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Il principio dell’empowerment mette in rilievo la necessità di considerare le dinamiche di potere che caratterizzano
la relazione tra i professionisti e gli utenti di un servizio o i soggetti di una ricerca. Questo comporta l’apertura a
interpretare insieme ai soggetti i risultati di una ricerca attraverso l’utilizzo di metodologie partecipative, e la
capacità di scegliere la strategia migliore per affrontare i problemi della comunità insieme ai membri che ne fanno
parte, considerati come depositari di conoscenze e competenze fondamentali per il lavoro dei professionisti.
CAPITOLO 2:
LE ORIGINI DELLA PSICOLOGIA DI COMUNITÀ
Le origini e la nascita
I valori che ispirano, insieme ai principi teorici e alle strategie d’intervento, sono stati fortemente influenzati dagli
eventi storici e politici di quel periodo. Secondo Seymour Sarason, queste radici sono da ricercare nell’evoluzione
sociale e culturale degli Stati Uniti iniziata con l’inizio della WW2.
Eventi:
• Durante e dopo la WW2 Nel mondo universitario avvengono due cambiamenti:
→ 1. l’apertura della psicologia accademica verso l’intervento sociale
2. l’apertura della psicologia accademica verso la psicologia clinica
La psicologia accademica inizia ad interessarsi a questioni sociali rilevanti, come lo studio dei processi individuali di
dominio e sottomissione che hanno condotto alla tragedia della guerra. Allo stesso tempo, la psicologia clinica
inizia ad assumere un ruolo importante nell’affrontare i problemi sociali creati nel dopoguerra.
Nel 1948, Lewin teorizza la partecipazione attiva dello sperimentatore alle ricerche e la necessità di occuparsi di
problemi reali che interessano le persone.
Nello periodo, Skinner ipotizza l’applicazione delle sue teorie in funzione del cambiamento sociale attraverso
l’elaborazione della comunità di Walden 2, in cui Skinner immagina una comunità utopistica in grado di raggiungere
uno scopo molto ambizioso: un’organizzazione più funzionale rispetto alle società moderne in cui le persone
possono sviluppare al meglio le proprie potenzialità vivendo pacificamente.
• Fine degli anni ‘50 Gli Stati Uniti perdono la corsa allo spazio con l’Unione Sovietica; questa → sconfitta ferisce
l’orgoglio nazionale e genera grande preoccupazione. Tutto ciò si concretizza in una severa autocritica dell’intera
società. Secondo Sarason, questo evento concorre a trasformare quel contesto sociale, in quanto vengono attivate
molte misure per migliorare il sistema educativo e valorizzare le risorse intellettuali di ogni categoria sociale.
• Gli anni ‘60 Grandi riforme promulgate da Kennedy e Johnson.
In questo periodo vengono → poste le basi concrete per la realizzazione degli interventi di comunità. Si ricordano:
1. Community Mental Health Center Act → Riduce i ricoveri negli ospedali psichiatrici e amplia l’offerta di trattamenti
al cittadine all’interno della propria comunità di residenza.
2. War on Poetry Introduce riforme in senso socio socioassistenziale. →
3. Il programma Head Start del 1965: : programma del Department of Health and Human Service degli Sta! Uni!, is!
tuito per fornire a bambini e famiglie provenienti dai ceti più svantaggiati servizi comprensivi di educazione, salute e
nutrizione. Proge7ato per ridurre le disuguaglianze, cominciando nella fase prescolastica, a7raverso a vità di
sostegno emotivo e sociale, di educazione alla salute e nutrizione. Filoni di intervento: Early Head Start (per bambini
fino a 3 anni), Head Start (per bambini 3-5 anni), Migrant and Season Program Branch (per immigra! e lavoratori
stagionali). I servizi offerti sono tu orienta! a parificare le condizioni di accesso alla scuola primaria; i servizi sociali
lavorano in collaborazione con la famiglia allo scopo soprattutto di fornire l’accesso alle risorse presenti nella
comunità.
In seguito a questi cambiamenti sociali: Swampscott, 1965: un ristretto gruppo di psicologi e operatori della salute si
riunisce. Questo evento è il primo atto formale di fondazione della disciplina, durante il quale prende forma e
significato l’espressione “psicologia di comunità”, che invita a ricercare anche nell’ambiente sociale la causa dei
problemi e le risorse per la loro risoluzione. La comunità entra così nella psicologia clinica come luogo in cui si
generano e si manifestano patologie e all’interno del quale possono essere risolte, soprattutto in chiave preventiva.
Nonostante lo spostamento paradigmatico, fino ai primi anni 70 la psicologia di comunità si limitò a occuparsi della
malattia mentale. In seguito, gli psicologi si svincolano dal trattamento della patologia psichica e si orientano verso
problematiche sociali più generale, seguendo il paradigma ecologico, dove gli oggetti di studio e di intervento sono
gli “individui in situazione” e l’obiettivo principale delle ricerche e degli interventi è il cambiamento sociale
complessivo. Ciò significa concettualizzare aspetti individuali a un livello collettivo, il che la avvicina ad altre
discipline come la salute pubblica, l’epidemiologia, la sociologia e l’antropologia. Questo ha portato a fare
dell’interdisciplinarità una caratteristica distintiva di tutti gli psicologi di comunità.
Il modello di Barbara Dohrenwend → relazione tra classe sociale e disturbi mentali. Questo modello sposta l’accento
relativo all’eziologia dei disturbi dalle caratteristiche individuali alle caratteristiche di alcuni gruppi sociali, come, per
esempio, i poveri. Il modello:
• pone l’accento sull’interazione fra fattori contestuali e individuali nello sviluppo della psicopatologia
• pone attenzione al concetto di stress psicosociale
• pone l’accento sulla possibilità di concentrarsi sui singoli individui ma anche su interventi che si occupano
dell’ambiente più allargato
• permette ai professionisti di pensare a interventi di prevenzione → È stato introdotto allo scopo di fornire una
cornice concettuale euristica che pone al centro il concetto di stress psicosociale e che aiuta a pensare ai problemi
delle persone in termini alternativi rispetto a quelli di diagnosi e malattia. Il modello quindi può essere
euristicamente utilizzato per guidare strategie mirate a incrementare la qualità della vita e il benessere o per la
prevenzione di disordini e psicopatologie.
Il senso di comunità
All’interno di questa visione “ecologica” del disagio, un obiettivo comune diviene la crescita dell’intera comunità,
ottenibile attraverso la redistribuzione delle risorse, la quale a sua volta avviene attraverso la promozione della
partecipazione attiva delle persone e la condivisione del potere “
→ senso di comunità”: sentimento di appartenenza e partecipazione attiva degli individui alla vita comunitaria. Il
senso di comunità diventa una pietra miliare e un valore centrale della disciplina. Dal punto di vista operativo, il
senso di comunità è il valore sovraordinato attraverso cui giudicare gli sforzi per cambiare ogni aspetto del
funzionamento di una comunità. Uno dei suoi elementi costitutivi è la disponibilità a dare agli altri.
Sarason definisce la “comunità” come:
• la percezione di similarità con gli altri dimensione: → similarità.
• un’accresciuta interdipendenza con gli altri mantenuta grazie alla disponibilità a offrire o fare per gli altri ciò che
ci si aspetta da loro dimensione: → interdipendenza, ovvero la consapevolezza dei legami inevitabili tra il proprio
agire e l’agire altrui.
• la percezione di essere parte di una struttura pienamente affidabile e stabile dimensione: → vissuto di
appartenenza, ovvero il riconoscimento della comunità stessa come contenitore che racchiude e accomuna i membri
appartenenti. McMillan e Chavis definiscono il senso di comunità come un sentimento che gli individui hanno di
appartenere e di essere importanti gli uni per gli altri, unita a una fiducia condivisa che i bisogni dei membri
saranno soddisfatti dal loro impegno a essere insieme.
Per comprendere il modo in cui il senso di comunità può operare, essere definito e misurato, propongono 4 fattori:
1. appartenenza 2. influenza 3. integrazione e soddisfazione dei bisogni 4. connessione emotiva condivisa
A livello comune, tutti gli studi condotti hanno confermato che il senso di comunità risulti legato a: • un alto livello di
benessere individuale • agli affetti piacevoli • all’autoefficacia • bassi livelli di solitudine e ritiro depressivo Il senso
di comunità è stato messo in relazione anche con le capacità individuali di risoluzione dei problemi e di
fronteggiamento di eventi stressanti.
Il storico contesto italiano La Psicologia di Comunità italiana nasce intorno alla seconda metà degli anni Se7anta,
con un decennio di ritardo rispe7o a quella statunitense. La data di inizio viene fa7a coincidere con l’anno di uscita
del volume scri7o da Donata Francescato per Feltrinelli nel 1977. Otre che nel cinema, nella musica e nell’editoria,
segnali di un forte a7acco all’approccio tradizionale alla malattia mentale, sono iden!ficabili già nel 1968: Franco
Basaglia decide, con il supporto dei più importan! fotografi italiani, di documentare le condizioni di vita delle “ is!
tuzioni totali” (manicomi). Ne nasce, nel 1969, un volume dal !tolo “Morire di classe” che sfocerà nella famosa legge
del 1979. Dall’inizia!va congiunta di Donata Francesco e di un gruppo di professionis! dell’ARIPS di Brescia, la
psicologia di comunità comincia a muovere i primi passi. Nel 1994 viene fondata la SIPCO: Società Italiana di
Psicologia di Comunità. Nasce inoltre la prima rivista del se7ore: “Rivista di psicologia di comunità”.