Sei sulla pagina 1di 17

Prima lezione 26/11

SALUTE MENTALE

Si riferisce ad una condizione di normalità, benessere ed equilibrio di tipo psicologico ed emotivo.


Una condizione che permette all’individuo «di sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali,
esercitare la propria funzione all’interno della società, rispondere alle esigenze quotidiane della vita
ogni giorno, stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri, partecipare costruttivamente ai
mutamenti dell’ambienti, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni»
➔ Non riguarda solamente l’individuo, ma l’individuo in equilibrio con l’interno e l’esterno,
inserito in un contesto e con le richieste dell’ambiente

Alcune delle competenze caratteristiche di salute mentale sono


- Stabilire relazioni sociali soddisfacenti e mature con gli latri
- Partecipare costruttivamente ai mutamenti dell’ambiente sociale
- Sviluppare la propria personalità investendo le proprie pulsioni istintuali nelle relazioni
sociali
- Risolvere i propri conflitti in modo equilibrato
- Adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni
- Avere una buona immagine di sé
- Essere consapevoli delle proprie emozioni, affetti e modalità relazionali
Bisogna essere CONSAPEVOLI delle proprie emozioni per poterle usare come risorsa

Secondo l’OMS non c’è salute senza salute mentale

La salute mentale ha un carattere dinamico e può manifestarsi in 4 diverse condizioni


- Condizione di BENESSERE MENTALE
- Condizione di DISAGIO MENTALE
- Condizione di DISTURBO MENTALE o MALATTIA MENTALE
- Condizione di DISTURBO MENTALE STABILIZZATO o MALATTIA MENTALE A LUNGO
TERMINE

Cause di malattia mentale


Interazione tra
- FATTORI BIOLOGICI (aspetti genetici ed ereditari)
- FATTORI PSICOLOGICI
- FATTORE AMBIENTALI (familiari, sociali e culturali)

FATTORE PROTETTIVI FATTORI PREDISPONENTI


- Fattori individuali - Fattori individuali
- Rete familiare supportiva - Rete familiare non supportiva
- Livello socio-economico medio alto - Eventi stressanti particolari
- Accesso alle cure - Livello socio-economico basso
- Scarso accesso alle cure

PSICOLOGIA CLINICA

La psicologia clinica costituisce una degli ambiti di ricerca e intervento professionale della
psicologia il cui dominio di applicazione concerne i problemi di adattamento, i disturbi del
comportamento, gli stati e condizioni di malessere e sofferenza allo scopo di valutarli e
prendersene cura con mezzi psicologici per facilitare e sostenere il benessere e lo sviluppo
cognitivo, emotivo e relazionale delle persone

Ci sono 2 ambiti
- PSICODIAGNOSTICO = diagnosi, valutazione
- DI CURA
La psicologia clinica si contraddistingue per le teorie, i metodi e gli strumenti di intervento finalizzati
alle attività di prevenzione, valutazione, abilitazione-riabilitazione e sostegno psicologico, con
particolare riguardo alla comprensione della domanda dell’utente individuale e collettivo (coppia,
famiglia, gruppi, organizzazione e comunità), alla psicodiagnostica e agli interventi di aiuto e
sostegno, compresi quelli strettamente psicoterapeutici
Attività professionali dello psicologo clinico sono
- Diagnosi delle caratteristiche di personalità e assessment delle caratteristiche
personali, delle risorse psicosociali, dei bisogni e delle aspettative nelle diverse fasi di età,
mediante strumenti quantitativi (test) e qualitativi (osservazione diretta, colloqui clinici,
intervista narrativa);
- Scelta o costruzione, adattamento e standardizzazione, somministrazione e interpretazione
di strumenti di indagine psicologica funzionali alla sintesi psicodiagnostica (test,
questionari su abilità cognitive, interessi, motivazioni, personalità, atteggiamenti, interazioni
di gruppo e sociali, sindromi patologiche ecc)
- Assessment del grado di adattamento di un individuo al gruppo o alle comunità di cui
fa parte, analisi delle eventuali dinamiche conflittuali interpersonali e consulenza per la
negoziazione e mediazione di tali conflitti
- Assessment delle caratteristiche genitoriali per l’idoneità all’adozione e affidamento
- Assessment delle situazioni di maltrattamento di minori e proposte di intervento
- Valutazione dell’entità dell’handicap e delle capacità residue dal punto di vista
neuropsicologico, psicologico e psicosociale
- Interventi di psicoterapia, riabilitazione comportamentale, rieducazione funzionale e
integrazione sociale volti a ripristinare il benessere bio-psico-sociale dell’individuo delle
diverse fasi del suo ciclo di vita anche nel contesto della famiglia, dei gruppi sociali e delle
comunità
- Sostegno psicologico ai pazienti ospedalizzati ai loro famigliari ed agli operatori di tali
strutture, con specifico riguardo ai percorsi diagnostico-terapeutici per pazienti in particolari
condizioni critiche acute e croniche
- Supervisione individuale e di gruppo rivolti ai vari operatori della salute per prevenire
burn-out

Lo psicologo clinico nell’attività lavorativa quotidiana collabora con altre figure professionali
che operano nel campo sociosanitario, ma anche con genitori e familiari degli utenti
Le patologie che più tratta sono
- Ansia
- Depressione
- Difficoltà a gestire le emozioni o lo stress
- Disturbi della personalità
- Disturbi dell’alimentazione
- Importanti cambiamenti che si trasformano in fonti di stress (lutti, separazioni, nascita del
primo figlio, cambio di lavoro)
- Necessità di sostegno a causa di problemi di salute propri o di familiari (diagnosi di tumore,
malattia croniche invalidanti)
- Problemi di coppia

PSICOTERAPIA

Lo psicologo psicoterapeuta opera per offrire ai pazienti un percorso di diagnosi e cura volto al
superamento delle difficoltà psicologiche
L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato ad una specifica formazione professionale,
da acquisirsi dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia mediante
corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e
addestramento in psicoterapia

Principali caratteristiche comuni e prerequisiti dei diversi tipi di psicoterapia


- Relazione interpersonale fra pz e terapeuta → alleanza terapeutica solida
- Luogo specifico e sicuro (setting)
- Definizione di un contratto terapeutico
- Aspetti teorici e orientamenti clinici differenti che specificano il modo id operare del
terapeuta

Modelli teorici e orientamenti

Psicoanalitico-psicodinamico
In questo modello l’inconscio riveste un ruolo fondamentale nel determinare il comportamento della
persona ed il suo benessere psichico. Il terapeuta deve interpretare e rimanere neutro e la
psicopatologia non è altro che la mancata risoluzione dei conflitti inconsci
Viene usato per qualcosa di molto profondo e per lungo tempo (richiede anche anni di
psicoterapia), non per una crisi momentanea nel qui e ora

Umanistico-esistenziale
Parte del presupposto che ogni persona vive in un mondo proprio, soggettivo e quindi le
esperienze soggettive non possono essere spiegate secondo modelli riduttivi e deterministici
Il focus è sul qui e dora e la psicopatologia è la fuga dall’angoscia esistenziale ed è legata al
blocco della consapevolezza
Cognitivo-comportamentale
Ciò è importante è come il soggetto interpreta e valuta gli eventi della vita, che significato gli dà, le
sue aspettative ecc, in questo modello il terapeuta è direttivo, insegna tecniche per guidare il
paziente al cambiamento dei modi di pensare e agire e corregge ciò che è disfunzionale. La
psicopatologia è costituita da modi disfunzionali di valutare la realtà e gli eventi che si verificano

Sistemico-familiare
Ciò che è rilevane in questo tipo di modello è il contesto, non l’individuo isolato ma nel suo
ambiente familiare ed in interazione nel proprio ecosistema. La famiglia è intesa come sistema,
l’attenzione è rivolta al contesto in cui si verifica il comportamento dell’individuo e al modo in cui
ogni membro influenza gli altri ed è da questi influenzato. Il terapeuta è parte attiva del sistema
relazione, mentre la psicopatologia è correlata ad una crisi del normale processo evolutivo e ad
una mancata differenziazione di sé → quindi il sintomo (depressione, ansia) viene letta e vista
come una crisi nel processo evolutivo che una persona fa nei passaggi critici del ciclo evolutivo
della persona (per esempio: adolescenza → disturbo alimentare)

Bio-funzionale corporeo
In questo modello il terapeuta ha un ruolo attivo e lavoro sull’esperienza corporea cercando di far
fluire le emozioni bloccate nel corpo e sciogliere l’armatura corporea per poter riconquistare sé
stessi. La psico patologia è legata alle tensioni muscolari usate come difese da emozioni represse
e ad un mancato equilibrio tra carica e scarica energetica
È opposto al modello cognitivo-comportamentale che è top-down (parte da quello che il pz pensa
di sé, sulle proprie capacità per cercare di sbloccare una situazione di difficoltà del pz), il modello
bio-funzionale fa l’inverso, è button-up cioè parte da come il mio corpo dà dei segnali per capire
che c’è una crisi. Non parte dalla narrativa del paziente, ma dal suo linguaggio del corpo

ORGANIZZAZIONI DI PERSONALITÀ – O. KERNBERG

NORMALE

NEVROTICA
Viene valutata che ci sia
- Solida identità dell’io
- Meccanismi di difesa basati sulla rimozione
- Eccellente esame di realtà
BORDERLINE
- Diffusione dell’identità (mancanza di un concetto integrato di sé e degli altri significativi)
- Meccanismi di difesa primitivi
- Esame di realtà mantenuto (ma soggetto a fluttuazioni sotto stress)

PSICOTICA
- Labilità dell’io (non distinzione tra sé e oggetto)
- Meccanismi di difesa primitivi
- Esame di realtà costantemente disturbato

TEORIA DELL’ATTACCAMENTO – JOHN BOWLBY

Può essere definita una teoria dello sviluppo affettivo e relazionale, che rinosce alle esperienze
interattive precoci con il caregiver la capacità di fornire al bambino modelli rappresentazionali di sé
e degli altri stabili (che userà anche in futuro), improntati alla sicurezza e all’autostima, utili a
formulare previsioni sul mondo e a mettersi in relazione con esso

L’esperienza affettiva di attaccamento si organizza in Modelli Operativi Interni (MOI) della figura
di attaccamento e del sé che rappresentano l’esperienza vissuta nelle relazioni interpersonali con
le persone che si prendono cura del bambino
➔ Da 0 a 3 anni si struttura questa esperienza affettiva di attaccamento che poi diviene un
MOI che poi il bambino userà da adulto nelle relazioni
➔ Caratteristica centrale dei MOI riguarda la disponibilità attesa della figura di attaccamento,
intesa come accessibilità e responsività. Un individuo che ha sviluppato un MOI della figura
di attaccamento come amorevole e pronta a sostenerlo può costruire un modello
complementare del sé come degno di sostegno e amore
➔ Le precoci relazioni con le figure di attaccamento possono cambiare la struttura
neuroanatomica coinvolta nel funzionamento del sistema di attaccamento e influenzano le
competenze cognitive, emotive e metacognitive della persona

➔ PER ESEMPIO un individuo che ha sviluppato un MOI dove la figura di attaccamento è


molto responsiva cioè piango e la mamma arriva subito e mi consola mi fa sentire una
persona degna di amore e mi fa strutturare un MOI molto equilibrato dove io mi considero
una persona degna di amore, ma anche l’altro (le persone in relazione con me, l’amico,
l’infermiere, l’equipe medica) lo configuro come colui che è pronto a sostenermi
➔ Al contrario il caregiver non è attento e responsivo ai bisogni del bambino nei primi mesi di
vita → si viene a creare un MOI che considera sé stesso come persona non degna di
amore e chi si pone in relazione con me non amorevole e non pronto a sostenermi

Nella sua teoria Bowlby intuisce come questo riveste un ruolo centrale dell’individuo influenzando
lo sviluppo della sua personalità
➔ “L’attaccamento è parte integrante del comportamento umano dalla culla alla tomba”

I MODELLI OPERATIVI INTERNI

ATTACCAMENTO SICURO
• Separazione: pianto e protesta
• Ricerca di riunione con la figura di attaccamento
• Genitore: riconoscimento del bisogno di cure che viene giudicato normale e legittimo

➔ Atteggiamento affettivamente POSITIVO


➔ Questi bambini mostrano un equilibrio ottimale tra la capacità di risposta al genitore e le
attività intraprese autonomamente; rispondono spesso ai tentativi di interazione del
genitore ma senza alcun senso di urgenza o necessità; appaiono felici e sereni
ATTACCAMENTO INSICURO-EVITANTE
• Separazione: poche reazioni, indifferenza apparente, ipercontrollo
• Nella riunione con la FdA ha poche reazioni, evita contatto fisico e dello sguardo
• Genitore: svalutazione dei bisogni di cura e attenzione, non ritiene legittime i bisogni di
attenzione del bambino

➔ Questi bambini mostrano un’indifferenza verso il genitore inadeguata rispetto all’età, sono
fisicamente scostanti e non rispondono ai tentativi di coinvolgimento, mostrano tono
dell’umore neutro

ATTACCAMENTO INSICURO- AMBIVALENTE


• Separazione: pianto inconsolabile e grandi proteste, ipersegnalazione di abbandono
• Nella riunione con la FdA continua protesta, conforto inefficace, sono inconsolabili, a volte
rifiutano il contato
• Genitore: accudimento ambivalente, modalità intrusive e ostili di relazione

➔ Questi bambini mostrano un’eccessiva dipendenza dal genitore, sono inibiti per quanto
riguarda l’esplorazione autonoma, mostrano un tono dell’umore neutro o negativo, possono
apparire molto turbati, le richieste di coinvolgimento possono essere scandite da ansia,
lamento ed altre espressioni emotive negative

ATTACCAMENTO DISORIENTATO-DISORGANIZZATO
• Separazione: comportamenti contraddittori e simultanei (sembra tranquillo ma poi piange)
• Nella riunione con la FdA fa segnali sequenziali di affetto/collera (abbraccia ma respinge)
• Genitore: in genere ha un’incapacità a far fronte alle richieste di attaccamento del bambino

➔ È il modello che porta più problemi in età adulta sia nella coppia
➔ Sono adulti non risolti

Stili di attaccamento nell’adulto poi sono

STILE SICURO
Fiducia in sé e nelle relazioni che offrano e meritino amore, conforto, sostegno
Sono individui solidi ed equilibrate con buone capacità di adattamento

STILE EVITANTE
Paura dell’intimità, rifiuto di dipendere dagli altri e di esprimere i propri sentimenti, mancanza di
fiducia nell’altro
È uno stile dove la persona non chiede aiuto, non si pone in relazione, non si fida di nessuno

STILE ANSIOSO/AMBIVALENTE
Percezione dell’altro come incapace di soddisfare le richieste d’amore e vicinanza, forte desiderio
fusionale, dipendenza dal partener, intrusività, gelosia, emozioni amplificate
Pz che si lamenta molto, chiama in continuazione ma non manifestando il bisogno bensì attraverso
il sintomo

STILE DISORGANIZZATO
Scissione degli aspetti emotivi da quelli cognitivi, difficoltà a mantenere la giusta distanza nelle
relazioni, sentimenti di impotenza e ostilità nei confronti dell’altro, manifestazioni di aggressività o
franca violenza, utilizzo di strategie controllanti/punitive o controllanti/accudenti o
controllanti/sessualizzate o controllanti/vittima per mantenere la vicinanza con l’altro

Lo stile di attaccamento durante la malattia è importante perché si attiva durante la malattia ed in


situazione di forte stress e viene messo in atto con il caregiver e con l’equipe clinico-assistenziale
➔ La malattia destabilizza moltissimo la persona e porta ad un fortissimo stress e attiva
modalità difensive

Seconda lezione 03/12

REAZIONI ALLA MALATTIA

Stati emotivi
- Minaccia e paura
- Frustrazione e ferita narcisistica
- Ansia e depressione
La persona ricoverata passa da uno stato di persona sana a uno di persona malata e si sente
minacciata da questa situazione
Questi stati emotivi che il paziente attraversa sono molto legati alla natura della malattia, ai
fattori di personalità e al contesto sociale

Meccanismi di difesa prevalenti


- Regressione – “tornare bambino”
- Aggressività – può essere anche da parte del familiare
- Razionalizzazione – eliminazione della parte emotiva
- Ricerca di informazioni
- Negazione – negare completamente la situazione

Gli aspetti psicologici del ricovero ospedaliero riguardano l’ambiente in cui la persona si trova sia
fisico che sociale → c’è un passaggio da PERSONA a PAZIENTE
PAZIENTE → si sente minacciato, frustrato, in ansia, depresso
FAMIGLIA → media gli stati emotivi del paziente, la sua reazione

Quindi abbiamo detto che le reazioni del paziente sono strettamente legati alla natura della
malattia (stato clinico del pz), alla personalità del pz, ma anche all’atteggiamento dell’equipe
clinico-assistenziale → attenzione alla reazione, attenzione ai bisogni del pz, informazioni, tempo
→ IMPORTANTE PER L’ASPETTO PSICOLOGICO DEL PZ!!!!

Dipende anche dal modello di relazione medico-paziente


- Dipendenza assoluta – il pz pende dalle labbra del medico
- Collaborazione – come tra genitore/bambino
- Partecipazione reciproca – normale relazione tra adulti, è la più efficace le altre sono
disfunzionali
La MALATTIA A PROGNOSI INFAUSTA attiva molto la reazione psicologica alla malattia dove il
paziente reagisce in modo più o meno funzionale in base ai seguenti elementi
- Comunicazione della diagnosi – come?
- Reazione psicologica immediata
- Meccanismi di difesa
- Famiglia – è supportiva?
- Relazione di aiuto
Le reazioni psicologiche invece sono (Kubler-Ross)
- Shock iniziale – caratterizzato da sorpresa, angoscia, ansia, incredulità, confusione
- Rifiuto/negazione – meccanismo di difesa che subentra contro una realtà percepita come
troppo minacciosa e intollerabile ne deriva distacco e indifferenza verso la propria
condizione. Spesso la negazione è associata alla reazione persecutoria, il malato proietta
all’esterno la causa delle due disgrazie
- Collera/rabbia – evoluzione della fase precedente, utile e necessaria perché testimonia di
una presa di contatto con la realtà della malattia. Il personale non deve rispondere in modo
aggressivo, deve mantenere la calma
- Patteggiamento-contrattazione – si manifesta nei confronti delle necessità terapeutiche
dove si cerca di trovare un equilibro tra la vita normale del paziente e il suo bisogno di cure
- Depressione – momento di depressione NON patologica connessa alla consapevolezza del
proprio stato. L’isolamento è una conseguenza di questo sentimento
- Accettazione

La riorganizzazione è la fase finale che avviene se tutto va per il meglio dove il paziente trova un
nuovo equilibrio emozionale che si fonda su un rinnovato stile di vita seppur in una condizione
diversa da quella precedente. Si tratta di una condizione relativamente stabile che può però essere
minacciata da evoluzioni sfavorevoli

COPING
Il concetto fa riferimento a come le persone affrontano le situazioni che vengono percepite come
stressanti, sia quotidiane sia straordinarie allo scopo di attivare l’individuo a fare qualcosa per
dominare l’evento e controllare le proprie emozioni
Più in generale per coping si intende l’insieme dei comportamenti e delle strategie cognitive
adottate dagli individui in situazioni stressanti

Ci sono diversi stili per far fronte ad una diagnosi infausta


- Ricercare un’informazione maggiore (razionalizzare)
- Cercare di condividere e parlare con altri
- Preoccupazioni
- Sottovalutare la gravità della diagnosi (minimizzare)
- Cercare di non pensarci (repressione)
- Distrarsi
- Confrontarsi con il problema
- Accettare la diagnosi (ridefinizione)
- Fare qualunque cosa (acting-out)
- Prendersela con sé stessi (internalizzare)
- Prendersela con qualcuno/qualcosa (proiettare)

Stili di coping più comuni


- Inermità/disperazione – è convinto di avere uno scarso controllo sugli eventi e sulla malattia
- Preoccupazione ansiosa – a livello cognitivo la malattia diventa centrale nella sua
esistenza, a livello comportamentale può presentare una continua richiesta di visite o al
contrario tentativi di fuga dal contesto perché considerato troppo angosciante
- Fatalistico – rassegnazione
- Negazione/evitamento – bassi livelli di ansia e depressione, evita il confronto con la realtà,
riduzione della compliance alle cure
- Spirito combattivo – modello funzionale → paziente si attiva positivamente
Reazioni della famiglia: protezione, rabbia, lutto anticipatorio, colpa, paura, iperattivismo, congiura
del silenzio, impatto su relazioni e vita di coppia, protesta, disperazione, distacco dal malato
I fattori che influenzano gli stili di coping della famiglia sono
- Storia della famiglia e dei suoi singoli membri
- Stadio di sviluppo della famiglia
- Struttura familiare
- Funzionamento (adattabilità e coesione, grado di comunicazione e espressione delle
emozioni)
- Risorse di supporto

COMUNICAZIONE e RELAZIONE

Legge 219/2017

COMUNICARE NON È INFORMARE

Comunicazione – processo in cui i partecipanti


condividono informazioni allo scopo di raggiungere
una comprensione reciproca. È bidirezionale e
presuppone il dialogo

Informazione – è prevalentemente un processo unidirezionale

C’è anche una comunicazione non verbale che è molto


importante

Bisogna costruire una relazione in base a quelli che sono i


bisogni della persona che abbiamo davanti e dobbiamo imparare
a sintonizzarci sulla sua lunghezza d’onda

Dare cattive notizie


La cattiva notizia è quella notizia che altera drammaticamente e negativamente le prospettive
future e che è tanto più cattiva quanto più ampia è la differenza tra l’aspettativa e la realtà clinica
della situazione
Per esempio se sono in area oncologica e comunico l’avanzamento della malattia il divario tra
aspettativa e realtà non è tanto grande perché sono in un contesto in cui già non mi aspetto buone
notizie

I STADIO: AVVIARE IL COLLOQUIO Avere chiaro l’obiettivo


Creare sempre un contesto appropriato
Avere informazioni sulla famiglia
Presentazione
Cominciare
II STADIO: ESPLORARE COSA SANNO I Indagare che cosa hanno compreso e quanto
FAMILIARI le loro impressioni sono vicine alla reale
situazione clinica
III STADIO: CAPIRE QUANTO I FAMILIARI Formulare domande aperte (cosa volete
DESIDERANO SAPERE sapere in particolare?)
IV STADIO: CONDIVIDERE LE INFO Cominciare dal punto di partenza dei familiari
Dare info a piccole dosi
Evitare termini troppo tecnici
Verificare spesso la comprensione
Rinforzare le informazioni
Ascoltare le informazioni comprese da familiari
e se necessario cercare di integrarle
V STADIO: ACCOGLIERE LE EMOZIONI Identificare e comprendere le reazioni emotive
dei familiari/pz → mette in difficoltà anche
infermiere/medico
VI STADIO: PIANIFICARE e Organizzare e pianificare cure/trattamenti
ACCOMPAGNARE Stabilire un accordo e mantenerlo

Gli elementi che spezzano una comunicazione sono


- Un linguaggio ambiguo
- Utilizzo di metafore o allusioni
- Usare termini molto tecnici
- Dare false speranze
- Dimostrare di non voler perdere tempo a rispondere alle domande
- Essere freddi, non partecipare al dolore = distacco emotivo, ma anche l’eccessivo
coinvolgimento emotivo è disfunzionale

Cattive notizie ai bambini


- Età – bisogna stare attenti a non traumatizzarlo
- Caratteristiche dell’evento
- Comunicazione semplice e chiara – non sostituirsi mai al genitore
- Supporto familiare
- Supporto psicologico

TRAUMA PSICOLOGICO

Freud: eventi in grado si provocare una eccitazione psichica tale da superare la capacità del
soggetto di sostenerla o elaborarla; qualsiasi esperienza che susciti una situazione penosa – quale
paura, ansia, vergogna o dolore fisico – può agire da trauma

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali IV edizione (DSM-IV) all’interno del
Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) definisce il trauma come un fattore estremo che
implica l’esperienza personale diretta di un evento che causa o può comportare morte o lesioni
gravi o altre minacce all’integrità fisica; o la presenza ad un evento che comporta morte, lesioni o
altre minacce all’integrità fisica di un’altra persona

Anche per gli operatori sanitari ci sono eventi potenzialmente traumatici soprattutto nell’area onco-
ematologica e dell’emergenza-urgenza

Vittima – chi muore o chi subisce un grave danno in seguito a un incidente, a una calamità
naturale, a una malattia

C’è anche un elenco di vittime che necessitano di un intervento psicologico, vanno da I a VI tipo: III
tipo sono i soccorritori, operatori dell’emergenza/urgenza
Traumatizzazione vicaria
Le persone che lavorano quotidianamente a contatto con sofferenze acute, nonostante tendano a
sviluppare un’alta soglia di tolleranza agli eventi traumatici, possono manifestare disturbi
psicopatologici a breve o lungo termine a seguito della traumatizzazione vicaria. Quindi anche un
operatore sanitario può subire un trauma non per esposizione diretta, ma per il contatto con la
persona traumatizzata
➔ se io sto vicino, ascolto la persona traumatizzata possono incorrere a questa
traumatizzazione vicaria ovvero subire a mia volta una traumatizzazione

I fattori che influiscono sull’entità della risposta emotiva cioè cosa mi protegge e cosa no, cosa mi
espone di più al fatto che la mia soglia emotiva salti e quindi ho un’attivazione emotiva rispetto
all’evento che si trasforma poi in traumatico?
- Livello di coinvolgimento
- Livello del controllo
- Livello della minaccia
- Livello di assurdità
- Livello di preavviso
- Vicinanza fisica-psicologica
- Livello di stress nella propria vita
- Natura e grado di supporto sociale
- Supporto di colleghi e amici
- Supporto di familiari e possibilità di comunicazione

Fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudi dell’evento traumatico ci
espone a un PTDS → è come se avessi una ferita e andassi a sbattere sempre sullo stesso punto,
questa prima o poi sanguina!! Stessa cosa con la ripetizione di un evento traumatizzante, più lo
ripeto più finisco per avere un PTSD → bisogna creare uno spazio di ascolto con uno psicologo
per gli operatori per condividere le proprie emozioni per proteggergli dalla possibilità di
un’esposizione alla traumatizzazione vicaria!!!

PTSD
Grandissimo impatto emotivo in seguito a trauma che non riesco a gestire e che si manifesta
spesso con pensieri intrusivi (è un flashback involontario che si manifesta nella vita quotidiana) e
perdita del senso di prospettiva su pericoli e benefici, sbilanciando il focus percepito verso i
pericoli. Ciò comporta la tendenza ad evitare qualsiasi situazione che possa ricordare o mettere
nella condizione di ripercorrere con la mente quell’evento traumatico, poiché troppo dolorosa da
sopportare a livello psicologico. Infine, per chi soffre di questa forma di trauma, il peso emotivo
dell’assistenza risulta particolarmente insostenibile

BURNOUT e COMPASSION FATIGUE (= fatica nel prendersi cura della parte emotiva dei pz/fam)
Burnout – fenomeno multidimensionale che si sviluppa nel
tempo e che si manifesta attraverso un disagio e che riguarda
le professioni di aiuto (infermieri, insegnanti ecc)
È un’ulteriore forma di compassion fatigue e comporta una
totale perdita di interessa nei confronti delle persone a cui il
professionista dovrebbe rivolgere le proprie attenzioni e cure.
Segni
- Disturbi fisici – astenia, turbe del sonno, turbe gastro-
intestinali, dolori dorsali, emicranie, influenze frequenti
- Disturbi comportamentali – cinismo, apatia, dipendenza
da alcool, umorismo e ironia di fronte alla sofferenza
- Disturbi psicologici – depressione, ansia, noia, collera,
gelosia, sfiducia, ruminazioni ossessive (= pensieri che
ritornano quelli e sempre quelli)
Riguarda tre dimensioni
- Esaurimento emotivo – sensazione di svuotamento, di perdita delle proprie energie
- Depersonalizzazione – riduzione di empatia, atteggiamento di distacco
- Realizzazione personale – crollo dell’autostima e autorealizzazione causato dalla
percezione di inadeguatezza nello svolgere il proprio ruolo

A differenza della compassion fatigue, il burnout è più spesso legato a cattiva gestione e
disorganizzazione reiterata nel tempo delle strutture e degli enti presso il quale si presta
servizio (eccessiva burocrazia, mancanza di personale), piuttosto che all’esposizione a specifici
problemi dei pazienti. Questo si ripercuote non solo sul professionista ma anche sulla qualità di
relazione e di cura con il pz, compromettendo di conseguenza l’intero sistema assistenziale
Inoltre il burnout può colpire professionista di qualsiasi ambito professionale, mentre la
compassion fatugue è particolarmente caratterizzante delle professioni di aiuto che operano a
stretto contatto con persone che hanno vissuto eventi traumatici
Un’altra differenza sta nella comparsa di segni evidenti di sofferenza:
- CF – sentimento che scaturisce immediato e acuto
- B – processo più progressivo e graduale

FATTORE PROTETTIVO → ACQUISIZIONE DI COMPETENZE RELAZIONALI E


COMUNICATIVE IN SITUAZIONI CRITICHE, DISCUSSIONE DI EVENTI CON FOCUS SULLE
EMOZIONI

Terza lezione 09/12

RELAZIONE DI AIUTO e ASCOLTO EMPATICO

Qualsiasi informazione è sempre all’interno di una comunicazione che può essere verbale/non
verbale a sua volta contenuta all’interno di una relazione → se non c’è l’aspetto relazionale, l’info
non passa

Relazione

Comunicazione

Info

Rorgers identifica il termine relazione di aiuto come “il rapporto in cui almeno uno die protagonisti
cerca di promuovere nell’altro lo sviluppo, la maturazione, i funzionamenti ottimali e la capacità di
affrontare la vita”
➔ Si applica ad una situazione di difficoltà/disagio che con modalità comunicative adeguate
provoca un cambiamento e quindi un superamento delle difficoltà

La relazione di aiuto operatore san – paziente


È un rapporto di scambio verbale e non verbale che permette la nascita di un clima di fiducia, di
rispetto reciproci, necessario al paziente per soddisfare i suoi bisogni fondamentali e per
rapportarsi meglio alla sua realtà, emozioni, limiti, aspettative e necessario all’operatore san per
essere autentico nei suoi atteggiamenti e gratificato nel suo operare → c’è una duplice
gratificazione!!

Le modalità per entrare nella soggettività di un’altra persona sono due


- INTEPRETAZIONE → partiamo dal nostro schema di riferimento
- EMPATIA → partiamo dallo schema di riferimento dell’altro → struttura psicologica di
accoglienza, capacità di mettersi nei panni dell’altro, pensare e sentire come se si fosse
l’altro mantenendo contatto con sé stessi e le proprie emozioni

Gli atteggiamenti psicologici che favoriscono la relazione di aiuto sono


- Comprensione empatica
- Accettazione positiva incondizionata – porci senza giudizio nei confronti dell’altro
- Congruenza e genuinità

Lo strumento utilizzato è l’ascolto: interesse, accettazione, rispetto fanno si che la persona si


senta ascoltata e valorizzata, si ponga in un atteggiamento di apertura alla comunicazione e che
abbassino le barriere difensive

ASCOLTO EMPATICO
Modalità di gestione del cambiamento attraverso attenzione/interesse che porta a la persona a
sentirsi valorizzata
Si realizza attraverso
- Ascolto passivo – comunicazione non verbale: contatto oculare e postura aperta, silenzio
accettane
- Ascolto attivo – comunicazione verbale: parafrasare (mi sembra che.. sta dicendo che. In
altre parole mi sta dicendo che..), fare domande (chiarire le cose, avere un quadro preciso
della comunicazione), feedback (esprimere la nostra reazione senza giudizio, deve essere
immediato e onesto e fatto per dare sostegno)

La nostra abilità di ascolto si riduce molto se l’altro è arrabbiato → non dobbiamo rispondere a
nostra volta con la rabbia

Blocchi all’ascolto → spezzano la relazione e bloccano la comunicazione


- Fare confronti
- Leggere nel pensiero = interpretazione, penso di sapere già cosa vuole dirmi
- Prepararsi mentalmente
- Fare filtro – filtrare solo quello che interesse a me
- Giudicare
- Cambiare argomento o tergiversare
- Identificarsi – riportare alla nostra esperienza quello che l’altro ci sta raccontando
- Fornire suggerimenti
- Disputare su tutto
- Avere sempre ragione
- Essere troppo concilianti

LA COMUNICAZIONE

Le informazioni che vengono date (quindi comunicazione


verbale) e che facilitano la comunicazione sono quelle dove
ci sono delle ridondanze/ripetizioni, domande aperte,
valutazione della comprensione, frasi brevi e semplici. NO
linguaggio specialistico, generalizzazioni, frasi lunghe e
complesse, dare tanti messaggi in un unico colloquio

Le modalità affinchè una comunicazione verbale sia efficace


cioè che una info passi dall’emittente al destinatario sono:
- chiara e diretta
- adeguata all’interlocutore
- dare poche info alla volta
Importante anche interagire a livello emotivo-relazionale:
spiegare a una persona che non è pronta ad ascoltare
complica la comunicazione. Anche essere davanti a una persona che piange è molto difficile e
bisogna imparare anche a leggere questo pianto magari stando in silenzio e attuare una
comunicazione non verbale tipo guardare negli occhi

Comunicazione NON verbale → più importante


- movimenti del corpo come le espressioni facciali, gesti e posturo
- prossiemica – distanza tra noi e gli altri, è lo studio di ciò che si comunica attraverso l’uso
dello spazio
Sono state descritte 4 zone distinte che tutti noi utilizziamo in modo inconscio nella
relazione con gli altri: relazione intima 0-45cm, relazione personale 45-120cm, relazione
sociale 1.2-3.5m, relazione pubblica 3.5-6m. Invadere la sfera di senza avere quel tipo di
relazione più dare fastidio

Le componenti costitutive di un messaggio


- 7% VERBALE
- 38% VOCALE (tono, volume, ritmo)
- 55% NON VERBALE

Assiomi della comunicazione (Watzlavick 1967)


- I – Non si può non comunicare
- II – Ogni messaggio presenta un aspetto di contenuto e uno di relazione
- IV la comunicazione può essere verbale e analogica (= verbale e non verbale e quello che
passa di più nel messaggio è quella non verbale)
- V – Tutti gli scambi comunicativi sono simmetrici o complementari. Complementari = UP e
DOWN → operatore sanitario e pz

Il feedback dell’interlocutore nei confronti del parlante può essere


- Conferma
- Rifiuto
- Disconferma → la più grave
Esempio: paziente “ho dolore al petto), operatore sanitario “coraggio è roba da nulla” =
rifiuto/minimizzo, “stia fermo con il braccio altrimenti non scende la flebo” = disconferma, silenzio =
disconferma
Esempio: paziente “sono agitato per l’intervento di domani”, op sanitario “mi sembra preoccupato
per l’intervento, c’è qualcosa che vorrebbe sapere sull’intervento e sulla fase post operatoria?” =
conferma

COMUNICAZIONE EFFICACE NEL GRUPPO DI LAVORO

4 tipi di comunicazione
OSSERVAZIONI I semplici fatti
No supposizioni, no deduzioni, no giudizi
PENSIERI Sono conclusioni ovvero deduzioni,
convinzioni, opinioni, teorie e rappresentano
un tentativo di sintetizzare le nostre
osservazioni
Spesso però contengono giudizi di valore
SENSAZIONI Parte più difficile della comunicazione perché
riporta la parte emozionale
La condivisione delle emozioni è fondamentale
nella costruzione dell’intimità
BISOGNI Nessuno tranne noi sa cosa vogliamo
Sono semplici affermazioni riguardo a ciò che
ci può piacere o aiutare e va detto in modo
chiaro e libero
MESSAGGI TOTALI
Sono messaggi che racchiudono tutti e 4 i tipi di comunicazione questo significa non tralasciare
nulla, non nascondere la propria rabbia, non soffocare i propri bisogni
Deve quindi riportare
- Osservazioni = cosa vediamo
- Pensieri = cosa pensiamo
- Sensazioni = cosa sentiamo
- Bisogni = di cosa abbiamo bisogno

MESSAGGIO PARZIALE
Messaggio che mando in cui manca qualcosa, sono pericolosi perché manca qualcosa di
importante. Sono di solito messaggi che mandano persone frustrate/arrabbiate

MESSAGGIO CONTAMINATO
Sono presenti degli elementi (conclusioni, emozioni, bisogni) in forma mascherata/coperta → il
contenuto è apparentemente semplice e diretto ma il tono di voce tradisce le emozioni

MESSAGGI DOPPI
Si verifica quando vengono dette contemporaneamente due cose in contraddizione tra loro

Preparare il messaggio
Il messaggio per arrivare all’altro deve essere preparato e questo implica: consapevolezza di sé
(qual è lo scopo della mia comunicazione), consapevolezza dell’altro (chi è il mio interlocutore?),
consapevolezza del luogo (deve essere tranquillo, devo avere tempo, che garantisca privacy)

I messaggi che do non devono ferire l’altro, quindi NON devono essere
- Etichette assolute – sei un’egoista, sei stupido
- Sarcasmo – copertura a rabbia e umiliazione
- Tornare sul passato
- Confronti negativi
- Minacce
Al contrario affinché siano buoni devono essere diretti
- Non dare per scontato che gli latri sappiano ciò che pensiamo o vogliamo
- No allusioni
Immediati – se ci sentiamo feriti o arrabbiati rimandare la comunicazione inasprisce i sentimenti,
parlare e chiarire subito ha 2 vantaggi principali: un feedback immediato aumenta la probabilità
che gli latri capiscano di cosa abbiamo bisogno e un aumento del livello di intimità perché vengono
condivide emozioni e sentimenti
Chiari – devono riflettere in modo completo i nostri pensieri, sentimenti, bisogni e osservazioni

Fare in modo che vi sia coerenza tra verbale e non verbale


Evitare messaggi doppi
Essere chiari riguardo emozioni e sentimenti
Separare osservazioni e pensieri
Essere sinceri
Dare messaggi incoraggianti – evitare i giochi tipo vincere/perdere

Stili comunicativi
Ognuno di noi ha uno stile comunicativo prevalente
- PASSIVO – persone che nella comunicazione non esprimono mai direttamente pensieri,
desideri, ma cercano di farlo in modo indiretto con comportamenti non verbali (aggrottano
la fronte, pianto ecc)
- AGGRESSIVO – è in grado di esprimere cosa sente e cosa pensa ma a spese dei
sentimenti altrui perché lo fa in modo aggressivo, tende a soverchiare l’altro e fa suscitare
sensi di colpa e di risentimento a chi lo ascolta
- ASSERTIVO – quello ottimale, affermazioni dirette su nostre sensazioni, pensieri e bisogni
che consentono di comunicare con l’altro

Quarta lezione 14/01

RELAZIONE CON LA FAMIGLIA IN TERAPIA INTENSIVA

La perdita
La morte di una persona rappresenta l’esperienza emotiva più dolorosa vissuta dagli esseri umani
Il mondo personale non potrà mai più essere lo stesso

Le fasi del lutto


- Stordimento – da alcune ore a 1 settimana, shock, il supporto psicologico in questa fase è
troppo precoce perché ci sono tante emozioni che cambiano rapidamente
- Ricerca e struggimento – rabbia, senso di colpa, dura alcuni mesi a volte anni
- Disorganizzazione e disperazione – può essere confusa con la depressione ma è un'altra
cosa
- Ridefinizione di sé e della situazione – 1-2 anni o più → risoluzione del lutto

Raccomandazioni per migliorare il colloquio con la famiglia in caso di una perdita inaspettata o di
una morte encefalica
- AVVIO/ACCOGLIENZA – il team incontra la famiglia per la prima volta e ci si presenta
- COMUNICAZIONE DELLA MORTE
- PROPOSTA DI DONAZIONE
- CONCLUSIONE
Queste fasi non vanno confuse

Comunicazione e proposta devono essere due fasi distinte perché prima la famiglia deve
rendersi conto della morta, in un colloquio successivo si può parlare della donazione
Bisogna inoltre stabilire una relazione di aiuto professionale basata su trasparenza, empatia e
supporto emozionale
Il colloquio deve essere sempre preparato perché è importante avere informazioni sulla famiglia e
la sede deve essere adeguata
È importante che ci sia anche l’infermiere al colloquio!!!
Sarebbe importante avere a disposizione degli elementi di supporto come il mediatore culturale,
lo psicologo, un rappresentante religioso
Non è appropriato limitare il numero di persone
La comunicazione della morte dovrebbe essere fatta dal MEDICO che ha avuto in cura il paziente
→ spiegare in modo chiaro che la persona è morta, spiegando le caratteristiche della morte
encefalica (certezza della cura, certezza della morte, dato di realtà)
La proposta di donazione dovrebbe essere fatta con chiarezza, direttamente e con semplicità
definita come scelta, opportunità, diritto
Il colloquio si conclude con le condoglianze mantenendo la relazione di aiuto fino al momento
finale

Il Centro Regionale Trapianti offre supporto psicologico per le famiglie dei donatori

Colloquio dono
- Fornire info e chiarire dubbi sul processo di donazione/trapianto
- Valutare processo di elaborazione del lutto
- Richiesta di supporto psicologico da parte della famiglia
- Utile alla famiglia per chiuder eil percorso
- Ribadire l’impossibilità di conoscere l’identità del ricevente
➔ Sindrome del segugio – la famiglia del ricevente cerca di conoscere il donatore e viceversa.
Non va bene, è pericoloso e non consentito dalla legge, rappresenta un ostacolo
all’elaborazione del lutto

Il ruolo del trauma e dello stress traumatico nei disturbi mentali: le esperienze sfavorevoli infantili
Le esperienze traumatiche vissute in epoca infantile hanno un grandissimo impatto nello sviluppo
della personalità e anche nello svilupparsi di disturbi mentali
Il lutto nell’infanzia come fattore di rischio aspecifico per l’insorgenza di problemi psicologici
Se c’è un bambino che deve entrare in terapia intensiva questa cosa va discussa con l’equipe e il
bambino deve essere PREPARATO

I principali motivi di titubanza/opposizione nella donazione di organi sono


- Perché non è stata scritta la volontà della persona morta
- Perché la persona in questione ha esplicitamente detto no
- Motivi religiosi
- Protezione della persona

Il sostegno alla famiglia in terapia intensiva in condizioni di completo isolamento


Lo stato di emergenza connesso alla pandemia Covid ha prodotto una repentina modifica nelle
modalità di comunicazione con i familiari dei malati e il carico di enorme sofferenza psicologica si
manifesta con una paura diffusa
È noto che i malati e i loro familiari ricordano quando hanno ricevuto anche in termini di umanità,
sostegno e vicinanza da parte dell’equipe

Obiettivi della comunicazione


- Fornire info chiare e comprensibili sulle opzioni di cura
- Ottenere info su aspettative e scelte
- Manifestare partecipazione alla loro situazione
- Rendere possibile l’espressione delle emozioni dei familiari
- Prevenire incomprensioni

S3 molto importante!!!!! Non devo per forza essere obbligato


Quinta lezione 21/01

Checklist telefonata ai familiari

Chiedere a qualcuno se ha appunti

Potrebbero piacerti anche