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Atomo

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Disambiguazione – Se stai cercando altri significati, vedi Atomo (disambigua).

Atomo

Una rappresentazione di un atomo di elio allo


stato fondamentale. Si distinguono
il nucleo (rosa) e la nube elettronica (nero). La
barra nera riporta la lunghezza di un Ångström

Composizi Elettroni e un nucleo composto


one da protoni e neutroni

Interazioni Gravitazionale, elettromagnetica, d
ebole, forte

Antipartice
antiparticella
lla

Proprietà fisiche

Massa da 1,67 × 10−27 a 4,52 × 10−25 kg

Carica elett
zero (neutro), o la carica dello ione
rica
L'atomo (dal greco ἄτομος átomos: indivisibile) è la struttura nella quale la materia è
organizzata in unità fondamentali che costituiscono gli elementi chimici. Gli atomi si
aggregano frequentemente in unità stabili dette molecole che caratterizzano
molte sostanze.
Concepito come l'unità più piccola e indivisibile della materia secondo la dottrina
atomistica dei filosofi greci Leucippo, Democrito ed Epicuro, e teorizzato su base
scientifica all'inizio del XIX secolo, verso la fine dell'Ottocento, con la scoperta
dell'elettrone, fu dimostrato che l'atomo è composto da particelle subatomiche (oltre
all'elettrone, il protone e il neutrone).
Se nel mondo fisico abituale la materia, nei suoi stati solido, liquido e gassoso, è costituita
dalle unità elementari degli atomi, a valori di pressione e temperatura sufficientemente
elevati la loro esistenza non è possibile, determinandosi lo stato di plasma.

Indice

 1Storia

o 1.1Origine del modello scientifico

o 1.2I modelli atomici

o 1.3La meccanica ondulatoria e il modello atomico contemporaneo

 2Componenti

 3Proprietà

o 3.1Massa

o 3.2Dimensione atomica

o 3.3Proprietà chimiche

 4Note

 5Bibliografia

 6Voci correlate

 7Altri progetti

 8Collegamenti esterni

Storia[modifica | modifica wikitesto]
Il modello atomico oggi riconosciuto è l'ultima tappa di una serie di ipotesi che sono state
avanzate nel tempo. In età antica alcuni filosofi greci, quali Leucippo (V secolo a.C.),
Democrito (V-IV secolo a.C.) ed Epicuro (IV-III secolo a.C.), e romani, quali Tito Lucrezio
Caro (I secolo a.C.), ipotizzarono che la materia non fosse continua, ma costituita da
particelle minuscole e indivisibili, fondando così la "teoria atomica". Questa corrente
filosofica, fondata da Leucippo, venne chiamata "atomismo". Si supponeva che i diversi
"atomi" fossero differenti per forma e dimensioni.
Democrito propose la "teoria atomica", secondo cui la materia è costituita da minuscole
particelle, diverse tra loro, chiamate atomi, la cui unione dà origine a tutte
le sostanze conosciute. Queste particelle erano la più piccola entità esistente e non
potevano essere ulteriormente divise: per questo erano chiamate atomi.
In contrasto con questa teoria Aristotele (IV secolo a.C.), nella teoria della continuità
della materia, sostenne che una sostanza può essere suddivisa all'infinito
in particelle sempre più piccole e uguali tra loro. Queste ipotesi rimasero tali in quanto non
verificate con metodologie basate sull'osservazione e sull'esperimento.
Il corpuscolarismo è il postulato del XIII secolo dell'alchimista Geber, secondo il quale tutti
i corpi fisici posseggono uno strato interno e uno esterno di particelle minuscole. La
differenza con l'atomismo è che i corpuscoli possono essere divisi, veniva per questo
teorizzato che il mercurio potesse penetrare nei metalli modificandone la struttura interna.
Il corpuscolarismo rimase la teoria dominante per i secoli successivi. Tale teoria servì
come base a Isaac Newton per sviluppare la teoria corpuscolare della luce.

Vari atomi e molecole rappresentati nella prima pagina di "A


New System of Chemical Philosophy", di John Dalton, pubblicato nel 1808.

Tra gli atomisti dell'età moderna ci fu Pierre Gassendi, per via del suo recupero
dell'epicureismo.
Origine del modello scientifico[modifica | modifica wikitesto]
Solo all'inizio del XIX secolo John Dalton rielaborò e ripropose la teoria di Democrito
fondando la teoria atomica moderna, con la quale diede una spiegazione ai fenomeni
chimici. Propose una legge secondo la quale le diverse quantità in peso di un elemento
che si combinano con la stessa quantità di un altro elemento per formare composti diversi
stanno tra loro in rapporti esprimibili mediante numeri interi piccoli (legge delle proporzioni
multiple), ipotizzando quindi che la materia fosse costituita da atomi. Nel corso dei suoi
studi Dalton si avvalse delle conoscenze chimiche e fisiche del tempo (la legge della
conservazione della massa, formulata da Antoine Lavoisier, e la legge delle proporzioni
definite, formulata da Joseph Louis Proust) ed espose la sua teoria nel libro A New
System of Chemical Philosophy, pubblicato nel 1808. La teoria atomica di Dalton si
fondava su cinque punti:

 la materia è formata da piccolissime particelle elementari chiamate atomi, che sono


indivisibili e indistruttibili;
 gli atomi di uno stesso elemento sono tutti uguali tra loro;
 gli atomi di elementi diversi si combinano tra loro (attraverso reazioni chimiche) in
rapporti di numeri interi e generalmente piccoli, dando così origine a composti;
 gli atomi non possono essere né creati né distrutti;
 gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di altri elementi.
In definitiva questa è la definizione di atomo per Dalton: "Un atomo è la più piccola parte di
un elemento che mantiene le caratteristiche chimiche di quell'elemento".
Questa viene considerata la prima teoria atomica della materia perché per primo Dalton
ricavò le sue ipotesi per via empirica.
I modelli atomici[modifica | modifica wikitesto]
Lo stesso argomento in dettaglio: Modello atomico di Thomson,  Modello atomico di
Nagaoka,  Modello atomico di Rutherford e Modello atomico di Bohr.

L'esperimento di Rutherford: poche particelle alfa vengono


deflesse dal campo elettrico del nucleo; la maggior parte di esse attraversa lo spazio vuoto
dell'atomo.

Con la scoperta della radioattività naturale si intuì successivamente che gli atomi non


erano particelle indivisibili, bensì erano oggetti composti da parti più piccole. Nel
1902 Joseph John Thomson propose il primo modello fisico dell'atomo [1], successivamente
alle sue ricerche sul rapporto tra la massa e la carica dell'elettrone. [2] Egli immaginò che un
atomo fosse costituito da una sfera fluida di materia caricata positivamente (protoni e
neutroni non erano stati ancora scoperti) in cui gli elettroni (negativi) erano immersi
(modello a panettone, in inglese plum pudding model[2] o modello ad atomo pieno),
rendendo neutro l'atomo nel suo complesso.[2]
Questo modello fu superato quando Ernest Rutherford scoprì la presenza di un nucleo
atomico caricato positivamente. Nel 1910, due allievi di Rutherford (Geiger e Marsden)
svolsero un esperimento cruciale, con lo scopo di convalidare il modello di Thomson.
[3]
 Essi bombardarono un sottilissimo foglio di oro, posto fra una sorgente di particelle
alfa e uno schermo.[3] Le particelle, attraversando la lamina, lasciarono una traccia del loro
passaggio sullo schermo. L'esperimento portò alla constatazione che i raggi alfa non
venivano quasi mai deviati; solo l'1% dei raggi incidenti era deviato considerevolmente dal
foglio di oro (alcuni venivano completamente respinti).
L'atomo nel modello formulato da Rutherford è composto da
un nucleo atomico positivo con gli elettroni negativi che gli orbitano attorno come i pianeti fanno
attorno al Sole.

Attraverso questo esperimento Rutherford propose un modello di atomo in cui quasi tutta
la massa dell'atomo fosse concentrata in una porzione molto piccola, il nucleo (caricato
positivamente) e gli elettroni gli ruotassero attorno così come i pianeti ruotano attorno
al Sole (modello planetario).[4] L'atomo era comunque largamente composto da spazio
vuoto, e questo spiegava il perché del passaggio della maggior parte delle particelle alfa
attraverso la lamina. Il nucleo è così concentrato che gli elettroni gli ruotano attorno a
distanze relativamente enormi, con orbite aventi un diametro da 10.000 a 100.000 volte
maggiore di quello del nucleo. Rutherford intuì che i protoni (particelle cariche nel nucleo)
da soli non bastavano a giustificare tutta la massa del nucleo e formulò l'ipotesi
dell'esistenza di altre particelle, che contribuissero a formare l'intera massa del nucleo.
Elettroni nel nucleo?

Dopo l'esperimento di Rutherford era abbastanza evidente che


gli elettroni non potessero trovarsi all'interno del nucleo. Si può,
però, pensare a una dimostrazione per assurdo: si supponga, per
un momento, l'esistenza degli elettroni nel nucleo. Il suo raggio
può essere stimato nell'ordine dei cinque fm.
L'impulso dell'elettrone, nell'atomo, allora sarà:
dove c è la velocità della luce e λ la lunghezza d'onda di de
Broglie dell'elettrone.
A questo punto si fissa una lunghezza d'onda massima in 10
fm e si può così calcolare il valore minimo per l'impulso,
che alla fine risulta essere di circa 124 MeV/c. Ora, poiché
la massa dell'elettrone è pari a 0,5 MeV/c2, da un semplice
conto relativistico risulta evidente che l'energia totale
dell'elettrone è pari a:
E2 = p2c2 + m2c4 = 125 MeV
Quindi, se ci fossero elettroni nel nucleo, la loro
energia sarebbe 250 volte maggiore rispetto alla loro
intera massa: elettroni così energetici, però, non sono
mai stati emessi da alcun nucleo. L'unico indiziato,
l'elettrone emesso nel decadimento beta dei nuclei, ha
un intervallo di energia che va da pochi MeV a un
massimo di 20 MeV.

Il modello di Rutherford aveva incontrato una palese contraddizione con le leggi


della fisica classica: secondo la teoria elettromagnetica, una carica che subisce
una accelerazione emette energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Per questo
motivo gli elettroni dell'atomo di Rutherford, che si muovono di moto circolare intorno al
nucleo, avrebbero dovuto emettere onde elettromagnetiche e quindi, perdendo energia,
cadere nel nucleo stesso (teoria del collasso), cosa che evidentemente non accade.
[5]
 Inoltre un elettrone, nel perdere energia, potrebbe emettere onde elettromagnetiche di
qualsiasi lunghezza d'onda, operazione preclusa nella teoria e nella pratica dagli studi
sul corpo nero di Max Planck (e successivamente di Albert Einstein). Solo la presenza di
livelli di energia quantizzati per quanto riguarda gli stati degli elettroni poteva spiegare i
risultati sperimentali: la stabilità degli atomi rientra nelle proprietà spiegabili mediante
la meccanica quantistica, crescenti con il numero atomico degli elementi secondo
incrementi dei tempi di stabilità via via decrescenti (regola dell'ottetto e regola dei 18
elettroni).[non  chiaro]

Nel modello di Bohr dell'atomo di idrogeno, un elettrone


può percorrere solamente alcune determinate traiettorie classiche. Queste traiettorie sono stabili e
discrete, indicate con un numero intero progressivo . Ogni qual volta l'elettrone scende a una
orbita inferiore emette radiazione elettromagnetica, sotto forma di un fotone, di energia
corrispondente all'energia persa in accordo con le evidenze sperimentali dello spettro dell'atomo di
idrogeno)

Nel 1913 Niels Bohr propose una modifica concettuale al modello di Rutherford. Pur


accettandone l'idea di modello planetario postulò che gli elettroni avessero a disposizione
orbite fisse, dette anche "orbite quantizzate", queste orbite possedevano un'energia
quantizzata (ossia un'energia già prestabilita identificata da un numero detto numero
quantico principale N) nelle quali gli elettroni non emettevano né assorbivano energia
(questa infatti rimaneva costante): in particolare, un elettrone emetteva o assorbiva
energia sotto forma di onde elettromagnetiche solo se effettuava una transizione da
un'orbita all'altra, e quindi passava a uno stato a energia minore o maggiore. In
seguito, Sommerfeld propose una correzione al modello di Bohr, secondo cui si aveva una
buona corrispondenza fra la teoria e le osservazioni degli spettri della radiazione emessa
o assorbita degli atomi.
Molti elementi del modello non erano compatibili con le leggi della fisica classica
di Newton, poiché era fondato sulle idee dell'allora nascente meccanica quantistica. Ciò
nonostante, il modello di Bohr-Sommerfeld si basava ancora su postulati e soprattutto
funzionava molto bene per l'atomo di idrogeno, ma non con quelli più complessi.

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