Sei sulla pagina 1di 391

• Italiano

• Francais
• English
• Deutsch
• Espanol
Il sistema giudiziario italiano
Il presente volume è l’edizione aggiornata del prece-
dente pubblicato nel 1999 sempre nella prospettiva di
offrire una rapida informazione sul modo secondo il quale
è organizzata la giustizia in Italia.
La prima parte è una concisa esposizione del sistema
vigente; la seconda costituisce un primo approccio ai pro-
blemi applicativi cui lo stesso dà luogo. Nell’ultima parte
sono riportate le principali leggi.

Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura.


PARTE PRIMA

NORMATIVA IN MATERIA DI ORDINAMENTO GIUDIZIARIO E DI ORGANIZZAZIONE E


FUNZIONAMENTO DEL C.S.M.

1. LA FUNZIONE GIURISDIZIONALE NELLA COSTITUZIONE.

1.1. La giurisdizione. — Il sistema di distribuzione della funzione giurisdizionale è dalla


Costituzione realizzato in modo seguente.
1.2. La giurisdizione costituzionale. — È attribuita alla Corte costituzionale, composta di
quindici giudici: nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in
seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria e amministrativa (art. 135 Cost.).

***
La Corte costituzionale giudica (art. 134 Cost.): a) sulle controversie relative alla legittimità
costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; b) sui conflitti
di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra Stato e Regioni e tra Regioni; c) sulle accuse
promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione (cfr. art. 90 Cost.).

***
Il controllo di legittimità costituzionale delle leggi può essere introdotto in via principale, da
soggetti specificamente legittimati (Stato, Regioni, Province autonome) (cfr. artt. 37-42 l. cost. 11
marzo 1953, n. 87), oppure in via incidentale, da parte di un giudice, il quale, nel corso di un processo,
ritenga la legge da applicare al singolo caso concreto di dubbia costituzionalità. La questione di
costituzionalità deve essere, in tale ultima ipotesi, rilevante per la decisione del processo e non
manifestamente infondata (cfr. art. 1 l. cost. 9 febbraio 1948, n. 1; artt. 23-30 l. cost. 11 marzo 1953, n.
87).

1.3. La giurisdizione ordinaria. — La giurisdizione ordinaria è esercitata da magistrati ordinari


considerati tali perché istituiti e regolati dalle norme di ordinamento giudiziario (art. 102 Cost.; artt. 1 e
4 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) e la loro differenziazione dagli altri giudici deriva dalla riserva di
indipendenza prevista dalla Costituzione (artt. 101-104 Cost.) ed anche dal fatto che sono sottoposti al
potere del Consiglio superiore della magistratura (per la cui costituzione e funzionamento, l. 24 marzo
1958, n. 195 e d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916), che ne costituisce l’organo di autogoverno.

***

La giurisdizione ordinaria si ripartisce in due settori: quello penale, il cui oggetto è la decisione
sulla fondatezza o meno dell’azione penale promossa dal pubblico ministero nei confronti di un
determinato soggetto, l’altro civile, diretto alla tutela giuridica dei diritti inerenti a rapporti tra privati o
tra questi e la pubblica amministrazione, quando essa nell’esercizio dei propri compiti leda il diritto
soggettivo di altra persona.
Il giudizio penale è promosso dal magistrato, anch’esso appartenente alla magistratura
ordinaria, dell’ufficio del pubblico ministero (art. 107, ultimo comma, Cost.).
Il giudizio civile può essere promosso da qualunque soggetto pubblico o privato, definito attore,
nei confronti di altro soggetto, che assume la qualità di destinatario della domanda, definito conve nuto.
I giudizi civili e penali sono disciplinati da due distinti complessi di norme processuali: il
codice di procedura civile ed il codice di procedura penale.
Il processo civile è stato parzialmente modificato da una legge del 1990 ( n. 353, del 26
novembre ), a decorrere dal 30 aprile 1995, allo scopo di rendere più rapida ed effettiva la sua
trattazione. La struttura attuale scandisce l’attività processuale in udienze dedicate, rispettivamente, alla
verifica della regolare costituzione del rapporto processuale, alla trattazione della causa ed al tentativo
di conciliazione, all’istruzione probatoria, alla discussione finale e decisione.
Il codice di procedura penale, invece, è stato completamente riformato nel 1988, passandosi da
un sistema ad impronta inquisitoria ad un sistema tendenzialmente accusatorio, ispirato, tra gli altri, ai
principi della parità dell’accusa e della difesa e della formazione orale della prova davanti al giudice
nel pubblico dibattimento (cfr. l. 16 febbraio 1987, n. 81, conte nente la delega per l’emanazione del
nuovo codice di procedura penale). Dopo numerosi interventi normativi, che nel tempo hanno per più
aspetti attenuato il carattere accusatorio del rito in nome di esigenze di difesa sociale dalla criminalità
organizzata, la recente modifica dell’art. 111 cost., operata dalla legge costituzionale 23 novembre
2000, n. 2, ha espressamente sancito il principio di ispirazione accusatoria della formazione in
contraddittorio della prova ed ha reso indefettibile la tutela del dir itto alla prova dell’imputato.
La riforma dell’art. 111 cost. riguarda qualunque processo, sia civile che penale che anche
amministrativo o contabile, nella parte in cui eleva a garanzia espressa la regola del giusto processo,
secondo cui ogni processo deve svolgersi in contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, dinanzi
ad un giudice terzo ed imparziale e deve avere una ragionevole durata.
Il diritto alla ragionevole durata del processo ha ricevuto di recente espresso riconoscimento con la
l. 24. 3. 2001, n.89, che attribuisce alle parti il diritto di chiedere, in caso di sua violazione, una equa
riparazione pecuniaria nei confronti dello Stato.

La giurisdizione ordinaria è amministrata da giudici «professionali» e da giudici «onorari”, che


costituiscono l’ordine giudiziario (art. 4 r.d. 30 gennaio 1941,
n. 12).
In particolare, l’ordine giudiziario era costituito dagli uditori giudiziari, dai giudici di ogni
qualifica delle preture, dei tribunali e delle corti di appello e di Cassazione e dai magistrati del pubblico
ministero. Appartenevano inoltre all’ordine giudiziario, come magistrati onorar i, i giudici conciliatori
e i vice conciliatori (figure ormai soppresse, che funzionano attualmente solo ad esaurimento); la
magistratura onoraria, oggi, si compone dei giudici di pace (l. 21 novembre 1991, n. 374; d.P.R. 28
agosto 1992, n. 404), a cui è attribuita competenza, sia nel settore civile che nel settore penale, su
materie sottratte alla giurisdizione dei giudici professionali, dei giudici onorari aggregati (l. 22 luglio
1997, n. 276; d.l. 21 settembre 1998, n. 328, conv. in l. 19 novembre 1998, n. 221), che compongono
le cd. sezioni stralcio istituite per l’eliminazione degli affari civili pendenti alla data del 30 aprile 1995,
dei giudici onorari di tribunale (cd. g.o.t.) di supporto negli uffici giudicanti e dei vice procuratori
onorari (cd. v.p.o.) in forza agli uffici inquirenti, degli esperti del tribunale e della sezione di corte
d’appello per i minorenni, dei giudici popolari delle corti d’assise (l. 10 aprile 1951, n. 287), degli
esperti componenti del tribunale di sorveglianza (cfr. art. 70
l. 26 luglio 1975, n. 354) e delle sezioni specializzate agrarie (cfr. artt. 2-4 l. 2 marzo 1963, n. 320).
Attualmente, la giustizia, nelle materie civile e penale, è amministrata: dal giudice di pace, dal
tribunale, dalla corte d’appello, dalla corte suprema di cassazione, dal tribunale per i minorenni, dal
magistrato di sorveglianza e dal tribunale di sorveglianza (art. 1 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12).
Con la riforma sul giudice unico di primo grado (d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51),si è attuata la
ristrutturazione degli uffici giudiziari di primo grado, mediante la soppressione dell’ufficio del pretore
e il trasferimento delle relative competenze al tribunale, che ora ha sia una composizione monocratica,
per gli affari di minore complessità, che una composizione collegiale per gli affari di maggiore
complessità. Analogamente, è stato soppresso l’ufficio del pubblico ministero presso la pretura
circondariale e le relative funzioni sono state trasferite all’ufficio del pubblico ministero presso il
tribunale. Nella stessa prospettiva, i magistrati onorari in servizio presso l’organo giudicante ormai
soppresso (la pretura) hanno mutato la loro denominazio ne da vice pretore onorario a giudice onorario
del tribunale.
1.4. Le giurisdizioni speciali. — La Costituzione vieta l’istituzione di nuovi giudici
«straordinari o speciali», consentendo, nell’ambito della giurisdizione ordinaria, l’istituzione di sezioni
specializzate in determinati settori, caratterizzate dalla compresenza nello stesso organo giudicante di
magistrati ordinari e di cittadini idonei estranei all’ordine giudiziario (ad esempio, le sezioni
specializzate agrarie) (art. 102 Cost.).
***
Sono comunque previsti giudici speciali, quali i giudici amministrativi, la Corte dei conti e il
giudice militare, preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione (art. 103 Cost.).

***
La Corte dei conti è composta di magistrati contabili e presso di essa è istituita una Procura
generale cui sono attribuite funzioni requirenti. Recentemente, la magistratura contabile è stata
riformata prevedendosi autonome sezioni giurisdizionali e requirenti su base regionale.
Organo di governo autonomo è il Consiglio di Presidenza della Corte stessa.
Oltre alla competenza in materia di controllo preventivo di legittimità su numerosi atti del
Governo e di altri organi pubblici e di controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio
delle amministrazioni pubbliche, alla Corte dei conti sono affidati i giudizi in materia di contabilità
pubblica, pensionistica e di responsabilità degli impiegati e funzionari dello Stato o di altri enti
pubblici.

***
I giudici militari, ai quali è attribuita la competenza a giudicare dei reati militari commessi
dagli appartenenti alle forze armate, costituiscono un ordine distinto dalla magistratura ordinaria e
amministrato da un organo di governo autonomo, il Consiglio superiore della magistratura militare.

***
La giurisdizione amministrativa è attribuita ad un complesso di organi, distinti dalla
magistratura ordinaria: tribunali amministrativi regionali, quali giudici di primo grado, e Consiglio di
Stato, quale giudice di secondo grado.
L’organo di governo autonomo dei giudici amministrativi è il Consiglio di presidenza della
magistratura amministrativa, composto, oltre che dal presidente del Consiglio di Stato, da quattro
magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato, da sei magistrati in servizio presso i tribunali
amministrativi regionali anche da membri laici, ossia da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei
deputati e due dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta, tra i professori ordinari di
università in materie giuridiche o tra gli avvocati con venti anni di esercizio professionale. L’organo si
compone anche di membri supplenti, scelti tra i magistrati del Consiglio di Stato e dei tribunali
amministrativi regionali. L’attuale composizione con la presenza di membri laici è dovuta alla recente
modifica dell’art. 7 legge 27 aprile 1982, n. 186, contenente l’ordinamento della giurisdizione
amministrativa, apportata dalla legge 21 luglio 2000 n. 205 ed in particolare dall’art. 18.
Il giudice amministrativo esercita il sindacato di legittimità (e non di merito, inteso nel senso di
opportunità) degli atti amministrativi: il ricorso davanti all’organo di giustizia amministrativa è volto
ad ottenere l’annullamento giurisdizionale dell’atto amministrativo che si assume viziato per
incompetenza, vio lazione di legge o eccesso di potere.
In linea generale, la sfera di competenza della giurisdizione ordinaria e di quella amministrativa
è individuata attraverso il riferimento alla posizione soggettiva — diritto soggettivo e interesse
legittimo — fatto valere in giudizio: la giurisdizione amministrativa (salve particolari materie riservate
alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, che da ultimo sono state incrementate dalla
legge 21 luglio 2000, n. 205) è il giudice dell’interesse legittimo.

Normativa di riferimento:
Costituzione, artt. 90, 101-113, 134-137 -l. Cost. 23
novembre 2000, n. 2
- r.d. 30 gennaio 1941, n. 12
- l. 21 novembre 1991, n. 374
- d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, artt. 1-48 -l. 27 aprile 1982, n. 186, art. 7 -l. 21 luglio 2000, n. 205, art.
18
-l. 24 marzo 2001, n. 89

2. LA POSIZIONE COSTITUZIONALE DELLA MAGISTRATURA ORDINARIA.

2.1. Indipendenza e autonomia. – Secondo la Costituzione la magistratura costituisce un ordine


autonomo e indipendente da ogni altro potere (art. 104 Cost.).
L’autonomia attiene alla struttura organizzativa.
Essa si realizza nei confronti del potere esecutivo, in quanto l’indipendenza della magistratura
sarebbe compromessa se i provvedimenti afferenti la progressione in carriera dei magistrati e, più in
generale, lo status fossero attribuiti al potere esecutivo. La Costituzione, invece, ha attribuito ad un
organo di governo autonomo l’amministrazione del personale della magistratura (trasferimenti,
promozioni, assegnazioni di funzioni e provved imenti disciplinari) (art. 105 Cost.): il Consiglio
superiore della magistratura è quindi il garante dell’indipendenza della magistratura.
L’autonomia si realizza anche nei confronti del potere legislativo, nel senso che i giudici sono
soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.).
L’indipendenza è relativa all’aspetto funzionale dell’attività giurisdizionale. Essa non è riferita
all’ordine nel suo complesso – garantito mediante l’autonomia, nei termini suesposti – bensì al giudice
nel momento dell’esercizio della giurisdizione.
L’indipendenza deriva e si attua in relazione all’altro principio costituzionale della soggezione
del giudice soltanto alla legge, che realizza il rapporto di derivazione della giurisdizione dalla sovranità
popolare.

***
Indipend enza e autonomia sono principi che la Costituzione riconosce anche al pubblico
ministero (artt. 107 e 112 Cost.), in particolare laddove viene prevista l’obbligatorietà dell’azione
penale.
Proprio l’obbligatorietà dell’azione penale, anzi, concorre a garantire, non solo l’indipendenza
del pubblico ministero nell’esercizio della propria funzione, ma anche l’uguaglianza dei cittadini di
fronte alla legge penale.
L’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero presentano peraltro caratteri peculiari con
riguardo ai rapporti «interni» all’ufficio, dovendosi considerare il carattere unitario di questo e il potere
di sovraordinazione che va riconosciuto al capo dell’ufficio nei confronti dei sostituti addetti (cfr. art.
70 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12).

2.2. Inamovibilità – I magistrati godono anche della garanzia dell’inamovibilità.


L’indipendenza del giudice, infatti, potrebbe essere gravemente compromessa dalla possibilità
di dispensa dal servizio o di trasferimento da una sede all’altra.
Ad evitare che ciò si verifichi la Costituzione prevede che la sospensione, la dispensa e il
trasferimento del magistrato non possano che essere deliberati dal Consiglio superiore della
magistratura o con il loro consenso o per i motivi e con le garanzie di difesa predisposti dalla legge di
ordinamento giudiziario.
Di regola, pertanto, il magistrato può essere trasferito in un’altra sede o a svolgere altre funzioni
solo con il suo consenso, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura. Tale
provvedimento è adottato all’esito di una procedura concorsuale fra gli aspiranti che si apre con la
pubblicazione delle sedi vacanti e la predisposizione di una graduatoria che tiene conto dell’anzianità,
dei motivi di famiglia o di salute e delle attitudini (la discip lina di settore è contenuta in apposita
circolare adottata dall’organo di autogoverno: circ. 30 novembre 1993, n. 15098, e succ. modif.).

***

Tassative sono le ipotesi in cui è eccezionalmente consentito un trasferimento d’ufficio.


In proposito, oltre a quella di prima assegnazione delle funzioni agli uditori giudiziari, vanno
segnalate le ipotesi in cui il trasferimento d’ufficio è diretto a soddisfare, d’autorità, l’interesse
dell’amministrazione alla copertura di determinati posti di organico: si pensi, in particolare, agli artt. 4
ss. l. 25 luglio 1966, n. 570, e succ. modif., relativi alla copertura d’ufficio dei posti di magistrati di
corte di appello privi di aspiranti; all’art. 10 l. 20 dicembre 1973, n. 831, in materia di conferimento di
ufficio delle funzioni di cassazione; nonché, agli artt. 3 ss. l. 16 ottobre 1991, n. 321, e succ. modif., in
tema di trasferimento d’ufficio nelle sedi vacanti non richieste; all’art. 1 l. 4 maggio 1998, n. 133,
relativo alla copertura delle sedi disagiate dell’Italia meridionale ed insulare notoriamente poco ambite
e sempre vacanti.
E’ altresì previsto in capo al C.S.M. il potere di trasferimento officioso dei magistrati, oltre che
nel caso di soppressione dell’ufficio di appartenenza del magistrato (art.2, comma III, R.D.Lgs.511/46),
“quando per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le
proprie funzioni con indipendenza ed imparzialità” (art.2, comma II, R.D.Lgs.511/46); in questo caso
la deroga al principio di ina movibilità è giustificata dall’esigenza, ritenuta prevalente, di assicurare ad
un magistrato nella sede ove egli svolge le sue funzioni l’esercizio indipendente ed imparziale della
giurisdizione, che sarebbe, invece, pregiudicato dalla permanenza in quella sede.
E’ importante rilevare che per questo trasferimento officioso rileva la sola situazione oggettiva
dell’impedimento all’esercizio delle funzioni in una determinata sede, prescindendo da qualsiasi causa
per cui sia ravvisabile una colpa del magistrato.
Il trasferimento viene adottato all’esito di una procedura amministrativa, che, pur originata da
rapporti dei dirigenti degli uffici o da esposti dei cittadini, si sviluppa tutta all’interno del C.S.M. e
mette capo ad un provvedimento amministrativo che si perfeziona definitivamente con l’assegnazione
di una nuova sede al magistrato; avverso tale provvedimento il magistrato potrà far ricorso alla
giustizia amministrativa.
La previsione di questo trasferimento per incompatibilità ambientale incolpevole si differenzia
sia dal trasferimento d’ufficio, quale sanzione disciplinare, prevista dall’art.13, comma 1,
D.Lgs.109/2006, sia dalla misura cautelare e provvisoria, prevista dall’art.13, comma 2,
D.Lgs.109/2006 all’interno di un procedimento disciplinare a carico del magistrato, quando sussistano
gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza.
Nel primo caso la sanzione consegue ad un accertamento di responsabilità colpevole (e, quindi,
che riconosce una colpa) in sede disciplinare del magistrato a seguito di un procedimento
giurisdizionale a suo carico, che mette capo ad una sentenza della sezione disciplinare del C.S.M.,
ricorribile alle Sezioni unite della Corte di Cassazione.
Nel secondo caso il trasferimento d’ufficio si struttura quale vera e propria misura cautelare
all’interno del procedimento disciplinare a carico del magistrato, anticipatoria di una futura condanna;
essa è promossa dal Procuratore generale della Corte di Cassazione e decisa, all’esito di una procedura
interinale, con ordinanza dalla sezione disciplinare del C.S.M., ricorribile in Cassazione.

***

2.3. Imparzialità e precostituzione. – L’ordinamento costituzionale appresta ulteriori garanzie


alla funzione giurisdizionale. In particolare, attraverso la previsione del principio della precostituzione
per legge del giudice (art. 25 Cost.) da un lato si istituisce una riserva assoluta di legge in materia di
competenza del giudice, vietandosi nel contempo che la competenza stessa possa essere determinata da
fonti secondarie o da atti non legislativi; dall’altro si prescrive l’individuazione del giudice competente
con riferimento alla situazione anteriormente al fatto da giudicare, impedendo che il giudice possa
essere individuato ex post. Con il principio del giudice naturale precostituito per legge si assicura, nello
stesso tempo, l’imparzialità di chi esercita la funzione giurisdizionale.
A corollario dei citati principi costituzionali è posta la disciplina di ordinamento giudiziario
relativ a alla formazione delle tabelle degli uffici giudiziari, diretta a disciplinare la destinazione dei
singoli magistrati e l’assegnazione degli affari (cfr. artt. 7 ss. r.d. 30 gennaio 1941, n. 12; cfr., altresì, la
disciplina di settore introdotta dal C.S.M.: da ultimo, con circolare 21 maggio 1997, n. 8873).
Non contraddicono i principi di imparzialità e precostituzione gli istituti dell’applicazione (cfr.,
in particolare, l’art. 110 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, nonché la disciplina di dettaglio contenuta nella
circolare del C.S.M. n. 7704 del 2 maggio 1991) e della supplenza (cfr., in particolare, gli artt. 97, 105
e 109 r.d. n. 12/41, nonché la disciplina di dettaglio contenuta nella circolare del C.S.M. n. 7704 del 2
maggio 1991), mediante i quali si mira a sopperire ad eventuali carenze degli uffici giudiziari attraverso
l’utilizzo di altri magistrati ordinariamente in servizio presso altri uffici o nello stesso ufficio ma
adibiti a diverse funzioni. Sotto questo profilo, anzi, va segnalata la recente l. 4 maggio 1998, n. 133
che contiene importanti novità volte a perseguire il miglioramento del servizio giustizia. Tra queste di
particolare rilievo è la previsione delle c.d. «tabelle infradistrettuali» degli uffici giudiziari. Dette
tabelle non si sostituiscono a quelle ordinariamente previste nei singoli uffici (cfr. art. 7-bis r.d. n.
12/41), ma vi si aggiungono in modo da consentire un più duttile ed esteso utilizzo dei magistrati
presso più uffici giudiziari (quelli «accorpati» nell’ambito dello stesso distretto), anche attraverso il
ricorso agli istituti, parimenti innovativi, della «coassegnazione» dello stesso magistrato a più uffici
giudiziari e della «supplenza infradistrettuale» (cfr. art. 6 l. cit.). Trattasi di istituti fortemente
assimilabili a quelli, già menzionati, dell’applicazione e della supplenza, mediante i quali il legislatore
mira a costruire un sistema ancora più efficiente per sopperire alle non infrequenti carenze degli
organici e/o agli impedimenti dei magistrati titolari, ampliando, quantitativamente e qualitativamente,
le possibilità di utilizzo del personale magistratuale presente in organico.
Sempre nella prospettiva di porre rimedio ai disagi organizzativi degli uffici giudiziari
conseguenti ad assenze temporanee di magistrati, la recente legge 13 febbraio 2001, n. 48, che ha
riformato il sistema di accesso alla magistratura ed ha aumentato di mille unità l’organico, ha istituito
presso ogni corte di appello la pianta organica dei magistrati distrettuali, da destinare alla sostituzione
dei magistrati del distretto nei casi di assenza dall’ufficio. I casi in cui è consentita l’utilizzazione del
magistrato distrettuale sono quelli di assenza per aspettativa per malattia o per altra causa, per
astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro per gravidanza o maternità oppure per le altre ipotesi
disciplinate dalla legge 8 marzo 2000, n. 53 (recante norme per il sostegno della maternità e della
paternità), per tramutamento ad altro ufficio non contestuale all’esecuzione del provvedimento di
trasferimento di altro magistrato nel posto lasciato scoperto, per sospensione cautelare dal servizio in
pendenza di procedimento penale o disciplinare, per esonero dalle funzioni giudiziarie in occasione
della partecipazione alla commissione esaminatrice del concorso per uditore giudiziario.
La consistenza numerica della pianta organica dei magistrati distrettuali è determinata con
decreto del Ministro della Giustizia, sentito il Consiglio superiore della magistratura, in relazione alle
medie statistiche delle assenze per distretto nel triennio precedente all’entrata in vigore della legge ed è
soggetta a revisione biennale sempre in base alle medie statistiche delle assenze del biennio precedente.

2.4. Obbligatorietà dell’azione penale. – La garanzia di indipendenza del pubblico ministero è


assicurata anche attraverso la previsione dell’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale (art. 112
Cost.). Tale principio va inteso nel senso che, acquisita la notizia di reato, il pubblico ministero è tenuto
a svolgere indagini e ha l’obbligo di sottoporre alla valutazione del giudice l’esito delle indagini stesse
formulando le relative richieste. Ciò sia nel caso in cui intenda richiedere l’archiviazione, ritenuta
l’infondatezza della notizia di reato, sia nel caso in cui ritenga di procedere a carico di un determinato
soggetto in ordine ad una specifica ipotesi di reato.
Come si è accennato, l’obbligatorietà dell’azione penale concorre a garantire, non solo
l’indipendenza del pubblico ministero nell’esercizio della propria funzione, ma anche l’uguaglianza dei
cittadini di fronte alla legge penale.

Normativa di riferimento:
– r.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511
– l. 13 febbraio 2001, n. 48, art. 1 e 4-8

3. IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA.

3.1. Attribuzioni. – Il C.S.M. è l’organo di governo autonomo della magistratura ordinaria al


quale spettano, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni e i
trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati (cfr. art. 105
Cost.) (per la costituzione e il funzionamento del C.S.M., cfr. l. 24 marzo 1958, n. 195 e d.P.R. 16
settembre 1958, n. 916; nonché il regolamento interno approvato dallo stesso organo di autogoverno).

3.2. Composizione. - La Costituzione (art.104) prevede che il C.S.M. sia composto da tre
membri di diritto: il Presidente della Repubblica che presiede anche l’organo, il Presidente della Corte
di Cassazione ed il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione.
Riguardo ai componenti elettivi la Costituzione non ne indica il numero, ma individua che per
due terzi siano eletti da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie (c.d. membri
togati) e per un terzo dal Parlamento in seduta comune, scelti tra professori ordinari di università in
materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio della professione (c.d. membri laici).
La stessa Costituzione prevede che la durata in carica dei componenti elettivi sia di quattro anni
e che gli stessi non siano immediatamente rieleggibili.
Tra i componenti laici il Consiglio deve eleggere un Vice Presidente, che, oltre a presiedere
l’Assemblea plenaria (in assenza del Presidente della Repubblica o per delega di questi), presiede il
Comitato di Presidenza, cui sono attribuiti compiti di promozione dell’attività consiliare, di attuazione
delle delibere del C.S.M. e di gestione dei fondi di bilancio, tenuto conto che il Consiglio gode di
autonomia contabile e finanziaria.
E’, quindi, la legge ordinaria a determinare sia il numero dei componenti elettivi che le loro
modalità di elezione.
Attualmente la L.44/2002 (che ha modificato l’art.1 L.195/58) fissa in 24 il numero dei
componenti elettivi, di cui 16 membri togati e 8 laici; questi ultimi sono eletti da l Parlamento in seduta
comune con votazione a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dei componenti
l’assemblea per i primi due scrutini, mentre dal terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre
quinti dei votanti.
I componenti da ele ggere tra i membri togati sono così ripartiti: due tra i magistrati della Corte
di Cassazione (giudicanti e requirenti), che esercitino le funzioni di legittimità, quattro tra i magistrati
che esercitino funzioni requirenti nella giurisdizione di merito e gli altri dieci tra quelli che esercitino
funzioni giudicanti tra i magistrati di merito.
L’elezione dei componenti togati avviene mediante un sistema maggioritario in un collegio
unico nazionale per ciascuna delle categorie di magistrati da eleggere, come sopra indicati, ed è fondato
su candidature individuali, presentate da un numero di magistrati non inferiore a venticinque e non
superiore a cinquanta. Ogni elettore riceve tre schede per ciascuno dei tre collegi unici nazionali ed
esprime il proprio voto per un solo magistrato per ciascuna delle categorie dei magistrati: legittimità e
merito, giudicanti e requirenti.
La commissione centrale elettorale, costituita presso la Corte di Cassazione provvede allo
spoglio delle schede, determinando il totale dei voti validi e delle preferenze per ciascun candidato.
Vengono dichiarati eletti i candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di voti in numero pari a
quello dei seggi da assegnare in ciascun collegio (o categoria di magistrati).

3.3. Posizione costituzionale del C.S.M. – In ordine alla posizione del Consiglio, la Corte
costituzionale ha affermato che trattasi di organo che, sebbene espleti funzioni oggettivamente
amministrative, non è parte della pubblica amministrazione, in quanto rimane estraneo al complesso
organizzativo che fa capo direttamente o al Governo dello Stato o a quello delle Regioni.
Con riferimento alle funzioni attribuitegli dalla Costituzione il Consiglio è stato definito
«organo di sicuro rilievo costituzionale». Tali funzioni, definibili come di «amministrazione della
giurisdizione», riguardano in primo luogo la gestione del personale della magistratura e si realizzano
attraverso le assunzioni, le assegnazioni e i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari
riguardanti i magistrati. Riguardano, peraltro, anche l’organizzazione degli uffici giudiziari, sì da
assicurare e garantire che il singolo magistrato, nell’esercizio delle sue funzioni, sia soggetto «soltanto
alla legge». Sotto quest’ultimo profilo, va rimarcato che il Consiglio superiore, su proposta dei
presidenti delle Corti di appello e sentiti i Consigli giudiziari, approva ogni due anni le tabelle di
composizione degli uffici giudiziari di ogni distretto e contestualmente approva criteri obiettivi e
predeterminati per l’assegnazione degli affari ai singoli giudici.
Il Consiglio ha, dunque, una posizione di vertice della struttura burocratica preposta
all’amministrazione della giurisdizione ed alla quale cooperano, a vario titolo, anche i Consigli
giudiziari e i capi dei singoli uffici giudicanti e requirenti.

3.4. Attività paranormativa del C.S.M. – Al Consiglio è riconosciuta dalla legge istitutiva la
potestà di adottare atti paranormativi che possono ricondursi a tre categorie:
a) regolamento interno e regolamento di amministrazione e contabilità, entrambi previsti dalla legge;
sono atti di normazione secondaria, riconosciuti a qualsiasi organo politico-amministrativo di rilievo
costituzionale, diretti a disciplinare l’organizzazione e il funzionamento del Consiglio;
b) regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari, anche esso espressamente previsto dalla legge
istitutiva, e diretto a disciplinare durata e modalità del tirocinio dei magistrati appena entrati in
carriera;
c) circolari, risoluzioni e direttive: le prime riconducibili alla essenziale funzione di autodisciplinare
l’esercizio della discrezionalità amministrativa riconosciuta dalla Costituzione e dalle leggi ordinarie
all’organo di autogoverno; le altre a quella di proporre e attuare l’applicazione di norme di
ordinamento giudiziario secondo un’interpretazione sistematica delle fonti.

Normativa di riferimento:
– l. 24 marzo 1958, n. 195

4. L’ACCESSO ALLA MAGISTRATURA ORDINARIA.

4.1. Il concorso. - L’accesso alla magistratura professionale avviene per concorso pubblico
secondo la previsione dell’art.106, comma I, Cost.; la disciplina dell’accesso alla magistratura
professionale (concorso per Uditore giudiziario) è stata oggetto, soprattutto negli ultimi anni, di diversi
interventi legislativi, che da un lato volevano ridurre i tempi delle procedure concorsuali e dall’altro
richiedevano una maggiore qualificazione dei candidati al concorso, per la cui partecipazione occorreva
inizialmente solo la laurea in giurisprudenza.
Il D.Lgs. 398/97 ha allora istituito presso le Università delle Scuole di specializzazione per le
professioni legali con lo scopo di completare la formazione di coloro che, avendo conseguito la laurea
in giurisprudenza, intendessero specificamente esercitare le professioni di magistrato, avvocato e
notaio; dette Scuole, la cui istituzione è effettivamente intervenuta a partire dall’Anno accademico
2001-2002, rilasciano al termine del corso di studi biennale un diploma che costituisce requisito per
l’ammissione al concorso in magistratura ed hanno anche il dichiarato scopo di promuovere una
formazione comune tra i soggetti destinati ad interagire nella futura esplicazione delle anzidette attività
professionali.
Nel periodo intercorso tra l’entrata in vigore della legge e l’effettiva istituzione delle Scuole di
specializzazione, al fine di razionalizzare ed accelerare le procedure concorsuali, scremando l’indistinta
platea di candidati al concorso per l’accesso in magistratura, è stata introdotta una prova preliminare
(ulteriore rispetto alle prove scritte ed orali), realizzata con l’uso di strumenti informatici ed avente ad
oggetto domande con risposte multiple sulle materie poste a fondamento delle prove scritte.
Una volta istituite le Scuole di specializzazione, il cui accesso è a numero chiuso con selezione
basata su prove informatiche e sui curricula degli aspiranti, la prova preliminare informatica è stata
eliminata dal nuovo accesso alla magistratura delineato dalla L.48/2001, che, per accelerare la
procedura di correzione degli elaborati ha istituito la figura dei “correttori esterni”, in realtà mai attuata
perché richiedeva un regolamento attuativo della disciplina, che non è stato emanato; in tal caso la
legge ha previsto che le prove scritte per il concorso in magistratura siano precedute dalla prova
preliminare informatica e ciò è quanto si è sinora verificato.
Il concorso per Uditore giudiziario, bandito dal Ministro della Giustizia su deliberazione del
C.S.M., che determina il numero dei posti da mettere a concorso, verte su tre prove scritte: diritto
civile, penale e amministrativo (in via transitoria la L.48/2001 ha previsto il bando di tre concorsi con
la celebrazione di due sole prove scritte tra quelle indicate, la cui individuazione è rimessa ad un
sorteggio effettuato il giorno stesso dell’effettuazione delle prove scritte); vi è poi un esame orale sulle
materie già oggetto delle prove scritte (nel diritto civile sono inseriti anche elementi fondamentali di
diritto romano), cui si aggiungono la procedura civ ile e penale, il diritto amministrativo, costituzionale,
tributario, del lavoro, della previdenza sociale, comunitario, internazionale ed elementi di informatica
giuridica.
La commissione esaminatrice, nominata dal C.S.M. dieci giorni prima dell’inizio delle prove scritte
(o della preselezione informatica), è presieduta da un magistrato di cassazione dichiarato idoneo ad essere
ulteriormente valutato ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, che esercita funzioni di
legittimità, ed è composta da un magistrato di qualifica non inferiore a quella di dichiarato idoneo a essere
valutato ai fini della nomina a magistrato di cassazione, con funzioni di vicepresidente, da ventidue
magistrati con qualifica non inferiore a quella di magistrato di appello nonché da otto docenti universitari in
materie giuridiche.
La graduatoria formata dalla commissione, sulla base della somma complessiva dei voti attribuiti in
ogni singola prova a ciascun candidato, è approvata dal C.S.M.
I vincitori del concorso sono nominati Uditori giudiziari ed assegnati ad un ufficio giudiziario di
primo grado, che sia sede di Corte d’Appello, per svolgere il tirocinio, regolato dal D.P.R. 17 luglio 1998;
esso consiste nell’assistere e collaborare all’attività giudiziaria svolta dai magistrati, cui l’uditore è affidato,
nei settori civile e penale sia come giudici monocratici o collegiali che come pubblici ministeri; non manca,
però, anche un’attività di formazione di tipo teorico con l’organizzazione di incontri di studio riservati agli
uditori giudiziari e svolti sia in sede centrale dal C.S.M. che decentrata da parte dei Consigli giudiziari e dei
referenti per la formazione distrettuali (che vengono nominati ogni biennio dal C.S.M.)
La durata del tirocinio non può essere, di regola, inferiore a diciotto mesi ed è suddiviso in un
tirocin io “ordinario”, di durata non inferiore a tredici mesi, e di un tirocinio “mirato” per il periodo residuo;
quest’ultimo consegue alla scelta della sede da parte dell’uditore ed è quindi, rivolto a sviluppare la pratica
della specifica attività giudiziaria che l’uditore sarà di lì a poco chiamato a svolgere nella sede di
destinazione.
Il tirocinio è diretto, coordinato e controllato dal C.S.M., che si avvale a tal fine di organi collegiali
distrettuali, i Consigli giudiziari e le commissioni istituite presso questi organismi, per la sua concreta
organizzazione.
Il tirocinio mira ad assicurare la formazione professionale dell’uditore giudiziario ed a verificarne
l’idoneità all’esercizio delle funzioni gi udiziarie.
4.2. La nomina diretta. – La Costituzione prevede, quale eccezione al reclutamento per concorso, la
nomina diretta «per meriti insigni» a consigliere di cassazione di professori ordinari di università in materie
giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le
giurisdizioni superiori (art. 106 Cost.).
Alla disposizione è stata data di recente attuazione con l. 5 agosto 1998, n. 303, ed in merito è
intervenuta la circolare del C.S.M. P.-99-03499 del 18.2.1999.

Normativa di riferimento
-r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, artt. 121-130
-l. 15 maggio 1997 n. 127, art. 17 commi 113 e 114
-d.P.R. 17 luglio 1998
-d.lgs. 17 novembre 1997 n. 398
-l. 13 febbraio 2001 n. 48

5. LA CARRIERA DEI MAGISTRATI ORDINARI.


La progressione nelle carriere è unica per i magistrati della giudicante e della requirente.
Per trasmutare dall’una all’altra funzione è solo necessaria una valutazione di attitudini.
Gli uditori giudiziari, dopo la fase di formazione, possono essere destinati a posti della giurisdizione
di primo grado.
Il C.S.M. predispone una lista di sedi vacanti, convoca gli uditori che indicano le loro preferenze
secondo l’ordine della graduatoria del concorso e secondo gli eventuali titoli preferenziali posseduti.
Quanto alla progressione in carriera, va ricordato che l’ordinamento giudiziario del 1941 prevedeva
che alle funzioni «superiori» (appello e cassazione) potesse accedersi solo attraverso concorsi e scrutini.
L’entrata in vigore della Costituzione e in particolare dell’art. 107, comma 3, secondo il quale «i
magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni» ha importato una sostanziale revisione
della materia.
Con una serie di leggi successive (l. 25 luglio 1966, n. 570, sulla nomina a magistrato di corte di
appello; l. 20 dicembre 1973, n. 831, sulla nomina a magistrato di cassazione), infatti, è stata abolita la
progressione in carriera per concorsi e scrutini e introdotta una progressione automatica, per anzianità, salvo
demerito.
Il sistema è pertanto così strutturato: l’anzianità necessaria per la nomina alla qualifica di magistrato
di tribunale è di due anni a decorrere da quella di uditore con funzioni (cfr. l. 2 aprile 1979, n. 97); dopo
undici anni di funzioni, i magistrati di tribunale possono essere nominati alla qualifica di magistrato di corte
d’appello (l. 25 luglio 1966, n. 570); l’anzianità richiesta per la dichiarazione di idoneità alla nomina a
magistrato di cassazione è di sette anni a decorrere dalla nomina a magistrato di corte d’appello; decorsi
ulteriori otto anni i magistrati possono essere dichiarati idonei per la nomina alle funzioni direttive superiori
(l. 20 dicembre 1973, n. 831).
L’avanzamento, dopo avere conseguito la necessaria anzianità, è deciso dal C.S.M., su parere del
consiglio giudiziario competente.
Nel caso di dichiarazione non favorevole, il magistrato viene sottoposto a nuova valutazione
decorso un determinato lasso di tempo.
Il sistema così come attualmente vigente è fondato sulla dissociazione delle qualifiche e delle
funzioni, nel senso che l’avanzamento nelle qualifiche è indipendente dall’effettiva attribuzione di un posto
corrispondente alla qualifica ottenuta. Per esempio, per essere effettivamente assegnato ad una funzione di
appello (quale quella di consigliere della corte d’appello) il magistrato deve avere ottenuto effettivamente la
nomina alla qualifica d’appello; per converso, un magistrato di appello o un magistrato che abbia ottenuto la
dichiarazione di idoneità per la nomina a magistrato di cassazione può continuare a restare nel posto che
occupa — anche se corrispondente ad una qualifica inferiore — senza limitazioni di tempo. Di recente,
anzi, è stata introdotta la possibilità della c.d. reversibilità delle funzioni, consentendo ai magistrati che
ricoprono un ufficio con funzioni di le gittimità o con funzioni di appello di essere destinati, a domanda,
rispettivamente, ad un ufficio con funzioni di merito o a qualunque altro ufficio con funzioni di merito
anche se corrispondente alla qualifica di magistrato di tribunale (art. 21-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306,
conv. in l. 7 agosto 1992, n. 356).
La sola conseguenza immediata della progressione in carriera è il diverso e corrispondente
trattamento economico.

Normativa di riferimento:
- l. 25 luglio 1966, n. 570
- l. 20 dicembre 1973, n. 831
- l. 2 aprile 1979, n. 97

6. I DIRIGENTI DEGLI UFFICI GIUDIZIARI.


Il Presidente della Corte di cassazione, il Procuratore generale pres so la Corte medesima e i
magistrati dirigenti degli uffici giudiziari di primo e secondo grado, giudicanti e requirenti, provvedono alla
direzione degli uffici, svolgendo compiti di «amministrazione della giurisdizione» nel rispetto delle
direttive consiliari, nonché «funzioni amministrative» strumentali rispetto all’esercizio di quelle giudiziarie.
Il conferimento degli uffici direttivi è deliberato dal C.S.M., previo concerto con il Ministro della
giustizia (cfr. art. 11 l. 24 marzo 1958, n. 195; art. 22 reg. int. C.S.M.).
I criteri in base ai quali sono scelti i dirigenti sono le attitudini, il merito e l’anzianità,
opportunamente integrati tra loro. La valutazione comparativa degli aspiranti è finalizzata a preporre
all’ufficio da ricoprire il candidato più idoneo, con riguardo alle esigenze di funzionalità dell’ufficio ed,
eventualmente, a particolari profili ambientali (cfr. circolare C.S.M. n. 13000 del 7 luglio 1999).
Per il conferimento degli uffici di vertice della Corte di Cassazione e del Tribunale Superiore delle
Acque Pubbliche, la procedura di valutazione comparativa è circoscritta ai magistrati che, negli ultimi
quindici anni, siano stati titolari di uffici direttivi superiori per almeno due anni, che abbiano esercitato
funzioni di legittimità per almeno quattro anni e che, interpellati dal C.S.M., abbiano manifestato la loro
disponibilità (cfr. circola re n. 13000 del 7 luglio 1999, come integrata dalla delibera del 7 marzo 2001).

7. LA RESPONSABILITÀ DISCIPLINARE DEL MAGISTRATO.


7.1 Gli illeciti disciplinari. - Il decreto legislativo n. 109/2006 relativo alla “Disciplina degli illeciti
disciplinari dei magistrati e delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicazione” modifica in
modo significativo il sistema precedente, inserendosi nell’ambito della riforma globale dell’ordinamento
giudiziario approvata con la legge n. 150 del 2005. Il primo capo del decreto legislativo si distingue in due
sezioni, una dedicata agli illeciti disciplinari dei magistrati e l’altra dedicata alle sanzioni disciplinari.
Gli illeciti disciplinari sono distinti in due categorie, da un lato le ipotesi di illeciti commessi
nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e dall’altro le ipotesi di illeciti commessi fuori dell’esercizio delle
funzioni. La disciplina sostanziale è improntata ad una tendenziale tipizzazione degli illeciti disciplinari dei
magistrati, sia per le condotte inerenti l’esercizio delle funzioni giudiziarie che per quelle estranee ad esse,
senza la previsione di norme di chiusura.
Il primo articolo del citato decreto legislativo è dedicato ai “doveri del magistrato” e prevede una
elencazione dettagliata dei doveri fondamentali cui devono attenersi i magistrati nell’esercizio delle funzioni
giudiziarie. Si tratta di principi e valori deontologici essenziali per chi esercita la funzione giudiziaria e
ricalca doveri ampiamente riconosciuti nell’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale.
Vengono quindi richiamati il dovere di imparzialità, correttezza, diligenza, laboriosità, riserbo,
equilibrio nonché di rispetto della dignità della persona come principi fondamentali da osservare
nell’esercizio delle funzioni di magistrato.
L’art. 2 del decreto legislativo contiene un dettagliato elenco tassativo di ipotesi di illeciti
disciplinari nell’esercizio delle funzioni, mentre l’art. 3 prevede una serie di condotte tenute fuori
dell’esercizio delle funzioni che possono dar vita ad un procedimento disciplinare.
Sulla premessa che non possono mai dar luogo a responsabilità disciplinare l’attività di
interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove, vengono individuate 25
ipotesi che costituiscono fattispecie tipiche di illecito commesso nell’esercizio delle funzioni; si indicano, a
mero titolo di esempio, i comportamenti che, violando i doveri del magistrato, arrecano ingiusto danno o
indebito vantaggio ad una delle parti; ovvero l’omessa comunicazione al Consiglio superiore della
magistratura della sussistenza di una delle situazioni di incompatibilità parentale di cui agli artt. 18 e 19
dell’ordinamento giudiziario, nonché la consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione; così anche i
comportamenti abitualmente o gravemente scorretti nei confronti delle parti, dei loro difensori, dei
testimoni o di chiunque abbia rapporti con il magistrato nell’ambito dell'ufficio giudiziario, ovvero nei
confronti di altri magistrati o di collaboratori; l’ingiustificata interferenza nell’attività giudiziaria di altro
magistrato e nell’omessa comunicazione al capo dell’ufficio , da parte del magistrato destinatario, delle
avvenute interferenze, ed inoltre la grave violazione di legge determinata da ignoranza o negligenza
inescusabile ed il travisamento dei fatti determinato da negligenza inescusabile; e numerose altre di
altrettanto rilievo.
L’art. 3 del decreto legislativo elenca 8 fattispecie relative a condotte disciplinarmente rilevanti
tenute fuori dell’esercizio delle funzioni. Si segnalano, ad esempio, l'uso della qualità di magistrato al fine
di conseguire vantaggi ingiusti per sé o per altri; il frequentare persona sottoposta a procedimento penale o
di prevenzione comunque trattato dal magistrato, o persona che a questi consta essere stata dichiarata
delinquente abituale, professionale o per tendenza o aver subito condanna per delitti non colposi alla pena
della reclusione superiore a tre anni o essere sottoposto a misura di prevenzione, salvo che sia intervenuta
riabilitazione, ovvero l’intrattenere rapporti consapevoli di affari con una di tali persone. Nonché
l’assunzione di incarichi extragiudiziari senza la prescritta autorizzazione del Consiglio superiore della
magistratura; ovvero la partecipazione ad associazioni segrete o i cui vincoli sono oggettivamente
incompatibili con l’esercizio delle funzioni ed altresì l’iscrizione o la partecipazione sistematica e
continuativa a partiti politici ovvero il coinvolgimento nelle attività di soggetti operanti nel settore
economico o finanziario che possono condizionare l’esercizio delle funzioni o comunque compromettere
l’immagine del magistrato.
L’art. 4 del decreto individua inoltre gli illeciti disciplinari conseguenti al reato stabilendo una
specie di automatismo fra i fatti per i quali è intervenuta una condanna per delitto doloso e l’azione
disciplinare, mentre per i delitti colposi puniti con la reclusione, occorre riscontrare il carattere di
particolare gravità per le modalità e le cons eguenze del fatto.

7.2 Le sanzioni disciplinari. - La seconda sezione del decreto legislativo fissa l'apparato
sanzionatorio della riforma della responsabilità disciplinare. La legge prevede varie tipologie di sanzioni,
che vengono adattate alle singole fattispecie disciplinari descritte in precedenza. La legge ha introdotto,
infatti, l'applicazione del criterio tale crimen talis poena, come conseguenza doverosa della tipizzazione
degli illeciti.

Le varie sanzioni previste dalla legge sono:


a) l’ammonimento, che è un richiamo all’osservanza dei doveri del magistrato;
b) la censura, che è una dichiarazione formale di biasimo;
c) la perdita dell'anzianità, che non può essere inferiore a due mesi e non superiore a due anni;
d) l’incapacità temporanea a esercitare un incarico direttivo o semidirettivo, che non può essere inferiore a
sei mesi e non superiore a due anni;
e) la sospensione dalle funzioni, che consiste nell’allontanamento dalla funzioni con la sospensione dello
stipendio ed il collocamento fuori dal ruolo organico della magistratura;
f) la rimozione, che determina la cessazione del rapporto di servizio.

Vi è poi la sanzione accessoria del trasferimento d’ufficio che il giudice disciplinare può adottare
quando infligge una sanzione più grave dell’ammonimento, mentre tale sanzione ulteriore è sempre adottata
in taluni casi specificamente individuati dalla legge.
Il trasferimento d’ufficio può anche essere adottato come misura cautelare e provvisoria, ove
sussistano gravi elementi di fondatezza dell’azione disciplinare e ricorrano motivi di particolare urgenza.

7.3 Il procedimento disciplinare. - Il procedimento disciplinare ha carattere giurisdizionale ed è


regolato dalle norme del codice di procedura penale, in quanto compatibili. Il giudice disciplinare è un
organo collegiale che si identifica nella Sezione disciplinare del C.S.M., composta da sei membri: il Vice
Presidente del Consiglio superiore, che la presiede, e cinque componenti eletti dallo stesso C.S.M. tra i
propri membri, dei quali uno eletto dal Parlamento, un magistrato di cassazione con effettive funzioni di
legittimità e tre magistrati di merito.
Il procedimento disciplinare è promosso dal Ministro della giustizia e dal Procuratore generale
presso la Corte di cassazione. L'esercizio dell’azione disciplinare è stato trasformato per il Procuratore
generale da discrezionale in obbligatorio, mentre per il Ministro permane discrezionale.
L'obbligatorietà dell’azione disciplinare si collega alla scelta della tipizzazione degli illeciti, molto
vicina a quella operante nel settore della giustizia penale, ed impone una rigorosa osservanza del principio
di certezza del diritto, tale da eliminare il più possibile le incertezze applicative.
La legge ha anche previsto una clausola generale di irrilevanza disciplinare della condotta qualora il
fatto sia di “scarsa rilevanza”, clausola destinata ad operare su un piano diverso – anche se convergente
quanto alla finalità – con il potere di archiviazione ad opera dello stesso Procuratore generale.
E’ attribuito, infatti, al Procuratore generale un potere di autonoma archiviazione quando il fatto
addebitato non costituisce condotta disciplinarmente rilevante o forma oggetto di una denuncia non
circostanziata, ovvero non rientra in alcuna delle previsioni tipic he individuate dalla legge, oppure infine
se dalle indagini svolte il fatto risulta inesistente o non commesso.
Tale provvedimento di archiviazione viene trasmesso al Ministro della giustizia il quale entro
dieci giorni può chiedere copia degli atti e nei successivi sessanta giorni può chiedere al Presidente della
sezione disciplinare la fissazione di una udienza di discussione orale formulando l’incolpazione.
All’udienza le funzioni di pubblico ministero sono comunque esercitate dal Procuratore generale
o da un suo sostituto.
Superato il primo stadio, la legge prevede che l’azione deve essere promossa entro un anno dalla
notizia del fatto, della quale il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha conoscenza a
seguito dell’espletamento di sommarie indagini preliminari o di denuncia circostanziata o di
segnalazione del Ministro della Giustizia. Secondo il decreto legislativo, poi, entro due anni dall’inizio
del procedimento il Procuratore generale deve formulare le richieste conclusive ed entro due anni dalla
richiesta, la Sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura si pronuncia. La legge ha
inoltre stabilito che non può essere promossa azione disciplinare quando siano decorsi dieci anni dal
fatto.
Dell’inizio dell’azione disciplinare deve essere data comunicazione all’incolpato entro trenta
giorni e l’incolpato può farsi assistere da un altro magistrato o da un avvocato. Successivamente le
indagini vengono svolte dal Procuratore generale, il quale formula le sue richieste inviando il fascicolo
alla sezione disciplinare del C.S.M., e dandone comunicazione all’incolpato. Il Procuratore generale, se
non ritiene di dovere chiedere la declaratoria di non luogo a procedere, formula l’incolpazione e chiede
la fissazione dell’udienza di discussione orale.
I momenti di intervento del Ministro della giustizia nel procedimento disciplinare si individuano,
oltre che nel promuovimento dell’azione disciplinare con la richiesta di indagini, nella richiesta di
estensione ad altri fatti dell’azione disciplinare promossa dal Procuratore generale, nel potere di
formulare un’integrazione della contestazione disciplinare in caso di azione promossa dal Procuratore
Generale e di chiedere la modificazione della contestazione disciplinare in caso di azione promossa da
lui medesimo, nel potere di formulare l’imputazione e di chiedere autonomamente la fissazione del
giudizio disciplinare in tutti i casi in cui dissente dalla richiesta di proscioglimento avanzata dal
Procuratore Generale.
La discussione nel giudizio disciplinare avviene in udienza pubblica con la relazione di uno dei
componenti della Sezione disciplinare, l’acquisizione d’ufficio di ogni prova utile, la lettura di rapporti,
ispezioni, atti e prove acquisite in istruttoria, nonché l’esibizione di documenti. La sezione disciplinare
delibera sentite le parti e la decisione può essere impugnata dinanzi alle Sezioni unite civili della Corte
di cassazione, mentre la sentenza divenuta irrevocabile può essere soggetta comunque a revisione.

Normativa di riferimento
- R.d.lgs. 31 maggio 1946, n. 511
- L. 25 luglio 2005, n. 150
- D.lgs. 23 febbraio 2006, n. 109

8. LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MAGISTRATO.

La responsabilità disciplinare consegue alla violazione dei doveri funzionali che il magistrato
assume nei confronti dello Stato nel momento della nomina. Diversa ed ulteriore è la responsabilità
civile che il magistrato assume, invece, nei confronti delle parti processuali o di altri soggetti a causa di
eventuali errori o inosservanze compiute nell’esercizio delle sue funzioni.
Tale ultima forma di responsabilità, analoga a quella di qualunque altro pubblico dipendente,
trova il suo fondamento nell’art. 28 Cost.
La materia, dopo gli esiti di una consultazione referendaria che ha importato l’abrogazione della
previgente disciplina, fortemente limitativa dei casi di responsabilità civile del giudice, trova la sua attuale
regolamentazione nella l. 13 aprile 1988, n. 117.
Sotto il profilo sostanziale, la legge afferma il principio della risarcibilità di qualun que danno
ingiusto conseguente ad un comportamento, atto o provvedimento giudiziario posto in essere da un
magistrato con «dolo» o «colpa grave» nell’esercizio delle sue funzioni ovvero conseguente «a diniego di
giustizia» (art. 2).
La legge, dopo avere puntualmente fornito le nozioni di «colpa grave» (art. 2, comma 3) e del
«diniego di giustizia» (art. 3), chiarisce, comunque, che non possono dare luogo a responsabilità l’attività di
interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove (art. 2, comma 2): sotto
questo profilo, all’evidenza, la tutela delle parti è esclusivamente endoprocessuale, attraverso il ricorso al
sistema delle impugnazioni del provvedimento giurisdizionale che si assume viziato.
Mentre, ferma restando l’insindacabilità nel merito dell’attività giurisdizionale, può esservi
eventualmente spazio per la responsabilità disciplinare del magistrato, laddove, secondo la costante
giurisprudenza della Sezione disciplinare del C.S.M., ci si trovi in presenza di un’abnorme o macroscopica
violazione di legge ovvero di un uso distorto della funzione giudiziaria.
Sotto il profilo processuale, va segnalato che la responsabilità per il risarcimento dei danni grava
sullo Stato, nei confronti del quale il danneggiato può agire (art. 4), ma in caso di affermazione della sua
responsabilità lo Stato può rivalersi, a determinate condizioni, sul magistrato (art. 7).
L’azione di responsabilità e il relativo procedimento soggiacciono a regole particolari: tra esse, le
più significative riguardano la subordinazione della procedibilità dell’azione all’esperimento di tutti i mezzi
ordinari d’impugnazione e degli altri rimedi per la modifica o la revoca del provvedimento che si assume
causativo di danno ingiusto e la previsione di un termine di decadenza per l’esercizio di essa (art. 4); la
delibazione dell’ammissibilità dell’azione, ai fini del controllo dei relativi presupposti, del rispetto dei
termini e della valutazione della eventuale «manifesta infondatezza» (art. 5); la facoltà d’ intervento del
magistrato nel giudizio contro lo Stato (art. 6).
Per garantire la trasparenza e l’imparzialità del giudizio, nel sistema è configurato lo spostamento
della competenza a conoscere delle cause di che trattasi (artt. 4 e 8), onde evitare che possa essere chiamato
a conoscerne un giudice dello stesso ufficio nel quale presta o ha prestato servizio il magistrato dalla cui
attività si assume essere derivato un danno ingiusto. I criteri di individuazione del giudice competente sono
stati di recente modificati, con l. 2 dicembre 1998, n. 420, proprio per evitare qualsivoglia rischio di
pregiudizio nella cognizione delle cause di che trattasi.

Normativa di riferimento:
-l. 13 aprile 1988, n. 117

9. LA RESPONSABILITÀ PENALE DEL MAGISTRATO.

Sotto il profilo penale non è revocabile in dubbio che il magistrato, quale pubblico ufficiale, possa
essere chiamato a rispondere dei reati propri che presuppongono tale qualifica soggettiva (esemplificando:
abuso d’ufficio, corruzione, corruzione in atti giudizia ri, concussione, omissione di atti d’ufficio, ecc.); così
come, parallelamente, può rivestire la qualità di persona offesa, unitamente allo Stato, dei reati commessi
dai privati in danno della pubblica amministrazione (l’ipotesi tipica è quella dell’oltraggio e, in particolare,
dell’oltraggio in danno di magistrato in udienza).
In proposito, va ricordato che con la già citata l. 2 dicembre 1998, n. 420 è stata profondamente
riformata la disciplina della competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati, al fine di garantire,
anche sotto il profilo della trasparenza, la massima autonomia di giudizio ai magistrati chiamati a giudicare
di procedimenti che vedono, a vario titolo, interessati altri colleghi. Si è intervenuti, in maniera
significativa, sulle regole processuali penali (artt. 11 c.p.p. e 1 disp. att. c.p.p.), con la costruzione di un
meccanismo di individuazione del giudice competente tale da evitare il rischio delle competenze
«reciproche» (o «incrociate») che, in precedenza, avevano generato forti ragioni di perplessità. E si è
colmata, soprattutto introducendo la previsione di un analogo meccanismo di spostamento della competenza
per i procedimenti civili, una lacuna foriera di non infondati dubbi di costituzionalità.

A cura del Vice Presidente, prof. Giovanni Verde


PARTE SECONDA

PROBLEMATICHE APPLICATIVE
DEL SISTEMA VIGENTE

1. LE BASI DELL’INDIPENDENZA E DELL’AUTONOMIA DELLA MAGISTRATURA.

Nel nostro sistema di giustizia i principi dell’indipendenza e della auto-


nomia dei giudici hanno grande importanza. Questa importanza deriva da
un’esigenza concettuale e da una esigenza storica. Per quanto attiene la prima,
bisogna tener conto del fatto che l’Italia fa parte dei sistemi di civil law. In
maniera molto approssimata, si può dire che in questi sistemi la legge – ossia
quella che, nel processo, viene in rilievo come regola di giudizio per risolve-
re il caso – è posta da altri organi dello Stato – per lo più dal Parlamento, talo-
ra dal Governo, oggi anche dagli enti territoriali minori – mentre i giudici la
applicano. Ciò vuol dire che i giudici partecipano al procedimento di forma-
zione del diritto in maniera soltanto indiretta.
Questa impostazione concettuale ha reso possibile configurare i giudici
come gestori di una funzione pubblica da svolgere in forma vincolata. Di qui
la convinzione che gli stessi possano essere nominati per concorso, assumere
la posizione di impiegati dello Stato e non essere assoggettati ad alcun con-
trollo sul merito dei loro atti, essendo tale merito preventivamente fissato
dalla legge. Di qui ancora la necessità che ai giudici sia garantita indipenden-
za e autonomia, perché nell’esercizio della loro funzione essi devono non solo
essere, ma anche apparire come terzi imparziali. Anzi, terzietà e imparzialità
sono assunte come le caratteristiche che consentono di distinguere i giudici
dagli altri organismi che esercitano funzioni statali diverse.
In ordine alla seconda ragione, cioè quella storica, bisogna sottolineare
che l’attuale assetto del nostro sistema ha preso forma, dopo la seconda guer-
ra mondiale, sulla base della Costituzione repubblicana, la cui ispirazione
34 Il sistema giudiziario italiano

democratica è in antitesi al precedente regime fascista, sicuramente autorita-


rio. Per il passato, infatti, c’era stato un abuso, nella gestione della giustizia,
ricollegabile a tre fattori: a) limitazioni del diritto di agire in giudizio; b) pres-
sioni ab externo sulla magistratura; c) creazione di giudici speciali.
È ovvio che, nel rifondare lo Stato, la nostra Carta costituzionale, che nel
1998 ha celebrato i suoi primi cinquanta anni di vita, ha cercato con partico-
lare attenzione di evitare il ripetersi di tali abusi e deviazioni.

2. IL PRINCIPIO COSTITUZIONALE DELLA TERZIETÀ DEL GIUDICE.


Nella Costituzione la neutralità del giudice è garantita in particolare
dalle norme che prevedono: a) il divieto di iniziativa processuale di ufficio
(art. 24 comma primo); b) la garanzia del giudice naturale (art. 25 comma
primo); c) il divieto di costituire giudici straordinari o speciali (art. 102); d)
la soggezione dei giudici alla legge (art. 101 comma secondo). I principi con-
tenuti in queste disposizioni sono stati ulteriormente ribaditi e rafforzati dal-
l’art. 6 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo, che l’Italia ha rece-
pito nel proprio ordinamento con l. 4 agosto 1955 n. 848 e che sono stati alla
base della modifica dell’art. 111 Cost. effettuata con la legge costituzionale 23
novembre 1999, n. 2. È’ il caso di esaminarli brevemente.
Il divieto di iniziativa ufficiosa si ricava a contrario dall’art. 24, il quale,
invece, esprime nel suo tenore letterale il fondamentale principio secondo il
quale non è possibile porre ai cittadini limitazioni od ostacoli alla loro difesa
nel processo delle posizioni sostanziali che l’ordinamento abbia loro ricono-
sciute. Infatti, se dal punto di vista positivo il rispetto delle situazioni sostan-
ziali riconosciute ai singoli rende impossibili limitazioni di qualsiasi genere
alla loro tutelabilità nel processo, dal punto di vista negativo (ecco l’altra fac-
cia dell’art. 24) eguale rispetto impone che soltanto chi si afferma portatore
della situazione sostanziale possa decidere se ricorrere o non alla tutela giuri-
sdizionale.
Il Costituente, inoltre, ha avuto piena coscienza che non sarebbe senti-
to come naturale dalla collettività quel giudice che venga scelto dopo la
nascita della controversia o dell’affare giudiziario o che, comunque, sia scel-
to sulla base di criteri elaborati dopo tale nascita. È naturale, sulla base di
queste esigenze, il giudice che sia scelto in virtù di criteri oggettivi preesi-
stenti alla nascita del processo, né ciò è sufficiente ad evitare ogni rischio,
perché il legislatore ordinario potrebbe eludere il principio con la creazione
di giudici ad hoc, ai quali i «criteri oggettivi preesistenti» affiderebbero la
competenza su determinate controversie. L’art. 25, comma primo, va, sotto
questo profilo, collegato all’art. 102, comma secondo, che pone il divieto di
Problematiche applicative del sistema vigente 35

giudici straordinari (la cui istituzione avviene proprio in funzione di deter-


minati processi).
Per quanto riguarda la soggezione del giudice soltanto alla legge, va rile-
vato che il secondo comma dell’art. 101 consente anch’esso una duplice let-
tura. Nella sua forma positiva, esso è in funzione dell’esigenza di garantire
l’autonomia e l’indipendenza del giudice, che è reso immune dalle pressioni
degli altri organi costituzionali e la cui unica soggezione è soltanto nei con-
fronti della legge. Guardata in controluce, questa garanzia si trasforma in un
limite, perché se è vero che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, è altret-
tanto vero che non possono oltrepassarla e che nella legge essi devono ricer-
care e trovare il canone di valutazione precostituito dei singoli casi concreti.
A rafforzare ulteriormente questo limite, l’art. 111, comma sesto, stabilisce
che i giudici devono espressamente motivare le ragioni delle loro decisioni,
così da consentirne il controllo non solo dei destinatari diretti, ma dello stes-
so popolo nel cui nome la giustizia è amministrata.

3. IL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA.


Una particolare attenzione il Costituente ha dedicato al problema del-
l’autonomia e dell’indipendenza dei giudici. A tal fine esso ha costituito la
magistratura ordinaria in «un ordine autonomo indipendente da ogni altro
potere» (art. 104) e ha creato un organo di autogoverno: il Consiglio supe-
riore della magistratura, al quale è affidata l’intera carriera di tutti i magistra-
ti (art. 105).
La creazione di quest’organo è vicenda che si consumò in un dibattito
in seno all’Assemblea costituente svoltosi sul finire del 1947. I «padri della
Costituzione» ebbero chiara la necessità di recidere il «vincolo di soggezio-
ne» della magistratura all’esecutivo e di costituire la stessa «in un ordine che
per essere a sua volta autogovernato, cioè indipendente da ogni altro potere»,
assicurasse l’indipendenza dei suoi componenti (on. Leone).
Se ne individuarono i compiti (che l’on. Ruini immaginosamente definì
«i quattro chiodi»): nomine, promozioni, disciplina, trasferimenti. Lunga-
mente si discusse della sua composizione. Si fronteggiarono due tesi. L’una,
ispirata dai magistrati e da quanti avevano a cuore una rigida interpretazione
della divisione dei poteri (ad esempio, on.li Cortese, Buozzi, Dominedò, Per-
lingieri ecc.), voleva che il C.S.M. fosse composto soltanto di magistrati, per-
ché solo in questo modo si sarebbe evitato il rischio di contaminazioni (on.
Dominedò) e quello di far «penetrare la politica nelle decisioni singole; di far
giungere indebite pressioni ed ingerenze professionali agli organi giudiziari»
(on. Caccuri).
36 Il sistema giudiziario italiano

L’altra tesi partiva, invece, dalla consapevolezza che bisognava evitare di


creare un corpo separato e di fare il C.S.M. despota dell’ordinamento della
magistratura (on. Grassi). Era da perseguire l’esigenza di realizzare un’armo-
nia istituzionale (on. Varani), di assicurare continuità tra vita sociale e vita
istituzionale e di far sentire un soffio di vita esterno all’ordine giudiziario (on.
Leone), di impedire la creazione di uno «stato nello stato», di una «casta
chiusa e intangibile» (on. Preti), «separata e irresponsabile» (on. Dominedò),
un «mandarinato» (on. Persico), un organo del tutto separato dagli apparati
amministrativi dello Stato e sottratto al controllo dell’organo di rappresen-
tanza popolare, dei mezzi d’informazione e della stessa pubblica opinione
(on. Cappi). La proposta contenuta nell’art. 97 del progetto originario di
Costituzione assegnava al C.S.M. una composizione paritetica, con la parte-
cipazione «fuori quota» del Primo Presidente della Corte di Cassazione quale
Vice Presidente. Nel contrasto fra le due ricordate posizioni si pervenne ad
un compromesso e fu accolto l’emendamento suggerito dall’on. Scalfaro nella
seduta pomeridiana del 12 novembre 1947: due terzi dei membri togati e un
terzo di membri laici.
Vi furono discussioni anche in ordine alla presidenza del C.S.M. Origi-
nariamente si propose di conferire la presidenza o almeno la vice presidenza
al Ministro della giustizia o al Primo Presidente della Corte di Cassazione. Le
proposte furono respinte al fine di garantire al C.S.M. un’indipendenza strut-
turale assoluta (on.li Calamandrei e Buozzi). Si optò per dare la presidenza al
Capo dello Stato quale garante della sua unità (on. Buozzi), con una soluzio-
ne che rispondeva anche ad esigenze di «simmetria istituzionale» (on.
Leone), alla necessità di impedire che il C.S.M. diventasse «un corpo chiuso
e ribelle», una specie di «cometa che possa uscire per conto suo dall’orbita
costituzionale» (on. Calamandrei). Consapevoli che il Capo dello Stato
avrebbe potuto partecipare alla vita del Consiglio soltanto nelle occasioni
solenni, si pensò di affiancargli un organo ausiliario, che avrebbe assunto la
presidenza effettiva del Consiglio. Anche qui si pensò inizialmente al Mini-
stro della giustizia o al Primo Presidente della Corte di Cassazione (on.li
Leone, Condorelli, Perlingieri); si pervenne, infine, ad un compromesso,
facendo sì che il Vice Presidente fosse eletto dal Consiglio tra i membri laici.
La creazione dell’organo di autogoverno poneva in una luce completa-
mente diversa la funzione del Ministero della giustizia, al punto tale che qual-
cuno addirittura ne propose l’abolizione (on. Patricolo). Sta di fatto che al
Ministro sono state conservate funzioni «residuali» relative alla organizzazio-
ne e gestione degli uffici giudiziari e dei servizi amministrativi, alla preven-
zione ed esecuzione delle pene, alla vigilanza sulla legalità dei comportamen-
ti del personale della magistratura.
Problematiche applicative del sistema vigente 37

4. GLI ATTI DEL C.S.M.


Dopo avere brevemente delineato le ragioni che hanno portato alla
costituzione del C.S.M., è necessario illustrarne brevemente la posizione nel-
l’assetto istituzionale del nostro Paese.
Secondo l’art. 105 Cost. «spettano al Consiglio superiore della magi-
stratura, secondo le norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le
assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari
nei riguardi dei magistrati».
Non è dubbio che il Consiglio sia stato delineato dalla Carta costituzio-
nale come organo di rilevanza costituzionale. Ciò comporta che esso provvede
con atti amministrativi, che, in Italia, sono assoggettati al controllo giurisdi-
zionale del giudice amministrativo (come confermato, da ultimo, da Corte
cost. n. 419/1995). Soluzione, questa, che crea qualche difficoltà, soprattutto
quando il Consiglio nomina i capi degli uffici giudiziari. In questi casi, infatti,
il nostro ordinamento giudiziario prevede che alla nomina si pervenga dopo
un’attività di concertazione con il Ministro della giustizia (soluzione ritenuta
costituzionalmente legittima da Corte cost. n. 379/1992). Ciò fa pensare che,
almeno nelle ipotesi di attività concertata (a chiara rilevanza anche politica), il
controllo del giudice amministrativo dovrebbe essere assai ridotto.
Nel settore disciplinare il C.S.M. si pone come organo giurisdizionale.
La giustizia disciplinare sui magistrati è esercitata da una sezione del Consi-
glio, composta di nove membri (sei componenti togati e tre laici), che prov-
vede con decisioni sottoposte al controllo di legittimità della Corte di cassa-
zione. Di conseguenza, l’ultima parola sui provvedimenti disciplinari concer-
nenti i magistrati finisce con l’essere affidata all’organo di vertice della stessa
magistratura.
Al riguardo è opportuno sottolineare che l’ordinamento italiano non
prevede figure tipiche di illecito disciplinare, ma contempla una ipotesi gene-
rica – condotta che renda il magistrato immeritevole della fiducia di cui deve
godere o che comprometta il prestigio dell’ordine giudiziario – tale che è, poi,
il giudice disciplinare a dover valutare, di volta in volta, se sia venuta meno la
fiducia o se sia compromesso il prestigio e individuare la sanzione (ammoni-
mento, censura, perdita dell’anzianità, rimozione, destituzione) adeguata alla
importanza dell’illecito accertato.
L’esperienza di questi quaranta anni ha, infine, mostrato che il C.S.M. ha
progressivamente allargato la sua sfera di competenza, attraverso l’emanazio-
ne di circolari, regolamenti e direttive con efficacia esterna e, talora, con atti
di indirizzo politico. In relazione alle circolari, ai regolamenti e alle direttive
si è parlato di attività paranormativa, che spesso arriva ad interpretare e, tal-
38 Il sistema giudiziario italiano

volta, ad integrare la legislazione vigente con effetti che, pur essendo privi di
efficacia vincolante, sono tuttavia in grado di condizionare sia la portata degli
atti dello stesso Consiglio che «i comportamenti dei potenziali destinatari di
questo» (Sorrentino).
Questa evoluzione è stata al centro di vivaci discussioni.

5. LE POSSIBILI FORME DI PRESSIONE SUL GIUDICE.


Minore o del tutto mancante è stata l’attenzione dei costituenti nei con-
fronti di altre possibili pressioni che possono influire sulla «neutralità» del
magistrato. Queste pressioni si possono così sintetizzare: a) quelle provenienti
dall’interno dell’ordine giudiziario; b) quelle provenienti da particolari rappor-
ti che il giudice abbia con la controversia o con una delle parti in causa; c) quel-
le provenienti dalle particolari ideologie e più specificamente da legami politi-
ci o associativi; d) o, infine, dalle pressioni di gruppi organizzati.

A) Finora è stata valorizzata nel massimo grado la norma contenuta nel


terzo comma dell’art. 107, secondo la quale «i magistrati si distinguono fra loro
soltanto per diversità di funzioni», al fine di ottenere un sostanziale annulla-
mento della carriera, che oggi è pressoché automatica ed ha luogo a ruoli aper-
ti fino al grado di consigliere di Cassazione idoneo all’esercizio delle funzioni
direttive, essendo del tutto svincolata dalle funzioni concretamente esercitate
(così può darsi il caso che un giudice di un qualsiasi tribunale periferico per-
corra la carriera fino al grado di consigliere di Cassazione senza mai muoversi
dalla sua sede). Le ragioni di questa evoluzione legislativa sono state indicate
nel fatto che il precedente sistema rendeva i magistrati soggetti al potere dei
capi degli uffici, li incitava al conformismo nei confronti delle decisioni della
Cassazione e li faceva vulnerabili, ove avessero avuto ambizioni di carriera. L’e-
sattezza di queste ragioni è sacrosanta. È, però, dubbio se la via prescelta per
conseguire gli scopi collegati sia stata la più giusta. Non a caso la Corte costi-
tuzionale (sent. n. 87/1982) ha dichiarato illegittimo l’art. 23, comma secondo,
l. 24 marzo 1958, n. 195 nella parte in cui prevedeva che i posti assegnati ai
magistrati di Cassazione per la composizione del C.S.M. potessero essere
coperti da «magistrati che abbiano conseguito la rispettiva nomina, ancorché
non esercitino le rispettive funzioni». La Corte cost. ha, così, ribadito che, per
essere eletti al C.S.M., non basta che i magistrati di Cassazione siano idonei ad
esercitare le relative funzioni, ma che devono esercitarle effettivamente.

B) I particolari rapporti con la controversia o con le parti sono presi in


considerazione (non dalla Costituzione, ma) dalla legge processuale ordina-
Problematiche applicative del sistema vigente 39

ria. Gli artt. 51 ss. c.p.c. e 37 ss. c.p.p. regolano gli istituti della astensione e
della ricusazione dei giudici, fissando i casi (che sono identici) in cui sussiste
l’obbligo del giudice di astenersi o il potere della parte di chiederne la ricu-
sazione (e sono rapporti di interesse, di parentela, di particolare amicizia, di
inimicizia, di debito o credito ovvero ipotesi in cui il giudice abbia avuto
modo di pronunciarsi sulla causa).
Il tema della astensione e della ricusazione ha, in questi ultimi anni,
acquistato particolare rilievo, perché quanto più è penetrante il controllo giu-
diziario nelle vicende di vita tanto più deve essere rigorosa la valutazione del-
l’imparzialità del giudice. È facile intuire, allora, che il problema si è posto
soprattutto e in primo luogo nel processo penale, nel cui àmbito la Corte costi-
tuzionale ha affermato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2°
c.p.p., ravvisando una situazione di incompatibilità tra il giudice che ha appli-
cato una misura cautelare personale e il giudice componente il collegio per il
dibattimento (v. sentenze n. 432/1995 e, poi, n. 131/1996 e n. 155/1996).
Subito dopo si è cominciato a dubitare della legittimità costituzionale dell’art.
51, comma 1°, n. 4 c.p.c., nella parte in cui non prevede una specifica causa
di incompatibilità alla trattazione e decisione del giudizio di merito costitui-
ta dall’aver conosciuto della controversia nella fase del procedimento caute-
lare introdotto prima dell’inizio della causa di merito. La Corte costituziona-
le ha rigettato la questione (sent. n. 326/1997, ribadita dall’ordinanza 9 luglio
1998, n. 315), assumendo che, nella sua utilizzazione normale, il procedi-
mento cautelare è fondato su di una cognizione sommaria che non interferi-
sce sulla decisione di merito, la quale va emessa soltanto all’esito di una
cognizione piena. Di conseguenza, un problema può porsi in concreto sola-
mente quando il giudice del cautelare, allontanandosi dallo schema normati-
vo, proceda ad una istruttoria che quasi rende superflua quella successiva del
giudice del merito. In questa ipotesi, il giudice – secondo la Corte – deve
valutare se esistano gravi ragioni di convenienza per richiedere al capo del-
l’ufficio l’autorizzazione ad astenersi.
Su questa base sono state rigettate le questioni di costituzionalità del-
l’art. 669 - octies c.p.c. (ord. 20 maggio 1998, n. 193); dell’art. 354 c.p.c.
(norma quest’ultima, che consente al giudice dell’impugnazione di rinviare,
in alcuni casi, la causa allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impu-
gnata: sent. n. 341/1998); dell’art. 186-quater c.p.c. (che consente di emana-
re sentenza allo stesso giudice che ha emanato la c.d. ordinanza postistrutto-
ria: sent. n. 168/2000); dell’art. 703 c.p.c. (per la parte in cui consente al giu-
dice che ha emesso il provvedimento possessorio di trattare il successivo pro-
cesso di merito: sent. n. 120/2000); dell’art. 24 Statuto lavoratori (per la parte
in cui consente al giudice che ha emesso il provvedimento immediato di
40 Il sistema giudiziario italiano

conoscere dell’opposizione: sent. n. 387/99) e degli artt. 98 e 146 l. fall. (per


la parte in cui consentono che il giudice delegato conosca delle cause di
opposizione allo stato passivo e delle azioni di responsabilità da lui autoriz-
zate: sent. nn. 167/2001 e 176/2001).
Pare evidente, anche da questa rapida sintesi, che la Corte dopo aver
premuto forse eccessivamente sull’acceleratore di un garantismo formale, ha
– nel processo civile – frenato, cercando di trovare un punto di equilibrio
nella esistenza di una situazione che in concreto comprometta l’imparzialità
del giudice.

B1) L’acceso dibattito svoltosi in questi anni soprattutto in relazione al


processo penale si è tradotto in una modificazione dell’art. 111 Cost. che, al
fine di potenziare al massimo il valore dell’imparzialità del giudice, ha sanci-
to, a livello costituzionale, la necessità che il processo si svolga nel contrad-
dittorio delle parti dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale e che, nel pro-
cesso penale, la prova si formi nel dibattimento.
La legislazione ordinaria successiva è stata indirizzata a dare concreta
attuazione a questi principi. Tra le leggi più recenti vanno segnalate:
1. legge 7 dicembre 2000, n. 397 in tema di indagini difensive, che attua il
principio della parità delle parti in funzione del diritto alla prova;
2. legge 1o marzo 2001, n. 63 che ha adeguato la disciplina processuale pena-
le in materia di formazione e valutazione della prova;
3. legge 6 marzo 2001, n. 60 che ha modificato la disciplina in materia di dife-
sa d’ufficio in vista di una compiuta effettività del contraddittorio nel pro-
cesso penale;
4. legge 29 marzo 2001, n. 134 che ha modificato le regole per il patrocinio a
spese dello Stato per i non abbienti nella prospettiva di rendere effettivo il
diritto di difesa.

C) Nessuna norma prevede che l’influenza delle ideologie e della appar-


tenenza ad associazioni o partiti politici possa compromettere l’imparzialità
del giudice. Soltanto l’art. 98, comma terzo, Cost. prevede che «si possono con
legge stabilire limitazioni al diritto d’iscriversi ai partiti politici per i magistra-
ti». Ma è certo che non l’iscrizione ai partiti comporta attentato all’imparzia-
lità, ma l’incapacità del magistrato – e quindi un fatto interno e insindacabile
della sua coscienza – di non far prevalere la sua particolare ideologia su di una
obiettiva e spersonalizzata valutazione della controversia (così che se, talvolta,
si è cercato di far rientrare tra i motivi di ricusazione del magistrato la sua posi-
zione politica o associativa, ciò è sintomo di un disagio o della sensazione che
non sempre i giudici sanno rendersi distaccati rispetto al processo).
Problematiche applicative del sistema vigente 41

D) Neppure sono previsti strumenti per evitare che il giudice possa esse-
re influenzato da mezzi di pressione (si pensi alle campagne a mezzo della
stampa o della televisione), così che possa essere guastata la serenità del suo
giudizio. Le sole norme che, in qualche maniera, hanno relazione con il tema
qui trattato sono l’art. 114 che regola il divieto di pubblicazione di determi-
nati atti (nel precedente c.p.p. la materia era regolata dall’art. 164) e l’art. 329
del nuovo c.p.p sull’obbligo del segreto.
Di fatto, soprattutto negli ultimi anni sono stati sempre più frequenti i
reiterati interventi dei “media” e dei politici di critica all’operato dei magi-
strati. Quando il C.S.M. ha avvertito il rischio che ciò potesse delegittimare il
magistrato nell’esercizio delle sue funzioni concrete, ha aperto pratiche “a
tutela” del medesimo, con le quali, fatta una puntuale ricostruzione della
vicenda, ha confermato la fiducia nel magistrato quante volte non siano emer-
si a suo carico elementi di responsabilità.
L’art. 114 ha tenuto conto delle indicazioni della Corte costituzionale
(sent. n. 65/1965), che ha posto in primo piano la necessità di prestare osse-
quio al fondamentale principio, secondo cui la pubblica informazione deve
essere comunque garantita. Il legislatore, però, non ha rispettato in pieno il
pensiero della Corte, dato che quest’ultima, con sent. n. 59/1995, ha dichia-
rato illegittimo l’art. 114, comma 3°, c.p.c. nella parte in cui limitava la pub-
blicità degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, che per defini-
zione il giudice deve conoscere. Ma la materia che attiene al delicato rappor-
to fra giustizia e informazione, è, per così dire, in fieri e, come tale, oggetto
di sempre nuove proposte di intervento normativo.

6. LE DECISIONI DELLA CORTE COSTITUZIONALE.


Un’analisi delle sole norme non è in grado di dare un quadro esaurien-
te e significativo del sistema introdotto con la Costituzione, se questa analisi
non viene arricchita dall’esame di come queste norme abbiano influito sulla
legislazione ordinaria attraverso l’opera concretizzatrice della Corte costitu-
zionale. In particolare, la Corte è intervenuta a più riprese sul tema del giu-
dice naturale e della garanzia di indipendenza dei giudici speciali, oltre che
su quello del diritto di difesa.
Abbiamo visto che gli affari giudiziari sono in genere affidati ai magi-
strati ordinari, che sono raccolti in un ordine autonomo e indipendente retto
dal Consiglio superiore della magistratura. La Costituzione, all’art. 103, pre-
vede altri organi giudiziari con specifiche competenze: il Consiglio di Stato e
gli altri organi di giustizia amministrativa per la tutela nei confronti della P.A.
degli interessi legittimi e, in particolari materie, dei diritti soggettivi; la Corte
42 Il sistema giudiziario italiano

dei Conti per le materie di contabilità pubblica e per altre specificate dalla
legge; i tribunali militari, in tempo di pace, per i reati militari commessi da
appartenenti alle Forze Armate, e, in tempo di guerra, nell’ambito della giu-
risdizione stabilita dalla legge (sembra che la Corte cost. ritenga che la com-
petenza del tribunale militare in tempo di pace possa essere derogata dal legi-
slatore in favore della magistratura ordinaria se sussistano giustificate ragio-
ni: sent. n. 90/2000).
La Costituzione ha vietato l’introduzione di giudici speciali (art. 102,
comma secondo) e, nei riguardi dei giudici speciali preesistenti, ha stabilito con
la VI disposizione transitoria che entro cinque anni dall’entrata in vigore della
Costituzione si sarebbe proceduto alla revisione degli organi speciali di giuri-
sdizione esistenti a quell’epoca. Poiché i cinque anni ben presto trascorsero
senza che il legislatore avesse provveduto alla revisione, alla Corte costituzio-
nale si pose un primo problema interpretativo: l’inutile decorso dei cinque anni
aveva reso incostituzionali tutti i giudici speciali preesistenti ovvero consentiva
che essi rimanessero in vita? La Corte ha scelto la seconda soluzione, ritenen-
do che nella Costituzione vi fosse un implicito riconoscimento della loro com-
patibilità con il sistema. In questo modo, però, si è sobbarcata all’ulteriore fati-
ca intesa a stabilire se le leggi regolatrici delle singole giurisdizioni assicurasse-
ro in misura sufficiente l’indipendenza dei giudici (così come recita l’art. 108,
secondo comma) e, nello stesso tempo, fossero rispettose dell’esigenza, espres-
sa dal comb. disp. artt. 24, comma primo, e 113, comma secondo, di garantire
ai cittadini pienezza di tutela giurisdizionale.
La Costituzione ha previsto un organo di governo autonomo soltanto
per la magistratura ordinaria. Per le altre giurisdizioni (amministrativa, con-
tabile e militare) vale l’art. 113 secondo cui i rispettivi ordinamenti sono
assoggettati a riserva di legge, alla quale spetta di assicurare l’indipendenza
dei giudici. Si pone, così, anche per costoro la necessità di sindacare se le
garanzie siano sufficienti. Qualche dubbio sollevato in ordine ai tribunali
militari è stato ritenuto non fondato dalla Corte cost. (v. sent. nn. 542/2000 e
116/1999).

A) Se il divieto di introduzione del giudice speciale è il necessario com-


pletamento della garanzia del giudice terzo e indipendente, è anche vero che
spesso a base della creazione del giudice speciale vi è una concreta e non tra-
scurabile esigenza: quella secondo cui la natura di alcuni affari giudiziari
richiede nel giudice conoscenze tecniche e particolare sensibilità che non si
ritrovano normalmente nei magistrati ordinari. Per provvedere a tale esigen-
za, l’art. 102, comma secondo, ha stabilito che «possono soltanto istituirsi
presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate
Problematiche applicative del sistema vigente 43

materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magi-


stratura».
In questo modo, la sezione specializzata è un giudice ordinario anche se
composta in modo particolare. La particolarità di tale composizione non
deve, però, essere tale da aggirare, in maniera surrettizia, il divieto di intro-
duzione di giudici speciali. Si è, perciò, chiesto se una composizione che veda
i giudici togati istituzionalmente in posizione di minoranza sia o meno com-
patibile con il sistema. La risposta è stata affermativa a condizione che altre
caratteristiche del funzionamento della sezione consentano di ritenere non
eluso tale divieto (e a tal fine hanno particolare rilevanza l’inquadramento del
giudice specializzato e il sistema dei controlli sulle sue decisioni). Al contra-
rio, la Corte ha ritenuto incostituzionali le norme che prevedono la designa-
zione dei componenti estranei «di volta in volta» in occasione delle singole
controversie (sent. n. 83/1998). Le più importanti sezioni specializzate oggi
in funzione sono: il Tribunale per i minorenni, i Tribunali regionali per le
acque, le sezioni specializzate agrarie, la sezione speciale istituita presso la
Corte di appello di Roma per conoscere dei reclami avverso le decisioni dei
commissari liquidatori degli usi civici. Non sono né giudici speciali né sezio-
ni specializzate le sezioni di tribunale funzionanti come giudici di lavoro;
esse, infatti, non sono composte in modo diverso dalle altre (e ciò anche se la
legge dà specifico rilievo alle «sezioni lavoro» presso i tribunali e presso le
Corti di appello: v. artt. 38 e 39 d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51).

B) Venendo più specificamente alla garanzia del giudice naturale, la


Corte ha dovuto stabilire se particolari istituti, previsti nel nostro ordina-
mento, siano o meno in contrasto con tale principio.
Uno dei primi istituti portati all’esame della Corte è stato quello della
rimessione del procedimento penale ad altro giudice per motivi di ordine
pubblico o per legittimo sospetto (artt. 55 ss. c.p.p.). Benché la Corte (sent.
nn. 50 e 109/1973) avesse ritenuto costituzionalmente legittima tale discipli-
na, alcune criticabili applicazioni della stessa indussero il legislatore a modi-
ficarla, fissando alla Corte di cassazione dei vincoli più rigorosi nella scelta
del giudice ad quem (un giudice fra quelli compresi nel distretto della stessa
Corte di appello a cui appartiene il giudice originariamente competente ovve-
ro nel distretto di una Corte di appello vicina: art. 58, comma terzo, c.p.p.
modificato dall’art. 1 l. 15 dicembre 1973, n. 773). Oggi la materia è discipli-
nata ex novo dagli artt. 45 ss. del nuovo c.p.p.
Si è anche dubitato che le modificazioni dei criteri di competenza – ad es.,
attraverso la soppressione di uffici giudiziari o la modificazione delle sfere ter-
ritoriali di competenza – possano portare a violazione del principio fissato nel-
44 Il sistema giudiziario italiano

l’art. 25 Cost. La Corte (sent. n. 56/1967) ha ritenuto infondata tale questione,


osservando come la garanzia del giudice naturale non possa comportare una
cristallizzazione definitiva delle competenze esistenti al momento dell’entrata
in vigore della Costituzione e che mutamenti delle concrete esigenze ed ovvie
ragioni di funzionalità possono ben imporre ristrutturazioni degli uffici giudi-
ziari, purché tali modificazioni non siano effettuate in relazione a singole e spe-
cifiche controversie, ma ad intere classi di affari giudiziari.
Sempre per contrasto con l’art. 25, comma primo, si è dubitato che sia
legittimo il potere dei capi degli uffici giudiziari di sostituire un giudice a un
altro, in caso di impedimento permanente di quest’ultimo, ovvero di nomi-
nare un supplente, nel caso di impedimento temporaneo. La Corte ha ritenu-
to infondata la questione, osservando che qualche margine di discrezionalità
nei capi degli uffici giudiziari nel provvedere alle esigenze di questi ultimi è
ineliminabile e che l’impedimento del magistrato da sostituire o da far sup-
plire è una ragione obiettiva sufficiente per giustificare l’esercizio del potere
direttivo (sent. nn. 156/1963 e 173/1970), sempre che tale potere sia eserci-
tato seguendo criteri prefissati e con provvedimenti motivati (sent. nn.
392/2000; 571/2000). Ma la materia è, comunque, assai delicata come dimo-
stra il fatto che il legislatore è intervenuto più volte (v. d.P.R. n. 449/1988;
d.lgs. n. 273/1989, l. n. 133/1998) sugli artt. 97 ss. dell’ordinamento giudi-
ziario, che regolano supplenze e applicazioni.
Per le stesse ragioni si è giustificato il potere dei capi di strutturare, con
la predisposizione ogni anno delle c.d. tabelle, gli uffici giudiziari, riparten-
doli in sezioni, assegnando ad esse i magistrati e fissando le competenze inter-
ne (sent. n. 146/1969 e, soprattutto, n. 392/2000). In particolare, le tabelle
biennali sono proposte dai presidenti delle Corti di appello, sentiti i Consigli
giudiziari, sono deliberate dal C.S.M. e sono, poi, recepite in un decreto del
Ministro della giustizia (art. 7 bis R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 aggiunto dal-
l’art. 3 d.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, poi modificato dall’art. 6 d. lgs. 19
febbraio 1998, n. 512 e dall’art. 57 l. 16 dicembre 1999, n. 479).
Altro potere dei capi degli uffici giudiziari messo in discussione è stato
quello di assegnare i singoli affari alle sezioni e/o ai giudici (c.d. commessa).
La Corte ha ritenuto infondata la questione, osservando che la discre-
zionalità in favore dei capi degli uffici giudiziari nel provvedere alle esigenze
di questi ultimi può essere delimitata, ma non può essere soppressa total-
mente (v. sent. n. 272/1998). In particolare, riconosciuto che esiste, in linea
generale, inconciliabilità fra precostituzione del giudice e discrezionalità in
ordine alla sua concreta designazione, si è detto che il potere discrezionale
dei capi degli uffici nell’assegnazione degli affari deve essere rivolto unica-
mente al soddisfacimento di obiettive ed imprescindibili esigenze di servizio,
Problematiche applicative del sistema vigente 45

allo scopo di rendere possibile il funzionamento dell’ufficio e di agevolarne


l’efficienza, restando esclusa qualsiasi diversa finalità (sent. n. 272/1998).
Sulla base di queste indicazioni, il problema si divide in due questioni: a)
quali siano i modi per assicurare che il potere discrezionale dei capi sia eser-
citato in funzione di esigenze obiettive; b) quali siano le conseguenze di un
non corretto esercizio di tale potere. Poiché sulla seconda questione è inevi-
tabile concludere nel senso che l’eventuale scelta non oculata o scorretta del
potere discrezionale non ha conseguenze sul processo, tranne che non vi
siano ragioni di astensione o di ricusazione del giudice, si tende a trovare una
soluzione a priori, azzerando il potere discrezionale nella distribuzione degli
affari mediante l’adozione di criteri automatici; e ciò anche se la distribuzio-
ne automatica, quale che sia il criterio adottato, può dar luogo ad inconve-
nienti di non lieve portata. Il C.S.M. è, così, intervenuto con circolari limita-
tive del potere dei capi degli uffici, taluno dei quali, ritenendosi leso nella
sfera delle sue attribuzioni, ha sollevato conflitto di attribuzione. Nel dichia-
rare inammissibile il conflitto, la Corte ha sottolineato che le competenze in
ordine alla designazione dei magistrati per la trattazione dei singoli procedi-
menti non riguardano la delimitazione della sfera di attribuzioni determinata
da norme costituzionali, avendo disciplina e fondamento esclusivamente in
norme di legge organizzative e ordinamentali (sent. n. 90/1996).
Gli artt. 3 e 4 d.P.R. 22 sett. 1988, n. 449 e successive modifiche hanno
poi inserito nella legge sull’ ordinamento giudiziario (il r.d. n. 12/1941) il già
ricordato art. 7 bis e l’art. 7 ter, disciplinando la materia delle tabelle degli
uffici giudicanti predisposti in sezioni, della destinazione dei singoli magi-
strati ad esse, della formazione dei collegi giudicanti e dei criteri per l’asse-
gnazione degli affari penali e per la sostituzione dei giudici impediti. E poi-
ché l’art. 33, comma secondo c.p.p., stabilisce che tali disposizioni non si
considerano attinenti alla capacità del giudice, si è sollevata questione di
costituzionalità dubitandosi che tale disciplina fosse lesiva dell’art. 25 Cost.
La Corte, confermando i suoi generali indirizzi in materia, ha rigettato la
questione, osservando che il principio costituzionale della precostituzione
del giudice non implica che i criteri di assegnazione dei singoli procedimen-
ti nell’ambito dell’ufficio giudiziario competente, siano necessariamente
configurati come elementi costitutivi della generale capacità del giudice
(sent. n. 419/1998; 392/2000).

7. QUALCHE CENNO CONCLUSIVO.


Riteniamo che il lettore di civil law non sia sorpreso dalla esistenza di
una normativa così dettagliata e minuziosa nata allo scopo di assicurare l’in-
46 Il sistema giudiziario italiano

dipendenza, l’autonomia e l’imparzialità dei giudici e che saprà anche


apprezzare la cura meticolosa, forse eccessiva con cui la Corte costituzionale
è intervenuta, chiarendo, precisando, integrando le norme di diritto scritto.
Ne viene fuori un quadro di «diritto vivente» che, probabilmente, i giu-
risti di common law potranno comprendere con non poca difficoltà. Ciò
dipende dalla profonda differenza fra i due sistemi anche per ciò che riguar-
da l’amministrazione della giustizia. In Inghilterra, ad es., le nomine (e la car-
riera) dei magistrati sono di competenza del Lord Cancelliere e, per gli inca-
richi più elevati, del Primo ministro e del Re sulla base di procedimenti asso-
lutamente discrezionali ed esistono meccanismi di controllo disciplinare sui
giudici del tutto informali. Gli stessi inglesi riconoscono che ciò potrebbe
essere motivo perché il Governo o i poteri forti esercitino indebite pressioni
sul potere giudiziario, ma accettano il rischio sulla base di un ragionamento
che il giurista continentale non potrebbe mai condividere. Il sistema – essi
dicono – è basato sulla fiducia ed i magistrati hanno finora ben corrisposto
alla fiducia riposta in loro, consapevoli che se tenessero condotte criticabili
finirebbero col compromettere, essi per primi, la loro indipendenza.
D’altra parte – essi aggiungono – nessuna tutela costituzionale può
impedire che membri del Governo di un Paese esercitino pressioni o influen-
ze sull’ordine giudiziario se la cultura del popolo lo permette, là dove in
Inghilterra l’indipendenza dei giudici non è un mero slogan, ma è un princi-
pio profondamente impresso nella coscienza di tutti.
Né le cose in America stanno in modo molto diverso. Non molti anni
fa, in questo Paese, è stata istituita una Commissione per studiare eventua-
li innovazioni nelle regole sulla disciplina e sulla destituzione dei giudici
federali. L’occasione era stata offerta dal fatto che prima del 1983 nessun
giudice federale era mai stato incolpato per delitti e che da tale data ben
cinque giudici erano stati incolpati e quattro condannati (evoluzione che gli
statunitensi avevano collegato anche al rapido aumento in atto del numero
dei giudici federali). Ebbene, questa Commissione, concludendo i suoi
lavori nel luglio 1993, ha espresso l’avviso che il sistema esistente non deve
essere riformato, manifestando uno standard costituzionale del tutto ade-
guato al suo scopo.
Sulla base di questi brevi riferimenti è inevitabile concludere che la vera
differenza fra sistemi di civil law e sistemi di common law sta nel diverso
approccio culturale al problema dell’indipendenza e della imparzialità del
potere giudiziario. Nei sistemi di civil law l’esigenza di una regolamentazione
minuziosa e analitica nasce da un atteggiamento culturale di sfiducia verso il
proprio simile e, nello specifico, verso i magistrati, che si tende a colmare
attraverso le regole imposte e i procedimenti prestabiliti. Nei sistemi di com-
Problematiche applicative del sistema vigente 47

mon law questa esigenza non è avvertita e si cerca, invece, di fare in modo che
siano nominati giudici meritevoli della fiducia che in essi si ripone.
Potranno mai le due culture omologarsi fra loro? L’evoluzione delle isti-
tuzioni di giustizia tende verso l’uniformità perché sempre più si è cittadini,
oggi dell’Europa, e, domani, del mondo. Ciò ci autorizza a sperare che l’o-
mologazione avvenga e, comunque, ci impone di lavorare perché in un futu-
ro non lontano si traduca in realtà.

A cura del Vice Presidente, prof. Giovanni Verde.


NORMATIVA

Cost. 90.

90. Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiu-


ti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per atten-
tato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune,
a maggioranza assoluta dei suoi membri.

Cost. 101.

101. La giustizia è amministrata in nome del popolo.


I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Cost. 102.

102. La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari isti-


tuiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.
Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni
specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadi-
ni idonei estranei alla magistratura.
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo
all’amministrazione della giustizia.
230 Il sistema giudiziario italiano

Cost. 103.

103. Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa


hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della Pubblica Amministra-
zione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge,
anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica
e nelle altre specificate dalla legge.
I Tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita
dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari
commessi da appartenenti alle Forze armate.

Cost. 104.

104. La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da


ogni altro potere.
Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente
della Repubblica.
Ne fanno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale
della Corte di cassazione.
Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordi-
nari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in
seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed
avvocati dopo quindici anni di esercizio.
Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Par-
lamento.
I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono
immediatamente rieleggibili.
Non possono, finché sono in carica, essere iscritti, negli albi professio-
nali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Cost. 105.

105. Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le


norme dell’ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasfe-
rimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magi-
strati.

Cost. 106.

106. Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.


Normativa 231

La legge sull’ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche


elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.
Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono
essere chiamati all’ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, pro-
fessori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano
quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizio-
ni superiori.

Cost. 107.

107. I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o


sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a
decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e
con le garanzie di difesa stabilite dall’ordinamento giudiziario o con il loro
consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l’azione discipli-
nare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle
norme sull’ordinamento giudiziario.

Cost. 108.

108. Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono


stabilite con legge.
La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali,
del Pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’am-
ministrazione della giustizia.

Cost. 109.

109. L’Autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudi-


ziaria.

Cost. 110.

110. Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura,


spettano al Ministero della giustizia l’organizzazione e il funzionamento dei
servizi relativi alla giustizia.
232 Il sistema giudiziario italiano

Cost. 111.

111. La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla


legge (1).
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di
parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragione-
vole durata (1).
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un
reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natu-
ra e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle
condizioni necessari per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al
giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiara-
zioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a
sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro
mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende
o non parla la lingua impiegata nel processo (1).
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella
formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere pro-
vata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre
volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del
suo difensore (1).
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in
contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di
natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita (1).
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pro-
nunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso
ricorso in Cassazione per violazione di legge.
Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali mili-
tari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso
in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Cost. 112.

112. Il Pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale.

Cost. 113.

113. Contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa


la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli orga-
ni di giurisdizione ordinaria o amministrativa [Cost. 24, 103, 125].
Normativa 233

Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particola-


ri mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli
atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla
legge stessa.

Cost. 134.

134. La Corte costituzionale giudica:


sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli
atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato
e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma
della Costituzione (2).

Cost. 135.

135. La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati


per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in
seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed ammi-
nistrative.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a
riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrative, i professori
ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di
esercizio.
I Giudici della Corte costituzionale sono nominati per nove anni, decor-
renti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere
nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine il giudice costituzionale cessa dalla carica e
dall’esercizio delle funzioni.
La Corte elegge tra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla
legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile,
fermi in ogni caso i termini di scadenza dall’ufficio di giudice.
L’ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro
del Parlamento, di un Consiglio regionale, con l’esercizio della professione di
avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d’accusa contro il Presidente della Repubblica intervengo-
no, oltre i giudici ordinari della Corte, sedici membri tratti a sorte da un elen-
co di cittadini aventi i requisiti per l’eleggibilità a senatore, che il Parlamen-
234 Il sistema giudiziario italiano

to compila ogni nove anni mediante elezione con le stesse modalità stabilite
per la nomina dei giudici ordinari (3).

Cost. 136.

136. Quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma


di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia
dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai
Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario provveda-
no nelle forme costituzionali.

Cost. 137.

137. Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini


di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d’indi-
pendenza dei giudici della Corte.
Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costi-
tuzione e il funzionamento della Corte.
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna
impugnazione.
Normativa 235

NOTE

(1) Comma aggiunto dall’art. 1, L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2 (Gazz. Uff. 23 dicem-
bre 1999, n. 300).
(2) Alinea così modificato all’art. 2 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1.
(3) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. Cost., 22 novembre 1967, n. 2. L’ultimo comma,
inoltre, è stato così modificato dall’art. 2 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1.
236 Il sistema giudiziario italiano

R.D. 30 gennaio 1941, n. 12 (1)


Ordinamento giudiziario (2) (3)

1. È approvato l’unito testo dell’«ordinamento giudiziario», allegato al


presente decreto e visto d’ordine nostro dal Ministro guardasigilli e dal Mini-
stro delle finanze.
Il testo anzidetto avrà esecuzione a cominciare dal 21 aprile 1941.
2. Con successivi provvedimenti saranno disciplinate le altre materie alle
quali si riferisce la delegazione contenuta nella legge 24 dicembre 1925, n.
2260 (4).

TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI

CAPO I
DELLE AUTORITÀ ALLE QUALI È AFFIDATA
L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

1. Dei giudici. – La giustizia, nelle materie civile e penale, è amministrata:


a) dal giudice di pace;
b) [dal pretore] (5);
c) dal tribunale ordinario;
d) dalla corte di appello;
e) dalla corte di cassazione;
f) dal tribunale per i minorenni;
g) dal magistrato di sorveglianza;
h) dal tribunale di sorveglianza (6).
Sono regolati da leggi speciali l’ordinamento giudiziario dell’impero e
degli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato (7), le giurisdizioni ammi-
nistrative ed ogni altra giurisdizione speciale nonché le giurisdizioni per i
reati militari e marittimi.

2. Del pubblico Ministero. – Presso la corte di cassazione, le corti di


appello, i tribunali ordinari e i tribunali per i minorenni è costituito l’ufficio
del pubblico ministero (8).

3. Cancellerie e segreterie giudiziarie. Ufficiali ed uscieri giudiziari. – Ogni


corte, tribunale ed ufficio di conciliazione ha una cancelleria ed ogni ufficio
del pubblico ministero ha una segreteria. L’ufficio di cancelleria o di segrete-
Normativa 237

ria può essere costituito anche presso le sezioni distaccate di cui alla tabella
B annessa al presente ordinamento (9).
Alle corti e ai tribunali sono addetti ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali
giudiziari e coadiutori degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti. Tale
personale può essere addetto anche alle sezioni distaccate di cui alla tabella
B annessa al presente ordinamento. Negli uffici di conciliazione le funzioni di
ufficiale giudiziario sono esercitate nei modi indicati nell’art. 28 (9).
Il personale e gli uffici delle cancellerie e segreterie giudiziarie, gli uffi-
ciali giudiziari e gli uscieri giudiziari sono regolati da leggi particolari.

4. Ordine giudiziario. – L’ordine giudiziario è costituito dagli uditori, dai


giudici di ogni grado dei tribunali e delle corti e dai magistrati del pubblico
Ministero (10).
Appartengono all’ordine giudiziario come magistrati onorari i giudici
conciliatori, i vice conciliatori, i giudici onorari di tribunale, i vice procura-
tori, gli esperti del tribunale ordinario e della sezione di corte di appello per
i minorenni ed, inoltre, gli assessori della corte di assise (11) e gli esperti della
magistratura del lavoro nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie (12).
Il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie di ogni gruppo e
grado fa parte dell’ordine giudiziario.
Gli ufficiali giudiziari sono ausiliari dell’ordine giudiziario (13).

5. Organici; sedi giudiziarie. – Il numero, le sedi, le circoscrizioni terri-


toriali degli uffici giudiziari indicati nel primo comma dell’art. 1 ed il ruolo
organico della magistratura sono determinati dalle tabelle allegate al presen-
te ordinamento, fatta eccezione per i giudici conciliatori.

6. Provvedimenti riflettenti lo stato dei magistrati. – I magistrati sono


nominati, promossi, tramutati e revocati dal Re Imperatore (14), su proposta del
Ministro di grazia e giustizia, osservate le forme del presente ordinamento,
salvo, per la nomina degli uditori, il disposto dell’ultimo comma dell’art. 127.
Qualsiasi altro provvedimento riflettente lo stato dei magistrati è ema-
nato egualmente con decreto reale (15), su proposta del Ministro di grazia e
giustizia, con l’osservanza delle norme stabilite nel presente ordinamento,
salvo che non sia diversamente stabilito.

7. Provvedimenti riflettenti gli organi giudiziari e il pubblico Ministero. –


Qualsiasi provvedimento che attua le disposizioni del presente ordinamento,
relative alla costituzione di sezioni ed alla ripartizione dei magistrati tra i
diversi uffici della stessa sede, nonché i provvedimenti relativi alle applica-
zioni, alle sostituzioni ed alle supplenze di magistrati, sono emanati con
decreto reale (15), salvo che non sia diversamente stabilito.
238 Il sistema giudiziario italiano

7-bis. Tabelle degli uffici giudicanti. – 1. La ripartizione degli uffici giu-


diziari di cui all’articolo 1 in sezioni, la destinazione dei singoli magistrati alle
sezioni e alle corti di assise, l’assegnazione alle sezioni dei presidenti, la desi-
gnazione dei magistrati che hanno la direzione di sezioni a norma dell’artico-
lo 47-bis, secondo comma, l’attribuzione degli incarichi di cui agli articoli 47-
ter, terzo comma, 47-quater, secondo comma, e 50-bis, il conferimento delle
specifiche attribuzioni processuali individuate dalla legge e la formazione dei
collegi giudicanti sono stabiliti ogni biennio con decreto del Ministro di gra-
zia e giustizia in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore della
magistratura assunte sulle proposte dei presidenti delle corti di appello, sen-
titi i consigli giudiziari. Decorso il biennio, l’efficacia del decreto è proroga-
ta fino a che non sopravvenga un altro decreto (16).
2. Le deliberazioni di cui al comma 1 sono adottate dal Consiglio supe-
riore della magistratura, valutate le eventuali osservazioni formulate dal Mini-
stro di grazia e giustizia ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 marzo 1958, n.
195, e possono essere variate nel corso del biennio per sopravvenute esigen-
ze degli uffici giudiziari, sulle proposte dei presidenti delle corti di appello,
sentiti i consigli giudiziari. I provvedimenti in via di urgenza, concernenti le
tabelle, adottati dai dirigenti degli uffici sulla assegnazione dei magistrati,
sono immediatamente esecutivi, salva la deliberazione del Consiglio superio-
re della magistratura per la relativa variazione tabellare.
2-bis. Possono svolgere le funzioni di giudice incaricato dei provvedi-
menti previsti per la fase delle indagini preliminari nonché di giudice dell’u-
dienza preliminare solamente i magistrati che hanno svolto per almeno due
anni funzioni di giudice del dibattimento. Le funzioni di giudice dell’udien-
za preliminare sono equiparate a quelle di giudice del dibattimento (17).
2-ter. Il giudice incaricato dei provvedimenti previsti per la fase delle
indagini preliminari nonché il giudice dell’udienza preliminare non possono
esercitare tali funzioni per più di sei anni consecutivi. Qualora alla scadenza
del termine essi abbiano in corso il compimento di un atto del quale sono
stati richiesti, l’esercizio delle funzioni è prorogato, limitatamente al relativo
procedimento, sino al compimento dell’attività medesima (18).
2-quater. Il tribunale in composizione monocratica è costituito da un
magistrato che abbia esercitato la funzione giurisdizionale per non meno di
tre anni (18).
2-quinquies. Le disposizioni dei commi 2-bis, 2-ter e 2-quater possono
essere derogate per imprescindibili e prevalenti esigenze di servizio. Si appli-
cano, anche in questo caso, le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 (18).
3. Per quanto riguarda la corte suprema di cassazione il Consiglio supe-
riore della magistratura delibera sulla proposta del primo presidente della
stessa corte (19).
Normativa 239

3-bis. Al fine di assicurare un più adeguato funzionamento degli uffici giu-


diziari sono istituite le tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e giudican-
ti che ricomprendono tutti i magistrati, ad eccezione dei capi degli uffici (20).
3-ter. Il Consiglio superiore della magistratura individua gli uffici giudi-
ziari che rientrano nella medesima tabella infradistrettuale e ne dà immedia-
ta comunicazione al Ministro di grazia e giustizia per la emanazione del rela-
tivo decreto (20).
3-quater. L’individuazione delle sedi da ricomprendere nella medesima
tabella infradistrettuale è operata sulla base dei seguenti criteri:
a) l’organico complessivo degli uffici ricompresi non deve essere inferiore alle
quindici unità per gli uffici giudicanti;
b) le tabelle infradistrettuali dovranno essere formate privilegiando l’accor-
pamento tra loro degli uffici con organico fino ad otto unità se giudicanti
e fino a quattro unità se requirenti;
c) nelle esigenze di funzionalità degli uffici si deve tener conto delle cause di
incompatibilità funzionali dei magistrati;
d) si deve tener conto delle caratteristiche geomorfologiche dei luoghi e dei
collegamenti viari, in modo da determinare il minor onere per l’erario (20).
3-quinquies. Il magistrato può essere assegnato anche a più uffici aventi
la medesima attribuzione o competenza, ma la sede di servizio principale, ad
ogni effetto giuridico ed economico, è l’ufficio del cui organico il magistrato
fa parte. La supplenza infradistrettuale non opera per le assenze o impedi-
menti di durata inferiore a sette giorni (20).
3-sexies. Per la formazione ed approvazione delle tabelle di cui al
comma 3-bis, si osservano le procedure previste dal comma 2 (20).

7-ter. Criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici


impediti (21). – 1. L’assegnazione degli affari alle singole sezioni ed ai singoli
collegi e giudici è effettuata, rispettivamente, dal dirigente dell’ufficio e dal
presidente della sezione o dal magistrato che la dirige, secondo criteri obiet-
tivi e predeterminati, indicati in via generale dal Consiglio superiore della
magistratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la
medesima procedura (21). Nel determinare i criteri per l’assegnazione degli
affari penali al giudice per le indagini preliminari, il Consiglio superiore della
magistratura stabilisce la concentrazione, ove possibile, in capo allo stesso
giudice dei provvedimenti relativi al medesimo procedimento e la designa-
zione di un giudice diverso per lo svolgimento delle funzioni di giudice del-
l’udienza preliminare (22). Qualora il dirigente dell’ufficio o il presidente della
sezione revochino la precedente assegnazione ad una sezione o ad un colle-
gio o ad un giudice, copia del relativo provvedimento motivato viene comu-
nicata al presidente della sezione e al magistrato interessato.
240 Il sistema giudiziario italiano

2. Il Consiglio superiore della magistratura stabilisce altresì i criteri per


la sostituzione del giudice astenuto, ricusato o impedito (23).
3. Il Consiglio superiore della magistratura determina i criteri generali
per l’organizzazione degli uffici del pubblico ministero e per l’eventuale
ripartizione di essi in gruppi di lavoro (24).

8. Requisiti per l’ammissione a funzioni giudiziarie. – Per essere ammes-


so a funzioni giudiziarie è necessario:
1o essere cittadino italiano, di razza italiana (25), di sesso maschile (26), ed
iscritto al P.N.F. (27);
2 avere l’esercizio dei diritti civili;
o

3o avere sempre tenuto illibata condotta civile, morale e politica (28);


4o possedere gli altri requisiti previsti dalla legge per le varie funzioni.

9. Giuramento. – I magistrati prestano giuramento col rito prescritto dal


regolamento e con la formula seguente: «Giuro di essere fedele al Re Impe-
ratore, di osservare lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato e di adem-
piere coscienziosamente i miei doveri di magistrato» (29).
Il giuramento viene prestato entrando a far parte dell’ordine giudiziario
e non deve essere rinnovato. I magistrati onorari prestano giuramento prima
di assumere le loro funzioni.

10. Termine per l’assunzione delle funzioni. – I magistrati debbono assu-


mere le loro funzioni nel termine di giorni trenta dalla data del bollettino uffi-
ciale che pubblica la registrazione alla corte dei conti del decreto di nomina
o destinazione.
Tale termine non può essere prorogato per nessuna ragione, ma può
essere abbreviato dal Ministro di grazia e giustizia per necessità di servizio.
Il Ministro può anche ordinare, per ragioni di servizio, che il magistrato
tramutato o promosso continui ad esercitare il precedente suo ufficio per un
periodo di tempo non superiore a giorni trenta (30). In questo caso, il termine
stabilito nel primo comma del presente articolo decorre dal giorno in cui
cessa tale esercizio, e può essere abbreviato per disposizione del Ministro.
Nei casi di necessità di servizio, il Ministro può disporre che i magistra-
ti promossi o tramutati assumano servizio presso il nuovo ufficio anche prima
della registrazione del relativo decreto alla corte dei conti. Nel caso di revo-
ca del decreto per mancata registrazione, il magistrato è considerato come in
missione, ed ha il diritto alla corrispondente indennità per il tempo in cui ha
prestato servizio in esecuzione del decreto stesso.

11. Decadenza per inosservanza del termine per assumere le funzioni.


Riammissione in servizio. – Il magistrato, che non assume le sue funzioni nel
Normativa 241

termine stabilito dall’articolo precedente, o in quello che gli è stato assegna-


to con disposizione del Ministro, decade dall’impiego, ma può essere riam-
messo nell’ordine giudiziario, con lo stesso grado mediante un nuovo decre-
to. In tal caso il servizio anteriore si ricongiunge con il successivo, ai fini del-
l’anzianità.
La facoltà di riassunzione cessa col decorso di un anno dalla data di regi-
strazione del decreto di nomina, di promozione o di tramutamento.

12. Obbligo della residenza. Sanzioni. – Il magistrato ha l’obbligo di risie-


dere stabilmente nel comune ove ha sede l’ufficio giudiziario presso il quale
esercita le sue funzioni e non può assentarsene senza autorizzazione dei supe-
riori gerarchici.
Il magistrato che trasgredisce alle disposizioni del presente articolo è
soggetto a provvedimenti disciplinari, e può comunque essere privato dello
stipendio, con decreto ministeriale, per un tempo corrispondente all’assenza
abusiva (31).

13. Esenzione da uffici e servizi pubblici. – I magistrati sono esenti da


qualunque ufficio o pubblico servizio estraneo alle loro funzioni, eccettuato
il servizio militare.

14. Potestà di polizia dei giudici. – Ogni giudice, nell’esercizio delle sue
funzioni, può richiedere, quando occorre, l’intervento della forza pubblica e
può prescrivere tutto ciò che è necessario per il sicuro e ordinato compi-
mento degli atti ai quali procede.

15. Potestà dei magistrati del pubblico Ministero di richiedere la forza


armata. – I magistrati del pubblico ministero hanno, nell’esercizio delle loro
funzioni, il diritto di richiedere direttamente l’intervento della forza armata.

CAPO II
DELLE INCOMPATIBILITÀ

16. Incompatibilità di funzioni. – I magistrati privati non possono assu-


mere pubblici o privati impieghi od uffici, ad eccezione di quelli di senatore,
di consigliere nazionale (32) o di amministratore gratuito di istituzioni pubbli-
che di beneficenza. Non possono nemmeno esercitare industrie o commerci,
né qualsiasi libera professione.
Salvo quanto disposto dal primo comma dell’articolo 61 dello statuto
degli impiegati civili dello Stato, approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3,
non possono, inoltre, accettare incarichi di qualsiasi specie né possono assu-
242 Il sistema giudiziario italiano

mere le funzioni di arbitro, senza l’autorizzazione del Consiglio superiore


della magistratura (33).
In tal caso, possono assumere le funzioni di arbitro unico o di presiden-
te del collegio arbitrale ed esclusivamente negli arbitrati nei quali è parte
l’Amministrazione dello Stato ovvero aziende o enti pubblici, salvo quanto
previsto dal capitolato generale per le opere di competenza del Ministero dei
lavori pubblici, approvato con D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063 (33).

17. Incompatibilità speciali per i primi presidenti e i procuratori generali


della Repubblica (34). – I primi presidenti (35) ed i procuratori generali della
Repubblica (34) non possono assumere alcun incarico fuori della residenza,
tranne quelli ad essi attribuiti da leggi e regolamenti o quelli conferiti con
decreto reale (36).

18. Incompatibilità di sede per parentela o affinità con professionisti. – I


magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali ordina-
ri, non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro
parenti fino al secondo grado, o gli affini in primo grado, sono iscritti negli
albi professionali di avvocato o di procuratore, né, comunque, ad uffici giu-
diziari avanti i quali i loro parenti od affini nei gradi indicati esercitano abi-
tualmente la professione di avvocato o di procuratore (37).

19. Incompatibilità per vincoli di parentela o di affinità fra magistrati della


stessa sede. – I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità
fino al terzo grado non possono far parte della stessa corte o dello stesso tri-
bunale o dello stesso ufficio giudiziario.
Questa disposizione non si applica quando, a giudizio del Ministro di gra-
zia e giustizia (38), per il numero dei componenti il collegio o l’ufficio giudizia-
rio, sia da escludere qualsiasi intralcio al regolare andamento del servizio.
Tuttavia non possono far parte come giudici dello stesso collegio giudi-
cante nelle corti e nei tribunali ordinari i parenti e gli affini sino al quarto
grado incluso.

TITOLO II
DEI GIUDICI

CAPO I
DEL GIUDICE CONCILIATORE (39)

20. Sede degli uffici di conciliazione. – [In ogni comune ha sede un giu-
dice conciliatore.
Normativa 243

Nei comuni divisi in borgate o frazioni, ed in quelli divisi in quartieri a


norma della legge comunale e provinciale, possono essere istituiti con decre-
to reale (36) uffici distinti di giudice conciliatore.
A ciascun ufficio di conciliazione, è, di regola, addetto un vice-concilia-
tore; e possono esservi addetti, se necessario, più vice-conciliatori].

21. Gratuità dell’ufficio. – [L’ufficio di giudice conciliatore e di vice-con-


ciliatore è gratuito ed onorario] (39).

22. Funzioni del giudice conciliatore. – [Il giudice conciliatore ha funzio-


ne conciliativa e contenziosa in materia civile.
Nell’esercizio della giurisdizione contenziosa decide secondo il diritto e
l’equità in conformità del disposto degli artt. 113 e 114 del codice di proce-
dura civile.
La competenza e le attribuzioni del giudice conciliatore nonché la forma
degli atti e dei giudizi sono determinate dalle leggi di procedura] (39).

23. Requisiti per la nomina. – [Possono essere nominati giudici concilia-


tori e vice-conciliatori i cittadini italiani, di razza italiana (40), di sesso maschi-
le (41), iscritti al P.N.F. (42), residenti nel comune, che hanno età non inferiore
a venticinque anni.
La scelta deve cadere su elementi capaci di assolvere degnamente, per
requisiti di indipendenza, carattere e prestigio, le funzioni di magistrato ono-
rario] (43).

24. Nomina e durata dell’ufficio. – [La nomina dei giudici conciliatori e


vice-conciliatori è fatta, in virtù di regia delegazione, con decreto del Presi-
dente della corte d’appello (44), su designazione del procuratore generale
della Repubblica (45) (46).
I giudici conciliatori e vice-conciliatori durano in carica tre anni e pos-
sono essere confermati; al termine del triennio cessano dalla carica anche
quelli che ottennero la nomina nel corso del medesimo] (43).

25. Decadenza, revoca e dispensa dall’ufficio. – [I giudici conciliatori e i


vice-conciliatori decadono dall’ufficio per perdita della cittadinanza, per tra-
sferimento in altro comune o per una delle cause di incompatibilità stabilite
dal successivo articolo.
Possono essere revocati per indegnità o per inettitudine.
Possono essere dispensati dall’ufficio per dimissioni volontarie o per
incapacità dipendente da motivi di salute.
244 Il sistema giudiziario italiano

Tutti i predetti provvedimenti sono emanati dal presidente della corte


di appello (44), su conforme parere del procuratore generale della Repub-
blica (45)] (43).

26. Incompatibilità. – [L’ufficio di giudice conciliatore e di vice-concilia-


tore è incompatibile con la qualità:
a) di magistrato e in genere di funzionario in attività di servizio appartenente
o addetto all’ordine giudiziario;
b) di funzionario o di agente di pubblica sicurezza in attività di servizio] (43).

27. Divieto di assistenza professionale. – (43).

28. Cancellieri di conciliazione e personale ausiliario. – [Le funzioni di


cancelliere sono esercitate dal segretario comunale o da altro impiegato della
segreteria, e quelle di ufficiale giudiziario dall’inserviente comunale e da altre
persone residenti nel comune che presentino le necessarie garanzie di ido-
neità (47), previa autorizzazione da concedersi con decreto del procuratore
della Repubblica (45), in entrambi i casi (48).
L’autorizzazione può essere revocata o sospesa temporaneamente nella
stessa forma, se risulti che il cancelliere o l’incaricato delle funzioni di uffi-
ciale giudiziario non adempiono scrupolosamente e con diligenza ai loro
doveri] (43).

29. Vigilanza sugli uffici di conciliazione. – (43).

CAPO II
DEL PRETORE (49)

30. 1 (50-64).

31. 1 (50-64).

32. 1 (50-64).

33. 1 (50-64).

34. 1 (50-64).

35. 1 (50-64).

36-37. 1 (50-64).
Normativa 245

38. 1 (50-64).

39. 1 (50-64).

40. 1 (50-64).

41. 1 (50-64).

CAPO III
DEI TRIBUNALI (65)

SEZIONE I
DEL TRIBUNALE ORDINARIO (65)

42. Sede del tribunale. – Il tribunale ordinario ha sede in ogni capoluo-


go determinato nella tabella A annessa al presente ordinamento.

42-bis. Composizione dell’ufficio del tribunale ordinario. – Il tribunale


ordinario è diretto dal presidente del tribunale e ad esso sono addetti più giu-
dici. Al tribunale ordinario possono essere addetti uno o più presidenti di
sezione.
Al tribunale ordinario possono essere addetti giudici onorari (66).

42-ter. Nomina dei giudici onorari di tribunale. – I giudici onorari di


tribunale sono nominati con decreto del Ministro di grazia e giustizia, in
conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura,
su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio nella com-
posizione prevista dall’articolo 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991,
n. 374.
Per la nomina è richiesto il possesso dei seguenti requisiti:
a) cittadinanza italiana;
b) esercizio dei diritti civili e politici;
c) idoneità fisica e psichica;
d) età non inferiore a venticinque anni e non superiore a sessantanove anni;
e) residenza in un comune compreso nel distretto in cui ha sede l’ufficio giu-
diziario per il quale è presentata domanda, fatta eccezione per coloro che
esercitano la professione di avvocato o le funzioni notarili;
f) laurea in giurisprudenza;
246 Il sistema giudiziario italiano

g) non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per
contravvenzioni e non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o di
sicurezza.
Costituisce titolo di preferenza per la nomina l’esercizio, anche pregresso:
a) delle funzioni giudiziarie, comprese quelle onorarie;
b) della professione di avvocato, anche nella qualità di iscritto nell’elenco spe-
ciale previsto dall’articolo 3, quarto comma, lettera b), del regio decreto 27
novembre 1933, n. 1578, o di notaio;
c) dell’insegnamento di materie giuridiche nelle università o negli istituti
superiori statali;
d) delle funzioni inerenti ai servizi delle cancellerie e segreterie giudiziarie
con qualifica di dirigente o con qualifica corrispondente alla soppressa car-
riera direttiva;
e) delle funzioni con qualifica di dirigente o con qualifica corrispondente alla
soppressa carriera direttiva nelle amministrazioni pubbliche o in enti pub-
blici economici.
Costituisce altresì titolo di preferenza, in assenza di quelli indicati nel
terzo comma, il conseguimento del diploma di specializzazione di cui all’ar-
ticolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398.
Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, adottato su conforme deli-
berazione del Consiglio superiore della magistratura, sono disciplinate le
modalità del procedimento di nomina (66).

42-quater. Incompatibilità. – Non possono esercitare le funzioni di giu-


dice onorario di tribunale:
a) i membri del parlamento nazionale ed europeo, i membri del Governo, i
titolari di cariche elettive ed i membri delle giunte degli enti territoriali, i
componenti degli organi deputati al controllo sugli atti degli stessi enti ed
i titolari della carica di difensore civico;
b) gli ecclesiastici e i ministri di confessioni religiose;
c) coloro che ricoprono o hanno ricoperto nei tre anni precedenti incarichi,
anche esecutivi, nei partiti politici;
d) gli appartenenti ad associazioni i cui vincoli siano incompatibili con l’eser-
cizio indipendente della funzione giurisdizionale;
e) coloro che svolgono o abbiano svolto nei tre anni precedenti attività pro-
fessionale non occasionale per conto di imprese di assicurazione o banca-
rie, ovvero per istituti o società di intermediazione finanziaria.
Gli avvocati ed i praticanti ammessi al patrocinio non possono eser-
citare la professione forense dinanzi agli uffici giudiziari compresi nel cir-
condario del tribunale presso il quale svolgono le funzioni di giudice ono-
Normativa 247

rario e non possono rappresentare o difendere le parti, nelle fasi successi-


ve, in procedimenti svoltisi dinanzi ai medesimi uffici.
Il giudice onorario di tribunale non può assumere l’incarico di consu-
lente, perito o interprete nei procedimenti che si svolgono dinanzi agli uffici
giudiziari compresi nel circondario del tribunale presso il quale esercita le
funzioni giudiziarie (66).
42-quinquies. Durata dell’ufficio. – La nomina a giudice onorario di tri-
bunale ha la durata di tre anni. Il titolare può essere confermato, alla sca-
denza, per una sola volta.
I giudici onorari di tribunali che hanno in corso la procedura di confer-
ma nell’incarico rimangono in servizio fino alla definizione della procedura
di cui al secondo comma, anche oltre il termine di scadenza dell’incarico. La
conferma della nomina ha, comunque, effetto retroattivo con decorrenza dal
primo giorno successivo alla scadenza del triennio già decorso. In caso di
mancata conferma i giudici onorari di tribunale in proroga cessano dall’inca-
rico dal momento della comunicazione del relativo provvedimento del CSM
che non necessita di decreto del Ministro (67).
Alla scadenza del triennio, il consiglio giudiziario, nella composizione
prevista dall’articolo 4, comma 1, della legge 21 novembre 1991, n. 374,
esprime un giudizio di idoneità alla continuazione dell’esercizio delle funzio-
ni sulla base di ogni elemento utile, compreso l’esame a campione dei prov-
vedimenti. Il giudizio di idoneità costituisce requisito necessario per la con-
ferma (66).
La nomina dei giudici onorari di tribunale pur avendo effetto dalla data
del decreto ministeriale di cui all’articolo 42-ter, primo comma, ha durata trien-
nale con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo alla nomina (68).

42-sexies. Cessazione, decadenza e revoca dall’ufficio. – Il giudice onora-


rio di tribunale cessa dall’ufficio:
a) er compimento del settantaduesimo anno di età;
b) per scadenza del termine di durata della nomina o della conferma;
c) per dimissioni, a decorrere dalla data di comunicazione del provvedimen-
to di accettazione.

Il giudice onorario di tribunale decade dall’ufficio:


a) se non assume le sue funzioni entro sessanta giorni dalla comunicazione
del provvedimento di nomina o nel termine più breve eventualmente fis-
sato dal Ministro di grazia e giustizia ai sensi dell’articolo 10;
b) se non esercita volontariamente le funzioni inerenti all’ufficio;
c) se viene meno uno dei requisiti necessari per la nomina o sopravviene una
causa di incompatibilità.
248 Il sistema giudiziario italiano

Il giudice onorario di tribunale è revocato dall’ufficio in caso di inosser-


vanza dei doveri inerenti al medesimo.
La cessazione, la decadenza o la revoca dall’ufficio è dichiarata o dispo-
sta con le stesse modalità previste per la nomina (66).
42-septies. Doveri e diritti del giudice onorario di tribunale. – Il giudice
onorario di tribunale è tenuto all’osservanza dei doveri previsti per i magi-
strati ordinari, in quanto compatibili.
Al giudice onorario competono esclusivamente le indennità e gli altri
diritti espressamente attribuiti dalla legge con specifico riferimento al rap-
porto di servizio onorario (66).

43. Funzioni ed attribuzioni del tribunale ordinario. – Il tribunale ordi-


nario:
a) esercita la giurisdizione in primo grado e in appello, contro le sentenze
pronunciate dal giudice di pace, in materia civile;
b) esercita la giurisdizione in primo grado in materia penale;
c) esercita le funzioni di giudice tutelare;
d) esercita nei modi stabiliti dalla legge le altre funzioni ad esso deferite (69).

43-bis. Funzioni dei giudici ordinari ed onorari addetti al tribunale ordina-


rio. – I giudici ordinari ed onorari svolgono presso il tribunale ordinario il
lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale
è costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige la sezione.
I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza se non nei casi
di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.
Nell’assegnazione prevista dal primo comma, è seguito il criterio di non
affidare ai giudici onorari:
a) nella materia civile, la trattazione di procedimenti cautelari e possessori,
fatta eccezione per le domande proposte nel corso della causa di merito o
del giudizio petitorio;
b) nella materia penale, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e di
giudice dell’udienza preliminare, nonché la trattazione di procedimenti
diversi da quelli previsti dall’articolo 550 del codice di procedura pena-
le (70) (71).

44. Ufficio d’istruzione penale. – (72).

45. Giudice di sorveglianza. – Nella sede del tribunale ordinario, e nelle


sedi designate con decreto del Ministro di grazia e giustizia, un giudice è
annualmente incaricato delle funzioni di sorveglianza sull’esecuzione delle
Normativa 249

pene detentive e sulla applicazione ed esecuzione delle misure amministrati-


ve di sicurezza.
Il giudice di sorveglianza provvede, inoltre, in materia di misure ammi-
nistrative di sicurezza ed esercita le altre funzioni che la legge gli attribuisce.
In caso di bisogno possono essere incaricati delle funzioni di sorve-
glianza anche altri giudici del tribunale ordinario.
L’incarico di esercitare funzioni di giudice di sorveglianza è revocabile
anche se conferito a giudici inamovibili.

46. Costituzione delle sezioni. – Il tribunale ordinario può essere costi-


tuito in più sezioni.
Nei tribunali ordinari costituiti in sezioni sono biennalmente designa-
te le sezioni alle quali sono devoluti, promiscuamente o separatamente, gli
affari civili, gli affari penali e i giudizi in grado di appello, nonché, separa-
tamente, le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza
obbligatorie.
In ogni tribunale ordinario costituito in sezioni è istituita una sezione dei
giudici incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale
per la fase delle indagini preliminari e per l’udienza preliminare.
A ciascuna sezione, nella formazione delle tabelle ai sensi dell’articolo 7-
bis, sono destinati giudici nel numero richiesto dalle esigenze di servizio,
tenuto conto del numero dei processi pendenti, dell’urgenza della definizio-
ne delle controversie, nonché del numero delle controversie sulle quali il tri-
bunale giudica in composizione collegiale (73).
I giudici destinati a ciascuna sezione non possono essere comunque in
numero inferiore a cinque. Tale limite non opera per la sezione dei giudici
incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la
fase delle indagini preliminari e per l’udienza preliminare (74).

47. Attribuzioni del presidente del tribunale. – Il presidente del tri-


bunale dirige l’ufficio e, nei tribunali costituiti in sezioni, distribuisce il
lavoro tra le sezioni, salvi i compiti del presidente di sezione. Esercita le
altre funzioni che gli sono attribuite dalla legge nei modi da questa sta-
biliti (75).

47-bis. Direzione delle sezioni. – Nei tribunali costituiti in sezioni e nei


quali sono istituiti posti di presidente di sezione, la direzione delle sezioni è
attribuita ad un presidente di sezione.
Nei tribunali nei quali non sono istituiti posti di presidente di sezione,
dell’organizzazione del lavoro della sezione è incaricato il magistrato desi-
gnato nelle tabelle formate ai sensi dell’articolo 7-bis (76).
250 Il sistema giudiziario italiano

47-ter. Istituzione dei posti di presidente di sezione. – Salvo quanto pre-


visto dal secondo e dal terzo comma, nei tribunali costituiti in sezioni ai quali
sono addetti più di dieci giudici ordinari possono essere istituiti posti di pre-
sidente di sezione, in numero non superiore a quello determinato dalla pro-
porzione di uno a dieci (77).
Il posto di presidente di sezione può essere comunque istituito, senza
l’osservanza dei limiti previsti dal primo comma:
a) per la direzione della corte di assise e delle singole sezioni della medesima,
quando il numero delle udienze da esse tenute lo richiede;
b) per la direzione delle seguenti sezioni, tenuto conto della loro consistenza
numerica e delle specifiche esigenze organizzative:
1) sezioni incaricate della trattazione delle controversie in materia di lavo-
ro e di previdenza e assistenza obbligatorie;
2) sezioni incaricate degli affari inerenti alle procedure concorsuali;
3) sezioni dei giudici incaricati dei provvedimenti previsti del codice di
procedura penale per la fase delle indagini preliminari e per l’udienza
preliminare, salvo quanto previsto dal terzo comma (77).

In ogni tribunale ordinario di cui alla tabella A allegata alla legge 22


dicembre 1973, n. 884, la sezione dei giudici incaricati dei provvedimenti
previsti dal codice di procedura penale per la fase delle indagini preliminari
e per l’udienza preliminare è diretta da un presidente di sezione. Si applica-
no le disposizioni dell’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto-legge 25 settembre
1989, n. 327, convertito dalla legge 24 novembre 1989, n. 380 (76).

47-quater. Attribuzioni del presidente di sezione. – Il presidente di sezio-


ne, oltre a svolgere il lavoro giudiziario, dirige la sezione cui è assegnato e, in
particolare, sorveglia l’andamento dei servizi di cancelleria ed ausiliari, distri-
buisce il lavoro tra i giudici e vigila sulla loro attività, curando anche lo scam-
bio di informazioni sulle esperienze giurisprudenziali all’interno della sezio-
ne. Collabora, altresì, con il presidente del tribunale nell’attività di direzione
dell’ufficio.
Con le tabelle formate ai sensi dell’articolo 7-bis, al presidente di sezio-
ne può essere attribuito l’incarico di dirigere più sezioni che trattano materie
omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività dell’ufficio (76).

47-quinquies. Presidenza dei collegi. – Quando il tribunale giudica in


composizione collegiale, la presidenza del collegio è assunta dal presidente
del tribunale o da un presidente di sezione o dal magistrato più elevato in
qualifica o dal più anziano dei magistrati di pari qualifica componenti il col-
legio (78).
Normativa 251

48. Composizione dell’organo giudicante. – In materia civile e penale il


tribunale giudica in composizione monocratica e, nei casi previsti dalla legge,
in composizione collegiale.
Sull’applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali il
tribunale giudica sempre in composizione collegiale.
Salve le disposizioni relative alla composizione delle sezioni specializza-
te, il tribunale, quando giudica in composizione collegiale, decide con il
numero invariabile di tre componenti (78).

SEZIONE I-BIS
DELLE SEZIONI DISTACCATE DI TRIBUNALE (79)

48-bis. Sezioni distaccate del tribunale ordinario. – Nei comuni indica-


ti nella tabella B annessa al presente ordinamento sono istituite sezioni
distaccate del tribunale ordinario con la circoscrizione stabilita per ciascu-
na di esse (79) (80).

48-ter. Istituzione, soppressione e modifica della circoscrizione delle sezio-


ni distaccate. – All’istituzione, alla soppressione ed alla modifica della circo-
scrizione delle sezioni distaccate del tribunale ordinario si provvede con
decreto motivato del Ministro di grazia e giustizia di concerto con il Ministro
del tesoro, previo parere del Consiglio superiore della magistratura.
Il decreto è adottato sulla base di criteri oggettivi ed omogenei, che ten-
gono conto dell’estensione del territorio, del numero degli abitanti, dei siste-
mi di mobilità, dell’indice di contenzioso in materia civile e penale degli ulti-
mi due anni, della complessità e dell’articolazione delle attività economiche e
sociali che si svolgono nel territorio.
L’avvio del procedimento è comunicato agli enti locali interessati, ai
consigli giudiziari e ai consigli degli ordini degli avvocati. Si osservano le
disposizioni degli articoli 7, 8 e 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il parere del Consiglio superiore della magistratura è comunicato al
Ministro di grazia e giustizia entro quarantacinque giorni dal ricevimento
della richiesta. Trascorso tale termine, il decreto è emanato anche in man-
canza del parere (81).

48-quater. Affari trattati nelle sezioni distaccate. – Nelle sezioni distacca-


te sono trattati gli affari civili e penali sui quali il tribunale giudica in compo-
sizione monocratica, quando il luogo in ragione del quale è determinata la
competenza per territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime.
Le controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbli-
gatorie sono trattate esclusivamente nella sede principale del tribunale. In
252 Il sistema giudiziario italiano

tale sede sono altresì svolte, in via esclusiva, le funzioni del giudice per le
indagini preliminari e del giudice dell’udienza preliminare (79).
In deroga a quanto previsto dal secondo comma, con decreto del Mini-
stro di grazia e giustizia in conformità della deliberazione del Consiglio supe-
riore della magistratura assunta sulla proposta del presidente del tribunale
sentito il consiglio dell’ordine degli avvocati, può disporsi che nelle sezioni
distaccate di tribunale aventi sede in isole, eccettuate la Sicilia e la Sardegna,
siano trattate anche le cause concernenti controversie di lavoro e di previ-
denza e assistenza obbligatorie. La deroga può essere prevista anche per un
tempo determinato in relazione a particolari circostanze (82).

48-quinquies. Udienze relative a procedimenti da trattare nella sede prin-


cipale e nelle sezioni distaccate. – In considerazione di particolari esigenze, il
presidente del tribunale, sentite le parti, può disporre che una o più udienze
relative a procedimenti civili o penali da trattare nella sede principale del tri-
bunale siano tenute in una sezione distaccata, o che una o più udienze relati-
ve a procedimenti da trattare in una sezione distaccata siano tenute nella sede
principale o in altra sezione distaccata.
Sentiti il consiglio giudiziario ed il consiglio dell’ordine degli avvocati, il
provvedimento può essere adottato anche in relazione a gruppi omogenei di
procedimenti (79).

48-sexies. Magistrati assegnati alle sezioni distaccate. – I magistrati asse-


gnati alle sezioni distaccate del tribunale ordinario possono svolgere funzio-
ni anche presso la sede principale o presso altre sezioni distaccate, secondo
criteri determinati con la procedura tabellare prevista dall’articolo 7-bis.
Nelle sezioni distaccate non sono istituiti posti di presidente di sezione (79).

SEZIONE II
DEL TRIBUNALE PER I MINORENNI

49. Costituzione e giurisdizione del tribunale per i minorenni. – In ogni


sede di corte di appello o di sezione distaccata di corte di appello è costitui-
to un tribunale per i minorenni.
Il tribunale per i minorenni ha giurisdizione su tutto il territorio della
corte di appello o della sezione di corte di appello, nei limiti di competenza
determinati dalla legge.

50. Composizione del tribunale per i minorenni. – Il tribunale per i


minorenni è composto da un magistrato di corte di appello, che lo presie-
de, da un magistrato di tribunale e da due esperti, un uomo e una donna,
Normativa 253

aventi i requisiti richiesti dalla legge, ai quali è conferito il titolo di giudi-


ce onorario del Tribunale per i minorenni. Possono anche essere nominati
due o più supplenti.
Gli esperti del Tribunale per i minorenni sono nominati con decreto del
Capo dello Stato, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia (83), per un
triennio, e possono essere confermati (84).

50-bis. Giudice per le indagini preliminari. – 1. In ogni tribunale per i


minorenni uno o più magistrati sono incaricati, come giudici singoli, dei
provvedimenti previsti dal codice di procedura penale per la fase delle inda-
gini preliminari. L’organizzazione del lavoro dei predetti giudici è attribuita
al più anziano.
2. Nell’udienza preliminare, il tribunale per i minorenni, giudica com-
posto da un magistrato e da due giudici onorari, un uomo e una donna, dello
stesso tribunale (85).

51. Giudice di sorveglianza presso il tribunale per i minorenni. – Le fun-


zioni di giudice di sorveglianza sono esercitate dal giudice addetto al tribu-
nale per i minorenni.
Il presidente del tribunale ordinario, sentito il procuratore della Repub-
blica (86), può, con suo decreto, destinare anche altro giudice, con le stesse
funzioni, al tribunale per i minorenni.

CAPO IV
DELLA CORTE DI APPELLO

SEZIONE I
DISPOSIZIONI GENERALI

52. Sede della corte di appello. – La corte di appello ha sede nel capo-
luogo dei distretti indicati nella tabella A annessa al presente ordinamento.

53. Funzioni ed attribuzioni della corte di appello. – La corte di appello:


a) esercita la giurisdizione nelle cause di appello delle sentenze pronunciate
in primo grado dai tribunali in materia civile e penale (87);
b) esercita inoltre le funzioni a essa deferite dal codice di procedura penale
diverse da quelle del giudizio di appello avverso le sentenze pronunciate
nel dibattimento di primo grado; delibera in camera di consiglio nei casi
previsti dal codice di procedura civile e conosce degli altri affari ad essi
deferiti dalle leggi (88).
254 Il sistema giudiziario italiano

54. Costituzione delle sezioni nelle corti di appello. – Nella formazione


delle tabelle ai sensi dell’articolo 7-bis sono designati i presidenti e i consi-
glieri che fanno parte di ciascuna sezione e i supplenti (89).
Si osserva per le corti di appello il disposto dell’art. 46, in quanto
applicabile.
Sono altresì designate le sezioni in funzione di corte di assise, la sezio-
ne incaricata esclusivamente della trattazione delle controversie in materia
di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, la sezione per i mino-
renni ed eventualmente quella che funziona da tribunale regionale delle
acque pubbliche (90).

55. Magistrati della corte di appello. – Il presidente (91) presiede la


prima sezione della corte di appello e può presiedere anche le altre
sezioni.
Le sezioni sono presiedute da presidenti di sezione.
I giudici delle corti di appello hanno il titolo di consiglieri.

56. Costituzione del collegio giudicante. – La corte di appello giudica con


il numero invariabile di tre votanti (92).

57. Sezione istruttoria. – (93).

58. Sezione per i minorenni. – Una sezione della corte giudica sulle
impugnazioni dei provvedimenti del tribunale per i minorenni. Ad essa
sono altresì demandate le altre funzioni della corte di appello previste dal
codice di procedura penale, nei procedimenti a carico di imputati mino-
renni (94).
La sezione giudica con l’intervento di due esperti, un uomo ed una
donna, aventi i requisiti prescritti dalla legge i quali si aggiungono ai tre magi-
strati della sezione (95).
Agli esperti della sezione per i minorenni è conferito il titolo di consi-
gliere onorario della sezione della Corte di appello per i minorenni; ad essi è
applicabile il disposto dell’ultimo comma dell’art. 50.
Le funzioni di consigliere delegato per la sorveglianza sono, per i mino-
renni, esercitate da uno dei magistrati della sezione di Corte di appello per i
minorenni (84).

59. Sezioni distaccate di corte d’appello. – Le sezioni distaccate delle corti


di appello hanno sede nei comuni indicati nella tabella A, annessa al presen-
te ordinamento.
Normativa 255

Esse, nella circoscrizione territoriale nella quale esercitano la giu-


risdizione, costituiscono sezioni delle corti di appello dalle quali dipen-
dono.
Alle sezioni distaccate di corte di appello sono preposti presidenti di
sezione alla dipendenza del presidente (96), ed alle rispettive procure genera-
li sono preposti avvocati generali alla dipendenza del procuratore generale
della Repubblica (97).

SEZIONE II
DELLA CORTE DI ASSISE (98)

60. Sedi di corte di assise. – In ogni distretto di corte di appello sono


costituite una o più corti di assise.
Ogni corte di assise esercita la giurisdizione nel circolo ad essa assegna-
to, in conformità della tabella D annessa al presente ordinamento.
Per uno stesso circolo possono essere costituite anche più corti di assise.
Le altre norme riflettenti l’ordinamento della corte di assise sono detta-
te da legge speciale.

61. Costituzione della corte di assise. – La corte di assise è composta:


a) da un presidente di sezione di corte di appello che la presiede;
b) da un consigliere di corte di appello ovvero da un presidente o presidente
di sezione di tribunale;
c) da cinque assessori.
Magistrati e assessori costituiscono un unico collegio.
I presidenti e gli altri magistrati che compongono le corti di assise sono
nominati ogni anno e possono essere destinati a presiedere o a comporre più
corti di assise comprese nel distretto della corte di appello.

62. Grado onorario degli assessori. – Gli assessori, durante la sessione,


sono equiparati ai consiglieri di corte di appello, nell’ordine di precedenza a
corte e nelle funzioni e cerimonie pubbliche.

SEZIONE III
DELLA MAGISTRATURA DEL LAVORO

63. Costituzione della magistratura del lavoro. – Una speciale sezione della
corte di appello funziona come magistratura del lavoro, con le attribuzioni e le
modalità stabilite dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali. Essa giu-
256 Il sistema giudiziario italiano

dica col numero invariabile di tre magistrati, di cui un presidente di sezione e


due consiglieri, e di due esperti che vi sono aggregati di volta in volta (99).
La magistratura del lavoro, quando giudica sulle controversie indivi-
duali in materia corporativa in grado di appello, è integrata da due consiglie-
ri designati annualmente dal primo presidente, in sostituzione degli esperti.

SEZIONE IV
DEL TRIBUNALE REGIONALE DELLE ACQUE PUBBLICHE

64. Costituzione del tribunale regionale delle acque pubbliche. – Il tribu-


nale regionale delle acque pubbliche ha sede presso le corti di appello indi-
cate nella tabella E annessa al presente ordinamento.
Il tribunale regionale delle acque pubbliche costituisce una sezione della
corte di appello presso la quale è istituito.
Alla sezione sono aggregati tre funzionari del corpo reale del genio civi-
le designati dal presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici e nomi-
nati con decreto reale (100), su proposta del Ministro di grazia e giustizia. Essi
durano in carica cinque anni e possono essere confermati.
La sezione di corte di appello funzionante come tribunale regionale
delle acque pubbliche giudica col numero invariabile di tre votanti, in essi
compreso il funzionario tecnico che per legge concorre a costituire il collegio.
Questo funzionario deve prestare giuramento davanti al presidente della
sezione, con la formula indicata nell’art. 9.

CAPO V
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

65. Attribuzioni della corte suprema di cassazione. – La corte suprema


di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l’esatta osser-
vanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo
nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni; regola i conflitti
di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa confe-
riti dalla legge.
La corte suprema di cassazione ha sede in Roma ed ha giurisdizione su
tutto il territorio del regno, dell’impero e su ogni altro territorio soggetto alla
sovranità dello Stato (101).

66. Composizione della corte suprema di cassazione. – La corte suprema


di cassazione è costituita in sezioni, e composta da un primo presidente (102),
da presidenti di sezione e da consiglieri.
Normativa 257

Il primo presidente presiede le udienze a sezioni unite e le adunanze


solenni e può presiedere le udienze delle singole sezioni.
La composizione annuale delle sezioni è stabilita ai sensi dell’articolo 7-
bis. A ciascuna delle sezioni civili e penali è preposto un presidente di sezio-
ne e possono essere assegnati altri presidenti di sezione (103).

67. Costituzione del collegio giudicante. – La corte suprema di cassazio-


ne in ciascuna sezione giudica col numero invariabile di cinque votanti. Giu-
dica a sezioni unite col numero invariabile di nove votanti (104).
Il collegio a sezioni unite in materia civile è composto da magistrati
appartenenti alle sezioni civili; in materia penale è composto da magistrati
appartenenti alle sezioni penali.

68. Ufficio del massimario e del ruolo. – Presso la corte suprema di cas-
sazione è costituito un ufficio del massimario e del ruolo, diretto da un magi-
strato della corte medesima designato dal primo presidente.
All’ufficio sono addetti, salvo il disposto del terzo comma dell’art. 135,
nove magistrati, di grado non superiore a consigliere di corte d’appello o
parificato, cinque dei quali possono essere collocati fuori del ruolo organico
della magistratura, entro i limiti numerici stabiliti nell’art. 210 del presente
ordinamento.
Le attribuzioni dell’ufficio del massimario e del ruolo sono stabilite dal
primo presidente della corte suprema di cassazione, sentito il procuratore
generale della Repubblica.

TITOLO III
DEL PUBBLICO MINISTERO

CAPO I
DELLA COSTITUZIONE DEL PUBBLICO MINISTERO

69. Funzioni del pubblico ministero. – Il pubblico ministero esercita,


sotto la vigilanza del Ministro per la grazia e giustizia, le funzioni che la legge
gli attribuisce (105).

70. Costituzione del pubblico ministero. – 1. Le funzioni del pubblico


ministero sono esercitate dal procuratore generale presso la corte di cassa-
zione, dai procuratori generali della Repubblica presso le corti di appello, dai
procuratori della Repubblica presso i tribunali per i minorenni e dai procu-
ratori della Repubblica presso i tribunali ordinari. Negli uffici delle procure
della Repubblica presso i tribunali ordinari possono essere istituiti posti di
258 Il sistema giudiziario italiano

procuratore aggiunto in numero non superiore a quello risultante dalla pro-


porzione di un procuratore aggiunto per ogni dieci sostituti addetti all’uffi-
cio. Negli uffici delle procure della Repubblica presso il tribunale del capo-
luogo del distretto può essere comunque istituito un posto di procuratore
aggiunto per specifiche ragioni riguardanti lo svolgimento dei compiti della
direzione distrettuale antimafia (106).
2. Presso le sezioni distaccate di corte di appello le funzioni del procu-
ratore generale sono esercitate dall’avvocato generale, a norma dell’art. 59.
3. I titolari degli uffici del pubblico ministero dirigono l’ufficio cui sono
preposti, ne organizzano l’attività ed esercitano personalmente le funzioni
attribuite al pubblico ministero dal codice di procedura penale e dalle altre
leggi, quando non designino altri magistrati addetti all’ufficio. Possono esse-
re designati più magistrati in considerazione del numero degli imputati o
della complessità delle indagini o del dibattimento.
4. Nel corso delle udienze penali, il magistrato designato svolge le fun-
zioni del pubblico ministero con piena autonomia e può essere sostituito solo
nei casi previsti dal codice di procedura penale. Il titolare dell’ufficio tra-
smette al Consiglio superiore della magistratura copia del provvedimento
motivato con cui ha disposto la sostituzione del magistrato.
5. Ogni magistrato addetto ad una procura della Repubblica, che, fuori
dell’esercizio delle sue funzioni, viene comunque a conoscenza di fatti che pos-
sano determinare l’inizio dell’azione penale o di indagini preliminari, può
segnalarli per iscritto al titolare dell’ufficio. Questi, quando non sussistono i
presupposti per la richiesta di archiviazione e non intende procedere personal-
mente, provvede a designare per la trattazione uno o più magistrati dell’ufficio.
6. Quando il procuratore nazionale antimafia o il procuratore generale
presso la corte di appello dispone l’avocazione delle indagini preliminari nei casi
previsti dalla legge, trasmette copia del relativo decreto motivato al Consiglio
superiore della magistratura e ai procuratori della Repubblica interessati (107).
6-bis. Entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di avocazio-
ne, il procuratore della Repubblica interessato può proporre reclamo al pro-
curatore generale presso la Corte di cassazione. Questi, se accoglie il reclamo,
revoca il decreto di avocazione, disponendo la restituzione degli atti (108).

70-bis. Direzione distrettuale antimafia. – 1. Per la trattazione dei proce-


dimenti relativi ai reati indicati nell’articolo 51 comma 3-bis del codice di
procedura penale il procuratore della Repubblica presso il tribunale del
capoluogo del distretto costituisce, nell’ambito del suo ufficio, una direzione
distrettuale antimafia designando i magistrati che devono farne parte per la
durata non inferiore a due anni. Per la designazione, il procuratore distret-
tuale tiene conto delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali.
Della direzione distrettuale non possono fare parte uditori giudiziari. La
Normativa 259

composizione e le variazioni della direzione sono comunicate senza ritardo al


Consiglio superiore della magistratura.
2. Il procuratore distrettuale o un suo delegato è preposto all’attività
della direzione e cura, in particolare, che i magistrati addetti ottemperino
all’obbligo di assicurare la completezza e la tempestività della reciproca infor-
mazione sull’andamento delle indagini ed eseguano le direttive impartite per
il coordinamento delle investigazioni e l’impiego della polizia giudiziaria.
3. Salvi casi eccezionali, il procuratore distrettuale designa per l’eserci-
zio delle funzioni di pubblico ministero, nei procedimenti riguardanti i reati
indicati nell’articolo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, i magi-
strati addetti alla direzione.
4. Salvo che nell’ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale an-
timafia la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale an-
timafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione, il procura-
tore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia (109).

71. Nomina e funzioni dei magistrati onorari della procura della Repub-
blica presso il tribunale ordinario. – Alle procure della Repubblica presso i tri-
bunali ordinari possono essere addetti magistrati onorari in qualità di vice
procuratori per l’espletamento delle funzioni indicate nell’articolo 72 e delle
altre ad essi specificamente attribuite dalla legge.
I vice procuratori onorari sono nominati con le modalità previste per la
nomina dei giudici onorari di tribunale. Ad essi si applicano le disposizioni
di cui agli articoli 42-ter, 42-quater, 42-quinquies e 42-sexies (110).

71-bis. Esercizio delle funzioni di vice procuratore onorario presso la sola


sede principale o sezione distaccata. – Il procuratore della Repubblica può sta-
bilire che determinati vice procuratori onorari addetti al suo ufficio eserciti-
no le funzioni del pubblico ministero soltanto presso la sede principale del
tribunale o presso una o più sezioni distaccate, ovvero presso la sede princi-
pale e una o più sezioni distaccate.
In tal caso, per i vice procuratori onorari che esercitano la professione
forense l’incompatibilità di cui all’articolo 42-quater, secondo comma, è riferi-
ta unicamente all’ufficio o agli uffici presso i quali sono svolte le funzioni (111).

72. Delegati del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario.


– Nei procedimenti sui quali il tribunale giudica in composizione monocrati-
ca, le funzioni del pubblico ministero possono essere svolte, per delega nomi-
nativa del procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario:
a) nell’udienza dibattimentale, da uditori giudiziari, da vice procuratori ono-
rari addetti all’ufficio, da ufficiali di polizia giudiziaria diversi da coloro
260 Il sistema giudiziario italiano

che hanno preso parte alle indagini preliminari o da laureati in giurispru-


denza che frequentano il secondo anno della scuola biennale di specializ-
zazione per le professioni legali di cui all’articolo 16 del decreto legislativo
17 novembre 1997, n. 398;
b) nell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo, da uditori giudiziari
che abbiano compiuto un periodo di tirocinio di almeno sei mesi, non-
ché, limitatamente alla convalida dell’arresto nel giudizio direttissimo,
da vice procuratori onorari addetti all’ufficio in servizio da almeno sei
mesi;
c) per la richiesta di emissione del decreto penale di condanna ai sensi degli
articoli 459, comma 1, e 565 del codice di procedura penale, da vice pro-
curatori onorari addetti all’ufficio;
d) nei procedimenti in camera di consiglio di cui all’articolo 127 del codice di
procedura penale, salvo quanto previsto dalla lettera b), nei procedimenti
di esecuzione ai fini dell’intervento di cui all’articolo 655, comma 2, del
medesimo codice, e nei procedimenti di opposizione al decreto del pub-
blico ministero di liquidazione del compenso ai periti, consulenti tecnici e
traduttori ai sensi dell’articolo 11 della legge 8 luglio 1980, n. 319, da vice
procuratori onorari addetti all’ufficio;
e) nei procedimenti civili, da uditori giudiziari, da vice procuratori onorari
addetti all’ufficio o dai laureati in giurisprudenza di cui alla lettera a). La
delega è conferita in relazione ad una determinata udienza o a un singolo
procedimento. Nella materia penale, essa è revocabile nei soli casi in cui
il codice di procedura penale prevede la sostituzione del pubblico mini-
stero.
Nella materia penale, è seguito altresì il criterio di non delegare le fun-
zioni del pubblico ministero in relazione a procedimenti relativi a reati diver-
si da quelli per cui si procede con citazione diretta a giudizio secondo quan-
to previsto dall’art. 550 del codice di procedura penale (112).

CAPO II
DELLE ATTRIBUZIONI DEL PUBBLICO MINISTERO

73. Attribuzioni generali del pubblico ministero. – Il pubblico ministero


veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della
giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli
incapaci, richiedendo, nei casi di urgenza, i provvedimenti cautelari che ritie-
ne necessari:
promuove la repressione dei reati e l’applicazione delle misure di sicu-
rezza;
Normativa 261

fa eseguire i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice, nei casi


stabiliti dalla legge.
Ha pure azione diretta per fare eseguire ed osservare le leggi d’ordine pub-
blico e che interessano i diritti dello Stato, e per la tutela dell’ordine corporati-
vo (113), sempre che tale azione non sia dalla legge ad altri organi attribuita.

74. Attribuzioni del pubblico ministero in materia penale. – Il pubblico


ministero inizia ed esercita l’azione penale.
Un rappresentante del pubblico ministero interviene a tutte le udienze
penali delle corti e dei tribunali ordinari. In mancanza del suo intervento, l’u-
dienza non può aver luogo (114).
Le attribuzioni del pubblico ministero negli atti preliminari del giudizio
e nelle udienze della corte d’assise spettano al procuratore generale della
Repubblica (115) presso la corte d’appello, il quale le esercita personalmente o
per mezzo di altro magistrato addetto al suo ufficio.
Il procuratore generale, nella circoscrizione della corte di appello, provvede
alla designazione dei magistrati del pubblico ministero che debbono intervenire
alle udienze, delegando, se occorre, il procuratore della Repubblica (115) o un sosti-
tuto presso il tribunale ordinario della sede dove è convocata la corte d’assise.
La norma del comma precedente si applica anche per le udienze di corte
d’assise che si tengono nella circoscrizione di una sede distaccata di corte
d’appello (116).

75. Attribuzioni del pubblico ministero in materia civile ed amministrati-


va. – Il pubblico ministero esercita l’azione civile ed interviene nei processi
civili nei casi stabiliti dalla legge; in mancanza del suo intervento, quando è
richiesto dalla legge, l’udienza non può aver luogo.
Esercita la vigilanza sul servizio dello stato civile e le altre attribuzioni
demandategli nella stessa materia, in conformità alle leggi e ai regolamenti.
Il pubblico ministero presso le corti di appello interviene sempre nelle
cause collettive (117) ed individuali del lavoro e negli altri casi stabiliti dalla legge.

76. Attribuzioni del pubblico ministero presso la corte suprema di cassa-


zione. – Il pubblico ministero presso la Corte di cassazione interviene e con-
clude in tutte le udienze civili e penali e redige requisitorie scritte nei casi sta-
biliti dalla legge (118).
Esercita inoltre, per decreto del Ministro di grazia e giustizia, le attribuzioni
in materia di controversie collettive del lavoro ad esso demandate dalla legge (117).

76-bis. Procuratore nazionale antimafia. – 1. Nell’ambito della procu-


ra generale presso la Corte di cassazione è istituita la Direzione nazionale
antimafia.
262 Il sistema giudiziario italiano

2. Alla Direzione è preposto un magistrato di cassazione, scelto tra coloro


che hanno svolto anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a
dieci anni, funzioni di pubblico ministero o giudice istruttore, sulla base di spe-
cifiche attitudini, capacità organizzative ed esperienze nella trattazione di pro-
cedimenti relativi alla criminalità organizzata. L’anzianità nel ruolo può essere
valutata solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali (119).
3. Alla nomina del procuratore nazionale antimafia si provvede con la
procedura prevista dall’articolo 11, terzo comma, della legge 24 marzo
1958, n. 195. L’incarico ha durata di quattro anni e può essere rinnovato
una sola volta.
4. Alla Direzione sono addetti, quali sostituti, magistrati con funzione di
magistrati di corte di appello, nominati sulla base di specifiche attitudini ed
esperienze nella trattazione di procedimenti relativi alla criminalità organiz-
zata. Alle nomine provvede il Consiglio superiore della magistratura, sentito
il procuratore nazionale antimafia. Il procuratore nazionale antimafia designa
uno o più dei sostituti procuratori ad assumere le funzioni di procuratore
nazionale antimafia aggiunto (120).
5. Per la nomina dei sostituti, l’anzianità nel ruolo può essere valutata
solo ove risultino equivalenti i requisiti professionali.
6. Al procuratore nazionale antimafia sono attribuite le funzioni previ-
ste dall’articolo 371-bis del codice di procedura penale.
6-bis. Prima della nomina disposta dal Consiglio superiore della magi-
stratura, il procuratore generale presso la Corte di cassazione applica, quale
procuratore nazionale antimafia, un magistrato che possegga, all’epoca del-
l’applicazione, i requisiti previsti dal comma 2 (121).

76-ter. Attribuzioni del procuratore generale presso la Corte di cassazione


in relazione all’attività di coordinamento investigativo. – 1. Il procuratore
generale presso la Corte di cassazione esercita la sorveglianza sul procurato-
re nazionale antimafia e sulla relativa Direzione nazionale.
2. Nella relazione generale sull’amministrazione della giustizia prevista
dall’articolo 86, il procuratore generale comunica l’attività svolta e i risultati
conseguiti dal procuratore nazionale antimafia e dalle Direzioni nazionale e
distrettuali antimafia (122).

77. Azione di annullamento, revocazione e revisione delle sentenze. – Il pub-


blico ministero, nei casi e nelle forme stabiliti dalle leggi di procedura, può pro-
porre ricorso per cassazione nell’interesse della legge, ed impugnare per revoca-
zione le sentenze civili, nonché chiedere la revisione delle sentenze penali.

78. Attribuzioni del pubblico ministero nel processo di esecuzione. – Il


pubblico ministero promuove la esecuzione delle sentenze e degli altri prov-
Normativa 263

vedimenti del giudice penale, secondo le disposizioni del codice di procedu-


ra penale e delle leggi a questo complementari.
Le sentenze e gli altri provvedimenti del giudice civile sono fatti esegui-
re di ufficio dal pubblico ministero nei casi preveduti dalla legge.

79. Richieste del pubblico ministero per la disciplina delle udienze. – Il


pubblico ministero fa le opportune richieste al giudice per la disciplina
delle udienze penali, e di quelle civili nelle quali interviene, salvi i poteri
diretti in tale materia che la legge gli attribuisce per il tempo in cui il giu-
dice è in camera di consiglio.

80. Intervento in camera di consiglio del pubblico ministero presso le corti


di appello ed i tribunali ordinari. – Presso le corti di appello ed i tribunali
ordinari il pubblico ministero non può assistere alla deliberazione della deci-
sione delle cause civili e penali.
Il pubblico ministero interviene nei procedimenti di camera di consi-
glio in materia penale, ma non può assistere alle relative deliberazioni.
Non può assistere nemmeno alle deliberazioni in camera di consiglio in
materia civile.
Deve, peraltro, assistere a quelle deliberazioni che riguardano l’ordine
ed il servizio interno delle corti o dei tribunali ordinari.

81. Attribuzioni del pubblico ministero nelle assemblee generali e in mate-


ria disciplinare. – Il pubblico ministero interviene alle assemblee generali
delle corti nel modo indicato nell’art. 96 del presente ordinamento.
Esercita in materia disciplinare le attribuzioni che gli sono conferite
dalle leggi.

82. Potestà del pubblico ministero di richiedere la convocazione di assem-


blee generali. – Quando occorre fare rilievi e richieste circa il servizio e la
disciplina il procuratore generale della Repubblica (123) richiede, ed il primo
presidente della corte ordina la convocazione dell’assemblea generale per le
relative deliberazioni.

83. Subordinazione della polizia giudiziaria al pubblico ministero. –


1. Il procuratore generale presso la corte d’appello esercita la sorve-
glianza nel distretto della corte di appello sulla osservanza delle norme
relative alla diretta disponibilità della polizia giudiziaria da parte della
autorità giudiziaria (124).

84. Vigilanza del pubblico ministero sugli istituti di prevenzione e di


pena. – (125).
264 Il sistema giudiziario italiano

TITOLO IV
DELL’ANNO GIUDIZIARIO,
DELLE ASSEMBLEE GENERALI,
DELLE SUPPLENZE E DELLE APPLICAZIONI

CAPO I
DELL’ANNO GIUDIZIARIO

85. Inizio dell’anno giudiziario. – (126).

86. Relazione dei procuratori generali della Repubblica al Ministro di gra-


zia e giustizia. – Il procuratore generale della Repubblica (123) presso la corte
suprema di cassazione comunica al Ministro, per ogni anno giudiziario, una
relazione generale sull’amministrazione della giustizia.
I procuratori generali presso le corti di appello comunicano al Ministro
analoga relazione per i singoli distretti.

87. Relazione del Ministro di grazia e giustizia alla maestà del Re Impera-
tore (127). – Il Ministro di grazia e giustizia riferisce alla maestà del Re Impe-
ratore (127), per ogni anno giudiziario, sull’amministrazione della giustizia nel
regno, nell’impero e negli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato (128).

88. Relazione dei procuratori generali della Repubblica per l’inaugurazio-


ne dell’anno giudiziario. – Il Ministro di grazia e giustizia (129) può disporre
che il procuratore generale della Repubblica (130) presso la corte suprema di
cassazione ed i procuratori generali presso le corti di appello riferiscano nel-
l’assemblea generale di tutte o di alcune corti, per la cerimonia di inaugura-
zione dell’anno giudiziario, sull’amministrazione della giustizia.

89. Convocazione dell’assemblea generale per l’inizio dell’anno giudizia-


rio. – L’assemblea generale delle corti per l’inaugurazione dell’anno giudizia-
rio e per la lettura del decreto reale che compone le sezioni si riunisce entro
il quinto giorno dalla data d’inizio dell’anno giudiziario.
L’assemblea generale si riunisce in forma pubblica e solenne per ascol-
tare la relazione del procuratore generale della Repubblica (130) nel caso indi-
cato nell’articolo precedente.

90. Ferie dei magistrati durante l’anno giudiziario. – I magistrati che eser-
citano funzioni giudiziarie hanno un periodo annuale di ferie di quarantacin-
que giorni (131).
Per i magistrati della Corte suprema di cassazione, delle Corti di appel-
lo e dei Tribunali ordinari nonché per i magistrati addetti ai Commissariati
Normativa 265

degli usi civici, ai Tribunali ordinari delle acque pubbliche, il periodo è fissa-
to al principio di ogni anno con decreto ministeriale (132).

91. Affari penali nel periodo feriale dei magistrati. – Durante il periodo
feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause
penali relative ad imputati detenuti o a reati che possono prescriversi o che,
comunque, presentano carattere di urgenza.

92. Affari civili nel periodo feriale dei magistrati. – Durante il periodo
feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause
civili relative ad alimenti, alla materia corporativa (133), ai procedimenti cau-
telari, per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di
sfratto e di opposizione all’esecuzione, nonché quelle relative alla dichiara-
zione ed alla revoca dei fallimenti, ed in genere quelle rispetto alle quali la
ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti (134).
In quest’ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal presidente
in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile, e per le
cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del collegio,
egualmente non impugnabile.

CAPO II
DELLE ASSEMBLEE GENERALI

93. Oggetto delle assemblee generali. – La corte suprema di cassazione e


le corti di appello si riuniscono in assemblea generale:
1° per l’inaugurazione dell’anno giudiziario;
2° per dare al governo pareri richiesti su disegni di legge od altre materie di
pubblico interesse;
3° per deliberare su materie d’ordine e di servizio interno e che interessano
l’intiero organo giudiziario.
Il procuratore generale della Repubblica (130) può chiedere la convoca-
zione della corte in camera di consiglio per eventuali rilievi e richieste di
provvedimenti. La corte delibera con l’intervento del procuratore generale.

94. Convocazione delle assemblee generali. – Le assemblee generali sono


convocate dal presidente (135) della corte o da chi ne fa le veci, di propria ini-
ziativa, o su richiesta del pubblico ministero.

95. Costituzione delle assemblee generali. – L’assemblea generale è costi-


tuita dalla riunione di tutte le sezioni della corte.
266 Il sistema giudiziario italiano

Per la legittimità delle sue deliberazioni è necessario l’intervento di


almeno due terzi dei magistrati della corte.
L’assemblea generale può adunarsi, in caso di urgenza, anche durante il
periodo feriale, nel quale caso essa è legittimamente costituita quando vi
intervengono tutti i magistrati in servizio.

96. Intervento del pubblico ministero nelle assemblee generali. – Il pub-


blico ministero interviene nelle assemblee generali per mezzo del procurato-
re generale della Repubblica (130) o di chi ne fa le veci. Alle adunanze solenni
intervengono tutti i magistrati del pubblico ministero che appartengono
all’ufficio.
Alle deliberazioni delle assemblee generali assiste il rappresentante del
pubblico ministero.
Nel caso preveduto dall’art. 93, n. 2, il rappresentante del pubblico
ministero ha voto individuale deliberativo.

CAPO III
DELLE SUPPLENZE E DELLE APPLICAZIONI

SEZIONE I - DELLE SUPPLENZE

97. Supplenze di magistrati negli organi giudiziari collegiali. – Negli orga-


ni giudiziari collegiali costituiti in sezioni i magistrati che compongono cia-
scuna sezione sono sostituiti, in caso di mancanza o di impedimento, con
magistrati di altre sezioni.
Il provvedimento è emanato con decreto del presidente della corte
suprema di cassazione o della corte di appello o del presidente del tribunale
ordinario o del presidente del tribunale per i minorenni per i magistrati
addetti ai rispettivi uffici (136).
Il presidente della corte di appello provvede, inoltre, per i magistrati che
compongono le corti di assise di appello, le corti di assise e i tribunali regio-
nali delle acque pubbliche (136).
È vietato l’intervento in ciascuna sezione di più di un supplente estraneo
al collegio.
I provvedimenti di supplenza ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 3-bis,
sono adottati dal presidente della corte di appello o dal procuratore genera-
le presso la medesima corte a seconda che si tratti di uffici giudicanti o requi-
renti (137).

98. Destinazione alle sezioni di magistrati aventi particolari funzioni. – I


magistrati addetti agli organi giudiziari indicati nel terzo comma dell’articolo
Normativa 267

precedente, e quelli incaricati dei provvedimenti previsti dal codice di procedu-


ra penale per la fase delle indagini preliminari e alle sezioni delle controversie
individuali in materia corporativa (138), nonché i giudici di sorveglianza possono
anche far parte di qualunque sezione della corte o del tribunale ordinario (139).

99. Supplenza del giudice conciliatore e del vice-conciliatore. – In caso di man-


canza o di impedimento del giudice conciliatore o del vice-conciliatore di un comu-
ne avente più uffici di conciliazione, il presidente del tribunale ordinario può incari-
care temporaneamente della supplenza il giudice conciliatore o il vice-conciliatore di
un altro ufficio dello stesso comune, designato dal procuratore della Repubblica (140).
Se la mancanza o l’impedimento si verifica in un comune avente un solo uffi-
cio di conciliazione, negli stessi modi, l’incarico è conferito al giudice conciliatore
o al vice-conciliatore di un comune viciniore. In tal caso questi ha diritto, a carico
del comune ove si reca, ad una indennità da determinarsi nel regolamento.

100. Supplenza del cancelliere. – In caso di mancanza o di impedimento


temporaneo del cancelliere, può essere, in via di urgenza, assunto ad eserci-
tarne le funzioni altro impiegato del comune delegato dal podestà (141).

101. Supplenza del pretore titolare. – (142).

102. Supplenza del pretore in caso di urgenza. – (142).

103. Sostituzione di magistrati nelle sezioni di pretura. – (143).

104. Supplenza in caso di mancanza od impedimento del presidente del tri-


bunale ordinario o della sezione. – Il magistrato destinato a presiedere il tri-
bunale ordinario o la sezione in caso di mancanza o di impedimento del tito-
lare viene designato annualmente.
Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare
mancante o impedito il più anziano dei giudici che compongono la sezione.
Nelle funzioni che gli sono specialmente attribuite, il presidente del tribuna-
le ordinario è supplito dal più anziano dei presidenti di sezione, o, in man-
canza di essi, dal più anziano dei giudici.

105. Supplenza nelle sezioni del tribunale ordinario. – [Se in una sezione
manca o è impedito il presidente o alcuno dei giudici necessari per costituire
il collegio giudicante, il presidente del tribunale ordinario o chi ne fa le veci,
quando non può provvedere a norma dell’articolo 97, delega un pretore o un
vice pretore della stessa sede] (144).
106. Supplenza di giudici istruttori e di giudici di sorveglianza. – In caso
di mancanza o di impedimento di un giudice istruttore o di un giudice di sor-
268 Il sistema giudiziario italiano

veglianza, il presidente, con suo decreto, destina altro giudice del tribunale
ordinario a farne le veci.

107. Supplenza del presidente della corte di assise. – In caso di mancanza o di


impedimento, il presidente della corte di assise viene sostituito, con provvedi-
mento del primo presidente della corte di appello, sentito il procuratore generale
del Re Imperatore, da un altro presidente di sezione o da un consigliere di corte
di appello, sempre che il primo presidente non decida di presiederla egli stesso.
Nei dibattimenti che si prevedono di lunga durata, il primo presidente
della corte di appello ha facoltà di destinare un presidente aggiunto, meno
anziano di quello ordinario, il quale assiste al dibattimento, per continuarlo
in caso di legittimo impedimento del presidente ordinario (145).

108. Supplenza dei magistrati della corte di appello. – Sono annualmente


designati i magistrati destinati a presiedere la corte o la sezione, in caso di
mancanza o di impedimento dei rispettivi titolari.
Quando a tale designazione non si è provveduto, fa le veci del titolare
mancante o impedito il più anziano dei magistrati del grado immediatamen-
te inferiore, appartenente alla corte o alla sezione.
Se in una sezione manca, o è impedito il presidente o alcuno dei consi-
glieri necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente (146), quando
non può provvedere a norma dell’art. 97, delega a supplirli il presidente o il
più anziano dei presidenti di sezione del tribunale ordinario.

109. Supplenza di magistrati del pubblico ministero. – In caso di man-


canza o di impedimento:
del procuratore generale della Repubblica (147), regge l’ufficio l’avvocato
generale o il sostituto anziano;
del procuratore della Repubblica (147), regge l’ufficio il procuratore
aggiunto o il sostituto anziano;
di tutti o alcuni dei magistrati degli uffici del pubblico ministero del
distretto, il procuratore generale presso la corte di appello può disporre che
le relative funzioni siano esercitate temporaneamente da altri magistrati di
altri uffici del pubblico ministero del distretto (148).

SEZIONE II
DELLE APPLICAZIONI (149)

110. Applicazione dei magistrati. – 1. Possono essere applicati ai tribu-


nali ordinari, ai tribunali per i minorenni e di sorveglianza, alle corti di appel-
lo, indipendentemente dalla integrale copertura del relativo organico, quan-
Normativa 269

do le esigenze di servizio in tali uffici sono imprescindibili e prevalenti, uno


o più magistrati in servizio presso gli organi giudicanti del medesimo o di
altro distretto; per gli stessi motivi possono essere applicati a tutti gli uffici
del pubblico ministero di cui all’art. 70, comma 1, sostituti procuratori in ser-
vizio presso uffici di procura del medesimo o di altro distretto. I magistrati di
tribunale possono essere applicati per svolgere funzioni, anche direttive, di
magistrato di corte d’appello (150).
2. La scelta dei magistrati da applicare è operata secondo criteri obietti-
vi e predeterminati indicati in via generale dal Consiglio superiore della magi-
stratura ed approvati contestualmente alle tabelle degli uffici e con la mede-
sima procedura. L’applicazione è disposta con decreto motivato, sentito il
consiglio giudiziario, dal presidente della corte di appello per i magistrati in
servizio presso organi giudicanti del medesimo distretto e dal procuratore
generale presso la corte di appello per i magistrati in servizio presso uffici del
pubblico ministero. Copia del decreto è trasmessa al Consiglio superiore
della magistratura e al Ministero di grazia e giustizia a norma dell’articolo 42
del D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
3. Per i magistrati in servizio presso organi giudicanti o uffici del pub-
blico ministero di altro distretto l’applicazione è disposta dal Consiglio supe-
riore della magistratura, nel rispetto dei criteri obiettivi e predeterminati fis-
sati in via generale ai sensi del comma 2, su richiesta motivata del Ministero
di grazia e giustizia ovvero del presidente o, rispettivamente, del procuratore
generale presso la corte di appello nel cui distretto ha sede l’organo o l’uffi-
cio al quale si riferisce l’applicazione, sentito il consiglio giudiziario del
distretto nel quale presta servizio il magistrato che dovrebbe essere applica-
to. L’applicazione è disposta con preferenza per il distretto più vicino; deve
essere sentito il presidente o il procuratore generale della corte di appello nel
cui distretto il magistrato da applicare, scelto dal Consiglio superiore della
magistratura, esercita le funzioni.
3-bis. Quando l’applicazione prevista dal comma 3 deve essere disposta
per uffici dei distretti di corte di appello di Caltanissetta, Catania, Catanzaro,
Lecce, Messina, Napoli, Palermo, Salerno, Reggio di Calabria, il Consiglio
superiore della magistratura provvede d’urgenza nel termine di quindici gior-
ni dalla richiesta; per ogni altro ufficio provvede entro trenta giorni.
4. Il parere del consiglio giudiziario di cui ai commi 2 e 3 è espresso, sen-
tito previamente l’interessato, nel termine perentorio di quindici giorni dalla
richiesta.
5. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di
necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato può essere rinnovata
per un periodo non superiore ad un anno. In ogni caso una ulteriore appli-
cazione non può essere disposta se non siano decorsi due anni dalla fine del
periodo precedente. In casi di eccezionale rilevanza da valutarsi da parte del
270 Il sistema giudiziario italiano

Consiglio superiore della magistratura, la applicazione può essere disposta,


limitatamente ai soli procedimenti di cui all’ultima parte del comma 7, per un
ulteriore periodo massimo di un anno (151).
6. Non può far parte di un collegio giudicante più di un magistrato
applicato.
7. Se le esigenze indicate nel comma 1 sono determinate dalla pendenza di
uno o più procedimenti penali la cui trattazione si prevede di durata particolar-
mente lunga, il magistrato applicato presso organi giudicanti non può svolgere
attività in tali procedimenti, salvo che si tratti di procedimenti per uno dei reati
previsti dall’art. 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (152).

110-bis. Applicazione di magistrati del pubblico ministero in casi particola-


ri. – 1. Per la trattazione dei procedimenti relativi ai delitti indicati nell’artico-
lo 51 comma 3-bis del codice di procedura penale, il procuratore nazionale
antimafia può, quando si tratta di procedimenti di particolare complessità o
che richiedono specifiche esperienze e competenze professionali, applicare
temporaneamente alle procure distrettuali i magistrati appartenenti alla Dire-
zione nazionale antimafia e quelli appartenenti alle direzioni distrettuali anti-
mafia nonché, con il loro consenso, magistrati di altre procure della Repub-
blica presso i tribunali. L’applicazione è disposta anche quando sussistono
protratte vacanze di organico, inerzia nella conduzione delle indagini, ovvero
specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali. L’applicazione è
disposta con decreto motivato. Il decreto è emesso sentiti i procuratori gene-
rali e i procuratori della Repubblica interessati. Quando si tratta di applica-
zioni alla procura distrettuale avente sede nel capoluogo del medesimo distret-
to, il decreto è emesso dal procuratore generale presso la corte di appello. In
tal caso il provvedimento è comunicato al procuratore nazionale antimafia.
2. L’applicazione non può superare la durata di un anno. Nei casi di
necessità dell’ufficio al quale il magistrato è applicato, può essere rinnovata
per un periodo non superiore a un anno.
3. Il decreto di applicazione è immediatamente esecutivo ed è trasmes-
so senza ritardo al Consiglio superiore della magistratura per l’approvazione,
nonché al Ministro di grazia e giustizia.
4. Il capo dell’ufficio al quale il magistrato è applicato non può designa-
re il medesimo per la trattazione di affari diversi da quelli indicati nel decre-
to di applicazione (153).

111. Applicazioni di giudici o di pretori. – (154).

112. Applicazioni di consiglieri di corte di appello. – (154).

113. Applicazioni di sostituti procuratori della Repubblica (155). – (154).


Normativa 271

114. Applicazioni con funzioni del grado superiore alla corte di appello o
alla procura generale della Repubblica (155). – (156).

115. Magistrati di appello e di tribunale destinati alla Corte di cassazione.


– 1. Della pianta organica della Corte di cassazione fanno parte trenta magi-
strati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di appello e ventidue
magistrati di merito con qualifica non inferiore a magistrato di tribunale,
destinati a prestare servizio presso l’ufficio del massimario e del ruolo. Con
decreto del primo presidente della Corte di cassazione i magistrati di appel-
lo possono essere autorizzati, per esigenze di servizio, ad esercitare le funzio-
ni di consigliere della Corte di cassazione (157).

116. Magistrati di appello destinati alla Procura generale presso la Corte


di cassazione. – 1. Della pianta organica della Procura generale presso la
Corte di cassazione fanno parte ventidue magistrati di merito con qualifica
non inferiore a magistrato di appello. Con decreto del Procuratore generale i
magistrati possono essere autorizzati, per esigenze di servizio, ad esercitare le
funzioni di sostituto procuratore generale della Corte di cassazione (157).

117. Destinazione dei magistrati di appello e di tribunale alla Corte di cas-


sazione e alla Procura generale presso la medesima Corte. – 1. I posti di magi-
strati di appello e di tribunale destinati alla Corte di cassazione e alla Procu-
ra generale presso la medesima Corte sono messi a concorso con le procedu-
re ordinarie (157).

TITOLO V
DELLO STATO GIURIDICO DEI MAGISTRATI

CAPO I
DEI GRADI E DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI (158)

118. Gradi nella magistratura. – I gradi nella magistratura sono:


1° uditore giudiziario;
2° aggiunto giudiziario;
3° giudice, sostituto procuratore della Repubblica (159) e pretore;
4° consigliere, sostituto procuratore generale di corte di appello e primo pre-
tore;
5° consigliere e sostituto procuratore generale di corte di cassazione;
6° primo presidente di corte di appello e procuratore generale della Repub-
blica (159) presso la corte d’appello - presidente di sezione della corte
272 Il sistema giudiziario italiano

suprema di cassazione - avvocato generale presso la corte suprema di cas-


sazione;
7° procuratore generale della Repubblica (159) presso la corte suprema di cas-
sazione;
8° primo presidente della corte suprema di cassazione.
I ruoli organici dei singoli gradi nella magistratura, ed i corrispondenti
gradi gerarchici sono determinati nella tabella F annessa al presente ordina-
mento.

119. Funzioni equiparate ai gradi dei magistrati di appello. – I consiglieri


e i sostituti procuratori generali di corte di appello esercitano rispettivamen-
te, anche le funzioni di presidente o presidente di sezione e di procuratore
della Repubblica (159) nei tribunali, ovvero quelle di procuratore aggiunto in
quei tribunali nei quali l’ufficio di procuratore della Repubblica (159) è rive-
stito da magistrati di grado superiore, giusta la disposizione dell’articolo
seguente.
I presidenti di sezione nei tribunali devono essere normalmente meno
anziani del presidente del tribunale.
Nei tribunali indicati nella tabella L annessa al presente ordinamento, le
funzioni di capo dell’ufficio di istruzione sono esercitate da magistrati aventi
grado di consigliere di corte di appello.

120. Funzioni equiparate ai gradi dei magistrati di cassazione. – I consi-


glieri ed i sostituti procuratori generali di corte di cassazione esercitano
anche, nei tribunali indicati nella tabella di cui al precedente articolo, le fun-
zioni di presidente o di procuratore della Repubblica (159), e nelle corti di
appello le funzioni di presidente di sezione o di avvocato generale.

CAPO II
DELL’AMMISSIONE IN MAGISTRATURA E DELL’UDITORATO

121. Ammissione a funzioni giudiziarie. – Per essere ammesso a funzioni


giudiziarie nella magistratura giudicante o nel pubblico ministero è necessa-
rio aver compiuto un tirocinio in qualità di uditore giudiziario (160).

122. Ammissioni straordinarie nella magistratura delle corti . – [Gli avvo-


cati esercenti (161) e i professori ordinari di materie giuridiche nelle università
possono, in considerazione di meriti eminenti nel campo del diritto e della
pratica giudiziaria, essere ammessi in magistratura col grado di consigliere di
corte di appello o parificato, dopo undici anni di esercizio delle rispettive
Normativa 273

professioni e, col grado di consigliere di corte di cassazione o parificato, dopo


diciotto anni di esercizio delle professioni medesime.
Per la nomina occorre il motivato parere conforme del Consiglio supe-
riore della magistratura, a sezioni unite (162).
(163)] (164).

123. Concorso per uditore giudiziario. – 1. La nomina ad uditore giudi-


ziario si consegue mediante concorso per esame.
2. L’esame consiste:
a) in una prova scritta su ciascuna delle materie indicate nell’articolo 123-ter,
comma 1;
b) in una prova orale su ciascuna delle materie indicate nell’articolo 123-ter,
comma 2 (165).

123-bis. Prova preliminare. – [1. La prova preliminare è diretta ad accer-


tare il possesso dei requisiti culturali, ed è realizzata con l’ausilio di sistemi
informatizzati.
2. La prova preliminare ha luogo in sedi decentrate anche per gruppi di
candidati divisi per lettera da individuarsi, per ogni concorso, con decreto del
Ministro di grazia e giustizia. Essa verte sulle materie oggetto della prova
scritta del concorso e consiste in una serie di domande, formulate ed asse-
gnate con le modalità stabilite dal regolamento di cui all’articolo 123-quin-
quies, alle quali il candidato risponde scegliendo una delle risposte prefissa-
te. Le domande sono predisposte con esclusivo riguardo ai testi normativi,
escluso ogni riferimento ad argomenti ed orientamenti giurisprudenziali e
dottrinali. Ad ogni candidato è assegnato un ugual numero di domande.
3. La graduatoria è formata avvalendosi di strumenti informatici sulla
base del punteggio assegnato alle risposte.
4. Alla prova scritta è ammesso un numero di candidati pari a cinque
volte i posti messi a concorso. Sono comunque ammessi alle prove scritte i
candidati che hanno riportato lo stesso punteggio dell’ultimo che risulta
ammesso ai sensi del comma 3. Della ammissione alla prova scritta è data
notizia secondo modalità da stabilirsi con decreto del Ministro di grazia e giu-
stizia.
5. Sono esonerati dalla prova preliminare ed ammessi alla prova scritta,
oltre i limiti di cui al comma 4:
a) i magistrati militari, amministrativi e contabili;
b) i procuratori e gli avvocati dello Stato;
c) coloro che hanno conseguito la idoneità in uno degli ultimi tre concorsi
espletati in precedenza;
274 Il sistema giudiziario italiano

d) coloro che hanno conseguito il diploma di specializzazione per le profes-


sioni legali, benché iscritti al corso di laurea in giurisprudenza prima del-
l’anno accademico 1998/1999.
6. Il mancato superamento della prova preliminare non dà luogo ad ini-
doneità ai fini di cui all’articolo 126, primo comma] (166).

123-ter. Prove concorsuali. – 1. La prova scritta verte su ciascuna delle


seguenti materie:
a) diritto civile;
b) diritto penale;
c) diritto amministrativo.

2. La prova orale verte su ciascuna delle seguenti materie o gruppi di


materie:
a) diritto civile ed elementi fondamentali di diritto romano;
b) procedura civile;
c) diritto penale;
d) procedura penale;
e) diritto amministrativo, costituzionale e tributario;
f) diritto del lavoro e della previdenza sociale;
g) diritto comunitario;
h) diritto internazionale ed elementi di informatica giuridica;
i) lingua straniera, scelta dal candidato tra quelle ufficiali dell’Unione eu-
ropea.

3. Sono ammessi alla prova orale i candidati che ottengono non meno di
dodici ventesimi di punti in ciascuna delle materie della prova scritta. Con-
seguono la idoneità i candidati che ottengono non meno di sei decimi nelle
materie della prova orale di cui al comma 2, lettere a), b), c), d), e), f), g) e h),
e comunque una votazione complessiva nelle due prove, esclusa la prova
orale sulla materia di cui alla lettera i), non inferiore a novantotto punti. Non
sono ammesse frazioni di punto.
4. Il candidato deve indicare nella domanda di partecipazione al con-
corso la lingua straniera sulla quale intende essere esaminato. Con decreto del
Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magi-
stratura, terminata la valutazione degli elaborati scritti, sono nominati com-
ponenti della commissione esaminatrice docenti universitari delle lingue indi-
cate dai candidati ammessi alla prova orale. I commissari così nominati par-
tecipano in soprannumero ai lavori della commissione, ovvero di una o
entrambe le sottocommissioni, se formate, limitatamente alle prove orali rela-
tive alla lingua straniera della quale sono docenti. Il voto sulla conoscenza
Normativa 275

della lingua straniera si aggiunge a quello complessivo ottenuto dal candida-


to ai sensi del comma 3 (167).

123-quater. Commissione permanente per la tenuta dell’archivio dei que-


siti della prova preliminare. – [1. Presso il Ministero di grazia e giustizia è isti-
tuita la commissione permanente per la creazione e l’aggiornamento dell’ar-
chivio informatico delle domande per la prova preliminare.
2. La commissione è nominata dal Ministro di grazia e giustizia ed è
composta da cinque magistrati, anche cessati dal servizio, di cui tre, tra i quali
il presidente, designati dal Consiglio superiore della magistratura. La com-
missione si avvale delle strutture del centro elettronico di documentazione
presso la Corte di cassazione.
3. La commissione dura in carica tre anni. La nomina dei singoli com-
ponenti è rinnovabile per un periodo di eguale durata.
4. Su proposta del presidente, nella fase della creazione dell’archivio, la
commissione può essere integrata con membri aggregati fino ad un massimo
di cinquanta, scelti tra magistrati e docenti universitari dal Ministro e dal Con-
siglio superiore della magistratura secondo la proporzione di cui al comma 2.
5. All’atto della nomina i componenti, anche aggregati, seguono un
corso di specializzazione in docimologia e tecnica del test della durata di
quindici giorni la cui organizzazione è demandata al Consiglio superiore della
magistratura, di intesa con il Ministro di grazia e giustizia. Nei successivi sei
mesi, con cadenza mensile, sono organizzati corsi di approfondimento della
durata di tre giorni] (168).

123-quinquies. Regolamento per lo svolgimento della prova preliminare. –


[1. Con regolamento del Ministro di grazia e giustizia, da adottarsi ai sensi
dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Con-
siglio superiore della magistratura, sono determinati le caratteristiche ed il
contenuto dell’archivio delle domande della prova preliminare, i metodi per
l’assegnazione delle domande ai candidati, il conferimento dei punteggi e le
modalità di formazione della graduatoria, le caratteristiche dei sistemi infor-
mativi e dei relativi elaborati e quant’altro attiene all’esecuzione della prova
preliminare ed alla conservazione, gestione ed aggiornamento dell’archivio.
2. Il parere del Consiglio superiore della magistratura è reso entro tren-
ta giorni dalla richiesta. Decorso tale termine il Ministro di grazia e giustizia
adotta, comunque, il regolamento di cui al comma 1.
3. Nell’emanazione del regolamento di cui al comma 1, il Ministro di
grazia e giustizia si attiene ai seguenti criteri:
a) predisposizione dell’archivio in modo da fornire i quesiti per tutti i con-
corsi da espletare;
276 Il sistema giudiziario italiano

b) inserimento nell’archivio di quesiti classificati in base a diversi livelli di dif-


ficoltà, al fine di consentire la effettuazione contemporanea di test diversi
ai candidati; nelle materie codificate i quesiti devono concernere argo-
menti riferentisi a tutti i libri dei codici;
c) aggiornamento costante dell’archivio;
d) previsione che l’archivio domande sia pubblico;
e) previsione che il sistema della prova preliminare, le caratteristiche delle
apparecchiature da utilizzare eventualmente per detta prova e le modalità
di utilizzazione siano adeguatamente pubblicizzate;
f) assegnazione dei quesiti in modo che essi risultino diversi per ogni candi-
dato nell’ambito di ciascuno gruppo per il quale la prova si svolga con-
giuntamente;
g) estrazione automatizzata dei quesiti da sottoporre a ciascun candidato, in
modo da assicurare la parità di trattamento tra i candidati, sia per il nume-
ro dei quesiti, sia per le materie sulle quali essi vertono sia per il grado di
difficoltà per ciascuna materia;
h) previsione del numero delle domande da assegnare, della loro ripartizione
per materia e del tempo massimo entro il quale le risposte devono essere
date;
i) previsione che, nell’attribuzione dei punteggi, le risposte siano valutate in
modo differente a seconda della difficoltà del quesito;
l) determinazione dei meccanismi automatizzati e relativa gestione per l’e-
spletamento della prova di preselezione] (169).

124. Requisiti per l’ammissione al concorso. – Al concorso sono ammes-


si i laureati in giurisprudenza in possesso, relativamente agli iscritti al relati-
vo corso di laurea a decorrere dall’anno accademico 1998/1999, del diploma
di specializzazione rilasciato da una delle scuole di cui all’articolo 17, comma
114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, che, alla data di scadenza del termi-
ne per la presentazione della domanda, risultino di età non inferiore agli anni
ventuno e non superiore ai quaranta, soddisfino alle condizioni previste dal-
l’articolo 8 del presente ordinamento ed abbiano gli altri requisiti richiesti
dalle leggi vigenti (170).
Il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, con le
disposizioni attuative della programmazione universitaria e del diritto allo
studio, assicura l’uniforme distribuzione sul territorio nazionale delle scuole
di cui al primo comma e la previsione di adeguati sostegni economici agli
iscritti capaci, meritevoli e privi di mezzi (171).
Se le domande di partecipazione al concorso presentate dai candidati di
cui al secondo comma sono inferiori a cinque volte il numero dei posti per i
quali il concorso è bandito, sono altresì ammessi anche i candidati in posses-
so della sola laurea in giurisprudenza (171).
Normativa 277

Il limite di età di cui al primo comma per la partecipazione al concor-


so è elevato di cinque anni in favore di candidati che abbiano conseguito l’a-
bilitazione alla professione di procuratore legale entro il quarantesimo anno
di età (172).
L’elevamento di cui al secondo comma non si cumula con quelli previsti
da altre disposizioni vigenti (172).
Si applicano le disposizioni vigenti per l’elevamento del limite massimo
di età nei casi stabiliti dalle disposizioni stesse.
Il Consiglio superiore della magistratura non ammette al concorso i can-
didati che, per le informazioni raccolte non risultano di condotta incensura-
bile ed i cui parenti, in linea retta entro il primo grado ed in linea collaterale
entro il secondo, hanno riportato condanne per taluno dei delitti di cui all’ar-
ticolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale. Qualora non
si provveda alla ammissione con riserva, il provvedimento di esclusione è
comunicato agli interessati almeno trenta giorni prima dello svolgimento
della prova scritta (173).

125. Indizione del concorso e svolgimento della prova scritta (174). – 1.


Salvo quanto previsto dal comma 3-bis, il concorso ha luogo in Roma, di
regola una volta l’anno, in relazione ai posti vacanti nell’organico della magi-
stratura (175).
2. Nella determinazione dei posti da mettere a concorso ai sensi degli
articoli 123 e 126-ter può tenersi conto, oltre che dei posti già disponibili,
anche di quelli che si renderanno vacanti entro l’anno in cui è indetto il con-
corso e nei cinque anni successivi, aumentati del trentacinque per cento (176).
3. Il concorso è bandito con decreto del Ministro della giustizia, previa
delibera del Consiglio superiore della magistratura, che determina il numero
dei posti. Con successivi decreti del Ministro della giustizia, pubblicati nella
Gazzetta Ufficiale, sono determinati il luogo ed il calendario di svolgimento
della prova scritta (177).
3-bis. In considerazione del numero dei posti messi a concorso, la prova
scritta può aver luogo contemporaneamente in Roma ed in altre sedi, assicu-
rando il collegamento a distanza della commissione esaminatrice con le diver-
se sedi (178).
3-ter. Ove la prova scritta abbia luogo contemporaneamente in più sedi,
la commissione esaminatrice espleta presso la sede di svolgimento della prova
in Roma le operazioni inerenti alla formulazione, alla scelta dei temi ed al sor-
teggio della materia oggetto della prova. Presso le altre sedi le funzioni della
commissione per il regolare espletamento delle prove scritte sono attribuite
ad un comitato di vigilanza nominato con decreto del Ministro della giusti-
zia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura, e composto da
cinque magistrati, dei quali uno con qualifica non inferiore a magistrato di
278 Il sistema giudiziario italiano

appello con funzioni di presidente, coadiuvato da personale amministrativo


dell’area C, così come definita dal contratto collettivo nazionale del compar-
to Ministeri per il quadriennio 1998-2001, stipulato il 16 febbraio 1999, con
funzioni di segreteria. Il comitato svolge la sua attività in ogni seduta con la
presenza di non meno di tre componenti. In caso di assenza o impedimento,
il presidente è sostituito dal magistrato più anziano. Si applica ai predetti
magistrati la disciplina dell’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdiziona-
li, prevista dall’articolo 125-ter, commi 5 e 6, limitatamente alla durata del-
l’attività del comitato (178).

125-bis. Presentazione della domanda. – 1. La domanda di partecipazio-


ne al concorso per uditore giudiziario, indirizzata al Consiglio superiore della
magistratura, è presentata o spedita, a mezzo raccomandata, entro il termine
di trenta giorni decorrente dalla pubblicazione del decreto di indizione nella
Gazzetta Ufficiale, al procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui
circondario il candidato è residente.
2. Non sono ammessi a partecipare al concorso i candidati le cui doman-
de non rispettano il termine di cui al comma 1.
3. I candidati aventi dimora fuori del territorio dello Stato possono pre-
sentare la domanda alla autorità consolare competente o al procuratore della
Repubblica di Roma (179).

125-ter. Commissione esaminatrice. – 1. La commissione esaminatrice è


nominata nei dieci giorni che precedono quello di inizio della prova scritta
con decreto del Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio supe-
riore della magistratura, ed è composta da un magistrato di cassazione
dichiarato idoneo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina alle
funzioni direttive superiori, con funzioni di legittimità, che la presiede, da
un magistrato di qualifica non inferiore a quella di magistrato dichiarato ido-
neo ad essere ulteriormente valutato ai fini della nomina a magistrato di cas-
sazione con funzioni di vicepresidente, da ventidue magistrati con qualifica
non inferiore a quella di magistrato di appello, nonché da otto docenti uni-
versitari di materie giuridiche. Non può essere nominato componente chi ha
fatto parte della commissione in uno dei tre concorsi precedentemente ban-
diti (180).
1-bis. Nella delibera di cui al comma 1, il Consiglio superiore della
magistratura designa, tra i componenti della commissione, due magistrati e
tre docenti universitari delle materie oggetto della prova scritta, ed altret-
tanti supplenti, i quali, unitamente al presidente ed al vicepresidente, si
insediano immediatamente. I restanti componenti si insediano dopo l’e-
spletamento della prova scritta e prima che si dia inizio all’esame degli ela-
borati (181).
Normativa 279

1-ter. Nella seduta di insediamento di tutti i suoi componenti, la com-


missione definisce i criteri per la valutazione degli elaborati scritti e delle
prove orali dei candidati (181).
2. Il presidente della commissione e gli altri componenti appartenenti
alla magistratura possono essere nominati anche tra i magistrati a riposo da
non più di tre anni, che, all’atto della nomina, non hanno superato i settan-
tatre anni di età e che, all’atto della cessazione dal servizio, rivestivano la qua-
lifica richiesta per la nomina.
3. Il presidente della commissione può essere sostituito dal vice presi-
dente o dal più anziano dei magistrati presenti.
4. Insediatisi tutti i componenti, la commissione, nonché ciascuna delle
sottocommissioni, ove costituite, svolgono la loro attività in ogni seduta con la
presenza di almeno nove di essi, compreso il presidente, dei quali almeno uno
docente universitario. In caso di parità di voti, prevale quello del presidente.
Nella formazione del calendario dei lavori il presidente della commissione
assicura, per quanto possibile, la periodica variazione della composizione delle
sottocommissioni e dei collegi di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto legi-
slativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni (180).
5. Possono far parte della commissione esaminatrice esclusivamente
quei magistrati che hanno prestato il loro consenso all’esonero totale dall’e-
sercizio delle funzioni giudiziarie o giurisdizionali.
6. L’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali, deliberato dal
Consiglio superiore della magistratura contestualmente alla nomina a com-
ponente della commissione, ha effetto dall’insediamento del magistrato sino
alla formazione della graduatoria finale dei candidati (182).
7. Nel caso in cui non sia possibile raggiungere il numero di componen-
ti stabilito dal comma 1, il Consiglio superiore della magistratura nomina
componenti della commissione magistrati che non hanno prestato il loro con-
senso all’esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali.
8. Le funzioni di segreteria della commissione sono esercitate da perso-
nale amministrativo di area C, così come definita nel contratto collettivo
nazionale di lavoro del comparto Ministeri per il quadriennio 1998-2001, sti-
pulato il 16 febbraio 1999 e sono coordinate da un magistrato addetto al
Ministero di grazia e giustizia (183).

125-quater. Lavori della commissione. – 1. La commissione esaminatrice,


durante la valutazione degli elaborati scritti e durante le prove orali, articola
i propri lavori in ragione di dieci sedute alla settimana, delle quali cinque
antimeridiane e cinque pomeridiane, salvo assoluta impossibilità della com-
missione stessa.
1-bis. Il presidente o, in sua mancanza, il vicepresidente possono in ogni
caso disporre la convocazione di sedute supplementari qualora ciò risulti
280 Il sistema giudiziario italiano

necessario per assicurare il rispetto delle cadenze e del termine di cui al


comma 3-bis (181).
2. I componenti della commissione esaminatrice fruiscono del congedo ordi-
nario nel periodo compreso tra la pubblicazione dei risultati delle prove scritte e
l’inizio delle prove orali. L’eventuale residuo periodo di congedo ordinario può
essere goduto durante lo svolgimento della procedura concorsuale, purché sia
assicurata la continuità dei lavori, secondo le modalità stabilite dal comma 1.
3. La mancata partecipazione, anche se giustificata, di un componente a
due sedute della commissione, qualora ciò abbia causato il rinvio delle sedu-
te stesse, può costituire motivo per la revoca della nomina da parte del Con-
siglio superiore della magistratura (184).
3-bis. La commissione, o ciascuna delle sottocommissioni formate ai
sensi dell’articolo 14 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e suc-
cessive modificazioni, esamina ogni mese gli elaborati scritti di non meno di
trecentoventi candidati ed esegue l’esame orale di non meno di ottanta can-
didati. Nell’ipotesi in cui trovi applicazione la procedura di cui all’articolo
125-quinquies, il numero di trecentoventi elaborati si intende riferito agli ela-
borati rimessi direttamente alla valutazione della commissione esaminatrice.
La commissione forma la graduatoria entro il tempo occorrente per l’esame
di tutti i candidati con le cadenze predette, aumentato di un mese (181).
3-ter. Il termine per la formazione della graduatoria, come determinato
ai sensi del comma 3-bis, è prorogabile con decreto del Ministro della giusti-
zia, su motivata richiesta del presidente della commissione (181).
3-quater. Il mancato rispetto delle cadenze e del termine di cui al comma
3-bis può costituire motivo per la revoca della nomina del presidente o del
vicepresidente da parte del Consiglio superiore della magistratura (181).
3-quinquies. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono
determinate le indennità spettanti ai docenti universitari componenti della
commissione (181).

125-quinquies. Correttori esterni. – 1. Qualora i candidati siano in nume-


ro superiore a cinquecento, il Ministro della giustizia invita, con proprio
decreto, i Consigli giudiziari ad indicare i nominativi di magistrati, avvocati
che siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori e professori
universitari in materie giuridiche, di sicura competenza e affidabilità, ai quali
affidare il compito di correttori esterni, incaricati della valutazione degli ela-
borati dei candidati che avranno portato a termine la prova scritta.
2. Il numero dei correttori esterni è definito con il decreto di cui al
comma 1 in misura comunque non superiore alle trecento unità. Con il mede-
simo decreto i correttori sono ripartiti fra i distretti in proporzione della con-
sistenza dell’organico dei magistrati.
Normativa 281

3. I Consigli giudiziari interpellano i magistrati, i Consigli dell’ordine


degli avvocati e le Facoltà di giurisprudenza del distretto al fine di ottenere la
disponibilità dei rispettivi interessati e, per quanto concerne gli avvocati e i
professori, l’attestazione che i nominativi rispondono ai requisiti di cui al
comma 1. Quindi provvedono alla formulazione dell’elenco dei designati, nel
numero definito dal decreto, facendo in modo che le materie oggetto della
prova scritta abbiano possibilmente un egual numero di correttori, e che le
tre componenti siano rappresentate nel rapporto di un avvocato e un profes-
sore ogni tre magistrati. A tale elenco il Consiglio giudiziario aggiunge una
lista di supplenti in egual numero e proporzione.
4. I correttori esterni, titolari e supplenti, sono nominati con decreto del
Ministro della giustizia, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura.
5. Ultimate le prove scritte, la commissione esaminatrice forma due
copie di ciascun elaborato scritto e invia ciascuna di esse ad un correttore
esterno nella materia di competenza del medesimo. Le copie sono rigorosa-
mente anonime, e individuate mediante codici di identificazione difformi fra
loro. Per ciascun elaborato i correttori incaricati della correzione sono indi-
viduati mediante sorteggio, facendo in modo che il carico complessivo di cia-
scuno non superi tendenzialmente il numero di cinquanta. Ove occorra, l’e-
lenco dei correttori titolari è integrato ricorrendo ai supplenti che possono
altresì essere utilizzati per la sostituzione dei titolari eventualmente indispo-
nibili. A ciascun correttore esterno viene inviata altresì copia della risoluzio-
ne con la quale la commissione esaminatrice ha definito i criteri per la valu-
tazione degli elaborati scritti.
6. Il correttore esterno restituisce tutti gli elaborati entro trenta giorni,
assegnando a ciascuno un punteggio in ventesimi, e formulando per ciascu-
no un sintetico giudizio.
7. La commissione esaminatrice convalida il giudizio dei correttori esterni
se identico nel punteggio; attribuisce all’elaborato un punteggio facente media
delle due valutazioni, anche se costituente frazione di punto, qualora le stesse
siano entrambe positive e non divergano per più di tre ventesimi, ovvero qualo-
ra siano entrambe negative; effettua direttamente la valutazione nei restanti casi.
8. Il Ministro della giustizia, con regolamento da adottare, entro quattro
mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, ai sensi del-
l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio
superiore della magistratura, disciplina analiticamente le modalità della pro-
cedura del presente articolo, i modi della formazione dei correttori esterni al
compito specifico e i compensi da attribuire loro; emana altresì ogni disposi-
zione di coordinamento con le altre norme dell’ordinamento giudiziario.
9. Le disposizioni del presente articolo operano altresì quando il conse-
guimento del diploma, di cui all’articolo 17, comma 113, della legge 15 mag-
gio 1997, n. 127, sia divenuto condizione per l’ammissione al concorso per
282 Il sistema giudiziario italiano

l’accesso alla magistratura, e i candidati superino complessivamente il nume-


ro di cinquecento (185).

126. Limiti di ammissibilità a successivi concorsi in magistratura. – Colo-


ro che sono stati dichiarati non idonei in tre concorsi per l’ammissione in
magistratura non possono essere ammessi ad altri concorsi (186).
Agli effetti dell’ammissibilità ad ulteriori concorsi, si considera separa-
tamente ciascun concorso svoltosi secondo i precedenti ordinamenti. Si
cumulano le dichiarazioni di non idoneità conseguite nei concorsi indetti ai
sensi degli articoli 123 e 126-ter (187).
L’espulsione del candidato dopo la dettatura del tema, durante le prove
scritte, equivale ad inidoneità.

126-bis. Esclusione dai concorsi. – 1. Il Consiglio superiore della magi-


stratura, sentito l’interessato, può escludere da uno o più successivi concorsi
chi, durante lo svolgimento delle prove scritte di un concorso, è stato espul-
so per comportamenti fraudolenti, diretti ad acquisire o ad utilizzare infor-
mazioni non consentite, o per comportamenti violenti che comunque abbia-
no turbato le operazioni del concorso (188).

126-ter. Concorso per magistrato di tribunale. – 1. Conseguono la nomi-


na a magistrato di tribunale mediante concorso per esame, per un numero di
posti non superiore ad un decimo di quello previsto dal ruolo organico del
personale della magistratura gli avvocati che abbiano cinque anni di effettivo
esercizio della professione o che abbiano esercitato funzioni giudiziarie ono-
rarie per almeno un quinquennio, purché nei loro confronti non siano stati
adottati i provvedimenti di revoca previsti dall’articolo 42-sexies del presen-
te ordinamento, dall’articolo 7 della legge 22 luglio 1997, n. 276, e dall’arti-
colo 9 della legge 21 novembre 1991, n. 374, e successive modificazioni.
2. Al concorso previsto dal comma 1 sono ammessi coloro che, in pos-
sesso dei requisiti indicati nel medesimo comma 1, hanno un’età inferiore a
quarantacinque anni.
3. Il concorso di cui al comma 1 viene bandito, contestualmente a quel-
lo per uditore giudiziario, per un numero di posti non superiore ad un deci-
mo di quelli messi a concorso per gli uditori giudiziari.
4. L’esame consiste:
a) in una prova scritta su ciascuna delle seguenti materie o gruppi di materie,
con carattere teorico-pratico per i gruppi di materie di cui ai numeri 1 e 2:
1) diritto civile e diritto processuale civile;
2) diritto penale e diritto processuale penale;
3) diritto amministrativo;
Normativa 283

b) in una prova orale su ciascuna delle materie indicate al comma 2 dell’arti-


colo 123-ter.
5. Al concorso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni detta-
te per il concorso per uditore giudiziario (189).

127. Nomina ad uditore giudiziario. – I concorrenti dichiarati idonei


sono classificati secondo il numero totale dei punti riportati.
In caso di parità di punti si applicano le disposizioni generali vigenti, sui
titoli di preferenza per le ammissioni ai pubblici impieghi.
I documenti comprovanti il possesso di titoli di preferenza, a parità di
punteggio, ai fini della nomina sono presentati, a pena di decadenza, entro il
giorno di svolgimento della prova orale (190).
Entro cinque giorni dall’ultima seduta delle prove orali del concorso per
uditore giudiziario il Ministro di grazia e giustizia richiede al Consiglio supe-
riore della magistratura di assegnare ai concorrenti risultati idonei, secondo
l’ordine della graduatoria, ulteriori posti disponibili o che si renderanno tali
entro sei mesi dall’approvazione della graduatoria medesima. Il Consiglio
superiore della magistratura provvede entro un mese dalla richiesta (191).
Sono nominati uditori giudiziari, con decreto ministeriale, i primi clas-
sificati entro il limite dei posti messi a concorso e di quelli aumentati ai sensi
del comma che precede (190).

128. Destinazione degli uditori - Assimilazione gerarchica - Trattamento


economico. – Gli uditori giudiziari sono destinati negli uffici di volta in volta
stabiliti dal Ministro di grazia e giustizia per compiervi il periodo di tirocinio.
Essi sono assimilati, durante il primo semestre di effettivo servizio, ai
funzionari di ruolo di grado 11° di gruppo A, e del periodo successivo, fino
alla promozione, a quelli di grado 10° (192).
Gli uditori percepiscono una indennità mensile nella misura determina-
ta nella tabella Q annessa al presente ordinamento (193).

129. Tirocinio giudiziario (194). – Gli uditori debbono compiere un perio-


do di tirocinio della durata di almeno due anni presso i tribunali e le procure
della Repubblica, con opportuni avvicendamenti, e possono essere incaricati
delle funzioni di vicepretore e destinati alle preture, di cui all’art. 31, con giu-
risdizione piena, dopo almeno un anno di tirocinio, previo parere favorevole
del consiglio giudiziario di cui all’art. 212 del presente ordinamento (195) (196).
Le norme per il tirocinio sono determinate dal Ministro di grazia e giu-
stizia (197).

129-bis. Tirocinio. – 1. Gli avvocati che hanno superato le prove di cui


all’articolo 126-ter compiono un periodo di tirocinio della durata di un anno,
284 Il sistema giudiziario italiano

le cui modalità sono definite dal Consiglio giudiziario, che tiene conto della
precedente esperienza professionale maturata da ciascuno. Si applicano, in
quanto compatibili, le disposizioni del decreto del Presidente della Repub-
blica 17 luglio 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio
1998, in materia di tirocinio degli uditori giudiziari.
2. Ai soli effetti economici agli avvocati di cui al comma 1 è attribuito lo
stato di magistrati di tribunale con due anni di anzianità sin dall’inizio del
tirocinio.
3. Gli avvocati di cui al comma 1, al compimento del tirocinio, prendo-
no posto, nell’ordine di graduatoria nel concorso, nel ruolo di anzianità della
magistratura, subito dopo l’ultimo dei magistrati di tribunale avente almeno
tre anni di anzianità.
4. La circoscrizione territoriale dell’ufficio giudiziario assegnato come
prima sede agli avvocati di cui al comma 1 non deve coincidere, in tutto o in
parte, con il circondario del tribunale nel quale essi hanno esercitato la pro-
fessione forense (198).

129-ter. Trattamento previdenziale e assistenziale. – 1. Ai magistrati di


tribunale nominati ai sensi dell’articolo 126-ter è attribuito il trattamento
previdenziale e assistenziale dei magistrati ordinari. Per il periodo di pre-
gressa attività forense si applicano le disposizioni di cui alla legge 5 marzo
1990, n. 45, senza oneri a carico del bilancio dello Stato (198).

130. Nomina di uditori in soprannumero Concorsi (199). – Il Ministro di


grazia e giustizia ha facoltà di nominare uditori giudiziari in soprannumero
ai posti fissati per tale grado nella tabella F annessa al presente ordinamen-
to, purché siano mantenuti vacanti altrettanti posti nei gradi superiori del
ruolo dei pretori (200) ed in quello della magistratura collegiale, globalmen-
te considerati.
Il Ministro di grazia e giustizia ha, altresì facoltà di indire i relativi con-
corsi sempre che lo ritenga necessario, premesse le autorizzazioni richieste
dalle disposizioni vigenti.

CAPO III
DELLE PROMOZIONI IN GENERALE E DELL’ESAME PRATICO PER LA NOMINA
AD AGGIUNTO GIUDIZIARIO

131. Promozioni nella magistratura (201). – Salvo il disposto degli art. 139
e 140, primo comma, le promozioni in magistratura si effettuano:
1° mediante concorso per esame e per titoli;
Normativa 285

2° mediante concorso per titoli;


3° per merito distinto o per merito, a seguito di scrutinio.
La sola anzianità non costituisce titolo per la promozione.
Le promozioni sono, inoltre, regolate, per quanto riguarda lo stato civi-
le dei magistrati, dalle disposizioni speciali vigenti (202).

132. Promozione ad aggiunto giudiziario e successiva opzione. – (203-210).

133. Esame pratico per aggiunto giudiziario. – (203-210).

134. Formazione della graduatoria e nomina ad aggiunto giudiziario. – (203-210).

135. Speciale dichiarazione di merito per gli aggiunti giudiziario. – (203-210).

136. Dispensa dal servizio degli uditori non idonei. – (211).


Il periodo di uditorato è valido, come pratica forense, agli effetti del-
l’ammissibilità all’esame per l’esercizio della professione di procuratore
legale (212).

137. Funzioni degli aggiunti giudiziari. – (213).

138. Destinazione degli aggiunti giudiziari. – (213).

CAPO IV
DEGLI AGGIUNTI GIUDIZIARI, DEI PRETORI
E DEI GIUDICI E SOSTITUTI PROCURATORI DELLA REPUBBLICA

139. Promozione al grado di giudice, sostituto procuratore della Repubbli-


ca (214-218) e pretore. – (213).

140. Inquadramento gerarchico dei giudici, sostituti procuratori della


Repubblica e pretori. – I giudici, sostituti procuratori della Repubblica (214-218)
e pretori sono inquadrati nell’ottavo grado gerarchico dei rispettivi ruoli,
secondo l’anzianità a ciascuno di essi spettante in conformità delle disposi-
zioni generali vigenti.
L’avanzamento ai gradi gerarchici 7° e 6°, avviene in base alla sola anzia-
nità, dopo quattro anni di permanenza nel grado 8° ed otto nel 7° (219).

141. Passaggio di giudici e sostituti procuratori della Repubblica nel ruolo


dei pretori. – Il Ministro di grazia e giustizia può disporre in ogni tempo il
passaggio nel ruolo dei pretori, nei limiti numerici delle vacanze esistenti, di
286 Il sistema giudiziario italiano

giudici e sostituti procuratore della Repubblica (214-218) che ne fanno domanda


ed ottengono parere favorevole dal consiglio giudiziario.
Il magistrato è collocato nel ruolo dei pretori nel posto spettantegli in base
all’intera effettiva anzianità di servizio in magistratura, ma non può far ritorno
nel ruolo di provenienza con lo stesso grado di giudice o di sostituto (220).

142. Passaggio di pretori nel ruolo della magistratura collegiale. – I preto-


ri possono, su loro domanda, far passaggio nel ruolo della magistratura col-
legiale.
A tale effetto è riservata ai pretori una quota di posti pari al 50 per cento
delle vacanze complessive nel ruolo dei giudici e sostituti procuratori della
Repubblica (214-218), da assegnarsi mediante concorso triennale per titoli.
I posti riservati ai pretori sono conferiti, anno per anno, ai vincitori del
concorso, in ordine di graduatoria, con le norme di cui all’articolo 144 (221).

143. Concorso pel passaggio di pretori nel ruolo della magistratura colle-
giale. – Il concorso è giudicato da una commissione centrale, nominata dal
Ministro di grazia e giustizia e costituita da una magistrato avente grado di
presidente di sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, e
da quattro consiglieri di corte di cassazione o magistrati di grado equiparato,
dei quali due appartenenti al pubblico ministero.
Col decreto ministeriale di nomina della commissione sono nominati,
altresì i componenti supplenti, di grado corrispondente ed in numero uguale
a quello degli effettivi.
Ai lavori della commissione partecipano, con voto consultivo, direttori
degli uffici del personale della magistratura collegiale e dei pretori nel Mini-
stero di grazia e giustizia.
Le funzioni di segretario sono disimpegnate da magistrati addetti al
ministero.
Le norme per l’ammissione al concorso, la presentazione dei titoli, la
valutazione di essi, la formazione della graduatoria ed ogni altra modalità per
lo svolgimento del concorso medesimo, sono emanate con decreto reale.
Gli effetti di ogni concorso cessano col decorso del triennio a cui esso si
riferisce, ed i posti eventualmente in eccedenza possono essere conferiti agli
aggiunti giudiziari in conformità del disposto dell’art. 138.
I pretori dichiarati non idonei sono esclusi da ulteriori concorsi per tra-
sferimento di ruolo (221).

144. Graduatoria ed inquadramento dei vincitori del concorso per il ruolo


della magistratura collegiale. – La graduatoria del concorso determina esclu-
sivamente l’ordine cronologico del trasferimento dei vincitori nel ruolo della
magistratura collegiale.
Normativa 287

I vincitori del concorso sono trasferiti, anno per anno, fino a concor-
renza della quota ad essi riservata, nel ruolo della magistratura collegiale, con
le funzioni di giudice o sostituto procuratore della Repubblica, di regola,
secondo le designazioni della commissione indicata nell’articolo precedente.
Compatibilmente con le esigenze di servizio, si tiene conto delle aspira-
zioni eventualmente manifestate dagli interessati circa l’assegnazione della
residenza.
Pel collocamento nel ruolo della magistratura collegiale si osservano i
criteri di cui al secondo comma dell’art. 141, salvo il disposto degli ultimi tre
commi dell’art. 258 (221).

CAPO V
DELLE PROMOZIONI IN CORTE DI APPELLO (222)

145. Sistema delle promozioni. – Le promozioni ai gradi di consigliere di


corte di appello e parificati si effettuano:
a) mediante concorso per esame e per titoli (223);
b) mediante concorso per titoli;
c) mediante scrutinio a turno di anzianità. (224).

146. Ordine delle promozioni. – (225).

147. Attribuzione dei posti in eccedenza. – La eventuale eccedenza dei


posti riservati al concorso per esame e per titoli va a beneficio dei magistrati
dichiarati idonei nel concorso per titoli, secondo l’ordine della graduatoria
del concorso medesimo. (226).

148. Titoli di preferenza nelle promozioni per concorso e per scrutinio. –


Nelle promozioni per concorso, hanno la preferenza, a parità di punti e nel-
l’ordine seguente, i magistrati appartenenti ad una delle categorie sotto indi-
cate:
1° decorati al valor militare;
2° mutilati o invalidi di guerra o mutilati o invalidi per la causa fascista (226);
3° feriti in combattimento; feriti per la causa fascista in possesso del relativo
brevetto ed iscritti ininterrottamente al P.N.F. dalla data dell’evento che fu
causa della ferita (226);
4° decorati della croce al merito di guerra o di altra attestazione speciale di
merito di guerra; squadristi in possesso della relativa qualifica (227); magi-
strati che hanno militato nelle legioni fiumane (227); magistrati che sono in
possesso del brevetto di partecipazione alla marcia su Roma e sono, altre-
288 Il sistema giudiziario italiano

sì, iscritti ininterrottamente ai fasci di combattimento da data anteriore al


28 ottobre 1922 (227);
5° magistrati che hanno prestato servizio militare come combattenti o che
sono iscritti ininterrottamente al P.N.F. da data anteriore al 28 ottobre
1922 (227).
I magistrati dichiarati promovibili per merito distinto a seguito di scru-
tinio, compresi nelle categorie sopraindicate, sono promossi con precedenza
sugli altri magistrati parimenti classificati, fino alla concorrenza di un terzo
dei posti annualmente riservati al merito distinto.

149. Concorso per esame e per titoli (228). – Il concorso per esame e per
titoli è indetto non oltre il mese di maggio di ciascun anno, per quattro posti
da conferire nell’anno successivo, e possono chiedere di parteciparvi i giudi-
ci e sostituti procuratori della Repubblica (229) e i pretori, che entro il 31
dicembre dell’anno in cui è bandito il concorso stesso compiono almeno dieci
anni di effettivo servizio in magistratura.
Sono ammessi al concorso i magistrati che, con deliberazione motivata
del consiglio giudiziario, sono dichiarati distinti per eminente grado di cultu-
ra, di maturità e di attitudini alle funzioni giudiziarie e che sono di specchia-
ta condotta privata e politica.
Si applicano le disposizioni contenute negli artt. 154 e 156 e nell’ultimo
comma dell’art. 152.

150. Modalità del concorso (228). – L’esame è scritto ed orale.


L’esame scritto consiste nello svolgimento di un tema di diritto civile, di
uno di diritto penale e di uno di diritto amministrativo.
L’esame orale verte sulla procedura civile, sulla procedura penale, sul
diritto ecclesiastico, sul diritto costituzionale, sul diritto internazionale priva-
to e sul diritto corporativo.
I titoli consistono nelle sentenze ed altri lavori giudiziari od ammini-
strativi, nelle pubblicazioni eventualmente fatte dal magistrato, nelle infor-
mazioni dei superiori gerarchici, negli incarichi speciali assolti e nella cono-
scenza documentata di lingue straniere.
Per la valutazione delle prove di esame e dei titoli la commissione ha a
sua disposizione 110 punti, di cui 90 da assegnare per le prove di esame e 20
per i titoli.
Consegue la idoneità il magistrato che ottiene nel complesso delle prove
di esame la media di almeno otto decimi dei punti all’uopo disponibili, con
almeno otto decimi in ciascuna prova scritta, ed almeno sette decimi in cia-
scuna prova orale, e nella valutazione dei titoli prodotti, che non devono
eccedere il numero di dieci, ottiene non meno di otto decimi dei punti per
essa disponibili.
Normativa 289

Si osservano, in quanto applicabili, le norme che regolano l’esame pra-


tico per aggiunto giudiziario.

151. Composizione della commissione giudicatrice. (228) – Il concorso è


giudicato da una commissione nominata dal Ministro di grazia e giustizia e
costituita da un magistrato avente grado di presidente di sezione di corte di
cassazione od equiparato, che la presiede, da quattro consiglieri di corte di
cassazione o magistrati di grado equiparato, dei quali due devono appartene-
re al pubblico ministero, e da due professori ordinari di materie giuridiche
delle regie università.
Per la validità delle deliberazioni della commissione è sufficiente la pre-
senza di cinque componenti.
Si applicano le disposizioni dell’ultimo comma degli artt. 157 e 160.

152. Concorso per titoli: requisiti per l’ammissione. – (230).


Possono chiedere di partecipare al concorso i giudici, i sostituti procu-
ratori della Repubblica e i pretori, i quali entro il 31 dicembre dell’anno in
cui il concorso viene indetto compiono almeno sedici anni di servizio effetti-
vo in magistratura (231), nonché i primi pretori (232).
Sono ammessi al concorso i magistrati che, con deliberazione motivata
del consiglio giudiziario, sono dichiarati distinti per doti di cultura, diligenza
e carattere, e sono di specchiata condotta privata e politica.
L’istanza di ammissione deve essere inviata al ministero, per via gerar-
chica, dagli aspiranti entro il termine perentorio di un mese dalla data di pub-
blicazione nel bollettino ufficiale del decreto che indìce il concorso, e deve
essere corredata dalla deliberazione del consiglio giudiziario, notificata per
estratto all’interessato.

153. Criteri di valutazione dei requisiti per l’ammissione. – Ai fini del-


l’ammissione, il consiglio giudiziario prende in esame i precedenti di carriera
del magistrato, le informazioni ed i rapporti che lo concernono, nonché i tito-
li e i documenti eventualmente esibiti o richiesti di ufficio, con prevalente
riguardo, per la formazione del giudizio di ammissibilità, all’attività prestata
in relazione alle funzioni esercitate.

154. Gravame avverso la deliberazione di esclusione dal concorso per tito-


li. – Avverso la deliberazione del consiglio giudiziario che ha ritenuto il magi-
strato non meritevole dell’ammissione al concorso, l’interessato può ricorre-
re, entro quindici giorni dalla comunicazione della deliberazione medesima,
ad una commissione centrale istituita presso il Ministero di grazia e giustizia.
La commissione, nominata dal ministero, è composta da tre magistrati aven-
ti grado di presidente di sezione di corte di cassazione o parificato, residenti
290 Il sistema giudiziario italiano

in Roma, di cui uno appartenente al pubblico ministero, e delibera definiti-


vamente sull’ammissione.
La commissione è presieduta dal magistrato più anziano, dura in carica
due anni e può essere confermata. Essa è assistita, con funzioni di segretario,
dal direttore dell’ufficio del personale della magistratura collegiale.
Il Ministro di grazia e giustizia può provocare dalla stessa commissione
la revisione delle deliberazioni del consiglio giudiziario, entro trenta giorni
dalla comunicazione (233).

155. Motivi di esclusione dal concorso. – I magistrati che per due volte
non sono stati ritenuti meritevoli di partecipare al concorso possono conse-
guire la promozione soltanto a seguito di scrutinio.
Non sono ammessi, in ogni caso, al concorso i magistrati ai quali, in
seguito a giudizio disciplinare, è stato inflitto un provvedimento più grave
dell’ammonimento (234).
Può tuttavia essere ammesso il magistrato che è stato sottoposto a
censura, quando dalla data del relativo provvedimento sono trascorsi
almeno dieci anni, ed essa non è stata seguita da alcuna altra punizione
disciplinare (234).

156. Ammissioni dei magistrati addetti ad uffici non giudiziari. – Per i


magistrati che prestano servizio presso il Ministero di grazia e giustizia, il giu-
dizio di ammissione al concorso è riservato al ministro, sentito il consiglio di
amministrazione del ministero.
Per i magistrati residenti all’estero, e per quelli residenti nell’impero e
negli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato, per ragioni di ufficio, o
applicati o trattenuti ad uffici non giudiziari, il giudizio stesso è pronunciato
dal consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma.

157. Commissione giudicatrice del concorso per titoli. – Il concorso per


titoli per le promozioni ai posti vacanti nel grado di consigliere di corte di
appello e gradi parificati è giudicato da una commissione nominata di volta
in volta dal ministro, costituita da un magistrato avente grado di presidente
di sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, e da quattro
magistrati di grado non inferiore a consigliere di corte di cassazione o parifi-
cato, di cui due appartenenti al pubblico ministero.
Con lo stesso decreto il ministro nomina i componenti supplenti, dello
stesso grado ed in numero eguale a quello degli effettivi.
In caso di mancanza o di impedimento del presidente, la commissione è
presieduta dal commissario effettivo più anziano.
La commissione è assistita da magistrati addetti al ministero, con fun-
zioni di segretari.
Normativa 291

158. Produzione dei titoli. – I concorrenti debbono trasmettere per via


gerarchica al ministero entro due mesi dalla data di pubblicazione nel Bollet-
tino ufficiale del decreto che indìce il concorso, i lavori giudiziari e gli altri
titoli e documenti che ciascuno crede di aggiungere (235).
I lavori giudiziari, in numero di dieci, debbono riferirsi ad un determi-
nato periodo di tempo non superiore a due mesi, che sarà indicato dal mini-
stro col decreto che indìce il concorso (236).
Se risulta che nel periodo indicato il concorrente non ha redatto lavori
giudiziari, o ne ha redatto in numero minore di quello richiesto, il ministero
stabilisce altro periodo, fermo tuttavia l’obbligo, pel concorrente, di produr-
re tutti i lavori eventualmente redatti nel periodo fissato col decreto che indì-
ce il concorso (236).
I concorrenti possono inviare, entro il termine di un mese dalla data di
partecipazione dell’ammissione al concorso, lavori giudiziari di loro libera
scelta, in numero non superiore a dieci, ed altri titoli (237).

159. Criteri di valutazione dei titoli. – La commissione procede all’esame


dei lavori e di tutti gli altri titoli e documenti prodotti. Essa deve tener parti-
colarmente conto, per la formazione del giudizio, dei precedenti di carriera
di ciascun concorrente, delle sue doti di carattere, del suo comportamento
nell’esercizio delle funzioni affidategli e nella vita privata, della pubblica
stima da cui è circondato, di tutti i servizi prestati e degli incarichi assolti.
La commissione può delegare uno dei suoi componenti o richiedere l’in-
vio di un magistrato ispettore, per raccogliere presso gli uffici giudiziari ai
quali ha appartenuto il concorrente nell’ultimo triennio gli opportuni ulte-
riori elementi di valutazione.
Nell’esame dei lavori e dei titoli deve tenere prevalentemente conto dei
lavori giudiziari.
Per coloro che esercitano funzioni istruttorie penali o appartengono al
pubblico ministero, deve tenere prevalentemente conto delle informazioni
sulle speciali attitudini alle funzioni inquirenti o requirenti, e sul modo col
quale le funzioni stesse sono state esercitate.
Per i magistrati che non prestano servizio presso uffici giudiziari, tiene
prevalentemente conto dei lavori amministrativi di carattere affine alle mate-
rie giudiziarie e dell’attività del concorrente in relazione alle funzioni da lui
esercitate, oltre che degli altri titoli e documenti presentati dal candidato.
La maggiore anzianità è presa in considerazione unicamente all’effetto
di determinare la precedenza in graduatoria nel caso di parità di punti, salvo
il disposto dell’art. 148.

160. Classificazione dei concorrenti. – Ciascun componente della com-


missione dispone di dieci punti. Non sono ammesse frazioni di punto.
292 Il sistema giudiziario italiano

In esito alla classificazione di tutti i concorrenti, la commissione forma


la definitiva graduatoria e dichiara vincitori i primi classificati entro il nume-
ro dei posti messi a concorso.
La commissione indica, per ciascun concorrente, se è idoneo a funzioni
direttive; se è idoneo alle funzioni giudicanti e alle requirenti, ovvero alle une
a preferenza delle altre, indicando espressamente se è da escludere la idoneità
del magistrato all’una o all’altra funzione.
La commissione formula le sue conclusioni in una relazione motivata e
la trasmette, insieme con gli altri atti del concorso, al Ministro, che li appro-
va quando non vi riscontra violazione di legge.

161. Ordine delle promozioni per concorso. – (238).


Coloro che in due concorsi non hanno riportato una votazione di alme-
no otto decimi, non sono ammessi ad altri concorsi se non dopo un biennio
dall’ultimo al quale parteciparono.

162. Promozioni per scrutinio a turno di anzianità. – Il Ministro di grazia e


giustizia richiede il consiglio superiore della magistratura, quando ne ravvisa il
bisogno, di procedere allo scrutinio per le promozioni in corte di appello.
Il Ministro, se lo ritiene necessario, ha facoltà di stabilire, con la richie-
sta di scrutinio, che questo abbia luogo limitatamente all’attribuzione della
qualifica di merito distinto (239).
Allo scrutinio possono prendere parte i giudici ed i sostituti procurato-
ri della Repubblica (229) più anziani, compresi entro un determinato numero
della graduatoria, stabilito dal Ministro nella richiesta di scrutinio, che com-
prende non più di 150 giudici e sostituti. L’anzianità è determinata dall’ordi-
ne di iscrizione nella graduatoria (240).
Possono, altresì, prendere parte allo scrutinio, limitatamente all’attribu-
zione della qualifica di merito distinto, giusta il disposto dell’art. 167, i primi
pretori nonché i pretori compresi entro il numero di graduatoria da stabilir-
si nella richiesta di scrutinio, purché provvisti di una anzianità complessiva di
servizio in magistratura non inferiore a quella del meno anziano tra i giudici
e sostituti compresi nella richiesta stessa (241).

163. Richiesta di scrutinio - presentazione dei lavori. – La richiesta del Mini-


stro di grazia e giustizia, con le indicazioni del numero dei magistrati da scruti-
nare, del termine entro il quale gli interessati debbono inviare i lavori e i titoli
per lo scrutinio e dei periodi ai quali debbono riferirsi i lavori giudiziari da pre-
sentare obbligatoriamente, è pubblicata nel Bollettino ufficiale del Ministero.
Il termine per la presentazione dei lavori ed i periodi, non meno di due e non
superiori complessivamente ad un anno, ai quali i lavori stessi debbono riferirsi,
sono determinati dal presidente del consiglio superiore della magistratura (242).
Normativa 293

164. Numero dei lavori. – I lavori giudiziari debbono essere, di regola, in


numero di dieci; il candidato può aggiungerne altri, a sua scelta, e relativi
anche a periodi diversi, in numero non superiore.
Se durante i periodi stabiliti il candidato non ha redatto lavori giudizia-
ri o ne ha redatto in numero minore di quello richiesto, il presidente del con-
siglio superiore della magistratura fissa un altro periodo (242).

165. Svolgimento delle operazioni di scrutinio. – Allo scrutinio si proce-


de, di regola, secondo l’ordine della iscrizione in graduatoria dei magistrati
che vi partecipano.
Coloro che, compresi nella richiesta di scrutinio, non inviano i lavori nel ter-
mine prefisso, decadono dal diritto di essere scrutinati durante la sessione in corso.

166. Criteri di valutazione dei lavori e dei titoli. – Nello scrutinio deb-
bono essere tenuti particolarmente presenti i precedenti di carriera del magi-
strato e l’attività giudiziaria da lui esplicata.
Nella valutazione dei lavori e dei titoli si deve tenere prevalentemente
conto dei lavori giudiziari.
Per coloro che appartengono al pubblico ministero, o esercitano fun-
zioni istruttorie penali, si deve tenere prevalentemente conto delle informa-
zioni sulle speciali attitudini alle funzioni requirenti o inquirenti e sul modo
col quale le medesime sono state esercitate.
Per i magistrati che non prestano servizio presso uffici giudiziari si
applica il disposto del penultimo comma dell’art. 159.

167. Classificazione dei promovibili. Revisione dello scrutinio. – I giudici


ed i sostituti procuratori della Repubblica ritenuti meritevoli di promozione
sono classificati in due categorie: promovibili per merito distinto e promovi-
bili per merito.
Per i primi pretori e per i pretori lo scrutinio ha luogo per l’attribuzio-
ne della sola qualifica di merito distinto (241).
La classificazione di merito distinto deve raccogliere almeno quattro
quinti dei voti, quella di merito deve aver luogo ad unanimità.
Si applica la disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 160.
La deliberazione relativa allo scrutinio è comunicata all’interessato. Di
essa può essere chiesta la revisione allo stesso consiglio superiore a sezioni
unite, così dall’interessato, come dal Ministro.
La revisione deve essere chiesta dall’interessato entro trenta giorni dalla
comunicazione suindicata. Il Ministro può chiederla in ogni tempo.
In sede di revisione, il consiglio superiore a sezioni unite rinnova lo scru-
tinio, e non è vincolato dalla precedente deliberazione della sezione, che può
essere modificata in qualsiasi senso.
294 Il sistema giudiziario italiano

Non è ammessa revisione di scrutinio dopo avvenuta la promozione.

168. Elenchi dei promovibili in esito alle classificazioni. – Compiuto lo


scrutinio relativo a ciascuna richiesta il consiglio superiore della magistratu-
ra dichiara chiusa la sessione, e forma gli elenchi dei promovibili distinti
secondo le due classificazioni, ed in ordine di anzianità, salvo il disposto del-
l’art. 148.

169. Magistrati scrutinati dopo la chiusura della sessione. – I magistrati


scrutinati, per qualsiasi ragione, dopo compiuto lo scrutinio relativo a cia-
scuna richiesta, prendono posto, anche se più anziani, negli elenchi da for-
marsi successivamente, salvi gli eventuali spostamenti derivanti dalle decisio-
ni delle sezioni unite del consiglio superiore della magistratura in sede di revi-
sione, ferme tuttavia le promozioni disposte anteriormente (243).

170. Efficacia della classifica. Rinnovazione dello scrutinio. – Il magistra-


to che, per qualsiasi ragione, non è promosso entro tre anni dalla data della
chiusura della sessione nella quale fu scrutinato, non può ottenere la promo-
zione se non si sottopone a nuovo scrutinio.
Il magistrato che deve sottoporsi a nuovo scrutinio, conserva il posto
che aveva nell’elenco in cui fu iscritto se gli è confermata la precedente clas-
sificazione; in caso diverso prende posto, secondo la sua anzianità, tra i magi-
strati scrutinati anteriormente che hanno conseguito la stessa qualifica di pro-
movibilità.

171. Rinnovazione dello scrutinio in caso di dichiarazione di impromovi-


bilità (243). – Il magistrato non ritenuto promovibile deve essere sottoposto a
nuovo scrutinio, dopo due anni. Se neppure nel nuovo scrutinio è dichiarato
promovibile, egli è dispensato dal servizio, fermo il diritto al trattamento di
quiescenza o alle indennità che eventualmente gli spettino.

172. Ordine delle promozioni per scrutinio. – Le promozioni dei magi-


strati dichiarati promovibili in seguito a scrutinio hanno luogo secondo l’or-
dine degli elenchi, da seguirsi distintamente per le promozioni nella magi-
stratura giudicante e per quelle nella magistratura requirente. A quest’ordine
può essere derogato quando, a giudizio del Ministro, ricorrono speciali esi-
genze di servizio, ovvero alcuno dei magistrati rinuncia al proprio turno di
promozione o non accetta la sede offertagli (244).
I primi pretori compresi nell’elenco dei promovibili per merito distinto
hanno la precedenza rispetto ai giudici e sostituti parimenti classificati (245).
Ciascun magistrato ha diritto alla promozione esclusivamente con le
funzioni per le quali il consiglio superiore lo ha dichiarato idoneo.
Normativa 295

173. Inversione del turno di promozione. – Se il turno di promozione di


un magistrato classificato promovibile per merito giunge prima di quello di
un magistrato più anziano classificato promovibile per merito distinto, que-
st’ultimo ha diritto alla precedenza nella promozione, valendosi, se occorre,
di uno dei posti della aliquota spettante ai promovibili per merito.

174. Casi di ritardata promozione. – Quando il Ministro ha fatto uso


della facoltà stabilita nel quinto comma dell’art. 167 e la deliberazione favo-
revole al magistrato è confermata, il magistrato del quale è stata ritardata la
promozione deve ottenerla nel più breve tempo possibile, e non oltre un
anno, riprendendo, in confronto dei suoi colleghi, il posto che gli spetta.

CAPO VI
DELLE PROMOZIONI AL GRADO DI PRIMO PRETORE (246).

175. Scrutinio dei pretori. – Le promozioni al grado di primo pretore si


effettuano a seguito di scrutinio a turno di anzianità dei pretori, compresi nel
numero di graduatoria da determinarsi dal Ministro per ciascuna richiesta di
scrutinio che non può comprendere più di 50 pretori.
Possono partecipare allo scrutinio i pretori che compiono almeno sedi-
ci anni di effettivo servizio in magistratura alla data del 31 dicembre dell’an-
no in cui viene indetto lo scrutinio (247).
Lo scrutinio dà luogo all’attribuzione delle qualifiche di merito distinto
e di merito, ed i pretori scrutinati sono collocati nei rispettivi elenchi in ordi-
ne di anzianità.
Le promozioni hanno luogo per due quinti delle vacanze annuali a favo-
re dei pretori dichiarati promovibili per merito distinto, e per tre quinti a
favore dei promovibili per merito.
Lo scrutinio deve essere rinnovato se il pretore non ottiene la promo-
zione entro tre anni dalla chiusura della sessione.
Si osservano le disposizioni degli artt. 148 e 162 a 174 in quanto
applicabili (248).

CAPO VII
DELLE PROMOZIONI IN CORTE DI CASSAZIONE (249).

176. Sistema delle promozioni. – Le promozioni ai gradi di consigliere di


corte di cassazione e parificati si effettuano:
a) mediante concorso per titoli;
b) mediante scrutinio a turno di anzianità (250).
296 Il sistema giudiziario italiano

177. Ordine delle promozioni. – (251).

178. Attribuzione dei posti in eccedenza. – (251).

179. Concorso per titoli. Requisiti per l’ammissione. – (252).


Per i consiglieri di corte di appello e magistrati di grado parificato che
già appartennero alla carriera dei pretori col grado di primo pretore, il perio-
do di servizio effettivo prestato in detto grado è considerato come utile agli
effetti di cui al precedente comma (253).

180. Ammissione dei concorrenti. – I concorrenti debbono trasmettere


per via gerarchica al Ministero di grazia e giustizia, entro due mesi dalla data
della pubblicazione nel bollettino ufficiale del bando di concorso, la doman-
da corredata dei lavori giudiziari e degli altri titoli e documenti che ciascuno
di essi crede di aggiungere.
I primi presidenti e i procuratori generali delle corti di appello tra-
smettono al Ministero motivate informazioni sulla capacità, dottrina, ope-
rosità, carattere e condotta di ciascun concorrente, esprimendo parere sulla
maggiore idoneità del magistrato per la carriera giudicante o per quella
requirente.
Per i magistrati residenti all’estero, e per quelli residenti nell’impero e
negli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato, per ragioni di ufficio, o
applicati o trattenuti ad uffici non giudiziari, le informazioni sono fornite dal
capo dell’ufficio o dal direttore generale da cui dipendono.

181. Dichiarazione di ammissibilità per i magistrati non classificati nel grado


inferiore. – Gli avvocati ed i professori di diritto ammessi in magistratura col grado
di consigliere di corte di appello od equiparato, per prendere parte al concorso
debbono ottenere la dichiarazione di ammissibilità da parte del consiglio superio-
re, il quale delibera tenendo conto dei precedenti di carriera dell’aspirante, delle
informazioni e dei rapporti che lo concernono nonché dei titoli e dei documenti
che l’aspirante stesso può esibire o che possono essere richiesti di ufficio (254).

182. Commissione giudicatrice del concorso per titoli. – Il concorso per le


promozioni in corte di cassazione è giudicato da una commissione, nomina-
ta dal Ministro di grazia e giustizia, costituita da sette magistrati aventi grado
di primo presidente di corte di appello o equiparato, dei quali due apparte-
nenti al pubblico Ministero, e presieduta dal più anziano di essi.
Per la validità delle deliberazioni della commissione è sufficiente la pre-
senza di cinque componenti.
La commissione è assistita da magistrati addetti al Ministero, con fun-
zioni di segretari.
Normativa 297

183. Svolgimento del concorso. Esperimento orale e classificazione dei


concorrenti. – Per i lavori giudiziari da prodursi dai concorrenti, per lo svol-
gimento del concorso, e per l’ammissibilità a successivi concorsi si applicano
le norme degli artt. 158 a 161.
La commissione invita quei concorrenti che, a seguito dell’esame dei
titoli, hanno riportato non meno degli otto decimi dei punti (255), a una
discussione orale sulle questioni trattate nei lavori esibiti (256).
Anche per la valutazione della discussione orale ciascun componente della
commissione dispone di dieci punti, e sono ammesse le frazioni di punto.
Consegue l’idoneità il candidato che ottiene la media di otto decimi dei
punti ed almeno sette decimi nella discussione orale.
Sommati i punti attribuiti nelle due votazioni, la commissione forma la defi-
nitiva graduatoria dei concorrenti, e dichiara vincitori i primi classificati entro il
numero dei posti messi a concorso, osservate le precedenze di cui all’art. 148.
La commissione deve designare, nella sua relazione, i vincitori che ritie-
ne particolarmente idonei alle funzioni di consigliere o di sostituto procura-
tore generale della corte suprema di cassazione, ed a funzioni direttive.

184. Scrutinio a turno di anzianità. – Il Ministro di grazia e giustizia


richiede il consiglio superiore della magistratura, quando ne ravvisa il biso-
gno, di procedere allo scrutinio per le promozioni in corte di cassazione.
Allo scrutinio possono prendere parte i consiglieri di corte di appello e
magistrati di grado parificato più anziani, compresi entro un determinato
numero della graduatoria, stabilito dal Ministro nella richiesta di scrutinio,
che comprende non più di 75 magistrati. L’anzianità è determinata dall’ordi-
ne di iscrizione nella graduatoria (257).
Possono prendere parte allo scrutinio anche i primi pretori compresi nel
numero di graduatoria fissato dal Ministro nella sua richiesta, e che hanno
una anzianità nel grado non inferiore a quella del meno anziano tra i consi-
glieri di corte di appello e magistrati di grado parificato compresi nella richie-
sta medesima (258).
Si applica il disposto dell’ultimo comma dell’art. 179.

185. Norme applicabili allo scrutinio. – Lo scrutinio per le promozioni in


corte di cassazione si effettua con l’osservanza delle norme contenute negli
artt. 162 a 174 del presente ordinamento, in quanto applicabili.
Il consiglio superiore deve designare i magistrati che ritiene particolar-
mente idonei alle funzioni di presidente di corte di assise, di presidente di tri-
bunale ordinario e di procuratore della Repubblica (259).

186. Classificazione dei promovibili. Revisione e rinnovazione dello scru-


tinio. – La classificazione per merito distinto dei consiglieri di corte di appel-
298 Il sistema giudiziario italiano

lo e magistrati di grado parificato e dei primi pretori, deve raccogliere alme-


no quattro quinti dei voti (257).
Per la deliberazione relativa allo scrutinio, per la revisione e la rinnova-
zione dello stesso si applicano le norme contenute negli ultimi quattro commi
dell’art. 167 e nel primo comma dell’articolo 170.

187. Formazione dell’elenco dei promovibili. – Compiuto lo scrutinio


relativo a ciascuna richiesta il consiglio superiore della magistratura dichiara
chiusa la sessione, e forma l’elenco dei promovibili nell’ordine di anzianità di
ciascun magistrato, salvo il disposto dell’articolo 148 (257).

CAPO VIII
DEGLI UFFICI DIRETTIVI DELLE CORTI DI APPELLO E DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE ( ).
260

188. Nomina ai gradi di primo presidente di corte di appello e parificati. –


Le promozioni a primo presidente di Corte di appello e gradi parificati sono
conferite, su proposta del Ministro per la grazia e giustizia, e previa delibera-
zione del Consiglio dei Ministri, a magistrati aventi almeno cinque anni di
grado di consigliere di Corte di cassazione od equiparato scelti fra coloro che,
per il modo col quale hanno esercitato le loro funzioni, per i precedenti di
carriera, e per speciali incarichi assolti, risultano non solo distinti per cultura
giuridica, ma anche particolarmente adatti a funzioni direttive.
La proposta del Ministro per la grazia e giustizia deve essere preceduta
dal parere motivato del Consiglio superiore della magistratura (261).

189. Nomina del primo presidente e del procuratore generale della corte
suprema di cassazione. – Il primo presidente e il procuratore generale della
corte suprema di cassazione sono scelti tra i magistrati aventi grado non infe-
riore a primo presidente di corte di appello o parificato, e nominati su pro-
posta del Ministro di grazia e giustizia, previa deliberazione del consiglio dei
Ministri (262).

CAPO IX
DELLE FUNZIONI GIUDICANTI E REQUIRENTI, DELLA ASSEGNAZIONE DELLE
SEDI E DEI TRAMUTAMENTI.

190. Passaggio dalle funzioni requirenti alle giudicanti e viceversa. – 1. La


magistratura, unificata nel concorso di ammissione, nel tirocinio e nel ruolo
di anzianità, è distinta relativamente alle funzioni giudicanti e requirenti.
Normativa 299

2. Il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti alle requirenti e da


queste a quelle può essere disposto, a domanda dell’interessato, solo quando
il Consiglio superiore della magistratura, previo parere del consiglio giudi-
ziario, abbia accertato la sussistenza di attitudini alla nuova funzione (263-265).

191. Anzianità in caso di cambio di funzioni. – I magistrati che, per la


speciale loro idoneità alle funzioni requirenti, ottengono la promozione nel
pubblico Ministero con anticipazione sui loro colleghi parimenti classificati
promossi nella magistratura giudicante, se successivamente fanno passaggio
alle funzioni giudicanti, perdono l’anzianità derivante dalla promozione anti-
cipata ed è ad essi attribuita quella che sarebbe loro spettata se fossero stati
promossi nella magistratura giudicante. Se non è giunto il loro turno per tale
promozione, essi non possono ottenere che il richiamo alle funzioni e al
grado anteriore alla promozione, ferma in ogni caso la classifica per effetto
della quale conseguirono l’anticipata promozione.

192. Assegnazione delle sedi per tramutamento. – L’assegnazione delle


sedi per tramutamento è disposta secondo le norme seguenti:
La vacanza di sedi giudiziarie è annunciata nel Bollettino Ufficiale del
Ministero di grazia e giustizia. L’annuncio può, peraltro, essere omesso per
necessità di servizio.
Le domande di tramutamento ad altra sede sono dirette per via gerar-
chica al Ministro di grazia e giustizia (266) e possono essere presentate in qua-
lunque momento, indipendentemente dall’attualità della vacanza o dall’an-
nuncio di questa nel Bollettino Ufficiale. Esse conservano validità fino a quan-
do non sono, con successiva dichiarazione o con altra domanda, revocate.
All’assegnazione di ciascuna sede si procede in base alle domande. La
scelta tra gli aspiranti è fatta dal Ministro (267), con riguardo alle attitudini di
ciascuno di essi, al suo stato di famiglia e di salute, al merito ed all’anzianità.
Sono titoli di preferenza, a parità delle altre condizioni personali quelli
indicati nell’articolo 148.
Non sono ammesse domande di tramutamento con passaggio dalle fun-
zioni giudicanti alle requirenti o viceversa, salvo che per tale passaggio esista
il parere favorevole del consiglio superiore della magistratura (267).
Se la vacanza è stata annunciata nel Bollettino Ufficiale, i magistrati che
aspirano alla sede vacante debbono fare domanda di tramutamento, ove non
l’abbiano presentata precedentemente, entro dieci giorni dalla pubblicazione
dell’annuncio. Trascorso tale termine, non si tiene conto della domanda.

193. Assegnazione delle sedi per promozione (268). – Nell’assegnazione


delle sedi per promozione si ha riguardo al grado di merito, desunto, sia dalla
classificazione ottenuta dal magistrato a seguito di concorso o di scrutinio, sia
300 Il sistema giudiziario italiano

dal modo col quale egli ha esercitato le sue funzioni per il tempo posteriore
alla classificazione medesima, tenuto conto delle attitudini da lui dimostrate
in relazione al posto da assegnarsi.
Sono, altresì, valutati lo stato di famiglia ed i titoli indicati nell’art. 148.

194. Tramutamenti successivi. – Il magistrato destinato, per trasferimen-


to o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere
trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal gior-
no in cui ha assunto effettivo possesso dell’ufficio, salvo che ricorrano gravi
motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia (269).

195. Disposizioni speciali per i presidenti (270) e per i procuratori generali


di corte di appello. – Le disposizioni degli artt. 192 e 194 non si applicano ai
presidenti (270) e ai procuratori generali di corte di appello, nonché ai magi-
strati ad essi equiparati.

CAPO X
DEI MAGISTRATI CON FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEL MINISTERO
DI GRAZIA E GIUSTIZIA.

196. Destinazione di magistrati al Ministero di grazia e giustizia. – I magi-


strati possono essere destinati ad esercitare funzioni amministrative nel Mini-
stero di grazia e giustizia, in conformità delle norme speciali contenute nel-
l’ordinamento del Ministero medesimo, nel numero e nei gradi stabiliti dalla
tabella N annessa al presente ordinamento (271). Tale tabella può essere, con
decreto reale, modificata su proposta del Ministro di grazia e giustizia, di
concerto con il Ministro delle finanze.
Essi sono collocati fuori del ruolo organico della magistratura durante
l’esercizio delle predette funzioni (272).

197. Requisiti per la destinazione dei magistrati al Ministero. – Nel Bol-


lettino Ufficiale viene data notizia dei posti vacanti nel Ministero di grazia e
giustizia. Essi sono conferiti, in seguito a concorso, a magistrati scelti tra quel-
li che ne fanno istanza.
La domanda, corredata di un rapporto informativo dei superiori gerar-
chici sul servizio prestato dall’aspirante, sulla sua condotta e sulle attitudini
alle funzioni amministrative, deve pervenire al Ministero nel termine di quin-
dici giorni dall’annunzio della vacanza nel Bollettino Ufficiale.
La decisione spetta al Ministro, sentito, qualora lo ritenga opportuno, il
consiglio di amministrazione del Ministero. La decisione del Ministro non è
soggetta a gravame (272).
Normativa 301

198. Ricollocamento in ruolo di magistrati già destinati al Ministero. – I


magistrati addetti con funzioni amministrative al Ministero di grazia e giusti-
zia possono, anche di ufficio, essere ricollocati nel ruolo organico della magi-
stratura e destinati agli uffici giudiziari per esercitarvi le funzioni del loro
grado. Tali destinazioni possono avvenire, a giudizio del Ministro, tanto con
le funzioni giudicanti, quanto con quelle requirenti, indipendentemente dalla
qualifica posseduta dal magistrato (272).

199. Servizio dei magistrati addetti al Ministero. – Le norme speciali


contenute nell’ordinamento del Ministero determinano il numero e le
attribuzioni dei magistrati dei vari gradi che prestano servizio negli uffi-
ci del Ministero medesimo. Il detto servizio è, ad ogni effetto, parificato
a quello prestato negli uffici giudiziari, salvo il disposto dell’articolo
seguente.
Nel tempo in cui prestano servizio al Ministero, tranne per quanto
riguarda l’ordinamento gerarchico e le promozioni, si applicano ai magistra-
ti le disposizioni sullo stato giuridico degli impiegati civili dello Stato.

200. Partecipazione a concorsi e scrutini di magistrati non addetti ad uffi-


ci giudiziari (273). – I magistrati addetti ad uffici diversi da quelli giudiziari non
possono partecipare a concorsi o scrutini per promozione, se non hanno pre-
stato effettivo ed ininterrotto servizio negli uffici giudiziari, per almeno un
triennio nel grado di giudice, sostituto procuratore della Repubblica (274) o
pretore (275), e per almeno un biennio nel grado di consigliere di corte di
appello e parificato o di primo pretore (276).

CAPO XI
DELL’ANZIANITÀ E DELLE ASPETTATIVE.

201. Computo dell’anzianità. – L’anzianità dei magistrati si computa


dalla data del decreto di nomina in ciascun grado ( 277). In caso di nomi-
na contemporanea, l’anzianità è determinata dall’ordine nel quale le pro-
mozioni sono conferite secondo le disposizioni contenute nel presente
titolo.
L’anzianità degli uditori è determinata dall’ordine della graduatoria a
norma dell’art. 127.
Resta salva la diversa decorrenza di anzianità stabilita dalle disposizioni
in vigore in relazione allo stato civile dei magistrati (278).

202. Sospensione ed interruzione del servizio. – Il periodo trascorso dai


magistrati in aspettativa per servizio militare o per motivi di salute non
302 Il sistema giudiziario italiano

importa interruzione di servizio, né pregiudizio all’anzianità, salve le disposi-


zioni vigenti in ordine al tempo utile per la pensione.
Il periodo trascorso in disponibilità non è utile ai fini dell’avanzamento
ai gradi 8°, 7° e 6° (279).
Il servizio militare non importa interruzione del tirocinio degli udito-
ri, necessario per l’ammissione all’esame per la nomina ad aggiunto giudi-
ziario.
Nel caso di sospensione dall’ufficio, seguita da un provvedimento disci-
plinare di rimozione o di destituzione, si deduce dal servizio, agli effetti del-
l’eventuale trattamento di quiescenza, il periodo di durata della sospensione
medesima.

203. Aspettative. – Il magistrato in aspettativa è posto immediatamente


fuori del ruolo organico, se la aspettativa fu concessa per motivi di famiglia,
e dopo due mesi, se per motivi di salute o per servizio militare.
I relativi posti sono dichiarati vacanti.
Al termine dell’aspettativa, il magistrato ha diritto di occupare il posto
che aveva nella graduatoria di anzianità, salve le disposizioni vigenti in ordi-
ne al tempo utile per la pensione. Egli è destinato ad una delle sedi disponi-
bili, a giudizio del Ministro (280), previa interpellazione se trattasi di magi-
strato inamovibile. Se il magistrato non accetta la sede offertagli, è confer-
mato in aspettativa, ma questa non può eccedere il termine massimo con-
sentito dalla legge.

CAPO XII
DEGLI STIPENDI E DEGLI ASSEGNI.

204. Stipendi ed assegni fissi. – Gli stipendi spettanti ai magistrati di cia-


scun grado gerarchico ed i relativi aumenti periodici e supplementi di servi-
zio attivo sono determinati dalle leggi generali (281).

205. Indennità di rappresentanza. – Ai magistrati indicati nella tabella P


annessa al presente ordinamento sono assegnate le indennità per spese di rap-
presentanza nella misura stabilita nella tabella stessa (282).

206. Indennità per i magistrati di corte d’assise. – Ai magistrati destinati


a prestare servizio nelle corti di assise, fuori della loro residenza spettano le
indennità stabilite dalle disposizioni vigenti per le missioni.
L’indennità giornaliera è ridotta a due terzi dopo il primo mese,
quando fra una sessione e l’altra non si verifica l’interruzione di almeno
quindici giorni (283).
Normativa 303

207. Indennità per i magistrati che esercitano funzioni speciali. – Ai pre-


sidenti di sezione di corte di appello incaricati delle funzioni di presidente di
assise, ai magistrati dell’ufficio di istruzione dei processi penali ed applicati
all’ufficio medesimo sono assegnate rispettivamente le indennità stabilite
nella tabella Q annessa al presente ordinamento (284).

208. Indennità ai vice-pretori onorari reggenti temporaneamente l’ufficio. (285).

209. Indennità di missione per i magistrati addetti al tribunale ordinario.


– Il trattamento economico di missione per i magistrati addetti al tribunale
ordinario incaricati di esercitare funzioni fuori della ordinaria sede di servi-
zio è regolato dalle norme vigenti per gli impiegati dello Stato, in quanto non
modificate da norme particolari sulle trasferte giudiziarie.
L’autorizzazione a risiedere altrove, prevista dal primo comma dell’arti-
colo 12, è richiesta al presidente del tribunale, il quale provvede con decreto
motivato, sentito il consiglio giudiziario. Copia del provvedimento è rimessa
al Consiglio superiore della magistratura e all’interessato. Contro il diniego
dell’autorizzazione l’interessato può proporre reclamo al Consiglio superiore
della magistratura (286).

209-bis. Determinazione della sede ordinaria di servizio. – Ai fini del trat-


tamento economico di missione, si considera ordinaria sede di servizio la sede
del tribunale o della sezione distaccata presso la quale il magistrato è incari-
cato di esercitare le funzioni in via esclusiva.
Per i magistrati incaricati di esercitare funzioni presso più sezioni distac-
cate del tribunale, ovvero presso una o più sezioni distaccate e presso la sede
principale del tribunale, la sede ordinaria di servizio è stabilita, anche ai fini
dell’obbligo di residenza previsto dall’articolo 12, con la procedura tabellare
disciplinata dall’articolo 7-bis (287).

CAPO XIII
DISPOSIZIONI SPECIALI.

210. Collocamento fuori ruolo di magistrati per incarichi speciali. – Salvo


quanto è disposto nell’art. 17, sono collocati fuori del ruolo organico della
magistratura i magistrati ai quali dal Ministro di grazia e giustizia, o col suo
consenso (288), sono conferiti incarichi non previsti da leggi o da regolamenti,
se per tali incarichi debbano sospendere il servizio giudiziario per un perio-
do maggiore di due mesi.
I magistrati collocati fuori del ruolo organico a norma della presente
disposizione non possono, in ogni caso, superare il numero di sei (289).
304 Il sistema giudiziario italiano

Essi conservano il trattamento economico del proprio grado e, posso-


no, per esigenze di servizio, essere temporaneamente destinati ad esercita-
re le funzioni del loro grado od equiparato, in soprannumero, negli uffici
giudiziari della sede nella quale risiedono per l’espletamento dell’incarico
stesso.
Al cessare dell’incarico, il magistrato è richiamato nel ruolo organico ed
è destinato ad una delle sedi disponibili.

211. Divieto di riammissione in magistratura. – Il magistrato che ha ces-


sato di far parte dell’ordine giudiziario in seguito a sua domanda, da qualsia-
si motivo determinata, anche se ha assunto altri uffici dello Stato, non può
essere riammesso in magistratura.
La disposizione che precede non si applica a chi, già appartenente all’or-
dine giudiziario, sia transitato nelle magistrature speciali ed in esse abbia pre-
stato ininterrottamente servizio (290).
Questi può essere riammesso, a domanda, previa valutazione del Consi-
glio superiore della magistratura. Il Consiglio, acquisito il fascicolo persona-
le del richiedente, nel deliberare la riammissione, colloca il magistrato, anche
in soprannumero, nel posto di ruolo risultante dalla ricongiunzione dei ser-
vizi prestati e dalle valutazioni e relative nomine da effettuarsi contestual-
mente, ai sensi delle leggi 25 luglio 1966, n. 570, 20 dicembre 1973, n. 831, e
successive modificazioni (290).
In nessun caso gli interessati possono essere collocati in ruolo in un
posto anteriore a quello che avrebbero normalmente avuto se non fossero
transitati nelle magistrature speciali (290).

TITOLO VI
DEI CONSIGLI GIUDIZIARI
PRESSO LE CORTI DI APPELLO E DEL CONSIGLIO
SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
212-216. (291).

TITOLO VII
DELLE PREROGATIVE DELLA MAGISTRATURA
217-227. (291).

TITOLO VIII
DELLA DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA
228-254. (291).
Normativa 305

TITOLO IX
DISPOSIZIONI TRANSITORIE (292)

255. Disposizioni speciali di inquadramento. – Nella prima attuazione del


presente ordinamento, per i magistrati della carriera collegiale nominati
posteriormente all’entrata in vigore della legge 17 aprile 1930, n. 421, e fino
al 31 dicembre 1938, il periodo di permanenza stabilito per i gradi gerachici
nono ed ottavo è diminuito di un anno, escluso qualsiasi effetto economico
retroattivo.
Gli attuali giudici, sostituti procuratori del Re Imperatore e pretori che
hanno prestato servizio in altri ruoli di gruppo A della stessa amministrazio-
ne della giustizia, sono inquadrati nel grado gerarchico e con l’anzianità di
grado ad essi spettanti, calcolandosi a loro favore l’intero effettivo servizio di
ruolo prestato nel gruppo A della detta amministrazione, escluso tuttavia
qualsiasi effetto economico retroattivo.

256. Concorso per esame integrativo per i pretori nominati dopo il 1930,
aspiranti al passaggio di ruolo. – (293).

257. Ammissione. Effetti del concorso. – (293).

258. Attuali pretori già vincitori di concorso per uditore di tribunale. – I


magistrati della carriera dei pretori reclutati posteriormente all’attuazione
della legge 17 aprile 1930, n. 421, i quali sono riusciti vincitori anche di con-
corso per uditore di tribunale, possono chiedere, entro il termine perentorio
di trenta giorni dall’entrata in vigore del presente ordinamento, di far pas-
saggio nel ruolo della magistratura collegiale.
Il passaggio di ruolo si effettua previo parere favorevole del consiglio
giudiziario, in base ai rapporti dei capi gerarchici ed al servizio prestato dal
magistrato. I posti occupati in conseguenza del detto passaggio si detraggo-
no dalla quota del 50 per cento da riservare al concorso pel passaggio di ruolo
a norma degli artt. 142 e 256.
I magistrati trasferiti in esecuzione delle norme del precedente comma,
sono collocati nel ruolo collegiale nel posto a ciascuno di essi spettante in
base all’intera effettiva anzianità di servizio in magistratura, escluso il servizio
eventualmente prestato anteriormente all’entrata in vigore della legge 17
aprile 1930, n. 421.
Tuttavia i magistrati nominati uditori di pretura col decreto ministe-
riale 9 luglio 1931, che si trovano nelle condizioni di cui al primo comma
del presente articolo, conseguono l’avanzamento al grado sesto nella stessa
data in cui tale avanzamento viene conseguito dai magistrati nominati udi-
tori di tribunale col decreto 26 giugno 1931 e giudici aggiunti con decreti
306 Il sistema giudiziario italiano

del 27 luglio e 18 ottobre 1934, salva la valutazione di eventuali benefici di


legge.
Per i magistrati che non hanno superato il primo esame per la nomina a
pretore aggiunto, l’inquadramento di cui al comma precedente è ritardato di
un periodo di tempo corrispondente a quello intercorso tra la data del decre-
to che approva la graduatoria del detto esame e quella relativa alla graduato-
ria dell’esame successivo al quale hanno preso parte.

259. Inquadramento gerarchico di magistrati del ruolo collegiale prove-


nienti dalla carriera pretorile. – I magistrati che hanno appartenuto alla car-
riera delle preture in qualità di uditore di pretura o di pretore aggiunto, e che,
in seguito a concorso per uditore di tribunale, sono passati a quella collegia-
le, sono collocati nel ruolo della magistratura collegiale, nel posto a ciascuno
di essi spettante in base all’intera effettiva anzianità di servizio in magistratu-
ra, escluso tuttavia il servizio eventualmente prestato anteriormente all’entra-
ta in vigore della legge 17 aprile 1930, n. 421.
Ai fini della determinazione dei singoli gradi gerarchici e della relativa
anzianità, la carriera è ricostruita sulla base della effettiva permanenza nei
gradi stessi dei vincitori del concorso per uditore di pretura dal quale detti
magistrati provengono, escluso qualsiasi effetto economico retroattivo.
Si applica il disposto degli ultimi due commi dell’articolo precedente.

260. Pretori provenienti dall’unico ruolo anteriore alla legge 17 aprile


1930, n. 421. – Le disposizioni dei precedenti artt. da 256 a 259 non si appli-
cano ai pretori che appartenevano all’unico ruolo dei giudici e sostituti pro-
curatori del Re Imperatore anteriormente all’entrata in vigore della legge 17
aprile 1930, n. 421, e del regio decreto 12 maggio 1930, n. 663, i quali pos-
sono partecipare solamente ai concorsi e agli scrutini per la promozione al
grado di primo pretore o di consigliere di corte di appello e gradi parificati,
nelle forme ordinarie.

261. Esame speciale integrativo di idoneità per gli uditori di pretura ed i


pretori aggiunti. – (293).

262. Disposizioni particolari per gli attuali uditori di tribunale. – Gli


attuali uditori di tribunale, all’atto della promozione al grado di aggiunto giu-
diziario, nonché i giudici aggiunti reclutati posteriormente al 1° gennaio
1938, possono essere destinati, per necessità di servizio, ai posti vacanti nelle
preture.
Con la promozione al grado 8° i detti magistrati hanno diritto di esser
destinati, a loro domanda, ai posti vacanti nel ruolo collegiale e le loro pro-
mozioni gravano sulla quota del 50 per cento riservata al detto ruolo.
Normativa 307

263. Promozioni da conferire entro l’anno 1941 per i gradi di consigliere


di corte di appello e di cassazione ed equiparati – Le promozioni da conferire
entro l’anno 1941 ai gradi di consigliere di corte di appello ed, equiparati,
tanto per concorso che per scrutinio, e quelle ai gradi di consigliere di corte
di cassazione ed equiparati, si effettuano secondo le norme vigenti anterior-
mente all’entrata in vigore del presente ordinamento.

264. Promozioni da conferire durante l’anno 1942, per i gradi di consi-


gliere di corte di cassazione ed equiparati – Le promozioni ai gradi di consi-
gliere di corte di cassazione e parificati per tutti i posti che si renderanno
vacanti durante l’anno 1942, saranno conferite ai magistrati dichiarati idonei
nel concorso indetto cui decreto ministeriale 10 febbraio 1940, secondo l’or-
dine della relativa graduatoria.
Nella prima attuazione del presente ordinamento, la richiesta di scruti-
nio per le promozioni in corte di cassazione può comprendere un numero di
magistrati da determinarsi dal Ministro, senza la limitazione contenuta nel-
l’art. 184.

265. Promozioni da conferire durante l’anno 1942, per i gradi di consi-


gliere di corte di Appello ed equiparati. – Il primo concorso per esame e per
titoli e quello per titoli per le promozioni ai gradi di consigliere di corte di
appello e parificati, saranno indetti nel secondo trimestre del 1941, ed i posti
relativi graveranno sulla quota dell’anno 1942, in conformità degli artt. 149 e
152 del presente ordinamento.
Gli attuali elenchi dei magistrati, promovibili al grado di primo pretore,
cessano di avere effetto col 31 dicembre 1941. Fino a tale data devono lasciar-
si vacanti 150 posti nel grado di primo pretore.

266. Concorso speciale per titoli per la promozione al grado di primo pre-
tore. – Per la copertura dei posti di primo pretore disponibili al 1° gennaio
1942, è indetto nel secondo trimestre dell’anno 1941 uno speciale concorso
per titoli riservato ai pretori che raggiungono entro lo stesso anno 1941 l’an-
zianità di diciassette anni di servizio effettivo in magistratura.
Il concorso è giudicato da una commissione nominata dal Ministro di
grazia e giustizia, costituita da un magistrato avente grado di presidente di
sezione di corte di cassazione od equiparato, che la presiede, e da quattro
magistrati aventi grado di consigliere di corte di cassazione o parificato, di cui
due appartenenti al pubblico Ministero.
Con lo stesso decreto, il Ministro nomina altresì i componenti supplen-
ti, dello stesso grado ed in numero eguale a quello degli effettivi.
In caso di assenza o di impedimento del presidente, la commissione è
presieduta dal commissario effettivo più anziano.
308 Il sistema giudiziario italiano

Le funzioni di segreteria sono disimpegnate da magistrati addetti al


Ministero.
Si osservano le norme stabilite negli artt. 152 e 161 del presente ordina-
mento, in quanto applicabili.

267. Disposizioni particolari per le promozioni al grado di primo pretore.


– Fino a tutto l’anno 1949, i posti che rimangono disponibili nel grado di
primo pretore a seguito del concorso speciale di cui all’articolo precedente e
dello scrutinio ordinario, possono essere conferiti ai giudici iscritti negli elen-
chi dei promovibili in corte di appello che consentono al passaggio di ruolo
e che hanno conseguito nello scrutinio almeno la classifica di merito con ido-
neità a funzioni direttive.
Tali promozioni hanno luogo secondo l’ordine degli elenchi, con prece-
denza per i giudici dichiarati promovibili per merito distinto rispetto ai pro-
movibili per merito.

268. Consiglieri di corte di appello in funzioni di primo pretore. – I primi


pretori provenienti dal ruolo dei consiglieri di corte di appello e parificati,
possono far ritorno al ruolo di provenienza, con la anzianità di grado di cui
sono provvisti e nella posizione di graduatoria a ciascuno di essi spettante,
purché ne facciano istanza entro due mesi dalla data di entrata in vigore del
presente ordinamento, sotto comminatoria di decadenza.

269. Anticipato conferimento di funzioni giudiziarie agli uditori. – Fino al


31 dicembre 1946, il Ministro di grazia e giustizia può destinare con funzio-
ni giudiziarie ai posti vacanti nei tribunali, nelle regie procure, in sottordine
nelle preture, nonché come reggenti nelle preture prive di titolare, uditori che
hanno compiuto almeno un anno di effettivo tirocinio.
Il provvedimento è emanato con decreto reale, previo parere favorevole
del consiglio giudiziario, che può essere richiesto dopo nove mesi almeno di
tirocinio effettivo.
Nella composizione del collegio non può intervenire più di un uditore
con funzioni di giudice.

270. Applicazioni di pretori a tribunali e procure del Re Imperatore. –


Fino alla stessa data del 31 dicembre 1946, il Ministro di grazia e giustizia
può, nella stessa forma del decreto reale, disporne l’applicazione di pretori ai
posti vacanti di giudice e sostituto procuratore del Re Imperatore, che non
sia possibile coprire altrimenti.

271. Magistrati non addetti ad uffici giudiziari. – Le disposizioni contenu-


te nell’art. 200 del presente ordinamento non si applicano ai magistrati attual-
Normativa 309

mente addetti ad uffici diversi da quelli giudiziari, che hanno maturato o


matureranno il diritto di partecipare a concorsi o scrutini per la promozione,
entro il biennio successivo alla entrata in vigore dell’ordinamento medesimo.

272. Formazione degli elenchi di magistrati promovibili per scrutinio in


corte di appello. – Gli attuali giudici e sostituti procuratori del Re Imperatore:
a) compresi negli elenchi dei promovibili per merito con tre voti per il merito
distinto, prendono posto, nello stesso ordine, nell’elenco dei promovibili
per merito distinto, dopo tutti i magistrati iscritti nell’elenco medesimo;
b) dichiarati promovibili per merito con due voti e con un voto per il merito
distinto, prendono posto, secondo l’ordine attuale rispettivo, nell’elenco
dei promovibili per merito ad unanimità di voti, con precedenza rispetto
ai magistrati compresi nell’elenco medesimo;
c) dichiarati promovibili per merito a maggioranza, prendono posto nell’e-
lenco dei promovibili per merito ad unanimità di voti, e sono collocati
dopo tutti i magistrati in esso compresi, nell’attuale loro ordine di gradua-
toria, con precedenza per quelli che hanno riportato la classifica a mag-
gioranza di quattro voti rispetto agli altri che hanno conseguito la stessa
classifica a maggioranza di tre voti.
Gli elenchi così formati tengono luogo di quelli previsti dall’art. 168,
fermi i limiti attuali di validità dei singoli scrutini, secondo le rispettive
decorrenze.

273. Collocamento a riposo degli attuali consiglieri di corte di appello e


magistrati di grado equiparato. – La disposizione contenuta nel primo comma
dell’art. 227 è attuata gradualmente, nel quinquennio successivo all’entrata in
vigore del presente ordinamento, riducendosi progressivamente di un anno
per ciascun anno solare l’attuale limite di età, a decorrere dal 1° gennaio
1942, fermo restando il requisito di 40 anni di servizio.

274. Ammissione di vice-pretori onorari all’esame pratico per aggiunto


giudiziario. – Gli attuali vice-pretori onorari nominati in base al regio decre-
to-legge 6 febbraio 1927, numero 131, possono essere ammessi per una sola
volta al primo esame che avrà luogo per aggiunto giudiziario, su parere favo-
revole del consiglio giudiziario del distretto di residenza.

275. Procedimenti disciplinari pendenti. – Per i procedimenti disciplina-


ri che, alla data di entrata in vigore del presente ordinamento, non sono stati
definiti da parte della suprema corte disciplinare e dei consigli disciplinari
presso le corti di appello, continuano ad applicarsi le disposizioni preceden-
temente vigenti.
310 Il sistema giudiziario italiano

La corte disciplinare per la magistratura, costituita in conformità del


disposto dell’art. 236, funziona da organo di unico grado, e di secondo grado
per i procedimenti in corso presso i consigli disciplinari distrettuali (294).

TITOLO X
DISPOSIZIONI FINALI

276. Abrogazione di vigenti disposizioni legislative e riferimento a leggi e


regolamenti generali. – Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie od
incompatibili concernenti la materia regolata dal presente ordinamento.
Fino a quando non sarà provveduto alla emanazione di norme regola-
mentari per l’esecuzione dell’ordinamento medesimo, continuano ad aver
vigore i regolamenti esistenti, in quanto applicabili (295).
Ai magistrati dell’ordine giudiziario sono applicabili le disposizioni
generali relative agli impiegati civili dello Stato, solo in quanto non sono con-
trarie al presente ordinamento e ai relativi regolamenti (296).

277. Disposizioni di coordinamento, integrative e complementari. – Con


successivi decreti reali, su proposta del Ministro di grazia e giustizia di con-
certo con il Ministro delle finanze, sono emanate le norme di coordinamento
e le altre, anche di carattere integrativo e complementare, occorrenti per la
completa attuazione del presente ordinamento.

TABELLA A (297)
Numero delle sedi delle Corti di Appello, dei tribunali e delle Preture del Regno
(Omissis)

TABELLA B (297)
Circoscrizione territoriale delle Preture, distinta per Corti di Appello e
per Tribunali
(Omissis)

TABELLA C (297)
Circoscrizione territoriale delle sedi distaccate di Pretura, distinta per
Corti di Appello, Tribunali e Preture
(Omissis)

TABELLA D
Circoli di Corte di Assise
(Omissis)
Normativa 311

TABELLA E
Sedi di Tribunali Regionali delle Acque Pubbliche
(Omissis)
TABELLA F
Personale della Magistratura Giudiziaria
(Omissis)

TABELLA G
Personale giudicante e del Pubblico Ministero addetto alla Corte Supre-
ma di Cassazione
(Omissis)

TABELLA H
Personale giudicante e del Pubblico Ministero addetto alle Corti di Appello
(Omissis)

TABELLA I
Personale giudicante e del Pubblico Ministero addetto ai tribunali
(Omissis)

TABELLA L
Tribunali ai quali sono addetti magistrati di corte di cassazione in fun-
zioni di presidenti e di procuratori della Repubblica e magistrati di corte di
appello in funzioni di consiglieri istruttori e di procuratori aggiunti della
Repubblica
(Omissis)

TABELLA M
Magistrati addetti alle Preture
(Omissis)

TABELLA N
Personale del Ministero di Grazia e Giustizia
(Omissis)

TABELLA O
Preture costituite in sezioni
(Omissis)
312 Il sistema giudiziario italiano

TABELLA P
Indennità annua per spese di rappresentanza
(Omissis)

TABELLA Q
Indennità annua per i magistrati che esercitano funzioni speciali Inden-
nità mensile per gli uditori giudiziari
(Omissis)
Normativa 313

NOTE

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 febbraio 1941, n. 28.


(2) La denominazione «tribunale» nel presente provvedimento è stata sostituita da quel-
la «tribunale ordinario», ai sensi dell’art. 10, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(3) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari:
– Ministero di grazia e giustizia: Circ. 30 giugno 1997, n. 6/97;
– Presidenza del Consiglio dei Ministri: Dipartimento per la funzione pubblica e gli affa-
ri regionali: Circ. 5 dicembre 1996, n. 8661.
(4) Recante la delega al governo del Re della facoltà di emendare il codice penale, il codi-
ce di procedura penale, le leggi sull’ordinamento giudiziario.
(5) Lettera soppressa dall’art. 1, D.Lgs. 19 febbraio 1998.
(6) Comma così sostituito prima dall’art. 1, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449, e poi dall’art.
45, L. 21 novembre 1991, n. 374, con effetto dal 1° maggio 1995, ai sensi dell’art. 1, L. 4 dicem-
bre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicembre 1992, n. 292) e dell’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571,
come modificato dalla legge di conversione 6 dicembre 1994, n. 673. Fino a tale data i compiti del
giudice di pace continuano ad essere svolti dal giudice conciliatore.
(7) Il riferimento all’impero ed agli altri territori soggetti alla sovranità dello Stato deve
intendersi venuto meno.
(8) Articolo prima modificato dall’art. 2, D.P.R. 22 settembre 1988 e poi così sostituito
dall’art. 2, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(9) Comma prima sostituito dall’art. 5, L. 1° febbraio 1989, n. 30, e poi così modificato
dall’art. 3, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(10) Comma così modificato dall’art. 4, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(11) Ora, giudici popolari della corte di assise e della corte di assise di appello, ai sensi
della L. 10 aprile 1951, n. 287.
(12) Comma prima modificato dall’art. 1. D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273, e poi così modi-
ficato dall’art. 4, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(13) Vedi D.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229.
(14) Ora, Presidente della Repubblica.
(15) Ora, decreto del Presidente della Repubblica.
(16) Comma così sostituito dall’art. 5, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(17) Comma aggiunto dall’art. 57, L. 16 dicembre 1999, n. 479 e, successivamente, così
modificato dall’art. 24, L. 1° marzo 2001, n. 63.
(18) Comma aggiunto dall’art. 57, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
(19) Aggiunto dall’art. 3, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(20) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 4 maggio 1998, n. 133.
(21) L’art. 1, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115), ha così
sostituito la rubrica e il primo periodo dal comma 1.
(22) Comma così modificato dall’art. 6, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(23) Aggiunto dall’art. 4, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(24) Comma aggiunto dall’art. 6, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(25) Il requisito della razza italiana deve intendersi non più prescritto, ai sensi dell’art. 3 Cost.
(26) Il requisito del sesso maschile non è più prescritto, ai sensi dell’art. 1, L. 9 febbraio 1963, n. 66.
(27) Il requisito dell’iscrizione al P.N.F. deve intendersi non più prescritto, per effetto
della caduta del regime fascista.
314 Il sistema giudiziario italiano

(28) L’art. 3 Cost. ha eliminato qualsiasi discriminazione tra i cittadini in relazione alle
opinioni politiche.
(29) L’art. 4, L. 23 dicembre 1946, n. 478, recante modificazione alle formule di giura-
mento, così dispone:
«Art. 4. La formula di giuramento per i magistrati dell’Ordine giudiziario ed ammini-
strativo, per gli avvocati e procuratori dello Stato e per i notai è stabilita come segue:
«Giuro di essere fedele alla Repubblica italiana ed al suo Capo, di osservare lealmente
le leggi dello Stato e di adempiere con coscienza i doveri inerenti al mio ufficio».
(30) Termine elevato a mesi 6 dall’art. 34, L. 4 gennaio 1963, n. 1.
(31) Vedi, ora, art. 63, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(32) Ora, deputato.
(33) Gli attuali commi secondo e terzo così sostituiscono l’originario comma secondo per
effetto dell’art. 14, L. 2 aprile 1979, n. 97.
(34) Denominazione così modificata dal D.Lgs.C.P.S. 2 agosto 1946, n. 72.
(35) Ora, primo presidente e presidente aggiunto della Corte di cassazione e presidenti
delle Corti di appello.
(36) Ora, decreto del Presidente della Repubblica.
(37) Articolo così modificato dall’art. 7, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(38) Vedi, ora, art. 65, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(39) Il Capo I del Titolo II è stato abrogato dall’art. 47, L. 21 novembre 1991, n. 374, con
effetto dal 1o maggio 1995, ai sensi dell’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicem-
bre 1992, n. 292), e dell’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, come modificato dalla legge di
conversione 6 dicembre 1994, n. 673, salvo quanto disposto dall’art. 44 della legge 374/1991.
(40) Vedi nota 25 all’art. 8.
(41) Vedi nota 26 all’art. 8.
(42) Vedi nota 27 all’art. 8.
(43) Il Capo I del Titolo II è stato abrogato dall’art. 47, L. 21 novembre 1991, n. 374 con
effetto dal 1° maggio 1995, ai sensi dell’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12 dicem-
bre 1992, n. 292), e dell’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571, come modificato dalla legge di
conversione 6 dicembre 1994, n. 673, salvo quanto disposto dall’art. 44 della legge 374/1991.
(44) Denominazione così modificata dall’art. 13, L. 5 maggio 1952, n. 405.
(45) Vedi nota 34 all’art. 17.
(46) Vedi, ora, art. 10, n. 2, L. 24 marzo 1958, n. 195, e art. 38, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(47) Le funzioni di ufficiale giudiziario sono svolte ora dai messi di conciliazione, ai sensi
del D.Lgs.Lgt. 1° febbraio 1946, n. 122.
(48) Ora, con decreto del Presidente del Tribunale.
(49) Il capo II del titolo II è stato abrogato dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(50-64) Gli artt. da 30 a 41, facenti parte del capo II, sono stati abrogati dall’art. 30, D.Lgs.
19 febbraio 1998, n. 51.
(65) Intitolazione così sostituita dagli artt. 9 e 10, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(66) Articolo aggiunto dall’art. 8, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(67) Comma aggiunto dall’art. 22, L. 24 novembre 2000, n. 341.
(68) Comma aggiunto dall’art. 22, L. 24 novembre 2000, n. 341.
(69) Articolo prima modificato dall’art. 11, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449 poi così
sostituito dall’art. 9, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(70) Lettera così sostituita dall’art. 3-bis, D.L. 7 aprile 2000, n. 82 (Gazz. Uff. 8 aprile
2000, n. 83), nel testo integrato dalla relativa legge di conversione 5 giugno 2000, n. 144 (Gazz.
Uff. 7 giugno 2000, n. 131, entrata in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione).
(71) Articolo aggiunto dall’art. 10, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
Normativa 315

(72) Abrogato dall’art. 12, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.


(73) Articolo così sostituito dall’art. 11, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(74) Comma aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio
1999, n. 115).
(75) Articolo così sostituito dall’art. 12, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(76) Articolo aggiunto dall’art. 13, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(77) Comma così sostituito dall’art. 3, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 mag-
gio 1999, n. 115).
(78) Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 14, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(79) La sezione I-bis e gli artt. 48-bis, 48-ter, 48-quater, 48-quinquies e 48-sexies sono stati
aggiunti dall’art. 15, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(80) La Corte costituzionale, con ordinanza 9-17 maggio 2001, n. 149 (Gazz. Uff. 23 mag-
gio 2001, n. 20, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legit-
timità costituzionale dell’art. 48-bis sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 113 della Cost.
(81) La sezione I-bis e gli artt. 48-bis, 48-ter, 48-quater, 48-quinquies e 48-sexies sono stati
aggiunti dall’art. 15, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Per l’efficacia delle disposizioni contenu-
te nel presente articolo 48-ter vedi il comma 2 dell’art. 247 del D.Lgs. n. 51 sopracitato, come
modificato dall’art. 3-ter, D.L. 24 maggio 1999, n. 145, nel testo integrato dalla relativa legge
di conversione e l’art. 5, D.L. 12 ottobre 2000, n. 279, nel testo integrato dalla relativa legge
di conversione.
(82) Comma aggiunto dall’art. 5-bis, D.L. 24 maggio 1999, n. 145, nel testo integrato dalla
relativa legge di conversione.
(83) Gli esperti sono ora nominati dal Consiglio superiore della magistratura.
(84) Articolo così sostituito dall’art. 5, L. 27 dicembre 1956, n. 1441.
(85) Aggiunto dall’art. 14, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(86) Vedi nota 107 all’art. 70.
(87) Lettera così modificata dall’art. 18, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(88) Così sostituito dall’art. 15, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(89) Comma così sostituito dall’art. 16, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(90) Comma così modificato dall’art. 19, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(91) Vedi nota 44 all’art. 24.
(92) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto
1977, n. 226). Gli artt. 8 e 9 della citata legge hanno, inoltre, così disposto:
«Art. 8. Le disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 3 entrano in vigore il 1° gennaio dell’anno
successivo a quello della pubblicazione della presente legge.
Art. 9. Salva la disposizione dell’articolo precedente, la composizione del collegio resta
invariata nei procedimenti penali per i quali, alla data del 1° gennaio dell’anno successivo a
quello di pubblicazione della presente legge, è già stato dichiarato aperto il dibattimento, a
meno che non sia intervenuto provvedimento di rinvio a tempo indeterminato a norma del-
l’art. 432 del codice di procedura penale».
(93) Abrogato dall’art. 17, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(94) Comma così sostituito dall’art. 18, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(95) Comma così sostituito dall’art. 2, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto 1977,
n. 226).
(96) Vedi nota 44 all’art. 24.
(97) Vedi nota 107 all’art. 70.
(98) Le disposizioni di questa sezione debbono ritenersi superate da quelle contenute
nella L. 10 aprile 1951, n. 287, e successive modificazioni.
(99) La competenza della magistratura del lavoro in materia di controversie collettive è
venuta meno per effetto dell’abrogazione dell’ordinamento corporativo.
316 Il sistema giudiziario italiano

(100) Ora, decreto del Presidente della Repubblica.


(101) Ora, su tutto il territorio dello Stato e su ogni altro territorio soggetto alla sua sovranità.
(102) Con la L. 4 gennaio 1963, n. 1, è stato istituito un posto di presidente aggiunto della
Corte di cassazione.
(103) Comma così sostituito dall’art. 19, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(104) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto
1977, n. 226). Vedi, anche, la nota 92.
(105) Articolo così sostituito dall’art. 39, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511.
(106) Comma sostituito dall’art. 20, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e poi così modificato
dall’art. 4, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 maggio 1999, n. 115).
(107) Così sostituito dall’art. 20, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449. Il comma 6 è stato,
inoltre, così sostituito dall’art. 10, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
(108) Comma aggiunto dall’art. 10, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
(109) Aggiunto dall’art. 5, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
(110) Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 21, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(111) Articolo aggiunto dall’art. 22, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(112) Il presente articolo già sostituito, da ultimo, dall’art. 23, D.Lgs. 19 febbraio 1998,
n. 51, è stato successivamente così modificato dall’art. 58, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
(113) Tale attribuzione deve intendersi venuta meno, con l’abrogazione dell’ordinamento
corporativo.
(114) Comma così modificato dall’art. 24, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(115) Vedi nota 71 all’art. 70.
(116) Per i giudizi di assise, vedi, ora, L. 10 aprile 1951, n. 287.
(117) Vedi nota 99 all’art. 63.
(118) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 8 agosto 1977, n. 532 (Gazz. Uff. 20 agosto
1977, n. 226).
(119) Comma così sostituito dall’art. 21-quater, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(120) Comma aggiunto dall’art. 21-quinquies, D.L. 8 giugno 1992, n. 306.
(121) Comma aggiunto dall’art. 21-quater, D.L. 8 giugno 1992, n. 306. L’articolo 76-bis è
stato aggiunto dall’art. 6, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
(122) Aggiunto dall’art. 9, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
(123) Vedi nota 107 all’art. 70.
(124) Così sostituito dall’art. 23, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(125) Abrogato dall’art. 24, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(126) Articolo abrogato dall’art. 1, R.D.L. 16 agosto 1943, n. 732, il quale, all’art. 2, così
dispone:
«L’anno giudiziario comincia il 1° gennaio».
(127) Ora, Presidente della Repubblica.
(128) Ora, nello Stato e negli altri territori soggetti alla sua sovranità.
(129) Vedi, ora, art. 41, co. 2°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(130) Vedi nota 107 all’art. 70.
(131) Comma così sostituito dall’art. 8, L. 2 aprile 1979, n. 97.
(132) Articolo così sostituito dall’art. 2, L. 28 luglio 1961, n. 704. Successivamente il
comma 2 è stato così modificato dall’art. 25, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(133) Ora, in materia di lavoro.
(134) Comma così modificato dall’art. 4, L. 4 aprile 2001, n. 154.
(135) Denominazione così modificata dall’art. 13, legge 5 maggio 1952, n. 405.
(136) Comma così sostituito dall’art. 25, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(137) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 4 maggio 1998, n. 133.
(138) Ora, in materia di lavoro.
Normativa 317

(139) Così modificato dall’art. 26, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.


(140) Vedi nota 107 all’art. 70. Vedi, inoltre, la L. 4 agosto 1977, n. 516.
(141) Ora, sindaco.
(142) Abrogato dall’art. 7, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273.
(143) Articolo abrogato dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. In precedenza il
secondo comma era stato abrogato dall’art. 7, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273.
(144) Articolo prima sostituito dall’art. 7, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273, e poi abrogato
dall’art. 30, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(145) Il presente articolo è superato dall’art. 8, L. 10 aprile 1951, n. 287.
(146) Denominazione così modificata dall’art. 13, legge 5 maggio 1952, n. 405.
(147) Vedi nota 107 all’art. 70.
(148) Alinea così sostituito dall’art. 27, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(149) L’art. 2, D.Lgs.Lgt. 3 maggio 1945, n. 232, così dispone:
«Art. 2. Qualora sorga la improvvisa ed urgente necessità di sostituire magistrati man-
canti, assenti o impediti, per assicurare il funzionamento di un ufficio o la composizione di un
collegio, i capi delle Corti, secondo le rispettive attribuzioni, possono, in deroga alle vigenti
norme in materia, provvedere alla supplenza anche con magistrati del grado inferiore, appar-
tenenti allo stesso o ad altri uffici del distretto.
Il Ministro per la grazia e giustizia può inoltre destinare pretori a posti di giudice o sosti-
tuto procuratore del Regno e viceversa».
Tale norma che, ai sensi del successivo art. 4, doveva avere efficacia fino a sei mesi dopo
la conclusione della pace è stata prorogata fino a nuova disposizione dall’art. 1, L. 5 marzo
1951, n. 190.
(150) Comma così modificato dall’art. 26, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(151) Periodo aggiunto dall’art. 23, D.L. 24 novembre 2000, n. 341.
(152) Così sostituito prima dall’art. 1, L. 21 febbraio 1989, n. 58 (Gazz. Uff. 25 febbraio
1989, n. 47), poi dall’art. 1, L. 16 ottobre 1991, n. 321, dall’art. 21, D.L. 8 giugno 1992, n. 306,
e così modificato ai commi 3-bis e 7 con l’art. 2, D.Lgs. 23 ottobre 1992, n. 416 (Gazz. Uff. 24
ottobre 1992, n. 251).
(153) Aggiunto dall’art. 11, D.L. 20 novembre 1991, n. 367.
(154) Abrogato dall’art. 2, L. 21 febbraio 1989, n. 58 (Gazz. Uff. 25 febbraio 1989, n. 47).
(155) Vedi nota 107 all’art. 70.
(156) Articolo prima modificato dall’art. 3, L. 28 luglio 1961, n. 704 e poi abrogato dal-
l’art. 2, L. 21 febbraio 1989, n. 58 (Gazz. Uff. 25 febbraio 1989, n. 47).
(157) Articolo così sostituito dall’art. 2, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(158) Le disposizioni del presente capo sono superate dagli artt. 1-6, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(159) Vedi nota 107 all’art. 70.
(160) Articolo così modificato dall’art. 13, L. febbraio 2001, n. 48. Vedi, anche, l’art. 22
della stessa legge.
(161) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(162) Comma così rettificato dall’art. 40, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, ora, artt. 10,
n. 4, e 11, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(163) Comma soppresso dall’art. 40, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511.
(164) Articolo abrogato dall’art. 13, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(165) Articolo prima modificato dall’art. 1, D.Lgs.C.P.S. 19 aprile 1947, n. 974, e dall’ar-
ticolo unico, L. 26 aprile 1975, n. 140 (Gazz. Uff. 10 maggio 1975, n. 122), e poi così sostitui-
to dall’art. 1, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398 e dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(166) Articolo aggiunto dall’art. 2, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(167) Articolo aggiunto dall’art. 3, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, poi così sostituito
dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
318 Il sistema giudiziario italiano

(168) Articolo aggiunto dall’art. 4, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, e successivamente


abrogato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(169) Articolo aggiunto dall’art. 5, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, e successivamente
abrogato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(170) I primi tre commi così sostituiscono l’originario comma 1, come sostituito dall’art. 2,
D.L. 15 giugno 1989, n. 232, per effetto dell’art. 6, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Succes-
sivamente il presente comma è stato così modificato dall’art. 11, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(171) I primi tre commi così sostituiscono l’originario comma 1, come sostituito dall’art. 2,
D.L. 15 giugno 1989, n. 232, per effetto dell’art. 6, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(172) Gli attuali commi 2 e 3 sono stati aggiunti dall’art. 1, L. 9 agosto 1993, n. 295. Il ter-
mine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine Avvocato per effetto del
disposto dell’art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27, in seguito alla soppressione dell’albo dei pro-
curatori legali stabilita dalla stessa legge.
(173) Comma così sostituito dall’art. 6, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. In relazione al
precedente comma 5, dell’art. 124, con sentenza 23-31 marzo 1994, n. 108 (Gazz. Uff. 6 apri-
le 1994, n. 15 - Serie speciale), la Corte costituzionale ha dichiarato in applicazione dell’art. 27,
L. 11 marzo 1953, n. 87, l’illegittimità dell’art. 124, terzo comma, nella parte in cui, nel disci-
plinare i requisiti di ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria, prevedeva l’esclusio-
ne di coloro che, per le informazioni raccolte, non risultavano, secondo l’apprezzamento insin-
dacabile del Consiglio Superiore della Magistratura, appartenenti a famiglia di estimazione
morale indiscussa. La stessa Corte, con sentenza 13-28 luglio 2000, n. 391 (Gazz. Uff. 2 ago-
sto 2000, n. 32 - Serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità del settimo comma del
presente articolo, nella parte in cui, nel disciplinare i requisiti di ammissione ai concorsi della
magistratura ordinaria, prevede che non siano ammessi al concorso i candidati i cui parenti, in
linea retta entro il primo grado ed in linea collaterale entro il secondo, hanno riportato con-
danne per taluno dei delitti di cui all’art. 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura
penale.
(174) Rubrica così sostituita dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(175) Comma così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(176) Comma così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48. Per l’interpretazione
autentica del presente comma vedi l’art. 12 della stessa legge.
(177) Articolo prima modificato dall’art. 2, L. 17 novembre 1978, n. 746, e poi sostituito
dall’art. 7, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Successivamente, il comma 3 del presente arti-
colo è stato così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(178) Comma aggiunto dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(179) Aggiunto dall’art. 8, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(180) Comma così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(181) Comma aggiunto dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(182) Comma così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(183) Articolo aggiunto dall’art. 9, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398, e, successivamente,
così modificato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(184) Articolo aggiunto dall’art. 10, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(185) Articolo aggiunto dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(186) Comma così sostituito dall’art. un., L. 23 febbraio 1967, n. 44.
(187) Periodo aggiunto dall’art. 15, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(188) Articolo aggiunto dall’art. 11, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(189) Articolo aggiunto dall’art. 14, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(190) Gli attuali commi 3, 4 e 5 così sostituiscono l’originario comma 3 per effetto del-
l’art. 12, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
Normativa 319

(191) Gli attuali commi 3, 4 e 5 così sostituiscono l’originario comma 3 per effetto dell’art.
12, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398. Il presente comma è stato successivamente così modifi-
cato dall’art. 10, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(192) Vedi, per la distinzione dei magistrati secondo le funzioni, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(193) Vedi, ora, tabella allegata al D.P.R. 5 giugno 1965, n. 756.
(194) Vedi D.P.R. 27 aprile 1962.
(195) La L. 30 maggio 1965, n. 579, recante norme sulla riduzione del periodo di tiroci-
nio degli uditori giudiziari, così dispone:
«Articolo unico. - Gli uditori giudiziari possono, dopo sei mesi di tirocinio, e previo
parere motivato dei Capi di Corte, essere destinati, con funzioni giurisdizionali, nei tribunali,
nelle procure della Repubblica presso i tribunali e nelle preture.
L’uditore non può fare le veci del Presidente del tribunale o della sezione, mancante o
impedito: né può supplire il procuratore della Repubblica. Nella composizione dei Collegi giu-
dicanti non può intervenire più di un uditore con funzioni di giudice.
Le limitazioni di cui al comma precedente cessano con il compimento di un anno di
effettivo servizio, in esso compreso il periodo di tirocinio.
Il parere dei Capi di Corte può essere chiesto dopo cinque mesi di tirocinio». In dero-
ga a quanto disposto dalla L. n. 579/1965 vedi l’art. 11, comma 5, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(196) Comma così modificato dall’art. 27, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(197) Vedi, ora, art. 48, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916; le norme per il tirocinio sono
state emanate con D.P.R. 27 aprile 1962. In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi
l’art. 11, comma 5, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(198) Articolo aggiunto dall’art. 16, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(199) Vedi, ora, art. 43, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(200) Il ruolo dei pretori è stato abolito, dall’art. 8, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(201) Vedi, L. 4 gennaio 1963, n. 1.
(202) Il presente comma deve ritenersi non più in vigore, per effetto dell’abrogazione delle norme
contenenti limitazioni, in dipendenza dello stato di celibe, operata dal R.D.L. 2 agosto 1943, n. 707.
(203-210) Gli artt. da 132 a 135, sono stati abrogati dall’art. 7, L. 25 maggio 1970, n. 357.
(211) Il comma, che si omette, è stato abrogato dall’art. 7, L. 25 maggio 1970, n. 357.
(212) Il termine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine «avvocato»
per effetto del disposto dell’art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27, in seguito alla soppressione del-
l’albo dei procuratori legali stabilita dalla stessa legge.
(213) Abrogato dall’art. 18, L. 2 aprile 1979, n. 97.
(214-218) Vedi nota 107 all’art. 70.
(219) Il presente articolo deve ritenersi abrogato dall’art. 1, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(220) Il presente articolo deve ritenersi abrogato dall’art. 8, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(221) Vedi nota 107 all’art. 141.
(222) Le disposizioni contenute nel presente capo sono superate da quelle di cui alla L. 25
luglio 1966, n. 570.
(223) Già soppresso dall’art. 3, D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1370.
(224) I commi secondo, terzo e quarto sono stati abrogati dall’art. 4, L. 18 novembre 1952,
n. 1794. Tale legge, all’art. 1, così dispone:
«Art. 1. (Posti disponibili per le promozioni a magistrato di Corte di appello e a magistra-
to di Corte di cassazione). – L’art. 2 del D.Lgs.Lgt. 3 maggio 1945, n. 233, è abrogato.
Le promozioni a magistrato di Corte d’appello e a magistrato di Corte di cassazione
sono conferite per il numero di posti, da attribuire rispettivamente alle dette categorie, corri-
spondente alle vacanze previste nell’anno in cui sono indetti i concorsi e alle vacanze imprevi-
ste dell’anno precedente.
320 Il sistema giudiziario italiano

Per le promozioni a magistrato di Corte di appello i posti sono ripartiti:


a) per quattro decimi ai vincitori del concorso;
b) per quattro decimi ai magistrati promovibili per merito distinto in seguito allo scrutinio;
c) per due decimi ai magistrati promovibili per merito, parimenti in seguito allo scrutinio.
Per le promozioni a magistrato di Corte di cassazione i posti sono attribuiti per due terzi
ai vincitori del concorso e per un terzo ai magistrati promovibili in seguito allo scrutinio.
Le promozioni per concorso e per scrutinio sono conferite, in ogni caso, con decorrenza agli
effetti giuridici ed economici non posteriori al 31 dicembre dell’anno in cui è indetto il concorso.
I posti indicati nel terzo e quarto comma, non coperti, si aggiungono ai posti vacanti del-
l’anno successivo da ripartire secondo le disposizioni dei predetti commi».
(225) Abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794. Tale legge, agli artt. 2 e 3, così
dispone:
«Art. 2. (Ordine delle promozioni). – I magistrati promossi per concorso, secondo
l’ordine di iscrizione nelle graduatorie, prendono posto nel ruolo di anzianità, prima dei
magistrati promossi per merito distinto nello stesso anno; i magistrati promossi per meri-
to distinto, secondo l’ordine degli elenchi, prendono posto prima di quelli promossi per
merito.
I magistrati dichiarati promovibili per scrutinio, con classifica definitiva, possono esse-
re promossi, con riserva di anzianità, prima che siano esauriti i lavori di revisione. Esauriti tali
lavori, e formati gli elenchi di tutti i magistrati dichiarati promovibili con la medesima qualifi-
ca, sono sciolte le riserve di anzianità conferendosi a ciascun magistrato la promozione con la
decorrenza giuridica corrispondente al posto occupato negli elenchi, ferme, tranne che agli
effetti dell’anzianità, le promozioni già disposte.
Art. 3. (Concorsi per le promozioni a magistrato di Corte di appello e a magistrato di Corte
di cassazione). – I concorsi per le promozioni a magistrato di Corte di appello e a magistrato
di Corte di cassazione sono indetti non oltre il 15 gennaio di ogni anno per un numero di posti
corrispondente alle quote attribuite nel terzo e nel quarto comma dell’art. 1.
Al concorso per la promozione a magistrato di cassazione sono ammessi i magistrati di
Corte di appello, promossi a tale categoria in seguito a concorso o per merito distinto, che
compiono sei anni effettivi di servizio nella categoria entro il 31 dicembre dell’anno prece-
dente a quello in cui è indetto il concorso».
(226) I commi 2° e 3° sono stati abrogati dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794.
(227) Il riferimento al regime fascista deve ritenersi soppresso.
(228) Vedi nota 223 all’art. 145.
(229) Vedi nota 107 all’art. 70.
(230) Il comma 1° è stato abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794.
(231) Comma così modificato dall’art. 1, D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1370.
(232) Il ruolo dei primi pretori è stato abolito dall’art. 9, L. 24 maggio 1951, n. 392.
La L. 27 ottobre 1951, n. 1337, recante norme relative all’applicazione al personale della
magistratura dell’art. 4 del decreto legislativo 19 ottobre 1944, n. 301, e dell’art. 6 del decreto
legislativo 12 dicembre 1947, n. 1488, così dispone:
«Articolo unico. – Per stabilire l’anzianità dei magistrati, ai fini dei concorsi e degli scru-
tini per la promozione a consigliere di Corte di appello e gradi equiparati, non si tiene conto
dell’anticipo nella promozione al grado ottavo a norma dell’art. 139, primo comma, prima
parte, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, sull’ordinamento giudiziario, e dell’art. 1 del
regio decreto 18 marzo 1943, n. 200».
(233) Il D.Lgs.C.P.S. 4 aprile 1947, n. 315, così dispone:
«Art. 1. La Commissione prevista dall’art. 154 dell’Ordinamento giudiziario è soppres-
sa, e le sue attribuzioni sono devolute al Consiglio superiore della magistratura.
Normativa 321

Art. 2. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubbli-
cazione nella Gazzetta Ufficiale».
(234) Vedi art. 21, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511.
(235) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(236) Vedi ora art. 52, co. 1°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(237) L’art. 9, R.D. 23 giugno 1927, n. 1235, recante norme per l’attuazione del R.D.L. 30
dicembre 1926, n. 2219, sulle promozioni nella magistratura, così dispone:
«Art. 9. Il candidato trasmette in via gerarchica le copie dei lavori giudiziari, per intero
e debitamente autenticate, e i titoli e i documenti che creda di aggiungere.
Tutte le copie dei lavori giudiziari, accompagnate da un elenco, debbono essere scritte
in forma facilmente intelligibile, separate l’una dall’altra e munite di una copertina sulla quale
debbono essere riportate le seguenti notizie:
a) cognome e nome del magistrato e indicazione del luogo dove la sentenza od ordinanza o
requisitoria fu profferita;
b) menzione se la sentenza, l’ordinanza o la requisitoria sia civile o penale e se sia riferibile al
periodo prescritto o a quello a scelta;
c) data della redazione del lavoro;
d) cognome e nome delle parti e degli imputati;
e) cenno della questione risoluta, qualora sia possibile.
Il candidato deve dichiarare se aspira alla promozione nella carriera giudicante, o nella
requirente, o in entrambe».
(238) Comma già abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794.
(239) Vedi art. 63, co. 2°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(240) Vedi L. 27 ottobre 1951, n. 1337, riportata nella nota 232 posta all’art. 152.
(241) Comma superato dall’abolizione dei ruoli dei pretori e dei primi pretori, disposta
dagli artt. 8 e 9, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(242) Vedi ora art. 52, co. 2°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(243) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(244) Vedi, ora, art. 53, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(245) Vedi nota 241 all’art. 162.
(246) Il presente capo è superato dall’abolizione dei ruoli dei pretori e dei primi pretori,
disposta dagli artt. 8 e 9, L. 24 maggio 1951, n. 392.
(247) Comma così modificato dall’art. 2, D.Lgs.C.P.S. 28 novembre 1947, n. 1370.
(248) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(249) Le disposizioni contenute nel presente capo sono superate da quelle di cui alla L. 4
gennaio 1963, n. 1.
(250) Comma abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794.
(251) Abrogato dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n. 1794.
(252) I commi primo e secondo sono stati abrogati dall’art. 4, L. 18 novembre 1952, n.
1794.
(253) Vedi nota 241 all’art. 162.
(254) Superato dall’art. 106 ult. co. Cost.
(255) Così rettificato per virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(256) Il D.Lgs.Lgt. 3 maggio 1945, n. 233, recante disposizioni per le promozioni a consi-
gliere di Corte di appello e di Corte di cassazione, all’art. 1, così dispone:
«Art. 1. Temporanea abolizione della prova orale nel concorso per la Cassazione. – Nei
concorsi per la promozione a consigliere di Corte di cassazione e gradi parificati, sia in quelli
che sono in via di espletamento, sia in quelli che saranno indetti a norma del presente decre-
322 Il sistema giudiziario italiano

to, è temporaneamente soppressa la discussione orale prescritta dall’art. 183 dell’Ordinamen-


to giudiziario approvato con R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12».
(257) Così rettificato per virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(258) Vedi nota 241 all’art. 162.
(259) Vedi nota 107 all’art. 70.
(260) Vedi, ora, la L. 20 dicembre 1973, n. 831.
(261) Articolo così sostituito dall’art. 41, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511.
(262) Vedi, ora, artt. 10 e 11, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(263-265) Così sostituito dall’art. 29, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(266) Vedi, ora, l’art. 39, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, in relazione agli artt. 10, nn. 1
e 11, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(267) Vedi nota 263-265 all’art. 190.
(268) Articolo prima rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile
1941, n. 95.
(269) Così sostituito dall’art. 2, L. 16 ottobre 1991, n. 321, poi modificato dall’art. 2, L. 8
novembre 1991, n. 356 (Gazz. Uff. 9 novembre 1991, n. 263) ed infine così sostituito dall’art.
4, L. 4 maggio 1998, n. 133.
(270) Denominazione così modificata dall’art. 13, L. 5 maggio 1952, n. 405.
(271) Vedi, ora, tabella C allegata alla L. 4 gennaio 1963, n. 1.
(272) Vedi l’art. 15, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(273) Vedi, ora, artt. 2, ultimo comma, e 3, comma 7, L. 4 gennaio 1963, n. 1.
(274) Vedi nota 107 all’art. 70.
(275) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(276) Ora, rispettivamente, nella categoria di magistrato di tribunale o di magistrato di
corte d’appello od equiparati, ai sensi della L. 24 maggio 1951, n. 392. Il D.Lgs.Lgt. 28 dicem-
bre 1944, n. 438, recante disposizioni relative al personale giudiziario durante lo stato di guer-
ra, all’art. 9, così dispone:
«Art. 9. Efficacia ai fini dell’ammissione a concorsi o scrutini, del servizio prestato in
determinati uffici durante l’attuale stato di guerra. Il servizio prestato dai magistrati, duran-
te l’attuale stato di guerra e fino a sei mesi dopo la sua cessazione, presso uffici diversi da
quelli giudiziari, è parificato, ai fini dell’art. 200 dell’Ordinamento giudiziario approvato con
R. decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ad effettivo ed ininterrotto servizio prestato presso uffici
giudiziari.
La disposizione di cui al precedente comma si applica anche ai funzionari delle cancel-
lerie e segreterie giudiziarie, ai fini di cui all’art. 8, comma ultimo, del R. decreto 5 novembre
1931, n. 1444».
(277) Ora, categoria, ai sensi della L. 24 maggio 1951, n. 392.
(278) Comma superato per effetto dell’abrogazione delle norme contenenti limitazioni in
dipendenza dello stato di celibe, operato dal R.D.L. 2 agosto 1943, n. 707.
(279) Ora, ai fini dell’aumento di anzianità dei magistrati di tribunale, ai sensi della L. 24
maggio 1951, n. 392.
(280) Vedi, ora, art. 10, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(281) Vedi, ora, la L. 24 maggio 1951, n. 392.
(282) Vedi, ora, tabella B allegata alla L. 24 maggio 1951, n. 392.
(283) Vedi, ora, L. 15 aprile 1961, n. 291.
(284) Vedi, ora, tabella C allegata alla L. 24 maggio 1951, n. 392.
(285) Articolo prima sostituito dall’art. 1, D.Lgs 30 gennaio 1948, n. 99, e poi abrogato
dall’art. 4, D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 273.
(286) Articolo così sostituito, da ultimo, dall’art. 28, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
(287) Articolo aggiunto dall’art. 29, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
Normativa 323

(288) Vedi, ora, art. 15, ultimo comma, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(289) Comma così sostituito prima dall’art. 2, L. 17 marzo 1969, n. 84 (Gazz. Uff. 8 aprile
1969, n. 89), e poi dall’art. 2, L. 9 dicembre 1977, n. 908 (Gazz. Uff. 19 dicembre 1977, n. 344).
(290) Comma aggiunto dall’art. 7, L. 2 aprile 1979, n. 97.
(291) Abrogati dall’art. 43, R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511.
(292) Si ritiene opportuno riportare, per eventuali necessità di consultazione, le disposi-
zioni transitorie contenute nel presente titolo.
(293) Abrogato dall’art. 6, D.Lgs.Lgt. 30 aprile 1946, n. 352, che così dispone:
«Art. 6. Gli artt. 256, 257 e 261 delle norme transitorie del vigente Ordinamento giudi-
ziario sono abrogati, ed i magistrati in essi indicati possono partecipare ai concorsi previsti
dagli artt. 142, 143 e 144 dell’Ordinamento medesimo».
(294) Così rettificato in virtù di avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 22 aprile 1941, n. 95.
(295) Le norme regolamentari non sono state ancora emanate; debbono, pertanto, rite-
nersi ancora vigenti, in quanto applicabili le norme del R.D. 14 dicembre 1865, n. 2641.
(296) La Corte costituzionale, con sentenza 4-22 giugno 1992, n. 289 (Gazz. Uff. 24 giu-
gno 1992, n. 27 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del combinato disposto dell’art.
87, D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e dell’art. 276, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, nella parte in cui
consente l’applicazione ai magistrati della riabilitazione prevista per gli impiegati civili dello
Stato colpiti da sanzione disciplinare.
(297) Le tabelle che si omettono sono state sostituite con L. 1° febbraio 1989, n. 30. Vedi,
ora, l’art. 16 e le tabelle allegate al D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, e l’art. 1, D.L. 25 gennaio
1999, n. 6.
324 Il sistema giudiziario italiano

R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511 (1).


Guarentigie della magistratura.

Artt.
TITOLO I – Delle guarentigie della magistratura:

CAPO I – Della inamovibilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1- 5


CAPO II – Dei Consigli giudiziari e del Consiglio superiore del-
la magistratura:
SEZIONE I – Dei Consigli giudiziari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
SEZIONE II – Del Consiglio superiore della magistratura . . . . . 7 - 12

TITOLO II – Della disciplina della magistratura:

SEZIONE I – Della sorveglianza sui magistrati . . . . . . . . . . . . . 13 - 16


SEZIONE II – Della disciplina dei magistrati . . . . . . . . . . . . . . . 17 - 21
SEZIONE III – Dei Tribunali disciplinari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22 - 26
SEZIONE IV – Del procedimento disciplinare . . . . . . . . . . . . . . . 27 - 38

TITOLO III – Disposizioni varie e transitorie . . . . . . . . . . . . . . . 39 - 43

TITOLO I
DELLE GUARENTIGIE DELLA MAGISTRATURA

CAPO I
DELLA INAMOVIBILITÀ.

1. Disposizione generale. – I magistrati non possono essere privati delle


funzioni e dello stipendio, collocati in aspettativa, in disponibilità o a riposo,
oppure essere destinati ad altra sede o ad altre funzioni, se non nei casi e nelle
forme previsti dal presente decreto.

2. Inamovibilità della sede. – I magistrati di grado non inferiore a giudi-


ce, sostituto procuratore della Repubblica o pretore, non possono essere tra-
sferiti ad altra sede o destinati ad altre funzioni, se non col loro consenso.
Essi tuttavia possono, anche senza il loro consenso, essere trasferiti ad
altra sede o destinati ad altre funzioni, previo parere del Consiglio superiore
della magistratura, quando si trovino in uno dei casi di incompatibilità previ-
sti dagli artt. 16, 18 e 19 dell’Ordinamento giudiziario approvato con R. decre-
to 30 gennaio 1941, numero 12, o quando, per qualsiasi causa anche indipen-
dente da loro colpa, non possono, nella sede che occupano, amministrare giu-
Normativa 325

stizia nelle condizioni richieste dal prestigio dell’ordine giudiziario. Il parere


del Consiglio superiore è vincolante quando si tratta di magistrati giudicanti.
In caso di soppressione di un ufficio giudiziario, i magistrati che ne
fanno parte, se non possono essere assegnati ad altro ufficio giudiziario nella
stessa sede, sono destinati a posti vacanti del loro grado ad altra sede.
Qualora venga ridotto l’organico di un ufficio giudiziario, i magistrati
meno anziani che risultino in soprannumero, se non possono essere assegna-
ti ad altro ufficio della stessa sede, sono destinati ai posti vacanti del loro
grado in altra sede.
Nei casi previsti dai due precedenti commi si tiene conto, in quanto pos-
sibile, delle aspirazioni dei magistrati da trasferire.

3. Dispensa dal servizio o collocamento in aspettativa di ufficio per debo-


lezza di mente od infermità. – Se per qualsiasi infermità, giudicata permanen-
te, o per sopravvenuta inettitudine, un magistrato non può adempiere conve-
nientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio, è dispensato dal
servizio, previo parere conforme del Consiglio superiore della magistratura.
Se la infermità ha carattere temporaneo, il magistrato può, su conforme
parere del Consiglio superiore, essere collocato di ufficio in aspettativa fino
al termine massimo consentito dalla legge.
Decorso tale termine, il magistrato che ancora non si trovi in condizio-
ni di essere richiamato dall’aspettativa, è dispensato dal servizio.
Le disposizioni precedenti per quanto concerne il parere del Consiglio
superiore non si applicano agli uditori, i quali possono essere collocati in
aspettativa o dispensati dal servizio con decreto del Ministro per la grazia e
giustizia, previo parere del Consiglio giudiziario nel caso di dispensa.
Per gli uditori con funzioni giudiziarie la dispensa dal servizio è dispo-
sta con decreto Reale, su conforme parere del Consiglio giudiziario.
Avverso il parere del Consiglio giudiziario previsto nei due precedenti
commi può essere proposto ricorso al Consiglio superiore della magistratura
così dall’interessato come dal Ministro, entro dieci giorni dalla comunicazio-
ne. Il ricorso ha effetto sospensivo.

4. Formalità per il parere del Consiglio superiore e dei Consigli giudiziari. –


Quando viene richiesto il parere del Consiglio superiore della magistratura o
del Consiglio giudiziario ai sensi dei precedenti artt. 2 e 3, della richiesta e dei
motivi è data comunicazione all’interessato, il quale ha diritto di prendere visio-
ne e copia degli atti trasmessi al Consiglio superiore o al Consiglio giudiziario,
e può presentare deduzioni e chiedere di essere sentito personalmente.
Il Consiglio superiore e il Consiglio giudiziario non possono provvede-
re se non decorsi trenta giorni dalla data della comunicazione di cui al pre-
cedente comma.
326 Il sistema giudiziario italiano

5. Collocamento a riposo per limiti di età. – Tutti i magistrati sono collo-


cati a riposo al compimento del settantesimo anno di età.
Con successivo decreto saranno emanate le norme transitorie e di attua-
zione relative alla disposizione di cui al precedente comma, che avranno effi-
cacia dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

CAPO II
DEI CONSIGLI GIUDIZIARI E DEL CONSIGLIO SUPERIORE
DELLA MAGISTRATURA.

SEZIONE I
DEI CONSIGLI GIUDIZIARI.

6. Costituzione dei Consigli giudiziari. – Presso ogni Corte di appello è


costituito un Consiglio giudiziario presieduto dal primo presidente della
Corte d’appello e composto dal procuratore generale della Repubblica non-
ché da otto membri di cui tre con funzioni di supplenti, eletti ogni due anni
da tutti i magistrati degli uffici giudiziari del distretto con voto personale e
segreto nelle seguenti proporzioni: un magistrato effettivo ed uno supplente
tra i magistrati di Cassazione; due effettivi ed uno supplente tra i magistrati
di Corte d’appello; due effettivi ed uno supplente tra i magistrati di Tribuna-
le. Nei distretti nei quali non è possibile eleggere i magistrati di Cassazione, i
posti sono attribuiti a magistrati di Corte di appello.
In caso di mancanza o di impedimento, il primo presidente ed il procu-
ratore generale sono sostituiti dal magistrato che ne esercita la funzione.
I magistrati che, per il numero di suffragi raccolti, seguono quelli risul-
tati eletti, vengono, nell’ordine ed in numero non superiore a tre per gli effet-
tivi ed a due per i supplenti chiamati a sostituire quelli che cessano dalla cari-
ca nel corso del biennio.
Alla scadenza del biennio cessano dalla carica anche i membri che
hanno sostituito altri durante il biennio medesimo. Il Consiglio giudiziario
costituito presso la Corte di appello è competente anche per i magistrati
appartenenti alla circoscrizione della sezione distaccata.
Le funzioni di segretario presso il Consiglio giudiziario sono esercitate
dal magistrato, componente, effettivo, meno anziano per servizio (2).

SEZIONE II
DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA.

7-12. (3).
Normativa 327

TITOLO II
DELLA DISCIPLINA DELLA MAGISTRATURA

SEZIONE I
DELLA SORVEGLIANZA SUI MAGISTRATI.

13. Poteri di sorveglianza spettanti al Ministro. – Il Ministro per la grazia


e giustizia esercita l’alta sorveglianza su tutti gli uffici giudiziari, su tutti i giu-
dici e su tutti i magistrati del pubblico Ministero.
14. Poteri di sorveglianza sui magistrati giudicanti. – Il primo presidente
della Corte Suprema di cassazione esercita la sorveglianza sugli uffici e sui
magistrati della Corte.
Il presidente (4) della Corte di appello esercita la sorveglianza sugli uffi-
ci del distretto comprese le sezioni distaccate e sui magistrati della Corte
medesima, dei tribunali, delle preture e degli uffici di conciliazione del
distretto e delle circoscrizioni delle sezioni distaccate.
Il presidente della sezione distaccata esercita la sorveglianza sugli uffici
e sui magistrati giudicanti compresi nella circoscrizione della sezione.
Il presidente del tribunale esercita la sorveglianza, oltre che sugli uffici
e sui magistrati del tribunale, anche su quelli del tribunale dei minorenni,
delle preture, e degli uffici di conciliazione del circondario.
Il pretore esercita la sorveglianza su tutti i magistrati del suo ufficio e sui
conciliatori del mandamento.
15. Poteri di sorveglianza del presidente e del pretore in udienza. – Il pre-
sidente del Collegio giudicante ed il pretore esercitano la sorveglianza duran-
te l’udienza su tutti i magistrati che vi partecipano.
Il presidente del Collegio esercita inoltre la sorveglianza durante le deli-
berazioni sui magistrati che vi prendono parte.
16. Poteri di sorveglianza sui magistrati requirenti. – Il procuratore gene-
rale presso la Corte Suprema di cassazione esercita la sorveglianza sui magi-
strati e sugli uffici della procura generale presso la Corte medesima.
Il procuratore generale presso la corte di appello esercita la sorveglian-
za sui magistrati e sugli uffici della procura generale, delle procure della
Repubblica presso i tribunali ordinari e presso i tribunali per i minorenni e
delle procure della Repubblica presso le preture del distretto, nonché sulle
dipendenti procure generali presso le sezioni distaccate e delle procure della
Repubblica comprese nelle circoscrizioni di tali sezioni (5).
L’avvocato generale presso la sezione distaccata della Corte di appello
esercita la sorveglianza sui magistrati e sugli uffici del pubblico Ministero
della circoscrizione della sezione.
328 Il sistema giudiziario italiano

Il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario, il procura-


tore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e il procuratore della
Repubblica presso la pretura esercitano la sorveglianza sui magistrati addetti
ai rispettivi uffici (5).

SEZIONE II
DELLA DISCIPLINA DEI MAGISTRATI.

17. Disposizione generale. – I magistrati non possono essere sottoposti a


sanzioni disciplinari se non nei casi e nelle forme previsti dal presente decreto.

18. Responsabilità disciplinare dei magistrati.– Il magistrato che manchi


ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda imme-
ritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che com-
prometta il prestigio dell’ordine giudiziario, è soggetto a sanzioni disciplina-
ri secondo le disposizioni degli articoli seguenti.

19. Sanzioni disciplinari. – Le sanzioni disciplinari sono:


1) l’ammonimento;
2) la censura;
3) la perdita dell’anzianità;
4) la rimozione;
5) la destituzione.
Le sanzioni disciplinari, ad eccezione dell’ammonimento, devono essere
precedute dal procedimento disciplinare stabilito, dal presente decreto, salvo
quanto è disposto dall’art. 38 relativamente agli uditori.
Il magistrato, al quale è attribuito un fatto che può importare una delle san-
zioni previste nei nn. 4 e 5 del presente articolo, non ha diritto di sottrarsi al pro-
cedimento disciplinare e ai conseguenti provvedimenti per effetto delle sue
dimissioni, che il Ministro per la grazia e giustizia (6) ha facoltà di respingere.

20. Ammonimento. – L’ammonimento consiste nel rilievo della mancan-


za commessa e nel richiamo del magistrato all’osservanza dei suoi doveri.
Esso, quando non sia conseguente ad un procedimento disciplinare, è
disposto dal Ministro per la grazia e giustizia o dal magistrato che ha il pote-
re di sorveglianza (7).
L’ammonimento è rivolto oralmente dal capo gerarchico immediato, il
quale ne redige verbale, trasmettendone copia al Ministero.
Entro i successivi trenta giorni il magistrato cui fu rivolto l’ammoni-
mento può chiedere di essere sottoposto a procedimento disciplinare.
Normativa 329

21. Altre sanzioni disciplinari. – La censura consiste in un biasimo for-


male per la trasgressione accertata a carico del magistrato.
Il provvedimento che infligge la censura è eseguito dal capo gerarchico
immediato del magistrato.
Il magistrato che esegue il provvedimento redige verbale, con la indi-
cazione della trasgressione commessa. Copia del verbale è trasmessa al
Ministero.
La perdita dell’anzianità può estendersi da due mesi a due anni, ed ha
per effetto il ritardo, di durata corrispondente a quella della sanzione inflitta,
nella ammissione ad esami, concorsi e scrutini, e nelle promozioni.
Lo spostamento nel ruolo, conseguente alla perdita dell’anzianità, non può
essere inferiore ad un quarantesimo, né superiore ad un decimo dei posti di orga-
nico del relativo grado, ed è determinato dallo stesso Tribunale disciplinare.
Il Tribunale disciplinare (8), quando infligge una sanzione più grave del-
l’ammonimento, può stabilire che il magistrato, anche se inamovibile, sia tra-
sferito di ufficio.
La destituzione può comportare la perdita totale o parziale del tratta-
mento di quiescenza, da deliberarsi dallo stesso Tribunale disciplinare (8).
Il magistrato rimosso o destituito non può essere riammesso in servizio.
In ogni caso, rimane fermo il disposto dell’art. 155, primo e secondo
capoverso del vigente ordinamento giudiziario.

SEZIONE III
DEI TRIBUNALI DISCIPLINARI.

22-26. (9).

CAPO IV
DEL PROCEDIMENTO DISCIPLINARE.

27. Titolarità dell’azione disciplinare. – La azione disciplinare è promos-


sa, su richiesta del Ministro per la grazia e giustizia, dal pubblico Ministero
presso il Tribunale disciplinare competente (10).

28. Rapporti tra il procedimento disciplinare e il giudizio civile o penale. –


Il procedimento disciplinare è promosso indipendentemente dall’azione civi-
le o penale che procede dal medesimo fatto, od anche se il procedimento civi-
le o penale e in corso.
Nel caso in cui il magistrato sia sottoposto a procedimento penale, si
applicano gli artt. 3 del Codice di procedura penale e 31 del presente decre-
330 Il sistema giudiziario italiano

to. Qualora nei confronti del magistrato sia pronunziata sentenza penale, si
applica l’art. 29 del presente decreto.

29. Effetti disciplinari dei giudicati penali. – Il magistrato incorso nella


interdizione perpetua o temporanea dai pubblici uffici in seguito a con-
danna penale, ovvero condannato alla reclusione per delitto non colposo,
diversa da quelli previsti dagli artt. 581, 582 capv. 594 e 612 prima parte del
Codice penale, è destituito di diritto, e può, con le forme stabilite per il pro-
cedimento disciplinare, essere privato in tutto o in parte del trattamento di
quiescenza.
Il magistrato che, negli stessi casi, viene prosciolto dal giudice penale
con sentenza, pronunziata nell’istruzione o nel giudizio, per insufficienza di
prove o per una causa estintiva del reato ovvero per impromovibilità o impro-
seguibilità dell’azione penale, deve sempre essere sottoposto al procedimen-
to disciplinare.
In tutti gli altri casi di condanna o di proscioglimento, il Ministro deci-
de se deve farsi luogo a procedimento disciplinare.
Nel procedimento disciplinare fa sempre stato l’accertamento dei fatti
che formarono oggetto del giudizio penale, risultanti dalla sentenza passata
in giudicato.

30. Sospensione del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare. –


All’inizio o nel corso del procedimento, il Tribunale disciplinare (11), su
richiesta del Ministro o del pubblico Ministero presso il Tribunale stesso,
può, sentito l’incolpato, disporne la sospensione provvisoria dalle funzioni e
dallo stipendio.
Al magistrato sospeso, od alla moglie ed ai figli minorenni, può essere
attribuito un assegno alimentare non eccedente i due terzi dello stipendio e
delle altre competenze di carattere continuativo.
In caso di urgenza, i provvedimenti di cui ai precedenti commi possono
essere adottati con decreto del Ministro, il quale però deve richiedere con-
temporaneamente il giudizio disciplinare (12).
Il Tribunale disciplinare (11) può, anche di ufficio, revocare la sospen-
sione, o concedere l’assegno alimentare negato o modificare la misura di
quello concesso.
Contro i provvedimenti emanati dal Consiglio giudiziario ai sensi dei
precedenti commi, è ammesso ricorso alla Corte disciplinare, da parte del-
l’incolpato o del pubblico Ministero presso il Tribunale disciplinare entro
cinque giorni dalla comunicazione, e da parte del Ministro entro venti giorni
dalla comunicazione stessa.
Il ricorso non ha effetto sospensivo ed è presentato a norma del-
l’art. 37.
Normativa 331

31. Sospensione preventiva del magistrato sottoposto a procedimento pena-


le. – Il magistrato sottoposto a procedimento penale è sospeso di diritto dalle
funzioni e dallo stipendio, e collocato fuori del ruolo organico della magistra-
tura dal giorno in cui è stato emesso contro di lui mandato o ordine di cattura.
Qualora l’arresto sia avvenuto senza ordine o mandato, la sospensione
decorre dal giorno dell’arresto se l’autorità giudiziaria ha ritenuto che l’im-
putato deve rimanere in istato di detenzione a norma dell’art. 246 del Codi-
ce di procedura penale.
Il magistrato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo
può, con provvedimento del Ministro per la grazia e giustizia, essere provvi-
soriamente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio (13).
Il Ministro per la grazia e giustizia può concedere al magistrato sospe-
so, o alla moglie e ai figli minorenni di lui, un assegno alimentare non ecce-
dente i due terzi dello stipendio e delle altre competenze di carattere conti-
nuativo (13).
In caso di sentenza di proscioglimento il magistrato riacquista il diritto
agli stipendi e assegni non percepiti, detratta la somma corrisposta per asse-
gno alimentare, salvo che, essendo istituito o istituendosi il procedimento
disciplinare per il medesimo fatto, sia altrimenti disposto.

32. Istruttoria nel procedimento disciplinare. – Il pubblico Ministero pro-


cede in via sommaria alla istruttoria, o richiede l’istruzione formale al presi-
dente del Tribunale disciplinare (14).
Quando debba procedersi ad istruzione formale, le funzioni di istrutto-
re sono conferite dal presidente ad uno dei componenti del Tribunale disci-
plinare.
Per l’istruzione si osservano, in quanto compatibili, le norme relative
alla istruzione dei procedimenti penali.
Il pubblico Ministero o il commissario istruttore per gli atti da compiersi
fuori della sua residenza, può richiedere un altro magistrato superiore in
grado o più anziano del magistrato sottoposto a procedimento disciplinare.
I periti e i testimoni sono sentiti previa prestazione del giuramento, nel
modo indicato dagli artt. 142, 316 e 449 del Codice di procedura penale.
Sono applicabili, quanto ai periti e ai testimoni, le disposizioni degli artt.
366, 372, 373, 376, 377 e 384 del Codice penale.

33. Chiusura dell’istruzione. – Compiuta la istruzione, il pubblico Mini-


stero formula le sue richieste, sulle quali il Tribunale disciplinare (11) provve-
de in Camera di consiglio.
Il Tribunale disciplinare (11) dichiara non farsi luogo a rinvio al dibatti-
mento solo se, su conforme richiesta del pubblico Ministero, ritiene che dalle
prove risultino esclusi gli addebiti.
332 Il sistema giudiziario italiano

In ogni altro caso, il presidente del Tribunale disciplinare (11) fissa, con
suo decreto, il giorno della discussione orale, e decide se i testi ed i periti sen-
titi nella istruzione, o alcuni di essi, debbono essere nuovamente sentiti.
Il decreto è comunicato, almeno dieci giorni prima della data fissata, al pub-
blico Ministero ed al magistrato, il quale ha diritto di comparire personalmente.

34. Discussione nel giudizio disciplinare. – Nella discussione orale un


membro del Tribunale disciplinare (11), nominato dal presidente fra quelli che
non hanno avuto l’incarico di istruttore, fa la relazione.
La discussione ha luogo a porte chiuse. Non è ammessa l’assistenza di
difensori o di consulenti tecnici, ma l’incolpato può farsi assistere da altro
magistrato, di grado non inferiore a giudice od equiparato ed a consigliere di
Corte di appello od equiparato, rispettivamente per i giudizi davanti ai Con-
sigli giudiziari e per quelli davanti alla Corte disciplinare (15) (16) (17).
Si osservano, in quanto compatibili con la natura del procedimento e
con le disposizioni del presente decreto, le norme dei dibattimenti penali.

35. Sentenza disciplinare. – Il Collegio delibera immediatamente dopo


l’assunzione delle prove e le conclusioni del pubblico Ministero, sentito per
ultimo l’incolpato. Il pubblico Ministero non assiste alla deliberazione in
Camera di consiglio.
Se non è raggiunta prova sufficiente delle colpe del magistrato, ma risulta
che egli ha perduto nella opinione pubblica la stima, la fiducia e la considera-
zione richieste dalla sua funzione, può essere deliberata la dispensa dall’ufficio.

36. Corresponsione degli arretrati al magistrato sospeso. – Quando l’in-


colpato è, con sentenza definitiva, assolto o condannato a pena diversa dalla
rimozione o destituzione, cessa di diritto la sospensione provvisoria even-
tualmente disposta, e sono corrisposti gli arretrati dello stipendio e degli altri
assegni non percepiti.

37. Impugnazioni delle decisioni dei Tribunali disciplinari. – Avverso le deci-


sioni dei Consigli giudiziari possono ricorrere alla Corte disciplinare l’incolpato,
il pubblico Ministero presso il Consiglio ed il Ministro per la grazia e giustizia (18).
Il ricorso deve essere depositato nella segreteria del Consiglio giudizia-
rio che ha emessa la decisione impugnata entro dieci giorni dalla pronuncia.
Il termine per il Ministro è di giorni venti dalla comunicazione (19).
Se l’incolpato non è presente al dibattimento, il termine decorre per lui
dalla comunicazione del dispositivo.
La dichiarazione di impugnazione dell’incolpato può essere presentata
anche al proprio superiore gerarchico, e quella del Ministro può essere depo-
sitata anche nella segreteria della Corte disciplinare per la magistratura.
Normativa 333

Il ricorso ha effetto sospensivo.


In ogni tempo può essere richiesta, dal Ministro o dall’interessato o, se
questi sia morto, da un suo erede o prossimo congiunto, che ne abbia inte-
resse anche soltanto morale, la revisione del procedimento disciplinare, se
siano sopravvenuti nuovi fatti, o nuovi elementi di prova, ovvero se risulti che
la decisione fu determinata da errore di fatto o da falsità.
Avverso le sentenze dei Tribunali disciplinari (20) non è ammesso alcun
altro gravame.

38. Disposizione speciale per gli uditori (21). – Le disposizioni sul proce-
dimento disciplinare non si applicano agli uditori, ai quali le sanzioni previ-
ste dal precedente art. 19 sono inflitte con decreto del Ministro per la grazia
e giustizia, sentito il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte di appel-
lo nella cui circoscrizione trovasi l’ufficio al quale l’uditore è addetto, fermo
il disposto dell’art. 3 per la dispensa di uditori con funzioni giudiziarie.
Si applica il disposto dell’art. 4.

TITOLO III
DISPOSIZIONI VARIE E TRANSITORIE

39. Funzioni del pubblico Ministero. . .(22).

40. Ammissioni straordinarie nella magistratura delle Corti. . .(23).

41. Promozioni al grado 3°. . .(24).

42. Applicazione di magistrati inamovibili. – Fino al 31 dicembre 1947 è


data facoltà al Ministro per la grazia e giustizia di disporre, per esigenza di
servizio, l’applicazione, anche senza il loro consenso, di magistrati di grado
non superiore a consigliere di Corte di appello od equiparato a posti vacanti
od occupati da magistrati che non prestino effettivo servizio, ed ai quali non
sia possibile provvedere diversamente.
Per tali applicazioni che non possono avere durata superiore a sei mesi,
e che possono essere rinnovate per eguale periodo, è necessaria la proposta,
anche non nominativa, del capo di Corte alla cui dipendenza il magistrato
deve prestare servizio durante l’applicazione.

43. Abrogazione di disposizioni contrarie o incompatibili. – Sono abroga-


ti i titoli sesto, settimo ed ottavo dell’Ordinamento giudiziario approvato con
R. decreto 30 gennaio 1941, numero 12, ed ogni altra disposizione contraria
od incompatibile con quelle del presente decreto.
334 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 22 giugno 1946, n. 136.


(2) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 12 ottobre 1966, n. 825.
(3) Abrogati ai sensi dell’art. 42, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(4) Denominazione così modificata dall’art. 13, Legge 5 maggio 1952, n. 405.
(5) Comma così sostituito dall’art. 30, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(6) Ora Consiglio superiore della magistratura, ai sensi dell’art. 10, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(7) Facoltà abolita dall’art. 61, co. 1°, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(8) Ora, sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
(9) Abrogati ai sensi dell’art. 42, L. 24 marzo 1958, n. 195, vedi ora artt. 4, 6 e 10, n. 3 di
tale legge, nonché artt. 32, 33 e 59, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(10) Vedi ora art. 14 n. 1, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(11) Ora sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
(12) Vedi ora art. 57, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(13) Vedi ora art. 58, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(14) Vedi ora art. 59, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(15) La distinzione non sussiste più, data la competenza della sezione disciplinare del
Consiglio superiore della magistratura.
(16) La Corte costituzionale, con sentenza 26 maggio-8 giugno 1994, n. 220 (Gazz. Uff.
15 giugno 1994, n. 25, Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 34,
secondo comma, nella parte in cui non consente alla Sezione disciplinare del Consiglio Supe-
riore della Magistratura di disporre d’ufficio la nomina di un magistrato difensore. La Corte
costituzionale, con sentenza 13-16 novembre 2000, n. 497 (Gazz. Uff. 22 novembre 2000, n.
48 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34, secondo comma,
nella parte in cui esclude che il magistrato sottoposto a procedimento disciplinare possa farsi
assistere da un avvocato.
(17) La Corte costituzionale, con sentenza 3 - 13 aprile 1995, n. 119 (Gazz. Uff. 19 apri-
le 1995, n. 16, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzio-
nale dell’art. 34, secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
(18) Vedi, ora, art. 17 ult. co., L. 24 marzo 1958, n. 195.
(19) Vedi, ora, art. 60, D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916.
(20) Ora sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.
(21) Vedi, ora, artt. 4 e 10 n. 3, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(22) Sostituisce l’art. 69, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(23) Sostituisce il 2° comma e sopprime il 3° comma dell’art. 122, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(24) Sostituisce l’art. 188, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
Normativa 335

L. 24 marzo 1958, n. 195 (1).


Norme sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della Magistratura.

CAPO I
COMPOSIZIONE ED ORGANIZZAZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE.

1. Componenti e sede del Consiglio. – Il Consiglio superiore della magi-


stratura è presieduto dal Presidente della Repubblica ed è composto dal
primo presidente della Corte suprema di cassazione, dal procuratore genera-
le della Repubblica presso la stessa Corte, da venti componenti eletti dai
magistrati ordinari e da dieci componenti eletti dal Parlamento, in seduta
comune delle due Camere.
Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti eletti dal Parla-
mento.
Il Consiglio ha sede in Roma (2).

2. Comitato di presidenza. – Presso il Consiglio superiore è costituito un


Comitato di presidenza composto: dal Vice Presidente, che lo presiede, dal
Primo Presidente della Corte suprema di cassazione e dal procuratore gene-
rale presso la Corte medesima.
Il Comitato promuove l’attività e l’attuazione delle deliberazioni del Con-
siglio, e provvede alla gestione dei fondi stanziati in bilancio ai sensi dell’art. 9.

3. Commissioni. – Su proposta del Comitato di presidenza, il Presiden-


te del Consiglio superiore nomina all’inizio di ogni anno le Commissioni
aventi il compito di riferire al Consiglio nonché la Commissione speciale di
cui all’art. 11, terzo comma.

4. Composizione della sezione disciplinare. – La cognizione dei procedi-


menti disciplinari a carico dei magistrati è attribuita ad una sezione, discipli-
nare, composta da nove componenti effettivi e di sei supplenti.
I componenti effettivi sono: il vicepresidente del Consiglio superiore,
che presiede la sezione; due componenti eletti dal Parlamento, di cui uno
presiede la sezione in sostituzione del vicepresidente del Consiglio superiore;
un magistrato di Corte di cassazione con esercizio effettivo delle funzioni di
legittimità; cinque magistrati con funzioni di merito (3).
I componenti supplenti sono: un magistrato di Corte di cassazione, con
esercizio effettivo delle funzioni di legittimità; tre magistrati con funzioni di
merito; due componenti eletti dal Parlamento (3).
Il vicepresidente del Consiglio superiore è componente di diritto; gli
altri componenti, effettivi e supplenti, sono eletti dal Consiglio superiore tra
336 Il sistema giudiziario italiano

i propri membri. L’elezione ha luogo per scrutinio segreto, a maggioranza dei


due terzi dei componenti il Consiglio. In caso di parità di voti tra gli appar-
tenenti alla stessa categoria, è eletto il più anziano per età.
Nell’elezione dei due componenti supplenti tra quelli eletti dal Parla-
mento è indicato, per ciascuno di essi, quale è il componente effettivo eletto
dal Parlamento che è chiamato a sostituire.
Nell’ipotesi in cui il Presidente del Consiglio superiore si avvalga della
facoltà di presiedere la sezione disciplinare, resta escluso il vicepresidente.
Le funzioni di pubblico ministero presso la sezione disciplinare sono
esercitate dal procuratore generale presso la Corte di cassazione (4).

5. Validità delle deliberazioni del Consiglio superiore. – Per la validità


delle deliberazioni del Consiglio superiore della magistratura è necessaria la
presenza di almeno quattordici magistrati e di almeno sette componenti elet-
ti dal Parlamento (5).
Le deliberazioni sono prese a maggioranza di voti e, in caso di parità,
prevale quello del Presidente.

6. Deliberazioni della sezione disciplinare. – In caso di assenza, impedi-


mento, astensione e ricusazione il vicepresidente è sostituito, sempre che il
Presidente del Consiglio superiore non intenda avvalersi della facoltà di pre-
siedere la sezione dal componente effettivo eletto dal Parlamento, che nell’e-
lezione prevista dall’articolo 4 sia stato designato a tale funzione. Il compo-
nente che sostituisce il vicepresidente e gli altri componenti effettivi sono
sostituiti dai supplenti della medesima categoria.
Ciascuno dei componenti effettivi eletti dal Parlamento è sostituito da
uno dei due componenti supplenti della stessa categoria a ciò designato nel-
l’elezione preveduta dall’articolo 4; se la sostituzione non è possibile il com-
ponente effettivo è sostituito dall’altro componente supplente.
La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso in cui
il componente effettivo sostituisce il vicepresidente del Consiglio superiore.
I componenti effettivi magistrati sono sostituiti dai supplenti della
medesima categoria.
Sulla ricusazione di un componente della sezione disciplinare, decide la
stessa sezione, previa sostituzione del componente ricusato con il supplente
corrispondente (6).
Dinanzi alla sezione disciplinare il dibattito si svolge in pubblica udienza;
se i fatti oggetto dell’incolpazione non riguardano l’esercizio della funzione giu-
diziaria ovvero se ricorrono esigenze di tutela del diritto dei terzi o esigenze di
tutela della credibilità della funzione giudiziaria con riferimento ai fatti conte-
stati e all’ufficio che l’incolpato occupa, la sezione disciplinare può disporre, su
richiesta di una delle parti, che il dibattito si svolga a porte chiuse (7).
Normativa 337

7. Composizione della segreteria. – 1. La segreteria del Consiglio supe-


riore della magistratura è costituita da un magistrato con funzioni di legitti-
mità che la dirige, da un magistrato con funzioni di merito che lo coadiuva e
lo sostituisce in caso di impedimento, da quattordici dirigenti di segreteria di
livello equiparato a quello di magistrato di tribunale e dai funzionari addetti
ed ausiliari di cui al comma 4.
2. I magistrati della segreteria sono nominati con delibera del Consiglio
superiore della magistratura. A seguito della nomina, sono posti fuori del
ruolo organico della magistratura. Alla cessazione dell’incarico sono ricollo-
cati in ruolo con deliberazione del Consiglio. L’incarico cessa alla metà della
consiliatura successiva a quella del suo conferimento; esso si protrae comun-
que fino al momento dell’effettiva sostituzione, ma non può essere rinnova-
to. L’assegnazione alla segreteria nonché la successiva ricollocazione nel ruolo
sono considerate a tutti gli effetti trasferimenti di ufficio.
3. I dirigenti di segreteria sono nominati a seguito di concorso pubbli-
co, le cui modalità sono determinate con apposito regolamento. Titolo di
base per la partecipazione al concorso è la laurea in giurisprudenza.
4. All’ufficio di segreteria sono addetti, inoltre, ventotto funzionari della
carriera dirigenziale ed equiparati e della carriera direttiva delle cancellerie e
segreterie giudiziarie, nonché quaranta collaboratori di cancelleria ed equi-
parati, sessanta operatori amministrativi, trenta addetti ai servizi ausiliari e di
anticamera, quattro agenti tecnici e quaranta conducenti di automezzi spe-
ciali.
5. Detto personale è inserito in un proprio ruolo organico autonomo del
Consiglio superiore della magistratura, istituito con decreto del Presidente
della Repubblica ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400,
sentito il Consiglio superiore della magistratura.
6. Sino all’istituzione del ruolo organico autonomo del Consiglio, alle
necessità di questo ed altro personale provvede il Ministro di grazia e giusti-
zia mediante comando o distacco su richiesta motivata del Consiglio supe-
riore della magistratura.
7. La segreteria dipende funzionalmente dal comitato di presidenza. Le
funzioni del segretario generale, del magistrato che lo coadiuva e dei dirigen-
ti di segreteria sono definite dal regolamento interno (8).

7-bis. Ufficio studi e documentazione. – 1. L’ufficio studi e documenta-


zione del Consiglio superiore della magistratura è composto di dodici fun-
zionari direttivi, sei funzionari, otto dattilografi e otto commessi. All’ufficio
studi si accede mediante concorso pubblico le cui modalità e i cui titoli di
ammissione sono determinati con apposito regolamento, da emanarsi con
decreto del Presidente della Repubblica ai sensi dell’articolo 17 della legge 23
agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio superiore della magistratura. Titolo
338 Il sistema giudiziario italiano

per la partecipazione al concorso per funzionari direttivi è in ogni caso la lau-


rea in giurisprudenza o in scienze politiche o in scienze statistiche o econo-
mico-statistiche.
2. Il Consiglio nomina un direttore dell’ufficio studi. Le modalità della
nomina e le funzioni del direttore e dell’ufficio studi nel suo complesso sono
definite dal regolamento interno del Consiglio. L’ufficio studi dipende diret-
tamente dal comitato di presidenza.
3. All’interno dell’ufficio studi, e nell’ambito dell’organico complessivo,
può essere costituito un gruppo di lavoro per diretta assistenza ai componenti
del Consiglio, sulla base di apposita determinazione del comitato di presi-
denza (9).

8. Ispettorato. – Il Consiglio superiore, per esigenze relative all’esercizio


delle funzioni ad esso attribuite, si avvale dell’Ispettorato generale istituito
presso il Ministero di grazia e giustizia.

9. Fondi per il funzionamento del Consiglio superiore. – Il Consiglio


superiore della magistratura provvede all’autonoma gestione delle spese per
il proprio funzionamento, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo nel bilan-
cio dello Stato.
Il predetto stanziamento viene collocato, con unico capitolo, nello stato
di previsione della spesa del Ministero del tesoro.
Il Consiglio superiore della magistratura, con proprio regolamento
interno, stabilisce le norme dirette a disciplinare la gestione delle spese.
Il rendiconto della gestione viene presentato alla Corte dei conti alla
chiusura dell’anno finanziario.
Restano a carico del Ministero di grazia e giustizia gli stipendi sia per i
magistrati componenti del Consiglio sia per i magistrati e per il personale
addetto alla segreteria del Consiglio medesimo (10).

CAPO II
ATTRIBUZIONI E FUNZIONAMENTO DEL CONSIGLIO SUPERIORE.

10. Attribuzione del Consiglio superiore. – Spetta al Consiglio superiore


di deliberare:
1) sulle assunzioni in Magistratura, assegnazioni di sedi e di funzioni, trasferi-
menti e promozioni e su ogni altro provvedimento sullo stato dei magistrati;
2) sulla nomina e revoca dei vice pretori onorari, dei conciliatori, dei vice
conciliatori, nonché dei componenti estranei alla Magistratura delle sezio-
Normativa 339

ni specializzate; per i conciliatori, i vice conciliatori e i componenti estranei è


ammessa la delega ai presidenti delle Corti di appello;
3) sulle sanzioni disciplinari a carico di magistrati, in esito ai procedimenti
disciplinari iniziati su richiesta del Ministro o del procuratore generale
presso la Corte suprema di cassazione;
4) sulla designazione per la nomina a magistrato di Corte di Cassazione, per
meriti insigni, di professori e di avvocati;
5) sulla concessione, nei limiti delle somme all’uopo stanziate, in bilancio,
dei compensi speciali previsti dall’art. 6 del D.Lgs. 27 giugno 1946, n. 19,
e dei sussidi ai magistrati che esercitano funzioni giudiziarie o alle loro
famiglie.
Può fare proposte al Ministro per la grazia e giustizia sulle modificazio-
ni delle circoscrizioni giudiziarie e su tutte le materie riguardanti l’organizza-
zione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. Dà pareri al Mini-
stro, sui disegni di legge concernenti l’ordinamento giudiziario, l’amministra-
zione della giustizia e su ogni altro oggetto comunque attinente alle predette
materie.
Delibera su ogni altra materia ad esso attribuita dalla legge.

10-bis. Formazione delle tabelle degli uffici giudiziari. – La ripartizione


degli uffici giudiziari in sezioni, la designazione dei magistrati componenti gli
uffici, comprese le corti di assise, e la individuazione delle sezioni alle quali
sono devoluti gli affari civili, gli affari penali, le controversie in materia di lavo-
ro e i giudizi in grado di appello, sono effettuate ogni biennio con decreto del
Presidente della Repubblica, in conformità delle deliberazioni del Consiglio
superiore della magistratura, assunte sulle proposte formulate dai presidenti
delle corti di appello sentiti i consigli giudiziari; decorso il biennio, l’efficacia
del decreto è prorogata fino a che non sopravvenga un altro decreto.
A ciascuna sezione debbono essere destinati i magistrati nel numero
richiesto dalle esigenze del servizio, tenuto conto del numero dei processi
pendenti e della urgenza della definizione delle controversie.
Le deliberazioni di cui ai commi precedenti sono adottate dal Consiglio
superiore valutate le eventuali osservazioni formulate dal Ministro di grazia e
giustizia ai sensi dell’articolo 11 e possono essere variate nel corso del bien-
nio per sopravvenute esigenze degli uffici giudiziari.
Per la costituzione o la soppressione delle sezioni delle corti di assise e
delle corti di assise di appello continuano ad osservarsi le disposizioni di cui
all’articolo 2-bis della legge 10 aprile 1951, n. 287, aggiunto dall’articolo 1
della legge 21 febbraio 1984, n. 14 (11).

11. Funzionamento del Consiglio. – Nelle materie indicate al n. 1 del-


l’articolo 10 il Ministro per la grazia e giustizia può formulare richieste (12).
340 Il sistema giudiziario italiano

Nelle materie indicate ai numeri 1), 2) e 4) dello stesso articolo, il Con-


siglio delibera su relazione della Commissione competente, tenute presenti le
eventuali osservazioni del Ministro di grazia e giustizia.
Sul conferimento degli uffici direttivi, esclusi quelli di pretore dirigente
nelle preture aventi sede nel capoluogo di circondario e di procuratore della
Repubblica presso le stesse preture, il Consiglio delibera su proposta, for-
mulata di concerto col Ministro per la grazia e giustizia, di una commissione
formata da sei dei suoi componenti, di cui quattro eletti dai magistrati e due
eletti dal Parlamento (13).

12. Assunzione dei magistrati per concorso. – 1. La commissione esamina-


trice del concorso per uditore giudiziario, terminati i lavori, forma la graduato-
ria che è immediatamente trasmessa per la approvazione al Consiglio superio-
re della magistratura, con le eventuali osservazioni del Ministro di grazia e giu-
stizia. Il Consiglio superiore della magistratura approva la graduatoria e deli-
bera la nomina dei vincitori entro venti giorni dalla ricezione. I relativi decreti
di approvazione della graduatoria e di nomina dei vincitori sono emanati dal
Ministro di grazia e giustizia entro dieci giorni dalla ricezione della delibera. La
graduatoria è pubblicata senza ritardo nel Bollettino ufficiale del Ministero di
grazia e giustizia e dalla pubblicazione decorre il termine di trenta giorni entro
il quale gli interessati possono proporre reclamo. Gli eventuali provvedimenti
di rettifica della graduatoria sono adottati entro il successivo termine di trenta
giorni, previa delibera del Consiglio superiore della magistratura (14).
2. La graduatoria formata dalla commissione esaminatrice è pubblicata
nel Bollettino ufficiale del Ministero di grazia e giustizia prima della trasmis-
sione al Consiglio superiore della magistratura per la approvazione (15 ).
Dalla pubblicazione decorre il termine di trenta giorni entro il quale gli
interessati possono proporre reclamo. Entro lo stesso termine il Ministro di
grazia e giustizia può formulare le proprie osservazioni. Nei successivi trenta
giorni il Consiglio superiore della magistratura provvede su reclami e sulle
osservazioni ed approva la graduatoria, anche modificandola (16).

13. Promozioni dei magistrati per scrutinio. – Il Consiglio superiore


nomina, per l’intero periodo della sua durata, la commissione di scrutinio per
le promozioni in Corte di cassazione, che deve essere presieduta dal presi-
dente aggiunto della Corte suprema di cassazione o, in sua sostituzione, da
un presidente di sezione titolare della Corte medesima che il Consiglio supe-
riore designa come supplente.
La commissione procede allo scrutinio secondo le norme che lo regolano.
La deliberazione della commissione di scrutinio è comunicata agli inte-
ressati e al Ministro per la grazia e giustizia, i quali hanno facoltà di proporre
ricorso al Consiglio superiore nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.
Normativa 341

Il Consiglio superiore giudica definitivamente anche nel merito (17).

14. Attribuzioni del Ministro per la grazia e giustizia. – Il Ministro per la


grazia e giustizia, fermo quanto stabilito dall’art. 11:
1) ha facoltà di promuovere mediante richiesta l’azione disciplinare. L’azione
disciplinare può peraltro essere promossa anche dal procuratore generale
presso la Corte suprema di cassazione nella sua qualità di Pubblico Mini-
stero presso la sezione disciplinare del Consiglio superiore;
2) ha facoltà di chiedere ai capi delle Corti informazioni circa il funziona-
mento della giustizia e può al riguardo fare le comunicazioni che ritiene
opportune;
3) esercita tutte le altre attribuzioni demandategli dalla legge sull’ordinamen-
to giudiziario e in genere riguardanti l’organizzazione e il funzionamento
dei servizi relativi alla giustizia.

15. Destinazione di magistrati al Ministero. Incarichi speciali ai magistra-


ti. – Per la destinazione dei magistrati al Ministero di grazia e giustizia, il
Ministro, previo assenso degli interessati, fa le necessarie richieste nominati-
ve, nei limiti dei posti assegnati al Ministero, al Consiglio superiore della
Magistratura, il quale, ove non sussistano gravi esigenze di servizio, delibera
il collocamento fuori ruolo dei magistrati richiesti.
Quando il magistrato cessa dalla destinazione al Ministero, il Ministro
ne dà comunicazione al Consiglio superiore per i provvedimenti di sua com-
petenza facendo le proposte, che riterrà opportune, per la destinazione agli
uffici giudiziari.
Le disposizioni del comma primo si applicano anche per il conferimen-
to a magistrati, giusta le norme vigenti, di incarichi estranei alle loro funzio-
ni. Quando cessa l’incarico o quando il magistrato possa esercitare le funzio-
ni giudiziarie compatibilmente con l’incarico stesso, il Ministro provvede ai
sensi del comma precedente.

16. Intervento del Ministro alle adunanze del Consiglio superiore. – Il


Ministro può intervenire alle adunanze del Consiglio superiore quando ne è
richiesto dal Presidente o quando lo ritiene opportuno per fare comunica-
zioni o per dare chiarimenti. Egli tuttavia non può essere presente alla deli-
berazione.

17. Forma dei provvedimenti. – Tutti i provvedimenti riguardanti i magi-


strati sono adottati, in conformità delle deliberazioni del Consiglio superiore,
con decreto del Presidente della Repubblica controfirmato dal Ministro,
ovvero, nei casi stabiliti dalla legge, con decreto del Ministro per la grazia e
342 Il sistema giudiziario italiano

giustizia. Per quanto concerne i compensi speciali previsti dall’art. 6 del


decreto legislativo 27 giugno 1946, n. 19, i provvedimenti sono adottati di
concerto con il Ministro per il tesoro.
Contro i predetti provvedimenti è ammesso ricorso in primo grado al tri-
bunale amministrativo regionale del Lazio per motivi di legittimità. Contro le
decisioni di prima istanza è ammessa l’impugnazione al Consiglio di Stato (18).
Contro i provvedimenti in materia disciplinare, è ammesso ricorso alle
sezioni unite della Corte suprema di cassazione. Il ricorso ha effetto sospen-
sivo del provvedimento impugnato.

18. Attribuzioni del Presidente del Consiglio superiore. – Il Presidente del


Consiglio superiore:
1) indice le elezioni dei componenti magistrati;
2) richiede ai Presidenti delle due Camere di provvedere alla elezione dei
componenti di designazione parlamentare;
3) convoca e presiede il Consiglio superiore;
4) convoca e presiede la sezione disciplinare in tutti i casi in cui lo ritenga
opportuno (19);
5) esercita le altre attribuzioni indicate dalla legge.

19. Attribuzioni del Vice Presidente. – Il Vice Presidente del Consiglio supe-
riore sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento, esercita le attri-
buzioni indicate dalla presente legge e quelle che gli sono delegate dal Presidente.

20. Attribuzioni speciali del Consiglio superiore. – Il Consiglio superiore:


1) verifica i titoli di ammissione dei componenti eletti dai magistrati e decide
sui reclami attinenti alle elezioni;
2) verifica i requisiti di eleggibilità dei componenti designati dal Parlamento e, se
ne ravvisa la mancanza, né dà comunicazione ai Presidenti delle due Camere;
3) elegge il Vice Presidente;
4) decide sui ricorsi proposti dagli interessati o dal Ministro;
5) esprime parere nei casi previsti dall’articolo 10, penultimo comma;
6) delibera sulla nomina dei magistrati addetti alla segreteria;
7) può disciplinare con regolamento interno il funzionamento del Consiglio.

CAPO III
COSTITUZIONE, CESSAZIONE E SCIOGLIMENTO DEL CONSIGLIO SUPERIORE.

21. Convocazione dei corpi elettorali. – Le elezioni per il Consiglio supe-


riore hanno luogo entro tre mesi dallo scadere del precedente Consiglio (20).
Normativa 343

Esse si svolgono nei giorni stabiliti dal Presidente del Consiglio supe-
riore e dal Presidente delle due Camere del Parlamento.
La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della convocazione dei rispet-
tivi corpi elettorali avviene almeno 40 giorni prima delle elezioni.

22. Componenti eletti dal Parlamento. – La elezione dei componenti del


Consiglio superiore da parte del Parlamento in seduta comune delle due
Camere avviene a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti del-
l’assemblea.
Per ogni scrutinio saranno gradualmente proclamati eletti coloro che
avranno riportato la maggioranza preveduta nel comma precedente.
Per gli scrutini successivi al secondo è sufficiente la maggioranza dei tre
quinti dei votanti.
I componenti da eleggere dal Parlamento sono scelti tra i professori
ordinari di università in materie giuridiche e tra gli avvocati dopo quindici
anni di esercizio professionale.

23. Componenti eletti dai magistrati. – I componenti da eleggere dai


magistrati sono scelti: due tra i magistrati di Cassazione con effettivo eserci-
zio delle funzioni di legittimità e diciotto tra i magistrati che esercitano fun-
zioni di merito (21).
Non sono eleggibili i magistrati che nel corso dell’ultimo quadriennio siano
stati addetti all’ufficio studi del Consiglio superiore della magistratura (22).
All’elezione dei magistrati componenti il Consiglio superiore partecipa-
no tutti i magistrati con voto personale, segreto e diretto (23). Partecipano,
altresì, gli uditori giudiziari, cui siano state conferite le funzioni giurisdizio-
nali ed abbiano già preso possesso dell’ufficio di destinazione (24).
Non sono eleggibili e sono esclusi dal voto i magistrati sospesi dalle funzioni.
Non sono eleggibili al Consiglio superiore i magistrati che al momento
della convocazione delle elezioni non esercitino funzioni giudiziarie.
Non sono eleggibili i magistrati che prestino o abbiano prestato servizio quali
segretari del Consiglio per la cui rinnovazione vengono convocate le elezioni (25).
Non sono, comunque, eleggibili i magistrati di tribunale che non abbia-
no compiuto almeno tre anni di anzianità dalla nomina (26).

23-bis. Divieto di rieleggibilità. – Non sono eleggibili i componenti che


abbiano fatto parte del Consiglio superiore della magistratura per la cui rin-
novazione vengono convocate le elezioni (27).

24. Ineleggibilità. – Non possono essere eletti componenti del Consiglio


i magistrati sospesi dalle funzioni, e i magistrati ai quali, in seguito a giudizio
disciplinare, è stata inflitta una sanzione più grave dell’ammonimento.
344 Il sistema giudiziario italiano

Sono tuttavia eleggibili i magistrati sottoposti a censura, quando dalla


data del relativo provvedimento sono trascorsi almeno dieci anni, ed essa non
è stata seguita da alcun’altra sanzione disciplinare.

24-bis. Costituzione dei collegi circoscrizionali mediante estrazione a sorte.


– 1. Quattro mesi prima della scadenza del Consiglio superiore della magi-
stratura si provvede alla composizione dei quattro collegi circoscrizionali
mediante estrazione a sorte tra tutti i distretti di corte di appello.
2. Il sorteggio è effettuato in modo che i distretti di corte di appello
siano divisi in quattro collegi.
3. Il primo e il secondo collegio comprendono distretti di corte di appel-
lo nei quali complessivamente esercitano le funzioni al momento dell’estra-
zione a sorte non meno del venti per cento e non più del ventiquattro per
cento dei magistrati effettivamente in servizio sul territorio nazionale.
4. Il terzo e il quarto collegio comprendono distretti nei quali complessiva-
mente esercitano le loro funzioni al momento dell’estrazione a sorte non meno del
ventisei per cento dei magistrati effettivamente in servizio sul territorio nazionale.
5. I magistrati fuori ruolo, per gli effetti previsti dai commi 3 e 4, sono
considerati in servizio presso il distretto di corte di appello nel cui territorio
svolgono la loro attività.
6. A ciascuno dei primi due collegi compete la elezione di quattro com-
ponenti del Consiglio superiore della magistratura; a ciascuno degli altri com-
pete invece l’elezione di cinque componenti.
7. Le modalità delle estrazioni a sorte sono determinate con decreto del
Ministro di grazia e giustizia, fermo restando che debbono far parte di diver-
si collegi territoriali i distretti di corte di appello di Milano, Roma, Napoli,
Palermo.
8. Nel termine stabilito dal comma 1 si provvede altresì alla costituzio-
ne dell’ufficio elettorale centrale che provvede:
a) alla costituzione dei collegi circoscrizionali mediante estrazione a sorte;
b) all’attribuzione dei magistrati che esercitano funzioni di legittimità ai singo-
li collegi circoscrizionali secondo le modalità indicate nell’articolo 24-ter;
c) agli altri adempimenti di sua competenza (28).

24-ter. Sorteggio per l’assegnazione dei magistrati con funzioni di legitti-


mità ai quattro collegi territoriali. – 1. I magistrati con effettivo esercizio di
funzioni di legittimità votano presso la Corte di cassazione.
2. L’assegnazione avviene mediante sorteggio, attribuendo a ciascuno
dei quattro collegi territoriali lo stesso numero di elettori.
3. In caso di numero non divisibile per quattro gli eventuali ultimi non
ancora sorteggiati vengono assegnati al distretto della corte di appello di Roma.
Normativa 345

4. Il sorteggio avviene entro dieci giorni dalla convocazione dei comizi


elettorali presso la presidenza della Corte di cassazione (28).

25. Elezione di componenti magistrati. Voti e presentazione delle liste. –


1. Le elezioni dei magistrati di cui all’articolo 23 si effettuano:
a) in un collegio nazionale per l’elezione di due magistrati della Corte di cas-
sazione con effettivo esercizio delle funzioni di legittimità:
b) in quattro collegi territoriali costituiti a norma degli articoli 24-bis e 24-ter.
2. I magistrati che esercitano funzioni di legittimità possono presentare
la propria candidatura esclusivamente nel collegio nazionale.
3. I magistrati che esercitano funzioni di merito possono presentare la
propria candidatura solo nel collegio elettorale dove prestano servizio.
4. I magistrati con funzioni di tribunale e di appello addetti all’ufficio
del massimario e del ruolo presso la Corte di cassazione, ed i magistrati
con funzioni di appello addetti alla procura generale presso la stessa Corte,
sono candidabili nel collegio territoriale in cui è inserito il distretto della
corte di appello di Roma. I magistrati addetti a funzioni non giudiziarie
sono candidabili nel collegio territoriale nell’ambito del quale svolgono la
loro attività.
5. Concorrono alle elezioni nel collegio nazionale le liste di candidati
presentate da almeno cinquanta elettori.
6. Concorrono alle elezioni in ciascun collegio territoriale le liste di can-
didati presentate da almeno trenta elettori del medesimo collegio.
7. Ciascuna lista non può essere composta da un numero di candidati
superiore al numero dei seggi assegnati al collegio.
8. Nessun candidato può essere inserito in più di una lista.
9. In ciascuna lista non può essere iscritto più di un candidato, magi-
strato di merito appartenente allo stesso distretto di corte di appello.
10. Ciascun elettore non può presentare più di una lista territoriale.
11. I presentatori non sono eleggibili.
12. Le firme di presentazione sono autenticate dal presidente del tribu-
nale nel cui circondario il presentatore esercita le sue funzioni.
13. Ciascun magistrato riceve due schede, l’una contenente la lista dei
candidati alla elezione nel collegio elettorale ove il magistrato stesso presta
servizio o presso il quale è stato assegnato, l’altra per l’elezione dei due magi-
strati con effettivo esercizio delle funzioni di legittimità.
14. Il voto si esprime:
a) per il collegio nazionale presso la Corte di cassazione con il voto ad uno
solo dei candidati;
b) per i collegi territoriali con il voto di lista ed una sola eventuale preferen-
za nell’ambito della lista votata (29).
346 Il sistema giudiziario italiano

26. Convocazione delle elezioni, uffici elettorali e spogli delle schede. – La


convocazione delle elezioni dei componenti magistrati è fatta dal Consiglio supe-
riore almeno sessanta giorni prima della data stabilita per l’inizio della votazione.
Nei cinque giorni successivi a tale provvedimento, il Consiglio superio-
re nomina l’ufficio elettorale centrale presso la Corte di cassazione costituito
da cinque magistrati effettivi e tre supplenti in servizio presso la stessa Corte
e presieduto dal più elevato in grado o dal più anziano.
Entro venti giorni dal provvedimento di convocazione delle elezioni le
liste concorrenti devono essere depositate, unitamente alle firme dei sotto-
scrittori, presso l’ufficio elettorale centrale ed a ciascuna di esse viene attri-
buito un numero progressivo secondo l’ordine di presentazione.
Scaduto tale termine, nei cinque giorni successivi l’ufficio elettorale cen-
trale verifica che le liste siano sottoscritte dal numero prescritto di presentatori,
controllando che nessun presentatore abbia sottoscritto più di una lista; con-
trolla altresì che siano state rispettate le prescrizioni di cui agli articoli 23 e 25;
esclude le liste non presentate dal prescritto numero di sottoscrittori e depenna
dalle liste i candidati in eccedenza, secondo l’ordine inverso a quello di iscrizio-
ne, nonché quelli presentati in più di una lista e quelli ineleggibili. Trasmette
quindi immediatamente le liste ammesse alla segreteria del Consiglio superiore.
Le liste sono quindi immediatamente pubblicate sul Notiziario del Con-
siglio superiore, inviate, almeno venti giorni prima della data della votazione,
a tutti i magistrati presso i rispettivi uffici e sono affisse, entro lo stesso ter-
mine, a cura del presidente della corte di appello di ogni distretto, presso
tutte le sedi giudiziarie.
I consigli giudiziari provvedono alla costituzione, presso ciascun tribu-
nale del distretto, di un ufficio elettorale composto di tre magistrati che pre-
stano servizio nel distretto e presieduto dal più elevato in grado o dal più
anziano di essi. Sono nominati altresì tre supplenti, i quali sostituiscono i
componenti effettivi in caso di loro assenza o impedimento.
I magistrati che prestano servizio presso i tribunali, le procure della Repub-
blica e le preture votano presso l’ufficio elettorale del tribunale cui appartengono
o da cui dipendono le preture cui appartengono. I magistrati che prestano servi-
zio presso le corti di appello e procure generali della Repubblica votano presso
l’ufficio elettorale del tribunale che ha sede nella sede della corte di appello.
I magistrati addetti alla Corte di cassazione votano presso l’ufficio elet-
torale centrale costituito presso la stessa Corte.
I magistrati addetti a funzioni non giudiziarie votano presso l’ufficio
elettorale istituito presso il tribunale di Roma.
Alle operazioni di voto è dedicato un tempo complessivo effettivo non
inferiore alle diciotto ore.
Gli uffici elettorali presso i tribunali diversi da quelli siti nelle sedi delle
corti di appello provvedono soltanto alle operazioni di voto, all’esito delle
Normativa 347

quali trasmettono il materiale della votazione ai rispettivi uffici elettorali


costituiti presso i tribunali aventi sede nelle sedi di corte di appello.
Questi ultimi uffici provvedono, oltre che alle operazioni di voto, allo
spoglio di tutte le schede degli uffici elettorali del distretto, previamente con-
teggiate e inserite in un’unica urna, e decidono provvisoriamente sulle even-
tuali contestazioni (30).
I risultati delle operazioni di ciascun ufficio distrettuale, con tutto il rela-
tivo materiale, sono trasmessi all’ufficio elettorale centrale presso la Corte di
cassazione, il quale, esaurite le proprie operazioni di scrutinio e risolti defini-
tivamente gli eventuali reclami ad esso presentati contro le decisioni degli
uffici distrettuali in merito alle schede contestate, provvede all’assegnazione
dei seggi con le modalità di cui all’articolo seguente (31).

27. Assegnazione dei seggi. – 1. L’ufficio elettorale centrale provvede ad


assegnare i seggi del collegio nazionale dei magistrati con effettivo esercizio
delle funzioni di legittimità. A tal fine determina la cifra elettorale di ogni lista
sommando i voti che ciascuna lista ha conseguito. Procede quindi il riparto
dei seggi tra le liste in base alla cifra elettorale di ciascuna di esse dividendo
detta cifra per due ed ottenendo così il quoziente elettorale.
2. Attribuisce quindi i due seggi alla lista o alle liste che contengono il
quoziente elettorale determinato sulla base delle operazioni precedentemen-
te svolte. In caso di parità di voti il seggio è assegnato al candidato che ha la
maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudiziario e, in caso di pari anzia-
nità di servizio, al candidato più anziano per età.
3. L’ufficio elettorale presso ciascun collegio territoriale:
a) provvede alla determinazione del quoziente base per l’assegnazione dei
seggi dividendo la cifra dei voti validi espressi nel collegio per il numero
dei seggi del collegio stesso;
b) determina il numero dei seggi spettante a ciascuna lista dividendo la cifra
elettorale dei voti da essa conseguiti per il quoziente base. I seggi non asse-
gnati in tal modo vengono attribuiti in ordine decrescente alle liste cui cor-
rispondono i maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle che abbia-
no avuto la maggiore cifra elettorale; a parità di cifra elettorale si procede
per sorteggio. Partecipano all’assegnazione dei seggi in ciascun collegio
territoriale le liste che abbiano complessivamente conseguito almeno il 9
per cento dei suffragi rispetto al totale dei votanti sul piano nazionale;
c) proclama eletti i candidati con il maggior numero di preferenze nell’ambi-
to dei posti attribuiti ad ogni lista. In caso di parità di voti il seggio è asse-
gnato al candidato che ha maggiore anzianità di servizio nell’ordine giudi-
ziario. In caso di pari anzianità di servizio, il seggio è assegnato al candi-
dato più anziano per età (32).
348 Il sistema giudiziario italiano

28. Contestazioni. – L’ufficio elettorale provvede a maggioranza circa le


contestazioni sorte durante le operazioni di voto.
L’ufficio competente allo scrutinio provvede a maggioranza circa le con-
testazioni sulla validità delle schede.
Delle contestazioni e delle decisioni relative è dato atto nel verbale delle
operazioni elettorali.

29. Reclami. – I reclami relativi alla eleggibilità e alle operazioni eletto-


rali vanno presentati al Consiglio superiore, e devono pervenire nella segre-
teria di questo entro il quindicesimo giorno successivo alla proclamazione dei
risultati. Essi non hanno effetto sospensivo.
Il Consiglio superiore decide sui reclami entro 15 giorni dal termine di
cui al primo comma.

30. Cessazione del Consiglio al termine del quadriennio. – Il Consiglio


superiore scade al termine del quadriennio.
Tuttavia finché non è insediato il nuovo Consiglio continua a funziona-
re quello precedente.

31. Scioglimento del Consiglio superiore. – Il Consiglio superiore, qualo-


ra ne sia impossibile il funzionamento, è sciolto con decreto del Presidente
della Repubblica, sentito il parere dei Presidenti del Senato della Repubblica
e della Camera dei deputati e del Comitato di presidenza.
Le nuove elezioni sono indette entro un mese dalla data dello scioglimento.

CAPO IV
POSIZIONE GIURIDICA DEI COMPONENTI DEL CONSIGLIO SUPERIORE.

32. Durata della carica. – I componenti elettivi del Consiglio superiore


durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

32-bis. Opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni. – I componenti del


Consiglio superiore non sono punibili per le opinioni espresse nell’esercizio
delle loro funzioni, e concernenti l’oggetto della discussione (33).

33. Incompatibilità. – I componenti del Consiglio superiore non posso-


no far parte del Parlamento, dei consigli regionali, provinciali e comunali,
della Corte costituzionale e del Governo (34).
I componenti eletti dal Parlamento, finché sono in carica, non possono
essere iscritti negli albi professionali. Non possono neanche essere titolari di
imprese commerciali, né far parte di consigli di amministrazione di società
Normativa 349

commerciali. Non possono altresì far parte di organi di gestione di unità sani-
tarie locali, di comunità montane o di consorzi, nonché di consigli di ammi-
nistrazione o di collegi sindacali di enti pubblici, di società commerciali e di
banche (35).
Del consiglio superiore non possono far parte parenti o affini entro il quar-
to grado. Se l’incompatibilità si verifica tra due componenti magistrati, resta in
carica colui che appartiene alla categoria più elevata, o, nella stessa categoria, il
più anziano; se si verifica tra un magistrato e un componente designato dal Par-
lamento, resta in carica il componente designato dal Parlamento; se si verifica
tra due componenti designati dal Parlamento, resta in carica colui che ha otte-
nuto maggior numero dei voti e in caso di parità il più anziano di età.
Del Consiglio superiore non possono far parte magistrati addetti al
Ministero di grazia e giustizia.
I componenti del Consiglio superiore non possono svolgere attività pro-
prie degli iscritti ad un partito politico (36).

34. Divieto di partecipazione ai concorsi e agli scrutini. – (37).

35. Divieto di incarico di uffici direttivi. – Ai magistrati componenti elet-


tivi del Consiglio superiore non possono essere conferiti gli uffici direttivi di
cui all’art. 6, n. 3, della legge 24 maggio 1951, n. 392, salvo che, da almeno un
anno, non facciano più parte del Consiglio, o che questo sia venuto a cessare.

36. Divieto di assunzioni in magistratura per meriti insigni. – I compo-


nenti del Consiglio superiore eletti dal Parlamento non possono essere assun-
ti in magistratura per meriti insigni, fin quando sia in carica il Consiglio al
quale appartengono o hanno appartenuto.

37. Sospensione e decadenza. – I componenti del Consiglio superiore


possono essere sospesi dalla carica se sottoposti a procedimento penale per
delitto non colposo.
I componenti del Consiglio superiore sono sospesi di diritto dalla cari-
ca quando contro di essi sia emesso ordine o mandato di cattura ovvero quan-
do ne sia convalidato l’arresto per qualsiasi reato.
I magistrati componenti il Consiglio superiore sono sospesi di diritto
dalla carica se sottoposti a procedimento disciplinare, sono stati sospesi a
norma dell’articolo 30 del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511.
I componenti del Consiglio superiore decadono di diritto dalla carica se
sono condannati con sentenza irrevocabile per delitto non colposo.
I magistrati componenti il Consiglio superiore incorrono di diritto nella
decadenza dalla carica se riportano una sanzione disciplinare più grave del-
l’ammonimento.
350 Il sistema giudiziario italiano

La sospensione e la decadenza sono deliberate dal Consiglio superiore.


La sospensione facoltativa è deliberata a scrutinio segreto con la maggioran-
za dei due terzi dei componenti.
Nei casi di proscioglimento per una causa estintiva del reato, ovvero per
impromovibilità o imperseguibilità dell’azione penale, relativi a componenti
eletti dal Parlamento, il Presidente del Consiglio superiore ne dà comunica-
zione ai Presidenti delle due Camere, le quali decidono se debba farsi luogo
a sostituzione (38).

38. (38).

39. Sostituzione dei componenti eletti dai magistrati. – 1. Il componente


eletto dai magistrati che cessa dalla carica per qualsiasi ragione prima della
scadenza del Consiglio è sostituito dal magistrato che lo segue per numero di
preferenze nell’ambito della stessa lista nello stesso collegio.
2. Qualora, per difetto di candidati non eletti e forniti dei requisiti di
eleggibilità, la sostituzione di cui al comma 1 non possa aver luogo nell’am-
bito della stessa lista, essa avviene mediante il primo dei non eletti nella lista
che abbia riportato nel medesimo collegio la maggior cifra elettorale o, in
caso di parità, che preceda le altre nell’ordine di presentazione; se in detta
lista non vi siano candidati non eletti e forniti dei requisiti di eleggibilità, si
passa alle liste successive.
3. Le sostituzioni avvengono secondo il criterio di cui alla lettera c) del
comma 3 dell’articolo 27.
4. Qualora la sostituzione non sia possibile a norma dei commi 1 e 2, si
procede ad elezione suppletiva, da indirsi dal Consiglio superiore entro tren-
ta giorni dalla cessazione della carica del componente o dei componenti da
sostituire. Le elezioni avvengono con le modalità di cui agli articoli 25, 26 e
27; nei collegi territoriali ciascuna lista non può essere composta da un nume-
ro di candidati superiore al numero dei componenti da sostituire e non può
essere espresso più di un voto di preferenza.
5. Le operazioni di sostituzione sono di competenza del Consiglio supe-
riore (39).

40. Assegni e indennità ai componenti del Consiglio. – Al Vice Presiden-


te del Consiglio superiore è corrisposto un assegno mensile lordo pari al trat-
tamento complessivo spettante, per stipendio e indennità di rappresentanza,
al Primo Presidente della Corte suprema di cassazione.
Agli altri componenti eletti dal Parlamento è corrisposto un assegno
mensile lordo pari al trattamento complessivo spettante, per stipendio ed
indennità di rappresentanza, ai magistrati indicati nell’art. 6, n. 3, della legge
24 maggio 1951, n. 392.
Normativa 351

Qualora i componenti eletti dal Parlamento fruiscano di stipendio o di


assegni a carico del bilancio dello Stato, spetta il trattamento più favorevole
restando a carico dell’Amministrazione di appartenenza l’onere inerente al
trattamento di cui risultino già provvisti, ed a carico del Ministero di grazia e
giustizia quello relativo all’eventuale eccedenza del trattamento loro spettan-
te quali componenti del Consiglio superiore.
Ai componenti è attribuita una indennità per ogni seduta, e inoltre, a
coloro che risiedono fuori Roma, l’indennità di missione per i giorni di viag-
gio e di permanenza a Roma. La misura dell’indennità per le sedute e il nume-
ro massimo giornaliero delle sedute che danno diritto a indennità, sono
determinati dal Consiglio, secondo criteri stabiliti nel regolamento di ammi-
nistrazione e contabilità (40).

41. Posizione giuridica dei segretari. – I magistrati addetti alla segreteria


del Consiglio superiore non possono partecipare ai concorsi o agli scrutini,
salvo che abbiano cessato di far parte della segreteria almeno un anno prima
della scadenza del termine stabilito per presentare la domanda di partecipa-
zione al concorso o allo scrutinio, ovvero che il Consiglio, della cui segreteria
facevano parte, sia cessato prima della scadenza anzidetta (41).

CAPO V
DISPOSIZIONI FINALI.

42. Abrogazioni di norme incompatibili. – Le norme dell’ordinamento


giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e le altre
leggi sulla medesima materia continuano ad osservarsi in quanto siano com-
patibili con le norme della presente legge.
Con l’inizio del funzionamento del Consiglio superiore della Magistra-
tura cessano di funzionare i Tribunali disciplinari, la Corte disciplinare ed il
Consiglio superiore attualmente esistenti.

43. Delega al Governo. Entrata in vigore della presente legge. – La pre-


sente legge entrerà in vigore entro sei mesi dalla sua pubblicazione.
Il Governo è autorizzato ad emanare entro lo stesso termine, le disposi-
zioni aventi carattere transitorio e di attuazione e quelle di coordinamento
con le altre leggi in materia di ordinamento giudiziario.
352 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 marzo 1958, n. 75.


(2) Così sostituito dall’art. 1, L. 22 dicembre 1975, n. 695.
(3) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22 novem-
bre 1985, n. 275).
(4) Così sostituito prima dall’art. 1, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, e poi dall’art. 1, L. 3
gennaio 1981, n. 1.
(5) Comma così sostituito dall’art. 2, L. 22 dicembre 1975, n. 695.
(6) Così sostituito prima dall’art. 2, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, e poi dall’art. 2, L. 3
gennaio 1981, n. 1. Con sentenza numero 12 del 29 gennaio-2 febbraio 1971 (Gazz. Uff. 10
febbraio 1971, n. 35) la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dei commi primo,
secondo e quinto dell’art. 2 della L. 18 dicembre 1967, n. 1198, nonché del comma quarto
dello stesso articolo limitatamente alla parte «ed è composta, oltre che dal vice presidente, da
uno dei componenti eletti dal Parlamento, da tre magistrati di Corte di cassazione, di cui due
con ufficio direttivo, due magistrati di corte d’appello e un magistrato di tribunale».
(7) Comma aggiunto dall’art. 1, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(8) Così sostituito prima dall’art. 3, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, poi dall’art. 1, L. 9
dicembre 1977, n. 908 (Gazz. Uff. 19 dicembre 1977, n. 344) ed infine dall’art. 2, L. 12 aprile
1990, n. 74.
(9) Aggiunto dall’art. 3, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(10) Così sostituito dall’art. 4, L. 18 dicembre 1967, n. 1198.
(11) Articolo aggiunto dall’art. 4, D.L. 25 settembre 1987, n. 394.
(12) Comma così sostituito dall’art. 5, L. 18 dicembre 1967, n. 1198.
(13) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 3 gennaio 1981, n. 1. Il comma in questione è
stato poi così modificato dall’art. 32, D.P.R. 22 ottobre 1988, n. 449.
(14) Per l’interpretazione autentica delle disposizioni contenute nel presente comma vedi
l’art. 12, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(15) Comma così modificato dall’art. 11, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(16) Così sostituito dall’art. 13, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(17) Così sostituito dall’art. 6, L. 18 dicembre 1967, n. 1198.
(18) Comma così sostituito dall’art. 4, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(19) Numero così sostituito dall’art. 4, L. 3 gennaio 1981, n. 1.
(20) Il suddetto termine è stato poi prorogato di 90 giorni dal D.L. 2 agosto 1985, n. 394
(Gazz. Uff. 2 agosto 1985, n. 181), convertito in legge con L. 1° ottobre 1985, n. 485 (Gazz.
Uff. 2 ottobre 1985, n. 232) e di altri 30 giorni dall’art. 4, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz.
Uff. 22 novembre 1985, n. 275).
(21) Comma così sostituito prima dall’art. 1, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22
novembre 1985, n. 275) e poi dall’art. 5, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(22) Comma così sostituito dall’art. 1, L. 22 novembre 1985, n. 655 (Gazz. Uff. 22 novem-
bre 1985, n. 275).
La disposizione, peraltro, ai sensi dell’art. 4 della citata legge, non si applica nella prima ele-
zione del Consiglio superiore della magistratura successiva all’entrata in vigore della legge stessa.
(23) Periodo così sostituito dall’art 5, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(24) Periodo aggiunto dall’art. 6, L. 3 gennaio 1981, n. 1.
(25) Articolo prima modificato dall’art. 7, L. 18 dicembre 1967, n. 1198, e poi così sosti-
tuito dall’art. 3, L. 22 dicembre 1975, n. 695.
Normativa 353

(26) Comma aggiunto dall’art. 17, L. 3 gennaio 1981, n. 1.


(27) Articolo aggiunto dall’art. 4, L. 22 dicembre 1975, n. 695.
(28) Aggiunto dall’art. 6, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(29) Articolo da ultimo, così sostituito dall’art. 7, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(30) Comma così sostituito dall’art. 9, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(31) Così sostituito dall’art. 5, L. 22 dicembre 1975, n. 695.
(32) Così sostituito, da ultimo, dall’art. 10, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(33) Articolo aggiunto dall’art. 5, L. 3 gennaio 1981, n. 1.
(34) Comma così sostituito dall’art. 11, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(35) Periodo aggiunto dall’art. 11, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(36) Comma aggiunto dall’art. 12, L. 12 aprile 1990, n. 74.
(37) Articolo soppresso dall’art. 2, L. 13 luglio 1965, n. 838. Tale legge, all’art. 1, così
dispone:
«Art. 1. I magistrati componenti il Consiglio superiore possono partecipare ai concorsi
o agli scrutini per la promozione a condizione che non facciano più parte del Consiglio da
almeno un anno prima della scadenza del termine stabilito per presentare la domanda di par-
tecipazione al concorso o allo scrutinio ovvero nel caso che il Consiglio sia venuto a cessare
prima della scadenza anzidetta.
I magistrati componenti il Consiglio superiore possono tuttavia partecipare agli scrutini
indetti mentre sono in carica; in tal caso le valutazioni di cui all’art. 17 e seguenti della L. 4
gennaio 1963, n. 1, saranno fatte soltanto nell’anno successivo a quello in cui i magistrati
hanno cessato di far parte del Consiglio della nuova Commissione di scrutinio.
Nell’ipotesi di cui al comma precedente, la promozione del magistrato decorrerà, ai soli
effetti giuridici, dalla data in cui la promozione stessa sarebbe stata conseguita se il magistra-
to non avesse fatto parte del Consiglio superiore o fosse venuto a trovarsi nella condizione di
cui al primo comma del presente articolo.
Le disposizioni che precedono si applicano anche agli scrutini che non sono stati anco-
ra definiti al momento dell’entrata in vigore della presente legge.
I termini di cui agli artt. 14 e 27 della L. 4 gennaio 1963, n. 1, sono riaperti per consen-
tire ai magistrati di cui al primo comma di presentare la domanda di partecipazione agli scru-
tini».
(38) L’attuale art. 37 così sostituisce gli originari artt. 37 e 38 per effetto dell’art. 6, L. 3
gennaio 1981, n. 1.
(39) Così sostituito prima dall’art. 6, L. 22 dicembre 1975, n. 695, e poi dall’art. 13, L. 12
aprile 1990, n. 74.
(40) Comma così sostituito dall’art. 7, L. 3 gennaio 1981, n. 1.
(41) Vedi, ora, artt. 2, ult. co., e 3, co. 7°, L. 4 gennaio 1963, n. 1.
354 Il sistema giudiziario italiano

L. 25 luglio 1966, n. 570 (1).


Disposizioni sulla nomina a magistrato di Corte di appello.

1. Attribuzione della qualifica di magistrato di Corte d’appello. – I magi-


strati di tribunale, compiuti undici anni dalla promozione a tale qualifica,
sono sottoposti alla valutazione dei Consigli giudiziari ai fini della nomina a
magistrati di Corte d’appello.
Il Consiglio superiore della magistratura procede alla nomina, previo
esame del motivato parere del Consiglio giudiziario, sulle capacità del magi-
strato e sull’attività svolta nell’ultimo quinquennio.
La nomina produce effetti giuridici ed economici, secondo l’ordine di
precedenza risultante dal ruolo di anzianità, con decorrenza dal giorno in cui
il magistrato di tribunale ha compiuto undici anni dalla promozione a tale
qualifica.
Ai fini dell’anzianità di cui innanzi, è valutato anche il servizio eventual-
mente prestato come magistrato del Consiglio di Stato o della Corte dei conti
o della Giustizia militare.
Per i magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia con funzioni
amministrative, il parere di cui al secondo comma è emesso dal Consiglio di
amministrazione, previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i
magistrati appartengono. Per esprimere il parere anzidetto il Consiglio di
amministrazione sarà composto, oltre che del presidente, dei soli membri che
rivestono la qualità di magistrato.
Per gli altri magistrati non addetti ad uffici giudiziari e per quelli in ser-
vizio all’estero il parere è emesso dal Consiglio giudiziario presso la Corte di
appello di Roma, previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i
magistrati sono addetti.
Per la nomina a magistrato di Corte d’appello è necessario che almeno
cinque anni di attività del magistrato siano compiuti negli uffici giudiziari
anche se non ininterrottamente.
La disposizione di cui al comma precedente non si applica per cinque
anni dall’entrata in vigore della presente legge (2).

2. Nuova valutazione. – I magistrati che non abbiano conseguito valuta-


zione favorevole, sono sottoposti a nuova valutazione dopo un biennio.
La nomina ha effetto dal compimento del biennio che precede la valu-
tazione favorevole.

3. Elementi di valutazione. – Il Consiglio giudiziario e il Consiglio di


amministrazione, nel formulare il parere di cui agli articoli precedenti,
devono tener particolarmente conto della laboriosità del magistrato, delle
Normativa 355

capacità, diligenza e preparazione dimostrate nell’espletamento delle sue


funzioni.
Nei singoli casi il Consiglio superiore ha facoltà di assumere, nelle forme
e con le modalità ritenute più idonee, ogni ulteriore elemento di giudizio che
reputi necessario per la migliore valutazione del magistrato.
Il parere del Consiglio giudiziario è comunicato integralmente all’inte-
ressato ed al Ministro per la grazia e giustizia; quello del Consiglio di ammi-
nistrazione è comunicato all’interessato.
Entro trenta giorni dalla comunicazione il magistrato, può presentare
deduzioni al Consiglio superiore. Il Ministro può formulare sue osservazioni
a sensi dell’art. 11, L. 24 marzo 1958, n. 195.

4. Destinazione dei magistrati di Corte d’appello. – Salvo il disposto del-


l’art. 5, i magistrati di Corte d’appello sono destinati ad esercitare le funzio-
ni: 1) di consigliere di Corte di appello e di sostituto procuratore generale
presso la Corte di appello; 2) di presidente di sezione di tribunale; 3) di con-
sigliere istruttore nelle sedi in cui le funzioni di presidente del tribunale sono
esercitate da un magistrato di Corte di cassazione; 4) di procuratore aggiun-
to nelle sedi in cui le funzioni di procuratore della Repubblica sono esercita-
te da un magistrato di Corte di cassazione; 5) di pretore nelle sedi in cui, ai
sensi delle norme in vigore, sono previsti magistrati di Corte d’appello senza
funzioni di pretore dirigente.
Il conferimento delle funzioni di magistrato di corte di appello è
disposto dal Consiglio superiore della magistratura a domanda dell’interes-
sato (3).
Alla copertura dei posti di magistrato di corte d’appello rimasti
vacanti per difetto di aspiranti, il Consiglio superiore della magistratura
provvede di ufficio conferendo le relative funzioni ai magistrati trattenuti
nell’esercizio delle precedenti funzioni giudiziarie ai sensi dell’articolo 6 e
che, alla data in cui si è verificata la effettiva vacanza, non abbiano ancora
compiuto il periodo minimo previsto dalla legge per la nomina al magi-
strato di Corte di cassazione, secondo l’ordine di collocamento nel ruolo
di anzianità (3).

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (3) (4).
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (3) (4).

5. Conferimento di uffici direttivi ai magistrati di Corte d’appello. – Pos-


sono essere conferiti ai magistrati di corte di appello, gli uffici direttivi di:
1) presidente dei tribunali ordinari e dei tribunali per i minorenni e pro-
curatore della Repubblica presso i tribunali medesimi;
356 Il sistema giudiziario italiano

2) pretore nelle preture aventi sede nel capoluogo di circondario e pro-


curatore della Repubblica presso le stesse preture (5).
Magistrati di Corte d’appello con funzioni direttive.
Per la destinazione alle predette funzioni, il Consiglio superiore della
magistratura può chiedere il parere ai competenti Consigli giudiziari.

6. Prosecuzione delle funzioni precedenti la nomina. – I magistrati di


Corte d’appello che, per difetto di vacanza, non abbiano ancora ottenuto l’e-
sercizio delle funzioni d’appello, continuano ad esercitare le funzioni prece-
denti negli uffici ai quali sono addetti.

7. Rinuncia alla nomina. – La dichiarazione di rinuncia alla nomina a


magistrato di Corte di appello, a norma dell’art. 25 della legge 4 gennaio
1963, n. 1, deve essere fatta non oltre il trentesimo giorno dalla data di pub-
blicazione nel bollettino ufficiale del decreto di nomina. In tale caso la nuova
nomina è conferita con decorrenza dal compimento dell’anno successivo e
così di seguito per non oltre tre anni.
Trascorso il triennio, il magistrato deve essere sottoposto a nuova valu-
tazione.

8. Ruolo organico dei magistrati di Corte di appello e di tribunale. – Le


tabelle A e C annesse alla L. 4 gennaio 1963, n. 1, sono sostituite dalle tabel-
le A e C allegate alla presente legge.

9. Rinvio. – Rimangono in vigore le disposizioni della legge 4 gennaio


1963, n. 1, in quanto compatibili con quelle della presente legge.

DISPOSIZIONI TRANSITORIE

10. Concorso per esami. – Il concorso per esame per la nomina a magi-
strato di appello, previsto dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1, continuerà ad esse-
re indetto fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario, ed in
ogni caso per non oltre due anni dalla data di entrata in vigore della presen-
te legge.
Il concorso di cui al comma precedente è indetto, nei primi quindici
giorni del mese di gennaio, per dieci posti. Ad esso possono partecipare i
magistrati di tribunale che, al 31 dicembre dell’anno precedente abbiano
compiuto sei anni di effettivo servizio nella predetta qualifica di magistrato
di tribunale ed ottenuto la valutazione favorevole di cui ai precedenti artt.
1 e 3.
Normativa 357

All’esame di cui al presente articolo si applicano le norme contenute


negli artt. 6, 7, 8, 9, 10 e 11, L. 4 gennaio 1963, n. 1, in quanto compati-
bili.
Le nomine a seguito di concorso per esame di cui al presente articolo
sono conferite con decorrenza dal 31 dicembre dell’anno precedente a quel-
lo in cui è indetto il concorso.
In caso di pari anzianità, i vincitori del concorso per esame sono collo-
cati nel ruolo prima dei magistrati che conseguono la nomina a magistrato di
Corte d’appello a seguito di valutazione favorevole del Consiglio superiore
della magistratura.

11. Decorrenza delle nomine. – Dalla data di entrata in vigore della pre-
sente legge, cessa lo espletamento degli scrutini non ancora completati per la
nomina a magistrato di Corte d’appello; continua invece l’espletamento delle
revisioni in corso.
Il giudizio favorevole, riportato dai magistrati in sede di scrutini già defi-
niti o in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, e equiparato
alla valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura, previ-
sta dall’art. 1.
I magistrati che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non
sono stati per qualsiasi motivo scrutinati o hanno riportato giudizio sfavore-
vole in sede di scrutinio, sono sottoposti alla valutazione di cui all’art. 1.
I magistrati di cui al secondo e al terzo comma, in quest’ultimo caso pre-
via valutazione favorevole del Consiglio superiore della magistratura, sono
nominati magistrati di corte d’appello con decorrenza, agli effetti giuridici ed
economici, dalla data di compimento dell’anzianità di cui all’articolo 1, sem-
pre che non abbiano diritto ad una decorrenza economica anteriore per effet-
to della legge 4 gennaio 1963, n. 1. Tuttavia, per i magistrati che hanno matu-
rato l’anzianità di cui all’articolo 1 entro il 1962; la nomina alla nuova quali-
fica decorre dal 31 dicembre 1962 (6).
Ai magistrati di tribunale che hanno maturato l’anzianità di cui all’arti-
colo 1 entro il 1962 ed hanno conseguito la nomina a magistrato di corte
d’appello con anzianità 30 giugno 1963, la decorrenza agli effetti giuridici ed
economici della nomina stessa è attribuita dal 31 dicembre 1962 (7).
I magistrati di cui ai precedenti commi non possono per alcun motivo
essere collocati nel ruolo organico prima di coloro che alla data di entrata in
vigore della presente legge sono stati nominati magistrati di Corte d’appello
con decorrenza 31 dicembre 1962 in base alla precedente disciplina.

12. Ordine di collocamento in ruolo. – Ai fini della applicazione delle


norme contenute nel precedente articolo, in caso di pari anzianità, il colloca-
mento in ruolo avviene nel seguente ordine: magistrati vincitori del concorso
358 Il sistema giudiziario italiano

per esame: magistrati dichiarati promuovibili per merito distinto, magistrati


dichiarati promuovibili per merito semplice; magistrati favorevolmente valu-
tati ai sensi della presente legge.

TABELLA A (8).
Ruolo organico della magistratura

TABELLA C (9).
Personale del Ministero di grazia e giustizia
Normativa 359

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 28 luglio 1966, n. 186.


(2) L’articolo unico, L. 7 novembre 1969, n. 927 (Gazz. Uff. 17 dicembre 1969, n. 317)
ha così disposto:
«Articolo unico. Le scadenze dei termini previsti dall’articolo 33, primo comma, della
L. 4 gennaio 1963, n. 1 e dall’art. 1, ultimo comma, della L. 25 luglio 1966, n. 570, sono fissa-
te alla data di entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario».
(3) Gli attuali commi secondo, terzo, quarto e quinto così sostituiscono l’originario ulti-
mo comma per effetto dell’art. 4, L. 19 febbraio 1981, n. 27.
(4) Comma abrogato dall’art. 4, L. 16 ottobre 1991, n. 321.
(5) Comma cosí sostituito dall’art. 31, D.P.R. 22 settembre 1988, n. 449.
(6) Comma così modificato dall’art. 1, L. 23 ottobre 1969, n. 752 (Gazz. Uff. 8 novem-
bre 1969, n. 283) che all’art. 3 ha così disposto:
«Art. 3. All’onere che la presente legge comporta, valutato in lire 800 milioni, si fa fron-
te con corrispondente riduzione del capitolo 2192 dello stato di previsione della spesa del
Ministero del tesoro per l’anno finanziario 1969».
(7) Comma così modificato dall’art. 2, L. 23 ottobre 1969, n. 752 (Gazz. Uff. 8 novem-
bre 1969, n. 283).
(8) Sostituisce la tabella A annessa alla L. 4 gennaio 1963, n. 1. Detta tabella è stata, a sua
volta, sostituita dall’art. 1, L. 17 marzo 1969, n. 84 (Gazz. Uff. 8 aprile 1969, n. 89), dalla tabel-
la A allegata alla L. 11 agosto 1973, n. 533, e da ultimo dalla L. 22 dicembre 1973, n. 884.
(9) Sostituisce la tabella C annessa alla L. 4 gennaio 1963, n. 1.
360 Il sistema giudiziario italiano

L. 20 dicembre 1973, n. 831 (1).


Modifiche dell’ordinamento giudiziario per la nomina a magistrato di Cassazione e per il
conferimento degli uffici direttivi superiori.

1. Elementi di valutazione per la nomina a magistrato di Cassazione. – Il


Consiglio superiore della magistratura procede alla valutazione dei magistra-
ti di corte d’appello, per la nomina a magistrato di Cassazione, in base ai
seguenti elementi:
1) preparazione e capacità tecnico-professionale;
2) laboriosità e diligenza dimostrate nell’esercizio delle funzioni;
3) precedenti relativi al servizio prestato.
Ogni ulteriore elemento di giudizio che sia reputato necessario per la
migliore valutazione del magistrato può essere assunto dal Consiglio supe-
riore nelle forme e con le modalità più idonee ed anche con accertamenti
diretti.
Nelle ipotesi previste dal precedente comma, il Consiglio superiore
provvede ad informare l’interessato che ha facoltà di presentare le proprie
osservazioni.
La valutazione del Consiglio superiore deve essere motivata.

2. Pareri del consiglio giudiziario e del consiglio di amministrazione. – Il


Consiglio superiore procede alla valutazione prevista dall’articolo 1 sulla base
dei pareri motivati espressi:
1) per i magistrati addetti agli uffici giudiziari, dai consigli giudiziari;
2) per i magistrati non addetti ad uffici giudiziari e per quelli in servizio
all’estero, dal consiglio giudiziario presso la corte di appello di Roma,
previo rapporto informativo dei capi degli uffici ai quali i magistrati sono
addetti;
3) per i magistrati addetti al Ministero di grazia e giustizia, con funzioni
amministrative, dal consiglio di amministrazione, previo rapporto infor-
mativo dei capi degli uffici ai quali i magistrati appartengono.
Il consiglio di amministrazione è composto, in tal caso, del presidente e
dai soli membri che rivestono la qualifica di magistrato.

3. Comunicazione dei pareri e facoltà dell’interessato. – Il parere del con-


siglio giudiziario è comunicato integralmente al Consiglio superiore della
magistratura, al Ministero di grazia e giustizia ed all’interessato. Il parere del
consiglio di amministrazione è comunicato integralmente al Consiglio supe-
riore della magistratura ed all’interessato.
Normativa 361

Il Ministro può formulare osservazioni ai sensi dell’articolo 11 della


legge 24 marzo 1958, n. 195. Il magistrato interessato può, entro trenta gior-
ni dalla comunicazione, presentare deduzioni al Consiglio superiore.

4. Requisito dell’anzianità per la valutazione e domanda dell’interessato.


– Per essere sottoposti a valutazione ai fini della nomina a magistrato di Cas-
sazione, i magistrati di corte di appello devono aver compiuto sette anni dalla
nomina a tale qualifica e devono presentare, presso l’ufficio al quale appar-
tengono, domanda al Consiglio superiore della magistratura.

5. Requisito del servizio giudiziario. – Per essere sottoposti a valutazione


ai fini della nomina a magistrato di Cassazione, i magistrati di corte d’appel-
lo devono aver compiuto, dalla data di ingresso in carriera, almeno dieci anni
di attività anche se non ininterrottamente, negli uffici giudiziari.
Fino all’entrata in vigore del nuovo ordinamento giudiziario e comunque
non oltre la data del 31 dicembre 1993, l’attività svolta dai magistrati destinati
ad esercitare funzioni amministrative nel Ministero di grazia e giustizia è equi-
parata, ai fini del comma precedente, a quella svolta negli uffici giudiziari (2).

6. Nuova valutazione. – Il magistrato non valutato favorevolmente è sot-


toposto a nuova valutazione dopo un triennio.

7. Nomina a magistrato di Cassazione. – I magistrati che hanno conse-


guito la valutazione favorevole sono nominati magistrati di Cassazione secon-
do l’ordine di precedenza risultante dal ruolo di anzianità.
Salvo quanto disposto dal successivo articolo 20, la nomina produce
effetti giuridici ed economici con decorrenza dal giorno in cui il magistrato
ha maturato l’anzianità prevista dall’articolo 4.
Nel caso previsto dall’articolo 6 la nomina ha effetto dalla data di com-
pimento del triennio che precede la valutazione favorevole (3).

8. Rinuncia alla nomina. – La dichiarazione di rinuncia alla nomina a


magistrato di Cassazioni deve essere fatta non oltre il trentesimo giorno dalla
data di pubblicazione del decreto di nomina nel bollettino ufficiale del Mini-
stero di grazia e giustizia.
In tale caso la nuova nomina è conferita con decorrenza dal compimen-
to dell’anno successivo, trascorso il quale il magistrato deve essere sottoposto
a nuova valutazione.

9. Permanenza nell’esercizio delle precedenti funzioni. – I magistrati di


Cassazione continuano ad esercitare le funzioni precedenti fino a quando
non siano assegnati ad un ufficio corrispondente alle nuove funzioni.
362 Il sistema giudiziario italiano

10. Conferimento delle funzioni di magistrato di Cassazione. – Il conferi-


mento delle funzioni di magistrato di Cassazione è disposto dal Consiglio
superiore della magistratura su domanda degli interessati ovvero d’ufficio,
secondo l’ordine di collocamento in ruolo, per la copertura dei posti rimasti
vacanti (4).

11. Concorsi per esami. – Il concorso per esami per la nomina a magi-
strato di cassazione, previsto dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1, è indetto, nei
primi quindici giorni del mese di gennaio di ogni anno, fino all’entrata in
vigore del nuovo ordinamento giudiziario e in ogni caso per non oltre quat-
tro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

12. Requisiti e modalità del concorso per esame. – Possono partecipare al


concorso per esame i magistrati che al 31 dicembre dell’anno precedente
abbiano maturato una anzianità di almeno tre anni nella qualifica di magi-
strato di appello ed abbiano ottenuto il parere favorevole degli organi previ-
sti nell’articolo 2.
Le disposizioni contenute negli articoli 12 e 13 della legge 4 gennaio
1963, n. 1, si applicano all’esame di cui al precedente articolo.

13. Conferimento della nomina a seguito di concorso per esame. – I vinci-


tori del concorso per esame conseguono la nomina con decorrenza dal 31
dicembre dell’anno precedente a quello in cui è indetto il concorso e ad essi
sono contestualmente conferite le funzioni di magistrato di Cassazione.
I vincitori del concorso per esame sono collocati nel ruolo prima dei
magistrati che hanno conseguito la nomina a norma dell’articolo 7 con la stes-
sa decorrenza.
La idoneità conseguita nei concorsi per esame a posti di magistrato di
Cassazione è equiparata alla valutazione favorevole del Consiglio superiore.

14. Decorrenza delle nomine già conseguite. – Sono anticipate ai soli


effetti giuridici, di quattro anni e sei mesi, e comunque non oltre il 31 dicem-
bre 1959, le nomine a magistrato di Cassazione conferite ai sensi delle dispo-
sizioni di cui alla legge 4 gennaio 1963, n. 1.
Resta comunque ferma, ad ogni effetto, la collocazione nel ruolo di
anzianità alla data di entrata in vigore della presente legge.

15. Collocamento nel ruolo di anzianità. – Coloro che conseguono la


nomina per effetto delle disposizioni contenute negli articoli precedenti non
possono in alcun caso essere collocati nel ruolo di anzianità prima dei magi-
strati che abbiano conseguito la nomina a magistrato di Cassazione anterior-
mente all’entrata in vigore della presente legge.
Normativa 363

16. Dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori e requisito


dell’anzianità. – Ai fini della dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive
superiori, il Consiglio superiore della magistratura prende in esame, entro il
31 dicembre di ogni anno, i magistrati di Cassazione che raggiungono nel-
l’anno stesso una anzianità di otto anni dalla nomina a tale categoria e quelli
che nel ruolo di anzianità li precedono indipendentemente dalla anzianità
predetta (4).

17. Decorrenza della nomina alle funzioni direttive superiori. – I magi-


strati dichiarati idonei alle funzioni direttive superiori i quali non possono,
entro l’anno, accedere a dette funzioni per difetto di vacanze, conseguono, ad
ogni effetto giuridico ed economico, la relativa nomina con decorrenza dal 1°
gennaio dell’anno successivo (4) (5).

18. Permanenza nelle precedenti funzioni. – I magistrati che hanno


ottenuto la nomina alle funzioni direttive superiori continuano ad esercita-
re le precedenti funzioni sino a quando sia loro conferito l’ufficio direttivo
superiore.

19. Conferimento degli uffici direttivi superiori. – Il conferimento degli


uffici direttivi di presidente di sezione della Corte di cassazione e avvoca-
to generale presso la stessa Corte, di presidente delle corti d’appello e di
procuratore generale presso le stessi corti, ha luogo a seguito di domanda
o di ufficio, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 11 della legge 24
marzo 1958, n. 195, con deliberazione del Consiglio superiore della magi-
stratura.
Il Consiglio superiore provvede per la copertura dei posti rimasti vacan-
ti assegnandovi i magistrati, anche dopo la nomina, secondo l’ordine di col-
locamento in ruolo (4).

20. Decorrenza delle nomine agli uffici direttivi superiori conseguite ante-
riormente. – Le nomine agli uffici direttivi superiori conseguite anteriormen-
te alla data di entrata in vigore della presente legge sono retrodatate, ai soli
effetti giuridici, al 1° gennaio dell’anno successivo al compimento di otto anni
dalla nomina a magistrato di cassazione.
Resta comunque ferma, ad ogni effetto, la collocazione nel ruolo di
anzianità alla data di entrata in vigore della presente legge.

21. Norme transitorie per la nomina a magistrato di Cassazione. – L’e-


spletamento degli scrutini non ancora contemplati per la nomina a magistra-
to di Cassazione cessa dalla data di entrata in vigore della presente legge,
mentre continua l’espletamento delle revisioni in corso.
364 Il sistema giudiziario italiano

Il giudizio favorevole riportato dai magistrati in sede di scrutinio


già definito o in corso alla data di entrata in vigore della presente leg-
ge, è equiparato alla valutazione del Consiglio superiore prevista dall’arti-
colo 1.
I magistrati il cui scrutinio non sia stato completato sono sottoposti alla
valutazione di cui all’articolo 1.
I magistrati scrutinati favorevolmente e quelli che conseguono il giudi-
zio favorevole previsto dai commi precedenti sono nominati magistrati di
Cassazione agli effetti giuridici dal compimento dell’anzianità prevista nel-
l’articolo 4 ed agli effetti economici dal momento dell’entrata in vigore della
presente legge, sempre che non abbiano diritto ad una decorrenza economi-
ca anteriore per effetto della legge 4 gennaio 1963, n. 1.
La disposizione di cui al precedente comma relativa alla decorrenza
degli effetti giuridici ed economici si applica anche ai magistrati i quali, alla
data di entrata in vigore della presente legge, hanno già maturato l’anzianità
prevista dall’articolo 4 e non quella richiesta dalla legge 4 gennaio 1963, n. 1,
per la partecipazione allo scrutinio.
I magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcuno
scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l’anzianità
necessaria, e coloro che abbiano riportato in sede di scrutinio giudizio sfavo-
revole, sono sottoposti, a domanda, alla valutazione con i criteri indicati dal-
l’articolo 1 e, in caso di valutazione favorevole, conseguono la nomina agli
effetti giuridici ed economici con decorrenza dall’entrata in vigore della pre-
sente legge (6).
La domanda, diretta al Consiglio superiore della magistratura, deve
essere presentata entro e non oltre sessanta giorni dalla data di entrata in
vigore della presente legge all’ufficio al quale l’interessato appartiene.

22. Norme transitorie per le nomine alle funzioni direttive superiori. – I


magistrati di cassazione che, alla data di entrata in vigore della presente legge,
hanno già maturato l’anzianità prevista dall’articolo 16 conseguono la nomi-
na alle funzioni direttive superiori, se dichiarati idonei, agli effetti giuridici
dal 1° gennaio dell’anno successivo al compimento di otto anni dalla nomina
a magistrato di cassazione ed agli effetti economici dalla data di entrata in
vigore della presente legge.

23. Onere finanziario. – All’onere derivante dall’applicazione della pre-


sente legge, valutato in lire 1 miliardo per l’anno 1973, si provvede con cor-
rispondente riduzione del fondo di cui al capitolo 3523 dello stato di previ-
sione del Ministero del tesoro per l’anno medesimo.
Il Ministro per il tesoro è autorizzato a provvedere, con propri decreti,
alle occorrenti variazioni di bilancio.
Normativa 365

24. Entrata in vigore. – È abrogata ogni disposizione contraria o incom-


patibile con la presente legge.
La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
366 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 dicembre 1973, n. 333.


(2) Comma così sostituito dall’art. 7-bis, D.L. 26 marzo 1990, n. 64.
(3) Con sentenza 7-10 maggio 1982, n. 86 (Gazz. Uff. 20 maggio 1982, n. 137), la Corte
costituzionale ha così statuito:
«Dichiara l’illegittimità costituzionale:
a) dell’art. 7 della legge n. 831 del 1973, nella parte in cui prevede che la conseguita valuta-
zione favorevole comporti la nomina a magistrato di Cassazione, indipendentemente dal
conferimento delle relative funzioni, affinché la sola attribuzione del corrispondente tratta-
mento economico e la dichiarazione dell’idoneità ad essere ulteriormente valutato, ai fini
della successiva nomina;
b) dell’art. 10 della legge predetta, relativamente alle parole «secondo l’ordine di collocamen-
to in ruolo» e nella parte in cui non prevede che la nomina a magistrato di Cassazione,
quanto ai magistrati dichiarati idonei ai sensi dell’art. 7, sia contestuale al conferimento
delle relative funzioni.
3) Dichiara – in applicazione dell’art. 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – l’illegittimità
costituzionale:
a) dell’art. 16 della legge n. 831 del 1973, nella parte in cui si riferisce ai magistrati di Cassazione
che raggiungano una anzianità di otto anni dalla nomina a tale categoria, anziché ai magistrati
che raggiungano una anzianità di otto anni dalla dichiarazione di idoneità, di cui all’art. 7;
b) dell’art. 17 della legge predetta, nella parte in cui prevede che la dichiarazione di cui al pre-
cedente articolo comporti, in difetto di vacanze, la nomina alle funzioni direttive superiori,
indipendentemente, dal conferimento di un corrispondente ufficio, anziché la sola attribu-
zione del trattamento economico previsto per i magistrati di Cassazione nominati a tali fun-
zioni e l’idoneità ad essere ulteriormente valutato, ai fini della successiva nomina;
c) dell’art. 19, secondo comma, della legge predetta, relativamente alle parole «assegnandovi
i magistrati, anche dopo la nomina, secondo l’ordine di collocamento in ruolo», e nella
parte in cui non prevede che la nomina alle funzioni direttive superiori, quanto ai magistrati
dichiarati idonei ai sensi dell’art. 16, sia contestuale al conferimento del relativo ufficio».
(4) Vedi la nota 3 all’art. 7.
(5) La Corte costituzionale, con sentenza 16-30 dicembre 1987, n. 612 (Gazz. Uff. 8 gen-
naio 1988, n. 1 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente art. 17,
nella parte in cui fa decorrere la dichiarazione dell’idoneità ad essere ulteriormente valutato ai
fini della successiva nomina alle funzioni direttive superiori ed il connesso trattamento econo-
mico dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello del compimento dell’ottavo anno nella qua-
lifica di magistrato di Cassazione, anziché dalla data di scadenza dell’ottennio di anzianità.
(6) Con sentenza 10 gennaio 1985, n. 1 (Gazz. Uff. 23 gennaio 1985, n. 19-bis) la Corte
costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del sesto comma dell’art. 21 nella
parte in cui dispone che i magistrati che per qualsiasi motivo non abbiano partecipato ad alcu-
no scrutinio per la nomina a magistrato di Cassazione, pure avendo l’anzianità necessaria, con-
seguono agli effetti giuridici i benefici previsti nel precedente articolo – in caso di valutazione
favorevole – dal momento dell’entrata in vigore della medesima legge, anziché con l’anteriore
decorrenza spettante al più anziano fra i magistrati di cui al quinto comma, mantenendo rispet-
to ai magistrati stessi il precedente collocamento in ruolo.
Normativa 367

L. 2 aprile 1979, n. 97 (1).


Norme sullo stato giuridico dei magistrati e sul trattamento economico dei magistrati ordi-
nari e amministrativi, dei magistrati della giustizia militare e degli avvocati dello Stato.

TITOLO I

1. Nomina a magistrato di tribunale. – La nomina a magistrato di tribu-


nale ha luogo al compimento di due anni dalla nomina a uditore giudiziario
con delibera del Consiglio superiore della magistratura, previo esame del
parere motivato del consiglio giudiziario del distretto o dei distretti nei quali
l’uditore ha prestato servizio.
In ogni caso, per la nomina a magistrato di tribunale è necessario che
l’uditore abbia effettivamente esercitato le funzioni giurisdizionali per non
meno di un anno; ma la nomina ha comunque decorrenza, ad ogni effetto, dal
compimento di due anni dalla nomina ad uditore.

2. Parere del consiglio giudiziario. – Il parere del consiglio giudiziario ha


per oggetto l’equilibrio, la preparazione, la capacità, l’operosità e la diligen-
za dimostrati dall’uditore durante il tirocinio e nell’esercizio dell’attività giu-
diziaria, con indicazione delle particolari attitudini dallo stesso rivelate per
l’esercizio delle funzioni giudicanti o requirenti.
Il consiglio giudiziario, nell’esprimere il suo parere, tiene anche conto
dei provvedimenti redatti dall’uditore, delle prove dallo stesso offerte nell’e-
sercizio della sua attività giudiziaria e di ogni altro elemento che ritenga rile-
vante ai fini di una completa valutazione.
Il consiglio giudiziario per esprimere il suo parere richiede la trasmis-
sione degli atti necessari e di una dettagliata relazione sullo svolgimento del
tirocinio e della successiva attività giudiziaria esercitata dall’uditore.

3. Comunicazione. – Il parere motivato del consiglio giudiziario è inte-


gralmente comunicato all’uditore e al Ministro di grazia e giustizia.
Entro trenta giorni dalla comunicazione l’uditore ha facoltà di presen-
tare osservazioni al Consiglio superiore della magistratura.
Entro lo stesso termine il Ministro può trasmettere al Consiglio superiore della
magistratura le proprie osservazioni ai sensi dell’articolo 11 della legge 24 marzo
1958, n. 195, modificato dall’articolo 5 della legge 18 dicembre 1917, n. 1198.

4. Ulteriori informazioni. – Il Consiglio superiore della magistratura ha


facoltà di assumere, nelle forme e con le modalità ritenute idonee, rendendo-
ne edotto l’uditore, ogni ulteriore elemento di giudizio che reputi necessario
per una più completa valutazione.
368 Il sistema giudiziario italiano

5. Nuove valutazioni. – Gli uditori giudiziari, per i quali il Consiglio


superiore della magistratura ritenga con provvedimento motivato di non deli-
berare la promozione a magistrato di tribunale, sono sottoposti a nuova valu-
tazione, con le stesse modalità della precedente, dopo due anni. In caso di
esito favorevole di tale seconda valutazione la nomina a magistrato di tribu-
nale decorre, a tutti gli effetti, dal compimento del quarto anno dalla nomina
ad uditore.
L’uditore giudiziario, che per due volte è stato valutato negativamente,
è dispensato dal servizio.

6. Aggiunti giudiziari. – Gli aggiunti giudiziari in servizio alla data di


entrata in vigore della presente legge sono nominati magistrati di tribunale
in base all’articolo 1 secondo l’ordine del ruolo di anzianità e con decor-
renza, ai soli effetti giuridici, dalla stessa data di nomina ad aggiunto giudi-
ziario.
Ai magistrati di tribunale di appello e di Cassazione in servizio alla data
di entrata in vigore della presente legge la nomina alla qualifica da ciascuno
di essi rivestita è anticipata, ai soli effetti giuridici, di tre anni.
Per i magistrati che al 1° gennaio 1979 sono fuori del ruolo organico
della magistratura, o che lo erano in epoca precedente, il periodo di tempo di
cui all’articolo 5, primo comma, della legge 20 dicembre 1973, n. 831, è ridot-
to a sette anni.

7. Riammissione nel posto di ruolo. – (2).

8. Ferie dei magistrati durante l’anno giudiziario. – (3).

TITOLO II

9. Trattamento economico. – Gli stipendi del personale di cui alla legge


24 maggio 1951, n. 392, e dei magistrati amministrativi regionali sono deter-
minati, con effetto dal 1° gennaio 1979, nella misura indicata dalle tabelle
annesse alla presente legge, comprensiva degli emolumenti di cui alla legge 28
aprile 1976, n. 155, ed alla legge 14 aprile 1977, n. 112, salva l’attribuzione
dell’indennità integrativa speciale e delle altre competenze previste dalle
vigenti disposizioni.
Le nuove misure degli stipendi risultanti dall’applicazione della presen-
te legge hanno effetto sui relativi aumenti periodici, sulla tredicesima mensi-
lità, sull’indennità di buonuscita, sulla determinazione dell’equo indennizzo
di cui all’articolo 68 dello statuto degli impiegati civili dello Stato, approvato
con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e sull’assegno alimentare.
Normativa 369

Ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, dei tribunali
amministrativi regionali e della giustizia militare nonché agli avvocati e pro-
curatori dello Stato in servizio all’entrata in vigore della presente legge è altre-
sì attribuito, con effetto dal 1° gennaio 1979, indipendentemente dall’anzia-
nità maturata nelle singole qualifiche, un aumento periodico aggiuntivo non
riassorbibile (4).

10. Conservazione di precedente trattamento economico. – Al personale


di cui al precedente articolo, al quale per effetto della presente legge compe-
te, dal 1° gennaio 1979, uno stipendio inferiore a quello che sarebbe spetta-
to se alla data medesima si fosse trovato nella qualifica immediatamente infe-
riore a quella rivestita, sono attribuiti, a domanda, gli aumenti necessari per
assicurare uno stipendio pari o immediatamente superiore a quest’ultimo.

11-12. Gli stipendi del personale di cui alla presente legge sono adegua-
ti di diritto, ogni triennio, nella misura percentuale pari alla media degli
incrementi realizzati nel triennio precedente dalle altre categorie dei pubbli-
ci dipendenti per le voci retributive calcolate dall’Istituto centrale di statisti-
ca ai fini della elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali, con
esclusione della indennità integrativa speciale.
Agli effetti del comma precedente sono presi in considerazione i benefì-
ci medi pro capite dei seguenti comparti del pubblico impiego: amministra-
zioni statali, aziende autonome dello Stato, università, regioni, province e
comuni, ospedali, enti di previdenza.
La variazione percentuale è calcolata rapportando il complesso del trat-
tamento economico medio per unità corrisposto nell’ultimo anno del trien-
nio di riferimento a quello dell’ultimo anno del triennio precedente ed ha
effetto dal 1° gennaio successivo a quello di riferimento.
Gli stipendi al 1° gennaio del secondo e del terzo anno di ogni triennio
sono aumentati, a titolo di acconto sull’adeguamento triennale, per ciascun
anno e con riferimento sempre allo stipendio in vigore al 1° gennaio del
primo anno, per una percentuale pari al 30 per cento della variazione per-
centuale verificatasi fra le retribuzioni dei dipendenti pubblici nel triennio
precedente, salvo conguaglio a decorrere dal 1° gennaio del triennio succes-
sivo.
La percentuale dell’adeguamento triennale prevista dai precedenti
commi è determinata entro il 30 aprile del primo anno di ogni triennio con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro
di grazia e giustizia e con quello del tesoro. A tal fine, entro il mese di marzo,
l’ISTAT comunica la variazione percentuale di cui al primo comma. Qualora
i dati indicati nei commi precedenti non siano disponibili entro i termini pre-
visti, gli stipendi vengono adeguati con applicazione della stessa percentuale
370 Il sistema giudiziario italiano

dell’anno precedente salvo successivo conguaglio e ferme restando le date di


decorrenza dell’adeguamento.
Nella prima applicazione delle disposizioni precedenti la variazione per-
centuale è determinata, per il periodo dal 1° luglio 1980 al 31 dicembre 1981,
nella misura del 50 per cento della variazione del trattamento economico dei
comparti del pubblico impiego di cui al secondo comma del presente artico-
lo verificatasi nel periodo 1° gennaio 1979-31 dicembre 1981 e l’adeguamen-
to decorre dal 1° gennaio 1982. Dal 1° gennaio 1981 gli stipendi in vigore
sono aumentati, a titolo di anticipazione sull’adeguamento di cui alla prima
parte del presente comma, di una percentuale fissa del 12 per cento, con suc-
cessivo conguaglio a decorrere dal 1° gennaio 1982 (5).

13. Indennità di missione. – Le disposizioni di cui agli articoli 1 e 3 della


legge 6 dicembre 1950, n. 1039, si applicano agli uditori giudiziari destinati
ad esercitare le funzioni giudiziarie.
L’indennità di cui al primo comma è corrisposta, con decorrenza dal 1°
luglio 1980, con le modalità di cui all’articolo 3, L. 6 dicembre 1950, n. 1039,
ai magistrati trasferiti d’ufficio o comunque destinati ad una sede di servizio
per la quale non hanno proposto domanda, ancorché abbiano manifestato il
consenso o la disponibilità fuori della ipotesi di cui all’articolo 2, secondo
comma, del R.D.Lgs. 31 maggio 1946, n. 511, in misura intera per il primo
anno ed in misura ridotta alla metà per il secondo anno (6).
In ogni altro caso di trasferimento ai magistrati compete l’indennità di
cui all’articolo 12, primo e secondo comma, della legge 26 luglio 1978, n. 417,
nonché il rimborso spese di cui agli artt. 17, 18, 19 e 20 della L. 18 dicembre
1973, n. 836, ed all’art. 11 della L. 26 luglio 1978, n. 417 (7).

TITOLO III

14. Incompatibilità di funzioni. – (8).

15. Devoluzione all’erario dei compensi per gli arbitrati. – Le somme dovu-
te al personale di cui alla legge 24 maggio 1951, n. 392, ed ai magistrati ammi-
nistrativi regionali a titolo di compenso per lo svolgimento delle funzioni di
arbitro debbono essere versate da coloro che sono tenuti ad erogarle diretta-
mente in conto entrate del tesoro, nella misura dell’ottanta per cento (9).
Degli avvenuti versamenti è data di volta in volta comunicazione all’uf-
ficio di appartenenza del magistrato ovvero dell’avvocato o procuratore dello
Stato interessato (9).
Per gli arbitrati di cui all’articolo 1 del regio decreto-legge 16 gennaio
1936, n. 113, continua inoltre ad applicarsi la ritenuta ivi prevista.
Normativa 371

16. Disposizioni transitorie. – Nei giudizi arbitrali già definiti o in corso


di svolgimento alla data dell’entrata in vigore della presente legge non si
applicano le disposizioni degli articoli 14 e 15.

17. Onnicomprensività del trattamento economico. – È fatto divieto al


personale di cui alla presente legge, anche se fuori ruolo, di percepire inden-
nità, proventi o compensi per prestazioni in favore della pubblica ammini-
strazione, di enti pubblici o di società a partecipazione pubblica.
Sono comunque esclusi dal divieto, oltre all’indennità integrativa speciale,
alla quota di aggiunta di famiglia, alla tredicesima mensilità, alle indennità di tra-
sferta, di missione e di trasferimento e ai compensi per le attività di cui all’arti-
colo 19 della legge 15 novembre 1973, numero 734, i proventi, i compensi e le
indennità spettanti per l’esercizio di funzioni elettive e per la partecipazione ad
organi speciali di giurisdizione, per l’espletamento di operazioni elettorali o di
concorso, per ogni altro incarico per il quale la partecipazione è prevista dalla
legge come obbligatoria e per lo svolgimento di incarichi di insegnamento, di
studio e di ricerca. Sono fatte salve le detrazioni previste dalle leggi vigenti.
Sono altresì esclusi dal divieto, per quanto riguarda gli avvocati e i pro-
curatori dello Stato, i compensi previsti dall’articolo 21 del testo unico appro-
vato con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.

18. Abrogazione delle norme incompatibili. – Sono abrogati gli articoli


137, 138 e 139 dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30
giugno 1941, n. 12, la legge 25 maggio 1970, n. 357, e l’ultimo comma del-
l’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1970,
n. 1080.
Sono altresì abrogate tutte le altre disposizioni incompatibili con quelle
contenute nella presente legge.

19. Onere finanziario. – All’onere derivante dell’attuazione della presen-


te legge, valutato per l’anno finanziario 1979 in lire 42.417.821.000, si prov-
vede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto al capi-
tolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per il medesimo
anno finanziario.
Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le
occorrenti variazioni di bilancio.

Tabelle degli stipendi del personale della magistratura ordinaria,


dei magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti, della Giustizia militare,
dei Tribunali Amministrativi Regionali e degli avvocati e procuratori dello Stato (10)
(Omissis)
372 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 6 aprile 1979, n. 97.


(2) Aggiunge tre commi all’art. 211, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(3) Sostituisce il primo comma dell’art. 90, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(4) Per l’interpretazione autentica del presente comma, vedi l’art. 1, L. 6 agosto 1984, n. 425.
(5) L’attuale articolo così sostituisce gli artt. 11 e 12 per effetto dell’art. 2, L. 19 febbraio
1981, n. 27.
(6) Comma così modificato dall’art. 4, L. 4 maggio 1998, n. 133.
(7) Così sostituito dall’art. 6, L. 19 febbraio 1981, n. 27.
(8) Sostituisce con due commi il comma secondo dell’art. 16, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(9) La Corte costituzionale, con sentenza 19 aprile 1985, n. 116 (Gazz. Uff. 30 aprile
1985, n. 101-bis), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi primo e secondo del-
l’art. 15.
(10) Vedi, ora, la tabella allegata alla L. 19 febbraio 1981, n. 27.
Normativa 373

L. 27 aprile 1982, n. 186 (1).


Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del
Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.

(Omissis)

7. Composizione del consiglio di presidenza. – 1. In attesa del generale


riordino dell’ordinamento della giustizia amministrativa sulla base della uni-
cità di accesso e di carriera, con esclusione di automatismi collegati all’anzia-
nità di servizio, il consiglio di presidenza è costituito con decreto del Presi-
dente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri.
Esso ha sede in Roma, presso il Consiglio di Stato, ed è composto:
a) dal presidente del Consiglio di Stato, che lo presiede;
b) da quattro magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato;
c) da sei magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali;
d) da quattro cittadini eletti, due dalla Camera dei deputati e due dal Senato
della Repubblica a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, tra i
professori ordinari di università in materie giuridiche o gli avvocati con
venti anni di esercizio professionale;
e) da due magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato con funzioni di
supplenti dei componenti di cui alla lettera b);
f) da due magistrati in servizio presso i tribunali amministrativi regionali, con
funzioni di supplenti dei componenti di cui alla lettera c).
2. All’elezione dei componenti di cui alle lettere b) ed e) del comma 1,
nonché di quelli di cui alle lettere c) e f) del medesimo comma, partecipano,
rispettivamente, i magistrati in servizio presso il Consiglio di Stato e presso i
tribunali amministrativi regionali, senza distinzione di categoria, con voto
personale, segreto e diretto.
3. I componenti elettivi durano in carica quattro anni e non sono imme-
diatamente rieleggibili.
4. I membri eletti che nel corso del quadriennio perdono i requisiti di
eleggibilità o si dimettono, o cessano per qualsiasi causa dal servizio oppure
passano dal Consiglio di Stato ai tribunali amministrativi regionali o vicever-
sa, sono sostituiti, per il restante periodo, dai magistrati appartenenti al cor-
rispondente gruppo elettorale che seguono gli eletti per il numero dei suffra-
gi ottenuti.
5. I componenti di cui al comma 1, lettera d), non possono esercitare
alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni del Consiglio di Stato
e dei tribunali amministrativi regionali. Ad essi si applica il disposto dell’ar-
ticolo 12 della legge 13 aprile 1988, n. 117.
374 Il sistema giudiziario italiano

6. I membri supplenti partecipano alle sedute del consiglio di presiden-


za in caso di assenza o impedimento dei componenti effettivi.
7. Il vice presidente, eletto dal consiglio tra i componenti di cui al comma
1, lettera d), sostituisce il presidente ove questi sia assente o impedito.
8. In caso di parità prevale il voto del presidente (2).

(Omissis)
Normativa 375

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 29 aprile 1982, n. 117, S.O.


(2) Articolo così sostituito dall’art. 18, L. 21 luglio 2000, n. 205.
376 Il sistema giudiziario italiano

L. 13 aprile 1988, n. 117 (1).


Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità
civile dei magistrati (2).

1. Ambito di applicazione. – 1. Le disposizioni della presente legge si


applicano a tutti gli appartenenti alle magistrature ordinaria, amministrativa,
contabile, militare e speciali, che esercitano l’attività giudiziaria, indipenden-
temente dalla natura delle funzioni, nonché agli estranei che partecipano
all’esercizio della funzione giudiziaria.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai magistrati che
esercitano le proprie funzioni in organi collegiali.
3. Nelle disposizioni che seguono il termine «magistrato» comprende
tutti i soggetti indicati nei commi 1 e 2.

2. Responsabilità per dolo o colpa grave. – 1. Chi ha subìto un danno


ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento
giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell’eserci-
zio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato
per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patri-
moniali che derivino da privazione della libertà personale.
2. Nell’esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a respon-
sabilità l’attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazio-
ne del fatto e delle prove.
3. Costituiscono colpa grave:
a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;
b) l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui
esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;
c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esi-
stenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;
d) l’emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori
dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.

3. Diniego di giustizia. – 1. Costituisce diniego di giustizia il rifiuto, l’o-


missione o il ritardo del magistrato nel compimento di atti del suo ufficio
quando, trascorso il termine di legge per il compimento dell’atto, la parte ha
presentato istanza per ottenere il provvedimento e sono decorsi inutilmente,
senza giustificato motivo, trenta giorni dalla data di deposito in cancelleria.
Se il termine non è previsto, debbono in ogni caso decorrere inutilmente
trenta giorni dalla data del deposito in cancelleria dell’istanza volta ad otte-
nere il provvedimento.
Normativa 377

2. Il termine di trenta giorni può essere prorogato, prima della sua sca-
denza, dal dirigente dell’ufficio con decreto motivato non oltre i tre mesi dalla
data di deposito dell’istanza. Per la redazione di sentenze di particolare com-
plessità, il dirigente dell’ufficio, con ulteriore decreto motivato adottato prima
della scadenza, può aumentare fino ad altri tre mesi il termine di cui sopra.
3. Quando l’omissione o il ritardo senza giustificato motivo concernono la
libertà personale dell’imputato, il termine di cui al comma 1 è ridotto a cinque
giorni, improrogabili, a decorrere dal deposito dell’istanza o coincide con il
giorno in cui si è verificata una situazione o è decorso un termine che rendano
incompatibile la permanenza della misura restrittiva della libertà personale.

4. Competenza e termini. – 1. L’azione di risarcimento del danno contro


lo Stato deve essere esercitata nei confronti del Presidente del Consiglio dei
Ministri. Competente è il tribunale del capoluogo del distretto della corte
d’appello, da determinarsi a norma dell’articolo 11 del codice di procedura
penale e dell’articolo 1 delle norme di attuazione, di coordinamento e transi-
torie del codice di procedura penale, approvate con decreto legislativo 28
luglio 1989, n. 271 (3).
2. L’azione di risarcimento del danno contro lo Stato può essere eserci-
tata soltanto quando siano stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o
gli altri rimedi previsti avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comun-
que quando non siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimen-
to ovvero, se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del
procedimento nell’ambito del quale si è verificato il fatto che ha cagionato il
danno. La domanda deve essere proposta a pena di decadenza entro due anni
che decorrono dal momento in cui l’azione è esperibile.
3. L’azione può essere esercitata decorsi tre anni dalla data del fatto che
ha cagionato il danno se in tal termine non si è concluso il grado del proce-
dimento nell’ambito del quale il fatto stesso si è verificato.
4. Nei casi previsti dall’articolo 3 l’azione deve essere promossa entro
due anni dalla scadenza del termine entro il quale il magistrato avrebbe dovu-
to provvedere sull’istanza.
5. In nessun caso il termine decorre nei confronti della parte che, a causa
del segreto istruttorio, non abbia avuto conoscenza del fatto.

5. Ammissibilità della domanda. – 1. Il tribunale, sentite le parti, delibe-


ra in camera di consiglio sull’ammissibilità della domanda di cui all’articolo 2.
2. A tale fine il giudice istruttore, alla prima udienza, rimette le parti
dinanzi al collegio che è tenuto a provvedere entro quaranta giorni dal prov-
vedimento di rimessione del giudice istruttore.
3. La domanda è inammissibile quando non sono rispettati i termini o i pre-
supposti di cui agli articoli 2, 3 e 4 ovvero quando è manifestamente infondata.
378 Il sistema giudiziario italiano

4. L’inammissibilità è dichiarata con decreto motivato, impugnabile con i


modi e le forme di cui all’articolo 739 del codice di procedura civile, innanzi
alla corte d’appello che pronuncia anch’essa in camera di consiglio con decre-
to motivato entro quaranta giorni dalla proposizione del reclamo. Contro il
decreto di inammissibilità della corte d’appello può essere proposto ricorso per
cassazione, che deve essere notificato all’altra parte entro trenta giorni dalla
notificazione del decreto da effettuarsi senza indugio a cura della cancelleria e
comunque non oltre dieci giorni. Il ricorso è depositato nella cancelleria della
stessa corte d’appello nei successivi dieci giorni e l’altra parte deve costituirsi
nei dieci giorni successivi depositando memoria e fascicolo presso la cancelle-
ria. La corte, dopo la costituzione delle parti o dopo la scadenza dei termini per
il deposito, trasmette gli atti senza indugio e comunque non oltre dieci giorni
alla Corte di cassazione che decide entro sessanta giorni dal ricevimento degli
atti stessi. La Corte di cassazione, ove annulli il provvedimento di inammissibi-
lità della corte d’appello, dichiara ammissibile la domanda. Scaduto il quaran-
tesimo giorno la parte può presentare, rispettivamente al tribunale o alla corte
d’appello o, scaduto il sessantesimo giorno, alla Corte di cassazione, secondo le
rispettive competenze, l’istanza di cui all’articolo 3.
5. Il tribunale che dichiara ammissibile la domanda dispone la prosecu-
zione del processo. La corte d’appello o la Corte di cassazione che in sede di
impugnazione dichiarano ammissibile la domanda rimettono per la prosecu-
zione del processo gli atti ad altra sezione del tribunale e, ove questa non sia
costituita, al tribunale che decide in composizione intieramente diversa. Nel-
l’eventuale giudizio di appello non possono far parte della corte i magistrati
che abbiano fatto parte del collegio che ha pronunziato l’inammissibilità. Se
la domanda è dichiarata ammissibile, il tribunale ordina la trasmissione di
copia degli atti ai titolari dell’azione disciplinare; per gli estranei che parteci-
pano all’esercizio di funzioni giudiziarie la copia degli atti è trasmessa agli
organi ai quali compete l’eventuale sospensione o revoca della loro nomina.

6. Intervento del magistrato nel giudizio. – 1. Il magistrato il cui com-


portamento, atto o provvedimento rileva in giudizio non può essere chiama-
to in causa ma può intervenire in ogni fase e grado del procedimento, ai sensi
di quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 105 del codice di proce-
dura civile. Al fine di consentire l’eventuale intervento del magistrato, il pre-
sidente del tribunale deve dargli comunicazione del procedimento almeno
quindici giorni prima della data fissata per la prima udienza.
2. La decisione pronunciata nel giudizio promosso contro lo Stato non
fa stato nel giudizio di rivalsa se il magistrato non è intervenuto volontaria-
mente in giudizio. Non fa stato nel procedimento disciplinare.
3. Il magistrato cui viene addebitato il provvedimento non può essere assun-
to come teste né nel giudizio di ammissibilità, né nel giudizio contro lo Stato.
Normativa 379

7. Azione di rivalsa. – 1. Lo Stato, entro un anno dal risarcimento avve-


nuto sulla base di titolo giudiziale o di titolo stragiudiziale stipulato dopo la
dichiarazione di ammissibilità di cui all’articolo 5, esercita l’azione di rivalsa
nei confronti del magistrato.
2. In nessun caso la transazione è opponibile al magistrato nel giudizio
di rivalsa e nel giudizio disciplinare.
3. I giudici conciliatori e i giudici popolari rispondono soltanto in caso
di dolo. I cittadini estranei alla magistratura che concorrono a formare o for-
mano organi giudiziari collegiali rispondono in caso di dolo e nei casi di colpa
grave di cui all’articolo 2, comma 3, lettere b) e c).

8. Competenza per l’azione di rivalsa e misura della rivalsa. – 1. L’azione


di rivalsa deve essere promossa dal Presidente del Consiglio dei Ministri.
2. L’azione di rivalsa deve essere proposta davanti al tribunale del capo-
luogo del distretto della corte d’appello, da determinarsi a norma dell’artico-
lo 11 del codice di procedura penale e dell’articolo 1 delle norme di attua-
zione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, appro-
vate con decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (4).
3. La misura della rivalsa non può superare una somma pari al terzo di
una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal
magistrato al tempo in cui l’azione di risarcimento è proposta, anche se dal
fatto è derivato danno a più persone e queste hanno agito con distinte azioni
di responsabilità. Tale limite non si applica al fatto commesso con dolo. L’e-
secuzione della rivalsa quando viene effettuata mediante trattenuta sullo sti-
pendio, non può comportare complessivamente il pagamento per rate men-
sili in misura superiore al quinto dello stipendio netto.
4. Le disposizioni del comma 3 si applicano anche agli estranei che par-
tecipano all’esercizio delle funzioni giudiziarie. Per essi la misura della rival-
sa è calcolata in rapporto allo stipendio iniziale annuo, al netto delle tratte-
nute fiscali, che compete al magistrato di tribunale; se l’estraneo che parteci-
pa all’esercizio delle funzioni giudiziarie percepisce uno stipendio annuo
netto o reddito di lavoro autonomo netto inferiore allo stipendio iniziale del
magistrato di tribunale, la misura della rivalsa è calcolata in rapporto a tale
stipendio o reddito al tempo in cui l’azione di risarcimento è proposta.

9. Azione disciplinare. – 1. Il procuratore generale presso la Corte di cas-


sazione per i magistrati ordinari o il titolare dell’azione disciplinare negli altri
casi devono esercitare l’azione disciplinare nei confronti del magistrato per i
fatti che hanno dato causa all’azione di risarcimento, salvo che non sia stata
già proposta, entro due mesi dalla comunicazione di cui al comma 5 dell’ar-
ticolo 5. Resta ferma la facoltà del Ministro di grazia e giustizia di cui al
secondo comma dell’articolo 107 della Costituzione.
380 Il sistema giudiziario italiano

2. Gli atti del giudizio disciplinare possono essere acquisiti, su istanza di


parte o d’ufficio, nel giudizio di rivalsa.
3. La disposizione di cui all’articolo 2, che circoscrive la rilevanza della
colpa ai casi di colpa grave ivi previsti, non si applica nel giudizio disciplinare.

10. Consiglio di presidenza della Corte dei conti. – 1. Fino all’entrata in


vigore della legge di riforma della Corte dei conti, la competenza per i giu-
dizi disciplinari e per i provvedimenti attinenti e conseguenti che riguarda-
no le funzioni dei magistrati della Corte dei conti è affidata al consiglio di
presidenza.
2. Il consiglio di presidenza è composto:
a) dal presidente della Corte dei conti, che lo presiede;
b) dal procuratore generale della Corte dei conti;
c) dal presidente di sezione più anziano;
d) da quattro cittadini scelti di intesa tra i Presidenti delle due Camere tra i
professori universitari ordinari di materie giuridiche o gli avvocati con
quindici anni di esercizio professionale;
e) da dieci magistrati ripartiti tra le qualifiche di presidente di sezione, consi-
gliere o vice procuratore, primo referendario e referendario in proporzio-
ne alla rispettiva effettiva consistenza numerica quale risulta dal ruolo alla
data del 1° gennaio dell’anno di costituzione dell’organo.
3. Alle adunanze del consiglio di presidenza partecipa il segretario gene-
rale senza diritto di voto.
4. Il consiglio di presidenza ha il compito di decidere in ordine alle que-
stioni disciplinari. Alle adunanze che hanno tale oggetto non partecipa il
segretario generale ed il procuratore generale è chiamato a svolgervi, anche
per mezzo dei suoi sostituti, esclusivamente le funzioni inerenti alla promo-
zione dell’azione disciplinare e le relative richieste.
5. I cittadini di cui alla lettera d) del comma 2 non possono esercitare
alcuna attività suscettibile di interferire con le funzioni della Corte dei conti.
6. Alla elezione dei componenti di cui alla lettera e) del comma 2 parte-
cipano, in unica tornata, tutti i magistrati con voto personale e segreto.
7. Ciascun elettore ha facoltà di esprimere soltanto una preferenza. Sono
nulli i voti espressi oltre tale numero.
8. Per l’elezione è istituito presso la Corte dei conti l’ufficio elettorale
nominato dal presidente della Corte dei conti e composto da un presidente
di sezione, che lo presiede, e da due consiglieri più anziani di qualifica in ser-
vizio presso la Corte dei conti.
9. Il procedimento disciplinare è promosso dal procuratore generale
della Corte dei conti. Nella materia si applicano gli articoli 32, 33, commi
secondo e terzo, e 34 della legge 27 aprile 1982, n. 186.
Normativa 381

10. Fino all’entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti
si applicano in quanto compatibili le norme di cui agli articoli 7, primo, quar-
to, quinto e settimo comma, 8, 9, quarto e quinto comma, 10, 11, 12, 13,
primo comma, numeri 1), 2), 3), e secondo comma, numeri 1), 2), 3), 4), 8),
9), della legge 27 aprile 1982, n. 186.

11. Disposizioni concernenti i referendari e primi referendari della Corte


dei conti. – 1. È abolito il rapporto informativo di cui agli articoli 29 del regio
decreto 12 ottobre 1933, n. 1364, e 4 della legge 13 ottobre 1969, n. 691.
2. Si applicano ai referendari e primi referendari della Corte dei conti gli
articoli 17, 18, 50, settimo comma, e 51, primo comma, della legge 27 aprile
1982, n. 186, con decorrenza dall’entrata in vigore della presente legge.
3. Al relativo onere si provvede mediante l’indisponibilità per tre anni di
cinque posti di quelli cumulativamente previsti per le qualifiche di consiglie-
re, vice procuratore generale, primo referendario e referendario dalla tabella
B annessa alla legge 20 dicembre 1961, n. 1345, integrata ai sensi dell’artico-
lo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modifica-
zioni, dalla legge 26 febbraio 1982, n. 51, e dell’articolo 7 della legge 8 otto-
bre 1984, n. 658.

12. Stato giuridico ed economico dei componenti non magistrati del consi-
glio di presidenza della Corte dei conti. – 1. Per lo stato giuridico dei compo-
nenti non magistrati del consiglio di presidenza della Corte dei conti si osser-
vano in quanto applicabili le disposizioni di cui alla legge 24 marzo 1958, n.
195, e successive modificazioni. Il trattamento economico di tali componen-
ti è stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, avuto
riguardo alle incompatibilità, ai carichi di lavoro ed all’indennità dei compo-
nenti del Consiglio superiore della magistratura eletti dal Parlamento.

13. Responsabilità civile per fatti costituenti reato. – 1. Chi ha subito un


danno in conseguenza di un fatto costituente reato commesso dal magistrato
nell’esercizio delle sue funzioni ha diritto al risarcimento nei confronti del
magistrato e dello Stato. In tal caso l’azione civile per il risarcimento del
danno ed il suo esercizio anche nei confronti dello Stato come responsabile
civile sono regolati dalle norme ordinarie.
2. All’azione di regresso dello Stato che sia tenuto al risarcimento nei
confronti del danneggiato si procede altresì secondo le norme ordinarie rela-
tive alla responsabilità dei pubblici dipendenti.

14. Riparazione per errori giudiziari. – 1. Le disposizioni della presente


legge non pregiudicano il diritto alla riparazione a favore delle vittime di
errori giudiziari e di ingiusta detenzione.
382 Il sistema giudiziario italiano

15. Patrocinio gratuito per i meno abbienti. – 1. Chi ha un reddito impo-


nibile risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata inferiore a
lire dieci milioni, ovvero non è tenuto alla presentazione della dichiarazione
dei redditi, ha diritto alla gratuità del giudizio e al patrocinio a spese dello
Stato per l’esercizio dell’azione civile ai sensi della presente legge (5).
2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dagli arti-
coli 10 e seguenti della legge 11 agosto 1973, n. 533.
3. Il Ministro di grazia e giustizia, con proprio decreto, aggiorna entro il
30 aprile di ciascun anno l’importo di cui al comma 1 sulla base dell’indice di
svalutazione monetaria rilevato dall’ISTAT per l’anno precedente.

16. Responsabilità dei componenti gli organi giudiziari collegiali. – 1.


All’articolo 148 del codice di procedura penale dopo il comma terzo è
aggiunto il seguente:
«Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale il
quale deve contenere la menzione della unanimità della decisione o del dissen-
so, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indi-
carsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle que-
stioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del
collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a
cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio» (6).
2. All’articolo 131 del codice di procedura civile è aggiunto, in fine, il
seguente comma:
«Dei provvedimenti collegiali è compilato sommario processo verbale, il
quale deve contenere la menzione dell’unanimità della decisione o del dissen-
so, succintamente motivato, che qualcuno dei componenti del collegio, da indi-
carsi nominativamente, abbia eventualmente espresso su ciascuna delle que-
stioni decise. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del
collegio e sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso, è conservato a
cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell’ufficio» (6).
3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai provvedimenti
di altri giudici collegiali aventi giurisdizione in materia penale e di preven-
zione; le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai provvedimenti
dei giudici collegiali aventi giurisdizione in ogni altra materia. Il verbale delle
deliberazioni è redatto dal meno anziano dei componenti del collegio o, per
i collegi a composizione mista, dal meno anziano dei componenti togati, ed è
sottoscritto da tutti i componenti del collegio stesso.
4. Nei casi previsti dall’articolo 3, il magistrato componente l’organo
giudiziario collegiale risponde, altresì, in sede di rivalsa, quando il danno
ingiusto, che ha dato luogo al risarcimento, è derivato dall’inosservanza di
obblighi di sua specifica competenza.
Normativa 383

5. Il tribunale innanzi al quale è proposta l’azione di rivalsa ai sensi del-


l’articolo 8 chiede la trasmissione del plico sigillato contenente la verbalizza-
zione della decisione alla quale si riferisce la dedotta responsabilità e ne ordi-
na l’acquisizione agli atti del giudizio.
6. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia vengono definiti i
modelli dei verbali di cui ai commi 1, 2 e 3 e determinate le modalità di con-
servazione dei plichi sigillati nonché della loro distruzione quando sono
decorsi i termini previsti dall’articolo 4.

17. Modifica dell’articolo 328 del codice penale. – 1. Il secondo comma


dell’articolo 328 del codice penale è sostituito dal seguente:
«Se il pubblico ufficiale è un magistrato, vi è omissione o ritardo quan-
do siano decorsi i termini previsti dalla legge perché si configuri diniego di
giustizia».

18. Misure finanziarie. – 1. Agli oneri conseguenti all’attuazione dell’ar-


ticolo 15 della presente legge, valutati in lire 2.000 milioni in ragione d’anno
a decorrere dall’esercizio 1988, si fa fronte mediante corrispondente riduzio-
ne dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1988-1990, al capi-
tolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l’anno 1988,
utilizzando parzialmente l’accantonamento «Revisione della normativa in
materia di patrocinio gratuito».
2. Gli altri oneri derivanti dall’attuazione della presente legge sono
imputati ad apposito capitolo da istituire «per memoria» nello stato di previ-
sione del Ministero del tesoro alla cui dotazione si provvede, in considera-
zione della natura della spesa, mediante prelevamento dal fondo di riserva
per le spese obbligatorie e d’ordine iscritto nel medesimo stato di previsione.
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.

19. Entrata in vigore. – 1. La presente legge entra in vigore il giorno suc-


cessivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repub-
blica italiana.
2. La presente legge non si applica ai fatti illeciti posti in essere dal magi-
strato, nei casi previsti dagli articoli 2 e 3, anteriormente alla sua entrata in
vigore (7).
384 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 15 aprile 1988, n. 88.


(2) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare: -
Ministero delle finanze: Circ. 25 luglio 1997, n. 212/E.
(3) Comma così sostituito dall’art. 3, L. 2 dicembre 1998, n. 420 (Gazz. Uff. 7 dicembre
1998, n. 286). L’art. 8, comma 2, della stessa legge ha, inoltre, disposto che gli articoli 4 e 8
della presente legge si applicano ai giudizi iniziati successivamente alla pubblicazione della
citata legge n. 420 nella Gazzetta Ufficiale.
(4) Comma così sostituito dall’art. 4, L. 2 dicembre 1998, n. 420 (Gazz. Uff. 7 dicembre
1998, n. 286). L’art. 8, comma 2, della stessa legge ha inoltre disposto che gli articoli 4 e 8 della
presente legge si applicano ai giudizi iniziati successivamente alla pubblicazione della citata
legge n. 420 nella Gazzetta Ufficiale.
(5) L’importo di cui al presente art. 15, comma 1) è stato aggiornato in L. 13.590.000, al 31
dicembre 1993, dal D.M. 14 febbraio 1994 (Gazz. Uff. 24 maggio 1994, n. 119); in L. 14.147.190,
al 31 dicembre 1994, dal D.M. 12 maggio 1995 (Gazz. Uff. 17 luglio 1995, n. 165); in L.
14.967.727, al 31 dicembre 1995, dal D.M. 20 febbraio 1996 (Gazz. Uff. 1° marzo 1996, n. 51).
(6) La Corte costituzionale, con sentenza 9-18 gennaio 1989, n. 18 (Gazz. Uff. 25 gen-
naio 1989, n. 4 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del primo e secondo comma del-
l’art. 16, nella parte in cui dispongono che «è compilato sommario processo verbale» anziché
«può, se uno dei componenti dell’organo collegiale lo richieda, essere compilato sommario
processo verbale».
(7) La Corte costituzionale, con sentenza 9-22 ottobre 1990, n. 468 (Gazz. Uff. 31 otto-
bre 1990, n. 43 - Serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 19, comma
secondo, nella parte in cui, quanto ai giudizi di responsabilità civile dei magistrati, relativa-
mente a fatti anteriori al 16 aprile 1988, e proposti successivamente al 7 aprile 1988, non pre-
vede che il Tribunale competente verifichi con rito camerale la non manifesta infondatezza
della domanda ai fini della sua ammissibilità.
Normativa 385

L. 21 novembre 1991, n. 374 (1).


Istituzione del giudice di pace (2).

CAPO I
DEL GIUDICE DI PACE

1. Istituzione e funzioni del giudice di pace. – 1. È istituito il giudi-


ce di pace, il quale esercita la giurisdizione in materia civile e penale e
la funzione conciliativa in materia civile secondo le norme della presen-
te legge.
2. L’ufficio del giudice di pace è ricoperto da un magistrato onorario
appartenente all’ordine giudiziario.

2. Sede degli uffici del giudice di pace. – 1. Gli uffici del giudice di pace
hanno sede in tutti i capoluoghi dei mandamenti esistenti fino alla data di
entrata in vigore della legge 1° febbraio 1989, n. 30.
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Mini-
stro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati,
possono essere istituite sedi distaccate dell’ufficio del giudice di pace in uno
o più comuni del mandamento, ovvero in una o più circoscrizioni in cui siano
ripartiti i comuni.
3. Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Mini-
stro di grazia e giustizia, sentiti il consiglio giudiziario e i comuni interessati,
due o più uffici contigui del giudice di pace possono essere costituiti in un
unico ufficio con il limite che la popolazione complessiva risultante dall’ac-
corpamento non superi i cinquantamila abitanti. Nel decreto è designato il
comune in cui ha sede l’ufficio del giudice di pace.

3. Ruolo organico e pianta organica degli uffici del giudice di pace. – 1. Il


ruolo organico dei magistrati onorari addetti agli uffici del giudice di pace è
fissato in 4.700 posti; entro tale limite, è determinata, entro tre mesi dalla data
di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge, con decreto
del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro di grazia e giustizia,
sentito il Consiglio superiore della magistratura, la pianta organica degli uffi-
ci del giudice di pace.
2. In caso di vacanza dell’ufficio del giudice di pace o di impedimento
temporaneo del magistrato che ne esercita le funzioni, il presidente del tri-
bunale può affidare temporaneamente la reggenza dell’ufficio al giudice di
pace di un ufficio contiguo.
3. Se la vacanza o l’impedimento si protrae per oltre sei mesi, si provve-
de a nuova nomina ai sensi dell’articolo 4.
386 Il sistema giudiziario italiano

4. Ammissione al tirocinio. – 1. Il presidente della corte d’appello, alme-


no sei mesi prima che si verifichino vacanze nella pianta organica degli uffici
del giudice di pace ovvero al verificarsi della vacanza, richiede ai sindaci dei
comuni interessati di dare notizia delle vacanze medesime mediante affissio-
ne nell’albo pretorio ed ogni altra forma di pubblicità ritenuta idonea, con
invito alla presentazione, entro sessanta giorni, di una domanda nella quale
dovranno essere indicati i requisiti posseduti e dovrà essere dichiarata l’in-
sussistenza delle cause di incompatibilità previste dalla legge.
2. Il presidente della corte d’appello trasmette le domande pervenute al
consiglio giudiziario. Il consiglio giudiziario, integrato da cinque rappresen-
tanti designati, d’intesa tra loro, dai consigli dell’ordine degli avvocati del
distretto di corte d’appello, formula le motivate proposte di ammissione al
tirocinio sulla base delle domande ricevute e degli elementi acquisiti.
3. Le domande degli interessati e le proposte del consiglio giudiziario
sono trasmesse dal presidente della corte d’appello al Consiglio superiore
della magistratura.
4. Il Consiglio superiore della magistratura delibera l’ammissione al tiro-
cinio di cui all’articolo 4-bis per un numero di interessati non superiore al
doppio del numero di magistrati da nominare (3).

4-bis. Tirocinio e nomina. – 1. I magistrati onorari chiamati a ricoprire


l’ufficio del giudice di pace sono nominati, all’esito del periodo di tirocinio e
del giudizio di idoneità di cui al comma 7, con decreto del Ministro della giu-
stizia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura.
2. Gli ammessi al tirocinio, che siano stati dichiarati idonei al termine del
tirocinio medesimo ma non siano stati nominati magistrati onorari presso le sedi
messe a concorso, possono essere destinati, a domanda, ad altre sedi vacanti.
3. Il tirocinio per la nomina a giudice di pace ha durata di sei mesi e
viene svolto sotto la direzione di un magistrato affidatario, il quale cura che
il tirocinante svolga la pratica in materia civile ed in materia penale presso gli
uffici del tribunale ovvero presso gli uffici di un giudice di pace particolar-
mente esperto. Il tirocinio viene svolto nell’ambito del tribunale scelto come
sede dal tirocinante.
4. Il consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 dell’articolo 4,
organizza e coordina il tirocinio attuando le direttive del Consiglio superiore
della magistratura, nominando i magistrati affidatari tra coloro che svolgono
funzioni di giudice di tribunale ed organizzando più corsi teorico-pratici ai
sensi dell’articolo 6. I corsi sono volti anche alla acquisizione di conoscenze
e di tecniche finalizzate all’obiettivo della conciliazione tra le parti.
5. Il magistrato affidatario cura che l’ammesso al tirocinio assista a tutte
le attività giudiziarie, compresa la partecipazione alle camere di consiglio,
affidandogli la redazione di minute dei provvedimenti.
Normativa 387

6. Al termine del periodo di affidamento, il magistrato affidatario redi-


ge una relazione sul tirocinio compiuto.
7. Al termine del periodo di tirocinio, il consiglio giudiziario, integrato
ai sensi del comma 2 dell’articolo 4, formula un giudizio di idoneità e propo-
ne una graduatoria degli idonei alla nomina a giudice di pace, sulla base delle
relazioni dei magistrati affidatari e dei risultati della partecipazione ai corsi.
8. Ai partecipanti al tirocinio è corrisposta un’indennità pari a lire cin-
quantamila per ogni giorno di effettiva partecipazione al tirocinio ed è altre-
sì assicurato il rimborso delle spese relativamente alla partecipazione ai corsi
teorico-pratici.
9. Il magistrato onorario chiamato a ricoprire le funzioni di giudice di
pace assume possesso dell’ufficio entro trenta giorni dalla data di nomina (4).

5. Requisiti per la nomina. – 1. Per la nomina a giudice di pace sono


richiesti i seguenti requisiti:
a) essere cittadino italiano;
b) avere l’esercizio dei diritti civili e politici;
c) non avere riportato condanne per delitti non colposi o a pena detentiva per
contravvenzione e non essere sottoposto a misure di prevenzione o di sicu-
rezza;
d) avere conseguito la laurea in giurisprudenza;
e) avere idoneità fisica e psichica;
f) avere età non inferiore a 30 anni e non superiore a 70 anni;
g) avere cessato, o impegnarsi a cessare prima dell’assunzione delle funzioni
di giudice di pace, l’esercizio di qualsiasi attività lavorativa dipendente,
pubblica o privata;
h) avere superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense.
2. Il requisito di cui alla lettera h) del comma 1 non è richiesto per colo-
ro che hanno esercitato:
a) funzioni giudiziarie, anche onorarie, per almeno un biennio;
b) funzioni notarili;
c) nsegnamento di materie giuridiche nelle università;
d) funzioni inerenti alle qualifiche dirigenziali e alla ex carriera direttiva delle
cancellerie e delle segreterie giudiziarie.
3. Accertati i requisiti di cui ai commi 1 e 2, la nomina deve cadere su per-
sone capaci di assolvere degnamente, per indipendenza, equilibrio e prestigio
acquisito e per esperienza giuridica e culturale, le funzioni di magistrato onorario.
4. In caso di nomina condizionata alla cessazione della attività, questa
deve avvenire, a pena di decadenza, anche in deroga ai termini di preavviso
previsti dalle leggi relative ai singoli impieghi, entro trenta giorni dalla data
della nomina (5).
388 Il sistema giudiziario italiano

6. Corsi per i giudici di pace. – 1. Il consiglio giudiziario organizza, secon-


do le esigenze degli uffici esistenti nel distretto, corsi di aggiornamento pro-
fessionale per giudici di pace, avvalendosi della collaborazione di magistrati
e di personale delle qualifiche dirigenziali delle cancellerie e segreterie giudi-
ziarie del distretto medesimo, di avvocati e di docenti universitari. I corsi
sono organizzati a livello di circondario di tribunale, hanno cadenza annuale
e non possono avere durata superiore a venti giorni anche non consecutivi (6).
2. Il presidente della corte d’appello può organizzare analoghi corsi per
il personale di cancelleria e ausiliario.
3. Il personale docente, fissato in tre unità per i corsi di aggiornamento
professionale del giudice di pace e in due unità per quelli del personale di
cancelleria e ausiliario, è di regola prescelto fra persone che prestano servizio
o svolgono la loro attività nel circondario del tribunale.
4. A ciascuna unità del personale docente di cui al comma 3 è corrispo-
sto un gettone di presenza giornaliera nella misura di lire trentamila.
5. Il consiglio giudiziario e il presidente della corte d’appello, nell’am-
bito delle rispettive competenze, predispongono altresì mezzi per l’informa-
zione e l’aggiornamento dei giudici di pace e del personale di cancelleria e
ausiliario.
5-bis. [Intervenuta la delibera di nomina del Consiglio superiore della
magistratura, i giudici di pace possono essere ammessi ai corsi anche prima
dell’assunzione delle funzioni] (7).
5-ter. Il Ministro di grazia e giustizia e il Consiglio superiore della magi-
stratura organizzano corsi di specializzazione professionale, di durata non
inferiore a tre mesi, per i giudici di pace nominati in sede di prima applica-
zione della legge, nei limiti di disponibilità di bilancio (8).

7. Durata dell’ufficio e conferma del giudice di pace (9). – 1. Il magistrato


onorario che esercita le funzioni di giudice di pace dura in carica quattro anni
e, al termine, può essere confermato una sola volta per uguale periodo. [Tut-
tavia l’esercizio delle funzioni non può essere protratto oltre il settantacin-
quesimo anno di età] (10).
1-bis. Per la conferma non è richiesto il requisito del limite massimo di
età previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera f). Tuttavia l’esercizio delle fun-
zioni non può essere protratto oltre il settantacinquesimo anno di età (11).
2. Una ulteriore nomina non è consentita se non decorsi quattro anni
dalla cessazione del precedente incarico (12).
2-bis. In deroga a quanto previsto dagli articoli 4 e 4-bis, alla scadenza
del primo quadriennio il consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2
dell’articolo 4, nonché da un rappresentante dei giudici di pace del distretto,
esprime un giudizio di idoneità del giudice di pace a svolgere le funzioni per
il successivo quadriennio. Tale giudizio costituisce requisito necessario per la
Normativa 389

conferma e viene espresso sulla base dell’esame a campione delle sentenze e


dei verbali di udienza redatti dal giudice onorario oltre che della quantità sta-
tistica del lavoro svolto (13).
2-ter. La conferma viene disposta con decreto del Ministro della giusti-
zia, previa deliberazione del Consiglio superiore della magistratura (13).
2-quater. Le domande di conferma ai sensi del presente articolo hanno
la priorità sulle domande previste dagli articoli 4 e 4-bis e sulla richiesta di
trasferimento prevista dall’articolo 10-ter (13) (14).

8. Incompatibilità. – 1. Non possono esercitare le funzioni di giudice di


pace:
a) i membri del Parlamento, i consiglieri regionali, provinciali, comunali e cir-
coscrizionali, i componenti dei comitati di controllo sugli atti degli enti
locali e delle loro sezioni;
b) gli ecclesiastici e i ministri di qualunque confessione religiosa;
c) coloro che ricoprono o abbiano ricoperto nei tre anni precedenti alla
nomina incarichi direttivi o esecutivi nei partiti politici (15).
c-bis) coloro che svolgono attività professionale per imprese di assicurazio-
ne o banche oppure hanno il coniuge, convivente, parenti fino al
secondo grado o affini entro il primo grado che svolgono abitual-
mente tale attività (16).
1-bis. Gli avvocati non possono esercitare le funzioni di giudice di pace nel
circondario del tribunale nel quale esercitano la professione forense ovvero nel
quale esercitano la professione forense i loro associati di studio, il coniuge, i con-
viventi, i parenti fino al secondo grado o gli affini entro il primo grado (17).
1-ter. Gli avvocati che svolgono le funzioni di giudice di pace non posso-
no esercitare la funzione forense dinanzi all’ufficio del giudice di pace al quale
appartengono e non possono rappresentare, assistere o difendere le parti di
procedimenti svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi di giudi-
zio. Il divieto si applica anche agli associati di studio, al coniuge, ai conviventi,
ai parenti entro il secondo grado e agli affini entro il primo grado (17).
2. [Gli avvocati e i procuratori legali non possono esercitare le funzioni
di giudice di pace nel distretto di corte d’appello nel quale esercitano la pro-
fessione forense] (18).

8-bis. Limiti all’esercizio della professione forense. – 1. [Gli avvocati e i


procuratori legali (19) che svolgono le funzioni di giudice di pace non posso-
no esercitare la professione forense dinanzi all’ufficio del giudice di pace al
quale appartengono e non possono rappresentare, assistere o difendere le
parti di procedimenti svolti dinanzi al medesimo ufficio, nei successivi gradi
di giudizio] (20).
390 Il sistema giudiziario italiano

9. Decadenza, dispensa, sanzioni disciplinari. – 1. Il giudice di pace deca-


de dall’ufficio quando viene meno taluno dei requisiti necessari per essere
ammesso alle funzioni di giudice di pace, per dimissioni volontarie ovvero
quando sopravviene una causa di incompatibilità.
2. Il giudice di pace è dispensato, su sua domanda o d’ufficio, per infer-
mità che impedisce in modo definitivo l’esercizio delle funzioni o per altri
impedimenti di durata superiore a sei mesi.
3. Nei confronti del giudice di pace possono essere disposti l’ammoni-
mento, la censura, o, nei casi più gravi, la revoca se non è in grado di svolge-
re diligentemente e proficuamente il proprio incarico ovvero in caso di com-
portamento negligente o scorretto.
4. Nei casi indicati dal comma 1, con esclusione delle ipotesi di dimis-
sioni volontarie, e in quelli indicati dai commi 2 e 3, il presidente della corte
d’appello propone al consiglio giudiziario, integrato ai sensi del comma 2 del-
l’articolo 4, nonché da un rappresentante dei giudici di pace del distretto, la
dichiarazione di decadenza, la dispensa, l’ammonimento, la censura o la revo-
ca. Il consiglio giudiziario, sentito l’interessato e verificata la fondatezza della
proposta, trasmette gli atti al Consiglio superiore della magistratura affinché
provveda sulla dichiarazione di decadenza, sulla dispensa, sull’ammonimen-
to, sulla censura o sulla revoca.
5. I provvedimenti di cui ai commi 1, 2 e 3 sono adottati con decreto del
Ministro della giustizia (21).

10. Doveri del giudice di pace. – 1. Il giudice di pace è tenuto all’osser-


vanza dei doveri previsti per i magistrati ordinari. Ha inoltre l’obbligo di aste-
nersi, oltre che nei casi di cui all’articolo 51 del codice di procedura civile, in
ogni caso in cui abbia avuto o abbia rapporti di lavoro autonomo o di colla-
borazione con una delle parti (22).

10-bis. Divieto di applicazione o supplenza. – 1. Fatto salvo quanto pre-


visto dall’articolo 3, comma 2, i giudici di pace non possono essere destinati,
in applicazione o supplenza, ad altri uffici giudicanti (23).

10-ter. Richiesta di trasferimento e concorso di domande. – 1. I giudici di


pace in servizio possono chiedere il trasferimento presso altri uffici del giu-
dice di pace che presentino vacanze in organico.
2. Qualora per il posto vacante concorrano domande di trasferimento e
domande di nomina da parte di soggetti già dichiarati idonei al termine del tiro-
cinio, queste ultime hanno priorità. Qualora concorrano domande di trasferi-
mento e domande di ammissione al tirocinio presentate ai sensi dell’articolo 4,
il Consiglio superiore della magistratura valuta a quale accordare priorità (24).
Normativa 391

10-quater. Sostituzione dei rappresentanti designati dai consigli dell’ordine


degli avvocati. – 1. Nelle ipotesi di cui al comma 2-bis dell’articolo 7 e al comma
4 dell’articolo 9, i rappresentanti designati dai consigli dell’ordine degli avvo-
cati del distretto di corte di appello, iscritti all’albo professionale relativo al cir-
condario in cui esercita le proprie funzioni il giudice di pace sottoposto alla
valutazione del consiglio giudiziario, sono sostituiti da rappresentanti supplen-
ti iscritti all’albo professionale relativo ad un diverso circondario (25).

11. Indennità spettanti al giudice di pace. – 1. L’ufficio del giudice di pace


è onorario.
2. Ai magistrati onorari che esercitano la funzione di giudice di pace è
corrisposta un’indennità di L. 70.000 per ciascuna udienza civile o penale,
anche se non dibattimentale, e per l’attività di apposizione dei sigilli, nonché
di L. 110.000 per ogni altro processo assegnato e comunque definito o can-
cellato dal ruolo (26).
3. È altresì dovuta un’indennità di L. 500.000 per ciascun mese di effet-
tivo servizio a titolo di rimborso spese per l’attività di formazione, aggiorna-
mento e per l’espletamento dei servizi generali di istituto. Nulla è dovuto per
le cause cancellate che vengono riassunte e per le udienze complessivamente
tenute oltre le 110 l’anno (27).
3-bis. In materia civile è corrisposta altresì una indennità di lire venti-
mila per ogni decreto ingiuntivo o ordinanza ingiuntiva emessi, rispettiva-
mente, a norma degli articoli 641 e 186-ter del codice di procedura civile; l’in-
dennità spetta anche se la domanda di ingiunzione è rigettata con provvedi-
mento motivato (28).
4. L’ammontare delle indennità di cui ai commi 2 e 3 e 3-bis del presen-
te articolo e di cui al comma 2-bis dell’articolo 15 è rideterminato ogni tre
anni, con decreto emanato dal Ministro della giustizia, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, in rela-
zione alla variazione, accertata dall’ISTAT, dell’indice dei prezzi al consumo
per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nel triennio precedente (29).
4-bis. Le indennità previste dal presente articolo sono cumulabili con i
trattamenti pensionistici e di quiescenza comunque denominati (30).

12. Cancelleria del giudice di pace e personale ausiliario. – 1. Le funzioni di


cancelleria presso il giudice di pace sono esercitate dal personale di cancelleria
appartenente ai ruoli del Ministero di grazia e giustizia inquadrato nella I qua-
lifica dirigenziale e nella IX, VIII, VII, VI, V, IV e III qualifica funzionale.
2. L’organico relativo al personale di cancelleria viene aumentato com-
plessivamente di n. 6.059 unità di cui:
a) 12 della I qualifica dirigenziale;
392 Il sistema giudiziario italiano

b) 84 della IX qualifica funzionale;


c) 840 dell’VIII qualifica funzionale;
d) 1.495 della VI qualifica funzionale;
e) 802 della V qualifica funzionale;
f) 1.604 della IV qualifica funzionale;
g) 1.222 della III qualifica funzionale.
3. L’organico relativo al personale degli uffici notificazioni e protesti
viene aumentato complessivamente di n. 1.360 unità di cui:
a) 240 della VII qualifica funzionale;
b) 480 della VI qualifica funzionale;
c) 640 della V qualifica funzionale.
4. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi entro sei
mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge,
si provvede a stabilire la dotazione organica del personale dei singoli uffici
del giudice di pace.
5. Alla copertura dei posti di organico di cui al comma 4 si provvede
mediante immissione in ruolo con priorità del personale in servizio presso gli
uffici di conciliazione alla data del 31 dicembre 1989, secondo modalità che
saranno stabilite con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi
entro sei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della pre-
sente legge, e che tengano conto dei profili professionali e dei requisiti previ-
sti per l’accesso alle corrispondenti categorie del personale dell’amministra-
zione giudiziaria già in ruolo.
6. Alla copertura dei posti di organico recati in aumento dal comma 3 si
provvede mediante immissione in ruolo con priorità dei messi di conciliazio-
ne non dipendenti comunali, purché in possesso del decreto di nomina rila-
sciato dal presidente del tribunale anteriormente alla data del 31 dicembre
1989, secondo modalità consistenti in prove selettive che saranno stabilite
con decreto del Ministro di grazia e giustizia, da emanarsi entro sei mesi dalla
data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge.

13. Notificazione degli atti. – 1. Alla notificazione di tutti gli atti relativi
ai procedimenti di competenza del giudice di pace, ivi comprese le decisioni
in forma esecutiva e i relativi atti di precetto, provvedono gli ufficiali giudi-
ziari, gli aiutanti ufficiali giudiziari e i messi di conciliazione in servizio pres-
so i comuni compresi nella circoscrizione del giudice di pace, fino a esauri-
mento del loro ruolo di appartenenza.
2. Ai messi di conciliazione, che assumono la nuova denominazione di
messi del giudice di pace, si applicano, limitatamente al servizio di notifica-
zione, le norme dell’ordinamento approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229, e successive modificazioni (31).
Normativa 393

14. Locali, attrezzature e servizi degli uffici del giudice di pace. – 1. Gli
uffici del giudice di pace sono ubicati nei locali delle preture, se le strutture
edilizie esistenti lo consentono, ovvero in adeguati locali apprestati dai comu-
ni nei quali hanno sede gli uffici medesimi. Ai predetti comuni viene corri-
sposto un contributo annuo a carico dello Stato per le spese da essi sostenu-
te, ai sensi della L. 24 aprile 1941, n. 392.
2. Resta a carico dello Stato la fornitura di attrezzature e servizi neces-
sari per il funzionamento degli uffici.

15. Coordinatore dell’ufficio del giudice di pace. – 1. Nel caso in cui all’uf-
ficio siano assegnati più giudici, il più anziano per le funzioni giudiziarie eser-
citate o, in mancanza, il più anziano avuto riguardo alla data di assunzione
dell’incarico o, a parità di date, il più anziano di età, svolge compiti di coor-
dinamento.
2. Il coordinatore, secondo le direttive del Consiglio superiore della
magistratura e in armonia con le indicazioni del consiglio giudiziario, prov-
vede all’assegnazione degli affari e, d’intesa con il presidente del tribunale,
stabilisce annualmente i giorni e le ore delle udienze di istruzione e di discus-
sione delle cause di competenza dell’ufficio.
2-bis. Al coordinatore spetta un’indennità di presenza mensile per l’ef-
fettivo esercizio delle funzioni di lire 250.000 per gli uffici aventi un organi-
co fino a cinque giudici, di lire 400.000 per gli uffici aventi un organico da sei
a dieci giudici, di lire 600.000 per gli uffici aventi un organico da undici a
venti giudici e di lire 750.000 per tutti gli altri uffici (32).
2-ter. L’indennità di cui al comma 2-bis spetta al coordinatore anche se
all’ufficio cui egli è addetto non risulti effettivamente assegnato altro giudice (33).

16. Sorveglianza. – 1. La sorveglianza sugli uffici del giudice di pace è


esercitata dal Consiglio superiore della magistratura con possibilità di delega
al presidente del tribunale territorialmente competente.

CAPO II
COMPETENZE E PROCEDIMENTO CIVILE DEL GIUDICE DI PACE

17. Competenza del giudice di pace. – 1. (34).

18. Competenza del pretore. – 1. (35).

19. Connessione. – 1. (36).

20. Patrocinio. – 1. (37).


394 Il sistema giudiziario italiano

21. Giudizio secondo equità. – 1. (38).

22. Rinvio alle norme relative al procedimento davanti al tribunale. – 1. (39).


2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (40).

23. Poteri istruttori del giudice. – 1. (41).

24. Querela di falso. – 1. (42).

25. Forma della domanda. – 1. (43).


2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (44).

26. Rappresentanza davanti al giudice di pace. – 1. (45).

27. Contenuto della domanda. – 1. (46).

28. Costituzione delle parti. – 1. (47).

29. Trattazione della causa. – 1. (48).

30. Decisione. – 1. (49).

31. Conciliazione in sede non contenziosa. – 1. (50).

32. Termini per le impugnazioni. – 1. (51).

33. Impugnazione. – 1. (52).

34. Giudice dell’appello. – 1. (53).

CAPO III
COMPETENZA E PROCEDIMENTO PENALE DEL GIUDICE DI PACE (54)

35. Delega al Governo in materia penale. – [1. Il Governo della Repub-


blica è delegato ad emanare, entro il 30 dicembre 1994, norme concernenti la
competenza del giudice di pace in materia penale ed il relativo procedimen-
to unitamente alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, sulla
base dei princìpi e criteri direttivi previsti dagli articoli 36, 37 e 38].

36. Competenza in materia penale del giudice di pace. – [1. Al giudice di


pace è devoluta la competenza per le contravvenzioni e per i delitti puniti con
Normativa 395

la pena della multa, anche in alternativa alla pena della reclusione, purché tali
reati siano previsti da norme che non presentino particolari difficoltà inter-
pretative e non diano luogo, di regola, a particolari problemi di valutazione
della prova in sede di accertamento giudiziale].

37. Procedimento penale innanzi al giudice di pace. – [1. Al procedimento


penale innanzi al giudice di pace si applicano i criteri e i princìpi di cui all’artico-
lo 2, comma 1, n. 103), della legge 16 febbraio 1987, n. 81, con le massime sem-
plificazioni rese necessarie dalla particolare competenza dello stesso giudice.
2. Si applica la procedura prevista dall’articolo 8 della legge 16 febbraio
1987, n. 81, ma i termini per l’espressione del parere sono ridotti alla metà].

38. Entrata in vigore del decreto legislativo. – [1. Il decreto legislativo


emanato ai sensi dell’articolo 35 entra in vigore il 1° gennaio 1996].

CAPO IV
NORME DI COORDINAMENTO, TRANSITORIE E FINALI

39. Coordinamento. – 1. In tutte le disposizioni di legge in cui vengono


usate le espressioni «conciliatore», «giudice conciliatore» e «vice conciliato-
re» ovvero «ufficio di conciliazione», queste debbono intendersi sostituite
rispettivamente con le espressioni «giudice di pace» e «ufficio del giudice di
pace».

40. Norme per le regioni Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta. – 1. Alla


nomina, alla decadenza, alla dispensa, all’ammonimento, alla censura e alla
revoca dall’ufficio dei magistrati onorari investiti delle funzioni di giudice di
pace nelle regioni Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta si provvede con decre-
to del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio supe-
riore della magistratura, su proposta dei presidenti delle rispettive giunte
regionali, osservate le altre norme in materia stabilite dall’ordinamento giu-
diziario e nel rispetto delle procedure previste dalla presente legge (55).
2. I presidenti delle giunte regionali di cui al comma 1 rilasciano l’auto-
rizzazione all’esercizio delle funzioni del personale amministrativo presso gli
uffici del giudice di pace; detto personale sarà inquadrato in ruoli locali
secondo le modalità che saranno stabilite con legge della regione; i presiden-
ti delle medesime giunte regionali provvedono anche alla revoca e alla
sospensione temporanea dell’autorizzazione nei casi previsti dall’ordinamen-
to giudiziario.
3. Le spese che le regioni incontrano in conseguenza di quanto disposto
dal presente articolo vengono rimborsate dallo Stato agli enti stessi.
396 Il sistema giudiziario italiano

4. Per quanto non specificamente previsto dal presente articolo, si prov-


vede con le norme di coordinamento e di attuazione ai sensi dell’articolo 42,
sentiti gli enti interessati.

41. Conoscenza delle lingue italiana, tedesca e francese. – 1. Nel territo-


rio della provincia di Bolzano, per la nomina dei giudici di pace e degli ausi-
liari addetti agli uffici del giudice di pace, è richiesta la piena conoscenza
delle lingue italiana e tedesca, da accertare secondo le norme vigenti ed
osservate le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 31
luglio 1978, n. 571.
2. Nel territorio della regione Valle d’Aosta, per la nomina dei giudici di
pace nonché dei cancellieri, degli uscieri e degli altri addetti agli uffici del giu-
dice di pace, è richiesta la conoscenza della lingua francese, ai sensi dell’arti-
colo 38 dello Statuto speciale, adottato con legge costituzionale 26 febbraio
1948, n. 4, e degli articoli 51, 52, 53 e 54 della legge 16 maggio 1978, n. 196.
3. Nei comuni della Valle d’Aosta e nelle relative borgate o frazioni pos-
sono essere istituiti uffici distinti del giudice di pace.

42. Norme di coordinamento e di attuazione. – 1. Entro centottanta gior-


ni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della presente legge,
con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988,
n. 400, sono emanate le norme di coordinamento e di attuazione rese neces-
sarie dalla presente legge.

43. Cause pendenti. – 1. Sono decise dal conciliatore, dal pretore o dal
tribunale secondo le norme anteriormente vigenti le cause pendenti dinanzi
agli stessi organi anche se attribuite dalla presente legge alla competenza del
giudice di pace. Tuttavia, i giudizi dinanzi al pretore sono da quest’ultimo
decisi qualora rientrino nella sua competenza ai sensi della nuova formula-
zione dell’articolo 8 del codice di procedura civile, ancorché il pretore fosse
incompetente a deciderli ai sensi della legge anteriore.

44. Soppressione degli uffici dei giudici conciliatori. – [1. Sono soppressi
gli uffici dei giudici conciliatori, fatta salva l’attività necessaria per l’esauri-
mento delle cause pendenti] (56).

45. Dei giudici. – 1. (57).

46. Regime fiscale. – 1. Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause ovve-
ro alle attività conciliative in sede non contenziosa il cui valore non eccede la
somma di due milioni di lire sono esenti da imposta di bollo e di registro e da
ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
Normativa 397

2. [Gli atti e i provvedimenti relativi alle cause e alle attività conciliative


in sede non contenziosa il cui valore superi la somma di due milioni di lire
sono assoggettati al pagamento di imposte, tasse, diritti e spese secondo
quanto disposto per i giudizi di cognizione innanzi al pretore dalle tabelle
allegate alla legge 7 febbraio 1979, n. 59, come modificata dalla legge 6 apri-
le 1984, n. 57, e dalla legge 21 febbraio 1989, n. 99] (58).

47. Abrogazioni. – 1. Sono abrogate tutte le norme incompatibili con la


presente legge ed in particolare l’articolo 8, secondo comma, nn. 2) e 4), del
codice di procedura civile, nonché gli articoli 66 e 67 delle disposizioni di
attuazione dello stesso codice.
2. È abrogato il capo I del titolo II dell’ordinamento giudiziario, appro-
vato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, salvo quanto disposto dall’ar-
ticolo 44 della presente legge.

48. Copertura finanziaria. – 1. Gli oneri derivanti dall’applicazione della


presente legge sono valutati in lire 60 miliardi per l’anno 1991 ed in lire 348
miliardi per ciascuno degli anni 1992 e 1993. A partire dall’anno 1994 l’one-
re a regime viene valutato in lire 385 miliardi.
2. Alla copertura degli oneri relativi agli anni 1991, 1992 e 1993 si prov-
vede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini
del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del
Ministero del tesoro per l’anno 1991, all’uopo utilizzando lo specifico accan-
tonamento: «Istituzione del giudice di pace».
3. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.

49. Efficacia di singole disposizioni. – 1. Le disposizioni di cui agli arti-


coli 3, commi 2 e 3; 7; 9; 10; 11; 13; da 15 a 34; da 39 a 41 e da 43 a 47 hanno
efficacia a partire dal 1° maggio 1995 (59).

50. Entrata in vigore della legge 26 novembre 1990, n. 353. – 1. L’artico-


lo 92 della legge 26 novembre 1990, n. 353, è sostituito dal seguente:
«Art. 92 – Entrata in vigore. – 1. Fatta eccezione per la disposizione di
cui all’articolo 1, la presente legge entra in vigore il 1° gennaio 1993».

51. Disciplina transitoria per l’attività di notificazione degli atti. – [1. Nei
primi tre anni di applicazione della presente legge, fermo il disposto dell’artico-
lo 13, alla notificazione di tutti gli atti relativi ai procedimenti di competenza del
giudice di pace, ivi comprese le decisioni in forma esecutiva ed i relativi atti di
precetto, provvedono altresì i messi di conciliazione dipendenti comunali in ser-
vizio presso i comuni compresi nella circoscrizione del giudice di pace] (60).
398 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 27 novembre 1991, n. 278, S.O. Per l’entrata in vigore
delle singole disposizioni, vedi l’articolo 49.
(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti cir-
colari: - Ministero della giustizia: Circ. 11 gennaio 2000, n. 88/2000/U; Circ. 27 gennaio
2000;
- Ministero delle finanze: Circ. 30 marzo 2001, n. 34/E.
(3) Articolo prima modificato dall’art. 8, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi così sostitui-
to dall’art. 1, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(4) Articolo aggiunto dall’art. 2, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(5) Articolo prima modificato dall’art. 9, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi così sostitui-
to dall’art. 3, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(6) Comma così modificato prima dall’art. 10, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi dall’art.
4, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(7) Comma aggiunto dall’art. 10, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi abrogato dall’art. 4,
L. 24 novembre 1999, n. 468.
(8) Comma aggiunto dall’art. 16, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
(9) Rubrica così sostituita prima dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16 e poi dall’art. 5,
L. 24 novembre 1999, n. 468.
(10) Periodo abrogato dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16.
(11) Il presente comma, aggiunto dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16, è stato così
modificato dall’art. 5, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(12) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 1° febbraio 1999, n. 16.
(13) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(14) In deroga a quanto disposto dal presente articolo, vedi l’art. 20, L. 13 febbraio 2001,
n. 48.
(15) Lettera così modificata dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(16) Lettera aggiunta dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(17) Comma aggiunto dall’art. 6, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(18) Comma abrogato dall’art. 11, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
(19) Il termine «procuratore legale» deve intendersi sostituito con il termine «avvocato»
per effetto del disposto dell’art. 3, L. 24 febbraio 1997, n. 27.
(20) Articolo aggiunto dall’art. 11, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi abrogato dall’art. 6,
L. 24 novembre 1999, n. 468.
(21) Articolo così sostituito dall’art. 7, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(22) Articolo così sostituito dall’art. 8, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(23) Articolo aggiunto dall’art. 9, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(24) Articolo aggiunto dall’art. 10, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(25) Articolo aggiunto dall’art. 11, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(26) Comma prima modificato dal D.M. 6 novembre 1996 (Gazz. Uff. 27 novembre
1996, n. 278) e poi così sostituito dall’art. 12, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dall’art.
24-bis, D.L. 24 novembre 2000, n. 341, nel testo integrato dalla relativa legge di con-
versione.
( 27) Comma così sostituito dall’art. 12, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell’art. 24-
bis D.L. 24 novembre 2000, n. 341, nel testo integrato dalla relativa legge di conver-
sione.
Normativa 399

(28) Comma aggiunto dall’art. 5, L. 16 dicembre 1999, n. 479.


(29) Comma così sostituito dall’art. 5, comma 2, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
(30) Comma aggiunto dall’art. 15, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
I commi 2, 3 e 4 dello stesso art. 15 hanno, inoltre, così disposto:
«2. Ai giudici di pace che abbiano presentato la domanda di nomina entro il 15 ottobre
1993 non si applica la disposizione di cui all’articolo 11, comma 16, della legge 24 dicembre
1993, n. 537. Il beneficio viene meno qualora il giudice di pace decada dall’incarico nel corso
del primo quadriennio.
3. Al personale che cessa dal servizio per assumere l’ufficio di giudice di pace non si
applicano le disposizioni di cui all’articolo 1, commi 2-bis e 2-ter, del decreto-legge 19 set-
tembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438. Il
beneficio viene meno qualora il giudice di pace decada dall’incarico entro i termini previsti
dalle disposizioni innanzi indicate.
4. Al personale che cessa dal servizio ed assume le funzioni di giudice di pace non si
applicano i commi 1 e 2 dell’articolo 1 del decreto-legge 28 settembre 1994, n. 553. Il bene-
ficio viene meno qualora il giudice di pace decada dall’incarico nel corso del primo qua-
driennio».
(31) Articolo così sostituito prima dall’art. 11-bis, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571 e poi dal-
l’art. 6, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
(32) Comma aggiunto dall’art. 5, comma 3, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
(33) Comma aggiunto dall’art. 20, D.L. 24 novembre 2000, n. 341.
(34) Sostituisce l’art. 7 del codice di procedura civile.
(35) Sostituisce l’art. 8, primo comma, del codice di procedura civile.
(36) Aggiunge alcuni comma all’articolo 40 del codice di procedura civile.
(37) Sostituisce l’articolo 82 del codice di procedura civile.
(38) Sostituisce l’articolo 113, secondo comma, del codice di procedura civile.
(39) Sostituisce l’intitolazione del titolo secondo del libro secondo del codice di proce-
dura civile.
(40) Sostituisce l’articolo 311 del codice di procedura civile.
(41) Sostituisce l’articolo 312 del codice di procedura civile.
(42) Sostituisce l’articolo 313 del codice di procedura civile.
(43) Sostituisce l’intitolazione del capo terzo, del titolo secondo, del libro secondo del
codice di procedura civile.
(44) Sostituisce l’articolo 316 del codice di procedura civile.
(45) Sostituisce l’articolo 317 del codice di procedura civile.
(46) Sostituisce l’articolo 318 del codice di procedura civile.
(47) Sostituisce l’articolo 319 del codice di procedura civile.
(48) Sostituisce l’articolo 320 del codice di procedura civile.
(49) Sostituisce l’articolo 321 del codice di procedura civile.
(50) Sostituisce l’articolo 322 del codice di procedura civile.
(51) Sostituisce l’articolo 325, primo comma, del codice di procedura civile.
(52) Sostituisce l’articolo 339, terzo comma, del codice di procedura civile.
(53) Aggiunge un comma all’art. 341 del codice di procedura civile.
(54) L’intero capo III, comprendente gli articoli da 35 a 38, è stato abrogato dall’art. 20,
L. 24 novembre 1999, n. 468.
(55) Comma così modificato dall’art. 13, L. 24 novembre 1999, n. 468.
(56) Articolo abrogato dall’art. 3, L. 16 dicembre 1999, n. 479.
(57) Sostituisce il primo comma dell’art. 1, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(58) Comma abrogato dall’art. 243, D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
400 Il sistema giudiziario italiano

(59) Articolo così sostituito prima dall’art. 1, L. 4 dicembre 1992, n. 477 (Gazz. Uff. 12
dicembre 1992, n. 292) e poi dall’art. 13, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
(60) Articolo abrogato dall’art. 11-bis, D.L. 7 ottobre 1994, n. 571.
Normativa 401

L. 15 maggio 1997, n. 127 (1).


Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisio-
ne e di controllo.

(Omissis)

17. Ulteriori disposizioni in materia di semplificazione dell’attività ammi-


nistrativa e di snellimento dei procedimenti di decisione e di controllo.

(Omissis)

Co. 113. Il Governo è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, sentite le
competenti Commissioni parlamentari, per modificare la disciplina del con-
corso per l’accesso alla magistratura ordinaria, sulla base dei seguenti princìpi
e criteri direttivi: semplificazione delle modalità di svolgimento del concorso
e introduzione graduale, come condizione per l’ammissione al concorso, del-
l’obbligo di conseguire un diploma esclusivamente presso scuole di specializ-
zazione istituite nelle università, sedi delle facoltà di giurisprudenza (2) (3).

Co. 114. Anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all’accesso alle
professioni di avvocato e notaio, il diploma di specializzazione di cui al
comma 113 costituisce, nei termini che saranno definiti con decreto del Mini-
stro di grazia e giustizia, adottato di concerto con il Ministro dell’università e
della ricerca scientifica e tecnologica, titolo valutabile ai fini del compimento
del relativo periodo di pratica. Con decreto del Ministro dell’università e
della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro di grazia e
giustizia, sentiti i competenti ordini professionali, sono definiti i criteri per la
istituzione ed organizzazione delle scuole di specializzazione di cui al comma
113, anche prevedendo l’affidamento annuale degli insegnamenti a contenu-
to professionale a magistrati, notai ed avvocati (3).

(Omissis)

(Omissis)
402 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 maggio 1997, n. 113, S.O.


(2) Comma così modificato dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(3) In attuazione della delega contenuta nel presente comma, vedi il D.Lgs. 17 novembre
1997, n. 398.
Normativa 403

D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398 (1).


Modifica alla disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specia-
lizzazione per le professioni legali, a norma dell’articolo 17, commi 113 e 114, della L. 15
maggio 1997, n. 127.

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;


Visto l’articolo 17, comma 113, della legge 15 maggio 1997, n. 127,
recante misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei
procedimenti di decisione e di controllo, che prevede la delega al Governo
per la emanazione di uno o più decreti legislativi per modificare la disciplina
del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, semplificando le
modalità di svolgimento del concorso medesimo;
Visto il regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12;
Visto il regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860;
Vista la deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri adottata
nella riunione del 5 agosto 1997;
Acquisiti i pareri delle competenti commissioni permanenti della Came-
ra dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio del Ministri, adottata nella riunione
del 5 novembre 1997;
Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia, di concerto con il Mini-
stro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica;

EMANA IL SEGUENTE DECRETO LEGISLATIVO:

CAPO I
SEMPLIFICAZIONE DEL CONCORSO PER UDITORE GIUDIZIARIO

1. Concorso per uditore giudiziario. – 1. (2).

2. Prova preliminare. – 1. (3).

3. Prove concorsuali. – 1. (4).

4. Commissione permanente per la tenuta dell’archivio dei quesiti della


prova preliminare. – 1. (5).

5. Regolamento per lo svolgimento della prova preliminare. – 1. (6).


404 Il sistema giudiziario italiano

6. Requisiti per la ammissione al concorso. – 1. (7).


2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . (8).

7. Indizione del concorso. – 1. (9).

8. Presentazione della domanda. – 1. (10).

9. Commissione esaminatrice. – 1. (11).

10. Lavori della commissione. – 1. (12).

11. Esclusione dai concorsi. – 1. (13).

12. Titoli di preferenza. – 1. (14).

13. Assunzione dei magistrati per concorso. – 1. (15).

14. Sottocommissioni. – 1. Se i candidati che hanno portato a termine la


prova scritta sono più di trecento, il presidente forma per ogni seduta due sot-
tocommissioni, a ciascuna delle quali assegna, secondo criteri obbiettivi, la metà
dei candidati da esaminare. Le sottocommissioni sono rispettivamente presie-
dute dal presidente e dal vice presidente, sostituiti dal commissario magistrato
più anziano in caso di assenza o impedimento, ed assistite da un segretario.
2. Per la valutazione degli elaborati scritti il presidente articola ciascuna
sottocommissione in tre collegi, di almeno tre componenti, presieduti dal pre-
sidente, dal vicepresidente o dal commissario magistrato più anziano ed assi-
stiti da un segretario. In caso di parità di voti, prevale quello del presidente.
Ciascun collegio esamina gli elaborati di una delle materie oggetto della prova.
Ai collegi ed a ciascuna sottocommissione si applicano, rispettivamente, le
disposizioni dettate per le sottocommissioni e la commissione dagli articoli 12
e 16 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860, e successive modificazioni.
3. Ciascuna sottocommissione procede all’esame orale dei candidati ed
all’attribuzione del punteggio finale, osservate, in quanto compatibili, le
disposizioni degli articoli 15 e 16 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860.
4. La commissione delibera su ogni oggetto eccedente la competenza
delle sottocommissioni.
5. Prima di procedere all’esame degli elaborati scritti ed allo svolgimen-
to della prova orale, la commissione ne definisce i criteri di valutazione (16).

15. Informazioni. – 1. Le autorità alle quali sono trasmesse richieste di


informazioni ai sensi dell’articolo 124, comma quinto, del regio decreto 30
gennaio 1941, n. 12, sono tenute a fornirle entro trenta giorni.
Normativa 405

CAPO II
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER LE PROFESSIONI LEGALI

16. Scuola di specializzazione per le professioni legali (17). – 1. Le scuole


di specializzazione per le professioni legali sono disciplinate, salvo quanto
previsto dal presente articolo, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 19
novembre 1990, n. 341 (18).
2. Le scuole di specializzazione per le professioni legali, sulla base di
modelli didattici omogenei i cui criteri sono indicati nel decreto di cui all’ar-
ticolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e nel contesto del-
l’attuazione della autonomia didattica di cui all’articolo 17, comma 95, della
predetta legge, provvedono alla formazione comune dei laureati in giurispru-
denza attraverso l’approfondimento teorico, integrato da esperienze pratiche,
finalizzato all’assunzione dell’impiego di magistrato ordinario o all’esercizio
delle professioni di avvocato o notaio. L’attività didattica per la formazione
comune dei laureati in giurisprudenza è svolta anche da magistrati, avvocati
e notai. Le attività pratiche, previo accordo o convenzione, sono anche con-
dotte presso sedi giudiziarie, studi professionali e scuole del notariato, con lo
specifico apporto di magistrati, avvocati e notai (19).
2-bis. La durata delle scuole di cui al comma 1 è fissata in due anni per
coloro che conseguono la laurea in giurisprudenza secondo l’ordinamento
didattico previgente all’entrata in vigore degli ordinamenti didattici dei corsi
di laurea e di laurea specialistica per la classe delle scienze giuridiche, adot-
tati in esecuzione del decreto 3 novembre 1999, n. 509 del Ministro dell’uni-
versità e della ricerca scientifica e tecnologica (20).
2-ter. L’ordinamento didattico delle scuole di cui al comma 1 è articola-
to sulla durata di un anno per coloro che conseguono la laurea specialistica
per la classe delle scienze giuridiche sulla base degli ordinamenti didattici
adottati in esecuzione del decreto del Ministro dell’università e della ricerca
scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509. Con decreto del Ministro
dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il
Ministro della giustizia, sono definiti i criteri generali ai fini dell’adeguamen-
to dell’ordinamento medesimo alla durata annuale (20).
3. Le scuole di cui al comma 1 sono istituite, secondo i criteri indicati
nel decreto di cui all’articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n.
127, dalle università, sedi di facoltà di giurisprudenza, anche sulla base di
accordi e convenzioni interuniversitari, estesi, se del caso, ad altre facoltà con
insegnamenti giuridici.
4. Nel consiglio delle scuole di specializzazione di cui al comma 1 sono
presenti almeno un magistrato ordinario, un avvocato ed un notaio.
5. Il numero dei laureati da ammettere alla scuola, è determinato con
decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di
406 Il sistema giudiziario italiano

concerto con il Ministro di grazia e giustizia, in misura non inferiore al dieci


per cento del numero complessivo di tutti i laureati in giurisprudenza nel
corso dell’anno accademico precedente, tenendo conto, altresì, del numero
dei magistrati cessati dal servizio a qualunque titolo nell’anno precedente
aumentato del venti per cento del numero di posti resisi vacanti nell’organi-
co dei notai nel medesimo periodo, del numero di abilitati alla professione
forense nel corso del medesimo periodo e degli altri sbocchi professionali da
ripartire per ciascuna scuola di cui al comma 1, e delle condizioni di ricetti-
vità delle scuole. L’accesso alla scuola avviene mediante concorso per titoli ed
esame. La composizione della commissione esaminatrice, come pure il con-
tenuto delle prove d’esame ed i criteri oggettivi di valutazione delle prove, è
definita nel decreto di cui all’articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio
1997, n. 127. Il predetto decreto assicura la presenza nelle commissioni esa-
minatrici di magistrati, avvocati e notai.
6. Le prove di esame di cui al comma 5 hanno contenuto identico sul
territorio nazionale e si svolgono in tutte le sedi delle scuole di cui al comma
3. La votazione finale è espressa in sessantesimi. Ai fini della formazione della
graduatoria, si tiene conto del punteggio di laurea e del curriculum degli
studi universitari, valutato per un massimo di dieci punti.
7. Il rilascio del diploma di specializzazione è subordinato alla certifica-
zione della regolare frequenza dei corsi, al superamento delle verifiche inter-
medie, al superamento delle prove finali di esame.
8. Il decreto di cui all’art. 17, comma 114, della L. 15 maggio 1997,
n. 127, è emanato sentito il Consiglio superiore della magistratura.

CAPO III
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

17. Norme transitorie e finali. – [1. In deroga a quanto previsto dal


comma 4 dell’articolo 123-bis, a decorrere dal settimo anno successivo alla
data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il numero dei can-
didati che possono conseguire l’ammissione alla prova scritta del concorso
per uditore giudiziario all’esito della prova preliminare è progressivamente
ridotto del dieci per cento l’anno fino a raggiungere un numero pari a due
volte quello dei posti messi a concorso.
2. Le disposizioni di cui al capo I, fatta eccezione per gli articoli 12, 13
e 15, non si applicano ai concorsi per uditore giudiziario già banditi alla data
di entrata in vigore del presente decreto legislativo.
3. Nei novanta giorni successivi al suo insediamento la commissione pre-
vista dall’articolo 123-quater del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, prov-
vede alla creazione di un archivio provvisorio delle domande, utilizzando
Normativa 407

archivi di domande già predisposti per l’accesso ad altri concorsi, anche se


aventi ad oggetto una sola delle materie della prova scritta, eventualmente
modificandole per adattarle ai criteri previsti dall’articolo 123-bis, comma 2.
4. Se alla data di adozione del decreto ministeriale con il quale è bandi-
to il concorso per uditore giudiziario, successivo alla data di entrata in vigo-
re del presente decreto legislativo, non sia intervenuto il decreto ministeriale
di cui all’articolo 19, che attesta la avvenuta formazione della banca dati, con
decreto del Ministro di grazia e giustizia, su conforme delibera del Consiglio
superiore della magistratura, può essere disposto che la prova preliminare sia
effettuata utilizzando l’archivio provvisorio di cui al comma 3.
5. Alla prova preliminare di cui al comma 4 si applicano, in quanto com-
patibili, le disposizioni di cui all’articolo 123-bis del R.D. 30 gennaio 1941, n. 12,
nonché quelle del regolamento per lo svolgimento della prova preliminare.
5-bis. Per i tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente
decreto legislativo, la prova preliminare di cui all’articolo 123-bis dell’ordi-
namento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
introdotto dall’art. 2 del presente decreto legislativo, ha luogo a Roma o in
sede decentrate (21)] (22).

18. Abrogazioni. – 1. Sono abrogate le norme incompatibili con il pre-


sente decreto legislativo ed in particolare:
a) l’articolo 1 della legge 17 novembre 1978, n. 746;
b) la legge 4 febbraio 1985, n. 11;
c) l’articolo 1, comma 3, della legge 3 febbraio 1989, n. 32;
d) gli articoli 1 e 2 del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860;
e) l’articolo 12, comma secondo, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860,
come sostituito, da ultimo, dall’articolo 1 del decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1965, n. 617;
f) l’articolo 4, primo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925, n. 1860.

19. Termini per adozione di provvedimenti. – [1. La commissione di cui


all’articolo 123-quater dell’ordinamento giudiziario, approvato con regio
decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è nominata entro quindici giorni dalla entra-
ta in vigore del presente decreto legislativo.
2. Il regolamento di cui all’articolo 123-quinquies dell’ordinamento giu-
diziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, è emanato entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislati-
vo. L’archivio delle domande è approntato entro i duecentoquaranta giorni
successivi. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio
superiore della magistratura, l’archivio delle domande diviene utilizzabile per
il concorso per uditore giudiziario] (22).
408 Il sistema giudiziario italiano

20. Norme applicabili al concorso per uditore giudiziario riservato alla pro-
vincia autonoma di Bolzano. – 1. Fermo restando quanto previsto dalle norme
vigenti, al concorso per uditore giudiziario riservato per la provincia autono-
ma di Bolzano, non si applicano i seguenti articoli: 124, commi primo, secon-
do e terzo, 125, 125-ter e 125-quater del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
Al concorso sono ammessi i laureati in giurisprudenza che, alla data di sca-
denza del termine per la presentazione della domanda, risultino di età non
inferiore agli anni ventuno e non superiore ai quaranta, soddisfino alle con-
dizioni previste dall’articolo 8 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, ed
abbiano gli altri requisiti richiesti dalle leggi vigenti (23).
Normativa 409

NOTE

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 novembre 1997, n. 269.


(2) Sostituisce l’art. 123, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(3) Aggiunge l’art. 123-bis, al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(4) Aggiunge l’art. 123-ter, al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(5) Aggiunge l’art. 123-quater al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(6) Aggiunge l’art. 123-quinquies al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(7) Sostituisce con tre commi il comma 1 dell’art. 124, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(8) Sostituisce il quinto comma dell’art. 124, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(9) Sostituisce l’art. 125, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(10) Aggiunge l’art. 125-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(11) Aggiunge l’art. 125-ter al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(12) Aggiunge l’art. 125-quater al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(13) Aggiunge l’art. 126-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(14) Sostituisce con tre commi il terzo comma dell’art. 127, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(15) Sostituisce l’art. 12, L. 24 marzo 1958, n. 195.
(16) Articolo così sostituito dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(17) Rubrica così modificata dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(18) Comma così modificato dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48. Con D.M. 21 dicem-
bre 1999, n. 537, è stato emanato il regolamento contenente le norme per l’istituzione e l’or-
ganizzazione delle scuole di specializzazione per le professioni legali.
(19) Comma così modificato dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(20) Comma aggiunto dall’art. 17, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(21) Comma aggiunto dall’art. 3, D.L. 21 settembre 1998, n. 328.
(22) Articolo abrogato dall’art. 9, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
(23) Articolo così modificato dall’art. 11, L. 13 febbraio 2001, n. 48.
410 Il sistema giudiziario italiano

D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51 (1).


Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado (2).

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;


Visto l’articolo 1 della legge 16 luglio 1997, n. 254, recante delega al
Governo per l’emanazione di uno o più decreti legislativi diretti ad istituire,
in vista di una più razionale distribuzione delle competenze degli uffici giu-
diziari, il giudice unico di primo grado;
Viste le preliminari deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate
nelle riunioni del 14 novembre 1997 e del 19 dicembre 1997;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni permanenti del Senato
della Repubblica e della Camera dei deputati a norma dell’articolo 1, comma
3, della citata legge 16 luglio 1997, n. 254;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione
del 13 febbraio 1998;
Sulla proposta del Ministro di grazia e giustizia;

EMANA IL SEGUENTE DECRETO LEGISLATIVO:

TITOLO I
DISPOSIZIONI SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO

CAPO I
DISPOSIZIONI RELATIVE AGLI ORGANI
CHE AMMINISTRANO LA GIUSTIZIA

1. 1. L’ufficio del pretore è soppresso, fatta salva l’attività necessaria per


l’esaurimento degli affari pendenti secondo quanto previsto dal presente
decreto. Fuori dei casi in cui è diversamente disposto dal presente decreto, le
relative competenze sono trasferite al tribunale ordinario.
2. Nel primo comma dell’articolo 1 del regio decreto 30 gennaio 1941,
n. 12 è soppressa la lettera b).

2. 1. L’ufficio del pubblico ministero presso la pretura circondariale è


soppresso. Le relative funzioni sono trasferite all’ufficio del pubblico mini-
stero presso il tribunale ordinario.
2. (3).
Normativa 411

3. 1. L’articolo 3 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è così modifi-


cato:
a) nel primo comma, le parole “, pretura” sono soppresse;
b) nel secondo comma, le parole “Alle corti, ai tribunali ed alle preture” sono
sostituite dalle parole “ Alle corti e ai tribunali”.

4. 1. L’articolo 4 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è così modifi-


cato:
a) nel primo comma, le parole “delle preture,” sono soppresse;
b) nel secondo comma, le parole “i vice pretori” sono sostituite dalle parole
“i giudici onorari di tribunale”.

5. 1. (4).

6. 1. L’articolo 7-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è così


modificato:
a) (5);
b) (6).

7. 1. Nell’articolo 18 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 le parole


“ed i magistrati delle preture,” sono soppresse.

CAPO II
DISPOSIZIONI RELATIVE AL TRIBUNALE ORDINARIO

8. 1. (7).

9. 1. (8).

10. 1. (9).

11. 1. (10).

12. 1. (11).

13. 1. (12).

14. 1. (13).
412 Il sistema giudiziario italiano

15. 1. (14).

16. 1. La tabella A allegata al regio decreto 30 gennaio 1941,


n. 12 è modificata, relativamente ai comuni compresi in ciascun circondario,
dalla tabella A allegata al presente decreto.
2. La tabella B allegata al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è sosti-
tuita dalla tabella B allegata al presente decreto.

17. 1. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, emanato entro ses-
santa giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabili-
ti i modelli dei registri da tenere nelle cancellerie dei tribunali ordinari e delle
sezioni distaccate, nonché le modalità di iscrizione delle cause civili e le atti-
vità successive alla definizione dei procedimenti civili e penali.

CAPO III
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA CORTE DI APPELLO

18. 1. Nella lettera a) del primo comma dell’articolo 53 del regio decre-
to 30 gennaio 1941, n. 12, le parole “e dai pretori in materia penale” sono
soppresse.

19. 1. Nel terzo comma dell’articolo 54 del regio decreto 30 gennaio


1941, n. 12 le parole “la sezione che funziona da magistratura del lavoro”
sono sostituite dalle parole “la sezione incaricata esclusivamente della tratta-
zione delle controversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza
obbligatorie”.

CAPO IV
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PUBBLICO MINISTERO

20. 1. (15).

21. 1. (16).

22. 1. (17).

23. 1. (18).

24. 1. (19).
Normativa 413

CAPO V
ALTRE DISPOSIZIONI SULL’ORDINAMENTO GIUDIZIARIO – ABROGAZIONI

25. 1. (20).

26. 1. (21).

27. 1. (22).

28. 1. (23).

29. 1. (24).

30. 1. Il capo II del titolo II del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 è


abrogato.
2. Sono altresì abrogati gli articoli 103 e 105 del medesimo regio decre-
to 30 gennaio 1941, n. 12.

CAPO VI
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CORTE DI ASSISE

31. 1. Salvo quanto previsto dall’articolo 32 del presente decreto, nella


legge 10 aprile 1951, n. 287, i riferimenti al pretore e alla pretura sono sosti-
tuiti, rispettivamente, dai riferimenti al presidente del tribunale e al tribu-
nale.

32. 1. (25).

CAPO VII
NORME DI COORDINAMENTO E TRANSITORIE

SEZIONE I
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PERSONALE DI MAGISTRATURA

33. 1. Con decreto del Ministro di grazia e giustizia, sentito il Consiglio


superiore della magistratura, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, è determinato il nuovo organico dei
magistrati addetti ai tribunali, alle procure della Repubblica presso il tribu-
nale e alle corti di appello con decorrenza dalla data di efficacia del presente
decreto.
414 Il sistema giudiziario italiano

2. I ventiquattro posti di magistrato di cassazione previsti dall’articolo 1,


comma 3, del decreto-legge 25 settembre 1989, n. 327, convertito dalla legge
24 novembre 1989, n. 380, e dall’articolo 1, comma 1, della legge 5 marzo
1991, n. 71, sono portati in aumento delle piante organiche dei presidenti di
sezione di corte di appello.

34. 1. I magistrati già assegnati alle preture e alle procure della Repub-
blica presso la pretura circondariale entrano di diritto a far parte dell’organi-
co, rispettivamente, dei tribunali e delle procure della Repubblica presso il
tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici soppressi, anche in
soprannumero riassorbibile con le successive vacanze.
2. L’assegnazione prevista dal comma 1 non costituisce assegnazio-
ne ad altro ufficio giudiziario o destinazione ad altra sede ai sensi del-
l’articolo 2, terzo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946,
n. 511, né costituisce trasferimento ad altri effetti e, in particolare, agli
effetti previsti dall’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12
e dall’articolo 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’ar-
ticolo 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27. Sono tuttavia fatti salvi i
diritti attribuiti dalla legge 18 dicembre 1973, n. 836 e dalla legge 26
luglio 1978, n. 417, alle condizioni ivi stabilite, nel caso di fissazione
della residenza in una sede di servizio diversa da quella precedente
determinata dall’applicazione delle disposizioni del presente decreto.

35. 1. I magistrati onorari, già addetti quali vice pretori e vice procura-
tori agli uffici soppressi, sono addetti di diritto ai tribunali ed alle procure
della Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici
soppressi, in qualità, rispettivamente, di giudici onorari e di vice procuratori
onorari.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 42-ter, 42-quater, primo e secondo
comma, 42-quinquies e 71 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come
aggiunti o sostituiti dal presente decreto, si applicano ai predetti magistrati
onorari alla scadenza del triennio in corso alla data di efficacia del presente
decreto.

36. 1. I magistrati delle preture e dei tribunali addetti, alla data di effi-
cacia del presente decreto, esclusivamente alla trattazione delle controversie
in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie, nei tribunali
divisi in sezioni fanno parte della sezione incaricata della trattazione di tali
controversie.
2. I magistrati indicati nel comma 1 possono chiedere il trasferimento a
posti di organico della sezione lavoro della corte di appello del distretto in cui
Normativa 415

è compreso l’ufficio di appartenenza anche in deroga alle disposizioni del-


l’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.

37. 1. In deroga al disposto dell’articolo 2, terzo comma, del regio decre-


to legislativo 31 maggio 1946, n. 511, i magistrati titolari dei posti di consi-
gliere pretore dirigente, di consigliere pretore, di procuratore della Repub-
blica presso la pretura circondariale e di procuratore aggiunto dello stesso
ufficio, in attesa di essere destinati ai nuovi incarichi o funzioni a norma delle
disposizioni che seguono, esercitano le funzioni di presidente di sezione o di
procuratore aggiunto presso gli uffici cui sono state trasferite le funzioni degli
uffici soppressi; i magistrati titolari dei posti di presidente di sezione di tri-
bunale eventualmente soppressi continuano ad esercitare transitoriamente
tali funzioni. I magistrati titolari dei posti soppressi di consigliere pretore
dirigente e di procuratore della Repubblica presso la pretura circondariale
collaborano con il presidente del tribunale e con il procuratore della Repub-
blica per la risoluzione, in particolare, dei problemi di organizzazione degli
uffici ristrutturati.
2. Entro un anno dalla data di efficacia delle disposizioni del presente
decreto, i magistrati già titolari dei posti indicati nel comma 1 possono chie-
dere, in deroga al disposto dell’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio
1941, n. 12, l’assegnazione a posti vacanti pubblicati. Nell’assegnazione dei
posti vacanti di presidente di tribunale ordinario, presidente di sezione di tri-
bunale ordinario, procuratore della Repubblica e procuratore aggiunto della
Repubblica presso il tribunale ordinario, sono particolarmente valutate le
attitudini allo svolgimento di funzioni direttive dimostrate nell’esercizio delle
precedenti funzioni (26).
3. Nel medesimo termine indicato nel comma 2, i magistrati già titolari
dei posti indicati nel comma 1 possono chiedere altresì, eventualmente
subordinando gli effetti della domanda al mancato conferimento di un posto
richiesto a norma del comma 2, di essere destinati all’esercizio di una delle
seguenti funzioni, anche in soprannumero riassorbibile con le successive
vacanze:
a) consigliere di corte di cassazione, limitatamente ai magistrati titolari dei
posti soppressi indicati nell’articolo 33, comma 2;
b) consigliere di corte di appello nel distretto da essi scelto;
c) giudice di tribunale o sostituto procuratore della Repubblica in una sede
da essi scelta.
4. I magistrati già titolari dei posti indicati nel comma 1 che nel termine
perentorio previsto non hanno richiesto l’assegnazione a norma del comma 2 o
la destinazione a norma del comma 3, sono destinati di ufficio ad esercitare le
funzioni di giudice di tribunale o di sostituto procuratore della Repubblica negli
416 Il sistema giudiziario italiano

uffici cui sono state trasferite le funzioni degli uffici soppressi, o, se si tratta di
magistrati già titolari di posti di presidente di sezione di tribunale, presso lo stes-
so ufficio in cui esercitavano le loro funzioni. La stessa disposizione si applica a
coloro che non hanno ottenuto l’assegnazione a norma del comma 2 e che non
hanno richiesto la destinazione a norma del comma 3.
5. Le eventuali nuove destinazioni sono considerate come trasferimenti
a domanda a tutti gli effetti e, in particolare, agli effetti previsti dall’articolo
13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall’articolo 6 della legge
19 febbraio 1981, n. 27, salvo quanto previsto dall’articolo 34, comma 2,
secondo periodo, del presente decreto.
6. In deroga all’articolo 194 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, i
magistrati indicati nel comma 1 possono chiedere di essere trasferiti ad altre
sedi o assegnati ad altre funzioni:
a) trascorsi due anni dal giorno dell’inizio effettivo dell’attività nell’ufficio al
quale sono stati destinati, se assegnati a funzioni direttive a norma del
comma 2;
b) senza l’osservanza di alcun termine, se assegnati ad altre sedi o destinati ad
altre funzioni a norma dei commi 2, 3 e 4, fuori del caso previsto dalla let-
tera a) del presente comma (27).

SEZIONE II
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE SEZIONI LAVORO
DELLE CORTI DI APPELLO E DEI TRIBUNALI

38. 1. Con il decreto previsto dall’articolo 33, comma 1, sono attribuiti


alle corti di appello i posti di organico necessari per il funzionamento della
sezione incaricata della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di
previdenza e assistenza obbligatorie in grado di appello, con corrispondente
diminuzione dell’organico dei tribunali del distretto.
2. All’attribuzione di ulteriori posti di organico si provvede gradual-
mente sulla base delle richieste motivate dei presidenti delle corti di appello,
sentiti i presidenti dei tribunali interessati dalla corrispondente riduzione di
organico.
3. Per la copertura dei posti di organico, sia la richiesta che la pubblica-
zione devono fare espresso riferimento all’esigenza di assegnare i consiglieri
o il presidente alla sezione.
4. Il magistrato trasferito non può essere incaricato della trattazione di
controversie o di affari di diversa natura se non dopo che siano trascorsi cin-
que anni dalla presa di possesso dell’ufficio, salvo ricorrano particolari esi-
genze da indicare nel provvedimento di deroga.
Normativa 417

5. Nella copertura dei posti di organico, è data la preferenza ai magi-


strati che sono stati già addetti esclusivamente alla trattazione delle con-
troversie in materia di lavoro e di previdenza e assistenza obbligatorie per
almeno due anni nell’ultimo quinquennio, anche con funzioni di legitti-
mità. In via subordinata, la preferenza è determinata dalla particolare com-
petenza nella materia, desumibile dalla partecipazione a corsi di formazio-
ne organizzati dal Consiglio superiore della magistratura o da altri ele-
menti oggettivi.

39. 1. Le disposizioni dell’articolo 38 si osservano, in quanto compa-


tibili, anche nell’attribuzione dei posti di organico ai singoli tribunali e
nella loro copertura, relativamente ai giudici incaricati in via esclusiva
della trattazione delle controversie in materia di lavoro e di assistenza e
previdenza obbligatorie.

SEZIONE III
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PERSONALE AMMINISTRATIVO

40. 1. I posti di dirigente delle cancellerie e delle segreterie presso gli


uffici soppressi sono ripartiti tra gli uffici giudiziari con decreto del Ministro
di grazia e giustizia.
2. Al personale addetto con qualifica dirigenziale ad un ufficio giudi-
ziario soppresso è attribuito un incarico di funzione dirigenziale di pari
livello in uffici giudiziari della stessa sede. Ove ciò non risulti possibile, si
procede al trasferimento del dirigente secondo le disposizioni che regola-
no i trasferimenti di ufficio, salvo che il dirigente chieda di essere adibito
ad incarichi dirigenziali di livello inferiore disponibili nella sede di servi-
zio o in altra sede da lui indicata.
3. I posti delle qualifiche funzionali compresi negli organici delle pretu-
re e delle procure della Repubblica presso le preture sono ripartiti con decre-
to del Ministro di grazia e giustizia tra i tribunali, le procure della Repubbli-
ca presso il tribunale e le corti di appello.
4. Il personale appartenente alle qualifiche funzionali in servizio presso
gli uffici giudiziari soppressi è assegnato ai tribunali e alle procure della
Repubblica presso il tribunale cui sono trasferite le funzioni degli uffici sop-
pressi, oppure alle corti di appello.
5. I relativi provvedimenti, se non implicano il trasferimento ad una
diversa sede di servizio, sono adottati, per il personale delle preture, dal
presidente della corte di appello e, per il personale delle procure della
Repubblica presso la pretura circondariale, dal procuratore generale pres-
so la stessa corte.
418 Il sistema giudiziario italiano

SEZIONE IV
DISPOSIZIONI RELATIVE AL PERSONALE
DELLE SEZIONI DI POLIZIA GIUDIZIARIA

41. 1. Il personale delle sezioni di polizia giudiziaria delle procure della


Repubblica presso le preture è di diritto assegnato o applicato alle sezioni di
polizia giudiziaria delle procure della Repubblica presso i tribunali cui sono
trasferite le funzioni degli uffici soppressi.
2. L’assegnazione e l’applicazione previste dal comma 1 non costituisco-
no nuove assegnazioni o applicazioni ovvero trasferimenti.

SEZIONE IV-BIS
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLE ATTREZZATURE

41-bis. 1. Le attrezzature delle preture circondariali e delle relative


sezioni distaccate possono essere assegnate dal presidente del tribunale, nel
cui circondario sono ubicati gli uffici soppressi, alla sede principale del tri-
bunale ovvero ad una o più sezioni distaccate del medesimo.
2. Le attrezzature delle procure della Repubblica presso le preture cir-
condariali possono essere assegnate dal procuratore della Repubblica presso
il tribunale, ubicato nel medesimo comune dell’ufficio soppresso, all’ufficio
di procura da lui diretto.
3. La destinazione delle attrezzature delle quali non è stata disposta l’as-
segnazione a norma dei commi 1 e 2 è stabilita dal Ministero di grazia e giu-
stizia.
4. I provvedimenti previsti dal presente articolo sono adottati anche in
deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato e con il consenso
degli enti locali interessati, quanto alle attrezzature ad essi appartenenti (28).

SEZIONE V
DISPOSIZIONI PER LA DEFINIZIONE DEI PROCEDIMENTI PENDENTI

42. 1. L’ufficio del pretore è mantenuto per la definizione dei procedi-


menti pendenti alla data di efficacia del presente decreto che proseguono con
l’applicazione delle norme anteriormente vigenti.

43. 1. Il funzionamento dell’ufficio del pretore, per l’espletamento della


attività di cui all’articolo 42, è assicurato mediante applicazione, anche a
tempo parziale, di magistrati addetti al tribunale e mediante utilizzazione dei
locali e delle attrezzature di quest’ultimo.
Normativa 419

2. Il presidente del tribunale designa con decreto i magistrati applicati


all’ufficio del pretore incaricati della trattazione dei singoli procedimenti,
indicando i giorni in cui essi tengono udienza, in modo che sia assicurata, di
norma, la definizione dei procedimenti da parte degli stessi magistrati ai quali
erano in precedenza assegnati. Il decreto è trasmesso, previo parere del con-
siglio giudiziario, al Consiglio superiore della magistratura.
3. Per un tempo definito e non in via esclusiva è disposta l’applicazione
del personale amministrativo in servizio presso il tribunale necessario al fun-
zionamento dell’ufficio del pretore della sede circondariale.

SEZIONE VI
DISPOSIZIONI PARTICOLARI IN MATERIA DI SEZIONI DISTACCATE DEL TRIBUNALE

44. 1. Il personale delle cancellerie giudiziarie e degli uffici notificazioni,


esecuzioni e protesti in servizio presso una sezione distaccata di pretura è asse-
gnato alla sezione distaccata di tribunale istituita nello stesso comune.
2. Se nello stesso comune non è istituita una sezione distaccata di tribu-
nale, il personale di cui al comma 1 è trasferito nella sede principale o in una
sezione distaccata di tribunale del circondario, ovvero, in assenza di posti
disponibili presso di esse, in altra sede compresa nel distretto. Per il perso-
nale degli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti il riferimento alla sede
principale del tribunale si intende alla corte di appello nel caso di ufficio
unico costituito presso quest’ultima.
3. I provvedimenti, se non implicano il trasferimento ad una diversa
sede di servizio, sono adottati dal presidente della corte di appello.

45. 1. In deroga all’articolo 2, primo comma, della legge 24 aprile 1941,


n. 392, il Ministro di grazia e giustizia può disporre che vengano utilizzati a
servizio del tribunale o di una o più sezioni distaccate, per un periodo non
superiore a cinque anni dalla data di efficacia del presente decreto, gli immo-
bili di proprietà dello Stato, ovvero di proprietà comunale interessati da
interventi edilizi finanziati ai sensi dell’articolo 19 della legge 30 marzo 1981,
n. 119, adibiti a servizio delle soppresse sezioni distaccate della pretura cir-
condariale e ubicati in comuni del circondario non compresi nella tabella B
allegata al presente decreto.
2. Il provvedimento è adottato sentiti il presidente del tribunale, il con-
siglio giudiziario, il consiglio dell’ordine degli avvocati e le amministrazioni
locali interessate.
3. Per il personale che presta servizio presso alcuno degli immobili indi-
cati nel comma 1, si considera sede di servizio il comune nel quale l’immobi-
le stesso è ubicato.
420 Il sistema giudiziario italiano

4. Le spese di gestione e manutenzione degli immobili sono a carico del


comune ove i medesimi si trovano in base alle disposizioni della legge 24 apri-
le 1941, n. 392.

46. 1. Anche in deroga alle norme sulla contabilità generale dello Stato,
le attrezzature delle sezioni distaccate delle preture circondariali ubicate nei
comuni non compresi nella tabella B allegata al presente decreto possono
essere assegnate dal presidente del tribunale, con il consenso degli enti loca-
li interessati quanto alle attrezzature ad essi appartenenti, alla sede principa-
le del tribunale ovvero a una o più sezioni distaccate] (29).

47. 1. I procedimenti pendenti alla data di efficacia del presente decre-


to presso le sezioni distaccate delle preture circondariali che devono essere
definiti dal tribunale, sono trattati nella sezione distaccata di tribunale la cui
circoscrizione comprende l’intero territorio della soppressa sezione distacca-
ta di pretura, o, in mancanza, nella sede principale.
2. I procedimenti pendenti davanti ai tribunali alla data di efficacia del
presente decreto sono trattati nella sede principale.

48. 1. Nelle sezioni distaccate di tribunale la cui circoscrizione com-


prende l’intero territorio di una o più soppresse sezioni distaccate di pretura,
è mantenuto l’ufficio del pretore per la definizione dei procedimenti pen-
denti alla data di efficacia del presente decreto ai quali continuano ad appli-
carsi le norme anteriormente vigenti.
2. Il funzionamento dell’ufficio del pretore presso le sezioni distaccate
del tribunale è assicurato
mediante applicazione, anche a tempo parziale, dei magistrati addetti
alla sezione distaccata del tribunale e con l’utilizzazione dei locali, del perso-
nale e delle attrezzature di quest’ultima.
3. Il presidente del tribunale designa con decreto i magistrati applicati
all’ufficio del pretore incaricati della trattazione dei singoli procedimenti,
indicando i giorni in cui essi tengono udienza, in modo che sia assicurata, di
norma, la definizione dei procedimenti da parte degli stessi magistrati ai quali
erano in precedenza assegnati. Il decreto è trasmesso, previo parere del con-
siglio giudiziario, al Consiglio superiore della magistratura.
4. Se la circoscrizione di una soppressa sezione distaccata della pretura
circondariale non è interamente compresa nella circoscrizione di una sezione
distaccata del tribunale, i procedimenti di cui al comma 1 sono definiti dal-
l’ufficio del pretore della sede circondariale.

(Omissis)
Normativa 421

NOTE

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 20 marzo 1998, n. 66, S.O.


(2) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circo-
lari:
– Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 27 luglio 1999, n. 885;
– Ministero delle finanze: Circ. 12 ottobre 1999, n. 201/T;
– Ministero dell’interno: Circ. 5 gennaio 1999, n. 2/99; Circ. 24 marzo 1998, n. 24;
Circ. 27 maggio 1999, n. 9;
– Ministero di grazia e giustizia: Circ. 29 aprile 1998, n. 4/1-S-696; Circ. 15 luglio
1998, n. 10-8-10-b-967; Circ. 21 maggio 1999, n. 142/OG-DG/99; Circ. 25 maggio 1999,
n. 963.
(3) Sostituisce l’art. 2, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(4) Sostituisce il comma 1, dell’art. 7-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(5) Modifica il comma 1, dell’art. 7-ter, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(6) Aggiunge un comma dopo il secondo all’art. 7-ter, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(7) Aggiunge gli artt. 42-bis, 42-ter, 42-quater, 42-quinques, 42-sexies e 42-septies al R.D.
30 gennaio 1941, n. 12.
(8) Sostituisce l’art. 43, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(9) Aggiunge l’art. 43-bis, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(10) Sostituisce l’art. 46, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(11) Sostituisce l’art. 47, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(12) Aggiunge gli artt. 47-bis, 47-ter, 47-quater, 47-quinquies, al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(13) Sostituisce l’art. 48, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(14) Aggiunge la Sez. I-bis al Capo III del Titolo II R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(15) Sostituisce il comma 1, dell’art. 70, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(16) Sostituisce l’art. 71, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(17) Aggiunge l’art. 71-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(18) Sostituisce l’art. 72, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(19) Modifica il comma 2, dell’art. 74, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(20) Sopprime il secondo periodo del comma 2, dell’art. 90, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(21) Modifica il comma 1, dell’art. 110, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(22) Modifica il comma 1, dell’art. 129, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(23) Sostituisce l’art. 209, R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(24) Aggiunge l’art. 209-bis al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(25) Sostituisce il comma 1, dell’art. 18, L. 10 aprile 1951, n. 287.
(26) Comma così modificato dall’art. 1, D.L. 24 maggio 1999, n. 145.
(27) Comma così sostituito dall’art. 5, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. Uff. 19 mag-
gio 1999, n. 115).
(28) La Sezione IV-bis e l’art. 41-bis sono stati aggiunti dall’art. 6, D.Lgs. 4 maggio 1999,
n. 138 (Gazz. uff. 19 maggio 1999, n. 115).
(29) Articolo abrogato dall’art. 7, D.Lgs. 4 maggio 1999, n. 138 (Gazz. uff. 19 maggio
1999, n. 115).
422 Il sistema giudiziario italiano

D.P.R. 17 luglio 1998 (1).


Regolamento per il tirocinio degli uditori giudiziari (2).

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA


PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SUPERIORE
DELLA MAGISTRATURA

Visto l’art. 129 dell’ordinamento giudiziario;


Visto l’art. 48 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre
1958, n. 916;
Vista la delibera in data 11 giugno 1998, con la quale il Consiglio supe-
riore della magistratura, sentito il Ministro di grazia e giustizia, ha determi-
nato le norme per il tirocinio degli uditori giudiziari;

EMANA IL SEGUENTE REGOLAMENTO PER IL TIROCINIO DEGLI UDITORI GIUDI-


ZIARI:

1. Funzione, direzione e organizzazione del tirocinio. – 1. Funzioni del


tirocinio sono la formazione professionale degli uditori giudiziari e la verifi-
ca della loro idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie.
2. Il Consiglio superiore della magistratura dirige, organizza, coordina e
controlla il tirocinio degli uditori giudiziari avvalendosi dei consigli giudizia-
ri, delle commissioni distrettuali per gli uditori giudiziari previste dall’art. 9,
dei magistrati collaboratori previsti dall’art. 10, dei magistrati affidatari pre-
visti dall’art. 11 e del comitato scientifico previsto dall’art. 29, comma 3, del
regolamento interno del Consiglio superiore della magistratura.

2. Sede del tirocinio. – 1. Gli uditori giudiziari sono destinati dal Consi-
glio superiore della magistratura, per lo svolgimento del tirocinio, agli uffici
giudiziari di primo grado della città sede della corte d’appello nel cui distret-
to l’uditore ha la residenza al momento della nomina, oppure di altra città sede
di corte d’appello, se l’uditore lo richiede ovvero se per il numero esiguo degli
uditori residenti in quel distretto o per altri motivi si renda opportuna tale
diversa destinazione. Se gli uditori giudiziari che hanno residenza in un cir-
condario diverso da quello in cui ha sede la corte d’appello sono in numero
sufficiente o se ricorrono altre esigenze correlate al miglior svolgimento del
tirocinio, il Consiglio può stabilire che il tirocinio si svolga negli uffici giudi-
ziari di tale circondario, salva l’applicazione del successivo comma 4.
2. Nel corso del tirocinio, il Consiglio superiore della magistratura può
destinare d’ufficio l’uditore ad un’altra città sede di corte d’appello, qualora
Normativa 423

ciò sia ritenuto assolutamente necessario al fine di un miglior svolgimento del


tirocinio stesso. Il mutamento di destinazione può inoltre essere disposto a
domanda dell’interessato, se non pregiudica tale svolgimento.
3. Ai fini di un miglior tirocinio, il consiglio giudiziario, su proposta dei
magistrati collaboratori di cui al successivo art. 10, può affidare gli uditori
giudiziari a magistrati in servizio presso uffici giudiziari di altre sedi del
medesimo distretto, per seguire il compimento di specifiche attività o per
periodi di tirocinio limitati.
4. In tutti i casi previsti dai commi precedenti, gli uditori giudiziari par-
tecipano comunque a tutte le iniziative collettive o di gruppo organizzate in
sede distrettuale secondo le presenti disposizioni.

3. Durata del tirocinio. – 1. La durata complessiva del tirocinio è deter-


minata per ciascun concorso dal Consiglio superiore della magistratura e non
può, di regola, essere inferiore a diciotto mesi ad iniziare dalla data fissata dal
Consiglio medesimo, esclusi i periodi di congedo straordinario o aspettativa
di durata superiore a trenta giorni nonché i periodi feriali dei magistrati di cui
all’art. 90 dell’ordinamento giudiziario, anche se l’uditore abbia goduto di
ferie di durata inferiore.
2. La data di inizio del tirocinio non può di regola essere fissata nel
periodo dal primo giugno al quindici settembre. Il Consiglio superiore
della magistratura, non appena la procedura di concorso perviene ad una
fase che consenta di determinare in via presuntiva e di massima il numero
di uditori giudiziari che verranno destinati a ciascun distretto per lo svol-
gimento del tirocinio e la data approssimativa in cui il tirocinio stesso
potrà avere inizio, comunica tali dati ai consigli giudiziari, affinché gli stes-
si possano provvedere tempestivamente alla individuazione dei magistrati
collaboratori e affidatari e alla predisposizione delle attività formative ad
essi demandate.
3. Il tirocinio è dapprima «ordinario» e successivamente «mirato».
4. Il tirocinio ordinario ha durata non inferiore a tredici mesi. Il tiroci-
nio mirato ha durata non inferiore a cinque mesi.
5. I termini di durata di cui al comma precedente si intendono al netto
dei periodi di ferie dei magistrati di cui all’art. 90 dell’ordinamento giudizia-
rio. Gli uditori senza funzioni debbono fruire delle ferie in tali periodi e, per
la parte di essi che residua, sono destinati alle attività di tirocinio determina-
te dal consiglio giudiziario in relazione alle funzioni giudiziarie che vengono
svolte durante il periodo feriale e a quelle alle quali l’uditore è stato destina-
to nel periodo immediatamente precedente o immediatamente successivo a
quello feriale. La medesima disposizione si applica per il periodo dal primo
giugno al quindici settembre, nel caso in cui l’uditore giudiziario sia stato
immesso in servizio nel corso di tale periodo.
424 Il sistema giudiziario italiano

4. Tirocinio ordinario. – 1. Scopi del tirocinio ordinario sono l’ap-


profondimento e il completamento della preparazione culturale e l’introdu-
zione alla pratica lavorativa, quest’ultima da realizzare con particolare atten-
zione all’apprendimento delle tecniche procedurali e alle questioni di meto-
do. Durante tutto il tirocinio, il processo di formazione degli uditori è inoltre
orientato all’affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equi-
librio, indipendenza ed imparzialità, allo sviluppo dell’attitudine all’adegua-
mento permanente della propria formazione professionale, nonché alla matu-
razione di un atteggiamento corretto, proficuo e consapevole nei rapporti
con i cittadini, i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale del-
l’ufficio.
2. La fase del tirocinio ordinario si articola nel modo seguente:
a) sei mesi di assegnazione ad uffici giudiziari civili;
b) sette mesi di assegnazione ad uffici giudiziari penali, di cui quattro ad uffi-
ci giudicanti e tre ad uffici requirenti.
3. Nell’ambito delle articolazioni di cui al comma precedente, il tiroci-
nio si svolge secondo il piano predisposto dai magistrati collaboratori, in
modo tale da assicurare, specialmente negli uffici di maggiori dimensioni, che
il praticantato, pur consentendo all’uditore di acquisire conoscenza dei vari
campi in cui si esplica la funzione giudiziaria, non subisca frazionamenti
eccessivi, ma si concentri, approfondendole adeguatamente, su un numero
limitato di esperienze significative. Gli elementi di conoscenza necessari per
orientare l’uditore nelle sue future scelte professionali anche in ordine a fun-
zioni specializzate vengono trasmessi mediante appositi incontri seminariali,
a livello decentrato, nonché, ove l’uditore ne faccia richiesta, attraverso un
significativo ed adeguato periodo di assegnazione agli uffici in questione.
4. Il piano di cui al comma precedente comprende anche l’assegnazione
dell’uditore a collegi di appello, nei modi e con i tempi che i magistrati col-
laboratori ritengono opportuni.

5. Tirocinio mirato. – 1. Il tirocinio mirato si svolge presso un ufficio


dello stesso tipo di quello al quale l’uditore è stato assegnato ed è rivolto al
completamento della formazione di base nonché all’avviamento dell’uditore
all’esercizio delle specifiche funzioni che egli è destinato a svolgere.
2. Il dirigente dell’ufficio giudiziario al quale l’uditore è stato destinato
comunica con precisione e senza ritardo al consiglio giudiziario che ne cura
il tirocinio le specifiche funzioni alle quali egli sarà destinato secondo le tabel-
le e i criteri di assegnazione degli affari vigenti in tale ufficio. Tali indicazioni
sono vincolanti e non possono essere successivamente modificate o derogate
se non per gravi motivi di servizio, non altrimenti superabili. La modifica
deve essere tempestivamente comunicata alla commissione distrettuale per
Normativa 425

gli uditori giudiziari e al Consiglio superiore della magistratura, che, se non


la ritiene giustificata, annulla la decisione.
3. La commissione distrettuale per gli uditori giudiziari, tramite il presi-
dente del consiglio giudiziario, sollecita, in caso di ritardo, la comunicazione
di cui al comma precedente ovvero ne richiede le opportune precisazioni e
specificazioni.
4. Copia della corrispondenza di cui ai commi 2 e 3 è inviata al Consi-
glio superiore della magistratura.
5. Le violazioni di quanto disposto dai commi 1 e 2 del presente artico-
lo sono segnalate ai titolari dell’azione disciplinare.

6. Quaderno del tirocinio. – 1. Durante il tirocinio, l’uditore redige un


quaderno nel quale, con cadenza almeno settimanale, annota le attività svol-
te e quelle alle quali ha partecipato o assistito, formulando le proprie even-
tuali osservazioni ed indicando ogni altro elemento utile a dar conto dell’e-
sperienza formativa in corso.
2. Il quaderno del tirocinio è vistato dal magistrato affidatario che vi
riporta le proprie osservazioni e le proprie indicazioni anche sugli ulteriori
sviluppi dell’esperienza formativa.
3. Al termine dei diversi segmenti del tirocinio, il quaderno è consegna-
to ai magistrati collaboratori insieme ad una relazione complessiva dell’udi-
tore sul tirocinio svolto.

7. Fascicolo dell’uditore. – 1. Il consiglio giudiziario forma per ciascun


uditore un fascicolo nel quale sono inclusi il piano di tirocinio, le relazioni dei
magistrati collaboratori e dei magistrati affidatari, il quaderno del tirocinio
(art. 6), copia di tutti i provvedimenti redatti dall’uditore, con le modifiche
ad essi eventualmente apportate dai magistrati affidatari, le autorelazioni (art.
6, comma 3) e gli elaborati scritti dell’uditore.

8. Competenze del consiglio giudiziario. – 1. Il consiglio giudiziario orga-


nizza e coordina il tirocinio attuando le direttive del Consiglio superiore della
magistratura; nomina i magistrati collaboratori (art. 10); approva il piano di
tirocinio stabilito per ciascun uditore ed il programma generale per le attività
di formazione da svolgersi in sede locale e li invia al Consiglio superiore della
magistratura per la ratifica; forma per ciascun uditore il fascicolo di cui all’art.
7; redige le relazioni sull’idoneità al conferimento delle funzioni giudiziarie,
formulando i relativi pareri; propone l’eventuale proroga del tirocinio ai sensi
dell’art. 14; provvede, attraverso la commissione di cui all’art. 9, all’attuazione
di quanto occorra per il più efficace svolgimento del tirocinio ed in particola-
re all’attuazione dei corsi a livello locale; formula proposte e pareri sulla modi-
ficazione della sede del tirocinio ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2.
426 Il sistema giudiziario italiano

2. La nomina dei magistrati collaboratori è soggetta all’approvazione del


Consiglio superiore della magistratura.

9. Commissione distrettuale per gli uditori giudiziari. – 1. Presso ciascun


consiglio giudiziario è istituita una commissione distrettuale per gli uditori
giudiziari.
2. Della commissione fanno parte:
a) tre magistrati designati dal consiglio giudiziario fra i propri componenti,
anche supplenti;
b) i magistrati designati ai sensi della lettera a) dai consigli giudiziari prece-
denti, fino al termine del tirocinio degli uditori che hanno iniziato il tiro-
cinio stesso mentre essi erano componenti del consiglio giudiziario;
c) i magistrati collaboratori nominati ai sensi dell’art. 10 delle presenti dispo-
sizioni.
3. La commissione formula al consiglio giudiziario proposte per l’orga-
nizzazione ed il coordinamento del tirocinio e vigila sull’attuazione di esso
anche promuovendo incontri con i magistrati affidatari e con gli uditori giu-
diziari; cura la formazione e l’aggiornamento del fascicolo di cui all’art. 7;
propone e, su delibera del consiglio giudiziario, organizza e coordina gli
incontri di studio di cui all’art. 12.

10. Magistrati collaboratori. – 1. Il consiglio giudiziario, per la organiz-


zazione del tirocinio, si avvale di «magistrati collaboratori», scelti tra magi-
strati dotati di adeguata esperienza, con riferimento alle doti di particolare
preparazione teorica e pratica e di elevato prestigio professionale, nonché al
possesso di spiccate attitudini comunicative e didattiche e di capacità orga-
nizzative. L’incarico di magistrato collaboratore non può essere conferito ai
magistrati che hanno riportato condanne per delitti non colposi o a pena
detentiva per contravvenzioni, o ai quali sono state inflitte sanzioni discipli-
nari, o nei confronti dei quali pendono procedimenti penali per delitti non
colposi o per contravvenzioni punite anche con pena detentiva, o procedi-
menti disciplinari.
2. La partecipazione ai compiti di formazione professionale degli udito-
ri giudiziari costituisce un dovere d’ufficio. I magistrati che non ritengono di
poter svolgere la funzione di magistrato collaboratore o di magistrato affida-
tario debbono darne comunicazione al consiglio giudiziario, specificandone i
motivi. Tutti i magistrati che hanno particolare interesse allo svolgimento di
tali funzioni possono comunicare la loro disponibilità al consiglio giudiziario.
La presentazione di tali comunicazioni non vincola il consiglio giudiziario, il
quale può incaricare dello svolgimento delle funzioni di magistrato collabo-
ratore qualunque magistrato con qualifica non inferiore a magistrato di Tri-
Normativa 427

bunale, di regola con anzianità di servizio di almeno cinque anni, che sia rite-
nuto particolarmente qualificato per tale compito e per il quale non sussista-
no sufficienti motivi di impedimento.
3. Per ciascun gruppo di uditori in tirocinio ordinario, composto, di
regola, da non più di cinque uditori, sono designati due magistrati collabora-
tori, uno per le funzioni civili e l’altro per le funzioni penali. Per il tirocinio
mirato ad ufficio esclusivamente civile o penale, le funzioni di collaboratore
saranno svolte unicamente da quello, fra i due magistrati, che abbia specifica
competenza nel settore.
4. Ai magistrati collaboratori del consiglio giudiziario è affidato il com-
pito di curare il tirocinio del gruppo di uditori ad essi assegnato. A tal fine
essi:
a) predispongono per ciascun uditore un piano di tirocinio da sottoporre alla
commissione distrettuale per gli uditori giudiziari, che può proporre al
consiglio giudiziario di apportarvi le opportune modifiche;
b) verificano, attraverso il continuo contatto con gli uditori e i magistrati affi-
datari, l’efficacia e la validità del tirocinio pratico e gli elementi che ne
emergono relativamente a ciascun uditore;
c) un mese prima del termine del tirocinio ordinario trasmettono alla com-
missione distrettuale per gli uditori giudiziari una relazione, redatta anche
sulla base delle relazioni dei magistrati affidatari, del quaderno di tirocinio,
degli elementi risultanti dal fascicolo dell’uditore nonché di ogni altro ele-
mento utile ai fini della valutazione, in cui riferiscono sulla idoneità dell’u-
ditore all’esercizio delle funzioni giudiziarie ed in particolare della even-
tuale sussistenza di elementi che possano denotare l’insufficiente idoneità
del medesimo ovvero la sussistenza di controindicazioni all’assegnazione di
determinate funzioni; nella medesima relazione dovranno essere indicati i
settori nei quali l’uditore abbia eventualmente dimostrato maggiori attitu-
dini e dovrà in particolare essere specificatamente valutata la sussistenza di
attitudini all’esercizio delle funzioni inquirenti;
d) un mese prima del termine finale del tirocinio trasmettono alla Commis-
sione distrettuale per gli uditori giudiziari una relazione definitiva sulle
attitudini e le capacità dimostrate dai singoli uditori e sulla idoneità dei
medesimi all’esercizio delle funzioni giudiziarie, redatta sulla base degli
elementi di valutazione di cui al paragrafo precedente, integrati con gli
analoghi elementi di valutazione riferiti al tirocinio mirato.
5. Il dirigente dell’ufficio provvede a ridurre l’assegnazione del lavoro
giudiziario ai magistrati collaboratori, in misura adeguata all’impegno richie-
sto per lo svolgimento della funzione formativa ad essi affidata e secondo cri-
teri di cui fornisce specifica comunicazione alla commissione uditori presso il
consiglio giudiziario.
428 Il sistema giudiziario italiano

6. Nei prospetti statistici del lavoro giudiziario viene annotata l’indica-


zione dello svolgimento della funzione di collaborazione, della relativa dura-
ta e del numero degli uditori seguiti.

11. Magistrati affidatari. – 1. La commissione di cui all’art. 9 sceglie il


magistrato o i magistrati cui affidare, di volta in volta, l’uditore in tirocinio
ordinario o mirato. La scelta è effettuata, secondo i criteri di cui all’art. 10,
comma 1, preferibilmente tra magistrati che abbiano almeno tre anni di effet-
tivo esercizio delle funzioni giudiziarie, in base alle indicazioni dei magistra-
ti collaboratori, nonché, se non sussistono ragioni in contrario, alle preferen-
ze eventualmente espresse dagli uditori.
2. Il magistrato affidatario cura che l’uditore assista a tutte le attività giu-
diziarie, compresa la partecipazione alle camere di consiglio.
3. Il magistrato affidatario assegna all’uditore la redazione delle minute
di provvedimenti e spiega all’uditore le modifiche eventualmente apportate.
Copia delle minute con le relative modifiche è inserita nel fascicolo di cui
all’art. 7 insieme ad ogni altro elaborato redatto dall’uditore nel corso del
tirocinio.
4. Nel corso del tirocinio mirato, l’uditore è incaricato dello svolgimen-
to di attività processuale in generale ed istruttoria in particolare, alla presen-
za e sotto la guida ed il controllo del magistrato affidatario, il quale ultimo ne
mantiene comunque la titolarità e la responsabilità.
5. Su richiesta del magistrato affidatario, il Procuratore della Repubbli-
ca presso la Pretura circondariale può delegare l’uditore ad esercitare le fun-
zioni di pubblico ministero, ai sensi dell’art. 72 dell’ordinamento giudiziario.
6. Al termine del periodo di affidamento, il magistrato affidatario redi-
ge una relazione sul tirocinio compiuto dall’uditore sotto la sua guida e la tra-
smette al magistrato collaboratore e alla commissione di cui all’art. 9.
7. I magistrati affidatari partecipano, per quanto utile e possibile, alle
attività di studio e ricerca di cui all’articolo seguente.

12. Incontri di studio. – 1. Nel corso del tirocinio gli uditori partecipano
ad incontri di studio e ad altre iniziative formative organizzate in sede nazio-
nale e in sede locale.
2. Il Consiglio superiore della magistratura, sia durante il tirocinio ordi-
nario, sia durante quello mirato, organizza incontri di studio ed altre iniziati-
ve formative in sede nazionale avvalendosi del comitato scientifico istituito
dall’art. 29 del regolamento interno del consiglio e secondo le procedure ivi
previste. Oltre a quelli dedicati a temi di diritto sostanziale e processuale, il
consiglio organizza incontri riguardanti l’ordinamento giudiziario, la deonto-
logia professionale nonché l’organizzazione e la gestione degli uffici e del
lavoro giudiziario.
Normativa 429

3. Il consiglio giudiziario, su proposta della commissione di cui all’art.


9, organizza incontri di studio ed altre iniziative di formazione professionale
a livello locale, adottando a tal fine ogni opportuna intesa con le istituzioni
universitarie, gli organismi forensi e altre entità della vita sociale. Il consiglio
giudiziario cura che in occasione di tali iniziative formative sia specificamen-
te rappresentato il punto di vista del difensore e provvede ad organizzare,
insieme ad organismi forensi, attività di formazione professionale comune
per uditori giudiziari e giovani avvocati.
4. Il Consiglio superiore della magistratura provvede ad impartire le
direttive e a fornire le informazioni necessarie per il coordinamento tra l’atti-
vità di formazione svolta in sede centrale, quella svolta in sede locale ed il pra-
ticantato presso gli uffici giudiziari. In particolare, il Consiglio superiore della
magistratura comunica ai consigli giudiziari subito dopo l’inizio del tirocinio
ordinario e con congruo anticipo rispetto all’inizio del tirocinio mirato i pro-
grammi di massima degli incontri di studio che verranno organizzati in sede
nazionale, al fine di rendere possibile ai consigli giudiziari di organizzare le
attività formative in sede locale evitando duplicazioni e meglio assicurando-
ne la capacità integrativa e preparatoria rispetto agli incontri di cui al prece-
dente comma 2. La competente commissione del consiglio può affidare a
propri componenti compiti di coordinamento delle suddette attività di for-
mazione decentrate.
5. Su proposta dei consigli giudiziari o di propria iniziativa il Consiglio
superiore della magistratura può disporre che le attività di formazione in sede
locale siano totalmente o parzialmente attuate in un’unica sede per più
distretti.
6. Gli uditori sono tenuti ad apprendere le tecniche informatiche di base
al fine di essere in grado di usare normalmente gli elaboratori personali. Corsi
di addestramento sono organizzati dal Consiglio superiore della magistratura
e dai consigli giudiziari.

13. Incontri di studio sulla formazione professionale degli uditori. – 1. Il


Consiglio superiore della magistratura organizza incontri di studio, princi-
palmente diretti ai magistrati collaboratori, ai magistrati affidatari e ai com-
ponenti delle commissioni distrettuali di cui all’art. 9 ed aventi ad oggetto l’e-
laborazione, l’organizzazione e il coordinamento delle attività di tirocinio
nonché il perfezionamento delle relative modalità di attuazione.

14. Valutazioni di idoneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie e indivi-


duazione degli uffici di destinazione. – 1. Nell’imminenza della conclusione
del tirocinio ordinario il consiglio giudiziario riceve la relazione redatta dai
magistrati collaboratori su ciascun uditore e, su proposta della commissione
di cui all’art. 9, formula un parere sull’idoneità dell’uditore all’esercizio delle
430 Il sistema giudiziario italiano

funzioni giudiziarie, prodromico a quello di cui all’art. 129 dell’ordinamento


giudiziario. La relazione e il parere vengono comunicati all’uditore giudizia-
rio il quale ha facoltà di formulare proprie osservazioni che vengono allegate
al fascicolo. Gli atti vengono quindi trasmessi, unitamente al fascicolo dell’u-
ditore, al Consiglio superiore della magistratura.
2. La competente commissione del Consiglio superiore della magistra-
tura, anche sulla base delle relazioni, dei pareri e dei documenti acquisiti al
fascicolo dell’uditore, accerta quali siano i settori per i quali l’uditore abbia
eventualmente dimostrato maggiori attitudini ed esprime in particolare la
propria valutazione sulla sussistenza di adeguate specifiche attitudini all’e-
sercizio delle funzioni inquirenti.
3. Se la commissione, sulla base dei medesimi elementi di valutazione,
ritiene che debba essere espresso un giudizio di non sufficiente idoneità all’e-
sercizio delle funzioni giudiziarie, propone al consiglio, sentito l’uditore, di
disporre che il tirocinio ordinario prosegua per uno o più periodi, fino ad un
massimo di altri diciotto mesi, determinati ai sensi del precedente art. 3, sta-
bilendone le modalità idonee al miglior completamento della formazione
professionale e alla migliore verifica dell’idoneità.
4. La proroga del tirocinio ordinario può essere disposta anche nel caso
in cui, per particolari ragioni, gli elementi di cui al comma precedente non
siano sufficienti ad esprimere un giudizio sulla idoneità dell’uditore. In tal
caso, peraltro, può anche disporsi che la valutazione sull’idoneità all’esercizio
delle funzioni giudiziarie sia rinviata al termine del tirocinio mirato, even-
tualmente prolungandone la durata al fine di consentire una compiuta e sicu-
ra verifica.
5. Se al termine della prosecuzione del tirocinio per la durata massima
di cui al comma 3 o per la minor durata ritenuta sufficiente ad una compiu-
ta e sicura verifica viene espresso un giudizio di non idoneità all’esercizio
delle funzioni giudiziarie, il consiglio, su proposta della commissione compe-
tente, dispone la cessazione dell’uditore dal servizio.
6. Se, sulla base degli elementi indicati al comma 2, la commissione
ritiene che possano ricorrere le condizioni per un giudizio definitivo di ini-
doneità all’esercizio delle funzioni giudiziarie ai sensi e per gli effetti del
comma precedente, ne dà comunicazione all’uditore giudiziario invitandolo
a comparire personalmente. Sentito l’uditore con l’eventuale assistenza di
altro magistrato, la commissione può svolgere ogni attività che ritenga utile
per verificare la validità delle valutazioni espresse sull’uditore e per accertar-
ne l’idoneità professionale. Completata l’istruttoria, la commissione comuni-
ca all’uditore il deposito degli atti e gli assegna un termine di durata adegua-
ta per esporre per iscritto o oralmente le proprie ragioni. Di queste ultime, la
commissione è tenuta a dar specificamente conto nella motivazione della
propria proposta al consiglio.
Normativa 431

7. Nel caso che la commissione proponga al consiglio di dichiarare in via


definitiva l’inidoneità dell’uditore all’esercizio delle funzioni giudiziarie e di
disporne la cessazione dal servizio, la data fissata per la seduta del consiglio
viene comunicata all’interessato con anticipo di almeno quindici giorni libe-
ri, mediante atto comunicato in plico chiuso e contenente l’avviso che nel
corso della seduta l’interessato e il suo assistente avranno diritto di essere sen-
titi subito dopo la relazione e prima del dibattito nonché al termine di que-
sto, prima delle dichiarazioni di voto.
8. Se la commissione esprime parere positivo circa l’idoneità all’eserci-
zio delle funzioni giudicanti, segnalando peraltro che l’uditore non ha dimo-
strato sufficienti attitudini all’esercizio delle funzioni inquirenti, la prosecu-
zione del tirocinio a norma dei precedenti commi 3 e 4 è disposta soltanto se
l’uditore la richiede.
9. Nel caso previsto dal comma precedente, se, al termine della prose-
cuzione del tirocinio, viene confermata la valutazione di insufficiente idoneità
all’esercizio delle funzioni inquirenti e l’uditore si oppone ad essa, si applica-
no le disposizioni previste dai commi 6 e 7.
10. Se viene espressa una valutazione di insufficiente idoneità all’eserci-
zio delle funzioni inquirenti e se la stessa, in caso di prosecuzione del tiroci-
nio a norma del comma 8, viene confermata, è esclusa la successiva destina-
zione dell’uditore ad uffici del pubblico ministero.
11. Completato positivamente il tirocinio ordinario, il consiglio, su pro-
posta della commissione competente, delibera a quale ufficio verrà destinato
l’uditore per l’esercizio delle funzioni giudiziarie, al termine del tirocinio
mirato.
12. L’individuazione e l’assegnazione delle sedi e degli uffici ai quali
destinare gli uditori giudiziari per l’esercizio delle funzioni avviene secondo i
criteri predeterminati da parte del Consiglio superiore della magistratura, su
proposta della commissione competente, tenuto inderogabilmente conto di
quanto previsto ai precedenti commi 8 e 9 e, ove possibile, delle indicazioni
circa i settori di maggior attitudine accertati ai sensi del precedente comma 2.
13. Nell’imminenza della conclusione del tirocinio mirato l’uditore è
sottoposto a nuova valutazione nei modi e con gli effetti previsti dai prece-
denti commi per l’accertamento definitivo della sua idoneità all’esercizio
delle funzioni giudiziarie.
14. Se la valutazione è positiva, il consiglio conferisce all’uditore giudi-
ziario le funzioni giudiziarie, ai sensi dell’art. 129 dell’ordinamento giudizia-
rio, e successive modificazioni.
15. Se la commissione, in ragione di nuovi elementi di valutazione ovve-
ro di una rivalutazione degli elementi esistenti e di quelli emersi successiva-
mente, ritiene che debba essere espresso un giudizio di inidoneità all’esercizio
delle funzioni giudiziarie, propone al consiglio, sentito l’uditore, di disporre
432 Il sistema giudiziario italiano

che il tirocinio mirato prosegua per uno o più periodi, fino ad una durata com-
plessiva del tirocinio non superiore a trentasei mesi, determinati ai sensi del
precedente art. 3, stabilendo le modalità idonee al miglior completamento
della formazione professionale e alla migliore verifica dell’idoneità.
16. La prosecuzione del tirocinio mirato può essere disposta anche nel
caso in cui, per particolari ragioni, gli elementi di cui al comma precedente
non siano sufficienti ad esprimere un giudizio sulla idoneità dell’uditore ed
in ogni altro caso in cui si ritenga necessario un completamento della sua for-
mazione professionale ovvero una migliore verifica della sua idoneità.
17. Se al termine della prosecuzione del tirocinio mirato per la durata
massima di cui al comma 15 o per la minor durata ritenuta sufficiente ad una
compiuta e sicura verifica, viene confermato il giudizio di non idoneità all’e-
sercizio delle funzioni giudiziarie, il consiglio, su proposta della commissione
competente, dispone la cessazione dell’uditore dal servizio.
18. Nel caso previsto dal comma precedente si applicano le disposizio-
ni di cui ai commi 6 e 7.
19. La prosecuzione del tirocinio mirato all’esercizio di funzioni inqui-
renti è disposta, su richiesta dell’interessato, anche nel caso in cui la commis-
sione, all’esito di tale fase, pur esprimendo parere positivo circa l’idoneità
generale all’esercizio delle funzioni giudiziarie, ritenga che l’uditore non
abbia dimostrato sufficienti attitudini specifiche all’esercizio delle funzioni
suddette. L’uditore che non richiede la prosecuzione del tirocinio mirato alle
funzioni inquirenti viene destinato ad altre funzioni.
20. Nel caso previsto dal comma precedente, se, al termine della prose-
cuzione del tirocinio mirato, viene confermata la valutazione di insufficiente
idoneità specifica, l’uditore giudiziario viene destinato ad altre funzioni. Se
l’uditore si oppone, si applicano le disposizioni previste dai commi 6 e 7.
21. In caso di destinazione ad altre funzioni ai sensi dei commi 19 e 20,
il consiglio assegna l’uditore giudiziario ad altro ufficio ai sensi del prece-
dente comma 11 e il consiglio giudiziario provvede al tirocinio mirato con
riferimento alle specifiche funzioni che l’uditore è destinato a svolgere.
22. Le valutazioni relative all’idoneità all’esercizio delle funzioni giudi-
ziarie previste dal presente articolo hanno riguardo alla preparazione giuridi-
ca, alla capacità professionale, alla laboriosità e all’impegno nonché alle doti
di equilibrio e correttezza. Il giudizio sulle doti di equilibrio e correttezza
deve essere ancorato a fatti concreti, obiettivi e verificabili. Se mancano ele-
menti di fatto rilevanti in riferimento al parametro in questione, il giudizio
deve essere espresso con la formula «non vi è nulla da rilevare per quanto
riguarda equilibrio e correttezza».

15. Uditori giudiziari con funzioni. – 1. Dopo l’effettiva assunzione delle


funzioni e fino al momento della nomina a magistrato di tribunale, gli udito-
Normativa 433

ri giudiziari partecipano ad almeno tre incontri di studio organizzati dal Con-


siglio superiore della magistratura e a tutti gli incontri di formazione profes-
sionale organizzati in sede dal consiglio giudiziario.
2. Ad ogni uditore giudiziario, anche dopo l’effettiva assunzione delle
funzioni, vengono inviati, a cura del Consiglio superiore della magistratura,
materiali di studio e documentazione su temi e materie di particolare interes-
se o rilievo.
3. Il consiglio giudiziario si avvale della commissione distrettuale di cui
all’art. 9 e di magistrati collaboratori scelti secondo i criteri di cui al comma
1 dell’art. 10 anche per assistere e verificare il lavoro degli uditori giudiziari
con funzioni addetti agli uffici del distretto.
4. Ai fini di cui al comma precedente, ciascun uditore giudiziario con
funzioni è seguito da due magistrati collaboratori. A questi ultimi viene affi-
dato il compito di seguire l’attività di non più di tre uditori giudiziari con fun-
zioni.
5. I magistrati collaboratori di cui al comma 3 hanno il compito – nel
rispetto dell’autonomia di cui l’uditore giudiziario è pienamente titolare nel-
l’esercizio delle funzioni giudiziarie al medesimo affidate – di assistere l’udi-
tore giudiziario, di collaborare con lui ai fini del superamento delle difficoltà
e dei problemi connessi con l’inizio della professione e di orientarlo verso
l’approfondimento e il completamento della sua cultura professionale, non-
ché il compito di accertare, verificare e rappresentare ogni elemento utile per
la valutazione della sua idoneità professionale.
6. Al termine di un anno dall’assegnazione delle funzioni all’uditore, i
due magistrati collaboratori redigono ciascuno una relazione in cui riferisco-
no in modo specifico al consiglio giudiziario le attività svolte dall’uditore nel-
l’esercizio delle funzioni giudiziarie, dando conto analiticamente di ogni ele-
mento concreto rilevante ai fini di una completa valutazione dell’uditore
sotto il profilo della preparazione, della capacità professionale, dell’operosità,
della diligenza e dell’equilibrio, nonché della capacità di indipendenza e delle
specifiche attitudini dal medesimo dimostrate. Della relazione il consiglio
giudiziario tiene conto ai fini della redazione del parere previsto dall’art. 1
della legge 2 aprile 1979, n. 97.

16. Entrata in vigore. – 1. Le presenti disposizioni sostituiscono la disci-


plina per il tirocinio degli uditori giudiziari contenuta nel decreto del Presi-
dente della Repubblica 11 gennaio 1988, n. 116.
2. La presente disciplina entrerà in vigore per il tirocinio degli uditori
del concorso indetto con decreto ministeriale 16 gennaio 1997.
434 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 luglio 1998, n. 171.


(2) In deroga a quanto disposto dal presente decreto vedi l’art. 11, comma 5, L. 13 feb-
braio 2001, n. 48.
Normativa 435

L. 21 luglio 2000, n. 205 (1).


Disposizioni in materia di giustizia amministrativa (2).

(Omissis)

18. Modificazione della composizione del consiglio di presidenza della giu-


stizia amministrativa. – 1. (3).
2. In sede di prima applicazione, i componenti di cui all’articolo 7,
comma 1, lettera d), della legge 27 aprile 1982, n. 186, come sostituito dal
comma 1 del presente articolo, entrano a far parte del consiglio di presiden-
za in carica alla data di entrata in vigore della presente legge. Il mandato cessa
alla scadenza del consiglio stesso.
3. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge si
applicano, in quanto compatibili, al consiglio di presidenza della Corte dei
conti le disposizioni di cui ai commi 1 e 2.
4. Per le finalità previste dal comma 1, è autorizzata la spesa di lire 470
milioni annue per l’anno 2000 e di lire 940 milioni annue a decorrere dal-
l’anno 2001.

(Omissis)
436 Il sistema giudiziario italiano

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 luglio 2000, n. 173.


(2) Con riferimento al presente provvedimento è stata emanata la seguente circolare:
– Ministero del lavoro e della previdenza sociale: Circ. 30 ottobre 2000, n. 73.
(3) Sostituisce l’art. 7, L. 27 aprile 1982, n. 186.
Normativa 437

L. 13 febbraio 2001, n. 48 (1).


Aumento del ruolo organico e disciplina dell’accesso in magistratura.

CAPO I
RUOLO ORGANICO DELLA MAGISTRATURA

1. Aumento del ruolo organico. – 1. Il ruolo organico del personale della


magistratura è aumentato complessivamente di mille unità, delle quali tre-
cento da destinare alla trattazione delle controversie di cui alla legge 11 ago-
sto 1973, n. 533, e successive modificazioni.
2. La tabella B annessa alla legge 9 agosto 1993, n. 295, è sostituita dalla
tabella allegata alla presente legge.
3. Salvo quanto previsto nell’articolo 2, con separati decreti del Ministro
della giustizia, da emanare, sentito il Consiglio superiore della magistratura,
prima dello svolgimento della prova scritta di ciascuno dei concorsi banditi ai
sensi dell’articolo 18 sono incrementate complessivamente di cinquecentoqua-
rantasei posti le piante organiche degli uffici giudiziari in relazione al numero
di posti messi a concorso e in attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.

(Omissis)

CAPO II
SOSTITUZIONE DEI MAGISTRATI ASSENTI DAL SERVIZIO

4. Magistrati distrettuali. – 1. Con i decreti di cui al comma 3 dell’artico-


lo 1, il Ministro della giustizia provvede alla formazione presso ogni corte di
appello della pianta organica dei magistrati distrettuali, costituita dai magi-
strati di corte di appello e dai magistrati di tribunale, da destinare alla sostitu-
zione dei magistrati del distretto. I magistrati di appello possono essere chia-
mati a sostituire magistrati di tribunale e viceversa. In tale ultimo caso le fun-
zioni svolte sono comunque considerate funzioni di magistrati di tribunale.
2. La consistenza numerica di ciascuna pianta organica è determinata
con decreto del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della
magistratura, in relazione alle medie statistiche di assenze dei magistrati veri-
ficatesi negli uffici del distretto nei tre anni precedenti alla data di entrata in
vigore della presente legge.
3. Il numero dei magistrati distrettuali è soggetto a revisione biennale da
parte del Ministro della giustizia, sentito il Consiglio superiore della magi-
stratura, in relazione alle medie statistiche di assenze dei magistrati verifica-
tesi negli uffici del distretto nei due anni precedenti.
438 Il sistema giudiziario italiano

4. Ai fini delle determinazioni di cui ai commi 2 e 3, devono distinguer-


si i magistrati distrettuali destinati alla sostituzione di magistrati cui sono
attribuite funzioni giudicanti da quelli destinati alla sostituzione di magistra-
ti cui sono attribuite funzioni requirenti.
5. Il capoluogo del distretto di corte d’appello ove il magistrato distret-
tuale esercita le sue funzioni è considerato sede di servizio ad ogni effetto di
legge.

5. Compiti dei magistrati distrettuali. – 1. I magistrati distrettuali sono


chiamati alla sostituzione nei seguenti casi di assenza dall’ufficio:
a) aspettativa per malattia o per altra causa;
b) astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro per gravidanza o maternità
ovvero per le altre ipotesi disciplinate dalla legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) tramutamento ai sensi dell’articolo 192 del regio decreto 30 gennaio 1941,
n. 12, non contestuale all’esecuzione del provvedimento di trasferimento
di altro magistrato nel posto lasciato scoperto;
d) sospensione cautelare dal servizio in pendenza di procedimento penale o
disciplinare;
e) esonero dalle funzioni giudiziarie o giurisdizionali deliberato ai sensi del-
l’articolo 125-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come modifica-
to dalla presente legge.
2. Non si fa luogo a sostituzione nelle ipotesi di assenza di magistrati con
funzioni direttive o semidirettive.

6. Designazione dei magistrati in sostituzione. – 1. In presenza di alcuna


delle situazioni previste nell’articolo 5, il presidente della corte d’appello,
sentito il consiglio giudiziario, provvede alla sostituzione del magistrato
assente designando uno dei magistrati ricompresi nella pianta organica di cui
all’articolo 4 sulla base dei criteri predeterminati al momento della formazio-
ne delle tabelle. Il procuratore generale presso la corte d’appello provvede,
con le stesse modalità, alla designazione dei magistrati requirenti.
2. I provvedimenti di designazione sono comunicati al Consiglio supe-
riore della magistratura.
3. Il magistrato distrettuale che, allorquando viene meno la sostituzione,
abbia in corso la celebrazione di uno o più dibattimenti o udienze prelimina-
ri, è prorogato nell’esercizio delle funzioni limitatamente ai procedimenti
medesimi.

7. Ulteriori attribuzioni dei magistrati distrettuali. – 1. Quando non sus-


sistono i presupposti per la sostituzione di magistrati assenti dal servizio, i
magistrati distrettuali sono applicati negli uffici giudiziari del distretto secon-
Normativa 439

do le disposizioni previste dall’articolo 110 del regio decreto 30 gennaio


1941, n. 12, e successive modificazioni, fatta eccezione per quella di cui al
terzo periodo del comma 5 dello stesso articolo 110. L’applicazione può esse-
re revocata con la medesima procedura qualora risulti la necessità di proce-
dere alla sostituzione di un magistrato assente dal servizio.
2. Quando non sussiste necessità di applicazione, i magistrati distrettua-
li possono essere utilizzati dai Consigli giudiziari per le attività preparatorie
ed attuative delle loro deliberazioni.

8. Destinazione alle funzioni di magistrato distrettuale. – 1. I posti destina-


ti ai magistrati distrettuali sono messi a concorso con le procedure ordinarie.
2. Qualora i posti messi a concorso in un distretto siano rimasti scoper-
ti in misura non inferiore al 25 per cento, ai magistrati successivamente desti-
nati a tale sede, con funzioni di magistrato distrettuale, si applicano i benefì-
ci giuridici di cui all’articolo 5 della legge 4 maggio 1998, n. 133, sino a che
il numero dei posti scoperto non scende al di sotto del predetto valore, con
oneri a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della giu-
stizia.

(Omissis)

11. Norme di coordinamento. – 1. Nell’articolo 124, primo comma, del


regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, le parole: «alla
data della pubblicazione del bando di concorso» sono sostituite dalle seguenti:
«alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda».
2. All’articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 17 novembre 1997,
n. 398, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) sono soppresse le parole: «123, comma 1, lettera a), 123-bis, 123-quater,
123-quinquies,» e le parole: «nonchè l’articolo 17 del presente decreto legi-
slativo»;
b) (2).
3. All’articolo 6, settimo comma, del regio decreto 15 ottobre 1925,
n. 1860, le parole: «due membri» sono sostituite dalle seguenti: «un membro».
4. Al comma 2 dell’articolo 12 della legge 24 marzo 1958, n. 195, e suc-
cessive modificazioni, le parole: «Se il numero degli idonei è superiore a quel-
lo dei posti messi a concorso, eventualmente aumentati di un decimo,» sono
soppresse.
5. In deroga a quanto previsto dall’articolo 129 del regio decreto 30 gen-
naio 1941, n. 12, e successive modificazioni, dalla legge 30 maggio 1965,
n. 579, e, da ultimo, dal decreto del Presidente della Repubblica 17 luglio
440 Il sistema giudiziario italiano

1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 1998, il Consi-
glio superiore della magistratura, per esigenze degli uffici giudiziari conse-
guenti a significative carenze di organico, può ridurre fino a dodici mesi la
durata complessiva del tirocinio degli uditori giudiziari, assicurando peraltro
che il tirocinio mirato abbia durata non inferiore a cinque mesi; in tal caso, ai
magistrati è fatto obbligo di partecipare, per i cinque anni successivi all’as-
sunzione delle funzioni e per due mesi all’anno, agli incontri di studio sulla
formazione professionale, organizzati, fino alla istituzione della scuola della
magistratura, dal Consiglio superiore della magistratura.

12. Norma di interpretazione autentica. – 1. Le disposizioni di cui all’ar-


ticolo 12, comma 1, della legge 24 marzo 1958, n. 195, come sostituito dal-
l’articolo 13 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e all’articolo
125, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, come sostituito dal-
l’articolo 7 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, si interpretano
nel senso che si procede alle nomine nei limiti delle effettive vacanze dei
posti del ruolo organico e nell’ordine in cui queste si verificano, seguendo la
graduatoria finale di merito dei vincitori

(Omissis)

14. Concorso per magistrato di tribunale. – 1. (3).


2. Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi del-
l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentito il Consiglio
superiore della magistratura, sono determinate le necessarie disposizioni di
attuazione degli articoli 126-ter e 129-bis del regio decreto 30 gennaio 1941,
n. 12, come modificato dalla presente legge.
3. Fermo restando quanto previsto dalle norme vigenti, le disposizioni
di cui agli articoli 126-ter e 129-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
come modificato dalla presente legge, non si applicano ai concorsi riservati
per la provincia di Bolzano.
4. Agli eventuali oneri derivanti dall’attuazione del presente articolo si
provvede nei limiti degli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della
giustizia.

(Omissis)

17. Modifiche all’articolo 17 della legge n. 127 del 1997 e all’articolo 16


del decreto legislativo n. 398 del 1997. – 1. All’articolo 17, comma 113, della
legge 15 maggio 1997, n. 127, è soppressa la seguente parola: «biennale».
Normativa 441

2. All’articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, sono


apportate le seguenti modificazioni:
a) nella rubrica è soppressa la parola: «biennale» e nei commi 1 e 2 è sop-
pressa la parola: «biennali»;
b) (4).

18. Reclutamento di uditori giudiziari. – 1. Il reclutamento di uditori giu-


diziari per la copertura di tutti i posti vacanti nell’organico della magistratu-
ra alla data di entrata in vigore della presente legge, compresi quelli derivan-
ti dall’aumento di cui all’articolo 1, avviene mediante tre concorsi, banditi
con unico decreto.
2. Nei concorsi di cui al comma 1 la prova scritta verte su due delle
materie indicate dal comma 1 dell’articolo 123-ter del regio decreto 30 gen-
naio 1941, n. 12, come modificato dalla presente legge, individuate mediante
sorteggio effettuato nell’imminenza della prova. Particolare attenzione è
dedicata, in sede di prova orale, alla materia che il sorteggio ha escluso.
3. Nei concorsi di cui al comma 1 sono giudicati idonei i candidati che
conseguano in ciascuna materia della prova scritta e della prova orale i pun-
teggi indicati nell’articolo 123-ter del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
come modificato dalla presente legge, e comunque una votazione complessi-
va nelle due prove, esclusa la prova orale di cui alla lettera i) del comma 2 del
citato articolo 123-ter, non inferiore a ottantaquattro punti. Non sono
ammesse frazioni di punto.
4. Qualora all’esito delle prove scritte e orali il numero complessivo
dei candidati giudicati idonei, ai sensi del comma 3 del citato articolo 123-
ter, sia inferiore di oltre un decimo a quello che i bandi si propongono di
reclutare, è in facoltà del Ministro della giustizia, su conforme parere del
Consiglio superiore della magistratura, ammettere altresì i candidati che
abbiano conseguito almeno dodici ventesimi di punti in ciascuna delle
materie della prova scritta e almeno sei decimi in ciascuna delle materie
della prova orale.

(Omissis)

22. Disciplina transitoria. – 1. Le disposizioni di cui al capo IV diventa-


no efficaci in seguito all’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 16 del
decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, come modificato dalla presen-
te legge, in materia di scuole di specializzazione per le professioni legali.
2. Salvo quanto previsto al comma 1 le disposizioni della presente legge
riguardanti la disciplina dei concorsi per l’accesso in magistratura, ad ecce-
442 Il sistema giudiziario italiano

zione di quelle dettate dall’articolo 12, si applicano ai concorsi banditi suc-


cessivamente alla data della sua entrata in vigore.
3. Qualora non sia possibile completare tempestivamente l’organizza-
zione necessaria per la correzione degli elaborati scritti secondo la disciplina
prevista dall’articolo 125-quinquies del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12,
come modificato dalla presente legge, il Ministro della giustizia può, sentito
il Consiglio superiore della magistratura, differire, con proprio decreto moti-
vato, l’applicazione della disciplina medesima ai concorsi successivi a quelli
previsti dal comma 1 dell’articolo 18. In tal caso i concorsi di cui al medesi-
mo comma 1 dell’articolo 18 sono preceduti dalla prova preliminare prevista
dall’articolo 123-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nel testo previ-
gente alla data di entrata in vigore della presente legge e si svolgono secondo
la disciplina di cui al capo III della presente legge; si applicano altresì gli arti-
coli 123-quater e 123-quinquies del citato regio decreto nel testo previgente
alla data di entrata in vigore della presente legge.
Normativa 443

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 12 marzo 2001, n. 59.


(2) Aggiunge un periodo al comma 1 dell’art. 20, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
(3) Aggiunge l’art. 126-ter al R.D. 30 gennaio 1941, n. 12.
(4) Aggiunge i commi 2-bis e 2-ter all’art. 16, D.Lgs. 17 novembre 1997, n. 398.
444 Il sistema giudiziario italiano

L. 24 marzo 2001, n. 89 (1).


Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e
modifica dell’articolo 375 del codice di procedura civile.

1. Pronuncia in camera di consiglio. – 1. (2).

CAPO II
EQUA RIPARAZIONE

2. Diritto all’equa riparazione. – 1. Chi ha subìto un danno patrimoniale


o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salva-
guardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi
della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del ter-
mine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha
diritto ad una equa riparazione.
2. Nell’accertare la violazione il giudice considera la complessità del
caso e, in relazione alla stessa, il comportamento delle parti e del giudice del
procedimento, nonché quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi o
a comunque contribuire alla sua definizione.
3. Il giudice determina la riparazione a norma dell’articolo 2056 del
codice civile, osservando le disposizioni seguenti:
a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragio-
nevole di cui al comma 1;
b) il danno non patrimoniale è riparato, oltre che con il pagamento di una
somma di denaro, anche attraverso adeguate forme di pubblicità della
dichiarazione dell’avvenuta violazione.

3. Procedimento. – 1. La domanda di equa riparazione si propone dinan-


zi alla corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai
sensi dell’articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedi-
menti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativa-
mente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui àmbito la vio-
lazione si assume verificata.
2. La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria della
corte di appello, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e
contenente gli elementi di cui all’articolo 125 del codice di procedura civile.
3. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando
si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quan-
do si tratta di procedimenti del giudice militare, del Ministro delle finanze
Normativa 445

quando si tratta di procedimenti del giudice tributario. Negli altri casi è pro-
posto nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri.
4. La corte di appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del
codice di procedura civile. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della
camera di consiglio, è notificato, a cura del ricorrente, all’amministrazione
convenuta, presso l’Avvocatura dello Stato. Tra la data della notificazione e
quella della camera di consiglio deve intercorrere un termine non inferiore a
quindici giorni.
5. Le parti hanno facoltà di richiedere che la corte disponga l’acquisi-
zione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento in cui si
assume essersi verificata la violazione di cui all’articolo 2 ed hanno diritto,
unitamente ai loro difensori, di essere sentite in camera di consiglio se com-
paiono. Sono ammessi il deposito di memorie e la produzione di documenti
sino a cinque giorni prima della data in cui è fissata la camera di consiglio,
ovvero sino al termine che è a tale scopo assegnato dalla corte a seguito di
relativa istanza delle parti.
6. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso,
decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo.
7. L’erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene, nei limiti
delle risorse disponibili, a decorrere dal 1º gennaio 2002.

4. Termine e condizioni di proponibilità. – 1. La domanda di riparazione


può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui àmbito la
violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi
dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è
divenuta definitiva.

5. Comunicazioni. – 1. Il decreto di accoglimento della domanda è


comunicato a cura della cancelleria, oltre che alle parti, al procuratore gene-
rale della Corte dei conti, ai fini dell’eventuale avvio del procedimento di
responsabilità, nonché ai titolari dell’azione disciplinare dei dipendenti pub-
blici comunque interessati dal procedimento.

6. Norma transitoria. – 1. Nel termine di sei mesi dalla data di entrata in


vigore della presente legge, coloro i quali abbiano già tempestivamente pre-
sentato ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, sotto il profilo del
mancato rispetto del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1,
della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fon-
damentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, possono pre-
sentare la domanda di cui all’articolo 3 della presente legge qualora non sia
intervenuta una decisione sulla ricevibilità da parte della predetta Corte euro-
446 Il sistema giudiziario italiano

pea. In tal caso, il ricorso alla corte d’appello deve contenere l’indicazione
della data di presentazione del ricorso alla predetta Corte europea.
2. La cancelleria del giudice adìto informa senza ritardo il Ministero
degli affari esteri di tutte le domande presentate ai sensi dell’articolo 3 nel ter-
mine di cui al comma 1 del presente articolo.

7. Disposizioni finanziarie. – 1. All’onere derivante dall’attuazione della


presente legge, valutato in lire 12.705 milioni a decorrere dall’anno 2002, si
provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello stanzia-
mento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell’àmbito dell’unità
previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previ-
sione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione econo-
mica per l’anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
relativo al medesimo Ministero.
2. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economi-
ca è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
Normativa 447

NOTE

(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 3 aprile 2001, n. 78.


(2) Sostituisce l’art. 375 del codice di procedura civile che qui di seguito si trascrive:
375. Pronuncia in camera di consiglio. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione sem-
plice, pronuncia con ordinanza in camera di consiglio quando riconosce di dovere: 1) dichia-
rare l’inammissibilità [c.p.c. 331, 387] del ricorso principale [c.p.c. 365, 366, 369] e di quello
incidentale [c.p.c. 371] eventualmente proposto; 2) ordinare l’integrazione del contradditto-
rio o disporre che sia eseguita la notificazione dell’impugnazione a norma dell’articolo 332; 3)
dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia a norma dell’articolo 390; 4) pro-
nunciare in ordine all’estinzione del processo in ogni altro caso; 5) pronunciare sulle istanze di
regolamento di competenza e di giurisdizione. La Corte, sia a sezioni unite che a sezione sem-
plice, pronuncia sentenza in camera di consiglio quando il ricorso principale e quello inciden-
tale eventualmente proposto sono manifestamente fondati e vanno, pertanto, accolti entram-
bi, o quando riconosce di dover pronunciare il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi
previsti nell’articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi, nonché quando un ricorso
va accolto per essere manifestamente fondato e l’altro va rigettato per mancanza dei motivi
previsti nell’articolo 360 o per manifesta infondatezza degli stessi. La Corte, se ritiene che non
ricorrano le ipotesi di cui al primo e al secondo comma, rinvia la causa alla pubblica udienza.
Le conclusioni del pubblico ministero, almeno venti giorni prima dell’adunanza della Corte in
camera di consiglio, sono notificate agli avvocati delle parti, che hanno facoltà di presentare
memorie entro il termine di cui all’articolo 378 e di essere sentiti, se compaiono, nei casi pre-
visti al primo comma, numeri 1), 4) e 5), limitatamente al regolamento di giurisdizione, e al
secondo comma (1).

(1) Articolo così sostituito dall’art. 1, L. 24 marzo 2001, n. 89. Il testo precedentemente in vigore – in cui
i primi due commi avevano sostituito l’originario primo comma in virtù del disposto dell’art. 64, L. 26
novembre 1990, n. 353, in vigore dal 1° gennaio 1993 per effetto dell’art. 92 della citata legge, come modi-
ficato dall’art. 2, L. 4 dicembre 1992, n. 477 – era il seguente: “375. Pronuncia in camera di consiglio.
Oltre che per il caso di regolamento di competenza la Corte, sia a sezioni unite che a sezione semplice,
pronuncia in camera di consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio,
riconosce di dover dichiarare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare
il rigetto di entrambi per mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360, ordinare l’integrazione del con-
traddittorio o la notificazione di cui all’articolo 332, oppure dichiarare l’estinzione del processo per avve-
nuta rinuncia. La Corte, se ritiene che non ricorrono le ipotesi di cui al comma precedente, rinvia la causa
alla pubblica udienza. Le conclusioni del pubblico ministero sono notificate almeno venti giorni prima
dell’adunanza della corte in camera di consiglio agli avvocati delle parti, i quali hanno facoltà di presenta-
re memorie entro il termine di cui all’articolo 378.”. Il testo del primo comma anteriormente alla modifi-
ca disposta dalla suddetta legge n. 353 del 1990, era il seguente: “Oltre che per il caso di regolamento di
competenza e per quello previsto nell’articolo 373, la corte a sezione semplice, pronuncia in camera di
consiglio con ordinanza quando, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, riconosce di dover dichia-
rare l’inammissibilità del ricorso principale e di quello incidentale, pronunciare il rigetto di entrambi per
mancanza dei motivi previsti nell’articolo 360, ordinare l’integrazione del contraddittorio, o la notifica-
zione di cui all’articolo 332, oppure dichiarare l’estinzione del processo per avvenuta rinuncia.”. Ai giu-
dizi pendenti alla data del 1° gennaio 1993 si applicano, fino al 30 aprile 1995, le disposizioni anterior-
mente vigenti, ai sensi del citato art. 92, come modificato, da ultimo, dall’art. 6, D.L. 7 ottobre 1994, n.
571 convertito, con modificazioni, con L. 6 dicembre 1994, n. 673. L’art. 90, primo comma, della suddet-
ta legge n. 353 del 1990, come sostituito dall’art. 9, D.L. 18 ottobre 1995, n. 432, convertito in legge, con
modificazioni, con L. 20 dicembre 1995, n. 534 (Gazz. Uff. 20 dicembre 1995, n. 296), ha così disposto:
448 Il sistema giudiziario italiano

“Ai giudizi pendenti alla data del 30 aprile 1995 si applicano le disposizioni vigenti anteriormente a tale
data, nonché l’articolo 186-quater del codice di procedura civile. Gli articoli 5, 40, commi terzo, quarto e
quinto, e gli artt. 42, 181, comma primo, 186-bis, 186-ter, 295, 336, comma secondo, 360, comma primo,
361, comma primo, 367, comma primo, 371-bis, 373, comma secondo, 375, comma primo, 377, 384,
comma primo, 391-bis, 398, comma quarto, 495, 525, comma terzo, del codice di procedura civile, e gli
articoli 144-bis e 159 disp. trans. c.p.c., come modificati dalla presente legge, si applicano anche ai giudi-
zi pendenti alla data del 1° gennaio 1993”. In deroga al citato art. 90, per ciò che riguarda la definizione
del contenzioso civile pendente alla data del 30 aprile 1995, vedi l’art. 12, L. 22 luglio 1997, n. 276, isti-
tutiva delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari, con la disciplina transitoria ed i correttivi di cui all’art.
1, L. 2 ottobre 1997, n. 333. Il secondo comma dell’art. 1 della suddetta legge n. 534 del 1995 ha dispo-
sto che restino validi gli atti e i provvedimenti adottati e siano fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti
giuridici sorti sulla base del D.L. 21 aprile 1995, n. 121, del D.L. 21 giugno 1995, n. 238 e del D.L. 9 ago-
sto 1995, n. 347, non convertiti in legge.
Le système judiciaire italien
Ce volume est l’édition mise à jour du précédent qui
a été publié en 1999 afin d'offrir des informations sur l'or-
ganisation de la justice en Italie.
La première partie est une exposition brève du systè-
me en vigueur; la deuxième traite des problèmes que son
application entraîne; dans la dernière les lois principales
sont indiquées.

Palazzo della Consulta, sede della Corte Costituzionale.


PREMIÈRE PARTIE
NORMES RELATIVES AU SYSTEME
JUDICIAIRE ET A L’ORGANISATION
ET AU FONCTIONNEMENT DU C.S.M.

1. LA FONCTION JURIDICTIONNELLE DANS LA CONSTITUTION.


La juridiction. – La Constitution prévoit que la fonction juridictionnelle soit ainsi répartie:

1.2. La juridiction constitutionnelle - Elle est attribuée au Conseil constitutionnel, composé de


quinze juges dont un tiers est nommé par le Président de la République, un tiers par le Parlement en
séance commune et un tiers par les magistratures suprêmes ordinaire et administrative (article 135 de la
Constitution).

***
Le Conseil constitutionnel connaît (article 134 de la Constitution):

a) des litiges relatifs à la légitimité constitutionnelle des lois et des actes, ayant force de loi,
de l’Etat et des Régions;

b) des conflits d’attribution entre les pouvoirs de l’Etat et des conflits entre l’Etat et les
Régions et entre les Régions;

c) des accusations formulées contre le Président de la République, conformément à la


Constitution (cf. article 90 de la Constitution).

***
Le contrôle de la légitimité constitutionnelle des lois peut être introduit en voie principale par des
sujets spécifiquement légitimés (Etat, Régions, Provinces autonomes) (cf. articles 37-42 de la loi
constitutionnelle n. 87 du 11 mars 1953), ou bien en voie incidente par un juge qui, au cours d’un
procès, considère que la constitutionnalité de la loi à appliquer au cas d’espèce est douteuse. Dans cette
dernière hypothèse, la question de constitutionnalité doit être importante aux fins du règlement du
procès et ne doit pas être manifestement dépourvue de tout fondement (cf. article 1 de la loi
constitutionnelle n. 1 du 9 février 1948; articles 23-30 de la loi constitutionnelle n. 87 du 11 mars
1953).

1.3. La juridiction ordinaire. – La juridiction ordinaire est exercée par des magistrats ordinaires
considérés comme tels puisqu’ils ont été institués et soumis aux normes du système juridique (article
102 de la Constitution; articles 1 et 4 du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941). Ils diffèrent des autres
juges en raison de la réserve d’indépendance prévue par la Constitution (articles 101-104 de la
Constitution) et en raison du fait qu’ils sont soumis au pouvoir du Conseil supérieur de la magistrature
qui en représente l’organe de gouvernement autonome (dont la constitution et le fonctionnement sont
réglementés par la loi n. 195 du 24 mars 1958 et par le D.P.R. n. 916 du 16 septembre 1958).

***
La juridiction ordinaire comprend deux secteurs: le secteur pénal, qui décide du bien-fondé de
l’action publique exercée par le ministère public à l’encontre d’un sujet déterminé, et le secteur civil,
chargé de la sauvegarde juridique des droits relatifs aux rapports entre sujets privés ou entre ces der-
niers et l’administration publique, lorsque cette dernière, dans l’exercice de ses fonctions, porte
préjudice au droit subjectif d’une autre personne.
Le procès pénal est intenté par un magistrat du parquet qui appartient, lui aussi, à la magistrature
ordinaire (article 107 de la Constitutio n, dernier alinéa).
Le procès civil peut être intenté par tout sujet public ou privé, appelé demandeur, à l’égard d’un
autre sujet, qui revêt la qualité de destinataire de la demande, appelé défendeur.
Les procès civils et pénaux sont réglementés par deux corps distincts de normes juridiques: le code
de procédure civile et le code de procédure pénale.
Le procès civil a été partiellement modifié par une loi de 1990 (n. 353 du 26 novembre), à compter
du 30 avril 1995, afin d’en rendre plus rapide et efficace le déroulement. La structure actuelle articule
l’activité judiciaire en audiences consacrées, respectivement, à la vérification de la constitution
régulière du rapport judiciaire, au déroulement de la cause et à la tentative de conciliation, à
l’instruc tion probatoire, aux débats et à la décision.
Le code de procédure pénale, au contraire, a été complètement réformé en 1988 et est passé d’un
système de type inquisitoire à un système fonda mentalement accusatoire qui s’inspire, entre autres, des
principes de l’égalité entre l’accusation et la défense et de la formation orale de la preuve au cours des
débats, devant le juge siégeant en audience publique (cf. loi n. 81 du 16 février 1987, contenant la
délégation pour la promulgation du nouveau code de procédure pénale). Après de nombreuses
interventions normatives, qui ont dans le temps, à plusieurs égards, atténué le caractère accusatoire de
la procédure pénale au nom de l’exigence d’une défense sociale vis-à-vis de la criminalité organisée, la
modification récente de l’article 111 de la Constitution, introduite par la loi constitutionnelle n. 2 du 23
novembre 1999, a expressément consacré le principe d’inspiration accusatoire de la formation en
contradictoire de la preuve et a rendu indéfectible la sauvegarde du droit à la preuve du prévenu.
La réforme de l’art 111 de la Constitution, concerne tout procès, tant civil que pénal, administratif
ou comptable, là où l’article élève au rang de garantie expresse la règle d’un procès équitable, règle
selon laquelle tout procès doit se dérouler en contradictoire entre les parties, en condition d’é- galité,
devant un juge tiers et impartial et doit avoir une durée raisonnable.
Le droit à une durée raisonnable du procès a été récemment reconnu par la loi n. 89 du 24 mars
2001, qui attribue aux parties le droit de demander à l’Etat, en cas de violation dudit droit, une
réparation pécuniaire adéquate.

La juridiction ordinaire est administrée par des juges “professionnels” et par des juges
“honoraires” qui constituent l’ordre judiciaire (article 4 du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941).
Plus particulièrement, l’ordre judiciaire est constitué des auditeurs de justice, des juges de toute
qualification des tribunaux d’instance, des tribunaux de grande instance, des cours d’appel et de la
Cour de Cassation ainsi que des magistrats du parquet. Les juges conciliateurs et les juges conciliateurs
suppléants appartenaient eux aussi à l’ordre judiciaire, comme magistrats honoraires (fonctions
désormais supprimées qui sont à présent exercées seulement jusqu’à la fin du mandat des juges déjà
nommés); à l’heure actuel le, la magistrature honoraire se compose de juges de paix (loi n. 374 du 21
novembre 1991; DPR n. 404 du 28 août 1992) – dont la compétence, tant au civil qu’au pénal,
concerne des matières soustraites à la juridiction des juges professionnels – de juges honoraires (loi n.
276 du 22 juillet 1997; décret- loi n. 328 du 21 septembre 1998, converti en la loi n. 221 du 19
novembre 1998)qui composent les Sezioni stralcio, c’est-à-dire des Chambres expressément instituées
afin d’éliminer les affaires civiles pendantes à la date du 30 avril 1995, de juges honoraires de tribunal
(g.o.t. giudici onorari di tribunale), de support auprès les juridictions du siège, et de procureurs
honoraires adjoints (v.p.o. vice procuratori onorari) auprès des juridictions du parquet, d’experts du
tribunal et de la chambre des mineurs de la cour d’appel, de jurés des cours d’assises (loi n. 287 du 10
avril 1951), d’experts membres du tribunal de l’application des peines (tribunale di sorveglianza) (cf.
article 70 de la loi n. 354 du 26 juillet 1975) et des chambres agraires spécialisées (cf. articles 2-4 de la
loi n. 320 du 2 mars 1963).

Actuellement, la justice, tant dans le secteur civil que dans le secteur pénal, est administrée par: le
juge de paix, le tribunal de grande instance, la cour d’appel, la Cour de Cassation, le Tribunal pour
enfant, le juge de l’ap-plication des peines et le Tribunal de l’application des peines (article 1 du déc ret
royal n. 12 du 30 janvier 1941).
Par la réforme sur le juge unique du premier degré (décret législatif n. 51 du 19 février 1998) a eu
lieu la restructuration des tribunaux du premier degré: le poste du juge d’instance a été supprimé et ses
compétences transférées au tribunal qui a maintenant tant une composition à juge unique, pour les
affaires les moins complexes, qu’une composition collégiale pour les affaires les plus complexes. De
même, le parquet auprès du tribunal d’ins -tance d’arrondissement (pretura circondariale) a été
supprimé et ses fonctions transférées au parquet du tribunal. Dans la même perspective, les juges d’ins-
tance honoraires adjoints (vice pretore onorario), c’est-à -dire les magistrats honoraires en fonction
auprès de la juridictio n du siège ainsi supprimée (la pretura), ont changé leur dénomination et
s’appellent à présent juges hono raires du tribunal.

1.4. Les juridictions spéciales. – La Constitution interdit l’institution de nouveaux juges


“extraordinaires ou spéciaux” et permet ainsi, dans le cadre de la juridiction ordinaire, l’institution de
chambres spécialisées dans des secteurs déterminés, caractérisées par la présence contemporaine, dans
la même juridiction du siège, de magistrats ordinaires et de citoyens étrangers à l’ordre judiciaire qui
présentent les conditions nécessaires pour remplir la fonction qui leur est attribuée (par exemple, les
chambres agraires spécialisées) (article 102 de la Constitution).
Il y a cependant des juges spéciaux, tels que les juges administratifs, la Cour des comptes et le juge
militaire, qui existaient déjà avant l’entrée en vigueur de la Constitution (article 103 de la Constitution).

***
La Cour des comptes est composée de magistrats comptables. Auprès de la Cour, un Parquet
général a été institué et des fonctions d’enquête lui ont été attribuées. La magistrature comptable a été
récemment réformée par la création de chambres juridictionnelles et d’enquête autonomes au niveau
régional.
Le Conseil de Présidence de ladite Cour est un orga ne de gouvernement autonome.
Outre sa compétence en matière de contrôle préventif de la légitimité de nombreux actes du
Gouvernement et d’autres organismes publics et en matière de contrôle de la gestion du budget et du
patrimoine des administrations pub liques, la Cour des comptes statue également en matière de
comptabilité publique, de comptabilité relative aux retraites et de responsabilité des employés et des
fonctionnaires de l’Etat ou des autres organismes publics.

***
Les juges militaires, compétents pour connaître des délits militaires commis par les membres des
forces armées, représentent un ordre distinct de la magistrature ordinaire, administré par un organe de
gouvernement auto nome, le Conseil supérieur de la magistrature militaire.

***
La juridiction administrative est attribuée à un ensemble d’organes, séparés de la magistrature
ordinaire: les tribunaux administratifs régionaux, comme juges du premier degré, et le Conseil d’Etat,
comme juge du second degré.
L’organe de gouvernement autonome des juges administratifs est le Conseil de présidence de la
magistrature administrative, composé non seule ment du président du Conseil d’Etat, de quatre
magistrats en fonction auprès du Conseil d’Etat, de six magistrats en fonction auprès des tribunaux
administratifs régionaux, mais aussi de membres laïques, c’est-à-dire de quatre citoyens élus, deux par
la Chambre des députés et deux par le Sénat de la République à la majorité absolue, parmi les
professeurs de faculté titulaires de chaires en matiè res juridiques ou parmi les avocats ayant vingt
années d’activité professionnelle. Le Conseil de présidence de la magistrature admi nistrative se
compose également de membres suppléants, choisis parmi les magistrats du Conseil d’Etat et des
Tribunaux administratifs régionaux. Sa composition actuelle, avec la présence des membres laïques, est
due à la récente modification de l’article 7 de la loi n. 186 du 27 avril 1982, portant règlement de la
juridiction administrative, modification introduite par la loi n. 205 du 21 juillet 2000, et en particulier
par l’article 18.
Le juge administratif exerce le contrôle de la légitimité (et non pas du fond, entendu comme
contrôle de l’opportunité) des actes administratifs: le recours devant la juridiction administrative a pour
but d’obtenir l’annulation juridictionnelle de l’acte administratif considéré comme vicié pour incompé-
tence, violation de la loi ou excès de pouvoir.
D’une manière générale, la compétence de la juridiction ordinaire et de la juridiction
administrative est déterminée eu égard à la position sub jective – droit subjectif et intérêt légitime – qui
est faite valoir en justice: la juridiction administrative (à l’exception de matières particulières réservées
à la juridiction exclusive du juge administrat if, matières dont le nombre a été récemment augmenté par
la loi n. 205 du 21 juillet 2000) est le juge de l’intérêt légitime.

Réglementation de référence
– Constitution, articles 90, 101-113, 134-137.
– Décret royal n. 12 du 30 janvier 1941
– Loi n. 374 du 21 novembre 1991
– Décret législatif n. 51 du 19 février 1998, articles 1-48
– Loi n. 186 du 27 avril 1982, article 7
– Loi n. 205 du 21 juillet 2000, article 18
– Loi n. 89 du 24 mars 2001

2. LA POSITION CONSTITUTIONNELLE DE LA MAGISTRATURE ORDINAIRE.


2.1. Indépendance et autonomie. – Selon la Constitution, la magistrature représente un ordre
autonome et indépendant de tout autre pouvoir (article 104 de la Constitution).
L’autonomie a trait à sa structure organisationnelle.
La magistrature est auto nome vis-à-vis du pouvoir exécutif, car l’indé-pendance de la magistrature
serait compromise si les dispositions concernant l’évolution de la carrière des magistrats et, plus en
général, leur statut étaient du ressort du pouvoir exécutif. En revanche, la Constitution a attribué à un
organe de gouvernement autonome l’administration du personnel de la magistrature (mutations,
promotions, attributions de fonctions et mesures disciplinaires) (article 105 de la Constitution): le
Conseil supérieur de la magistrature est donc le garant de l’indépendance de la magistrature.
La magistrature est également autonome vis-à -vis du pouvoir législatif, c’est-à-dire que les juges
ne sont soumis qu’à la loi (article 101 de la Constitution).
L’indépendance concerne l’aspect fonctionnel de l’activité juridictionnelle. Elle ne concerne pas
l’ordre dans son ensemble – garanti par l’autonomie, comme ci-dessus illustré – mais le juge au
moment de l’exercice de la juridiction.
L’indépendance dérive d’un autre principe constitutionnel selon lequel le juge est soumis
uniquement à la loi. La juridiction dérive donc de la souveraineté populaire.

***
L’indépendance et l’autonomie sont des principes que la Constitution reconnaît également au
ministère public (articles 107 et 112 de la Constitution), notamment là où elle prévoit le caractère
obligatoire de l’action publique.
C’est justement le caractère obligatoire de l’action publique qui permet de garantir non
seulement l’indépendance du ministère public dans l’exercice de ses fonctio ns mais aussi l’égalité des
citoyens vis-à –vis de la loi pénale.
L’autonomie et l’indépendance du ministère public présentent d’ailleurs des aspects particuliers
eu égard aux rapports “internes” au parquet, compte tenu du caractère unitaire de ce dernier et du
pouvoir de direction qui doit être reconnu au chef du parquet vis-à -vis de ses substituts (cf. article 70
du décret royal n. 12 du 30 janvier 1941).

2.2. Inamovibilité. – Les magistrats jouissent également de la garantie de l’inamovibilité.


En effet, l’indépendance du juge pourrait être gravement compromise s’il pouvait être dispensé
du service ou muté d’une juridiction à l’autre.
Afin d’éviter que cela se vérifie, la Constitution prévoit que seul le Conseil supérieur de la
magistrature peut décider de la suspension, de la dispense et de la mutation du magistrat, soit avec son
consentement soit pour les motifs et avec les garanties de la défense prévus par la loi régissant le
système judiciaire.
En règle générale, le magistrat peut donc être muté vers un autre siège ou exercer d’autres
fonctions uniquement avec son consentement, après délibération du Conseil supérieur de la
magistrature. Cette mesure est adoptée à l’issue d’une procédure de concours entre les aspirants,
ouverte au moment de la publication des sièges vacants et de la rédaction d’une liste tenant compte de
l’ancienneté, des motifs liés à la famille ou à la santé et des aptitudes (la réglementation régissant cette
matière est contenue dans une circulaire spéciale adoptée par l’organe de gouvernement autonome:
circulaire n. 15098 du 30 novembre 1993 et ses modifications successives).

***
Les cas où une mutation d’office est exceptionnellement autorisée sont établis de façon
péremptoire.
A cet égard, il y a lieu de signaler non seulement le cas où les auditeurs de justice seraient
affectés pour la première fois à leurs fonctions, mais aussi les cas où la mutation aurait pour but de
satisfaire, d’office, l’intérêt de l’administration à couvrir certains postes: il échet de considérer, en
particulier, les articles 4 et suivants de la loi n. 570 du 25 juillet 1966 et modifications successives,
relatifs à la couverture d’office des postes de magistrats de cour d’appel sans aspirants; l’article 10 de
la loi n. 831 du 20 décembre 1973, en matière d’affectation d’office aux fonctions de cassation; ainsi
que les articles 3 et suivants de la loi n. 321 du 16 octobre 1991 et ses modifications successives, en
matière de mutation d’office vers les postes vacants non sollicités; l’article 1 de la loi n. 133 du 4 mai
1998, relatif à la couverture des postes non pourvus de l’Italie du sud et des îles, postes notoirement
peu convoités et toujours vacants.
Le C.S.M. a également le pouvoir de muter d’office les magistrats en cas de suppression de la
juridictio n d’appartenance du magistrat (article 2, alinéa III du décret législatif royal n° 511/46) et en
outre “quand il ne leur est pas possible, pour toute cause qui ne dépend pas de leur faute, d’exercer leur
fonction avec indépendance et impartialité au poste qu’ils occupent” (article 2, alinéa II du décret
législatif royal n° (511/46); dans ce cas la dérogation au principe de l’inamovibilité est dûment justifiée
par l’exigence prédominante d’assurer au magistrat l’exercice indépendant et impartiel de la juridiction
au siège où il exerce ses fonctions, ce qui serait, par contre, compromis s’il restait in loco.
Il est important de souligner que pour ce cas de mutation d’office seule importe la situation
objective de l’empêchement d’exercer des fonctions auprès d’un poste particulier, abstraction faite de
toute cause pour laquelle une faute de la part du magistrat aurait pu être relevée.
Ladite mutation est une mesure prise à l’issue d’une procédure administrative qui, bien qu’elle
ait pour origine des rapports des chefs des services judiciaires ou des plaintes des citoyens, se déroule
entièrement au sein du C.S.M. et qui donne lieu à une mesure administrative qui se parachève
définitivement par l’affectation d’un nouveau poste au magistrat; ledit magistrat pourra présenter un
recours à la justice administrative contre cette mesure.
Cette mutation prévue pour incompatibilité sans faute avec le milieu professionnel se
différencie à la fois de la mutation d’office, au titre de sanction disciplinaire, prévue par l’article 13, 1er
alinéa du décret législatif n° 109/2006, et de la mesure conservatoire et provisoire, prévue par l’article
13, alinéa 2, du décret législatif n° 109/2006 prise dans le cadre d’une mesure disciplinaire à l’encontre
du magistrat, en présence de graves éléments du bien- fondé de l’action disciplinaire quand il y a des
raisons particulièrement urgentes.
Dans le premier cas la sanction est la conséquence de l’établissement d’une responsabilité
coupable du magistrat - qui, par conséquent reconnaît une faute - de nature disciplinaire suite à une
procédure juridictionnelle à sa charge, qui donne lieu à un jugement de la chambre disciplinaire du
C.S.M., contre lequel il est possible de former un pourvoi devant les chambres réunies de la Cour de
Cassation.
Dans le deuxième cas la mutation d’office se structure comme une vraie mesure conservatoire
dans le cadre de la procédure disciplinaire à l’encontre du magistrat, qui anticipe la condamnation à
venir; elle est introduite par le Procureur général de la Cour de Cassation et elle est décidée, à l’issue
d’une procédure intérinale, par ordonnance de la chambre disciplinaire du C.S.M., contre laquelle il est
possible de se pourvoir en Cassation.

2.3. Impartialité et prédétermination du juge compétent. – Le système constitutionnel fournit des


garanties supplémentaires à la fonction juridic tionnelle. En particulier, le principe de la détermination
préalable du juge compétent, principe établi de par la loi (article 25 de la Constitution), donne lieu d’un
part à l’e xistence d’une réserve absolue de la loi en matiè re de compétence du juge, tout en empêchant
que la compétence de ce dernier puisse être déterminée par des sources secondaires ou des actes non
législatifs; d’autre part, le juge compétent est déterminé eu égard à une situation qui précède le fait
devant être jugé, en empêchant ainsi que le juge soit nommé ex post . Par le principe du juge naturel
déterminé par la loi, l’impartialité de celui qui exerce la fonction juridictionnelle est en même temps
assurée.
Ces principes constitutionnels sont à la base des normes du système juri dique relatives à la
composition des juridictions, normes qui réglementent l’affectation de chaque magistrat et l’attribution
des affaires (cf. articles 7 et suivants du décret roya l n. 12 du 30 janvier 1941; cf. également la
réglementation en la matière introduite par le C.S.M.: tout dernièrement par la circulaire n. 8873 du 21
mai 1997).
Les principes d’impartialité et de détermination préalable du juge compétent ne sont pas contredits
par les normes réglementant l’affectation (cf. notamment l’article 110 du décret royal n. 12 du 30
janvier 1941, ainsi que la réglementation détaillée contenue dans la circulaire du C.S.M. n. 7704 du 2
mai 1991) et la suppléance des magistrats (cf. notamment les articles 97, 105 et 109 du décret royal n.
12/41 et la réglementation détaillée contenue dans la circulaire du C.S.M. n. 7704 du 2 mai 1991), dont
le but est de pourvoir à des carences éventuelles des juridictions par l’utilisation de magistrats
travaillant auprès d’autres juridictions ou dans la même juridiction mais avec des fonctions différentes.
A cet égard, il y a lieu de signaler la récente loi n. 133 du 4 mai 1998, qui contient d’importantes
innovations visant à améliorer le service de la justice. Parmi ces dernières, une importance particulière
doit être attribuée à la prévision des «tableaux de répartition des magistrats entre les juridictions d’un
même district”. Ces tableaux ne remplacent pas ceux déjà prévus auprès de chaque jurid iction (cf.
article 7-bis du décret royal n. 12/41), mais s’y ajoutent de manière à permettre une utilisation plus
aiséeet plus ample des magistrats auprès de plusieurs juridictions (les juridictions “regroupées” dans le
cadre d’un même district), même en ayant recours aux normes, tout aussi innovatrices, qui
réglementent la “co-affectation” du même magistrat à plusieurs juridictions, et la “suppléance au sein
d’un même district” (cf. article 6 de la loi précitée). Ces normes peuvent être aisément assimilées aux
normes, déjà mentionnées, qui réglementent l’affectation et la suppléance, par lesquelles le législateur
se propose de construire un système encore plus efficace afin de pourvoir aux carences plutôt
fréquentes de personnel et/ou aux empêchements des magistrats titulaires, en élargissant, d’un point de
vue quantitatif et qualitatif, les possibilités d’utilisation des magis trats en exercice.
Toujours dans la perspective de remédier aux difficultés organisationnelles des juridictions
dérivant des absences temporaires des magistrats, la récente loi n. 48 du 13 février 2001, qui a réformé
le système d’accès à la magistrature et a augmenté le personnel de mille unités, a institué auprès de
chaque cour d’appel un tableau organique des magistrats d’un même district, en vue de suppléer à
l’absence des magistrats dudit district. L’utilisation du magistrat de district est autorisée en cas de mise
en disponibilité pour mala-die ou pour une autre cause, en cas d’abstention du travail obligatoire ou
facultative pour grossesse ou maternité ou bien dans les autres cas réglementés par la loi n. 53 du 8
mars 2000, (portant des normes en faveur de la maternité et de la paternité), en cas de mutation non
contemporaine à l’exé -cution de la mesure ordonnant la mutation d’un autre magistrat devant occupé le
poste vacant, en cas de suspension provisoire du service lorsque un procès pénal ou disciplinaire est
pendant, en cas d’exonération des fonctions judiciaires à l’occasion de la participation au jury
d’examen du concours pour auditeurs de justice.
Le nombre de magistrats de district prévu par le tableau organique est déterminé par décret du
Ministre de la Justice, ouï le Conseil supérieur de la magistrature, en relation aux moyennes statistiques
des absences par district dans les trois années précédant l’entrée en vigueur de la loi et est soumis à une
révision biennale, toujours sur la base des moyennes statistiques des absences des deux années
précédentes.

2.4. Caractère obligatoire de l’action publique. – L’indépendanc e du ministère public est


également garantie par le caractère obligatoire de l’action publique (article 112 de la Constitution).
D’après ce principe, le ministère public, après avoir eu connaissance d’une infraction, est tenu à mener
des enquêtes, à soumet tre les résultats desdites enquêtes à l’évaluation du juge et a formulé ses
réquisitions. Cette procédure doit être suivie soit au cas où le ministère public aurait l’intention de
demander le classement de l’affaire, vu le manque de tout fondement à l’avis de communication d’une
infraction, soit au cas où il déciderait de poursuivre en justice un individu pour une infraction
déterminée.
Comme il l’a déjà été dit, le caractère obligatoire de l’action publique permet de garantir, non
seulement l’indépendance du ministère public dans l’exercice de ses fonctions mais aussi l’égalité des
citoyens vis-à -vis de la loi pénale.

Réglementation de référence:
– décret législatif royal n. 511 du 31 mai 1946.
– loi n. 48 du 13 février 2001, articles 1 et 4-8

3 LE CONSEIL SUPERIEUR DE LA MAGISTRATURE.


3.1. Attributions. – Le C.S.M. est l’organe de gouvernement autonome de la magistrature
ordinaire chargé, conformément aux normes du système judiciaire, des recrutements, des affectations et
des mutations, des promotions et des mesures disciplinaires à l’égard des magistrats (cf. article 105 de la
Constitution) (pour la constitution et le fonctionnement du C.S.M., cf. loi n. 195 du 24 mars 1958 et
D.P.R. n. 916 du 16 septembre 1958; ainsi que le règlement interne approuvé par le CSM).

3.2. Composition. – La Constitution (article 104) établit que le C.S.M. est composé de trois
membres de droit: le Président de la République, qui est également le président de cet organe, le
Président de la Cour de Cassation et le Procureur général près la Cour de Cassation.
En ce qui concerne ses membres éligibles la Constitution n’en indique pas le nombre, mais elle
précise que deux tiers d’entre eux sont à élire par tous les magistrats ordinaires parmi les magistrats
appartenant aux différentes catégories (les “membres en toge”) et qu’un tiers est choisi par le Parlement
en séance commune, parmi les professeurs de faculté titulaires de chaires en matières juridiques et les
avocats ayant au moins quinze ans d’activité professionnelle (les “ membres laics ”).
La Constitution établit que les membres du Conseil sont élus pour quatre ans et que ces derniers
ne sont pas immédiatement rééligibles.
Parmi les membres laïcs le Conseil doit élire un Vice-Président, qui préside l’Assemblée
plénière (e n l’absence du Président de la République ou sur mandat de ce dernier), et qui préside en
outre le Comité de Présidence, qui a pour attributions de promouvoir l’activité et d’appliquer les
délibérations du C.S.M. ainsi que de gérer les fonds du budget, attendu que le Conseil est pourvu
d’autonomie comptable et financière.
Il revient donc à la loi ordinaire de déterminer le nombre des membres qui doivent être élus ainsi
que les modalités d’élection.
Actuellement la loi n° 44/2002 (qui a modifié l’article 1 de la loi n° 195/58) fixe à 24 le nombre
des membres à élire, dont 16 membres “en toge” et 8 “laïcs”; ces derniers sont élus par le Parlement en
séance commune par vote à scrutin secret et à la majorité des trois cinquièmes des membres de
l’assemblée pour les deux premiers scrutins, la majorité des trois cinquièmes des votants étant suffisante
à partir du troisième scrutin.
Les membres “en toge” à élire sont répartis comme suit: deux appartenant aux magistrats de la
Cour de Cassation (siège et parquet), qui exercent les fonctions de légitimité, quatre parmi les magistrats
qui exercent le s fonctions de ministère public dans la juridiction de fond et les dix autres parmi ceux qui
exercent des fonctions de juge dans la juridiction de fond.
L’élection des membres en toge a lieu au systéme majoritaire dans un collège unique national
pour chacune des catégories de magistrats à élire, indiquées supra, ce système étant fondé sur des
candidatures individuelles, présentées par un nombre de magistrats qui n’est pas inférieur à vingt -cinq et
pas supérieur à cinquante. Chaque électeur reçoit trois bulletins, un pour chacun des trois collèges
uniques nationaux, et il vote pour un seul magistrat pour chacune des catégories des magistrats:
légitimité et fond, siège et parquet.
La commission électorale centrale, constituée près la Cour de Cassation se charge du
dépouillement des bulletins et détermine le total des voix valables et des préférences en faveur de
chaque candidat. Sont déclarés élus les candidats qui ont obtenu le plus grand nombre de voix et leur
nombre est égal à celui des sièges à pourvoir dans chacun des colléges (ou catégorie de magistrats).

3.3. Position constitutionnelle du C.S.M. – Relativement à la position du Conseil supérieur de la


magistrature, le Conseil constitutionnel a affirmé que le C.S.M., tout en remplissant des fonctions
objectivement administratives, ne fait pas partie de l’administration publique, car il est étranger à la
structure organisationnelle qui dépend directement du Gouvernement de l’Etat ou des Régions.
Eu égard aux fonctions qui lui sont attribuées par la Constitution, le Conseil a été défini comme un
“organe dont l’importance constitutionnelle est certaine”. Ces fonctions, pouvant être définies comme
des fonctions “d’administration de la juridiction”, concernent en premier lieu la gestion du personnel de
la magistrature, c’est-à -dire les recrutements, les affectations et les mutations, les promotions et les
mesures disciplinaires concernant les magistrats. Ces fonctions concernent également l’organisation
des juridictions afin d’assurer et de garantir que chaque magistrat, dans l’exer-cice de ses fonctions,
soit soumis “uniquement à la loi”. A ce propos, il y a lieu de relever que le Conseil supérieur, sur
proposition des présidents des cours d’appel et après avoir entendu les Conseils judiciaires, approuve
tous les deux ans les tableaux de composition des juridictions de chaque district ainsi que des critères
objectifs et préétablis pour l’attribution des affaires à chaque juge.
Le Conseil se trouve donc au sommet de la structure bureaucratique préposée à l’administration de
la juridiction, structure à laquelle coopèrent, à plusieurs titres, même les Conseils judiciaires et les
chefs des juridictions du siège et du parquet.

3.4. Activité para-normative du C.S.M. – La loi constitutionnelle reconnaît au Conseil l’autorité


d’adopter des actes para-normatifs qui peuvent se subdivisés en trois catégories:
a) règlement interne et règlement d’administration et de comptabilité, les deux étant prévus par la loi;
ce sont des actes normatifs secondaires, reconnus à tout organe politique et administratif
d’importance constitutionnelle, destinés à réglementer l’organisation et le fonctionnement du
Conseil;
b) règlement pour le stage des auditeurs de justice, expressément prévu par la loi constitutionnelle,
régissant la durée et les modalités de déroulement du stage des nouveaux magistrats;
c) circulaires, résolutions et directives: les premières ayant pour fonction d’auto-réglementer l’exercice
du pouvoir discrétionnaire administratif reconnu au CSM par la Constitution et par les lois
ordinaires; les autres ayant pour but de proposer et d’appliquer les normes du système juridique selon
une interprétation systématique des sources.

Réglementation de référence:
– Loi n. 195 du 24 mars 1958

4. L’ACCES A LA MAGISTRATURE ORDINAIRE.

4.1. Le concours. – L’accès à la magistrature professionnelle a lieu par concours public,


conformément à l’article 106, 1 er alinéa de la Constitution. Les normes réglementant l’accès à la
magistrature professionnelle (concours des Auditeurs de justice) ont fait l’objet, surtout ces dernières
années, de plusieurs interventions législatives, visant d’une part à rendre plus rapide les procédures des
concours et d’autre part à exiger un niveau de qualification plus élevé des candidats qui se présentent
au concours, pour lequel il suffisait d’avoir la maîtrise en droit auparavant.
Le décret législatif n° 398/97 a ainsi institué auprès des universités des Écoles de spécialisation
pour les professions juridiques pour compléter la formation de ceux qui, après avoir obtenu la maîtrise
en droit, ont l’intention d’exercer précisément les professions de magistrat, avocat et notaire; lesdites
écoles, qui ont effectivement été mises en place à partir de l’année académique 2001 -2002, délivrent à
la fin des deux années du cours un diplôme qui est nécessaire pour être admis à se présenter au
concours de la magistrature et leur but déclaré est d’instaurer une formation commune pour les sujets
appelés à interagir dans le futur exercice des activités professionnelles précitées.
Pendant la période qui a séparé l’entrée en vigueur de la loi de l’ouverture effective des écoles
de spécialisation, une épreuve préliminaire (qui s’ajoutait aux épreuves écrites et orales) avait été
introduite pour rationaliser et accélérer les procédures relatives aux concours, pour assurer une
sélection au sein du vaste public des candidats au concours d’entrée dans la magistrature, qui faisait
recours à l’emploi d’instruments informatiques et qui se présentait sous la forme de questions à
réponses multiples portant sur les matières de l’écrit.
Après l’ouverture des écoles de spécialisation, auxquelles on est admis par sélection sur le
critère d’épreuves informatiques et de l’examen des curriculums des candidats, avec numerus clausus,
l’épreuve préliminaire informatique avait été éliminée par les nouvelles modalités d’entrée dans la
magistrature établies par la loi n° 48/2001 qui, pour accélérer les procédures de correction des épreuves
avait institué la fonction de “correcteur externe”, fonction qui en réalité n’a jamais été mise en place
parce qu’elle exigeait un règlement d’application, qui n’a jamais été promulgué; ceci étant, la loi a
prévu que les épreuves écrites du concours d’entrée dans la magistrature soient précédées de l’épreuve
préliminaire informatique et il en a été ainsi jusqu’à présent.
Le concours pour devenir auditeur de justice, annoncé par le Garde des sceaux après
délibération du C.S.M., qui fixe le nombre des postes à mettre en concours, porte sur trois épreuves
écrites: droit civil, pénal et administratif (pour une période transitoire la loi n° 48/2001 a prévu que
trois concours se déroulent en passant seulement deux des trois épreuves écrites indiquées, dont le
choix était effectué par tirage au sort le jour même des épreuves écrites); il y a ensuite un oral sur les
matières déjà présentées à l’écrit (des éléments fondamentaux de droit romain font partie du
programme de droit civil), auxquelles s’ajoutent la procédure civile et pénale, le droit administratif,
constitutionnel, fiscal, du travail, de la sécurité sociale, communautaire, international ainsi que des
éléments d’informatique juridique.
Le jury d’examen est nommé par le C.S.M. dix jours avant le début des épreuves écrites (ou de
la présélection informatique). Il est présidé par un magistrat de cassation déclaré apte en vue d’une
ultérieure promotion à des fonctions directives supérieures, qui exerce des fonctions de légitimité, et il
est formé d’un magistrat dont le statut n’est pas inférieur à celui de magistrat déclaré apte à être pris en
considération pour la promotion à la magistrature de cassation, qui exerce les fonctions de vice -
président du jury, de vingt-deux magistrats dont le statut n’est pas inférieur à celui de magistrat d’appel
ainsi que de huit professeurs de faculté titulaires de chaires en matières juridiques.
Le classement final, que le jury établit en se basant sur le total des notes qui ont été attribuées à
chacun des candidats pour ses différentes épreuves, est approuvé par le C.S.M.
Les candidats reçus au concours sont nommés auditeurs de justice et affectés à une juridiction
du premier degré, siège d’une cour d’appel, pour y effectuer leur stage. Celui-ci est réglementé par le
décret du Président de la République du 17 juillet 1998 et consiste à participer et à collaborer à
l’activité judiciaire des magistrats, à qui l’auditeur est confié, dans le secteur civil comme dans le
secteur pénal aussi bien comme juge unique ou collégial que comme ministère public. L’activité de
formation de nature théorique ne fait pas défaut non plus, des rencontres d’étude réservées aux
auditeurs de justice étant organisées au niveau central par le C.S.M., les Conseils judiciaires et les
responsables de la formation près chaque cour d’appel (qui sont nommés tous les deux ans par le
C.S.M.) se chargeant de la formation décentralisée.
En règle générale la durée du stage de formation ne peut pas être inférieure à dix -huit mois et il
se décompose en deux parties: le stage “ordinaire”, dont la durée n’est pas inférieure à treize mois, et
“la formation ciblée” pour le reste du stage; cette dernière découle du choix que l’auditeur a fait du
siège auquel il se destine et elle a donc pour but de développer la pratique de l’activité judiciaire
spécifique que l’auditeur sera appelé sous peu à exercer près le siège de destination.
Le stage est dirigé, coordonné et contrôlé par le C.S.M., qui se prévaut pour l’organiser
matériellement de la collaboration des organes collégiaux près les cours d’appel, des Conseils
judiciaires, et des commissions instituées auprès desdits organismes.
Le stage a pour but d’assurer la formation professionnelle de l’auditeur de justice et de vérifier son
aptitude à exercer les fo nctions judiciaires.

4.2. La nomination directe. – La Constitution prévoit, comme exception au recrutement par


concours, la nomination directe “pour grands mérites” au poste de conseiller de cassation des
professeurs de faculté titulaires de chaires en mat ières juridiques et des avocats ayant quinze années
d’activité professionnelle et étant inscrits aux barreaux spéciaux pour les juridictions supérieures
(article 106 de la Constitution).
Cette disposition a été récemment appliquée par la loi n. 303 du 5 août 1998, et en la matière, le
CSM a émis la circulaire P. 99-03499 du 18.2.1999.
Réglementation de référence:
– Décret royal n. 12 du 30 janvier 1941, articles 121-130
– Loi n. 127 du 15 mai 1997, article 17, alinéas 113 et 114
– D.P.R. du 17 juillet 1998
– Décret législatif n. 398 du 17 novembre 1997
– Loi n. 48 du 13 février 2001

5. LA CARRIERE DES MAGISTRATS ORDINAIRES.


L’avancement de carrière est le même pour tous les magistrats du siège et du parquet.
Pour passer d’une fonction à l’autre, seule une évaluation des aptitudes est nécessaire.
Les auditeurs de justice, après leur phase de formation, peuvent être affectés à des postes de la
juridiction du premier degré.
Le C.S.M. élabore une liste de postes vacants, convoque les auditeurs qui indiquent leurs
préférences selon leur classement au concours et selon les titres préférentiels éventuels qu’ils
possèdent.
Quant à l’avancement de carrière, il échet de rappeler que le système judiciaire de 1941
prévoyait qu’il n’était possible d’accéder aux fonctions “supérieures” (appel et cassation) que par
des concours et des scrutins.
L’entrée en vigueur de la Constitution, et notamment de l’article 107, alinéa 3, selon lequel “les
magistrats se distinguent entre eux uniquement à raison de la diversité de leurs fonctions”, a
entraîné une révision substantielle de la matière.
La promulgation d’une série de lois (loi n. 570 du 25 juillet 1966, sur la nomination des
magistrats de cour d’appel; loi n. 831 du 20 décembre 1973, sur la nomination des magis trats de
cassation) a en effet permis d’abolir l’avancement de carrière par concours et scrutins et a introduit
un avancement automatique, par ancienneté, à condition que le magistrat n’ait pas démérité.
Le système est donc ainsi structuré: à compter de la qualification d’au-diteur remplissant ses
fonctions, deux années d’ancienneté sont nécessaires pour être nommé magistrat de tribunal (cf. loi
n. 97 du 2 avril 1979); après onze années d’exercice, les magistrats de tribunal peuvent être nommés
magistrats de cour d’appel (loi n. 570 du 25 juillet 1966); à compter de la nomination à magistrat de
cour d’appel, 7 années d’ancienneté sont demandées pour être déclaré apte à être nommé magistrat
de cassation; après huit années supplémentaires d’exercice, les magistrats peuvent être déclarés
aptes à être nommés aux fonctions de direction supérieures (loi n. 831 du 20 décembre 1973).
L’avancement, après avoir obtenu l’ancienneté nécessaire, est décidé par le C.S.M., sur avis du
conseil judiciaire compétent.
En cas de déclaration défavorable, le magistrat est soumis à une nouvelle évaluation après
qu’un certain laps de temps s’est écoulé.
Le système actuellement en vigueur repose sur la séparation des qualifications et des fonctions,
c’est-à -dire que l’avancement de qualification est indépendant de l’attribution effective d’un poste
correspondant à la qualifi cation obtenue. Par exemple, pour être effectivement affecté à une
fonction d’appel (tel que le conseiller de cour d’appel) le magistrat doit effectivement avoir été
nommé magistrat d’appel; en revanche, un magistrat d’appel, ou un magistrat ayant été déclaré apte
à être nommé magistrat de cassation, peut continuer à occuper son poste – même si ce poste
correspond à une qualifi cation inférieure – sans limitation de temps. La possibilité d’une “réversibi-
lité des fonctions” a récemment été introduite, en permettant aux magistrats qui remplissent des
fonctions de légitimité ou des fonctions d’appel, d’être respectivement affectés, à leur demande, à
une juridiction de fond ou à toute autre juridiction de fond même si celle -ci correspond à la
qualification de magistrat de tribunal (article 21 sexies décret-loi n. 306 du 8 juin 1992, converti en
la loi n. 356 du 7 août 1992).
La seule conséquence immédiate de l’avancement de carrière est un différent traitement
économique.

Réglementation de référence:
– Loi n. 570 du 25 juillet 1966
– Loi n. 831 du 20 décembre 1973
– Loi n. 97 du 2 avril 1979

6. LES DIRIGEANTS DES JURIDICTIONS.

Le Président de la Cour de Cassation, le Procureur général de la Cour de Cassation et les


magistrats qui dirigent les juridictions au premier et au second degré, du siège et du parquet, sont
chargés de la direction des juridictions et exercent des fonctions “d’administration de la juridiction”,
conformément aux directives du Conseil, ainsi que des “fonctions administratives” qui sont
fonctionnelles à l’exercice des fonctions judiciaires.
L’attribution des postes de direction est délibérée par le C.S.M., après concertation avec le
Ministre de la Justice (cf. art. 11 de la loi n. 195 du 24 mars 1958; article 22 du règlement interne du
C.S.M.).
Les dirigeants sont choisis d’après leurs aptitudes, leur mérite et leur ancienneté, ces critères
étant dûment combinés entre eux. L’évaluation comparative des aspirants a pour but d’affecter au poste
vacant le candidat le plus approprié, eu égard aux exigences de fonctionnalité de la juridiction et, le cas
échéant, à certaines caractéristiques liées au milieu professionnel (cf. circulaire du C.S.M. n. 13000 du
7 juillet 1999).
Pour l’attribution des fo nctions de direction auprès de la Cour de Cassation et du Tribunal
Supérieur des Eaux Publiques, la procédure d’évaluation comparative est limitée aux magistrats qui, au
cours des quinze dernières années, ont été les titulaires de fonctions de direction supérieures pour au
moins deux ans, qui ont exercé des fonctions de légitimité pendant au moins quatre ans et qui,
interpellés par le C.S.M., ont manifesté leur disponibilité (cf. circulaire n. 13000 du 7 juillet 1999,
complétée par la délibération du 7 mars 2001).

7. LA RESPONSABILITE DISCIPLINAIRE DU MAGISTRAT.

7.1 Les infractions disciplinaires - Le décret législatif n° 109/2006 relatif à la “Discipline des
infractions disciplinaires des magistrats et des sanctions s’y rapportant ainsi que de la procédure de
leur application ” modifie sensiblement le système précédent, et il s’insère dans le cadre de la réforme
globale du système judiciaire approuvée par la loi n° 150 de 2005. Dans le premier chapitre du décret
législatif on distingue deux sections, l’une dédiée aux infractions disciplinaires des magistrats et l’autre
aux sanctions disciplinaires.
Parmi les infractions disciplinaires on distingue deux catégories, d’un côté les cas d’infractions
commis au cours de l’exercice des fonctions judiciaires et de ’lautre les cas d’infractions commis en
dehors de l’exercice desdites fonctions. Dans son esprit la discipline substantielle tend à caractériser les
infractions disciplinaires des magistrats, aussi bien pour les conduites pendant l’exercice des fonctions
judiciaires que pour celles qui ont été tenues en dehors, sans prévoir aucune norme en conclusion.
Le premier article du décret législatif est consacré aux “devoirs du magistrat” et il prévoit une
liste détaillée des devoirs fondamentaux auxquels les magistrats doivent se conformer dans l’exercice
des fonctions judiciaires. Il s’agit de principes et de valeurs déontologiques essentiels pour tous ceux
qui exercent la fonction judiciaire et il calque les devoirs qui sont abondamment reconnus dans les
textes de doctrine et de jurisprudence.
Les devoirs évoqués comme principes fondamentaux à observer dans l’exercice des fonctions
de magistrat sont donc l’impartialité, la correction, la diligence, l’ardeur au travail, la discrétion, la
pondération ainsi que le respect de la dignité de la personne.
L’article 2 du décret législatif contient une liste détaillée péremptoire des cas d’infractions
disciplinaires commises dans l’exercice des fonctions, tandis que l’article 3 prévoit une série de
conduites tenues en dehors de l’exercice des fonctions qui peuvent donner lieu à une action
disciplinaire.
Avec le préalable que l’activité d’interprétation de normes de droit ainsi que l’activité
d’appréciation du fait et des preuves ne peuvent jamais donner lieu à des responsabilités
disciplinaires, 25 cas qui constituent des espèces typiques d’infractions commises dans l’exercice
des fonctions de magistrat ont été dénombrés; on indique ici, à seul titre d’exemple, les
comportements qui, en violation des devoirs du magistrat, portent préjudice à l’une des parties ou
tournent illégitimement à son profit; ou encore l’omission de communiquer au Conseil supérieur de
la magistrature l’existence de l’une des situations d’incompatibilité parentale visées aux articles 18
et 19 du réglement judiciaire, ainsi que l’inobservation délibérée de l’obligation d’abstention; et
encore les comportements habituellement ou gravement incorrects à l’encontre des parties, de leurs
défenseurs, des témoins ou de quiconque entre en rapport avec le magistrat dans le cadre de
l’activité judiciaire, ou bien à l’encontre des autres magistrats ou des collaborateurs; l’interférence
injustifiée dans l’activité judiciaire d’un autre magistrat et l’omission, de la part de ce magistrat
destinataire, de signaler au chef de juridiction les interférences qui ont eu lieu, et en outre la grave
violation de la loi déterminée par son ignorance ou par une négligence inexcusable et la
déformation des faits causée par sa négligence inexcusable; et de nombreux autres cas encore tout
aussi graves.
L’article 3 du décret législatif énumère 8 cas d’espèce concernant des conduites, tombant
sous le coup de l’action disciplinaire, tenues en dehors de l’exercice des fonctions de magistrat. On
signale, par exemple, l'usage à des fins personnelles ou en faveur de tiers de la qualité de magistrat
dans le but de bénéficier d’avantages illégitimes; la fréquentation de toute personne soumise à une
procédure pénale ou de prévention traitée par ledit magistrat, ou la fréquentation de toute personne
dont le magistrat sait pertinemment qu’elle a été déclarée délinquant habituel, professionnel ou par
tendance ou qu’elle avait subi une condamnation pour des délits qu’elle n’avait pas commis par
imprudence à une peine de détention de plus de trois ans ou qu’elle a été soumise à une mesure de
prévention, sauf s’il y a eu réhabilitation, ou encore entretenir sciemment des rapports d’affaires
avec les susdites personnes. Parmi les autres cas signalés figure l’acceptation de charges
extrajudiciaires sans en avoir demandé l’autorisation préalable obligatoire du Conseil supérieur de
la magistrature; ou encore la participation à des associations secrètes ou dont les obligations sont
objectivement incompatibles avec l’exercice des fonctions et aussi l’inscription ou la participation
systématique et continue à des partis politiques ou bien la participation aux activités des sujets qui
opèrent dans le secteur économique ou financier qui peuvent conditionner l’exercice des fonctions
ou compromettre de toute manière l’image du magistrat.
L’article 4 du décret précise, en outre, les infractions disciplinaires conséquences du délit en
établissant une espèce d’automatisme entre les faits pour lesquels une condamnation pour délit
intentionnel a été prononcée et l’action disciplinaire, tandis que pour les délits par imprudence punis
par une peine de détention, il faut qu’ait été établie la nature de gravité particulière en raison des
modalités et des conséquences du fait.

7.2 Les sanctions disciplinaires - La deuxième section du décret législatif fixe l'appareil des
sanctions de la réforme de la responsabilité disciplinaire. La loi prévoit plusieurs types de sanctions,
qui sont adaptées à chacun des cas d’espèce disciplinaires décrits auparavant. La loi a en effet
introduit l'application du critère tale crimen talis poena, comme juste conséquence de la
classification des infractions par types.

Les diverses sanctions que la loi prévoit sont:


a) l’avertissement, qui consiste à rappeler le magistrat au respect de ses devoirs;
b) la censure, qui consiste en un blâme formel;
c) la diminution de l'ancienneté, qui ne peut pas être inférieure à deux mois ni supérieure à
deux ans;
d) l’incapacité temporaire d’occuper un poste de direction ou de semi-direction, dont la durée
ne peut pas être inférieure à six mois ni supérieure à deux ans;
e) la révocation, qui consiste en la destitution de ses fonctions avec suspension du salaire et le
renvoi des effectifs du personnel de la magistrature;
f) la destitution, qui détermine la cessation du rapport de service.

Il y a encore la sanction accessoire de la mutation d’office que le juge disciplinaire peut


prendre quand il inflige une sanction de gravité supérieure à l’avertissement, tandis que ladite
sanction supplémentaire est toujours appliquée dans certains cas que la loi indique spécifiquement.
La mutation d’office peut aussi être prise au titre de mesure de protection et de mesure
provisoire, en présence de graves éléments de bien- fondé de l’action disciplinaire et de motifs
particulièrement urgents.

7.3 La procédure disciplinaire - La procédure disciplinaire revêt un caractère juridictionnel


et elle est régie par les normes du code de procédure pénale, du fait de leur compatibilité. Le juge
disciplinaire est un organe collégial portant le nom de Chambre disciplinaire du C.S.M., et elle est
composée de six membres: le Vice-Président du Conseil supérieur, qui la préside, et cinq membres
que le C.S.M. élit parmi ses membres, à savoir un memb re élu par le Parlement, un magistrat de
cassation exerçant des fonctions effectives de légitimité et trois magistrats du fond.
La procédure disciplinaire est introduite par le Garde des sceaux et par le Procureur général
près la cour de cassation. Pour le Procureur général l'exercice de l’action disciplinaire, qui était
discrétionnaire, est devenu obligatoire tandis que pour le Garde des sceaux il reste discrétionnaire.
Le caractère obligatoire de l’action disciplinaire se rattache au choix de la classification par type des
infractions, très proche de celle qui est appliquée dans le secteur de la justice pénale, et il impose
que le principe de la certitude du droit soit rigoureusement observé, pour éliminer le plus possible
les incertitudes dans son application.
La loi a également prévu une clause générique de conduite sans conséquence disciplinaire
quand le fait revêt une portée insuffisante, clause destinée à agir sur un plan différent par rapport au
pouvoir d’émettre un non- lieu dont dispose ce même procureur général, même si tous deux ont une
finalité convergente.
Le Procureur général dispose en effet d’un pouvoir autonome d’émettre un non- lieu quand le
fait imputé ne constitue pas une conduite ayant des implications disciplinaires ou quand elle forme
l’objet d’une accusation non circonstanciée, ou encore quand elle ne rentre dans aucun des types
prévus par la loi, ou bien enfin si au terme de l’instruction le fait ressort inexistant ou ne pas avoir
été commis.
Le non- lieu est transmis au Garde des sceaux qui a la faculté de demander une copie des
actes dans les dix jours qui suivent et de demander dans un délai de soixante jours au Président de la
chambre disciplinaire de fixer une audience de discussion orale formulant l’inculpation. À
l’audience les fonctions du parquet sont de toute façon exercées par le Procureur général ou par un
substitut.
Une fois que l’action a dépassé le premier stade, la loi prévoit que l’action doit être entamée
au plus tard dans un délai d’un an à compter de la connaissance du fait, dont le Procureur général
près la Cour de cassation est informé après une instruction préliminaire sommaire ou une accusation
circonstanciée ou sur signalation du Garde des sceaux. Conformément au décret législatif, le
Procureur général doit ensuite formuler les réquisitions conclusives au plus tard deux ans après le
début de la procédure, et la chambre disciplinaire du Conseil supérieur de la magistrature se
prononce dans le délai de deux ans à compter de la réquisition. La loi a en outre établi qu’a ucune
action disciplinaire ne peut plus être intentée quand dix ans se sont écoulés depuis le fait.
L’inculpé doit être informé de l’ouverture de l’action disciplinaire dans un délai de trente jours
et il a le droit de se faire assister par un autre magistrat ou par un avocat. Ensuite le Procureur général
instruit la cause puis formule ses réquisitions et envoie le dossier à la chambre disciplinaire du C.S.M.,
envoi dont il informe l’inculpé. Quand il juge ne pas devoir demander une déclaration de non- lieu le
Procureur général formule l’inculpation et demande que l’audience de discussion orale soit fixée.
Le Garde des sceaux a faculté d’intervenir dans la procédure disciplinaire à plusieurs moments:
pour introduire l’action disciplinaire en demandant son instruction, en faisant étendre à d’autres faits
l’action disciplinaire introduite par le Procureur général, par sa faculté de formuler une intégration de la
contestation disciplinaire dans le cas où c’est le Procureur général qui a pris l’initiative de l’action et de
demander que la contestation disciplinaire soit modifiée quand il a lumême introduit l’action, par sa
faculté de formuler l’accusation et de demander de manière autonome que le jugement soit fixé toutes
les fois qu’il n’approuve pas la requête d’acquittement avancée par le Procureur général.
Pendant le jugeme nt disciplinaire la discussion se déroule en audience publique avec le rapport
de l’un des membres de la chambre disciplinaire, l’acquisition d’office de toute preuve utile, la lecture
des rapports, des inspections, des actes et des preuves acquises au cours de l’instruction, ainsi que
l’exhibition des pièces. Après que les parties aient été entendues la chambre disciplinaire délibère et il
est possible de former pourvoi à l’encontre de sa décision près les chambres civiles réunies de la Cour
de cassation, tandis que la sentence, une fois devenue irrévocable, peut toutefois encore être soumise à
révision.
Réglementation de rèfèrence
- décret législatif royal n. 511/46
- Loi n. 150 du 25 juillet 2005
- décret législatif n. 109 du 23 février 2006

8. LA RESPONSABILITE CIVILE DU MAGISTRAT.

La responsabilité disciplinaire découle de la violation des devoirs liés aux fonctions du


magistrat, devoirs envers l’Etat assumés par le magistrat au moment de sa nomination. Un caractère
différent est au contraire attribué à la responsabilité civile du magistrat, envers les parties au procès ou
d’autres individus, responsabilité attribuable à des erreurs ou à des inobservations éventuelles
accomplies par le magistrat dans l’exercice de ses fonctions.
Cette dernière forme de responsabilité, analogue à la responsabilité de tout autre fonctionnaire, a
pour fondement l’article 28 de la Constitution.
Cette matière, suite aux résultats d’un référendum ayant entraîné l’abrogation de la
réglementation précédemment en vigueur, laquelle limitait de façon très stricte les cas de responsabilité
civile du juge, est à présent réglementée par la loi n. 117 du 13 avril 1988.
Du point de vue substantiel, la loi affirme le principe de l’indemnisation de tout préjudice injuste
causé par tout comportement, acte ou mesure judiciaire accomplis avec “dol” ou “faute grave” par un
magistrat dans l’exercice de ses fonctions ou bien de tout préjudice injuste causé “par un déni de justice”
(article 2).
La loi, après avoir ponctuellement fourni les notions de “faute grave” (article 2, alinéa 3) et de
“déni de justice” (article 3), précise, en tout état de cause, que l’activité d’interprétation des normes de
droit et l’activité d’évaluation du fait et des preuves ne peuvent donner lieu à responsabilité (art icle 2,
alinéa 2): de ce point de vue, la défense des parties est de toute évidence endoprocessuelle, en formant
recours contre la mesure juridictionnelle considérée comme viciée.
Cependant, sans préjudice du caractère inattaquable de l’activité juridictionnelle de fond, la
responsabilité disciplinaire du magistrat pourrait être établie, selon la jurisprudence constante de la
Chambre disciplinaire du C.S.M., en cas de violation anormale ou macroscopique de la loi ou bien en
cas d’utilisation erronée de la fonction judiciaire.
Du point de vue judiciaire, il y a lieu de signaler que la responsabilité pour l’indemnisation des
préjudices incombe à l’Etat, à l’encontre duquel la victime peut agir (article 4), mais au cas où la
responsabilité de l’Etat serait établie, celui-ci peut se retourner, à certaines conditions, contre le
magistrat (article 7).
L’action en responsabilité et le procès correspondant sont soumis à des règles particulières:
parmi les règles les plus significatives, il y a lieu de signaler la subordination de l’exercice de
l’action à l’utilisation de tous les recours ordinaires et des autres moyens en vue de la modification
ou de la révocation de la mesure considérée comme étant la cause du préjudice injuste;
l’établissement d’un délai de forclus ion pour l’exercice de l’action en responsabilité (article 4);
l’examen de la recevabilité de l’action, aux fins du contrôle des conditions requises
correspondantes, du respect des délais et de l’évaluation de la possible “absence manifeste de tout
fondement” (article 5); la faculté d’intervention du magistrat dans le procès contre l’Etat (article 6).
Afin de garantir la transparence et l’impartialité du jugement, le système prévoit le transfert de
la compétence à connaître des causes en question (article s 4 et 8), afin d’éviter que puisse être
appelé à statuer un juge appar tenant à la même juridiction du magistrat dont l’activité est présumée
être la cause d’un préjudice injuste. Les critères de détermination du juge compétent ont été
récemment modifiés par la loi n. 420 du 2 décembre 1998, afin d’éviter tout risque de préjudice
dans le règlement des causes en question.

Réglementation de référence:
– Loi n. 117 du 13 avril 1988

9. LA RESPONSABILITE PENALE DU MAGISTRAT.


Du point de vue pénal, nul ne peut exclure que le magistrat, en tant qu’officier public, peut être
appelé à répondre des infractions que cette qua lification subjective peut impliquer (par exemple:
abus de fonctions, corrup tion, corruption dans des actes judiciaires, concussion, omissio n d’actes du
service, etc.; tout comme, parallèlement, le magistrat peut revêtir la qualité de partie lésée,
conjointement avec l’Etat, par les infractions que des particuliers ont commises à l’encontre de
l’administration publique (l’outrage en est un cas typique et, notamment l’outrage à un magistrat en
audience).
A ce propos, il échet de rappeler que la loi précitée n. 420 du 2 décembre 1998 a profondément
réformé la réglementation de la compétence pour les procès concernant les magistrats, afin de
garantir, même du point de vue de la transparence, la plus grande autonomie de jugement aux
magistrats appelés à connaître des causes concernant, à différents titres, d’autres collègues. Il a été
possible d’intervenir, d’une manière significative, sur les normes de procédure pénale (article 11 du
code de procédure pénale et article 1 des dispositions d’application du code de procédure pénale),
par la construction d’un mécanisme de détermination du juge compétent permettant d’éviter le
risque de compétences “réciproques” (ou “croisées”) lesquelles, par le passé, avaient suscité de
fortes perplexités. En particulier, l’in-troduction d’une disposition prévoyant un mécanisme
analogue de transfert de la compétence pour les procès civils a permis de combler une lacune sus-
ceptible de soulever des doutes, non sans fondement, en matière de constitutionnalité.
Rédigé par le Bureau Etudes
DEUXIÈME PARTIE

PROBLEMES RELATIFS A L’APPLICATION


DU SYSTEME EN VIGUEUR

1. LES BASES DE L’INDÉPENDANCE ET DE L’AUTONOMIE DE LA MAGISTRATURE.


Dans notre système judiciare les principes d’indépendance et d’autono-
mie des juges ont une grande importance, dérivant d’exigences conceptuelles
et historiques. En ce qui concerne les premières il faut tenir compte du fait
que l’Italie fait partie des systèmes de civil law. D’une manière très approxi-
mative dans ces systèmes la loi – celle qui au cours du procès est utilisée
comme règle pour juger un cas – est élaborée par d’autres organes de l’Etat –
généralement par le Parlement, parfois par le Gouvernement et aujoud’hui
par les collectivités territoriales – alors que les juges l’appliquent. En d’autres
mots les juges participent au processus de formation du droit seulement indi-
rectement.

Cet ensemble de concepts a permis de considérer les juges comme


gérant une fonction publique qu’ils doivent exercer d’une façon réglementée;
d’où la convinction qu’ils peuvent être nommés à la suite d’un concours,
qu’ils peuvent prendre une position d’employés de l’Etat et qu’ils ne sont
soumis à aucun contrôle sur le fond de leurs actes, la loi fixant les règles préa-
lablement. D’où encore la nécessité que l’indépendance et l’autonomie soient
garanties aux juges, parce qu’ils doivent non seulement être mais aussi appa-
raître comme des tiers impartiaux dans l’exercice de leurs fonctions. Mieux,
le fait d’être tiers à la procédure et impartial est considéré comme une
caractéristique qui permet de distinguer les juges des autres exerçant une
fonction publique.
En ce qui concerne les exigences historiques, il faut souligner que l’or-
ganisation actuelle de notre système est née après la deuxième guerre mon-
78 Le système judiciaire italien

diale, sur la base de la Constitution républicaine, dont l’inspiration démocra-


tique s’oppose au régime fasciste autoritaire qui l’a précédée. En effet dans le
passé l’abus dans la gestion de la justice avait été causé par: a) les limitations
du droit d’avoir recours à la justice; b) les pressions ab externo sur la magis-
trature; c) la création de juges spéciaux.
Naturellement dans le nouvel Etat notre Charte constitutionnelle, qui
en 1998 a célébré cinquante ans, a essayé d’éviter que ces abus ne se répètent.

2. LE PRINCIPE CONSTITUTIONNEL DU JUGE TIERS À LA PROCÉDURE.


Dans la Constitution la neutralité du juge est garantie surtout par les
normes qui prévoient: a) l’interdiction d’entamer d’office un procès (article
24 alinéa 1); b) la garantie du juge naturel (article 25 alinéa 1 ); c) l’interdic-
tion de créer des juges extraordinaires ou spéciaux (article 102); d) la sou-
mission des juges à la loi (article 101 alinéa 2). Les principes contenus dans
ces dispositions ont été confirmés et renforcés par l’article 6 de la Convention
européenne des droits de l’homme que l’Italie a introduit dans son système
par la loi n. 848 du 4 août 1955 et qui sont à la base de la modification de l’ar-
ticle 111 de la Constitution par la loi constitutionnelle n. 2 du 23 novembre
1999. Il convient de les examiner brièvement.
L’interdiction d’entamer d’office un procès provient a contrario de l’ar-
ticle 24 qui exprime le principe fondamental selon lequel, au cours du procès,
les citoyens ne peuvent connaître ni de limites ni d’obstacles à la défense dans
le procès de leurs positions au fond que la loi leur reconnaît. En effet si d’un
point de vue positif le respect des positions substantielles reconnues à chaque
citoyen rend impossible toute limitation à leur défense au cours du procès,
d’un point de vue négatif (voilà l’autre aspect de l’article 24) ce même respect
impose que seulement celui qui se prévaut d’une situation substantielle peut
décider de recourir à la garantie du procès.
En plus le Constituant était conscient qu’un juge qui aurait été choisi
après la naissance du litige ou de l’affaire judiciaire ou sur la base de critères
élaborés par la suite n’aurait pas été considéré comme le juge naturel. Sur la
base de ces exigences le juge naturel est celui qui a été choisi selon des critères
objectifs élaborés avant que le procès soit entamé; mais cela n’est pas suffi-
sant pour éviter tous les risques, parce que le législateur ordinaire pourrait
déroger au principe en créant des juges ad hoc, auxquels les “critères objec-
tifs préexistants” attribueraient la compétence sur des litiges particuliers.
Ainsi l’article 25 alinéa 1 doit-il être rattaché de ce point de vue à l’article 102
alinéa 2 qui interdit de nommer des juges extraordinaires (qui sont nommés
justement en fonction de procès déterminés).
Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 79

En ce qui concerne la soumission du juge seulement à la loi, il faut souli-


gner que l’ alinéa 2 de l’article 101 peut être lu de deux façons différentes. D’un
point de vue positif, il tend à garantir l’autonomie et l’indépendance du juge,
qui est protégé des pressions exercées par les autres organes constitutionnels et
qui est soumis uniquement à la loi. D’un autre côté cette garantie devient une
limite parce que, s’il est vrai que les juges sont soumis seulement à la loi, il est
aussi vrai qu’ils ne peuvent pas la dépasser et qu’ils doivent chercher et trouver
dans la loi la solution prévue pour chaque cas concret. Cette limite est encore
plus contraignante étant donné que l’article 111 alinéa 6 dit que les juges doi-
vent indiquer clairement les raisons de leurs décisions de façon à permettre un
contrôle non seulement de la part des destinataires directs mais aussi de la part
du peuple italien au nom duquel la justice est rendue.

3. LE CONSEIL SUPÉRIEUR DE LA MAGISTRATURE.


Le Constituant a accordé une importance particulière à l’autonomie et
à l’indépendance des juges. A cette fin il a constitué la magistrature ordinai-
re en tant qu’ «ordre autonome indépendant des autres pouvoirs» (article
104) et il a créé un organe d’autogouvernement: le Conseil supérieur de la
magistrature qui gère toute la carrière des magistrats (article 105).
La création de cet organe fut délibérée lors d’un débat au sein de l’As-
semblée constituante qui se déroula à la fin de 1947. Les «pères de la Consti-
tution» comprenaient qu’il fallait éliminer le “lien de soumission” de la
magistrature au pouvoir exécutif et créer «un ordre qui étant à son tour auto-
gouverné, c’est-à-dire indépendant de tout autre pouvoir» pouvait garantir
l’indépendance à ses membres (Leone ).
Ses fonctions (que Ruini avec beaucoup d’imagination définit «les quatre
clous») furent indiquées: nominations, promotions, discipline, mutations. De
longues discussions furent soulevées par sa composition. Deux thèses s’af-
frontèrent. Selon la première soutenue par les magistrats et par ceux qui se
preoccupaient d’une interprétation rigide de la division des pouvoirs (par
exemple Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri, etc.) le Conseil supérieur de
la magistrature devait être composé seulement de magistrats parce que seule-
ment de cette manière serait évité le risque de contaminations (Dominedò) et
de «pénétration de la politique dans chaque décision; de pressions et d’ingé-
rences professionnelles dans les organes judiciaires» (Caccuri).
Selon l’autre thèse au contraire, il fallait éviter de créer un corps séparé
et de faire du C. S. M. le maître du statut de la magistrature (Grassi). Il fallait
réaliser une harmonie institutionnelle (Varani), assurer la continuité entre vie
sociale et vie institutionnelle et faire entrer un souffle de vie extérieure à
80 Le système judiciaire italien

l’ordre judiciare (Leone), empêcher la création d’un “état dans l’état”, d’une
«caste fermée et intangible» (Preti), “séparée et irresponsable” (Dominedò),
d’un «mandarinat» (Persico), d’un organe tout à fait séparé des structures
administratives de l’Etat et soustrait au contrôle de l’organe de représentation
populaire, des moyens d’information et de l’opinion publique (Cappi). La
proposition contenue dans l’article 97 du projet originaire de Constitution
avait prévu pour le C.S.M. une composition paritaire, avec la participation
“extérieure” du premier Président de la Cour de cassation comme vice-Prési-
dent. A la fin un compromis entre les deux positions permettait d’accueillir
l’amendement de Scalfaro dans la séance de l’après-midi du 12 novembre
1947: deux tiers de magistrats et un tiers de membres laïques.
La présidence du C.S.M. également fut l’objet de discussions. Au début
la présidence ou au moins la vice-présidence devait être offerte au Ministre
de la Justice ou au premier Président de la Cour de cassation. Les proposi-
tions furent rejetées afin de garantir au C.S.M. une structure totalement
indépendante (Calamandrei et Buozzi). Il fut décidé de donner la présidence
au Chef de l’Etat en tant que garant de son unité (Buozzi), solution qui
répondait aux exigences de “symétrie institutionnelle” (Leone), à la nécessité
d’empêcher que le C.S.M. ne devienne «un corps fermé et rebelle», une espè-
ce de «comète qui est libre de sortir de l’orbite constitutionnelle» (Calaman-
drei). Ils savaient que le Chef de l’Etat aurait pu participer à la vie du Conseil
uniquement dans les occasions solennelles, alors il fallait lui adjoindre un
organe auxiliaire qui aurait rempli la fonction effective de président du
Conseil. Dans cette occasion également furent proposés le Ministre de la Jus-
tice ou le Premier président de la Cour de cassation (Leone, Condorelli, Per-
lingieri); à la fin un compromis permettait que le vice Président fut élu par le
Conseil parmi les membres laïques.
La création de l’organe d’autogouvernement donnait une place complè-
tement différente à la fonction du Ministère de la justice à un point tel que
quelqu’un en proposa l’abolition (Patricolo). Concrètement le Ministre gar-
dait des fonctions «résiduelles» relatives à l’organisation et à la gestion des
juridictions et des services administratifs, à la prévention et à l’exécution des
peines, à la surveillance sur la légalité du comportement des membres de la
magistrature.

4. LES ACTES DU CONSEIL SUPÉRIEUR DE LA MAGISTRATURE.


Après avoir brièvement indiqué les raisons qui ont entraîné la création
du C.S.M., il est nécessaire de parler de sa position dans le cadre des institu-
tions de notre Pays.
Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 81

Aux termes de l’article 105 de la Constitution «d’après les normes du


règlement judiciaire, le Conseil supérieur de la magistrature est chargé des
nominations, des affectations et des mutations, des promotions et des
mesures disciplinaires concernant les magistrats».
Sans doute le Conseil a été prévu par la Charte constitutionnelle comme
un organe de niveau constitutionnel.Pour ce motif il agit par des actes admi-
nistratifs qui, en Italie, sont soumis au contrôle juridictionnel du juge admi-
nistratif (comme le Conseil constitutionnel a récemment confirmé par l’arrêt
n. 419/1995). Mais cette solution crée des difficultées surtout quand le
C.S.M. nomme les chefs des bureaux judiciaires. Dans ces cas notre règle-
ment judiciaire a prévu que la nomination soit définie après une activité de
concertation avec le Ministre de la justice (solution considérée légitime du
point de vue constitutionnel par le Conseil constitutionnel dans l’arrêt
n. 379/1992). Cela fait penser que, du moins dans les cas d’activité concertée
(ayant également une imporance politique), le contrôle du juge administratif
devrait être très réduit.
Dans le secteur disciplinaire le C.S.M. agit comme organe juridiction-
nel.La justice disciplinaire sur les magistrats est exercée par une section du
C.S.M., composée de neuf membres (six magistrats et trois membres laïques),
qui émet des décisions soumises au contrôle de légitimité de la Cour de cas-
sation. Par conséquent la décision définitive sur les mesures disciplinaires
concernant les magistrats est confiée au sommet de la hiérarchie de la magis-
trature elle-même.
A ce propos il est opportun de souligner que le système italien ne pré-
voit pas de violations disciplinaires précises mais seulement une hypothèse
générale – un comportement qui fait que le magistrat ne mérite plus la
confiance dont il doit jouir ou qui compromet le prestige de l’ordre judiciai-
re – et par conséquent c’est le juge disciplinaire qui, chaque fois, doit évaluer
si un magistrat mérite la confiance ou s’il a compromis le prestige de la magis-
trature et choisir la sanction (admonéstation, censure, perte d’ancienneté,
mutation d’office, destitution) adéquate à la violation.
Enfin l’expérience de ces quarante dernières années a montré que le
C.S.M. a agrandi au fur et à mesure sa sphère de compétence par des circulaires,
des règlements et des directives ayant une efficace externe et parfois par des
actes d’orientation politique. Les circulaires, les règlements et les directives ont
été considérés comme une activité paranormative qui souvent interprète et par-
fois complète la legislation en vigueur avec des effets qui tout en n’entraînant pas
une obligation, cependant peuvent conditionner tant la portée des actes de ce
Conseil que “les comportements de ses destinataires potentiels” (Sorrentino).
Cette évolution a fait l’objet de nombreuses discussions.
82 Le système judiciaire italien

5. LES FORMES POSSIBLES DE PRESSION SUR LE JUGES.


Les Constituants ont prêté encore moins d’attention aux pressions qui
peuvent influencer la “neutralité” du magistrat. Elles peuvent être ainsi
résumées: a) les pressions provenant de l’intérieur de l’ordre judiciare; b)
celles provenant de rapports particuliers du juge avec le litige ou avec une des
parties; c) celles provenant de certaines idéologies et notamment de liens
politiques ou d’association; d) ou provenant de groupes organisés.

A) Jusqu’à présent la norme contenue dans l’ alinéa 3 de l’article 107


«les magistrats diffèrent entre eux seulement par les fonctions qu’ils remplis-
sent» a été toujours appliquée afin d’obtenir une suppression du principe de
la carrière, qui aujourd’hui est presque automatique et sans nécessité d’affec-
tation jusqu’au grade de conseiller de la Cour de cassation apte à remplir des
fonctions de direction, puisque la carrière n’est pas liée aux fonctions qu’un
magistrat remplit effectivement (il peut arriver qu’un juge d’un tribunal péri-
phérique fait carrière jusqu’au grade de conseiller de la Cour de cassation
sans jamais changer de poste). Les raisons de cette évolution législative sont
dues au fait que le système précédent soumettait les magistrats au pouvoir des
chefs des bureaux, les poussait au conformisme à l’égard des décisions de la
Cour de cassation et les rendait vulnérables s’ils avaient l’ambition de faire
carrière. Il s’agit là de raisons précises. Mais la voie qui a été choisie pour
atteindre ce but n’est peut-être pas la plus juste. Et le Conseil constitutionnel
(arrêt n. 87/1982) a déclaré illégitime l’article 23 alinéa 2 de la loi du 24 mars
1958 n. 195 dans la partie où il est prévu que les postes des membres du CSM
auxquels les magistrats de cassation pouvaient être affectés pouvaient être
occupés par «des magistrats qui ont été nommés tout en ne remplissant pas
les fonctions respectives». Le Conseil constitutionnel encore une fois a dit
que, pour être élus au C.S.M. il n’est pas suffisant que les magistrats de cas-
sation soient aptes à remplir les fonctions relatives, mais qu’ ils doivent les
remplir effectivement.

B) Les rapports particuliers avec le litige ou les parties ne sont pas régle-
mentés par la Constitution mais par les normes de la procédure ordinaire.
Les articles 51 et suivants du code de procédure civile et 37 et suivants du
code de procédure pénale règlent l’abstension et la récusation des juges en
indiquant les cas (identiques pour les deux) où le juge est obligé à s’abstenir
ou la partie peut en demander la récusation (rapports d’intérêt, de parenté,
d’amitié particulière, d’inimitié, de dette ou de créance, ou cas sur lesquels le
juge a déjà eu l’opportunité de se prononcer).
Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 83

Au cours de ces dernières années la question de l’abstension et de la


récusation a acquis de l’importance parce que plus le contrôle judiciare dans
la vie est fort plus l’évaluation de l’impartialité du juge doit être rigoureuse.
Le problème s’est posé premièrement dans le procès pénal: dans ce cadre le
Conseil constitutionnel a affirmé l’illégitimité de l’article 34 alinéa 2 du code
de procédure pénale considérant qu’il existait incompatibilité entre le juge
qui a appliqué une mesure de mise en détention préventive et le juge com-
posant le collège pour les débats (voir arrêts n. 432/1995, n. 131/1996 et
n. 155/1996). Tout de suite après, le problème concernait la légitimité consti-
tutionnelle de l’article 51 alinéa 1 n.4 du code de procédure civile dans la par-
tie qui ne prévoyait pas un motif spécifique d’incompatibilité lors de l’exa-
men et de la décision au fond de la part d’un juge qui avait connu du litige
dans la phase des mesures préventives précédant le procès au fond. Le
Conseil constitutionnel a rejeté le recours (arrêt n. 326/1997 repris dans l’or-
donnance n. 315 du 9 juillet 1998 ) déclarant que, généralement, la procédu-
re préventive se fonde sur une connaissance sommaire qui n’interfère pas sur
la décision au fond, qui est émise seulement après avoir acquis une connais-
sance complète. Par conséquent le problème se pose uniquement lorsque le
juge de la mesure préventive, s’éloignant de la norme, procède à une instruc-
tion qui rend presque inutile celle successive du juge au fond. Dans ce cas le
juge – c’est l’avis du Conseil constitutionnel – doit évaluer s’il existe de graves
motifs pour demander au chef du bureau auquel il appartient l’autorisation à
s’abstenir.
Sur cette base ont été rejetées les questions de constitutionnalité de l’ar-
ticle 669 octies du code de procédure civile (ordonnance du 20 mai 1998
n.193);de l’article 354 du code de procédure pénale (cette norme permet au
juge d’appel de renvoyer, dans certains cas, la cause au premier juge: arrêt
n.341/1998); de l’article 186 alinéa quater du code de procédure civile (qui
permet au même juge qui a émis l’ordonnance appelée post- instruction de
rendre le jugement: arrêt n. 168/2000); de l’article 703 du code de procédu-
re civile (pour la partie qui permet au juge qui a pris une mesure dans le cadre
d’une action possessoire de s’occuper du procès au fond: arrêt n.120/2000);
de l’article 24 du Statut des travailleurs (pour la partie qui permet au juge qui
a pris la mesure immédiate de connaître de l’opposition: arrêt n.387/1999) et
des articles 98 et 146 de la loi sur la faillite (pour la partie qui permet au juge
délégué de connaître des motifs d’opposition au passif et des actions de res-
ponsabilité qu’il a autorisées: arrêts n.os 167/2001 et 176/2001).
Cette synthèse rapide montre qu’ après une période caractérisée par un
garantisme formel, le Conseil constitutionnel – dans le procès civil – a cher-
84 Le système judiciaire italien

ché un point d’équilibre dans une situation qui concrètement compromet


l’impartialité du juge.

B1) Le débat qui s’est déroulé au cours de ces dernières années surtout
au sujet du procès pénal a entraîné la modification de l’article 111 de la
Constitution qui, afin de rendre plus forte l’impartialité du juge, a consacré
au niveau constitutionnel la nécessité que le procès se déroule avec un contra-
dictoire des parties devant un juge tiers et impartial et que, dans le procès
pénal, la preuve soit formée au cours des débats.
La législation ordinaire successive a voulu donner actualisation à ces
principes; parmi les lois les plus récentes il faut signaler:
1. loi n. 397 du 7 décembre 2000 sur les investigations de la défense, qui rend
concret le principe de la parité des parties à l’égard du droit à la preuve;
2. loi n. 63 du 1 mars 2001 qui a adapté la discipline processuelle pénale en
matière de formation et d’ évaluation de la preuve;
3. loi n. 60 du 6 mars 2001 qui a modifié la discipline en matière de défense
d’office afin d’obtenir un contradictoire effectif dans le procès pénal;
4. loi n. 134 du 29 mars 2001 qui a modifié les règles pour l’assistance judi-
ciaire aux frais de l’Etat pour les pauvres afin de rendre effectif le droit à
la défense.

C) Aucune norme ne prévoit que l’influence des idéologies et de l’appar-


tenance à des associations ou à des partis politiques puisse compromettre l’im-
partialité du juge. Seul l’article 98 alinéa 3 de la Constitution prévoit que
«pour les magistrats une loi peut fixer des limites au droit d’inscription aux
partis politiques». Mais ce n’est pas l’inscription à un parti politique qui porte
atteinte à l’impartialité du magistrat; c’est au contraire son incapacité – donc
une conviction intérieure et incontestable de sa conscience – à ne pas faire pré-
valoir son idéologie sur l’évaluation objective du litige (et si parfois il a été
considéré que parmi les motifs de récusation du magistrat figurait sa position
politique ou associative, il s’agit du symptome d’un malaise ou de la sensation
que le juge ne sait pas conserver une attitude détachée à l’égard du procès).

D) Aucun instrument n’a été prévu pour éviter que le juge ne soit sou-
mis à des pressions (il faut penser aux campagnes de la presse ou de la télé-
vision), qui influencent son jugement. Les seules normes qui de quelque sorte
se rapportent à ce sujet sont l’article 114 qui règle la prohibition de publier
des actes déterminés (dans l’ancien code de procédure pénale la matière était
réglée par l’article 164) et l’article 329 du nouveau code de procédure péna-
le concernant l’obligation au secret.
Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 85

En réalité, surtout au cours des dernières années les interventions des


media et des hommes politiques qui critiquaient l’oeuvre des magistrats ont
été de plus en plus fréquentes. Quand le C.S.M. s’est rendu compte du risque
que cette situation pouvait représenter pour la légitimité du magistrat dans
l’exercice de ses fonctions concrètes, il a cherché à le protéger en faisant une
reconstruction précise des faits et il lui a confirmé sa confiance si aucun élé-
ment de responsabilité n’est apparu à la charge du magistrat.
L’article 114 a tenu compte des indications du Conseil constitutionnel
(arrêt n. 65/1965) qui a mis au premier plan la nécessité de garantir toujours
l’information. Le législateur cependant n’a pas respecté complètement l’avis
du Conseil constitutionnel qui par arrêt n. 59/1995 a déclaré illégitime l’ar-
ticle 114 alinéa 3 du code de procédure civile dans la partie qui limitait la
publicité des actes contenus dans le dossier des débats, que par définition le
juge doit connaître. Mais la matière concernant le rapport délicat entre justi-
ce et information est, pour ainsi dire, in fieri, et donc fait l’objet de proposi-
tions pour des normes nouvelles.

6. LES DÉCISIONS DU CONSEIL CONSTITUTIONNEL.


L’analyse des normes ne permet pas de donner un tableau complet du
système que la Constitution a introduit, si cette analyse n’est pas enrichie par
l’examen de l’influence de ces normes sur la législation ordinaire à travers
l’oeuvre du Conseil constitutionnel. Le Conseil constitutionnel est intervenu
à plusieurs reprises sur les thèmes du juge naturel et de la garantie d’indé-
pendance des juges spéciaux ainsi que sur le droit à la défense.
Nous avons vu que les affaires judiciaires sont confiés aux magistrats
ordinaires appartenant à un ordre autonome et indépendant gouverné par le
Conseil supérieur de la magistrature. L’article 103 de la Constitution prévoit
d’autres organes judiciares ayant des compétences spécifiques: le Conseil
d’Etat et les autres organes de justice administrative pour la garantie des
intérêts légitimes à l’égard de l’Administration publique et dans certains
domaines, des droits subjectifs; la Cour des comptes pour la contabilité
publique et d’autres matières prévues par la loi; les tribunaux militaires en
temps de paix pour les délits militaires commis par les membres de l’Armée
et, en temps de guerre, dans la juridiction fixée par la loi (le Conseil consti-
tutionnel, semble-t-il, est de l’avis que la compétence du tribunal militaire en
temps de paix peut être dérogée en faveur de la magistrature ordinaire pour
des motifs justifiés: arrêt n. 90/2000).
La Constitution a interdit l’introduction de juges spéciaux (article 102
alinéa 2) et pour ceux qui existaient a fixé dans la VI disposition transitoire
86 Le système judiciaire italien

que dans les cinq années suivant l’entrée en vigueur de la Constitution la révi-
sion des organes spéciaux de juridiction existant à l’époque aurait eu lieu. Le
législateur n’ayant pas effectué la révision dans les cinq années prévues, le
Conseil constitutionnel posa le premier problème d’interprétation: l’écoule-
ment des cinq années avait-il rendu incostitutionnels tous les juges spéciaux
ou bien permettait-il qu’ils restent? Le Conseil constitutionnel a choisi la
seconde solution, considérant que la Constitution reconnaissait implicitement
leur compatibilité avec le système. Mais il a été amené à statuer sur la question
de savoir si les lois réglementant chaque juridiction assuraient suffisamment
l’indépendance des juges (comme dit l’article 108 alinéa 2) et, en même temps,
elles garantissaient aux citoyens une complète garantie juridictionnelle indi-
quée dans les dispositions des articles 24 alinéa 1 et 113 alinéa 2.
La Constitution a prévu un organe d’autogouvernement seulement pour
la magistrature ordinaire.Pour les autres juridictions (administrative, comp-
table et militaire) est valable l’article 113 selon lequel les règlements respec-
tifs sont soumis à une réserve de la loi qui doit assurer l’indépendance des
juges. Pour eux aussi il faut voir si les garanties sont suffisantes. Des doutes
au sujet des tribunaux militaires ont été considérés sans fondement par le
Conseil constitutionnel (voir arrêts n.os 116/1999 et 542/2000).

A) Si la prohibition d’introduire un juge spécial complète la garantie du


juge tiers et indépendant, il est vrai que souvent à la base de la création d’un
juge spécial existe une exigence concrète: la nature de certaines affaires judi-
ciaires qui nécessite des connaissances techniques et une sensibilité particu-
lière que normalement les magistrats ordinaires ne possèdent pas. Pour satis-
faire cette exigence l’article 102 alinéa 2 a prévu que «seules des chambres
spécialisées pour des matières déterminées peuvent être créées auprès des
organes judiciaires ordinaires, avec la participation de citoyens aptes n’ap-
partenant pas à la magistrature».
De cette manière la chambre spécialisée est un juge ordinaire tout en
étant composée d’une façon particulière. Mais cette composition particulière
ne doit pas contourner d’une manière dissimulée l’interdiction d’introduire
des juges spéciaux. Partant il faut voir si une chambre où les magistrats sont
une minorité est compatible avec le système. La réponse a été affirmative à
condition que d’autres caractéristiques du fonctionnement de la section per-
mettent de voir que l’interdiction a été respectée (à cette fin sont importants
l’encadrement du juge spécialisé et le système de contrôles sur ses décisions).
Au contraire le Conseil constitutionnel a considéré comme étant incostitu-
tionnelles les normes qui prévoient la désignation des membes externes
«chaque fois» qu’il existe un litige (arrêt n. 83/1998). Les sections spécia-
Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 87

lisées les plus importantes sont aujourd’hui: le Tribunal des mineurs, les Tri-
bunaux régionaux pour les eaux publiques, les chambres agraires spécia-
lisées, la chambre spécialisée créée près la Cour d’appel de Rome pour les
réclamations contre les décisions des commissaires liquidateurs des usages
par la communauté .Il ne s’agit ni de juges spéciaux ni de chambres spécia-
lisées dans le cas des chambres de tribunal qui fonctionnent comme juges du
travail; en effet elles ne sont pas composées d’une façon différente des autres
(et cela même si la loi donne de l’importance aux «chambres du travail» des
tribunaux et des cours d’appel: voir articles 38 et 39 du décret législatif
n. 51du 19 février 1998).

B) En ce qui concerne la garantie du juge naturel, le Conseil constitu-


tionnel a dû décider si certains mécanismes prévus par notre système s’op-
posent à ce principe.
Une des premiers mécanismes que le Conseil constitutionnel a examinés
a été celui du renvoi du procès pénal devant un autre juge pour des motifs
d’ordre public ou pour suspicion légitime (articles 55 et suivants du code de
procédure pénale). Bien que le Conseil constitutionnel ait considéré comme
légitime, du point de vue constitutionnel, cette réglementation, certaines de
ses applications criticables ont poussé le législateur à la modifier, fixant pour
la Cour de cassation des modalités précises pour le choix du juge ad quem (un
juge parmi ceux du district de la même cour d’appel à laquelle le juge compé-
tent à l’origine appartient ou dans le district d’une cour d’appel voisine:
articles 58 alinéa 3 du code de procédure pénale modifié par l’article 1 de la
loi n. 773 du 15 décembre 1973). Aujourd’hui la matière est réglée ex novo
par les articles 45 et suivants du nouveau code de procédure pénale.
Il a été question également de voir si les modifications des critères de
compétence – par exemple à travers la suppression de juridictions ou la
modification des territoirs de compétence – pouvaient violer le principe fixé
par l’article 25 de la Constitution. Le Conseil constitutionnel (arrêt
n. 56/1967) a considéré cette question comme étant mal fondée, observant
que la garantie du juge naturel ne pouvait entraîner une cristallisation défini-
tive des compétences existant au moment de l’entrée en vigueur de la Consti-
tution et que des changements des exigences concrètes et des motifs de bon
fonctionnement peuvent obliger à changer la structure des juridictions à
condition que ces modifications ne soient pas effectuées par rapport à des cas
spécifiques mais à des dossiers concernant la même matière.
Par souci du même article 25 alinéa 1, il a été examiné si le chef d’une
juridiction peut remplacer un juge par un autre en cas d’empêchement per-
manent de ce dernier ou bien nommer un suppléant en cas d’empêchement
88 Le système judiciaire italien

temporaire. Le Conseil constitutionnel a jugé la question mal fondée et s’est


remis à la discretion des chefs des juridictions quand ils règlent les problèmes
de ces dernières et que l’empêchement du magistrat à remplacer ou à sup-
pléer est un motif objectif suffisant pour justifier l’exercice du pouvoir de
direction (arrêts n.os 156/1963 et 173/1970) si ce pouvoir est exercé selon
des critères préfixés et par des mesures motivées (arrêts n.os 392/2000 et
571/2000). Cependant la matière est délicate comme le montrent les nom-
breuses interventions du législateur (voir décret du Président de la Répu-
blique n.449/1988; décret législatif n.273/1989, loi n. 133/1998) sur les
articles 97 et suivants du règlement judiciaire, qui règle les supplèances et les
affectations.
Pour les mêmes raisons a été justifié le pouvoir des chefs d’organiser –
en préparant chaque année ce qu’on appelle les tableaux – les juridictions en
les divisant en chambres, en désignant les magistrats respectifs et en fixant les
compétences internes (arrêt n. 146/1969 et surtout n. 392/2000). Notamment
les présidents des cours d’appel proposent les tableaux biennaux, ouï les
Conseils judiciares, ensuite ces tableaux sont délibérés par le C.S.M. et sont
reçus dans un décret du Ministre de la Justice (article 7 bis du décret royal
n. 12 du 30 janvier 1941 auquel s’est ajouté l’article 3 du décret du Président
de la République n. 449 du 22 septembre 1988 modifié par l’article 6 du
décret législatif n. 512 du 19 février 1998 et par l’article 57 de la loi n. 479 du
16 décembre 1999).
Un autre pouvoir des chefs des juridictions a été mis en discussion: celui
d’assigner les affaires aux chambres et /ou aux juges commis.
Le Conseil constitutionnel a considéré la question comme mal fondée,
observant que la discrétion en faveur des chefs des juridictions à satisfaire les
nécessités de ces dernières peut être limitée mais non pas supprimée (voir
arrêt n. 272/1998). Notamment, étant donné qu’il existe en général une
inconciliabilité entre une désignation préalable et le caractère discrétionnai-
re de la désignation concrète, il a été considéré que le pouvoir discrétionnai-
re des chefs des juridictions dans l’assignation des dossiers doit être orienté
uniquement à réaliser des exigences de service, objectives et indispensables,
afin d’assurer le fonctionnement de la juridiction et d’en faciliter l’efficacité,
toute autre fin étant exclue (arrêt n. 272/1998). Sur la base des ces indica-
tions, deux problèmes se posent: a) de quelle manière il est possible que le
pouvoir discrétionnaire des chefs des juridictions soit exercé pour des exi-
gences objectives; b) quelles sont les conséquences d’un exercice peu correct
de ce pouvoir. Pour le deuxième problème il est inévitable de conclure que
tout choix non objectif et peu correcte du pouvoir discrétionnaire n’a pas de
conséquences sur le procès, à moins qu’il n’existe des motifs d’abstension ou
Problemes relatifs a l’application du systeme en vigueur 89

de récusation du juge, par conséquent une solution a priori a été trouvée en


éliminant le pouvoir discrétionnaire dans la distribution des affaires par
l’adoption de critères automatiques; solution qui, quel que soit le critère uti-
lisé, peut entraîner des inconvénients assez importants. Alors le C.S.M. a fait
des circulaires limitant le pouvoir des chefs des juridictions; parmi ces der-
niers, quelqu’un, se sentant lésé, a soulevé un conflit d’attributions. En décla-
rant ce conflit inadmissible le Conseil constitutionnel a souligné que les
compétences sur la désignation des magistrats pour traiter un procès parti-
culier ne concernent pas les limites d’attributions indiquées par des normes
constitutionnelles; ces compétences font l’objet de normes sur l’organisation
et le règlement (arrêt n. 90/1996).
Les articles 3 et 4 du décret du Président de la République n. 449 du 22
septembre 1988 et modifications successives ont introduit dans la loi sur le
règlement judiciaire (décret royal n.12/1941) les articles 7 bis et 7 ter qui ont
été déjà mentionnés, réglementant la matière des tableaux des juridictions
divisées en chambres, de l’affectation de chaque magistrat à ces dernières, de
la formation des collèges de juges et des critères pour l’assignation des procès
pénaux et pour le remplacement des juges empêchés. Et étant donné que l’ar-
ticle 33 alinéa 2 du code de procédure pénale dit que ces normes ne concer-
nent pas la capacité du juge, un problème de constitutionnalité a été soulevé
puisque cette discipline pouvait violer l’article 25 de la Constitution. Le
Conseil constitutionnel, confirmant son opinion en la matière, a rejeté le
recours en observant que le principe constitutionnel de la désignation préa-
lable du juge n’entraîne pas que les critères d’assignation de chaque procès à
l’intérieur de la juridiction compétente soient considérés comme des élé-
ments essentiels de la capacité du juge (arrêts n.os 419/1998 et 392/2000).

7. CONCLUSIONS.
Nous pensons que le lecteur qui vit dans un système de civil law n’est
pas surpris de l’existence de normes si détaillées qui ont été élaborées afin
d’assurer l’indépendance, l’autonomie et l’impartialité des juges; en plus il
saura apprécier l’intervention méticuleuse, peut-être excessive, du Conseil
constitutionnel qui a voulu éclaircir, préciser et compléter les normes de droit
écrit.
Il résulte ainsi un cadre de «droit vivant» que probablement les juristes
de common law auront des difficultés à comprendre. Cela dépend de la gran-
de différence entre les deux systèmes en ce qui concerne également l’admi-
nistration de la justice. Par exemple en Angleterre la compétence pour les
nominations (et la carrière) revient au Lord Chancelier et pour les charges
90 Le système judiciaire italien

plus importantes au Premier Ministre et au Roi par des procédures discré-


tionnaires et le contrôle sur les juges est exercé de façon informelle. Les
anglais eux-mêmes reconnaissent que ce système pourrait faire en sorte que
le Gouvernement ou les pouvoirs forts exercent des pressions sur le pouvoir
judiciare, mais ils acceptent le risque sur la base d’un raisonnement que le
juriste continental ne pourrait jamais partager. Le système – disent-ils –se
fonde sur la confiance et jusqu’à present les magistrats ont mérité la confian-
ce qui leur a été accordée, étant conscients que si leur comportement pouvait
être critiqué, ils compromettraient leur indépendance.
D’autant plus –ajoutent-ils – qu’aucune sauvegarde constitutionnelle ne
peut empêcher que les membres d’un Gouvernement exercent des pressions
ou des influences sur l’ordre judiciaire si la culture du peuple le permet, et en
Angleterre ce principe est profondément imprimé dans la conscience des
citoyens.
Nous trouvons la même situation aux Etats-Unis d’ Amérique. Récem-
ment, dans ce Pays une Commission a été créée pour étudier des innovations
éventuelles à apporter aux règles sur la discipline et sur la destitution des juges
fédéraux.Avant 1983 aucun juge fédéral n’avait été inculpé d’un délit mais après
cette date l’occasion s’était présentée lors de l’inculpation de cinq juges et de la
condamnation de quatre autres (évolution que les américains avaient reliée à
l’augmentation rapide du nombre de juges fédéraux). Or cette Commission,
concluant ses travaux au mois de juillet 1993, a jugé que le système actuel ne doit
pas être réformé, vu qu’il est conforme à celui que la Costitution a prévu.
Sur la base de ces éléments il faut conclure que la véritable différence
entre les systèmes de civil law et les systèmes de common law se trouve dans
l’approche culturelle différente de l’indépendance et de l’impartialité du
pouvoir judiciaire. Dans les systèmes de civil law l’exigence d’une réglemen-
tation minutieuse et analytique naît d’une attitude culturelle de méfiance à
l’égard des autres et, en particulier, à l’égard des magistrats,que les règles et
les procédures fixées à l’avance cherchent à dissiper. Dans les systèmes de
common law cette exigence n’est pas sentie et au contraire des juges sont
nommés qui méritent cette confiance.
Ces deux cultures pourront-elles s’homologuer? L’évolution des institu-
tions relatives à la justice tend vers l’uniformité parce que nous sommes de
plus en plus citoyens de l’Europe, aujourd’hui, et demain nous serons
citoyens du monde. Ce qui nous autorise à espérer que cette homologation se
réalise et ce qui nous oblige à travailler afin que dans un futur proche elle
devienne réelle.

Rédigé par le vice-Président, prof. Giovanni Verde


The Italian Judicial System
This book is the updated edition of the text pub-
lished in 1999, which was designed to provide readily
available information on the organisation of justice in
Italy.
Part one is a concise illustration of the existing sys-
tem. Part two is a discussion of the problems arising from
the system’s application. The last part sets forth the prin-
cipal laws.

Palazzo di Giustizia, sede della Corte Suprema di Cassazione.


P ART O NE
LAWS RELATING TO THE JUDICIAL SYSTEM
AND THE ORGANISATION AND OPERATION OF
THE CONSIGLIO SUPERIORE DELLA
MAGISTRATURA(1 )

1. THE JUDICIAL FUNCTION IN THE CONSTITUTION.

1.1. Jurisdiction. – The system by which judges and prosecutors discharge the judicial function
is set out by the Constitution in the following manner.
1.2. Constitutional jurisdiction. – This is assigned to the Constitutional Court, which consists of
fifteen judges. One third of these judges are appointed by the President of the Republic, one third by
Parliament in joint session and one third by the highest-instance ordinary and administrative courts (art.
135 Const.).

The Constitutional Court rules (art. 134 Const.):


a) on disputes concerning the constitutional consistency of laws and decisions having the force
of law of the State and the Regions;
b) on conflicts of jurisdiction of the powers of the State, the State and Regions, and the
Regions;
c) on charges against the President of the Republic, pursuant to the Constitution (see art.
90. Const.).

***
Control over the constitutional consistency of laws may be exercised, directly (2), by
specifically authorised entities (State, Regional Authorities, Self- governing Provinces) (see arts. 37-42
of Const. Law no. 87 of 11 th March 1953) but it may also be exercised, incidentally (3), by a judge,
who in the course of trial considers that the law to be applied to an actual case is of dubious
constitutional consistency. In this latter case, the issue of constitutional consistency must be pertinent
to the case’s ruling and must not be manifestly unfounded (see art. 1 of Const. Law no. 1 of 9th
February 1948; arts. 2330 of Const. Law no. 87 of 11 th March 1953).
1.3. Ordinary Jurisdiction.– Ordinary jurisdiction is exercised by ordinary judges/prosecutors,
who are considered judges and prosecutors because they are created and regulated by the laws of the
judicial system (art. 102 Const.; arts. 1 and 4 Royal Decree no. 12 of 30 th January 1941). They have a
separate status from other judges which derives from a) the privilege o f independence envisaged by the
Constitution (arts. 101-104 Const.) and also b) the fact that they are subject to the authority of their
self-governing body: the Consiglio Superiore della Magistratura (in respect of the C.S.M.’s
constitution and oper ation see Law no. 195 of 24 th March 1958 and Presidential Decree no. 916 of th
September 1958).

***
Ordinary jurisdiction is divided into: (i) criminal jurisdiction, where judges are called to make a
decision on whether the criminal proceedings instituted by a public prosecutor against a given
individual are founded and (ii) civil jurisdiction, aimed at the legal protection of rights in relations
between private subjects or private subjects and the public administration, if in exercising its duties, the
administration prejudices the subjective right (4) of a person.
5
Criminal proceedings are instituted by a member of the ordinary judiciary ( ) exercising the office
of public prosecutor (art. 107, last paragraph, Cons t.).
Civil proceedings may be started by any public or private entity, known as the plaintiff, against
another subject against whom the claim is directed, known as the defendant.
Civil and criminal proceedings are regulated by two separate series of procedural rules: the code of
civil procedure and the code of criminal procedure.
th
Civil procedure was changed in part by a law of 1990 (n. 353 of 26 November), entered into force
th
on 30 April 1995, for the purposes of expediting the settlement of civil cases and making them more
effective.
Instead, the code of criminal procedure was completely amended in 1988 by switching from an
inquisitorial-type system to a basically adversarial system, based, amongst other principles, on a) the
equality of the prosec ution and the defence and b) the creation of evidence before the judge during the
th
trial (see Law no. 81 of 16 February 1987, enabling the issue of the new code of criminal procedure).
After the passing of numerous laws, which in the course of time mitigated against the adversarial
nature of the procedure in the name of protecting society from organised crime, the recent amendment
rd
of article 111 of the constitution, implemented by constitutional law n. 2 of 23 November 1999, has
expressly sanctioned the basic adversarial principle of the creation of evidence during the trial in the
presence of both parties and protected the defendant’s absolute right to evidence.
The reformed Article 111 of the constitution concerns every and each trial, both civil, criminal,
administrative and accounting, in the part in which the rule of a fair trial is expressly safeguarded.
Under said rule, each and every trial must be carried out in the presence of both parties, in conditions of
equality, before an impartial judge with a third-party status and must be of reasonable duration.
The right to a reasonable duration of the trial has recently been express ly recognised by Law n. 89
th
of 24 March 2001, which grants the parties the right to ask the State for fair pecuniary compensation,
in the event that the said right is breached.

***
Ordinary jurisdiction is administered by “professional” judges and “honorary” judges, who form
th
part of the judiciary (art. 4 of Royal Decree no. 12 of January 1941).
In particular, before the judicial system consisted of trainee judges, judges of all ranks attached to
the Preture (single Judge Courts), the Tribunali (the Courts), the Courts of Appeal and the Court of
6
Cassation( ), and public prosecutors.
Furthermore, the following judges also used to be members of the Judiciary as honorary judges:
small claims judges and their deputies (they have now been abolished, but their office will continue to
operate until the work load is completed).
Honorary judges now consist of: a) justices of the peace (Law no. 374 of 21st November 1991;
Presidential Decree no. 404 of 28th August 1992), who are now competent, both in the civil and
criminal field, for matters previous ly dealt with by professional judges, b) honorary judges (Law no.
276 of 22nd July 1997; Legislative Decree no. 328 of 21st September 1998 converted into law no. 221
of 19th November 1998), attached to the so-called sezioni stralcio (Temporary Divisions) established to
go through the civil cases pending as at the date of 30th April 1995, c) court honorary judges attached
to the judicial offices, d) honorary deputy prosecutors attached to the prosecuting offices, e) experts of
the courts and the Juvenile divisions of the Courts of Appeal, f) lay judges of the Courts of Assizes
7
(Law no. 287 of 10th April 1951), g) experts working for the Tribunale di Sorveglianza ( ) (see art. 70
of Law no. 354 of 26th July 1975) and the specialised agricultural divisions (see arts. 2-4 of Law no.
320 of 2nd March 1963).
Currently, civil and criminal justice is administered by: Justices of the peace, the Tribunali (the
Courts), the Courts of Appeal, the Court of Cassation, the Juvenile Courts and the Tribunale di
Sorveglianza sitting both as a single judge and as a panel of judges (art. 1 of Royal Decree no. 12 of
30th January 1941).
Pursuant to the reform of the single first instance judge (Leg. Decree no. 51 of 19th February
1998), the first instance courts have been reorganised by abolishing the Pretura and assigning its
competence to the Tribunale, which now sits both as a single judge court for matters of minor
complexity, and as a panel of judges for more serious cases. Similarly, the public prosecutor’s office
attached to the Pretura has been abolished and its functions have been assigned to the public
prosecutor’s office attached to the Tribunale. In the same regard, honorary judges attached to the
abolished Preture have changed their name from “honorary deputy Pretore ” to “honorary court
judge”.

Special jurisdictions. – The Constitution prohibits the establishment of new “extraordinary or


special” judges. However, divisions specialising in spe cific sectors may be set up within the ordinary
jurisdiction bodies, characterised by the concurrent presence in the same judicial body of ordinary
judges and qualified citizens who are not members of the judiciary (e.g. the specialised agrarian
divisions) (art. 102 of the Constitution).

***
Special judges are, in any event, prescribed by the law, such as administrative judges, the State
Auditors’ Court and military judges, who had already been established prior to the Constitution coming
into force (art. 103 Const.).

***
The State Auditors’ Court (Corte dei Conti) consists of auditor judges and prosecutors; an Office
of the Prosecutor General entrusted with investigative functions has been set up and attached to this
Court. The auditors’ judiciary has recently been reformed, providing for autonomous regionally based
judicial and prosecuting divisions.
Its self- governing body is the Council of Presidency of the Court itself.
The State Auditors’ Court has competence to review in advance the consistency with the law of a
wide range of measures taken by the Government and other public bodies and to check the financial
management and assets of public administrations. It also has competence to rule on issues such as pub-
lic accounts, pensions and the liability of civil servants and officials of the State or other public bodies.

***
Military judges, who have jurisdiction to hear military crimes committed by members of the armed
forces, are a separate body from the ordinary judiciary, and are administered by a self- governing body
called the Consiglio Superiore della Magistratura Militare (Superior Council of the Military Judi-
ciary).

***
Administrative jurisdiction is assigned to a series of bodies which are separate from ordinary
courts: the regional administrative courts, which are first instance courts, and the Consiglio di Stato,
which is the second instance court.
The self-governing body of administrative judges is the Consiglio di Presidenza della
Magistratura Amministrativa (Council of Presidency of the Administrative Judiciary), which consists
of the President of the Consiglio di Stato, four judges attached to the Consiglio di Stato, six judges
attached to the regional administrative courts and also lay members, i.e. four citizens, of which two are
elected by the Chamber of Deputies and two by the Senate of the Republic by absolute majority,
chosen from ordinary university law professors or lawyers having 20 years experience. This body also
envisages sub stitutes, chosen from the judges of the Consiglio di Stato and the Regional Administrative
Courts. The presence of lay members is due to a recent amendment of Article 7 of Law n. 186 of 27th
April 1982, which sets forth the system of Aministrative jurisdiction. The said amendment was imple-
mented by Law n. 205 of 21st July 2000 and, in particular, by Article 18 of the said law.
An administrative judge assesses the lawfulness of administrative decisions (and not the merits):
an application filed with an administrative court aims at obtaining the judicial annulment of an
administrative decision which is assumed to be defective for lack of jurisdiction, breach of law or abuse
of power.
Generally speaking, the competence of ordinary and administrative courts is established by
referring to the individual claim brought before the court – whether it concerns a subjective right or a
legitimate interest. Admin istrative jurisdiction deals with legitimate interests (without prejudice to spe-
cific subject matters which fall within the exclusive jurisdiction of administrative courts, recently
increased by Law n. 205 of 21st July 2000).

Relevant laws:
– Constitution, arts. 90, 101-113, 134-137
– Roya l Decree no. 12 of 30th January 1941
– Law no. 374 of 21st November 1991
– Leg. Decree no. 51 of 19th February 1998, arts. 1-48
– Law no. 186 of 27th April 1982, art. 7
– Law no. 205 of 21st July 2000, art. 18
– Law no. 89 of 24th March 2001.

2. THE CONSTITUTIONAL POSITION OF THE ORDINARY JUDICIARY.


2.1 Independence and autonomy. – According to the Constitution, the judiciary is an autonomous
body independent from the legislative and executive powers (art. 104 Const.).
Its autonomy refers to its organisation.
It is autonomous vis-à -vis the executive, in that the independence of the judiciary would be
undermined if the measures pertaining to the career advancement of the members of the Judiciary, and
in more general terms, their status, were assigned to the executive power. The Constitution therefore
assigned the task of administering the members of the judiciary (transfers, promotions, assignments of
duties and disciplinary measures) to a self- gov-erning body (art. 105 Const.): The Consiglio Superiore
della Magistratura, which thus guarantees the independence of the members of the Judiciary.
The Judiciary is also autonomous vis-à -vis the legislative power, in that judges are subject only to
the law (art. 101 Const.).
Its independence refers to the functional aspect of judicial activity. It does not refer to the judiciary
collectively – which is guaranteed by its autonomy, as described above – but to its members when they
exercise jurisdiction.
Independence stems from, and is implemented on the basis of, the other constitutional principle
that a judge is subject only to the law. This substantiates the derivation of jurisdiction from the
sovereignty of the people.
***

Independence and autonomy are principles which the Constitution also acknowledges in relation to
the public prosecutor (arts. 107 and 112 Const.), especially where the obligatory nature of instituting
criminal proceedings is concerned.
The obligatory nature of instituting criminal proceedings indeed contributes towards ensuring not
only a public prosecutor’s independence in exercising his duty, but also the equality of citizens before
criminal law.
A public prosecutor’s autonomy and independence have, however, special characteristics as far as
relations “within” the prosecuting offices are concerned, as the office’s unitary nature has to be taken
into account, along with the power of authority acknowledged to the head of the office over his deputy
prosecutors (see art. 70 of Royal Decree no. 12 of 30th January 1941).

2.2. Security of tenure. – Judges/prosecutors are also ensured security of tenure.


A judge’s independence could in fact be seriously compromised if he could be dismissed from
service or transferred from one office to another.
To ensure that this does not occur, the Constitution envisages that a judge’s suspension,
dismissal or transfer can only be decided by the Consiglio Superiore della Magistratura either with his
consent or for the reasons and with the guarantees of defence established by the judicial system laws.
Normally, therefore, judges/prosecutors can be transferred to another office or made to perform
other functions only with their consent, following a decision by the Consiglio Superiore della
Magistratura. Such measure is taken by the C.S.M. on the basis of the outcome of a competitive
procedure between candidates. This starts with the publication of vacancies and the preparation of a
classification list, which takes account of seniority, family or health reasons and aptitudes (the relevant
rules are set forth in a special circular letter adopted by the C.S.M.: circular letter no. 15098 of 30th
November 1993, and subsequent amendments).

***

The cases where enforced transfers may be exceptionally permitted are quite clearly set forth.
In this respect, in addition to the case of first posting of a trainee judge/prosecutor, cases where
enforced transfers are affected to satisfy the administration’s need to fill particular positions should also
be stressed. Reference is made, in particular, to (i) arts. 4 et seq. of Law no. 570 of 25th July 1966, and
subsequent amendments, pertaining to the enforced filling of Court of Appeal positions for which there
are no applicants, (ii) art. 10 of law no. 831 of 20th December 1973 concerning the enforced posting to
Court of Cassation posts (iii) art. 3 et seq. of Law no. 321 of 16th October 1973, and subsequent
amendments, concerning enforced transfers to unwanted vacant positions and (iv) art. 1 of Law no. 133
of 4th May 1998 pertaining to the filling of unpopular posts in Southern Italy and the islands which are
traditionally not sought-after and always vacant.
The Higher Judiciary Council (CSM) also has the power to officially transfer judges in addition
to in the event of closing the office to which the judge belongs (art. 2, paragraph III, Royal Legislative
Decree 511/46), “when for any cause independent of their fault, they cannot carry out their own tasks
with independence and impartiality in the role occupied” (art. 2, paragraph II, Royal Legislative Decree
511/46); in this case, the exemption from the principle of irremovability is justified by the need,
considered prevailing, of ensuring a judge the independent and impartial carrying out of his jurisdiction
in the seat where he carries out his work which would, instead, be harmed by his remaining in that seat.
It is important to point out that the only objective situation for this official transfer of hindrance
to the carrying out of functions in a certain location, regardless of any cause that may be found to be
the judge's fault.
The transfer is adopted at the outcome of an administrative procedure, that, while originating
from reports made by office directors or from reports made by citizens, is totally developed within the
CSM and completes an administrative measure that is finalised by the allocation of a new location for
the judge; if the measures decide against this move, the judge may appeal to administrative justice.
The prediction of this transfer due to guiltless environmental incompatibility is distinguished
from both official transfer, as a disciplinary sanction, foreseen in art. 13, paragraph 1, Legislative
Decree 109/2006, and from the precautionary and temporary measure, foreseen in art. 13, paragraph 2,
Legislative Decree 109/2006 as part of a disciplinary procedure regarding the judge, when there are
serious grounds for the disciplinary action and there are also reasons for particular urgency.
In the former case, the sanction is applied further to the verification of guilty responsibility (and
therefore, that recognises guilt) during the disciplinary procedure of the judge further to a jurisdictional
procedure against him, that completes a sentence by the disciplinary division of the CSM, which can
be appealed against in the united sections of the Court of cassation.
In the second case, the official transfer is a true precautionary measure part of the disciplinary
procedure against the judge, before any future sentencing; it is brought by the General prosecutor of the
Court of Cassation and decided, at the outcome of an internal procedure, by order of the CSM
disciplinary section, which can be appealed against in the court of cassation.
***
2.3. The Impartiality and establishment of judges/prosecutors by law. – The constitution further
guarantees the jud icial function, in particular, by prescribing the principle that judges/prosecutors are
established by law (article 25 of the constitution.): on the one hand, it establishes that the jurisdiction of
judges/prosecutors can only be decided by the law and not by sec ondary sources of legislation or non-
legislative provisions; on the other, it also provides for the competent judge to be determined before the
commission of the facts to be tried, thus preventing the judge from being determined ex post. The
principle that the competent judge is established by the law also assures the impartiality of the judge
while exercising his office.
In addition to the aforesaid constitutional principles, there are also judicial system laws covering
the drawing up of the personnel charts of the judicial offices aimed at regulating the assignment of
individual judges and pros ecutors to the offices and the assignment of the case files (see art. 7 et seq. of
Royal Decree no. 12 of 30th January 1941, and also the relevant rules recently introduced by the
Consiglio Superiore della Magistratura by circular letter no. 8873 of 21st May 1997).
The principles of impartiality and establishment of judges by law are not contravened by the
procedures of a) seconding (see, in particular, art. 110 of Royal Decree no. 12 of 30th January 1941,
and the detailed rules set forth in the Consiglio Superiore della Magistratura circular letter no. 7704 of
2nd May 1991), and b) substitution (see, in particular, arts. 97, 105 and 109 of Royal Decree no. 12/41,
and the detailed rules set forth in the Consiglio Superiore della Magistratura circular letter no. 7704 of
2nd May 1991). These procedures are designed to make up for personnel shortages in judicial offices
by using other judges/prosecutors who are either regularly attached to other offices or attached to the
same offices but assigned to different duties. In this respect, the importance of the recent Law no. 133
of 4th May 1998 should be stressed, as it holds important innovations designed to improve the system
of justice. One of the most important innovations is the envisaged procedure of the so-called “inter-
district charts” of the judicial offices. These charts do not replace those ordinarily envisaged in the
single offices (see art. 7-bis of Royal Decree no. 12/41), but supplement them so as to provide for a
more flexible and extended use of judges/prosecutors in several judicial offices (“combined” offices
within the same district). This is also achieved by exploiting the equally innovative procedures of a)
“co-assigning” the same judge/pros-ecutor to various judicial offices and b) “inter-district substitution”
(see art. 6 of the aforesaid law). These procedures are indeed comparable to the aforementioned
procedures of seconding and substitution, through which the legislator aims at implementing an even
more effective system to offset frequent staff shortages and/or impediments affecting regular
judges/prose-cutors. The above procedures enhance the service provided by the judiciary in terms of
quality and quantity.
In order to remedy the organisational difficulties of judicial offices resulting from the temporary
absences of their judges/prosecutors, a recent Law no 48 of 13th February 2001 – which reformed the
system for becoming a member of the Judiciary and increased the number of places by a thousand –
provided for the establishment of district judges/prosecutors within each court of appeal to be assigned
to substitute judges/prosecutors of the district when they are absent. District judges/prosecutors can be
used in cases of: leave of absence, sick leave or other leave, obligatory or discretionary absence from
work for pregnancy or maternity reasons or in the other cases regulated by Law no. 53 of 8th March
2000 (comprising rules supporting maternity and paternity); also in cases of: a) transfer of a
judge/prosecu-tor to another office which does not take place concurrently with the enforcement of the
order assigning another judge/prosecutor to fill the post left vacant, b) precautionary suspension of a
judge/prosecutor from his office awaiting criminal or disciplinary proceedings and c) exemption of a
judge from exercising his judicial office resulting from his appointed as a member of the examination
board of the competitive public exam for judges and prosecutors.
The number of district judges/prosecutors is prescribed by Decree of the Minister of Justice, after
consulting the Consiglio Superiore della Magistratura, and is decided on the basis of the average
statistics of absences recorded in the district in the three- year period prior to the entry into force of the
law and is subject to review always on the basis of the average statistics of absences recorded in the
two preceding years.

2.4. The obligation to institute criminal proceedings. – The public prose-cutor’s independence is
further guaranteed by the constitutional rule prescribing that a public prosecutor is under the obligation
to institute criminal proceedings (art. 112 Const.). This principle should be interpreted in the sense that,
once the competent public prosecutor has been informed of an offence, he must conduct investigations
and submit the outcome of his investigations to the judge’s appraisal, making the relevant requests.
This applies both when the public prosecutor requests the setting aside of the case because there is
insufficient evidence to prove the alleged offence and when the public prosecutor requests the
committal to trial of an individual in respect of a particular alleged offence.
As mentioned earlier, the obligation to institute criminal proceedings contributes towards
guaranteeing not only the public prosecutor’s independence in exercising his function, but also the
equality of citizens before criminal law.

Relevant laws:
– Royal Legislative Decree no. 511 of 31st May 1946
– Law no. 48 of 13th February 2001, arts. 1 and 4-8

3. THE CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA.

3.1. Powers. – The Consiglio Superiore della Magistratura is the selfgoverning body of the
ordinary juridiciary. Under the judicial system’s laws, the C.S.M. is in charge of the employment,
assignment/transfer, career advancement and disciplinary measures affecting judges and prosecutors
(see art. 105 Const.) (with regard to the setting up and operation of the C.S.M., see Law no. 195 of 24th
March 1958 and Presidential Decree no. 916 of 16th September 1958, and also the internal regulation
approved by the C.S.M. itself).

3.2. Composition. – The Constitution (art.104) foresees that the C.S.M. is made up of three
members by right: the President of the Republic who presides over the body, the President of the Court
of Cassation and the Prosecutor General of the Court of Cassation.
The Constitution does not state the number of elected members but states that two thirds of
them must be elected by all ordinary judges belonging to the various categories (the so-called
stipendiary members) and one third by Parliament in a joint session, chosen from among all the
ordinary university law professors and lawyers after fifteen years of practising their profession (so-
called lay members).
The Constitution also states that the elected members will hold their seats for four years and that
they cannot immediately be re-elected.
The Council must elect a Vice President from among the members elected by parliament (lay),
who, in addition to presiding over the plenary assembly (in the absence of the President of the Republic
or by proxy of the President), also presides over the President's Committee, which has the task of
promoting council activit y, of implementing CSM resolutions and of managing budget funds, bearing
in mind that the Council enjoys full accounting and financial autonomy.
It is therefore the ordinary law that determines both the number of elected members and the way
in which the y are elected.
Currently, L.44/2002 (which amended article 1 L.195/58) sets the number of elected members
at 24, 16 of whom are stipendiary and 8 lay; the latter are elected by parliament in a joint session by
secret ballot and with a three-fifths majority of the assembly members for the first two ballots while the
third ballot only requires three fifths of the voters.
The members to be elected from among legal professionals are divided as follows: two from
among the Court of Cassation magistrates (judges and prosecutors) who carry out the functions of
legitimacy, four from among magistrates who fill the role of prosecutors in the trial courts and the other
ten from among those who work as judges as part of trial court judiciary.
The election of the stipendiary members takes place using a majority system in a single national
district for each of the categories of judges to be elected, as indicated above, and is based on individual
candidacies presented by at least twenty-five and at most fifty members of the judiciary. Each voter
receives three cards for each of the three single national districts and expresses his own vote for one
member of the judiciary only for each of the categories: legitimacy and trial, judging and prosecuting.
The central electoral commission, set up at the Court of cassation, counts the votes, deciding the
total of valid votes and the preferences for each candidate. The candidates who are declared elected are
those who have obtained the highest number of votes in a number equal to that of the seats to be
allocated in each district (or category of judiciary).

3.3. The C.S.M.’s constitutional position. – As far as the C.S.M.’s position is concerned, the
Constitutional Court has established that, although the C.S.M. is an organ that performs basically
administrative functions, it is not part of the public administration, as it is extraneous to the organi-
sational system directly under the control of the State or Regional governments.
With reference to the functions assigned to it by the Constitution, the C.S.M. has been defined as
“a body of clear constitutional importance”. Its functions, which may be defined as the “administration
of the activities of the judiciary”, hinge primarily on the administration of the members of the jud iciary;
the C.S.M. deals with the employment, assignment/transfer, promotion and disciplinary measures
concerning judges and prosecutors, including also the organisation of the judicial offices with a view to
ensuring and guaranteeing that each and every member of the judiciary is subject “only to the law”
when exercising his office. In this latter respect, it should be stressed that at the pro posal of the
Presidents of the Appeal Courts, and after consulting the Judicial Councils, every two years the C.S.M.
approves the personnel charts of the judicial offices of each district and at the same time approves
objective and predetermined criteria for assigning the case files to individual judges.
The C.S.M. is thus the highest ranking body in charge of the admin istration of judicial activities.
The judicial Councils and the heads of individual judicial and prosecuting offices also co-operate, with
different tasks.

3.4. The C.S.M.’s quasi-statutory role. – The law setting up the C.S.M.. entrusts it the power to
issue quasi-statutory measures which may be divided into three categories:
a) internal regulations and administrative/accounting regulation, both of which are envisaged by the
law. These are measures of secondary legislation, which can be issued by political/administrative
bodies recognised by the constitution, which aim at regulating the C.S.M.’s organisation and
operation;
b) regulations covering the training of trainee judges and prosecutors, which is also expressly
envisaged by the law constituting the C.S.M. It regulates the training of the judges/prosecutors once
they have passed the entrance exam;
c) circular letters, resolutions and directives. Circular letters are used to self-discipline the exercise of
the administrative discretionary power assigned to the C.S.M. by the Constitution and by ordinary
laws. The resolutions and directives are used to propose and implement the application of judicial
system laws pursuant to a systematic interpretation of the sources.

Relevant laws:
-. Law no. 195 of 24th March 1958

4. ACCESS TO THE ORDINARY JUDICIARY.

4.1. Access to the profession of judge and prosecutor takes place by public competitive
examination, pursuant to article 106, paragraph I, Constitution; The access system to the profession of
judge or prosecutor (competition for trainee judges/prosecutors) has been subjected to various
legislative interventions in recent years, which on the one hand wanted to reduce the time needed for
competition procedures and on the other hand requested higher qualifications of candidates, who
initially were only required to have a degree in law.
The Legislative Decree 398/97 set up post-graduate schools for the legal profession at
universities, with the aim of completing the training for those who, having received a degree in law,
intend specifically to carry out the professions of judge, prosecutor, notary public or lawyer; these
schools, which actually became operational starting from the academic year 2001-2002, issue a
diploma on completion of a two-year course that is a requisite for admission to the competition for the
profession of judge/prosecutor and which have the declared aim of promoting common training for
subjects destined to be a part of the future practice of the afore- mentioned professions.
In the period that ran between the entry into force of the law and the actual setting up of the
post-graduate schools, in order to rational and speed up the competition procedures, by screening the
large number of indistinct initial candidates for entry to the profession, a new preliminary test was
introduced (in addition to the written and oral tests) carried out using computers and with multiple
choice questions on subjects addressed in the written exams.
Once the post-graduate schools were set up, which work on an limited number entry system,
with selection based on computer tests and on the candidates’ curricula, the preliminary computer test
was eliminated by the new access system for the profession of judge/prosecutor outlined in Law
48/2001, which, in order to speed up the correction procedure of exams, also set up the role of
“external examiner”, which was never actually implemented as it required implementation regulations
for the matter, that were not issued; in this case, the law foresaw that the written exams for the
competition to enter the profession of judge/prosecutor are preceded by the preliminary computer test
and this is what has occurred up to date.
The competition for trainee judge/prosecutor, called by the Ministry of Justice further to
resolution by the CSM, which decides the number of places to be made available by competition, is
based on three written exams: civil law, penal law and administrative law (temporarily Law 48/2001
foresaw the calling of three competitions, with the carrying out of only two written exams out of the
ones stated above, decided by a draw carried out on the day on which the written exams were actually
held); there is also an oral exam on the same subjects as the written exams (civil law also includes basic
eleme nts of Roman law), plus civil and penal procedure, administrative law, constitutional law, fiscal
law, labour law, social security law, European Union and international law and elements of legal
information technology .
The examination commission, appointed by the C.S.M. ten days before commencement of the
written exams (or computer pre-selection) is presided by a judge or prosecutor from the court of
cassation who has been declared suitable for being further appraised for the purpose of appointment to
higher executive roles, who carries out a role of legitimacy and is made up of a member of the judiciary
of a level no lower than that of being declared suitable for appraisal for appointment as a judge of the
court of cassation, who acts as vice president, twenty-two members of the judiciary with the minimum
level of being judges of the courts of appeal, and eight university law lecturers.
The classification drawn up by the commission, on the basis of the overall total of points given
in each exam to each candidate, is approved by the C.S.M.
The winners of the competition are appointed as Trainee judges/prosecutors and are assigned to
a first degree court, that is also a court of appeal, to carry out his training period, regulated by the
Presidential Decree 17 July 1998; this consists of witnessing and collaborating in the judicial work
carried out by the judiciary to whom the trainee has been assigned, in civil and penal sectors as both
monocratic or panel judges and as public prosecutors; theoretical training is also provided, with the
organisation of study meetings for trainee judges/prosecutors, carried out at the central CSM offices
and also regionally by judicial councils and references for district training (appointed every two years
by the C.S.M.)
The training period can last no less than eighteen months and is divided into “ordinary” training
that lasts minimum thirteen months and specific training for the remaining period; the latter is further to
the trainee’s choice of work and is therefore aimed at developing the practice of the specific judicial
activity that the trainee will soon be called upon to carry out in the location assigned to him.
Training is direct, coordinated and controlled by the CSM, which uses district councils, judicial
councils and commissions set up at these bodies for actual organisation.
Training aims to ensure professional training of trainee judges/prosecutors and to verify their suitability
for the practising of judicial functions.

4.2. Direct appointment. – As an exception to recruitment based on a competitive examination, the


Constitution envisages that regular university law professors and lawyers of at least fifteen years
standing and registered in the special Rolls entitling them to practise in the higher-juristiction courts
may be appointed Counsellors of the Supreme Court of Cassation “on exceptional merit” (art. 106
Const.).
This measure has recently been enforced by Law no. 303 of 5th August 1998, no. 303, and in this
regard the C.S.M. issued circular letter n. P.-99-03499 of 18th February 1999.

Relevant laws:
– Royal Decree no. 12 of 30th January 1941, arts. 121-130
– Law no. 127 of 15th May 1997, article 17, paragraphs 113 and 114
– Presidential Decree of 17th July 1998
– Legislative Decree n. 398 of 17th November 1997
– Law no. 48 of 13th February 2001

5. THE CAREER OF THE MEMBERS OF THE ORDINARY JUDICIARY.


There is just one route to career advancement for both prosecutors and judges.
To change from the function of judge to that of prosecutor and viceversa all that is required is an
aptitude appraisal.
After the training stage, trainee judges and prosecutors may be allocated to first instance judicial
offices.
The C.S.M. prepares a list of vacant positions and convenes the trainee judges and prosecutors.
They are called following the order of the examina-tion’s classification list and any preferential
qualifications they may hold, and are assigned a vacant position also on the basis of the preferences
they themselves indicate.
As far as their career advancement is concerned, it should be stressed that the 1941 judicial system
laws envisaged that access to “higher” functions (appeal and Cassation) could only be achieved through
competitive examinations and regular assessment.
This point was substantially revised when the Constitution came into force, and in particular by
art. 107, paragraph 3, according to which “dis tinctions between judges and between prosecutors are
based purely on the diversity of their functions”.
Through a series of laws (Law no. 570 of 25th July 1966 on appointments to Appeal Court rank;
Law no. 831 of 20th December 1973, on appointments to Court of Cassation rank), career advancement
through competitive examinations and regular assessments was in fact abolished and an automatic
advancement based on seniority was introduced, except in cases of demerit.
The system is therefore organised as follows: the seniority required to be appointed to the rank of
court judge/prosecutor is two years from appointment to trainee judge/prosecutor vested with functions
(see Law no. 97 of 2nd April 1979); after eleven years with assigned functions, court
judges/prosecutors may be assigned the rank of Appeal Court judge/prose-cutor (Law no. 570 of 25th
July 1966); the seniority required for assignment to the rank of Court of Cassation judge/prosecutor is
seven years from the date of appointment to the rank of Appeal Court judge/prosecutor. After a further
eight years, a judge/prosecutor holding the rank of Court of Cassation judge/prosecutor may be
declared fit for designation to senior executive functions (Law no. 831 of 20th December 1973).
Once the necessary seniority has been reached, the advancement is decided by the C.S.M., after
consulting the competent judicial council.
If the C.S.M. decides against the career advancement of a member of the judiciary, then the said
judge/prosecutor will be appraised again after some time. The system currently in force is based on the
separation between rank and functions, and the assignment to a higher rank is independent from an
effective assignment to an office corresponding to the attained rank. For example, in order to be
effectively assigned to an appeal function (as that of Appeal Court counsellor) a judge/prosecutor must
have effectively been awarded an Appeal Court rank. But a judge/prosecutor with an Appeal Court
rank or a judge/prosecutor who has been granted a declaration of fitness for appointment to Cassation
Court judge/prosecutor may, on the other hand, continue working in his position – even tho ugh it
corresponds to a lower rank – for an unlimited time. The possibility of the so-called reversibility of
functions was recently introduced, which allows judges/prosecutors with court of appeal or Court of
Cassation functions to be respectively assigned, at their request, to a first instance office with functions
of merits or to any other office with functions of merits, even though it corresponds to the rank of court
judge/prosecutor (art. 21-sexies, of Legislative Decree no. 306 of 8th June 1992 conve rted into Law no.
356 of 7th August 1992).
The only immediate consequence of career advancement is a corre sponding salary increase.

Relevant laws:
– Law no. 570 of 25th July 1966
– Law no. 831 of 20th December 1973
– Law no. 97 of 2nd April 1979

6. THE EXECUTIVES OF JUDICIAL OFFICES.

The Chief Judge of the Court of Cassation, the Prosecutor General attached to the same Court
and judges/prosecutors holding executive posts in first and second instance judicial offices head the
offices, performing (i) “administration of the judicial function” duties pursuant to the Council’s
directives and (ii) “administrative functions” instrumental in the exercise of the judicial functions.
Assignment of executive posts is decided by the C.S.M., with the agreement of the Minister of
Justice (see art. 11 of Law no. 195 of 24th March 1958 and art. 22 of C.S.M. internal rules).
Senior executives are chosen on the basis of their aptitude, merit and seniority, taken together.
The comparative appraisal of the applicants is aimed at assigning the most suitable candidate to a
vacant office, in view of the functional requirements of the office, and, perhaps, also some
environmental aspects (see, C.S.M.’s circular letter no. 13000 of 7th July 1999).
In respect of the assignment to senior positions of the Court of Cassation and the High Court of
Public Waters, the comparative appraisal procedure is limited to members of the judiciary who in the
last fifteen years: have held senior executive offices for at least two years; have exercised Court of
Cassation functions for at least four years; and when convened by the C.S.M., have accepted to be
assigned to said senior post (see circular letter no. 13000 of 7th July 1999, as supplemented by decision
of 7th March 2001).

7. THE DISCIPLINARY LIABILITY OF THE MEMBERS OF THE JUDICIARY.

7.1 Disciplinary offences - The legislative decree n. 109/2006 concerning “the Discipline of
disciplinary offences committed by members of the judiciary and relative sanctions and procedure for
application of the latter” significantly amends the previous system, being part of the global reform of
the judicial system approved by law n. 150 from 2005. The first section of the legislative decree is
divided into two sections, one dedicated to disciplinary offences committed by the judiciary and the
other dedicated to disciplinary sanctions.
Disciplinary offences are divided into two categories, on one side the hypothesis of crimes
committed while carrying out judicial duties and on the other crimes carried out outside of one’s
judicial role. The substantial is struck on the tendency to standardise disciplinary offences by the
judiciary, with regards to both conduct connected with judicial duties and for those not connected with
them, without provision for closure rules.
The first article of the afore-stated legislative decree is dedicated to “judiciary’s duties” and
foresees a detailed list of fundamental duties that the judiciary must abide by when carrying out their
judicial role. These are essential ethical principles and values for anyone who practises as a member of
the judiciary and repeats widely known duties in the drawing up of jurisprudence and legal systems.
The duties of impartiality, correctness, diligence, industriousness, discretion, balance and
respect for the dignity of people are then referred to as fundamental principles to observe when carrying
out one’s duties as a member of the judiciary.
Article 2 of the legislative decree contains a peremptory detailed list of hypotheses of
disciplinary offences during the practising of duties, while article 3 foresees a list of conduct carried
out outside judicial duties that may give rise to a disciplinary procedure.
While noting that the activity of interpreting laws and evaluating facts and evidence ca n never
give rise to disciplinary responsibility, 25 hypotheses are identified that constitute typical cases in point
of offences committed while carrying out duties; for example purposes only, we can state conduct that,
by violating a member of the judiciary’s duties, cause unfair damage or undue advantage to one of the
parties; or the omitted notification to the Higher Judiciary Council of the existence of one of the
situations of parental incompatibility as set out in articles 18 and 19 of the judicial order, in addition to
the conscious non-observance of the obligation of abstention; also, habitually or seriously incorrect
behaviour towards the parties, their defence counsels, witnesses or anyone who has contact with the
judge in the context of the courts, or towards other members of the judiciary or collaborators;
unjustified interference in judicial activity of another judge or prosecutor and the omitted
communication to the head of the office by the recipient member of the judiciary of any interference.
Also, serious violation of the law caused by ignorance or inexcusable negligence and the
misrepresentation of the facts caused by inexcusable negligence; and many other just as significant
hypotheses.
Article 3 of the legislative decree lists 8 cases in point relative to conduct that is relevant to
discipline rules carried out outside of judicial functions. For example, the use of the position of being a
member of the judiciary to procure unfair advantages for oneself or for others; associating with a
person who is subject to penal proceedings or precautionary measures however handled by the member
of the judiciary, or a person who declares to the former that he was a habitual or professional criminal
or with a tendency to be one or who has been convicted of premeditated crimes with a sentence of
imprisonment for more than three years or precautionary measures, except where rehabilitation has
taken place, or holding conscious business relationships with one of the afore- listed types of person.
Also the acceptance of extra-judicial roles without prior written authorisation from the Higher Judiciary
Council; or the participation in secret associations or associations whose restraints are incompatible
with the practising of a judge’s professio nal role and also the joining and systematic and continuous
participation in political parties or involvement in the activities of subjects operating in the economic or
financial sector that may affect or compromise the judge’s image.
Article 4 of the decree also identifies the disciplinary offences consequent to the crime, thus
establishing a kind of automatism between the facts for which there has been a conviction for wilful
crime and disciplinary action, while for culpable crime, punished by detention, it is necessary to verify
the nature of particular gravity for the modes and consequences of the fact itself.

7.2 Disciplinary sanctions - The second section of the legislative decree sets the sanction
apparatus of the reform of disciplinary responsibility. The law foresees various types of sanctions that
are adapted to the individual disciplinary cases described above. The law has, in fact, introduced the
application of the tale crimen talis poena criterion as a due consequence to the standardisation of illegal
acts.

The various sanctions foreseen by the law are:


a) A reprimand, which is a reminder for the judge to observe his duties;
b) a censure, which is a formal declaration of criticism;
c) loss of seniority, that cannot be less than two months and no more than two years;
d) temporary incapacity to carry out an executive or semi-executive role that cannot be less than
six months and not be more than two years;
e) suspension of role, that comprises the removal from the role of judge with suspension of salary
and placement outside the judiciary structure;
f) Dismissal, which brings about the cancellation of the employment relationship.

There is also the additional sanction of official transfer that the disciplinary judge may use
when imposing a sanction that is more serio us than a reprimand, while this further sanction is always
used in some cases specifically identified by law.
The official transfer may also be used as a precautionary and temporary measure, whenever
serious grounds exist for disciplinary action and there are also reasons for particular urgency.

7.3 The disciplinary procedure - The disciplinary procedure is of a jurisdictional nature and is
regulated by the laws contained in the code of penal procedure as far as is compatible. The disciplinary
judge is a panel that is part of the CSM disciplinary division, comprising six members: the Higher
Judiciary Council’s Vice President, who presides over the panel, and five members elected by the
members of the CSM, one of whom will have been elected by Parliament, one member of the judiciary
from Court of Cassation with actual role and tasks of legitimacy and three trial judges.
The disciplinary procedure is instituted by the Ministry of Justice and by the Prosecutor General
at the Court of cassation. The exercising of disciplinary action has been transformed from discretional
to obligatory for the Prosecutor General, while it remains discretional for the Ministry. The obligatory
nature of disciplinary action is linked to the choice of standardisation of illegal deeds, much like the
one operating in the penal justice section, and imposes a strict observance of the principle of the
certainty of the law, to the extent that it removes applicational uncertainty as far as is possible.
The law has also foreseen a general clause of disciplinary irrelevance of conduct if the fact is of
“little importance”, a clause destined to operate on a different level – even if it converges with its
purpose – with the power of dismissal by the same prosecutor general.
It is in fact the Prosecutor general’s power to autonomously dismiss a matter when the alleged
fact does not constitute significant conduct for disciplinary affairs or is a report that is found to not
have been described in detail, i.e. does not enter into any of the typ ical forecasts id entified by the law,
or if, further to investigation, the fact is found to be non-existent or not-committed.
The measure of dismissal is notified to the Ministry of Justice which may request a copy of the
documentation within ten days and which may ask the President of the disciplinary division to set a
hearing for the oral discussion in the next sixty days, to formulate an accusation. The role of the
prosecutor is carried out by the Prosecutor General or by a substitute at the hearing.
Once the first stage has been passed, the law foresees that the action must be brought within one
year of the reporting of the fact, which the Prosecutor General at the Court of Cassation knows of
further to the carrying out of summary preliminary investigation or circumstantiated reports or
notification by the Ministry of Justice. According to the legislative decree, the Prosecutor general must
formulate his final requests within two years of the beginning of the procedure and within two years of
the request being made, the Higher Judiciary Council's disciplinary division must make its ruling. The
law has also set down that no disciplinary action can be brought when ten years have passed
since the event.
The commencement of disciplinary action must be notified to the accused party within thirty
days and he may be assisted by another judge or lawyer. The investigations are carried out by the
Prosecutor General, who formulates his requests by sending the dossier to the CSM disciplinary
division and by notifying the accused party. If the Prosecutor General should decide that he does not
need to request the declaration of not proceeding, then formulate the accusation and asks for a
hearing with oral discussion to be set.
The Ministry of Justice may intervene in the disciplinary procedure when, in addition to
bringing disciplinary action with the request for investigation, it requests the disciplinary action
brought by the Prosecutor General to be extended to other facts, when it has the power to formulate
an integration to the disciplinary contestation in the event of action brought by the Prosecutor
General and when it asks for the disciplinary contestation to be modified if the action is brought by
itself, when it has the power to formulate charges and to autonomously request the setting of the
disciplinary ruling in all cases in which it disagrees with the request for acquittal put forward by the
Prosecutor General.
Discussion in the disciplinary proceedings takes place during a public hearing, with a report
by one of the members of the disciplinary division, the official acquisition of any evidence that is
useful, the reading of reports, inspections, documents and evidence acquired during investigation
and also the producing of documents. The disciplinary division makes its decision after hearing the
parties and the decision may be contested before the civil united sections of the Court of Cassation,
while a ruling that has become irrevocable may still be subject to review.
Relevant laws:
- Royal Legislative Decree no. 511/46
- Law no. 150 of 25th July 2005
- Legislative Decree of 23th February 2006

8. THE CIVIL LIABILITY OF THE MEMBERS OF THE JUDICIARY.

Disciplinary liability is the result of a breach of the functional duties a judge/prosecutor


undertakes vis-à -vis the State at the time of his appointment. Civil liability, instead, is the liability
that a judge/prosecutor undertakes vis-à -vis the parties to the proceedings or other entities, and
which results from any mistake or non-compliance affected in the exercise of his functions.
The civil liability of judges and prosecutors, which is similar to that of any other public
servant, is based on article 28 of the Constitution.
Following the outcome of a referendum which led to the repeal of earlier rules severely
limiting cases of civil liability, the issue is now regulated by Law no. 117 of 13th April 1988.
From a substantive viewpoint, this law affirms the principle of the right to compensation for
any unfair damage resulting from the conduct, decision or judicial order issued by a
judge/prosecutor either with “intention” or “serious negligence” while exercising his functions, or
resulting from a “denial of jus tice” (art. 2).
After explaining in detail the notions of “serious negligence” (art. 2, paragraph 3) and
“denial of justice” (art. 3), the law nevertheless clarifies that the activities of interpreting the law
and assessing the facts and evidence (art. 2, paragraph 2) cannot give rise to such liability. In this
respect, in any such cases, it is the procedure itself which safeguards the parties, i.e. by resorting to
the system of appeals against the order assumed to be defective.
Without prejudice to the fact that in relation to the merits the judicial activity is unquestionable,
something can nevertheless be done in respect of a judge or prosecutor’s disciplinary liability in
cases where – according to the C.S.M. Disciplinary Division’s case law – an exceptional or evident
breach of law has been committed, or the judicial function has been exercised in a distorted way.
From a procedural view point, it should be pointed out that the liability for compensating
damage rests with the State, against which an injured party may take legal action (art. 4). If the State’s
liability is established, then the State may, subject to certain conditions, in turn claim compensation
from the judge/prosecutor (art. 7).
A liability action and relevant proceedings must comply with specific rules. The most important
of these rules provides that the liability proceedings are subject to: the lodging of all ordinary means of
appeal, including any other remedy for amending or revoking the measure that is assumed to have been
the cause of unfair damage; the existence of a deadline for exercising such action (art. 4); a decision on
the action’s admissibility, for the purposes of checking the relevant prerequisites; observance of the
terms; an assessment of the evidence to see whether the charges are grounded (art. 5); and the judge’s
power to intervene in the proceedings against the State (art. 6).
In order to guarantee the transparency and impartiality of the proceedings, the system prescribes
for the jurisdiction over such proceedings to be transferred to a different judicial office (arts. 4 and 8),
to ensure that the proceedings are not assigned to a judge of the same office as the office of the
judge/prosecutor whose activity is assumed to have given rise to the unfair damage. The criteria for
establishing the competent judge have recently been amended by Law no. 420 of 2nd December 1998,
with the precise objective of avoiding any risk of prejudice while deciding such cases.

Relevant laws:
– Law no. 117 of 13th April 1988

9. THE CRIMINAL LIABILITY OF THE MEMBERS OF THE JUDICIARY.


From a criminal point of view, in their capacity as public officials, judges and prosecutors can
be made to account for offences committed in the exercise of their functions (e.g. abuse of office,
corruption, corruption connected with judicial duties, extortion, failure to perform official duties, etc.).
Parallel to this, they may act, in conjunction with the State, in their capacity as vic tims of a crime
committed by private individuals against the public adminis tration (a typical example is that of
contempt of court and, in particular, contempt of court directed against the judge).
In this respect, it should be noted that under the aforesaid Law no. 420 of 2nd December 1998,
he rules governing jurisdiction over such proceedings have radically been reformed. In addition to
transparency, the aim of this reform was to ensure a judge’s maximum autonomy of decision when
called on to try cases in which other colleagues are involved for whatever reason. Significant changes
were made to the rules of criminal procedure (arts. 11 of the code of criminal procedure and 1 of the
implementing rules of the code of criminal procedure), by creating a mechanism fo r establishing the
competent judge to avert the risk of “reciprocal” (or “crossed”) jurisdictions, which had in the past
given rise to serious cause for concern. A similar mechanism for transferring jurisdiction in civil
proceedings has also been established to remedy a deficiency that has given rise to justified doubts of
constitutional consistency.

By the Ufficio Studi of the C.S.M.


PART TWO

IMPLEMENTING ISSUES
IN THE CURRENT SYSTEM

1. THE FOUNDATIONS OF INDEPENDENCE AND AUTONOMY OF THE JUDICIARY.

In our judicial system, considerable importance is attached to indepen-


dence and autonomy of the judiciary. This is due both to the underlying con-
cepts and to history. As to the former, it should be considered that Italy is a
civil law country. This means, at least from a general standpoint, that laws –
i.e., the laws taken into account in a proceeding as the rules to be applied in
solving the relevant case – are made by other public bodies: Parliament, but
sometimes by Government as well and, nowadays, by bodies having jurisdic-
tion on smaller geographic areas; conversely, courts are required to apply
laws. Thus, judges participate in the law-making process only indirectly.
Given this conceptual framework, judges have come to be regarded as
fulfilling a public function in compliance with certain constraints. Hence the
idea that they can be appointed following a public competition, fill their posi-
tions as civil servants and be free from any control on the merits of their activ-
ity – such merits being set out in advance by law. Hence, again, the need for
ensuring independence and autonomy of judges in order for them not only
to be, but to be regarded as impartial third parties in discharging their tasks.
In fact, third party status and impartiality are considered to be the features
allowing the judiciary to be distinguished from other bodies that perform dif-
ferent public functions.
As to the latter reason, i.e. the historical one, it should be pointed out
that our system was developed in its current version after World War II on
the basis of the republican Constitution, whose democratic character was
opposed to the previous – undoubtedly authoritarian – Fascist regime.
120 The Italian Judicial System

Indeed, justice had been somewhat mismanaged during that period on


account of three main reasons: a) limitations on the right to take legal action,
b) external pressure on the judiciary, and c) setting up of special courts.
Obviously, in re-founding our State the drafters of our Constitutional
charter – whose first fifty years of life were celebrated in 1998 – took special
care in preventing the danger of mismanagement and deviations.

2. JUDGES’ THIRD PARTY STATUS AS A CONSTITUTIONAL PRINCIPLE.


Under Italy’s Constitution, neutrality of judges is ensured, in particular,
by the provisions concerning a) prohibition to institute ex officio proceed-
ings (Article 24, para. 1), b) establishment of judges by law (Article 25, para.
1), c) prohibition to set up extraordinary (or special) courts (Article 102), and
d) the requirement that judges be subject to law (Article 101, para. 2). The
principles enshrined in these provisions were re-affirmed and enhanced by
Article 6 of the European Human Rights Convention, which was transposed
into Italy’s legal system by Act no. 848 of 04.08.1955; these principles pro-
vided the foundations for the amendment made to Article 111 of the Consti-
tution by Constitutional Act no. 2 of 23.11.1999. It is appropriate that they
are briefly considered here.
The prohibition to institute ex officio proceedings can be derived from
Article 24, which actually is worded in order to lay down the basic principle
under which citizens may not be limited or hindered in defending their sub-
stantive rights in a proceeding if those rights have been granted legal recog-
nition. Indeed, if in positive terms the respect for the rights recognised to
individuals makes it impossible to impose any limitations on the defence of a
claim in a proceeding, this same respect makes it necessary, in negative terms
– this is the other side of the provisions made in Article 24 –, to only allow
the claimant to decide whether to take legal action or not.
Additionally, the drafters of our Constitution were fully aware that no
judge could be regarded by a community as the established judge where he had
been appointed after a litigation or a proceeding had arisen or else on the basis
of criteria developed after the latter events had taken place. Pursuant to these
requirements, the established judge is the judge that is selected on account of
objective criteria that have been set out in advance of the individual proceeding.
Still, this is not enough in order to prevent all possible dangers, since the law-
making body might override this principle by setting up ad hoc judges who
would be competent for specific litigations on the basis of the aforementioned
“objective criteria”. Indeed, Article 25(1) must be read jointly with Article
Implementing issues in the current system 121

102(2), prohibiting the establishment of extraordinary judges/courts – who are


usually appointed exactly with a view to specific proceedings.
As to the requirement that judges be only subject to law, it should be
stressed that paragraph 2 in Article 101 can also be construed in two differ-
ent ways. In positive terms, it is aimed at ensuring autonomy and indepen-
dence of the judiciary, which is protected against the influence of other con-
stitutional bodies and is only subject to law. In negative terms, this can be
construed as a limitation: indeed, if judges are only subject to law, they are
not allowed to override it and are expected to search for and detect the pre-
determined evaluation standards applying to the individual, concrete cases
exactly in the existing laws. In order to re-inforce this limitation, Article
111(6) provides that judges must expressly account for their decisions so as
to enable control not only by the parties directly concerned, but by the peo-
ple at large – justice being administered in the people’s name.

3. THE SUPERIOR COUNCIL OF JUDICIARY.


Special attention was paid by the drafters of our Constitution to the
issue concerning autonomy and independence of the judiciary. To that end,
ordinary judges and prosecutors were included into an “autonomous body,
independent of any other power” (Article 104) and a self-government body
was set up – namely, the Superior Council of Judiciary, which is competent
for the career of all judges and prosecutors (Article 105).
The establishment of this body was the outcome of a debate that took
place among the members of the Constitution Drafting Committee at the end
of 1947. The “Fathers of our Constitution” realised that it was necessary to
put an end to the “subjection” of judiciary to the executive power and turn
it into “a body that, by being self-governed, i.e. independent of any other
power” could ensure its members’ full independence (Rep. Leone).
The functions to be discharged by this new body were subsequently laid
down; Mr Ruini, MP, referred to them imaginatively as the “four stakes”:
appointing, promoting, regulating, transferring judges and prosecutors. Its
make-up was the subject of a painstaking discussion. Two main views were
held. According to one view, which drew inspiration from judges’ and pros-
ecutors’ opinions and was supported by all those members who were in
favour of a strict construction of the separation of powers principle (e.g.,
Reps. Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri), the Superior Council of Judi-
ciary (SCJ) was to only include judges and prosecutors. This was considered
to be the only way for preventing contamination (Rep. Dominedò) and “pol-
122 The Italian Judicial System

itics from penetrating into individual decisions, undue professional pressure


and interference from affecting judicial bodies” (Rep. Caccuri).
The other view was based on the awareness of the need for avoiding estab-
lishment of a separate body, turning the SCJ into a tyrant governing the judicia-
ry (Rep. Grassi). One should rather aim at achieving institutional harmony (Rep.
Varani), ensuring the continuity of social and institutional life and letting in a
small part of the life outside the judiciary (Rep. Leone), preventing the creation
of a “State in the State” or a “closed, untouchable caste” (Rep. Preti), a “sepa-
rate, reckless” body (Rep. Dominedò), a “mandarin government” (Rep. Persi-
co), a body that was totally separate from the State’s administrative machinery
and subject to no controls by either Parliament, media or the public opinion
(Rep. Cappi). Under the text of Article 97 as included in the original draft Con-
stitution, the number of judicial and non-judicial (lay) members was to be the
same and the Prime President of the Court of Cassation was to be an “extra”
member acting as Deputy-President of the Council.
A balance could be struck between the two views, and the amendment
proposed by Rep. Scalfaro in the afternoon session of the 12th November
1947 was approved – i.e., two-thirds of the members would come from the
judiciary, and one-third from non-judicial bodies.
Another much debated issue had to do with the office of president of
the SCJ. Based on the initial proposal, either the Minister of Justice or the
Prime President of the Court of Cassation would act as president or deputy-
president of the Council. This proposal was rejected in order to ensure that
the SCJ could be absolutely independent as to its organisation (Reps. Cala-
mandrei and Buozzi). Preference was given to conferring this office to the
Head of the State as the guarantor of its unity (Rep. Buozzi). This solution
was also in line with “institutional symmetry” requirements (Rep. Leone) and
the need for preventing the HCJ from becoming “a closed, rebellious entity”,
a sort of “shooting star leaving the constitutional orbit on its own initiative”
(Rep. Calamandrei). Knowing that the Head of the State would only be able
to participate in the Council’s life on solemn occasions, the drafters decided
to create an auxiliary office that would be conferred on the actual president
of the Council. Again, the initial proposal reserved this office either for the
Minister of Justice or the Prime President of the Court of Cassation (Reps.
Leone, Condorelli, Perlingieri); a final balance could be struck by providing
for the deputy-president to be elected by the Council among its lay members.
Following the establishment of a self-government body, the role of the
Ministry of Justice came to be considered in a totally different light – so much
so that it was even proposed to abolish this Ministry (Rep. Patricolo). Indeed,
the Minister retained “residual” powers concerning organisation and man-
Implementing issues in the current system 123

agement of judicial departments and administrative services, prevention of


crime and execution of sentences, supervision over the lawful conduct of
members of the judiciary.

4. FUNCTIONS OF THE SUPERIOR COUNCIL OF JUDICIARY.


After briefly outlining the reasons that led to setting up the Superior
Council of Judiciary (SCJ), it is necessary to describe its role within the insti-
tutional framework of our country.
Under Article 105 of the Constitution, “the Superior Council of the
Judiciary is competent for employment, secondment, transfer, promotion and
disciplinary measures concerning judges and prosecutors, in pursuance of the
provisions regulating the judicial system”.
There can be no doubt as to the fact that the Council was considered by
the Constitution to be a body of constitutional importance. This entails that
its provisions are administrative measures, which in Italy are subject to the
control of administrative courts (as confirmed, of late, by decision no.
419/1995 of the Constitutional Court). This solution carries a few difficulties,
especially as regards appointment by the Council of the heads of judicial
departments. Indeed, in these cases the provisions regulating the judicial sys-
tem require that the appointment be made in agreement with the Minister of
justice – a requirement found to be consistent with constitutional principles
by decision no. 379/1992 of the Constitutional Court. Hence, it can be
argued that the scope of the control by administrative courts should be rather
limited, at least as regards provisions that are made in agreement with the
Ministry and entail political considerations as well.
As regards disciplinary matters, the SCJ is competent for all decisions.
Disciplinary measures concerning judges and prosecutors are taken by a divi-
sion of the Council including nine members (six from the judiciary and three
lay members); its decisions are subject to lawfulness control by the Court of
Cassation. This means that the last word on disciplinary measures applying
to members of the judiciary is said by the highest body in the judicial system.
It should be pointed out that disciplinary breaches are not typified in
Italy’s legislation; rather, reference is made in general to conduct making a
judge/prosecutor unworthy of the trust to be placed in him/her or else affect-
ing the repute of the judiciary. It is left to disciplinary judges to assess, on a
case by case basis, whether a breach of trust has occurred or the repute of the
judiciary has been affected, and subsequently to decide the appropriate mea-
sures to be taken – i.e., warning, reprimand, seniority loss, disciplinary trans-
fer, dismissal from office.
124 The Italian Judicial System

Finally, based on the experience gathered during the past forty years, the
scope of competence of the SCJ can be said to have widened in a stepwise
fashion by way of circular letters, regulations and guidelines issued by the
Council and, at times, by means of political guidance provisions. As regards
circular letters, regulations and guidelines, they have been referred to as
quasi-statutory provisions, which often entail interpretation of the laws in
force and, at times, supplement them; although the effects produced thereby
are not binding, they are nevertheless capable to influence both the scope of
the provisions made by the Council and “the conduct of the possible
addressees” (Sorrentino).
This development has been the subject of a lively debate.

5. TYPES OF INFLUENCE AFFECTING THE JUDICIARY.


Smaller attention, if any, was paid by the drafters of our Constitution to
other types of influence possibly affecting the “neutrality” of the judiciary.
They can be summarised as follows: a) influence exerted from inside the judi-
ciary; b) influence resulting from specific relationships of a judge either with
a litigation or with one of the parties thereto; c) influence due to specific
opinions as related, in particular, to membership of political parties and asso-
ciations; d) influence exerted by organised groups.

A) The provision laid down in paragraph 3 of Article 107 has been made
use of to the greatest possible extent so far; under that paragraph, “judges/pros-
ecutors can only be distinguished in terms of the functions accomplished”. This
has practically voided career mechanisms, which nowadays operate as good as
automatically and allow a judge to attain the position of member of the Court of
Cassation, eligible for the office of head of department – as there is no connec-
tion with the tasks actually discharged by a judge. Indeed, it may happen that a
judge sitting in a peripheral court climbs up the career ladder up to the office of
member of the Court of Cassation without ever leaving his district. The reasons
for this approach have been found in the fact that, under the previous arrange-
ments, judges/prosecutors were subject to the power of the heads of their
departments, prone to accept the decisions of the Court of Cassation and quite
vulnerable if they nurtured career ambitions. These reasons are undoubtedly
quite sound. However, it can be argued whether the approach chosen to achieve
the relevant targets has been the best one. It is no mere chance that the Consti-
tutional Court (decision no. 87/1982) declared Article 23(2) of Act no. 195 of
24.03.1958 to be unconstitutional where it provided that the posts assigned to
members of the Court of Cassation within the SCJ could be filled by “members
Implementing issues in the current system 125

of the judiciary that have been appointed to the relevant office, although they do
not discharge the corresponding functions”. Thus, the Constitutional Court has
re-affirmed the principle that in order for members of the Court of Cassation to
be elected to the SCJ, it is not enough that they are eligible for discharging the
relevant functions: they must actually discharge them.

B) The specific relationships with either a litigation or the parties thereto


have been addressed by ordinary procedural laws, rather than by our Constitu-
tion. Articles 51 and ff. of the Civil Procedure Code and Articles 37 and ff. of
the Criminal Procedure Code regulate withdrawal of a judge from a case and
challenge of a judge; the circumstances are specified – they are the same in both
civil and criminal proceedings – under which a judge is compelled to withdraw
from a case or a party is entitled to challenge a judge. Such circumstances con-
sist in the judge having a stake in a case, being a relative of or on friendly or hos-
tile terms with the parties, being a debtor or a creditor in respect of the parties,
or else having already dealt with the relevant case.
The issue of withdrawal of a judge from a case and challenge of a judge
has been attached considerable importance for the past few years; indeed,
the more penetratingly judicial control is carried out, the more strictly one
should consider judges’ impartiality. It can be easily inferred that this issue
has been raised, first and foremost, in respect of criminal proceedings. The
Constitutional Court declared that Article 34 (2) of the Criminal Procedure
Code was not consistent with the Constitution as it found that the judge
applying a precautionary measure in respect of a person was disqualified for
sitting in the panel trying the case in which that person was involved (see
decisions no. 432/1995 and no. 131 and 155/1996). Doubts were subse-
quently raised as to whether Article 51 (1), no. 4, of the Civil Procedure
Code was consistent with the Constitution, where it did not consider a judge
to be disqualified for trying and deciding on the merits of a case if that same
judge had dealt with the case in connection with a proceeding for taking
precautionary measures prior to the proceeding on the merits. The Consti-
tutional Court dismissed this claim (see decision no. 326/1997, as re-
affirmed by decree no. 315 of 09.07.1998) on the grounds that, as a rule, in
a proceeding for taking precautionary measures the case is dealt with in a
summary fashion, and this does not interfere with the decision on the mer-
its – which is only made after the court has dealt in full with a case. Hence,
this problem may only arise in practice if the judge competent for the pro-
ceeding concerning precautionary measures departs from the relevant regu-
lations and carries out inquiries that make as good as unuseful those to be
subsequently carried out by the judge trying the merits of the case. In the
126 The Italian Judicial System

latter situation, the judge should consider – in the Court’s view – whether it
is appropriate to apply to the head of his department for an authorisation to
withdraw from the case.
On these grounds other claims concerning constitutional consistency
were dismissed in respect of Article 669octies of the Civil Procedure Code
(decree no. 193 of 20.05.1998), Article 354 of the Civil Procedure Code –
allowing the appellate judge to refer the case, under certain circumstances, to
the judge that has rendered the challenged judgment, see decision no.
341/1998 –, Article 186quater of the Civil Procedure Code – allowing a judg-
ment to be rendered on a case by the same judge that has issued the so-called
post-investigational order, see decision no. 168/2000 –, Article 703 of the
Civil Procedure Code – where it allows the judge that has issued an order in
connection with a possessory action to also deal with the proceeding on the
merits, see decision no. 120/2000 –, Article 24 of the so-called Workers’
Statute – where it allows the judge that has issued an immediately enforce-
able order to also deal with the application to set it aside, see decision no.
387/1999 – and Articles 98 and 146 of the Bankruptcy Act – where they allow
the bankruptcy judge to deal with the proceedings challenging the list of the
bankrupt’s liabilities and the actions for damages that he has authorised him-
self, see decisions no. 167/2001 and 176/2001.
The above overview would appear to show that, after putting probably
excessive emphasis on formal safeguards, the Court has adopted a softer
approach as regards civil proceedings by trying to strike a balance in light of
the existence of circumstances that actually affect judges’ impartiality.

B1) The lively debate that has been taking place for the past few years
with particular regard to criminal proceedings has led to amending Article
111 of the Constitution. In order to enhance impartiality of the judiciary to
the greatest possible extent, the need for a case to be tried by allowing both
parties to be heard before a third-party, impartial judge and for the evidence
in criminal proceedings to be created during the trial has been recognised as
a constitutional principle.
Statutory provisions have been subsequently passed in order to allow
implementing the above principles. Reference can be made to the most
recent statutes, such as:
1. Act no. 397 of 07.12.2000, concerning investigations by defence counsel,
which implements the principle under which both parties must be on a
level footing as regards the right to submit evidence;
2. Act no. 63 of 01.03.2001, which streamlined criminal procedural rules
applying to creation and assessment of evidence;
Implementing issues in the current system 127

3. Act no. 60 of 06.03.2001, which amended the provisions concerning offi-


cially assigned counsel with a view to ensuring full representation of both
parties in criminal proceedings;
4. Act no. 134 of 29.03.2001, which amended the provisions applying to legal
aid with a view to granting full recognition to the right of defence.

C) No provisions regard philosophical opinions and/or membership of


parties or associations as affecting judicial impartiality. Under Article 98(3) of
the Constitution “limitations on the right to become members of political par-
ties may be imposed by law as regards judges/prosecutors”. However, it is a fact
that membership of political parties does not jeopardise impartiality, which is
conversely endangered by the inability of a judge/prosecutor – i.e., by a cir-
cumstance related exclusively to his/her inner conscience – to prevent his/her
specific opinions from prevailing over the objective, impersonal assessment of
the case. Thus, whenever membership of a party or association has been
invoked as a ground for challenging a judge/prosecutor, this has been actually
the result of either maladjustment or else the feeling that judges/prosecutors do
not always manage to keep their distance from a proceeding.

D) Nor are there measures to prevent judges/prosecutors from being


influenced by other types of pressure – only think of campaigns waged by the
press or TV – and therefore, being biassed in their judgments. This issue is
only partly addressed by Article 114 (formerly 164) of the Criminal Proce-
dure Code – prohibiting publication of certain documents – and by Article
329 of the new Criminal Procedure Code – providing for secrecy obligations.
Indeed, media and politicians have been criticizing the activities of
judges/prosecutors with increasing frequency in the past few years. Whenever
the SCJ has considered that this might impair the legitimate discharge of a
judge’s/prosecutor’s concrete functions, investigations have been started “to safe-
guard” the judge/prosecutor concerned; after considering all the points involved
in the case, the Council has re-affirmed its full confidence in the judge/prosecu-
tor whenever the latter could not be found to be liable for any breach.
Article 114 of the Criminal Procedure Code has taken account of the
opinion given by the Constitutional Court in its decision no. 65 of 1965, high-
lighting the need to abide by the fundamental principle under which public
information is to be ensured at all events. However, Parliament did not fully
respect the Court’s views; indeed, the latter found Article 114 (3) unconsti-
tutional (see decision no. 59/1995) where it imposed limitations on publicity
of the documents included in the case file – which a judge is required to
know by definition. The issue concerning the sensitive relationships between
128 The Italian Judicial System

justice and information is taking continuously new shapes, and is therefore


the subject of an ever increasing number of legislation proposals.

6. DECISIONS BY THE CONSTITUTIONAL COURT.


Consideration of the provisions included in our Constitution could not
provide, in itself, an exhaustive, significant overview of the system laid down
by our Constitution; indeed, it is necessary to supplement this type of analy-
sis by considering how those provisions have produced effects on ordinary
laws by way of the implementing activity carried out by the Constitutional
Court. In particular, the Court has repeatedly addressed the issue of estab-
lished judges and the safeguards applying to independence of special judges,
as well as the right of defence.
We saw that judicial proceedings are committed, as a rule, to ordinary
judges and prosecutors, who are members of an autonomous, independent
body under the guidance of the Superior Council of Judiciary. Article 103 of the
Constitution provides for additional judicial bodies having specific jurisdiction
– namely, the Council of State and other administrative judicial bodies, having
jurisdiction on the defence of legally protected interests and, as regards specific
matters, individual rights in respect of the public administration; the Court of
Auditors, having jurisdiction on public accounts issues and other subjects as
specified by law; and military courts, having jurisdiction on military offences
committed by members of the Armed Forces in peacetime as well as on such
matters as are provided for by law during wartime. It appears that the Consti-
tutional Court holds the view that the jurisdiction of military courts in peacetime
can be derogated from by Parliament in favour of that of ordinary courts on the
basis of reasoned grounds – see decision no. 90/2000.
The setting up of special courts was prohibited by Article 102 (2) of the
Constitution; as to the special courts that already existed at that time, under
the 6th Transitional Provision it was decided that they would be the subject
of revision within five years of entry into force of the Constitution. However,
the five year term expired without any revision by Parliament; the Constitu-
tional Court had therefore to face a first interpretation issue – namely,
whether expiry of the five year term had made all the pre-existing special
courts unconstitutional, or it was to be permitted that these courts continued
their activities. The Court chose the latter solution, since it was considered
that the Constitution implicitly recognised that special courts were compati-
ble with the new system. This entailed additional work for the Court, how-
ever, since it became necessary to determine whether the laws regulating the
individual courts did provide sufficient safeguards for the independence of
Implementing issues in the current system 129

judges – pursuant to Article 108 (2) – and, at the same time, were compliant
with the requirement resulting from the joint application of Articles 24 (1)
and 113 (2) – namely, to provide citizens with full legal remedies.
The Constitution has only provided for a self-government body in respect
of ordinary courts. As regards other types of court (administrative courts, court
of auditors, military courts), Article 113 applies; under the latter, the respective
organisation must be regulated by specific laws, which are also required to
ensure independence of the relevant judges. It is therefore necessary to evaluate
whether their independence is safeguarded to a sufficient extent. A few doubts
that were raised in connection with military courts were dismissed as groundless
by the Constitutional Court (see decisions no. 542/2000 and no. 116/1999).

A) Whilst the prohibition to set up special courts is necessary to fully


ensure that judges are independent third parties, it is a fact that there is a
concrete, non-negligible requirement underlying the establishment of special
courts – namely, the consideration that the features of a case may require
technical know-how and specific competence, which are usually not to be
found in ordinary judges. With a view to meeting this requirement, Article
102 (2) provides that “it is only allowed to set up specialised divisions with-
in ordinary judicial bodies in respect of certain matters, by including quali-
fied citizens who are not members of the judiciary”.
Specialised divisions are therefore ordinary courts with a peculiar compo-
sition. However, this peculiarity should not be such as to surreptitiously over-
ride the prohibition to set up special courts. This is why the question has been
raised as to whether a body in which members of the judiciary make up the
minority of the panel is compatible with the overall system. The answer has been
positive, on condition that other features applying to operation of the spe-
cialised division allow considering the aforementioned prohibition not to have
been overridden; to that end, special importance is to be attached to the role
assigned to specialised courts within the system as well as to the controls to be
carried out in respect of their decisions. Conversely, the Court ruled that it was
against the Constitution to provide for the appointment of lay members “from
time to time” in connection with the individual litigations (see decision no.
83/1998). The main specialised divisions are currently the Juvenile Courts, the
Regional Tribunals for Waterways, the specialised divisions for agricultural mat-
ters, the specialised division at the Rome Appellate Court – which is competent
for the appeals lodged against the decisions of commissioners fixing the amount
payable as compensation following expropriation in the public interest. How-
ever, the court divisions operating as industrial tribunals are neither special
courts nor specialised divisions; indeed, their membership is not different from
130 The Italian Judicial System

that of ordinary courts – even though specific reference is made by law to the
“industrial divisions” at courts and appellate courts, see Articles 38 and 39 of
legislative decree no. 51 of 19.02.1998.

B) As regards, more specifically, the provision that judges are established


by law, it was necessary for the Court to decide whether a few measures as
allowed by our legal system were in conflict with the above principle.
Among the first issues to be addressed by the Court was the transfer of a
criminal case to another judge either for ordre public reasons or on grounds of
bias (Articles 55 and ff. of the Criminal Procedure Code). Although the Court
had ruled that the relevant provisions were consistent with the Constitution (see
decisions no. 50 and 109 of 1973), Parliament was led to amend them following
a few instances in which they had been applied in a way liable to criticism; the
Court of Cassation was therefore given stricter rules for selecting the ad quem
judge – who is to be either a judge in the district of the same appellate court
where the judge having initially jurisdiction is attached or a judge in a neigh-
bouring appellate court district, see Article 58(3) of the Criminal Procedure
Code as amended by Article 1 of Act no. 773 of 15.12.1973. This matter is cur-
rently regulated by Articles 45 and ff. of the new Criminal Procedure Code.
Doubts were also raised as to whether changes in jurisdiction criteria –
due, for instance, to the elimination of certain judicial departments or else the
modification of the relevant territorial jurisdiction – might result into infring-
ing the principle enshrined in Article 25 of the Constitution. This issue was
dismissed as groundless by the Court in decision no. 56/1967, since the prin-
ciple under which judges are established by law cannot entail the ultimate
determination of jurisdiction as based on the circumstances existing at the
time when the Constitution came into force; additionally, changes in the con-
crete requirements and enhanced effectiveness objectives may well require
changes in the structure of judicial departments – provided that these
changes are not made in connection with individual, specific litigations but
rather as regards whole categories of litigation.
It was also argued whether it was consistent with Article 25 (1) of the
Constitution that heads of judicial departments might appoint a substitute or
an alternate judge, in case the judge competent for a case was permanently or
temporarily prevented from attending, respectively. This issue was dismissed
as groundless by the Court, which stressed that heads of judicial departments
cannot but have discretionary powers in order to meet the relevant require-
ments; additionally, the fact that the judge to be substituted is permanently
prevented from attending can be regarded as an objective fact justifying exer-
cise of the head of department’s powers (see decisions no. 156/1963 and
Implementing issues in the current system 131

no. 173/1970) – provided that these powers are exercised in accordance with
set criteria and by means of reasoned measures (see decisions no. 392/2000
and 571/2000). This issue is, however, quite sensitive – as shown by the
repeated amendments made by Parliament to Articles 97 and ff. of the Act
regulating the judicial system (see Presidential decree no. 449/1988, legisla-
tive decree no. 273/1989, Act no. 133/1998).
The Court ruled on the same grounds that heads of department are enti-
tled to organise the relevant department via the so-called “charts”, defining, at
yearly intervals, specific divisions in each department, assigning judges and pros-
ecutors to such divisions and laying down the internal spheres of competence
(see decision no. 146/1969 and, above all, decision no. 392/2000). In particular,
biennial “charts” are drafted by the judges presiding over appellate courts, after
hearing judicial councils, and subsequently adopted by the SCJ and included in
a decree of the Minister of justice (see Article 7bis of Royal Decree no. 12 of
30.01.1941, no. 12 as added by Article 3 of Presidential decree no. 449 of
22.09.1988 and subsequently amended by Article 6 of legislative decree no. 512
of 19.02.1998 and Article 57 of Act no. 479 of 16.12.1999).
The power of heads of department to assign the individual cases to divi-
sions and/or judges was also questioned.
The Court dismissed the claim as groundless and ruled that the discre-
tionary powers recognised to heads of judicial departments in meeting the
relevant requirements may be limited though not eliminated in full (see deci-
sion no. 272/1998). In particular, after recognising that, from a general stand-
point, the principle under which judges are established by law is in conflict
with the exercise of discretionary powers in actually appointing the individ-
ual judges, the Court highlighted that the discretionary powers granted to
heads of departments in assigning the individual cases should only be aimed
at meeting objective, inescapable requirements with a view to allowing oper-
ation of a department and enhancing its efficiency – all other purposes being
excluded (see decision no. 272/1998). Based on these guidelines, two issues
can be distinguished: a) how to ensure that these discretionary powers are
exercised in connection with objective requirements, and b) what conse-
quences may result from the misuse of those powers. As to the latter issue,
one cannot but find that any incorrect and/or misguided application of dis-
cretionary powers will produce no effects on a proceeding unless there are
grounds for the judge to withdraw from the case or be challenged. This is
why preference is given to an a priori solution, by eliminating discretion in
assigning the individual cases in that automatic criteria are implemented –
even though the automatic assignment of cases may cause considerable
inconvenience, irrespective of the criteria adopted. The SCJ has therefore
132 The Italian Judicial System

issued various circular letters to limit the discretionary powers of heads of


departments, some of whom have considered that they were being limited in
their jurisdiction and therefore lodged a claim with the Court on account of
conflict of jurisdiction. The Court dismissed the claim as inadmissible and
pointed out that the competence for appointing judges to deal with the indi-
vidual proceedings is not related to the sphere of jurisdiction as laid down in
constitutional provisions – since it is grounded on and regulated by laws
defining organisational matters (see decision no. 90/1996).
The aforementioned Articles 7bis and 7ter were added to the Act on the
judicial system – Royal Decree no. 12/1941 – by Articles 3 and 4 of Presi-
dential decree no. 449 of 22.09.1988, as subsequently amended. They regu-
late the drafting of charts in respect of judicial departments with different
divisions, appointment of the individual judges/prosecutors to such divi-
sions, setting up the panels of judges and defining the criteria for assigning
criminal cases and substituting judges that are prevented from attending.
Since these provisions are not considered to be related to judicial capacity
under Article 33 (2) of the Criminal Procedure Code, the question was raised
as to their being consistent with Article 25 of the Constitution. The Court
dismissed this claim and upheld its previous rulings on this matter, by stress-
ing that the constitutional principle under which judges are established by
law does not imply that the criteria for assigning the individual proceedings
within the competent judicial department are to be regarded necessarily as
constituent standards of judicial capacity (see decisions no. 419/1998 and
392/2000).

7. FINAL REMARKS.
Readers from civil law countries probably will not wonder at the exis-
tence of so many detailed, precise provisions aimed at ensuring indepen-
dence, autonomy and impartiality of the judiciary; they might even value the
– probably excessive – care taken by the Constitutional Court in clarifying,
specifying, supplementing statutory provisions.
The final outcome of this exercise is a “living law” perspective, which
common law experts will probably find hard to grasp. This is due to the
deep-ranging differences between the two systems as also related to adminis-
tration of justice. For instance, in England judges and magistrates are
appointed and promoted by the Lord Chancellor, whilst the Prime Minister
and the Sovereign are competent for the higher offices – on the basis of total-
ly discretionary proceedings; disciplinary control is grounded on utterly
informal mechanisms. The English actually acknowledge that this might facil-
Implementing issues in the current system 133

itate the exertion of undue pressure by either Government or interest groups


on the judiciary; still, they accept the risk on the basis of a line of reasoning
that continental scholars could never agree with. Their system – so they say –
is based on trust, and judges have proved fully worthy, so far, of the trust
placed in them: they know that if their conduct were liable to criticism they
would ultimately jeopardise their own independence.
On the other hand, they also point out that no constitutional safeguards
can prevent government members in a country from exerting pressure and/or
influence on judges and prosecutors if this is permitted by cultural custom –
whereas in England, independence of the judiciary is a principle that is
deeply rooted in the country’s conscience rather than merely a handy slogan.
Nor is the situation much different in the USA. Not long ago, a Com-
mittee was set up in the USA to consider changes to the rules on disciplinary
proceedings and dismissal from office of federal judges. The opportunity for
doing so was provided by the fact that no federal judge had been charged
with a crime before 1983, whilst five judges had been charged with criminal
offences since then and four of them had been found guilty; this fact had
been accounted for, inter alia, by the rapidly increasing number of federal
judges. This Committee completed its work in 1993 by reporting that the
existing system was not to be changed as its constitutional standards were
fully adequate for the purposes to be achieved.
Based on the above summary considerations, one cannot but conclude
that the true difference between civil law and common law systems consists
in a different cultural approach to independence and impartiality of the judi-
ciary. In civil law systems, the need for detailed, precise regulations stems
from a cultural stance based on mistrust of one’s fellow citizens and, more
specifically, members of the judiciary; the imposition of rules and pre-defined
procedures is aimed at bridging this gap. In common law systems, there is no
such need and the final objective is rather to appoint judges that are really
worthy of the trust placed in them.
Will it ever be possible to approximate these two cultural stances? Judi-
cial institutions tend to develop towards uniformity, because we are increas-
ingly citizens of Europe and will be citizens of the world in the near future.
This can allow us to hope that the approximation will take place; at all events,
we must endeavour to make it real in a not too remote future.

Prof. Giovanni Verde,


Deputy-President of the Superior Council of Judiciary
134 The Italian Judicial System

NOTE

(1) Superior Council of the Judiciary.


(2) The said authorities may lodge an application with the Constitutional
Court for a ruling on the constitutional consistency of a law without the law
having to be applied by a judge in a trial.
(3) i.e. when a Court must apply a law to a concrete case and has doubts
on the constitutional consistency of the said law, it may stay the trial and
remits the case of constitutional consistency of the said law to the Constitu-
tional Court.
(4) A right safeguarded by the law.
(5) In Italy the Judiciary is made up of both judges and public prosecutors.
(6) The court of highest instance ruling on points of law.
(7) Court supervising the enforcement of sentences.
El sistema Judicial italiano
El presente volúmen es una nueva edición, puesta al
día, de la publicada en 1999, manteniéndose la finalidad
de ofrecer una información rápida sobre cómo está organi-
zada la justicia en Italia.
La primera parte es una exposición concisa del siste-
ma vigente; la segunda constituye un primer acercamiento
a los problemas de aplicación que tal sistema origina. En la
última parte se enumeran las leyes principales.

Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato.


P RIMERA PARTE
NORMAS EN MATERIA DE ORDENAMIENTO
JUDICIAL Y DE ORGANIZACIÓN
Y FUNCIONAMIENTO DEL C.S.M.

1. LA FUNCIÓN JURISDICCIONAL EN LA COSTITUCIÓN.

1.1 La Jurisdicción. – El sistema de distribución de la función jurisdiccional está realizado por


la Constitución de la siguiente manera.

1.2 La jurisdicción constitucional. – Es atribuida al Tribunal constitucio nal, integrado por


quince jueces: nombrados, un tercio, por el Presidente de la República, un tercio por el Parlamento en
sesión conjunta (Cámara y Sena-do) y el último tercio por las supremas magistraduras ordinaria y
administrativa (art. 135 de la Constitución).

***
El Tribunal Constitucional juzga (art. 134 de la Constitución) sobre:

a) las controversias en materia de legitimidad constitucional de las leyes y demás


actos, con fuerza de ley, del Estado y de las Regiones;

b) los conflictos de atribución entre poderes del Estado, entre Estado y Regiones y
entre Regiones;

c) las acusaciones promovidas contra el Presidente de la República, de acuer do con


la Constitución (V. art. 90 de la Constitución)

***
El control de la legitimidad constitucional de las leyes puede ser introducido en vía principal, por
sujetos específicamente legitimados (Estado, Regio nes, Provincias autónomas) (V. artículos 37-42; ley
constitucional N. 87/1953 de 11 de Marzo) o también en vía incidental, por parte de un juez que, en el
curso de un proceso, considere que la ley a aplicar al caso concreto en exa men, sea de dudosa
constitucionalidad.
En esta última hipótesis la cuestión de constitucionalidad debe ser rele vante, para la decisión del
proceso y no debe ser manifiestamente infundada (V. Ley constitucional n. 1/1948, de 9 de Febrero,
art.1; ley constitucional n.87/1953, del 11 de marzo, arts. 23-30).

1.3. La jurisdicción ordinaria. – La jurisdicción ordinaria es ejercida por magistrados ordinarios,


así considerados porque instituidos y regulados por las normas sobre el ordenamiento judicial (art. 102
Constitución; R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, art. 1 y 4) y se diferencian de los demás jueces por la
reserva de independencia prevista por la Constitución (artículos 101-104 Const.) y también por el
hecho de que quedan sometidos al poder del Consejo Superior de la Magistratura (para cuya
constitución y funcionamiento, V. 1ey 195/1952, de 24 de Marzo, y Decreto del Presidente de la
República (D.P.R.) 916/1958, de 16 de septiembre), que constituye el órgano de autogobierno.
La jurisdicción ordinaria se divide en dos sectores : el penal, cuyo objeto es la decisión sobre la
validez o no de la acción penal promovida por el fiscal contra un determinado sujeto, el civil, para la
tutela jurídica de los derechos relativos a las relaciones entre privados o entre éstos y la administración
pública, cuando ésta, en el ejercicio de sus funciones lesiona el derecho subjetivo de otra persona.
El juicio penal es promovido por el magistrado, que también pertenece a la magistratura ordinaria,
del departamento del fiscal (articulo 107, último párrafo, Constitución).
El juicio civil puede ser promovido por cualquier sujeto público o privado, que es definido actor,
contra otro sujeto, que adquiere la cualificación de destinatario de la demanda, definido demandado.
Los jueces civiles y penales están disciplinados por dos distintos conjuntos de normas de
procedimiento: código de procedimiento civil y el código de procedimiento penal.
El proceso civil ha sido parcialmente modificado por una Ley de 1990 (la n. 353, de 26 de
novimebre), a partir de 30 de Abril de 1995, con la finalidad de acelerar y hacer más efectivo su
desarrollo.La estructura actual regula la actividad procesual en sesiones dedicadas, respectivamente, a
la comprobación de la constitución regular de la relación procesual, al desarrollo del pleito y al intento
de conciliación, a la instrucción probatoria, a la discusión final y a la decisión.
El código de procedimiento penal, en cambio, fue totalmente reformado en 1988, cuando se pasó
de un sistema con características inquisitorias a uno tendencialmente de acusación, inspirado, entre
otros, a los principios de la paridad entre fiscal y defensa, y de la formación oral de la prueba ante el
juez en audiencia pública (V. Ley 81/1987, de 16 de febrero; ley de delegación para la formulación del
nuevo código de procedimiento penal). Después de numerosas intervenciones normativas, que han ido
atenuando la característica acusatoria del procedimiento para responder a exigencias de defensa social
de la criminalidad organizada, la reciente modificación del art. 111 de la Constitución, con Ley
Constitucional n. 2/1999, de 23 de Noviembre, ha reafirmado expresamente el principio de inspiración
acusatoria de la formación de la prueba en confrontación, y ha hecho indefectible la tutela del derecho a
la prueba por parte del acusado.
La reforma del art. 111 de la Constitución concierne a todo juicio, al civil como al penal, y
también al administrativo o contable, en la parte en que eleva a garantía expresa la regla del proceso
justo, segun la cual todo juicio debe desarrollarse en confrontación entre las partes, en condiciones de
igualdad, ante un juez tercero e imparcial, y debe tener una duración razonable.
El derecho a la duración razonable del juicio ha sido reconocido expresamente con la Ley 89/2001,
de 24 de marzo,que concede a las partes, cuando no sea respetado, el derecho de pedir al Estado una
justa indemnización pecuniaria.

***
La jurisdicción ordinaria es administrada por jueces “profesionales” y por “jueces honorarios”,
que forman el orden judicial (art. 4 del R.D. 12/1941, de 30 de enero).
En particular, el orden judicial estaba constituído por los auditores judiciales, por los jueces de
cualquier clase de los juzgados menores (“pretura”), de los Tribunales y de los Tribunales de Apelación
y de Casación, y por los magistrados del fiscal. Pertenecían también al orden judicial, como magis-
trados honorarios, los jueces conciliadores y los viceconciliadores (figuras hoy suprimidas y que
siguen actuando hasta la extinción del cuerpo). La magistratura honoraria, hoy en día, está integrada
por los jueces de paz (ley n. 374/1991, de 21 de noviembre; Decreto del Presidente de la República n.
404/1992, de 28 de agosto), a quienes se ha atribuido la competencia, enel sector civil y en el penal, en
materias sustraídas a la jurisdicción de los jue ces profesionales; por los jueces honorarios agregados
(ley n. 276/1997, de 22 de julio; decreto ley n. 328/1998, de 21 de septiembre; convertido en ley n.
221/1998 de 19 de noviembre), que integran las llamadas secciones separadas creadas para la
eliminación de los asuntos civiles pendientes a 30 de abril de 1995; por los jueces honorarios de
tribunal (llamados g.o.t.), que ayudan en las mesas de juicio, los vice procuradores honorarios
(llamados v.p.o), en actividad en las oficinas de instrucción; por los expertos del Tribunal y de la
sección de menores del Tribunal de Apelación; por los jueces populares de los Tribunales Penales (ley
n. 287/1951 de 10 de abril); por los expertos que componen el Tribunal de Vigilancia (V. artículo 70 de
la ley n. 354/1975, de 26 de Julio) y por las secciones especiales agrarias (V. artículos 2-4 Ley n.
320/1963 de 2 de Marzo).
Actualmente la justicia, en las materias civil y penal es administrada por: el juez de paz, el
Tribunal, el Tribunal de Apelación, el Tribunal Supremo de Casación, el Tribunal de menores, el
magistrado de Vigilancia y el Tribunal de Vigilancia (articulo 1 R.D. n. 12/1941, de 30 de enero).
Con la reforma sobre el Juez único de primera instancia (D. legs n. 51/1998, de 19 de febrero), se
ha procedido a la reestructuración de losdepartamentos judiciales de Primera instancia, mediante la
supresión del Departamento del “Pretore” (Juez de Primera instancia para causas menores) y las
competencias correspondientes han sido transferidas al Tribunal, que ahora tiene una composición
monocrática para los asuntos menores, y una composición colegial para los de mayor complejidad. De
la misma manera, se ha eliminado el departamento del fiscal ante el Juzgado de distrito y sus funciones
han sido transferidad al Fiscal ante el Tribunal.
En la misma perspectiva, los magistrados honorarios en servicio ante el órgano eliminado (Pretura
- Juzgado de Primera instancia) han cambiado su denominación de vice juez honorario a Juez honorario
del Tribunal.

1.4. Las jurisdicciones especiales. – La Constitución prohíbe la institución de nuevos jueces


“extraordinarios o especiales”, permitiendo, en el ámbito de la jurisdicción ordinaria, la creación de
secciones especializadas en determinados sectores, caracterizadas por la co-presencia, en el mismo
órga no que juzga, de magistrados ordinarios y de ciudadanos idóneos pero ajenos al ordenamiento
jurídico (por ejemplo, las secciones especializadas agrarias) (art. 102 Constitución).

***
De todos modos, están previstos jueces especiales, como los jueces administrativos, el Tribunal de
Cuentas y el juez militar, ya existentes a la entrada en vigor de la Constitución (art. 103 Constitución).

***
El Tribunal de Cuentas está compuesto por magistrados contables y, ante el mismo, està
constituída una Fiscalía general a la que se han atribuído funciones requerientes. Recientemente, la
magistratura contable ha sido reformada estableciendo secciones autónomas jurisdiccionales y
requerientes sobre base re gional.
El órgano de gobierno autónomo es el Consejo de Presidencia del mismo Tribunal.
Además de la competencia en materia de control previo de legitimidad sobre numerosos actos del
Gobierno y de otros organismos públicos, y de control posterior sobre la gestión del presupuesto y del
patrimonio de las administraciones públicas, al Tribunal de Cuentas se han atribuído los juicios en
materia de contabilidad pública, de pensiones, y de responsabilidad de los empleados y funcionarios del
Estado o de otros entes públicos.

***
Los jueces militares, a los que es atribuída la competencia de juzgar los delitos militares cometidos
por quienes pertenecen a las fuerzas armadas, constituyen un orden distinto de la magistratura ordinaria
y es administrado por un órgano de gobierno autónomo, el Consejo Superior de la Magistratura Militar.
La jurisdicción administrativa es atribuída a un conjunto de entes, dis tintos de la magistratura
ordinaria: los Tribunales administrativos regionales, como jueces de primera instancia, y el Consejo de
Estado, como juez de segunda instancia.
El órgano de gobierno autónomo de los jueces administrativos es el Consejo de la Presidencia de
la magistratura administrativa, integrado por el Presidente del Consejo de Estado, cuatro magistrados
en servicio del Consejo de Estado, seis magistrados en servicio de los Tribunales administrativos
regionales, y por miembros laicos, es decir cuatro ciudadanos, dos elegidos por la Cámara de
Diputados, y dos por el Senado de la República, con mayoría absoluta, entre los catedráticos en
materias jurídicas o entre los abogados con veinte años de ejercicio de la profesión. El órgano está
integrado también por miembros suplentes, elegidos entre los magistrados del Consejo de Estado y de
los Tribunales Administrativos Regionales. La composición actual, con la presencia de miembros
laicos, se debe a la reciente modifica ción del art. 7 de la Ley n. 186/1982, de 27 de Abril, que establece
el orde namiento de la jurisdicción administrativa, dispuesta por la Ley n. 205/2000, de 21 de Julio, y en
especial por el art. 18.
El juez administrativo ejerce el control de legitimidad (y no de evalución, entendido en el sentido
de oportunidad) de las actas administrativas: el recurso ante el órgano de justicia administrativa tiene el
objeto de obtener la anulación jurisdiccional del acto administrativo que se presume viciado por
incompetencia, violación de la ley o exceso de poder.
En línea general, el área de competencia de la jurisdicción ordinaria y de la administrativa es
individuada mediante referencia a la posición subjetiva -derecho subjetivo e interés legítimo-
presentada en el juicio: la jurisdicción administrativa (con excepción de algunas materias reservadas a
la jurisdicción exclusiva del juez administrativo, que recientemente han sido incrementadas por la Ley
n. 205/2000, de 21 de Julio) es el juez del interés legítimo.

Normativa de referencia
– Constitución, artículos 90, 101 - 113, 134-137
– R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero.
– ley n. 374/1991, de 21 de Noviembre.
– D.Lgs. n. 51/1998 de 19 de Febrero, artículos 1- 48
– L.n. 186/1982, de 27 de Abril, art.7
– L. 205/2000, de 21 Julio, art. 18
– L. n. 89/2001, de 24 de Marzo.

2. LA POSICIÓN CONSTITUCIONAL DE LA MAGISTRATURA ORDINARIA.


2.1. Independencia y autonomía. – Según la Constitución, la magistratura es un órgano autónomo
e independiente de cualquier otro poder (artículo 104 Constitución).
La autonomía concierne la estructura organizzativa.
Esta se realiza con respecto al poder ejecutivo, puesto que la independencia de la magistratura se
vería comprometida si las disposiciones sobre la carrera de los magistrados y, más en general, el status
fueran atribuídos al poder ejecutivo. La Constitución, en cambio, ha atribuído a un órgano de gobierno
autónomo la administración del personal de la magistratura (traslados, ascensos, asignación de
funciones y sanciones disciplinarias) (art. 105 de la Constitución): el Consejo Superior de la
Magistratura es por lo tanto el garante de la independencia de la magistratura.
La autonomía se realiza también ante el poder legislativo, en el sentido de que los jueces están
sujetos únicamente a la ley (artículo 101 Constitución).
La independencia es relativa al aspecto funcional de la actividad jurisdiccional. Esta no se refiere
al orden en su conjunto – garantizado a través de la autonomía, en los términos ya mencionados – sino
al juez en el momento del ejercicio de la jurisdicción.
La independencia se deriva y se aplica en relación con el otro principio constitucio nal de la
sumisión del juez sólo a la ley, principio que concreta la relación de derivación de la jurisdicción de la
soberanía popular.

***
Independencia y autonomía son principios que la Constitución recono ce también al Fiscal
(artículos 107 y 112 Const.), en particular allí donde se prevee la obligatoriedad de la acción penal.
Es precisamente la obligatoriedad de la acción penal la que concurre a garantizar, no sólo la
independencia del Fiscal en el ejercicio de su función, sino también la igualdad de los ciudadanos ante
la ley penal.
La autonomía y la independencia del fiscal presentan, por otra parte, características peculiares
referentes a las relaciones “internas” del Departamento, debiéndose considerar el carácter unitario de
éste y el poder de ordenación que debe reconocerse al jefe del Departamento en relación con sus
sustitutos (V. R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, art. 70).

2.2. Inamovibilidad. – Los magistrados gozan también de la garantía de inamovibilidad.


La independencia del juez, en efecto, podría ser gravemente comprometida por la posibilidad de
exención del servicio o de traslado de una a otra sede.
Para evitar estas eventualidades, la Constitución prevé que la suspensión, la exención y el
traslado del magistrado sean decididos solamente por el Consejo Superior de la Magistratura, o con su
aprobación, o por motivos y con las garantías de defensa previstos por la ley del ordenamiento judicial.
Por norma, pues, el magistrado puede ser trasladado a otra sede o encargado de otras funciones
sólo con su consenso, y previa decisión del Consejo Superior de la Magistratura. Esta medida es
adoptada tras el resultado de una oposición entre los candidatos que inicia con la publicación de las
sedes vacantes y la predisposición de un escalafón que tiene en cuenta: la antigüedad, motivos de
familia o de salud, y las capacidades (la disciplina del sector se encuentra en una circular dictada por el
órgano de autogobierno: circular de 30 de noviembre de 1993, n. 15098, y posteriores modificaciones).

** *

Las hipótesis en las que se permite excepcionalmente el traslado de oficio son taxativas.
A este propósito, además de la hipótesis de la primera asignación de las funciones a los
auditores judiciales, hay que señalar aquellas en que el traslado de oficio tiene la finalidad de satisfacer,
de oficio, el interés de la administración en cubrir determinados puestos de la plantilla: V. en particular
los artículos 4 y siguientes de la ley n. 570/1966, de 25 de julio, y posteriores modificaciones, relativos
a la cobertura de oficio de los puestos de magistrado del Tribunal de Apelación que carecen de
candidatos; el articulo 10 de la ley n. 831/1973, de 20 de diciembre, en materia de asignación de oficio
de las funciones de casación; los artículos 3 y siguientes de la ley n. 321/1991, de 16 de octubre, y
posteriores modificaciones, en materia de traslado de oficio a las sedes vacantes no solicitadas; y el
artículo 1 ley n. 133/1998, de 4 de Mayo, relativa a la cobertura de las sedes incómodas de la Italia
meridional e insular, que se distinguen por ser poco solicitadas y siempre vacantes.
Además se prevé como facultad del C.S.M. el poder de traslado oficioso de los magistrados,
además de en el caso de supresión de la sede a la que pertenezca el magistrado (art. 2, apartado III,
Real Decreto Lgtvo. núm. 511/46), “cuando por cualquier tipo de causa ajena a su responsabilidad no
puedan, en la sede que ocupan, desarrollar sus funciones con independencia e imparcialidad” (art. 2,
apartado II, Real D. Lgtvo. núm. 511/46); en este caso, la derogación del principio de inmovilidad está
justificada por la exigencia, que se entiende preferente, de asegurar a un magistrado en la sede en la que
desarrolla sus funciones el ejercicio independiente e imparcial de la jurisdicción, que sería, sin
embargo, perjudicado por su permanencia en aquella sede.
Es importante precisar que para este traslado oficioso se precisa solamente que se dé la
situación objetiva del impedimento para el ejercicio de las funciones en una determinada sede,
prescindiendo de cualquier otra causa por la que sea imputable una culpa del magistrado.
El traslado se adopta tras un procedimiento administrativo que, aún siendo originado por los
informes de los dirigentes de las sedes o por los escritos presentados por los ciudadanos, se tramita todo
dentro del C.S.M. y pone en marcha un procedimiento administrativo que se perfecciona
definitivamente con la asignación de una nueva sede al magistrado; contra tal procedimiento el
magistrado podrá recurrir ante la justicia administrativa.

La previsión de este traslado por incompatibilidad ambiental sin culpa alguna, se diferencia sea
del traslado de oficio, entendido como sanción disciplinar prevista en el art. 13, apartado 1 del D.Lgtvo.
núm. 109/2006, sea por la medida cautelar y provisional prevista en el art. 13, apartado 2 del D.Lgtvo.
núm. 109/2006 dentro de un procedimiento disciplinar contra el magistrado, cuando subsistan graves
elementos para actuar de forma disciplinaria e intervengan motivos de cierta urgencia.

En el primer caso, la sanción se produce tras la comprobación de una responsabilidad culpable


(y, por lo tanto, se reconoce dicha culpabilidad) con carácter disciplinar para el magistrado tras un
procedimiento jurisdiccional contra él, que concluye con una sentencia de la Sección Disciplinar del
C.S.M., recurrible en las Secciones Unidas del Tribunal Supremo.
En el segundo caso, el traslado de oficio se estructura como una verdadera medida cautelar dentro del
procedimiento disciplinar contra el magistrado, anticipadora de una futura condena; ésta se promueve
por el Ministerio Fiscal General del Tribunal Supremo y se decide, a través de un procedimiento
interno, por orden de la sección disciplinar del C.S.M., siendo recurrible ante el Tribunal Supremo.

2.3 Imparcialidad y preconstitución. – El ordenamiento constitucional dispone ulteriores garantías


para la función jurisdiccional. En particular, a través de la previsión del principio de preconstitución del
juez por ley (art. 25 Cons titución) por un lado se dispone una reserva de ley absoluta en materia de
competencia del juez, prohibiéndose al mismo tiempo que la competencia pueda ser determinada por
fuentes secundarias o por disposiciones no legislativas; por otro lado se prescribe la individualización
del juez competente con referencia a la situación anterior al hecho que debe juzgarse, impidiendo que
el juez pueda ser localizado ex post . Con el principio del juez natural precons tituído por ley se asegura,
al mismo tiempo, la imparcialidad de quien ejerce la función jurisdiccional.
Como consecuencia y complemento de los citados principios constitucio nales, se ha citado la
disciplina del ordenamiento judicial relativa a la formación de las tablas de los departamentos
judiciales, vuelta a disciplinar el destino de cada magistrado y la asignación de los expedientes (V. art.
7 y siguientes del R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero; V. además la disciplina del sector introduci-da por
el C.S.M.: por último, con circular n. 8873/1997, de 21 de Mayo).
No contradicen los principios de imparcialidad y preconstitución los institutos de la aplicación (V.
en particular, el art. 110 del R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, y la normativa de aplicación incluída en
la circular del C.S.M. n. 7704 de 2 de Mayo de 1991) y de la suplencia (V. en particular, los artículos
97, 105 y 109 del R.D. n. 12/1941,citado y la disciplina de aplicación que se encuentra en la circular
del C.S.M. n. 7704 de 2 de Mayo de 1991): a través de los cuales se tiende a superar las eventuales
carencias de los departamentos judiciales a través de la utilización de otros magistrados ordinariamente
en servicio en otros departamentos o en el mismo, pero con distintas funcio nes. A este propósito, hay
que señalar la reciente ley n. 133/1998, de 4 de Mayo, que contempla importantes novedades con la
finalidad de mejorar el servicio justicia. Entre éstas, especial relieve adquiere la previsión de las “tablas
infradistrituales” de los Departamentos judiciales. Dichas tablas no se sustituyen a las normalmente
previstas en cada Departamento (V. art. 7 bis del R.D. n. 12/1941, citado), sino que aquellas se suman
de manera que se permite una utilización más dúctil y amplia de los magistrados en más de un
Departamento judicial (los “englobados” en el ámbito del mismo distrito), también a través del recurso
a los institutos, igualmente innovadores, de “coasignación ” del mismo magistrado a más
Departamentos judiciales, y de la “suplencia entre distritos” (V. art. 6 de la ley citada) Se trata de
institutos totalmente asimilables a los ya citados, de la aplicación y la suplencia, a través de los cuales
el legislador tiende a construir un sistema aún más eficiente para poder ampliar las aún frecuentes
carencias de las plantillas y/o los percances de los magistrados titulares, ampliando, cuantitativa y
cualitativamente, la posibilidad de utilización del personal presente en plantilla.
Y siempre con la perspectiva de remediar a las dificultades de organización de los Departamentos
judiciales, consecuencia de las ausencias temporales de magistrados, la reciente L. 48/2001, de 13 de
Febrero, que ha reformado el sistema de acceso a magistratura y ha incrementado la plantilla en mil
unidades, en cada Tribunal de apelación ha instituído la plantilla orgánica de los magistrados de
distrito, que serán destinados a la sustitución de los magistrados del distrito en casos de ausencia. Los
supuestos en que es permitido recurrir al magistrado de distrito son los de ausencia por excedencia por
enferme dad, u otra causa; por abstensión obligatoria o facultativa por embarazo o maternidad, o por las
demás hipótesis disciplinadas por la L. 53/2000, de 8 de Marzo (que dicta normas para sostener la
maternidad y la paternidad); por traslado a otro Departamento, cuando no se proceda simultáneamente
al traslado de otro magistrado en el puesto que ha quedado vacante; por suspensión prudencial del
servicio cuando sea pendiente un procedimiento penal o disciplinario; por dispensa de las funciones
judiciales en caso de inclusión en la Comi sión examinadora de las oposiciones para auditor judicial.
La consistencia numérica de la plantilla de los magistrados de distrito es determinada con Decreto
del Ministro de Justicia, oído al Consejo Superior de la Magistratura, en relación con la medias
estadísticas de las ausencias por distrito en el trienio anterior a la entrada en vigor de la Ley, y queda
sujeta a revisión bienal, siempre en base a las medias estadísticas de las ausencias en el bienio anterior.

2.4. Obligatoriedad de la acción penal. – La garantía de independencia del fiscal es asegurada


también a través de la previsión de la obligatoriedad del ejercicio de la acción penal (artículo 112
Constitución). Este principio debe entenderse en el sentido de que, adquirida la noticia del delito, el
fiscal está obligado a desarrollar investigaciones y tiene la obligación de someter al juez el resultado de
las mismas, formulando las relativas instancias. Ello tanto en el caso de que quiera pedir que se proceda
a la archivación, una vez considerada infundada la noticia del delito, como en el supuesto de que consi-
dere que hay que proceder a cargo de un determinado sujeto en orden a una específica hipótesis de
delito.
Como se ha dicho, la obligatoriedad de la acción penal concurre en garantizar no sólo la
independencia del fiscal en el ejercicio de su función, sino también la igualdad de todos los ciudadanos
ante la ley penal.

Normativa de referencia:
– R.D.Lgs. 511/1946, de 31 de Mayo.
– L. n. 48/2001, de 13 de febrero, art. 1 y 4-8

3. EL CONSEJO SUPERIOR DE LA MAGISTRATURA.


3.1. Atribuciones. – El C.S.M.es el órgano de gobierno autónomo de la magistratura ordinaria al
que competen, según las normas del ordenamiento judicial, las contrataciones, las asignaciones y los
traslados, los ascensos y las medidas disciplinarias, para con los magistrados (V. art. 105 Constitución)
(para la constitución y funcionamiento del C.S.M., V. ley 195/1958, de 24 de Marzo y Decreto del
Presidente de la República n. 916/1958 de 16 de Septiembre; y el reglamento interno aprobado por el
mismo órgano de autogobierno).
3.2. Composición. – La Constitución (art.104) prevé que el C.S.M. esté formado por tres
miembros de derecho: el Presidente de la República, que preside también el órgano, el Presidente del
Tribunal Supremo y el Ministerio Fiscal General del Tribunal Supremo.
Por lo que respecta a los componentes que pueden ser electos, la Constitución no hace
indicación de su número, pero determina que dos de sus tercios sean elegidos de entre todos los
magistrados ordinarios y de entre sus diferentes categorías (denominados miembros togados) y un
tercio por el Parlamento en sesión ordinaria, elegidos entre los profesores ordinarios universitarios de
materias jurídicas y entre los abogados con más de quince años en el ejercicio de la profesión
(denominados miembros laicos).
La propia Constitución prevé que la duración en el cargo de los componentes elegidos sea de
cuatro años y que éstos no sean inmediatamente reelectos.
Entre los componentes laicos, el Consejo debe elegir un Vicepresidente, que, además de presidir
la Asamblea plenaria (en ausencia del Presidente de la República o por autorización de éste), preside el
Comité de Presidencia, al que se le atribuyen tareas de promoción de las actividades del Consejo, de
actuación de los acuerdos del C.S.M. y de gestión de los fondos del balance, teniendo en cuenta que el
Consejo goza de autonomía contable y financiera.
Por lo tanto, es la ley ordinaria la que determina sea el número de componentes que han de
elegirse sea las modalidades de su elección.
Actualmente, la Ley 44/2002 (que ha modificado el art. 1 de la Ley nº. 195/58) fija en 24 el
número de componentes que pueden elegirse, de los que 16 son miembros togados y 8 laicos; éstos
últimos son elegidos por el Parlamento en sesió n ordinaria por votación secreta y por mayoría de tres
quintos de los componentes de la asamblea en las dos primeras votaciones, mientras que en la tercera
votación es suficiente con que sea por mayoría de los tres quintos de los votantes.
Los componentes que han de elegirse entre los miembros togados se reparten de la siguiente
forma: dos de entre los magistrados del Tribunal Supremo (juzgadores y requirentes), que ejerciten las
funciones de legitimidad; cuatro de entre los magistrados que ejerciten funcio nes requirentes en la
jurisdicción ordinaria y los otros diez entre los que ejerciten funciones juzgadoras entre los magistrados
ordinarios.
La elección de los componentes togados se produce a través de un sistema de mayorías en un
colegio único nacional para cada una de las categorías de magistrados a elegir, como supra indicado, y
se basa en categorías individuales, presentadas por un número de magistrados que no sea inferior a
veinticinco y que no sea superior a cincuenta. Cada elector recibe tres papeletas para cada uno de los
tres colegios únicos nacionales y emite su voto para un solo magistrado para cada una de las categorías
de magistrados: legitimidad y ordinarios, juzgadores y requirentes.
La comisión central electoral, constituida en el Tribunal Supremo, hace el recuento de votos,
determinando el total de los votos válidos y de las preferencias para cada candidato. Se elegirán los
candidatos que hayan obtenido el mayor número de votos en número par al de los escaños asignados a
cada colegio (o categoría de magistrados).

3.3. Posición constitucional del C.S.M. – En cuanto a la posición del Consejo, el Tribunal
Constitucional ha afirmado que se trata de un órgano que, si bien desarrolla funciones objetivamente
administrativas, no es parte de la Administración Pública, ya que es ajeno al conjunto organizativo que
hace referencia directamente o al Gobierno del Estado o al de las Regiones.
En relación con las funciones que se le han atribuído por parte de la Constitución, el Consejo ha
sido definido “ó rgano de seguro relieve constitucional”. Dichas funciones, que se pueden definir como
de “adminis tración de la jurisdicción”, conciernen, en primer lugar, a la gestión del personal de la
magistratura y se realizan a través de las contrataciones, asignaciones y traslados, ascensos y medidas
disciplinarias referidas a los magistrados. Conciernen, por otra parte, también la organización de los
Despartamentos judiciales, de modo que quede asegurado y garantizado que cada magistrado, en el
ejercicio de sus funciones, esté sujeto “sólo a la ley”. Bajo este último aspecto, es de subrayar que el
Consejo Superior, a propuesta de los presidentes de los Tribunales de Apelación, y oídos a los Consejos
judiciales, aprueba cada dos años las tablas de composición de los Departamentos judiciales de cada
distrito y simultáneamente aprueba los criterios objetivos y predeterminados para la asignación de los
asuntos a cada uno de los jueces.
El Consejo, por tanto, ocupa una posición de vértice en la estructura burocrática enc argada de la
administración de la jurisdicción y en la que colaboran también los Consejos judiciales y los jefes de
cada Departamento deliberante y de instrucción.

3.4. Actividad paranormativa del C.S.M. – La ley de creación reconoce al Consejo la potestad de
adoptar actos paranormativos que pueden clasificar se en tres categorías:
a) reglamento interno y reglamento de administración y contabilidad, ambos previstos por la ley; son
actos normativos secundarios, reconocidos a todo órgano político administrativo constitucionalmente
relevante, vueltos a disciplinar la organización y el funcionamiento del Consejo;
b) reglamento para las prácticas de los auditores judiciales, también previsto por la ley de creación y
vuelto a disciplinar la duración y las modalidades de desarrollo de las prácticas de los magistrados
que acaban de ingresar en la carrera;
c) circulares, resoluciones y directivas: las primeras pueden ser asimilidas a la función esencial de
autodisciplinar el ejercicio de la discrecionalidad administrativa que la Constitución y las leyes
ordinarias reconocen al órgano de autogobierno; las demás son asimilables a la función de proponer
y actuar la aplicación de normas de ordenamiento judicial según una interpretación sistemática de las
fuentes.
Normativa de referencia:
– L. 195/1958, de 24 de Marzo.

4. EL ACCESO A LA MAGISTRATURA ORDINARIA.

4.1. Las oposiciones. – El acceso a la magistratura profesional se produce mediante


concurso público según lo previsto en el art. 106, apartado I de la Constitución; la disciplina del
acceso a la magistratura profesional (concurso para Magistrado ordinario) ha sido objeto, sobre todo
en los últimos años, de diversas intervenciones legislativas que, por un lado, querían reducir los
plazos de los procedimientos concursales y, por otro, requerían una mayor cualificación de los
candidatos al concurso, para cuya participación se precisaba inicialmente sólo la licenciatura en
derecho.
El D. Lgtvo. núm. 398/97 ha sustituido entonces en las Universidades de las Escuelas de
especialización para las profesiones legales con el objetivo de completar la formación de aquellos
que, habiendo conseguido la licenciatura en jurisprudencia, entendiesen específicamente ejercitar
las profesiones de magistrado, abogado y notario; dic has Escuelas, cuya institución efectivamente
ha intervenido a partir del Año Académico 2001-2002, expidiendo a la finalización del curso de
estudios bienales un diploma que constituye un requisito para la admisión al concurso de
magistratura y tienen el objetivo claro de promover una formación común entre los sujetos
destinados a interactuar en la futura explicación de las así denominadas actividades profesionales.
En el período transcurrido entre la entrada en vigor de la ley y la efectiva creación de las
Escuelas de especialización, con el fin de racionalizar y de acelerar los procedimientos concursales,
cribando la heterógenea platea de candidatos en el concurso de acceso a la magistratura, se ha
introducido una prueba preliminar (posterior respecto a las pruebas escritas y orales), realizada
utilizando instrumentos informáticos y teniendo por objeto preguntas con diferentes opciones de
respuesta sobre materias ya vistas en las pruebas escritas.
Una vez creadas las Escuelas de especialización, cuyo acceso es por numeros clausus con
una selección basada en pruebas informáticas y en los curricula de los aspirantes, la prueba
preliminar ha sido eliminada para el nuevo acceso a la magistratura delineado por la Ley nº.
48/2001, que, para acelerar el procedimiento de corrección de los exámenes ha creado la figura de
los “correctores externos”, en realidad jamás ha sido puesta en marcha porque precisaba un
reglamento de actuación de la disciplina, que no ha sido emanado; en este caso, la ley ha previsto
que las pruebas escritas para el concurso de la magistratura estén precedidas por la prueba
preliminar informática y esto es cuanto hasta el momento se ha realizado.
El concurso para magistrado ordinario, publicado por el Ministerio de Justicia por acuerdo
del C.S.M., que determina el número de puestos que han de proveerse por concurso, se basa en tres
pruebas escritas: derecho civil, penal y administrativo (con carácter transitorio la Ley núm. 48/2001
ha previsto la publicación de tres concursos con la celebración solamente de dos pruebas escritas
entre las indicadas, que se han determinado por sorteo efectuado en el mismo día de la realización
de las pruebas escritas); luego, hay un examen oral sobre las materias que ya han sido objeto de las
pruebas escritas (en el derecho civil se han introducido también elementos fundamentales de
derecho romano), a las que se añaden el procedimiento civil y penal, el derecho administrativo,
constitucional, tributario, del trabajo, de la seguridad social, comunitario, internacional y elementos
de informática jurídica.
El tribunal examinador, nombrado por el C.S.M. diez días antes del inicio de las pruebas
escritas (o de la preselección informática) está presidido por un magistrado del Tribunal Supremo
idóneo para ser posteriormente evaluado a efectos del nombramiento para funciones directivas
superiores, que ejercita funciones de legitimidad, y está formado por un magistrado de cualificación
no inferior a la de ser nombrado idóneo a efectos del nombramiento a magistrado del Tribunal
Supremo, con funciones de vicepresidente; por veintidós magistrados con cualificación no inferior a
la de un magistrado de apelación; así como, por ocho docentes universitarios en materias jurídicas.
La graduación formada por el tribunal, en base a la suma total de los votos atribuidos en
cada prueba a cada uno de los candidatos, se aprueba por el C.S.M.
A los ganadores del concurso se les nombra magistrados ordinarios y se les asigna una sede
judicial de primer grado, que sea sede de Tribunal de Apelación, para llevar a cabo el período de
aprendizaje, regulado por el Decreto del Presidente de la República de 17 de julio de 1998; dicho
período consiste en asistir y colaborar en las actividades judiciales desarrolladas por los
magistrados, a los que el magistrado ha sido asignado, en los sectores civil y penal sea como jueces
momocráticos o colegiados, sea como ministerios fiscales; sin que falte, sin embargo, también una
actividad de formación de tipo teórico con la organización de encuentros de estudio reservados a los
magistrados ordinarios y desarrollados sea en la sede central del C.S.M., sea fuera de ella por parte
de los Consejos judiciales y de los referentes para la formación de distritos (que son nombrados
cada bienio por el C.S.M.).
La duración del período de aprendizaje no puede ser, normalmente, inferior a dieciocho
meses y está subdividido en un período de aprendizaje “ordinario”, de duración no inferior a trece
meses, y de un período de aprendizaje “encaminado” para el período restante; éste último se orienta
hacia la elección de la sede por parte del magistrado y, por lo tanto, se dirige a ejercitar la práctica
de la específica actividad judicial que el magistrado tendrá que, de allí a poco tiempo, tendrá que
desarrollar en la sede a la que será destinado.
El aprendizaje es dirigido, coordinado y controlado por el C.S.M., que emplea para tal fin a los
órganos colegiales districtuales, los Consejos judiciales y los tribunales creados en estos organismos
para su organización, en concreto.
El aprendizaje trata de asegurar la formación profesional del magistrado ordinario y comprobar
su idoneidad para el ejercicio de las funciones judiciales.

4.2. El nombramiento directo. – La Constitución prevé, como excepción al reclutamiento por


oposición, el nombramiento directo “por méritos insignes” a consejeros de casación de catedráticos
de materias jurídicas y de abogados con quince años de ejercicio e inscritos en los colegios
especiales para
las jurisdicciones superiores (articulo 106 Const.).
A la disposición se ha dado aplicación recientemente con L. 303/1998, de 5 de Agosto, y a
este propósito se ha dictado la circular del C.S.M. P.-99- 03499 de 18 de Febrero de 1999.

Normativa de referencia
– R.D. 12/1941, de 30 de Enero, art. 121-130
– L. 127/1997, de 15 de Mayo, art. 17, párrafos 113 y 114
– D.P.R. de 17 de Julio de 1998.
– D.Lgs. 398/1997, de 17 de Noviembre.
– L. 48/2001, de 13 de Febrero

5. LA CARRERA DE LOS MAGISTRADOS ORDINARIOS.


La progresión en las carreras es única para los magistrados deliberantes y para los de
instrucción.
Para pasar de una a otra función es necesario solamente una evaluación de aptitudes.
Los auditores judiciales, después del período de formación, pueden ser destinados a puestos de
la jurisdicción de primera instancia.
El C.S.M. predispone una lista de sedes vacantes, convoca a los auditores que indican sus
preferencias según el orden de la graduación de la oposición y según los eventuales títulos
preferenciales que posean.
En cuanto a la progresión en la carrera, hay que recordar que el ordenamiento judicial de 1941
preveía que a las funciones “superiores” (segunda instancia y Casación) pudiera accederse sólo a
través de oposiciones y eva luaciones.
La entrada en vigor de la Constitución, y en particular del art. 107 párrafo 3, según el cual “los
magistrados se distinguen entre sí sólo por la diversidad de las funciones” ha comportado una
sustancial revisión de la materia.
Con una serie de leyes posteriores (L. n. 570/1966, de 25 de Julio sobre el nombramiento a
magistrado de Tribunal de Apelación; L. n. 831/1973, de 20 de Diciembre, sobre el nombramiento a
magistrado de Casación), en efecto, se ha suprimido el avance en la carrera por oposiciones y
evaluaciones, y se ha introducido un avance automático, por antigüedad, salvo demérito.
El sistema, por tanto, resulta estructurado de la siguiente manera: la antigüedad necesaria para
el nombramiento a magistrado de tribunal es de dos años a partir de la de auditor con funciones
(V.L. 97/1979, de 2 de Abril); después de once años de funciones, los magistrados de tribunal
pueden ser nombrados magistrados de Tribunal de Apelación (L. 570/1977, de 25 de Julio); la
antigüedad exigida para la declaración de idoneidad al nombramiento de magistrado de Casación es
de siete años desde el nombramiento a magistrado de Apelación; después de otros ocho años, los
magistrados pue den ser declarados idóneos para el nombramiento a las funciones directivas
superiores (L. 831/1973, de 20 de diciembre).
El avance, después de haber alcanzado la antiguedad necesaria, es decidido por el C.S.M, tras
parecer del Consejo judicial competente.
En caso de declaración desfavorable, el magistrado es sometido a nueva evaluación después de
un determinado periodo de tiempo.
El sistema vigente se funda sobre la disociación de las calificaciones y de las funciones, en el
sentido de que el avance en las calificaciones es independiente de la efectiva atribución de un
puesto correspondiente a la calificación obtenida. Por ejemplo, para ser efectivamente asignado a
una función de apelación (como la de consejero del Tribunal de Apelación) el magistrado debe
haber conseguido efectivamente el nombramiento a la calificación de apelación; por el contrario, un
magistrado de apelación o un magistrado que haya obtenido la declaración de idoneidad para el
nombramiento a magistrado de casación puede continuar en el puesto que ocupa – aunque
corresponda a una calificación inferior – sin limites de tiempo. Es más, recientemente ha sido
introducida la posibilidad de la llamada reversibilidad de las funciones, permitiendo a los
magistrados asignados a funciones de legitimidad o de apelación de ser destinados, a petición
propia, respectivamente, a funciones de mérito o a cualquier otro departamento con funciones de
mérito, aunque corresponda a la calificación de magistrado de tribunal (art. 21 sexies D.L.
306/1992, de 8 de Junio, convertido en L. 356/1992, de 7 de Agosto).
La única consecuencia inmediata de la progresión en la carrera es el diferente tratamiento
económico.

Normativa de referencia:
– L. 570/1966, de 25 de Julio.
– L. 831/1973, de 20 de Diciembre.
– L. 97/1979 de 2 de Abril.

6. LOS DIRIGENTES DE LOS DEPARTAMENTOS JURÍDICOS.


El Presidente del Tribunal de Casación, el Procurador general cerca del mismo tribunal y los
magistrados dirigentes de los departamentos jurídicos de primera y segunda instancia, deliberantes
y de instrucción, dirigen los departamentos, desarrollando tareas de “administración de la
jurisdicción” en el respeto de las directivas del Consejo, y “funciones administrativas” ins-
trumentales respecto al ejercicio de las funciones judiciales.
La atribución de las funciones de dirección es deliberada por el C.S.M., previo acuerdo con el
Ministro de Justicia (V art. 11 de la L. 195/1958, de 24 de Marzo; art. 22 del Reglamento interno
del C.S.M).
Los criterios en base a los cuales son elegidos los dirigentes, son las aptitudes, el mérito y la
antigüedad, oportunamente integrados entre sí. La eva luación comparativa de los candidatos tiene la
finalidad de poner al frente del Departamento al candidato más idóneo, habida cuenta de las
exigencias de funcionalidad y eventualmente de particulares situaciones ambientales (V. Circular
del C.S.M. n. 13000, de 7 Julio de 1999).
Para la asignación de los cargos de vértice del Tribunal de Casación y del Tribunal Superior de
las Aguas Públicas, el procedimiento de evaluación comparativa queda circunscrito a los
magistrados que, en los últimos quince años, hayan sido titulares de cargos directivos superiores por
almenos dos años, que hayan ejercido funciones de legitimidad por almenos cuatro años, y que,
consultados por el C.S.M., hayan manifestado su disponibilidad (V. Circular n. 13000, de 7 de Julio
de 1999, como integrada por la deliberación de 7 de Marzo de 2001).

7. LA RESPONSABILIDAD DISCIPLINARIA DEL MAGISTRADO.

7.1 Los ilícitos disciplinarios - El decreto legislativo núm. 109/2006 relativo a la


“Disciplina de los ilícitos disciplinarios de los magistrados y de las relativas sanciones y de los
procedimientos para su aplicación” modifica de forma significativa el sistema precedente, que se
introduce en el ámbito de la reforma global del ordenamiento judicial aprobada con la ley núm. 150
del 2005. El primer capítulo del decreto legislativo se divide en dos secciones: una, dedicada a los
ilícitos disciplinarios de los magistrados y, otra, dedicada a las sanciones disciplinarias.
Los ilícitos disciplinarios se dividen en dos categorías: por un lado, las hipótesis de ilícitos
cometidos en el ejercicio de las funciones judiciales y, por otro lado, las hipótesis de ilícitos
cometidos fuera del ejercicio de las funciones. La disciplina sustancial se caracteriza por una
tendencial tipificación de los ilícitos disciplinarios de los magistrados, sea por las conductas
inherentes al ejercicio de las funciones judiciales, sea por aquellas ajenas a éstas, sin la previsión de
normas de cierre.
El primer artículo del citado decreto legislativo está dedicado a los “deberes del magistrado”
y prevé un listado detallado de los deberes fundamentales a los que deben atenerse los magistrados
en el ejercicio de las funciones judiciales. Se trata de principios y valores deontológicos esenciales
para quien ejercita la función judicial y recalca deberes ampliamente reconocidos en la elaboración
doctrinal y jurisprudencial.
Se nombran, por lo tanto, el deber de imparcialidad, corrección, diligencia, laboriosidad,
discreción, equilibrio así como de respeto de la dignidad de la persona como principios
fundamentales que han de observarse en el ejercicio de las funciones de magistrado.
El art. 2 del decreto legislativo contiene un listado detallado y taxativo de hipótesis de
ilícitos disciplinarios en el ejercicio de las funciones, mientras que el art. 3 prevé una serie de
conductas que están fuera del ejercicio de las funciones que pueden dar vida a un procedimiento
disciplinar.
Teniendo en cuenta que jamás pueden dar lugar a responsabilidades de carácter disciplinar
las actividades de interpretación de las normas de derecho y las de valoración del hecho y de las
pruebas, se identifican 25 hipótesis que constituyen hechos típicos de ilícitos cometidos en el
ejercicio de las funciones; se indican, a efectos de meros ejemplos, los comportamientos que,
violando los deberes del magistrado, provocan un daño injusto o una indebida ventaja a una de las
partes; o bien, la omisión de comunicar al Consejo Superior de la Magistratura la subsistencia de
una de las situaciones de incompatibilidad por parentesco en base a los arts. 18 y 19 del
ordenamiento judicial, así como la consciente inobservancia de la obligación de abstención; así
como también los comportamientos habitualmente o gravemente incorrectos contra las partes, sus
defensores, sus testigos o frente a cualquiera que tenga relaciones con el magistrado en el ámbito de
la sede judicial; o bien, frente a otros magistrados o colaboradores; la interferencia injustificada en
la actividad judicial de otro magistrado y la omisión de la comunicación al jefe de la sede por parte
del magistrado destinatario de las interferencias producidas, y además la grave violación de ley
determinada por ignorancia o negligencia inexcusable y la tergiversación de los hechos determinada
por una negligencia inexcusable; y otras muchas de igual relevancia.
El art. 3 del decreto legislativo enumera 8 hechos relativos a conductas disciplinarmente
relevantes actuadas fuera del ejercicio de las funciones. Se señalan, por ejemplo, el uso de la
cualidad de magistrado con el fin de obtener ventajas injustas para sí o para otros; frecuentar
persona sometida a un procedimiento penal o de prevención en cualquier caso tratado por el
magistrado, o persona que a éstos consta de ser un delincuente habitual, profesional o por tendencia
o de haber sufrido condena por delitos no culposos con una pena de reclusión superior a tres años o
de estar sometido a medidas de prevención, salvo que se haya producido su rehabilitación; o bien,
tener relaciones conscientes de negocios con una de estas personas. Así como la asunción de cargos
extrajudiciales sin la autorización expresa del Consejo Superior de la Magistratura; o bien, la
participación en asociaciones secretas o cuyos vínculos son objetivamente incompatibles con el
ejercicio de las funciones y además la inscripción o la participación sistemática y continuada a
partidos políticos; o bien, la implicación en actividades de sujetos que operan en el sector
económico o financiero que puedan condicionar el ejercicio de las funciones o, en cualquier caso,
comprometer la imagen del magistrado.
El art. 4 del decreto identifica además los ilícitos disciplinarios correspondientes al delito,
estableciendo una especie de automatismo entre los hechos por los que se ha producido una
condena por delito doloso y la acción disciplinar; mientras que para los delitos culposos punidos
con la reclusión, es necesario imputarles el carácter de especial gravedad por las modalidades o las
consecuencias del hecho.

7.2 Las sanciones disciplinarias - La segunda sección del decreto legislativo fija el aparato
sancionador de la reforma de la responsabilidad disciplinar. La ley prevé varias tipologías de
sanciones que se adaptan a cada uno de los hechos disciplinarios citados con anterioridad. La ley ha
introducido, efectivamente, la aplicación del criterio tale crimen talis poena, como consecuencia
obligatoria de la tipificación de los ilícitos.

Las diversas sanciones previstas por la ley son:


a) la amonestación, que es una llamada de atención a la observación de los deberes del
magistrado;
b) la censura, que es una declaración formal de reprobación;
c) la pérdida de la antigüedad, que no puede ser inferior a dos meses ni superior a dos años;
d) la incapacidad temporal para ejercitar un cargo directivo o semidirectivo, que no puede ser
inferior a seis meses ni superior a dos años;
e) la suspensión de las funciones, que consiste en la separación de sus funciones con la
suspensión del sueldo y su alejamiento fuera del rol orgánico de la magistratura;
f) la remoción, que implica la cesación total de su actividad y servicio en la judicatura.

También, nos encontramos con la sanción accesoria del traslado de oficio que el juez
disciplinar puede adoptar cuando inflinge una sanción más grave de la amonestación, mientras que
tal sanción posterior se adopta siempre en algunos casos específicamente indicados por la
legislación.
El traslado de oficio puede también adoptarse como medida cautelar y provisional, allí
donde subsistan graves elementos que impliquen la aplicación de la acción disciplinaria y concurran
motivos de especial urgencia.
7.3 El procedimiento disciplinario - El procedimiento disciplinario tiene un carácter
jurisdiccional y está regulado por las normas del código de enjuiciamiento penal, siempre que sean
compatibles. El juez disciplinar es un órgano colegial que se identifica con la Sección disciplinar
del C.S.M., compuesta por seis miembros: el Vicepresidente del Consejo Superior, que la preside, y
cinco componentes elegidos por el propio C.S.M. entre sus miembros, de los que uno es elegido por
el Parlamento, otro es un magistrado del Tribunal Supremo con efectivas funciones de legitimidad y
tres son magistrados ordinarios.
El procedimiento disciplinario se promueve por el Ministro de Justicia y por el Fiscal
General del Tribunal Supremo. El ejercicio de la acción se ha transformado por el Fiscal General de
discrecional a obligatorio, mientras que para el Ministro sigue siendo discrecional. La
obligatoriedad de la acción disciplinaria se conecta con la elección de la tipificación de los ilícitos,
muy cercana a la que opera en el sector de la justicia penal e impone una rigurosa observación del
principio de certeza del derecho, tal de eliminar lo más posible cualquier tipo de incertidumbre
aplicativa.
La ley también ha previsto una cláusula general de irrelevancia disciplinar de la conducta
siempre que el hecho sea de “poca relevancia”, cláusula destinada a operar en un plano diferente –
aún si es convergente en cuanto a la finalidad – con el poder de archivo de actuaciones en manos
del propio Fiscal General.
Se le atribuye, efectivame nte, al Fiscal General un poder de autonomía para el archivo de
actuaciones cuando el hecho imputado no constituya una conducta disciplinarmente relevante o
forme parte de una denuncia no circunstanciada; o bien, que no se encuentre en alguna de las
previsiones típicas identificadas por la ley; o bien, por último, si de las investigaciones efectuadas,
el hecho resulta inexistente o no cometido.
Esta providencia de archivo de actuaciones se transmite al Ministro de Justicia, que en el
plazo de diez días puede solicitar copia de las actuaciones y en los sesenta días siguientes solicitar
al Presidente de la sección disciplinar que señale una audiencia con discusión oral formulando la
inculpación. Las funciones del ministerio fiscal en la audiencia se ejercitan, en todo caso, por el
Fiscal General o por su sustituto.
Superado el primer estadio, la ley prevé que la acción debe ser promovida en el plazo de un
año tras la noticia del hecho, de la que el Fiscal General del Tribunal Supremo tiene conocimiento
por la realización de investigaciones sumarias preliminares o por denuncia circunstanciada o por
indicación del Ministro de Justicia. Según el decreto legislativo, después, en los dos años siguientes
del inicio del procedimiento, el Fiscal General debe formular las peticiones conclusivas y en los dos
años siguientes a la petición, la Sección disciplinar del Consejo Superior de la Magistratura debe
pronunciarse. La ley además ha establecido que no puede ser promovida ningún tipo de acción
disciplinar cuando hayan transcurrido diez años desde que se haya producido el hecho.
Debe comunicarse al inculpado el inicio de la acción disciplinar en el plazo de treinta días y
el imputado puede ser asistido por otro magistrado o por un abogado. Sucesivamente, las
investigacione s son llevadas a cabo por el Fiscal General, que formula sus peticiones enviando el
expediente a la sección disciplinar del C.S.M. y da comunicación de ello al imputado. El Fiscal
General, si considera no tener que pedir la declaratoria de no ha lugar a proceder, formula la
imputación y solicita señalar la vista para la discusión oral.
Los momentos de intervención del Ministro de Justicia en el procedimiento disciplinar se
identifican, además que en el promover la acción disciplinar con la petición de investigaciones, en la
petición de extensión a otros hechos de la acción disciplinar promovida por el Fiscal General, en el
poder formular un anexo a la notificación disciplinar en el caso de acción promovida por el Fiscal
General y de pedir la modificación de la intimación disciplinar en el caso de que la acción sea
promovida por él mismo, en el poder formular la imputación y de pedir de forma autónoma la
señalación del juicio disciplinar en todos los casos en los que disienta de la petición de archivo de
actuaciones formulada por el Fiscal General.
La discusión en el juicio disciplinar se realiza en audiencia pública con la ponencia de uno de
los componentes de la Sección disciplinar, la captación de oficio de todo tipo de prueba útil, la
lectura de informes, inspecciones, actos y pruebas obtenidas en la instrucción, así como la
exhibición de documentos. La sección disciplinar una vez oídas las partes toma una decisión que
puede ser impugnada ante las Secciones unidas civiles del Tribunal Supremo, mientras que la
sentencia definitiva puede estar sujeta, en cualquier caso, a revisión.
Normativa de referencia:
– R.D.Lgs. n. 511/1946
− L. 150/05
- D.lgs. 109/06

8. LA RESPONSABILIDAD CIVIL DEL MAGISTRADO.


La responsabilidad disciplinaria es consiguiente a la vio lación de los deberes funcionales que el
magistrado asume ante el Estado en el momento de su nombramiento. Distinta y ulterior es la
responsabilidad civil que el magistrado asume, frente a las partes procesuales u otros sujetos a causa
de eventuales errores o inobservancias cometidos en el ejercicio de sus funciones. Esta última forma
de responsabilidad, análoga a la de cualquier otro empleado público, halla su fundamento en el
artículo 28 de la Constitución.
La materia, tras el resultado de una consultación referendaria que ha comportado la abrogación
de la disciplina previgente, fuertemente limitativa de los casos de responsabilidad civil del juez, está
reglamentada en la actua lidad por la L. 117/1988, de 13 de Abril.
Bajo el perfil sustancial, la ley afirma el principio de la resarcibilidad de cualquier daño injusto
consiguiente a un comportamiento, acto o disposición de un magistrado, con “dolo” o “culpa
grave”, en el ejercicio de sus funciones o bien a consecuencia “de una negativa de justicia” (art. 2).
La ley, después de haber puntualmente ilustrado las nociones de “culpa grave” (artículo 2,
párrafo 3) y “de una negativa de justicia” (artículo 3), aclara, de todos modos, que no pueden dar
lugar a responsabilidad alguna, la actividad de interpretación de normas de derecho y la de
evaluación del hecho y de las pruebas (art. 2, párrafo 2): bajo este aspecto, y ante la evidencia, la
tutela de las partes es exclusivamente endoprocesual, a través del recurso al sistema de la
impugnación de la disposición jurisdiccional que se considera viciada. Mientras que, quedando
firme la insindicabilidad en cuanto al mérito de la actividad jurisdiccional, puede haber
eventualmente espacio para la responsabilidad disciplinaria del magistrado, cuando, según
jurisprudencia constante de la Sección disciplinaria del C.S.M., se haya producilo una anormal o
macroscópica violación de la ley o un mal uso de la función judicial.
Bajo el perfil procesual, hay que señalar que la responsabilidad para el resarcimiento del daño
pesa sobre el Estado, contra el cual el perjudicado puede actuar (art. 4), pero en caso de que se
compruebe su responsabilidad. el Estado, en determinadas condiciones, puede valerse sobre el
magistrato (art. 7).
La acción de responsabilidad y el relativo procedimiento están subordinados a reglas
particulares: entre otras, las más significativas, conciernen la subordinación de la posibilidad de
proceder, al recurso previo de todos los medios ordinarios de impugnación y demás remedios para
modificar o revocar la disposición que se considera causa de daño injusto, y la previsión de un plazo
de decadencia para el ejercicio de la acción (art. 4); el exámen de la admisibilidad de la acción, a
fines del control de las correspondientes presuposiciones, del respeto de los plazos y de la
evaluación de la eventual “falta de fundamento manifiesta” (art. 5); la facultad de intervención del
magistrato en el juicio contra el Estado (art. 6).
Para garantizar la transparencia y la imparcialidad del juicio, en el sistema se ha configurado el
traslado de la competencia sobre las causas de que se trata (artículos 4 y 8), para evitar que tal
competencia recaiga en un juez del mismo Departamento en el que presta o ha prestado servicio el
magistrato cuya actividad se considera haya provocado un daño injusto. Los criterios para indicar al
juez competente han sido modificados recientemente, por la L. 420/1998, de 2 de Diciembre,
precisamente para evitar todo riesgo de prejuicio en el conocimiento de las causas de que se trata.
Normativa de referencia:
– L. 117/1988, de 13 de Abril.

9. LA RESPONSABILIDAD PENAL DEL MAGISTRADO.


Bajo el perfil penal es indudable que el magistrado, como funcionario público, puede ser
llamado a responder de sus delitos, cometidos basándose precisamente sobre el cargo que ostenta
(simplificando: abuso de oficio, corrupción, corrupción en actas judiciales, concusión, omisión de
actos de oficio, etc.); así como, paralelamente, puede adquirir la calificación de persona ofendida,
junto con el Estado, por los delitos cometidos por privados contra la Administración Pública (la
hipótesis típica es la de ultraje y, en especial, la de ofensa a un magistrado en audiencia).
A este propósito, hay que recordar que con la L. 420/1998, de 2 de Diciembre, ya citada, se ha
reformado profundamente la disciplina de la competencia para los procedimientos relacionados con
los magistrados, a fin de garantizar, también bajo el aspecto de la transparencia, la máxima auto-
nomía de juicio a los magistrados que deben juzgar en procedimientos a cargo de otros colegas. Se
ha intervenido significativamente, sobre las reglas procesuales penales (art. 11 del Código de
procedimiento penal y art. 1 de las disposiciones de aplicación del Código de procedimiento penal),
introduciendo un mecanismo de individuación del jue z competente, que pueda evitar el riesgo de las
competencias “reciprocas” (o “cruzadas”) que, en el pasado, habían dado lugar a fuertes motivos de
perplejidad. Y se ha llenado, sobre todo introduciendo la previsión de un mecanismo análogo para
el traslado de competencias en los procedimientos civiles, un vacío que hubiera podido dar lugar a
dudas de constitucionalidad no infundadas.

A cargo del Departamento de Estudios.


SEGUNDA PARTE

PROBLEMATICAS DE APLICACION
DEL SISTEMA VIGENTE

1. LAS BASES DE LA INDEPENDENCIA Y DE LA AUTONOMÍA DE LA MAGISTRATURA.


En nuestro sistema judicial, los principios de la independencia y de la
autonomía de los jueces tienen gran importancia. Dicha importancia se deri-
va de una exigencia conceptual y de una exigencia histórica. En cuanto a la
primera, hay que tener en cuenta que Italia forma parte de los sistemas de
civil law. De manera muy aproximada, se puede decir que en estos sistemas
la ley – es decir la que, en el proceso, adquiere relieve como regla de juicio
para resolver el caso – es dictada por otros órganos del Estado – generalmen-
te por el Parlamento, a veces por el Gobierno, y hoy día también por los entes
territoriales menores – mientras que los jueces la aplican. Esto significa que
los jueces participan en el procedimiento de formación del derecho sólo indi-
rectamente.
Este planteamiento conceptual ha hecho posible configurar a los jueces
como gestores de una función pública a desarrollar de forma vinculada. De
ahí el convencimiento de que los mismos puedan ser designados por oposi-
ciones, asumir la condición de empleados del Estado y no estar sometidos a
ningún control sobre el mérito de sus actos, siendo dicho mérito previamen-
te establecido por la ley. De ahí también la necesidad de que a los jueces se
les garantice independencia y autonomía, porque en el ejercicio de sus fun-
ciones deben no sólo ser, sino también parecer terceros imparciales. Es más,
tercería e imparcialidad son consideradas como las características que permi-
ten distinguir a los jueces de los demás órganos que ejercen funciones estata-
les diversas.
En orden a la segunda razón, es decir la histórica, hay que subrayar que
la estructura actual de nuestro sistema ha adquirido su forma, después de la
164 Sistema Judicial italiano

segunda guerra mundial, sobre la base de la Constitución republicana, cuya


inspiración democrática está en antítesis con el anterior régimen fascista,
indudablemente autoritario. En el pasado, en efecto, había habido un abuso,
en la gestión de la justicia, que se puede referir a tres factores: a) limitación
del derecho de actuar en juicio; b) presiones ab externo sobre la magistratu-
ra; c) creación de jueces especiales.
Es obvio que, al refundar el Estado, nuestra Constitución, que en 1998
ha celebrado sus primeros cincuenta años de vida, ha prestado especial aten-
ción en evitar que se repitieran dichos abusos y desvíos.

2. EL PRINCIPIO CONSTITUCIONAL DE LA TERCERÍA DEL JUEZ.


En la Constitución, la neutralidad del Juez está garantizada, en particu-
lar, por las normas que prevén: a) la prohibición de la iniciativa procesual de
oficio (art. 24, párrafo 1); b) la garantía del juez natural (art. 25, párrafo 1);
c) la prohibición de designar a jueces extraordinarios o especiales (art. 102);
d) la sujeción de los jueces a la ley (art. 101, párrafo 2). Los principios con-
tenidos en estas disposiciones han sido ulteriormente reafirmados y reforza-
dos por el art. 6 del Convenio europeo sobre los derechos del hombre, que
Italia ha traspuesto en su ordenamiento con la L. 848/1955, de 4 de Agosto,
y que han constituído la base de la modificación del art. 111 de la Constitu-
ción, efectuada con Ley Constitucional n. 2/1999, de 23 de Noviembre. Es
oportuno examinarlos sintéticamente.
La prohibición de iniciativa oficiosa se recaba a contrario del art. 24,
que, en cambio, expresa en su letra el principio fundamental según el cual no
es posible poner a los ciudadanos límites u obstáculos a su defensa en el pro-
ceso de las posiciones substanciales que el ordenamiento les haya reconoci-
do. En efecto, si desde el punto de vista positivo el respeto de las situaciones
substanciales reconocidas a cada persona hace imposible poner limitaciones
de cualquier tipo a su tutela en el proceso, desde el punto de vista negativo,
(y aquí está la otra cara del art. 24) igual respeto impone que sólo quien se
afirma portador de la situación sustancial pueda decidir si recurrir o no a la
tutela jurisdicional.
El Constituyente, además, ha tenido plena consciencia de que la colec-
tividad no percibiría como natural al juez que fuera designado después del
inicio de la controversia o del asunto judicial, o que, de todos modos, fuera
elegido sobre la base de criterios elaborados después de su inicio. Es natural,
sobre la base de estas exigencias, el juez designado en virtud de criterios obje-
tivos preexistentes al inicio del proceso, y ello, de todas maneras, no es sufi-
ciente para evitar todo riesgo, porque el legislador ordinario podría eludir el
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 165

principio con la creación de jueces ad hoc a los cuales los “criterios objetivos
preexistentes” confiarían la competencia sobre determinadas controversias.
El art. 25 párrafo 1, bajo este aspecto, debe ser relacionado con el art. 102,
párrafo 2, que prohibe el recurso a los jueces extraordinarios (a cuya institu-
ción se procede precisamente en función de determinados procesos).
En cuanto a la sujeción del juez sólo a la ley, debe evidenciarse que el
segundo párrafo del articulo 101 permite una doble lectura. En su forma
positiva, el mismo es funcional a la exigencia de garantizar la autonomía y la
independencia del juez, que es hecho inmune contra las presiones de los
demás órganos constitucionales y cuya única sujeción es tan solo a la ley.
Desde otro punto de vista, esta garantía se transforma en una limitación, por-
que si es verdad que los jueces están sometidos sólo a la ley, también es cier-
to, que no pueden superarla, y que en la ley deben buscar y hallar el cánon
de evaluación preconstituído de cada caso concreto. Para reforzar ulterior-
mente esta limitación, el art. 111, párrafo 6, establece que los jueces deben
motivar expresamente las razones de sus decisiones, de manera que se pueda
efectuar un control, no sólo por parte de los destinatarios directos, sino del
mismo pueblo, en cuyo nombre se administra la justicia.

3. EL CONSEJO SUPERIOR DE LA MAGISTRATURA.


Especial atención ha dedicado el Constituyente al problema de la auto-
nomía y de la independencia de los jueces. A estos fines ha constituído la
magistratura ordinaria en “un orden autónomo, independiente de cualquier
otro poder” (art. 104) y ha creado un órgano de autogobierno: el Consejo
Superior de la Magistratura, que gobierna la entera carrera de todos los
magistrados (art. 105).
A la creación de este organismo se llegó tras un debate en el seno de la
Asamblea Constituyente a finales de 1947. “Los Padres de la Constitución”
vieron clara la necesidad de cortar el “vínculo de sumisión” de la magistra-
tura al ejecutivo y de constituir la misma “en un orden que para ser a su vez
autogobernado, es decir independiente de cualquier otro poder”, garantiza-
se la independencia de sus componentes (Leone).
Se individuaron las funciones (que el Diputado Ruini, con cierta fantasía
difinió “los cuatro clavos”): nombramientos, ascensos, disciplina, traslados.
Durante mucho tiempo se discutió sobre su composición. Se enfrentaron dos
tesis. La primera, inspirada por los magistrados y por quienes eran favorables
a una rígida interpretación de la división de los poderes (por ejemplo, los
Diputados. Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri etc.) apuntaba a que el
C.S.M. estuviese integrado sólo por Magistrados, porque sólo de esta mane-
166 Sistema Judicial italiano

ra se hubiera evitado el riesgo de contaminaciones (Dominedò) y el de que


“la política penetre en cada decisión; y de hacer llegar presiones indebidas e
ingerencias profesionales a los órganos judiciales” (Caccuri).
La otra tesis, en cambio, tenía su origen en la consciencia de que era
necesario evitar la creación de un cuerpo separado y de convertir el C.S.M.
en el déspota del ordenamiento de la magistratura (Grassi). Había que per-
seguir la exigencia de realizar una armonía institucional (Varani), de asegu-
rar continuidad entre vida social y vida institucional, y de hacer llegar al
organismo judicial un soplo de vida externo (Leone), de impedir la creación
de un “estado en el estado”, de una “casta cerrada e intangible” (Preti)
“separada e irresponsable” (Dominedò), “una secta” (Persico), un órgano
totalmente separado de los demás aparatos administrativos del Estado y sus-
traído del control del órgano de representación popular, de los medios de
información y de la misma opinión pública (Cappi). La propuesta contenida
en el art. 97 del proyecto original de la Constitución, asignaba al C.S.M. una
composición paritaria, con la participación “fuera de cupo” del Primer Pre-
sidente del Tribunal de Casación como Vicepresidente. En el contraste entre
las dos posiciones mencionadas, se llegó a un compromiso y fue aceptada la
enmienda sugerida por el Diputado Scalfaro en la sesión de tarde del 12 de
Noviembre de 1947: dos tercios de miembros togados y un tercio de miem-
bros laicos.
Hubo discusión también sobre la presidencia del C.S.M.
En origen se propuso otorgar la presidencia, o al menos la vicepresi-
dencia, al ministro de Justicia o al Primer Presidente del Tribunal de Casa-
ción. Las propuestas fueron rechazadas al objeto de garantizar al C.S.M. una
independencia estructural absoluta (Diputados Calamandrei y Buozzi).
Se optó por atribuir la presidencia al Jefe del Estado como garante de
su unidad (Buozzi), con una solución que respondía también a exigencias de
“simetría institucional” (Leone), a la necesidad de impedir que el C.S.M. se
convirtiera en “un cuerpo cerrado y rebelde” algo así como una “cometa que
pueda salirse autonómamente de la órbita constitucional” (Calamandrei).
Conscientes de que el Jefe del Estado hubiera podido participar a la vida del
Consejo solamente en las ocasiones solemnes, se pensó en que fuera flanque-
ado por un órgano auxiliario, que asumiría la presidencia efectiva del Conse-
jo. También en esta ocasión se pensó, en principio, al Ministro de Justicia o
al Primer Presidente del Tribunal de Casación (Leone, Condorelli, Perlinge-
ri); se llegó, finalmente, al compromiso de que el Vicepresidente fuese elegi-
do por el Consejo entre los miembros laicos.
La creación del órgano de autogobierno ponía en una luz completa-
mente distinta la función del Ministerio de Justicia, al punto de que alguien
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 167

llegó a proponer incluso su abolición (Patricolo). De hecho al Ministro han


sido conservadas funciones “residuales”, relativas a la organización y gestión
de los departamentos judiciales y de los servicios administrativos, a la pre-
vención y ejecución de las sanciones, a la vigilancia sobre la legalidad de los
comportamientos del personal de la magistratura.

4. LOS ACTOS DEL C.S.M.


Después de haber delineado las razones que han llevado a la creación
del C.S.M es necesario ilustrar, en síntesis, su colocación en el conjunto ins-
titucional de nuestro País.
Según el articulo 105 de la Constitución “corresponden al Consejo
superior de la magistratura, según las normas del ordenamiento judicial, las
admisiones, las asignaciones y los traslados, los ascensos y las medidas disci-
plinarias respecto a los magistrados”.
Es indudable que el Consejo ha sido delineado por la Carta Constitu-
cional como órgano de relieve constitucional. Ello comporta que el C.S.M.
disponga mediante actos administrativos, que en Italia están sujetos al con-
trol jurisdiccional del juez administrativo (como confirmado, por último,
por el Tribunal Constitucional en sentencia n. 419/1995). Esta solución,
crea alguna dificultad, sobre todo cuando el Consejo designa a los jefes de
los departamentos judiciales. En estos casos, en efecto, nuestro ordena-
miento judicial prevé que al nombramiento se llegue tras una actividad de
concertación con el Ministro de Justicia (solución considerada legítima
constitucionalmente; sentencia del Tribunal Constitucional, n. 379/1992).
Esto deja entrever que, al menos en las hipótesis de actividad concertada
(con evidente relevancia también política) el control del juez administrati-
vo debería ser muy reducido.
En el ámbito disciplinario el C.S.M. se presenta como órgano jurisdic-
cional. La justicia disciplinaria sobre los magistrados es ejercida por una sec-
ción del Consejo, formada por nueve miembros (seis componentes togados y
tres laicos), que dispone con decisiones sometidas a control de legitimidad
por parte del Tribunal de Casación. Por consiguiente, la última palabra sobre
las medidas disciplinarias que afectan a magistrados, acaba por ser la del
órgano de vértice de la misma Magistratura.
A este respecto es oportuno subrayar que el ordenamiento italiano no
prevé una tipificación del ilícito disciplinario, sino que contempla una hipóte-
sis tan genérica – conducta que hace que el magistrado sea considerado indig-
no de la confianza de que debe gozar, o que comprometa el prestigio del orden
judicial – que será luego el Juez disciplinario quien deberá valorar, caso por
168 Sistema Judicial italiano

caso, si ha decaído la confianza o si el prestigio ha quedado comprometido, y


deberá hallar la sanción (amonestación, censura, pérdida de la antigüedad,
remoción, destitución) adecuada a la importancia del ilícito comprobado.
La experiencia de estos cuarenta años, finalmente, ha demostrado que
el C.S.M. ha ampliado progresivamente su esfera de competencia, a través de
la emanación de circulares, reglamentos y directivas con eficacia externa y, a
veces, con actos de línea política. En relación con las circulares, los regla-
mentos y a las directivas, se ha hablado de actividad paranormativa, que a
menudo llega a interpretar, y alguna vez a integrar, la legislación vigente con
efectos que, aún careciendo de eficacia vinculante, pueden, de todos modos,
acondicionar tanto el alcance de los actos del mismo Consejo, como “los
comportamientos de los potenciales destinatarios” (Sorrentino).
Esta evolución ha sido objeto de animadas discusiones.

5. LAS POSIBLES FORMAS DE PRESIÓN SOBRE EL JUEZ.


Menor o totalmente nula ha sido la atención de los constituyentes res-
pecto a las demás posibles presiones que puedieran influir sobre la “neutra-
lidad” del magistrado. Estas presiones se pueden sintetizar de la siguiente
manera: a) las procedentes del interior del orden judicial; b) las que se deri-
van de particulares relaciones que el juez tenga con la controversia o con una
de las partes en juicio; c) las debidas a ideologías particulares, y más especí-
ficamente, a relaciones políticas o asociativas; d) o, finalmente, las que pro-
ceden de las presiones de grupos organizados.

A) Hasta ahora se ha valorizado al máximo la norma contenida en el ter-


cer párrafo del articulo 107, según el cual “los magistrados se distinguen
entre sí sólo por la diversidad de funciones”, con la finalidad de conseguir la
sustancial anulación de la carrera, que hoy es prácticamente automática y da
lugar a escalafones abiertos hasta el nivel de Consejero de Casación, idóneo
para el ejercicio de funciones directivas, siendo totalmente desvinculada de
las funciones concretamente ejercidas (así se puede dar el caso de que un juez
de cualquier tribunal periférico avance en la carrera hasta el nivel de conse-
jero de Casación sin haberse movido nunca de su sede). Las razones de esta
evolución legislativa han sido indicadas en el hecho de que en el anterior sis-
tema los magistrados estaban sujetos al poder de los jefes de los departa-
mentos, los incitaba al conformismo hacia las decisiones del tribunal de Casa-
ción, y los hacía vulnerables en caso de ambiciones de carrera. La exactitud
de estas razones es sagrada. Y, sin embargo, surge la duda de si el camino ele-
gido para conseguir los objetivos haya sido el más justo.
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 169

No es casual que el Tribunal Constitucional (sentencia n. 87/1982) haya


declarado ilegítimo el art. 23, párrafo 2, de la ley 195/1958, de 24 de Marzo,
en la parte en que establecía que los puestos asignados a los magistrados de
tribunal de Casación para la composición del C.S.M. podían ser atribuidos a
“magistrados que hayan conseguido el nombramiento, aunque no ejerzan las
respectivas funciones”. El Tribunal Constitucional, de esta manera, ha reafir-
mado que, para la elección al C.S.M., no es suficiente que los magistrados de
Casación sean idóneos para el ejercicio de las funciones correspondientes,
sino que deben ejercerlas efectivamente.

B) Las particulares relaciones con la controversia o con las partes, son


consideradas (no por parte de la Constitución, sino) por la ley procesual ordi-
naria. Los artículos 51 y siguientes del Código de procedimiento civil, y 37 y
siguientes del Código de procedimiento penal, regulan los institutos de la
abstención y de la recusación de los jueces, determinando los casos (que son
idénticos) en que subsiste la obligación del juez de abstenerse o el poder de
la parte de pedir la recusación del mismo (y son relaciones de interés, de
parentesco, de particular amistad, de enemistad, de deuda o crédito, o bien
hipótesis en las que el juez se haya pronunciado sobre la causa).
El tema de la abstención y de la recusación en estos últimos años ha
adquirido especial relieve, porque cuanto más resulta penetrante el control
judicial en los casos de la vida, tanto más debe ser rigurosa la valoración de
la imparcialidad del juez. Es fácil de intuir, pues, que el problema se ha plan-
teado, sobre todo y en primer lugar, en el proceso penal, en cuyo ámbito el
Tribunal Constitucional ha afirmado la ilegitimidad constitucional del art. 34
párrafo 2 del código de procedimiento penal, entreviendo una situación de
incompatibilidad entre el juez que ha aplicado una medida prudencial per-
sonal y el juez miembro del colegio para el debate (V.sentencias n. 432/1995,
n. 131/1996 y n. 155/1996). Inmediatamente después se empezó a dudar de
la legitimidad constitucional del artículo 51, párrafo 1 n. 4 del Código de pro-
cedimiento civil, en la parte en que no prevé una causa específica de incom-
patibilidad a tratar y decidir del juicio de mérito, constituída por haber teni-
do conocimiento de la controversia en la fase del procedimiento cautelar
introducido antes del inicio del proceso de mérito. El Tribunal Constitucio-
nal ha rechazado la cuestión (sentencia n. 326/1997, reafirmada por la orde-
nanza n. 315/1998, de 9 de Julio), considerando que en su normal utilización,
el procedimiento cautelar está fundado sobre un conocimiento sumario que
no interfiere sobre la decisión de mérito, que debe dictarse sólo después de
un conocimiento pleno. Por consiguiente, un problema puede plantearse en
concreto sólo cuando el juez del procedimiento cautelar, alejándose del
170 Sistema Judicial italiano

esquema normativo, proceda a una instrucción que haga casi supérflua la


sucesiva, del juez de mérito. En ésta hipótesis, el juez – según el Tribunal –
debe valorar si existen razones graves de conveniencia para pedir al jefe del
departamento, la autorización a abstenerse.
Sobre esta base, han sido rechazadas las cuestiones de constitucionali-
dad del artículo 669 octies del Código de procedimiento civil (ordenanza del
20 de Mayo de 1998, n. 193); del articulo 354 del Código de procedimiento
civil (norma, ésta última, que permite al juez de la impugnación de reenviar,
en algunos casos, el proceso al mismo juez que ha emitido la sentencia impug-
nada: sentencia n. 341/1998); del art. 186, quater, del Código de procedi-
miento civil (que permite de dictar sentencia al mismo juez que ha dictado la
llamada ordenanza post-instructoria: sentencia n. 168/2000): del art. 703 del
Código de procedimiento civil (la parte en que se permite al juez que ha dic-
tado la disposición posesoria de tratar sucesivamente el proceso de mérito:
sentencia n. 120/2000): del art. 24 del Estatuto de los trabajadores (la parte
en que permite al juez que ha dictado la disposición inmediata de conocer
acerca de la oposición: sentencia n. 387/1999) y de los art. 98 y 146 de la Ley
de quiebra (las partes que permiten que el juez delegado conozca las causas
de oposición al estado pasivo y las acciones de responsabilidad que él mismo
ha autorizado: sentencias n. 167/2001 y 176/2001)
Parece evidente, incluso de esta rápida síntesis, que el Tribunal después
de haber acelerado, quizás excesivamente, sobre el garantismo formal, en
cuanto al proceso civil ha frenado, intentando hallar un punto de equilibrio
en la existencia de una situación que en concreto comprometa la imparciali-
dad del juez.

B1) El animado debate que se ha desarrollado en estos años, sobre


todo en relación con el proceso penal, ha desembocado en una modifica-
ción del art. 111 de la Constitución, que, para potenciar al máximo el valor
de la imparcialidad del juez, ha establecido, a nivel constitucional, la nece-
sidad de que el proceso se desarrolle en contradictorio entre las partes,
ante un juez tercero e imparcial, y que, en el proceso penal, la prueba se
forme en el debate.
La legislación ordinaria posterior ha sido dirigida a dar una concreta
aplicación a estos principios. Entre las leyes más recientes se señalan:
1. Ley 397/2000, de 7 de Diciembre en materia de investigaciones defensivas,
que aplica el principio de la igualdad de las partes en función del derecho
a la prueba;
2. Ley n. 63/2001, de 1 de Marzo, que ha adecuado la disciplina procesual
penal en materia de formación y valoración de la prueba;
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 171

3. Ley n. 60/2001, de 6 de Marzo, que ha modificado la disciplina en mate-


ria de defensa de oficio, en vistas de una completa efectividad del contra-
dictorio en el proceso penal;
4. Ley n. 134/2001, de 29 de Marzo, que ha modificado las reglas sobre el
patrocinio a cargo del Estado para los menos pudientes, en la perspectiva
de hacer efectivo el derecho a la defensa.

C) Ninguna norma prevé que la influencia de las ideologías y de la per-


tenencia a asociaciones o partidos políticos pueda comprometer la imparcia-
lidad del juez. Sólo el art. 98, párrafo 3, de la Constitución, prevé que “por
ley, se pueden establecer límites al derecho de los magistrados de afiliarse a
partidos políticos”. Es cierto, sin embargo, que no es la afiliación a partidos
políticos la que comporta un atentado a la imparcialidad, sino la incapacidad
del magistrado -y por tanto un hecho interno e insindicable de su conciencia-
de no dejar que prevalezca su particular ideología sobre una objetiva y libre
evaluación de la controversia (de modo que, si en alguna ocasión, se ha inten-
tado incluir entre los motivos de recusación del magistrado, su posición polí-
tica o asociativa, ello es síntoma de un malestar, o de la sensación de que no
siempre los jueces saben separarse con respecto al proceso).
Tampoco se prevén instrumentos para evitar que el juez pueda ser influí-
do por medios de presión (se piense a las campañas de prensa o televisivas),
de manera que pueda ser influída la serenidad de su juicio. Las únicas nor-
mas que, de alguna manera, guardan relación con el tema del que se trata, son
el art. 114, que regula la prohibición de publicar determinados actos (en el
Código de procedimiento penal anterior, la materia estaba regulada por el
art. 164) y el art. 329 del nuevo Código de procedimiento penal, sobre la obli-
gación del secreto.
De hecho, sobre todo en los últimos años, han sido cada vez más fre-
cuentes las reiteradas intervenciones de los medios de comunicación y de los
políticos con críticas a la actuación de los magistrados. Cuando el C.S.M. ha
advertido el riesgo de que ello pudiera deslegitimar al magistrado en el ejer-
cicio de sus funciones concretas, ha abierto expedientes “para tutela” del
mismo, con los cuales, hecha una puntual reconstrucción de los aconteci-
mientos, ha confirmado la confianza en el magistrado todas las veces que no
han aflorado elementos de responsabilidad a cargo del mismo.
El articulo 114 ha tenido en cuenta las indicaciones del Tribunal consti-
tucional (sentencia n. 65/1965) que ha puesto en primer plano la necesidad
de prestar el máximo interés al principio fundamental, según el cual la infor-
mación pública debe ser garantizada siempre. El legislador, sin embargo, no
ha respetado plenamente la tesis del Tribunal, ya que este último, con sen-
172 Sistema Judicial italiano

tencia n. 59/1995, ha declarado ilegítimo el art. 114, párrafo 3 del Código de


procedimiento civil, en la parte que limitaba la publicidad de los actos incluí-
dos en el expediente para el debate, que por definición el juez tiene que
conocer. Pero la materia relativa a la delicada relación entre justicia e infor-
mación es, digamos, in fieri y como tal, objeto siempre de nuevas propuestas
de intervenciones normativas.

6. LAS DECISIONES DEL TRIBUNAL CONSTITUCIONAL.


El análisis de las solas normas, no llega a dar un cuadro exahustivo y sig-
nificativo del sistema introducido con la Constitución, si el análisis no es enri-
quecida con el examen de cómo estas normas hayan influído sobre la legisla-
ción ordinaria, a través de la obra concretizadora del Tribunal Constitucio-
nal. En particular, el Tribunal ha intervenido repetidamente sobre el tema del
juez natural y de la garantía de independencia de los jueces especiales, y tam-
bién sobre el derecho de defensa.
Hemos visto que los asuntos judiciales, generalmente, son confiados a
los magistrados ordinarios, que son reunidos en un orden autónomo e inde-
pendiente regido por el Consejo Superior de la Magistratura. La Constitu-
ción, en el artículo 103, prevé otros órganos judiciales con competencias
específicas: el Consejo de Estado y los demás órganos de justicia administra-
tiva para la tutela ante la administración pública, de los intereses legítimos y,
en particulares asuntos, de los derechos subjetivos; el Tribunal de Cuentas
para las materias de contabilidad pública y otras especificadas por la ley; los
tribunales militares, en tiempos de paz, para los delitos militares cometidos
por pertenecientes a las Fuerzas Armadas, y en tiempos de guerra, en el ámbi-
to de la jurisdicción establecida por la ley (parece que el Tribunal Constitu-
cional considere que la competencia del Tribunal Militar en tiempo de paz
pueda ser derogada por el legislador en favor de la magistratura ordinaria, en
caso de razones justificadas: sentencia n. 90/2000).
La Constitución ha prohibido la introdución de jueces especiales (art.
102 párrafo 2) y, en cuanto a los jueces especiales pre-existentes, ha estable-
cido, con la VI disposición transitoria, que, en los cinco años a partir de la
entrada en vigor de la Constitución, se hubiera procedido a la revisión de los
órganos especiales de jurisdicción existentes en el momento. Considerado
que los cinco años transcurrieron rápidamente sin que el legislador hubiese
procedido a la revisión, al Tribunal constitucional se le planteó un primer
problema de interpretación: el inútil transcurso de los cinco años, ¿había
convertido en inconstitucionales a todos los jueces especiales pre-existentes?
o bien, ¿permitía que estos quedasen en vida? El Tribunal ha optado por la
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 173

segunda solución, considerando que en la Constitución quedaba implícita-


mente reconocida su compatibilidad con el sistema. De esta manera, sin
embargo, se ha cargado con la labor ulterior de establecer si las leyes que
reglamentan cada jurisdicción aseguran suficientemente la independencia de
los jueces (tal y como reza el art. 108 párrafo segundo) y, al mismo tiempo,
fueran respetuosas de la exigencia de garantizar a los ciudadanos la plenitud
de la tutela jurisdiccional, exigencia expresada por las disposiciones combi-
nadas de los art. 24, párrafo 1, y 113 párrafo 2.
La Constitución, ha previsto un órgano de gobierno autónomo sólo para
la magistratura ordinaria. Para las demás jurisdicciones (administrativa, con-
table y militar) vale el art. 13, según el cual los respectivos ordenamientos
están sujetos a reserva de ley, a la que compete asegurar la independencia de
los jueces. Surge, así, también para éstos, la necesidad de sindicar si las
garantías son suficientes. Alguna duda planteada a propósito de los tribuna-
les militares ha sido considerada infundada por el Tribunal Constitucional (V.
sentencias n. 542/2000 y n. 166/1999).

A) Si la prohibición de introducir a un juez especial es el complemento


necesario de la garantía del juez tercero e independiente, también es cierto
que a menudo a la base de la creación del juez especial existe una exigencia
concreta, y no menospreciable: aquella según la cual la naturaleza de algunos
asuntos judiciales requiere que el juez tenga conocimientos técnicos y una
sensibilidad particular que, normalmente, los magistrados ordinarios no
poseen. Para satisfacer tal exigencia, el art. 102, párrafo 2, ha establecido que
“pueden ser instituídas, cerca de los órganos judiciales ordinarios, sólo sec-
ciones especializadas, para determinadas materias, incluso con la participa-
ción de ciudadanos idóneos, ajenos a la magistratura”.
De esta manera, la sección especializada es un juez ordinario aunque
esté compuesta de modo especial. La particularidad de dicha composición,
sin embargo, no debe ser tal que pueda rodear, de modo subrepticio, la
prohibición de introducir a jueces especiales. Por tanto, se ha planteado la
duda de si una composición con jueces togados institucionalmente en
minoría fuera compatible, o no, con el sistema. La respuesta ha sido afirma-
tiva, a condición de que otras características del funcionamiento de la sección
permitan considerar no eludida dicha prohibición (y a este fin, la clasificación
del juez especializado y el sistema de controles sobre sus decisiones tiene
especial relevancia). Por el contrario, el Tribunal ha considerado inconstitu-
cionales las normas que prevén la designación de los componentes ajenos “de
vez en vez” en ocasión de cada controversia (sentencia n. 83/1998). Las sec-
ciones especializadas más importantes, hoy en función, son: el Tribunal de
174 Sistema Judicial italiano

menores, los Tribunales regionales de las aguas, las Secciones especializadas


Agrarias, la Sección especial instituída cerca del Tribunal de Apelación de
Roma para intervenir sobre las reclamaciones contra las decisiones de los
comisarios liquidadores de los usos cívicos. Las secciones de los tribunales
que actúan como jueces de trabajo, no son ni jueces especiales ni secciones
especializadas; en efecto, no están compuestas de manera distinta de las
demás (y ello, aunque la ley dé específico relieve a las “secciones trabajo”
cerca de los tribunales y de los Tribunales de Apelación: V. art. 38 y 39 del
D.Lgs n. 51/1998, de 19 de Febrero).

B) Pasando más específicamente a las garantías del juez natural, el Tri-


bunal ha tenido que establecer si particulares institutos, contemplados en
nuestro ordenamiento, sean o no en contraste con dichos principios.
Uno de los primeros institutos llevados al exámen del Tribunal ha sido
el de la remisión del procedimiento penal a otro juez por motivos de orden
público o por legítima sospecha (artículos 55 y siguientes del. Código de pro-
cedimiento penal). Aunque el tribunal (sentencias n. 50/1973 y 109/1973)
haya considerado constitucionalmente legítima dicha disciplina, algunas cri-
ticables aplicaciones de la misma, indujeron al legislador a modificarla,
poniendo al tribunal de Casación unos vínculos más rigurosos para la elec-
ción del juez ad quem (un juez entre los del mismo distrito del mismo tribu-
nal de apelación, al que pertenece el juez originalmente competente, o bien
del distrito de un tribunal de apelación cercano: artículo 58, párrafo 3o, del
Código de procedimiento penal, modificado por el art. 1 L. 773/1973, de 15
de Diciembre). Hoy la materia es disciplinada ex novo por los art. 45 y
siguientes del nuevo Código de procedimiento penal.
Se ha dudado también de que las modificaciones de los criterios de com-
petencia – por ejemplo a través de la supresión de departamentos judiciales
o la modificación de las áreas territoriales de competencia – puedan llevar a
la violación del principio establecido por el artículo 25 de la Constitución. El
tribunal (sentencia n. 56/1967) ha considerado infundada dicha cuestión,
observando que la garantía del juez natural no puede comportar una cristali-
zación definitiva de las competencias ya existentes en el momento de la entra-
da en vigor de la Constitución, y que cambios de las exigencias concretas, y
claras razones de funcionalidad pueden imponer nuevas modificaciones de
los departamentos judiciales, con tal de que dichas modificaciones no se
efectúen en relación con cada específica controversia, sino con categorías
enteras de asuntos judiciales.
Siempre por contraste con el artículo 25, párrafo primero, se ha dudado
de que sea legítimo el poder de los jefes de los departamentos judiciales de sus-
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 175

tituir a un juez con otro, en caso de impedimento permanente de este último,


o bien de nombrar a un suplente, en caso de impedimento temporal. El tribu-
nal ha considerado infundada la cuestión, observando que no se puede elimi-
nar todo márgen de discrecionalidad en los jefes de los departamentos judi-
ciales cuando provén a las exigencias de tales departamentos, y que el impedi-
mento del magistrado que debe ser sustituído, o al que hay que suplir, es razón
objetiva suficiente para justificar el ejercicio del poder directivo (sentencias n.
156/1963 y n. 173/1970), siempre que tal poder se ejerza siguiendo criterios
prefijados y con decisiones motivadas (sentencias n. 392/2000 y n. 571/2000).
La materia, sin embargo, es muy delicada, como lo demuestra el hecho de que
el legislador haya intervenido varias veces (V. D.P.R. n. 449/1988; D.Lgs n.
273/1989; y L. n. 133/1998) sobre los artículos 97 y siguientes del ordena-
miento judicial, que regulan las suplencias y las aplicaciones.
Por las mismas razones se ha justificado el poder de los jefes, de estructu-
rar, predisponiendo cada año las llamadas ‘tablas’, los departamentos judiciales,
repartiéndolos en secciones, asignando a éstas los magistrados y estableciendo
las competencias internas (sentencia n. 146/1969 y sobre todo la n. 392/2000).
En particular, las ‘tablas’ bienales son propuestas por los presidentes de los tri-
bunales de Apelación, oídos los consejos judiciales, y son deliberadas por el
C.S.M. y luego transpuestas en un Decreto del Ministro de justicia (art. 7bis del
R.D. n. 12/1941, de 30 de Enero, añadido por el art. 3 del D.P.R. n. 449/1988,
de 22 de Septiembre, y luego modificado por el art. 6 del D.Lgs. n. 512/1998,
de 19 de Febrero, y por el art. 57 de la L. n. 479/1999, de 16 de Diciembre).
Otro poder de los jefes de los departamentos judiciales puesto en dis-
cusión, ha sido el de asignar cada cuestión a las secciones y/o jueces (la deno-
minada ‘comisión’).
El Tribunal ha considerado infundada la cuestión, observando que la
discrecionalidad atribuída a los jefes de los departamentos judiciales de pro-
veer a las exigencias de estos últimos puede ser delimitada, pero no puede ser
totalmente suprimida (V. sentencia n. 272/1998). En particular, reconocido
que existe, en línea general, inconciliabilidad entre preconstitución del juez y
discrecionalidad en orden a su concreta designación, se ha afirmado que el
poder discrecional de los jefes de los departamentos en la asignación de los
asuntos debe tener la única finalidad de satisfacer exigencias de servicio,
objetivas e imprescindibles, para hacer posible el funcionamiento del depar-
tamento y facilitar su eficiencia, quedando excluída cualquier otra finalidad
(sentencia n. 272/1998). Sobre la base de estas indicaciones, el problema se
divide en dos:
a) cúales puedan ser los modos para asegurar que el poder discrecional de
los jefes se ejerza en función de exigencias objetivas; b) cúales puedan ser las
176 Sistema Judicial italiano

consecuencias de un incorrecto ejercicio de tal poder. Considerado que sobre la


segunda cuestión es inevitable concluir en el sentido de que la eventual opción
incauta o incorrecta del poder discrecional no tiene consecuencias en el proce-
so, a menos que no se den razones de abstensión o de recusación del juez, se
tiende a hallar una solución a priori, anulando el poder discrecional en la distri-
bución de los asuntos mediante la adopción de criterios automáticos; y ello aun-
que la distribución automática, cualquiera que sea el criterio adoptado, pueda
dar lugar a inconvenientes de cierto alcance. El C.S.M., por tanto, ha interveni-
do con circulares limitativas del poder de los jefes de los departamentos, y algu-
nos de ellos, considerando vulnerada la esfera de sus atribuciones, ha planteado
conflicto de atribución. Al declarar inadmisible el conflicto, el Tribunal ha
subrayado que las competencias en orden a la designación de los magistrados
para conocer los procedimientos no afectan a la delimitación de la esfera de atri-
buciones determinada por normas constitucionales, teniendo su disciplina y
fundamento exclusivamente en normas de ley organizativas y de ordenación
(sentencia n. 90/1996). Los art. 3 y 4 del D.P.R., n. 449/1988, de 22 de Sep-
tiembre, y posteriores modificaciones, han incluído en la ley sobre el ordena-
miento judicial (el R.D. n. 12/1941)el ya recordado art. 7 bis y el art. 7 ter, dis-
ciplinando las materias de las tablas de los departamentos estructurados en sec-
ciones, del destino de cada magistrado a tales secciones, de la formación de los
colegios deliberantes y de los criterios para la asignación de los asuntos penales
y para la sustitución de los jueces imposibilitados. Y considerado que el artícu-
lo 33, párrafo 2, del Código de procedimiento penal, establece que dichas dis-
posiciones no se consideran pertinentes a la capacidad del juez, se ha levantado
cuestión de constitucionalidad, ya que se dudaba de que tal disciplina perjudi-
cara el dictado del art. 25 de la Constitución. El Tribunal, confirmando sus
directrices generales en la materia, ha rechazado la cuestión, observando que el
principio constitucional de la preconstitución del juez no implica que los crite-
rios de asignación de cada procedimiento en el ámbito del departamento com-
petente, sean configurados necesariamente como elementos constitutivos de la
capacidad general del juez (sentencia n. 419/1998, y 392/2000).

7. ALGUNAS INDICACIONES CONCLUSIVAS.


Estimamos que el lector de civil law no se sorprenda de la existencia de
una normativa tan detallada y minuciosa nacida con el objetivo de asegurar
la independencia, la autonomía y la imparcialidad de los jueces y que sabrá
también apreciar la atención meticulosa, quizás excesiva, con la cual el Tri-
bunal Constitucional ha intervenido, aclarando, precisando, integrando las
normas del derecho escrito.
Problematicas de aplicacion del sistema vigente 177

El resultado es un marco de “derecho viviente” que, probablemente, los


juristas del common law podrán comprender con mucha dificultad. Esto
depende de la profunda diferencia entre los dos sistemas incluso respecto a
la administración de la justicia. En Inglaterra, por ejemplo, los nombramien-
tos (y la carrera) de los magistrados son de competencia del Lord Canciller y
para los cargos más altos, el Primer ministro y el Rey, sobre la base de proce-
dimientos absolutamente discrecionales, y existen mecanismos de control
disciplinario sobre los jueces que son totalmente informales. Los mismos
ingleses reconocen que ello podría ser motivo para que el Gobierno o los
poderes fuertes ejerzan presiones indebidas sobre el poder judicial, pero
aceptan el riesgo sobre la base de un razonamiento que el jurista continental
jamás podría compartir. El sistema – dicen – se basa sobre la confianza, y los
magistrados, hasta ahora, han correspondido a esta confianza, conscientes de
que si se comportasen en un modo criticable, terminarían por comprometer,
empezando por ellos mismos, su independencia.
Por otra parte – añaden – ninguna tutela constitucional puede impedir
que los miembros del Gobierno de un País ejerzan presiones o influencias
sobre el poder judicial si la cultura del pueblo lo permite, y en Inglaterra la
independencia de los jueces no es mero eslogan, sino un principio profunda-
mente imprimido en la conciencia de todos.
Y en América las cosas no son muy diferentes. Hace pocos años, en éste
País, se ha creado una Comisión para estudiar eventuales innovaciones de las
reglas sobre la disciplina y la destitución de los jueces federales. La ocasión
fue ofrecida por el hecho de que antes de 1983 ningún juez federal había sido
acusado de delitos y que a partir esa fecha cinco jueces fueron acusados y
cuatro condenados (evolución que los estadounidenses habían relacionado
también con el rápido aumento del número de los jueces federales). Pues
bien, esta Comisión, concluyendo sus trabajos en Julio de 1993, ha concluí-
do que el sistema vigente no debe ser reformado, manifestando un estandard
constitucional absolutamente adecuado a sus finalidades.
Sobre la base de estas breves referencias es inevitable concluir que la
verdadera diferencia entre sistemas de civil law y sistemas de common law se
halla en una diferencia cultural en cuanto al tema de la independencia y de la
imparcialidad del poder judicial. En los sistemas de civil law la exigencia de
una reglamentación minuciosa y analítica nace de una actitud cultural de des-
confianza hacia el prójimo y, en el caso específico, hacia los magistrados, que
se tiende a colmar a través de reglas impuestas y a procedimientos preesta-
blecidos. En los sistemas de commom law no se advierte esta exigencia, y se
trata, en cambio, de hallar la manera de que sean nombrados jueces que
merezcan la confianza en ellos depositada.
178 Sistema Judicial italiano

Las dos culturas ¿podrán alguna vez homologarse entre sí? La evolución
de las instituciones de justicia tiende a la uniformidad ya que, hoy, somos
cada vez más ciudadanos de Europa, y mañana lo seremos del mundo. Esto
nos autoriza a esperar que la homologación se produzca y, de todas maneras,
nos impone trabajar para que en un futuro no muy lejano se traduzca en rea-
lidad.

A cargo del Vicepresidente, Profesor Giovanni Verde.


Das italienische Justizsystem
Der vorliegende Band ist die auf den neuesten Stand
gebrachte Ausgabe der vorhergehenden, 1999 veröffent-
lichten Auflage und verfolgt weiter die Absicht, eine
rasche Information darüber zu bieten, wie die Justiz in Ita-
lien organisiert ist.
Den ersten Teil bildet eine kurz gefasste Darstellung
des geltenden Systems, während der zweite einen ersten
Überblick über die Probleme gibt, die sich in der Praxis
stellen. Im letzten Teil werden die wichtigsten Gesetze
angeführt.

Convento di S. Agostino, sede dell’Avvocatura Generale dello Stato.


ERSTER TEIL
GESETZLICHE VORSCHRIFTEN IM BEREICH DER
GERICHTSVERFASSUNG SOWIE DER ORGANISATION
UND FUNKTIONSWEISE DER AUFSICHTSBEHÖRDE
DER GERICHTE

1. DIE JURISDIKTION IN DER VERFASSUNG.

1.1. Die Jurisdiktion. – Die Verfassung gestaltet das System der Verteilung der Rechtsprechung
in folgender Weise.
1.2. Die Verfassungsgerichtsbarkeit . – Sie obliegt dem aus 15 Richtern bestehenden
Verfassungsgericht: diese werden zu einem Drittel vom Präsidenten der Republik ernannt, ein Drittel
wird vom Parlament in Sitzung mit vereinten Kammern und ein Drittel von den Richtern an den
obersten ordentlichen und Verwaltungsgerichten bestellt (Art. 135 Verf.)

***
Das Verfassungsgericht entscheidet (Art. 134 Verf.):
a) über Streitigkeiten hinsichtlich der Verfassungsmäßigkeit von Gesetzen und Maßnahmen des
Staates und der Regionen mit Gesetzeskraft;

b) über Zuständigkeitskonflikte zwischen den Staatsgewalten und über die zwischen Staat und
Regionen sowie zwischen Regionen;

c) über gegen den Präsidenten der Republik nach Maßgabe der Verfassung erhobene Anklagen
(vgl. Art. 90 Verf.).

***
Die Kontrolle der Verfassungsmäßigkeit der Gesetze kann auf dem Hauptweg von hierzu
ausdrücklich berechtigten Subjekten (Staat, Regionen, autonome Provinzen) (vgl. §§ 37-47
Verfassungsgesetz vom 11.März 1953, Nr. 87) angestrengt werden oder auf dem Nebenweg durch
einen Richter, der im Laufe eines Verfahrens die Verfassungsmäßigkeit des auf den konkreten Fall
anzuwendenden Gesetzes für zweifelhaft hält.
Die Frage der Verfassungsmäßigkeit muss in diesem letzten Falle für die Entscheidung in dem
Verfahren von erheblicher Bedeutung sein und darf nicht offensichtlich unbegründet sein (vgl. § 1
Verfassungsgesetz vom 9.Februar 1948, Nr. 1; §§ 23-30 Verfassungsgesetz vom 11.März 1953, Nr.
87).

1.3. Die ordentliche Gerichtsbarkeit. – Die ordentliche Gerichtsbarkeit wird von ordentlichen
Richtern ausgeübt, die als solche gelten, da sie gemäß den Bestimmungen der Gerichtsverfassung
eingesetzt werden und ihnen unterworfen sind (Art. 102 Verf.; §§ 1 und 4 Kgl. Dekret vom 30.Januar
1942, Nr. 12). Ihre Verschiedenheit von den anderen Richtern rührt aus dem von der Verfassung
vorgesehenen Vorbehalt ihrer Unabhängigkeit (Art. 101 104 Verf.) und auch daher, dass sie der Gewalt
des Consiglio superiore della magistratura (“Oberster Richterrat” = Aufsichtsbehörde der Gerichte –
im folgenden: CSM) unterstehen, der das Selbstverwaltungsorgan der Richterschaft ist (zu seiner
Errichtung und Funktionsweise siehe Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195, und Dekret des Präsidenten
der Republik vom 16.September 1958, Nr. 916).

***
Die ordentliche Gerichtsbarkeit ist in zwei Bereiche unterteilt: den der Strafgerichtsbarkeit, deren
Gegenstand die Entscheidung über die Begründetheit oder Unbegründetheit der strafbaren Handlung
ist, die der Staatsanwalt gegen eine bestimmte Person angestrengt hat, sowie den der Zivilge-
richtsbarkeit, deren Aufgabe der rechtliche Schutz der sich aus den Beziehungen zwischen
Privatpersonen oder zwischen diesen und der öffentlichen Verwaltung ergebenden Rechte ist, wenn
diese bei der Wahrnehmung ihrer Aufgaben das subjektive Recht einer anderen Person verletzt.
Das Strafverfahren wird von einem ebenfalls der ordentlichen Richterschaft angehörenden
Mitglied der Staatsanwaltschaft angestrengt (Art. 107 letzter Abs. Verf.).
Das Zivilverfahren kann von jedem öffentlichen oder privaten, dann als Kläger bezeichneten
Subjekt gegen ein anderes Subjekt angestrengt werden, das dadurch zum Adressaten der Klage und als
Beklagter bezeichnet wird.
Die Zivil- und Strafverfahren werden durch zwei eigene Sammlungen von Verfahrensvorschriften
geregelt: die Zivilprozessordnung und die Strafprozessordnung.
Der Zivilprozess wurde durch ein Gesetz aus dem Jahre 1990 (Nr. 353 vom 26.November) mit
Wirkung vom 30.April 1995 teilweise geändert mit dem Ziel, seine Verhandlung schneller und
effizienter zu machen. Die gegenwärtige Struktur gliedert den Verfahrensablauf in Sitzungen, die
respektive der Feststellung der ordnungsgemäßen Gestaltung des Prozessrechtsverhältnisses, der
Verhandlung der Sache und dem Versuch einer Schlichtung gewidmet sind, sowie der
Beweisaufnahme, der Schlussverhandlung und der Entscheidung.
Die Strafprozessordnung dagegen wurde 1988 vollständig neu gestaltet und ist von einem System,
das die Ermittlung geprägt hatte, zu einem System übergegangen, das tendenziell die Anklage betont
und unter anderem den Prinzipien der Parität von Anklage und Verteidigung und der mündlichen
Beweisführung vor dem Richter in öffentlicher Verhandlung folgt (vgl. Gesetz vom 16.Februar 1987,
Nr. 81, das den Auftrag zum Erlass der neuen Strafprozessordnung enthält). Nach zahlreichen
gesetzgeberischen Eingriffen, die mit der Zeit unter mehreren Aspekten den Anklagecharakter des
Verfahrens im Namen von Bedürfnissen nach einem Schutz der Gesellschaft vor dem Organisierten
Verbrechen abgeschwächt hat, hat die jüngste Änderung des Art. 111 Verfassung, die mit dem
Verfassungsgesetz vom 23.November 1999, Nr. 2, vorgenommen wurde, das an der Anklage inspirierte
Prinzip der Beweisführung in streitiger Verhandlung ausdrücklich bestätigt und den Schutz des Rechts
auf Beweis des Angeklagten unantastbar gemacht.
Die Reform des Art. 111 Verfassung betrifft alle Verfahren – Zivil- und Strafprozesse wie auch
Verfahren an Verwaltungs- oder Finanzgerichten – in den Teilen, in denen er die Regel des gerechten
Verfahrens ausdrücklich garantiert, nach der jedes Verfahren in streitiger Verhandlung zwischen den
Parteien unter den Bedingungen der Parität vor einem unparteiischen Richter stattfindet und eine
angemessene Dauer haben muss.
Das Recht auf die angemessene Verfahrensdauer hat vor kurzem mit dem Gesetz vom 24.3.2001,
Nr. 89, das den Parteien das Recht zugesteht, im Falle seiner Verletzung vom Staat eine billige
finanzielle Entschädigung zu fordern, ausdrückliche Anerkennung erfahren.

Die ordentliche Gerichtsbarkeit wird von “Berufsrichtern” und “ehrenamtlichen Richtern”


gepflegt, die gemeinsam die Richterschaft bilden (§ 4 Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12).
Im Einzelnen setzt sich die Richterschaft zusammen aus: den Gerichtsreferendaren, den Richtern
aller Dienstgrade an den Amts- Land-, Berufungs- und Kassationsgerichten sowie den Angehörigen der
Staatsanwaltschaft. Zur Richterschaft gehörten ferner als ehrenamtliche Richter die Schiedsrichter und
stellvertretenden Schiedsrichter (diese mittlerweile abge schafften Stellen laufen mit den gegenwärtigen
Amtsinhabern aus); ehrenamtliche Richter sind heute die Friedensrichter (Gesetz vom 21.November
1991, Nr. 374; Dekret des Präsidenten der Republik vom 28.August 1992, Nr. 404), die im zivil- wie
im strafgerichtlichen Bereich für die der Rechtsprechung der Berufsrichter entzogenen Sachen
zuständig sind, die beigeordneten ehrenamtlichen Richter (Gesetz vom 22.Juli 1997, Nr. 276; Geset-
zesverordnung vom 21.September 1998, Nr. 328, in Gesetz umgew. mit Gesetz vom 19.November
1998, Nr. 221), die die so gen. Liquidationssektionen bilden, die zur Aufarbeitung der bis zum 30.April
1995 anhängigen Zivilverfahren errichtet wurden, die ehrenamtlichen Richter an Landgerichten (die
sogen. g.o.t. = giudici onorari di tribunale) zur Unterstützung der urteilenden Richter und die
ehrenamtlichen stellvertretenden Staatsanwälte (die so gen. v.p.o. = vice procutatori onorari) bei den
Untersuchungsbehörden, die Experten des Gerichts und der Jugendkammer des Berufungsgerichts, die
Schöffenrichter der Schwurgerichte (Gesetz vom 10.April 1951, Nr. 287), die Experten des Gerichts
für die Strafvollzugsüberwachung (vgl. § 70 Gesetz vom 26.Juli 1975, Nr. 354) und der
Landwirtschaftsfachkammer (vgl. §§ 2-4 Gesetz vom 2.März 1963, Nr. 320).
Derzeit wird die Rechtspflege in Zivil- und Strafsachen von dem Frie densrichter, dem
Landgericht, dem Berufungsgerichtshof, dem Obersten Kassationsgerichtshof, de m Jugendgericht, dem
Strafvollzugsüberwachungs richter und dem Überwachungsgericht wahrgenommen (§ 1 Kgl. Dekret
vom 30.Januar 1941, Nr. 12).
Mit der Reform, die den Einzelrichter für alle Verfahren der ersten Instanz einführte
(Gesetzesverordnung vom 19.Februar 1998, Nr. 51), ist durch die Abschaffung der Gestalt des
Amtsrichters und die Übertragung seiner Zuständigkeiten an das Landgericht die Umstrukturierung der
erstinstanzlichen Gerichtsbehörden vollzogen worden, die heute sowohl eine monokratische Struktur
aufweist für die weniger komplexen Fälle, als auch eine kollegiale Struktur für die Fälle größerer
Komplexität. Entsprechend wurde die Staatsanwaltschaft des Amtsgerichts abgeschafft und ihre
Aufgaben der Staatsanwaltschaft des Landgerichts übertragen. In diesem Rahmen haben die
ehrenamtlichen Richter, die ihren Dienst beim nunmehr abgeschafften rechtsprechenden Organ (dem
Amtsgericht) leisteten, ihre Benennung von “ehrenamtlicher stellvertretender Amtsrichter” in
“ehrenamtlicher Richter am Landgericht” geändert.

1.4. Die Sondergerichtsbarkeiten. – Die Verfassung verbietet die Einsetzung von neuen
“außerordentlichen oder besonderen” Richtern, während im Bereich der ordentlichen Gerichtsbarkeit
die Errichtung spezialisierter Kammern für bestimmte Sektoren zulässig ist, die durch die gleichzeitige
Anwesenheit im selben rechtsprechenden Organ von Mitgliedern der ordentlichen Richterschaft und
von nicht der Richterschaft angehörenden, jedoch fachlich kompetenten Bürgern gekennzeichnet sind
(z.B. die Landwirtschaftsfachkammern) (Art. 102 Verf.).

***
Es sind jedoch auch Sonderrichter vorgesehen, und zwar die Verwaltungsrichter, die Richter am
Rechnungshof sowie die Militärrichter, die es bereits vor dem Inkrafttreten der Verfassung gegeben hat
(Art. 103 Verf.).

***
Der Rechnungshof setzt sich aus Richtern mit besonderem Fachwissen im Rechnungswesen
zusammen, und beim Rechnungshof ist eine Generalstaatsanwaltschaft eingerichtet, die mit
Untersuchungsaufgaben betraut ist. Die Rechnungsgerichtsbarkeit ist erst vor kurzem reformiert
worden, wobei unabhängige rechtsprechende und untersuchende Kammern auf regionaler Ebene
errichtet wurden.
Der Präsidialrat dieses Gerichtshofs ist sein Selbstverwaltungsorgan.
Abgesehen von der Zuständigkeit für die präventive Kontrolle der Rechtmäßigkeit zahlreicher
Handlungen der Regierung und anderer staatlicher Organe sowie für die nachträgliche Kontrolle der
Haushaltsführung und der Verwaltung des Staatsvermögens durch die öffentlichen Stellen ist dem
Rechnungshof die Beurteilung der Rechnungsführung der öffentlichen Hand, der Rentenanstalten und
der Rechnungsführung anvertraut, für die die Angestellten und Beamten des Staates oder anderer
öffentlicher Einrichtungen verantwortlich zeichnen.

***
Die Militärrichter, denen die Zuständigkeit übertragen ist, über die von den Angehörigen der
Streitkräfte begangenen Militärdelikte Recht zu sprechen, sind ein von der ordentlichen Richterschaft
verschiedener Richterstand mit eigenem Selbstverwaltungsorgan, dem Obersten Rat der Militärrichter-
schaft.

***
Die Verwaltungsgerichtsbarkeit ist einer Gruppe von ebenfalls von den ordentlichen Gerichten
verschiedenen Organen anvertraut: den regionalen Verwaltungsgerichten als Richter der ersten Instanz
und dem Staatsrat als Richter in zweiter Instanz.
Das Selbstverwaltungsorgan der Verwaltungsrichter ist der Präsidialrat der
Verwaltungsrichterschaft, der sich neben dem Präsidenten des Staatsrats, aus vier Richtern des
Staatsrats und sechs Richtern der regionalen Verwaltungsgerichte auch aus Laienmitgliedern
zusammensetzt, d.h. vier Bürgern, von denen unter den ordentlichen Universitätsprofessoren des
Faches Jurisprudenz oder unter den Rechtsanwälten mit zwanzigjähriger Berufserfahrung zwei vom
Parlament und zwei vom Senat der Republik mit absoluter Mehrheit gewählt werden. Dem Organ
gehören auch stellvertretende Mitglieder an, die unter den Richtern des Staatsrats und der regionalen
Verwaltungsgerichte ausgewählt werden. Die gegenwärtige Zusammensetzung mit der Anwesenhe it
von Laienmitgliedern geht auf die jüngste Änderung des § 7 Gesetz vom 27.April 1982, Nr. 186,
zurück, das die Ordnung der Verwaltungsgerichtsbarkeit enthält und durch das Gesetz vom 21.Juli
2000, Nr. 205, und insbesondere durch § 18 eingeführt wurde.
Der Verwaltungsrichter nimmt die Prüfung der Rechtmäßigkeit der Verwaltungshandlungen vor
(ohne jedoch in der Sache zu urteilen, d.h. ohne auf ihre Zweckmäßigkeit einzugehen): die Klage vor
dem Organ der Verwaltungsgerichtsbarkeit gestattet es, die gerichtliche Aufhebung einer
Verwaltungshandlung zu erreichen, die wegen Nicht-Zuständigkeit, Gesetzesverletzung oder
Zuständigkeitsüberschreitung als fehlerhaft ein gestuft wird.
Allgemein wird der Zuständigkeitsbereich von ordentlicher und Verwaltungsgerichtsbarkeit über
die Bezugnahme auf die vor Gericht geltend gemachte, subjektive Position – Rechtsanspruch oder
berechtig tes Interesse – festgestellt: die Verwaltungsgerichtsbarkeit ist (mit Aus nahme besonderer, der
ausschließlichen Rechtsprechung des Verwaltungsrichters vorbehaltener Bereiche, die zuletzt mit dem
Gesetz vom 21.Juli 2000, Nr. 205, vermehrt worden sind) der Richter des berechtigten Interesses.

Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Verfassung, Art. 90, 101-113, 134-137
– Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12
– Gesetz vom 21.November 1991, Nr. 374
– Gesetzesverordnung vom 19.Februar 1998, Nr. 51, §§ 1-48
– Gesetz vom 27.April 1982, Nr. 186, § 7
– Gesetz vom 21.Juli 2000, Nr. 205, § 18
– Gesetz vom 24.März 2001, Nr. 89

2. DIE VERFASSUNGSMÄSSIGE STELLUNG DER ORDENTLICHEN GERICHTSBARKEIT.

2.1. Unabhängigkeit und Autonomie. – Gemäß Verfassung ist die Richterschaft ein von jeder
anderen Gewalt unabhängiger und autonomer Stand (Art. 104 Verf.)
Die Autonomie bezie ht sich auf die organisatorische Struktur.
Sie besteht gegenüber der Exekutivgewalt, da die Unabhängigkeit der Richterschaft beeinträchtigt
würde, wenn die Entscheidungen über den beruflichen Aufstieg und den allgemeinen Status der Richter
der Exekutive zustünden. Die Verfassung hat hingegen die Personalverwaltung der Richterschaft
(Versetzungen, Beförderungen, Zuweisung von Ämtern und Disziplinarmaßnahmen) einem
Selbstverwaltungsorgan übertragen (Art. 105 Verf.): Der CSM ist also der Garant der Unabhängigkeit
der Judikative.
Diese Autonomie besteht auch gegenüber der Legislative, und zwar in dem Sinne, dass der Richter
allein dem Gesetz unterworfen ist (Art. 101 Verf.).
Die Unabhängigkeit bezieht sich auf den praktischen Aspekt der rechtsprechenden Tätigkeit. Sie
betrifft nicht die Richterschaft in ihrer Gesamtheit – die, wie vorstehend erläutert, bereits durch die
Autonomie abgesichert ist –, sondern den einzelnen Richter im Augenblick der Ausübung der Recht-
sprechung.
Die Unabhängigkeit begründet und verwirklicht sich in Verbindung mit dem anderen
Verfassungsprinzip, dass der Richter allein dem Gesetz unterworfen ist und das die Rückführung der
Jurisdiktion auf die Volkssouveränität vollzieht.

***
Unabhängigkeit und Autonomie sind Prinzipien, die die Verfassung auch dem Staatsanwalt
zuerkennt (Art. 107 und 112 Verf.), insbesondere dort, wo die Strafverfolgungspflicht festgeschrieben
ist.
Gerade diese Pflicht zur strafrechtlichen Verfolgung trägt ja dazu bei, nicht nur die
Unabhängigkeit des Staatsanwalts bei der Ausübung seines Amtes, sondern auch die Gleichheit der
Bürger vor dem Strafgesetz zu gewährleisten.
Die Autonomie und Unabhängigkeit des Staatsanwalts sind des Weiteren besondere Merkmale
hinsichtlich der “internen” Amtsbeziehungen, wobei der Einheitscharakter dieser Behörde und die
Weisungsbefugnis des dem Amt vorstehenden Staatsanwalts gegenüber den ihr angehörenden zweiten
Staatsanwälten zu berücksichtigen ist (vgl. § 70 Kgl. Dekret vom 30.Janu-ar 1941, Nr. 12).

2.2. Unabsetzbarkeit. – Die Richter haben auch die Garantie ihrer Unabsetzbarkeit.
Die Unabhängigkeit der Richter könnte in der Tat durch die Möglichkeit der Freistellung vom
Dienst oder die Versetzung von einem Ort an einen anderen stark beeinträchtigt werden.
Um dies zu vermeiden, schreibt die Verfassung vor, dass die Suspendierung, die Freistellung
vom Dienst und die Versetzung eines Richters allein von der Aufsichtsbehörde der Richterschaft
entweder mit seiner Zustimmung oder aber aus vom Gerichtsverfassungsgesetz vorgesehenen Gründen
und mit den dort festgelegten Garantien beschlossen werden kann.
In der Regel kann ein Richter daher nur mit seiner Zustimmung vorbehaltlich des Beschlusses
des CSM an einen anderen Amtssitz versetzt oder anderen Aufgaben zugewiesen werden. Diese
Maßnahme wird nach dem Entscheid eines Bewerbungsverfahrens unter den Anwärtern getroffen.
Dieses Verfahren beginnt mit der Veröffentlichung der freien Stellen und der Erstellung einer Rangliste,
die Dienstalter, Familien- oder Gesundheitsgründe und fachliche Eignungen berücksichtigt (die
Verfahrensweise ist Gegenstand eines speziellen Rundschreibens des Selbstverwaltungsorgans:
Rundschreiben Nr. 15098 vom 30.November 1993 und nachfolgende Änderungen).

***

Die Fälle, in denen eine Versetzung von Amts wegen ausnahmsweise zulässig ist, sind bindend.
Hierzu sollen, abgesehen von der ersten Stellenzuweisung für Gerichtsreferendare, die Fälle
aufgezeigt werden, in denen die amtlich verfügte Versetzung darauf abzielt, den Interessen der
Verwaltung an der Besetzung bestimmter Stellen zu genügen: man denke vor allem an die §§ 4 ff.
Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570 und nachfolgende Änderungen, bezüglich der amtlich verfügten
Besetzung der Richterstellen am Berufungsgericht, für die es keine Anwärter gibt; an § 10 Gesetz vom
20.Dezember 1973, Nr. 831, über die amtlich verfügte Zuweisung von Kassationsaufgaben; sowie an
§§ 3 ff. Gesetz vom 16.Oktober 1991, Nr. 321 und nachfolgende Änderungen, über die amtlich
verfügte Versetzung an freie Stellen, für die es keine Anwärter gibt; an § 1 Gesetz vom 4.Mai 1998, Nr.
133, bezüglich der Besetzung ungünstig gelegener Gerichtssitze in Süd- und Inselitalien, die
bekannterweise wenig begehrt und stets frei sind.
Zusätzlich zu dem Fall, in dem die Dienststelle eines Richters aufgelöst wird (§ 2, Abs. III der
Kgl. Gesetzesverordnung 511/46), hat der CSM auch dann die Befugnis, einen Richter von Amts
wegen zu versetzen, wenn dieser „aus unverschuldeten Gründen an seiner Dienststelle nicht in der
Lage ist, sein Amt unabhängig und unparteiisch auszuüben“ (§ 2, Abs. II der Kgl. Gesetzesverordnung
511/46): In diesem Fall ist die Abweichung vom Prinzip der Unabsetzbarkeit durch das als
vorherrschend geltende Bedürfnis der Sicherstellung einer unabhängigen und unparteiischen Ausübung
der Rechtsprechung angemessen gerechtfertigt, die hingegen bei einem Verbleiben des Richters an
jener Dienststelle gefährdet wäre.
Besonders wichtig ist es hierbei hervorzuheben, dass diese Art der amtlich verfügten
Versetzung einzig für die Situation vorgesehen ist, in der eine „objektive Verhinderung“ des Richters
an der Ausübung seiner Aufgaben an einer bestimmten Dienststelle besteht, während von Gründen, aus
denen eine „Schuld“ des Richters ersichtlich wäre, ganz abgesehen wird.
Die Versetzung wird als Ergebnis eines Verwaltungsverfahrens verfügt, das zwar durch die
Berichterstattung von Dienststellenleitern oder Anzeigen durch Bürger initiiert wird, jedoch gänzlich
CSM-intern abläuft und aus dem eine verwaltungsbehördliche Maßnahme hervorgeht, mit der dem
Richter eine neue Dienststelle zugewiesen wird. Gegen diese Entscheidung kann der Richter Einspruch
bei der Verwaltungsgerichtsbarkeit einlegen.

Diese Art der Versetzung aufgrund schuldloser Unvereinbarkeit mit der Umgebung
unterscheidet sich grundlegend sowohl von der amtlich verfügten Versetzung als Disziplinarstrafe
gemäß § 13, Abs. 1 der Gesetzesverordnung 109/2006 als auch von der provisorischen
Sicherungsmaßnahme gemäß § 13, Abs. 2 der Gesetzesverordnung 109/2006, welche im Rahmen
eines Dis ziplinarverfahrens gegen einen Richter verhängt werden kann, falls schwerwiegende Elemente
für die Stichhaltigkeit der Disziplinarklage sprechen und Gründe besonderer Dringlichkeit vorliegen.
Im ersten Fall folgt die Strafe auf die Feststellung einer schuldhaften Verantwortung des
Richters (d.h. mit Anerkennung einer Schuld) in einem Disziplinarverfahren, das auf ein
Rechtsprechungsverfahren gegen den Richter folgt und mit einem Urteil der Disziplinarkammer des
CSM endet. Gegen dieses Urteil kann bei den Vereinten Kammern des Kassationsgerichtshofs
Berufung eingelegt werden.
Im zweiten Falle gestaltet sich die amtlich verfügte Versetzung als regelrechte
Sicherungsmaßnahme im Laufe eines Disziplinarverfahrens gegen den Richter, welche einer
zukünftigen Verurteilung vorgreift. Sie wird vom Generalstaatsanwalt am Kassationsgerichtshof
beantragt und in einem Zwischenschritt des Verfahrens mit Verordnung der Disziplinarkammer des
CSM verfügt, gegen die beim Kassationsgerichtshof Einspruch erhoben werden kann.

***
2.3. Unparteilichkeit und im Voraus festgelegte Zuständigkeit. – Die Verfassungsordnung gewährt
der Jurisdiktion weitere Garantien. Inbesondere wird durch das Prinzip der im Voraus durch Gesetz
festgelegten Zuständigkeit des Richters (Art. 25 Verf. ) einerseits ein absoluter Geset zesvorbehalt
hinsichtlich der richterlichen Zuständigkeit geschaffen und zugleich verboten, dass die richterliche
Zuständigkeit durch zweitrangige Quellen oder nicht legislative Akte bestimmt wird; andrerseits ist
vorgeschrieben, dass der zuständige Richter unter Bezug auf die dem zu beurteilenden Tatbestand
vorausgehende Situation bestimmt und so verhindert wird, dass der Richter nachträglich ernannt wird.
Mit dem Prinzip des gesetzlichen Richters, der per Gesetz im Voraus bestimmt wird, wird zugleich
auch die Unparteilichkeit dessen gewährleistet, der die Rechtsprechung ausübt.
Zu diesen Prinzipien kommt die Gerichtsverfassungsvorschrift bezüglich der Erstellung der
Amtstabellen hinzu, in denen der Einsatz der einzelnen Richter und die Zuweisung der
Geschäftssachen festgelegt werden (vgl. §§ 7 ff. Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12; vgl. ferner
die spezifische, vom CSM eingeführte Regelung: zuletzt mit Rundschreiben Nr. 8873 vom 21.Mai
1997).
Zu den Prinzipien der Unparteilichkeit und der im Voraus festgelegten Zuständigkeit stehen die
Institute des Einsatzes (vgl. insbesondere § 110 Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12, sowie die
detallierte Regelung im Rundschreiben des CSM Nr. 7704 vom 2.Mai 1991) und der Vertretung (vgl.
insbesondere §§ 97, 105 und 109 Kgl. Dekret Nr. 12/1941, sowie die detaillierte Regelung im
Rundschreiben des CSM Nr. 7704 vom 2.Mai 1991) nicht in Widerspruch, die das Ziel haben,
eventuellen Mangelsituationen in einzelnen Justizbehörden durch die Verwendung anderer Richter zu
begegnen, die gewöhnlich ihren Dienst an anderen Behördenstellen oder, jedoch mit anderen Aufgaben
betraut, an derselben Behörde verse hen. Unter diesem Aspekt sei vielmehr auf das Gesetz vom 4.Mai
1998, Nr. 133 verwiesen, das wichtige Neuerungen für eine Verbesserung der Justizdienste enthält.
Darunter kommt der Schaffung der so genannten “innerbezirklichen Tabellen” der Justizbehörden
besondere Bedeutung zu. Diese Tabellen ersetzen keineswegs die bereits für die einzelnen Behörden
üblicherweise vorgesehenen (vgl. § 7-bis Kgl. Dekret Nr. 12/1941), sondern werden zusätzlich dazu
aufgestellt, um einen flexibleren und weiter reichenden Einsatz der Richter an einer größeren Anzahl
von Justizbehörden zu ermöglichen (all denen, die im Bereich desselben Bezirks “zusammengefasst”
sind), auch über den Rückgriff auf ebenfalls innovative Methoden wie die “gleichzeitige Zuteilung”
desselben Richters an mehrere Justizbehörden und die “innerbezirkliche Vertretung” (cfr. § 6 zit.
Gesetz). Es handelt sich um Institute, die stark mit den bereits erwähnten des Einsatzes und der
Vertretung vergleichbar sind, durch die der Gesetzgeber ein effizienteres System zu schaffen
beabsichtigt, um dem nicht seltenen Personalmangel und/oder der Verhinderung der Amtsinhaber zu
begegnen und dabei die Einsatzmöglichkeiten des vorhandenen Justizpersonals quantitaiv und
qualitativ auszuweiten.
Stets unter dem Aspekt, den organisatorischen Schwierigkeiten der Justizbehörden wirksam zu
begegnen, die sich als Konsequenz aus der zeitweisen Abwesenheit von Richtern ergeben, hat das
jüngste Gesetz vom 13.Februar 2001, Nr. 48, das das Zugangssystem zur Richterlaufbahn reformiert
und den Personalbestand um 1000 Stellen erhöht hat, bei jedem Berufungsgericht den Stellenplan der
im Bezirk tätigen Richter geschaffen, um in den Fällen von Abwesenheit im Amt die Richter des
Bezirks zur Vertretung einsetzen zu können. Die Fälle, in denen der Einsatz des Bezirksrichters
gestattet ist, sind die Abwesenheit wegen zeitweiliger Beurlaubung aus Krankheits- oder anderen
Gründen, wegen gesetzlichem oder wahlfreiem Schwangerschafts- oder Mutterschaftsurlaub oder
wegen anderer Gründe, die das Gesetz vom 8.März 2000, Nr. 53, regelt (es enthält die Vorschriften für
die Unterstützung bei Mutter- und Vaterschaft), wegen der Umwand lung in eine andere Stelle nicht
unmittelbar mit dem Vollzug der Versetzungsmaßnahme eines anderen Richters auf die unbesetzt
gelassenen Stelle, wegen vorsorglicher Suspendierung aufgrund eines schwebenden Strafoder
Disziplinarverfahrens, sowie wegen Befreiung von gerichtlichen Tätigkeiten wegen der Teilnahme an
der Prüfungskommission des Concorso (Anm.d.Ü.: das Prüfungs- und Auswahlverfahren auf nationaler
Ebene für eine – meist – festgelegte Anzahl von Stellen) für Gerichtsreferendare.
Die zahlenmäßige Iststärke des Personalbestands der Richter eines Bezirks wird nach Anhören des
Obersten Richterrats unter Bezug auf die statistischen Abwesenheitsmittelwerte für jeden Bezirk in den
drei Jahren vor Inkrafttreten des Gesetzes mit einem Dekret des Justizministers festgelegt und
unterliegt alle zwei Jahre einer Revision, die stets auf der Grundlage der statistischen
Abwesenheitsmittelwerte der vorausgehenden zwei Jahre erfolgt.

2.4. Strafverfolgungspflicht. – Die Gewährleistung der Unabhängigkeit des Staatsanwalts wird


auch über die Festschreibung der Strafverfolgungs pflicht (Art. 112 Verf.) gesichert. Dieses Prinzip ist
in dem Sinne zu verstehen, dass der Staatsanwalt, sobald er von einer Straftat Kenntnis erhalten hat,
dazu angehalten ist, Ermittlungen durchzuführen, und er ist verpflichtet, die Ergebnisse dieser
Ermittlungen dem Richter zur Beurteilung vorzulegen und dabei seine Anträge zu formulieren. Dies hat
sowohl dann zu erfolgen, wenn er die Einstellung der Ermittlungen zu beantragen beabsichtigt, da sich
die Tatmeldung als unbegründet erwiesen hat, als auch dann, wenn er der Auffassung ist, gegen eine
bestimmte Person wegen einer bestimmten Straftat vorgehen zu müssen.
Wie bereits angesproc hen trägt die Strafverfolgungspflicht dazu bei, nicht nur die Unabhängigkeit
des Staatsanwalts bei der Ausübung seines Amtes, sondern auch die Gleichheit der Bürger vor dem
Gesetz zu gewährleisten.

Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Kgl. Dekret vom 31.Mai 1946, Nr. 511
– Gesetz vom 13.Februar 2001, Nr. 48, §§ 1 und 4-8

3. DIE AUFSICHTSBEHÖRDE DER GERICHTE: DER CSM.

3.1. Wirkungsbereich. – Der Consiglio Superiore della Magistratura ist das


Selbstverwaltungsorgan der ordentlichen Gerichte, dem gemäß den Bestimmungen der
Gerichtsverfassung die Vornahme von Einstellungen, Zuweisungen und Versetzungen, Beförderungen
und Disziplinarmaßnahmen gegen die Angehörigen der Richterschaft zustehen (vgl. Art. 105 Verf.)
(zur Errichtung und Funktionsweise der Aufsichtsbehörde vgl. Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195 und
Dekret des Präsidenten der Republik vom 16.September 1958, Nr. 916, sowie die von dem
Selbstverwaltungsorgan selbst verabschiedete interne Ordnung).

3.2. Zusammensetzung. – Die Verfassung (Art. 104) schreibt vor, dass der CSM drei Mitglieder
kraft Gesetzes hat: den Präsidenten der Republik, dem auch der Vorsitz gebührt, den Präsidenten des
Kassationsgerichtshofes und den Generalstaatsanwalt beim Kassationsgerichtshof.
Hinsichtlich der gewählten Mitglieder bestimmt die Verfassung zwar nicht deren Zahl, legt
jedoch fest, dass zwei Drittel unter der ordentlichen Richterschaft der verschiedenen Kategorien
(sogenannte Robenträger) und ein Drittel vom Parlament in gemeinsamer Sitzung unter
Lehrstuhlinhabern für Jurisprudenz an den Universitäten und Rechtsanwälten mit mindestens fünfzehn
Jahren Gerichtspraxis (sogenannte Laienmitglieder) zu wählen sind.
Ebenfalls in der Verfassung wird die Amtsdauer der gewählten Ratsmitglieder auf vier Jahre
festgelegt und bestimmt, dass diese nicht sofort wiederwählbar sind.
Unter den Laienmitgliedern wählt der Rat einen Vizepräsidenten, der - abgesehen von der
Führung des Vorsitzes bei den Plenarversammlungen (in Abwesenheit des Präsidenten der Republik
bzw. im Auftrag dessen) - dem Präsidialausschuss vorsitzt, dessen Aufgaben die Gestaltung der
Ratstätigkeit, die Umsetzung der Beschlüsse des CSM und die Verwaltung der Haushaltsmittel
umfassen, denn der Rat verfügt über eigenständige Buchhaltung und Finanzautonomie.
Die Zahl der gewählten Mitglieder und die Wahlformalitäten werden demnach von der
ordentlichen Gesetzgebung festgelegt.
Derzeit wird die Zahl der gewählten Mitglieder vom Gesetz Nr. 44/2002 (in Abänderung von §
1 des Gesetzes 195/58) auf 24 festgelegt – 16 Robenträger und 8 Laien. Letztere werden vom
Parlament in gemeinsamer Sitzung in geheimer Abstimmung und mit Dreifünftel-Mehrheit der
Versammlungsmitglieder für die ersten beiden Wahlgänge gewählt. Ab dem dritten Wahlgang ist die
Dreifünftel-Mehrheit der abgegebenen Stimmen ausreichend.
Die gewählten Robenträger setzen sich folgendermaßen zusammen: zwei unter den Amtsträgern
am Kassationsgerichtshof (Richter und Staatsanwälte), welche ihr Amt in Rechtsinstanzen ausüben,
vier unter Staatsanwälten in Tatsacheninstanzen und weitere zehn unter Richtern in
Tatsacheninstanzen.
Die Wahl der Robenträger erfolgt über ein Mehrheitssystem in einem landesweit einheitlichen
Wahlkollegium für jede der o.a. zu wählenden Berufskategorien und basiert auf individuellen
Kandidaturen, welche von mindestens 25 und höchstens 50 Richtern vorgelegt werden. Jeder Wähler
erhält drei Wahlscheine für jedes der drei landesweit einheitlichen Kollegien und kann seine Stimme
für jeweils nur einen Richter pro Kategorie abgeben: Rechts- und Tatsacheninstanz, richtendes und
ermittelndes Amt.
Die beim Kassationsgerichtshof eingerichtete zentrale Wahlkommission nimmt die Zählung der
Stimmen vor und stellt die Gesamtheit der gültigen Stimmen sowie die für jeden Kandidaten
abgegebenen Stimmen fest. Jene Kandidaten gelten als gewählt, welche die zahlenmäßig höchste
Stimmenzahl entsprechend der Anzahl von zu verteilenden Mandaten pro Kollegium (bzw. pro
Berufskategorie) erhalten haben.

3.3. Verfassungsmäßige Stellung des CSM. – Hinsichtlich der Stellung des Rates hat das
Verfassungsgericht erklärt, dass es sich um ein Organ handelt, das zwar objektiv verwalterische
Funktionen ausübe, nicht jedoch Teil der öffentlichen Verwaltung sei, da er nichts mit dem
Organisationskomplex gemein habe, der direkt der Staats- oder den Regionsregierungen unterstehe.
Mit Bezugnahme auf die Funktionen, die dem Rat von der Verfassung zugewiesen wurden, wurde
dieser als “Organ mit sicherer verfassungsmäßiger Bedeutung” bezeichnet. Seine Funktionen, die als
“Verwaltung der Rechtsprechung” definiert werden können, umfassen in erster Linie die Per-
sonalverwaltung der Richterschaft und konkretisieren sich in den Einstellun gen, Zuteilungen und
Versetzungen, den Beförderungen und Disziplinarmaßnahmen, die die Richterschaft betreffen. Des
Weiteren gehört zu seinem Aufgabenbereich auch die Organisation der Justizbehörden, wodurch versi-
chert und garantiert werden soll, dass der einzelne Angehörige der Richterschaft bei der Amtsausübung
“allein dem Gesetz” unterworfen ist. Unter die sem Aspekt ist zu unterstreichen, dass der Oberste Rat
auf Vorschlag der Präsidenten der Berufungsgerichte und nach Anhörung der Justizräte alle zwei Jahre
die Tabellen für die Besetzung der Justizbehörden jedes einzelnen Bezirks genehmigt und zugleich
objektive und im Voraus festgelegte Kriterien für die Zuteilung der Geschäftssachen an die einzelnen
Richter billigt.
Der Rat nimmt also die Spitzenstellung in der für die Verwaltung der Rechtsprechung zuständigen
bürokratisc hen Struktur ein und an ihr arbeiten mit unterschiedlichen Zuständigkeiten auch die
Justizräte und die Leiter der einzelnen richtenden und ermittelnden Behördenstellen mit.

3.4. Paranormative Tätigkeit des CSM. – Dem Rat wird vom Gründungsgesetz die Befugnis
zuerkannt, paranormative Verfügungen zu verab schieden, die sich auf drei Kategorien erstrecken
können:
a) interne Ordnung sowie Verwaltungs- und Buchführungsordnung, die beide vom Gesetz vorgesehen
sind; es sind sekundäre, Vorschriften erlas sende Handlungen, die jedem politisch-administrativem
Verfassungsorgan zuerkannt sind, und sie dienen der Reglementierung der Organisation und
Funktionsweise des Rates;
b) Ordnung für das Praktikum der Gerichtsreferendare, die ebenfalls aus drücklich vom
Gründungsgesetz vorgesehen ist und die Dauer und Verlauf des Praktikums der gerade in die
Gerichtslaufbahn eingestiegenen Juristen regeln soll;
c) Rundschreiben, Beschlüsse und Richtlinien: die erstgenannten sind auf die wesentliche Aufgabe der
Selbstregelung der Ausübung des Verwaltungsermessens zurückzuführen, das dem
Selbstverwaltungsorgan von der Verfassung und dem ordentlichen Gesetz zuerkannt wird; mit den
anderen beiden wird die Anwendung der Vorschriften der Gerichtsverfassung im Sinne einer
systematischen Auslegung der Quellen vorgeschlagen und vorgenommen.

Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195

4. DER ZUGANG ZUR ORDENTLICHEN RICHTERSCHAFT.

4.1. Die Ausschreibung. – Der Zugang zur Richterlaufbahn erfolgt über einen öffentlichen
Concorso (Anm. d. Ü.: das Prüfungs- und Auswahlverfahren auf nationaler Ebene für eine – meist –
festgelegte Anzahl von Stellen) gemäß Art. 106, Abs. 1 der Verfassung. Die Zugangsordnung zur
Richterlaufbahn (Concorso für die Stelle eines Gerichtsreferendars) war vor allem in den letzten Jahren
Gegenstand verschiedener Eingriffe des Gesetzgebers mit dem Ziel, einerseits die Dauer der Prüfungs-
und Auswahlverfahren zu verkürzen und andererseits höhere Qualifikationsanforderungen an die
Anwärter zu richten, während ursprünglich allein der Studienabschluss in Rechtswissenschaften
erforderlich gewesen war.
Mit der Gesetzesverordnung Nr. 398/97 wurden bei den Universitäten Spezialisierungsschulen
für den Zugang zu Rechtsberufen eingerichtet, damit dort die Ausbildung der Universitätsabsolventen
mit Abschluss in Rechtswissenschaft, die sich spezifisch für die Berufe Richter, Staatsanwalt,
Rechtsanwalt und Notar interessierten, vervollständigt werde. Diese Schulen, deren konkr ete
Einrichtung dann ab akademischem Jahr 2001-2002 erfolgte, stellen am Ende des zweijährigen
Studiengangs ein Diplom aus, das eine der Voraussetzungen für die Zulassung zum Concorso für den
Richterberuf darstellt. Erklärtes Ziel dabei ist auch die Förderung einer einheitlichen Ausbildung für
alle Berufsbilder, die in Zukunft bei der Ausübung oben aufgeführter beruflicher Tätigkeiten
miteinander zu tun haben werden.
Im Zeitraum zwischen Inkrafttreten des Gesetzes und tatsächlicher Einrichtung der
Spezialisierungsschulen wurde zur Rationalisierung und Beschleunigung der Prüfungsprozedur und um
eine Vorauswahl aus der Masse der Teilnehmer am Concorso zu tätigen, eine Vorprüfung eingeführt
(zusätzlich zu schriftlicher und mündlicher Prüfung), die unter Einsatz von EDV-Systemen und
Multiple-Choice-Fragebögen über die Studienbereiche, die den schriftlichen Prüfungen
zugrundeliegen, durchgeführt wurde.
Nach Einrichtung der Spezialisierungsschulen mit Numerus Clausus und Auswahlverfahren auf
der Grundlage von EDV-Prüfungen und Curricula der Kandidaten wurde die EDV-basierte
Vorprüfung aus dem vom Gesetz 48/2001 festgelegten neuen Zugangsverfahren gestrichen, das zur
weiteren Beschleunigung der Prüfungskorrekturen auch die Figur des „externen Korrektors“
eingerichte t hatte, welche in Wirklichkeit nie zur Umsetzung gekommen ist. Denn hierzu wäre eine
Durchführungsregelung erforderlich gewesen, die letztlich nicht erlassen wurde. In diesem Falle sah
das Gesetz vor, dass den schriftlichen Prüfungen für die Richterschaftsanwärter eine computerisierte
Vorprüfung vorausgehen sollte, und das geschah.
Der Concorso für Gerichtsreferendare wird vom Justizministerium auf Beschluss des CSM
ausgeschrieben, wobei letzterer auch festlegt, wie viele Stellen ausgeschrieben werden sollen, und setzt
sich aus drei schriftlichen Prüfungen zusammen: und zwar in Zivil-, Straf- und Verwaltungsrecht (als
Übergangslösung hat Gesetz 48/2001 die Ausschreibung von drei Concorsi bestimmt, bei denen jeweils
nur zwei der drei o.a. schriftlichen Prüfungen durchgeführt werden sollten, wobei die Entscheidung des
tatsächlich geprüften Fachs am Prüfungstag selbst mittels Verlosung getroffen wurde). Danach gibt es
eine mündliche Prüfung über dieselben Fächer, die bereits Gegenstand der schriftlichen Prüfungen
waren (beim Zivilrecht fließen auch grundlegende Elemente des römischen Rechts ein), wozu Zivil-
und Strafprozessverfahren, Verwaltungsrecht, Verfassungsrecht, Steuerrecht, Arbeitsrecht, Sozialrecht,
EU- und internationales Recht sowie Elemente der EDV-Anwendung in der Justiz hinzukommen.
Die Prüfungskommission wird 10 Tage vor Beginn der schriftlichen Prüfungen (bzw. der EDV-
gestützten Vorprüfung) vom CSM ernannt. Der Vorsitz wird einem Richter oder Staatsanwalt des
Kassationsgerichtshofs anvertraut, der sein Amt in Rechtsinstanzen ausübt und der über die Eignung
für weitere Beurteilungen zur Erteilung höherer Leistungsaufgaben verfügt. Die Kommission selbst
besteht aus einem Richter/Staatsanwalt, dessen Mindestqualifikation in der Eignung für die Beurteilung
zur Ernennung zum Richter/Staatsanwalt am Kassationsgerichtshof besteht, der die Funktion des
Vizepräsidenten übernimmt, aus 22 Richtern mit der Mindestqualifikation Berufungsrichter sowie aus
acht Universitätsdozenten in rechtswissenschaftlichen Fächern.
Die von der Kommission gebildete Rangliste auf der Grundlage der Gesamtsumme aller Noten,
die in den einzelnen Prüfungen vergeben werden, muss vom CSM bestätigt werden.
Die Sieger des Prüfungswettbewerbs werden zu Gerichtsreferendaren ernannt und einer
erstinstanzlichen Justizbehörde, die auch Sitz eines Berufungsgerichts ist, zur Absolvierung ihres
Praktikums zugewiesen, entsprechend Verordnung des Präsidenten der Republik (DPR) vom 17. Juli
1998. Das Praktikum besteht aus der Teilnahme und Mitarbeit an der Gerichtstätigkeit von Richtern
und Staatsanwälten, denen der Referendar zugeteilt wurde, im zivil- und strafrechtlichen Bereich in
ihren Eigenschaften sowohl als Einzel- oder Kollegialrichter oder als Staatsanwälte. Dabei fehlt es
jedoch nicht an theoretischen Bildungseinheiten wie der Organisation von Studientreffen für
Gerichtsreferendare, die sowohl beim Zentralsitz des CSM als auch dezentriert bei den Justizräten und
Bildungsreferenten der einzelnen Gerichtsbezirke (welche alle zwei Jahre vo m CSM ernannt werden)
stattfinden.
Die Dauer des Ausbildungspraktikums darf in der Regel 18 Monate nicht unterschreiten. Es ist
weiter in ein “Grundpraktikum“ von mindestens 13 Monaten Dauer und ein „spezifisches Praktikum“
über den restlichen Zeitraum hinweg unterteilt. Letzteres folgt aus der vom Referendar gewählten
Dienststelle und ist darauf ausgerichtet die spezifisch am Bestimmungsort des Referendars geforderten
Kompetenzen auszubilden.
Das Praktikum wird vom CSM geleitet, koordiniert und kontrolliert. Für die konkrete
Organisation werden die Kollegialorgane in den Bezirken, die Justizräte und die bei diesen Organismen
eingerichteten Kommissionen herangezogen.
Das Praktikum zielt darauf ab, die Berufsausbildung der Gerichtsreferendare zu sichern und deren
Eignung für die Ausübung gerichtlicher Ämter festzustellen.

4.2. Die direkte Ernennung. – Die Verfassung sieht als Ausnahme von der Einstellung über
Ausschreibungen die direkte Ernennung von ordentli chen Universitätsprofessoren der Jurisprudenz
oder von Rechtsanwälten mit mindesten fünfzehnjähriger Berufspraxis und Eintragung in die
Sonderregister für höhere Instanzen zum Kassationsrat “für hervorragende Verdienste” vor (Art. 106
Verf.).
Diese Bestimmung wurde vor kurzem mit Gesetz vom 5.August 1998, Nr. 303, zur Ausführung
gebracht, und sie ist Gegenstand des CSM-Rund-schreibens P.-99-03499 vom 18.2.1999.

Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Kgl. Dekret vom 30.Januar 1941, Nr. 12, §§ 121-130
– Gesetz vom 15.Mai 1997, Nr. 127, § 17 Abss.113 und 114
– Dekret des Präsidenten der Republik vom 17.Juli 1998
– Gesetzesverordnung vom 17.November 1997, Nr. 398
– Gesetz vom 13.Februar 2001, Nr. 48

5. DIE LAUFBAHN DER ORDENTLICHEN RICHTER.

Der Karriereverlauf für Richter und Staatsanwälte ist gleich.


Zum Übergang vom einen zum anderen Amt ist lediglich eine Beurteilung der Eignung
erforderlich.
Nach der Ausbildungszeit kann den Gerichtsreferendaren eine Stelle in der erstinstanzlichen
Rechtsprechung zugewiesen werden.
Der CSM erstellt eine Liste der freien Stellen und beruft die Gerichtsreferendare ein, die in der
Reihenfolge der Rangliste des Concorso und eventueller sie begünstigender Rechte ihre Präferenzen
angeben.
Bezüglich des Karriereverlaufs sei daran erinnert, dass die Gerichtsverfassung von 1941 festlegte,
dass der Zugang zu den “höheren” Ämtern (Berufungs- und Kassationsgerichtshöfen) nur über
ausgeschriebene Concorsi und Beurteilungen erfolgen dürfe.
Das Inkrafttreten der Verfassung und insbesondere des Art. 107 Abs.3, demzufolge sich “die
Angehörigen der Richterschaft nur aufgrund ihrer unterschiedlichen Ämter voneinander
unterscheiden”, hat hier zu einer grundlegenden Neuregelung geführt.
Mit einer Reihe späterer Gesetze (Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570, über die Ernennung zum
Richter am Berufungsgerichtshof; Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831, über die Ernennung zum
Richter am Kassationsgerichtshof) wurde denn der Karriereverlauf über ausgeschriebene Concorsi und
Beurteilungen abgeschafft und die automatische Beförderung nach Dienstalter – vorbehaltlich
schuldhaften Vergehens – eingeführt.
Das System ist also folgendermaßen gegliedert: Das für die Ernennung zum Richter am
Landgericht erforderliche Dienstalter beträgt zwei Jahre ab Dienstantritt als Gerichtsreferendar mit
richterlichen Aufgaben (vgl. Gesetz vom 2.April 1979, Nr. 97); nach elf Dienstjahren können die
Richter am Landgericht zum Richter am Berufungsgericht ernannt werden (Gesetz vom 25.Juli 1966,
Nr. 570); das für die Erklärung der Eignung für die Ernennung zum Richter am Kassationsgericht
erforderliche Dienstalter beträgt sieben Jahre ab Ernennung zum Berufungsrichter; nach weite ren acht
Jahren können die Richter als für die Ernennung zu höheren leitenden Ämtern geeignet erklärt werden
(Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831).
Wenn das erforderliche Dienstalter erreicht ist, wird vom CSM die Beförderung nach Anhörung
des zuständigen Justizrats beschlossen.
Im Falle einer Ablehnung wird der Richter nach Ablauf einer bestimmten Frist erneut einer
Beurteilung unterzogen.
Dieses derzeit geltende System basiert auf der Trennung von Dienstgrad und ausgeübtem Amt,
d.h., die Beförderung zu einem höheren Dienstgrad hängt nicht von der effektiven Zuteilung einer dem
erreichten Dienstgrad entsprechenden Stelle ab. Um zum Beispiel effektiv einer Stelle am
Berufungsgericht zugeteilt zu werden (wie der eines Berufungsge richtsrats), muss der Richter effektiv
die Ernennung zum Dienstgrad Berufungsrichter erhalten haben; umgekehrt kann ein Berufungsricher
oder ein Richter, der die Erklärung seiner Eignung für die Ernennung zum Kassationsrichter erhalten
hat, weiterhin ohne jeglicher zeitliche Befristung in seinem bisherigen Amt verbleiben, auch wenn
dieses einem niedrigeren Dienstgrad entspricht. Vor kurzem wurde sogar die Möglichkeit der so gen.
Umkehrbarkeit der Amtsausübung eingeführt und es den Richtern, die eine Stelle an Berufungs- oder
Kassationsgericht innehaben, gestattet, auf Antrag einer Stelle an Instanzgerichten bezw. jeglichem
anderen Amt am Instanzgerichten zugeteilt zu werden, auch wenn diese dem Dienstgrad eines Richters
am Landgericht entsprechen (§ 21-sexies Gesetzesverordnung vom 8.Juni 1992, Nr. 306, in Gesetz
umgew. mit Gesetz vom 7.August 1992, Nr. 356).
Die einzige unmittelbare Folge einer Beförderung ist die entsprechende Besoldung.

Gesetzesquellen (Texte nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Gesetz vom 25.Juli 1966, Nr. 570
– Gesetz vom 20.Dezember 1973, Nr. 831
– Gesetz vom 2.April 1979, Nr. 97

6. DIE LEITER DER GERICHTSBEHÖRDEN.

Der Präsident des Kassationsgerichtshofs, der Generalstaatsanwalt an diesem Gerichtshof und die
amtsleitenden Richter und Staatsanwälte der erst- und zweitinstanzlichen Gerichtsbehörden besorgen
die Leitung ihrer Behörden und nehmen dabei unter Beachtung der vom Rat ausgegebenen Richtlinien
Aufgaben der “Rechtsprechungspflege” sowie dem Zweck der Rechtsprechung dienende
“Verwaltungsaufgaben” wahr.
Die Übertragung von Leitungsstellen wird vom CSM nach Überein kunft mit dem
Justizministerium entschieden (vgl. § 11 Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195; § 22 Interne Ordnung
CSM).
Die Kriterien, auf deren Grundlage die Leiter ausgewählt werden, sind Eignung, Verdienst und
Dienstalter, die sich zweckmäßig ergänzen sollen. Die vergleichende Beurteilung der Anwärter hat das
Ziel, an die Spitze der zu besetzenden Behörde den Kandidaten zu stellen, der unter Berücksichtigung
der Erfordernisse hinsichtlich der Funktionsfähigkeit der Behörde und eventuell der spezifischen
örtlichen Charakteris tiken am besten geeignet ist (vgl. CSM-Rundschreiben Nr. 13000 vom 7.Juli
1999).
Für die Übertragung der Spitzenämter des Kassationsgerichtshofs und des Gerichtshofs für
Wasserrecht ist das Verfahren der vergleichenden Beurteilung auf die Richter beschränkt, die im
Verlauf der letzten fünfzehn Jahre für die Dauer von mindestens zwei Jahren Inhaber höherer
Leitungsstellen waren, die für die Dauer von mindestens vier Jahren in der Rechtsprechung an
Instanzgerichten tätig gewesen sind und auf Anfrage des CSM ihre Bereitschaft dazu erklärt haben
(vgl. CSM-Rundschreiben Nr. 13000 vom 7.Juli 1999 in der Ergänzung durch den Beschluss vom
7.März 2001).
7. DIE DISZIPLINARRECHTLICHE VERANTWORTUNG DES RICHTERS.

7.1 Disziplinarvergehen. Mit der Gesetzesverordnung Nr. 109/2006 zur “Regelung der
Disziplinarvergehen von Richtern und Staatsanwälten, der Bestrafung und des dazugehörenden
Anwendungsverfahrens“ erfährt das vorausgehende System erhebliche Änderungen, die im
Zusammenhang mit der allgemeinen Justizreform stehen, welche mit dem Gesetz Nr. 150 des Jahres
2005 erfolgte. Der erste Abschnitt der Gesetzesverordnung ist in zwei Kapitel unterteilt, wovon sich
das eine den Disziplinarvergehen widmet und das andere den Disziplinarstrafen.
Bei den Disziplinarvergehen wird zwischen zwei Kategorien unterschieden: auf der einen Seite
stehen Vergehensarten, die bei der Amtsausübung begangen werden und auf der anderen Vergehen, die
außerhalb begangen werden. In der Substanz ist die Regelung auf eine Typisierung der
Disziplinarvergehen ausgerichtet, wobei sowohl das Verhalten im Amt als auch das Verhalten in
außeramtlichen Umfeld Beachtung findet, ohne dass ausschließende Normen aufgestellt werden.
Der erste Paragraf der zitierten Gesetzesverordnung ist den „Pflichten des Richters“ gewidmet
und umfasst eine detaillierte Aufstellung der grundlegenden Pflichten, welche ein Richter bzw.
Staatsanwalt bei der Amtsausübung zu erfüllen hat. Dabei handelt es sich um deontologische Prinzipien
und Werte, die für die Rechtsprechung gelten und sich an den Pflichten orientieren, die in Doktrin und
Jurisprudenz allgemein anerkannt sind.
Es wird auf die Pflichten der Unparteilichkeit, Korrektheit, Sorgfalt, Arbeitsamkeit,
Zurückhaltung, Ausgeglichenheit sowie die Achtung der Würde der Personen als grundlegende
Prinzipien verwiesen, die bei der Amtsausübung zu beachten sind.
§ 2 der Gesetzesverordnung enthält ein detailliertes und bindendes Verzeichnis der Arten von
Disziplinarvergehen in Amtsausübung während Art. 3 eine Reihe von außerhalb der Amtsausübung an
den Tag gelegten Verhaltensweisen aufzählt, die Anlass für ein Disziplinarverfahren geben können.
Die richterliche Tätigkeit, welche in Auslegung von rechtlichen Normen und Beurteilung von
Tatsachen und Beweisen besteht, kann niemals Anlass für eine disziplinarrechtliche Verantwortung
geben. Abgesehen davon wurden 25 typische Tatbestandshypothesen für Vergehen bei der
Amtsausübung aufgestellt. Von diesen werden mit reinem Beispielswert jene Verhaltensweisen
genannt, bei denen unter Verletzung der richterlichen Pflichten einer der Parteien ungerechtfertigte
Schädigung zugefügt bzw. unrechtmäßige Vorteile gewährt werden: wie z.B. die Unterlassung der
Benachrichtigung des CSM über das Vorliegen einer Situation der Unvereinbarkeit wegen
Verwandtschaft, welche von § 18 und 19 der Gerichtsordnung geregelt wird, sowie die bewusste
Missachtung der Pflicht zur Befangenheitserklärung; weiter gewöhnlich oder schwerwiegend
unkorrektes Verhalten gegenüber den Parteien, ihren Verteidigern, den Zeugen oder anderen Personen,
die an der Dienststelle in Beziehung zum betreffenden Richter stehen, d.h. gegenüber anderen Richtern,
Staatsanwälten oder Justizbeamten; ungerechtfertigte Einmischung in die Amtstätigkeit eines anderen
Richters oder Staatsanwalts bzw. auch die Unterlassung der Meldung beim Leiter der Dienststelle
durch den Richter, der die Einmischung erlitten hat, sowie schwerwiegende Gesetzesverstöße wegen
Unwissenheit oder unentschuldbarer Fahrlässigkeit und Nichterkennung von Sachverhalten aufgrund
unentschuldbarer Fahrlässigkeit sowie zahlreiche weitere, ebenso bedeutsame Umstände.
In § 3 der Gesetzesverordnung werden 8 Tatbestände aufgeführt, die sich auf
disziplinarrechtlich relevante Verhaltensweisen außerhalb der Amtsausübung beziehen. Es wird zum
Beispiel die Nutzung der Richterwürde zur Erlangung ungerechtfertigter Vorteile für die eigene Person
oder für andere Personen genannt, weiter der Umgang mit Personen, gegen die ein von diesem
Richter/Staatsanwalt verhandeltes Straf- oder Sicherungsver fahren anhängig ist, oder der Umgang mit
Personen, von denen dem Richter/Staatsanwalt bekannt ist, dass sie zum Gewohnheits-, Berufs- oder
Neigungsverbrecher erklärt worden sind bzw. die aufgrund nicht fahrlässiger Verbrechen zu
Freiheitsstrafen über drei Jahren verurteilt oder gegen die Sicherungsmaßnahmen verhängt worden sind
- vorbehaltlich der Rehabilitierung -, sowie der bewusste Unterhalt von Geschäftsbeziehungen mit
solchen Personen. Weiter werden genannt: die Übernahme von außeramtlichen Aufträgen ohne die
vorgeschriebene Genehmigung durch den CSM, die Beteiligung an geheimen Vereinigungen oder an
solchen, deren Auflagen objektiv nicht mit der Amtsausübung vereinbar sind, sowie die Mitgliedschaft
in politischen Parteien bzw. eine systematische und ko ntinuierliche Beteiligung daran ebenso wie die
Teilnahme an Aktivitäten im Wirtschafts- und Finanzsektor, welche die Amtsausübung beeinflussen
oder das Ansehen des Richters beinträchtigen können.
§ 4 der Verordnung beschreibt weiterhin jene Disziplinarvergehen, die als Folge von Straftaten
bestehen, wobei eine Art automatische Konsequenz zwischen den Tatbeständen, für die es zu einer
Verurteilung für vorsätzliche Straftaten gab, und der Disziplinarmaßnahme aufgestellt wird. Für
fahrlässig begangene und mit Freiheitsentzug geahndete Straftaten muss hingegen eine besondere
Schwere aufgrund der Ausführungsart und der Folgen der Straftat festgestellt werden.

7.2 Disziplinarstrafen - Der zweite Abschnitt der Gesetzesverordnung legt das System der
Strafen in dieser Reform der Disziplinarverantwortung fest. Das Gesetz sieht verschieden Strafarten
vor, welche an die einzelnen zuvor beschriebenen Disziplinartatbestände angepasst werden. Das Gesetz
hat nämlich die Anwendung des Kriteriums tale crimen talis poena als gebührende Folge der
Typisierung der Vergehen eingeführt.

Die verschiedenen vom Gesetz vorgesehenen Strafen umfassen:


a) die Ermahnung, die in einem Hinweis des Richters auf die Erfüllung seiner Pflichten besteht;
b) den Verweis, der in einer formellen Rüge besteht;
c) den Verlust von Dienstalter von mindestens zwei Monaten und höchstens zwei Jahren;
d) den vorübergehenden Ausschluss von Führungsämtern oder höheren Ämtern von mindestens
sechs Monaten bis höchstens zwei Jahren;
e) die Amtsenthebung, welche im Ausschluss des Richters von seinem Amt bei gleichzeitiger
Aussetzung der Gehaltszahlungen und Ausgliederung aus dem Stellenplan der Richterschaft
besteht;
f) die Amtsentlassung, welche das Ende des Dienstverhältnisses bedeutet.

Darüber hinaus gibt es die Zusatzstrafe der Zwangsversetzung, welche vom Disziplinarrichter
als Maßnahme ergriffen werden kann, wenn dieser eine schwerere Strafe als die Ermahnung verhängt.
In einigen spezifisch vom Gesetz festgeschriebenen Fällen wird diese Zusatzstrafe immer verhängt.
Die Zwangsversetzung kann auch als Vorsichts- oder vorübergehende Maßnahme verhängt
werden, wenn schwerwiegende Elemente für die Begründetheit der Disziplinarmaßnahme sprechen und
besondere Dringlichkeitsgründe vorliegen.

7.3 Das Disziplinarverfahren - Das Disziplinarverfahren hat die Eigenschaften eines


Gerichtsverfahrens und wird von den Normen der Strafprozessordnung geregelt – soweit vereinbar.
Das Disziplinargericht ist ein kollegiales Organ, bestehend aus der Disziplinarkammer des CSM mit
sechs Mitgliede rn: dem Vizepräsidenten des CSM, der den Vorsitz führt, und fünf vom CSM unter
seinen Angehörigen gewählten Mitgliedern, worunter sich ein vom Parlament gewähltes Laienmitglied,
ein Richter/Staatsanwalt des Kassationsgerichts, der tatsächlich in einer Rechtinstanz wirkt, und drei
Richter/Staatsanwälte in Tatsacheninstanzen befinden müssen.
Das Disziplinarverfahren wird vom Justizminister und vom Generalstaatsanwalt am
Kassationsgerichtshof eingleitet. Die zuvor seinem Ermessen unterstellte Erhebung der
Disziplinarklage wurde für den Generalstaatsanwalt in einen Pflichtakt verwandelt, während sie für den
Minister weiterhin eine Ermessensfrage bleibt. Die Verbindlichkeit der Disziplinarklage folgt aus der
Entscheidung für die Typisierung der Vergehen, welche der Vorgehensweise im Bereich der Strafjustiz
sehr ähnlich ist, und eine strikte Einhaltung des Prinzips der Rechtssicherheit auferlegt, sodass
Ungewissheiten hinsichtlich der Anwendung so weit als möglich aus dem Raum geschafft werden
mussten.
Das Gesetz beinhaltet auch eine allgemeine Klausel zur disziplinarrechtlichen Irrelevanz eines
Verhaltens, wenn es sich um Fakten „unerheblicher Relevanz“ handelt. Diese Klausel ist für eine andere
Wirkungsebene bestimmt als die Einstellungsbefugnis des Generalstaatsanwalts, dient allerdings
denselben Zwecken.
So hat der Generalstaatsanwalt die Befugnis, das Verfahren selbständig einzustellen, wenn die
beanstandete Tat kein disziplinarrechtlich relevantes Verhalten darstellt oder Gegenstand einer nicht
eingehend begründeten Klage bildet, bzw. wenn diese zu keiner der vom Gesetz erfassten Typologien
gehört oder wenn aus den angestellten Untersuchungen hervorgeht, dass es den Umstand nicht gab bzw.
dass die Tat nicht begangen wurde.
Ein solcher Einstellungsbeschluss wird dem Justizminister übermittelt, der innerhalb von zehn
Tagen Kopie der Akten anfordern und in den darauffolgenden sechzig Tagen beim Präsidenten der
Disziplinarkammer einen Termin für eine Verhandlung zur mündlichen Besprechung beantragen kann,
indem er eine Anschuldigung formuliert. Bei der Verhandlung wird Rolle der Anklage auch in diesem
Fall vom Generalstaatsanwalt oder seinem Stellvertreter ausgeübt.
Das Gesetz bestimmt, dass nach diesem ersten Stadium die Klage binnen eines Jahres ab dem
Moment erhoben werden muss, in dem der Generalstaatsanwalt am Kassationsgericht aufgrund
einleitender Untersuchungen oder einer begründeten Anzeige oder einer Signalisierung durch den
Justizminister Kenntnis von dem Vorfall erhalten hat. Gemäß der Gesetzesverordnung hat der
Generalstaatsanwalt dann binnen zwei Jahren ab Verfahrensbeginn seine Schlussanträge zu formulieren,
und binnen zwei Jahren ab Antragstellung muss die Disziplinarkammer des CSM ihren Spruch abgeben.
Das Gesetz hat weiter festgelegt, dass der Ans pruch auf Erhebung von Disziplinarklage zehn Jahre nach
dem Vorfall verjährt.
Der Beschuldigte ist binnen dreißig Tagen über die Erhebung der Disziplinarklage zu
benachrichtigen. Er kann sich im Verfahren von einem anderen Richter oder einem Rechtsanwalt
vertreten lassen. Daraufhin werden zunächst vom Generalstaatsanwalt Untersuchungen angestellt, im
Anschluss die Strafanträge formuliert, die Akten an die Disziplinarkammer des CSM übermittelt und
der Beschuldigte darüber in Kenntnis gesetzt. Entweder beantragt der Generalstaatsanwalt nun den
Einstellungsbeschluss oder er formuliert die Beschuldigung und beantragt die Ansetzung eines
mündlichen Verhandlungstermins.
Der Eingriff des Justizministers in ein Disziplinarverfahren kann - abgesehen von der Erhebung
der Disziplinarklage durch die Beantragung von Untersuchungen - im Antrag auf die Ausweitung einer
vom Generalstaatsanwalt erhobenen Klage auf weitere Vorfälle bestehen, in der Befugnis, bei vom
Generalstaatsanwalt erhobenen Klagen eine Integration zur Disziplinarbeanstandung zu formulieren und
bei von ihm selbst erhobenen Klagen die Änderung der Disziplinarbeanstandung zu fordern, weiter in
der Befugnis, die Anschuldigung zu formulieren und eigenständig die Einleitung des
Disziplinarprozesses einzufordern, wenn er nicht mit einem vom Generalstaatsanwalt gestellten Antrag
auf Freispruch einverstanden ist.
Die Verhandlung im Disziplinarprozess erfolgt öffentlich mit Berichterstattung durch ein Mitglied
der Disziplinarkammer, mit der amtlichen Beweisaufnahme und mit der Lesung von Berichten,
Inspektionen, Akten und während der Untersuchungsphase erhobenen Beweisen sowie der Beibringung
von Unterlagen. Die Disziplinarkammer fasst ihren Beschluss nach Anhörung der Parteien und gegen
diese Entscheidung kann vor den Vereinten Zivilkammern des Kassationsgerichtshofs Berufung
eingelegt werden, während ein rechtskräftiges Urteil revisionsfähig bleibt.

Gesetzesquellen (Text nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Kgl. Gesetzesverordnung Nr. 511/1946
– Gesetz vom 25 Juli 2005, Nr. 150
– Gesetzesverordnung vom 23 Februar 2006, Nr. 109

8. DIE ZIVILRECHTLICHE VERANTWORTUNG DES RICHTERS.

Die disziplinarrechtliche Verantwortung ergibt sich aus der Verletzung der Amtspflichten, die
der Richter bei seiner Ernennung dem Staat gegenüber auf sich genommen hat. Davon verschieden
und weiterreichend ist die zivilrechtliche Verantwortung, die der Richter dagegen den
Prozessparteien oder anderen Verfahrensbeteiligten gegenüber wegen etwaiger, bei der Aus übung
seiner Amtstätigkeiten begangener Fehler oder Übertretungen übernimmt.
Diese letztgenannte Form der Verantwortung, die der eines jeden anderen Staatsbeamten
entspricht, hat ihre Grundlage im Art. 28 der Verfassung.
Im Anschluss an eine Volksabstimmung, die zur Aufhebung der zuvor geltenden, die
zivilrechtliche Verantwortung des Richters stark einschränkende Regelung führte, findet dieser
Bereich heute seine Regelung im Gesetz vom 13.April 1988, Nr. 117.
Unter substantiellem Gesichtspunkt bestätigt das Gesetz das Prinzip der Wiedergutmachung
eines jeden ungerechten Schadens, wenn dieser auf das Verhalten, Handlungen oder Maßnahmen
eines Richters zurückzuführen ist, die dieser bei der Ausübung seiner Amtstätigkeit mit “Vorsatz”
oder “grober Fahrlässigkeit” vorgenommen hat, oder wenn dieser die Folge einer
“Rechtsverweigerung” ist (§ 2).
Nachdem das Gesetz die Begriffe “grobe Fahrlässigkeit” (§ 2 Abs.3) und
“Rechtsverweigerung” genau ausgeführt hat, stellt es klar, dass jedoch weder die Auslegung der
gesetzlichen Bestimmungen noch die Beurteilung des Tatbestands und der Beweise eine Haftung
nach sich ziehen können (§ 2 Abs.2): in dieser Hinsicht ist, im Falle der Offensichtlichkeit, der
Schutz der Parteien durch den Rückgriff auf das Anfechtungsverfahren gegen die für fehlerhaft
angesehenen Rechtsprechungsmaßnahme ausschließlich endoprozessual.
Dagegen kann unter Beibehaltung der Unangreifbarkeit der Rechtsprechung in Bezug auf
den Sachbestand gegebenenfalls dort Raum für die disziplinarrechtliche Verantwortung des
Richters sein, wo die beständige Rechtsprechung der Disziplinarkammer des CSM eine anomale
oder makroskopische Gesetzesverletzung bezw. einen verzerrten Gebrauch des Richteramts
vorliegen sieht.
Hinsichtlich des Verfahrens sei darauf hingewiesen, dass die Verantwortung für die
Schadensersatzleistung beim Staat liegt, gegen den der Geschädigte vorgehen kann (§ 4), aber im
Falle einer Bestätigung seiner Haftpflicht kann sich der Staat unter bestimmten Bedingungen am
Richter schadlos halten (§ 7).
Die Haftungsklage und das entsprechende Verfahren unterliegen besonderen Regeln: darunter
betreffen die wichtigsten die Unterordnung der strafrechtlichen Verfolgbarkeit der Handlung unter
die Beschreitung aller normalen Wege der Anfechtung und der anderen Mittel für eine Änd erung
oder Aufhebung der für unrechtmäßig schädigend gehaltenen Maßnahme und die Festlegung einer
Frist für ihre Abwicklung (§ 4); die Erklärung der Zulässigkeit der Klage zur Überprüfung der
entsprechenden Voraussetzungen, zur Einhaltung der Fristen und zur Beurteilung der eventuell
vorliegenden “offensichtlichen Unbegründetheit” (§ 5); das Eingriffsrecht des Richters in das
Verfahren gegen den Staat § 6).
Zur Gewährleistung der Transparenz und Unparteilichkeit des Verfahrens ist die Verlagerung
der Zuständigkeit für die Aufnahme der Erkenntnisse bestimmt (§§ 4 und 8), um zu vermeiden, dass
dafür ein Richter derselben Behörde berufen wird, in der der Richter, von dessen Tätigkeit vermutlich
ein unrechtmäßiger Schaden herrührt, Dienst leistet oder geleistet hat. Die Kriterien für die Feststellung
des zuständigen Richters sind vor kurzem mit Gesetz vom 2.Dezember 1998, Nr. 420, geändert
worden, um wirklich jegliche Gefahr einer Voreingenommenheit im Erkenntnisverfahren zu
vermeiden.

Gesetzesquellen (Text nur in italienischer Sprache verfügbar)


– Gesetz vom 13.April 1988, Nr. 117

9. DIE STRAFRECHTLICHE VERANTWORTUNG DES RICHTERS .

In strafrechtlicher Hinsicht steht außer Zweifel, dass der Richter in seiner Eigenschaft als
Amtsperson für die von ihm begangenen Straftaten, die eben diese subjektive Amtsposition
voraussetzen, zur Verantwortung gezogen werden kann (zum Beispiel: Amtsmissbrauch, Bestechung,
Bestechung bei gerichtlichen Handlungen, Erpressung unter Missbrauch der Amtsgewalt, Unterlassung
von Amtshandlungen u.s.w.). Parallel dazu kann er bei strafbaren Handlungen von Privatpersonen
gegen die öffentliche Verwaltung auch gemeinsam mit dem Staat die Eigenschaft als geschädigte
Person haben (der klassische Fall ist der der Beamtenbeleidigung und insbesondere der Beleidigung
des Richters während der Verhandlung).
Hierzu sei daran erinnert, dass mit dem bereits erwähnten Gesetz vom 2.Dezember 1998, Nr.
420, die Zuständigkeitsregelung für die Verfahren gegen Richter tiefgreifend reformiert worden ist, um
auch im Hinblick auf die Transparenz den Richtern, die dazu berufen werden, Verfahren zu
entscheiden, die aus verschiedenen Gründen andere Kollegen betreffen, die größtmögliche
Unabhängigkeit im Verfahren zu gewährleisten. Die Strafprozessregeln wurden in einschneidender
Weise geändert (§ 11 Strafprozessordnung und § 1 Ausführungsbestimmungen zur
Strafprozessordnung), und zwar durch die Schaffung eines Mechanismus zur Bestimmung des
zuständigen Richters, um die Gefahr “gegenseitiger” (oder “überkreuzter”) Zuständigkeiten zu
vermeiden, die in der Vergangenheit erhebliche Anlässe zu Betroffe nheit gegeben haben. Und vor
allem durch die Einführung eines entsprechenden Mechanismus zur Verlagerung der Zuständigkeiten
bei Zivilverfahren wurde eine Lücke geschlossen, die durchaus begründete Zweifel an der
Verfassungsmäßigkeit gegeben hat.

Text und Überarbeitung: Ufficio Studi


ZWEITER TEIL

PROBLEME BEI DER ANWENDUNG


DES GELTENDEN SYSTEMS

1. DIE GRUNDLAGEN DER UNABHÄNGIGKEIT UND AUTONOMIE DES RICHTERS.

In unserem Rechtssystem kommt den Prinzipien der Unabhängigkeit


und Autonomie des Richters große Bedeutung zu. Diese Bedeutung rührt aus
einer einerseits konzeptuellen und andererseits historischen Erfordernis her.
Was die erste anbelangt, ist die Tatsache zu berücksichtigen, dass es zu den
Systemen des civil law gehört. Sehr approximativ kann man sagen, dass in
diesen Systemen das Gesetz – bezw. das, was im Verfahren als Entschei-
dungsregel zur Lösung des Falles hervortritt – von anderen Staatsorganen
geschaffen wird – überwiegend vom Parlament, manchmal von der Regie-
rung, heute auch von den niedrigeren Gebietskörperschaften –, während der
Richter es anwendet. Das bedeutet, dass der Richter nur auf indirekte Art
und Weise an der Schaffung des Rechts teilnimmt.
Diese konzeptuelle Ausrichtung hat es ermöglicht, die Rolle des Rich-
ters als die des Verwalters eines öffentlichen, innerhalb fester Bindungen aus-
zuübenden Amts zu gestalten. Daher rührt die Überzeugung, dass ein Rich-
ter über einen Concorso (Anm.d.Ü.: das Prüfungs- und Auswahlverfahren auf
nationaler Ebene für eine – meist – festgelegte Anzahl von Stellen) ins Amt
gelangen, die Stellung eines Staatsbeamten einnehmen und dabei keinerlei
Sachkontrolle seiner Handlungen unterworfen sein kann, da die Sachbestän-
de zuvor bereits vom Gesetz festgelegt worden sind. Daher rührt ferner die
Notwendigkeit, dass Unabhängigkeit und Autonomie gewährleistet sein
müssen, denn bei der Ausübung seines Amtes muss er nicht nur unpartei-
ischer Dritter sein, sondern auch als solcher in Erscheinung treten. Neutra-
lität und Unparteilichkeit sind vielmehr jene Eigenschaften, die den Richter
210 Das italienische Justizsystem

von den anderen Organismen unterscheiden, die andere staatliche Funktio-


nen wahrnehmen.
Hinsichtlich des zweiten Grundes, d.h. des historischen, soll unterstri-
chen werden, dass der derzeitige Aufbau unseres Systems nach dem Zweiten
Weltkrieg auf der Grundlage der republikanischen Verfassung entstanden
ist, deren demokratische Tendenz zu der zweifelsohne autoritären faschisti-
schen Herrschaftsform im Gegensatz steht. In der Vergangenheit war es in
der Tat zu Missbräuchen bei der Justizverwaltung gekommen, die auf drei
Faktoren zurückgeführt werden können: a) Beschränkungen des Handlungs-
rechts bei Gerichtsverfahren; b) von außen auf die Richterschaft ausgeübter
Druck; c) Einrichtung von Sondergerichten.
Es ist offensichtlich, dass bei der Neugründung des Staates unsere Ver-
fassung, die 1998 ihr fünfzigjähriges Bestehen feiern konnte, besonders auf-
merksam versucht hat, eine Wiederholung dieser Art von Missbräuchen und
Verirrungen zu vermeiden.

2. DAS VERFASSUNGSPRINZIP DER NEUTRALITÄT DES RICHTERS.

Die Neutralität des Richters wird in der Verfassung insbesondere durch


folgende Vorschriften gewährleistet: a) das Verbot der Verfahrenseinleitung
auf Initiative des Gerichts (Art. 24 Absatz eins); b) die Garantie des gesetzli-
chen Richters (Art. 25 Absatz eins); das Verbot der Einsetzung von außeror-
dentlichen oder besonderen Richtern (Art. 102); die Unterwerfung des Rich-
ters unter das Gesetz (Art. 101 Absatz zwei). Die in diesen Bestimmungen
enthaltenen Prinzipien sind durch Art. 6 der Europäischen Menschenrechts-
konvention, die Italien mit Gesetz vom 4.August 1955, Nr. 848, in seine
Rechtsordnung übernommen hat, weiter bestätigt und bekräftigt worden
und bildeten die Grundlage für die Änderung des Art. 111 der Verfassung,
die mit dem Verfassungsgesetz vom 23.November 2000, Nr. 2, vorgenommen
wurde. Diese Prinzipien sollen kurz näher betrachtet werden.
Das Verbot einer nichtamtlichen Verfahrensinitiative geht im Gegensatz
aus Art. 24 hervor, der dagegen in seinem Wortlaut das grundlegende Prin-
zip zum Ausdruck bringt, demzufolge es nicht möglich ist, dem Bürger Ein-
schränkungen oder Hindernisse bei seiner ihm von der Rechtsordnung zuer-
kannten Möglichkeit der Verteidigung seiner substantiellen Positionen im
Rechtsverfahren aufzuerlegen. Ist also vom positiven Standpunkt aus gese-
hen die Achtung der dem Einzelnen zuerkannten substantiellen Situationen
jedwede Einschränkung seiner Verteidigungsansprüche im Verfahrensverlauf
unmöglich macht, erlegt vom negativen Standpunkt aus gesehen (dies ist die
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 211

Kehrseite des Art. 24) eine gleiche Beachtung auf, dass nur der tatsächliche
Inhaber der substantiellen Situation darüber entscheiden kann, ob er den
Rechtsschutz in Anspruch nehmen will oder nicht.
Der Verfassungsgeber war sich außerdem voll bewusst, dass die Bürger
einen Richter, der erst nach Beginn des Rechtsstreits oder Verfahrens oder
auf jeden Fall auf der Grundlage von Kriterien ausgewählt wird, die nach
dem Beginn der Auseinandersetzung erarbeitet worden sind, nicht als gesetz-
lichen Richter empfinden. Auf der Grundlage dieser Erfordernisse ist der
Richter gesetzlich, der nach objektiven Kriterien gewählt wird, die bereits vor
Verfahrensbeginn bestanden haben. Dies reicht jedoch nicht aus, um jede
Gefahr zu vermeiden, denn der ordentliche Gesetzgeber könnte dieses Prin-
zip durch die Schaffung von ad hoc-Richtern umgehen, denen die “objekti-
ven, vorher bestehenden Kriterien” dann die Zuständigkeit für bestimmte
Rechtsstreitigkeiten übertragen würden. Unter diesem Gesichtspunkt muss
Art. 25 Absatz eins mit Art. 102 Absatz zwei in Verbindung gebracht werden,
der das Verbot der Bestellung von außerordentlichen Richtern (deren Bestel-
lung eben für bestimmte Verfahren erfolgt) aufstellt.
Was die Unterwerfung des Richters allein unter das Gesetz anbelangt,
ist festzustellen, dass Absatz zwei des Art. 101 ebenfalls eine doppelte Lesart
gestattet. In seiner positiven Form erfüllt er die Erfordernis, die Autonomie
und Unabhängigkeit des Richters zu garantieren, der dadurch nicht dem
Druck vonseiten der anderen Verfassungsorgane ausgesetzt ist und dessen
einzige Unterordnung ausschließlich in der dem Gesetz gegenüber besteht.
Im Gegenlicht betrachtet verwandelt sich diese Garantie in eine Schranke:
denn wenn es wahr ist, dass der Richter nur dem Gesetz unterworfen ist, ist
ebenso wahr, dass er über das Gesetz nicht hinausgehen darf und dass er im
Gesetz die dort festgelegten Wertungsmaßstäbe für die einzelnen konkreten
Fälle suchen und finden muss. Zur weiteren Verstärkung dieser Schranke
bestimmt Art. 111 Absatz sechs, dass der Richter die Gründe seiner Ent-
scheidungen ausdrücklich darzulegen hat, um so nicht nur dem direkten
Empfänger seiner Entscheidung, sondern auch dem Volk selbst, in dessen
Namen die Rechtspflege erfolgt, die Prüfung zu ermöglichen.

3. DIE AUFSICHTSBEHÖRDE DER GERICHTE: DER CSM.

Besondere Aufmerksamkeit hat der Verfassungsgeber dem Problem


der Autonomie und Unabhängigkeit des Richters gewidmet. Zu diesem
Zweck hat er die ordentliche Richterschaft als “einen von jeder anderen
Staatsgewalt autonomen und unabhängigen Stand” ins Leben gerufen (Art.
212 Das italienische Justizsystem

104) und ein Selbstverwaltungsorgan geschaffen: die Aufsichtsbehörde der


Gerichte (den Consiglio Superiore della Magistratura, abgekürzt: CSM, den
Obersten Richterrat), der die gesamte Laufbahn aller Richter anvertraut ist
(Art. 105).
Die Schaffung dieses Organs geht auf eine Debatte der verfassungsge-
benden Versammlung zurück, die Ende 1947 stattfand. Die “Verfassungsvä-
ter” waren sich der Notwendigkeit bewusst, das “Band der Unterordnung”
der Richterschaft unter die Exekutive zu durchtrennen und diese “als einen
Stand (ins Leben zu rufen), der sich selbst verwaltet, d.h. von jeder anderen
Gewalt unabhängig ist” und die Unabhängigkeit seiner Angehörigen gewähr-
leisten würde (Abg. Leone).
Man bestimmte die Aufgaben des Selbstverwaltungsorgans (die der
Abg. Ruini geistreich als “die vier Nägel” bezeichnete): Bestellung, Beförde-
rungen, Disziplin und Versetzungen. Lange wurde über seine Zusammenset-
zung diskutiert. Zwei Thesen standen einander gegenüber. Die eine, die von
der Richterschaft selbst und von denjenigen vorgeschlagen worden war,
denen eine strenge Auslegung der Gewaltenteilung besonders am Herzen lag
(zum Beispiel den Abgeordneten Cortese, Buozzi, Dominedò, Perlingieri
usw.), forderte, dass der CSM nur aus Richtern bestehen sollte, weil nur auf
diese Art und Weise die Gefahr von Fremdeinflüssen (Dominedò) sowie der
“Einmischung der Politik in die einzelnen Entscheidungen, der unrecht-
mäßigen Ausübung von Druck und der Übergriffe auf die Justizbehörden”
(Abg. Caccuri) vermieden würden.
Die andere These ging dagegen von der Überzeugung aus, dass man es
vermeiden sollte, einen eigenständigen Organismus zu schaffen und den
CSM zu einem Despoten der Richterschaft zu machen (Abg. Grassi). Es
sollte die Erfordernis verfolgt werden, eine institutionelle Eintracht zu ver-
wirklichen (Abg. Varani), eine Kontinuität zwischen Gesellschaft und Insti-
tutionen zu sichern und die Justiz einen Hauch des sie umgebenden Lebens
spüren zu lassen (Abg. Leone), sowie die Schaffung eines “Staates im Staat”,
einer “geschlossenen und unerreichbaren Kaste” (Abg. Preti), die “isoliert
und verantwortungsfrei” ist (Abg. Dominedò), ein “Mandarinenamt” (Abg.
Persico), ein vom Verwaltungsapparat des Staates gänzlich getrenntes und
der Kontrolle des Organs der Volksvertretung, den Informationsmedien
und der öffentlichen Meinung selbst entzogenes Organ (Abg. Cappi) zu ver-
hindern. Der in Art. 97 des ursprünglichen Verfassungsentwurfs enthaltene
Vorschlag gab dem CSM eine paritätische Besetzung mit der “zusätzlichen”
Beteiligung des Ersten Präsidenten des Kassationsgerichtshofs als Vizepräsi-
dent. Der Kontrast zwischen der beiden aufgezeigten Positionen mündete in
einen Kompromiss, und in der Nachmittagsitzung des 12.November 1947
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 213

wurde die vom Abg. Scalfaro eingebrachte Abänderung gebilligt: zwei Drit-
tel der Mitglieder sollen Robenträger sein und ein Drittel der Mitglieder
Laien.
Diskussionen gab es auch über den Vorsitz des CSM. Ursprünglich
wurde vorgeschlagen, den Vorsitz oder zumindest den stellvertretenden Vor-
sitz dem Justizminister oder dem Ersten Präsidenten des Kassationsgerichts-
hofs zu übertragen. Diese Vorschläge wurden abgelehnt, um dem CSM eine
absolute strukturelle Unabhängigkeit zu gewährleisten (Abgg. Calamandrei
und Buozzi). Man entschied sich dafür, den Vorsitz dem Staatsoberhaupt als
Garanten seiner Einheit (Abg. Buozzi) zu geben mit einer Lösung, die auch
den Erfordernissen einer “institutionellen Symmetrie” (Abg. Leone) ent-
sprach und der Notwendigkeit zu verhindern, dass der CSM “ein geschlos-
senes und widerspenstiges Organ” werde, eine Art “Komet, der eigenständig
aus seiner verfassungsmäßigen Bahn ausbrechen könnte” (Abg. Calamand-
rei). Im Bewusstsein der Tatsache, dass das Staatsoberhaupt nur bei beson-
deren Anlässen am Ratsleben würde teilnehmen können, dachte man, ihm
ein Hilfsorgan zur Seite zu stellen, das den effektiven Vorsitz des Rates über-
nehmen würde. Auch hierbei dachte man zunächst an den Justizminister
oder an den Ersten Präsidenten des Kassationsgerichtshofs (Abgg. Leone,
Condorelli und Perlingieri); schließlich erreichte man einen Kompromiss
und einigte sich darauf, dass der Vizepräsident des Rates unter den Laien-
mitgliedern gewählt wird.
Die Schaffung des Selbstverwaltungsorgans stellte den Aufgabenbe-
reich des Justizministeriums in ein völlig neues Licht, sodass jemand sogar
seine Abschaffung vorgeschlagen hat (Abg. Patricolo). Dem Minister wurden
hingegen “Restaufgaben” bei der Organisation und Verwaltung der Justiz-
behörden und der Verwaltung, bei der Verbrechensvorbeugung und dem
Strafvollzug sowie bei der Überwachung der Gesetzmäßigkeit des Verhaltens
der Richterschaft übertragen.

4. DAS TÄTIGKEITSFELD DES CSM.

Nach dieser kurzen Darstellung der Gründe, die zur Schaffung des
CSM geführt haben, ist es angebracht, nun in Kürze seine Stellung im Insti-
tutionsgefüge unseres Landes darzustellen.
Gemäß Art. 105 der Verfassung “obliegen nach den Vorschriften der
Gerichtsverfassung dem Consiglio superiore della magistratura Einstellun-
gen, Amtszuteilungen und Versetzungen, Beförderungen und Disziplinar-
maßnahmen gegen Richter”.
214 Das italienische Justizsystem

Es steht außer Zweifel, dass der Rat von der Verfassung als Organ mit
Verfassungsrang beschrieben worden ist. Damit ist verbunden, dass der Rat
durch Verwaltungsakte handelt, die in Italien der Rechtskontrolle durch den
Verwaltungsrichter unterworfen sind (zuletzt bestätigt mit Entscheidung des
Verfassungsgerichts Nr. 419/1995). Diese Lösung bringt einige Schwierigkei-
ten mit sich, vor allem wenn der Rat die Leiter der Justizbehörden ernennt.
In diesen Fällen sieht unsere Gerichtsverfassung nämlich vor, dass die Ernen-
nung im Einvernehmen mit dem Justizministerium erfolgt (diese Lösung hat
das Verfassungsgericht in seiner Entscheidung Nr. 379/1992 für verfassungs-
mäßig befunden). Dies lässt daran denken, dass – zumindest in Fällen
tatsächlichen Einvernehmens (mit einer klaren, auch politischen Bedeutung)
– die Kontrolle des Verwaltungsrichters ziemlich verringert werden sollte.
Im Disziplinarbereich übernimmt der CSM die Rolle eines rechtspre-
chenden Organs. Die Disziplinarrechtsprechung über die Richter wird von
einer aus neun Mitgliedern (sechs Robenträgern und drei Laien) bestehen-
den Kammer des Rates wahrgenommen, deren Entscheidungen der Recht-
mäßigkeitskontrolle durch den Kassationsgerichtshof unterworfen sind.
Demzufolge ist das letzte Wort in die Richterschaft betreffenden Disziplinar-
sachen dem obersten Organ der Richterschaft selbst übertragen.
In diesem Zusammenhang ist es angebracht hervorzuheben, dass die ita-
lienische Rechtsordnung keine typischen Formen von Disziplinarvergehen,
sondern eine allgemeine Annahme vorsieht – die davon geleitet ist, dass der
Richter des Vertrauens unwürdig wird, das er genießen soll, oder dass er das
Ansehen der Richterschaft beeinträchtigt – der Art, dass es dann Aufgabe des
Disziplinarrichters ist, von Fall zu Fall beurteilen zu müssen, ob das Vertrau-
en verletzt oder das Ansehen beeinträchtigt wurde, und die der Schwere des
nachgewiesenen Vergehens angemessene Strafe festzustellen (Ermahnung,
Verweis, Verlust von Dienstalter, Amtsenthebung, Amtsentlassung).
Die Erfahrung dieser vierzig Jahre hat letztlich gezeigt, dass der CSM
seinen Zuständigkeitsbereich über den Erlass von Rundschreiben, Regelun-
gen und Richtlinien mit externer Gültigkeit sowie manchmal mit Akten poli-
tischer Tendenz zunehmend ausgeweitet hat. Mit Bezug auf die Rundschrei-
ben, Regelungen und Richtlinien hat man von einer paranormativen Tätig-
keit gesprochen, die häufig so weit führte, dass die geltende Gesetzgebung
ausgelegt und mitunter integriert wurde, und zwar mit Auswirkungen, die
zwar keine bindende Rechtkraft haben, aber doch in der Lage sind, sowohl
die Bedeutung der Ratsakte als auch “das Verhalten ihrer potentiellen Emp-
fänger” (Sorrentino) zu konditionieren.
Diese Entwicklung hat im Mittelpunkt lebhafter Diskussionen gestan-
den.
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 215

5. DIE MÖGLICHEN FORMEN EINER DRUCKAUSÜBUNG AUF DEN RICHTER.

Geringe Aufmerksamkeit oder gar keine widmeten die Verfassungsge-


ber anderen Formen des Drucks, die die “Neutralität” des Richters beein-
flussen können. Diese Formen des Drucks können folgendermaßen zusam-
mengefasst werden: a) Druck aus den Reihen der Richterschaft selbst; b)
Druck aufgrund besonderer Beziehungen des Richters zum Streitfall oder zu
einer der beteiligten Parteien; c) Druck aufgrund bestimmter Ideologien
bezw. spezifischer: aufgrund politischer Bindungen oder Bindungen zu Ver-
einigungen; d) oder als letztes – von organisierten Gruppen ausgeübter
Druck.

A) Bisher wurde der in Absatz drei von Art. 107 enthaltenen Bestim-
mung, derzufolge “die Richter sich nur nach den ausgeübten Ämtern unter-
scheiden”, absoluter Vorrang eingeräumt, um eine praktische Annullierung
der Laufbahn zu erreichen, die heute fast automatisch ist und bis zum
Dienstgrad des Kassationsrats, der zur Wahrnehmung leitender Funktionen
befähigt, offene Amtsbesetzungen zulässt, da die tatsächlich ausgeübten
Ämter vom Dienstgrad losgelöst sind (so kann der Fall eintreten, dass ein
Richter eines beliebigen Kleinstadtgerichts die gesamte Berufslaufbahn bis
zum Kassationsrat durchläuft, ohne jemals seinen ursprünglichen Dienstsitz
zu verlassen). Die Gründe für diese gesetzgeberische Entwicklung sind in der
Tatsache zu suchen, dass das vorherige System die Richter der Macht der
Behördenleiter unterwarf, sie zur Konformität mit den Entscheidungen des
Kassationsgerichtshofs anhielt und sie angreifbar machte, wenn sie Karriere-
wünsche gehabt hätten. Diesen Gründen ist nichts entgegenzusetzen. Anzu-
zweifeln ist jedoch, ob der zur Lösung eingeschlagene Weg der beste gewe-
sen ist. Das Verfassungsgericht (Entscheidung Nr. 87/1982) hat nicht zufällig
Art. 23, Absatz zwei Gesetz vom 24.März 1958, Nr. 195, in dem Teil für ver-
fassungswidrig erklärt, wo er bestimmte, dass die Kassationsrichtern vorbe-
haltenen Sitze im CSM von “Richtern (eingenommen werden könnten), die
zwar den Dienstgrad innehaben, die entsprechenden Funktionen jedoch
noch nicht wahrnehmen”. Das Verfassungsgericht hat so bestätigt, dass es,
um in den CSM gewählt zu werden, nicht ausreichend ist, dass die Kassati-
onsrichter die Eignung zur Ausübung der entsprechenden Funktionen besit-
zen, sondern sie effektiv wahrnehmen müssen.

B) Die besonderen Beziehungen zum Streitfall oder zu den Parteien


werden (nicht von der Verfassung, sondern) von der Prozessordnung
bedacht. Die §§ 51 ff. der Zivilprozessordnung und 37 ff. der Strafprozess-
216 Das italienische Justizsystem

ordnung regeln die Befangenheitserklärung und die Ablehnung des Richters


und legen die (einander entsprechenden) Fälle fest, in denen der Richter die
Pflicht hat, sich für befangen zu erklären, oder die Partei das Recht, seine
Ablehnung zu fordern (dabei handelt es sich um Interessen-, Verwandt-
schafts-, besondere Freundschafts-, Feindschafts-, Schuld- oder Forderungs-
beziehungen bezw. die Möglichkeit, dass der Richter Gelegenheit gehabt
habe, seine Meinung zum Fall zum Ausdruck zu bringen).
Das Thema der richterlichen Befangenheit und der Ablehnung hat in
den vergangenen Jahren besondere Bedeutung gewonnen, denn je weiter die
gerichtliche Kontrolle in die Begebenheiten der Lebens vordringt, desto rigo-
roser muss die Beurteilung der Unparteilichkeit des Richters sein. Es versteht
sich von selbst, dass sich das Problem vor allem und in erster Linie beim
Strafprozess stellt, für dessen Bereich das Verfassungsgericht die Verfas-
sungswidrigkeit von § 34 Abs.2 Strafprozessordnung erklärt und eine Situa-
tion der Inkompatibilität erkannt hat zwischen dem Richter, der die Unter-
suchungshaft ausgesprochen hat, und dem Richter, der Mitglied des Richter-
kollegiums der Verhandlung ist (siehe die Entscheidungen Nr. 432/1995 und
dann Nr. 131/1996 und Nr. 155/1996). Gleich darauf begann man an der
Verfassungsmäßigkeit des Paragraphen 51 Abs.1 Nr. 4 Zivilprozessordnung
zu zweifeln, und zwar in dem Teil, der keinen spezifischen Inkompatibi-
litätsgrund darin erkennt, dass ein Richter in der Tatsacheninstanz ein Ver-
fahren führt und entscheidet, über dessen Streitigkeit er bereits in der Phase
des vor Einleitung der Sachklage stattgegebenen Sicherstellungsverfahrens
Kenntnis erhalten hat. Das Verfassungsgericht hat diese Klage zurückgewie-
sen (Entscheidung Nr. 326/1997, bekräftigt mit der Verfügung vom 9.Juli
1998, Nr. 315) und den Standpunkt vertreten, dass sich das Sicherstellungs-
verfahren bei seinem normalen Einsatz auf eine zusammenfassende Kenntnis
stützt, die die Entscheidungsfindung zur Sache nicht beeinträchtigt, da diese
erst auf der Grundlage der Ergebnisse einer umfassenden Kenntnisnahme
erfolgt. Konkret kann sich ein Problem also nur dann stellen, wenn der Rich-
ter des Sicherstellungsverfahrens unter Abweichung von der normalen Pra-
xis Untersuchungen anstellt, die das darauf folgende Erkenntnisnahmever-
fahren des Sachinstanzrichters beinahe überflüssig macht. In diesem Fall
muss der Richter – so das Verfassungsgericht – erwägen, ob nicht schwer wie-
gende Gründe dafür vorliegen, beim Leiter der Dienststelle die Genehmi-
gung seiner Freistellung wegen Befangenheit zu beantragen.
Auf dieser Grundlage wurden die Verfassungsklagen zu § 669-octies Zivil-
prozessordnung (Verfügung vom 20.Mai 1998, Nr. 193) und § 354 Zivilprozess-
ordnung zurückgewiesen (letzterer gestattet es dem Richter der Anfechtungs-
klage, in bestimmten Fällen die Klage an denselben Richter zurückzuverweisen,
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 217

der die angefochtene Entscheidung erlassen hat: Entscheidung Nr. 341/1998);


zu § 186-quater Zivilprozessordnung (der es demselben Richter, der die so gen.
Nachuntersuchungsentscheidung erlassen hat, gestattet, das Urteil zu verkün-
den: Entscheidung Nr. 168/2000); zu § 703 Zivilprozessordnung (für den Teil,
der es dem Richter, der die possessorische Verfügung erlassen hat, gestattet, das
darauf folgende Sachverfahren zu verhandeln: Entscheidung Nr. 120/2000); zu
§ 24 Arbeiterschutzgesetz (für den Teil, der es dem Richter, der die Sofortmaß-
nahme erlassen hat, gestattet, vom Einspruch Kenntnis zu erhalten: Entschei-
dung Nr. 387/1999) und zu §§ 98 und 146 Konkursgesetz (für den Teil, in dem
sie es gestatten, dass der Konkursrichter von Einspruchsklagen gegen die Schul-
denaufstellung und den von ihm zugelassenen Haftungsklagen Kenntnis hat:
Entscheidungen Nr. 167/2001 und 176/2001).
Auch aus dieser knappen Übersicht wird deutlich, dass das Verfas-
sungsgericht, nachdem es zunächst vielleicht zu stark das Pedal eines forma-
len Garantismus gedrückt hatte, nun – im Zivilprozess – die Bremse zog und
versucht, bei Vorliegen einer Situation, die die Unparteilichkeit des Richters
konkret beeinträchtigt, ein Gleichgewicht zu finden.

B1) Die lebhafte Auseinandersetzung, die in den vergangenen Jahren


vor allem in Bezug auf den Strafprozess geführt wurde, hat ihren Nieder-
schlag in einer Änderung des Art. 111 Verfassung gefunden, der, um der
Bedeutung der Unparteilichkeit des Richters maximal Nachdruck zu verlei-
hen, auf Verfassungsebene die Notwendigkeit bekräftigt hat, dass das Ver-
fahren in streitiger Verhandlung vor einem neutralen und unparteiischen
Richter stattfindet und dass im Strafprozess der Beweis in der Verhandlung
zu erbringen ist.
Die anschließende gewöhnliche Gesetzgebung wurde angewiesen, diese
Prinzipien konkret zu verwirklichen. Unter den jüngsten Gesetzen sei hinge-
wiesen auf:
1. das Gesetz vom 7.Dezember 2000, Nr. 397, über verteidigende Ermittlun-
gen, das das Prinzip der Gleichheit der Parteien hinsichtlich des Beweis-
rechts verwirklicht;
2. das Gesetz vom 1.März 2001, Nr. 63, das die strafprozessliche Regelung
betreffs Beweisbildung und –würdigung angeglichen hat;
3. das Gesetz vom 6.März 2001, Nr. 60, das die Regelung betreffs Pflichtver-
teidigung unter dem Aspekt einer vollendeten Realität der streitigen Ver-
handlung im Strafprozess geändert hat;
4. das Gesetz vom 29.März 2001, Nr. 134, das die Bestimmungen über die
Verteidigung auf Kosten des Staates für Nichtbemittelte im Hinblick auf
ein wirksames Recht auf Verteidigung geändert hat.
218 Das italienische Justizsystem

C) Keine Vorschrift besagt, dass der Einfluss von Ideologien und der
Zugehörigkeit zu Vereinigungen oder politischen Parteien die Unparteilich-
keit des Richters beeinträchtigen kann. Nur Art. 98 Abs.3 Verfassung besagt,
dass “per Gesetz für die Richter Einschränkungen des Rechts auf die Mit-
gliedschaft in Parteien festgelegt werden können”. Es ist jedoch unbestreit-
bar, dass nicht die Mitgliedschaft in Parteien seine Unparteilichkeit
schmälert, sondern die Unfähigkeit des Richters – und somit also ein inneres
und unkontrollierbares Problem seines Gewissens –, seine eigene ideologi-
sche Überzeugung vor einer objektiven und unpersönlichen Beurteilung
eines Streitfalls zurücktreten zu lassen (so dass, wenn man bisweilen ver-
suchte, die politische Einstellung oder Zugehörigkeit zu Vereinigungen eines
Richters zu den Befangenheitsgründen zu zählen, dies ein Symptom eines
Unbehagens oder des Eindrucks ist, dass die Richter nicht immer in der Lage
sind, ein Verfahren und ihre persönlichen Einstellungen klar voneinander zu
trennen).

D) Es sind auch keine Instrumente vorgesehen, um zu vermeiden, dass


der Richter durch Druckmittel beeinflusst (man denke an die Presse- und
Fernsehkampagnen) und so die Objektivität seiner Entscheidung beein-
trächtigt werden kann. Die einzigen Bestimmungen, die in gewisser Hinsicht
mit dem hier angesprochenen Thema in Verbindung stehen, sind § 114, der
das Verbot einer Veröffentlichung bestimmter Akten regelt (in der früheren
Strafprozessordnung wurde dieser Gegenstand von § 164 geregelt), und §
329 der neuen Strafprozessordnung über die Geheimhaltungspflicht.
Tatsächlich wurden in den letzten Jahren die wiederholten kritischen
Kampagnen der “Medien” und der Politiker gegen die Tätigkeit der Richter
zunehmend häufiger. Als der CSM die Gefahr erkannte, dass dies die Glaub-
würdigkeit des Richters hinsichtlich der Ausübung seiner konkreten Funk-
tionen erschüttern könnte, hat er “zu seinem Schutz” Akten angelegt, mit
denen er nach einer genauen Rekonstruktion der Angelegenheit dem Richter
jedes Mal sein Vertrauen bestätigt, wenn sich zu dessen Lasten keine Anzei-
chen einer Verantwortung ergeben haben.
Paragraph 114 hat die Hinweise des Verfassungsgerichts (Entscheidung
Nr. 65/1965) berücksichtigt, die die Notwendigkeit in den Vordergrund
gestellt hat, das Grundprinzip zu befolgen, demzufolge die Information der
Öffentlichkeit auf jeden Fall zu gewährleisten ist. Der Gesetzgeber hat
jedoch dem Gedanken des Verfassungsgerichts nicht voll und ganz entspro-
chen, denn dieses hat mit seiner Entscheidung Nr. 65/1965 den § 114 Absatz
3 Zivilprozessordnung in dem Teil für verfassungswidrig erklärt, wo dieser
die Öffentlichkeit der in der Akte für die Verhandlung enthaltenen Unterla-
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 219

gen einschränkte, die der Richter erklärtermaßen kennen muss. Aber das
Thema der heiklen Beziehung zwischen Justiz und Information ist sozusagen
in fieri und somit Gegenstand ständig neuer Vorschläge für gesetzliche Ein-
griffe.

6. DIE ENTSCHEIDUNGEN DES VERFASSUNGSGERICHTS.

Eine Analyse der Bestimmungen allein ist kaum in der Lage, ein
erschöpfendes und bezeichnendes Bild des von der Verfassung eingeführten
Systems zu geben, wenn diese Analyse nicht um eine Untersuchung der Art
und Weise angereichert wird, wie diese Normen durch das konkretisierende
Wirken des Verfassungsgerichts die gewöhnliche Gesetzgebung beeinflusst
haben. Insbesondere hat sich das Verfassungsgericht neben dem Thema des
Rechts auf Verteidigung mehrmals mit dem des gesetzlichen Richters und der
Gewährleistung der Unabhängigkeit der Sonderrichter auseinandergesetzt.
Wir haben bereits gesehen, dass die Geschäftssachen normalerweise
den ordentlichen Richtern anvertraut werden, die in einer autonomen und
unabhängigen Berufskammer unter der Leitung des CSM zusammengefasst
sind. Die Verfassung sieht in Art. 103 andere Justizorgane mit spezifischen
Zuständigkeiten vor: den Staatsrat und die anderen Organe der Verwal-
tungsgerichtsbarkeit für den Schutz der rechtmäßigen Interessen gegenüber
der Öffentlichen Verwaltung und in bestimmten Sachbereichen für den
Schutz von Rechtsansprüchen; den Rechnungshof für die Angelegenheiten
der staatlichen Rechnungsführung und für andere per Gesetz festgelegte
Bereiche; die Militärgerichte, in Friedenszeiten für die von den Angehörigen
der Streitkräfte begangenen Militärstraftaten und in Kriegszeiten im Bereich
der vom Gesetz festgelegten Rechtsprechung (es scheint, dass das Verfas-
sungsgericht der Ansicht ist, dass die Zuständigkeit der Militärgerichte in
Friedenszeiten vom Gesetzgeber zugunsten der ordentlichen Rechtspre-
chung aufgehoben werden kann, wenn berechtigte Gründe vorliegen: Ent-
scheidung Nr. 90/2000).
Die Verfassung hat die Einführung von Sonderrichtern verboten (Art.
102 Absatz zwei) und bezüglich der bereits existierenden Sonderrichter mit
der VI. Übergangsbestimmung festgelegt, dass innerhalb von fünf Jahren ab
Inkrafttreten der Verfassung eine Revision der damals bestehenden Sonder-
organe der Gerichtsbarkeit vorgenommen werden würde. Da diese fünf
Jahre rasch verstrichen, ohne dass der Gesetzgeber diese Revision vorge-
nommen hatte, stellte sich dem Verfassungsgericht ein erstes Auslegungspro-
blem: Hatte der ungenutzte Ablauf der fünf Jahre alle bereits vorhandenen
220 Das italienische Justizsystem

Sonderrichter zu einer verfassungswidrigen Einrichtung gemacht, oder


gestattete er es, dass sie unverändert fortbestehen konnten? Der Gerichtshof
hat sich für die zweite Lösung entschieden und vertrat die Auffassung, dass
die Verfassung eine indirekte Kompatibilität dieser Richter mit dem System
implizit anerkannt habe. Auf diese Art und Weise hat es jedoch die weitere
Mühe auf sich genommen und musste entscheiden, ob die für die einzelnen
Gerichtsbarkeiten maßgebenden Gesetze in ausreichendem Maße die Unab-
hängigkeit der Richter gewährleisteten (so wie in Art. 108 Absatz zwei ange-
führt) und zugleich die in Art. 24 Absatz eins und Art. 113 Absatz zwei
Zusammengefasste Bestimmungen angeführten Voraussetzungen erfüllt wür-
den, um den Bürgern den vollen Rechtsschutz zu gewährleisten.
Die Verfassung hat nur für die ordentliche Richterschaft ein Selbstver-
waltungsorgan vorgesehen. Für die anderen Gerichtsbarkeiten (die Verwal-
tungs-, Rechnungs- und Militärgerichtsbarkeit) gilt Art. 113, demgemäß die
entsprechenden Ordnungen dem gesetzlichen Vorbehalt unterworfen sind,
dem es zusteht, die Unabhängigkeit der Richter zu sichern. So stellt sich auch
für sie die Notwendigkeit zu überprüfen, ob die Garantien ausreichend sind.
Einige Zweifel, die sich in bezug auf die Militärgerichte erhoben, hat das Ver-
fassungsgericht für nicht begründet angesehen (siehe Entscheidungen Nr.
542/2000 und Nr. 116/1999).

A) Wenn das Verbot der Einführung des Sonderrichters die notwendi-


ge Vervollständigung der Garantie des neutralen und unabhängigen Richters
darstellt, ist auch wahr, dass der Bestellung des Sonderrichters häufig kon-
krete und nicht zu vernachlässigende Bedürfnisse zugrunde liegen: denn die
Eigenart einiger Rechtsgeschäfte setzen beim Richter Fachwissen und beson-
dere Sensibilität voraus, die ein Richter der ordentlichen Gerichtsbarkeit
normalerweise nicht aufweisen kann. Um diesen Bedürfnissen zu entspre-
chen, hat Art. 102 Absatz zwei festgelegt, dass “nur an ordentlichen Gerich-
ten spezialisierte Kammern für bestimmte Fachgebiete eingerichtet werden
dürfen, in denen auch geeignete Bürger, die keine Richter sind, mitwirken”.
Auf diese Weise wird die spezialisierte Kammer ein ordentlicher Rich-
ter, auch wenn sie in besonderer Art zusammengesetzt ist. Die Besonderheit
der Zusammensetzung darf jedoch nicht dergestalt sein, dass das Verbot der
Einführung von Sonderrichtern heimlich umgangen wird. Deshalb wurde die
Frage aufgeworfen, ob eine Zusammensetzung, bei der die Robenträger insti-
tutionell in der Minderheit sind, mit dem System vereinbar ist oder nicht. Die
Antwort war unter der Bedingung bejahend, dass andere Funktionseigen-
schaften der Kammer die Annahme gestatten, dass dieses Verbot nicht
umgangen wird (und hierzu sind die Einstufung des spezialisierten Richters
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 221

und das System zur Kontrolle seiner Entscheidungen von besonderer Bedeu-
tung). Im Gegensatz dazu hat der Gerichtshof die Normen für verfassungs-
widrig erklärt, die eine Bestellung externer Mitglieder “jeweils” für die ein-
zelnen Streitfälle vorsehen (Entscheidung Nr. 83/1998). Die wichtigsten
heute tätigen Fachkammern sind: das Jugendgericht, die Regionalgerichte für
Wasserrecht, die Landwirtschaftsfachkammern, die am Berufungsgericht
Rom eingerichtete Sonderkammer für die Untersuchung von Beschwerden
gegen die Entscheidungen der Liquidationskommissare für Gebrauchsrech-
te. Gerichtskammern, die als Arbeitsgerichte dienen, sind weder Sonderrich-
ter noch Fachkammern, denn ihre Zusammensetzung weicht in keiner Weise
von den anderen Kammern ab (und dies, obwohl das Gesetz den “Arbeits-
rechtskammern” an den Gerichten und an den Berufungsgerichten besonde-
re Bedeutung beimisst: siehe §§ 38 und 39 Gesetzesverordnung vom
19.Februar 1998, Nr. 51).

B) Bei speziellerer Betrachtung der Gewährleistung des gesetzlichen


Richters musste das Verfassungsgericht festlegen, ob besondere, von unserer
Rechtsordnung vorgesehene Institute zu diesem Prinzip im Widerspruch ste-
hen oder nicht.
Eines der ersten, dem Gerichtshof zur Prüfung unterbreiteten Institute
war das der Verweisung eines Strafverfahrens an einen anderen Richter aus
Gründen der öffentlichen Ordnung oder aufgrund gerechtfertigten Ver-
dachts (§§ 55 ff. Strafprozessordnung). Obwohl der Gerichtshof (Entschei-
dungen Nr. 50 und 109/1973) diese Regelung für verfassungsgemäß aner-
kannt hatte, veranlassten einige durchaus anfechtbare Anwendungen dieses
Instituts den Gesetzgeber dazu, diese zu ändern und dem Kassationsge-
richtshof strengere Einschränkungen bei der Wahl des Richters ad quem auf-
zuerlegen (ein Richter unter denen im Bezirk desselben Berufungsgerichts,
dem der ursprünglich zuständige Richter angehört, oder aus einem benach-
bart gelegenen Berufungsgericht: § 58 Absatz drei Strafprozessordnung,
geändert durch § 1 Gesetz vom 15.Dezember 1973, Nr. 773). Heute wird die-
ses Thema ex nuovo von §§ 45 ff. der neuen Strafprozessordnung geregelt.
Man hat auch daran gezweifelt, ob die Änderungen der Zuständigkeits-
kriterien – z.B. durch die Abschaffung von Gerichtsbehörden oder die Ände-
rungen der lokalen Zuständigkeitsgebiete – zu einer Verletzung des in Art. 25
Verfassung aufgestellten Prinzips führen können. Das Verfassungsgericht
(Entscheidung Nr. 56/1967) hat dieses Problem für unbegründet gehalten
und festgestellt, wie die Gewährleistung des gesetzlichen Richters nicht zu
einer definitiven Kristallisierung der zum Zeitpunkt des Inkrafttretens der
Verfassung bestehenden Zuständigkeiten führen könne und dass Änderun-
222 Das italienische Justizsystem

gen der konkreten Erfordernisse und offensichtliche Funktionalitätsgründe


sehr wohl zu Umstrukturierungen der Justizbehörden zwingen können,
sofern diese Änderungen nicht in bezug auf einzelne und spezifische Streit-
fälle vorgenommen werden, sondern ganze Geschäftsklassen betreffen.
Stets im Gegensatz zu Art. 25 Absatz eins wurde in Zweifel gestellt, dass
die Befugnis der Behördenleiter rechtmäßig ist, im Falle einer dauerhaften
Verhinderung einen Richter mit einem anderen zu ersetzen oder im Falle
einer vorübergehenden Verhinderung eine Vertretung zu ernennen. Der
Gerichtshof hielt die Klage für unbegründet und wies darauf hin, dass den
Leitern der Gerichtsbehörden bei der Erfüllung der Amtserfordernisse ein
gewisser Ermessensspielraum nicht genommen werden darf und dass die
Verhinderung eines Richters, der ersetzt oder vertreten werden muss, ein aus-
reichender objektiver Grund ist, die Ausübung von Leitungsbefugnissen zu
rechtfertigen (Entscheidungen Nr. 156/1963 und Nr. 173/1970), vorausge-
setzt, dass die Ausübung dieser Befugnis den festgelegten Kriterien ent-
spricht und mit begründeten Verfügungen erfolgt (Entscheidungen Nr.
392/2000; Nr. 571/2000). Aber dieses Thema ist recht heikel, was schon da-
raus ersichtlich wird, dass der Gesetzgeber mehrmals (siehe Dekret des Prä-
sidenten der Republik Nr. 449/1988; Gesetzesverordnung Nr. 273/1989;
Gesetz Nr. 133/1998) Änderungen an den die Vertretungen und Verwen-
dungen regelnden §§ 97 ff. Gerichtsverfassung vorgenommen hat.
Aus denselben Gründen wurde die Befugnis der Amtsleiter gerechtfer-
tigt, die Justizbehörden jährlich mit der Ausarbeitung der so gen. Tabellen zu
strukturieren, sie dabei in Kammern zu untergliedern, diesen die Richter
zuzuteilen und die internen Zuständigkeiten festzulegen (Entscheidungen
Nr. 146/1969 und vor allem Nr. 392/2000). Besonders werden die Zwei-Jah-
res-Tabellen von den Präsidenten der Berufungsgerichte vorschlagen, die
nach Anhören der Justizräte vom CSM beschlossen und dann in ein Dekret
des Justizministers aufgenommen wurden (§ 7-bis Kgl. Dekret vom 30.Janu-
ar 1941, Nr. 12, ergänzt durch § 3 Dekret des Präsidenten der Republik vom
22.September 1988, Nr. 449, anschließend geändert mit § 6 Gesetzesverord-
nung vom 19.Februar 1998, Nr. 512, und mit § 57 Gesetz vom 16.Dezember
1999, Nr. 479).
Eine weitere in Frage gestellte Befugnis der Leiter der Gerichtsbehör-
den war die, den Kammern und/oder Richtern einzelne Geschäfte zuzuteilen
(die so gen. Beauftragung).
Der Gerichtshof hielt die Frage für unbegründet und merkte an, dass
der Ermessensspielraum der Leiter der Gerichtsbehörden bei der Erfüllung
amtlicher Erfordernisse zwar beschränkt, aber nicht vollständig aufgehoben
werden kann (siehe Entscheidung Nr. 272/1998). Insbesondere wurde aner-
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 223

kannt, dass allgemein eine Unvereinbarkeit zwischen gesetzlicher Vorausbe-


stimmung des Richters und freiem Ermessen in bezug auf seine konkrete Ein-
setzung besteht; es wurde weiter festgestellt, dass sich der Ermessensspiel-
raum der Leiter der Gerichtsbehörden bei der Geschäftszuteilung allein auf
die Erfüllung objektiver und unumgängliche Diensterfordernisse richten darf
mit dem Ziel, die Arbeit der Behörde zu ermöglichen und ihre Effizienz zu
begünstigen, während alle anderen Zwecke ausgeschlossen bleiben (Ent-
scheidung Nr. 272/1998). Auf der Grundlage dieser Weisungen teilt sich das
Problem in zwei Fragekomplexe: a) auf welche Art und Weise kann sicher-
gestellt werden, dass der Ermessensspielraum der Amtsleiter in Funktion von
objektiven Erfordernissen ausgeübt wird; b) welche Konsequenzen zeitigt
eine nicht korrekte Ausübung dieser Befugnis? Da hinsichtlich des zweiten
Fragekomplexes unvermeidlich in dem Sinne geschlossen werden muss, dass
eine gegebenenfalls nicht umsichtige und nicht korrekte Ermessensentschei-
dung keine Auswirkungen auf das Verfahren hat, es sei denn, dass Gründe
für eine Befangenheit oder Ablehnung des Richters vorliegen, neigt man
dazu, eine Lösung a priori zu finden, indem das Ermessen bei der Geschäfts-
verteilung durch den Einsatz automatischer Kriterien ausgeschaltet wird;
obwohl auch die automatische Verteilung unabhängig vom angewandten Kri-
terium zu Nachteilen von nicht geringem Ausmaß führen kann. Der CSM hat
deshalb mit Rundschreiben eingegriffen, die auf eine Einschränkung der
Befugnisse der Behördenleiter hinwirkten; einer von ihnen betrachtete sich
dadurch als in seinem Kompetenzbereich verletzt und strengte einen Zustän-
digkeitskonflikt an. Der Gerichtshof erklärte die Klage für unzulässig und
unterstrich, dass die Zuständigkeiten bei der Zuteilung der Richter für die
Bearbeitung der einzelnen Verfahren mit den Einschränkung des von Ver-
fassungsnormen festgelegten Kompetenzbereichs nichts zu tun haben, da sie
ausschließlich in die Organisation und Ordnung betreffenden Gesetzesbe-
stimmungen geregelt und begründet sind (Entscheidung Nr. 90/1996).
Die Paragraphen 3 und 4 Dekret des Präsidenten der Republik vom
22.September 1988, Nr. 449, und die späteren Änderungen haben dann in
das Gerichtsverfassungsgesetz (das Kgl. Dekret Nr. 12/1941) den bereits
angesprochenen § 7-bis und § 7-ter eingefügt und den Komplex der Tabel-
len der in Kammern gegliederten Gerichtsbehörden, der Zuteilung der ein-
zelnen Richter zu den Kammern, der Bildung der Richterkollegien und der
Kriterien für die Zuteilung von Strafsachen sowie für die Ersetzung von ver-
hinderten Richtern geregelt. Und da § 33 Absatz zwei Strafprozessordnung
festlegt, dass diese Bestimmungen nichts mit der Befähigung des Richters zu
tun haben, wurde durch den Zweifel, dass diese Ordnung Art. 25 Verfassung
verletze, die Frage ihrer Verfassungsmäßigkeit aufgeworfen. Der Gerichtshof
224 Das italienische Justizsystem

bestätigte seine allgemeinen Tendenzen in dieser Sache und verwarf die


Klage, wobei er feststellte, dass das Verfassungsprinzip der Vorausbestim-
mung des Richters nicht beinhaltet, dass die Zuteilungskriterien für die ein-
zelnen Verfahren im Bereich der zuständigen Justizbehörde notwendigerwei-
se Grundelemente der allgemeinen Befähigung des Richters sein müssen
(Entscheidungen Nr. 419/1998; Nr. 392/200)

7. EINIGE ABSCHLIESSENDE ANMERKUNGEN.

Wir sind der Ansicht, dass der Leser des civil law keineswegs darüber
überrascht sein wird, dass in Italien ein so detaillierter und minuziöser Geset-
zeskomplex entstanden ist, um die Unabhängigkeit, die Autonomie und die
Unparteilichkeit des Richters zu gewährleisten, und er wird auch die gewis-
senhafte – vielleicht übermäßige – Sorgfalt zu schätzen wissen, mit der das
Verfassungsgericht eingegriffen hat, um die Normen des geschriebenen
Rechts zu klären, zu präzisieren und zu ergänzen.
Daraus entsteht ein Bild “lebendigen Rechts“, das wahrscheinlich
den Juristen des common law nicht ohne einige Schwierigkeit werden ver-
stehen können. Dies liegt an dem tiefgreifenden Unterschied zwischen den
beiden Systemen – auch hinsichtlich der Rechtspflege. In England etwa
fällt die Ernennung (und Beförderung) der Richter in den Zuständigkeits-
bereich des Lordkanzlers und – bei höheren Ämtern – des Premiermini-
sters und des Königs, und zwar auf der Grundlage freien Ermessens, und
die Disziplinarkontrolle der Richter bedient sich ganz informeller Mecha-
nismen. Die Engländer selbst gestehen ein, dass es einen Grund dafür
geben könnte, warum die Regierung oder die anderen Machtzentren unan-
gemessenen Druck auf die Justizgewalt ausüben, aber sie akzeptieren die
Gefahr aufgrund einer Überlegung, die der Jurist vom europäischen Kon-
tinent niemals teilen könnte. Das System, sagen sie, gründet auf Vertrau-
en, und die Richter haben bisher das in sie gesetzte Vertrauen zu würdigen
gewusst, denn sie waren sich stets der Tatsache bewusst, dass, wenn ihr
Verhalten Anlass zu Kritk gäbe, sie als erste ihre Unabhängigkeit unter-
graben würden.
Andererseits, fügen sie hinzu, kann kein von der Verfassung gewährlei-
steter Schutz verhindern, dass die Angehörigen der Regierung eines Landes
auf die Justiz Druck ausüben oder Einfluss nehmen, wenn die Kultur des
Volkes das erlaubt, während in England die Unabhängigkeit der Richter
nicht nur ein bloßer Slogan ist, sondern ein im Bewusstsein aller Bürger ver-
wurzeltes Prinzip.
Probleme bei der Anwendung des geltenden Systems 225

Auch in Amerika sieht es nicht viel anders aus. Vor ein paar Jahren
wurde in diesem Land eine Kommission ins Leben gerufen, um eventuelle
Neuerungen für die Disziplinarregeln und die Absetzung von Bundesrich-
tern zu erarbeiten. Die Gelegenheit bot die Tatsache, dass vor dem Jahre
1983 kein einziger Bundesrichter je einer Straftat bezichtigt worden war,
während nach diesem Datum fünf Richter angeklagt und vier verurteilt wor-
den sind (eine Entwicklung, die die Bürger der Vereinigten Staaten auch dem
damals raschen Anstieg der Zahl der Bundesrichter zugeschrieben haben).
Nun, diese Kommission schloss ihre Arbeiten im Juli 1983 ab und äußerte
die Meinung, dass das bestehende System keiner Reform bedürfe, da es einen
Verfassungsstandard aufweise, der seinen Zwecken sehr wohl gerecht wird.
Auf der Grundlage dieser knappen Verweise ist der Schluss unvermeid-
lich, dass der eigentliche Unterschied zwischen civil-law- und common-law-
Systemen in einer unterschiedlichen Einstellung zum Problem der Unabhän-
gigkeit und Unparteilichkeit der Justiz besteht. In den civil-law-Systemen
erwächst das Bedürfnis nach einer miuziösen und analytischen Regelung aus
einer kulturellen Haltung des Misstrauens gegenüber dem Mitbürger und
insbesondere dem Richter gegenüber, was man versucht, durch strenge Rege-
lungen und im Voraus festgelegte Verfahren auszugleichen. In den Systemen
des common law wird dieses Bedürfnis nicht empfunden, und man versucht
stattdessen zu gewährleisten, dass Richter ernannt werden, die das in sie
gesetzte Vertrauen würdigen.
Kann es je zu einer Angleichung dieser beiden Kulturen kommen? Die
Entwicklung der Institutionen der Justiz bewegt sich auf die Vereinheitli-
chung zu, denn immer mehr werden wir zu Bürgern, heute Europas, und
morgen der Welt. Dies berechtigt uns zur Hoffnung, dass diese Angleichung
kommen möge – und uns auf jeden Fall anhält, daran zu arbeiten, dass sie in
nicht allzu weit entfernter Zukunft Wirklichkeit wird.

Text und Überarbeitung: Vizepräsident Prof. Giovanni Verde

Potrebbero piacerti anche