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SALUTE MENTALE
PSICOLOGIA CLINICA
La psicologia clinica costituisce una degli ambiti di ricerca e intervento professionale della
psicologia il cui dominio di applicazione concerne i problemi di adattamento, i disturbi del
comportamento, gli stati e condizioni di malessere e sofferenza allo scopo di valutarli e
prendersene cura con mezzi psicologici per facilitare e sostenere il benessere e lo sviluppo
cognitivo, emotivo e relazionale delle persone
Ci sono 2 ambiti
- PSICODIAGNOSTICO = diagnosi, valutazione
- DI CURA
La psicologia clinica si contraddistingue per le teorie, i metodi e gli strumenti di intervento finalizzati
alle attività di prevenzione, valutazione, abilitazione-riabilitazione e sostegno psicologico, con
particolare riguardo alla comprensione della domanda dell’utente individuale e collettivo (coppia,
famiglia, gruppi, organizzazione e comunità), alla psicodiagnostica e agli interventi di aiuto e
sostegno, compresi quelli strettamente psicoterapeutici
Attività professionali dello psicologo clinico sono
- Diagnosi delle caratteristiche di personalità e assessment delle caratteristiche
personali, delle risorse psicosociali, dei bisogni e delle aspettative nelle diverse fasi di età,
mediante strumenti quantitativi (test) e qualitativi (osservazione diretta, colloqui clinici,
intervista narrativa);
- Scelta o costruzione, adattamento e standardizzazione, somministrazione e interpretazione
di strumenti di indagine psicologica funzionali alla sintesi psicodiagnostica (test,
questionari su abilità cognitive, interessi, motivazioni, personalità, atteggiamenti, interazioni
di gruppo e sociali, sindromi patologiche ecc)
- Assessment del grado di adattamento di un individuo al gruppo o alle comunità di cui
fa parte, analisi delle eventuali dinamiche conflittuali interpersonali e consulenza per la
negoziazione e mediazione di tali conflitti
- Assessment delle caratteristiche genitoriali per l’idoneità all’adozione e affidamento
- Assessment delle situazioni di maltrattamento di minori e proposte di intervento
- Valutazione dell’entità dell’handicap e delle capacità residue dal punto di vista
neuropsicologico, psicologico e psicosociale
- Interventi di psicoterapia, riabilitazione comportamentale, rieducazione funzionale e
integrazione sociale volti a ripristinare il benessere bio-psico-sociale dell’individuo delle
diverse fasi del suo ciclo di vita anche nel contesto della famiglia, dei gruppi sociali e delle
comunità
- Sostegno psicologico ai pazienti ospedalizzati ai loro famigliari ed agli operatori di tali
strutture, con specifico riguardo ai percorsi diagnostico-terapeutici per pazienti in particolari
condizioni critiche acute e croniche
- Supervisione individuale e di gruppo rivolti ai vari operatori della salute per prevenire
burn-out
Lo psicologo clinico nell’attività lavorativa quotidiana collabora con altre figure professionali
che operano nel campo sociosanitario, ma anche con genitori e familiari degli utenti
Le patologie che più tratta sono
- Ansia
- Depressione
- Difficoltà a gestire le emozioni o lo stress
- Disturbi della personalità
- Disturbi dell’alimentazione
- Importanti cambiamenti che si trasformano in fonti di stress (lutti, separazioni, nascita del
primo figlio, cambio di lavoro)
- Necessità di sostegno a causa di problemi di salute propri o di familiari (diagnosi di tumore,
malattia croniche invalidanti)
- Problemi di coppia
PSICOTERAPIA
Lo psicologo psicoterapeuta opera per offrire ai pazienti un percorso di diagnosi e cura volto al
superamento delle difficoltà psicologiche
L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale,
da acquisirsi dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia mediante
corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e
addestramento in psicoterapia
Psicoanalitico-psicodinamico
In questo modello l’inconscio riveste un ruolo fondamentale nel determinare il comportamento della
persona ed il suo benessere psichico. Il terapeuta deve interpretare e rimanere neutro e la
psicopatologia non è altro che la mancata risoluzione dei conflitti inconsci
Viene usato per qualcosa di molto profondo e per lungo tempo (richiede anche anni di
psicoterapia), non per una crisi momentanea nel qui e ora
Umanistico-esistenziale
Parte del presupposto che ogni persona vive in un mondo proprio, soggettivo e quindi le
esperienze soggettive non possono essere spiegate secondo modelli riduttivi e deterministici
Il focus è sul qui e dora e la psicopatologia è la fuga dall’angoscia esistenziale ed è legata al
blocco della consapevolezza
Cognitivo-comportamentale
Ciò è importante è come il soggetto interpreta e valuta gli eventi della vita, che significato gli dà, le
sue aspettative ecc, in questo modello il terapeuta è direttivo, insegna tecniche per guidare il
paziente al cambiamento dei modi di pensare e agire e corregge ciò che è disfunzionale. La
psicopatologia è costituita da modi disfunzionali di valutare la realtà e gli eventi che si verificano
Sistemico-familiare
Ciò che è rilevane in questo tipo di modello è il contesto, non l’individuo isolato ma nel suo
ambiente familiare ed in interazione nel proprio ecosistema. La famiglia è intesa come sistema,
l’attenzione è rivolta al contesto in cui si verifica il comportamento dell’individuo e al modo in cui
ogni membro influenza gli altri ed è da questi influenzato. Il terapeuta è parte attiva del sistema
relazione, mentre la psicopatologia è correlata ad una crisi del normale processo evolutivo e ad
una mancata differenziazione di sé → quindi il sintomo (depressione, ansia) viene letta e vista
come una crisi nel processo evolutivo che una persona fa nei passaggi critici del ciclo evolutivo
della persona (per esempio: adolescenza → disturbo alimentare)
Bio-funzionale corporeo
In questo modello il terapeuta ha un ruolo attivo e lavoro sull’esperienza corporea cercando di far
fluire le emozioni bloccate nel corpo e sciogliere l’armatura corporea per poter riconquistare sé
stessi. La psico patologia è legata alle tensioni muscolari usate come difese da emozioni represse
e ad un mancato equilibrio tra carica e scarica energetica
È opposto al modello cognitivo-comportamentale che è top-down (parte da quello che il pz pensa
di sé, sulle proprie capacità per cercare di sbloccare una situazione di difficoltà del pz), il modello
bio-funzionale fa l’inverso, è button-up cioè parte da come il mio corpo dà dei segnali per capire
che c’è una crisi. Non parte dalla narrativa del paziente, ma dal suo linguaggio del corpo
NORMALE
NEVROTICA
Viene valutata che ci sia
- Solida identità dell’io
- Meccanismi di difesa basati sulla rimozione
- Eccellente esame di realtà
BORDERLINE
- Diffusione dell’identità (mancanza di un concetto integrato di sé e degli altri significativi)
- Meccanismi di difesa primitivi
- Esame di realtà mantenuto (ma soggetto a fluttuazioni sotto stress)
PSICOTICA
- Labilità dell’io (non distinzione tra sé e oggetto)
- Meccanismi di difesa primitivi
- Esame di realtà costantemente disturbato
Può essere definita una teoria dello sviluppo affettivo e relazionale, che rinosce alle esperienze
interattive precoci con il caregiver la capacità di fornire al bambino modelli rappresentazionali di sé
e degli altri stabili (che userà anche in futuro), improntati alla sicurezza e all’autostima, utili a
formulare previsioni sul mondo e a mettersi in relazione con esso
L’esperienza affettiva di attaccamento si organizza in Modelli Operativi Interni (MOI) della figura
di attaccamento e del sé che rappresentano l’esperienza vissuta nelle relazioni interpersonali con
le persone che si prendono cura del bambino
➔ Da 0 a 3 anni si struttura questa esperienza affettiva di attaccamento che poi diviene un
MOI che poi il bambino userà da adulto nelle relazioni
➔ Caratteristica centrale dei MOI riguarda la disponibilità attesa della figura di attaccamento,
intesa come accessibilità e responsività. Un individuo che ha sviluppato un MOI della figura
di attaccamento come amorevole e pronta a sostenerlo può costruire un modello
complementare del sé come degno di sostegno e amore
➔ Le precoci relazioni con le figure di attaccamento possono cambiare la struttura
neuroanatomica coinvolta nel funzionamento del sistema di attaccamento e influenzano le
competenze cognitive, emotive e metacognitive della persona
Nella sua teoria Bowlby intuisce come questo riveste un ruolo centrale dell’individuo influenzando
lo sviluppo della sua personalità
➔ “L’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”
ATTACCAMENTO SICURO
• Separazione: pianto e protesta
• Ricerca di riunione con la figura di attaccamento
• Genitore: riconoscimento del bisogno di cure che viene giudicato normale e legittimo
➔ Questi bambini mostrano un’indifferenza verso il genitore inadeguata rispetto all’età, sono
fisicamente scostanti e non rispondono ai tentativi di coinvolgimento, mostrano tono
dell’umore neutro
➔ Questi bambini mostrano un’eccessiva dipendenza dal genitore, sono inibiti per quanto
riguarda l’esplorazione autonoma, mostrano un tono dell’umore neutro o negativo, possono
apparire molto turbati, le richieste di coinvolgimento possono essere scandite da ansia,
lamento ed altre espressioni emotive negative
ATTACCAMENTO DISORIENTATO-DISORGANIZZATO
• Separazione: comportamenti contraddittori e simultanei (sembra tranquillo ma poi piange)
• Nella riunione con la FdA fa segnali sequenziali di affetto/collera (abbraccia ma respinge)
• Genitore: in genere ha un’incapacità a far fronte alle richieste di attaccamento del bambino
➔ È il modello che porta più problemi in età adulta sia nella coppia
➔ Sono adulti non risolti
STILE SICURO
Fiducia in sé e nelle relazioni che offrano e meritino amore, conforto, sostegno
Sono individui solidi ed equilibrate con buone capacità di adattamento
STILE EVITANTE
Paura dell’intimità, rifiuto di dipendere dagli altri e di esprimere i propri sentimenti, mancanza di
fiducia nell’altro
È uno stile dove la persona non chiede aiuto, non si pone in relazione, non si fida di nessuno
STILE ANSIOSO/AMBIVALENTE
Percezione dell’altro come incapace di soddisfare le richieste d’amore e vicinanza, forte desiderio
fusionale, dipendenza dal partener, intrusività, gelosia, emozioni amplificate
Pz che si lamenta molto, chiama in continuazione ma non manifestando il bisogno bensì attraverso
il sintomo
STILE DISORGANIZZATO
Scissione degli aspetti emotivi da quelli cognitivi, difficoltà a mantenere la giusta distanza nelle
relazioni, sentimenti di impotenza e ostilità nei confronti dell’altro, manifestazioni di aggressività o
franca violenza, utilizzo di strategie controllanti/punitive o controllanti/accudenti o
controllanti/sessualizzate o controllanti/vittima per mantenere la vicinanza con l’altro
Stati emotivi
- Minaccia e paura
- Frustrazione e ferita narcisistica
- Ansia e depressione
La persona ricoverata passa da uno stato di persona sana a uno di persona malata e si sente
minacciata da questa situazione
Questi stati emotivi che il paziente attraversa sono molto legati alla natura della malattia, ai
fattori di personalità e al contesto sociale
Gli aspetti psicologici del ricovero ospedaliero riguardano l’ambiente in cui la persona si trova sia
fisico che sociale → c’è un passaggio da PERSONA a PAZIENTE
PAZIENTE → si sente minacciato, frustrato, in ansia, depresso
FAMIGLIA → media gli stati emotivi del paziente, la sua reazione
Quindi abbiamo detto che le reazioni del paziente sono strettamente legati alla natura della
malattia (stato clinico del pz), alla personalità del pz, ma anche all’atteggiamento dell’equipe
clinico-assistenziale → attenzione alla reazione, attenzione ai bisogni del pz, informazioni, tempo
→ IMPORTANTE PER L’ASPETTO PSICOLOGICO DEL PZ!!!!
La riorganizzazione è la fase finale che avviene se tutto va per il meglio dove il paziente trova un
nuovo equilibrio emozionale che si fonda su un rinnovato stile di vita seppur in una condizione
diversa da quella precedente. Si tratta di una condizione relativamente stabile che può però essere
minacciata da evoluzioni sfavorevoli
COPING
Il concetto fa riferimento a come le persone affrontano le situazioni che vengono percepite come
stressanti, sia quotidiane sia straordinarie allo scopo di attivare l’individuo a fare qualcosa per
dominare l’evento e controllare le proprie emozioni
Più in generale per coping si intende l’insieme dei comportamenti e delle strategie cognitive
adottate dagli individui in situazioni stressanti
COMUNICAZIONE e RELAZIONE
Legge 219/2017
TRAUMA PSICOLOGICO
Freud: eventi in grado si provocare una eccitazione psichica tale da superare la capacità del
soggetto di sostenerla o elaborarla; qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa – quale
paura, ansia, vergogna o dolore fisico – può agire da trauma
Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV edizione (DSM-IV) all’interno del
Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) definisce il trauma come un fattore estremo che
implica l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni
gravi o altre minacce all’integrità fisica; o la presenza ad un evento che comporta morte, lesioni o
altre minacce all’integrità fisica di un’altra persona
Anche per gli operatori sanitari ci sono eventi potenzialmente traumatici soprattutto nell’area onco-
ematologica e dell’emergenza-urgenza
Vittima – chi muore o chi subisce un grave danno in seguito a un incidente, a una calamità
naturale, a una malattia
C’è anche un elenco di vittime che necessitano di un intervento psicologico, vanno da I a VI tipo: III
tipo sono i soccorritori, operatori dell’emergenza/urgenza
Traumatizzazione vicaria
Le persone che lavorano quotidianamente a contatto con sofferenze acute, nonostante tendano a
sviluppare un’alta soglia di tolleranza agli eventi traumatici, possono manifestare disturbi
psicopatologici a breve o lungo termine a seguito della traumatizzazione vicaria. Quindi anche un
operatore sanitario può subire un trauma non per esposizione diretta, ma per il contatto con la
persona traumatizzata
➔ se io sto vicino, ascolto la persona traumatizzata possono incorrere a questa
traumatizzazione vicaria ovvero subire a mia volta una traumatizzazione
I fattori che influiscono sull’entità della risposta emotiva cioè cosa mi protegge e cosa no, cosa mi
espone di più al fatto che la mia soglia emotiva salti e quindi ho un’attivazione emotiva rispetto
all’evento che si trasforma poi in traumatico?
- Livello di coinvolgimento
- Livello del controllo
- Livello della minaccia
- Livello di assurdità
- Livello di preavviso
- Vicinanza fisica-psicologica
- Livello di stress nella propria vita
- Natura e grado di supporto sociale
- Supporto di colleghi e amici
- Supporto di familiari e possibilità di comunicazione
Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento traumatico ci
espone a un PTDS → è come se avessi una ferita e andassi a sbattere sempre sullo stesso punto,
questa prima o poi sanguina!! Stessa cosa con la ripetizione di un evento traumatizzante, più lo
ripeto più finisco per avere un PTSD → bisogna creare uno spazio di ascolto con uno psicologo
per gli operatori per condividere le proprie emozioni per proteggergli dalla possibilità di
un’esposizione alla traumatizzazione vicaria!!!
PTSD
Grandissimo impatto emotivo in seguito a trauma che non riesco a gestire e che si manifesta
spesso con pensieri intrusivi (è un flashback involontario che si manifesta nella vita quotidiana) e
perdita del senso di prospettiva su pericoli e benefici, sbilanciando il focus percepito verso i
pericoli. Ciò comporta la tendenza ad evitare qualsiasi situazione che possa ricordare o mettere
nella condizione di ripercorrere con la mente quell’evento traumatico, poiché troppo dolorosa da
sopportare a livello psicologico. Infine, per chi soffre di questa forma di trauma, il peso emotivo
dell’assistenza risulta particolarmente insostenibile
BURNOUT e COMPASSION FATIGUE (= fatica nel prendersi cura della parte emotiva dei pz/fam)
Burnout – fenomeno multidimensionale che si sviluppa nel
tempo e che si manifesta attraverso un disagio e che riguarda
le professioni di aiuto (infermieri, insegnanti ecc)
È un’ulteriore forma di compassion fatigue e comporta una
totale perdita di interessa nei confronti delle persone a cui il
professionista dovrebbe rivolgere le proprie attenzioni e cure.
Segni
- Disturbi fisici – astenia, turbe del sonno, turbe gastro-
intestinali, dolori dorsali, emicranie, influenze frequenti
- Disturbi comportamentali – cinismo, apatia, dipendenza
da alcool, umorismo e ironia di fronte alla sofferenza
- Disturbi psicologici – depressione, ansia, noia, collera,
gelosia, sfiducia, ruminazioni ossessive (= pensieri che
ritornano quelli e sempre quelli)
Riguarda tre dimensioni
- Esaurimento emotivo – sensazione di svuotamento, di perdita delle proprie energie
- Depersonalizzazione – riduzione di empatia, atteggiamento di distacco
- Realizzazione personale – crollo dell’autostima e autorealizzazione causato dalla
percezione di inadeguatezza nello svolgere il proprio ruolo
A differenza della compassion fatigue, il burnout è più spesso legato a cattiva gestione e
disorganizzazione reiterata nel tempo delle strutture e degli enti presso il quale si presta
servizio (eccessiva burocrazia, mancanza di personale), piuttosto che all’esposizione a specifici
problemi dei pazienti. Questo si ripercuote non solo sul professionista ma anche sulla qualità di
relazione e di cura con il pz, compromettendo di conseguenza l’intero sistema assistenziale
Inoltre il burnout può colpire professionista di qualsiasi ambito professionale, mentre la
compassion fatugue è particolarmente caratterizzante delle professioni di aiuto che operano a
stretto contatto con persone che hanno vissuto eventi traumatici
Un’altra differenza sta nella comparsa di segni evidenti di sofferenza:
- CF – sentimento che scaturisce immediato e acuto
- B – processo più progressivo e graduale
Qualsiasi informazione è sempre all’interno di una comunicazione che può essere verbale/non
verbale a sua volta contenuta all’interno di una relazione → se non c’è l’aspetto relazionale, l’info
non passa
Relazione
Comunicazione
Info
Rorgers identifica il termine relazione di aiuto come “il rapporto in cui almeno uno die protagonisti
cerca di promuovere nell’altro lo sviluppo, la maturazione, i funzionamenti ottimali e la capacità di
affrontare la vita”
➔ Si applica ad una situazione di difficoltà/disagio che con modalità comunicative adeguate
provoca un cambiamento e quindi un superamento delle difficoltà
ASCOLTO EMPATICO
Modalità di gestione del cambiamento attraverso attenzione/interesse che porta a la persona a
sentirsi valorizzata
Si realizza attraverso
- Ascolto passivo – comunicazione non verbale: contatto oculare e postura aperta, silenzio
accettane
- Ascolto attivo – comunicazione verbale: parafrasare (mi sembra che.. sta dicendo che. In
altre parole mi sta dicendo che..), fare domande (chiarire le cose, avere un quadro preciso
della comunicazione), feedback (esprimere la nostra reazione senza giudizio, deve essere
immediato e onesto e fatto per dare sostegno)
La nostra abilità di ascolto si riduce molto se l’altro è arrabbiato → non dobbiamo rispondere a
nostra volta con la rabbia
LA COMUNICAZIONE
4 tipi di comunicazione
OSSERVAZIONI I semplici fatti
No supposizioni, no deduzioni, no giudizi
PENSIERI Sono conclusioni ovvero deduzioni,
convinzioni, opinioni, teorie e rappresentano
un tentativo di sintetizzare le nostre
osservazioni
Spesso però contengono giudizi di valore
SENSAZIONI Parte più difficile della comunicazione perché
riporta la parte emozionale
La condivisione delle emozioni è fondamentale
nella costruzione dell’intimità
BISOGNI Nessuno tranne noi sa cosa vogliamo
Sono semplici affermazioni riguardo a ciò che
ci può piacere o aiutare e va detto in modo
chiaro e libero
MESSAGGI TOTALI
Sono messaggi che racchiudono tutti e 4 i tipi di comunicazione questo significa non tralasciare
nulla, non nascondere la propria rabbia, non soffocare i propri bisogni
Deve quindi riportare
- Osservazioni = cosa vediamo
- Pensieri = cosa pensiamo
- Sensazioni = cosa sentiamo
- Bisogni = di cosa abbiamo bisogno
MESSAGGIO PARZIALE
Messaggio che mando in cui manca qualcosa, sono pericolosi perché manca qualcosa di
importante. Sono di solito messaggi che mandano persone frustrate/arrabbiate
MESSAGGIO CONTAMINATO
Sono presenti degli elementi (conclusioni, emozioni, bisogni) in forma mascherata/coperta → il
contenuto è apparentemente semplice e diretto ma il tono di voce tradisce le emozioni
MESSAGGI DOPPI
Si verifica quando vengono dette contemporaneamente due cose in contraddizione tra loro
Preparare il messaggio
Il messaggio per arrivare all’altro deve essere preparato e questo implica: consapevolezza di sé
(qual è lo scopo della mia comunicazione), consapevolezza dell’altro (chi è il mio interlocutore?),
consapevolezza del luogo (deve essere tranquillo, devo avere tempo, che garantisca privacy)
I messaggi che do non devono ferire l’altro, quindi NON devono essere
- Etichette assolute – sei un’egoista, sei stupido
- Sarcasmo – copertura a rabbia e umiliazione
- Tornare sul passato
- Confronti negativi
- Minacce
Al contrario affinché siano buoni devono essere diretti
- Non dare per scontato che gli latri sappiano ciò che pensiamo o vogliamo
- No allusioni
Immediati – se ci sentiamo feriti o arrabbiati rimandare la comunicazione inasprisce i sentimenti,
parlare e chiarire subito ha 2 vantaggi principali: un feedback immediato aumenta la probabilità
che gli latri capiscano di cosa abbiamo bisogno e un aumento del livello di intimità perché vengono
condivide emozioni e sentimenti
Chiari – devono riflettere in modo completo i nostri pensieri, sentimenti, bisogni e osservazioni
Stili comunicativi
Ognuno di noi ha uno stile comunicativo prevalente
- PASSIVO – persone che nella comunicazione non esprimono mai direttamente pensieri,
desideri, ma cercano di farlo in modo indiretto con comportamenti non verbali (aggrottano
la fronte, pianto ecc)
- AGGRESSIVO – è in grado di esprimere cosa sente e cosa pensa ma a spese dei
sentimenti altrui perché lo fa in modo aggressivo, tende a soverchiare l’altro e fa suscitare
sensi di colpa e di risentimento a chi lo ascolta
- ASSERTIVO – quello ottimale, affermazioni dirette su nostre sensazioni, pensieri e bisogni
che consentono di comunicare con l’altro
La perdita
La morte di una persona rappresenta l’esperienza emotiva più dolorosa vissuta dagli esseri umani
Il mondo personale non potrà mai più essere lo stesso
Raccomandazioni per migliorare il colloquio con la famiglia in caso di una perdita inaspettata o di
una morte encefalica
- AVVIO/ACCOGLIENZA – il team incontra la famiglia per la prima volta e ci si presenta
- COMUNICAZIONE DELLA MORTE
- PROPOSTA DI DONAZIONE
- CONCLUSIONE
Queste fasi non vanno confuse
Comunicazione e proposta devono essere due fasi distinte perché prima la famiglia deve
rendersi conto della morta, in un colloquio successivo si può parlare della donazione
Bisogna inoltre stabilire una relazione di aiuto professionale basata su trasparenza, empatia e
supporto emozionale
Il colloquio deve essere sempre preparato perché è importante avere informazioni sulla famiglia e
la sede deve essere adeguata
È importante che ci sia anche l’infermiere al colloquio!!!
Sarebbe importante avere a disposizione degli elementi di supporto come il mediatore culturale,
lo psicologo, un rappresentante religioso
Non è appropriato limitare il numero di persone
La comunicazione della morte dovrebbe essere fatta dal MEDICO che ha avuto in cura il paziente
→ spiegare in modo chiaro che la persona è morta, spiegando le caratteristiche della morte
encefalica (certezza della cura, certezza della morte, dato di realtà)
La proposta di donazione dovrebbe essere fatta con chiarezza, direttamente e con semplicità
definita come scelta, opportunità, diritto
Il colloquio si conclude con le condoglianze mantenendo la relazione di aiuto fino al momento
finale
Il Centro Regionale Trapianti offre supporto psicologico per le famiglie dei donatori
Colloquio dono
- Fornire info e chiarire dubbi sul processo di donazione/trapianto
- Valutare processo di elaborazione del lutto
- Richiesta di supporto psicologico da parte della famiglia
- Utile alla famiglia per chiuder eil percorso
- Ribadire l’impossibilità di conoscere l’identità del ricevente
➔ Sindrome del segugio – la famiglia del ricevente cerca di conoscere il donatore e viceversa.
Non va bene, è pericoloso e non consentito dalla legge, rappresenta un ostacolo
all’elaborazione del lutto
Il ruolo del trauma e dello stress traumatico nei disturbi mentali: le esperienze sfavorevoli infantili
Le esperienze traumatiche vissute in epoca infantile hanno un grandissimo impatto nello sviluppo
della personalità e anche nello svilupparsi di disturbi mentali
Il lutto nell’infanzia come fattore di rischio aspecifico per l’insorgenza di problemi psicologici
Se c’è un bambino che deve entrare in terapia intensiva questa cosa va discussa con l’equipe e il
bambino deve essere PREPARATO