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I quiz di chimica rappresentano una percentuale non indifferente del test di am-
missione ed il loro superamento costituisce una parte importante della prova.
Ogni argomento di teoria è stato corredato da numerosi testi di quiz presi dalle
prove di ammissione degli anni precedenti e da una serie consistente di esercizi
che devono servire di aiuto all’adeguata comprensione degli argomenti svolti
nella parte teorica.
Lo svolgimento dei quiz rimanda sempre al paragrafo della teoria a livello del
quale viene trattato l’argomento la cui corretta comprensione è necessaria per la
corretta comprensione dell’argomento stesso.
L’atomo Z A Isotopia Elementi Unità di massa atomica
5s 5p ... 2 6 ...
4s 4p 4d 4f 2 6 10 14 (32)
3s 3p 3d 2 6 10 (18)
2s 2p 2 6 (8)
1s 2 (2)
Esiste un quarto numero quantico, numero quantico magnetico di spin, simbolo ms, che può
𝟏 𝟏
assumere due soli valori, + 𝟐 e − 𝟐, il quale in pratica esprime il fatto che su una qualsiasi or-
bita non si possono mai avere più di due elettroni per i quali ms deve assumere valori opposti.
Ciò equivale ad affermare che in un atomo non possono esistere due elettroni che abbiano tut-
ti e quattro i numeri quantici uguali (principio di Pauli o principio di esclusione).
Quanto esposto consente di calcolare il massimo numero di elettroni possibile per un insieme
di orbite ad ugual energia (degeneri) o per un dato livello.
Per esempio, dato che in ogni livello c’è una sola orbita di tipo s, al massimo gli elettroni rela-
tivi saranno 2. Siccome poi le orbite di tipo p sono tre per livello gli elettroni corrispondenti
saranno 6 e, analogamente, gli elettroni d saranno 10 e quelli f 14.
Formulazioni del tipo 1 s 2, 3 p 5, 2 s 1 o 3 d 8 intendono che sull’orbita s del 1° livello ci sono 2
e -, sulle orbite p del 3° livello ci sono 5 e -, sull’orbita s del 2° livello c’è 1 e – e sulle orbite d
del 3° livello ci sono 8 e – (naturalmente formulazioni come 2 d 6 o 3 p 7 saranno prive di signi-
ficato perchè nel secondo livello non esistono orbite di tipo d o perchè, rispettivamente, su tre
orbite di tipo p non possono trovar posto 7 e -).
Le formulazioni introdotte consentono inoltre di rappresentare la configurazione elettronica
di un atomo allo stato fondamentale (minima energia). A tale scopo è necessario ricordare che
allo stato fondamentale gli elettroni occuperanno per prime le orbite ad energia più bassa e,
solo dopo che queste siano state completate si troveranno su orbite ad energia maggiore.
L’ordine di energia crescente è 1 s, 2 s, 2 p, 3 s, 3 p, 4 s, 3 d, 4 p, 5 s, 4 d ... : a scopo mnemoni-
co è bene osservare che l’energia cresce con il numero quntico principale e, per un dato livel-
lo, con il numero quantico secondario, con l’eccezione che le orbite s di un dato livello hanno
meno energia delle orbite d del livello precedente (il che è più che sufficiente ai nostri fini).
Va inoltre ricordato che quando gli elettroni occupano orbite di equivalente energia, degeneri
come tre orbite n p o cinque orbite n d, lo fanno in modo da occuparne il maggior numero
possibile: principio di Hund o di massima molteplicità. Quindi, per esempio, dovendo sistema-
re tre elettroni su tre orbite p delle due possibilità, 2 e – su una delle tre, 1 e – su un’altra e nes-
suno sulla terza oppure un e – su ciascuna di esse, allo stato fondamentale si verificherà la se-
conda. Applicando quanto detto, e ricordando il principio di esclusione, per un atomo avente
Z = 16 (zolfo: S) la configurazione elettronica sarà 1 s2 2 s2 2 p6 3 s2 3 p4. Per un atomo per il
quale sia Z = 26 (ferro: Fe) sarà invece 1 s2 2 s2 2 p6 3 s2 3 p6 4 s2 3 d6 (in quanto 4 s ha meno
energia di 3 d).
103. Il modello di Bohr, anche se presenta non indifferenti applicazioni, è però in contrasto
con i principi della meccanica quantistica. Senza approfondire, questo relativamente nuovo
ramo della fisica, afferma come sia impossibile determinare contemporaneamente, e senza
commettere errori, la posizione e la velocità di un qualsiasi oggetto: in base al principio di
indeterminazione, o di Heisenberg, il prodotto degli errori commessi nel valutare queste due
𝒉
grandezze deve soddisfare la ∆𝒗 ∙ ∆𝒙 ≥ 𝟐𝝅𝒎 in cui ∆𝒗 e ∆𝒙 sono i due errori citati, m è la massa
dell’oggetto ed h è una costante universale, costante di Plank: h = 6,63 ∙ 10 – 34 J ∙ s. Dato che h
ha un valore piccolissimo gli errori commessi nella determinazione risulteranno significativi
solo per valori di m alrettanto piccoli, particelle subatomiche e, in particolare, elettroni.
Un’altro principio della meccanica quantistica, derivabile da tutta una serie di osservazioni
sperimentali (come ad esempio la possibilità di interconvertire materia ed energia: E = m ∙ c2)
afferma l’equivalenza tra materia e energia: esse non sarebbero due diverse entità ma due di-
verse manifestazioni della stessa entità che mette in evidenza le caratteristiche materiali, mas-
sa e quindi inerzia, o energetiche, radiazione elettromagnetica, a seconda delle condizioni di
osservazione. Quindi l’elettrone non è solo una particella, che orbita ad una certa distanza dal
nucleo con una certa velocità. ma è anche un’onda elettromagnetica la cui energia è distribui-
ta nello spazio intorno al nucleo. La distribuzione di tale energia, o volendo usare un modello
più visualizzabile, la probabilità di incontrare un dato elettrone nei vari punti dello spazio in-
torno al nucleo, si realizza mediante il concetto di orbitale. Un orbitale è definito come la re-
gione dello spazio in cui è localizzato il 90% della probabilità totale di incontrare un elettrone
di data energia, caratterizzato cioè da un dato gruppo di numeri quantici. Per esempio, per un
elettrone 1 s, tale zona è una sfera centrata nel nucleo, con il massimo di probabilità, o da un
altro punto di vista, di carica elettrica negativa, sulla superficie della sfera stessa. Tutti gli or-
bitali s sono sferici ed aumentano di raggio al crescere di n.
Orbitale 1 s Orbitale 2 s
Per gli elettroni n p la distribuzione di probabilità, di carica elettrica, non ha simmetria sferi-
ca ma una simmetria bilobata con il massimo addensamento in due calotte simmettriche ri-
spetto ad un piano passante per il nucleo (anche in questo caso al crescere di n aumentano le
dimensioni: .
orbitali n p
Allo stato fondamentale, qualora siano tutti occupati, i tre orbitali p si orientano nello spazio
in modo da essere il più lontano possibile gli uni dagli altri. Per quanto riguarda i 5 orbitali d
è sufficiente sapere che 4 di essi hanno la stessa geometria mentre il quinto presenta una geo-
metria diversa: hanno comunque tutti la stessa energia. Va anche ricordato che quanto già
detto per le orbite di Bohr relativamente all’energia, alla molteplicità ed ai principi di Pauli e
di Hund continua ad essere valido anche per quanto riguarda gli orbitali.
Quiz da 100 a 103
1. L’ordine di grandezza di un atomo è:
A) 10 – 12 metri;
B) 10 – 20 metri;
C) 10 – 10 metri;
D) 10 – 8 metri;
E) 10 – 7 metri.
1. C. 100
2. L’atomo:
A) ha un raggio atomico da 5000 a 10000 volte più piccolo del raggio del suo nucleo;
B) è una struttura praticamente vuota;
C) è elettricamente carico;
D) è sempre carico negativamente;
E) è una massa compatta.
2. B: il volume del nucleo, in cui si trova in pratica tutta la materia dell’atomo, è del tutto
trascurabile rispetto a quello dell’atomo . 100
3. Un atomo che contenga 19 protoni, 20 neutroni e 19 elettroni ha come numero di massa:
A) 39;
B) 38;
C) 58;
D) 19;
E) 20.
3. A: A = 19 + 20 = 39. 100
4. I protoni di un atomo determinano il:
A) numero atomico;
B) numero di massa;
C) numero di spin;
D) peso atomico;
E) numero quantico.
4. A. 100
5. Due isotopi differiscono per:
A) il numero di protoni;
B) il numero atomico;
C) il numero di neutroni;
D) la posizione nel sistema periodico;
E) il numero di elettroni.
5. C: nuclidi isotopi tra di loro hanno lo stesso numero di protoni, Z, ma diverso numero
di massa, A; hanno le stesse caratteristiche chimiche. 100
6. Le proprietà chimiche di un atomo sono determinate dal suo:
A) volume;
B) numero di neutroni;
C) peso atomico;
D) numero di massa;
E) numero atomico.
6. E. 100
7. Se il tritio perde un neutrone diventa:
A) uranio;
B) deuterio;
C) litio;
D) elio;
E) idrogeno.
7. B: il tritio è uno dei tre isotopi dell’idrogeno, Z = 1 ed A = 3; ha nel nucleo un protone e
due neutroni 100
8. La differenza tra gli isotopi 56 e 58 del ferro consiste nel fatto che:
A) l’isotopo 58 possiede 2 neutroni in più rispetto all’isotopo 56;
B) l’isotopo 58 possiede 2 elettroni in più rispetto all’isotopo 56;
C) l’isotopo 58 possiede 2 protoni in più rispetto all’isotopo 56;
D) l’isotopo 56 possiede 2 elettroni in meno rispetto all’isotopo 58;
E) l’isotopo 56 possiede 2 protoni in meno rispetto all’isotopo 58.
8. A: per due isotopi il numero atomico deve essere lo stesso quindi la differenza nel nu-
mero di massa dipende dal diverso numero di neutroni. 100
9. Indicare cosa hanno in comune l’isotopo 58Fe e l’isotopo 59Co.
A) il numero di massa
B) il numero di neutroni
C) il peso atomico
D) il numero di elettroni
E) il numero di protoni
9. B: essendo diverso il numero di massa, 58 ≠ 59, deve essere diverso anche il peso ato-
mico; siccome si tratta di elementi diversi deve essere diverso il numero atomico e quindi il
numero di protoni e di elettroni allo stato fondamentale. 101
10. Un elemento è costituito da atomi:
A) aventi tutti lo stesso numero di protoni
B) tutti diversi tra loro
C) aventi uguale numero di massa
D) aventi lo stesso numero di nucleoni
E) aventi lo stesso numero di neutroni
10. A. 101
11. Un atomo neutro contiene 13 protoni, 13 elettroni e 14 neutroni; il peso atomico e' circa:
A) 26;
B) 40;
C) 13 ;
D) 27;
E) 14.
11. D: il peso atomico di un nuclide è un numero che esprime il rapporto tra la sua massa e
quella dell’unità di massa atomica, U.M.A, la dodicesima parte della massa del nuclide
12
C; l’atomo in questione è costituito da 6 protoni, 6 neutroni e 6 elettroni e la sua massa è
in pratica, trascurando gli elettroni, quella di 6 protoni e 6 neutroni; l’unità di massa ato-
mica è pertanto la massa di un nucleone e siccome l’atomo in questione è costituito da 27
nucleoni la sua massa sarà 27 volte quella di un nucleone e quindi il suo peso atomico 27
(praticamente il numero di massa di un nuclide è il numero intero più vicino al suo peso
atomico). 101
12. Il peso atomico di un elemento è:
A) il peso del nucleo atomico di quell’elemento;
B) il numero di neutroni di quell’elemento;
C) il numero di elettroni delle orbite esterne;
D) il peso dell’atomo espresso in grammi;
E) un numero convenzionale.
12. E: il peso atomico di un atomo e' il rapporto tra la sua massa e quella dell’unità di
massa atomica, U.M.A, e quindi di due grandezze omogenee: si tratta pertanto di un nu-
mero puro il cui valore dipende dal valore dell’U.M.A convenzionalmente adottata. 101
Struttura elettronica dell’atomo Bohr Numeri quantici Configurazione elettronica allo stato fondamentale
Pauli Hund Heisemberg Orbitale
13. Due elettroni del terzo livello energetico non possono avere:
A) numero quantico secondario uguale a 2
B) lo stesso numero quantico di spin
C) numero quantico magnetico uguale a 3
D) numero quantico magnetico uguale a -2
E) numero quantico secondario uguale a 0
13. C: per n = 3, l può essere 0, 1 o 2 ed m può essere rispettivamente 0; - 1, 0, + 1 o – 2, - 1,
0, + 1, + 2: pertanto non può avere il valore 3. 102
14. Il numero massimo di elettroni che può essere contenuto in totale nei tre primi livelli elet-
tronici è:
A) 26;
B) 18;
C) 10;
D) 30;
E) 28.
14. E: nei primi tre livelli energetici sono presenti 14 orbitali: 1s, 2s, 2p (x 3), 3s, 3p (x 3),
3d (x 5) e quindi per il principio di Pauli 14 x 2 = 28 e -. 102
15. Su quale dei seguenti orbitali si sistemerà preferenzialmente un elettrone?
A) 5s
B) 5p
C) 5d
D) 6s
E) 6p
15. A: l’energia aumenta nell’ordine 5s, 5p, 6s, 5d, 6p. 102
16. Il numero massimo di elettroni contenuto negli orbitali di tipo f, s, d è rispettivamente:
A) 10, 14, 2
B) 2, 10, 14
C) 14, 2, 10
D) 7, 1, 5
E) 5, 2, 10
16. C. Gli orbitali hanno molteplicità 7,1 e 5 rispettivamente; per il principio di Pauli gli
elettroni relativi sono il doppio. 102
17. Il numero massimo di elettroni contenuto in un orbitale 5f è :
A) 2
B) 14
C) 10
D) 6
E) 1
17. A: Pauli. 102
18. Se un atomo ha numero atomico uguale a 21 la rappresentazione simbolica della sua strut-
tura elettronica allo stato fondamentale sarà:
A) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p7 3d1 4s1;
B) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p5 3d2 4s2;
C) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 3d1 4s2;
D) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 3d2 4s1;
E) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p5 3d3 4s1.
18. C:
A) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p7 3d1 4s1: sugli orbitali p al massimo 6 e -;
B) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p5 3d2 4s2: non sono stati completati i tre orbitali 3p;
D) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p6 3d2 4s1: non è stato completato il 4s;
E) 1s2 2s2 2p6 3s2 3p5 3d3 4s1: non sono stati completati i 3p. 102
19. In base al modello atomico di Bohr quando un elettrone passa da uno stato fondamentale
ad uno eccitato l’atomo:
A) emette energia;
B) acquista energia;
C) emette una radiazione luminosa;
D) si raffredda;
E) perde un protone.
19. B: per eccitare un elettrone bisogna fornire energia necessaria per allontanarlo dal
nucleo di cui va vinta la forza di attrazione. 102
20. La grandezza di un orbitale è determinata dal numero quantico:
A) principale;
B) secondario;
C) di spin;
D) magnetico;
E) non dipende da alcun numero quantico.
20. A: all’aumentare del valore del numero quantico principale aumentano dimensioni ed
energia dei corrispondenti orbitali; il numero quantico secondario specifica il tipo di orbi-
tale e il numero quantico magnetico ne indica la molteplicità (numero di orbitali di un cer-
to tipo). 103
21. Il numero quantico secondario di un elettrone:
A) fornisce indicazioni sul tipo di orbitale in cui l’elettrone è contenuto;
B) ha sempre il valore del numero quantico principale diminuito di un’unità;
C) fornisce indicazioni sulla distanza media dell’elettrone dal nucleo;
D) può avere i valori + ½ e – ½;
E) può essere positivo o negativo.
21. A: l = 0: tipo s; l = 1: tipo p; l = 2: tipo d; l = 3: tipo f … 103
22. Il numero quantico secondario di un elettrone contenuto in un orbitale 3p:
A) è 3
B) è 1
C) è 2
D) può assumere tutti i valori interi compresi tra 0 e 2
E) può assumere tutti i valori interi (zero compreso) tra -3 e +3
22. B: p equivale ad l = 1. 103
23. Qual è il numero massimo di elettroni che possono essere contenuti in tutti gli orbitali 4d
di un atomo?
A) 4
B) 8
C) 10
D) 12
E) Non esiste numero massimo
23. C: in ogni orbitale non più 2 elettroni (Pauli); gli orbitali d (l = 2) sono 5. 103
Sostanze e miscele Sostanze semplici e composti Formule Molecole Peso molecolare Mole
104. Un sistema che abbia una sola composizione, la quale non dipende dal modo in cui il si-
stema stesso si ottiene, si definisce sostanza.
Prendendo, ad esempio, come sistema in esame, dell’acqua salata un ovvio modo per ottenerla
consisterà nel mescolare del sale e dell’acqua. Se si aggiungono 10 g di sale a 10 g di acqua si
avranno 20 g di acqua salata in cui il 50 % in peso sarà sale ed il restante 50 % in peso acqua.
L’espressione usata per indicare la composizione dell’acqua salate è la cosiddetta composizio-
ne percentuale in peso, la quale indica quanti sarebbero i grammi del componente considerato
su 100 grammi totali di sistema: nell’esempio considerato ci sono 10 g di sale su 20 g di acqua
salata (la metà) che, riportati a 100, danno appunto un 50%.
Se si aggiungono, invece, 5 g di sale a 15 g di acqua si ottiene dell’acqua salata in cui ci sono 5
g di sale su un totale di 20 g, (un quarto) pari al 25 % in peso.
L’aggiunta di 8 g di sale a 32 g di acqua darà 40 g di acqua salata con una percentuale in peso
di sale pari al 20% (8 è la quinta parte di 40 come 20 lo è di 100).
È evidente che non esiste una sola composizione dell’acqua salata e che la composizione di
quella particolare acqua salata dipenderà dal modo in cui è stata ottenuta: ciò si esprime di-
cendo che l’acqua salata non è una sostanza ma una miscela (miscuglio).
Se come sistema in esame si prende il metano, un gas disciolto nel petrolio, oppure presente
nel sottosuolo come combustibile fossile, o, ancora, ottenibile in laboratorio si può dimostrare
che esso è costituito sempre da idrogeno e carbonio, idrocarburo, e che, qualunque sia la sua
origine, presenta sempre il 20 % in peso di idrogeno e l’80% in peso di carbonio.
Analogamente si verifica che l’acqua pura consta solo di idrogeno ed ossigeno in composizioni
percentuali fisse dell’11,1 % in peso del primo e del 88,9 del secondo. Siccome nel metano e
nell’acqua i componenti sono presenti in proporzioni definite e costanti noi diremo che si trat-
ta di sostanze.
105. Mentre non ha senso esprimere la composizione generale di una miscela, dato che essa ne
presenta infinite, è invece utile esprimere l’unica composizione di una sostanza, il che si può
fare sia mediante la composizione percentuale in peso che tramite delle formule.
Ad esempio la formula CH4, metano, ci dice che questa sostanza è costituita da atomi di car-
bonio e da atomi di idrogeno, e quindi è una sostanza composta binaria (2 varietà atomiche),
nella quale per ogni atomo di carbonio ci sono quattro atomi di idrogeno.
La formula O3, ozono, si riferisce ad una sostanza semplice, una sola varietà atomica: ossige-
no.
La formula H3PO4, acido fosforico o ortofosforico, riguarda una sostanza composta ternaria
nella quale per ogni atomo di fosforo (P) ci sono 3 atomi di idrogeno e 4 atomi di ossigeno.
La formula Ca3(PO4)2, fosfato di calcio, è quella di una sostanza composta ternaria, tre varie-
tà atomiche, in cui ogni 3 atomi di calcio, Ca, ci sono 2 atomi di fosforo, P, ed otto atomi di os-
sigeno.
La formula CaSO4 ∙ 2 H2O, solfato di calcio diidrato, è quella di una sostanza composta qua-
ternaria nella quale per ogni atomo di calcio c’è un atomo di zolfo, sei atomi di ossigeno e 4 di
idrogeno: il 2 sulla riga della formula è un coefficiente che moltiplica tutto ciò che lo segue.
106. La massa formale relativa, simbolo Mr, o, meno esattamente ma più comunemente, il pe-
so molecolare di una sostanza, simbolo p.M., indica il rapporto tra le masse di tutti gli atomi
presenti nella formula e l’unità di massa atomica. È immediato che, data la formula di una
sostanza, il peso molecolare si può ottenere sommando i pesi atomici di tutte le specie atomi-
che presenti nella formula stessa moltiplicati per gli eventuali indici e coefficienti.
Così per esempio dalla formula C6H12O6, un monosaccaride, si avrà p.M. = 6 ∙ p.A.C + 12 ∙
p.A.H + 6 ∙ p.A.O = 6 ∙ 12 + 12 ∙ 1 + 6 ∙ 16 = 72 + 12 + 96 = 180 (è bene ricordare che i pesi ato-
mici di C, 12, N, 14, O, 16 ed H, 1 si suppongono noti e vanno quindi memorizzati); mentre il
peso moelcolare, come il peso atomico, è un numero puro, la massa vera di una molecola del
monosaccaride sarà invece 180 U.M. A..
Per la sostanza Ca3(PO4)2, fosfato di calcio, disponendo dei pesi atomici del calcio, 40, e del fo-
sforo, 31, il peso molecolare risulterà 3 ∙ 40 + 2 ∙ 31 + 8 ∙ 16 = 120 + 62 + 128 = 310.
Per K2C2O4 ∙ H2O, ossalato di potassio monoidrato, dato il peso atomico del potassio, p.A.K =
39, avremo p.M. = 2 ∙ 39 + 2 ∙ 12 + (4 + 1) ∙ 16 + 2 ∙ 1 = 78 + 24 + 80 + 2 = 184.
107. Si definisce mole di una qualsiasi sostanza semplice o composta una quantità di tale so-
stanza che contenga un numero di unità chimiche, atomi oppure molecole, uguali al numero
di atomi di carbonio, C, presenti in 0,012 kg, o che è lo stesso 12 g, di 𝟏𝟐𝟔𝑪.
Il numero in questione, che vale circa 6 ∙ 10 23, è detto numero di Avogadro, simbolo N0.
Quindi 1 mole di ferro, Fe, corrisponderà a 6 ∙ 10 23 atomi di ferro ed 1 mole di ossigeno, O, a
6 ∙ 10 23 atomi di ossigeno mentre una mole di metano, CH4, conterrà 6 ∙ 10 23 molecole di me-
tano ed una mole di ozono, O3, 6 ∙ 10 23 molecole di ozono.
Sarebbe semplice, ma al di là dei nostri fini dimostrare che la massa di una mole corrisponde
ad un numero di gammi espresso dal peso atomico, o rispettivamente, dal peso molecolare,
della sostanza considerata.
Ciò significa che 1 mole di O atomico, p.A. = 16, corrisponderà a 16 grammi dell’elemento,
1 mole di O2 molecolare biatomico, p.M. = 32, a 32 grammi ed 1 mole di ozono, O3, p.M. = 48,
a 48 grammi.
Analogamente 1 mole di H2SO4, p.M. = 98, varrà 98 g ed 1 mole di C6H12O6, p.M. = 180, 180
grammi. Ricordiamo che quando il termine mole si riferisce ad una sostanza semplice monoa-
tomica (O, H, N, C ...) può essere sostituito dal termine grammo atomo, simbolo g.A, mentre
se si riferisce a sostanze poliatomiche, semplici (O2, O3, H2, N2, ...) o composte (CH4, H3PO4,
C6H12O6...) dal termine grammomolecola, simbolo g.M.. Vediamo qualche esempio pratico:
* Quante moli e quanti atomi corrispondono a 2,8 g di azoto N?
Il peso atomico dell’azoto è 14, pertanto una mole vale 14 g; 2,8 g corrispondono a 2,8 : 14 =
0,2 moli; 1 mole di N consta di 6 ∙ 10 23 atomi di azoto; 0,2 moli saranno allora 0,2 ∙ 6 ∙ 10 23 =
1,2 ∙ 10 23 atomi di azoto.
* Quanti grammi e quanti atomi corrispondono a 0,25 moli di calcio, Ca: p.A. = 40?
Dal peso atomico una mole ha massa pari a 40 g; 0,25 moli valgono 0,25 ∙ 40 = 10 g; siccome
poi una mole contiene un numero di Avogadro di atomi, 0,25 moli conterranno 0,25 ∙ 6 ∙ 10 23
= 1,5 ∙ 10 23 atomi di calcio.
* Quanti grammi e quante moli equivalgono a 1,2 ∙ 10 23 atomi di carbonio, C?
In una mole di C abbiamo 6 ∙ 10 23 atomi, pertanto le moli saranno 1,2 ∙ 10 23 : 6 ∙ 10 23 = 0,2
moli; il peso atomico del carbonio è 12, 1 mole vale 12 g e 0,2 moli saranno 0,2 ∙ 12 = 2,4 g.
* Quante moli, quante molecole e quanti atomi corrispondono a 16 g di ozono, O3?
Il peso molecolare dell’ozono è 3 ∙ 16 = 48; 1 mole ha massa 48 g e quindi le moli saranno 16 :
48 = 1/3 = 0,333 moli; ogni mole sono 6 ∙ 10 23 molecole e 0,333 ∙ 6 ∙ 10 23 = 2 ∙ 10 23 molecole di
O3; ogni molecola contiene 3 atomi di O, pertanto 3 ∙ 2 ∙ 10 23 = 6 ∙ 10 23 atomi.
* Quante molecole, quanti atomi e quanti grammi di ciascuno degli elementi presenti si trova-
no in 0,5 moli di H2O2, acqua ossigenata?
1 mole corrisponde ad un numero di Avogadro di molecole di H2O2; 0,5 moli a 0,5 ∙ 6 ∙ 10 23 =
3 ∙ 10 23 molecole; ciascuna molecola contiene 2 atomi di H e 2 atomi di O e allora in 3 ∙ 10 23
molecole avremo un numero di Avogadro di atomi di H ed altrettanti di O; una mole di atomi
di idrogeno, p.A. = 1, e una mole di atomi di ossigeno, p.A. = 16, corrispondono ad 1 g ed a 16 g
rispettivamente (notare che, siccome il peso molecolare dell’acqua ossigenata è 34, 0,5 moli di
essa corrispondono a 17 g, cioè a 1 g di H e 16 g di O come trovato).
Elementi Metalli e non metalli Sistema periodico Periodi Gruppi Configurazione elettronica esterna
108. Le sostanze semplici sono sommariamente, ma utilmente, classificabili in metalli e non
metalli in base ad una serie di loro caratteristiche fisiche e chimiche.
I metalli, in condizioni ambiente, e cioè alla pressione di un’atmosfera ed alla temperatura di
25 °C circa, sono solidi, fa eccezione il mercurio, Hg, che è liquido, ed hanno densità relativa-
mente elevata; inoltre sono duttili e malleabili e sono buoni conduttori sia termici che elettrici.
I non metalli, invece, nelle stesse condizioni, sono per lo più gassosi, come l’ossigeno, O2, e l’a-
zoto, N2, e quando sono solidi, come lo iodio, I2, o il carbonio, C, sono fragili; sono comunque
isolanti sia termici che elettrici.
Se le sostanze in questione vengono ordinate per numero atomico crescente, a partire dal litio,
Li, Z = 3, fino al fluoro, F2(G), si nota che le loro caratteristiche variano gradualmente da me-
talliche a non metalliche fino a che non si arriva ad un elemento, Ne(G), che, a differenza dei
precedenti, è in pratica chimicamente inerte ed i cui atomi non sono in grado di associarsi nè
con atomi dello stesso tipo nè con atomi diversi:
litio berillio boro carbonio azoto ossigeno fluoro neon
(nella sequenza gli indici indicano lo stato di aggregazione dell’elemento ed, eventualmente, la
forma molecolare in natura: è importante ricordare che quando si dice azoto si intende l’azo-
to molecolare N2 e non N, che sarà invece eventualmente indicato dicendo azoto atomico).
L’elemento di numero atomico 11, il sodio, Na, è un tipico metallo come il litio e, a seguire, do-
po 6 elementi in cui si ha una variazione delle proprietà analoga a quella osservata nella serie
precedente, compare di nuovo un elemento chimicamente inerte, l’argon, Ar:
sodio magnesio alluminio silicio fosforo zolfo cloro argon
L’elemento successivo, potassio, K, Z = 19, è nuovamente un tipico metallo così come il calcio,
Ca, Z = 20 che lo segue. Con qualche variazione, che per il momento non è necessario eviden-
ziare, si osserva che le caratteristiche chimico fisiche vanno incontro ad una variazione perio-
dica, in cui il periodo è una sequenza di 8 elementi, da tipico metallo ad elemento gassoso chi-
micamente inerte, gas nobile.
Se le sequenze così individuate, periodi, si sovrappongono ordinatamente, esse originano delle
colonne, gruppi, di elementi fisicamente e chimicamente analoghi sotto molti punti di vista:
I° II° III° IV° V° VI° VII° VIII°
V° I2(S)
1. Il composto CaO:
A) non esiste;
B) è l’idrossido di calcio;
C) è l’ossido di calcio;
D) è il biossido di calcio;
E) è l’anidride calcica.
1. C. 112
2. CO rappresenta la formula:
A) del carburo di calcio;
B) dell’acido carbonico;
C) dell’anidride carbonica;
D) dell’ossido di calcio;
E) dell’ossido di carbonio.
2. E. 112
3. Il nome IUPAC del composto P2O5 è:
A) diossido di pentafosforo;
B) sesquiossido di fosforo;
C) anidride fosforosa;
D) ossido di fosforo;
E) pentaossido di difosforo.
3. E. 112
4. Quale delle seguenti è la formula dell’acido solforico:
A) H2SO4;
B) H2S2O5;
C) H2S;
D) H2S2O7;
E) H2SO3.
4. A. 115
5. HNO3 è la formula:
A) dell’acido solforico;
B) dell’acido nitroso;
C) dell’acido cloridrico;
D) di un eterociclico;
E) dell’acido nitrico.
5. E. 115
6. Quale tra i seguenti composti è l’acido ortofosforico?
A) H3PO4;
B) H4P2O7;
C) PH3;
D) H3PO2;
E) H3PO3.
6. A: anche fosforico. 115
7. Quale tra i seguenti i composti è l’acido ipofosforoso?
A) H3PO4;
B) H4P2O7;
C) H3PO2;
D) PH3;
E) H3PO3.
7. C: nomenclatura desueta che indicava la valenza I dell’elemento centrale. 115
8. La formula H2SO3, secondo la nomenclatura tradizionale corrisponde a:
A) l'acido solfidrico
B) l'acido solforoso
C) l'acido solforico
D) l'acido ortosolforico
E) l'acido metasolforico
8. B. 115
9. I sali dell’acido solforoso si chiamano:
A) solfiti;
B) solfoni;
C) solfati;
D) solfidrici;
E) solfuri.
9. A: - oso dà – ito. 116
10. Il composto NaH2PO4:
A) non è un sale perchè possiede ancora proprietà acide;
B) è un sale;
C) non è un sale perchè contiene atomi di idrogeno;
D) non è un sale perchè possiede un solo atomo di sodio,
E) non è un sale perchè è un composto quaternario.
10. B: è un sale acido, il residuo contiene idrogeno, del sodio e dell’acido fosforico. 116
11. In una molecola di solfato di alluminio sono presenti:
A) 1 atomo di alluminio, 3 atomi di zolfo e 10 di ossigeno;
B) 2 atomi di alluminio, 3 atomi di zolfo e 9 di ossigeno;
C) 2 atomi di alluminio, 3 atomi di zolfo e 12 di ossigeno;
D) 3 atomi di alluminio, 2 atomi di zolfo e 9 di ossigeno;
E) 3 atomi di alluminio, 2 atomi di zolfo e 12 di ossigeno;
11. C: la formula del sale è Al2(SO4)3. 116
12. Qual è la formula dell’acetato di calcio?
A) Ca(C2H3O2)2;
B) CaC2H3O2;
C) Ca(C2H3O2)3;
D) Ca2C2H3O2;
E) Ca2(C2H3O2)4.
12. A: è un sale di Ca (II) e dell’acido acetico (CH3COOH o C2H4O2) il cui residuo alogeni-
co è CH3COO o C2H3O2 (I). 116
13. Quale delle seguenti formule chimiche è errata?
A) RbBr
B) KMnO4
C) BaCl2
D) CaO
E) Al2F3
13. Al ha valenza III, mentre F, da HF, ha valenza I. 116
14. Qual’è la formula bruta del solfito d’ammonio?
A) (NH4)2SO3
B) (NH3)2SO4
C) NH3SO4
D) NH3SO3
E) (NH)4SO4
14. A: il gruppo ammonio, NH4, ha valenza I mentre il gruppo solfito, da H2SO3, SO3 ha
valenza II. 116
Fenomeni chimici Equazioni chimiche Combustione Invarianza atomica Conservazione della materia Coefficienti
stechiometrici Casistica di reazioni Stechiometria
117. Un fenomeno si definisce chimico o fisico a seconda che le sostanze ad esso interessate si
trasformino o meno in sostanze diverse. Così, per esempio, la distillazione, che consente di se-
parare una miscela di liquidi (i vari idrocarburi presenti nel petrolio oppure l’acqua e l’alcool
in una miscela idroalcoolica) nei suoi vari componenti, sfruttandone la diversa temperatura di
ebollizione, è un fenomeno fisico in quanto non modifica la natura chimica dei componenti
delle miscele cui viene applicata. I processi di dissoluzione dello zucchero, o del sale, in acqua
oppure di un olio in benzina sono ancora fenomeni fisic per lo stesso motivo. Sono anche feno-
meni fisici tutti i passaggi di stato in cui lo stato di aggregazione di una sostanza varia ma ri-
mane uguale la sua natura chimica. Un processo di combustione, invece, in cui, per esempio,
un idrocarburo, combustibile, reagisce con l’ossigeno, comburente, a dare anidride carbonica
ed acqua, dato che varia la natura delle sostanze, è un esempio di fenomeno chimico.
118. Un fenomeno chimico può essere descritto mediante uno schema di reazione, o equazione
chimica. Volendo per esempio dire che nella combustione del propano, C3H8, con ossigeno, O2,
si producono anidride carbonica, CO2, ed acqua, e che nel processo, come sempre nella com-
bustione degli idrocarburi, si libera calore, reazione esotermica, si potrà scrivere:
dove i pedici indicano, qualora la cosa sia di interesse, lo stato di aggregazione dei reagenti, si-
nistra, e dei prodotti, destra. Nella forma data l’equazione chimica è solo qualitativa e non è
utilizzabile per eventuali considerazioni stechiometriche, relative cioè alla misura delle masse
delle specie coinvolte. Perchè ciò sia possibile l’equazione deve rispettare la legge di conserva-
zione della materia, Lavoisier, e l’invarianza degli atomi; è cioè necessario che in essa compa-
iano lo stesso tipo di atomi, e lo stesso numero per ogni tipo, sia a livello dei reagenti che dei
prodotti. Il bilancio di una equazione chimica richiede che in essa vengano introdotti dei coef-
ficienti stechiometrici che verifichino la condizione sopra detta:
p.M. 44 32 44 18
. C3H8 + 5 O2 ⟶ 3 CO2 + 4 H2O
grammi 44 160 132 72
Va notato che la massa dei reagenti, (44 + 160)g = 204 g, è uguale a quella dei prodotti, (132 +
72)g = 204 g, conservazione della materia, mentre il numero di moli dei reagenti, (1 + 5) = 6
moli, è diverso, almeno in questo caso, da quello dei prodotti (3 + 4) = 7 moli.
Dovendo stabilire quanti grammi di ossigeno occorrerebbero per bruciare 11 grammi di pro-
pano, e quanti grammi di anidride carbonica e di acqua si formerebbero nel processo, osser-
vando che 44 g di propano richiedono 160 g di ossigeno per dare 132 g di anidride carbonica e
72 g di acqua, potremmo concludere che 11 g di C3H8 , la quarta parte di 44 g, dovrebbero re-
agire con 40 g di O2, un quarto di 160 g, per dare 34 g di CO2, 132 : 4, e 18 g di H2O, 72 : 4.
Le considerazioni stechiometriche non richiedono necessariamente di disporre di un’equazio-
ne chimica bilanciata. Per esempio, nel caso della combustione di una mole di idrocarburo, è
immediato osservare che il numero di moli di CO2 e di H2O prodotte, saranno rispettivamen-
te uguali al numero di moli di C, ed alla metà del numero di moli di H, presenti in una mole
dell’idrocarburo stesso. Così dalla combustione di 1 mole di C5H12, pentano, si formeranno 5
moli di CO2 e 6 moli di H2O e, da quella di 1 mole di C6H6, 6 moli di CO2 e 3 moli di H2O.
Osservando poi che nella combustione ogni mole di C richiede 2 moli di O (C → CO2) e due
moli di H richiedono 1 mole di O (2 H → H2O) le moli di O necessarie saranno il doppio delle
moli di C più la metà delle moli di H e quelle di O2 la metà delle moli di O. In formula sarà:
𝟏
𝒏𝑶𝟐 = �𝟐 𝒏𝑪 + 𝟐 𝒏𝑯 � : 𝟐. Perciò nella combustione di 1 mole di C5H12 le moli di O2 richieste sa-
ranno 𝒏𝑶𝟐 = (𝟐 ∙ 𝟓 + 𝟏𝟐: 𝟐): 𝟐 = 𝟖 mentre la combustione di 1 mole di C6H6 ne richiederà
(𝟐 ∙ 𝟔 + 𝟔: 𝟐): 𝟐 = 𝟕, 𝟓.
120. La reazione tra un metallo, o un non metallo, e l’ossigeno porta alla formazione di ossidi
e, rispettivamente, di anidridi:
4 K + O2 → 2 K2O (ossido di dipotassio) 2 Mg + O2 → 2 MgO (ossido di magnesio)
S + O2 → SO2 (anidride solforosa) C + O2 → CO2 (anidride carbonica)
Reazioni che, come quelle appena viste, portano ad un solo tipo di sostanza a partire da due o
più tipi diversi di dicono reazioni di sintesi. Sono ancora reazioni di sintesi quelle degli ossidi e
delle anidridi con acqua che danno idrossidi o, rispettivamente, ossiacidi:
Na2O + H2O → 2 NaOH (idrossido di sodio) CaO + H2O → Ca(OH)2 (idrossido di calcio)
P2O5 + 3 H2O → 2 H3PO4 ( acido fosforico) CO2 + H2O → H2CO3 (acido carbonico)
I metalli alcalini ed alcalini terrosi, I° e II° gruppo, reagiscono con l’acqua a dare gli idrossidi
corrispondenti e idrogeno:
. 2 Na + H2O → 2 NaOH + H2 Ca + 2 H2O → Ca(OH)2 + H2
Si tratta di reazioni di sostituzione , o di scambio semplice, in cui il metallo sostituisce l’idro-
geno dell’acqua che si libera come idrogeno molecolare.
Sono reazioni di sostituzione anche quelle date dai metalli (tranne i metalli nobili come il ra-
me,Cu, l’argento, Ag, o l’oro, Au: metalli da conio) con gli acidi a dare sali ed idrogeno:
2 Na + 2 HCl → 2 NaCl + H2 Fe + H2SO4 → FeSO4 + H2 Ca + 2 HClO4 → Ca(ClO4)2 + H2
Di particolare importanza sono le reazioni di neutralizzazione, reazioni tra acidi ed idrossidi
che portano a sali neutri ed acqua:
KOH + HNO3 → KNO3 + H2O 1 OH / 1 H / 1 H2O
Ca(OH)2 + 2 HClO4 → Ca(ClO4)2 + 2 H2O 2 OH / 2 H / 2 H2O
Ca(OH)2 + H2CO3 → CaCO3 + H2O 2 OH / 2 H / 2 H2O
H3PO4 + 3 NaOH → Na3PO4 + 3 H2O 3 OH / 3 H / 3 H2O
2 H3PO4 + 3 Ca(OH)2 → Ca3PO4)2 + 6 H2O 6 OH / 6 H / 6 H2O
Notare che in queste reazioni, dette di doppio scambio, il metallo sostituisce l’idrogeno dell’a-
cido, e questo va al posto del metallo dell’idrossido formando acqua: HOH.
Da questa osservazione risulta anche che lo schema sarà bilanciato se il numero di OH nell’i-
drossido sarà uguale al numero di H nell’acido.
121. Quanto visto può essere applicato alla soluzione di semplici problemi stechiometrici:
* Data la reazione non bilanciata Na + H2O → NaOH + H2 stabilire quante moli e quanti
grammi di idrogeno, H2, si otterranno dalla reazione con acqua di 4,6 g di sodio, p.A.Na = 23.
𝟏
La reazione sarà bilanciata se si dà coefficiente 𝟐 ad H2; da 1 mole di Na si ottiene mezza mole
di H2 e, quindi, da 4,6 g dello stesso, pari a 4,6 : 23 = 0,2 moli si otterranno 0,1 moli di H2 cioè
0,1 ∙ 2 = 0,2 g di idrogeno.
* Quante moli e quanti grammi di idrossido di calcio, Ca(OH)2, p.M. = 74, si otterranno per
reazione con acqua di 28 g di ossido di calcio, CaO, p.M. = 56?
Dalle formule è immediato che 1 mole di CaO darà 1 mole di Ca(OH)2 (altrimenti il Ca non
sarebbe bilanciato); da 28 : 56 = 0,5 moli di Cao si avranno allora 0,5 moli dell’idrossido, pari
a 0,5 ∙ 74 = 37 g.
* L’HCl si prepara per sintesi dagli elementi secondo la reazione H2 + Cl2 → 2 HCl. Quante
moli dell’acido si potranno ottenere al massimo mettendo a reagire 4 moli di idrogeno con 2,5
moli di cloro?
Idrogeno e cloro reagiscono in un rapporto stechiometrico in moli di 1 a 1; “al massimo” in-
tende che la reazione dovrà procedere finchè almeno uno dei due componenti non sia finito;
non è possibile che le 4 moli di H2 reagiscano tutte perchè occorrerebbero altrettante moli di
Cl2 che è presente in quantità insufficienet, solo 2,5 (si dice che il Cl2 è in difetto e che l’H2 è in
eccesso); reagiranno quindi 2,5 moli del primo, e neresteranno 4 – 2,5 = 1,5, con altrettante del
secondo e si formerà, in base allo schema, una quantità in moli doppia, 2,5 ∙ 2 = 5, di HCl.
* Data la N2 + 3 H2 → 2 NH3, quante moli di ammoniaca si otterrano al massimo facendo rea-
gire 2 moli di azoto con 1,5 moli di idrogeno? Secondo lo schema 2 moli di azoto dovrebbero
reagire con 6 moli di idrogeno il che non è possibile in quanto esse sono solo 1,5; reagiranno,
invece, le 1,5 moli di H2 con 1,5 : 3 = 0,5 moli di N2, in accordo con il rapporto di 3 : 1 dello
schema di reazione , per dare un numero di moli di NH3 doppio del numero di moli di N2 rea-
gite: 0,5 ∙ 2 = 1 mole.
Quiz da 117 a 121
considerato e, nel sistema periodico aumenta da sinistra verso destra, in ogni periodo, e dal
basso verso l’alto in ogni gruppo. He
. C N O F Ne
. H Cl Ar
𝑬′𝒊𝒐𝒏.
Na
K Ca
Presentano elevati valori di 𝑬′𝒊𝒐𝒏. l’elio, e gli altri gas nobili, il fluoro, l’ossigeno e i non metalli
in genere. Hanno invece bassi valori di 𝑬′𝒊𝒐𝒏. i metalli, ed in particolare i metalli alcalini ed al-
calino terrosi. L’idrogeno ha un’energia di 1a ionizzazione di poco inferiore a quella del carbo-
nio. L’alto valore di 𝑬′𝒊𝒐𝒏. di gas nobili dipende dalla loro tendenza a non modificare la loro
configurazione elettronica esterna particolarmente stabile. I metalli alcalini, invece, perdono
un elettrone con relativa facilità, in quanto gli ioni che si formano hanno configurazione elet-
tronica esterna identica a quella di un gas nobile, e tale stabilizzazione fa sì che anche i metalli
alcalino terrosi abbiano una notevole tendenza a dare ioni dipositivi:
Na: 1 s2 2 s2 2 p6 3 s1 → Na(+) : 1 s2 2 s2 2 p6
Mg: 1 s2 2 s2 2 p6 3 s2 → Mg(++): 1 s2 2 s2 2 p6
L’affinità elettronica di un atomo, Ae, è l’energia in gioco nel processo di conversione di una
mole di ioni mononegativi in atomi neutri secondo la 𝑨− −
(𝑮) → 𝑨(𝑮) + 𝒆 ± 𝑨𝒆 .
Mentre la formazione di ioni positivi da un atomo richiede sempre energia, in questo caso, a
seconda della natura dell’atomo, il processo può essere endoergonico o esoergonico:
𝑭− − − − −
(𝑮) → 𝑭(𝑮) + 𝒆 − 𝑨𝒆 ; 𝑯(𝑮) → 𝑯(𝑮) + 𝒆 − 𝑨𝒆 ; 𝑳𝒊(𝑮) → 𝑳𝒊(𝑮) + 𝒆 + 𝑨𝒆 .
−
F F
Per la molecola S2, siccome lo zolfo è un elemento del VI° gruppo e, come tale, ha 6 elettroni di
valenza, il conseguimento dell’ottetto richiederà la condivisione di 2 coppie elettroniche e per-
tanto la formazione di un legame doppio rappresentabile come:
S S
Per N2, V° gruppo, 5 elettroni di valenza, ragionando come sopra si conclude per un triplo le-
game tra i due atomi (che è l’ordine massimo):
N N
Gli esempi visti riguardano molecole omoatomiche ma ovviamente si può ragionare in manie-
ra equivalente per molecole eteroatomiche. Così, per esempio, sarà:
NH3 CF4 CO2 H2CO C2H4
F H H H
N C O C O C O C C
H H H F F F H H H
126. Il legame covalente può anche essere descritto in termini di orbitali atomici.
Secondo questo modello il legame deriva dalla sovrapposizione parziale di due orbitali del li-
vello più esterno degli atomi leganti; ciò genera un addensamento di carica che attira i due
nuclei bilanciando la loro mutua repulsione. Nel caso della molecola H2 si ha sovrapposizione
dei due orbitali 1 s con formazione di un addensamento di carica negativa lungo l’asse che
congiunge i due nuclei, asse di legame: zona di ricopertura
H H asse di legame
orbitali s
Ogni atomo di fluoro ha 7 elettroni di valenza, uno dei quali si trova da solo, spaiato, su di un
orbitale p.
In F2 i due orbitali p contenenti l’elettrone spaiato son o sovrapposti in modo analo-go a quello
descrit to per la molecola H2. zona di ricopertura
F F asse di legame
orbitali p
H F asse di legame
orbitali s p
Quando, come negli esempi sin qui considerati, gli orbitali si sovrappongono a dare un adden-
samento di carica tra i due nuclei e lungo l’asse di legame, si dice che il legame covalente è di
tipo sigma, 𝝈. Tutti i legami semplici sono di questo tipo.
127. Nel caso di HF, sono legati tra di loro due atomi diversi e, a causa della diversa carica
positiva presente nei due nuclei nonchè della diversa distanza dei nuclei stessi dalla zona di ri-
copertura, la carica dei due elettroni che costituiscono il legame è parzialmente spostata, pola-
rizzazione, verso quello dei due nuclei che la attira maggiormente: in questo caso il fluoro. Di
conseguenza si avrà un eccesso di carica negativa sull’atomo di fluoro, e di carica positiva sul-
l’atomo di idrogeno, con formazione di un dipolo elettrico: i due atomi della molecola risulta-
no legati sia a causa dell’addensamento di carica negativa lungo l’asse di legame che per l’at-
trazione elettrostatica tra i due terminali di segno opposto del dipolo.
Un legame di questo tipo che presenta sia carattere covalente che elettrostatico si dice covalen-
te misto o covalente eteropolare. Un legame invece tra due atomi identici, in cui la polarizza-
zione non è ovviamente possibile si dirà covalente puro o covalente omeopolare.
128. Si definisce elettronegatività una grandezza sperimentale che esprime la tendenza di un
atomo a polarizzare a sè la carica della coppia di elettroni in un legame covalente. Nel sistema
periodico essa varia esattamente come l’energia di prima ionizazione e l’affinità elettronica
(per i gas nobili che non danno legami l’elettronegatività perde di significato). L’atomo a mas-
sima elettronegatività sarà quindi il fluoro, F, seguito dall’ossigeno, O, dal cloro e dall’azoto.
Carbonio ed idrogeno hanno praticamente la stessa elettronegatività. Un legame sarà tanto
più polarizzato quanto maggiore la differenza di elettronegatività tra gli atomi legati; in ordi-
ne di polarizzazione decrescente avremo, per esempio, i legami H – F; O – H; C – O; N – H e
C – H, il quale ultimo, ai fini pratici si potrà considerare apolare.
129. Un caso particolare di legame covalente è il legame di coordinazione o legame dativo. Per
chè esso si venga a costituire è necessario che uno dei due atomi leganti, datore, disponga, nel-
l’ultimo livello, di almeno una coppia di elettroni non impegnati in legame, lone pair, mentre
l’altro, accettore, abbia, sempre nell’ultimo livello, un orbitale vuoto. Come risulta dalle rela-
tive formule di Lewis, sono presenti lone pairs in NH3 ed H2O ed orbitali vuoti in specie come
il protone, H +, o il trifluoruro di boro, BF3:
H F
N ; O ; H+ ; B
H H H H F F
L’azoto dell’ammoniaca può legare un protone sovrapponendo il suo orbitale contenente il
lone pair con quello vuoto del protone stesso:
H H
N (+) ione ammonio; analogamente: (+)
O ione idronio.
H H H H H
Nelle formule la freccia serve solo a ricordare l’origine dei due elettroni del legame che resta,
comunque, un legame covalente assolutamente non distinguibile dagli altri presenti nella mo-
lecola.
130. I legami covalenti sono legami forti ed intramolecolari (interni alla molecola). Sono inve-
ce legami deboli ed intermolecolari (tra due o più molecole) i legami di Van der Waals ed il le-
game idrogeno (o legame di idrogeno o legame a ponte di idrogeno). Dei primi è sufficiente sa-
pere che sono legami di tipo elettrostatico estremamente deboli tra dipoli di varia natura.
Per introdurre il legame idrogeno vediamo quello presente tra le molecole di HF in questa so-
stanza pura:
Legame
. idrogeno
Ogni ossigeno è legato a 4 atomi di idrogeno; a due, con un forte legame covalente, ed agli al-
tri due con un debole, 9 kcal/mole, legame intermolecolare a idrogeno. Le molecole d’acqua
nel ghiaccio sono disposte regolarmente e ripetitivamente a dare un cristallo, solido molecola-
re, nel cui reticolo rimangono degli spazi vuoti: la fusione del ghiaccio, che rompe una parte
dei legami a idrogeno, origina un liquido in cui i legami ad idrogeno, invece di essere fissi,si
rompono e si riformano in continuazione, rendendo le molecole più libere di muoversi e con-
sentendo loro di andare ad occupare gli spazi che prima erano rigorosamente vuoti. La con-
seguenza è che il ghiaccio è uno dei pochi solidi che fondendo va incontro ad una diminuzione
di volume ed un aumento di densità (la densità del ghiaccio è 917 kg/m3, mentre quella dell’ac-
qua è 1000 kg/m3). A causa dell’energia relativamente elevata del legame a idrogeno l’acqua
presenta un’elevata temperatura di ebollizione ed un alto valore del calore latente di vaporiz-
zazione. Il legame ad idrogeno, oltre che tra molecole dello stesso tipo, si può verificare anche
tra molecole di natura diversa, purchè in una delle due sia presente un idrogeno sufficiente-
mente polarizzato, e nell’altra un atomo in grado di fornirgli, parzialmente, un lone pair.
H CH3
C O O
H H H H CH3 H H
N O
(nel disegno è evidenziato uno dei 4 ibridi impegnato in legame sigma con un atomo di H)
Ciascuno dei 4 ibridi viene utilizzato nella formazione di un legame 𝝈 con altri 4 atomi qual-
siasi: qualora essi siano solo atomi di idrogeno, CH4, oppure atomi di idrogeno ed atomi di
carbonio con lo stesso tipo di ibridazione, si ha una classe di composti detti idrocarburi saturi
o alcani (una delle forme in cui si presenta in natura, stato allotropico, il carbonio, è il dia-
mante in cui tutti gli atomi sono ibridati sp3 a dare un solido atomico in cui gli atomi di carbo-
nio sono legati da forti legami covalenti di tipo 𝝈.
Altri casi importanti di ibridazione sp3 sono quelli dati dall’ossigeno nell’acqua, nello ione i-
dronio, H3O+, negli alcooli e negli eteri.
Stessa ibridazione viene data dall’atomo di azoto nell’ammoniaca, nello ione ammonio e nelle
ammine non aromatiche.
In H2O l’atomo di ossigeno, 6 e – di valenza, sistema due lone pairs su due ibridi sp3 ed impiega
gli altri due, su ciascuno dei quali c’è un elettrone, per dare due legami sigma con altrettanti
atomi di idrogeno.
Analogamente l’azoto di NH3, 5 e – di valenza, ha un lone pair su un ibrido ed utilizza gli altri
tre a dare legami sigma con i tre atomi di idrogeno:
H H H
O O(+) N
H H H H H
132. La combinazione di un orbitale s e due orbitali p si dice ibridazione sp2 (trigonale piana).
Sempre per il carbonio, a partire dall’orbitale 2s e da due dei tre orbitali 2p si ottengono 3 or-
bitali ibridi sp2 ed un orbitale p inalterato su ognuno dei quali si sistema uno dei 4 elettroni di
valenza dell’atomo: 2s2 2p1 2p1 2p0 ⟶ (2sp2)1 (2sp2)1 (2sp2)1 2p1. Gli ibridi sp2 hanno forma simi-
le a quella degli sp3 e si sistemano nello spazio in modo da stare alla massima distanza tra di
loro e dall’orbitale p “puro”, e cioè in un piano perpendicolare alla direzione dell’orbitale p,
formando tra di loro angoli di 120°.
vista dall’alto
120° sp2
sp2
Tra due atomi di carbonio ibridati sp2 si può formare un legame doppio:
legame 𝝈
legame 𝝅 C C
Due ibridi sp2 si sovrappongono lungo l’asse di legame, legame 𝝈, mentre i due orbitali p, pa-
ralleli ed adiacenti, si sovrappongono lateralmente dando un addensamento di carica negativa
al di sopra e al di sotto dell’asse di legame, legame 𝝅.
In tutti i doppi legami si ha una componente 𝝈 ed una, più debole, componente 𝝅; va anche ri-
cordato che i legami doppi sono più corti dei legami semplici che sono sempre legami 𝝈.
133. La combinazione di un orbitale s e di un orbitale p dà l’ibridazione sp (lineare).
Facendo ancora rifeimento all’importante caso del carbonio, a partire dall’orbitale 2s e da u-
no dei tre orbitali 2p si ottengono 2 orbitali ibridi sp e due orbitali p inalterati, su ognuno dei
quali si sistema uno dei 4 elettroni di valenza dell’atomo: 2s2 2p1 2p1 2p0 ⟶ (2sp)1 (2sp)1 2p1 2p1.
Gli orbitali ibridi sp, di forma simile agli sp3 ed agli sp2 sono, come nei casi precedenti, disposti
nello spazio in modo da stare alla massima distanza l’uno dall’altro, e cioè nella stessa direzio-
ne con i lobi più consistenti da parti opposte. I due orbitali p si dispongono perpendicolarmen-
te sia alla direzione dei due orbitali ibridi che tra di loro:
orbitale p
orbitale p
ibrido sp ibrido sp
Due atomi di carbonio ibridizzati sp sono in grado di legarsi tramite un triplo legame che pre-
senta una componente 𝝈, dovuta alla ricopertura di due ibridi sp, e due componenti 𝝅, dovuta
alla ricopertura “laterale” di coppie di orbitali p a due a due paralleli ed adiacenti:
p p
legame 𝝅 legame 𝝅 C C
p p
legame 𝝈 sp/sp
1. Una sola delle seguenti affermazioni concernenti lo ione potassio (Z = 19, A = 39) è errata.
Quale?
A) La massa atomica relativa e' 39
B) Nel nucleo sono presenti 19 protoni
C) Nel nucleo sono presenti 39 neutroni
D) La configurazione elettronica e': 1s2 2s2 p6 3s2 p6
E) Attorno al nucleo sono presenti 18 elettroni
1. C: i neutroni sono 39 – 19 = 20 (A – Z) sia per l’atomo che per lo ione che da esso de-
riva 122
2. Nella trasformazione da atomo neutro ad ione l’atomo perde o acquista:
A) cariche negative;
B) protoni;
C) cariche positive;
D) elettroni;
E) neutroni.
2. A: cioè elettroni. 122
3. Quale carica elettrica totale possiede un sistema costituito da 7 protoni, 8 neutroni e 9 elet-
troni?
A) – 2;
B) + 2;
C) – 1;
D) 0;
E) + 1.
3. A: - 9 + 7 = - 2 122
4. Un atomo neutro che abbia perso un elettrone viene definito:
A) nuclide radioattivo;
B) anione;
C) catione;
D) anfiione;
E) isotopo stabile.
4. C. 122
5. Nella tavola periodica degli elementi il potenziale di ionizzazione scendendo in un gruppo:
A) cresce progressivamente
B) decresce progressivamente
C) resta invariato
D) cresce nei primi tre gruppi, resta invariato negli altri
E) decresce nei primi due gruppi, cresce negli altri
5. B. 122
6. Se un atomo di idrogeno acquista un elettrone si forma uno ione:
A) idronio;
B) idruro;
C) idrogeno;
D) idrogenuro;
E) idrogenito.
6. B 122
7. Un catione sodio, rispetto ad un atomo di sodio, ha:
A) lo stesso numero di massa;
B) un elettrone in più;
C) un protone in più;
D) un protone in meno;
E) un neutrone in meno.
7. A: un elettrone in meno, il numero di massa è invariato. 122
8. L’affinità elettronica:
A) è maggiore per il potassio che per il litio:
B) è maggiore per il fluoro che per l’ossigeno;
C) è maggiore per il fosforo che per l’azoto;
D) è minore per il carbonio che per il litio;
E) è minore per l’ossigeno che per lo zolfo.
8. B: il fluoro è l’elemento di massima affinità elettronica. 122
-
9. Quanti elettroni, protoni e neutroni ha, nell’ordine, lo ione H ?
A) 1 1 0
B) 0 1 1
C) 2 1 1
D) 2 1 0
E) 1 1 2
9. D: l’idrogeno ha un protone ed un elettrone; lo ione ha un elettrone in più. 122
10. Il legame ionico si forma:
A) tra un gas nobile ed un metallo;
B) tra due metalli;
C) tra due non metalli;
D) tra un metallo ed un non metallo;
E) tra un metallo ed un semimetallo.
10. D: il legame ionico si forma tra elementi con decisa differenza di elettronegatività. 123
11. Per legame ionico si intende la forza di attrazione:
A) tra il nucleo e gli elettroni negli atomi dei composti;
B) tra gli atomi negli elementi;
C) tra ioni di segno opposto nei composti;
D) tra gli elettroni ed i protoni di qualsiasi atomo;
E) tra gli ioni dello stesso elemento.
11. C. 123
12. Il legame covalente necessita di:
A) trasferimento di elettroni tra atomi
B) condivisione degli elettroni tra atomi
C) cessione di almeno due elettroni
D) acquisizione di almeno tre elettroni
E) un metallo e un non metallo
12. B. 125
13. Cl – Cl rappresenta la molecola biatomica del cloro. Il legame che caratterizza tale mo-
lecola è:
A) covalente puro;
B) metallico;
C) covalente polare;
D) dativo;
E) ionico.
13. A: o omeopolare (atomi uguali). 127
14. Nella molecola HCl i due atomi sono uniti da un legame:
A) ionico;
B) a ponte di idrogeno;
C) covalente polarizzato;
D) dativo;
E) covalente puro.
14. C: o covalente misto o eteropolare (atomi diversi). 127
15. Nella molecola NH3 l’atomo di azoto mette in compartecipazione con ciascun atomo di
idrogeno:
A) un elettrone;
B) quattro elettroni;
C) nessun elettrone;
D) due elettroni;
E) tre elettroni.
15. A: L’H dà solo legami semplici. 125
16. L’elettronegatività è:
A) la capacità di un elemento di attrarre elettroni di legame
B) la capacità di condurre la corrente
C) l’energia ceduta quando su un atomo giunge un elettrone dall’esterno
D) l’energia necessaria per strappare un elettrone ad uno ione negativo
E) la capacità di un elemento di cedere elettroni
16. A. 128
17. L’elettronegatività è:
A) maggiore per il fluoro che per l’ossigeno;
B) maggiore per il potassio che per litio;
C) maggiore per il fosforo che per l’azoto;
D) minore per il carbonio che per il litio;
E) minore per l’ossigeno che per lo zolfo.
17. A. 128
18. Il legame covalente è polarizzato quando:
A) si stabilisce tra atomi uguali;
B) si stabilisce tra ioni;
C) richiede la compartecipazione di due coppie elettroniche;
D) si stabilisce tra atomi di differente elettronegatività;
E) richiede la compartecipazione di tre coppie elettroniche.
18. D. 128
19. Gli idruri derivano dalla combinazione di idrogeno con:
A) un non metallo elettronegativo quanto l’idrogeno stesso;
B) un non metallo più elettronegativo dell’idrogeno stesso
C) un metallo meno elettronegativo dell’idrogeno stesso;
D) un metallo più elettronegativo dell’idrogeno.
E) un acido.
19. C: il termine idruro significa che l’idrogeno è il componente più elettronegativo nel
composto binario e quindi l’altro deve essere necessariamente un metallo. 128
20. Una sola delle seguenti affermazioni è errata. Quale? Gli elementi F, Cl, Br e I:
A) sono indicati come "alogeni"
B) costituiscono un periodo nel sistema periodico degli elementi
C) sono simili dal punto di vista chimico
D) sono caratterizzati da notevole elettronegativita'
E) si possono trovare nella materia vivente
20. B. 128
21. Una delle differenze tra un elemento del sesto gruppo rispetto ad uno del settimo gruppo
dello stesso periodo consiste nel fatto che l’elemento del:
A) sesto gruppo ha elettronegatività maggiore di quello del settimo;
B) settimo gruppo ha due elettroni in più nell’ultimo livello rispetto a quello del sesto;
C) sesto gruppo ha carattere meno metallico rispetto a quello del settimo;
D) sesto gruppo ha raggio atomico minore di quello del settimo;
E) sesto gruppo ha elettronegatività minore di quello del settimo.
21. E. 128
22. Il legame a ponte di idrogeno:
A) è un legame forte;
B) è un legame covalente debole;
C) esiste tra molecole di acido solfidrico;
D) è presente nell’acqua sia allo stato liquido che allo stato solido;
E) è presente nell’idrogeno molecolare.
22. D: 130
23. Il legame di Van der Waals è:
A) ionico;
B) covalente;
C) molto forte;
D) debole;
E) forte.
23. D. 130
24. Quale e' la struttura spaziale di una molecola con ibridazione sp3 ?
A) Tetraedrica;
B) Quadrata;
C) Cilindrica;
D) Lineare;
E) Triangolare.
24. A. 131
25. Gli orbitali ibridi sp3 del carbonio sono disposti secondo i vertici:
A) di un tetraedro regolare;
B) opposti a 180° secondo la direzione di una retta;
C) di un triangolo equilatero;
D) di un doppio tetraedro;
E) di un cubo.
25. A. 131
26. Lo ione ammonio (NH4+ ) e il metano (CH4 ) hanno in comune:
A) il peso molecolare
B) l'ibridazione sp3
C) l'ibridazione sp2
D) la struttura planare
E) il carattere nettamente acido
26. B: l’elemento centrale è legato ad altri quattro. 131
27. Indicare il legame più corto tra i seguenti:
A) doppio legame carbonio-carbonio;
B) legame semplice carbonio-carbonio;
C) doppio legame carbonio-ossigeno;
D) triplo legame carbonio-carbonio;
E) legame semplice carbonio-azoto.
27. D: la molteplicità di un legame ne fa diminuire la lunghezza. 133
28. Per triplo legame si intende:
A) un legame covalente tra tre molecole;
B) un legame tra tre ioni monovalenti;
C) un legame tra ioni trivalenti;
D) un legame derivante dalla compartecipazione di tre coppie di elettroni ;
E) un legame tra tre atomi.
28. D. 133
Forze di coesione Agitazione termica Temperatura assoluta Kelvin Stati di aggregazione Fluidi Pressione
Volume Temperatura Numero di moli Pascal ed atmosfere mmHg mH2O Leggi sperimentali dei gas
Equazione di stato dei gas Gas reali Gas perfetto Costante del gas ideale Densità assoluta dei gas Principio di
Avogadro Condizioni normali Miscele gassose Pressione parziale Frazione molare Legge di Dalton
134. Le particelle che costituiscono una sostanza sono soggette a moti di vibrazione o di tra-
slazione la cui velocità dipende dalla temperatura assoluta, cui si trova la sostanza stessa, agi-
tazione termica, secondo la 𝑬 � 𝑲 = 𝟏 𝒎𝒗 𝟑
�𝟐 = 𝑲𝑻; nell’equazione 𝑬 � 𝑲 è l’energia cinetica media
𝟐 𝟐
molecolare, m la massa di una molecola, 𝒗 � la velocità media delle molecole costituenti la so-
stanza, K una costante universale, costante di Boltzmann, e T la temperatura assoluta cui la
sostanza stessa si trova.
Quindi l’energia cinetica media molecolare e la velocità media delle molecole di una sostanza
aumenteranno con la temperatura. Se due sostanze si trovano alla stessa temperatura avran-
no la stessa energia cinetica media molecolare (e le molecole in esse presenti avranno la stessa
velocità media purchè la loro massa sia la stessa).
Mentre la scala termometrica centigrada presenta valori di temperatura superiori o inferiori
allo zero, scala relativa, in quella assoluta, o termodinamica, o kelvin, la temperatura può as-
sumere solo valori di temperatura maggiori di zero. Si può passare da un valore di tempera-
tura espresso nella scala centigrada, t °C, al valore corrispondente nella scala assoluta, T K,
tramite la relazione: T K ≅ (t + 273) ° C. Quindi una temperatura di 127 °C corrisponderà a
(127 + 273) = 400 K.
In tutte le sostanze sono presenti forze di coesione di entità maggiore o minore: qualora la
temperatura sia tale che l’agitazione termica vinca l’effetto delle forze di coesione, le particelle
tenderanno a diffondere nello spazio occupando tutto il volume a loro disposizione e si avrà
un sistema di forma e volume variabili, e cioè un aeriforme, che, a causa degli spazi liberi tra
le molecole sarà, a differenza dei solidi e dei liquidi, decisamente comprimibile.
La descrizione di un aeriforme richiede la conoscenza di una serie di variabili.
* n: numero di moli; 1 mole = 6 ∙ 10 23 molecole
* V: volume, che esprime l’estensione del sistema e nell’S.I. si misura in m3; è ancora larga-
mente usata un’unita di misura empirica, definita cioè con un esperimento; un litro, 1 L, è il
volume relativo ad 1 kg di H2O alla pressione di 1 atm ed alla temperatura di 4 °C (tempera-
tura e pressione alle quali l’acqua ha la densità massima). All’atto pratico 1 L ≅ 1 dm3 e quin-
di 1 m3 ≅ 1000 L. * T: temperatura che è un’espressione macroscopica dell’energia cinetica
media molecolare e come già detto si misura in gradi centigradi, °C, o in kelvin, K.
* p: pressione, che indica la forza esercitata, per effetto dei loro urti, dalle molecole di un gas
sulle pareti del recipiente che lo contiene; nell’S.I.
La pressione si misura in N/m2 o, che è lo stesso, Pascal, Pa. È comunemente usato anche il
millimetro di mercurio, mmHg, che è la pressione dovuta ad una colonna di mercurio alta 1
mm, ed un suo multiplo, l’atmosfera, 1 atm = 760 mmHg. La pressione si può esprimere anche
in m di acqua o in bar.
Sarà opportuno ricordare che:1 atm = 760 mmHg = 10,33 mH2O = 105 bar = 101325 Pa.
135. Per i gas valgono una serie di leggi sperimentali.
Legge isobara (Charles o 1a legge di Gay Lussac): data una quantità fissata di gas mantenuta
a pressione costante, condizioni isobare, il suo volume e la sua temperatura assoluta sono di-
rettamente proporzionali; in formula si ha:
𝑽
�𝑻 � = 𝒄𝒐𝒔𝒕 in cui la costante dipende dal numero di moli e dalla pressione.
𝒏;𝒑
Quindi, per esempio, se una data quantità di gas, che occupa il volume di 15 L alla tempera-
tura di 27 °C ed alla pressione di 1 atm, viene portato, senza cambiare la pressione, alla tem-
peratura di 127 °C, il suo volume diventa circa 20 L. Ciò perchè siccome la temperatura è pas-
sata da 300 K (273 + 27) a 400 K (273 + 127) è diventata i 4/3 di quello che era ad anche il
volume dovrà diventare i 4/3 di 15 L.
Legge isocora (2a legge di Gay Lussac): data una quantità fissata di gas mantenuta a volume
costante, condizioni isocore, la sua pressione e la sua temperatura assoluta sono direttamente
proporzionali; in formula si ha:
𝒑
�𝑻� = 𝒄𝒐𝒔𝒕 in cui la costante dipende dal numero di moli e dal volume.
𝒏;𝑽
Se una data quantità di gas, che occupa il volume di 5 L alla temperatura di 227 °C ed alla
pressione di 2,5 atm, viene portato, a volume costante, alla temperatura di 127 °C, la sua pres-
sione diventa circa 2 atm. La temperatura è passata da 500 K (273 + 227) a 400 K (273 + 127),
è cioè diventata i 4/5 di quello che era ed anche la pressione dovrà diventare i 4/5 di 2,5 atm.
Legge isoterma (Boyle): data una quantità fissata di gas mantenuta a temperatura costante,
condizioni isoterme, pressione e volume sono inversamente proporzionali; in formula:
(𝒑 ∙ 𝑽)𝒏;𝑻 = 𝒄𝒐𝒔𝒕 in cui la costante dipende dal numero di moli e dalla temperatura.
Se a 25 °C un gas occupa il volume di 25 L alla pressione di 0,2 atm e senza modificare la tem-
peratura lo si comprime in un volume di 5 L la pressione sale a 1 atm. Difatti la compressione
ha ridotto il volume ad 1/5 del valore iniziale e di conseguenza la pressione deve diventare 5
volte maggiore (5 ∙ 0,2).
136. Le leggi sperimentali perdono di validità se la pressione diventa troppo alta e/o la tempe-
ratura troppo bassa. Un ipotetico gas, per il quale le tre leggi viste fossero sempre valide in
qualsiasi ambito di pressione o di temperatura, si definisce gas ideale o gas perfetto. Un gas
siffatto, ovviamente, non esiste ma è semplicemente un modello da cui ricavare leggi valide
per i gas che si incontrano effettivamente in natura, gas reali. Si può dimostrare che l’aderen-
za di un gas reale alle leggi sperimentali sarà tanto maggiore quanto minore la pressione ed
elevata la temperatura, e che tale comportamento ideale si verificherà più facilmente per gas
costituiti da molecole di dimensioni molto piccole (H2, He) e tra le quali esistano attrazioni e-
lettrostatiche di entità trascurabile.
137. Sia ragionando sul modello ideale che a partire dalle leggi sperimentali, si può ricavare
un’equazione che lega le quattro variabili che descrivono lo stato gassoso: 𝒑 ∙ 𝑽 = 𝒏 ∙ 𝑹 ∙ 𝑻.
Questa equazione, equazione di stato dei gas perfetti, ha gli stessi limiti di validità delle leggi
sperimentali da cui deriva: è applicabile ai gas reali per basse pressioni ed alte temperature.
La costante R, costante del gas ideale, che compare nell’equazione ha valori numerici diversi a
seconda delle unità di misura utilizzate. Nel sistema internazionale R = 8,31 J ∙ mol – 1 ∙ K – 1
𝒑∙𝑽 𝑵∙𝒎−𝟐 ∙𝒎𝟑 𝑵∙𝒎
(𝑹 = 𝒏∙𝑻 = 𝒎𝒐𝒍∙𝑲 = 𝒎𝒐𝒍∙𝑲 = 𝑱 ∙ 𝒎𝒐𝒍−𝟏 𝑲−𝟏); se invece dei joule si impiegano le calorie si ha
R = 1,99 cal ∙ mol - 1 ∙ K - 1; nel caso che la pressione si esprima in atmosfere ed il volume in litri
si ha R = 0,082 atm ∙ 𝑳 ∙ mol - 1 ∙ K – 1.
138. Si può dimostrare che una mole di qualsiasi gas, in condizioni normali, c.n., e cioè alla
pressione di 1 atm ed alla temperatura di 0 °C, occupa un volume di 22,4 L circa. Ciò con-
sente, per un gas che si trovi nelle condizioni suddette, di convertire facilmente un volume in
un numero di moli, o una massa, e viceversa.
Per esempio 11,2 litri di azoto, N2, a condizioni normali, corrispondono a 0,5 moli di gas e, sic-
come il peso molecolare dell’azoto è 28, a 14 g dello stesso.
Inversamente, 4 g di metano, CH4, p.M. = 16, equivalgono a 0,25 moli e quindi, a c.n., corri-
sponderanno ad un volume di 22,4 : 4 = 5,6 L.
Purchè un gas si comporti all’incirca come un gas ideale, per esso è valida l’equazione di sta-
to, nella quale non si fa nessun riferimento alla natura del gas. Un’importante conseguenza di
ciò è il principio di Avogadro, il quale afferma che volumi uguali di gas diversi, o anche ugua-
li, nelle stesse condizioni di pressione e di temperatura, contengono lo stesso numero di moli e,
di conseguenza, di molecole. Quindi per esempio se ad una certa pressione ed una certa tem-
peratura, 250 mL di CO2, p.M. = 44, contengono 5,5 g dell’anidride, nelle stesse condizioni di
pressione e temperatura, 250 mL di Ar, p.A. = 40, dovranno contenere 5 g di questo gas.
Difatti 5,5 g di anidride carbonica equivalgono a 1/8 di mole del gas, 5,5 : 44, e, per il principio
su visto, questo deve anche essere il numero di moli del gas nobile; pertanto i grammi saranno
l’ottava parte di 40 vale a dire 8 g. È importante ricordare che il principio di Avogadro affer-
ma l’uguaglianza delle moli e delle molecole e non delle masse o del numero di atomi; nell’e-
sempio appena visto, difatti, le masse sono diverse e ciò vale anche per gli atomi: difatti sicco-
me ogni molecola di CO2 consta di tre atomi, mentre ogni molecola di Ar non ne contiene che
uno, a parità di numero di molecole, i 250 mL di CO2 conterranno un numero di atomi triplo
di quello che si trova in 250 mL di Ar nelle stesse condizioni.
139. Per un sistema gassoso non chimicamente omogeneo, e cioè per una miscela di gas, conti-
nua ad essere valida, con le limitazioni già dette, l’equazione di stato.
Per 10 L di una miscela gassosa, contenente 0,2 moli di CO2, 0,4 moli di O2, alla temperatura
𝒏𝑹𝑻 (𝟎,𝟐+𝟎,𝟒)∙𝟎,𝟎𝟖𝟐∙(𝟐𝟕𝟑+𝟐𝟕) 𝟎,𝟎𝟔∙𝟎,𝟎𝟖𝟐∙𝟑𝟎𝟎
di 27 ° C, la pressione totale sarà data da 𝒑 = 𝑽 = 𝟏𝟎
= 𝟏𝟎
=
𝟎, 𝟎𝟔 ∙ 𝟎, 𝟎𝟖𝟐 ∙ 𝟑𝟎 = 𝟎, 𝟎𝟔 ∙ 𝟐, 𝟒𝟔 = 𝟎, 𝟏𝟒𝟕𝟔 𝒂𝒕𝒎.
Si definisce pressione parziale di ciascuno dei componenti della miscela, la pressione che si a-
vrebbe nel caso che, nello stesso volume ed alla stessa temperatura, fosse presente solo esso.
𝟏
È abbastanza immediato che la pressione parziale della CO2 sarà allora 𝒑𝑪𝑶𝟐 = 𝟑 ∙ 𝟎, 𝟏𝟒𝟕𝟔 =
𝟐
𝟎, 𝟎𝟒𝟗𝟐 𝒂𝒕𝒎, mentre quella dell’O2 sarà 𝒑𝑶𝟐 = 𝟑 ∙ 𝟎, 𝟏𝟒𝟕𝟔 = 𝟎, 𝟎𝟗𝟖𝟒 𝒂𝒕𝒎, in quanto il nu-
mero di moli di ognuno dei due componenti è rispettivamente 1/3 ed i 2/3 del numero di moli
totali. Ovviamente la pressione parziale di un componente sarà tanto maggiore quanto mag-
giore è il numero di moli dello stesso e se, come nell’esempio, il numero di moli di un compo-
nente sarà il doppio del numero di moli di un altro, anche la sua pressione parziale sarà il
doppio di quella dell’altro. Quindi conoscendo la pressione totale, le pressioni parziali si po-
𝒏
tranno ottenere dalla 𝒑𝑨 = 𝑨 𝒑𝒕𝒐𝒕. = 𝑿𝑨 ∙ 𝒑𝒕𝒐𝒕. in cui il rapporto tra il numero di moli del
𝒏𝒕𝒐𝒕.
componente, nA, ed il numero di moli totali, ntot.,è la frazione molare, XA, del componente stes-
so. È immediato che la frazione molare è un numero puro il cui valore sarà sempre maggiore
di zero e minore di uno e che la somma di tutte le frazioni molari di tutti i componenti in una
miscela dovrà dare 1: XA + XB + XC + ... = 1.
Per lo stesso motivo la somma di tutte le pressioni parziali di tutti i componenti di una miscela
gassosa dovrà dare la pressione totale della miscela stessa: pA + pB + pC + ... = ptot., relazione no-
ta come legge di Dalton.
Quindi, per esempio, ammettendo, per semplicità, che l’aria sia formata solo da azoto ed os-
sigeno (l’aria è costituita da N2, O2 ed Ar con percentuali in moli pari al 78,1%, al 20,9 % ed
all’1% rispettivamente con tracce di altri gas), che la pressione totale sia 1 atm e che la pres-
sione parziale dell’ossigeno sia 152 mmHg, quale sarà la frazione molare dell’azoto?
152 mmHg corrispondono a 152 / 760 = 0,2 atm e allora per la legge di Dalton la pressione
parziale dell’azoto sarà 𝒑𝑵𝟐 = 𝒑𝒕𝒐𝒕. − 𝒑𝑶𝟐 = 𝟏 − 𝟎, 𝟐 = 𝟎, 𝟖 𝒂𝒕𝒎; se la pressione parziale
dell’azoto è il quadruplo di quella dell’ossigeno anche la sua frazione molare dovrà essere il
quadruplo e, dato che la somma deve dare 1, 𝑿𝑵𝟐 = 𝟎, 𝟖 e 𝑿𝑶𝟐 = 𝟎, 𝟐 (alternativamente, sicco-
me 𝒑𝑵𝟐 = 𝟎, 𝟖 = 𝑿𝑵𝟐 ∙ 𝒑𝒕𝒐𝒕. = 𝑿𝑵𝟐 ∙ 𝟏 ...)
V V
L L
La pressione parziale del vapore in equilibrio con il suo liquido si definisce pressione di vapor
saturo o tensione di vapore, p0, del liquido. Essa aumenta con la temperatura ed, alla stessa
temperatura, è tanto maggiore quanto minori sono le forze di coesione nel liquido:
p0 p0 cresce con T sia per il liquido A che per il B;
A B
141. Un liquido bolle, cioè il suo vapore si forma in tutta la massa del liquido, quando la sua
tensione di vapore eguaglia la pressione ambiente. Quindi la temperatura di ebollizione di un
liquido dipenderà dalla sua natura, forze di coesione più o meno intense, e dalla pressione cui
si trova: al crescere della pressione aumenta la temperatura di ebollizione. L’acqua, per esem-
pio, alla pressione di 1 atm (760 mmHg) bolle alla temperatura di 100 °C; alla pressione di 75
mmHg, circa 1/10 di atm, bolle a 46 °C circa e, alla pressione di 1,97 atm bolle a circa 120 °C.
142. Per ogni sostanza esiste una temperatura, detta temperatura critica, al di sopra della qu-
ale essa può esistere solo allo stato di aeriforme, o più propriamente di gas. Al di sotto della
temperatura critica invece, a seconda della pressione, una sostanza potrà esistere come solido,
come liquido o come aeriforme, il quale ultimo viene definito vapore. Ciò significa che, dato
che la temperatura critica dell’acqua è 374 °C, al di sopra di tale temperatura essa sarà un
gas a qualsiasi pressione, e non sarà liquefacibile per sola compressione. A temperatura infe-
riore invece essa sarà, eventualmente, un vapore e la si potrà liquefare semplicemente compri-
mendola. quindi mentre i vapori possono essere liquefatti per sola compressione la liquefazio-
ne di un gas richiederà il suo raffreddamento al di sotto della sua tempertura critica ed un’e-
ventuale compressione.
Soluzioni Omogeneità Fasi Leghe Concentrazione Soluzione satura Solubilità Legge di Henry Composizione
percentuale in peso Frazione molare Molalità Molarità Elettroliti Dissociazione di acidi, idrossidi e sali
Normalità Equivalenti Peso equivalente Relazione tra numero di moli e numero di equivalenti
143. Un sistema si definisce omogeneo quando in tutti i suoi punti presenta le stesse caratteri-
stiche fisiche e chimiche. In caso contrario si dice eterogeneo e l’insieme di tutte le sue parti
tra di loro omogenee viene chiamato fase. È omogenea, per esempio, e quindi monofasica, una
qualsiasi miscela gassosa. Un sistema costituito da ghiaccio, acqua liquida ed acqua vapore è
chimicamente omogeneo ma fisicamente eterogeneo, tre fasi. Un sistema costituito da polvere
di ferro e polvere di carbone è un sistema eterogeneo a due fasi. L’agitazione meccanica di un
olio in acqua porta ad un sistema instabile costituito da una dispersione di goccioline di olio
nel mezzo acquoso, emulsione, che è un sistema etrogeneo bifasico.
Una soluzione è un sistema omogeneo, quindi monofasico, in cui siano presenti almeno due so-
stanze diverse (componenti). Quindi tutte le miscele gassose sono soluzioni. Le leghe, come
l’acciaio e la ghisa, che contengono principalmente carbonio e ferro, ed il bronzo, rame e sta-
gno, sono sistemi omogenei e pertanto sono soluzioni solide. per una soluzione, solida, liquida
o gassosa che sia si definisce solvente il componente più abbondante in moli e soluti tutti gli
altri (ai nostri fini considereremo in genere soluzioni in cui è presente un solo soluto).
144. Per concentrazione di un dato soluto in una soluzione si intende un modo qualsiasi, espli-
cito o implicito di esprimere il rapporto tra la quantità di soluto e la quantità di solvente.
Diluire, o concentrare, una soluzione significa diminuire, o rispettivamente, aumentare il rap-
porto in questione.
Aggiungendo gradualmente, ad una certa temperatura, un soluto ad un solvente in cui esso sia
solubile, inizialmente si ottiene un sistema omogeneo, soluzione, ma, ad un certo punto, il so-
luto cessa di sciogliersi e si ottiene una soluzione in presenza del soluto indisciolto, soluzione
satura. Si definisce solubilità di un dato soluto in un dato solvente, ad una certa temperatura,
la concentrazione della relativa soluzione satura a quella temperatura.
Per esempio, se si aggiunge gradualmente saccarosio, C12H22O11: pM = 342, a 100 mL di ac-
qua, mantenendo la temperatura a 25 °C, la soluzione diventa satura dopo l’aggiunta di 200 g
di zucchero. Si potrà quindi affermare che la solubilità del saccarosio in acqua a 25 °C è pari
a 200 g di soluto ogni 100 mL di solvente, oppure a 200 g di soluto ogni 300 g di soluzione (100
mL di acqua sono 100 g) o ancora a 0,58 moli di soluto, 200 : 342, ogni 100 g di solvente...
La solubilità dipende dalla natura del soluto e da quella del solvente: una sostanza sarà solu-
bile in un’altra qualora esse siano entrambe apolari o entrambe polari.
Così, ad esempio, il metanolo, CH3OH, molecola polare per la presenza del legame O – H, è
solubilissimo in acqua, polare per lo stesso motivo, ma insolubile in benzene, C6H6, che essen-
do un idrocarburo è apolare. Viceversa la naftalina, C10H8, idrocarburo e, pertanto, apolare, è
solubilissima in benzene ma insolubile in acqua.
È opportuno ricordare che i sali, con qualche eccezione, CaCO3, Ca3(PO4)2, sono piuttosto so-
lubili in acqua in quanto in essa, come poi vedremo, dissociano in ioni che si idratano, danno
cioè dei legami ione dipolo con l’acqua. Per esempio NaCl in acqua dissocia in ioni sodio ed
ioni cloruro i quali vengono solvatati dall’acqua:
La solubilità, inoltre, dipende dalla temperatura con cui in genere aumenta: fanno eccezione i
gas che viceversa sono molto più solubili alle basse che non alle alte temperature.
La solubilità di un gas dipende inoltre dalla pressione parziale dello stesso al di sopra della so-
luzione secondo la legge di Henry: 𝒔𝒈𝒂𝒔 = 𝒌 ∙ 𝒑𝒈𝒂𝒔 in cui k dipende dalla temperatura e dalla
natura del gas.
La legge di Henry è una legge limite, che vale solo per gas poco solubili che si sciolgano senza
andare incontro a modificazioni chimiche. Per esempio, l’ossigeno e l’azoto in acqua seguono
la legge di Henry, ma l’anidride carbonica e l’acido cloridrico no: la prima perchè in acqua
reagisce a dare acido carbonico (CO2 + H2O → H2CO3), ed il secondo perchè in acqua, come
vedremo nel seguito, dissocia.
145. La frazione molare è un espressione di concentrazione utilizzabile non solo per le miscele
gassose ma per qualsiasi tipo di soluzione. La frazione molare di un soluto in una soluzione è
definita come il rapporto tra il numero di moli di soluto ed il numero complessivo di moli di
𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐
soluto e di solvente: 𝑿𝑺𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 = .
𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 + 𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒗𝒆𝒏𝒕𝒆
Così per esempio la frazione molare del metanolo, CH3OH p.M. = 32, in una sua soluzione ac-
quosa ottenuta sciogliendo 8 g dell’alcool in 108 g di acqua sarà:
𝒏𝑪𝑯𝟑 𝑶𝑯 𝟎,𝟐𝟓
𝑿𝑪𝑯𝟑 𝑶𝑯 = = = 𝟎, 𝟎𝟒.
𝒏 +𝒏
𝑪𝑯𝟑 𝑶𝑯 𝟎,𝟐𝟓+𝟔
𝑯𝟐 𝑶
146. La molalità, m, di un soluto in una sua soluzione indica il numero di moli di soluto per
𝒏𝒐
ogni kg di solvente: 𝒎 = 𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 .
𝒌𝒈 𝒔𝒐𝒍𝒗𝒆𝒏𝒕𝒆
Quindi una soluzione 0,5 molale, 0,5 m, di glucosio, C6H12O6 p.M. = 180, in acqua si potrà otte-
nere sciogliendo 0,5 moli, 90 g, dello zucchero in 1 kg di acqua o, equivalentemente, scioglien-
do 1 mole di zucchero, 180 g, in 2 kg d’acqua o, ancora, 0,25 moli, 45 g in mezzo kg d’acqua
(le concentrazioni sono rapporti).
147. La molalità, m, non va confusa con la molarità, M, un’espressione di concentrazione di
uso molto più frequente che indica il numero di moli di soluto presenti in ogni litro di soluzio-
𝒏𝒐
ne; 𝑴 = 𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 .
𝒍𝒊𝒕𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆
Quindi se si sciolgono 4 g di idrossido di sodio, NaOH p.M. = 40, in 2 litri di soluzione la mola-
𝟒
𝒏𝑵𝒂𝑶𝑯 𝟎,𝟏
rità dell’idrossido sarà 𝑴 = 𝒏𝒐 = 𝟒𝟎
= = 𝟎, 𝟎𝟓.
𝒍𝒊𝒕𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝟐 𝟐
Conoscendo la molarità di una soluzione ed il suo volume si può calcolare immediatamente il
numero di moli di soluto dalla 𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 = 𝑴 ∙ 𝒏𝒐 𝒍𝒊𝒕𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 .
Per esempio, in 3 litri di una soluzione 0.2 M di urea, (NH2)2CO p.M. = 60, saranno presenti
0,2 ∙ 3 = 0,06 moli di soluto pari a 0,06 ∙ 60 = 0,36 g.
Analogamente, 750 mL di una soluzione acquosa 0,4 M di metanolo, CH3OH p.M. = 32, con-
terranno 0,4 ∙ 0,75 = 0,3 moli di alcool cioè 0,3 ∙ 32 = 9,2 g dello stesso.
È altrettanto immediato stabilire quale volume di una soluzione di molarità nota conterrà un
𝒏𝒐
certo numero di moli in quanto dovrà essere 𝒏𝒐 𝒍𝒊𝒕𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 = 𝒎𝒐𝒍𝒊𝑴𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 .
Dovendo stabilire quale volume di una soluzione 0,25 M di acido solforico, H2SO4 p.M. = 98;
𝟎,𝟎𝟓
conterrà 4,9 g dell’acido si avrà 4,9 : 98 = 0,05 moli di acido; 𝒏𝒐 𝒍𝒊𝒕𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 = 𝟎,𝟐𝟓 = 𝟎, 𝟐 𝑳.
148. Il modo più semplice per diluire una soluzione consiste nell’aggiungere il solvente, il che,
ovviamente, non modifica la quantità di soluto presente, ma fa aumentare il numero di litri
della soluzione stessa: siccome 𝒏𝒐 𝒎𝒐𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 = 𝑴 ∙ 𝒏𝒐 𝒍𝒊𝒕𝒓𝒊 𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 , è immediato che se il volume
della soluzione, per diluizione, diventa un certo numero di volte maggiore la sua concentrazio-
ne dovrà diventare lo stesso numero di volte minore.
Pertanto se a 150 mL di una soluzione acquosa 0,15 M si aggiunge tanta acqua da portare il
volume a 450 mL, dato che il volume è diventato il triplo la concentrazione dovrà diventare la
terza parte: 0,15 : 3 = 0,05 M.
Se, per diluizione, una soluzione del volume di 30 mL passa da una concentrazione 3 M ad u-
na concentrazione 0,5 M, il suo volume finale, dato che la concentrazione si è ridotta ad 1/6 di
quella che era, dovrà essere sei volte maggiore: 30 ∙ 6 = 180 mL.
Dovendo stabilire quanti mL di acqua si dovranno aggiungere a 20 mL di una soluzione 0,8 M
per portarne la concentrazione a 0,2 M, osservando che la concentrazione si è ridotta ad un
quarto, si potrà concludere che il volume è diventato il quadruplo, 20 ∙ 4 = 80 mL, e che, per-
tanto, i mL di acqua da aggiungere saranno (80 – 20) = 60 mL.
149. Se si mescolano due volumi di due soluzioni che presentano diverse concentrazioni dello
stesso soluto, la soluzione risultante avrà una concentrazione intermedia tra quelle di parten-
za e più simile a quella delle due di cui si è preso il volume maggiore. Per un immediato prin-
cipio di conservazione dovrà valere la 𝑴𝟏 ∙ 𝑽𝟏 + 𝑴𝟐 ∙ 𝑽𝟐 = 𝑴𝟑 ∙ 𝑽𝟑 in cui gli indici si riferisco-
no rispettivamente alle due soluzioni che si mescolano ed alla soluzione ottenuta dal loro me-
scolamento per la quale, ovviamente V3 = V1 + V2.
Ai nostri fini sono importanti i casi particolari in cui M1 = M2 = M e V1 = V2 = V.
Nel primo caso si ha 𝑴 ∙ 𝑽𝟏 + 𝑴 ∙ 𝑽𝟐 = 𝑴𝟑 ∙ 𝑽𝟑 da cui M ∙ (𝑽𝟏 + 𝑽𝟐 ) = 𝑴𝟑 ∙ 𝑽𝟑 e siccome
𝑽𝟏 + 𝑽𝟐 = 𝑽𝟑 si ha M3 = M : quindi mescolando volumi qualsiasi di due soluzioni di uguale
concentrazione si ha una soluzione che ha ancora la stessa concentrazione.
Nel secondo caso da 𝑴𝟏 ∙ 𝑽+ 𝑴𝟐 ∙ 𝑽 = 𝑴𝟑 ∙ 𝑽𝟑 si ha (𝑴𝟏 + 𝑴𝟐 ) ∙ 𝑽 = 𝑴𝟑 ∙ 𝟐𝑽 che porta alla
𝑴 +𝑴
𝑴𝟑 = 𝟏 𝟐 𝟐 e la concentrazione risultante sarà la media aritmetica di quelle di partenza.
Quindi mescolando 300 ml di HCl 0,8 M e 300 mL di HCl 0,2 M si avranno 600 mL di HCl in
concentrazione uguale a (0,8 + 0,2) : 2 =0,5 M.
150. Si dice che una sostanza è un elettrolita se, quando viene posta in acqua dissocia in ioni
positivi e negativi, cationi ed anioni. Danno questo tipo di comportamento gli acidi, gli idros-
sidi ed i sali ed è necessario sapere, almeno formalmente, come si verifica la dissociazione per
ciascuno degli elettroliti di queste tre categorie.
Acidi: HnA. Lo schema generale di dissociazione è, nei casi semplici, del tipo:
HnA + n H2O → n H3O + + A n –
n, che indica il numero di idrogeni “acidi” ( dissociabili ) nella formula dell’acido, ha lo stesso
valore in tutto lo schema: ogni mole di acido che dissocia dà n moli di ione idronio, o idrosso-
nio, H3O+, ciascuno con una carica elettrica positiva, ed 1 mole di ioni negativi, An -, di formu-
la uguale a quella del residuo alogenico neutro dell'acido stesso. L’anione possiede tante cari-
che elettriche negative quanti sono gli idrogeni acidi nella formula dell'acido dal quale deriva.
Lo schema di dissociazione di un acido può, per semplicità, essere scritto anche nella forma:
HnA → n H + + A n -
in cui l'acqua è sottintesa ed H sta per H3O+.
+
Qualora lo schema sia scritto in forma corretta deve soddisfare, oltre che il principio di Lavoi-
sier, anche il principio di elettroneutralità, secondo il quale, dato che la carica elettrica non si
crea e non si distrugge, è necessario che la carica totale dei reagenti sia uguale a quella totale
dei prodotti. Come esempi di dissociazione di acidi consideriamo:
HCl → H + + Cl - HNO3 → H + + NO3 -
a. cloridrico ione cloruro a. nitrico ione nitrato
Non sempre il numero di idrogeni acidi coincide con il numero di idrogeni presenti nella for-
mula. L'eccezione più importante è quella riguardante una importante classe di acidi orga-
nici, i cosiddetti acidi carbossilici, di formula generale RCOOH. In questi composti l'unico i-
drogeno dissociabile è quello del gruppo carbossilico, - COOH; quindi lo schema di dissocia-
zione, in forma semplificata, sarà: RCOOH → RCOO - + H +. Per esempio:
HCOOH → HCOO - + H + CH3COOH → CH3COO - + H+
a. formico ione formiato a. acetico ione acetato
Dallo schema, che deve verificare sia il principio di Lavoisier che quello di elettroneutralità,
risulta che da ogni mole di reagente derivano una mole di ione metallico ( catione ), con tante
cariche positive quanti sono i gruppi idrossido nella formula di partenza, ed n moli di ione
idrossido, ciascuna con una carica negativa. Per esempio:
NaOH → Na + + OH - Ca(OH)2 → Ca2 + + 2 OH -
idrossido di sodio ione sodio idrossido di calcio ione calcio
KOH → K + + OH -
idrossido di potassio ione potassio
È opportuno ricordare che esiste un composto, l’ammoniaca, ed una classe di composti orga-
nici ad esso correlabili, le ammine, che, pur non essendo idrossidi, in acqua danno, almeno
formalmente, un comportamento analogo.
NH3 + H2O → NH4+ + OH - CH3NH2 + H2O → CH3NH3+ + OH -
ammoniaca ione ammonio metil ammina ione metil ammonio
1. Durante la fusione di un corpo che si trova allo stato solido quale delle seguenti grandezze
non cambia?
A) l’energia termica;
B) la velocità media con cui si muovono le particelle del corpo;
C) la temperatura;
D) il volume;
E) la densità.
1. C: i passaggi di stato, per le sostanze, se sono isobari sono anche isotermi. 140
2. La densita' di un liquido e' 1,41 g/mL. Cio' significa che:
A) 20 mL pesano 28,2 g
B) 1 mL pesa 1,41 Kg
C) 1 L pesa 1,4 g
D) 10 mL pesano 141 mg
E) 1 L pesa 1410 mg172.
2. A: ogni mL pesa 1,41 g; 20 mL pesano 1,41 ∙ 20 = 28,2 g. 140
3. Quando l’acqua bolle, a pressione costante, la sua temperatura:
A) varia di più o di meno a secondo del volume del liquido;
B) aumenta;
C) diminuisce;
D) aumenta linearmente;
E) si mantiene costante.
3. E: passaggio di stato isobaro, quindi isotermo. 140
4. La temperatura di ebollizione di un liquido:
A) è funzione della temperatura;
B) è sempre 100 °C;
C) dipende dalla pressione esercitata sul liquido;
D) dipende solo dal particolare liquido considerato;
E) dipende dalla superficie libera del liquido.
4. C: aumenta al crescere della pressione ambiente. 141
5. Per quale delle ragioni di seguito elencate nelle pentole a pressione domestiche il cibo si
cuoce prima che nelle pentole tradizionali?
A) l’evaporazione è ridotta;
B) l’aumento di pressione frantuma le cellule;
C) al crescere della pressione aumenta la temperatura di ebollizione e quindi la velocità delle
reazioni chimiche;
D) al crescere della pressione diminuisce la temperatura di ebollizione e quindi diminuisce la
velocità delle reazioni chimiche;
E) al crescere della pressione diminuisce la temperatura di ebollizione e quindi questa viene
raggiunta prima.
5. C: in questo tipo di pentole la pressione fa sì che la temperatura di ebollizione sia più
alta e la velocità dei processi chimicidella cottura sia maggiore. 141
6. Quando la tensione di vapore diventa uguale alla pressione esterna, un liquido:
A) smette di evaporare
B) bolle
C) congela
D) si raffredda
E) è alla temperatura critica
6. B. 141
7. Quale dei seguenti sistemi è omogeneo?
A) Sospensione.
B) Lega metallica.
C) Emulsione.
D) Soluzione satura.
E) Nebbia.
7. B. 143
8. Quale dei seguenti sistemi non è eterogeneo?
A) Schiuma;
B) Sospensione;
C) Fumo;
D) Emulsione;
E) Soluzione.
8. E. 143
9. Il sistema acqua/ghiaccio è:
A) fisicamente uguale;
B) fisicamente omogeneo;
C) chimicamente omogeneo e fisicamente eterogeneo;
D) chimicamente eterogeneo e fisicamente omogeneo;
E) chimicamente eterogeneo.
9. C: c’è un solo componente chimico ma due diversi stati di aggregazione. 143
10. Quante sono le fasi in un sistema costituito da un cubetto di ghiaccio, che galleggia in una
soluzione acquosa di cloruro di calcio, in presenza del sale solido, e di aria, in cui siano sta-
te immesse notevoli quantità di gas ossido di carbonio e di gas acido solfidrico?
A) 6
B) 5
C) 3
D) 4
E) 7
10. D: ghiaccio, soluzione, sale indisciolto e miscela gassosa. 143
11. Quale dei seguenti composti si scioglie meglio in acqua?
A) Solfato di rame.
B) Benzina.
C) Cellulosa.
D) Grasso neutro:
E) Etere dietilico.
11. A: benzina, grasso neutro ed etere hanno carattere apolare, la cellulosa non è idroso-
lubile, il solfato di rame è un sale. 144
12. Il cloruro di sodio si scioglie in acqua a seguito della formazione in soluzione di legami:
A) idrogeno;
B) ionici;
C) ione – dipolo;
D) covalenti;
E) idrofobici.
12. C: il sale dissocia in ioni sodio ed ioni cloruro che danno legami ione – dipolo con l’ac-
qua (idratazione). 144
13. Il saccarosio è molto solubile in acqua e pressochè insolubile in cloroformio; ciò dipende
essenzialmente dal fatto che il saccarosio è una sostanza:
A) acida;
B) basica;
C) neutra;
D) polare;
E) ionica.
13. D: il simile scioglie il suo simile 144
14. Indicare quale delle seguenti sostanze si scioglie meglio in un solvente apolare:
A) acido solforico;
B) acetato di potassio;
C) idrossido di sodio;
D) idrossido di potassio;
E) zolfo.
14. E: la molecola dello zolfo è apolare (S8). 144
15. Quale dei seguenti solventi è polare?
A) Cloroformio.
B) Tetracloruro di carbonio.
C) Metanolo.
D) Etere dimetilico.
E) Eptano.
15. C: è un alcool, CH3OH, ed il gruppo ossidrilico, - OH, è polarizzato; cloroformio,
CHCl3 tetracloruro di carbonio, CCl4, anche se i legami C – Cl sono polarizzati, non sono
complessivamente polari in quanto sono molecole simmetriche, tetraedriche, e i dipoli dei
singoli legami si annullano in parte o del tutto; l’etere, D, è apolare per motivi simili e l’ep-
tano è un idrocarburo.
144
16. Il glucosio e' solubile in acqua e non si scioglie in benzene. In relazione a questa caratteri-
stica il glucosio e':
A) ionico
B) polare
C) non polare
D) idratato
E) oleoso
16. B: polare come l’acqua in cui è solubile 144
17. La solubilità di una sostanza in un solvente viene definita come:
A) la concentrazione della soluzione satura
B) la concentrazione 10 M
C) la concentrazione 1 M
D) la metà della concentrazione necessaria a saturare la soluzione
E) la concentrazione 1 m
17. A. 144
18. La solubilita' di un gas in un liquido:
A) diminuisce all'aumentare della pressione parziale del gas;
B) aumenta all'aumentare della temperatura;
C) aumenta al diminuire della temperatura;
D) e' indipendente dalla pressione parziale del gas;
E) e' indipendente dalla temperatura.
18. C. 144
19. La solubilità a pressione costante dell'azoto nell'acqua è massima a:
A. 0 C°
B. 100C°
C. 200 C°
D. 500 C°
E. 1000 C°
19. A: i gas sono tanto più solubili quanto minore la temperatura. 144
20. La frazione molare del solvente è il rapporto tra:
A) le moli di solvente e i grammi di soluzione
B) le moli di solvente e le moli di soluto
C) le moli di solvente e le moli totali
D) i grammi di solvente e le moli totali
E) le moli di solvente e i grammi di soluto
20. C. 145
21. Il numero di moli di soluto presenti in ogni chilogrammo di solvente viene definito:
A) normalità;
B) molarità;
C) molalità;
D) frazione molare del solvente;
E) frazione molare del soluto.
21. C. 146
22. Una soluzione 0,1 molare si prepara sciogliendo 0,1 moli di soluto in:
A) un chilo di soluzione
B) un chilo di solvente
C) un litro di soluzione
D) 100 millilitri di solvente
E) 10 millilitri di soluto
22. C. 147
23. In un litro di soluzione acquosa di NaCl 0,1 M (p.M.= 58,45) ci sono:
A) 5,845 grammi di sale;
B) 58,45 moli di sale;
C) 2,9225 grammi di sale;
D) 58,45 grammi di sale;
E) 29,225 grammi di sale.
23. A: sono 0,1 moli in ogni litro e quindi 0,1 ∙ 58,45 = 5,845 g. 147
24. In 500 mL di una soluzione acquosa sono presenti 2 g di NaOH (p.m. = 40 u.m.a.); la
concentrazione della soluzione e':
A) 1 M;
B) 0,1 M;
C) 1 m;
D) 0,1 m;
E) 0,05 M.
24. B: 2 g in mezzo litro equivalgono a 4 g in 1 litro; 4 g corrispondono a 0,1 moli. 147
25. Quanti g di MgSO4 (P.M. = 120) occorrono per preparare 2000 ml di una soluzione 3 M?
A) 360 g
B) 500 g
C) 720 g
D) 120 g
E) 480 g
25. C: 3 moli in ogni litro per due litri danno 6 moli; 6 ∙ 120 = 720 g. 147
26. Quanti grammi di acido solforico (H2SO4, p.M. = 98 u.m.a.) sono contenuti in 250 mL di
una sua soluzione acquosa 2 M?
A) 98.
B) 57.
C) 49.
D) 24.
E) 13.
26. C: 2 moli in ogni litro per un quarto di litro danno 0,5 moli; 0,5 ∙ 98 = 49. 147
27. Calcola la molarità della soluzione preparata sciogliendo 1,5 mg di carbonato di calcio in 3
mL di soluzione acquosa. Il peso molecolare del carbonato di calcio è 100.
A) 0,5 ∙ 10 – 3 M
B) 1,0 ∙ 10 – 3 M
C) 1,5 ∙ 10 – 3 M
D) 2,0 ∙ 10 – 3 M
E) 5,0 ∙ 10 – 3 M
27. E: 1,5 mg in 3 mL equivalgono a 1,5 g in 3 L cioè a 0,5 g in un litro; 0,5 : 100 = 0,005
moli = 5 ∙ 10 – 3 moli. 147
28. Quanti grammi di una sostanza avente p.M = 100 u.m.a. sono necessari per preparare 10
mL di una sua soluzione acquosa 2,5 M?
A) 1,25;
B) 2,50;
C) 5,00;
D) 10,0;
E) 250.
28. B: 2,5 moli in 1 L equivalgono a 2,5 : 100 = 0,025 moli in 0,01 L (10 mL); 0,025 ∙ 100 =
2,5 g. 147
29. In 100 mL di una soluzione 2 M sono presenti 6 grammi di soluto. Qual è il peso mole-
colare del soluto in u.m.a.?
A) 3
B) 12
C) 30
D) 60
E) 120
29. C: 2 moli a litro equivalgono a 0,2 moli in 100 mL; se 0,2 moli pesano 6 g 1 mole pesa
6 : 0,2 = 30 g. 147
30. A quale volume bisogna diluire 10 mL di HCl 6 M per ottenere HCl 0,5 M?
A) 30 mL.
B) 300 mL.
C) 60 mL.
D) 120 mL.
E) 200 mL
30. D: se nella diluizione la concentrazione diventa 12 volte minore (0,5 : 6 = 1 : 12) il vo-
lume deve diventare 12 volte maggiore. 148
31. A 50 mL di una soluzione 0,06 M di HCl viene aggiunto un volume pari al doppio di una
soluzione identica di HCl 0,06 M. Come cambia la concentrazione della soluzione?
A) diventa un terzo;
B) resta uguale;
C) si dimezza;
D) raddoppia;
E) triplica.
31. B: se si mescolano due soluzioni di uguale concentrazione dello stesso soluto la con-
centrazione non varia; nei 50 mL ci sono 0,06 : 20 (50 è un ventesimo di 1000) = 0,003
moli; in 100 mL le moli sono 0,06 : 10 = 0,006; abbiamo quindi 0,009 moli in 150 mL pari a
009 : 0,15 = 0,06 moli in ogni litro. 149
32. Una mole di Al(OH)3 corrisponde a:
A) un grammoequivalente;
B) un terzo di grammoequivalente
C) un sesto di grammoequivalente;
D) tre grammoequivalenti;
E) sei grammoequivalenti.
32. D: è un idrossido tribasico quindi 1 mole = 3 equivalenti 151
33. La normalita' di una soluzione di Ca(OH)2 0,5 M e':
A) 0,5 N
B) 5 N
C) 1 N
D) 30,0 N
E) 0,25 N
33. C: è un idrossido dibasico quindi 1 mole = 2 equivalenti e 0,5 moli a litro corrispon-
dono a 0,5 ∙ 2 = 1 equivalente a litro. 151
34. Un grammo equivalente di NH4Cl (P.M. = 53,45) e':
A) 26,73
B) 53,45 g
C) 13,36 g
D) 106,9 g
E) 17,8 g
34. B: il sale dissocia in NH4 + e Cl -, una carica positiva; 1 mole = 1 equivalente, o gram-mo
equivalente; p.M. = 53,45 e 1mole = 53,45 g. 151
35. Una soluzione 2N contiene:
A) due grammi di soluto per millimetro cubico di soluzione;
B) due moli di soluto per 1000 g di solvente;
C) due grammo equivalenti di soluto per litro di soluzione;
D) due grammo equivalenti di soluto per 1000 g di solvente;
E) due moli di soluto per due litri di solvente.
35. C. 151
Modificazione delle proprietà di un solvente per aggiunta di un soluto Raoult Innalzamento ebullioscopico
Abbassamento crioscopico Osmosi Pressione osmotica Correzioni per elettroliti
36.
152. Quando si scioglie un soluto in un solvente si ottiene una soluzione che, rispetto al solven-
te, presenta una variazione per tutta una serie di proprietà.
La soluzione ha una tensione di vapore più bassa, abbassamento della tensione di vapore:
𝒏𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐
𝒑𝟎𝒔𝒐𝒍𝒗. − 𝒑𝟎𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛. = ∆𝒑𝟎 = 𝑿𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 ∙ 𝒑𝟎𝒔𝒐𝒍𝒗. = 𝒏 ∙ 𝒑𝟎𝒔𝒐𝒍𝒗𝒆𝒏𝒕𝒆 (legge di Raoult).
+𝒏
𝒔𝒐𝒍𝒖𝒕𝒐 𝒔𝒐𝒍𝒗𝒆𝒏𝒕𝒆
L’abbassamento della tensione di vapore è tanto maggiore quanto più la soluzione è concen-
trata.
Se, a 25 °C, si sciolgono 90 g di glucosio, pari a 0,5 moli , C6H12O6 p.M. = 180, in 900 g, cioè 50
moli, di acqua, che a questa temperatura ha p0 = 23,8 mmHg, si ha una soluzione per la quale
𝟎,𝟓
∆𝒑𝟎 = 𝟓𝟎,𝟓 ∙ 𝟐𝟑, 𝟖 = 𝟎, 𝟐𝟒 𝒎𝒎𝑯𝒈 ed una tensione di vapore pari a 𝒑𝟎𝒔𝒐𝒍𝒖𝒛. = (𝟐𝟑, 𝟖 − 𝟎, 𝟐𝟒) =
𝟐𝟑, 𝟓𝟔 𝒎𝒎𝑯𝒈. Se, alla stessa temperatura, si sciolgono, nella stessa quantità di acqua, 30 g di
urea, pari sempre a 0,5 moli, (NH2)2CO p.M. = 60, siccome la frazione molare è la stessa si ha
lo stesso abbassamento della tensione di vapore. È molto importante notare che a parità di
quantità e natura del solvente, ciò che determina l’abbassamento della tensione di vapore non
è la massa di soluto, o la sua natura, ma solo il numero di moli del soluto stesso.
Le proprietà che, come l’abbassamento della tensione di vapore, dipendono dal numero di
moli, e quindi di molecole, ma non dalla loro natura, vengono definite proprietà colligative.
153. L’abbassamento della tensione di vapore ha come conseguenza per una soluzione un au-
mento della temperatura di ebollizione, innalzamento ebullioscopico, ed un abbassamento del-
la temperatura di congelamento, abbassamento crisoscopico.
Per esempio sciogliendo in 1 kg di acqua 1 mole di glucosio si ottiene una soluzione che, alla
pressione di 1 atm, bolle a 100, 52 °C e gela a – 1,86 °C , e presenta, quindi, un innalzamento e-
bullioscopico pari a: ∆𝑻𝒆𝒃. = 𝟏𝟎𝟎, 𝟓𝟐 − 𝟏𝟎𝟎 = 𝟎, 𝟓𝟐°𝑪, ed un abbassamento crioscopico ugua-
le a: ∆𝑻𝒄𝒓. = 𝟎 − (−𝟏, 𝟖𝟔) = 𝟏, 𝟖𝟔°𝑪.
Anche l’innalzamento ebullioscopico e l’abbassamento crioscopico dipendono dalla concen-
trazione della soluzione e sono dati dalle:
HCOOH ⟶ HCOO - + H+
. moli iniziali 1 / /
. moli dissociate 0,02 / /
. moli finali 0,98 0,02 0.02
Quindi nella soluzione non ci sarà 1 mole di acido formico ma 0,98 moli di acido indissociato,
0,02 moli di ione formiato ed altrettante di ioni idrogeno, per un totale di 1,02 moli assortite.
A scopo mnemonico può essere utile ricordare che, come già detto, tutti i sali sono elettroliti
forti. Sono acidi forti gli acidi il cui nome ha desinenza –ico (acido cloridrico, acido solforico,
acido perclorico ...) con l’eccezione dell’acido fosforico, H3PO4, e di tutti gli acidi contenenti
carbonio (acido carbonico, H2CO3, acido cianidrico, HCN) che sono invece elettroliti deboli.
Sono poi ancora elettroliti forti gli idrossidi dei metalli alcalini e dei metalli alcalino terrosi
(NaOH, KOH, Ca(OH)2 ). L’ammoniaca, ed una serie di suoi derivati, detti ammine, sono in-
vece elettroliti deboli.
155. Siccome le proprietà colligative dipendono dal numero di particelle presenti nella solu-
zione e non dalla loro natura, per ottenerne il valore non si dovrà tener conto del numero di
moli di soluto poste in soluzione bensì del numero effettivo di moli presenti dopo un’eventuale
dissociazione. In altri termini non si dovrà tener conto della cosiddetta concentrazione analiti-
ca ma della concentrazione “vera”.
Per un non elettrolita la concentrazione vera e quella analitica coincidono in quanto le moli
poste in soluzione acquosa non aumentano di numero per effetto di dissociazione.
Per un elettrolita debole la concentrazione vera sarà di poco superiore a quella analitica.
Per un elettrolita forte la concentrazione vera sarà n volte maggiore di quella analitica; n in-
dica il numero di moli di ioni che derivano dalla dissociazione di 1 mole iniziale di elettrolita
forte. Per esempio, indicando con c e c’ concentrazione vera e concentrazione analitica sarà:
NaCl ⟶ Na + + Cl – n = 2; c’ = 2 c; dissocia 1 a 2
K2SO4 ⟶ 2 K + SO4 + 2-
n = 3; c’ = 3 c; dissocia 1 a 3
NaOH ⟶ Na+ + OH – n = 2; c’ = 2 c; dissocia 1 a 2
Mg(NO3)2 ⟶ Mg + 2 NO3
2+ –
n = 3; c’ = 3 c. dissocia 1 a 3
I concetti sin qui esposti possono essere ulteriormente chiariti dai seguenti problemi esemplifi-
cativi.
* Date due soluzioni acquose equimolali (stessa molalità) di urea e di cloruro di sodio alla stes-
sa temperatura, stabilire quale delle due presenta, eventualmente, tensione di vapore mag-
giore.
A parità di temperatura e di solvente la tensione di vapore di una soluzione dipende dalla con-
centrazione vera della soluzione; siccome il cloruro di sodio è un elettrolita forte che dissocia
secondo la NaCl ⟶ Na+ + Cl –, mentre l’urea non è un elettrolita, la concentrazione vera della
soluzione contenente il sale sarà il doppio di quella della soluzione di urea e quindi sarà mag-
giore l’abbassamento della tensione di vapore; di conseguenza la tensione di vapore sarà mi-
nore.
* Date due soluzioni acquose, entrambe in concentrazione 0,5 m, di NaCl e di K2SO4, quale
presenterà la temperatura di gelo maggiore?
La temperatura di gelo dipende dall’abbassamento crioscopico che, a parità di solvente, di-
pende solo dalla concentrazione cui è direttamente proporzionale. Le concentrazioni vere del-
le due soluzioni sono rispettivamente 1 m per il cloruro di sodio (NaCl ⟶ Na+ + Cl –; n = 2) e
1,5 m per il solfato di potassio (K2SO4 ⟶ 2 K + + SO42 – n = 3); la prima pertanto ha l’abbas-
samento minore e, quindi, la temperatura di gelo maggiore.
* Date le seguenti soluzioni acquose, C6H12O6 2 m, NaCl 1,2 m, CH3COOH 2 m, Ca(OH)2 1 m,
ordinarle per temperatura di ebollizione crescente.
La temperatura di ebollizione sarà tanto maggiore quanto maggiore l’innalzamento ebullio-
scopico che, a sua volta, dipende dalla concentrazione vera della soluzione; in pratica si tratta
di ordinare le soluzioni per concentrazione vera crescente.
Per C6H12O6 , non elettrolita, la concentrazione vera coincide con quella analitica: 2 m;
per NaCl, elettrolita forte che dissocia 1 a 2, la concentrazione vera è il doppio di quella anali-
tica: 2,4 m;
per CH3COOH, elettrolita debole che dissocia limitatamente, la concentrazione vera sarà di
poco superiore a quella analitica, 2 m;
per Ca(OH)2, elettrolita forte che dissocia 1 a 3, la concentrazione vera sarà il triplo di quella
analitica; 3 m. L’ordine è quindi C6H12O6 2 m; CH3COOH 2 m; NaCl 1,2 m; Ca(OH)2 1 m.
156. Le membrane semipermeabili sono membrane naturali o artificiali che hanno la peculia-
rità, qualora vengano poste tra due soluzioni, di lasciarsi attraversare dal solvente ma non dai
soluti. Se due soluzioni, a diversa concentrazione, sono separate da una membrana di questo
tipo si osserva che il solvente passa più velocemente dalla soluzione più diluita verso quella più
concentrata che non viceversa. L’effetto netto di questo processo è un passaggio di solvente
dalla soluzione più diluita all’altra, fenomeno che va sotto il nome di osmosi.
. p pistone
. soluzione soluzione
.
. membrana
. solvente solvente solvente
I II III
Se, vedi figura I, una soluzione è separata dal solvente puro da una membrana semipermeabi-
le, si ha osmosi dal solvente verso la soluzione, con diminuzione, II, della differenza del flusso
del solvente nei due versi; se però, mediante un pistone, III, si esercita sulla soluzione la pres-
sione necessaria e sufficiente, si può far sì che i due flussi siano uguali nonostante la differenza
di concentrazione: la pressione che va esercitata su di una soluzione per impedire osmosi rela-
tivamente al solvente puro, alla stessa temperatura, si definisce pressione osmotica della solu-
zione. La pressione osmotica, simbolo 𝝅, ha le solite unità di misura della pressione e si può
dimostrare che è data dalla 𝝅 = 𝑴 ∙ 𝑹 ∙ 𝑻, in cui M è la molarità della soluzione, T la sua tem-
peratura assoluta ed R la costante dei gas perfetti.
Per una soluzione acquosa 0,1 M di urea, (NH2)2CO, a 27 °C, si avrà 𝝅 = 𝟎, 𝟏 ∙ 𝟎, 𝟎𝟖𝟐 ∙ 𝟑𝟎𝟎 =
𝟐, 𝟒𝟔 𝒂𝒕𝒎. Alla stessa temperatura, soluzioni in concentrazione sempre 0,1 M di glucosio o di
saccarosio, avranno, dato che M è la stessa, la stessa pressione osmotica, saranno cioè isotoni-
che con la soluzione di urea: evidentemente anche la pressione osmotica è una proprietà colli-
gativa. A 27 °C, per una soluzione acquosa 0,1 M di NaCl, elettrolita forte, la pressione osmo-
tica risulterà pari a 𝝅 = 𝟎, 𝟐 ∙ 𝟎, 𝟎𝟖𝟐 ∙ 𝟑𝟎𝟎 = 𝟒, 𝟗𝟐 𝒂𝒕𝒎, in quanto la sua concentrazione vera
è il doppio di quella delle altre soluzioni. Diremo che la soluzione di cloruro di sodio è iperto-
nica rispetto alle tre precedenti, le quali, a loro volta sono ipotoniche rispetto ad essa.
Siccome, a parità di temperatura, la pressione osmotica di una soluzione è direttamente pro-
porzionale alla molarità della soluzione stessa, una diluizione le farà diminuire entrambe nello
stesso modo. Quindi se, a temperatura costante, si porta il volume di una soluzione da 1 litro a
5 litri, se inizialmene la sua pressione osmotica era pari a 0,8 atm diventerà 0,8 : 5 = 0,16 L.
1. Vengono chiamate colligative le proprietà il cui valore dipende solo dal numero e non dal-
la natura delle particelle che le determinano. È sperimentalmente accertato che, in reci-
pienti di ugual volume ed alla stessa temperatura, una mole di idrogeno ed una mole di os-
sigeno gassosi esercitano la stessa pressione. si può pertanto affermare che la pressione
gassosa:
A) è una proprietà colligativa;
B) è indipendente dal volume del recipiente;
C) è indipendente dalla temperatura;
D) non è una proprietà colligativa;
E) è una proprietà colligatica solo nel caso che i due recipienti contengano una mole di ciascuno
dei due gas.
1. A. 152
2. Vengono chiamate colligative le proprietà il cui volume dipende solo dal numero e non
dalla natura delle particelle che le determinano. La forza ionica di una soluzione è definita
come la semisomma dei prodotti della concentrazione di ciascun ione presente in soluzione
per il quadrato della sua valenza. Si può pertanto affermare che la forza ionica:
A) è una proprietà colligativa;
B) è direttamente proporzionale alla semisomma delle valenze degli ioni presenti;
C) non è una proprietà colligativa;
D) è tanto minore quanto maggiore è il numerodi ioni presenti;
E) è tanto minore quanto maggiore è la valenza degli ioni presenti.
2. C: se dipende dalla valenza degli ioni dipende dalla loro natura. 152
3. Raddoppiando il volume di una soluzione acquosa di cloruro di sodio mediante aggiunta di
acqua pura il punto di congelamento:
A) aumenta di 2°C;
B) aumenta;
C) diminuisce di 2°C;
D) diminuisce;
E) non varia.
3. B: la diluizione fa diminuire la concentrazione e dato che l’abbassamento crioscopico è
proporzionale alla concentrazione la temperatura di gelo aumenta. 153
4. Se si scioglie un poco di zucchero in acqua distillata si ottiene una soluzione che:
A) solidifica ad una temperatura più bassa di quella di solidificazione dello zucchero;
B) solidifica alla stessa temperatura di solidificazione dell’acqua distillata;
C) solidifica ad una temperatura più alta di quella di solidificazione dell’acqua distillata;
D) solidifica ad una temperatura più bassa di quella di solidificazione dell’acqua distillata;
E) non può solidificare in nessun modo, quale che sia la temperatura.
4. D: la soluzioni hanno temeratura di gelo inferiore a quella del solvente puro. 153
5. Attraverso una membrana semipermeabile:
A) il solvente passa liberamente in entrambi i sensi
B) il soluto passa liberamente in entrambi i sensi
C) il solvente passa solo in un senso
D) il passaggio del solvente è ridotto a metà
E) il passaggio del soluto è ridotto a metà
5. A. 156
6. Una soluzione A è ipertonica rispetto ad una soluzione B se:
A) separando le due soluzioni mediante una membrana semipermeabile si instaura un flusso net-
to di solvente dalla soluzione B alla soluzione A;
B) separando le due soluzioni mediante una membrana semipermeabile si instaura un flusso net-
to di solvente dalla soluzione A alla soluzione B;
C) la soluzione A si trova ad una temperatura maggiore della soluzione B:
D) i valori delle proprietà colligative della soluzione B sono maggiori di quelli della soluzione
A;
E) la soluzione A è più acida della soluzione B.
6. A: il solvente passa dalla soluzione più diluita, ipotonica, all’altra. 156
7. Stabilire quale delle seguenti soluzioni presenta, a parità di temperatura, la maggiore
pressione osmotica: a) acido cloridrico 0,2 M; b) acido formico 0,2 M; c) saccarosio 0,4 M;
d) cloruro di sodio 0,2 M; e) bicarbonato di magnesio 0,2 M.
A) La soluzione a)
B) La soluzione b)
C) La soluzione c)
D) La soluzione d)
E) La soluzione e)
7. E: a parità di temperatura avrà pressione osmotica maggiore la soluzione con osmola-
rità maggiore; l’osmolarità dipende dalla concentrazione analitica e dal modo in cui, even-
tualmente, il soluto dissocia; a) HCl dissocia completamente, acido forte, in H + e Cl – e al-
lora l’osmolarità è 0,2 ∙ 2 = 0,4 osM; b) HCOOH dissocia in parte, acido debole, in H + ed
HCOO – e l’osmolarità sarà appena superiore a 0,2 M; c) C12H22O11 non è un elettrolita e
Molarità ed osmolarità coincidono: 0,4 M; d) NaCl è un sale, elettrolita forte, e dissocia
completamente in Na + e Cl – , l’osmolarità è 0,2 ∙ 2 = 0,4 osM; e) Mg(HCO3)2 e) è un sale,
elettrolita forte, e dissocia completamente in Mg 2 + e 2 HCO32 – e l’osmolarità è 0,2 ∙ 3 = 0,6
M. 156
8. La pressione osmotica di una soluzione acquosa 1 M di glucosio a 27 °C vale in Atm:
A) 24,6;
B) 300;
C) 1;
D) un valore indeterminato;
E) 27.
8. A: dalla π = MRT si ha π = 1 ∙ 0,082 ∙ (273 + 27) = 0,082 ∙ 300 = 24,6 Atm 156
9. Si abbiano due soluzioni, una di cloruro di sodio e l’altra di glucosio alla stessa tempe-
ratura ed in uguale concentrazione molare:
A) le due soluzioni hanno la stessa pressione osmotica;
B) essendo il peso molecolare del cloruro di sodio circa un terzo di quello del glucosio la pres-
sione osmotica della sua soluzione sarà circa tre volte minore;
C) la pressione osmotica della soluzione di glucosio è maggiore di quella della soluzione di clo-
ruro di sodio;
D) la soluzione di cloruro di sodio ha una pressione osmotica doppia di quella della soluzione
di glucosio;
E) le due pressioni osmotiche non sono confrontabili in quanto i soluti sono diversi.
9. D: il glucosio non è un elettrolita mentre il cloruro di sodio è un sale, NaCl, che disso-cia
totalmente in Na+ e Cl -: quindi l’osmolarità della soluzione del sale è il doppio di quel-la
di glucosio. 156
10. Quale tra le seguenti NON è una proprietà colligativa delle soluzioni?
A) la densità
B) l’abbassamento crioscopico
C) l’innalzamento ebullioscopico
D) la pressione osmotica
E) l’abbassamento della pressione di vapore
10. A. 156
11. Un recipiente è suddiviso da una membrana semipermeabile in due compartimenti conte-
nenti ciascuno una soluzione. Nel primo compartimento il livello del liquido diminuisce e
nel secondo aumenta. Quale tra le seguenti supposizioni può essere considerata corretta?
A) la prima soluzione è ipertonica rispetto alla seconda;
B) la seconda soluzione è ipotonica rispetto alla prima;
C) la prima soluzione è ipotonica rispetto alla seconda;
D) le due soluzioni sono isotoniche;
E) la prima soluzione contiene più soluto della seconda.
11. C: il solvente passa dalla soluzione ipotonica all’altra. 156
12. Attraverso una membrana semipermeabile vengono poste a contatto due soluzioni ac-
quose di glucosio, C6H12O6. la soluzione A è 0,325 M e la soluzione B è 0,0325 M. Quale
delle seguenti affermazioni NON è corretta?
A) l’acqua passa dalla soluzione B alla soluzione A
B) la soluzione A ha pressione osmotica maggiore
C) il glucosio passa dalla soluzione A alla soluzione B
D) si verifica il fenomeno dell’osmosi
E) il solvente si sposta dalla soluzione più diluita alla soluzione più concentrata
12. C: i soluti non attraversano le membrane semipermeabili. 156
13. Quale dei seguenti fenomeni non si verifica quando si diluisce una soluzione acquosa di un
non elettrolita?
A) Diminuzione della molarità
B) Aumento della temperatura di congelamento
C) Aumento della temperatura di ebollizione
D) Aumento della tensione di vapore
E) Diminuzione della pressione osmotica
13. C: per diluizione l’innalzamento ebullioscopico, proporzionale alla concentrazione,
diminuisce e così la temperatura di ebollizione. 156
Velocità di reazione Ordine di reazione Fattori che influiscono slla velocità di reazione Energia di
attivazione Catalizzatori Enzimi Equilibrio Costante di equilibrio principio dell’equilibrio mobile
Termodinamica chimica
157. Data la reazione A ⟶ B, si definisce velocità della reazione diretta, verso destra, 𝒗 �⃗, il nu-
mero di moli di A che reagiscono in ogni litro al secondo (moli ∙ L – 1 ∙ s – 1). La velocità di rea-
zione è data dalla 𝒗 �⃗ = �𝒌⃗ ∙ [𝑨], equazione cinetica, in cui il termine in parentesi quadrate è la
concentrazione molare del reagente A, mentre �𝒌⃗ è la costante cinetica della reazione diretta il
cui valore dipende solo dalla temperatura, con la quale cresce, e dalla natura del reagente A.
Nei casi semplici l’equazione cinetica è ricavabile direttamente dallo schema di reazione: 𝒗 �⃗ è
direttamente proporzionale alle concentrazioni dei reagenti elevate ad esponenti che coincido-
no con i coefficienti stechiometrici. Per esempio:
2A⟶B �⃗ = �𝒌⃗ ∙ [𝑨]𝟐
𝒗
A+B⟶C �⃗ = �𝒌⃗ ∙ [𝑨] ∙ [𝑩]
𝒗
A+2B⟶C 𝒗 �⃗ = �𝒌⃗ ∙ [𝑨] ∙ [𝑩]𝟐 .
La dipendenza della velocità di reazione dalla temperatura e dalla natura dei reagenti è com-
prensibile alla luce della cosiddetta teoria delle collisioni molecolari. Secondo il modello su cui
essa si basa, la reazione X2 + Y2 ⟶ 2 XY, per la quale 𝒗 �⃗ = �𝒌⃗ ∙ [𝑿𝟐 ] ∙ [𝒀𝟐 ], richiede , per avve-
nire, che molecole del tipo X2 ed Y2 collidano con energia sufficiente a dare una situazione in
cui si stanno iniziando a rompere i legami X – X ed Y – Y ed a formare i nuovi legami X – Y;
tale situazione, che ha un contenuto di energia superiore sia a quello dei reagenti che a quello
dei prodotti, si definisce complesso attivato o stato di transizione, e può evolvere a dare i pro-
dotti oppure a riformare i reagenti:
X–X Y–Y
Y X
X X
Y X–Y
Y
X Y X Y
X Y
La velocità della reazione dipende dalla velocità di formazione dello stato di transizione: esso
per formarsi richiede la collisione tra i reagenti, X2 ed Y2, ed, inoltre, che tale collisione si veri-
fichi con un quantitativo di energia cinetica almeno sufficiente ad allentare i legami “vecchi”
consentendo la formazione di quelli nuovi.
Questo minimo contenuto di energia prende il nome di energia di attivazione, EA, della reazio-
ne, e dipende esclusivamente dalla natura dei reagenti.
A questo punto è logico come un aumento delle concentrazioni dei reagenti aumenti la velocità
di reazione in quanto aumenta la probabilità delle collisioni tra i reagenti stessi.
L’aumento di temperatura ha un doppio effetto in quanto, da un lato, l’aumento della velocità
media molecolare rende più frequenti gli urti e, dall’altro, aumenta la probabilità che un urto
avvenga con un energia almeno uguale al minimo richiesto, EA. È evidente che, per reazioni
diverse alla stessa temperatura la velocità, maggiore si avrà per quella che presenta energia di
attivazione minore.
158. Praticamente qualsiasi reazione chimica può avvenire verso destra, reazione diretta, o
verso sinistra, reazione inversa, e procedere sino a che il sistema non abbia raggiunto una si-
tuazione di equilibrio dinamico in cui la velocità della reazione diretta e di quella inversa sono
uguali. Ponendo, per esempio, a reagire etene ed idrogeno gassosi ad una data temperatura si
ha: C2H4 + H2 ∅ C2H6
. Mt = 0 0,5 2 0
. Mt = t’ 0,2 1,7 0,3
in cui, per ipotesi, Mt = 0 è la situazione iniziale mentre Mt = t’ è la situazione all’equilibrio.
Inizialmente, quando sono presenti solo i reagenti, le velocità della reazione diretta ed inversa
sono date da: 𝒗�⃗ = 𝒌�⃗ ∙ [𝑪𝟐 𝑯𝟒 ] ∙ [𝑯𝟐 ] = 𝒌
�⃗ ∙ 𝟎, 𝟓 ∙ 𝟐 = �𝒌⃗ e 𝒗
⃖� = ⃖�𝒌� ∙ 𝟎 = 𝟎.
Man mano che la reazione procede le concentrazioni dei reagenti diminuiscono, e quindi dimi-
nuisce la velocità della reazione diretta, mentre aumenta la concentrazione del prodotto e, con
essa la velocità della reazione inversa. Necessariamente ad un certo istante le due velocità do-
vranno diventare uguali, equilibrio, e dovrà essere 𝒗 �⃗ = 𝒌�⃗ ∙ 𝟎, 𝟐 ∙ 𝟏, 𝟕 = 𝟎, 𝟑𝟒𝒌
�⃗ = 𝒗
⃖� = 𝟎, 𝟑 ⃖�
𝒌�.
Graficamente si avrà
v
�⃗
𝒗
�⃗ = 𝒗
𝒗 ⃖�
⃖�
𝒗
t’ t
Quando, all’equilibrio, le velocità sono uguali, reagenti e prodotti si formano e spariscono con
la stessa velocità e le loro concentrazioni, che in generale sono diverse tra di loro, smettono di
variare.
159. Esistono sostanze, definite catalizzatori, che, anche senza partecipare, apparentemente,
ad una reazione, consentono al sistema di raggiungere la situazione di equilibrio in tempi deci-
samente minori. In presenza del catalizzatore si arriva, partendo dalla stessa situazione inizia-
le alla medesima situazione (concentrazioni) finale: il catalizzatore non consente, quindi, di ot-
tenere quantità maggiori di prodotti ma solo di raggiungere l’equilibrio in un tempo più bre-
ve, senza però modificarne la “posizione”.
In presenza del catalizzatore la reazione avviene con un meccanismo diverso che comporta va-
lori minori delle energie di attivazione, aumentano quindi nella stessa misura le velocità dei
processi diretti ed inversi, che possono equilibrarsi in tempi molto minori.
. H – A + :B → :A - + H – B +
(la reazione sarà possibile solo qualora la base sia in grado di prendere il protone all’acido e
quindi dipenderà dalla natura dell’uno e dell’altra).
Come risulta dallo schema nella reazione l’acido si trasforma in una base e la base in un aci-
do: l’acido e la base che da essa deriva per cessione di un (solo) protone si dicono acido e base
coniugati (HA / :A -) e lo stesso vale per la base e l’acido che da essa si forma (:B / H – B +).
Sono quindi coppie coniugate acido / base quelle presenti nelle seguenti reazioni:
. acido’ + base’’ → base’ + acido’’
. HNO3 + H2 O → NO3- + H3 O+
. HCOOH + OH - → HCOO - + H2 O
. HCl + NH3 → Cl - + NH4+
. H2CO3 + H2 O → HCO3 - + H3 O+
Si definiscono anfoliti specie che ammettono sia la base coniugata che l’acido coniugato, come:
H2O base coniugata di H3O+ (ione idronio) ed acido coniugato di OH – (ione idrossido);
HCO3- base coniugata di H2CO3 (a. carbonico) ed acido coniugato di CO32 – (i. carbonato);
H2PO4 – base coniugata di H3PO4 (a. fosforico) ed acido coniugato di HPO4- (i. idrogenofosfato)
164. Un acido o una base di Brønsted si definiscono forti o, rispettivamente, deboli, a seconda
del loro comportamento in soluzione acquosa.
Sono forti gli acidi e le basi che in soluzione acquosa diluita reagiscono in maniera completa,
senza dare un equilibrio: si tratta degli stessi acidi ed idrossidi che abbiamo precedentemente
definito elettroliti forti.
Sono invece deboli gli acidi e le basi che in soluzione acquosa reagiscono parzialmente dando
origine ad un equilibrio, e si tratta ancora degli stessi che sono stati in precedenza classificati
come elettroliti deboli.
Così, per esempio, in una soluzione acquosa 0,1 M di HCl, che si ottiene sciogliendo 0,1 moli
dell’acido forte in 1 litro di acqua (pari a 1000 : 18 = 55,56 moli della stessa, 1 litro d’acqua ha
massa uguale a 1000 g), si avrà:
[H3O+] ∙ [OH -] = KW
in cui KW, che prende il nome di prodotto ionico dell’acqua, dipende come al solito dalla na-
tura dei componenti e dalla temperatura con la quale aumenta.
A 25 °C KW = 1 ∙ 10 – 14 M2 e, quindi, in qualsiasi soluzione acquosa, all’equilibrio e a 25 °C, il
prodotto delle concntrazioni dello ione idronio e dello ione idrossido deve dare 10 – 14.
Se la soluzione, oltre all’acqua, contiene specie che non siano in grado di produrre ioni H3O+
oppure ioni OH – ,tali ioni deriveranno solo dall’acqua e saranno presenti in uguali concentra-
zioni: [H3O+] = [OH -] = 𝟏𝟎−𝟕 𝑴.
Qualora invece siano presenti specie che producono, o consumano [H3O+] o [OH -], allora una
delle due specie sarà presente in concentrazione maggiore e l’altra in concentrazione minore,
ma comunque sempre tali che il loro prodotto dia KW.
Conoscendo la concentrazione di una delle due specie si può ottenere quella dell’altra dalla
𝑲𝑾
. [𝑯𝟑 𝑶+ ] =
[𝑶𝑯− ]
Quindi se, a 25 °C, per una soluzione si ha [H3O+] = 4 ∙ 10 – 5 M, allora per la stessa soluzione
sarà [OH -] = 10 – 14 / 4 ∙ 10 – 5 = 2,5 ∙ 10 – 10 M.
Vale forse la pena di osservare che, se le due concentrazioni, sono scritte , come capita solita-
mente, in notazione scientifica, il prodotto dei coefficienti deve dare 10 e quello delle potenze
di 10, 10 – 15). Così se in una soluzione acquosa a 25 °C [OH -] = 8 ∙ 10 – 4 M allora dovrà essere
[H3O+] = (10 : 8) ∙ 10 – 11 M = 1,25 ∙ 10 – 11 M.
168. Le concentrazioni dello ione idronio e dello ione idrossido in una soluzione acquosa sono
comunemente espresse in forma logaritmica. Per definizione si ha:
pH = colog [H3O+] = - log [H3O+] e pOH = colog [OH -] = - log [OH -].
Per definizione di logaritmo sarà poi:
Importante notare che una soluzione sarà tanto più acida quanto minore il suo pH.
170. L’acidità di una soluzione dipende dalla natura del soluto in essa presente.
A titolo di esempio stabiliamo l’ordine di acidità crescente per una serie di soluzioni, tutte alla
stessa concentrazione 10 – 2 M, di: alcool metilico,CH3OH, acido cloridrico, HCl, idrossido di
calcio, Ca(OH)2, ammoniaca, NH3, acido solforico, H2SO4, idrossido di sodio, NaOH ed acido
acetico, CH3COOH.
Saranno acide le soluzioni di HCl, H2SO4 e CH3COOH; basiche quelle di Ca(OH)2, NH3 ed
NaOH e neutra quella di CH3OH che non è un elettrolita.
Tra le soluzioni acide, la meno acida, a parità di concentrazione, è quella di CH3COOH, un a-
cido debole parzialmente dissociato, e la più acida quella di H2SO4 che essendo un acido dipro-
tico produce una quantità di H+ doppia di quella derivante da HCl.
In modo analogo, tra le soluzioni basiche la meno basica è quella di NH3, base debole, e la più
basica quella di Ca(OH)2, che produce una quantità di ioni OH - doppia di quella derivante da
NaOH. Quindi ricapitolando l’ordine richiesto di acidità crescente sarà:
Ca(OH)2, NaOH, NH3, CH3OH, CH3COOH, HCl, H2SO4.
171. La conoscenza dei parametri di una soluzione, natura del soluto, o dei soluti, e valori del-
le relative concentrazioni, permette di calcolarne il pH, così come risulta dagli esempi trattati
di seguito (in cui la temperatura, sottintesa, è sempre di 25 °C e al posto di H3O+ si scrive, per
semplicità, H+).
* Soluzione acquosa di acido perclorico, HClO4, 0,001 M.
È un acido forte monoprotico che dissocia completamente in H+ e ClO4-; quindi [H+] = 0,001 =
1 ∙ 10 – 3 M e pH = colog 10 – 3 = 3. *
Soluzione acquosa di idrossido di sodio, NaOH, 0,01 M.
É una base forte, Na è un metallo alcalino, che dissocia completamente in Na+ ed OH-; sarà
[OH-] = 0,01 = 1 ∙ 10 –2 M e pOH = colog 10 – 2 = 2 da cui pH = 14 – 2 = 12.
* Soluzione acquosa di acido solforico, H2SO4, 0,05 M.
Dissocia completamente secondo la H2SO4 → 2 H+ + SO42 -. Quindi da 0,05 moli / litro di acido
diprotico si ottengono 0,05 ∙ 2 = 0,1 moli / litro di H+; pH = - log 0,1 = 1.
* Soluzione acquosa 5 ∙ 10 – 4 M di idrossido di calcio, Ca(OH)2.
L’idrossido di calcio dissocia completamente, Ca è un metallo alcalino terroso, secondo lo
schema Ca(OH)2 → Ca++ + 2 OH -; da 5 ∙ 10 – 4 moli / litro di idrossido si ottengono 2 ∙ 5 ∙ 10 – 4
= 10 – 3 moli / litro di OH -; pOH = colog 10 – 3 = 3 e pH = 14 – 3 =11.
* Soluzione ottenuta aggiungendo a 100 mL di idrossido di potassio, KOH, 0,001 M un volume
di 900 mL di acqua. Siccome il volume diventa 10 volte
maggiore la concentrazione diventa 10 volte minore, dilui-zione, e cioè 0,0001 M. L’idrossido è
una base forte che dissocia completamente a dare K+ e OH- e pertanto [OH - ] = 0,0001 = 10 – 4
M e pOH = colog 10 – 4 = 4 e pH = 14 – 4 = 10. *Soluzione acquosa contenente 3,65 g di acido
cloridrico, HCl p.M. = 36,5, in un volume di 10 litri.
La concentrazione della soluzione è data da 3,65/36,5 = 0,1 moli in 10 litri e cioè 0,01 moli /L.
L’acido monoprotico dissocia completamente a dare H+ e Cl – e quindi [H+] = 0,01 = 10 – 2 M e
pH = - log 10 – 2 = 2.
172. Procedendo in maniera inversa si può passare dal pH della soluzione alla concentrazione
o alla massa del soluto.
* Quanti grammi di acido nitrico, HNO3 p.M. = 63, saranno presenti in 500 mL di una sua so-
luzione che presenta un pH = 2?
Per la soluzione data si ha [H+] = 10 – pH = 10 – 2 = 0,01 M; dato che l’acido è forte e monoproti-
co la concentrazione dello ione idronio coincide con il numero di moli di acido sciolte in ogni
litro di soluzione; i grammi sciolti in ogni litro saranno allora 0,01 ∙ 63 = 0,63 g /L e in 500 mL
i grammi saranno quindi la metà: 0,63 : 2 = 0,315 g.
* Quanti mL di acqua si dovranno aggiungere ad 1 mL di soluzione di HCl, il cui pH è 1, per
portarlo a 3.
pH = 1 equivale ad [H+] = 10 – 1 M = 0,1 mentre pH = 3 ad [H+] = 10 – 3 = 0,001 M; quindi la
concentrazione deve diventare 10 – 1/ 10 – 3 = 100 volte minore e, di conseguenza il volume
dovrà diventare 100 volte maggiore; si devono aggiungere 99 (100 – 1) mL di acqua.
173. Come già detto, a parità di concentrazione, una soluzione di acido debole sarà meno aci-
da, e quindi avrà pH maggiore, di una soluzione di acido forte (mentre una di base debole sa-
rà, nelle stesse condizioni, meno basica, pH minore, di una di base forte).
A livello quantitativo si può dimostrare che per una soluzione di un acido debole monoprotico
vale la [𝑯𝟑 𝑶+ ] = �𝑲𝑨 ∙ 𝒄𝑨 in cui KA e cA rappresentano la costante di acidità e la concentra-
zione in soluzione dell’acido debole (in modo simmetrico per una soluzione di una base debole
vale la [𝑶𝑯− ] = �𝑲𝑩 ∙ 𝒄𝑩 .
Quindi una soluzione 0,1 M di un acido HA per il quale KA = 10 – 5 M avrà un pH dato dalla
[𝑯𝟑 𝑶+ ] = �𝟏𝟎−𝟓 ∙ 𝟎, 𝟏 = √𝟏𝟎−𝟔 = 𝟏𝟎−𝟑 𝑴 e pH = 3 (notiamo che una soluzione di uguale
concentrazione, ma di acido forte, avrebbe avuto pH = - log 0,1 = 1.
174. Si può dimostrare che la base coniugata di un acido debole è una base debole e che, sim-
metricamente, l’acido coniugato di una base debole è un acido debole. Quindi dato che l’acido
acetico è un acido debole che nelle sue soluzioni dà l’equilibrio:
. CH3COOH + H2O ⇄ CH3COO - + H3O+
lo ione acetato CH3COO -, che è la sua base coniugata, sarà una base debole. Quindi in una
soluzione acquosa di acetato di sodio, CH3COONa, che essendo un sale sarà completamente
dissociato in Na+ e CH3COO -, lo ione acetato dara l’equilibrio:
. CH3COO - + H2O ⇄ CH3COOH + OH –
reazione di comportamento basico che viene anche definita idrolisi basica del sale.
Analogamente siccome l’ammoniaca è una base debole:
. NH3 + H2O ⇄ NH4+ + OH –
lo ione ammonio, il suo acido coniugato, sarà un acido debole. In una soluzione acquosa di clo-
ruro di ammonio, NH4Cl, sale totalmente dissociato in NH4+ e Cl -, lo ione ammonio darà l’e-
quilibrio:
. NH4+ + H2O ⇄ NH3 + H3O +
reazione di comportamento acido definita anche idrolisi acida del sale.
Per quanto riguarda invece le basi coniugate degli acidi forti, e gli acidi coniugati delle basi
forti, si può dimostrare che non sono in grado di dare comportamento basico o, rispettiva-
mente acido (che non sono cioè da considerare nè basi nè acidi). Quanto detto può essere uti-
lizzato nella valutazione qualitativa dell’acidità di una soluzione contenente un sale.
* Data una soluzione di KCN dire se sarà acida, basica o neutra.
Nella soluzione il sale sarà dissociato in ioni K+ ed ioni CN -.
K+ è riconducibile a KOH, base forte, e quindi non ha carattere acido.
CN – invece deriva dall’acido cianidrico, HCN, acido debole, e pertanto è una base debole.
Il sale darà quindi idrolisi basica: pH > 7.
* Data una soluzione di NH4Cl dire se sarà acida, basica o neutra.
Nella soluzione il sale sarà dissociato in ioni NH4+ ed ioni Cl -.
Cl – deriva da HCl, acido forte, e quindi non ha carattere basico.
NH4 + invece deriva dall’ammoniaca, NH3, base debole, e pertanto è un acido debole.
Il sale darà quindi idrolisi acida: pH < 7.
* Stabilire se una soluzione di cloruro di potassio, KCl, sarà acida, basica o neutra.
Il sale dissocia per dare ioni K+ ed ioni Cl -, riconducibili all’idrossido di potassio ed all’acido
cloridrico, KOH ed HCl, entrambi forti; nessuno dei due quindi è in grado di dare comporta-
mento acido o basico e la soluzione del sale, che non è in grado di dare idrolisi, sarà neutra.
Ai fini mnemonici può essere utile osservare che, stabiliti quali siano l’acido e la base cui è ri-
conducibile il sale, qualora essi siano entrambi forti la soluzione salina sarà neutra, mentre
nel caso che siano uno forte e l’altro debole, la soluzione sarà acida o, rispettivamente, basica
a seconda che il componente forte sia l’acido oppure la base.
Sale di acido forte e base forte: non si ha idrolisi, pH = 7.
Sale di acido forte e base debole: si ha idrolisi acida, pH < 7.
Sale di acido debole e base forte: si ha idrolisi basica, pH > 7.
Un caso notevole che è importante ricordare è quello del bicarbonato di sodio, NaHCO3. Lo
ione bicarbonato, HCO3- , è un anfolita in grado di dare nelle sue soluzioni comportamento a-
cido oppure basico, con prevalenza però del secondo: di conseguenza le soluzioni di questo sa-
le avranno carattere basico.
A livello fisiologico il carattere basico del bicarbonato di sodio è importante in quanto il sale
ha la funzione di neutralizzare, nel duodeno, l’acido cloridrico proveniente dallo stomaco,
consentendo così il funzionamento degli enzimi pancreatici:
. NaHCO3 + HCl ⟶ NaCl + H2O + CO2
175. Una soluzione tampone è un sistema in grado di mantenere pressochè inalterato il suo pH
quando gli si facciano piccole aggiunte di acidi o basi forti (o deboli).
L’acqua, per esempio, non dà questo comportamento in quanto se in 1 litro della stessa, a 25
°C, si sciolgono 0,001 moli di HCl, il pH, che era 7, passa a 3 diminuendo di ben 4 unità di pH
(si ottiene una soluzione 10 – 3 M di HCl). Se in 1 litro d’acqua si sciolgono invece 0,0001, cioè
10 – 4 moli di NaOH, il pH passa da 7 a 10 aumentando di 3 unità.
Considerando invece 1 l di plasma sanguigno, pH ≈ 7,4, l’aggiunta di 0,001 moli di HCl porta
il pH a 7,38 con una variazione di sole 0,02 unità di pH: quindi il plasma si comporta da solu-
zione tampone.
Perchè una soluzione dia il comportamento in discussione è necessario che essa contenga un a-
cido debole e la sua base coniugata in concentrazioni simili.
Quindi, senza approfondire la questione delle concentrazioni che va al di là dei nostri scopi,
saranno, per esempio, soluzioni tampone quelle contenenti:
HCOOH e HCOONa cioè la coppia HCOOH / HCOO -
HCN e KCN cioè la coppia HCN / CN –
H2CO3 e NaHCO3 cioè la coppia H2CO3 / HCO3 -
NaH2PO4 e Na2HPO4 cioè la coppia H2PO4 - / HPO4 2 –
NH3 e NH4Cl cioè la coppia NH3 / NH4-.
Non saranno invece tamponi le soluzioni contenenti:
HNO3 e NaNO3 perchè HNO3 è un acido forte
H2CO3 e Na2CO3 perchè H2CO3 e CO32 – non sono una coppia coniugata acido base
KH2PO4 e K3PO4 perchè H2PO4- e PO43 – non sono una coppia coniugata.
Senza approfondimenti inutili, l’acido debole e la sua base coniugata, componenti un tampo-
ne, esplicano la loro azione reagendo con gli ioni H+ e gli ioni OH- aggiunti al tampone stesso
consumandoli, ed impedendo quindi al pH di diminuire o rispettivamente di aumentare, signi-
ficativamente. Per esempio dato il tampone costituito da CH3COOH e CH3COO – le aggiunte
di H +, oppure di OH -, saranno “tamponate” dalle reazioni:
CH3COO - + H + → CH3COOH e CH3COOH + OH - → CH3COO - + H2O.
Si potrebbe dimostrare che un tampone avrà la massima efficacia quando le concentrazioni
dei suoi componenti saranno uguali e che, in tali condizioni, il pH è mantenuto a valori simili
alla pKA dell’acido debole presente nel tampone stesso.
176. Acidi e basi reagiscono tra di loro in maniera quantitativa dando luogo a delle soluzioni il
cui pH dipenderà dalla natura dei componenti messi a reagire e dalle loro quantità relative.
Mentre il rapporto di reazione in moli dipende dalla natura dei due componennti quello in e-
quivalenti, principio di equivalenza, è sempre di 1 a 1. Difatti:
. HNO3 + KOH → KNO3 + H2O
rapporto di reazione in moli 1 1
rapporto di reazione in equivalenti 1 1
. 2 HCl + Ca(OH)2 → CaCl2 + 2 H2O
rapporto di reazione in moli 2 1
rapporto di reazione in equivalenti 2 2
. H2SO4 + 2 NaOH → Na2SO4 + 2 H2O
rapporto di reazione in moli 1 2
rapporto di reazione in equivalenti 2 2
(Ricordare che uno schema di reazione di neutralizzazione sarà bilanciato qualora il numero
di OH nell’idrossido uguaglierà il numero di H nell’acido).
Vediamo una serie di esempi di calcolo, o di valutazione qualitativa, del pH di soluzioni otte-
nute mescolando acidi e basi .
* Determinare il pH di una soluzione ottenuta aggiungendo 0,56 g di idrossido di potassio,
KOH p.M. = 56, ad 1 litro di soluzione di acido cloridrico, HCl, 0,02 M.
L’acido e l’idrossido reagiscono 1 : 1 in moli; le moli di HCl sono 0,02 mentre quelle di KOH
sono 0,56/56 = 0,01 moli; reagiranno quindi 0,01 moli di acido con altrettante di idrossido e re-
steranno 0,02 – 0,01 = 0,01 moli del primo in un litro; dato che l’acido è forte sarà [H+] = 0,01
M e pH = 2 (si forma il sale KCl che, siccome deriva da acido e base entrambi forti, è ininflu-
ente sul pH).
* Determinare il pH della soluzione ottenuta mescolando 500 mL di acido nitrico, HNO3, 0,2
M e 250 mL di idrossido di sodio, NaOH, 0,4 M.
L’acido e l’idrossido reagiscono nel rapporto di 1 a 1 in moli; le moli dell’acido sono 0,1 come
quelle dell’idrossido (0,2 moli in 1 L sono 0,1 in mezzo litro e 0,4 moli a litro sono sempre 0,1
in un quarto di litro); si consumano allora completamente sia l’acido che la base e la soluzione
risultante contiene solo il sale, NaNO3, il quale, derivando da acido e base entrambi forti, sarà
ininfluente sul pH che risulterà neutro.
* Calcolare il pH della soluzione ottenuta per aggiunta di 0,4 g di idrossido di sodio, NaOH,
p.M. = 40, ad 1 litro di soluzione di acido solforico, H2SO4, 0,01 M.
L’acido e l’idrossido reagiscono 1 : 2 in moli (H2SO4 ha 2 H per formula mentre NaOH un so-
lo OH);
le moli di H2SO4 sono 0,01 come quelle di NaOH, 0,4/40 = 0,01 moli;
reagiranno allora 0,005 moli di acido con 0,01 di idrossido (1 : 2) e resteranno 0,01 – 0,005 =
0,005 moli del primo in un litro; dato che l’acido è forte e diprotico sarà [H+] = 0,005 ∙ 2 = 0,01
e pH = 2 (si forma anche il sale Na2SO4 che, siccome deriva da acido e base entrambi forti, è
ininfluente sul pH).
*Quanti mL di una soluzione di KOH 0,02 M occorreranno per neutralizzare 25 mL di una
soluzione di HCl 0,04 M?
Per avere una soluzione neutra è necessario che sia l’acido forte che la base forte reagiscano
completamente (il sale prodotto derivando da 2 componenti forti non influisce sul pH);
l’acido e la base reagiscono 1 : 1 e quindi si deve avere lo stesso numero di moli di ciascuno;
dato che la concentrazione dell’acido è il doppio di quella della base, per avere lo stesso nume-
ro di moli il suo volume deve essere la metà: 50 mL di soluzione di KOH.
* Dire se una soluzione ottenuta mescolando 50 mL di acido cianidrico, HCN, 0,1 M e 50 mL
di idrossido di sodio, NaOH di uguale concentrazione sarà acida, basica o neutra.
L’acido e la base reagiscono nel rapporto di 1 : 1; siccome volumi e concentrazioni sono le
stesse anche le moli sono le stesse (0,005 moli); sia l’acido che la base reagiscono completa-
mente e nella soluzione finale c’è solo il sale, cianuro di sodio, NaCN; dato che il sale deriva da
acido debole e base forte darà idrolisi basica e pH > 7.
* Dire se una soluzione ottenuta mescolando 100 mL di acido cianidrico, HCl, 0,05 M e 50 mL
di ammoniaca, NH3, 0,1 M sarà acida, basica o neutra.
L’acido e la base reagiscono nel rapporto di 1 : 1 secondo la:
. HCl + NH3 → NH4Cl
il numero di moli dell’acido e quello della base sono uguali (0,1 ∙ 0,05 = 0,05 ∙ 0,1) e sia l’acido
che la base reagiscono completamente; nella soluzione finale c’è solo il sale, cloruro di ammo-
nio, NH4Cl; dato che il sale deriva da acido forte e base debole darà idrolisi acida e pH < 7.
* Indicare quale delle tre soluzioni di seguito descritte è una soluzione tampone.
A) Soluzione ottenuta sciogliendo in 1 L 0,02 moli di acido acetico, CH3COOH, e 0,03 moli di
idrossido di sodio, NaOH.
B) Soluzione ottenuta sciogliendo in 1 L 0,02 moli di acido acetico, CH3COOH, e 0,02 moli di
idrossido di sodio, NaOH.
C) Soluzione ottenuta sciogliendo in 1 L 0,02 moli di acido acetico, CH3COOH, e 0,01 moli di
idrossido di sodio, NaOH.
L’acido debole e la base forte reagiscono 1 : 1 per dare il sale, acetato di sodio, CH3COONa,
ed acqua; perchè la soluzione risultante sia un tampone deve contenere l’acido debole ed il suo
sale; nei primi due casi l’acido reagisce completamente perchè è in difetto o, rispettivamente
in quantità uguale a quella della base; il tampone si ha nel caso C) in cui in soluzione sono
ancora presenti 0,01 moli dell’acido e si sono formate altrettante moli del sale di sodio.
177. Un indicatore è un acido debole, oppure una base debole, per il quale la forma acida, HA,
e quella basica, A -, presentano colorazioni diverse.
Si può dimostrare che se pH < pKA , nella soluzione di un acido debole prevale la forma acida
mentre, nel caso contrario, prevale quella basica.
Pertanto un indicatore, come, per esempio, il tornasole, che ha pKA = 7, è rosso nella forma a-
cida e blu in quella basica, qualora venga posto in una soluzione a pH = 3 < 7 la colorerà di
rosso, mentre se lo si metterà in una soluzione di pH = 10 > 7 la colorerà di blu; in una solu-
zione di pH ≈ 7, dato che in essa si avranno concentrazioni simili della forma acida rossa e di
quella basica blu, il colore risultante sarà il viola. È intuitivo che un indicatore consente di sta-
bilire se il pH della soluzione in cui viene posto sarà maggiore, minore o circa uguale al valore
della sua pKA.
Reazioni di ossidoriduzione Coppie redox Numeri di ossidazione e regole per la loro determinazione Pile
chimiche Anodo Catodo f.e.m. Potenziale standard elettrochimico Serie elettrochimica Cenni di sistematica
chimica
ed è quindi definito riducente, mentre lo ione stannoso cede elettroni allo ione ferrico provo-
candone la riduzione, ed è definito riducente. Affinchè lo schema sia bilanciato è necessario
che gli elettroni ceduti siano tanti quanti quelli acquistati e pertanto per ogni mole di Sn 2+, 2
moli di e – ceduti, occorrono due moli di Fe 3+, 2 moli di e – acquistati (affinchè lo schema sia
bilanciato dovrà essere inoltre verificato il principio di Lavoisier ed il principio di elettroneu-
tralità: la carica elettrica complessiva deve essere la stessa sia per quel che riguarda i reagenti
che per quel che riguarda i prodotti (nello schema bilanciato dell’esempio abbiamo 8 cariche
positive sia a destra che a sinistra).
179. In casi meno semplici non è ugualmente facile stabilire quale sia la specie ossidante e qua-
le quella riducente (o equivalentemente quale specie si riduca e quale si ossidi) e quanti siano
gli elettroni in gioco. Il problema si semplifica notevolmente utilizzando un parametro detto
numero di ossidazione.
Il numero di ossidazione di un elemento in un composto indica il numero di elettroni che esso
ha in più o in meno rispetto allo stato fondamentale: tale numero sarà positivo o negativo a
seconda che gli elettroni siano in meno o, rispettivamente, in più. Per ricavare il numero in
questione esistono una serie di regole pratiche che, ai nostri scopi sono riconducibili a 5: