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Capitolo 1.

Principi dell'Energia Nucleare


1.1 Cenni alla Storia dell’Atomo e dell’Energia Atomica

1803→ John Dalton


Formulò la prima Teoria Atomica della materia teorizzando che la materia fosse
discontinua, cioè formata da particelle elementari microscopiche indivisibili, chiamate ATOMI.

1885→ Wihelm Conrad Rontgen


Scoprì l’esistenza dei raggi X.

1886→ Antoine Henri Becquerel


Scoprì il fenomeno delle Radioattività Naturale.

1897→ Joseph John Thompson


Scoperta dell’elettrone e-, una particella elementare di massa trascurabile e carica negativa.

1898→ Marie Sklodowska (Curie)


Scoprì che alcuni elementi contenuti nella Pechblenda (materiale contenente Uranio e i suoi discendenti
quali Radio, Torio e Polonio) avevano la stessa proprietà di emettere spontaneamente energia.
Fu proprio la Curie a battezzare la proprietà ‘’ Radioattività ‘’ e ‘’Radioattivi ‘’ quegli elementi instabili il cui
nucleo con emissioni di radiazioni.
Quindi, intuì che l’atomo non poteva essere la particella più piccola della materia.

1901→ Max Plank


‘’Teoria dei Quanti’’ secondo la quale gli atomi assorbono ed emettono energia in modo discontinuo per
pacchetti finiti e discreti.
Ciò equivale ad ammettere che anche l’energia associata alle radiazioni elettromagnetiche può essere
rappresentata in forma di pacchetti finiti e indivisibili:
le dimensioni delle unità elementari di energia, detti quanti, risultano proporzionali alle frequenze della
radiazione attraverso una costante h, detta Costante di Plank.

1904→ Joseph John Thompson


Approfondì lo studio dell’atomo e ipotizzò che quest’ultimo fosse formato da una sfera omogenea di carica
globalmente neutra, composta da una massa distribuita di carica positiva all’interno della quale erano inseriti
corpuscoli di carica negativa (modello a Panettone).

1908/1911→ Ernest Rutherford


Dimostra che la radioattività nasce dalla spontanea disintegrazione degli atomi.
Fu il primo ad ottenere una trasmutazione nucleare, con la reazione:
7N
14
+ ɑ → 8O16 + p+
Propose, inoltre, un nuovo modello di atomo: il Modello Planetario.
La massa era concentrata in una porzione molto piccola, il Nucleo, carico positivamente, intorno al quale
ruotavano gli elettroni.
Intuì inoltre che i protoni da soli non giustificavano tutta la massa del nucleo e formulò l’ipotesi dell’esistenza
di altre particelle che contribuivano a formare il nucleo (i Neutroni).

1913→ Niels Bohr


Propose una modifica concettuale del modello di Rutherford.
Bohr dimostrò che nell’ambito della struttura atomica non valeva il principio di continuità del movimento.
Difatti postulò che gli elettroni avessero a disposizione orbite fisse, dette Orbite Quantizzate, e che ciascuna
avesse un livello energetico specifico.
Si tali orbite l’elettrone non emetteva né assorbiva energia mentre nel caso di una transizione da un’orbita
all’altra, l’elettrone emetteva o assorbiva energia sotto forma di onde elettromagnetiche di energia definita.
In particolare, l’elettrone passando da un’orbita più esterna ad una più interna, passava da uno stato ad
energia maggiore ad uno ad energia minore emettendo una radiazione, detta Fotone, di energia pari alla

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differenza del livello energetico delle due orbite.

1924→ Louis De Broglie


Primo ad introdurre l’ipotesi che fosse possibile considerare le particelle microscopiche come Onde di
Materia ovvero corpuscoli con proprietà fisiche tipiche delle onde. 1

1925-1926
→ Erwin Schroedinger
l’aspetto fondante della Meccanica Ondulatoria fu di superare il concetto di orbita come traiettoria
deterministica dell’elettrone, ipotizzando invece che gli elettroni si muovessero intorno al nucleo su porzioni
di spazio che rappresentano superfici di equi probabilità cui corrispondeva il 95% delle probabilità che
l’elettrone si trovasse su quell’orbitale.

→ Karl Heisenberg
‘’Principio di Indeterminazione’’: esprime l’impossibilità di determinare contemporaneamente la posizione e la
quantità di una particella elementare in quanto la corretta misura di una grandezza coniugata esclude l’altra.

→ Wolfang Pauli
‘’ Principio di esclusione’’ due fenomeni identici non possono occupare lo stesso stato quantico.
Questo spiega la stabilità su larga scala della materia. 2

1930
→ Paul Dirac
Propose una nuova teoria Intermedia tra quella di Schroedinger e Heisenberg, dalla quare deriva l’equazione
di Dirac3 attraverso la quale riuscì a descrivere l’elettrone quantistico da un punto di vista relativistico 4.

→ Wolfang Pauli
Per primo ipotizzò l’esistenza del Neutrino.

1932
→Chadwick
Scoperta del Neutrone.

→ Anderson
Scopre il Positrone, chiamato anche Antielettrone o Positone: è l’antiparticella dell’elettrone.
Infatti, questo ha carica elettrica pari a +1, uguale e opposta all’elettrone, lo stesso spin ½ e la stessa
massa.

→ Albert Einstein
1905
Pubblicò sei lavori:
1. un articolo che spiegava l’effetto fotoelettrico in base alla composizione della radiazione elettromagnetica
di quanti discreti di energia (poi denominati fotoni) secondo il concetto di quanto ipotizzato nel 1900 da Max
Plank:
E=hv
dove: - E energia della radiazione
- h costante di Plank
- v frequenza della radiazione
Questo studio avrebbe contribuito allo sviluppo della meccanica quantistica;
2. la tesi di dottorato sul tema "Nuova determinazione delle dimensioni molecolari", pubblicata il 30 aprile.
Sarebbe diventato lo scritto di Einstein più citato nella letteratura scientifica degli anni Settanta;
3. un articolo sul moto browniano, che costituiva uno sviluppo della sua tesi di dottorato;
4. una prima memoria sull'elettrodinamica dei corpi in movimento che aveva come oggetto l'interazione fra
corpi carichi in movimento e il campo elettromagnetico vista da diversi osservatori in stati di moto differenti.

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La teoria esposta nell'articolo, nota successivamente con il nome di Relatività ristretta(o speciale), risolveva i
contrasti tra teoria meccanica e teoria elettromagnetica della luce, che avevano caratterizzato la fisica
dell'Ottocento, con una revisione dei concetti di spazio e di tempo assoluti;
5. un'altra memoria sulla relatività ristretta, datata 27 settembre, che conteneva la nota formula:
E=mc²;
6. un altro articolo sul moto browniano.

1915

Nel 1915 Einstein propose una teoria relativistica della gravitazione denominata relatività generale, che
descriveva le proprietà dello spazio-tempo a quattro dimensioni: secondo tale teoria la gravità non è altro
che la manifestazione della curvatura dello spaziotempo.
Einstein dedusse le equazioni del moto da quelle della relatività speciale valide localmente nei sistemi
inerziali;
dedusse inoltre il modo in cui la materia curva lo spaziotempo imponendo l'equivalenza di ogni possibile
sistema di riferimento (da cui il nome di "relatività generale").
In particolare, il potenziale gravitazionale newtoniano viene reinterpretato come l'approssimazione, per
campo debole, della componente temporale del tensore metrico: da questo discende il fatto che il tempo
scorre più lentamente in un campo gravitazionale più intenso. Alla pubblicazione, la teoria venne accolta con
scetticismo da parte della comunità scientifica, perché derivata unicamente da ragionamenti matematici e
analisi razionali, e non da esperimenti e osservazioni.

1.2 Concetti di base di fisica nucleare e atomico

Gli elementi esistenti in natura sono costituiti da atomi, a loro volta formati da un nucleo centrale che ne
contiene tutta la massa

Il nucleo è composto da Nucleoni (numero variabile di particelle) di massa simile:


1. Protoni (carica positiva uguale ed opposta a quella degli elettroni);
2. Neutroni (elettricamente neutri)1;
3. Elettroni (numero uguale o maggiore di quello dei protoni)2.

Rappresentazione di un elemento in fisica nucleare:

N, generico nucleo atomico


Z NA →
Z, numero atomico
(n° dei protoni presenti nel nucleo)

A, numero di massa Pagina | 3


(n° dei nucleoni= protoni + neutroni)
Al nucleo può associarsi una forma quasi sferica di raggio:

r=Ro×A1/3

dove con: Ro = costante del raggio nucleare = 1,20·10-5 m = 1,2 fm (fermi);


A = numero di massa.

Il raggio nucleare aumenta con il numero di massa.

Questo inoltre ha dimensioni dell’ordine di 10-14 [m] ~ 10-15 [m] mentre il raggio dell’atomo ha dimensioni
superiori, cioè di 10-10 m ( = 1 Amstrong).

La densità media della massa nucleare vale:


r = M/V = Amo / 4/3pARo3 = 0,23·1018 [Kg/m3]
dunque, la densità della materia è identica indipendentemente dal numero di massa A del singolo nucleo.

1.
Protoni e Neutroni non sono particelle elementari della materiale.
2.
L’elettrone è una particella 12della materia, formata da particelle più piccole dette Quark

Si definisce l’unità di massa atomica (uma) definita come la dodicesima parte di un atomo di C 12:
1 uma = 1/12×12,0000/6,02214129·1023 = 0,166054·10-23 g =1,66054·10-27 Kg
NA=numero di Avogadro=6,02214129·1023
Questa non appartiene al Sistema Internazionale (SI) di unità di misura, ma la sua applicazione è
particolarmente utile in quanto la massa del protone (m p) e del neutrone (mn) valgono circa 1 uma, mentre la
massa dell’elettrone (me) è trascurabile (me = 1/1830 mp).

Con l’uma come unità di misura la massa di un atomo è pari con buona approssimazione al numero di
massa A dell’atomo.

Considerando le masse misurate (cioè a riposo) delle particelle 3. finora citate, secondo Einstein la massa
relativistica di una particella elementare che si muove a velocità prossima a quella della luce vale:

m=mo/√ [1-(v/c)2]

dove: - m, massa relativistica delle particelle [Kg];


- mo, massa a riposo [Kg];
- v, velocità della particella [m/s];
- c, velocità della luce ( = 299792458 m/s = 299,792·106 m/s ).

Inoltre, sempre secondo Einstein si ha l’Equazione dell’equivalenza massa-energia:


E=mo×c2
che ci consente di definire l’Equivalente Energetico delle masse a riposo di protone, neutrone ed elettrone:
Emop=mop×c2 = 1,67263·10-27Kg × (299,792·106 m/s)2 =1,503277·10-10 J
Emon=mon×c2 = 1,674929·10-27Kg ×(299,792·106m/s)2 =1,505349·10-10 J
Emoe=moe×c2 = 9,109·10-3Kg × (299,792·106 m/s)2 = 8,186736·10-14 J
ricordando che:
1 eV = 1,602·10-19 J
E si ha quindi:
Emop=1,503277·10-10 J / 1,602·10-19 J/eV = 938,272 MeV
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Emon=1,505349·10-10 J / 1,602·10-19 J/eV = 939,565 MeV
Emoe=8,186736·10-14 J / 1,602·10-19 J/eV = 0,511 MeV
3.
Le masse a riposo delle particelle:
- protone p, mp = 1,672623·10-27 Kg ≅ 1,007276 uma
- neutrone n, mn = 1,674999·10-27 Kg ≅ 1,000665 uma
- elettrone e, me = 9,109·10-31 Kg ≅ 0,55·10-3 uma

Vi sono quattro forze che agiscono a livello nucleare:

1. Forza gravitazionale:
agisce su tutte le masse (raggio di azione ∞) ed è trascurabile sia a livello atomico sia a livello nucleare:
FG= G × (mp·mp/d2) = 6,67·10-11Nm2/Kg2×(1,67·10-27Kg/10-15m)2= 1,86·10-34 N

2. Forza Elettromagnetica:
agisce sulle particelle cariche (raggio di azione ∞) e per quanto riguarda a livello atomico agisce come forza
attrattiva tra elettroni e protoni mentre a livello nucleare come forza repulsiva tra i protoni:
FR(x)= K×(Z1×Z2×q2)/d2 (fra protoni FR(x)=230 N)
dove: - Z1, Z2 sono i numeri atomici dei nuclei
- q è la carica espressa in [C] (coulomb)
- d è la distanza tra le particelle [m]
- k è una costante = 8,998·109 [Nm2/C2]

3. Forza Nucleare Debole:

agisce sulle particelle elementari, cioè i costituenti dei neutroni, i cosiddetti quark (raggio di azione di 10-18
m);
inoltre, da conto dei decadimenti e della interazione con la materia dei neutrini emessi in seguito ai
decadimenti.

4. Forza Nucleare Forte:

È la forza attrattiva che consente ai nucleoni (protoni e neutroni) di mantenersi uniti, anche se si risente per
nucleoni contigui;
essa riesce a vincere la repulsione elettrica fra i protoni presenti nel nucleo.

Tra due nucleoni di raggio r posti ad una distanza x si esplicita l’energia nucleare forte di attrazione:

E(x)= a·(r/x) ·e-(x/r) [J] dove a=4·10-12[J]


da cui:
→ se la distanza tra i nucleoni è uguale al raggio di un nucleone (x=r):
E(x)= a·e-1 = 4·10-12J×e-1 = 1,47·10-12 J =~ 9,2 MeV
→ se la distanza tra i due nucleoni è uguale a 10 volte il raggio (x=10r):
E(x) =~ 100eV
→ se la distanza tra i nucleoni è uguale a 20 volte il raggio (x=20r):
E(x) =~ 0 eV.

Le proprietà caratterizzanti l’Energia nucleare forte sono le seguenti:


- Agisce su distanze molto piccole (ordine dei femtometri);
- Interazione forte che lega con la medesima intensità (a parità di Altre condizioni) indifferentemente neutroni
e protoni;
- assume valori tanto maggiori quanto più alto è il numero di massa A,
infatti ricordando che r=Ro×A1/3 si ha:

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(1/ 3)
Ro · A
E(x)=a·
x

1.3 Isotopi
Con il termine isotopi si intendono gli atomi che presentano stesso numero di protoni (stesso numero Z) ma
diverso numero di neutroni, ovvero diverso A.
In qualunque reazione nucleare in cui il numero atomico dell’elemento non varia si assisterà alla formazione
di isotopi dell’elemento stesso, con caratteristiche chimiche identiche all’elemento di partenza.

Se invece la reazione darà luogo alla formazione di un elemento con diverso numero atomico, si parlerà di
Trasmutazione ovvero della trasformazione di un elemento in un altro.

Il numero di massa A, a causa degli isotopi non è un elemento atto a definire un singolo elemento (a tal fine
è utile invece il numero atomico Z).

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Oltre agli isotopi si definiscono gli isobari, cioè elementi diversi con stesso numero di massa ma diverso
numero atomico:
40 40 40
18Ar ; 19K ; 20Ca .

Uno elemento importante è l’idrogeno il cui nucleo è il più leggero in natura, ed è composto da un solo
protone nel nucleo e un solo elettrone nell’orbita ( 1H1).

Il primo isotopo dell’idrogeno è il Deuterio (1D2), presente in natura circa 0,015%, è composto da un protone
e un neutrone nel nucleo e risulta essere un elemento stabile (uma = 2,01355).

L’altro isotopo dell’idrogeno è il Trizio (1T 3), atomo instabile, il quale nel nucleo presenta un protone e due
neutroni.1
Gli isotopi dell’idrogeno, sono elementi assolutamente identici dal punto di vista atomico (infatti tutti
presentano un solo protone nel nucleo e quindi stesso numero atomico Z, questo implica che dal punto di
vista chimico si distinguono solo in base al valore del numero atomico) ma con diverse caratteristiche a
livello di reazioni nucleari.

____________________________________________________________________
1.
il trizio è presente in natura in tracce minime, decadendo con tempo di dimezzamento di circa 12 anni.
L’unico modo in cui il T è prodotto naturalmente sulla terra è quello dell’interazione dei raggi cosmici con
l’atmosfera: la reazione più importante è quella dei neutroni di alta energia con l’azoto descritta in modo
seguente dalla reazione 7N14+0n1  6C12+1T 3 ;
tuttavia, a causa del tempo di dimezzamento relativamente breve, il T non è in grado di accumularsi, anche
se artificialmente può ottenersi bombardando il Li (reazione a fissione) con elevati neutroni lenti o veloci
(ottenuti nei reattori nucleari):
3Li6 + 0n1  2He4 + 1T 3 + 4,8 MeV

Passiamo ora all’Uranio:


si conoscono 14 isotopi aventi numero di massa compreso tra 227 e 240, e di questi solo 3 sono
presenti in natura, gli altri sono prodotti artificialmente:
- 92 U234 presente in 0,055%, uma = 234,0410;
- 92 U235 presente in 0,72%, uma = 235,0439;
- 92 U238 presente in 99,2745&, uma = 238,0508.2

Da notare però che non tutte le combinazioni di protoni e neutroni danno luogo ad elementi o isotopi
stabili.
A tal fine esistono delle regole di base:
- Preferenza per combinazioni di protoni e neutroni entrambi in numero pari:
infatti sono meno frequenti le combinazioni dispari-pari, ancor meno probabili le combinazioni
dispari-dispari.
A proposito delle combinazioni pari-pari (caratterizzate dunque da un’elevata stabilità del nucleo) le
più favorite in natura sono quelle in cui o i protoni o i neutroni o entrambi si presentano nei cosiddetti
‘’ Numeri Magici ‘’:
2, 8, 20, 28, 50, 82,126.3
- Al crescere del numero di nucleoni, aumenta il rapporto tra neutroni e protoni:
l’aumento di neutroni serve ad aumentare il numero di massa e ad aumentare la forza nucleare forte
al fine di bilanciare le forze distruttive di repulsione elettrostatica tanto più forti quanto maggiore è il
numero dei protoni.

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__________________________________________________________________
2.
in base alla presenza percentuale degli isotopi, ciascuno con la propria massa, viene calcolata la
massa dell’elemento
3.
i nuclei che presentano uno di questi numeri sono chiamai ‘’nuclei magici’’ (es: 83 Bi 209 con 126
neutroni);
i nuclei che presentano due di questi numeri sono chiamati ‘’doppiamente magici’’ (es. 2 H 4 (2+2), 8 O 16 (8+8),
20 Ca
40 (20+20)
).
Diagramma di Stabilità (o anche di Segrè)

Z>83 possibile
Rapporto N/Z decadimento α
Più alto rispetto agli
isotopi stabili dello
stesso elemento:
per ridurlo deve
ridursi N rispetto a Z Rapporto N/Z=1
cioè Z=N.

Rapporto N/Z
Più basso rispetto agli
isotopi stabili dello
stesso elemento:
per ridurlo deve
ridursi Z rispetto a N

Per Z fino a circa 20 i nuclidi stabili posseggono ugual numero di protoni e neutroni (p = n);
Per Z>20 la curva tende ad allontanarsi dalla bisettrice, a significare che un è stabile solo se il numero di
neutroni è maggiore del numero di protoni, e ciò fino ad un valore dei neutroni del 50% circa superiore a
quello dei protoni.

Questo si può giustificare come segue:

- per bassi numeri atomici le forze repulsive di intensità proporzionali a Z 2, risultano inferiori rispetto alle
forze nucleari di attrazione dei nucleoni, proporzionali ad A;

- aumentando Z serve un maggior numero di nucleoni (fino ad un limite massimo del rapporto n/p di
circa 1,55 per i nuclei stabili).
A sinistra della curva di stabilità il rapporto n/p risulta troppo alto (eccesso di neutroni), mentre a destra il
rapporto n/p è troppo basso (eccesso di protoni);

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- gli elementi con Z>83 (quindi dal 84Polonio fino alle 92Uranio) esistono in natura ma sono instabili e
quindi decadono naturalmente in tempi più o meno lunghi (tempo di decadimento);

- gli elementi con Z>92 non sono più presenti in natura, poiché scomparsi in seguito a decadimento
radioattivo, ma si possono riottenere artificialmente;
vi sono due eccezioni di elementi più leggeri, e quindi con Z<92, che come gli appena citati sono
scomparsi e possono essere riottenuti artificialmente, si tratta: del Tecnezio, Tc, con Z= 43 e del
Promezio, Pm, con Z=61.

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1.4 Energia di legame e difetto di massa

Parlando del potenziale di ogni nucleo esso può rappresentarsi come una buca di
simmetria sferica e delle dimensioni del raggio del nucleo stesso;
il valore di tale potenziale corrisponde all’energia di legame che tiene uniti tra loro i
nucleoni, definita come l’energia responsabile della stabilità del nucleo.

Le informazioni sul valore di tale energia provengono dallo studio del difetto di massa.

Infatti, in un sistema aperto, cioè un insieme legato, possiede un’energia inferiore


all’energia associata ai singoli componenti liberi, ovvero la massa del sistema legato è
sempre inferiore a quella dei componenti singoli:
la massa mancante, detta Difetto di Massa, viene ceduta all’esterno sottoforma di
radiazione elettromagnetica.

In altre parole:
- ogni qual volta in un sistema aperto un certo numero di nucleoni si raggruppa a
formare un nucleo, scompare una certa quantità di massa dal sistema e viene
liberata un’equivalente quantità di energia (la reazione si dice spontanea);
- tutte le volte che un nucleone viene strappato ad un nucleo aumenta la massa totale
del gruppo nucleo ~ nucleone e quindi una certa quantità di energia, pari all’energia
di legame del nucleo, deve essere ceduta al nucleo di partenza per potergli
strappare suddetto nucleone.
Si analizzi, come esempio, il caso del difetto di massa che si realizza con la formazione di
un nucleo di Elio, 2He4, dai costituenti elementari:

2mp+2mp = 2×1,007276 + 2×1,008665 = 4.031882 uma -


massa misurata dell’ 2He4 = 4,001516 uma =
0,030372 uma (× 931,494MeV/uma) = 28,29 MeV
ciò vuol dire che in seguito alla formazione di un nucleo Elio si ottiene un recupero /
surplus di energia, pari a 28,29 MeV, rispetto a quello che era il valore dell’energia iniziale
associata alle particelle elementari ovvero all’equivalente della somma delle masse a riposo
dei nucleoni liberi.

Tale difetto di massa, diviso per il numero di nucleoni, si definisce legame per nucleone:
nel caso del nucleo di He4 è pari a circa 28,29MeV/4 = 7,1 MeV/nucleone.

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Tale energia equivale all’energia che bisognerebbe fornire al nucleo di Elio per sottrargli
nuovamente un nucleone.
Applicando lo stesso procedimento a tutti gli atomi naturali è stato possibile graficare
l’andamento dell’energia di legame per nucleone in funzione del numero di massa A:

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Dai grafici si nota che:

1. Per l’idrogeno l’energia di legame è praticamente nulla perché esso ha un solo protone e viene
meno il concetto del difetto di massa;

2. Nei principali isotopi dei nuclei leggeri, in cui il numero dei protoni e quello dei neutroni è ancora
uguale o molto simile, l’energia di legame cresce proporzionalmente col numero di massa A,
corrispondente ad una stabilità.
Si raggiunge il massimo dell’energia di legame, e di stabilità, per i nuclei che hanno numero di
massa intorno a 60, cui corrisponde un’energia di legame di circa 8,8 MeV per nucleone;

3. La curva, nel suo ramo crescente, presente quattro picchi in corrispondenza dell’He 4 , del Be9,
del C12 e dell’O12che risultano essere nuclei molto più stabili rispetto agli elementi vicini;

4. Gli isotopi 56 e 58 del Fe e gli isotopi 60 e 62 del Ni sono quelli che presentano il più alto valore
di energia legame 8,8 MeV per nucleone (il massimo è per il nucleo di 28Ni62con 8,795 MeV) e
questo li caratterizza come i nuclei più stabili della tavola periodica (combinazione numero di
protoni e neutroni pari-pari);

5. Per nuclei con A>62 l’andamento dell’energia di legame inverte la tendenza ed inizia a
decrescere molto lentamente.
Ciò dipende dal fatto che l’energia elettrostatica di repulsione, proporzionale a Z 2, comincia ad
assumere valori sempre più rilevanti rispetto all’energia nucleare forte, che aumenta solo con
valori della radice cubica di A, riducendo così il valore dell’energia di legame per nucleone.
Tale caratteristica è più sensibile per nuclei con Z>83 che anche se con tempi lunghissimi,
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tendono a decadere:

- alcuni dei nuclei più pesanti, contenenti un numero di nucleoni dell’ordine dei 200, sono
particolarmente instabili e tendono a decadere (trasformandosi in energia cinetica delle particelle
α.
Il difetto di massa che deriva dalla reazione si trasforma in energia cinetica della particella α e
del nucleo decaduto, recuperabile – in un reattore nucleare – sotto forma di energia termica;

- in alternativa, nuclei con elevato numero di massa possono essere soggetti a fissione indotta
ovvero colpiti da una particella neutra, un neutrone o anche un fotone di elevata energia, così da
potersi spaccare in due nuclei di numero di massa A intermedio, più stabili del primo perché
caratterizzati da un’energia di legame maggiore.

Un esempio molto pratico:


si ipotizza che assorbendo un neutrone, l’uranio 238 si scinda in due nuclei gemelli 46X119:

92 U238 + n  246X119+ …

si nota che l’energia di legame dell’Uranio 238 vale circa 7,8 MeV per nucleone e l’energia di
legame del generico elemento con numero di massa A=119 varrebbe circa 8,5 MeV.
In teoria si otterrebbe un guadagno di circa 0,9 MeV per nucleone per un totale di circa 214
MeV1.

L’energia di legame occorre anche a definire lo stato in cui si trova un nucleo:


abitualmente, infatti, un nucleo si trova nel suo stato di minore energia, detto stato fondamentale.

Tuttavia, questi possono presentarsi anche in configurazioni diverse alle quali corrispondono stati del nucleo
di più alta energia, detti livelli eccitati:
dunque, dal punto di vista energetico un nucleo è caratterizzato da più livelli.
Questa configurazione di livelli è strettamente caratteristica dello specifico nucleo, ma esistono delle regole
generali:

1. Col crescere dell’energia di eccitazione aumenta in tutti i nuclei la densità dei livelli;

2. A parità di livello energetico, la densità dei livelli aumenta col numero di massa A (viene
meno per i nuclei magici).

Quindi, si può parlare di regola generale:

- I nuclei con energia di eccitazione superiore all’energia di legame per nucleone possono diseccitarsi,
con processo statistico, emettendo un nucleone, mentre per energia di eccitazione inferiore a tale
soglia, la diseccitazione avviene solo tramite emissione di radiazione gamma γ.

In alcuni casi però può avvenire che un certo nucleo che ha un’energia di legame per nucleone di 7,5 MeV si
possa trovare ad un’energia di eccitazione di 10 MeV.

Ciò può avvenire perché al contrario di quanto avviene a livello atomico, nel fenomeno di eccitazione
nucleare, una volta che un nucleone è stato portato in uno stato eccitato, prima che questo passi ad un
livello energetico più elevato - e quindi venga espulso – sarà un secondo nucleone a sportarsi su un livello
energetico eccitato suddividendo così l’energia di eccitazione su più nucleone.

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1.
Guadagno [MeV] × A = Tot

1.5 Reazioni Nucleari

Si parla di reazioni nucleari quando due particelle, un nucleo e una particella, o due nuclei, interagiscono con
altre particelle nucleari e/o radiazioni γ.

Secondo Bohr le reazioni nucleari non avvengono in un’unica fase ma attraverso la formazione di un nucleo
composto, con un numero atomico Z pari alla somma dei numeri atomici delle particelle iniziali e un numero
di massa A pari alla somma dei numeri di massa.

L’energia del nucleo composto, pari alla somma delle energie cinetiche e delle energie di legame delle
particelle reagenti, causa la disintegrazione del nucleo stesso, in un intervallo temporale dell’ordine dei 10 -14
s in: un nucleo figlio, una particella e un delta energetico.

Dunque, le reazioni si possono rappresentare, in modo generico, come segue:


A + a  B + b + ΔE
Dove:
- A nucleo composto di partenza1;
- a particella che reagisce con il nucleo di partenza;
- B nucleo figlio;
- b particella che reagisce con il nucleo figlio;
- ΔE radiazione elettromagnetica.

Le reazioni nucleari sono regolate da quattro leggi fondamentali:

- Legge di Conservazione dei nucleoni:


il numero di nucleoni, protoni e neutroni contenuti nel nucleo, prima e dopo la reazione è costante;

- Legge di Conservazione della carica elettrica:


la somma delle cariche elettriche delle particelle interagenti rimane costante, è cioè la stessa prima
e dopo la reazione;

- Legge di conservazione del momento o quantità di moto mv


Il momento o la quantità di moto totale, P=Σi(mv)i delle particelle prima e dopo la reazione rimane
costante;

Nelle applicazioni di interesse il nucleo ‘’A’’, ovvero il bersaglio, è generalmente considerato fermo mentre la
1.

particella ‘’a’’ è dotata di energia cinetica.

- La legge di conservazione dell’energia:


Nelle reazioni nucleari si ha la conservazione dell’energia totale 2 delle particelle reagenti;
in altre parole l’energia totale delle particelle è la stessa prima e dopo la reazione.

Da notare che la legge di conservazione dell’energia così come è stata formulata discende da uno dei
risultati più noti della teoria della relatività ristretta di Albert Einstein che afferma in sintesi che massa ed
energia sono grandezze equivalenti, convertibili l’una nell’altra e viceversa.

In termini quantitativi l’equivalenza delle due grandezze è espressa dalla relazione:

Pagina | 14
ΔE=-Δm ∙c2

dove c è la velocità della luce nel vuoto.

Questa relazione va interpreta dicendo che la scomparsa di una quantità di massa Δm rende disponibile
energia nella quantità ΔE data dal prodotto della massa scomparsa per il quadrato della velocità della luce
nel vuoto.

Dunque, l’energia totale ET di una particella con massa a riposo mo e dotata di energia cinetica EC è data
dalla seguente relazione:

E T = EC + mo∙c2 .

Inoltre, la legge di conservazione dell’energia può essere impiegata per stabilire se una reazione è
spontanea.

È evidente che l’energia totale prima dell’urto, data dalla somma delle energie cinetiche E A e EB e delle loro
masse a riposo, debba essere uguale a quella della somma delle energie delle particelle e della radiazione
che si formano dopo l’urto (prendendo come riferimento la formula prima descritta):

EA+ Ea + (mA + ma)∙c2= EB + Eb + (mB + mb) ∙c2


[(mA +ma) – (mB + mb)] ∙c2 = (EB + Eb) – (EA + Ea) = ΔE

Questa espressione evidenzia il termine fondamentale della variazione della massa a riposo prima e dopo
l’urto:

ΔE = [(m A +ma) – (mB + mb)] ∙c2

Possono presentarsi dunque due casi:

 ΔE > 0
Vuol dire che l’aumento dell’energia cinetica delle particelle createsi dall’urto è avvenuta in seguito
alla conversione in energia di parte della massa a riposo delle particelle reagenti:
la reazione si definisce Esoenergetica3;

 ΔE < 0
Vuol dire che l’energia cinetica delle particelle createsi dall’urto è inferiore rispetto a quella delle
particelle iniziali e la differenza di energia si riscontra nell’aumento della massa a riposo dopo l’urto.
La reazione si definisce reazione Endoenergetica.

Pagina | 15
2.
Per energia totale delle particelle si intende l’energia E T delle stesse risultante dalla somma della loro
energia cinetica EC e dell’energia equivalente alla loro massa a riposo m o.
3.
Tutte le reazioni spontanee sono esoenergetiche.

1.6 Il ciclo del combustibile

1.6.1 Risorse Uranifere

Nella crosta terrestre l’uranio è il più pesante degli elementi naturali che rimangono ad oggi ed è presente in
oltre 200 minerali con un contenuto medio di 3g/t.

Esso è 1000 volte più abbondante de ll’oro ì, è presente all’incirca nella stessa concentrazione di piombo,
zinco e stagno ed è 3,5 volte meno abbondante del torio, altro elemento di interesse nucleare.

Si conoscono oltre 100 minerali di uranio.

Fra i minerali primari contenenti U ricordiamo la pechblenda o uranite, depositata da soluzioni magmatiche
costituita da U amorfo a composizione variabile (Congo, Cecoslovacchia, USA, Francia, Spagna, Canada,
Australia).

L’uranite può avere un alto tenore di U, fino a parecchie unità per cento.

Si passa da minerali con il 20% di U a piccoli valori come 5 ppm nelle rocce granitiche.

Tra i minerali secondari a medio tenore di U (0,1 ÷ 0,4 %), che derivano da alterazioni chimiche dei primari,
vi sono i fosfati ed i vanadati.

L’Uranio può essere ottenuto anche come prodotto di recupero da altre lavorazioni, così da giustificarne la
convenienza economica anche con percentuali molto basse.

La classificazione dei giacimenti di uranio viene fatta in base a l costo di produzione dei concentrati.

Il costo della coltivazione dei giacimenti uraniferi dipende essenzialmente dalla concentrazione dell’uranio e
dall’estensione del giacimento stesso.

Generalmente le risorse di uranio si dividono in tre categorie:

- ‘’risorse ragionevolmente sicure’’, con un’elevata probabilità di esistere in depositi minerali noti per
dimensione, abbondanza e configurazione, e con un costo specifico inferiore ad una prefissata
soglia;

- ‘’risorse supplementari stimate’’, in zone non ancora esplorate di giacimenti già conosciuti;

- ‘’ risorse speculative ‘’, che si riferiscono a depositi di uranio deducibili sulla base di evidenze
indirette ed estrapolazioni di caratteristiche geologiche.

Materiale Contenuto in U [g/t]


Acque marine 3,3·10-3

Pagina | 16
Rocce basaltiche 0,6 ÷ 1,2
Rocce sedimentarie 2
Grani uraniferi 15 ÷ 100
Scisti marini 10 ÷ 200
Idrocarburi 10 ÷ 1000
Giacimenti secondari 500 ÷ 4000
Giacimenti primari 2000 ÷ 10000
Vene concentrate 100000 ÷ 700000
- Tabella 1. Contenuto in uranio dei materiali

La ricerca dei giacimenti inizia con misure radiometriche su grandi aree, effettuate con rilevatori di radiazioni
gamma ad alta sensibilità, che rivelano e registrano anomalie nella radioattività del terreno, fornendo una
mappa delle aree che dovranno essere esplorate più dettagliatamente.

I giacimenti vengono suddivisi in base a vari fattori:

Fattori geochimici

Fattori minerari

Fattori tecnici

Fattori finanziari

Fattori di mercato

Fattori sociali e umani

Fattori ecologici e ambientali

Lo sfruttamento di un giacimento di U avviene con due tecniche fondamentali:


a cielo aperto e nel sottosuolo, in miniera.

Il costo in termini di sicurezza o di salute dell’estrazione dell’Uranio non deve essere trascurato sia per
quanto riguarda gli incidenti che le malattie croniche indotte.

Come contaminante ambientale va particolarmente considerato il Rn 222 che richiede efficaci sistemi di
ventilazione delle gallerie.

Il livello di radioattività delle miniere è espresso nell’unità di misura WL (Working Level) definita come
‘’qualsiasi combinazione di figli radioattivi a corta vita del Rn 222 presenti in un litro di aria che comporti
l’emissione di radioattività α per un equivalente energetico di 1,3 MeV.

L’esposizione a cui è soggetto un minatore viene correttamente espressa in WLM (working level months) che
rappresenta l’esposizione subita in un ambiente in cui è presente 1 WL per una durata di 170 ore.

È stato valutato che 1 WLM corrisponde a 2 rad (0,02 Gy) ai polmoni, e cioè valori compresi tra 2 e 6 rem.

Detto ciò, in generale, si può dire che i rischi provenienti dall’estrazione del minerale uranifero a causa del
Rn costituiscono una delle quote più significative del rischio totale per i lavoratori impegnati nell’industria
nucleare.

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Fra le risorse sfruttabili a lungo termine, le due più grandi e diffuse sono rappresentate dall’acqua di mare e
dai graniti uraniferi.

L’acqua di mare rappresenta la più grande riserva di materie prime accessibili con le attuali tecnologie.

L’ostacolo principale all’estrazione industriale di U dall’acqua marina è la sua bassissima concentrazione.

Il contenuto in uranio dei graniti è da 2 a 5 g/t, anche se si trovano graniti uraniferi con 10 e più g/t di uranio.

Nel 2009 i principali Stati produttori di uranio sono stati:


- Australi 31%,
- Kazakistan 12%,
- Canada, Russia 9%,
- Sudafrica, Brasile, Namibia, Niger 5%,
- USA 4%,
- Cina 3%,
- India 1,5%.

1.6.2 Trattamento e Conversione dei Minerali Uraniferi

La successione dei trattamenti necessari per trasformare i minerali grezzi in prodotti di uso nucleare può
essere ricondotta alle seguenti operazioni:

- Concentrazione del minerale grezzo;

- Purificazione;

- Conversione in materiale nucleare.

La concentrazione si effettua con metodi fisici e chimici, eliminando argille e calcari.

Dapprima il minerale viene finemente macinato e triturato nei mulini o frantoi.

La concentrazione dell’U nei grani prodotti è solitamente molto variabile: per la selezioni di questi può venire
usato un metodo specifico, la ‘’cernita radiometrica’’; ovvero consiste nel misurare con continuità la
radioattività emessa dai grani e nel selezionare quelli a maggiore intensità.

Dopo successive operazioni chimiche, trattasi di attacco acido o attacco alcalino a seconda della natura
della ganga, la soluzione viene trattata con resine scambiatrici di ioni o con metodi di estrazioni con solvente.

In genere su un impiega un trattamento con acido solforico o carbonato di soda ottenendo una soluzione
dalla quale l’uranio è estratto sottoforma di uranati principalmente di ammoniaca di soda.

Il prodotto finale viene per lo più precipitato come Diuranato di Ammonio (ADU), il quale presenta una
concentrazione di Uranio del 60/70 %.

La purificazione, invece, consiste essenzialmente nella rimozione dei concentrati di U dei materiali inerti non
eliminati dai precedenti trattamenti, in modo da ottenere un elevatissimo grado di purezza.

Infatti, l’U3O8 (‘’yellow cake’’)1 che arriva agli impianti di conversione non ha ancora un soddisfacente grado
di purezza per impieghi nucleari.

I prezzi di base del minerale uranifero sono sempre dati con riferimento al prodotto ‘’Yellow Cake’’.

Pagina | 18
1.
Yellow Cake, una miscela di uraniti di Ca e Na contenenti dal 60 al 95 %di U 3O8.
Infine, nella fase di conversione si effettuano le seguenti operazioni:

- Trasformazione dell’U in triossido UO3 e successiva riduzione a ‘’ossido bruno’’ UO2;

- Trasformazione in tetrafluoruro UF4;

- Conversione finale in UF6.

La conversione da UO2 a UF6 è un processo a completa maturità industriale e non comporta particolari
difficoltà tecnologiche.

L’UF6 rappresenta l’unico composto gassoso dell’Uranio su cui si può operare a temperature prossime a
quelle ambiente (~ 60°C).

È un composto abbastanza stabile, benché fluorurante.

È vantaggioso il fatto che il fluoro è mono-isotopico, per cui la sua combinazione con l’U non moltiplica il
numero delle molecole isotopicamente diverse da separare, né crea eventuali molecole isobare impossibili
quindi da separare pur essendo composte da atomi di U isotopicamente diversi (quindi la differenza degli
atomi dipende solo dalla differenza di peso tra U235 e U238).

Dal punto di vista chimico esso è fortemente reattivo, poiché tende a dissociarsi debolmente liberando fluoro:
UF6 ----> UF4 + F2
E la tossicità del fluoro rappresenta l’unico problema ecologico collegato alla filiera di produzione del
combustibile nucleare.

1.6.3 Impianti di Arricchimento dell’Uranio

Vi sono due metodi di separazione isotopica sono impiegabili su scala commerciali e forniscono uranio
arricchito ai reattori:

- Quello di diffusione gassosa;

- E quello di centrifugazione.

Entrambi i metodi sfruttano la piccolissima differenza di peso tra l’U 235 e l’U238.

In totale nel mondo, dato del 2010, dodici paesi possiedono un impianto di arricchimento, tra questi anche:
USA, Russia, Francia, Regno Unito, Cina, Iran, etc.

Le capacità o potenzialità degli impianti di arricchimento si esprimono in USL/anno 1 o, indifferentemente, in


KgLS/a2.

Il processo per centrifugazione risulta allo stato attuale più conveniente rispetto a quello per diffusione
gassosa.

Gli impianti a centrifugazione hanno costi di investimento molto elevati e elevata complessità, sia per i
materiali che per la stabilità delle centrifughe che vista la minima differenza di peso dei due esafluoruri
devono garantire velocità di circa 1500giri/s.

Questi presentano, rispetto a quelli a diffusione, i seguenti vantaggi:

- La loro capacità produttiva può essere aumentata gradualmente essendo formati da molte cascate
in parallelo, e non da una sola come gli impianti a diffusione;

- La loro ‘’scala’’ commerciale è minore, dell’ordine di una decade;

- Il loro consumo specifico di energia elettrica è dieci volte minore.

In particolare, negli impianti a centrifugazione il sistema consta di centrifughe ad elevata velocità dove l’UF 6
Pagina | 19
pesante si raccoglie sulle pareti esterne, quello più leggero, più ricco in U 235, viene estratto dal centro della
centrifuga;

per ottenere buoni rendimenti è necessario operare con molti stadi in cascata.

Il sistema ha sostituito quello per separazione perché molto più efficiente ed economico:

- Per quanto riguarda i costi di impianto quello del sistema a centrifugazione è minore di un fattore 10;

- Il loro consumo specifico di energia elettrica è 10 volte minore, 250 kWh per Kg di lavoro separativo.

Negli impianti per diffusione gassosa le particelle vengono pompate in volumi con pareti costituite da
membrane permeabili che consentono il passaggio preferenziale degli di massa minore verso un ambiente a
pressione minore;

poiché l’efficienza di separazione è piuttosto bassa, per ottenere elevati arricchimenti è richiesto un numero
di camere in cascata molto elevata (migliaia), con ingente consumo di energia di pompaggio.

1.
unità di lavoro di separazione all’anno, ‘’separative work unit’’.
2.
Kg di lavoro separativo per anno.
1.6.3.1 Fabbricazione del combustibile

La fabbricazione degli elementi di combustibile di un reattore nucleare comprende una vasca serie di
operazione che, partendo dai materiali combustibili e strutturali di base, si concludono con i controlli non
distruttivi e le verifiche di accettabilità degli elementi finiti.

Tale fase è particolarmente importante, sia dal punto di vista economico 1 che da quello tecnologico.

L’elemento di combustibile costituisce uno dei componenti più critici di un impianto nucleare per la sua
primaria importanza in relazione alle caratteristiche funzionali, di sicurezza e di affidabilità del reattore.

Nel settore della fabbricazione del combustibile destinato ad alimentare i reattori di potenza possono essere
individuate tre aree fondamentali, in corrispondenza ai principali tipi di reattori:

- Combustibili per reattori termici di tipo provato;

- Per reattori termici di tipo avanzato;

- Per reattori veloci.

La fabbricazione del combustibile comprende numerose operazioni che possono essere schematizzate in tre
gruppi di natura:

- Chimica, che comprende le operazioni che conducono alla preparazione delle pastiglie (pellets);

- Meccanica, che comprende la predisposizione dei tubi di guaina e dei tappi terminali, la loro
saldatura e il successivo assemblaggio;

- Di controllo, in cui si verifica se sono soddisfatte le ‘’specifiche’’ richieste.

I processi di fabbricazione possono ovviamente variare a seconda dei brevetti e dei tipi di elementi
combustibile.

Facendo riferimento agli elementi di combustibile del tipo ad ossido, il composto di uranio di partenza è
costituito da una soluzione di nitrato di uranile UO 2(NO3)2 ad elevato grado di purezza.

La lavorazione del combustibile prevede le seguenti fasi:

Pagina | 20
- Produzione per via chimica di UO2 in polvere, fortemente dipendente dalle condizioni nelle quali
sono state effettuate la precipitazione, la calcinazione e la riduzione;

- Sinterizzazione della pasta di UO2 che viene:


- omogeneizzata, attraverso un processo di miscelazione per vibrazione;
- successivamente viene sottoposta all’operazione di formatura calibrata mediante l’impiego di
opportune presse idrauliche che esercitano pressioni di qualche migliaio di kg/cm 2;
- le pastiglie così ottenute (PELLETS) sono sinterizzate, ovvero sottoposte a cotture in forno ad alta
temperatura (fino a 1700°C).
Con tale processo di sinterizzazione si ottengono densità che potrebbe raggiungere il 97% della
densità teorica;
ma la densità del sinterizzata è limitata al 94-95% della TD (densità teorica) perché la pastiglia deve
presentare una certa porosità, distribuita nel modo più uniforme possibile, che permetta la fuoriuscita
dei prodotti di fissione gassosi senza che si producano sforzi eccessivi nella pastiglia stessa.

- Le pastiglie di sinterizzato debbono essere rettificate in quanto la tolleranza richiesta per il


riempimento dei tubi di guaina è di ± 10 μm.

Per la realizzazione delle barrette, si prevedono invece le seguenti fasi:

- Riempimento delle guaine con le pastiglie di combustibile;

- Pressurizzazione della barretta con gas di riempimento, quindi sigillatura;

- Controlli di tenuta:
infatti le barrette sono sottoposte a multiformi sollecitazioni esterne ed interne, dovute alla pressione
dei gas di fissione, alla deformazione del combustibile, ai gradienti termici e al bombardamento
neutronico, ma devono poter resistere, senza perdere la tenuta, a lunghi periodi di irraggiamento,
fino a 3-4 anni.

- Assemblaggio delle barrette all’interno delle parti strutturali dell’elemento di combustibile, fuel
assembly.

Gli elementi freschi di UO2 vengono trasportati dagli impianti di fabbricazione alle centrali nucleari entro
appositi contenitori, ciascuno dei quali racchiude un numero limitato di elementi di massa critica.

Gli elementi freschi presentano una radioattività limitatissima e possono essere manipolati senza grandi
problemi.
Da notare, che le guaine citate, nel caso della filiera LWR sono realizzate in ‘’zircalloy’’.

1.6.4 Ritrattamento del Combustibile Irraggiato

Gli elementi di combustibile, completato il periodo di irraggiamento nei reattori nucleari, possono essere
sottoposti a una serie di operazioni il cui scopo è quello di recuperare i materiali pregiati in essi presenti.

In generale, in casi in cui il valore residuo dei materiali contenuti nel combustibile esaurito superi il costo
delle operazioni di estrazioni, si presenta il problema del loro recupero e cioè il problema del ‘’ritrattamento’’.

Il valore del combustibile irraggiato dipende dal tempo trascorso dalla fine dell’irraggiamento: è questo
tipicamente il caso di combustibili che contengono quantitativi di Pu 241 che genera Am241 per decadimento β.

L’alternativa temporanea al ritrattamento è quella di un immagazzinamento controllato a lungo termine del


combustibile irraggiato per ridurre il calore residuo di decadimento radioattivo a livelli tali da consentire lo
smaltimento in depositi geologici.

La scelta del metodo dipende da diversi fattori, tra i quali la forma chimica del combustibile (ossido, carburo,
nitruro, metallo, ecc.), le caratteristiche dell’elemento di combustibile e le condizioni imposte (potenza
residua, grado di purificazione del fissile, perdite ammesse, tempi massimi di operazione.

Da un punto di vista generale i processi di ritrattamento (se ne conoscono molteplici, più di trenta) possono
dividersi in due grandi categorie: processi ‘’ per via umida ‘’ o idrometallurgici e processi ‘’ per via secca ‘’ o
Pagina | 21
pirometallurgici.

Alla prima categoria appartengono i processi che comportano una solubilizzazione del combustibile
irraggiato in soluzioni acquose di acidi minerali, seguita da una separazione selettiva dei diversi componenti.

I principali requisiti per il progetto di un impianto di ritrattamento possono essere sintetizzati così:
- Sicurezza e protezione sanitaria elevata per personale e ambiente circostante;
- Alto grado di automazione e controlli in ‘’linea’’ per ridurre il personale addetto all’esercizio e alle
analisi ‘’di routine’’;
- Possibilità di accumulazione per lunghi periodi delle scorie radioattive;
- Livello di radioattività degli effluenti gassosi e liquidi rilasciati nell’ambiente
- ridotto praticamente a zero;
- Accurata contabilità dei materiali fissili e controllo continuo delle loro perdite.

Sono da considerarsi impianti ausiliari ad un impianto di ritrattamento vero e proprio:

- L’impianto di conversione da nitrato di plutonile a ossido si plutonio;

- L’impianto di conversione da nitrato di uranile a esafluoruro di uranio;

- L’impianto di solidificazione e condizionamento dei rifiuti ad alta attività.

Considerano il nocciolo di un reattore ad acqua leggere.

Un elemento di combustile scaricato da reattori ad acqua leggere contiene mediamente:

- Il 95% di uranio comprensivo dell’ U235 residuo;


- L’1% di plutonio riciclabile;
- Lo 0,01%di attinidi minori che contengono il 90% della radiotossicità totale;
- Il 4% di prodotti di fissione radioattivi.

Dopodiché il combustibile irraggiato viene scaricato dal reattore sotto battente di refrigerante che funge
anche da schermo.

Si ha un primo stoccaggio, per un periodo massimo di 20-30 anni, nelle piscine di decadimento che
contengono un opportuno volume di acqua tale da garantire un sufficiente battente schermante al di sopra
del combustibile;
sono equipaggiate con:
- Apposite rastrelliere che garantiscono che, in qualunque condizione, anche incidentale, gli elementi
di combustibile non possano compattarsi (rischio massa critica);
- Impianti di raffreddamento e filtraggio dell’acqua di piscina (calore di decadimento).

Se sono richiesti periodi di stoccaggio più lunghi, per un periodo massimo di circa 50 anni, occorre
prevedere sistemi di deposito a secco, entro appositi contenitori di acciaio o di calcestruzzo che possono
ospitare il combustibile per una cinquantina di anni ma solo dopo che questo si è raffreddato per qualche
anno nell’acqua delle piscine.

1.6.4.1 Ciclo Aperto e ciclo Chiuso

Nel ciclo aperto, dopo l’irraggiamento in pila, il combustibile irraggiato viene inviato, ad un sistema di
stoccaggio temporaneo dove i prodotti a più breve vita media hanno il tempo di decadere e possono venire
rilasciati in ambiente.

Per quanto riguarda i prodotti a più lunga vita è previsto uno stoccaggio a ‘’perdita di memoria’’ in un
deposito geologico.

Nel ciclo chiuso è presente una fase di riprocessamento del combustibile esaurito:

- L’U recuperato torna nel ciclo della purificazione/arricchimento;


- Il Pu torna direttamente al ciclo di fabbricazione del combustibile per essere utilizzato insieme ad
Uranio, per la fabbricazione di MOX da bruciare sia nella filiera LWR o nei FBR di prossima
Pagina | 22
generazione oppure utilizzato tal quale nella fabbricazione di combustibile per reattori FBR.

Adottando un ciclo chiuso del combustibile si avrà comunque una discreta quantità di materiale altamente
radioattivo da mandare allo stoccaggio definitivo.

1.6.5 Riprocessamento del combustibile

Completato il periodo di raffreddamento e del decadimento dei prodotti a vita breve, gli elementi di
combustibile possono essere sottoposti a una serie di operazioni il cui scopo è quello di recuperare i
materiali pregiati in essi presenti, siano essi stati originati nel corso del funzionamento in pila (Pu), o derivino
da un non completo sfruttamento del materiale inizialmente presente (titolo di coda in U 235).
Il valore del combustibile scaricato, nei termini dell’interesse al recupero dei materiali pregiati, varia
fortemente a seconda:

- Del burn-up in pila;

- Dal fissile residuo in esso contenuto;

- Dal tempo trascorso dalla fine dell’irraggiamento, il Pu, in particolare, è un materiale fortemente e
rapidamente degradabile;
questo concetto guida alcune scelte progettuali prioritarie relative allo stoccaggio dei rifiuti.

Il ritrattamento del combustibile può essere effettuato con metodi diversi.

La scelta del metodo dipende da numerosi fattori tra i quali:

- La forma chimica del combustibile (ossido, carburo, nitruro, metallo, ecc.);

- Le caratteristiche dell’elemento di combustibile (potenza residua, ecc.);

- Valutazioni tecnico-economiche legate alla scelta della tipologia del ciclo del combustibile da
realizzare.

Da un punto di vista generale i processi di ritrattamento possono dividersi in due grandi categorie:

- ‘’per via umida’’:


questa tecnica consiste nell’estrazione di una o più sostanze disciolte in fase acquosa mediante il
contatto della soluzione stessa con un liquido immiscibile nel solvente primario.
Tra i numerosi processi proposti e sviluppati per la separazione dei materiali fissili e fertili e dei
prodotti di fissione, si ricorda il processo chiamato ‘’PUREX’’ (Pu-U Recovery Extraction).
Con quest’ultimo si recupera ad oggi il 99,8% dell’U e del Pu presenti nel combustibile irraggiato.

- ‘’per via secca’’:


questo prevede essenzialmente processi pirometallurgici.
Infatti, avendo il limite imposto alla potenza residua risulta assai meno restrittivo, possono ritrattare il
combustibile poco dopo il termine dell’irraggiamento, compatibilmente con i problemi posti dal
trasferimento del combustibile e dal trattamento degli effluenti liquidi, solidi e gassosi.
Questi processi possono essere adottati per il ritrattamento del combustibile sia termico che veloce.
In entrambi i casi il massimo sforzo di ricerca e sviluppo è dedicato al ritrattamento di combustibili a
base di ossidi misti di U e Pu e di combustibili ceramici.
A differenza dei processi per via umida, questi non hanno ancora raggiunto lo stadio di maturazione
industriale ma sono ii più promettenti.
È importante sottolineare l’utile azione di riduzione volumetrica che questo tipo di ritrattamento
comporta.

Quindi, i principali obiettivi del ritrattamento sono:

- Il recupero di fissile, per esempio, dal combustibile esaurito della filiera LWR si recuperano -6 Kg di
plutonio fissile per tonnellata di combustibile grezzo;

Pagina | 23
- Inoltre, il riciclo in pila del plutonio e degli altri elementi transuranici recuperati nel riprocessamento,
tutti altamente radioattivi, consente, grazie alla fissione e ai vari processi di trasmutazione, di
convertire i transuranici in altri elementi radioattivi di vita più breve;

- Sostanziale riduzione del volume delle scorie quando siano utilizzati metodi di ritrattamento per via
secca.

1.6.6 Trasporto del combustibile

I movimenti degli elementi di combustibile avvengono fra gli impianti di fabbricazione, le centrali nucleari ove
vengono irraggiati e gli impianti di ritrattamento (se previsto).

Il combustibile fresco è solo debolmente radioattivo.

Il trasporto del combustibile non riveste alcuna particolarità rilevante, tranne che nel caso degli elementi di
combustibile irraggiati, in cui notevoli precauzioni devono essere prese per l’elevata radioattività dovuta
all’accumulo dei prodotti di fissione.

Infatti, il combustibile irraggiato che viene scaricato dal reattore è altamente radioattivo: è necessario che
esso venga adeguatamente schermato.

La sua estrazione dal nocciolo avviene con comandi a distanza, sotto battente di acqua per schermaggio
dalle radiazioni, mediante apposite attrezzature di aggancio e sollevamento.

Esso è poi conservato, per un certo periodo di decadimento dei prodotti di fissione radioattivi, in una piscina
che provvede un sufficiente battente di acqua schermante.

Per il trasferimento del combustibile esaurito all’esterno dell’edificio di contenimento vengono impiegati
appositivi contenitori (flasks, casks, chateaux) nei quali fra gli elementi di combustibile vengono inseriti
materiali assorbitori di neutroni per evitare formazioni di masse critiche.

Questi contenitori devono essere in grado di dissipare il calore residuo degli elementi di combustibile ,
associato al frenamento delle particelle emesse nel decadimento radioattivo dei prodotti di fissione.

Ovviamente tali contenitori devono anche essere provvisti di sufficienti schermature per le radiazioni.

1.6.7 I rifiuti radioattivi

I rifiuti radioattivi si presentano sotto varie forme fisiche: soluzioni liquide (acquose e organiche), materiali
solidi (metalli, tessuti, carta, plastica, ecc.) ed aeriformi (gas e polveri).

I rifiuti radioattivi provenienti dai vari usi dell’energia nucleare presentano caratteristiche, qualitative e
quantitative, variabili entro limiti estesi.

Il loro contenuto di radioattività può variare entro limiti molto estesi: le radiazioni emesse, inoltre, sono di
natura diversa (particella alpha, beta e neutroni, fotoni X e gamma) e di diversa energia, così come diversi
sono i tempi di decadimento dei diversi radionuclidi.

Da un punto di vista generale, i modi di classificare i rifiuti si possono suddividere in due grandi gruppi, a
seconda che la classificazione sia basata su considerazioni qualitative oppure sul valore di parametri
Pagina | 24
quantificabili.

La classificazione di tipo qualitativo è fondata su elementi descrittivi, come la natura delle operazioni di
provenienza, la natura dei rifiuti in sé, il tipo di radiazione emessa dai radionuclidi associati ai rifiuti, i metodi
di trattamento cui i rifiuti devono essere sottoposti, ecc.

Le classificazioni di tipo quantitativo si riportano invece ai valori numerici di taluni parametri, come: periodo di
dimezzamento dei radionuclidi associati ai rifiuti, concentrazione di radioattività, intensità di irradiazione,
fattori di moltiplicazione di certe grandezze usate in radioprotezione, fattori di decontaminazione dei processi
di trattamento, ecc.

È attualmente vigente il nuovo Decreto del Ministro dell’ambiente del 7 agosto 2015 ‘’Classificazione dei
rifiuti radioattivi’’.

Il decreto riguarda tutte le attività in cui sono utilizzati o manipolati materiali radioattivi, o che generano rifiuti
radioattivi, in particolare:

- Rifiuti a bassa attività:


le principali fonti di produzione sono: ospedali, industria, laboratori di ricerca, installazioni nucleari.
Essi includono generalmente: carta, stracci, indumenti, guanti, filtri e liquidi;
Il problema di uno smaltimento definitivo non si pone;

- Rifiuti a media attività:


le principali fonti di produzione sono: centrali nucleari, impianti di fabbricazione del combustibile,
impianti di riprocessamento, centri di ricerca.
Generalmente includono: scarti di lavorazione, rottami metallici, liquidi, ecc.
I processi di condizionamento attualmente praticati o in via di sviluppo sono i seguenti:
 Immobilizzazione in matrici inorganiche, tipicamente cemento inserite in manufatti di acciaio o rame;
 Immobilizzazione in matrici composite, cemento additivato con polimeri inserite in manufatti di
acciaio o rame.
Per il loro smaltimento le possibili opzioni sono le seguenti:
 Seppellimento superficiale o sub-superficiale a bassa profondità;
 Isolamento in formazioni geologiche relativamente profonde (ex mineire).

- Rifiuti ad alta attività:


questi rifiuti sono di solito autoriscaldanti a causa dell’elevata intensità del calore di decadimento, e
quindi hanno bisogno di sistemi di raffreddamento oltre che di adeguato schermaggio contro le
radiazioni.
I principali componenti pericolosi sono i prodotti di fissione e gli attinidi transuranici presenti nello
Spent Fuel.
Essi sono presenti: nel combustibile nucleare irraggiato ‘’tal quale’’, e nelle scorie primarie del
riprocessamento.

1.6.7.1 Trattamento e condizionamento dei rifiuti radioattivi

Essendoci diversità tra i rifiuti nucleari, si è creata la necessità di una gestione differenziata dei diversi tipi di
rifiuti.

La gestione risulta strettamente connessa con la scelta dei processi industriali che li generano.

Dopo l’eventuale fase di ‘’Raccolta e cernita’’, la gestione dei rifiuti, dopo il periodo di raffreddamento,
comprende le fasi di:

- Caratterizzazione, condotte sia sui rifiuti primari, sia in fase di processamento, sia sul manufatto
finale (rifiuto condizionato);

- Trasporto e trattamento;

- Condizionamento;

- Trasporto allo smaltimento definitivo.


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La fase di ‘’Trattamento’’ dei rifiuti radioattivi è finalizzata a concentrare l’attività in un volume ridotto che può
essere contenuto in modo più agevole.

La fase detta di ‘’condizionamento’’, per i rifiuti a più alta attività, prevede la trasformazione in forme solide di
provate caratteristiche, adatte a consentirne la manipolazione, il deposito temporaneo, il trasporto e lo
smaltimento definitivo.

I più importanti criteri di accettabilità possono essere così brevemente riassunti:

- Chiara identificazione del tipo di rifiuto, della categoria o classe di appartenenza, della matrice di
immobilizzazione, del tipo e del livello di radioattività ad esso associato;

- Limitazione, nel manufatto finale contenente il rifiuto, del contenuto di quei materiali radioattivi che
possono danneggiare il manufatto stesso o il deposito di stoccaggio definitivo.
I rifiuti radioattivi che contengono materiali tossici devono essere trattati in modo da ottemperare
anche a quanto previsto dalla legislazione specifica sui tossici;

- Esclusione o minimizzazione del rilascio di sostanze radioattive nell’ambiente, da parte dei manufatti
finali contenenti il rifiuto, per tutto il tempo necessario al decadimento dei radionuclidi contenuti, fino
a livelli di non pericolosità;

- Garanzia di una bassa dose al personale e di minimo rischio di contaminazione durante le


operazioni di lavorazione, trasporto, stoccaggio provvisorio e stoccaggio definitivo dei manufatti
contenenti il rifiuto;

- Mantenimento, da parte di questi manufatti, delle caratteristiche meccaniche, fisiche e chimiche


(durabilità), anche in condizioni incidentali, per tutto il tempo necessario al decadimento dei
radionuclidi in essi contenuti, fino a livelli di non pericolosità.

1.6.7.2 Depositi
 Depositi superficiali

Il seppellimento in superficie è un metodo semplice e poco costoso, praticato già da parecchi anni in
alcuni paesi.

Esso consiste nel realizzare delle strutture in calcestruzzo armato in cui vengono stivati i contenitori
dei rifiuti.

Tali strutture possono essere collocate anche in sotterraneo a basse profondità avendo sempre
particolare cura che i rifiuti non vengano a contatto con l’acqua finché radiologicamente pericolosi.

L’acqua è il principale agente che potrebbe trasportare i nuclidi lisciviati nella biosfera.
L’orientamento attuale è quello di costruire i depositi superficiali con un criterio multi-barriera.

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La prima barriera è costituita anzitutto dalla malta cementizia con cui sono miscelati i rifiuti, la
seconda barriera il fusto metallico di contenimento.

I moduli sono la terza barriera: sono dei contenitori in calcestruzzo speciale con un’armatura in ferro
e con pareti dello spessore di 7/8 cm. Di forma scatolare, con lati di due o tre metri.

Una specie di malta di riempimento (grout) viene versata entro il modulo a riempire gli spazi liberi fra
i fusti metallici e a rafforzarne la terza barriera contro la fuga di radionuclidi.

Infine, la quarta barriera sono le celle.

I moduli sono impilati entro contenitori in calcestruzzo armato, eventualmente fibrorinforzato, di


dimensioni molto maggiori.

Anche tali celle, prima della copertura, sono riempite con ‘’grout’’.

Le celle sono allineate in lunghi filari paralleli che, dopo il riempimento, sono ricoperti con mantelli
plastici impermeabilizzanti su cui viene ricollocato il terreno precedentemente rimosso, cioè si parla
di tumulazione.

Sul fondo di tali celle il pavimento è in leggera pendenza verso il centro per raccogliere eventuali
infiltrazioni di acqua e le convoglia in tubi passanti attraverso la soletta di base in calcestruzzo.

Inferiormente, una galleria consente di raccogliere, dai tubi di drenaggio, campioni dell’acqua
eventualmente infiltrata nei moduli rendendo così possibile un monitoraggio continuo al fine di
identificare possibili tracce di radionuclidi lisciviati.

Il deposito deve essere presidiato per i 300 anni di vita previsti.

 Depositi Geologici

Ovviamente il massimo rischio è associato ai rifiuti ad alta attività (i rifiuti ad alta attività contengono,
in forma molto concentrata, il 95% dell’attività totale dei rifiuti) prodotti dal ritrattamento del
combustibile irraggiato contenenti quantità rilevanti di transuranici e circa il 99,9% dei prodotti di
fissione.

I depositi geologici sarebbe comunque necessari anche se avesse un completo successo la linea
del riprocessamento, con la sola differenza che in questo caso il volume dei rifiuti da seppellire
sarebbe molto ridotto.

Ad oggi, lo studio vira sui progetti dei depositi geologici ‘’reversibili’’, cioè che consentano la
possibilità di recuperare i rifiuti ivi collocati dopo un adeguato tempo di controllo, prima di sigillarli
definitivamente e di renderli ‘’a perdita di memoria’’.

Il recupero avverrebbe solo in caso di inaspettati di trasmigrazione dei radionuclidi, o di recupero di


alcuni dei prodotti di fissione di grande valore commerciale per applicazioni oggi troppo onerosi o
addirittura non prevedibili.

Le caratteristiche che rendono le formazioni geologiche idonee al confinamento sono:

- Proprietà meccaniche che facilitino la perforazione e la stabilità della cavità;

- Una permeabilità molto bassa;

- Una sufficiente conduttività termica;

- Una solubilità minima;

- Una plastica del terreno che limiti i rischi di frattura specie durante le perforazioni;

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- Una capacità notevole di fissazione fisica o chimico-fisica degli elementi che migrano;

- Una sensibilità ridotta di tutte queste proprietà a variazioni delle condizioni ambientali (cioè della
temperatura);

Per realizzare depositi geologici profondi, le formazioni rocciose opportune sono:

- Formazioni argillose che presentano la possibilità di migrazione di eventuali radionuclidi disciolti è


estremamente bassa a causa delle proprietà di scambio ionico delle argille che collaborano alla
riduzione della migrazione;

- Formazioni cristalline;

- Formazioni granitiche.

Nelle ultime formazioni il maggior pericolo è costituito dalla possibilità di fratture o fessurazioni che potrebbe
agire come vie preferenziali per la migrazione dei radionuclidi.

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