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Teoria Atomica (J.

Dalton, 1808)
❑ La materia è costituita da particelle estremamente piccole e indivisibili,
dette atomi (dal greco àtomos, ‘non tagliabile’) – concetto già espresso
dal filosofo greco Leucippo, V secolo a.C., e dal suo allievo Democrito,
ca. 460-360 a.C. (idea dell’atomismo)
❑ Esistono atomi di diversa natura, aventi massa e proprietà distinte, detti
elementi.
❑ Tutti gli atomi di un dato elemento sono identici, hanno uguale massa e
proprietà.
❑ Un composto è una precisa combinazione di atomi di due o più
elementi, ovvero in un dato composto il numero relativo e la specie degli
atomi sono costanti (Legge delle proporzioni definite; J. Proust, 1799 e
Legge delle proporzioni multiple; J. Dalton, 1803).
❑ Nel corso delle reazioni chimiche gli atomi non si creano né si
distruggono, bensì cambiano solamente la disposizione relativa nello
spazio, formando sostanze diverse da quelle iniziali (Legge della
conservazione della massa; Lavoisier).
❑ Le reazioni chimiche non mutano un elemento in un altro.
La Struttura Atomica: Esperimenti di J.J. Thompson (1897)
Applicando una differenza di
potenziale tra due elettrodi
all’estremità di un tubo
contenente un gas si sviluppava
luminosità che Thompson
ipotizzò fosse provocata
dall’interazione tra la sostanza
contenuta nel tubo e un fascio di
particelle (raggio catodico)
cariche negativamente (elettroni)
emesso dal catodo e diretto verso
l’anodo.
In assenza di perturbazioni esterne, il fascio descrive una linea retta, mentre in
presenza di un campo elettrico o magnetico veniva deflesso verso il polo positivo.
Thompson desunse il rapporto e/m (pari a -1.76·1011 C/kg) dell’elettrone, che è
indipendente dal tipo di metallo degli elettrodi e di gas nel tubo. Il risultato fece
supporre che tali particelle cariche “universali” (elettroni) fossero presenti in
tutti i tipi di materia e, dunque, negli atomi di tutti gli elementi.
La Struttura Atomica: Esperimenti di R.A. Millikan (1909)

Le gocce d’olio nebulizzate si caricano negativamente per trasferimento di


elettroni dall’aria ionizzata dalla radiazione X. La ddp tra le due lamine
viene regolata in modo tale che bilanci esattamente la forza di gravità che
attrae le gocce. Nota la ddp applicata, Millikan calcolò la carica elettrica
della gocce: multipli di uno stesso valore, e = 1.6·10-19 C, attribuito
all’elettrone. Noto il rapporto e/m, fu possibile calcolare la massa m
dell’elettrone, che risultò ~ 9·10-28 g.
La Struttura Atomica: Esperimenti di E. Goldstein (1886)

Goldstein scopri l'esistenza di raggi


luminosi (raggi canale) costituiti di
particelle positive che si muovevano
dall'anodo (+) al catodo (-), in
direzione opposta ai raggi catodici.
Goldstein, per visualizzare tali raggi
indipendentemente da quelli catodici,
forò il catodo:

passando attraverso i fori (canali), i raggi


giungevano oltre il catodo, in una zona dove
fossero visibili. Le particelle dei raggi canale
hanno un rapporto carica/massa diverso a
seconda della sostanza presente. Con l’idrogeno
si ha il rapporto carica/massa più elevato: la
particella positiva derivante dall’idrogeno
venne considerata l’unità di carica positiva a
livello atomico e chiamata protone, H+.
La Struttura Atomica: la scoperta del neutrone (J. Chadwick, 1932)

J. Chadwick ipotizza che la “radiazione neutra molto penetrante”


osservata in esperimenti di bombardamento di berillio, boro, litio
con particelle a (W. Bothe e H. Becker, 1930) sia composta di
particelle neutre simili ai protoni ma appunto senza carica elettrica,
che chiama ‘neutroni’ (come già Rutherford, che ne aveva previsto
l'esistenza senza scoprirle).

Be + He2+ → C + n

Vinse il Premio Nobel per la Fisica nel 1935.


Il Modello Atomico di Thompson (1910)

La materia è elettricamente neutra, quindi anche gli atomi devono


essere neutri.
Thompson ipotizzò che l’atomo fosse
costituito da una sfera uniforme di cariche
positive nella quale gli elettroni, carichi
negativamente, risultavano “dispersi”.
L’atomo nel suo complesso risultava
neutro.

Il modello spiega l’origine dei raggi canale: i raggi catodici


collidono con gli atomi gassosi provocando l’espulsione di un
elettrone dall’atomo; l’atomo si carica positivamente e viene di
conseguenza attratto dal catodo.
La Struttura Atomica: Esperimenti di E. Rutherford, (1910)

Quando un fascio di particelle


a (nuclei di Elio, He2+) viene
diretto verso una lamina d’oro
di qualche μm, la maggior
parte di esse lo attraversa senza
subire deflessioni, una parte
minoritaria subisce deflessioni,
anche significative.

L’esperimento è in disaccordo con il modello di Thompson: la parte


positiva dell’atomo che bilancia la carica degli elettroni non è distribuita in
modo uniforme, ma è una massa compatta che si concentra in un nucleo, di
volume piccolo (ca. 10-15 m in raggio), al centro dell’atomo. Solo le
particelle a che collidono con i nuclei degli atomi d’oro vengono deflesse.
Spiegazione degli esperimenti di E. Rutherford

“… era come se si sparasse con un proiettile da 15 pollici contro


un foglio di carta e il proiettile fosse respinto e ci colpisse … “

▪ i dati mostravano che poche


particelle a venivano deviate,
e solo 1 su 20000 di un angolo
maggiore di 90°
▪ ciò poteva accadere solo se
gran parte della massa e la
carica positiva erano
concentrate in una piccola
regione dell’atomo
Il modello atomico di
Rutherford: il modello
nucleare
• le cariche positive e praticamente
tutta la massa dell’atomo sono
concentrate in una piccola regione
interna all’atomo: il nucleo
• la carica del protone è uguale in
valore assoluto ma di segno opposto a
quella dell’elettrone
• gli elettroni ruotano attorno al nucleo
in una sorta di “nuvola elettronica”
(modello planetario)
• il volume degli atomi è per la
maggior parte occupato dagli elettroni:
l’atomo presenta una struttura “vuota”
Dimensioni relative di un atomo

Difetto del modello:


vita ~ 10-10 secondi
La luce
❑ la luce è una radiazione elettromagnetica

❑ radiazione elettromagnetica: energia che si propaga per onde

❑ studio della interazione tra luce e materia ha portato allo


sviluppo della fisica quanto-meccanica

Tre fenomeni non erano spiegabili:


❑ Spettri atomici

❑ Radiazione di corpo nero

❑ Effetto fotoelettrico
Onde Elettromagnetiche
variazioni del
campo magnetico

Il campo elettrico e magnetico oscillano in


piani perpendicolari lungo la direzione di
propagazione dell’onda elettromagnetica
variazioni del
campo elettrico

Proprietà ondulatorie R.E. descritte da due variabili interdipendenti:

l distanza tra due minimi o due massimi


n n° di onde che passano per un punto
nell’unità di tempo (s)
n = c/l
c = 2.9977∙108 m/s
(nel vuoto, costante universale)
Frequenza e lunghezza d’onda
• l e n sono inversamente proporzionali
• L’intervallo completo di frequenze è detto: spettro
elettromagnetico
• n della luce differenti corrispondono a colori differenti
Lo Spettro Elettromagnetico
Spettri di Emissione Atomica
Separando le componenti della luce
naturale (bianca) o quella emessa da
una lampadina si ottiene uno spettro
continuo con i colori del visibile

idrogeno neon
Elementi in fase gassosa Separando le componenti della
se sottoposti ad una radiazione emessa da un elemento in
scarica elettrica di un fase gassosa (H e Ne) si ottiene uno
opportuno potenziale, spettro a righe (non spiegabile con la
emettono radiazione di fisica classica)
lunghezza d’onda diversa
Spettri di Assorbimento Atomico

si ottengono facendo
passare una radiazione
bianca attraverso un
campione gassoso

gli spettri di assorbimento sono il "negativo" di quelli di emissione:


Ogni elemento ha uno spettro a righe caratteristico:

Serie di Balmer

Balmer determinò che la lunghezza d'onda delle linee dello spettro di


emissione visibile dell'idrogeno

Successivamente alla scoperta di altre righe (UV, IR) Rydberg


generalizzò la relazione come:

1  1 1 

= RH  2 − 2 (n1 ed n2 interi; n2 > n1)
l n 
 1 n2 

RH = costante di Rydberg = 1.0974×107 m-1


n1=2 e n2 = 3, 4, 5 → riga rossa, verde, blu (visibile)
Radiazione del corpo nero: l’Equazione di Planck (1900)
Sperimentalmente si osserva che un corpo riscaldato emette radiazioni le
cui intensità e lunghezza d’onda del massimo dell’emissione (lmax)
dipendono dalla temperatura: al crescere della temperatura lmax decresce.
Il fenomeno non può essere spiegato mediante la fisica classica che prevede
uno spettro di radiazione senza massimo: l’energia della radiazione tende
all’infinito per l tendente a zero, (catastrofe dell’ultravioletto).

Teoria classica
Intensità

Sfera di metallo cava ricoperta


di nerofumo si comporta come
Spettro di emissione di un corpo riscaldato un corpo nero
La Teoria Quantistica di Planck
Planck propose che l’emissione di energia da parte di un corpo caldo
(energia degli oscillatori elementari) non avvenisse in modo
continuo, ma per quantità discrete (quanti) di energia E, legate alla
frequenza n della radiazione (assorbita o emessa).
L’equazione è universalmente nota come equazione di Planck:
E = h·n
h = costante di Planck = 6.626×10-34 J·s
Il quanto hn rappresenta il minimo “pacchetto di energia” che può
essere scambiato.
Tutti gli scambi di energia avvengono secondo multipli interi di hn.
Il concetto di quantizzazione dell’energia è valido anche a livello
macroscopico, anche se non è apprezzabile; infatti, dato il valore molto
piccolo di h, la quantizzazione dell’energia è “apprezzabile” solo a livello
atomico.
Una prova della quantizzazione dell’Energia: l’Effetto Fotoelettrico
(Einstein, 1905)
Elettroni ❑ la superficie di un metallo colpita da
Radiazione Incidente radiazione elettromagnetica emette
elettroni (fotoelettroni)
❑ si ha emissione solo se la radiazione
ha una frequenza n (colore) superiore ad
una certa soglia (n0), specifica per ogni
Lastra di Metallo metallo.

❑ se n < no non si ha emissione anche per intensità luminose elevate e


protratte nel tempo
❑ se n > no l'energia cinetica dei fotoelettroni cresce all'aumentare
dell'intensità luminosa
❑ non si ha ritardo temporale nell’emissione
❑ per la teoria classica l’energia associata alla radiazione elettromagnetica
dipende solo dall’intensità e non dalla frequenza.
L’Effetto Fotoelettrico
Einstein propose che la luce possedesse non solo proprietà
ondulatorie, ma anche corpuscolari, e dunque alcuni suoi fenomeni
fossero descrivibili ammettendo che fosse composta di particelle
prive di massa, fotoni.
Spiegò l’effetto fotoelettrico come interazione tra elettroni e fotoni,
regolata dall’equazione di Planck: l’energia degli elettroni è
quantizzata ed essi sono emessi dal metallo solo quando la
radiazione incidente fornisce quanti di energia, ha cioè una frequenza,
pari a quelli necessari a espellerli.

Natura dualistica della radiazione elettromagnetica

❑ la luce ha anche natura corpuscolare


❑ è costituita da "particelle" prive di massa (fotoni)
❑ i fotoni possiedono quantità discrete di energia (quanti di Planck)
❑ la loro energia è proporzionale alla frequenza dell'onda associata
Il Modello Atomico di Bohr (1913)
Premesse:
❑ modello di Rutherford: elettroni ruotano attorno al nucleo su
orbite definite;
❑ teoria elettrodinamica classica: un sistema di cariche in
movimento deve dissipare continuamente energia sotto forma di
onde elettromagnetiche: l’elettrone dovrebbe emettere radiazioni e
cadere sul nucleo;
❑ tale sistema avrebbe una vita estremamente breve (circa 10-11 s).

La teoria atomica di Bohr:


❑ si basa sull’interpretazione degli spettri a righe dell’idrogeno;
❑ adatta il concetto di quantizzazione dell’energia di Plank.
Il Modello Atomico di Bohr (1913)

Bohr propose un modello per l’atomo di idrogeno i cui


postulati sono:

❑ l’elettrone ruota attorno al nucleo su orbite circolari;


❑ sono permessi solo certi livelli energetici, stati stazionari,
associati ad un’orbita circolare fissa, che corrisponde ad un
guscio sferico ad energia costante;
❑ l’atomo in uno stato stazionario non irradia;
❑ l’elettrone compie una transizione ad un altro stato
stazionario solo assorbendo o emettendo un fotone la cui
energia è pari alla differenza di energia tra i due livelli
Il Modello Atomico di Bohr (1913)

sono permesse solo orbite che soddisfano la condizione di


quantizzazione del momento angolare dell’elettrone, mvr, che
deve essere un multiplo intero (n) di h/2

h
mvr = n 
2
mvr = momento angolare
m = massa elettrone
v = velocità elettrone
r = raggio orbita
h = costante di Plank
n = numero intero positivo (numero quantico principale)
Il Modello Atomico di Bohr: il raggio dell’orbita

Bohr calcolò il raggio delle orbite permesse.


L’elettrone è soggetto a due forze:
forza attrattiva Coulombiana:
F1=Ze2/4e0r2
forza centrifuga:
F2=mv2/r
Affinché l’elettrone rimanga su un’orbita stazionaria, le due forze
devono essere uguali e contrarie; ricordando la quantizzazione del
momento angolare …. si ottiene

e 0 n 2h 2
r= con n = 1, 2, 3, ...
mZe 2

per n =1, r = 529 pm (0,529 Å)


Il Modello Atomico di Bohr: orbite permesse

per n =1 r = 0.529 Å = a0
a0 è il raggio della prima orbita di Bohr

In generale: r = n2a0

per n > 1 si ottengono i raggi delle orbite a più alta energia

❑L’elettrone nello stato a minor energia (stato fondamentale) si


trova nell'orbita più vicina al nucleo (n = 1)
❑ Le orbite con n > 1 sono occupate solo dall'elettrone in uno stato
ad energia più alta (stato eccitato)
Il Modello Atomico di Bohr: calcolo dell’energia dell’elettrone

❑ Ad ogni orbita compete un’energia totale dell’elettrone data


dalla somma dell’energia cinetica e potenziale:
E = Ec + Ep = 1/2mv2 - Ze2/4e0r
… sostituendo a r l’espressione in funzione di n:

mZ 2 e 4
E=− con n = 1, 2, 3, ...
8e 02 n 2h 2
(n = numero quantico principale)

❑ L’elettrone nello stato a minor energia (stato fondamentale)


si trova nell'orbita più vicina al nucleo (n = 1)
❑ Le orbite con n > 1 sono occupate solo dall'elettrone in uno
stato ad energia più alta (stato eccitato)
La natura degli spettri a righe: le transizioni elettroniche

❑ l’elettrone assorbe energia per passare ed uno stato con n


maggiore
❑ l’elettrone cede energia (sotto forma di radiazione) per
passare ed uno stato con n minore.
❑ le righe spettrali di emissione derivano dalla transizione
dell’elettrone da uno stato eccitato ad energia maggiore (f) ad
uno con energia minore (i);
❑ in questa transizione l’elettrone cede un fotone di energia pari
alla differenza di energia tra lo stato finale e quello iniziale,
ricavabile dall’equazione di Plank DE = hn, con una frequenza
corrispondente a:
Il Modello Atomico di Bohr: serie spettrali dell’atomo di idrogeno

n r (Å) E (eV)
1 0.529 -13.6 Transizioni tra i livelli energetici
2 2.116 -3.4 dell’atomo di idrogeno
3 4.761 -1.5
4 8.464 -0.8

ogni orbita possiede un valore


di energia pari a: En = - R/n2

Serie di Balmer
… commenti al modello atomico di Bohr …

❑ Il modello atomico di Bohr descrive in modo corretto


l’atomo di idrogeno e tutti gli ioni monoelettronici detti sistemi
idrogenoidi, es. H2+, Li2+, Be3+.
❑ Non è in grado di prevedere gli spettri di atomi o molecole
con più di un elettrone, sistemi polielettonici.
❑ Non spiega la presenza di righe molto ravvicinate
(multipletti) messe in evidenza da strumenti più sofisticati,
caratteristica degli atomi più complessi.
❑ L’esistenza di livelli atomici quantizzati viene mantenuta nel
modello atomico attuale.
Modello atomico di Sommerfeld
Molte righe sono sdoppiate, cioè molto ravvicinate:
❑ l’elettrone non descrive un’orbita circolare, ma piuttosto ellittica,
in cui il nucleo costituisce uno dei due fuochi.
Si introduce una seconda condizione di quantizzazione: oltre ad
n, numero quantico principale, si aggiunge un secondo numero
quantico (quantizzazione orbite ellittiche)
l numero quantico angolare
❑ diventano doppietti o multipletti quando l’emissione ha luogo in
un campo elettrico (effetto Stark) o magnetico (effetto Zeeman):
Si introduce un terzo numero quantico, m numero quantico
magnetico: il piano dell’orbita può assumere solo determinate
orientazioni rispetto alla direzione del campo magnetico
n=1→∞
l = 0 → (n-1)
m = -l → +l
L’esperimento di Stern e Gerlach, 1920

Un fascio collimato di atomi di Ag, che


hanno un elettrone spaiato, passante tra i
poli di un magnete, veniva sdoppiato in
modo simmetrico rispetto alla direzione
originaria, e con fasci di uguale intensità.
Il fenomeno fu in seguito spiegato (Goudmist e Uhlenbeck, 1925)
ipotizzando che l’elettrone ruotasse anche su se stesso, in senso orario o
antiorario.
Questa proprietà dell’elettrone venne chiamata spin, ed i due stati di spin
costituiscono il quarto numero quantico, detto numero quantico magnetico
di spin (ms), che può assumere solo due valori +1/2 e -1/2

Lo Spin Elettronico
ms = + 1/2 ms = - 1/2
Il dualismo onda-particella, L. de Broglie, 1924

Anche particelle materiali come gli elettroni possiedono alcune


proprietà delle onde;
se gli elettroni hanno proprietà ondulatorie e risiedono in orbite di raggio
determinato, allora sono possibili solo alcune frequenze ed energie;
dalle leggi di Planck (E = hn) e Einstein (E = mc2) deriva l'equazione di
De Broglie:
h
l=
mv

A qualunque particella dotata di quantità di moto può essere associata


una lunghezza d’onda ben definita.
La conseguenza è che:
oggetti pesanti hanno l molto più piccole delle dimensioni
dell'oggetto
oggetti molto piccoli e veloci hanno l vicine alle dimensioni
dell'oggetto
Il dualismo onda-particella, L. de Broglie, 1924
Ogni corpo è dunque soggetto al dualismo onda-particella: ogni
oggetto di massa m e velocità v ha anche proprietà ondulatorie,
definite da una lunghezza d’onda l secondo la relazione:

h
l=
mv
Per oggetti pesanti, es. una palla con m = 200 g e v = 30 m/s:

h 6.62 10 -34


l= = = 1.1 10 −34 m (troppo piccola!)
mv 0.2  30

Per elettroni (m = 9.1·10-28 g e v = 6·106 m/s):

h 6.62 10 -34 −10 (1/2 raggio 1°


l= = = 1.2  10 m
mv 9.1  10 x 6 10
31 6
orbita Bohr)
Il Principio di indeterminazione di Heisenberg, 1926
“Per particelle estremamente piccole e veloci non è possibile
determinare contemporaneamente alcune coppie di grandezze fisiche
come posizione e velocità, con una accuratezza arbitrariamente
elevata”
h Dx = incertezza sulla posizione
Dx  Dv 
4m Dv = incertezza sulla velocità

Se Dx di un elettrone è 0.1 Å (10-9 cm), Dv sarà:

6.6 10 -27 g  cm 2  s -1


Dv  − 28
= 5.8 10 8 cm  s -1 (errore enorme)
4  3.14  10 cm  9 10
-9
g

Per una palla da tennis da 30 g di cui conosciamo la posizione con


un’incertezza di 0.001 cm
6.6 10 -27 g  cm 2  s -1 (errore
Dv  = 1.7 10 − 26 cm  s -1 insignificante)
4  3.14  0.001 cm  30g
Conseguenze del Principio di indeterminazione

Se m è molto grande Dx·Dv è molto piccolo: posizione e


velocità sono determinati con sufficiente accuratezza
(meccanica classica)

Se m è molto piccolo (elettrone) Dx·Dv è molto grande: posso


conoscere con accuratezza o la posizione o la velocità
(meccanica ondulatoria o quantistica)

Non ha senso descrivere il comportamento di un elettrone


intorno al nucleo in senso classico, poiché non è possibile
determinarne la traiettoria.

È possibile prevedere solo la probabilità di trovare un


elettrone …
Il modello atomico di Bohr basato sulle precise orbite circolari
definite dalla fisica classica, in cui l’elettrone è considerato un
corpuscolo materiale, non è evidentemente compatibile con il
principio di indeterminazione di Heisenberg e con la
concezione ondulatoria dell’elettrone.
Onde progressive: Onde stazionarie:

l d
=
Ampiezza dell’onda in ogni punto 2 n
dello spazio dipende dal tempo: il
massimo si sposta lungo la
direzione di propagazione.
In due istanti successivi si trova a
distanze diverse dall’origine.
Onda stazionaria circolare:
2r = nl

(n = 5) (n = 6)

L’elettrone non ruota.


E’ un’onda stazionaria che segue la condizione di Bohr: mvr = nh/2.
La posizione dell’elettrone non è definita. Solo la probabilità di trovare
l’elettrone è massima ad es. per n=1 a r0.
Il modello ondulatorio di Schroedinger, 1926

❑ Schroedinger descrisse il comportamento dell’elettrone


nell’atomo di idrogeno come quello di un’onda stazionaria
proponendo un modello ondulatorio per descriverne il moto
❑ Il moto di una particella può essere descritto
matematicamente da una equazione detta equazione d’onda, la
cui risoluzione consente di ricavare l’ampiezza dell’onda in fz
delle coordinate spaziali
❑ L’equazione d’onda ammette infinite soluzioni dette
funzioni d’onda, Y; sono accettabili solo quelle (dette
autofunzioni) che soddisfano determinate condizioni:
normalizzazione, univocità, continuità.
Il modello ondulatorio di Schroedinger, 1926

❑ Le autofunzioni possibili, a cui corrispondono delle energie E


(autovalori), sono individuate univocamente da un gruppo di
numeri quantici (n, l, m). Ogni coppia (Y,E) definisce uno stato
energetico quantizzato.
❑ Ogni funzione d’onda caratterizzata da tre numeri quantici,
Ynlm, è detta orbitale e corrisponde ad un determinato stato
stazionario possibile per l’elettrone.
❑ Ad esempio Y100 è la soluzione dell’equazione d’onda
corrispondente allo stato fondamentale con n=1, l=0, m=0.
Numeri quantici ed orbitali atomici

La descrizione del moto ondulatorio nelle tre dimensioni dell’elettrone


in atomi idrogenoidi richiede 3 numeri quantici legati tra loro da
relazioni definite:

n = 1, 2, 3,…, ∞ Numero quantico principale, determina


l’energia e la dimensione dell’orbitale

l = 0, 1, 2, 3,… (n-1) Numero quantico secondario, angolare,


azimutale. Descrive la forma dell’orbitale ed
s, p, d, f,…,* assume tutti i valori compresi tra 0 e n-1

m = -l,…, 0,…, +l Numero quantico magnetico. Descrive


l’orientazione dell’orbitale nello spazio attorno
-l ≤ m ≤ +l al nucleo. Per ogni l, assume ±(2l + 1) valori
* s, p, d, f: dai nomi (sharp, principal, diffuse, fundamental) dati alle righe dello
spettro atomico del sodio
… riassumiamo:
Ogni stato quantico dell’atomo è caratterizzato da una specifica energia
E(n) ed una particolare funzione d’onda Y(n, l, m) definita orbitale
atomico. Esso corrisponde ad un determinato stato stazionario
possibile per l’elettrone.

stato fondamentale:
Stato a energia minima, caratterizzato dalla terna di numeri quantici (n,
l, m) = (1, 0, 0)

stato eccitato:
qualsiasi altro stato diverso da quello fondamentale, ad energia
superiore, caratterizzato da altre terne di numeri quantici

livello (Strato, Guscio, Shell): insieme di orbitali aventi lo stesso n


sottolivello (Sottostrato, Sottoguscio, Subshell): insieme di orbitali
aventi gli stessi n ed l
Orbitali atomici – relazione tra numeri quantici

tipo di n. orbitali n. orbitali


guscio n l m orbitali nel sottogruppo totali

n=1→∞ l = 0 → (n-1) m = -l → +l
… alcune considerazioni:

❑ il numero totale di orbitali o stati quantici per un determinato


valore di n è n2
❑ gli orbitali con lo stesso numero quantico n appartengono
allo stesso strato (o guscio) elettronico:
K(n=1), L(n=2), M(n=3), N(n=4),.…
❑ ogni guscio contiene uno o più sottolivelli identificati dal
numero quantico secondario l
❑ orbitali aventi stesso n e l hanno la stessa energia e forma
(orbitali degeneri – es. i tre orbitali 2p)

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