livelli ecologici.

COMPETENZE e CARATTERISTICHE Psicologo di Comunità – 3 livelli:


1. Deve conoscere i principi base ed essere in grado di applicarli nella pra!ca. Conce7o di DEPOWERMENT definito
da Nelson e Prilleltensky: capacità di tenere in considerazione il sapere non professionale e di integrarlo con le
conoscenze scien!fiche
2. Deve condurre assessment di comunità, proge7are interven!, ges!re e mediare i confli , avere abilità di
problem solving
3. Deve avere competenze di networking
A7raverso il coinvolgimento del ci7adino, pianifica gli interven! con la comunità: i membri sono depositari di
competenze e conoscenze che derivano dal conta7o quo!diano con l’ambiente in cui sono inseri!, quindi lo psicologo di
comunità deve porsi come a"vatore di tali risorse. Deve inoltre trasme7ere le informazioni ai leader, che
successivamente si occupano di ulteriore diffusione ai ci7adini. Si pone come facilitatore dei processi di cambiamento
della comunità ed è in grado di operare in contes! molto differen! tra loro, u!lizzando competenze che vanno dalla
proge7azione ed implementazione degli interven!, alla ges!one di contra con is!tuzioni poli!che e scolas!che.

CAPITOLO 2

ORIGINI della Psicologia di Comunità


La Psicologia di Comunità va collocata all’interno del sistema filosofico valoriale che ha cara7erizzato il periodo a cavallo
tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio del decennio successivo del secolo scorso. Uno dei suoi padri fondatori, Seymour
Sarason (1974) sos!ene che queste radici sono da ricercare nell’evoluzione sociale e culturale degli Sta! Uni! iniziata
negli anni Quaranta e culminata con il terremoto, avvenuto sia a livello sociale che poli!co, del Sessanto7o. Innovazioni
di ordine legisla!vo nel dopoguerra sono:
- Il Community Mental Health Center Act (CMHCA): riorganizza in chiave comunitaria il sistema sanitario rela!vo
alle cure psichiatriche, stabilendo il principio della territorialità dei servizi alle persone
- La War on Poverty: prevede riforme in senso socioassistenziale
- Il programma Head Start del 1965: programma del Department of Health and Human Service degli Sta! Uni!,
is!tuito per fornire a bambini e famiglie provenien! dai ce! più svantaggia! servizi comprensivi di educazione,
salute e nutrizione. Proge7ato per ridurre le disuguaglianze, cominciando nella fase prescolas!ca, a7raverso
a vità di sostegno emo!vo e sociale, di educazione alla salute e nutrizione. Filoni di intervento: Early Head
Start (per bambini fino a 3 anni), Head Start (per bambini 3-5 anni), Migrant and Season Program Branch (per
immigra! e lavoratori stagionali). I servizi offer! sono tu orienta! a parificare le condizioni di accesso alla
scuola primaria; i servizi sociali lavorano in collaborazione con la famiglia allo scopo sopra7u7o di fornire
l’accesso alle risorse presen! nella comunità.
Nel 1965 un ristre7o numero di psicologi e operatori della salute si unisce a Swampsco7; questo evento rappresenta il
primo a7o formale di fondazione della disciplina, durante il quale prende forma e significato l’espressione “psicologia
di comunità”. Nella sua prima fase, la disciplina si limita ad occuparsi della mala a mentale; dai primi anni Se7anta, si
svincola sempre di più dal tra7amento della patologia psichica, orientandosi verso problema!che sociali più generali.
Secondo questa prospe va, che affonda le sue radici teoriche nel paradigma ecologico, ogge di studio e di intervento
sono gli “individui in situazione” e obie vo è il cambiamento sociale complessivo.

Modello di Dohrenwend – 1978 - fondamentale per la nascita della disciplina


Sviluppato all’interno del contesto epidemiologico-psichiatrico, ha spostato l’accento dell’eziologia dei disturbi, dalle
cara7eris!che individuali alle cara7eris!che dei gruppi sociali:
- me7e l’accento sull’interazione fra fa7ori contestuali e individuali nello sviluppo della psicopatologia, ponendo
a7enzione al conce7o di stress psicosociale e aiutando a pensare ai problemi delle persone in termini
alterna!vi rispe7o a diagnosi e mala a.
- perme7e ai professionis! di pensare ad interven! che possano essere a va! prima che un individuo cerchi
aiuto
- pone l’accento sulla possibilità di concentrarsi sui singoli individui, ma anche su interven! che si occupano
dell’ambiente più allargato

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 2


Sarason e il costru7o di Senso di Comunità
“Percezione di similarità con gli altri, un’accresciuta interdipendenza con gli altri, una disponibilità a mantenere questa
interdipendenza, offrendo o facendo per gli altri ciò che ci si aspe7a da loro, la sensazione di essere parte di una
stru7ura pienamente affidabile e stabile” quindi senso di appartenenza e partecipazione a va degli individui nella vita
comunitaria. Dal punto di vista opera!vo: “è il valore sovraordinato a7raverso cui giudicare gli sforzi per cambiare ogni
aspe7o del funzionamento di una comunità”
Elemen! cos!tu!vi: percezione di similarità e di interdipendenza rispe7o agli altri, vissuto di appartenenza alla
comunità, disponibilità a dare agli altri.

I 4 fa7ori del Senso di Comunità, secondo McMillan e Chavis 1986:


1- Appartenenza (chiari confini, sistema di simboli comuni, sicurezza emozionale, senso di
appartenenza/iden!ficazione/inves!mento personale)
2- Influenza (dei membri sul gruppo)
3- Integrazione e soddisfazione dei bisogni (valori condivisi)
4- Connessione emo va condivisa (legame spirituale)

Il storico contesto italiano


La Psicologia di Comunità italiana nasce intorno alla seconda metà degli anni Se7anta, con un decennio di ritardo
rispe7o a quella statunitense. La data di inizio viene fa7a coincidere con l’anno di uscita del volume scri7o da Donata
Francescato per Feltrinelli nel 1977.
Otre che nel cinema, nella musica e nell’editoria, segnali di un forte a7acco all’approccio tradizionale alla mala a
mentale, sono iden!ficabili già nel 1968: Franco Basaglia decide, con il supporto dei più importan! fotografi italiani, di
documentare le condizioni di vita delle “is!tuzioni totali” (manicomi). Ne nasce, nel 1969, un volume dal !tolo “Morire
di classe” che sfocerà nella famosa legge del 1979.
Dall’inizia!va congiunta di Donata Francesco e di un gruppo di professionis! dell’ARIPS di Brescia, la psicologia di
comunità comincia a muovere i primi passi. Nel 1994 viene fondata la SIPCO: Società Italiana di Psicologia di Comunità.
Nasce inoltre la prima rivista del se7ore: “Rivista di psicologia di comunità”.

CAPITOLO 3

L’ “ecosistema del nostro benessere”: che cosa influenza il nostro benessere?


Il nostro benessere dipende da mol! fa7ori, ma l’ambiente che ci circonda, con le sue cara7eris!che fisiche e sociali,
sembra essere il fulcro intorno a cui ruotano mol! dei nostri comportamen!, le relazioni con gli altri ed il nostro
benessere.
Fa7ori individuali: conoscenze, capacità di affrontare e risolvere problemi quo!diani, o mismo o tendenza a
scoraggiarci
Fa7ori contestuali: qualità delle relazioni con amici e famigliari, cara7eris!che e qualità dei luoghi in cui viviamo
L’ecosistema del nostro benessere è l’ogge7o principale della Psicologia di Comunità, che si propone di comprendere
come l’individuo e gli ambien! di vita si influenzino reciprocamente, per riuscire a creare contes! che promuovano il
benessere. Per farlo, si avvale della e.

La METAFORA ECOLOGICA per la Psicologia di Comunità


Cos!tuisce il filtro a7raverso cui i fenomeni vengono defini! e analizza!, fornisce quindi un paradigma per la ricerca
scien!fica – con ogge7o di studio “l’individuo-nel contesto” - e per la pra!ca – gli interven! si propongono di modificare
gli ambien! di vita e le relazioni tra contes! ed individui. Ado7arla significa par!re dal presupposto che gli ambien di
vita influenzano significa vamente il nostro comportamento

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 3


Le TEORIE ECOLOGICHE nelle scienze sociali
I principali modelli teorici che hanno applicato la metafora ecologica condividono l’idea che l’ambiente possa essere
conce7ualizzato e descri7o a molteplici livelli di analisi, e concordano sull’importanza di pensare che sia composto da
livelli concentrici che si influenzano reciprocamente.
- Kurt Lewin e la Teoria di campo 1935: il comportamento come funzione delle cara7eris!che personali e
ambientali.
Qualsiasi comportamento dipende dalla par!colare configurazione del campo psicologico entro cui avviene in
quel dato momento. I fa7ori che influenzano il comportamento vengono riassun! con la formula:
C = f (P, A) => il comportamento individuale C dipende dalla relazione f tra la persona P e l’ambiente
psicologico percepito da essa A. Gli a individuali sono quindi il risultato tra elemen! personali e fa7ori
ambientali, filtra! dalla percezione individuale. Da questa teoria, riconosciuta come la base di differen! modelli
teorici, muoveranno i primi passi metodologie innova!ve come la ricerca-azione.

- La “psicologia ecologica” di Roger Barker e l’a7enzione per le cara7eriste ogge$ve dell’ambiente


Studi condo negli anni Quaranta. L’autore ha cercato di evidenziare la sincronia tra ambiente e
comportamento umano, individuando dei pa7ern di comportamen stabili indipenden! dalle persone
coinvolte, che derivano da specifiche configurazioni spazio-temporali in un determinato ambiente. Si deve alla
sua teoria l’espressione “se$ng comportamentale (behavioural se"ng)”: in specifici contes! (come la chiesa)
sono presen! dei pa7ern comportamentali stabili (parlare so7ovoce o no movimen! bruschi) che si presentano
indipendentemente dagli a7ori coinvol!. Dal confronto tra se ng di dimensioni diverse, Barker elabora la
“teoria del dimensionamento rela vo”: i se ng so7odimensiona! offrono maggiori opportunità rispe ai
se ng sovradimensiona!.
- Urie Bronfenbrenner e le “nicchie ecologiche”: l’ecologia del benessere a vari livelli
Studio del progressivo ada7amento tra l’essere umano in crescita e gli ambien! fisici e sociali con cui la persona
entra quo!dianamente in conta7o. Elabora il conce7o di nicchie ecologiche: regioni dell’ambiente che possono
avere condizioni favorevoli o sfavorevoli per lo sviluppo di individui con determinate cara7eris!che; esse, a loro
volta, interagiscono tra loro nell’influenzare il comportamento individuale. Sono individuabili 4 livelli:
- Microsistema: ambien! con cui l’individuo ha conta7o dire7o (famiglia, gruppo classe, luogo lavoro)
- Mesosistema: rete di microsistemi e rela!ve interconnessioni (interazioni tra famiglia, gruppo di amici,
contesto scolas!co, …)
- Esosistema: ambien! con cui l’individuo non ha conta7o dire7o, ma influenzano gli altri contes! in cui è
inserito (influenza del luogo di lavoro dei genitori o loro rete sociale sul bambino=
- Macrosistema: livello che condiziona tu quelli inferiori, rappresentato da leggi, norme e credenze che
guidano la società
=> Il comportamento è il risultato dell’ada7amento alle cara7eris che degli ambien in cui è inserito;
l’ada7amento deriva dall’interazione tra gli individui e le loro nicchie ecologiche.
- James G. Kelly e i principi dell’ecologia
Kelly è considerato uno dei padri fondatori della psicologia di comunità. Ha ada7ato alcuni conce
dell’ecologia allo studio del comportamento degli individui:
o Popolazione: insieme degli individui che condividono determina! interessi o cara7eris!che
o Comunità: area geografica nella quale convivono individui (es. quar!ere)
o Ecosistema: comunità allargata che comprende l’ambiente fisico, sociale e l’insieme di norme,
valori, regole, tradizioni
o Biosfera: sistema poli!co, sociale ed economico che governa le diverse società
Elabora inoltre 4 principi ecologici, che descrivono la relazione tra individui e sistemi sociali:
1- Interdipendenza tra diversi ambien!
2- Ciclo delle risorse
3- Ada7amento reciproco tra individuo e ambiente
4- La successione: individui e contes! sono in costante cambiamento

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 4


AUTORE OGGETTO DI STUDIO SVILUPPI TEORICI ASPETTI RIPRESI dalla Psicologia
PRINCIPALE di Comunità
Kurt Lewin Problemi sociali concre! Teoria di campo: C= f(P,A) Importanza delle percezioni
Dinamiche di gruppo Il comportamento individuale dipende dalla sogge ve nell’analisi dei contes!
relazione tra la persona P e l’ambiente Importanza di analizzare fenomeni
psicologico percepito dalla persona A socialmente rilevan! con
metodologie quali la ricerca-azione
Roger Barker Relazione individuo- Psicologia ecologica Analisi dei contes! allarga!
ambiente in condizioni Alcuni contes! sono cara7erizza! da pa7ern Importanza delle cara7eris!che
naturali comportamentali stabili, indipenden! dalle ogge ve dei contes!
persone coinvolte, ma derivan! da specifiche Importanza dell’analisi in contes!
configurazioni spazio-temporali in un naturali
determinato ambiente
Urie Ada7amento tra l’individuo Ecologia dello sviluppo umano nelle nicchie Livelli concentrici di analisi dei
Bronfenbrenner in crescita e gli ambien! fisici ecologiche: regioni dell’ambiente che contes! di vita
e sociali in cui è inserito possono avere condizioni favorevoli o Studio dello sviluppo umano nei
sfavorevoli per lo sviluppo di individui con diversi contes! di vita
determinate cara7eris!che
James Kelly Applicazione dei conce Conce ecologici (popolazione, ecosistema, Conce ecologici (popolazione,
fondamentali dell’ecologia comunità, biosfera) ecosistema, comunità, biosfera)
allo studio del Principi ecologici (interdipendenza, circolo Principi ecologici (interdipendenza,
comportamento degli delle risorse, ada7amento, successione) circolo delle risorse, ada7amento,
individui nei vari ambien! successione)

I 5 LIVELLI ECOLOGICI
L’analisi dei fa7ori individuali e contestuali è funzionale sia per fini conosci!vi, che applica!vi: comprendere i fa7ori
preponderan! nel determinare un fenomeno perme7e di sviluppare interven! mira! a mutare tali fa7ori
I. Livello INDIVIDUALE: racchiude fa7ori organico-ereditari (cara7eris!che che connotano l’individuo che
perme7ono di individuare gruppi maggiormente a rischio per un determinato fenomeno), competenze e abilità
(sia pra!che, che emo!ve e cogni!ve), comportamen e s li di vita (per comprendere quali andrebbero
modifica! per limitare il rischio di problema!che). A livello di intervento, modificare il comportamento risulta
difficile, poiché vanno considera! gli aspe psicologici/sociali; le opzioni possono essere le a$vità sui singoli
comportamen (es. training di mo!vazione o orientamento) anche se, solitamente, si preferisce agire in
maniera indire7a.
II. MICROSISTEMA (o Microlivello): contes! di vita e persone con cui l’individuo ha un conta7o dire7o (es.
famiglia, insegnan!, gruppo dei pari) => rete sociale. Sono contes! molto rilevan!, sia per la possibilità di
sviluppo di comportamen! an!sociali, che per la possibilità di efficacia dell’intervento; quest’ul!mo può
consistere nel potenziare/modificare la rete, favorire buon clima sociale, promuovere sostegno sociale e
adeguata comunicazione tra microsistemi diversi.
A7enzione: per potersi considerare tale, un intervento su microlivello deve prevedere una modificazione del
contesto relazionale, in modo che la rete sociale in cui il sogge7o è inserito veicoli il cambiamento. È importante
non confondere luogo (se ng) dell’azione e livello (es. fare un training in classe sulla resistenza alla pressione
dei pari è a livello individuale, poiché agisce su competenze e abilità dei singoli).
FOCUS: IL SOSTEGNO SOCIALE è la funzione principale della rete sociale e può essere inteso come l’aiuto che
l’individuo può ricevere dalle persone che gli stanno accanto; può svilupparsi e prendere forma con modalità:
- Strumentale: aiuto concreto, che allevia lo stress e facilita adeguata soluzione problemi
- Emo vo: sostegno affe vo, che aumenta autos!ma e perme7e migliore ges!one emozioni
- Informa vo: consigli e informazioni, u!li nella risoluzione di un problema
- Affilia vo: deriva dal far parte/sen!rsi parte di gruppi o associazioni, perme7e di avere conta sociali
soddisfacen! e occupare posi!vamente tempo libero
III. ORGANIZZAZIONI: insieme stru7urato di microsistemi, come la scuola, i servizi sociali ed il luogo di lavoro. A
livello di analisi è possibile considerare cara7eris!che stru7urali, organizza!ve e clima relazionale. Interven! sul
sistema di regole e procedure (che deve essere chiaro), sulle condizioni di vita, sulle relazioni, sul sistema di
rinforzi dei comportamen posi vi possono ridurre problema!che e comportamen! an!sociali.
IV. Livello di COMUNITA’: rappresentato sia dalla comunità in senso geografico (quar!ere, comune, ci7à), che in
termini di interconnessione tra gli individui. Viene intesa come una vasta rete di organizzazioni che
interagiscono tra loro.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 5


V. MACROSISTEMA: include tu gli altri ed è cos!tuito dalle is!tuzioni nazionali e sovranazionali, includendo
condizioni economiche, poli!che, culturali e sociali di un territorio. Gli interven! mirano a ridurre le
disuguaglianze, agendo in questo modo sul benessere fisico e mentale dell’intera popolazione (es.
rafforzamento welfare e ammor!zzatori sociali, associazionismo, promozione culturale, ecc.)
Ad ogni livello è possibile individuare i fa7ori in grado di promuovere o limitare il benessere con:
- Analisi della le7eratura esistente
- Approccio epidemiologico (approfondimento degli studi epidemiologici)
- Analisi delle ricerche locali già implementate
- Ideazione e a7uazione di una nuova ricerca
Agire sugli ambien! garan!sce di raggiungere un maggior numero di sogge e di probabilità che il cambiamento si
mantenga nel tempo, poiché sono state create le condizioni in grado di sostenerlo. Se i cambiamen! sono solo a livello
sociale ma non individuale si parla di cambiamento potenziale.

PROCESSI SOCIALI SU CUI AGISCONO I CONTESTI DI VITA, influenzando benessere e comportamen!:


- di Primo Ordine: influenze dire7e, che agiscono per osservazione e per rinforzo ed influenzando schemi
cogni!vi (es. per adolescente: famiglia, gruppo pari, classe scolas!ca)
- di Secondo Ordine: i diversi contes! interagiscono e, influenzandosi tra loro, producono ulteriori effe
sull’individuo (es. rapporto insegnan!-genitori). Rilevan! sono: l’effe7o coerenza (delle figure di riferimento,
con una determinata norma o comportamento), una presenza costante della figura di riferimento, gli effe di
moderazione e mediazione tra i diversi contes!
- di Terzo Ordine: prodo7o delle interazioni dei vari elemen! del sistema comunità (es. capitale sociale)

I 5 PRINCIPI DI LEVINE: comprendere ripercussioni approccio ecologico nella pra!ca dello Psicologo di Comunità:
1. Un problema sorge in un se"ng o in una situazione: i fa ori situazionali causano, innescano, esacerbano e/o
mantengono il problema: è necessario valutare ada7amento tra individui e contesto ambientale.
2. Un problema sorge perché la capacità ada"va del se"ng (di “problem solving”) è bloccata: le capacità ada ve
delle persone in un determinato se ng sono limitate dalla natura del se ng stesso (es. accessibilità alle risorse)
3. Per essere efficace, un aiuto deve essere collocato in modo strategico rispe o all’insorgere del problema:
piu7osto che invitare la persona a chiedere aiuto, bisognerebbe portare aiuto alla persona
4. Gli scopi e il valore dell’operatore o del servizio di aiuto devono essere coeren con gli scopi ed i valori del se"ng
5. La forma d’aiuto dev’essere stabilita in modo sistema co, usando le risorse naturali del se"ng o mediante
l’introduzione di risorse che possono diventare is tuzionalizzate come parte del se"ng

CAPITOLO 4

Lavorare sulla prevenzione significa fare previsioni sui comportamen! futuri di comunità o gruppi di persone, affinché
alcune cose non avvengano; perché sia efficace occorre intervenire su tu7a la popolazione, o con gruppi/sogge a
rischio e/o con sogge con qualche sintomo clinico. La forza e la specificità della prevenzione sono l’agire con le
persone prima che diven!no un caso clinico.
Categorie di fa7ori connesse a salute e benessere:
fa7ori gene!ci e biologici
s!li di vita ed alimentari
assistenza sanitaria
ecologia e condizioni di vita
cara7eris!che sociali e della società

Principali approcci alla prevenzione:

AUTORI CLASSIFICAZIONE DELLA PREVENZIONE


Caplan Primaria, secondaria, terziaria
Bloom – Heller Comunità allargata, fasi della vita, alto rischio
Bronfenbrenner Microlivello, mesolivello, macrolivello
Ins!tute of Medicine Universale, sele va, indicata

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 6


Tipologie di prevenzione di Caplan 1964 (ambito medico-psichiatrico e di salute pubblica):
primaria: volta a ridurre incidenza disturbo, agendo sulla popolazione sana
secondaria: individuare precocemente nuovi casi problema!ci
terziaria: ridurre durata, impa7o e cronicizzazione di un par!colare disagio o disturbo
Il limite di questa classificazione è che non riesce a discriminare in maniera ne7a confine tra secondarie e terziaria, e
forme tra7amento.

Il modello di Bronfenbrenner:
Microlivello: proge che agiscono sulle reazioni diadiche (es. genitori e figli)
Mesolivello: interven! che puntano a favorire relazioni tra i diversi microlivelli (migliorare comunicazione scuola-
famiglia)
Macrolivello: azioni che modificano norme o organizzazione ambiente socioculturale (es. clima scolas!co)

Classificazione dell’Ins tute of Medicine:


Universali: desiderabili per l’intera popolazione
Sele vi: auspicabili per so7ogruppi a rischio rispe7o alla media (es. figli tossicodipenden! ed insuccesso scolas!co)
Indica!: applicabili a persone iden!ficate come portatrici di segni o sintomi prodromici, tali da doverli considerare
ad alto rischio per lo sviluppo di un disturbo

FATTORI DI RISCHIO E FATTORI PROTETTIVI

Fa7ori di rischio: Fa7ori di protezione:


cara7eris!che individuali o cara7eris!che individuali o
condizioni ambientali misurabili, la condizioni ambientali che
cui presenza si associa a una aumentano le probabilità e le
maggiore probabilità di sviluppare capacità di una persona di
disagio ada7amento e di mantenere-
aumentare uno stato di benessere
Ambientali Povertà della famiglia Benessere economico
Alta densità abita!va Alto capitale sociale
Al! tassi di disoccupazione Stabilità lavora!va
Elevate dimensioni famigliari Coesione famigliare
Scarse abilità parentali Posi!ve relazioni genitori-figli
Esposizione ad even! nega!vi
Transizioni
Individuali Predisposizioni gene!che Abilità sociali
Ca vo temperamento Repertorio di abilità di coping
Scarsa socievolezza Abilità fisiche
Fallimen! scolas!ci Competenza scolas!ca
Scarsa autos!ma

Oltre a ques! fa7ori, altro costru7o importante è quello di resilienza: capacità di un sogge7o di resistere all’influenza
dei fa7ori di rischio, abilità a lo7are ed imparare dalle avversità, cercando di integrare queste esperienze nella propria
vita.
Approccio dello sviluppo posi vo, componen!: competenza, fiducia, connessione, qualità morali, cura.
Gli interven! dello psicologo di comunità si pongono, pertanto, sempre in un’o$ca proa$va (come prevenzione al
manifestarsi di un disturbo); solo quando il disagio si sarà manifestato, essi diventano di natura rea va e si spostano
verso la direzione terapeu!ca.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 7


Cara7eris che dei proge$ di prevenzione e promozione efficaci:
CARATTERISTICHE DEFINIZIONI
Molteplicità dei livelli di azione Interven! a diversi livelli o domini
Teoricamente fonda! Ragioni teoriche fondamentali per guidare proge
Metodi mis! di insegnamento e coinvolgimento Con incremento consapevolezza e acquisizione/rinforzo
abilità
Sufficiente dosaggio di ore e a vità Impegno e follow-up per mantenimento abilità
Culturalmente rilevan! Tenendo in considerazione contesto e comunità
Formazione adeguata staff Personale adeguatamente formato
Valutazione esi! Obie vi chiaramente defini! e monitora!

Nel macrolivello, l’approccio Investment for Health dell’OMS veicola un’idea di promozione della salute che garan!sca
effe vi miglioramen! socioeconomici:
Migliorare la salute è un inves!mento
Gli inves!men! nel se7ore della promozione della salute devono essere basa! sull’analisi dei determinan! a
livello di popolazione, implicano la riorganizzazione dei servizi ed il generale sviluppo socioeconomico, devono
essere compara! ai risulta!, dovrebbero ridurre le ineguaglianze ed essere compa!bili con i diri umani

CAPITOLO 5

EMPOWERMENT: costru7o complesso e diba7uto, obie vo che lo Psicologo di Comunità si auspica di o7enere.
Zimmerman è ritenuto uno degli autori di riferimento: sos!ene che una singola definizione ne contraddica il cuore
stesso e lo renderebbe prescri vo. In effe non esiste una singola definizione condivisa, ma è possibile definirne i
contorni e le peculiarità. È un processo (basato sulle azioni), ma anche un risultato (conseguenze delle azioni). Il
processo può essere facilitato dal punto di vista professionale ma non può essere imposto.
Il temine Empowerment si basa su 2 conce principali: il potere e la partecipazione.
IL POTERE: comprendere le relazioni di potere (dove e come gli individui, i gruppi e le società possono diventare più
poten!) è necessario per il lavoro dello Psicologo di Comunità
Weber so7olinea come il potere implichi un contesto relazionale tra persone o cose. Essendo creato dalle e nelle
relazioni, potere e relazioni di potere possono modificarsi. Il potere può inoltre essere condiviso. Ne emerge un !po di
potere posi!vo definito potere relazionale da Lappe e DuBois, potere genera vo da Korten e potere integra vo e
condiviso da Kreisberg. Il suo raggiungimento rafforza anche il potere degli altri, non lo diminuisce.
Altro autore è Foucault che definisce 3 aspe$ del potere:
1. Il potere può essere esercitato solo da sogge" liberi, che possono confrontarsi con un ampio spe ro di
possibilità, relazioni e comportamen realizzabili: la libertà ne diventa quindi elemento cara7erizzante
2. L’esercizio del potere crea con nuamente nuove conoscenze e le nuove conoscenze portano a maggior potere.
Potere e conoscenza sono integrati: es. solo se conosco i servizi del mio territorio e i miei diri posso contribuire
al loro miglioramento ed esercitare il mio potere
3. L’onnipresenza del potere: non tanto perché ha il privilegio di consolidare tu o so o un’unità indissolubile, ma
perché è prodo o da un momento all’altro, da ogni relazione. Il potere è ovunque, non tanto perché è presente
in ogni cosa, quanto perché deriva da ogni cosa.

I gruppi ai quali si appar!ene sono cara7erizza! da flussi di potere che danno la possibilità di agire in modo a vo e
contemporaneamente di subire conseguenze e decisioni prese da organismi e stru7ure complesse. In questo senso,
Lukes (2005) propone un modello a 3 dimensioni:
1. Prima: presa di decisioni concrete e reali nelle società o nel gruppo, risolvendo eventuali confli ed arrivando a
scelte comuni
2. Seconda: aspe o opzioni presenta! ai decisori ul!mi => rapporto con poli!ca e organi di informazione
3. Terza: quali bisogni le persone riconoscono come propri (implica comprensione degli aspe individuali e del
contesto in cui si vive)

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 8


PARTECIPAZIONE: l’ingrediente fondamentale del processo di Empowerment
Partecipazione: processo in cui i sogge prendono a vamente parte ai processi decisionali nelle is!tuzioni, nei
programmi e negli ambien! che li riguardano => proge7o volto a raggiungere un obie vo colle vamente determinato.
A7raverso la partecipazione alla vita della comunità, la possibilità di influenzare decisioni e avere più controllo sulla
propria vita accresce.
Amerio: partecipazione come coinvolgimento in azioni

Il nesso tra partecipazione e comunità va analizzato su 2 piani dis!n!:


1. Piano sogge$vo: non c’è senso di comunità senza coinvolgimento nell’azione colle va; è centrato sui processi
psicologici della partecipazione e si ricollega al conce7o di ci7adinanza a va
2. Piano ogge$vo: la comunità, in quanto sistema sociale, è regolata da norme; è centrato sulle forme a7raverso
cui la partecipazione si realizza (con date, vincoli, risorse,…)

Le forme della partecipazione:


- Bo7om-up/Dal basso verso l’altro: partecipazione spontanea, sono i ci7adini stessi che si a vano per creare
pressioni sui poli!ci
- Top-down/Dall’alto verso il basso: partecipazione provocata, dove un a7ore forte (solitamente ente pubblico)
s!mola e facilita la partecipazione della popolazione
Nesso chiave con conce7o di Empowerment: influire sulle decisioni implica che queste non siano già state prese in
precedenza da poli!ci, professionis!, ecc.

SCALA ARNSTEIN (1969): modalità di partecipazione e possibilità di contare

PARTECIPAZIONE LIVELLO
Apparente Informazione: ruolo marginale delle persone
Decisione già presa o in mano al decisore finale Consultazione: interazione stru7urata su un tema
Concertazione: rappresentanze
Sostanziale Sostenere l’azione altrui
Ci7adini che condividono le responsabilità con i Agire insieme
“detentori del potere”
La partecipazione riguarda non solo i singoli ci7adini ma anche sogge colle vi, nei quali è rilevante la figura del
leader, che può essere vissuto come risorsa od ostacolo

Cosa favorisce la partecipazione: studio di Perkins e colleghi.


Il motore della partecipazione sarebbe cos!tuito dall’a7accamento territoriale, dalle relazioni collabora ve, dalla
fiducia e dal mutuo sostegno.
Condizioni favorevoli:
- percezione di appartenere a comunità coese
- visione di possibili soluzione ai problemi e bisogni
- senso di autoefficacia individuale e colle vo
Quindi, per favorirla:
- pensare a spazi e temi per partecipazione, dove le persone siano a proprio agio
- dare possibilità di aiuto concreto
- dare sostegno al lavoro, favorendo con!nuità e realizzazione delle inizia!ve
- ges!re sce cismo derivato da prime difficoltà o even! ina7esi

LIVELLI DEL PROCESSO DI EMPOWERMENT di Zimmerman


1. Individuale, composto da 3 fa7ori principali:
- Controllo: credere nelle proprie capacità
- Consapevolezza cri!ca: capacità di comprendere e analizzare contes! e meccanismi di influenza (legami
di potere, ciclo delle risorse, ostacoli al cambiamento, fa7ori che influenzano)
- Partecipazione: azioni vere e proprie

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 9


2. Micro: piccoli gruppi e associazioni. Rilevan!:
- Leader empowering (Pearlstein, 1991): leader efficace con concezione del potere di !po integra!vo
- Alleanze con altri gruppi: quando il gruppo è solido, al fine di favorire la soluzione di problema!che
ampie
3. Organizza vo, organizzazione come insieme di gruppi
- Organizzazioni empowered: che manifestano potere in contesto allargato; cara7erizzate da controllo,
consapevolezza cri!ca e partecipazione => impa7o maggiore su benessere comunità
- Organizzazioni empowering: favoriscono l’empwerment nelle persone che la compongono
4. Comunità locali, anch’esse empowered ed empowering: hanno come obie vo di influenzare la poli!ca

CAPITOLO 6

Gli 8 PROFILI di comunità (v. tabella 6.1 pag. 141):

1. Territoriale: cara7eris!che fisiche e urbanis!che


2. Demografico: cara7eriste che della popolazione
3. Economico: occupazioni e fon! di reddito
4. Dei servizi: !pologia, organizzazione e diffusione
5. Psicosociale: a7ori e relazioni
6. Is tuzionale: is!tuzioni
7. Antropologico, storico e culturale: storia, cultura e valori
8. Del futuro: credenze, speranze e paure per il futuro della comunità

Gli STRUMENTI per conoscere una comunità:


- A nessun conta7o: ricavabili da database già presen!, forniscono immagine complessiva della situazione (in
prevalenza quan!ta!vi/numerici)
- A minimo conta7o: conta7o minimo con popolazione, sporadico ed occasionale. Metodi di osservazione del
contesto fisico-stru7urale e sociale (traffico, spazi verdi, aspe urbanis!ci, presenza di extracomunitari, zingari,
ecc.
- A moderato conta7o: conta7o intenzionale e circoscri7o, con ques!onari e self report
- Ad elevato conta7o: coinvolgimento considerevole della popolazione (es. focus groups o interviste individuali)

I FOCUS GROUP, doppio u!lizzo: in ricerca e come strumento della ricerca-azione partecipata
Interviste di gruppo, con obie vo di raccogliere informazioni per perme7ere un approfondimento del fenomeno di
interesse (nella ricerca) e far partecipare arrivando a decisioni comuni (s!molare la ricerca-azione)
Cara7eris!che: partecipan! recluta! in modo uguale, il moderatore è sempre un professionista, l’analisi dei da! è svolta
dal ricercatore.

LA RICERCA-AZIONE: metodo privilegiato, unisce ricerca e azione


Il termine viene introdo7o dallo psicologo sociale Kurt Lewin negli anni Quaranta, che comprese che il processo
conosci!vo finiva per diventare azione sociale nel momento in cui la popolazione veniva coinvolta.
La ricerca-azione è uno strumento di coinvolgimento, una modalità di relazione, un’occasione di conoscersi e conoscere,
di agire e cambiare aspe della vita reale delle persone.
La psicologia di comunità sviluppa sopra7u7o la ricerca-azione partecipata, per il miglioramento della vita dei ci7adini
a7raverso il loro coinvolgimento a vo. Viene condo7a in modo colle vo, con la partecipazione a va di tecnici e
persone appartenen! alla comunità. Tu gli “a7ori” partecipano a tu7e le fasi. È pertanto un approccio scien!fico
integrato, con finalità prevalentemente applica!ve, in cui sono presen! una ricerca (solitamente quan!ta!va), un
intervento di autoeducazione ed un intervento sociale.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 10


Le 9 CARATTERISTICHE peculiari della ricerca-azione partecipata
1. Approccio olis co al problema, senza la parcellizzazione ma so7oponendo a7enzione a tu gli aspe
2. Significa vità del tema di ricerca per i sogge coinvol!; il problema nasce nella comunità che lo definisce, lo
analizza e lo risolve con il coinvolgimento a$vo delle persone che ne sono affli7e
3. Disponibilità del ricercatore a negoziare con gli a ori le azioni da compiere
4. Intervento del ricercatore nelle azioni, che diviene a7ore della comunità instaurando rappor! educa!vi
5. Assenza di un metodo predefinito da applicare: la metodologia viene costruita in i!nere
6. Perseguimento dello sviluppo personale e professionale degli operatori-a ori
7. Emancipazione degli a ori: i partecipan! diventano capaci di operare autonomamente grazie al miglioramento
della loro comprensione dei processi e della situazione che sta loro a cuore (empowerment)
8. Impiego di strumen descri"vi per la valutazione del risultato durante e alla fine della ricerca, con strumen!
chiari e leggibili da tu
9. Produzione di un mutamento sociale. A differenza della ricerca, la ricerca-azione vuole cambiare la realtà, non
solo conoscerla.

L’obie$vo della ricerca-azione partecipata è risolvere i problemi provando diverse strade, che non possono essere
an!cipate a priori, ma che diventano prodo7o e strumento del gruppo stesso.

Le 4 FASI della ricerca-azione di Lewin (1951), poi amplia! da Cunningham (1976) e da Kemmis (1982)
1. Fase di pianificazione, nella quale si iden!ficano ipotesi, target ed azioni possibili
2. Fase dell’azione, in cui il ricercatore propone un cambiamento possibile
3. Fase dell’osservazione degli effe del cambiamento proposto
4. Fase della riflessione, per comprendere fenomeno indagato e ipo!zzare nuova pianificazione

Il modello di Cunningham prevedeva, in aggiunta, un momento di valutazione per ogni fase.


Kemmins riprende le fase di Lewin, de7agliandole maggiormente.
Le fasi della ricerca-azione sono momen! essenziali del percorso che seguono una logica a spirale (non lineare),
sopra7u7o quando si a va la partecipazione.

Il PHOTOVOICE (Voicing Our Individual and Collec!ve Experience), strumento per la ricerca-azione partecipata: sintesi
del linguaggio fotografico con l’empowerment
Obie$vo: a vare un processo di empowerment tra i partecipan!, a7raverso la condivisione delle immagini e la
riflessione comune su ciò che esse raccontano; fino al conta7o con coloro i quali hanno ruoli decisionali, ai cui vengono
porta! i risulta! dello scambio di opinioni e pun! di vista.
Pun di forza:
dà voce/potere a persone spesso escluse dai processi decisionali, ai gruppi svantaggia! (persone disagiate o
molto povere, portatori di handicap, immigra!, pazien! psichiatrici, donne con il cancro al seno, lavoratori,
ecc.), alimentandone la consapevolezza dei problemi della comunità di appartenenza e delle risorse che è
possibile a vare per risolverli. Ha dimostrato capacità trasforma!va di incidere sulla realtà
immediatezza dell’immagine visiva e ricchezza delle storie che l’accompagnano, che facilitano la condivisione di
pensieri e pun! di vista
flessibilità della tecnica
Limi :
passaggio all’azione concreta, al cambiamento, che dipende da chi ha is!tuzionalmente potere di agire
si dovrebbe prevedere una fase successiva, per sperimentare importanza ed efficacia del lavoro svolto

Un esempio italiano: il percorso di photovoice “Working with homelessness”, realizzato da operatori dei servizi che si
occupano di persone senza fissa dimora, a Pordenone, Verona e Vicenza. La loro voce ha permesso di cogliere pun!
cri!ci e spun! di miglioramento, comprendere pun! comuni con altre realtà europee, sen!rsi parte di un cambiamento
che, successivamente, è realmente avvenuto grazie ai dirigen! delle organizzazioni, che hanno a vato proge coeren!
con i risulta! di questa ricerca-azione partecipata.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 11


La RICERCA EPIDEMIOLOGICA e lo studio HBSC
La ricerca epidemiologica è un valido strumento per s!mare la prevalenza di problemi psichiatrici e psicosociali, nonché
le risorse e i pun! di forza. È possibile rilevare frequenze, diffusione, incidenza dei fenomeni e, sopra7u7o, verificarne i
fa7ori sociambientali connessi.
Queste ricerche richiedono campioni rilevan! e sono dispendiose.
Un esempio significa!vo è la ricerca HBSC Helth Behaviour in School-aged Children, uno studio transnazionale svolto in
collaborazione con l’OMS, che analizza i comportamen! a rischio dell’insorgenza di mala e (anche in età adulta) nei
ragazzi di 11-13-15 anni. Questa ricerca consente di individuare gruppi e aree a rischio in età precoce, comprendere
quali comportamen! a rischio favoriscono problemi di salute e orientare le strategie e gli inves!men! a scopo
preven!vo.

Il metodo dei modelli gerarchici lineari (Hierarchical Linear Modeling, HLM) per lo studio della persona nel contesto.
Metodo mul!livello che perme7ono di analizzare gli individui aggrega! in un contesto e comprendere l’influenza di
quest’ul!mo sul gruppo (es. studen! nelle classi, ci7adini nei quar!eri, ecc.). Inoltre, evitano l’aggrega!on bias, cioè la
non corre7a s!ma dell’errore standard e l’eterogeneità delle regressioni.

La RICERCA VALUTATIVA: come verificare l’impa7o di un intervento professionale sulla comunità


1. Valutazione ex ante: ci si interroga su come il proge7o è stato definito e scri7o, sulla coerenza finalità/obie vi
e obie vi/strategie
2. Valutazione di processo e monitoraggio: ci si interroga circa i processi che cara7erizzano il proge7o, se ci sono
ostacoli alla sua realizzazione, se si sta raggiungendo il target designato, se le strategie vengono realizzate come
previsto
3. Valutazione di efficacia: si stabilisce se il proge7o è stato efficace, se ha raggiunto gli obie vi prefissa!. E’
solitamente svolta con disegno di ricerca quasi-sperimentale.

Prima fondamentale fase nella ricerca di psicologia di comunità è scegliere i confini della comunità di interesse e, in
accordo con questa, definire gli strumen per conoscerla (la commis!one di metodi quan!ta!vi e qualita!vi è !pico di
questa disciplina); poi creare un proge7o condiviso con la comunità stessa, consapevole che non è possibile definire a
priori né gli esi , né le azioni finali, in quanto fru7o del lavoro condiviso e del processo partecipa!vo.

CAPITOLO 7

La psicologia di comunità si prefigge di produrre un cambiamento intenzionale nella comunità e con la comunità. È una
disciplina applicata, che mira sempre a finalità pra!che. Lo strumento principe è la ricerca-azione partecipata, accanto
alla quale si collocano tecniche e metodologie quali i training, la peer educa!on, il mentoring, i gruppi di auto-aiuto e il
lavoro di rete.
Tu7e queste metodologie hanno forte connessione con i principi base della disciplina:
Modello ecologico: le azioni sono spesso svolge in maniera indire7a, principalmente sul microlivello
Orientamento proa vo: azioni di prevenzione e promozione del benessere che intervengono prima che un
disturbo si manifes! o si radichi
L’empowerment: filo condu7ore di tu7e le a vità, che aumenta le competenze a7raverso la partecipazione
a va dei sogge coinvol!
Non esistono metodologie migliori di altre, esse devono essere coeren! con gli obie vi del proge7o e adeguate alla
comunità; l’u!lizzo congiunto di diverse tecniche rende i proge più efficaci.

Il cambiamento INDIVIDUALE: i TRAINING, percorsi forma!vi vol! ad aumentare le conoscenze, promuovere le abilità e
modificare gli a7eggiamen!
La psicologia di comunità si interessa al cambiamento individuale cercando di potenziare competenze ed aspe
individuali, per incrementare il benessere dei singoli e di rafforzare le relazioni con gli altri ed i propri contes! di vita.
I training si basano sull’assunto che l’apprendimento è il risultato di esperienze indo7o dall’interazione con l’ambiente,
pertanto può essere modellato con interven! specifici. Si focalizzano su:
- Aumentare le conoscenze, per correggere informazioni errate ed opinioni fuorvian!, facendo in modo che siano
i sogge stessi a raggiungere le informazioni a7raverso ragionamen!, interazioni di gruppo ed esperienze
concrete
Riassunto manuale Psicologia di Comunità 12
- Abilità, intese come “qualcosa che perme7e al sogge7o di fare”. Si cerca di far apprendere al sogge7o nuove
modalità di azione e competenze: es. training per migliorare il problem solving, la comunicazione o le social
skills. Molto importan! sono le abilità sociali, che perme7ono alla persona di relazionarsi in modo efficace;
lavorare su esse porta benefici sia al singolo, che a chi gli sta intorno
- Modificare a7eggiamen che, essendo radica! alla storia di ogni sogge7o, sono i più difficili da cambiare.
Compito dello psicologo è comprendere quelli esisten!, mostrare visioni alterna!ve, far sperimentare la
nega!vità. Questo lavoro implica un’azione di maggior durata, dilazionata nel tempo

Un esempio di training molto noto, che lavora anche sulle abilità sociali, è il Life Skills Training: sviluppato da G. J.
Botvin, è basato sulla teoria delle life skills la quale sos!ene che, sebbene i comportamen! problema!ci siano in
risultato di un’interazione complessa di diversi fa7ori (individuali, relazionali e ambientali), l’influenza sia mediata dalle
abilità possedute dal singolo individuo. Le principali life skills sono: problem solving, pensiero cri co, abilità di
comunicazione, autoconsapevolezza e capacità di fronteggiare lo stress.
Il training, inizialmente ideato per promuovere abilità per la prevenzione dell’uso di sostanze, può essere realizzato con
ragazzi delle scuole primarie e secondarie. Le componen! principali si suddividono in 3 aree:
1. Abilità personali: relazione dell’individuo con sé stesso, i propri vissu!, emozioni e problemi
2. Abilità sociali: perme7ono di costruire relazioni posi!ve e poter usufruire di sostegno, aiuto, condivisione
3. Abilità e conoscenze per resistere alla pressione (dei coetanei, dei media, ecc.)
Una variante è il Life Skills Training Parent Program, finalizzata a promuovere relazioni posi!ve e comunicazione con i
genitori.

CARATTERISTICHE, LIMITI e VANTAGGI dei Training


Cara7eris che: a vità di !po individuale con azione universale, u!lizzato per prevenzione sele va indicata. Si
svolgono principalmente in gruppo. Può essere effe7uato dire7amente dallo psicologo (modalità dire7a), da non
professionis! (modalità indire7a) o con operatori (training for trainers). Occorre creare a vità che perme7ano la
generalizzazione nei diversi contes!, per facilitare il mantenimento dell’apprendimento
Limi : inadeguata preparazione dello psicologo nel ges!re le tecniche forma!ve, mancata coincidenza bisogni
gruppo/training, incapacità di creare gruppo e saldare un adeguato contra7o forma!vo con i partecipan!, generando
boico7aggi
Vantaggi: tecnica flessibile, efficace per far passare messaggi e apprendimen! a popolazioni target.

Lavorare sul MICROLIVELLO: il MENTORING, le FAMIGLIE, la PEER EDUCATION, i GRUPPO DI AUTO-AIUTO


Agire sul microlivello è un’azione importante per lo psicologo di comunità: lavorare sugli individui del sistema sociale,
significa creare risorse nuove che verranno mantenute nel tempo e porteranno benefici ad un numero elevato di
individui.
Il Mentoring: relazione uno-a-uno che si basa sulla teoria dell’apprendimento di Bandura, che considera essenziale il
ruolo di modelli posi!vi nello sviluppo dell’individuo
Se u!lizzato con ragazzi a rischio = intervento sele$vo/indicato, azione di !po indire7o con l’uso di non
professionis
Mentee: il sogge7o affiancato è solitamente un individuo in difficoltà, non così gravi da richiedere aiuto
professionale
Mentor: volontario, figura non is!tuzionale, capace di creare un rapporto genuino ed empa!co, tale da farlo
diventare un modello posi!vo. Deve seguire un percorso di formazione.
La relazione è asime7rica ma tende all’orizzontalità: il rapporto s!mola la partecipazione a va e favorisce
l’autonomia.
Obie$vo: potenziare l’empowerment di entrambi i sogge coinvol!, a cui si aggiungono altri obie vi specifici del
proge7o, che si raggiungono stando insieme. Difficoltà: trovare volontari, durata lunga che può generare
cambiamen!, coinvolge diversi a7ori. Occorre flessibilità e problem solving per ges!rla al meglio
Efficacia: miglior benessere psicologico, più autos!ma e più adeguato sviluppo emo!vo. I risulta! sono fortemente
influenza! dal rapporto instauratosi tra mentor e mentee. Appaiono più efficaci i programmi di mentoring connessi
all’ambiente scolas!co

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 13


Le 4 fasi del mentoring:
1. Ideazione del proge7o e a$vazione: analisi del contesto e delle preceden! azioni per selezionare a vità
più adeguate a raggiungere gli obie vi prefissa!; poi creazione del gruppo di lavoro e conta con le scuole
2. Proge7azione: individuare obie vi specifici del proge7o, delle a vità e dei tempi della formazione dei
mentors
3. Realizzazione:
promozione del programma,
ricerca dei mentors,
individuazione dei mentees,
selezione e formazione mentors,
affiancamento dei sogge e supervisione
4. Valutazione: monitoraggio con!nuo e valutazione di processo e di efficacia

Un esempio nella ns. università, nato nel 1997: il Proge7o Mentor-Up


Applicazione a ragazzi delle scuole medie (mentees), u!lizzando come mentors studen! della laura triennale in
psicologia.
Obie vi: sostegno ges!one disagio sociale, promozione partecipazione a va, incremento autos!ma, incremento
sostegno sociale.
Fasi: selezione e formazione mentors e, parallelamente, selezione mentees; formazione coppie mentee-mentor,
incontri tra mentor e mentee, a frequenza se manale; durante tu7o il periodo, incontri di supervisione a piccoli
gruppi e a vità di valutazione a7raverso ques!onari e schede

Le FAMIGLIE: contesto primario su cui agire per o7enere modificazioni comportamentali


I genitori sono i principali modelli comportamentali; una comunicazione posi!va, uno s!le genitoriale autorevole e
la ges!one posi!va dei confli perme7ono maggiori competenze per la crescita. Lavorare con loro non è facile,
poiché si pongono, nei confron! dei professionis!, in modalità ambivalente: chiedendo aiuto (o demandandolo) e
guardando con estremo sce cismo le a vità proposte.
È importante lavorare sulle mo!vazioni dei genitori, diventando per loro una risorsa (non un ulteriore problema),
magari svolgendo le a vità di sera, prevendendo a vità parallele per i figli, evitando giornate difficili (quali il
venerdì o il weekend), proponendo tavoli di lavoro intera vi e a vità che non prevedono spostamen!.
Un esempio efficace è il Triple P Program: Posi!ve Paren!ng Program, a sostegno della genitorialità e della famiglia,
svoltosi in Svizzera. Il “segreto del suo successo è stato rendere il percorso un appuntamento con!nua!vo, che ha
permesso di sfru7are il passaparola (in grado di abbassare il pregiudizio e ridurre gli ostacoli di partecipazione)

La PEER EDUCATION: intervento tra pari, implica l’uso di membri di un determinato gruppo per agire il cambiamento
sugli altri membri dello stesso gruppo.
Finn: “il condividere informazioni, a7eggiamen! o comportamen! a7raverso i ragazzi che non hanno qualifiche
professionali di educatori ma il cui obie vo è educare”. Altri hanno enfa!zzato il rapporto di educazione-influenza
reciproca. Viene u!lizzata spesso nelle scuole per tra7are argomen! quali la sessualità o l’uso di droghe.
L’esperto è un coetaneo, preparato a7raverso uno specifico training, che veicola messaggi preven!vi e promuove
Il dialogo su alcuni argomen!. Sfru7a un canale comunica!vo naturale, quello tra pari.
Teorie che ne sostengono l’efficacia:
o Teoria dell’apprendimento sociale di Bandura: so7olinea l’importante ruolo dei pari, come modello
comportamentale
o Teoria dell’azione ragionata di Fishbein e Ajzen: per influenzare il comportamento è necessario agire sulle
norme sociali (su cosa i ns. pari pensano o credono di un determinato comportamento)
o Teoria della diffusione delle innovazioni di Rogers 1969: i pari possono fungere da opinion leaders
o Teoria della “partecipatory educa!on”1972

Fasi di svolgimento:
o Reclutamento dei peer: sogge fortemente acce7a! dal gruppo, non coinvol! a vamente nel
comportamento nega!vo da prevenire
o Formazione: partecipazione a va, in grado di facilitare conoscenza dell’argomento e abilità comunica!ve
necessarie
o Azione dei peer: che può avvenire in situazioni naturali, così come in contes! forma!vi specifici
o Sostegno e monitoraggio dei peer: supervisione con!nua e sostegno tecnico, sociale e psicologico
o Valutazione: di efficacia finale sul target o sui peer stessi

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 14


Pun di forza: valutazione di efficacia ancora limitata. Risulta! efficaci su prevenzione comportamen! a rischio e
consumo sostanze; i risulta! si evidenziano anche a un follow-up di due anni.
Non funzionano: se i peers sono solo uno strumento nelle mani degli adul!, se i programmi si focalizzano solo
sul passaggio di informazione (trascurando aspe relazionali ed emo!vi), se di breve durata, se non c’è
condivisione di obie vi e finalità con i giovani e le is!tuzioni coinvolte nel programma.
In Italia: prevenzione del consumo di alcool con la peer educa!on => risulta!: aumento della capacità dei peer
educators di resistere alle pressioni dei pari, no incremen! di consumo nel gruppo target

I GRUPPI di AUTO-AIUTO: piccoli gruppi volontari, compos! da persone con un problema comune e desiderio di
superare efficacemente il momento di difficoltà
Nascono negli anni ’30, con la creazione del gruppo Alcolis! Anonimi. La proliferazione è dovuta al tenta!vo di
colmare alcune lacune nei servizi ufficiali.
Il ruolo del professionista è marginale e i componen! del gruppo non vengono forma! né segui!
Livello micro: è a7raverso il gruppo e le sue dinamiche che avviene il cambiamento individuale
Aiuto di !po: universale, sele$vo e indicato.
Sfru7ando le potenzialità delle relazioni orizzontali (tu i membri detengono lo stesso valore), possono fornire
sostegno agli altri componen!.
Cara7eris che principali
- Scopo: fornire aiuto, migliorando la propria e altrui situazione a7raverso il confronto e il sostegno di persone
che possono capire
- Origine: dal gruppo stesso, perché le persone sentono di dare aiuto
- Fonte d’aiuto: i membri stessi
- Composizione: membri con un problema comune
- Controllo: so7o il controllo dei membri, raramente è presente un consulente/supervisore
Tipologie:
- Controllo del comportamento e riorganizzazione della condo a: interven! di !po indicato (sono coinvol!
sogge con problema!che già presen!)
- Sostegno e difesa dallo stress: i componen! stanno vivendo una crisi, nega!va (divorzio, mala a, handicap)
oppure posi!va destabilizzante (nascita figlio): interven! sele vi
- Crescita personale e autorealizzazione: spazi per la crescita e l’empowerment individuale. Di !po universale.
- Azione sociale: azione rivolta all’esterno per portare cambiamen! generali alla comunità in cui si vive. Interven!
di !po universale. La psicologia di comunità è interessata maggiormente a questo !po di gruppo.
Se il gruppo funziona, ci si trova di fronte ad un bivio: chiudere l’esperienza o porsi nuovi obie vi, stavolta esterni,
trasformandosi.
Ruolo psicologo di comunità: consulente esperto, creazione/promozione di nuovi gruppi, aiuto nell’integrazione con
il sistema formale di cura, mappatura dei gruppi esisten! e delle loro cara7eris!che
Efficacia: basso costo, fortemente lega! ai bisogni dei partecipan!, meno s!gma!zzan! rispe7o a servizio ufficiale e
più facilmente disponibili.
Svantaggi: diventano nega!vi se autoreferenziali e chiusi verso l’esterno, se creano dipendenza e non favoriscono
autonomia, se scatenano disuguaglianze interne e lo7a al potere

Azioni a livello di ORGANIZZAZIONE, COMUNITA’ LOCALE e MACROLIVELLO, che producono cambiamen! di !po
stru7urale, relazionale e legisla!vo
Il LAVORO DI RETE
Metodo: lavoro di rete. A vare l’insieme dei gruppi, en!, associazioni servizi di un contesto – defini! “rete” –
coinvol!/interessa! da un problema per risolverlo in un’o ca collabora!va, unendo cara7eris!che/specificità/risorse di
ciascuno, evitando la duplicazione di interven! e finanziando nuove inizia!ve. Realizzazione congiunta dei proge .
Forme di collaborazione: livello minimo (scambio di informazioni), medio (segnalazione di un problema), terzo
(collaborazione sul caso), quarto (collaborazione su un problema)
Ostacoli: possibilità di minaccia autonomia, background teorici difficilmente coniugabili, sbilanciamento cos!-benefici
Aspe facilitan!: accodi rispe7o a chi-fa-cosa, buona comunicazione, presenza di organizzazioni con obie vi affini,
disponibilità di fondi, consapevolezza dell’efficacia dell’interdipendenza, ges!one coordinata delle a vità/decisioni con
pari dignità/responsabilità a7raverso la siglatura di un protocollo d’intesa.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 15


La CONSULENZA AI POLITICI o DIRIGENTI DI ORGANIZZAZIONI
Presentare i risulta! delle proprie ricerche ai poli!ci/decisori per fare in modo che vengano prese in considerazione. In
modalità partecipa!va, facilitare processi vol! a cambiare norme, leggi e regolamen!. Questo è facilitato dall’avere i
poli!ci come commi7en! della ricerca stessa.
Le NUOVE TECNOLOGIE e le COMUNITA’ ONLINE
Gli smartphone sono strumen! economici, di semplice u!lizzo, grande flessibilità e trasportabili; pertanto perme7ono di
raggiungere ampie fasce della popolazione, di essere segui! in tempo reale e di sperimentare se ng diversi. In ambito
della salute sono ancora poco u!lizza!; a7ualmente sono state sperimentate app per la promozione della
consapevolezza delle proprie emozioni e la coerenza tra valori e comportamento.
A livello di relazioni sociali, da un lato favoriscono i rappor! a distanza (tra famigliari/amici lontani) e l’integrazione di
persone con handicap e difficoltà relazionali; dall’altro diminuiscono il livello di fiducia ed empa!a, oltre a ridurre legami
con il vicinato.
Le community networks sembrano ridurre questo problema, in quanto i membri vivono nello stesso quar!ere/area
geografica e si scambiano informazioni su servizi/even!/bisogni concre!, creando un’occasione per un’interazione più
frequente tra residen!. Non è de7o, però, che questo compor! un aumento del capitale sociale.
A volte ques! strumen! vengono crea! dai professionis!, ma molto spesso arrivano dai ci7adini stessi, come il Social
Street, nato dall’esperienza del gruppo FB “Residen! di Via Fondazza” di Bologna, creato con l’obie vo di contrastare
l’impoverimento delle relazioni di vicinato.
La valutazione dell’impa7o di ques! strumen! sulla vita sociale di una comunità è urgente.

CONCLUSIONI

Le diseguaglianze socio-economiche con!nuano a crescere, i poli!ci stanno a guardare ed i ci7adini sembrano incapaci
di unire le forze ed a varsi.
Pensando al modello di Bronfenbrenner, è possibile individuare il “global-livello” che rappresenterebbe gli effe della
globalizzazione sui comportamen! e la salute.
Come sosteneva Bandura, esistono due esigenze fondamentali dell’esistenza umana: l’agency (essere persone in grado
di esercitare un’azione trasforma!va sul mondo) e la communion (spinta che porta alla ricerca dell’altro).
Uno dei temi futuri della disciplina, potrebbe essere la felicità, sulla quale si stanno acquisendo svariate evidenze
empiriche circa altri fenomeni correla! e i suoi predi7ori.

Riassunto manuale Psicologia di Comunità 16

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