ANNO 2020/2021
Di Sofia Vitale
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Filiberto Bilotti
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 1
Ricordare: Elettronica che lavora alle frequenze ottiche.
Equazioni Fondamentali:
Andiamo a rinfrescare e ad approfondire le conoscenze di Campi 1.
⃗
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜕𝐷(𝑟,𝑡) + 𝐽(𝑟, 𝑡)
𝛻⃗ × 𝐻 𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ (𝑟, 𝑡) = 0
𝜕𝑡
La forma differenziale delle equazioni vale per tutti i punti regolari dello spazio,
cioè che appartengono ad un volume regolare di spazio dove immaginiamo che
non ci siano sorgenti.
⃗
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜕𝐷(𝑟,𝑡) + ⃗⃗⃗
𝛻⃗ × 𝐻 𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡) 𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑚 (𝑟, 𝑡)
𝜕𝑡
In natura esistono cariche positive e negative definite nello stesso punto, le quali
sommate danno luogo ad una carica magnetica netta NULLA.
Quindi possiamo far irradiare questa sorgente magnetica per ottenere lo stesso
campo che avrebbero generato le correnti elettriche che circolano sul bordo
della fenditura stessa.
In questo modo il problema viene reso molto più semplice perché abbiamo la
radiazione da parte di un dipolo magnetico, che implica una trattazione analitica
più semplice.
C’è una dualità marcata nelle equazioni di Maxwell, perché per andare dalla
prima alla seconda basta sostituire le grandezze di natura elettrica a quelle di
natura magnetica, e viceversa a quelle di natura magnetica quelle di natura
elettrica, ma cambiando di segno.
⃗ (𝑟, 𝑡)
𝜕𝐵
𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡) = − − ⃗⃗⃗⃗
𝐽𝑚 (𝑟, 𝑡)
𝜕𝑡
⃗ (𝑟, 𝑡)
𝜕𝐷
𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟, 𝑡) = + ⃗⃗⃗
𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡)
𝜕𝑡
Possiamo individuare le due correnti di conduzione, in particolare quella legata
alle cariche magnetiche non esiste, però chiamiamole ambedue correnti di
conduzione.
𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡)
𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑚 (𝑟, 𝑡)
Tutto ciò che abbiamo visto vale per punti regolari dello spazio dove non sono
presenti delle sorgenti impresse.
⃗ (𝑟, 𝑡)
𝜕𝐵 𝑖
𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡) = − − ⃗⃗⃗⃗
𝐽𝑚 (𝑟, 𝑡) − ⃗⃗⃗⃗
𝐽𝑚 (𝑟, 𝑡)
𝜕𝑡
⃗ (𝑟, 𝑡)
𝜕𝐷 𝑖
𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟, 𝑡) = + ⃗⃗⃗
𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡) + ⃗⃗⃗
𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡)
𝜕𝑡
𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡) + 𝜌𝑒𝑖 (𝑟, 𝑡)
𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ (𝑟, 𝑡) = 𝜌𝑚 (𝑟, 𝑡) + 𝜌𝑚
𝑖 (𝑟
, 𝑡)
In ogni punto dello spazio libero, dove non ci sono sorgenti, questo campo ha
legami tra E ed H descritti da equazioni che non prevedono i termini di sorgente
impressa.
In presenza del conduttore interno del cavo coassiale abbiamo una sorgente
impressa.
Se noi andiamo a valutare Maxwell nei punti in cui il conduttore interno del
coassiale emerge nello spazio libero, questo è il caso di una sorgente elettrica
impressa.
Abbiamo detto cosa succede nei punti regolari dello spazio in cui è presente il
campo.
⃗ (𝑟, 𝑡)
𝜕𝐷
∫𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 = ∫ ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 + ∫𝐽⃗⃗⃗𝑒 (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆
𝑆 𝜕𝑡 𝑆
𝑆
⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 = ∫ 𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡) 𝑑𝑉 = 𝑄𝑒
∮𝐷
𝑆
𝑉
⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 = ∫ 𝜌𝑚 (𝑟, 𝑡) 𝑑𝑉 = 𝑄𝑚
∮𝐵
𝑆
𝑉
Date le equazioni di Maxwell in forma integrale, possiamo capire cosa sono il
rotore e la divergenza.
Andiamo ad individuare un punto nello spazio, dove hanno origine queste linee
di forza chiuse su sé stesse.
È definito come limite con S che tende a 0, dove S è l’area della superficie che è
racchiusa all’interno di un circuito C.
Facciamo il limite dell’area racchiusa dal cerchio che tende a zero, quindi
mandiamo a 0 il raggio del cerchio, ciò vuol dire andare in un punto, che in
questo caso è il vortice.
1
𝑛̂ ⋅ 𝑟𝑜𝑡 𝐹 (𝑃, 𝑡) = 𝑙𝑖𝑚 ∮ 𝐹 (𝑃, 𝑡) ⋅ 𝑠̂ 𝑑𝑠
𝑠→0 𝑆 𝐶
Le linee di forza chiuse stavolta non danno contributo, perché una linea di forza
chiusa o è completamente contenuta all’interno, o all’esterno, oppure se entra
in un punto della superficie S, poi deve uscirne, quindi avremo due contributi
per il flusso di segno opposto che si cancellano tra di loro.
Legge di Faraday:
Vediamo la legge di Faraday, che ha avuto altri contributi da parte di Neumann,
Lenz con il segno meno.
⃗ (𝑟, 𝑡)
𝜕𝐵
∮ 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑠̂ 𝑑𝑙 = − ∫ ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑠
𝜕𝑡
𝐶
𝑆
La forza elettromotrice indotta genera una corrente elettrica sul circuito, cioè
sulla spira C, che produce a sua volta un campo magnetico che va a contrastare
la variazione di flusso che l’ha generata, ecco il perché del segno – che è stato
introdotto da Lenz secondo il principio di azione e reazione.
⃗
⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑠̂ 𝑑𝑙 = ∫ 𝜕𝐷(𝑟,𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 + ∫ ⃗⃗⃗
∮ 𝐻 𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆
𝐶 𝜕𝑡 𝑆
𝑆
Si diceva che l’origine vorticosa del campo magnetico fosse data da una corrente
di conduzione, ovvero da elettroni che si muovono.
D’altra parte, Maxwell ci dice che si, questo è vero, però allo stesso modo, con
la stessa importanza, con la stessa validità, il campo magnetico può essere
generato da una corrente di spostamento, ovvero da fotoni che si propagano
nello spazio libero, o in un materiale.
Abbiamo un circuito con una corrente 𝑖𝐶 variabile nel tempo, che risulta essere
bloccato da un condensatore, alimentato da tale corrente.
Quindi deve essere vera sia per la superficie S1 sia per S2 (armature del
condensatore).
⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑠̂ 𝑑𝑙 = ∫ ⃗⃗⃗
∮ 𝐻 𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 = 0
𝐶 𝑆1
⃗ (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑠̂ 𝑑𝑙 = ∫ ⃗⃗⃗
∮ 𝐻 𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑆 = 𝑖𝐶
𝐶 𝑆2
Maxwell, quindi, disse che la carica non è legata agli elettroni, ma che è legata
al vettore D, ricordiamoci che la divergenza di D è uguale a 𝜌.
ⅆ𝑄 ⃗ (𝑟 ,𝑡)
𝜕𝐷
− | + ∫ ⃗⃗⃗
𝐽𝑒 (𝑟1 𝑡) ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑠 = 0 → − ∫ ⋅ 𝑛̂ 𝑑𝑠 + 𝑖𝐶 = 0
ⅆ𝑡 𝑆1 𝑆2 𝜕𝑡
𝑆1
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Lezione 2
S1:
S2:
Abbiamo quindi due risultati diversi che ci fanno capire che la legge di Ampere
non vale sempre, c’è bisogno di una generalizzazione che renda la legge valida
sempre.
Ciò che ha fatto Maxwell è considerare l’unione delle due superfici, quindi una
superficie chiusa.
Quando si valuta la circuitazione lungo una linea chiusa abbiamo una corrente
che entra da un lato e una corrente che esce dall’altro, quindi l’integrale di
circuitazione deve essere 0.
Inizialmente Maxwell ha espresso tale corrente come variazione della carica nel
tempo attraverso S1. Questa carica elettrica, che non è di conduzione, viene
descritta nel seguente modo:
La terza e la quarta equazione di Maxwell sono note come leggi di Gauss per il
vettore spostamento elettrico e per il vettore induzione magnetica (…).
𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟⃗ , 𝑡) = 𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡 ) 𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ (𝑟⃗⃗ , 𝑡) = 𝜌𝑚 (𝑟, 𝑡 )
∮𝐷 ⃗ (𝑟, 𝑡 ) ⋅ 𝑛̂ ⅆ𝑆 = 𝑄𝑒 ∮𝐵 ⃗ (𝑟, 𝑡 ) ⋅ 𝑛̂ ⅆ𝑆 = 𝑄𝑚
𝑆 𝑆
Il flusso ad una superficie chiusa regolare del vettore induzione magnetica fa
zero, perché in natura non esistono cariche magnetiche.
𝜕𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ (𝑟 , 𝑡 )
𝛻⃗ ⋅ 𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) = −
𝜕𝑡
Il rotore misura la densità di vortici in un punto, ricordiamo che i vortici danno
vita a linee chiuse (…).
Significa che la derivata temporale della divergenza di B vale zero, quindi vuol
dire che la divergenza di B è costante nel tempo.
𝜕
𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ = 0 → 𝛻⃗ ⋅ 𝐵
⃗ = 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒
𝜕𝑡
La divergenza di B implica l’individuazione di cariche magnetiche, che non
esistono in natura, quindi questa costante è nulla.
𝜕𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗ ⋅ 𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟 , 𝑡 ) = + 𝛻⃗ ⋅ ⃗𝐽⃗𝑒 (𝑟, 𝑡 )
𝜕𝑡
𝜕𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡 ) 𝜕𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗ ⋅ ⃗⃗⃗
𝐽𝑒 (𝑟, 𝑡 ) = − → 𝛻⃗ ⋅ ⃗𝐽⃗𝑒 (𝑟, 𝑡 ) = −
𝜕𝑡 𝜕𝑡
In forma integrale questa espressione è nota come equazione di continuità della
carica elettrica.
ⅆ𝑄𝑒
∮𝐽⃗⃗⃗𝑒 ⋅ 𝑛̂ ⅆ𝑆 = −
𝑆 ⅆ𝑡
(…)
Se invece abbiamo una corrente che entra all’interno del volume V, il flusso sarà
negativo e quindi avremo l’aumento della carica elettrica presente all’interno
del volume.
𝜕𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗ ⋅ 𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟 , 𝑡 ) = + 𝛻⃗ ⋅ ⃗𝐽⃗𝑒 (𝑟, 𝑡 )
𝜕𝑡
𝜕𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡 ) 𝜕𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡 )
− = 0 → 𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡 ) = 𝜌𝑒 (𝑟, 𝑡 ) + 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑎𝑛𝑡𝑒
𝜕𝑡 𝜕𝑡
Questo vuol dire che dalla legge di Ampere si può derivare la legge di Gauss.
Condizioni al contorno
Ciò che abbiamo visto per quanto riguarda queste equazioni (…).
Nel momento in cui abbiamo a che fare con materiali diversi, nei punti dei singoli
materiali valgono le equazioni di Maxwell nella loro forma locale.
Sulla superficie di separazione non valgono più (…).
Per quanto riguarda le due leggi ai rotori, utilizziamo un circuito posto a cavallo
sull’interfaccia tra i due mezzi materiali diversi (…).
⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝜕𝐵
𝑙𝑖𝑚 ∮ 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) ⋅ 𝑠̂ ⅆ𝑙 = − 𝑙𝑖𝑚 ∫ ⋅ 𝑡̂ ⅆ𝐴 − 𝑙𝑖𝑚 ∫ 𝐽𝑚 ⋅ 𝑡̂ ⅆ𝐴
ℎ→0 ℎ→0 𝜕𝑡 ℎ→0 𝐴
𝐶 𝐴
Per quanto riguarda la circuitazione del campo E, gli unici contributi che abbiamo
sono quelli dei due tratti orizzontali, e avremo una descrizione del campo
elettrico nel primo e nel secondo mezzo.
Calcolando il limite per h che tende a 0 anche l’area diventa nulla, quindi devo
calcolare il flusso attraverso una superficie che non c’è più, quindi sarà pari a 0.
⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝜕𝐵
𝑙𝑖𝑚 ∫ ⋅ 𝑡̂ ⅆ𝐴 = 0
ℎ→0 𝜕𝑡
𝐴
𝑁
La pressione in meccanica è definita come 𝑚2.
Ciò non ha niente a che vedere con il principio della conservazione dell’energia
(…).
𝑙
𝑙𝑖𝑚 ∫ 𝐽𝑚 ⋅ 𝑡̂ ⅆ𝐴 = 𝐽𝑚 ⋅ 𝑡̂
ℎ→0 𝐴
Possiamo arrivare quindi alla soluzione di questo limite dal punto di vista
matematico.
(…)
Dal punto di vista fisico significa che (…), a meno che non ci sono delle densità
di correnti magnetiche lineari che viaggiano sulla superficie di separazione tra il
mezzo 1 ed il mezzo 2, in questo caso il salto è dato dalla densità lineare di
corrente magnetica che è presente all’interfaccia.
Dal punto di vista fisico, il salto delle componenti tangenziali del campo
magnetico è zero (…), a meno che sulla superficie di separazione non ho degli
elettroni che si muovono (…).
Sulla superficie di un metallo perfetto sono presenti degli elettroni liberi, quindi
sicuramente ci sarà una densità lineare di corrente elettrica.
Quindi avremo che (…), quindi alla densità di corrente elettrica lineare che è
presente all’interfaccia.
(…).
Il contributo sarà dato dalle superfici di base, le cui normali sono orientate nella
maniera opposta.
Nel limite con h che tende a 0 il volume diventa una superficie, quindi la densità
volumetrica diventa infinita, perché la stiamo valutando su una superficie. Il
volume tende a 0, ro con e tende all’infinito, quindi abbiamo ancora una forma
indeterminata.
Quindi possiamo dire che l’integrale esteso a V di 𝜌 con e nel limite con h che
tende a 0 (…).
Vettori complessi
(…).
Le quantità vettoriali sono dette vettori istantanei, questo per intendere che le
grandezze vettoriali considerate variano nel tempo.
Allo stesso modo, siccome 𝑓 (𝑟, 𝑡 ) dipende dal tempo e dallo spazio, possiamo
considerare anche uno spettro 𝑓 (𝑟, 𝑡 ), quindi un’anti-trasformata tra (…) e le
frequenze spaziali.
Questi contributi sono armonici, che variano nel tempo in maniera armonica.
Questo vuol dire che l’andamento di 𝑓(𝑟, 𝑡 ) può essere scomposto in una serie
di armoniche temporali, ciascuno con la sua ampiezza, di cui si va a fare la
somma tramite l’integrale da meno infinito e più infinito.
Questo vuol dire che posso scomporre qualsiasi (…) in una somma continua di
onde piante.
(…)
Il campo elettromagnetico è legato all’energia, il principio della conservazione
dell’energia ci fa capire che il campo elettromagnetico è una quantità finita,
quindi trasformabile secondo Fourier.
(…)
(…)
(…).
Quando x(t) varia in maniera armonica (…), il fasore di x(t) è una quantità
complessa X, che mi permette di rappresentare il segnale x(t) tramite un
numero complesso.
Tutte le grandezze variabili nel tempo, in qualsiasi ambito della fisica, sono
grandezze reali perché sono delle quantità fisiche.
Questa rappresentazione permette di studiare una quantità reale che varia nel
dominio del tempo attraverso una sua rappresentazione sul piano complesso.
Quando parliamo di un vettore reale che dipende dal tempo, al posto del
fasore introduciamo un’estensione vettoriale del fasore, ovvero il vettore
complesso 𝐴(𝑟).
Una volta noto il vettore complesso, per tornare al vettore reale bisogna
procedere nel seguente modo (…).
Il vettore 𝐴(𝑟) avrà una sua parte reale e una sua parte immaginaria (…).
Il vettore complesso A giace sul piano dove sono presenti Ar e Ai, i quali
individuano un piano.
L’estremo libero del vettore reale, quindi, cambia posizione in questo piano
definito da Ar e Ai.
(…)
La distanza tra il punto di applicazione e l’estremo libero del vettore non varia
nel tempo, quindi occorre andare a valutare la derivata rispetto al tempo e porla
uguale a 0.
Ciò vuol dire che c’è almeno un istante nel periodo in cui la distanza tra il punto
di applicazione e l’estremo libero vale 0.
(…).
Divido i termini della distanza per il quadrato del coseno e ottengo un’equazione
di secondo grado rispetto alla tangente.
L’unico modo per avere una soluzione è il caso in cui questa quantità è uguale a
0.
Questa quantità è il modulo quadro del prodotto vettoriale tra la parte reale e
la parte immaginaria del vettore complesso.
Il prodotto vettoriale deve essere nullo, quindi vuol dire che i due vettori devono
essere sulla stessa direzione.
(…).
(…)
Teoremi Fondamentali
(…).
Una parte dell’energia, visto che parliamo di una perturbazione ondosa, esce
dal volume.
(…) o viene dissipata nel volume perché ci sono delle condizioni in cui esiste
l’effetto Joule, oppure fuoriesce dal volume stesso nell’ambito della
propagazione perché fuoriesce il campo, e quindi anche l’energia ad esso
associata.
(…).
𝑤
Il vettore di Poynting è definito come 𝑚2.
(…).
Quanti Watt escono dal volume, quindi la potenza che viene persa dal volume
per via del campo elettromagnetico che fuoriesce dal volume stesso.
Questo vuol dire prendere in considerazione delle perdite per effetto Joule.
La potenza che viene fornita dalle sorgenti si divide in questi tre termini, quindi
viene dissipata, immagazzinata e viene persa dal volume V.
(…).
(…).
(…).
(…).
Questo in maniera tale che la sorgente abbia la stessa direzione del campo
elettrico, e questo, in particolare, è il punto dove il campo elettrico è massimo.
(…).
(…).
Nel dominio della frequenza il risultato ed il concetto fisico sono gli stessi.
(…).
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Lezione 3
Teorema di Unicità:
Abbiamo visto il significato fisico di ogni termine che compare all’interno del
teorema di Poynting.
Per quanto riguarda, per esempio, il Teorema di Unicità, questo ci dice che
conoscendo le condizioni al contorno, quindi le componenti tangenziali del
campo elettrico e/o del campo magnetico sul contorno del dominio dove
dobbiamo risolvere le equazioni di Maxwell, la soluzione è unica.
Dobbiamo essere sicuri che l’evoluzione prevista sia poi quella che appare
fisicamente e sperimentalmente.
Potenziali Elettrodinamici:
Immaginiamo di prendere in considerazione la derivazione del campo
elettromagnetico che viene generato da determinate sorgenti.
Dopo aver stabilito che ci sono delle sorgenti che hanno generato il campo
elettromagnetico, vogliamo vedere come questo si evolve nello spazio e nel
tempo. Le sorgenti possono essere di tipo elettrico o magnetico, quelle
magnetiche tipicamente sono equivalenti.
𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑟) = −𝑗𝜔𝜇0 𝐻
⃗ (𝑟) − 𝐽𝑚
𝑖 ( )
𝑟
𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟) = 𝑗𝜔𝜀0 𝐸⃗ (𝑟) − 𝐽𝑒𝑖 (𝑟)
⃗ (𝑟) = 𝛻⃗ × 𝐴(𝑟)
𝐻
Allo stesso modo in cui due derivate sono uguali a meno di una costante, due
rotori, nel calcolo vettoriale, sono uguali tra loro a meno di un gradiente (di
una quantità scalare 𝛷).
Sappiamo quanto vale rotore del rotore di A, che è 𝛻⃗𝛻⃗ ⋅ 𝐴(𝑟) − 𝛻⃗ 2 𝐴(𝑟).
Del vettore A, che è arbitrario, abbiamo definito soltanto i vortici, non abbiamo
detto quanto vale la divergenza di A.
Possiamo sceglierla noi nel modo più opportuno, visto che A è arbitrario, per
semplificare l’equazione differenziale al secondo ordine.
Una volta risolta questa equazione differenziale, abbiamo trovato quanto vale
A, quindi quanto vale questo potenziale vettore magnetico.
⃗ (𝑟) = 𝛻⃗ × 𝐴(𝑟)
𝐻
1
𝐸⃗ (𝑟) = −𝑗𝜔𝜇0 𝐴(𝑟) + 𝛻⃗ 𝛻⃗ ⋅ 𝐴(𝑟)
𝑗𝜔𝜀0
1
⃗ (𝑟) = −𝑗𝜔𝜀0 𝐹 (𝑟) +
𝐻 𝛻⃗ 𝛻⃗ ⋅ 𝐹 (𝑟)
𝑗𝜔𝜇0
1
⃗ (𝑟) = 𝛻⃗ × 𝐴(𝑟) − 𝑗𝜔𝜀0 𝐹 (𝑟) +
𝐻 𝛻⃗𝛻⃗ ⋅ 𝐹 (𝑟)
𝑗𝜔𝜇0
1
𝐸⃗ (𝑟) = −𝑗𝜔𝜇0 𝐴(𝑟) + 𝛻⃗𝛻⃗ ⋅ 𝐴(𝑟) − 𝛻⃗ × 𝐹 (𝑟)
𝑗𝜔𝜀0
Entriamo un po’ più nel vivo della soluzione del problema elettromagnetico.
Abbiamo visto che il problema della soluzione dell’equazione di Maxwell si è
spostato nel problema della soluzione di un’equazione differenziale non
omogenea del tipo di Helmholtz.
𝛻 2 𝐺 (𝑟, 𝑟 ′ ) + 𝑘 2 𝐺 (𝑟, 𝑟 ′ ) = −𝛿 (𝑟 − 𝑟 ′ )
Andiamo a considerare, visto che parliamo dello spazio libero (spazio senza
limitazioni dove non è presente nulla, infinitamente esteso, occupato da un
singolo mezzo materiale che può essere, per esempio, il vuoto), se mettiamo la
sorgente in un punto piuttosto che in un altro, la risposta non cambierà, non
cambia nessuna distanza relativa.
Posso quindi considerare anche il caso particolare in cui il punto di sorgente sia
centrato nell’origine degli assi, non cambia assolutamente nulla.
Data la simmetria, non c’è ragione di vedere che il campo differisce in maniera
angolare.
1 ⅆ 2 ⅆ𝐺 (𝑟)
2
[𝑟 ] + 𝑘 2 𝐺 (𝑟) = −𝛿 (𝑟)
𝑟 ⅆ𝑟 ⅆ𝑟
1 ⅆ 2 ⅆ𝐺 (𝑟)
2
[𝑟 ] + 𝑘 2 𝐺 (𝑟) = 0
𝑟 ⅆ𝑟 ⅆ𝑟
ⅆ 2 𝐺 ′ (𝑟)
+ 𝑘 2 𝐺 ′ (𝑟) = 0
ⅆ𝑟 2
Si tratta ancora una volta di un’equazione armonica con soluzione
Dal punto di vista intuitivo appare chiaro che, se ci troviamo nello spazio libero,
𝑒 𝑗𝑘𝑟
c2 deve essere 0, perché l’onda riflessa , se esiste, esiste perché l’onda
𝑟
generata dalla sorgente, che si espande in maniera sferica, ad un certo punto
incontra un ostacolo, e torna indietro verso la sorgente.
Ma se ostacoli non ce ne sono, come nel caso dello spazio libero, non esiste
un’onda riflessa.
Dal punto di vista fisico siamo quindi certi che c2 sia uguale a 0, dobbiamo
verificarlo da un punto di vista matematico, e per farlo consideriamo le
condizioni al contorno.
ⅆ𝐺 (𝑟)
𝑙𝑖𝑚 𝑟 [ + 𝑗𝑘𝐺 (𝑟)] = 0
𝑟→∞ ⅆ𝑟
La prima ci dice che il primo limite deve dare luogo ad una quantità finita,
quindi G(r) deve andare in modulo come 1/r.
ⅇ 𝑗𝑘𝑟
𝑐2
𝑟
Ci rimane adesso questo integrale generale, dove dobbiamo applicare la
condizione al contorno, quindi l’integrale particolare, per ricavare c1.
ⅇ −𝑗𝑘𝑟
𝐺 (𝑟) = 𝑐1
𝑟
Nel mezzo c’è lo spazio libero, l’unica condizione da imporre è che nell’origine
degli assi ci sia la sorgente.
Il risultato finale è che la funzione di Green per lo spazio libero vale 𝐺 (𝑟) =
′|
1 𝑒 −𝑗𝑘𝑟 1 𝑒 −𝑘|𝑟⃗−𝑟⃗
, ed introducendo nuovamente r’, otteniamo 𝐺 (𝑟 − 𝑟 ′ ) = 4𝜋 |𝑟 −𝑟 ′ |
.
4𝜋 𝑟
Poiché siamo nello spazio libero, poiché questo è infinito, non conta dov’è
posizionata la sorgente e quale sia il punto di osservazione, la risposta, ovvero
il valore di G, dipenderà soltanto dalla distanza tra il punto di sorgente e di
osservazione.
𝐴(𝑟) = ∫ 𝐺 (𝑟 − 𝑟 ′ )𝐽𝑒𝑖 (𝑟 ′ ) ⅆ𝑉 ′
𝑉′
Questo è un integrale esteso solo al volume di sorgente V’, però la funzione di
sorgente impressa elettrica esiste solo in V’, fuori vale 0.
Nulla vieta di estendere questo integrale tra meno infinito e più infinito, in
tutto lo spazio, a questo punto appare chiaro che questo è un integrale di
convoluzione, perché si estende da meno infinito a più infinito.
Una volta noto il potenziale vettore che questa sorgente impressa ha generato
in tutto lo spazio, tramite operazioni di derivazione nello spazio e nel tempo
possiamo calcolare direttamente il campo elettrico ed il campo magnetico.
Se non siamo nello spazio libero il problema elettromagnetico sarà un po’ più
complicato da risolvere. La funzione di Green va valutata per quel determinato
ambiente che stiamo considerando, può essere valutata analiticamente, altre
volte andrebbe valutata in maniera sperimentale (la sorgente va messa
all’interno di questo ambiente e deve essere valutata la risposta all’impulso).
Se il sistema è ancora lineare possiamo applicare la convoluzione e ricavare il
campo elettromagnetico corrispondente.
Dipolo di Hertz:
Parliamo del Dipolo di Hertz.
Rappresenta un’applicazione di questo integrale di convoluzione che abbiamo
visto.
L’area della sezione trasversa del cilindretto è molto piccola rispetto, non solo
alla lunghezza d’onda, ma anche rispetto all’altezza del cilindretto l.
Gli elettroni liberi lungo questo cilindretto metallico potranno muoversi solo
lungo la direzione verticale, e non potranno muoversi in maniera radiale,
perché abbiamo assunto che la dimensione lineare caratteristica associata alla
sezione trasversa è molto piccola rispetto all’altezza del cilindro. Stiamo
parlando di un cilindretto molto sottile, al limite potrebbe muoversi in verticale
un elettrone soltanto.
L’altezza del cilindro può essere qualsiasi, purchè sia piccola rispetto alla
lunghezza d’onda. Che vuol dire piccola rispetto alla 𝜆?
Quindi non escono, a meno di effetti fotoelettrici o altri fenomeni. Tutti gli
elettroni rimangono confinati all’interno del metallo.
Ecco perché si può supporre che la corrente che fluisce lungo il cilindro di
lunghezza l sia costante e perché questa rappresentazione assume un senso.
Il fatto che si tratti di un dipolo si vede nella direzione z che individua il moto
delle cariche, e quindi della densità di corrente elettrica impressa.
𝐽𝑒𝑖 (𝑟 ′ ) = 𝑧̂ 𝐼0 𝑙𝛿 (𝑥 ′ )𝛿 (𝑦 ′ )𝛿 (𝑧 ′ )
ⅇ −𝑖𝑘0 𝑟
𝐴(𝑟) = 𝑧̂ 𝐼0 𝑙
4𝜋𝑟
Dobbiamo andare a campionare la funzione di Green nel punto di sorgente ed
otteniamo questa espressione per il potenziale vettore magnetico.
Non può dipendere tutto dalla variabile angolare r, perché se tutto dipendesse
dalla sola variabile angolare r vuol dire che avremmo a che fare con una
sorgente puntiforme, ma la sorgente puntiforme non esiste. Si ha che, se gli
elettroni viaggiano lungo z, si avrà un campo elettrico diretto secondo z, che è
ortogonale alla direzione 𝜑.
1 𝑘0
𝐻𝜑 (𝑟) = 𝑗𝐼0 𝑙 [1 + ] 𝑠𝑖𝑛 𝜃
𝑗𝑘0 𝑟 4𝜋
𝐻𝑟 (𝑟) = 0
𝐻𝜃 (𝑟) = 0
1
𝑆(𝑟) = 𝐸⃗ (𝑟) × 𝐻
⃗ ∗ (𝑟)
2
𝑊
È una densità di potenza 𝑚2 ed il suo flusso attraverso una superficie sferica di
raggio r definisce quanta potenza fuoriesce dalla superficie considerata.
La potenza reale è sempre la stessa, non dipende da r, è costante quale che sia
|𝐼0 |2 (𝑙𝑘0 )2 𝜂0
la superficie di raggio r considerata, infatti 𝑃𝑅 = .
12𝜋
Abbiamo che la potenza reale che fuoriesce, quindi quella disponibile lungo
quella determinata direzione vale PR diviso l’area della superficie sferica, quindi
4𝜋𝑟 2 . La potenza che esce da tutta la superficie è sempre la stessa, ma la
superficie all’aumentare di r diventa sempre più grande, quindi vuol dire che la
quota parte di energia lungo una certa direzione diminuisce come 4𝜋𝑟 2 .
Questo vuol dire che a distanza dal dipolo la potenza reale che arriva lungo una
determinata direzione decresce come 1/𝑟 2 perché si sparge lungo una
superficie sferica che diventa sempre più grande a mano a mano che aumenta
r.
Per grandi distanze elettriche dal dipolo di Hertz la potenza sarà reale, quindi
in zona lontana del dipolo di Hertz la potenza è puramente reale, costante.
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Lezione 4
Se lo spazio non è più libero non possiamo considerare la funzione di Green per
lo spazio libero per valutare il potenziale vettore, per esempio, magnetico, e
quindi per ricavare il campo elettromagnetico generato da una sorgente messa
all’interno di questo ambiente. Dobbiamo quindi ricavare la funzione di Green
di quel determinato ambiente.
Quando abbiamo studiato il problema delle sorgenti, quindi dopo aver visto che
succede quando esistono delle sorgenti tramite le quali generiamo un campo
elettromagnetico, dobbiamo occuparci della sua propagazione. Dobbiamo
occuparci della soluzione delle equazioni di Maxwell quando non ci sono più le
sorgenti, stiamo studiando quindi soltanto la propagazione del campo.
Questa propagazione può essere sia di tipo libero (nello spazio libero) sia di tipo
guidato (in un sistema guidato, in una guida d’onda). Occupiamoci della
propagazione nello spazio libero tramite onde di diversa natura a seconda del
tipo di sorgente (e quindi a seconda del tipo di fronte d’onda che abbiamo).
𝜕 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗𝛻⃗ ⋅ 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) − 𝛻⃗ 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) = −𝜇0 𝜀0
𝜕𝑡 2
Ricordiamoci come esprimere il rotore del rotore di un campo vettoriale, e
ricordiamoci che, se non ci sono sorgenti, la divergenza di D vale 0, anche
divergenza di E in questo caso vale 0. Nello spazio libero D è pari a 𝜀0 𝐸⃗ , quindi
avremo che
𝛻⃗ ⋅ 𝐷
⃗ (𝑟, 𝑡 ) = 𝜀0 𝛻⃗ ⋅ 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) = 0 → 𝛻⃗ ⋅ 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) = 0
𝜕 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 )
⃗ ( )
2⃗
{𝛻 𝐸 𝑟, 𝑡 − 𝜇0 𝜀0 𝜕𝑡 2 = 0
𝛻⃗ ⋅ 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) = 0
𝜕 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗ 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) − 𝜇0 𝜀0 =0
𝜕𝑡 2
Andiamo a riconoscere le dimensioni di una velocità in metri al secondo
(abbiamo farad al metro, henry al metro, quindi otteniamo metri su secondi), e
1
𝑐0 = 1 è la velocità della luce nel vuoto.
(𝜀0 𝜇0 )2
1 𝜕 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗ 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) − =0
𝑐02 𝜕𝑡 2
Abbiamo scritto l’equazione delle onde in una forma più compatta, adesso, il
passaggio successivo è prendere in esame il dominio della frequenza. Possiamo
osservare che, avendo assunto un andamento armonico del tipo ⅇ 𝑗𝜔𝑡 , quando
facciamo la derivata seconda rispetto al tempo vuol dire moltiplicare per j𝜔 due
volte, e quindi per −𝜔 2 , quindi otteniamo un’equazione che è diversa,
formalmente, dall’equazione delle onde che si scrive nel dominio del tempo,
otteniamo, infatti, l’equazione di Helmholtz, che descrive la propagazione delle
onde elettromagnetiche nel dominio della frequenza.
L’equazione di Helmholtz può essere risolta nel dominio cartesiano, che è quello
più semplice, rettangolare, con le coordinate x, y e z.
Immaginiamo la funzione, per semplicità di calcolo, sia data dal prodotto di tre
funzioni della sola x, y e z.
Lo stesso vale per le altre funzioni Y(y) e Z(z). Le due formulazioni sono
esattamente equivalenti tra di loro, il loro uso dipende da come dobbiamo
imporre le condizioni al contorno.
Quale delle due equazioni usiamo dipende quindi da come dobbiamo imporre
le condizioni al contorno. In un caso abbiamo più facilità nell’imporle, per
esempio quando consideriamo un problema di propagazione usiamo gli
andamenti esponenziali, quando abbiamo invece un problema confinato
abbiamo più facilità nell’utilizzare l’andamento di tipo seno e coseno.
𝑓 (𝑥, 𝑦, 𝑧) = (𝑐1𝑥 ⅇ −𝑗𝑘𝑥 𝑥 + 𝑐2𝑥 ⅇ 𝑗𝑘𝑥 𝑥 )(𝑐1𝑦 ⅇ −𝑗𝑘𝑦 𝑦 + 𝑐2𝑦 ⅇ 𝑗𝑘𝑦 𝑦 )(𝑐1𝑧 ⅇ −𝑗𝑘𝑧 𝑧
+ 𝑐2𝑧 ⅇ 𝑗𝑘𝑧 𝑧 )
𝜕 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 )
𝛻⃗ 2 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) − 𝜇0 𝜀0 =0
𝜕𝑡 2
𝛻⃗ 2 𝐸⃗ (𝑟) + 𝜔 2 𝜇0 𝜀0 𝐸⃗ (𝑟) = 0
𝜕 2 𝐸𝑥 𝜕 2 𝐸𝑥 𝜕 2 𝐸𝑥
2
+ 2
+ 2
= −𝜔 2 𝜇0 𝜀0𝐸𝑥
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑧
𝜕 2 𝐸𝑦 𝜕 2 𝐸𝑦 𝜕 2 𝐸𝑦
+ + = −𝜔 2 𝜇0 𝜀0 𝐸𝑦
𝜕𝑥 2 𝜕𝑦 2 𝜕𝑧 2
𝜕 2 𝐸𝑧 𝜕 2 𝐸𝑧 𝜕 2 𝐸𝑧
2
+ 2
+ 2
= −𝜔 2 𝜇0 𝜀0 𝐸𝑧
𝜕𝑥 𝜕𝑦 𝜕𝑧
Quando andiamo a mettere insieme le tre soluzioni sui tre assi cartesiani, le
componenti di campo hanno lo stesso andamento funzionale, però hanno
un’ampiezza che, in generale, può essere differente.
⃗
𝐸𝑧 (𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝐸0𝑧 ⅇ −𝑗𝑘⋅𝑟
La soluzione vettoriale può quindi essere scritta in questa forma, dove E con 0 è
un vettore che ha le seguenti componenti
⃗⃗⃗⃗
𝐸0 = 𝐸0𝑥 𝑥̂ + 𝐸0𝑦 𝑦̂ + 𝐸0𝑧 𝑧̂
Abbiamo quindi tre vettori principali che rappresentano, dal punto di vista
funzionale, la soluzione del campo elettromagnetico che si propaga nello spazio
libero, che sono 𝐸⃗0 , 𝑘⃗ ed 𝑟.
𝐸⃗0 e 𝑘⃗ invece sono in generale delle quantità complesse, ovvero dei vettori a
componenti complesse, perché 𝑘⃗ viene fuori da kx, ky e kz, che sono le costanti
a cui uguagliamo le derivate seconde di X, Y e Z, quindi in generale, nel dominio
della frequenza sono quantità complesse, così come sono quantità complesse le
ampiezze che abbiamo nelle costanti di integrazione che otteniamo.
Anche 𝐸⃗0 quindi è un vettore con componenti complesse. 𝐸⃗0 e 𝑘⃗ non sono
vettori complessi, ovvero non sono dei vettori che descrivono, nel dominio della
frequenza, l’andamento armonico di un vettore nel dominio del tempo. Questi
sono vettori che hanno componenti complesse, ma non sono la trasformata di
Fourier di nessun altro vettore, non esiste il loro corrispettivo nel domino del
tempo. Individuati questi tre vettori è individuata la forma del campo
elettromagnetico che si può propagare nello spazio.
Il vettore ⃗⃗⃗⃗
𝐸0 è il vettore di polarizzazione, definisce la polarizzazione del vettore
𝐸0 ed il vettore di propagazione 𝑘⃗ sono delle quantità
istantaneo 𝐸⃗ (𝑟, 𝑡 ) . ⃗⃗⃗⃗
incognite. 𝐸0 è la costante di integrazione e viene da c1x, c1y e c1z. ⃗⃗⃗⃗
𝐸0 è una
grandezza arbitraria, che va definita, così come deve essere definito 𝑘⃗ . Questo
ci permette di capire qual è esattamente l’onda che viaggia all’interno della
⃗⃗⃗⃗0 e 𝑘⃗ abbiamo definito
regione di spazio considerata, capendo quindi chi sono 𝐸
in maniera univoca il problema. Questa cosa prevede la soluzione di un
problema agli autovalori, che vedremo più avanti.
𝑘𝑖 , che è una quantità complessa, può essere scritto come 𝛽𝑖 − 𝑗𝛼𝑖 , e facendo
ciò per ciascuna delle tre componenti, individuiamo il vettore di attenuazione 𝛼 ,
che descrive l’attenuazione dell’onda elettromagnetica durante la
propagazione, e il vettore di fase 𝛽 .
⃗⃗
𝐸𝑧 (𝑥, 𝑦, 𝑧) = 𝐸0𝑧 ⅇ −𝛼⃗⃗⋅𝑟 ⅇ −𝑗𝛽⋅𝑟
⃗⃗ ⃗⃗⃗
avremo dunque che 𝐸 (𝑥, 𝑦, 𝑧) = ⃗⃗⃗⃗
𝐸0 ⅇ −𝛼⃗⃗⋅𝑟 ⅇ −𝑗𝛽⋅𝑟 = ⃗⃗⃗⃗
𝐸0 𝑓(𝑟)ⅇ −𝑗𝜙(𝑟)
Questa soluzione dell’equazione delle onde, nel dominio del tempo, che
descrive il campo elettromagnetico che si propaga ha una certa ampiezza, che
descrive come si distribuisce spazialmente il campo elettromagnetico, e un
termine di sola fase, ovvero che descrive la fase del campo elettromagnetico che
si propaga.
Ho una funzione di sola ampiezza 𝑓 (𝑟) e di sola fase 𝜑(𝑟) che occorre
determinare. Queste definiscono le caratteristiche dell’onda.
L’ampiezza varia sulle superfici sferiche, ovvero sui fronti d’onda. Quindi il
campo del dipolo di Hertz descrive un’onda sferica non uniforme. In questo caso
dobbiamo sempre far attenzione a com’è il fronte d’onda.
𝜔 2𝜋𝑓
𝑣𝛽 = = = 𝑓𝜆 = 𝑐
𝛽 2𝜋
𝜆
Se 𝜓 è diverso da zero io voglio rimanere agganciato ai fronti d’onda viaggiando
in maniera obliqua rispetto al fronte d’onda. Per vedere sempre la fase costante,
quindi per rimanere agganciato all’onda, la velocità deve essere maggiore della
velocità della luce nel vuoto, altrimenti non rimarrei agganciato al fronte d’onda.
Quando 𝜓 è diverso da 0, 𝑐𝑜𝑠𝜓 è una quantità minore di 1, allora la velocità di
fase è maggiore della velocità della luce nel vuoto. Ciò ha senso! Questa quantità
infatti la definiamo noi, in modo arbitrario. Ciò che deve essere confinato, cioè
che deve essere entro la velocità della luce nel vuoto è la velocità di una quantità
fisica, per esempio la velocità d’energia deve essere strettamente minore uguale
a c con 0.
Quando torniamo nel dominio del tempo, è la velocità alla quale si muove
questo pacchetto d’onde.
Negli anni successivi si è visto che, quando si ha a che fare con un materiale
artificiale, questo può essere fatto in qualsiasi modo, mentre per quanto
riguarda i materiali naturali, definiti dalla tavola periodica, le loro combinazioni
devono seguire la loro natura chimico-fisica. Allo stesso modo una struttura
complessa in laboratorio deve essere monitorata e fatta crescere rispettando
la geometria cristallina.
Con i materiali artificiali non ci sono limiti sulla forma, sulla disposizione, sulla
geometria, sulla simmetria, sulla distribuzione degli atomi artificiali. L’atomo
artificiale può essere qualsiasi, il materiale che li ospita può essere qualsiasi.
Avendo a disposizione tutti questi gradi di libertà non offerti dalla natura, si è
potuto imitare la natura e ottenere materiali con proprietà che i materiali
naturali non garantiscono.
Quindi dal 2000 si parla di metamateriali, dove “meta” vuol dire “al di là”. Si
ottengono proprietà del tutto nuove, mai viste nella fisica (costante dielettrica
minore di zero, permeabilità magnetica minore di zero, indice di rifrazione
minore di zero). Oggigiorno questi materiali permettono di ottenere una
rifrazione negativa, per esempio. Quindi si esplorano ambiti nuovi della fisica.
I materiali artificiali sono stati realizzati alle microonde per imitare i materiali
naturali su una scala diversa, i metamateriali sono stati scoperti alle
microonde, e le prime applicazioni sono state fatte nell’ambito dei dispositivi
elettromagnetici alle microonde (circuiteria a microonde, antenne, e così via).
Per esempio, noi sappiamo che le antenne lineari per poter irradiare in
maniera efficiente devono essere lunghe, per essere in condizione di risonanza,
𝜆
almeno 2, che una guida d’onda ha un cutoff, cioè la dimensione a orizzontale
𝜆
della guida d’onda rettangolare deve essere lunga almeno sennò nessun
2
modo può viaggiare, che una lente ottica riesce a risolvere dettagli che sono
più grandi della lunghezza d’onda (quelli più piccoli non riesce a portarli sul
piano focale). Tutto ciò descrive quello che si chiama limite della diffrazione, e
ci dice quanto il campo elettromagnetico a qualsiasi frequenza risulti essere
vincolato alla lunghezza d’onda.
Si è visto che questo limite è legato ai materiali tradizionali usati fino ad allora.
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Relazioni di Kramers-Kronig:
𝜀∞ = 𝑙𝑖𝑚 𝜀(𝜔 )
|𝜔|→∞
{
𝑙𝑖𝑚 𝜀𝑑 (𝜔 ) = 0
|𝜔|→∞
Il primo limite ci dice che, quando noi applichiamo un campo con frequenza via
via crescente e consideriamo il limite della frequenza che va all’infinito
(consideriamo il modulo di 𝜔 perché parliamo di una grandezza complessa), ciò
significa che il campo che illumina il materiale cambia infinite volte polarità in
un secondo, questo vuol dire considerare una frequenza infinita. Quindi, questo
vuol dire che le cariche che costituiscono l’intima struttura del materiale non
hanno tempo per iniziare a muoversi per determinare la separazione delle
cariche o per determinare delle correnti, perché la polarità cambia infinite volte
in un secondo. Il materiale non ha dunque tempo di rispondere all’applicazione
del campo, i fenomeni di ritardo non ci sono e quindi non c’è dispersione. Il
primo limite ci dice che 𝜀 (𝜔 ) vale la sua risposta istantanea nel limite del
modulo di 𝜔 che tende ad infinito.
Al contrario, quando t-t’>0, il che vuol dire che siamo nel rispetto del principio
di causalità (sto considerando istanti successivi all’applicazione della causa), 𝜔 ′′
deve essere minore di 0 perché l’integrale non diverga e quindi dia luogo ad una
risposta impulsiva di tipo finito, come deve essere.
Quindi, per t-t<0, cioè per 𝜔 ′′ > 0 (unico semipiano che ha senso), la funzione
𝜀𝑑 (𝜔) non deve avere poli.
(giace sull’asse reale), non avrà singolarità polari nel semipiano 𝜔 ′′ > 0.
percorso chiuso, come per esempio quello definito sopra, e all’interno del quale
non si hanno singolarità polari per la funzione, allora l’integrale esteso a questo
percorso chiuso C della funzione è nullo.
𝜀𝑑 (𝜔 )
∮ ⅆ𝜔 = 0
𝜔 − 𝜔0
𝐶
Perciò il risultato non sarà pari a 𝑗2𝜋𝜀𝑑 (𝜔0 ), ma sarà pari a metà del residuo nel
punto di singolarità, ovvero 𝑗𝜋𝜀𝑑 (𝜔0 ).
Le variabili che compaiono nella formula sono tutte reali (abbiamo valori di 𝜔
solo reali) e, pertanto, si può tornare alla formulazione in termini della sola
frequenza reale 𝜔.
′(
1 𝜀 ′′ (𝜔0 )
𝜀 𝜔0 ) − 𝜀∞ = − 𝑃 ∫ ′ ⅆ𝜔 ′
𝜋 𝜔 − 𝜔0
−∞
+∞
′′ (
1 𝜀 ′ (𝜔0 ) − 𝜀∞
𝜀 𝜔0 ) = 𝑃 ∫ ′
ⅆ𝜔 ′
𝜋 𝜔 − 𝜔0
−∞
Abbiamo che 𝜀 ′ (𝜔0 ) − 𝜀∞ e 𝜀 ′′ (𝜔0 ) sono legate tra loro da una trasformata di
Hilbert, cioè 𝜀 ′ (𝜔0 ) − 𝜀∞ è uguale alla trasformata di Hilbert di 𝜀 ′′ (𝜔0 ) , ma
anche 𝜀 ′′ (𝜔0 ) è uguale alla trasformata di Hilbert di 𝜀 ′ (𝜔0 ) − 𝜀∞ .
Per la trasformata di Hilbert, così come per Fourier, vale il teorema di Parseval
sulla potenza, quindi ricaviamo la seguente relazione che ci dice che
+∞ +∞
∫ |𝜀 ′ (𝜔 ) − 𝜀∞ |2 ⅆ𝜔 = ∫ |𝜀 ′′ (𝜔 )|2 ⅆ𝜔
−∞ −∞
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Lezione 6
Le cariche di cui è costituita la materia hanno una certa massa e devono seguire
l’oscillazione del campo, che è un campo armonico, con una certa frequenza ed
oscilla un certo numero di volte al secondo in base alla frequenza (mostrano
un’inerzia alla variazione del campo). Ricordando l’espressione della forza di
Lorentz, quando cambia la polarità nel periodo del campo elettrico (cambia il
segno del campo), l’elettrone sembra muoversi in verso opposto, sempre lungo
la direzione del campo elettrico. C’è quindi un ritardo nella risposta da
considerare per via della massa dell’elettrone, e questo ritardo si ha
principalmente a frequenze molto alte (vicino all’infrarosso, frequenze ottiche).
Un materiale con dispersione temporale, o dispersivo, presenta un ritardo nella
risposta. Qualsiasi materiale presenta un ritardo nella risposta. In base ai tempi
in gioco possiamo considerare che questo ritardo può essere trascurabile o
meno, quando è trascurabile il mezzo è approssimabile come non dispersivo,
quindi non dobbiamo considerare la somma integrale su tutti i tempi precedenti
rispetto a quello in cui vogliamo osservare la risposta, perché questa può essere
vista come istantanea (altrimenti l’integrale si estenderà da meno infinito a t,
istante di osservazione).
Si ha quindi una non località nella risposta. Alle volte per la simmetria del
reticolo o perché queste interazioni sono molto deboli, gli effetti di non località
si possono trascurare, quindi il materiale sarà locale, oppure possiamo dire che
non sarà spazialmente dispersivo.
Il principio della causalità è uno dei più importanti nella fisica, che ci dice che
l’effetto non può precedere la causa. Un mezzo causale è fisicamente
realizzabile, è un qualcosa che effettivamente esiste su cui possiamo fare
esperimenti.
Nel dominio del tempo la risposta istantanea è moltiplicata per una delta, il
termine dispersivo è costituito da un integrale che deve essere nullo per t-t’<0,
quindi prima dell’applicazione del campo non deve esserci alcuna risposta,
quindi il parametro costitutivo deve essere 0.
Se volessi progettare materiali con 𝜀 ′ < 0 il materiale per forza deve essere
dispersivo (lo stesso vale per tutti i parametri costitutivi) e, poiché dispersivo,
deve avere perdite a qualche frequenza.
Linee di Trasmissione:
Non si può però avere una guida d’onda metallica operante alle frequenze
ottiche, perché a tali frequenze il metallo non è più un conduttore perfetto,
non è più un materiale che permette la riflessione totale, anzi può risultare
trasparente al campo elettromagnetico, quindi il campo può propagarsi e
attraversare il metallo. Cambia la natura del materiale a quelle frequenze.
Alle microonde utilizziamo non solo le guide d’onda ma anche delle altre
strutture, che si chiamano linee di trasmissione e guide d’onda integrate, fatte
con lamine dielettriche con una striscia metallica sopra.
A frequenze molto grandi siamo nel caso opposto rispetto alle condizioni quasi
stazionarie, la lunghezza d’onda in quel caso diventa molto piccola rispetto al
volume che sto considerando, allora si dimostra rigorosamente che le
equazioni di Maxwell descrivono la propagazione del raggio. La natura dei
fenomeni elettromagnetici è sempre la stessa.
Per lunghezze d’onda molto piccole (ad 1 GHz vale 30 cm, mentre a 10 GHz
vale 3 cm) le dimensioni dei dispositivi risultano essere comparabili con la
lunghezza d’onda, allora non siamo nell’ipotesi di costanti concentrate o raggi,
dobbiamo avvalerci del formalismo delle linee di trasmissione per studiare i
cosiddetti circuiti a costanti distribuite. La teoria dei circuiti a costanti
concentrate non vale più.
Nel caso più semplice una linea di trasmissione la si può immaginare come una
linea bifilare costituita da due conduttori metallici paralleli infinitamente
lunghi, uno di andata e uno di ritorno per la corrente, esattamente uguali tra
loro in prima approssimazione.
Se mai dovessi avere perdite nel dielettrico che separa i due fili, succederebbe
che c’è una corrente che passa da un conduttore all’altro, rompendo il
dielettrico. Quella è una corrente di perdita associata alla non idealità del
dielettrico. Se il dielettrico fosse un isolante puro non ci sarebbe corrente che
passa dal primo conduttore al secondo. Invece, se non è un isolante puro, il
materiale può sostenere una piccola conduzione, anche se debolmente, perché
ci sono elettroni liberi. Circuitalmente rappresento il tutto tramite una
conduttanza. Questo è lo schema che otteniamo.
Costanti primarie e secondarie:
Sto studiando una sezione infinitesima dz, molto piccola rispetto alla lunghezza
d’onda, sulla sezione infinitesima sto sicuramente in condizioni quasi
stazionarie, e allora ciò mi permette di utilizzare i bipoli concentrati che
conosciamo. G e C devono essere collegati in parallelo perché descrivono
fenomeni che avvengono tra un conduttore e l’altro, R ed L sono connessi in
serie. Il modo in cui si pongono i bipoli a costanti concentrate è arbitrario. Ma
se metto prima R ed L, poi G e C, in questo modo sarà più semplice studiare il
circuito ed ottenere le equazioni delle linee di trasmissione.
Quale che sia la topologia del circuito, il risultato sarà lo stesso. Posso pensare
di mettere il parallelo prima e la serie dopo, per esempio, oppure posso
rendere il circuito sempre più complesso.
V(z) ed I(z) sono dette tensione e corrente di linea, e sono delle onde, quindi
rispetto ad un circuito a costanti concentrate c’è una differenza molto
importante.
𝑍(𝑧) 𝐿(𝑧)
𝑍0 (𝑧) = √ =√
𝑌(𝑧) 𝐶 (𝑧)
ⅆ𝑉 (𝑧)
= −𝑍(𝑧)𝐼 (𝑧)
ⅆ𝑧
ⅆ𝐼 (𝑧)
= −𝑌(𝑧)𝑉 (𝑧)
ⅆ𝑧
Questo sistema si risolve andando al secondo ordine ed otteniamo due
equazioni di secondo grado per l’onda di tensione e l’onda di corrente.
ⅆ 2 𝑉(𝑧) ⅆ𝐼(𝑧)
= −𝑍 (𝑧 ) ( ) = 𝑍𝑌𝑉(𝑧)
ⅆ𝑧 2 ⅆ𝑧
ⅆ𝐼 (𝑧) ⅆ𝑉 (𝑧)
= −𝑌(𝑧) ( ) = 𝑍𝑌𝐼(𝑧)
ⅆ𝑧 ⅆ𝑧
Moltiplicando i termini per ⅇ 𝑗𝜔𝑡 possiamo vedere che, con l’avanzare del
tempo, il termine ⅇ −𝑗𝑘𝑧 è un’onda che viaggia nella direzione positiva di z,
mentre l’altro termine viaggia lungo le z negative con l’avanzare del tempo.
Notare che l’onda regressiva di corrente ha il segno meno, il che implica uno
sfasamento di 180 gradi.
Impedenza di ingresso:
𝑍𝐿 + 𝑗𝑍0 𝑡𝑎𝑛(𝑘𝐿)
𝑍𝑖𝑛 = 𝑍0
𝑍0 + 𝑗𝑍𝐿 𝑡𝑎𝑛(𝑘𝐿)
Attraverso la valutazione dell’impedenza di linea su una generica sezione z
possiamo risolvere questo problema. Se noi abbiamo una linea di trasmissione
lunga L chiusa su un carico 𝑍𝐿 , l’impedenza di ingresso è data da quella
formula. Se abbiamo un problema relativo ad una rete di linee di trasmissione
collegate tra loro in serie o in parallelo, possiamo sostituire a ciascuna delle
linee la loro impedenza di ingresso. Ciò permette di semplificare il problema
perché da una rete di linee di trasmissione si passa ad un problema circuitale,
di elementi circuitali, e avremo varie impedenze di ingresso collegate in serie o
in parallelo.
Una linea si dice adattata se non c’è l’onda riflessa, quindi il termine con 𝑉 −
vale 0 (l’ampiezza delle onde inverse di tensione e corrente è nulla). Dunque, si
ha
𝑉 (𝑧) = 𝑉 + ⅇ −𝑗𝑘𝑧
𝑉 + −𝑗𝑘𝑧
𝐼 (𝑧) = ⅇ
𝑍0
Adattare una linea di trasmissione può voler dire, per esempio, considerare
una linea infinitamente lunga, con un generatore, senza discontinuità, senza
perdite, così l’onda riflessa è 0. Però è un caso accademico. Ovviamente è
un’idealità.
𝑉 − 𝑒 𝑗𝑘𝑧 𝑉− 𝑉−
𝛤𝑉 (𝑧) = 𝑉 + 𝑒 −𝑗𝑘𝑧 = 𝑉 + ⅇ 𝑗2𝑘𝑧 = 𝑉 + ⅇ 2𝛼𝑧 ⅇ 𝑗2𝛽𝑧 = 𝛤𝑉 (0)ⅇ 2𝛼𝑧 ⅇ 𝑗2𝛽𝑧
𝑉 − 𝑒 𝑗𝑘𝑧 𝑉−
𝛤𝐼 (𝑧) = − 𝑉 + 𝑒 −𝑗𝑘𝑧 = − 𝑉 + ⅇ 𝑗2𝑘𝑧 =-𝛤𝑉 (𝑧)
Un po’ di propagazione c’è su questa linea, però ci sarà anche una quota parte
d’onda stazionaria. Un modo per vedere quanto è adattata una linea di
trasmissione consiste nel fatto che noi possiamo vedere quanta percentuale di
onda stazionaria è presente sulla linea.
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Lezione 7
Quando abbiamo una linea adattata V- = 0, quindi non abbiamo onda riflessa e
quindi non c’è onda stazionaria sulla linea. 𝛥𝑉 − = 𝑉 + , quindi abbiamo un’onda
che si propaga nel verso positivo dell’asse z. Nel caso di una linea
completamente disadattata 𝛥𝑉 = 𝑉 + − 𝑉 − = 0 perché l’ampiezza di 𝑉 − è
uguale all’ampiezza di 𝑉 + , quindi abbiamo che non c’è nessun termine di onda
che si propaga e abbiamo il termine di ampiezza massima di onda stazionaria.
Se noi andiamo a vedere cosa succede all’onda che si propaga nel tempo e nello
spazio (𝛥𝑉ⅇ −𝑗𝑘𝑧 ), se siamo in condizioni di adattamento puro, non c’è nessuna
modulazione nell’ampiezza del segnale onda di tensione, questo significa che
l’ampiezza dell’onda sarà sempre la stessa.
Se rappresento graficamente
la variazione dell’onda nel
tempo, in ogni istante t,
abbiamo un’onda che viaggia
nel verso positivo dell’asse z senza attenuarsi. La presenza di una minima
porzione di onda stazionaria porta ad una modulazione dell’ampiezza di onda di
tensione, perché infatti abbiamo un termine pari a 2𝑉 − cos(𝑘𝑧) . Parte
dell’energia rimane confinata in un’onda stazionaria, e quindi si avrà anche una
modulazione nell’ampiezza dell’onda che viaggia. Il risultato ci porta ad un
valore massimo della tensione che corrisponde allo 0 dell’onda stazionaria, e
però si avrà un valore minimo di tensione dell’onda che viaggia che corrisponde
ad un massimo dell’onda stazionaria. Su quella sezione z dove il coseno vale 1 si
avrà un’ampiezza massima della porzione di onda stazionaria.
Conseguentemente, per la conservazione dell’energia, sarà ridotta l’ampiezza
dell’onda che viaggia.
𝑉 𝑚𝑎𝑥 |𝑉 + | + |𝑉 − | 1 + |𝛤𝑖𝑛 |
𝑅𝑂𝑆 = = =
𝑉 𝑚𝑖𝑛 |𝑉 + | − |𝑉 − | 1 − |𝛤𝑖𝑛 |
|𝑉 |𝑚𝑎𝑥
|𝑍|𝑚𝑎𝑥 = = 𝑍0 𝑅𝑂𝑆
|𝐼 |𝑚𝑖𝑛
|𝑉 |𝑚𝑖𝑛 𝑍0
|𝑍|𝑚𝑖𝑛 = =
|𝐼 |𝑚𝑎𝑥 𝑅𝑂𝑆
Visto che le misure di impedenza sono le più semplici che possiamo fare, in
questo modo riusciamo a misurare il disadattamento della linea andando a
stimare il ROS. È vero che abbiamo matematicamente due entità equivalenti,
cioè il modulo del coefficiente di riflessione ed il ROS, per definire l’adattamento
di una linea, una è più matematica e l’altra è il modo in cui fisicamente andiamo
a misurare il disadattamento di una linea.
Se noi abbiamo una linea di trasmissione chiusa su un carico ZL, a seconda della
distanza dal carico, si legge un valore di impedenza. L’impedenza che sta sul
carico, andando a ritroso sulla linea, subisce una trasformazione, il valore
cambia nella sua parte reale ed immaginaria, e questo è dovuto al fatto che sulla
linea viaggiano un’onda in tensione ed un’onda in corrente.
2𝜋 𝜆
𝑍𝐿 + 𝑗𝑍0 𝑡𝑎𝑛 ( 𝑛 2) 𝑍𝐿
𝑍𝑖𝑛 = 𝑍0 𝜆 = 𝑍0 = 𝑍𝐿
2𝜋 𝜆 𝑍0
𝑍0 + 𝑗𝑍𝐿 𝑡𝑎𝑛 ( 𝑛 2)
𝜆
Ogni mezza lunghezza d’onda la linea è sempre uguale a sé stessa, e l’impedenza
che si vede è quella di carico ogni mezza lunghezza d’onda (come dimostrato in
formula). Per studiare le proprietà della linea quindi possiamo prendere una
sezione lunga mezza lunghezza d’onda. Quindi, per non cambiare le proprietà
della linea, si fanno linee lunghe multipli di mezza lunghezza d’onda.
2𝜋 𝜆
𝑍𝐿 + 𝑗𝑍0 𝑡𝑎𝑛 ( 𝑛 4) 𝑗𝑍0 𝑍02
𝑍𝑖𝑛 = 𝑍0 𝜆 = 𝑍0 =
2𝜋 𝜆 𝑗𝑍𝐿 𝑍𝐿
𝑍0 + 𝑗𝑍𝐿 𝑡𝑎𝑛 ( 𝑛 4)
𝜆
Se noi abbiamo un carico reale 𝑅𝐿 ≠ 𝑍0 la linea è disadattata. Per adattarla
possiamo usare un tratto di linea lungo un quarto di lunghezza d’onda e che ha
un’impedenza caratteristica data da una media geometrica. 𝑍0 è l’impedenza
caratteristica della linea che dobbiamo adattare.
2
𝑍0,𝜆∕4 2
𝑍𝑖𝑛 = = 𝑍0 → 𝑍0,𝜆∕4 = √𝑍0 𝑅𝐿
𝑅𝐿
Il trasformatore in quarto d’onda funziona ad una frequenza sola. È vero che noi
parliamo di segnali monocromatici, che possono descrivere, usando la Fourier
trasformata, in particolare l’anti-trasformata, qualsiasi andamento nel tempo di
un segnale elettromagnetico, però, quando costruiamo un trasformatore a
quarto d’onda, bisogna considerare qual è il contenuto in frequenza del segnale.
Quello è lungo un quarto d’onda ad una determinata frequenza.
Ci sono due metodi per ovviare a questo problema. Uno è quello di mettere in
cascata diversi trasformatori in quarto d’onda che lavorano su bande
leggermente diverse, su frequenze leggermente diverse tra loro, in maniera tale
che all’ultimo si riesce ad aumentare la banda all’interno della quale ho un buon
adattamento. L’altro metodo prevede l’uso di un tratto di linea con un profilo di
impedenza. Supponiamo quindi di avere un adattamento tra una linea con una
certa impedenza caratteristica 𝑍02 ed una linea con un’impedenza caratteristica
𝑍01 . Il modo per adattare a larga banda è quello di utilizzare una linea non
uniforme, cioè che ha un profilo di impedenza caratteristica. L’impedenza
caratteristica è una costante secondaria della linea.
Il trasformatore non
è più a quarto d’onda
ma prevede
un’impedenza
caratteristica funzione di z in maniera tale che si adatti alle impedenze
caratteristiche delle due giunzioni. Il segnale, viaggiando, localmente vede una
variazione di impedenza caratteristica, andando da una sezione a quella
successiva, che è minima, quindi il disadattamento è minimo. Se il trasformatore
è abbastanza lungo questo è un modo di adattare bene l’impedenza da 𝑍01 a
𝑍02 su un intervallo di frequenze che è abbastanza largo.
A seconda del profilo abbiamo delle caratteristiche in banda che sono differenti,
perché in un caso il passaggio sarà più ripido e in un altro sarà più moderato, in
quest’ultimo caso riusciamo ad avere un adattamento di impedenza su una
banda più larga.
𝑆𝐶 𝑍𝐿 + 𝑗𝑍0,𝑠𝑡𝑢𝑏 𝑡𝑎𝑛(𝛽𝐿𝑠𝑡𝑢𝑏 )
𝑍𝑖𝑛 = 𝑍0,𝑠𝑡𝑢𝑏 = 𝑗𝑍0,𝑠𝑡𝑢𝑏 𝑡𝑎𝑛(𝛽𝐿𝑠𝑡𝑢𝑏 )
𝑍0,𝑠𝑡𝑢𝑏 + 𝑗𝑍𝐿 𝑡𝑎𝑛(𝛽𝐿𝑠𝑡𝑢𝑏 )
A seconda del tipo di compensazione che dobbiamo fare usiamo stub chiusi o in
cortocircuito o in circuito aperto. Se l’obiettivo è compensare una parte
capacitiva, utilizzando quindi uno stub induttivo, viene meglio usare uno stub
chiuso in cortocircuito induttivo, che è molto più corto di uno stub in circuito
aperto induttivo, perché per quest’ultimo, per farlo induttivo, dobbiamo avere
𝜋
un 𝛽𝐿𝑠𝑡𝑢𝑏 > 2 . Quindi è più lungo rispetto allo stub induttivo chiuso in
cortocircuito. Andando come la tangente o come la cotangente (nel caso dello
stub in circuito aperto), si possono ottenere tutti i valori di reattanza da meno
infinito a più infinito, passando per lo 0. In generale noi usiamo lo stub in circuito
chiuso per ottenere una reattanza induttiva e uno stub in circuito aperto per
ottenere una reattanza capacitiva, però a volte a dettare la scelta dell’uno e
dell’altro è la struttura fisica della linea di trasmissione che sto considerando.
Se volessimo
invece realizzare
un circuito chiuso
dovremmo, al
termine della
linea, andare a
mettere un filo
metallico che
collega la striscia al
piano di massa,
quindi dal punto di vista realizzativo fisico è molto più complesso e la struttura
è meno robusta perché dovremmo praticare delle saldature. Allora, in questo
caso ci accontentiamo del fatto che lo stub sia più lungo, ma lo utilizziamo
sempre a circuito aperto. È difficile realizzare uno stub in cortocircuito, a meno
che i requisiti sulla compattezza del dispositivo siano dominanti rispetto alla sua
robustezza e alla sua ripetibilità, perché se dobbiamo fare delle saldature le
dovremo fare stub per stub.
Le modalità di collegamento sono in parallelo o in serie sulla linea principale.
Fatto questo, bisogna collegare lo stub, il cui collegamento viene fatto su quella
sezione e deve compensare la parte immaginaria dell’impedenza che viene letta
su quella sezione. Se su quella sezione viene letta un’impedenza capacitiva
bisogna fare un collegamento con uno stub induttivo e viceversa.
Vediamo un esempio
con uno stub in
parallelo. Inizialmente si
ha una linea
disadattata. 𝑍𝐿 ≠ 𝑍0
perché 𝑍0 è reale
mentre 𝑍𝐿 è una grandezza complessa. Bisogna tornare indietro di un tratto L1
dove valgono o la prima o la seconda, a seconda che io stia considerando il caso
del collegamento in serie o il collegamento in parallelo dello stub.
Quindi in un caso lavoro con le impedenze e nell’altro con le ammettenze
rispettivamente. Quindi in un caso L1 è quello per cui la parte reale
dell’impedenza vale 𝑍0 , nell’altro la parte reale dell’ammettenza vale 1/𝑍0 .
𝑍 +𝑗𝑍 tan(𝛽𝐿 )
Infatti, si ha che 𝑅ⅇ[𝑍0 𝑍𝐿 +𝑗𝑍0 tan(𝛽𝐿1 )] = 𝑍0 in un caso, e che
0 𝐿 1
1 𝑍0 +𝑗𝑍𝐿 tan(𝛽𝐿1 ) 1
𝑅ⅇ[𝑍 ] = 𝑍 nell’altro.
0 𝑍𝐿 +𝑗𝑍0 tan(𝛽𝐿1 ) 0
L1 sarà diverso, perché nel rapporto ci sono quantità complesse. Sono due
sezioni diverse che garantiscono il soddisfacimento della “condizione di
compensazione” della parte reale. Su quella sezione andiamo a leggere la
reattanza o la suscettanza a seconda che il collegamento sia in serie o in parallelo
e poi lo stub ci deve dare la stessa reattanza e la stessa suscettanza, ma con
segno opposto.
Quindi andiamo a progettare lo stub di una certa lunghezza 𝐿𝑠𝑡𝑢𝑏 , e dopo aver
trovato, se per esempio il collegamento è in parallelo, la parte reale
dell’ammettenza di ingresso a distanza 𝐿1 pari a 1/𝑍0 = 𝐺0 , su questa sezione
abbiamo che (𝐵𝐿1 è la suscettanza, componente immaginaria dell’ammettenza,
che leggiamo a distanza 𝐿1 ), introducendo l’ammettenza dello stub (che è una
suscettanza perché è tutta immaginaria e deve essere uguale ed opposta)
𝑂𝐶 𝑂𝐶
𝐺0 + 𝑗𝐵𝐿1 + 𝑌𝑖𝑛 = 𝐺0 , con 𝑌𝑖𝑛 = −𝑗𝐵𝐿1 .
𝑂𝐶
Consideriamo quindi uno stub in circuito aperto e la 𝑌𝑖𝑛 dello stub in circuito
aperto deve essere pari all’opposto del valore della suscettanza che si legge sulla
linea alla sezione L1, ed in questa maniera l’adattamento di impedenza è
conseguito.
Per adattare questo carico, quando andiamo a mettere ZL come una quantità
immaginaria, puramente reattiva (caso di un circuito LC), l’impedenza di
ingresso, valutata su ogni sezione, a seguito anche del ragionamento fisico fatto
prima, quale che sia la sezione considerata della linea, l’impedenza di ingresso
sarà sempre immaginaria, sarà sempre reattiva. La linea sezione per sezione non
ha perdite, non usa quell’energia, il carico non la usa, e quindi sulla sezione il
rapporto tra V ed I sarà sempre un’impedenza di tipo reattivo, lo sfasamento è
dovuto al carico. A seconda del carico che si ha (condensatore, induttore, serie
o parallelo LC) la fase varierà, ma il modulo del coefficiente di riflessione sarà
sempre tale che tornerà tutto indietro. L’impedenza della linea sarà sempre
immaginaria.
Se c’è un carico tutto reattivo, chi la usa questa potenza? Nessuno. Per ottenere
l’adattamento della linea deve esserci qualcosa che usa questa potenza, e la
utilizza con una resistenza che è uguale all’impedenza caratteristica, in maniera
tale che la compensazione della parte reale viene comunque fatta. Dobbiamo
introdurre una perdita nella linea per poter realizzare un adattamento di
impedenza. Poi possiamo mettere lo stub per compensare la parte immaginaria.
(Risolvere il problema)
Carta di Smith:
𝑍𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎 (𝑧) − 𝑍0
𝛤𝑣 (𝑧) =
𝑍𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎 (𝑧) + 𝑍0
Normalizzando all’impedenza caratteristica, che è una quantità reale, avremo
che il coefficiente di riflessione e l’impedenza normalizzata saranno pari a
𝑧̂ (𝑧) − 1
𝛤𝑣 (𝑧) =
𝑧̂ (𝑧) + 1
𝑍𝑙𝑖𝑛𝑒𝑎 (𝑧)
𝑧̂ (𝑧) =
𝑍0
I luoghi di punti sono delle circonferenze sul piano complesso del coefficiente
di riflessione (abbiamo due set di circonferenze a resistenza normalizzata
costante e a reattanza normalizzata costante), le cui equazioni si ottengono
uguagliando parte reale ed immaginaria
1 − 𝑢2 − 𝑣 2
𝑟̂ =
(1 − 𝑢2 ) + 𝑣 2
2𝑣
𝑥̂ =
(1 − 𝑢2 ) + 𝑣 2
Otteniamo quindi l’abaco di Smith. Andiamo ad individuare i centri e i raggi, e
poi, al variare di 𝑟̂ e di 𝑥̂, andiamo a graficare l’abaco di Smith.
Questo vale anche come abaco delle ammettenze, basta ruotarlo di 180 gradi.
Per quanto riguarda il verso, quando noi andiamo verso il carico, vuol dire che
la fase del coefficiente di riflessione aumenta. Infatti, abbiamo che
all’aumentare di z, quindi andando verso il carico, assumendo che il verso
positivo dell’asse z sia verso il carico, aumenta la fase del coefficiente di
riflessione ⅇ 𝑗2𝛽𝑧 , quindi aumenta l’angolo (che formo con l’asse orizzontale).
Mi sto muovendo quindi in verso antiorario. Andando verso il generatore
invece, a partire dal carico, vado a diminuire z, quindi diminuisco la fase del
coefficiente di riflessione, sto diminuendo l’angolo, e quindi mi sto muovendo
in senso orario.
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 8
Studiamo la propagazione delle onde piane in mezzi che non sono lo spazio
libero. Introdurremo un formalismo generale che permette di comprendere
come è fatta un’onda piana che viaggia in un mezzo di date relazioni
costitutive. Introduciamo il formalismo relativo al tensore di Kong. È un
tensore che permette di esprimere in maniera tensoriale un’espressione
vettoriale, ovvero il rotore di un determinato vettore A.
𝛻⃗ × 𝐴 = 𝛻⃗ ⋅ 𝐴
Tutte le componenti
del tensore
inizialmente sono
incognite.
Moltiplichiamo la matrice per il vettore A.
Otteniamo un
tensore che non
è invertibile
perché sulla
diagonale ci
sono tutti 0, se
avesse senso
fare il
determinante di
tale matrice che lo rappresenta, otterremmo 0, e quindi non è rappresentato
da una matrice invertibile. Il tensore di Kong però può rendere le equazioni di
Maxwell più compatte, in particolare otterremo un’equazione di Helmholtz
generalizzata, che vale come soluzione del campo elettrico e del campo
magnetico per onda piana in un mezzo qualsiasi.
𝜀, 𝜉, 𝜁 e 𝜇 sono dei tensori. Uno dei due addendi, per entrambi i vettori D e B,
dipende dall’accoppiamento magneto-elettrico.
Se moltiplichiamo
scalarmente per 𝜇−1
a sinistra, nel primo
membro e nel
secondo membro,
otteniamo questa
espressione per H(r).
Dobbiamo quindi
moltiplicare scalarmente a sinistra il termine che contiene H per 𝜇 −1, avremo
che 𝜇−1 ⋅ 𝜇 fa la matrice identica, e quindi rimane solo il campo magnetico
moltiplicato per -j𝜔. Quindi abbiamo quella espressione per il campo
magnetico.
Ogni volta che troviamo rotore di, lo sostituiamo con tensore di Kong scalare.
Una volta
fatto
questo,
andando a
raccogliere in maniera opportuna i termini, riusciamo ad ottenere
un’equazione vettoriale nel solo campo elettrico, che si può scrivere in una
forma compatta.
Anche qui,
possiamo
andare
dall’una all’altra per dualità. Nabla rimane nabla perché sono derivate spaziali,
𝜉 diventa meno −𝜁, 𝜇 diventa −𝜀, 𝜁 diventa −𝜉, 𝜀 diventa 𝜇 ed E diventa H.
Otteniamo, quindi, applicando la dualità questa equazione differenziale
risolvente. Visto che noi vogliamo studiare che tipo di onda piana può viaggiare
in questo tipo di mezzo materiale descritto da queste relazioni costitutive
generali, la soluzione va scritta in termini di onda piana. La soluzione campo
elettrico di quella equazione differenziale deve avere questa forma
𝐸0 ⅇ −𝑗𝑘⃗⋅𝑟 = ⃗⃗⃗⃗
𝐸⃗ (𝑟) = ⃗⃗⃗⃗ 𝐸0 ⅇ −𝑗(𝑘𝑥𝑥+𝑘𝑦 𝑦+𝑘𝑧 𝑧)
Osserviamo che in
questa formulazione
non abbiamo più
un’equazione
differenziale perché
le derivate spaziali non ci sono più, abbiamo equazioni algebriche scritte in una
forma estremamente compatta.
𝑑ⅇ𝑡 𝐿𝐸∕𝐻 = 0
Quando sostituiamo gli autovalori nel sistema, questi sono tali per cui il
determinante di 𝐿𝐸 o 𝐿𝐻 è 0, quindi il sistema omogeneo che troviamo diventa
un problema con più soluzioni, con almeno infinito alla 1 soluzioni. Ammette
un’infinità di soluzioni perché noi andiamo a trovare le forme del vettore di
polarizzazione, andiamo a capire com’è polarizzata l’onda, ma non ne
possiamo valutare l’ampiezza, che diventa un grado di libertà. Questa può
essere definita solo quando conosciamo la potenza dell’onda piana che sta
viaggiando. Posso riuscire ad ottenere la direzione di propagazione ed il
vettore di polarizzazione a meno di una costante di ampiezza. La costante di
ampiezza si determina quando si ha la condizione sulla potenza dell’onda
piana. La soluzione di questo problema mi dice come sono fatte le onde piane
che possono esistere in quel mezzo.
2
𝑘𝑥2 + 𝑘𝑦 2 + 𝑘𝑧2 2
𝑘𝑥2 + 𝑘𝑦 2 𝑘𝑧2
2
𝜀1 𝜀2 𝑘0 ( − 𝑘0 ) ( + − 𝑘02 ) = 0
𝜀1 𝜀2 𝜀1
Il termine 𝜀12 𝜀2 𝑘02 è diverso da 0, poi abbiamo il prodotto di due termini tra
parentesi tonda uguale a 0, quindi o l’uno, o l’altro, o entrambi i termini
devono essere nulli per far si che l’espressione sia valida.
Quando si ha a che fare con un’onda piana nello spazio libero possiamo
scrivere questa stessa espressione, dove 𝜀 però è uno scalare.
Quindi nel caso di un mezzo isotropo i k soluzione si trovano tutti quanti su una
superficie sferica. Quindi se prendiamo il sistema di riferimento (kx, ky, kz),
prendere una sfera in questo sistema vuol dire che tutti i punti della sfera sono
caratterizzati dallo stesso vettore k. Nel vuoto questo vettore vale sempre ⃗⃗⃗⃗
𝑘0 ,
nello spazio libero non ci sono simmetrie particolari e l’onda piana con il
vettore di propagazione pari a ⃗⃗⃗⃗
𝑘0 può propagarsi in qualsiasi direzione, cioè
lungo tutto l’angolo solido, perché non ci sono problemi di simmetria.
Le due superfici che abbiamo disegnato risultano tangenti tra di loro in due
punti dello spazio (per due punti passa una retta). Lungo la direzione z, le due
soluzioni coincidono (dell’ellissoide e della sfera). Se io lancio in questo
materiale un’onda piana che è diretta secondo l’asse z, asse dove si hanno
delle proprietà particolari, o diverse, rispetto a quelle che si hanno sul piano
ortogonale, il campo elettrico ed il campo magnetico che giacciono sul piano
ortogonale, quindi sul piano x e y, vedono un mezzo isotropo, perché vedono
solo quello che c’è sul piano (il campo E ed H giacciono su un piano). Se l’onda
piana è diretta secondo z, il k sarà diretto secondo z, E ed H sono ortogonali.
Vedono un mezzo con una certa 𝜀1 . Cambiando la direzione di propagazione,
inclinandola rispetto all’asse z, le soluzioni diventano due, cioè l’onda che
viaggia, il campo elettromagnetico che viaggia, poiché il campo E ed H non
giacciono più solo sul piano xy, ma hanno anche una componente secondo z, fa
sì che E ed H entrino in relazione con l’anisotropia del materiale. Avrò due
onde piane soluzioni, una definita come ordinaria e una definita come
straordinaria. Quella ordinaria è la soluzione associata alla sfera, perché è
quella che io avrei in un mezzo isotropo, l’altra, associata all’ellissoide, prende
il nome di onda piana straordinaria.
Troviamo gli autovalori, quindi quanto valgono questi k, e gli autovettori. Per
trovare gli autovalori consideriamo il 𝑑ⅇ𝑡 𝐿𝐸 = 0, inseriamo la soluzione
dell’onda piana ordinaria, associata alla sfera, cioè 𝑘𝑥2 + 𝑘𝑦 2 + 𝑘𝑧2 = 𝑘02 𝜀1 .
Sostituito il primo autovalore il 𝑑ⅇ𝑡 𝐿𝐸 è per forza nullo perché ho sostituito un
autovalore.
Per trovare gli autovettori, nel caso dell’onda ordinaria, dopo aver inserito i k
soluzione del luogo di punti della superficie sferica, il sistema che bisogna
risolvere per il vettore di polarizzazione è tale che la prima equazione e la
seconda sono dipendenti tra di loro.
Dal momento che sono le stesse, possiamo considerarne solo una. Ho un
sistema due per tre, che ammetterà un’infinità di soluzioni.
Le due
equazioni in
gioco sono
queste!
Facendo dei
passeggi
ottengo
un’equazione tutta in 𝐸0𝑧 .
1
−𝑘𝑧 𝐸0𝑧 + [𝜀2 𝑘02 − 𝑘𝑦2 − 𝑘𝑥2 ]𝐸0𝑧 = 0
𝑘𝑧
La soluzione di quella equazione ci dice che l’onda ordinaria deve avere una
componente del campo elettrico lungo z uguale a 0, cosa che ci aspettavamo
perché il campo elettrico non deve vedere l’anisotropia.
Ottengo un campo elettrico polarizzato nel piano xy, cosa che mi aspettavo,
perché sto parlando di un’onda ordinaria. Il campo elettrico dell’onda ordinaria
deve giacere ortogonalmente all’asse ottico, ce lo aspettavamo fisicamente e
lo abbiamo dimostrato matematicamente. Quindi esplicitiamo il legame tra le
altre due componenti. Ho un campo elettrico polarizzato nel piano xy, la
polarizzazione può essere qualsiasi, in generale non ha una polarizzazione
speciale, dipende da quanto valgono kx e ky. È in generale ellittica sul piano xy.
Per ottenere il campo magnetico prendiamo Maxwell una volta che abbiamo E,
e otteniamo H, è una conseguenza diretta.
Quando andiamo ad ottenere le tre equazioni per gli autovettori, queste sono
un po’ più complesse. Ci sono due equazioni dipendenti.
2
𝑘𝑧2 2
𝑘𝑧2
2
𝜀1 𝜀2 𝑘0 ( − 𝑘0 ) ( − 𝑘02 ) = 0
𝜀1 𝜀1
𝜀
⃗ (𝑟) = (−𝑥̂𝐸0𝑥 + 𝑦̂𝐸0𝑦 ) √ 1 ⅇ −𝑗𝑘0 √𝜀1 𝑧
𝐻
𝜂0
Lungo l’asse ottico, pertanto, si possono propagare solo onde ordinarie di tipo
TEM(z). Per il calcolo delle ampiezze bisogna sapere quanta potenza è
associata a quell’onda piana.
Trovati i k, dobbiamo vedere come sono fatti gli autovettori. Prendiamo i k così
ottenuti e li andiamo a sostituire all’interno delle matrici che descrivono 𝐿𝐸 , il
cui determinante già sappiamo che è nullo, e troviamo le soluzioni per
𝐸0𝑥 , 𝐸0𝑦 , 𝐸0𝑧 . Troviamo che, se l’onda è diretta secondo y, il campo elettrico
sarà diretto secondo x e il campo magnetico secondo z nel caso dell’onda
ordinaria. Inoltre, il campo magnetico sarà diretto secondo z ed il campo
elettrico secondo y se considero l’onda ordinaria che viaggia secondo x.
Questo
strumento
matematico
permette non
solo di
studiare la
propagazione
in un cristallo,
materiale
semplice e naturale, ma è un metodo generale che permette la soluzione del
problema di propagazione di un’onda piana in quale che sia il materiale.
Abbiamo dato la formulazione per un mezzo bi-anisotropo generale, quindi
vale anche per qualsiasi materiale artificiale possiamo realizzare.
Quindi il materiale supporta la propagazione di due onde piane (ordinaria e
straordinaria) che hanno numeri d’onda e velocità di fase diversi. Le velocità di
fase nel caso dell’onda ordinaria e straordinaria sono diverse tra di loro.
Se abbiamo un’onda piana con vettore di propagazione che giace sul piano xz,
quindi che viaggia in maniera obliqua rispetto all’asse ottico, ci aspettiamo un
fronte d’onda che vede sia l’onda ordinaria che straordinaria.
2
𝑘𝑥2 + 𝑘𝑧2 𝑘𝑥2 𝑘𝑧2
2
𝜀1 𝜀2 𝑘0 ( − 𝑘0 ) ( + − 𝑘02 ) = 0
2
𝜀1 𝜀2 𝜀1
Studiamo l’onda piana ordinaria, la soluzione prevede che 𝑘𝑥2 + 𝑘𝑧2 = 𝑘02 𝜀1 , e
che 𝐸0𝑥 = 𝐸0𝑧 = 0. Quindi il campo elettrico non è diretto secondo z, è diretto
secondo y in maniera tale che, nell’avanzare, vede sempre il mezzo con
costante 𝜀1 .
Per l’onda
straordinaria,
riapplicando
il metodo,
vediamo che
c’è una
componente
lungo z per il
campo
elettrico. L’onda straordinaria presenta un campo elettrico che è diretto
secondo z perché deve interagire con l’anisotropia del materiale, inoltre il
campo magnetico è diretto lungo y. L’onda piana straordinaria è del tipo TM(x)
o TM(z), cioè trasverso-magnetica sia secondo x che secondo z.
Dal punto di
vista fisico,
questo si
spiega con il
fatto che
non stiamo
secondo
l’asse ottico.
Dal punto di vista dell’equazione di dispersione, abbiamo la luce che viaggia nel
vuoto e poi entra nel cristallo. Invece di considerare una sfera stiamo
considerando una circonferenza. Noi sappiamo che nel vuoto esiste una
soluzione sola, e le soluzioni sono solo i punti della circonferenza sul piano xz.
Abbiamo una certa direzione di propagazione dell’onda piana e abbiamo che
questa incide sulla superficie di separazione tra vuoto e calcite. Abbiamo che le
condizioni al contorno dicono che, se non ci sono densità di cariche elettriche e
magnetiche, densità di correnti elettriche o magnetiche lineari sulla superficie
di separazione, vediamo che le componenti tangenziali del campo elettrico e
del campo magnetico devono conservarsi. Tale conservazione impone
determinate condizioni per i moduli (?), per quanto riguarda le fasi dobbiamo
considerare il phase-matching. Cioè, bisogna considerare che il k tangenziale
sulla superficie di separazione deve conservarsi. Data una certa direzione di
propagazione dell’onda incidente, se è obliqua rispetto all’asse ottico, vuol dire
che abbiamo un certo kz lungo l’asse ottico. Questo kz deve conservarsi nel
secondo mezzo. Quindi, nel secondo mezzo, il k, che dovrà essere soluzione sia
della sfera che dell’ellissoide nel mezzo calcite, deve avere un kz che deve
conservarsi nel secondo mezzo, deve essere uguale a quello dell’onda
incidente perché è l’applicazione delle condizioni al contorno. Quindi troviamo
le due soluzioni per onda ordinaria ed onda straordinaria (viola ed arancione),
perché kz è fisso, quindi devo tracciare la retta verticale e vedere dove incontro
l’ellisse e la circonferenza nel problema bidimensionale. A questo punto trovo i
due k, e i due k ordinario e straordinario hanno due direzioni diverse. Questo è
il fenomeno della birifrangenza, che mi fa vedere due volte il testo scritto.
Esistono materiali, cristalli un po’ più complessi dal punto di vista della
simmetria del reticolo cristallino, che sono anisotropi secondo tre direzioni
diverse. Il passo del reticolo cristallino è diverso lungo le tre direzioni dello
spazio, quindi avrò tre elementi della diagonale del tensore di permittività
diversi tra loro.
Se immagino che l’onda piana viaggi lungo l’asse z, asse lungo cui ho
magnetizzato il materiale, si ha che l’espressione del tensore costitutivo 𝜇 ha
una forma diversa rispetto a quella del materiale uniassiale. Mentre la
propagazione secondo l’asse ottico in un mezzo uniassiale faceva vedere un
mezzo isotropo (𝜀1 , 𝜀1 ), qui non mi fa vedere un mezzo isotropo. Mi fa vedere
𝜇 e 𝜇 lungo la diagonale, ed esistono pure i termini xy ed yx. Quindi, quello che
io vedo è un materiale diverso perché da una parte vedo -jk lungo x, lungo y
vedo +jk. Quindi quando andiamo a trovare le soluzioni per la propagazione
lungo l’asse z di magnetizzazione, queste sono tali che i kz che ottengo sono
due. Non ho onde ordinarie e straordinarie, queste sono due onde. L’onda
ordinaria non c’è perché il materiale non è uniassiale, infatti i tensori che
considero vengono definiti girotropici. Il materiale viene definito girotropico
perché quando vado a trovare gli autovalori, dopo aver inserito gli autovalori,
trovo che il campo magnetico risulta essere polarizzato circolarmente. In un
caso è polarizzato circolarmente destro, mentre nell’altro è polarizzato
𝜋
circolarmente sinistro (perché ho stessa ampiezza, sfasamento di 2 perché c’è
la j, ma con segno meno tra le due componenti). I tensori girotropici
presentano dunque elementi fuori dalla diagonale. Se prendo un’onda piana e
la dirigo lungo l’asse di magnetizzazione (asse dove non ho gli elementi fuori
della diagonale), ottengo due onde soluzione, cioè un’onda polarizzata
circolarmente destra, e una polarizzata circolarmente sinistra. Questo è quello
che avviene in una ferrite magnetizzata lungo z. Gli elementi fuori dalla
diagonale con pedice z sono tutti 0, gli elementi per xy ed yx sono quelli al di
fuori dalla diagonale. Quando incido con un’onda piana diretta secondo la
direzione di magnetizzazione z, il campo magnetico giace solo sul piano xy e da
vita a due onde, che non sono ordinaria e straordinaria, ma sono polarizzate
circolarmente a destra e a sinistra, per questo il mezzo viene detto girotropico.
Entra una polarizzazione lineare e dentro si formano due polarizzazioni
circolari.
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Filiberto Bilotti
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 9
Se prendiamo un materiale
ferromagnetico e andiamo ad
applicare un magnete
permanente in una direzione,
ad esempio lungo l’asse z,
andiamo a magnetizzare il
materiale nella direzione
dell’asse z. A livello
microscopico si ha che tutti i dipoli magnetici elementari presenti all’interno
del materiale ferromagnetico tenderanno ad allinearsi secondo l’asse z. Questa
struttura, qualora non lo fosse originariamente, diventa effettivamente un
materiale anisotropo e la permeabilità è descritta usando un tensore, la cui
rappresentazione
matriciale 3x3 è
quella indicata in
figura. Sto
magnetizzando la
ferrite lungo z, quindi l’elemento zz è pari ad 1. Dato il ferromagnete, che viene
magnetizzato secondo l’asse z tramite un campo statico o un magnete
permanente, andiamo ad incidere con un’onda, che ha quindi una certa
frequenza, sul materiale. Vogliamo studiare la risposta del materiale, lungo
l’asse z non ci aspettiamo alcuna risposta aggiuntiva del materiale perché tutti i
dipoli magnetici sono stati già orientati secondo l’asse z dal magnete
permanente. Quindi aggiungere una componente variabile nel tempo di campo
magnetico diretta secondo z non cambia la magnetizzazione del materiale.
Quindi, mettere un 1 li significa che il materiale si comporta, con il campo H
diretto secondo z, esattamente come lo spazio libero, cioè non ci sono degli
effetti magnetici che dobbiamo considerare. Diverso è se l’onda variabile nel
tempo che incide presenta un campo magnetico diretto secondo x o secondo
y. In quel caso, entrano in gioco questi quattro termini del tensore, che danno
vita a due onde piane che si possono propagare
nel mezzo quando l’onda incidente è diretta
secondo z. Abbiamo, infatti, due onde polarizzate
circolarmente a destra e a sinistra. Questo
tensore è definito “girotropico” secondo l’asse z
perché permette di ottenere queste due onde piane all’interno del materiale
polarizzate circolarmente a destra e a sinistra. Come abbiamo fatto a trovare le
onde che si possono propagare all’interno di una ferrite magnetizzata secondo
z? Siamo andati a prendere l’equazione delle onde generalizzata che si riduce
ad una Helmholtz anisotropa nel campo magnetico H, assumendo
propagazione per onda piana sostituiamo al tensore di Kong il tensore k ed
arriviamo a
questa
forma
compatta.
Per ottenere
gli
autovalori,
cioè i valori
di k che
sono
soluzione del problema elettromagnetico, dobbiamo andare a valutare il
𝑑𝑒𝑡 𝐿𝐻 = 0. Una volta trovati gli autovalori siamo andati a ricavare gli
autovettori. Quindi il 𝑑𝑒𝑡 𝐿𝐻 = 0, la soluzione di questa equazione ci dà gli
autovalori.
Non è possibile porla in una forma semplice, perciò, iniziamo a studiare i casi
particolari. La propagazione lungo l’asse di magnetizzazione, quindi il vettore k
è diretto secondo z. Quindi ha soltanto la componente 𝑘𝑧 e, in quel caso,
dovremmo porre 𝑘𝑥 = 𝑘𝑦 = 0, che andiamo ad inserire all’interno di 𝐿𝐻 ,
valutiamo il 𝑑𝑒𝑡 𝐿𝐻 = 0 ed otteniamo le soluzioni.
Viene fuori un’equazione di quarto grado. Abbiamo una coppia di soluzioni che
indichiamo con kz+ e l’altra coppia con kz-. Abbiamo che ciascuna delle due
avrà un + ed un -, in quanto definiscono la propagazione lungo il verso positivo
e negativo dell’asse z. Abbiamo soluzioni diverse tra di loro. Questi non sono
autovalori,
come
abbiamo
visto nel
caso dei mezzi uniassiali, di onda ordinaria ed onda straordinaria, perché
abbiamo che l’onda incidente è diretta secondo z, e quindi il campo H, che
giace ortogonalmente a z, vedrà l’anisotropia del materiale. In particolare,
andrà ad interagire sia con il termine 𝜇, che con il termine 𝜅 che sono nel
tensore costitutivo che abbiamo visto prima. Il termine 𝜇 ed il termine in 𝜅
𝜋
differiscono per una j, ovvero sono sfasati di 2 . Per valutare gli autovettori
andiamo a
prendere la
prima
soluzione, la
introduciamo
all’interno di
𝐿𝐻 e valutiamo
gli autovettori
per il campo H.
Facciamo lo stesso con la seconda soluzione. Abbiamo che nel primo caso
otteniamo un’onda polarizzata circolarmente, quindi il campo magnetico
associato alla soluzione + prevede una polarizzazione circolare. La j che
compare qui, che garantisce la polarizzazione circolare, dipende dal fatto che il
termine xy o yx del tensore valgono proprio 𝑗𝜅. Alla fine, l’onda piana nel
campo H, polarizzata circolarmente, che può propagarsi nella ferrite nel caso
del primo dei due autovalori, è quella che vediamo qui
⃗ (𝑟) = 𝐻0 (𝑥̂ + 𝑗𝑦̂)𝑒 −𝑗𝑘0 √𝜇1 +𝜅𝑧 . Introducendo la seconda soluzione, si ottiene
𝐻
ancora un campo H soluzione polarizzato circolarmente, e stavolta la
polarizzazione presenta verso opposto rispetto al caso precedente.
L’espressione generale dell’onda piana nel campo H che si propaga nel mezzo
ha solo componenti secondo x e y e, nel caso del secondo autovalore, è del
⃗ (𝑟) = 𝐻0 (𝑥̂ − 𝑗𝑦̂)𝑒 −𝑗𝑘0 √𝜇1 +𝜅𝑧 .
tipo 𝐻
Se avesse
una
componente
secondo z
quella
porzione
dell’onda si
Quando
andiamo a
sostituire
l’autovalore
dell’onda
ordinaria,
l’autovettore
che ne deriva
è quello di
un’onda, nel
campo H,
polarizzata
secondo z.
Quando inseriamo l’autovalore dell’onda straordinaria abbiamo un campo H
che ha le componenti sul piano trasverso a z, quindi vede tutta l’anisotropia del
materiale. Infatti, l’onda stavolta non è polarizzata linearmente, come nel caso
dell’onda
ordinaria, ma
è polarizzata
ellitticamente
perché 𝜅 ≠
𝜇1 . In
conclusione,
stavolta
andando ad
incidere con un’onda piana diretta ortogonalmente all’asse di magnetizzazione
della ferrite, si generano due onde, una ordinaria ed una straordinaria, con una
diversa polarizzazione (lineare secondo l’asse di magnetizzazione ed ellittica sul
piano trasverso rispetto a quello di polarizzazione rispettivamente).
⃗ (𝑟) = 𝑧̂ 𝐻0 𝑒 −𝑗𝑘0 𝑦
𝐻
𝜇12 −𝜅2
𝜅 −𝑗𝑘0 √ 𝜇1 𝑦
⃗𝐻 (𝑟) = 𝐻0 (𝑥̂ − 𝑗 𝑦̂) 𝑒
𝜇1
I termini 𝜀 e 𝜓 sono delle quantità scalari, quindi non c’è l’anisotropia. Inoltre,
𝜓 e 𝜒 sono legati tra di loro. Il parametro di chiralità 𝜉𝐶 descrive quanto è
prevalente l’effetto di accoppiamento magneto-elettrico, quindi più 𝜉𝐶 è
elevato, più l’effetto di accoppiamento magneto-elettrico è importante. Dal
punto di vista delle onde piane che possono propagarsi in tali materiali,
possiamo scrivere l’equazione delle onde, per esempio per il campo elettrico,
sfruttando il tensore di Kong. Usiamo la matrice identità perché, quando
abbiamo a che fare con degli scalari, questo può essere anche espresso come
lo scalare
moltiplicato per
una matrice
identità per avere
una
rappresentazione
matriciale
all’interno
dell’espressione
di 𝐿𝐸 .
Introduciamo la propagazione per onda piana, quindi al tensore di Kong
sostituiamo k tensore, quindi in forma compatta abbiamo il solito sistema 𝐿𝐸 ⋅
𝐸⃗ (𝑟) = 0. Dobbiamo andare a valutare il 𝑑𝑒𝑡𝐿𝐸 = 0 per ottenere l’equazione
di dispersione. Quando abbiamo a che fare con materiali isotropi non serve
andare a risolvere il 𝑑𝑒𝑡𝐿𝐸 = 0 in questa forma così generale dove tutti gli
elementi sono diversi da 0 e particolarmente ricchi di termini, perché, se noi
consideriamo un mezzo isotropo, l’onda piana si comporta nello stesso modo
quale che sia la sua direzione di propagazione. Quindi, senza perdita di
generalità, possiamo assumere che l’onda piana che incide sul materiale si
propaga, per esempio, lungo l’asse z, non cambia niente se usiamo l’asse x o
l’asse y, matematicamente potrebbe cambiare qualche cosa, ma il risultato è lo
stesso. Consideriamo il caso semplice in cui l’onda piana sia diretta lungo z,
poniamo 𝑘𝑥 = 𝑘𝑦 = 0 e l’equazione di dispersione assume questa forma.
Assunto che
questa
quantità qui
non è 0, la
soluzione
discende dal
fatto che il
contributo
all’interno
della
parentesi quadra deve essere pari a 0. Questa è un’equazione in 𝑘𝑧 alla quarta
potenza, quindi abbiamo quattro soluzioni. Otteniamo un’equazione
biquadratica, le quattro soluzioni vengono fuori a 2 a 2 e definiscono la
propagazione nel verso positivo e negativo dell’asse z. Una la indichiamo con
𝑘𝑧+ = ±𝜔(√𝜇𝜀 + 𝜉𝑐 ) e una con 𝑘𝑧− = ±𝜔(√𝜇𝜀 − 𝜉𝑐 ). Trovati gli autovalori,
andiamo a sostituirli nel sistema e vediamo quali autovettori vengono fuori. Gli
autovalori sono, formalmente, gli stessi che abbiamo trovato nel caso della
ferrite magnetizzata, quindi non ci sorprende il fatto che il materiale si
comporti esattamente come una ferrite, dando quindi vita al suo interno a due
onde piane polarizzate circolarmente a destra e a sinistra. Quando sostituiamo
l’autovalore
con il segno +
otteniamo un
vettore di
polarizzazione
per il campo
elettrico
polarizzato
circolarmente,
quindi la soluzione per onda piana globale è quella che vediamo qui. Allo
stesso modo, quando sostituiamo il secondo dei due autovalori abbiamo che la
polarizzazione del campo elettrico è ancora circolare, ma di verso opposto, e
quindi la soluzione finale è quella che vediamo qui.
L’unica
differenza
importante
rispetto alla
ferrite è che
la ferrite
magnetizzata
presenta
queste due
onde piane polarizzate circolarmente solo quando la direzione dell’onda piana
incidente è secondo l’asse di magnetizzazione, perché quello è un mezzo
anisotropo. In questo caso invece possiamo considerare qualsiasi direzione di
propagazione dell’onda piana (noi abbiamo considerato l’asse z) senza perdita
di generalità otteniamo due onde piane polarizzate circolarmente di verso
opposto, quindi sfruttiamo l’isotropia del materiale.
𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑥, 𝑦, 𝑧) = −𝑗𝜔𝜇0 𝐻
⃗ (𝑥, 𝑦, 𝑧)
𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑥, 𝑦, 𝑧) = −𝑗𝜔𝜀0 𝜀𝑟 𝐸⃗ (𝑥, 𝑦, 𝑧)
𝜕 2 𝐸𝑧 (𝑥, 𝑦) 𝜕 2 𝐸𝑧 (𝑥, 𝑦)
+ + 𝑘𝑡2 𝐸𝑧 (𝑥, 𝑦) = 0
𝜕𝑥 2 𝜕𝑦 2
𝜕 2 𝐻𝑧 (𝑥, 𝑦) 𝜕 2 𝐻𝑧 (𝑥, 𝑦)
2
+ 2
+ 𝑘𝑡2 𝐻𝑧 (𝑥, 𝑦) = 0
𝜕𝑥 𝜕𝑦
Delle 6 di Maxwell che avevamo ne vengono usate 4 per esprimere Ex, Ey, Hx
ed Hy in funzione di Ez ed Hz, le altre due che rimangono sono delle equazioni
che sono delle Helmholtz scalari, una per Ez e l’altra per Hz. Quando vogliamo
cercare la soluzione del campo elettromagnetico che si propaga lungo un asse
z in un mezzo di questo tipo dobbiamo risolvere queste equazioni di Helmholtz
per Ez ed Hz, formalmente uguali, quindi basta risolverne una per ottenere il
risultato dell’altra, troviamo Ez ed Hz dall’integrazione di queste due equazioni
differenziali, poi si ottengono per derivazioni semplici Ex, Ey, Hx ed Hy e quindi
risulta noto tutto il campo elettromagnetico soluzione delle equazioni di
Maxwell rotore di E e rotore di H.
𝑇𝑀
𝜔𝜀0 𝜀𝑝 −𝑗𝑘 (𝑦−ⅆ ) −𝑗𝑘 𝑧
𝐻𝑥𝑝 (𝑦, 𝑧) = 𝑐1𝑝 𝑒 𝑦𝑝 𝑒 𝑧𝑝
𝑘𝑦𝑝
𝑇𝑀
𝑘𝑧𝑝 −𝑗𝑘 (𝑦−ⅆ ) −𝑗𝑘 𝑧
𝐸𝑦𝑝 (𝑦, 𝑧) = 𝑐1𝑝 𝑒 𝑦𝑝 𝑒 𝑧𝑝
𝑘𝑦𝑝
Nel mezzo m abbiamo che il termine che si elimina a priori è il termine, perché
per le y negative la parte di ampiezza tende ad un’ampiezza infinita, quindi ad
un’energia infinita. Quindi abbiamo il termine con il segno +. Consideriamo
inoltre y+d, dovendo andare ad imporre la condizione al contorno per y=-d,
quindi per ottenere un argomento nullo, laddove io vado a porre le condizioni
al contorno scrivo y+d, cosicchè quando y=-d l’esponenziale vale 1. Derivando
rispetto ad y e moltiplicando per le espressioni opportune otteniamo Hx ed Ey
per il semispazio m.
𝑇𝑀 𝑗𝑘𝑦𝑚 (𝑦+ⅆ ) −𝑗𝑘𝑧𝑚 𝑧
𝐸𝑧𝑚 (𝑦, 𝑧) = 𝑐1𝑚 𝑒 𝑒
𝑇𝑀
𝜔𝜀0 𝜀𝑚 𝑗𝑘 (𝑦+ⅆ) −𝑗𝑘 𝑧
𝐻𝑥𝑝 (𝑦, 𝑧) = −𝑐1𝑚 𝑒 𝑦𝑚 𝑒 𝑧𝑚
𝑘𝑦𝑚
𝑇𝑀
𝑘𝑧𝑚 𝑗𝑘 (𝑦+ⅆ ) −𝑗𝑘 𝑧
𝐸𝑦𝑚 (𝑦, 𝑧) = 𝑐1𝑚 𝑒 𝑦𝑚 𝑒 𝑧𝑚
𝑘𝑦𝑚
La stessa cosa facciamo per y=d, stavolta dovrà risultare che 𝑘𝑧𝑝 = 𝑘𝑧ⅆ quale
che sia z. Quindi avremo che i numeri d’onda in direzione longitudinale sono
tutti uguali, ovvero avremo che 𝑘𝑧𝑝 = 𝑘𝑧ⅆ = 𝑘𝑧𝑚 . Le componenti tangenziali
del vettore di propagazione si conservano sempre alle interfacce, quindi il 𝑘𝑧 è
sempre lo stesso sulle due interfacce della lamina dielettrica. Anche in questo
caso si semplificano gli esponenziali e rimangono i termini di ampiezza
nell’equazione. Abbiamo in conclusione un sistema di quattro relazioni nelle
quattro incognite date dalle costanti di integrazione “c”. I 𝑘𝑦 saranno diversi
tra di loro perché i k sono diversi tra di loro. In particolare, se i 𝑘𝑧 sono tutti
uguali tra di loro all’interno della radice quadrata, abbiamo che i 𝑘 2 sono
diversi
tra loro
perché i
tre
mezzi
sono
diversi.
Questo è un problema 4x4 nelle incognite “c”, ed è un problema omogeneo
agli autovalori, che ammette una soluzione banale, ovvero che tutte le costanti
siano nulle, il che non ci interessa, perché vorrebbe dire che tutte le onde TM
sono uguali a 0. Le quattro equazioni che abbiamo trovato possiamo
esprimerle in una forma matriciale.
A questo punto, se 𝑘02 𝜀𝑝 > 𝑘𝑧2 , avremo che 𝑘𝑦𝑝 è una quantità reale, e questo
non va bene, perché vogliamo che l’onda sia evanescente nel mezzo p per
avere un modo guidato. Dobbiamo assumere che 𝑘02 𝜀𝑝 < 𝑘𝑧2 , in maniera tale
che nel semispazio p io abbia una coda evanescente del campo. Possiamo fare
lo stesso ragionamento per il mezzo m. Quindi, fatte queste premesse,
siano evanescenti le code del campo nei mezzi p ed m. Dalla fisica del
problema otteniamo quindi le condizioni matematiche che dobbiamo imporre
sull’equazione di dispersione per avere dei modi guidati all’interno della lamina
dielettrica. Le condizioni fisiche sono propagazione nella lamina dielettrica e
code evanescenti nei due semispazi p ed m. Per imporre ciò, per le code
evanescenti dobbiamo imporre che 𝑘02 𝜀𝑝 < 𝑘𝑧2 e che 𝑘02 𝜀𝑚 < 𝑘𝑧2 . Allo stesso
tempo non deve essere evanescente il campo nel mezzo dove si vuole la
propagazione, quindi dobbiamo imporre che 𝑘02 𝜀𝑟 > 𝑘𝑧2 , al più uguale. Tutto
questo avendo assunto che il mezzo dove si ha propagazione sia più denso
rispetto ai mezzi sopra e sotto. Sostituendo all’equazione di dispersione i vari
𝑘𝑦 , otteniamo l’equazione di dispersione per i modi guidati, cioè le soluzioni in
termini di 𝑘𝑧 sono i numeri d’onda, cioè le costanti di propagazione, di tutti e
soli i modi che si possono propagare all’interno della lamina dielettrica. Le
soluzioni in termini di 𝑘𝑧 dell’equazione di dispersione, si dimostra, sono in
numero finito, quindi non abbiamo un’infinità di modi che possono viaggiare
all’interno della lamina, ma, per un fissato spessore, il numero di modi di
configurazione del campo elettromagnetico che possono essere guidati
all’interno della lamina è un numero finito. Le soluzioni dell’equazione di
dispersione in termini di 𝑘𝑧 dipendono dalla frequenza (quindi da 𝜔), dallo
spessore d della lamina dielettrica e dai valori delle costanti dielettriche della
guida e dei due semispazi sopra e sotto. Inoltre, la soluzione di 𝑘𝑧 ottenibile
per una determinata frequenza non si ottiene in maniera semplice così come
abbiamo visto nel caso delle onde piane. Abbiamo che 𝑘𝑧 compare dentro la
radice che definisce ciascuno dei 𝑘𝑦 , inoltre questo 𝑘𝑧 sta dentro una
tengente, che è una funzione trigonometrica che ha una certa periodicità,
quindi in realtà i valori di 𝑘𝑧 soluzione si ripetono con una certa periodicità. È
impossibile esplicitare 𝑘𝑧 da questa equazione di dispersione perché si tratta di
un’equazione trascendente a più valori. Quello che possiamo fare è cercare di
trovare una soluzione per via grafica in termini di 𝑘𝑧 di questa equazione di
dispersione, quindi andiamo a mettere sull’asse orizzontale lo spessore della
lamina per una fissata terzina {𝜀𝑟 , 𝜀𝑝 , 𝜀𝑚 }, e andare a graficare 𝑘𝑧 in funzione di
d. Esprimiamo 𝑘𝑧 normalizzato rispetto a 𝑘0, in maniera tale da ottenere le
curve soluzioni dell’equazione di dispersione che poi valgano per qualsiasi
frequenza, e lo spessore della lamina viene normalizzato rispetto alla
lunghezza d’onda. Considerando la periodicità delle soluzioni, otteniamo
diverse curve che sono rappresentate da quell’equazione di dispersione, curve
che sono soluzione del problema di modi guidati di tipo TMz all’interno della
lamina dielettrica. Abbiamo visto che la variabilità del 𝑘𝑧 per cui possiamo
𝑘
avere soluzioni è tale che 𝑚𝑎𝑥[√𝜀𝑚 , √𝜀𝑝 ] ≤ 𝑘𝑧 ≤ √𝜀𝑟 . Osserviamo le diverse
0
curve che si ottengono, abbiamo le soluzioni che vanno da TM0, TM1, TM2,
TM3, e così via. Stiamo considerando sempre una terzina di {𝜀𝑟 , 𝜀𝑝 , 𝜀𝑚 } che
caratterizzano
fisicamente la
struttura. Ci
chiediamo, se
abbiamo uno
spessore
normalizzato
pari a 0,5,
quindi lo
spessore della
lamina pari a
mezza
lunghezza
d’onda, i modi che possono esistere all’interno della struttura ed i valori
corrispondenti delle costanti di propagazione si determinano tracciando una
linea verticale per rappresentare lo spessore normalizzato peri a 0,5, quindi
𝜆
𝑑 = 2, e si va a vedere se questo asse verticale incontra le varie curve, se le
incontra, vuol dire che abbiamo soluzione. Quindi può esistere per questo
spessore il modo TM0, che ha un certo valore di costante di propagazione
normalizzata. Il modo TM1 può esistere e viaggia con un certo valore di
costante di propagazione normalizzata. Non può esistere il modo TM2, e
nemmeno quelli successivi. Per questo spessore le soluzioni sono due. Per
spessori molto piccoli non abbiamo nessuna soluzione, quindi non abbiamo
alcun modo TMz che può viaggiare all’interno della guida planare asimmetrica.
Chiamiamo frequenza di cut-off, anche se in questo caso parliamo di spessore
normalizzato di cut-off, a partire dal quale il modo si può propagare. Abbiamo
valori per spessori normalizzati di cut-off per i modi TM0, TM1, TM2, e così via,
rispettivamente. A partire da tali valori questi modi possono viaggiare in guida.
Dobbiamo trovare il valore per 𝑚𝑎𝑥[√𝜀𝑚 , √𝜀𝑝 ], dopodiché dobbiamo imporre
la condizione di cut-off, che è la condizione per la quale il modo passa da modo
non guidato a modo guidato. Le condizioni per le quali si una un modo guidato
sono quelle per cui si ha attenuazione all’interno dei due mezzi. Se 𝜀𝑚 > 𝜀𝑝 , al
variare di kz,
dobbiamo
vedere
quale tra
queste due
espressioni
finisce prima
di essere
una
grandezza immaginaria, quindi finisce prima di rappresentare un’onda
evanescente. Quello è il limite. Se 𝜀𝑚 > 𝜀𝑝 , la condizione 𝑘𝑦𝑚 = 0 è la
condizione di cut-off, perché nel semispazio m il modo non è più evanescente,
quindi non è più guidato, ma siccome 𝜀𝑚 > 𝜀𝑝 , il modo continua ad essere
evanescente nel mezzo p. Però questa condizione è una condizione di non
guidaggio del modo, perché nel mezzo p il modo si attenua esponenzialmente,
mentre nel mezzo m non risulta attenuato esponenzialmente, ma risulta
costante, quindi il modo non è più totalmente guidato all’interno della lamina.
Se, invece, 𝜀𝑚 < 𝜀𝑝 , avremmo avuto 𝑘𝑦𝑝 = 0, cioè il cut-off sarebbe stato
determinato dal non confinamento nel semispazio positivo invece che nel
semispazio negativo. Imponendo 𝑘𝑦𝑚 = 0, nell’ipotesi in cui 𝜀𝑚 > 𝜀𝑝 ,
l’equazione di dispersione assume una forma dalla quale possiamo esplicitare
quanto vale lo spessore della lamina in corrispondenza al cut-off. Il termine 𝑘0𝑐
introdotto è quello al quale abbiamo il cut-off. Esplicitando rispetto a d,
l’argomento della tangente sarà pari all’arcotangente del rapporto presente al
secondo membro, però dobbiamo fare attenzione alla molteplicità 𝑚𝜋 che
dobbiamo considerare perché stiamo valutando una funzione periodica. Da
𝜔0𝑐 2𝜋𝑓𝑐
queste ricaviamo le frequenze di cut-off. Sapendo che 𝑘0𝑐 = = . Se
𝑐0 𝑐0
esplicitiamo rispetto ad 𝑓𝑐 , andando a sostituire 𝑘0𝑐 , otteniamo le frequenze di
cut-off per i modi TMz, a partire dalle quali tali modi possono viaggiare
all’interno della lamina, al variare dell’indice m.
Se la frequenza è minore del cut-off del primo modo, cioè quello che si ottiene
per m=0, non esiste alcuna soluzione, quindi non si hanno modi guidati
all’interno della lamina dielettrica. Tutto quello che abbiamo visto nel caso
delle onde TMz si ripete nel caso delle onde TEz. Quindi dobbiamo prendere le
altre tre componenti di campo a partire da Hz, poi si ricavano Ex ed Hy
derivando rispetto ad y e moltiplicando per i soliti coefficienti. All’interno della
lamina dielettrica usiamo le espressioni che dipendono dal seno e dal coseno,
mentre il campo elettromagnetico delle onde TEz nei due semispazi dipende
da un andamento esponenziale, che si scrive con il segno – nel semispazio
positivo, con il segno + nel caso del semispazio negativo. Usiamo y=-d e y=d per
facilitare l’imposizione delle condizioni al contorno. In particolare, la terza
condizione, sulla continuità delle componenti normali del vettore B, per y=-d e
per y=d, è sovrabbondante rispetto alle altre due sulla continuità delle
componenti tangenziali del campo elettrico e magnetico all’interfaccia.
Imponendo le condizioni si trova che i numeri d’onda
longitudinali sono tutti uguali tra di loro, questo ci
permette di semplificare tutti gli esponenziali e di
andare ad ottenere un sistema omogeneo 4x4 nelle
incognite “c” per i modi TEz. La soluzione del problema
è con queste espressioni che abbiamo scritto per i vari
k. Il determinante della matrice dei coefficienti deve
essere uguale a 0 come condizione necessaria e
sufficiente per avere soluzioni diverse dalla soluzione banale. Otteniamo
l’equazione di dispersione, e anche qui imponiamo che i modi siano guidati.
Si trovano anche qui le curve di dispersione per i vari modi TE0, TE1, TE2, TE3,
e si
trovano le
frequenze
di taglio
ripetendo
il discorso
che
abbiamo
visto
prima.
Per m=0 otteniamo la frequenza di taglio del primo modo TE, e se la frequenza
è minore di quella del taglio ottenuto per il primo modo TE, non esistono modi
guidati di tipo TE che possono propagarsi all’interno della struttura.
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Filiberto Bilotti
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 10
Abbiamo studiato il
problema della
propagazione dei modi
in una guida d’onda
asimmetrica planare
dielettrica, quindi
avevamo assunto una
direzione di
propagazione secondo z, una struttura infinitamente estesa lungo x e limitata
trasversalmente secondo l’asse y, con uno spessore pari a 2d.
Sottolineiamo adesso una differenza che c’è tra le onde TM z ed i modi TMz. La
differenza sostanziale è quanto segue: le onde TMz sono soluzioni delle
equazioni di Maxwell imponendo le condizioni al contorno, i modi TM z sono
particolari onde TMz che risultano essere confinate all’interno della struttura.
Quindi quando abbiamo imposto ulteriormente il fatto che la soluzione del
campo elettromagnetico, che si propaga lungo z nella lamina, sia confinata alla
lamina, cioè abbia delle code evanescenti nei due semipiani superiore e
inferiore, allora abbiamo trasformato quell’onda in modo guidato. Quindi
quello è un modo guidato della struttura, perché ha un ky che è immaginario
nei due semispazi, e invece è reale all’interno della lamina.
Consideriamo
invece anche il
caso dei modi TEz,
quindi le
componenti delle
onde TEz sono Hz,
Ex ed Hy, le
scriviamo all’interno della lamina dielettrica e all’interno dei due semipiani,
abbiamo quello positivo, dove assumiamo 𝑒 −𝑗𝑘𝑦𝑝(𝑦−𝑑) e l’argomento avrà
Questo
ci porta ad ottenere, analogamente a come abbiamo fatto per i modi TMz, le
frequenze di taglio per i modi TEz. Osserviamo che l’espressione è esattamente
la stessa che abbiamo
trovato per i modi TMz,
𝜀𝑟
tranne per il rapporto che
𝜀𝑝
compariva all’interno
dell’argomento dell’arcotangente a moltiplicare questo rapporto tra le radici.
Quindi l’espressione è la stessa a meno di quel termine. Questo determina la
differenza tra le frequenze di taglio dei modi TE e dei modi TM. L’argomento
dell’arcotangente dei modi TM è leggermente maggiore rispetto all’argomento
𝜀𝑟
dell’arcotangente che si ha nei modi TE, per via di questo , questo comporta
𝜀𝑝
Quindi, un modo per capire qual è l’indice del modo guidato che si sta
propagando all’interno della guida d’onda consiste nel valutare l’intensità del
campo elettrico Ez e andare a vedere quanti spot luminosi abbiamo nella
guida.
Le
configurazioni
dei modi TEz
sono duali.
Quindi,
stavolta,
quello che era
il ruolo di Ez
nei modi
TMz, ce l’ha Hz nei modi TEz. È Hz che avrà configurazioni per m=0, pari per
m=1 e così via, esattamente analoghe a quelle che abbiamo visto per Ez nel
caso dei modi TM. E poi Ex si comporta come Hx che abbiamo visto prima. Una
cosa che è importante sottolineare è la seguente, ovvero, rispetto a questo
grafico, le configurazioni sembrano dispari e pari, ma non sono esattamente
così. Trattandosi di una guida asimmetrica, noi abbiamo la lamina dielettrica
che ha un certo valore di indice di rifrazione o di permittività relativa, infatti
noi abbiamo scelto ε𝑟 =3, che è maggiore rispetto al valore di ε nei due
semispazi εp ed εm, che sono numeri diversi tra loro, pari ad 1 e 2, ma, pur
essendo l’uno il doppio dell’altro, non sono poi così diversi tra loro, così come
non sono così diversi rispetto al valore di εr. Se la variazione di queste tre ε
fosse più significativa, noi avvertiremmo invece, anche
graficamente, una asimmetria delle configurazioni dei campi
Hz, Ex, Ez ed Hx per i modi TE e per i modi TM rispetto all’asse
z, e questo è dovuto proprio all’asimmetria dei due
semispazi.
Osserviamo che, secondo quanto riportato in figura, noi abbiamo una costante
dielettrica pari a 2, 3 ed 1, e la simmetria della configurazione dei campi per
m=0, per m=1, per m=2, e così via, non è così marcata, e
graficamente non è apprezzabile. Se avessimo, invece, una
situazione del genere, allora la configurazione del campo non
sarebbe più questa, ma sarebbe molto meno confinata, cioè
la curva evanescente sarebbe abbastanza morbida nel
semispazio positivo, mentre risulterebbe essere molto
stretta nel semispazio negativo. Questo è dovuto al fatto che il salto d’indice
così importante determina una asimmetria della configurazione del campo,
quindi non sarà più a quasi-simmetria dispari o a quasi-simmetria pari così
come abbiamo evidenziato precedentemente in figura.
Se facciamo uno
zoom
dell’andamento
di Hx, nel caso
m=0, vediamo
che Hx ha in
realtà questo
andamento, che
mostra una
continuità della componente Hx nell’attraversare l’interfaccia della lamina
dielettrica.
Parliamo della
continuità
della
componente
Hz
all’interfaccia
y=-d e y=d. Hz
si può
scrivere in funzione della derivata di Ex rispetto a y, quindi lo scriviamo
all’interno della lamina dielettrica, all’interno del semispazio inferiore (pedice
“xm”), e nella seconda equazione scriviamo Ex all’interno della lamina
dielettrica (pedice “xd”) e nel semispazio superiore (pedice “xp”), uno valutato
in y=-d e l’altro valutato in y=d.
Nel caso dei modi TM, consideriamo la continuità di Hx, che dipende dalla
derivata di Ez
rispetto a y.
L’espressione
che definisce
Hx deve
essere continua nell’attraversare le due interfacce.
In un modo guidato 𝑘𝑦𝑑 deve essere una quantità reale, mentre 𝑘𝑦𝑚 deve
essere una quantità immaginaria pura, perché così il modo si attenua
esponenzialmente nei due semispazi, infatti anche 𝑘𝑦𝑝 deve essere
immaginario puro.
La stessa
cosa si può
dimostrare
nel caso dei
modi TE
per quanto
riguarda le
derivate di
Hz fatte rispetto a y, anche qui cambiano segno nell’attraversare l’interfaccia, e
ciò lo si può dimostrare andando a imporre le condizioni al contorno della
continuità della componente Ex alle due interfacce. Anche qui troveremo che
l’uguaglianza corrisponde al fatto che ci siano delle derivate di Hz fatte rispetto
a y che cambino segno in corrispondenza alle interfacce.
Dopo aver visto tutto ciò che riguarda le guide planari asimmetriche, ora
rendiamo il problema un minimo più semplice. La guida planare simmetrica è
una lamina dielettrica di spessore 2d e di costante dielettrica relativa εr che è
inserita all’interno di un determinato mezzo con costante dielettrica relativa
εm. I due semispazi, quindi, sono uguali tra di loro non solo come dimensioni,
ma anche elettricamente, cioè hanno le stesse proprietà elettromagnetiche.
Per studiare
questa
guida,
possiamo
prendere il
caso della
guida
planare asimmetrica e possiamo andare a imporre che ε𝑝 = ε𝑚 .
Matematicamente torna tutto, quindi le espressioni generali, sia
dell’equazione di dispersione, sia del campo elettromagnetico che abbiamo
trovato nel caso della guida planare asimmetrica, si particolarizzeranno al caso
della guida simmetrica.
La prima via è quella più immediata, basta prendere le formule viste fino ad
ora, imponendo che ε𝑝 = ε𝑚 . Vediamo adesso la seconda strada per studiare
questa guida simmetrica.
Se vogliamo studiare una guida planare simmetrica senza aver studiato prima
quella asimmetrica dobbiamo scrivere le componenti delle onde TM, le
componenti delle onde TE, e dobbiamo imporre le condizioni al contorno.
Dobbiamo
scrivere le
componenti
delle onde
TM
all’interno
della
lamina, all’esterno della lamina, e l’unica differenza rispetto al caso
precedente è che gli esponenziali hanno gli stessi k y, ovvero abbiamo sempre
kym, sia nel semispazio positivo che nel semispazio negativo, i segni però
devono cambiare perché una volta consideriamo il semispazio positivo e una
volta il semispazio negativo. I riferimenti li assumiamo sempre in y=d nel
semispazio positivo e in y=-d nel semispazio negativo.
I ky nei semispazi, da due diventano solo uno, quindi dobbiamo imporre che
solo kym sia una quantità immaginaria per ottenere un modo guidato, e
inoltre la variabilità di kz per i modi guidati non ha più un elemento di
incertezza che era quello del max [√𝜀𝑚 , √𝜀𝑝 ], perché qui abbiamo un valore
solo della costante dielettrica, quindi kz/k0 deve essere compreso tra quei due
valori che vediamo scritti in figura, avendo assunto che la lamina dielettrica sia
più densa del mezzo circostante, in modo da avere la riflessione totale interna
e quindi il guidaggio del campo elettromagnetico nella lamina stessa.
La condizione
di cut-off è
facilmente
individuabile.
Abbiamo che
la 𝜀 è unica,
quindi
dobbiamo
solo imporre
che kym=0. Così facendo troviamo che 𝑘𝑧2 = 𝑘02 𝜀𝑚 , il che ci permette di
ottenere il cut-off dei modi.
Per i modi TM abbiamo che il modo m=0, che si ottiene andando a mettere
m=0 qui, ha una frequenza di taglio che è nulla. In una guida perfettamente
simmetrica il modo TM0 può esistere sempre, quale che sia il suo spessore
normalizzato. L’altra cosa importante che troviamo è che le frequenze di taglio
𝑐0
dei modi successivi sono dei multipli di . Quindi le frequenze di taglio
4𝑑 √𝜀𝑟−𝜀𝑚
dei modi TM nel caso di una guida simmetrica partono da 0 e sono tutte
multiple di questa quantità qui.
Anche nel caso
dei modi TM di
una guida
simmetrica
possiamo andare
a graficare gli
andamenti dei
singoli modi, e
osserviamo che il
modo TM0 non
ha cut-off, quindi anche per uno spessore normalizzato nullo, il modo TM 0
esiste sempre. Andando a prendere uno spessore generico andiamo a trovare
tutte le soluzioni possibili per kz, e quindi tutti i modi che possono viaggiare
all’interno della struttura.
Lo stesso
studio
possiamo
farlo
anche
nel caso
dei modi
TEz,
andiamo quindi a scrivere le componenti di campo nella lamina dielettrica, poi
andiamo a scrivere le componenti di campo nel semispazio positivo e nel
semispazio negativo. I ky nei due semispazi sono gli stessi perché hanno lo
stesso dielettrico.
Anche qui otteniamo l’equazione di dispersione dei modi TEz, che assume la
forma
2 2
(𝑘𝑦𝑑 − 𝑘𝑦𝑚 ) tan(2𝑘𝑦𝑑 𝑑) = 𝑗2𝑘𝑦𝑑 𝑘𝑦𝑚
Imponiamo che il modo sia guidato, quindi che abbia una coda evanescente nei
due semispazi, e che si propaghi, quindi che 𝑘𝑦𝑑 sia reale all’interno della
Quando andiamo a
valutare lo spettro
completo dei modi
TEz e TMz che
possono esistere che
possono esistere
all’interno della
struttura, vediamo
che i modi TE e TM
con lo stesso indice hanno la stessa frequenza di taglio.
Diverso era il caso per la guida asimmetrica, dove gli andamenti sembravano
simmetrici ma non lo erano, lo sembravano per la scelta dei parametri che
avevamo fatto, che non erano così diversi tra loro, ma quando la asimmetria
della struttura risulta essere più evidente, quindi i valori delle costanti
dielettriche dei due semispazi risultano essere più diversi tra loro, allora
troviamo una maggiore asimmetria nella distribuzione del campo
elettromagnetico nella struttura. Nella guida simmetrica le configurazioni di
campo sono sempre esattamente o a simmetria pari o a simmetria dispari.
Le strutture che dobbiamo studiare nel caso di una guida simmetrica sono le
seguenti. Abbiamo il piano y=0 che è un piano di simmetria, quindi se
consideriamo la struttura superiore per y>0, questa è esattamente uguale alla
struttura inferiore per y<0. Da come sono gli andamenti del campo, abbiamo
visto che alcuni, con un certo indice, sono a simmetria pari, altri con un altro
indice sono a simmetria dispari, e possiamo considerare metà struttura che
supporta solo modi pari, e metà struttura che supporta solo modi dispari.
Dobbiamo
scrivere il
campo
all’interno
della
lamina
dielettrica
e nel
semispazio
superiore,
quindi dobbiamo individuare solo due regioni questa volta. Scriviamo il campo
nelle due regioni e le condizioni al contorno che dobbiamo imporre sono
ancora due.
Dobbiamo
scrivere le
componenti
che sono nel
semispazio
superiore,
quindi con il
riferimento
traslato in +d.
In y=0
dobbiamo
imporre
che le
Prendendo
questo
determinante
ed
uguagliandolo
a 0 otteniamo
questa
equazione di
dispersione
molto
semplice.
Anche qui kyp
deve essere
una quantità
immaginaria
pura, mentre
kyd deve
essere una
quantità
reale.
Andando a imporre che il ky nel semispazio sovrastante alla lamina sia
immaginario puro per avere un’attenuazione esponenziale del campo,
troviamo che kz/k0 ha la stessa variabilità che abbiamo visto nella lamina
simmetrica, e si ricavano le
frequenze di cut-off che si esprimono
in questo modo qui. Anche qui esiste
un modo fondamentale per m=0, ovvero il modo TM0.
La stessa
cosa si può
fare nel caso
delle onde
TEz, quindi
andiamo a
scrivere le tre
componenti
di campo
nella lamina dielettrica, andiamo a scrivere le tre componenti nel semispazio
superiore ed imponiamo le condizioni al contorno.
Stavolta la
componente
tangenziale
del campo
elettrico che si
deve annullare
sull’interfaccia
y=0 è Ex,
imponiamo la
condizione al contorno sulla continuità delle componenti tangenziali del campo
elettromagnetico su y=d.
Anche
qui
troviamo
che kzd e
kzp
devono
essere
uguali tra
di loro e
otteniamo un sistema 2x2 per via della prima condizione al contorno sulla
lamina metallica. Otteniamo un’equazione di dispersione leggermente
differente rispetto a quella che abbiamo visto prima
𝒋𝒌𝒚𝒅
𝐭𝐚𝐧(𝒌𝒚𝒅𝒅) =
𝒌𝒚𝒑
Anche qui kz/k0 ha la stessa variabilità che abbiamo visto prima e le frequenze
di cut-off sono un po’ diverse rispetto a quelle che abbiamo visto prima. A
denominatore, infatti, abbiamo 4d e non 2d, e n=(m+1).
Per m=0 quindi la frequenza di cut-off non è 0.
Quindi, nel caso dei modi TE, il modo con indice più basso è un modo che ha
cut-off, e quindi non può esistere in una guida infinitamente sottile.
Il modo
fondamentale di
questa guida
planare appoggiata
su un piano di
massa metallico è il
modo TM0. Il primo
modo TE, ovvero il
TE1 ha un cut-off
diverso da 0, e lo spettro modale completo è caratterizzato da un’alternanza di
modi TM e TE, partendo dal modo TM0, che è il modo che non ha cut-off.
Abbiamo descritto
lo spettro modale,
che permette di
ottenere poi i kz
delle costanti di
propagazione dei
modi che esistono
per un dato spessore normalizzato, e abbiamo che il TM 0 c’è sempre.
La cosa
importante
che dovremo
andare a
considerare è
che, quando
abbiamo una
lamina
dielettrica
che si
appoggia su un piano di massa metallico, quindi immaginiamo che sotto ci sia
una metallizzazione, il modo TM0 c’è sempre, quale che sia lo spessore d della
lamina dielettrica che noi andiamo a considerare.
Quando noi andiamo ad accoppiare energia alla struttura con il modo che
desideriamo, tramite, per esempio, un coassiale, che permette di far
viaggiare il campo lungo la linea di trasmissione, andiamo ad eccitare anche il
modo TM0, che si propagherà nella guida d’onda andando a sottrarre energia
al modo che desideriamo, che è quello che propaga energia lungo questa
pista metallica.
L’efficienza globale di questo tipo di guide d’onda è in realtà ridotta per via del
fatto che esiste questo modo TM0 che non ha cut-off, e queste si chiamano
perdite per onda superficiale nelle strutture in microstriscia.
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Filiberto Bilotti
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 11
Se scriviamo 2 + 2 e premiamo
shift invio, otteniamo 4. Abbiamo
l’indicazione In[1] che è l’input
dell’operazione 1, e l’output che
indichiamo con Out[1].
Questi sono aspetti meramente grafici, da un punto di vista del calcolo non
abbiamo fatto nulla.
Dal punto di vista grafico, un’altra cosa che può aiutare ad organizzare ad
organizzare il lavoro è la suddivisione del codice in sezioni. Noi possiamo
chiamare questi primi esempi “Esempi di calcolo numerico”. Questa dicitura è
in blu, e il blu
corrisponde a
variabili, a
simboli. In questo
caso, per ora,
abbiamo una
variabile che si
chiama Esempi,
perché, se non
inseriamo spazi,
questa parola è
tutta una
variabile, e lo stesso vale per le altre parole inserite. Noi vogliamo
un’intestazione a questa sezione di lavoro, quindi possiamo andare
direttamente su Format, Style e abbiamo la possibilità di dire che quel
contenuto all’interno di quella parentesi non sia un input del tipo operazione,
equazione espressione, ma bensì un titolo.
Quindi cambia il tutto dal punto di vista estetico, perciò quando eseguiamo il
codice, per questo titolo non ci sarà un output associato. Questa sezione può
essere compattata in corrispondenza di quel titolo, e questo è utile perché
consente di organizzare in maniera più pulita il
calcolo.
Vediamo che, per esempio, alfa e lambda sono blu, mentre pi greco è nero
perché da Mathematica viene interpretato come 3,14. Se inseriamo la lettera
pi greco tramite l’assistente matematico, o tramite la short-cut, viene scritta in
blu, in quanto il software associa a questa lettera una variabile, a cui noi
associamo, eventualmente, un numero.
Il calcolo
simbolico
consiste
nell’effettuare
operazioni
matematiche
tramite
simboli e numeri, del tipo x + 2. Per chiedergli quanto vale x + 2 quando x=4,
usiamo la dicitura x + 2 //. X -> 2. La freccetta è l’operazione di assegnazione,
se premiamo shift invio l’output è 4. Assegnare ad un simbolo un valore
numerico si fa in questo modo.
Quindi, se scriviamo equazione //. {x->2} e premiamo shift invio, come output
otteniamo 4. Il doppio uguale indica un’identità e non un’assegnazione.
Come si definiscono le funzioni.
Il numero complesso può essere definito nel modo che segue. Immaginiamo di
definire una variabile complessa del tipo Complexnumer = 4 + I 7. Se
premiamo shift invio otteniamo 4 + 7 i. La i è rappresentata in maniera diversa,
la I grande maiuscola + l’unità immaginaria, la i piccola è una variabile.
Mathematica
consente di andare
a rappresentare
delle funzioni
tramite grafici o
plot.
L’operazione di
rappresentazione di
una funzione
tramite un grafico è
l’operazione Plot[].
All’interno
dobbiamo inserire l’espressione, come 3x+5, poi dobbiamo dare degli estremi
di rappresentazione per x, infatti dopo la virgola dobbiamo mettere tra
parentesi graffe la variabile di rappresentazione e gli estremi entro i quali
vogliamo graficare la funzione. Cambiando gli estremi possiamo analizzare la
funzione in un range più o meno ampio. Possiamo inserire nello stesso grafico
più funzioni valutate con la
stessa variabile e valutate
nello stesso range di
variabilità della x. Se
premiamo shift invio
otteniamo le varie curve con
colori diversi.
Immaginiamo di avere a che fare con le funzioni di Bessel, che sono delle
funzioni che hanno una variabile, ma hanno anche un grado. Per rappresentare
una funzione che ha un grado nel plot, possiamo fare la seguente operazione.
Innanzitutto grafichiamo una funzione di Bessel di prima specie, quindi
scriviamo Plot[BesselJ[n, x], {x, 0, 10}], per dire che parliamo di funzioni con
grado n e variabile x che varia da 0 a 10. La x è l’argomento della funzione di
Bessel, n rimane blu. Se al posto di n=0, e premiamo shift invio, otteniamo il
grafico della funzione BesselJ di ordine 0.
Esiste anche la
funzione Plot3D.
Possiamo far variare
sia la x che la y, quindi
possiamo scrivere una
funzione in due
variabili, e dobbiamo
inserire il range di
variabilità della x e
della y.
Se esprimiamo
l’argomento del seno
in radianti, noi
possiamo fare in modo di esprimerlo in gradi, scrivendo, ad esempio Cos[45
Degree].
Consideriamo il calcolo dell’impedenza di ingresso di un tratto di linea di
trasmissione chiusa su un certo carico.
In l=0
l’impedenza Zin
è 0, perché siamo attaccati al cortocircuito, dopo una lambda torna ad essere
0, ma anche dopo lambda mezzi. In lambda quarti abbiamo il valore opposto,
ovvero infinito.
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Lezione 12
Plasmoni di superficie
Possiamo assumere che siano presenti soltanto due lamine piuttosto che due
semispazi, con permittività 𝜀𝑟𝑚 e 𝜀𝑟𝑑 , dal momento che immaginiamo lungo z
un’attenuazione di tipo esponenziale. Dopo poche lunghezze d’onda il campo
è sufficientemente attenuato nelle z positive e nelle z negative in maniera tale
che possiamo considerarlo, in buona approssimazione, nullo. Se invece di avere
un semispazio abbiamo una lamina dielettrica con uno spessore finito, purchè
lo spessore sia tale per avere una buona approssimazione dell’azzeramento
della coda evanescente nelle z positive e negative, possiamo considerare una
struttura realistica e non una struttura ideale data da due semispazi.
⃗⃗⃗⃗⃗
𝐸𝑚 (𝑥, 𝑧) = ⃗⃗⃗⃗
𝐸0 𝑚 (𝑧)ⅇ −𝑗𝑘𝑥𝑚 𝑥
⃗⃗⃗⃗
𝐸𝑑 (𝑥, 𝑧) = ⃗⃗⃗⃗
𝐸0 𝑑 (𝑧)ⅇ −𝑗𝑘𝑥𝑑𝑥
⃗⃗⃗⃗⃗ ⃗⃗⃗⃗0 (𝑧)ⅇ −𝑗𝑘𝑥𝑑𝑥
𝐻𝑑 (𝑥, 𝑧) = 𝐻 𝑑
A sinistra abbiamo le
TEx, a destra le TMx.
Andiamo a cercare la
soluzione prima nel
caso TE e poi nel caso
TM.
Dopo aver
trovato la
soluzione
per Hy
otteniamo Ez
e Ex, quindi
possiamo
scrivere tutto
il campo
elettromagnetico nel mezzo m (z positive) e nel mezzo d (z negative).
Dal momento
che i ky sono
nulli perché la
struttura è
infinitamente
estesa secondo
y, otteniamo
queste ultime
due relazioni. A
questo punto dobbiamo scrivere l’equazione di dispersione che, stavolta, non
si ottiene attraverso alcun determinante della matrice dei coefficienti, perché
il problema è un problema con un’interfaccia sola, le condizioni al contorno
vengono imposte su questa singola interfaccia. Stavolta la relazione di
dispersione si materializza in una delle condizioni al contorno direttamente (la
prima).
Queste sono le
espressioni che si
ottengono, che sono
delle funzioni della
costante dielettrica
del mezzo d e del
mezzo m. L’obiettivo
è quello di avere
un’onda confinata all’interfaccia, quindi kzd e kzm devono essere delle quantità
immaginarie pure. Per imporre questa condizione dobbiamo considerare la
radice che è presente nelle espressioni di k zd e kzm. In questa radice abbiamo
√𝜀𝑟𝑑 + 𝜀𝑟𝑚 , se questa quantità 𝜀𝑟𝑑 + 𝜀𝑟𝑚 risultasse negativa la radice darebbe
vita ad un valore immaginario. Quindi k zd e kzm risulterebbero immaginari.
Affinché 𝜺𝒓𝒅 + 𝜺𝒓𝒎 < 𝟎, le due costanti dielettriche dei due diversi materiali
non possono essere entrambe positive, ovvero, ad esempio, 𝜀𝑟𝑚 dovrebbe
essere minore di 0. Dire che 𝜀𝑟𝑚 < 0 non basta, infatti deve valere che, in
modulo, 𝜀𝑟𝑚 deve essere maggiore di 𝜀𝑟𝑑 . Se questo è vero, avremo che la
quantità negativa data da 𝜀𝑟𝑚 sarà maggiore, in modulo, rispetto ad 𝜀𝑟𝑑 e
quindi avremmo che 𝜺𝒓𝒅 + 𝜺𝒓𝒎 < 𝟎, quindi la radice darà vita ad un numero
immaginario. Quindi avremmo che kzd e kzm sono delle quantità immaginarie, e
quindi abbiamo ottenuto la condizione perché ci siano dei modi evanescenti
nelle z positive e negative, e quindi il campo possa essere confinato
all’interfaccia. Allo stesso tempo, mentre valgono queste condizioni, il kx, cioè
la costante di propagazione nella direzione in cui si vuole la propagazione del
campo elettromagnetico, deve essere una quantità reale, perché vogliamo
un’attenuazione esponenziale per le z positive e negative, ma vogliamo che il
campo si propaghi nella direzione dell’asse x.
I metalli nobili (oro, argento, eccetera) alle frequenze ottiche presentano una
permittività negativa, che può essere anche di valori significativi (del tipo -10, -
12), quindi abbastanza grandi da poter verificare la condizione di surface
plasmon polariton con qualsiasi dielettrico che poniamo come altro materiale.
Dobbiamo dire che, di solito, questi modi confinati all’interfaccia tra metallo e
dielettrico vengono descritti con il termine “polaritone”, perché il “polaritone”
si riferisce allo stato di accoppiamento che scaturisce dall’interazione tra uno
stato di eccitazione della materia ed il campo elettromagnetico, ad esempio
alle frequenze della luce, un fotone. Noi abbiamo un’eccitazione della materia
che è dovuta all’interazione con il campo elettromagnetico, e questo dà vita ad
un’onda che si propaga alla superficie di interfaccia tra due materiali diversi.
Quello che succede è che, quando
abbiamo un campo
elettromagnetico in configurazione
TMx, quindi abbiamo che Hx=0, e
abbiamo le componenti Ez ed Ex
per il campo elettrico, ebbene,
questa configurazione di campo qui
è in grado di sostenere un’eccitazione collettiva degli elettroni. Immaginiamo
che questo in celeste sia il metallo, costituito al suo interno da elettroni liberi,
nel momento in cui abbiamo un campo elettrico verticale, in un semiperiodo
gli elettroni vengono richiamati in superficie, perché vengono attratti dal
campo elettrico nella direzione dell’asse z, nel semiperiodo successivo cambia
la polarità, e quindi vengono allontanati dalla superficie stessa. Nei due
semiperiodi, nel tempo, sulla superficie, solo per effetto del campo E verticale,
ci aspetteremmo un’eccitazione degli elettroni, per cui abbiamo ora una
concentrazione degli elettroni e ora una concentrazione delle lacune sulla
superficie del metallo. Ma, oltre alla componente secondo z, abbiamo anche
una componente secondo x del campo elettrico, quindi, mentre abbiamo
un’eccitazione degli elettroni lungo l’asse z che dà vita al moto descritto prima,
abbiamo una componente del campo E secondo x che descrive un fenomeno
analogo anche nella direzione dell’asse x. Quando andiamo a combinare
l’effetto del campo elettrico secondo z e secondo x è che gli elettroni, che sono
liberi e presenti all’interno del metallo, spazialmente, in ogni istante di tempo,
descrivono questa configurazione che vediamo qui, cioè un’alternanza di
concentrazione di elettroni, una concentrazione di lacune, elettroni, lacune, e
questo si ripete su tutta la
superficie del metallo. Il concetto di
polaritone fa intendere il fatto che
abbiamo un’interazione tra campo
elettromagnetico e materia, cioè tra
fotoni ed elettroni, e questa
interazione è tale da generare un
modo di campo elettromagnetico che si può propagare confinato
all’interfaccia tra il metallo e il dielettrico sovrastante che può essere anche
l’aria.
Questo si riflette
quando andiamo a
studiare le onde
piane in un mezzo
volumetrico
infinitamente esteso
fatto da un metallo
nobile. La soluzione
che si ottiene è quella di una superficie sferica. Questa avrà soluzione quando
𝜀𝑟𝑚 > 0.
Se consideriamo il
risultato dal punto di
vista grafico, andiamo a
vedere come si leggono
il grafico rosso e blu.
Abbiamo inoltre che 𝜀𝑚
presenta questo andamento.
Questo grafico mette insieme i due aspetti che abbiamo visto fin’ora, quello
del surface plasmon polariton, che può esistere fino a 𝜔𝑠𝑝 , perché la
permittività del metallo è negativa, a tal punto da superare in modulo il valore
della costante dielettrica del mezzo sovrastante. Tra 𝜔𝑠𝑝 e 𝜔𝑝 non c’è nessun
fenomeno di propagazione, perché non esiste più un surface plasmon, e
perché non esistono neanche onde piane che si possono propagare nel
metallo, perché la epsilon è negativa, ma DEBOLMENTE NEGATIVA. Comunque
sia, essendo negativa, non permette la propagazione di onde piane. Questo
intervallo tra 𝜔𝑠𝑝 e 𝜔𝑝 è prende il nome di band-gap, ovvero una regione di
frequenza proibita alla propagazione. Abbiamo che per 𝜔 > 𝜔𝑝 non esistono
surface plasmon polariton, ma possono esistere onde piane che si propagano
nel volume nel metallo.
La retta che vediamo è del
tipo 𝝎 = 𝒄𝒌𝒙 , dove 𝑐 =
1
. Questa retta definisce
√𝜇𝜀
la propagazione dell’onda
piana nel mezzo dielettrico
sovrastante al metallo.
Imponiamo le condizioni
al contorno in z=0 e
otteniamo queste tre
condizioni. Queste ci
dicono che i numeri
d’onda nella direzione di
propagazione devono
essere uguali tra loro,
questo impone una certa relazione tra le ampiezze incognite, ma osserviamo
questa prima condizione, che è la nuova equazione di dispersione. Questa deve
essere soddisfatta assieme alle ultime due equazioni.
Riprendiamo la
condizione che ci dice
che i kx in
propagazione
kxm=kxd=kx per
l’imposizione delle
condizioni al contorno.
Se anche i kz devono
essere uguali, allora i due mezzi non possono essere diversi tra di loro. Poiché
a monte abbiamo detto che i due mezzi sono diversi, visto che sono
2 = 𝑘 2 è una soluzione
caratterizzati da una diversa costante dielettrica, 𝑘𝑧𝑚 𝑧𝑑
impossibile per il nostro problema fisico. È una soluzione matematica che non
corrisponde al problema fisico che stiamo studiando. I modi TE(x) confinati
all’interfaccia non possono esistere, e questa è la giustificazione matematica.
La giustificazione fisica consiste nel fatto che nei modi TE(x) non esiste la
componente orizzontale del campo elettrico, e quindi l’eccitazione collettiva
degli elettroni all’interfaccia del metallo non può avere questa distribuzione
spaziale, che è quella che caratterizza la lunghezza d’onda di un surface
plasmon polariton, che è determinata dalla periodicità spaziale con cui si
ripetono gli accumuli o le assenze di elettroni all’interfaccia di un metallo
nobile. È utile capire come si può eccitare un plasmone superficiale sulla
superficie metallo-vuoto. Possiamo immaginare di avere un semispazio
metallico interfacciato con il vuoto. Supponiamo di voler eccitare un surface
plasmon polariton all’interfaccia tra i due semispazi, siamo nella condizione per
cui 𝜀𝑚 è negativa e, in modulo, maggiore della costante dielettrica del vuoto.
Facciamo incidere un’onda piana proveniente dal vuoto sul metallo, mi trovo
alle frequenze ottiche per cui 𝜀𝑚 è negativa e, in modulo, maggiore della
costante dielettrica del vuoto, può esistere un surface plasmon polariton, ma
lo eccito o no? Riusciamo a trasferire energia tra questa onda piana e il surface
plasmon polariton?
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Lezione 13
Togliendo
Flatten
abbiamo due parentesi graffe sia a sinistra che a destra, questo vuol dire che
abbiamo aggiunto una dimensione alla struttura della soluzione, una sola
parentesi graffa indica che stiamo parlando di un vettore.
Se togliamo il punto e virgola vediamo che sulla linea, avendo un carico pari
all’impedenza caratteristica, abbiamo solo l’onda diretta per la tensione e la
corrente visibile nell’output, quindi tutto torna.
Ora dobbiamo graficare queste onde di tensione e corrente non nello spazio,
quindi non dobbiamo fare un semplice plot in z, ma dobbiamo fare la
valutazione al variare del tempo come richiesto dal problema. Quando siamo
nel dominio della frequenza, cioè studiamo i fasori, assumiamo
un’eccitazione armonica. Dobbiamo prendere la funzione Vz1 con la sola onda
diretta nel caso 1, la moltiplichiamo per l’esponenziale ⅇ −𝑗𝜔𝑡 e ne prendiamo
la parte reale. In questo modo abbiamo valutato l’onda di tensione che varia
sia nello spazio che nel tempo. Ora ho due variabili, una nel tempo e una nello
spazio. L’idea è quella di non creare un grafico tridimensionale dove facciamo
variare z e t in tutti i modi possibili. L’idea è quella di avere un andamento che
viene animato nel tempo, quindi una funzione graficata su un piano, ad
esempio in funzione dell’asse z, e poi, al variare del tempo, questa funzione si
aggiorna ogni volta, in maniera tale che poi, facendo un’animazione al variare
degli istanti temporali successivi, vediamo come si muove questa curva nel
tempo. Al tempo andiamo a sostituire (con //.) un’istante temporale che varia
𝑛 2𝜋
di volta in volta, e lo indichiamo nel modo che segue //.𝑡 → ( ) . Il periodo
10 𝜔
2𝜋
lo indichiamo con . Se andiamo a variare n tra 0 e il valore massimo 10,
𝜔
essendo n un indice intero, noi abbiamo preso il periodo, lo abbiamo diviso in
dieci parti e abbiamo considerato, di volta in volta, un istante che è 0, 1/T, 2/T,
2𝜋
fino ad arrivare alla valutazione per T= .
𝜔
I dati
sono
analoghi
a quelli
della
La soluzione
che otteniamo
non è una
soluzione che
fornisce
direttamente
l’arcotangente.
Abbiamo le
soluzioni in termini di periodicità della tangente, e, in particolare, abbiamo una
costante πC[1], con C[1] che deve essere una quantità intera.
Possiamo dire al software di sostituire C[1] con m, per avere mπ, e chiediamo
di introdurre il fatto che m appartiene agli interi. Infatti, il software, di default,
assume ogni quantità come complessa. Dobbiamo dire noi a Mathematica che
la quantità che stiamo considerando è un numero intero. La soluzione
dell’equazione di dispersione varia al variare di m, quindi dobbiamo scrivere la
Se consideriamo valori
di kz che sono prima del
valore per cui il
denominatore è nullo e
quindi l’argomento va
ad infinito, il software considera la soluzione tradizionale. Se ci troviamo per
valori di kz uguali o superiori a quello per cui abbiamo lo zero del
denominatore dell’argomento dell’arcotangente, allora, invece che m, il
software mette m+1. Così abbiamo tolto l’ambiguità sul segno che
Mathematica trova quando attraversa il punto di zero del denominatore
dell’argomento dell’arcotangente. Quindi, per arrivare a questa valutazione o
espressione della funzione “per pezzi”, abbiamo prima preso il denominatore,
lo abbiamo selezionato tramite il software, e abbiamo visto dove si annulla.
Così selezioniamo
l’arcotangente.
Dobbiamo valutare
dove il denominatore
vale zero, e dobbiamo trovare il valore di kz per cui questo avviene. Ripetiamo
il grafico di prima, per la funzione soluzione che abbiamo definito prima. Dopo
aver descritto il grafico modale, dobbiamo graficare il campo. Le incognite “c”
devono essere esplicitate, quindi devono diventare numeri. Ricordiamo che il
sistema è 4x4 omogeneo, e quando andiamo a
sostituire i kz soluzione dell’equazione di
dispersione, il sistema ha determinante nullo.
Quindi dobbiamo trovare gli autovettori. Abbiamo
imposto un valore a cd1TM, e siamo andati a
risolvere il resto delle equazioni per le altre
incognite. In questa maniera, quindi, troviamo le
espressioni delle quattro costanti di integrazione, che sono soluzione del
problema. Inseriamo i dati numerici, kz e D sono quelli che vengono fuori
dall’equazione di dispersione, e a quel punto possiamo fare il grafico dopo aver
ottenuto le espressioni delle componenti di campo Ezd, Ezp, e Ezm avendo
sostituito i dati. Facciamo lo stesso per Hx. Quando andiamo a fare il grafico,
dobbiamo trovare il massimo del valore del campo, perché è utile non
esprimere l’andamento dei
modi in termini assoluti, ma
farlo in termini normalizzati
al massimo, in maniera tale
che il picco del campo valga
sempre 1 in corrispondenza
del massimo. Possiamo
graficare tutti i modi insieme, senza che queste presentino ampiezze diverse
tra di loro, quindi normalizziamo. Per un kz fissato andiamo a fissare il modo
m=0. Possiamo fare lo stesso per Hx. Possiamo fare il grafico del campo per un
determinato spessore fissato. Fissato lo spessore si determina direttamente il
valore di kz per cui è soddisfatta l’equazione di dispersione. Ci ricordiamo che
se tracciamo una retta verticale per un determinato spessore, vediamo che
possiamo incontrare delle curve modali, e per
ciascuna di esse, il valore di kz corrispondente,
per un fissato spessore, sarà diverso. Questo kz
dobbiamo sostituirlo nell’espressione dei
campi. Il grafico del campo è fatto come
abbiamo visto prima,
da m che va da 1 al valore massimo. Qui riportiamo
l’andamento di Ez (quello verde è per m=0) e di Hx.
Facciamo tutto il ragionamento anche per i modi TE
e andiamo a graficare lo spettro modale completo.
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Prof: Filiberto Bilotti
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Lezione 14
Parliamo di guide d’onda metalliche, che, a differenza delle guide d’onda che
abbiamo analizzato fino ad ora (che sono delle guide planari), queste
presentano pareti metalliche.
Per poter parlare di queste guide c’è bisogno di definire uno strumento
matematico, comune a tutti questi tipi di guide, che permette di decomporre il
campo elettromagnetico nella sua parte trasversa e nella sua parte
longitudinale. Introduciamo adesso le applicazioni delle microonde, quindi
un’informazione relativamente allo spettro elettromagnetico e alle applicazioni
che abbiamo oggi a disposizione in ciascuna porzione dello spettro.
È importante capire dove i diversi servizi, e le diverse applicazioni, si collocano
all’interno dello spettro elettromagnetico per capire a che frequenza siamo, e
anche per dare un’indicazione su qual è il livello della potenza che viene gestito
dal sistema.
Le bande LF, MF, HF, VHF sono quelle inferiori a 300 MHz, e sono le bande di
interesse per le applicazioni radio, e tipicamente sono quelle che vengono
chiamate radio-frequenze. Dai 300 MHz ai 300 GHz abbiamo le frequenze che,
in generale, vengono definite microonde (non contengono solo le microonde,
ma contengono anche le onde millimetriche). Abbiamo un’ulteriore
classificazione all’interno dello spettro delle microonde da 300 MHz a 300
GHz, che è stata ufficialmente definita dalla IEEE (Institute of Electrical and
Electronics Engineers, che è l’istituto mondiale che si occupa della
standardizzazione delle frequenze radio, e di qualsiasi tipo di standardizzazione
che riguarda i dispositivi ed i sistemi elettronici), andiamo a vedere quali sono
le applicazioni tipiche per ciascuna banda di frequenze.
Comunicazioni radio
Abbiamo le
comunicazioni
radio, link punto-
punto, ma anche il
broadcasting radio
e tv, che viene
realizzato con delle
antenne poste, in
genere, su alture,
su cui vengono installate potenze elevate (dell’ordine delle centinaia di kW),
che permettono di ricoprire in maniera omnidirezionale vaste aree
geografiche. Possiamo trasmettere un segnale radio o un segnale tv (analogico
e digitale) in maniera distribuita sul territorio.
Comunicazioni mobili
Le comunicazioni
mobili o wireless,
a partire dai
sistemi di prima
generazione, fino
a quelli attuali
della quinta
generazione,
sono sistemi che
lavorano alle frequenze delle microonde, e si basano, come le comunicazioni
radio che abbiamo illustrato prima, sulla propagazione del campo
elettromagnetico in un ambiente che può essere sia outdoor (vicino allo spazio
libero), o in un ambiente complesso (struttura cittadina complessa o gli
ambienti indoor).
La sfida delle
comunicazioni
mobili è quella di
essere sempre di
più integrate,
veloci e a latenza 0,
il che ci proietta nei
sistemi 5G e anche
oltre il 5G.
Entriamo nel vivo dell’internet of things e di un’industria intelligente.
Comunicazioni satellitari
Ancora per
quanto riguarda
lo spettro delle
microonde
abbiamo le
comunicazioni
satellitari, che
possono avvenire
tra satelliti e
satelliti, satelliti e
stazioni a terra, satelliti e velivoli, o veicoli, in movimento a terra. Le
comunicazioni satellitari sono importanti anche non solo come link punto-
punto, ma anche come broadcasting, cioè come diffusione su vaste aree del
segnale, per esempio, televisivo digitale, come avviene per le piattaforme di tv
satellitare.
Comunicazioni spaziali
Abbiamo le
comunicazioni
spaziali, che sono
tipiche dei
collegamenti tra
satelliti, ma
parliamo anche di
comunicazioni che
coinvolgono, ad
esempio, la
stazione spaziale internazionale piuttosto che vari veicoli spaziali quando sono
in missione.
Sistemi di comunicazione integrati – scenario militare
Si individuano
sistemi di
comunicazione
che riguardano
scenari in
ambito militare
e civile, e questo
è un esempio di
complessità in
ambito militare,
dove le comunicazioni che vengono gestite, e corrispondono all’integrazione di
diversi sistemi a disposizione, creano un ambiente complesso, integrato e
globalmente connesso.
La stessa cosa
possiamo
immaginare in un
ambito civile,
dove andiamo
dalle
comunicazioni
veicolari, alle
macchine
intelligenti a guida
autonoma, fino agli edifici intelligenti. Il tutto nel rispetto dell’ambiente, ci si
concentra nella riduzione del consumo energetico, cercando il più possibile di
usare il wireless power transfer, quindi il trasferimento della potenza tramite
segnali wireless disponibili nell’ambiente per cercare di avere il più possibile
dispositivi che non hanno consumo, e che quindi non necessitano di
approvvigionamento energetico da parte della rete.
Radio-navigazione satellitare
Nell’ambito delle
microonde non
abbiamo soltanto
servizi e sistemi di
comunicazione,
ma anche servizi
e sistemi di radio-
navigazione o di
radio-localizzazione satellitari, come il sistema GPS. Anche qui esistono delle
bande di frequenze delle microonde dedicate a questo tipo di sistemi, che sono
oggi sempre più precisi ed estendono la loro funzionalità anche in ambito
indoor.
Identificazione a radio-frequenza
Radar anticollisione
Un particolare sviluppo lo
stanno avendo i radar
anticollisione, che lavorano
dai 60 GHz in poi fino alle onde
millimetriche, che permettono
di evitare le collisioni tra veicoli, il che è importante per sistemi futuri di guida
autonoma.
Telerilevamento
Trough-wall imaging
Un concetto simile di sistema radar è quello che viene usato per vedere
attraverso i muri e gli ostacoli, usato in ambiti militari, protezione civile ed altri
ambiti civili.
Armi a microonde
Possiamo usare la potenza delle microonde per realizzare armi come cannoni
alle microonde, pistole alle microonde (micro-wave gun).
Imaging a
microonde e
diagnostica
medica
Abbiamo il mondo
dell’imaging nelle
frequenze delle
microonde, possiamo far riferimento a scanner aeroportuali (che lavorano alle
onde millimetriche), fino agli scanner alle microonde per l’alta diagnostica
medica. Le microonde non vengono usate soltanto per vedere il corpo umano,
infatti possiamo considerare l’applicazione delle microonde in tutti gli ambiti di
radioterapia, anche come terapia medica. Si applicano le microonde nelle zone
malate, in maniera confinata, con delle opportune lenti, per poter distruggere
le cellule malate.
Sensoristica a microonde
Nella banda L risiede senz’altro la telefonia mobile del tipo UMTS, cioè quella
di terza generazione, ma anche i sistemi GSM, quelli di seconda generazione
nella loro seconda fase (operavano a 1800 MHz in Europa, a 1900 MHz i sistemi
PCS negli Stati Uniti). A queste frequenze della banda L abbiamo anche la
telefonia satellitare che abbiamo, ad esempio, nelle navi e negli aerei quando
non abbiamo a disposizione una rete mobile terrestre. In questa banda di
frequenze abbiamo anche i sistemi di navigazione satellitare GPS e Galileo.
Abbiamo le bande note come L1 e L2, a 1100 e 1500 MHz, che permettono ai
dispositivi wireless indossabili (smartphone o smartwatch), ai sistemi di
navigazione installati sugli autoveicoli, di funzionare in queste due bande di
frequenze.
Altre applicazioni che risiedono nella banda L sono quelle della sorveglianza
degli aerei (1000-1100 MHz), abbiamo delle frequenze che possono essere
utilizzate dai radioamatori (1200-1300 MHz), e abbiamo applicazioni
importanti nella radio-astronomia che riguardano la linea dell’idrogeno, a circa
1,4 GHz, che emette, quando abbiamo una variazione spontanea all’interno
della molecola, una radiazione con lunghezza d’onda di 21 cm.
Quando
vogliamo
considerare i
modi pari di
una guida
d’onda
simmetrica
dobbiamo
scrivere il
campo elettromagnetico all’interno della lamina dielettrica, ma solo la sua
parte pari, ovvero la parte del coseno, che è quella pari.
La parte del seno, invece, verrà lasciata per lo studio dei modi dispari.
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 15
𝜕𝐵⃗ (𝑟 , 𝑡)
𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑟 , 𝑡) = − 𝛻⃗ × 𝐸⃗ (𝑟 ) = −𝑗𝜔𝜇𝐻 ⃗ (𝑟 )
𝜕𝑡 →
⃗ (𝑟 , 𝑡)
𝜕𝐷 𝛻⃗ × 𝐻⃗ (𝑟 ) = 𝑗𝜔𝜀𝑐 𝐸⃗ (𝑟 )
𝛻⃗ × 𝐻
⃗ (𝑟 , 𝑡) =
𝜕𝑡
Consideriamo un mezzo dielettrico lineare, isotropo, omogeneo, stazionario e
non dispersivo. Assumendo z come asse di propagazione, che è l’asse della
guida d’onda, separiamo il campo elettrico ed il campo magnetico in un
vettore che è solo longitudinale, ed in un vettore che giace sul piano trasverso
a z.
𝐸⃗ (𝑟 ) = 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) + 𝑧̂ 𝐸𝑧 (𝑟 )
{
𝐻⃗ (𝑟 ) = 𝐻 ⃗ 𝑡 (𝑟 ) + 𝑧̂ 𝐻𝑧 (𝑟 )
𝜕
𝛻⃗ = 𝛻⃗𝑡 + 𝑧̂
𝜕𝑧
Questo vuol dire che dobbiamo separare anche la componente longitudinale e
quella trasversa del vettore nabla. Abbiamo il rotore trasverso 𝛻⃗𝑡 , ed è un
operatore vettoriale che agisce solo sulle coordinate trasverse e che giace sul
piano trasverso alla direzione di propagazione. La parte longitudinale contiene
solo le derivate rispetto a z.
𝜕
(𝛻⃗𝑡 + 𝑧̂ ) × [𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) + 𝑧̂ 𝐸𝑧 (𝑟 )] = −𝑗𝜔𝜇𝐻
⃗ 𝑡 (𝑟) + −𝑧̂ 𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑟)
𝜕𝑧
𝜕
(𝛻⃗𝑡 + 𝑧̂ ) × [𝐻𝑡 (𝑟) + 𝑧̂ 𝐻𝑧 (𝑟 )] = 𝑗𝜔𝜀𝑐 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) + 𝑧̂ 𝑗𝜔𝜀𝑐 𝐸𝑧 (𝑟)
𝜕𝑧
Andando a sviluppare ci rendiamo conto che possiamo scrivere il tutto in una
forma più compatta.
𝜕
(𝛻⃗𝑡 + 𝑧̂ ) × [𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) + 𝑧̂ 𝐸𝑧 (𝑟)]
𝜕𝑧
⃗⃗⃗𝑡 (𝑟 )
𝜕𝐸 𝜕𝐸𝑧 (𝑟 )
= ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) + ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝑧̂ 𝐸𝑧 (𝑟 ) + 𝑧̂ × + 𝑧̂ × 𝑧̂
𝜕𝑧 𝜕𝑧
⃗ 𝑡 (𝑟 ) + −𝑧̂ 𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑟)
= −𝑗𝜔𝜇𝐻
𝜕𝐸𝑧(𝑟 )
Abbiamo un termine nullo (𝑧̂ × 𝑧̂ ) perché nasce da un prodotto vettoriale
𝜕𝑧
tra due vettori che sono collineari, cioè sono tutti e due diretti secondo z.
Semplificando, otteniamo questi tre termini a primo membro, e questi due a
secondo membro.
⃗⃗⃗𝑡 (𝑟 )
𝜕𝐸
⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) + ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝑧̂ 𝐸𝑧 (𝑟 ) + 𝑧̂ × ⃗ 𝑡 (𝑟) + −𝑧̂ 𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑟)
= −𝑗𝜔𝜇𝐻
𝜕𝑧
Osserviamo che il termine ⃗⃗⃗ 𝛻𝑡 × 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) giace nella direzione dell’asse z, perché è
il prodotto vettoriale tra due vettori che giacciono sul piano trasverso. Il
secondo termine giace sul piano trasverso a z perché il primo vettore giace
lungo z ed il secondo vettore è trasverso. Anche il terzo termine giace sul piano
trasverso a z. Uguagliando primo e secondo membro ci rendiamo conto che il
termine 𝐻⃗ 𝑡 (𝑟 ) è trasverso rispetto all’asse z, mentre il secondo termine è
diretto lungo z. Possiamo quindi considerare l’uguaglianza della parte
longitudinale con quella trasversale.
⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) = −𝑧̂ 𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑟)
⃗⃗⃗𝑡 (𝑟 )
𝜕𝐸
−𝑧̂ × ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 𝐸𝑧 (𝑟) + 𝑧̂ × ⃗ 𝑡 (𝑟)
= −𝑗𝜔𝜇𝐻
𝜕𝑧
Quindi la singola equazione di Maxwell rotore di E si traduce in queste due
equazioni, la prima ha elementi diretti lungo l’asse z, la seconda sul piano
trasverso all’asse z.
La stessa cosa possiamo farla, per dualità, con il rotore di H, dove la prima
equazione ha elementi che sono diretti secondo l’asse z, mentre la seconda ha
elementi che giacciono sul piano trasverso a z.
⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝐻𝑡 (𝑟 ) = 𝑧̂ 𝑗𝜔𝜀𝑐 𝐸𝑧 (𝑟)
⃗⃗⃗⃗𝑡 (𝑟 )
𝜕𝐻
−𝑧̂ × ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 𝐻𝑧 (𝑟) + 𝑧̂ × = 𝑗𝜔𝜀𝑐 𝐸⃗𝑡 (𝑟 )
𝜕𝑧
Questo, quindi, è il risultato della decomposizione del campo elettromagnetico
nella parte longitudinale e nella parte trasversale, che coinvolge anche il
vettore nabla.
𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) = ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 )𝑍𝑒 (𝑧)
{
⃗ 𝑡 (𝑟 ) = ℎ⃗𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 )𝑍ℎ (𝑧)
𝐻
⃗⃗⃗
𝛻𝑡 × 𝐸⃗𝑡 (𝑟 ) = −𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑟 )𝑧̂
⃗⃗⃗𝑡 (𝑟 )
𝜕𝐸
−𝑧̂ × ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 𝐸𝑧 (𝑟) + 𝑧̂ × ⃗ 𝑡 (𝑟)
= −𝑗𝜔𝜇𝐻
𝜕𝑧
⃗⃗⃗𝑡 × ⃗⃗⃗
𝑍𝑒 (𝑧)𝛻 𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = −𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 , 𝑧)𝑧̂
ⅆ𝑍𝑒 (𝑧)
𝑧̂ × ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 𝐸𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 , 𝑧) − 𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 𝑗𝜔𝜇ℎ⃗𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 )𝑍ℎ (𝑧)
𝑧̂ × ⃗⃗⃗
ⅆ𝑧
Osserviamo che 𝑍𝑒 (𝑧) può essere portato fuori dal simbolo di nabla trasverso
perché non dipende dalle coordinate trasversali, ovvero quelle su cui opera il
nabla trasverso. Al secondo membro non abbiamo definito ancora come varia
𝐻𝑧 in funzione di z, abbiamo detto solo la variabilità di 𝐸⃗𝑡 ed ⃗⃗⃗⃗
𝐻𝑡 , quindi lo
scriviamo in funzione delle tre coordinate q 1, q2 e z. Nella seconda equazione
abbiamo 𝐸𝑧 , su cui ancora non abbiamo detto nulla, quindi lo scriviamo in
funzione di q1, q2 e z. 𝐸⃗𝑡 lo abbiamo separato nella parte trasversa e nella parte
che dipende da z, e la parte che dipende da Z è l’unica soggetta all’operazione
𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) che dipende solo da q 1 e
di derivazione, che è totale. Rimane poi 𝑧̂ × ⃗⃗⃗
q2, dopodiché fattorizziamo il campo magnetico trasverso a secondo membro.
Ricordiamoci che TE vuol dire che Ez è nullo, TM vuol dire che Hz è nullo, TEM
vuol dire che sia Ez che Hz sono nulli.
Onde TE(z)
⃗⃗⃗𝑡 × ⃗⃗⃗
𝑍𝑒 (𝑧)𝛻 𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = −𝑗𝜔𝜇𝐻𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 , 𝑧)𝑧̂
ⅆ𝑍𝑒 (𝑧)
− 𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 𝑗𝜔𝜇ℎ⃗𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 )𝑍ℎ (𝑧)
𝑧̂ × ⃗⃗⃗
ⅆ𝑧
⃗⃗⃗𝑡 × ⃗⃗⃗
𝑍ℎ (𝑧)𝛻 ℎ𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 0
ⅆ𝑍ℎ (𝑧)
̂ × ⃗⃗⃗
−𝑧 𝛻𝑡 𝐻𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 , 𝑧) + 𝑧̂ × ⃗⃗⃗
ℎ𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 𝑗𝜔𝜀𝑐 𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 )𝑍𝑒 (𝑧)
ⅆ𝑧
Vediamo se possiamo capire com’è fatta la dipendenza da z di Hz. Nella prima
equazione abbiamo la fattorizzazione tra una funzione che dipende dalla sola z,
e una funzione che dipende dalle coordinate q1 e q2. Abbiamo quindi che Hz,
dovendo essere il primo membro uguale al secondo membro, sarà anch’esso
fattorizzabile in una parte che dipende solo da z, che è proprio uguale a 𝑍𝑒 (𝑧),
e in una parte trasversale. Possiamo scrivere che 𝐻𝑧 = ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 )𝑍𝑒 (𝑧).
Operando questa fattorizzazione vediamo che i termini 𝑍𝑒 (𝑧) si semplificano al
primo e al secondo
membro. Quindi,
per le componenti
di campo
elettromagnetico
che compaiono
nelle onde TE,
queste sono le
fattorizzazioni.
Dalla quarta
equazione ci
rendiamo conto
che questa
espressione ci
dice che anche la
𝑑𝑍ℎ (𝑧)
è legata a
𝑑𝑧
𝑑𝑍ℎ (𝑧)
𝑍𝑒 (𝑧) da una relazione di proporzionalità del tipo = −𝑗𝑘𝑧 𝑍𝑒 (𝑧). Anche
𝑑𝑧
qui la costante di proporzionalità è arbitraria, la scegliamo uguale a quella che
abbiamo trovato in precedenza.
ⅆ𝑍𝑒 (𝑧)
= −𝑗𝑘𝑧 𝑍ℎ (𝑧)
ⅆ𝑧
ⅆ𝑍ℎ (𝑧)
= −𝑗𝑘𝑧 𝑍𝑒 (𝑧)
ⅆ𝑧
Queste due equazioni, messe a sistema, rappresentano le equazioni delle linee
di trasmissione, dove 𝑍𝑒 (𝑧) svolge il ruolo di una tensione, mentre 𝑍ℎ (𝑧)
svolge il ruolo di una corrente. Derivando rispetto a z il legame trovato tra
𝑑 2 𝑍𝑒 (𝑧) 𝑑𝑍ℎ (𝑧)
𝑍𝑒 (𝑧) e 𝑍ℎ (𝑧) si ottiene = −𝑗𝑘𝑧 = − − 𝑘𝑧2 𝑍𝑒 (𝑧) , la cui soluzione
𝑑𝑧 2 𝑑𝑧
si esprime come 𝑍𝑒 (𝑧) = 𝑐1 𝑒 −𝑗𝑘𝑧𝑧 + 𝑐2 𝑒 𝑗𝑘𝑧 𝑧
.
Possiamo esprimere questi due contributi come somma di due onde diretta e
1 𝑑𝑍𝑒 (𝑧)
riflessa, avremo un segno meno per l’onda riflessa di 𝑍ℎ (𝑧) = − =
𝑗𝑘𝑧 𝑑𝑧
𝑐1 𝑒 −𝑗𝑘𝑧 𝑧 − 𝑐2 𝑒 𝑗𝑘𝑧𝑧 perché questa svolge il ruolo di una corrente (cosa che
accade anche nel caso della corrente in una linea di trasmissione). La
dipendenza rispetto a z quindi deve essere una dipendenza che definisce la
propagazione di queste onde TE nella direzione dell’asse z. Nella direzione
dell’asse z ci può essere un’onda che viaggia lungo il verso positivo dell’asse z e
un’altra che viaggia nel verso negativo dell’asse z.
Per ogni onda TE(z) possiamo definire una linea di trasmissione che ne descrive
la propagazione lungo z.
𝑘𝑡2 = 𝑘 2 − 𝑘𝑧2
Abbiamo che 𝑘𝑡2 dipende da come è caricata la guida d’onda, cioè dal
dielettrico che riempie la guida d’onda, ed è legato anche alla costante di
propagazione del modo che viaggia all’interno della guida d’onda, infatti
abbiamo che 𝑘𝑡2 = 𝜔2 𝜇𝜀𝑐 − 𝑘𝑧2. Dopo aver risolto l’equazione di Helmholtz,
cosa che sappiamo fare nei diversi sistemi di riferimento (quindi rettangolare o
cilindrico), introduciamo la soluzione per ℎ𝑧 nelle altre equazioni che abbiamo
(riprendiamo il sistema precedente), e possiamo ricavare 𝑒𝑡 ed ℎ⃗𝑡 .
𝑘𝑧
ℎ⃗𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = −𝑗 𝛻⃗ ℎ (𝑞 , 𝑞 )
𝑘𝑡2 𝑡 𝑧 1 2
Onde TM(z)
Ripetiamo la stessa cosa nel caso delle onde TM(z), dove abbiamo che H z=0.
Abbiamo una Helmholtz scritta nelle sole coordinate trasversali, sapendo che
𝑘𝑡2 = 𝜔2 𝜇𝜀𝑐 − 𝑘𝑧2 dipende dal dielettrico e dalla costante di propagazione
dell’onda lungo z. Quindi avremo un’equazione di Helmholtz sul piano
2
trasverso del tipo ⃗⃗⃗
𝛻𝑡 𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) = −𝑘𝑡2 𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) dove l’autovalore è dato
stavolta da 𝑘𝑡2. Una volta trovata la soluzione per 𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ), ricaviamo ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 ed
⃗⃗⃗
ℎ𝑡 . Ripetiamo i passaggi fatti nel caso precedente, quindi moltiplichiamo
vettorialmente primo e secondo membro per z versore in maniera tale da
𝜔𝜀
esplicitare, dopo alcuni conti, ℎ⃗𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 𝑐 𝑧̂ × ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ).
𝑘𝑧
Quindi, in definitiva, nel caso delle onde TM(z) abbiamo che ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 0.
Risolviamo l’equazione di Helmholtz per 𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) sul piano trasverso. Trovato
𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) ne valutiamo il gradiente, una volta noto il quale, otteniamo ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 ed
⃗⃗⃗
ℎ𝑡 . Questo è il modo generale per risolvere le onde TM(z) all’interno di una
struttura guidante che ammette un’asse di propagazione secondo z.
A seconda del tipo di guida d’onda che andiamo a considerare, che sia
rettangolare, circolare, un cavo coassiale, andremo a particolarizzare
𝑒𝑡 ed ⃗⃗⃗
l’equazione di Helmholtz e troviamo le espressioni ⃗⃗⃗ ℎ𝑡 in funzione di ez per
quella particolare guida. Ma questo è un formalismo generale, la sezione della
guida d’onda può essere qualsiasi.
Onde TEM(z)
Un po’ diverso è il caso delle onde TEM(z), dove sia la componente Ez che Hz
sono nulle. Abbiamo che le prime equazioni dei due sistemi sono uguali a 0.
Dobbiamo vedere come
dobbiamo operare, non
possiamo trovare la
Helmholtz per Ez ed Hz.
Dobbiamo escogitare un
modo diverso per
arrivare alla soluzione di
tutte le componenti del
𝑒𝑡 ed ⃗⃗⃗
campo, che sono solo, stavolta, ⃗⃗⃗ ℎ𝑡 .
La dipendenza da z può essere studiata nello stesso modo che abbiamo visto in
precedenza, quindi anche qui possiamo scrivere le due equazioni del tipo
𝑑𝑍ℎ (𝑧) 𝑑𝑍𝑒 (𝑧)
= −𝑗𝑘𝑧 𝑍𝑒 (𝑧) e = −𝑗𝑘𝑧 𝑍ℎ (𝑧). Semplificata la dipendenza da z, le
𝑑𝑧 𝑑𝑧
quattro equazioni che
mettiamo a sistema sono
quelle indicate qui.
Scriviamo la dipendenza di
et da ht che ricaviamo dalla
seconda equazione e dalla
quarta equazione. Dalla
seconda equazione
deriviamo ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 in funzione di
⃗⃗⃗
ℎ𝑡 , dalla quarta avremo
sempre ⃗⃗⃗𝑒𝑡 ed ⃗⃗⃗
ℎ𝑡 . Abbiamo due
espressioni diverse, perché
sono diversi i contributi che
moltiplicano il prodotto vettoriale tra h trasverso e z versore. Quindi, affinché
𝜔𝜇 𝑘𝑧
𝑒𝑡 sia espresso in maniera univoca, dobbiamo uguagliare
⃗⃗⃗ = , da cui
𝑘𝑧 𝜔𝜀𝑐
ricaviamo, facendo il minimo comune multiplo, che 𝑘𝑧2 = 𝜔 𝜇𝜀𝑐 = 𝑘 2 → 𝑘𝑡2 =
2
I k sono dei numeri d’onda, quindi sono delle frequenze spaziali, e descrivono
come varia il campo spazialmente, nelle varie armoniche spaziali, nelle varie
direzioni. Tutte le onde TEM(z), sul piano ortogonale a z, non devono avere una
variabilità del campo, che quindi varierà soltanto secondo z.
𝑒𝑡 ed ⃗⃗⃗
Quindi, in definitiva, le componenti ⃗⃗⃗ ℎ𝑡 , nel caso di un’onda TEM(z), si
ottengono come segue. Si prende l’equazione di Laplace per una funzione
scalare che può essere legata al campo elettrico o al campo magnetico, si trova
la soluzione per 𝜙(𝑞1 , 𝑞2 ) o 𝜓(𝑞1 , 𝑞2 ), se ne fa il gradiente per ricavare ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 ,
𝜀
oppure ⃗⃗⃗
ℎ𝑡 , e poi da questi si ricava ⃗⃗⃗
ℎ𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = √ 𝑐 𝑧̂ × ⃗⃗⃗
𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ), oppure
𝜇
𝜇
𝑒𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) = √ ℎ⃗𝑡 (𝑞1 , 𝑞2 ) × 𝑧̂ .
⃗⃗⃗
𝜀𝑐
Impedenza d’onda
Si definisce impedenza
d’onda la quantità che
lega il campo elettrico
trasverso al campo
magnetico trasverso
𝜔𝜇
𝑍𝑇𝐸 = . Ha
𝑘𝑧
le dimensioni
di
un’impedenza.
Per valutarne il
significato
fisico consideriamo la propagazione di un’onda TE lungo z. Assumendo la
presenza della sola onda diretta, il legame tra i campi trasversi risulta scritto in
𝜔𝜇
questa forma qui, dove abbiamo che rappresenta la proporzionalità che c’è
𝑘𝑧
tra tutto Et e tutto
Ht.
L’impedenza della
sola onda diretta
sarà data quindi da
+ 𝜔𝜇
𝑍𝑇𝐸 = .
𝑘𝑧
Possiamo
considerare in una
guida d’onda anche
il caso della
presenza della sola onda riflessa, e troviamo, rifacendo il calcolo come
− 𝜔𝜇
abbiamo visto prima, che 𝑍𝑇𝐸 =− , questo perché Zh presenta il segno – per
𝑘𝑧
l’onda riflessa. Questa impedenza d’onda TE + e - dipende dal materiale che
utilizziamo per riempire la guida, dipende dalla frequenza e dipende da k z, e kz
dipende da 𝑘𝑡2, quindi dalla variabilità nella direzione trasversa, che a sua volta
dipende da com’è fatta la sezione trasversa della guida che stiamo
+ −
considerando. Per ogni guida 𝑍𝑇𝐸 e 𝑍𝑇𝐸 varieranno in ragione di come varia 𝑘𝑧
rispetto a 𝑘𝑡2.
𝑘𝑧
𝑒𝑡 e ⃗⃗⃗
Nel caso delle onde TM, il rapporto tra ⃗⃗⃗ ℎ𝑡 si esprime come 𝑍𝑇𝑀 = .
𝜔𝜀𝑐
Anche qui possiamo assumere il caso della sola onda diretta.
+ + 𝜇 2 , ovvero all’impedenza
Se facciamo il prodotto tra 𝑍𝑇𝐸 𝑍𝑇𝑀 = = 𝜂𝑚
𝜀𝑐
intrinseca del materiale che riempie la guida al quadrato, stessa cosa se
− − 𝜇 2 .
consideriamo 𝑍𝑇𝐸 𝑍𝑇𝑀 = = 𝜂𝑚
𝜀𝑐
Nel caso delle onde TEM(z) abbiamo che queste due quantità devono essere
uguali tra loro, e affinché ciò accada dobbiamo avere che k z=k=𝜔√𝜇𝜀𝑐 . Non
abbiamo il 𝑘𝑡2. Quando abbiamo la sola onda diretta all’interno di una guida
d’onda che supporta il modo TEM(z), questo si propaga nella guida avendo la
stessa impedenza di un’onda piana che viaggia in un mezzo infinitamente
esteso. Quindi anche qui possiamo considerare la presenza della sola onda
+ 𝜇
𝑍𝑇𝐸𝑀 =√
𝜀𝑐
diretta e della sola onda riflessa, trovando che .
− 𝜇
𝑍𝑇𝐸𝑀 = −√
{ 𝜀𝑐
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Filiberto Bilotti
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 16
Giusto per avere un quadro di riferimento completo, il che può essere utile per
strutture di guida d’onda particolarmente complesse, può valer la pena alle
volte trasformare il problema elettromagnetico che abbiamo in un problema
equivalente, dove si possono introdurre delle simmetrie pari, legate alla
presenza di conduttori magnetici ideali (PMC).
La prima vuol dire che dobbiamo considerare il campo elettrico, che ha solo la
componente trasversa, la quale è proporzionale al gradiente trasverso di
ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) che moltiplica vettorialmente il versore z, il tutto deve essere
moltiplicato scalarmente per 𝜏̂ , valutato sul contorno e posto uguale a 0.
𝛻𝑡 ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) ⋅ 𝑛̂|𝑐
L’ultima condizione al contorno è ridondante. Consideriamo la componente
trasversa del campo magnetico, perché quella in direzione di z è ortogonale ad
n, quindi non da contributo.
Anche qui abbiamo la stessa condizione al contorno che abbiamo visto nel caso
precedente, a dimostrazione del fatto che l’ultima condizione al contorno è
ridondante. In definitiva, poiché la seconda è sempre soddisfatta, per avere
l’annullamento delle componenti tangenziali del campo elettrico, c’è bisogno
che il gradiente trasverso di ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) nella componente secondo n sul
contorno deve essere uguale a 0.
𝜕ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 )
| =0
𝜕𝑛 𝑐
Nel caso delle onde TM(z) abbiamo che ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) = 0, ma su ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) non
abbiamo condizioni al contorno, quindi dobbiamo trovare delle condizioni al
contorno da esprimere in
termini di 𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) da
affiancare all’equazione di
Helmholtz sulla sezione
trasversa per 𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) in
maniera tale da poter
risolvere l’equazione
differenziale con le relative
condizioni al contorno.
Quanto noi abbiamo visto non vale nel caso di una guida d’onda a connessione
multipla.
Se abbiamo una guida d’onda rettangolare costituita da due lati che sono
conduttori elettrici ideali e altri due che sono conduttori magnetici ideali, in
questo tipo di guida che è, dal punto di vista geometrico, a profilo
semplicemente connesso, non lo è da un punto di vista elettrico.
Nel caso delle guide d’onda che stiamo studiando, quindi a profilo
semplicemente connesso, con un profilo metallico che circonda il dielettrico
all’interno del quale avviene la propagazione, esistono solo onde TE(z) e TM(z).
Introduciamo il teorema
degli autovalori. Il problema
differenziale che dobbiamo
risolvere sia nel caso TE che
nel caso TM è un problema
agli autovalori, ovvero
stiamo cercando un valore di
𝑘𝑡2 (autovalore) per cui il
sistema ammette delle soluzioni, e gli autovettori saranno dati da ℎ𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ) ed
𝑒𝑧 (𝑞1 , 𝑞2 ).
A monte dobbiamo dire che 𝑘𝑡2 = 𝑘 2 − 𝑘𝑧2, quindi dipenderà da come è fatta la
guida d’onda, cioè dalla sezione trasversa della guida d’onda perché la
soluzione per 𝑘𝑡2 si ottiene imponendo la condizione al contorno, che è valida
sul contorno.
Il teorema degli autovalori dice che gli autovalori 𝑘𝑡2 sono quantità reali e
positive.
Facciamolo prima nel caso dei modi TE(z), dove il Lemma di Green assume
questa forma
Quindi 𝑘𝑡2 è una quantità reale e positiva. La stessa cosa si può dimostrare in
maniera duale nel caso dei modi TM(z).
Il fatto che gli autovalori nel caso dei modi TE(z) e TM(z) siano delle quantità
reali e positive ha diverse conseguenze importanti. È da considerare però che il
fatto che 𝑘𝑡2 sia una quantità reale e positiva vale strettamente nel caso in cui
le guide d’onda siano perfettamente conduttrici. Se abbiamo delle condizioni al
contorno che si applicano a pareti non ideali, allora il 𝑘𝑡2 è in generale una
quantità complessa.
La prima conseguenza che discende dal fatto che gli autovalori sono quantità
reali e positive è che le autofunzioni sono delle funzioni puramente reali.
Questo vuol dire che la variabilità spaziale delle autofunzioni non interessa i
termini di fase dell’onda.
Nel caso di una guida ideale, con mantello ideale e con dielettrico che riempie
la guida ideale, 𝑘𝑧 non può essere una quantità complessa. 𝑘𝑧 è una quantità
reale se 𝑘 2 ≥ 𝑘𝑡2, oppure immaginaria se 𝑘 2 < 𝑘𝑡2.
Succede che quando 𝑘𝑧 è reale (𝜔2 𝜇𝜀 > 𝑘𝑡2) abbiamo la propagazione del
modo, quando 𝑘𝑧 = 0 (𝜔2 𝜇𝜀 = 𝑘𝑡2 ) abbiamo la condizione intermedia di
transizione verso la propagazione, quando 𝑘𝑧 è immaginario (𝜔2 𝜇𝜀 < 𝑘𝑡2 )
abbiamo a che fare con un modo evanescente.
𝑘𝑡 𝑐
𝜔𝑐2 𝜇𝜀 = 𝑘𝑡2 → 𝜔𝑐 = → 𝑓𝑐 = 𝑘
√𝜇𝜀 2𝜋 𝑡
Per ogni modo di propagazione, cioè per ogni soluzione del problema agli
autovalori, cioè per ogni autovalore 𝑘𝑡 , abbiamo una determinata frequenza di
taglio a partire dalla quale il modo può propagarsi all’interno della guida
d’onda.
Abbiamo che
per 𝜔 < 𝜔𝑐 il
𝑘𝑧 è
puramente
immaginario,
quindi abbiamo
soltanto 𝛼𝑧 ,
che diventa 0
per 𝜔 > 𝜔𝑐 in
una guida ideale, quindi non abbimao più attenuazione, ma a partire da 𝜔𝑐
abbiamo propagazione.
Facciamo una considerazione opposta rispetto a quella che abbiamo fatto nel
caso dei plasmoni di spuerficie. Osserviamo che, se noi fissiamo una certa
frequenza 𝜔 notiamo che, rispetto alla retta che definisce la propagazione
dell’onda piana nel mezzo che riempie la guida, la costante di propagazione del
modo guidato risulta sempre minore rispetto a quella dell’onda piana nel
vuoto.
2𝜋 2𝜋 𝜆
𝜆𝑔 = = =
𝛽𝑧 𝑘𝑡 2 2
√
𝑘 1−( )
𝑘 √1 − ( 𝜆 )
𝜆𝑡
Velocità di fase
Abbiamo una singola componente del campo elettromagnetico che, nel caso
della presenza di sola onda diretta, si esprime come il prodotto di
un’autofunzione per 𝑒 −𝑗𝑘𝑧𝑧 .
La velocità di fase è quella alla quale deve muoversi un osservatore esterno per
rimanere agganciato ai fronti d’onda, quindi per vedere sempre la stessa fase.
ⅆ𝑧 𝜔 1 𝑐
𝑢𝑧 = = = =
ⅆ𝑡 𝛽𝑧 𝜔𝑐 2 2
√ 𝜇𝜀 √1 − ( ) √1 − (𝜔𝑐 )
𝜔 𝜔
Se la andiamo a
graficare vediamo
che non c’è velocità
di fase prima di 𝜔𝑐 ,
la velocità di fase
inizia quando inizia
la propagazione e,
all’inizio, nell’intorno del cut-off, la velocità di fase assume valori infiniti,
quando 𝜔 → ∞, il valore limite ha un asintoto orizzontale pari alla velocità
della luce nel mezzo che riempie la guida.
La velocità di fase di un modo guidato è sempre maggiore della velocità della
luce nel mezzo.
Il modo guidato, a causa del fatto che ha un’incidenza obliqua sul mantello, per
andare da z1 a z2 percorre un tratto maggiore. Quindi, quando andiamo a
considerare, a confrontare, le fasi tra l’onda piana ed il modo guidato, e ne
imponiamo l’uguaglianza sulla sezione z1 e z2, le due fasi, dell’onda piana e del
modo guidato, saranno uguali solo se
l’onda rappresentata dal modo
guidato sarà andata più veloce visto
che deve percorrere un tratto
maggiore.
Le fasi sono confrontabili tra l’onda piana ed il modo guidato solo se la velocità
di fase del modo guidato sarà maggiore della velocità dell’onda piana che
viaggia nel mezzo.
𝑐
Abbiamo visto che 𝑓𝐶 = 𝑘𝑡 . Per ogni modo abbiamo un 𝑘𝑡 , quindi esiste una
2𝜋
sola frequenza di cut-off. Quando il modo si trova al cut-off abbiamo che 𝑘𝑧 =
0.
Il modo avrà un andamento sempre più simile a quello di un’onda piana che
viaggia nel mezzo. Infatti, la velocità di fase, da valori molto grandi che aveva in
corrispondenza del cut-off, diventa comparabile con la velocità della luce nel
mezzo.
Velocità dell’energia
La velocità di fase può essere maggiore della velocità della luce nel mezzo, e
questa cosa non contravviene al principio secondo il quale la velocità della luce
è la massima raggiungibile. Parliamo infatti della velocità di fase, che è una
velocità fittizia che abbiamo definito considerando il fatto di essere agganciati
ad un fronte d’onda.
1
𝑃𝑧 (𝑧) = 𝑅𝑒 [∫ 𝐸⃗ (𝑞1 , 𝑞2 , 𝑧) × 𝐻
⃗ ∗ (𝑞1 , 𝑞2 , 𝑧) ⋅ 𝑛̂ ⅆ𝑆 ]
2
𝑆
Considerando quali sono gli unici termini energetici del teorema di Poynting, la
variazione dell’energia lungo z sarà data da
Abbiamo watt per secondi, quindi abbiamo definito i Joule che attraversano il
tratto dz della guida. Valendo il teorema di Poynting, e non essendoci termini
di sorgente, non essendoci attenuazione, l’energia che attraversa la sezione dz
deve essere uguale all’energia che viene immagazzinata all’interno del volume
infinitesimo che stiamo considerando. Quindi abbiamo un integrale esteso al
volume del cilindretto che stiamo considerando di W in dV. Abbiamo che dV
può essere scomposto in dS e dz e possiamo definire la densità di energia al
metro quadro, che chiameremo densità superficiale di energia 𝑊𝑧 .
Quindi questa è la velocità alla quale l’energia procede all’interno della guida.
L’energia viaggerà più velocemente all’interno della guida d’onda
all’aumentare di 𝑃𝑧 rispetto a 𝑊𝑧 , quindi tanto più il passaggio di potenza da
una sezione a quella successiva sarà grande rispetto all’accumulo e al rilascio
(quindi agli effetti reattivi) che avvengono all’interno del volume z.
Questo lo abbiamo visto anche quando abbiamo studiato i problemi delle linee
di trasmissione, in particolare negli esercizi, abbiamo visto che gli effetti
reattivi dovuti al disadattamento rallentavano il procedere dell’energia
all’interno della struttura. Maggiori sono gli effetti di immagazzinamento
rispetto al trasporto di energia da una sezione all’altra, minore sarà la velocità
dell’energia.
A questo
punto
possiamo
scrivere 𝑃𝑧 e
𝑊𝑧 in termini
di campo
elettrico e campo magnetico, E ed H, per le strutture guidanti, li abbiamo
ricavati dal formalismo di Schwinger e Marcuvitz, risolviamo l’integrale al
numeratore e l’integrale al denominatore. Nel caso dei modi TE(z) e TM(z) si
ottiene la stessa soluzione, ed otteniamo che la velocità dell’energia è
inversamente
proporzionale alla velocità
di fase secondo questa
relazione. Quindi sarà
sempre inferiore alla
velocità della luce nel
dielettrico che riempie la guida, anche perché vale la condizione per cui il
prodotto tra la velocità di fase e la velocità dell’energia del singolo modo è una
quantità costante e pari a 𝑐 2. Al cut-off l’energia non viaggia all’interno della
struttura
perché
abbiamo i
rimbalzi,
verticalmente,
del modo sulla
sezione, quindi
il campo rimane
confinato sulla
sezione e l’energia rimane confinata. Dopo il cut-off la velocità dell’energia
aumenta perché minori sono i rimbalzi che vengono eseguiti dal modo sul
mantello metallico, e la velocità dell’energia tende alla velocità della luce nel
mezzo che riempie la guida al tendere di 𝜔 → ∞ .
La velocità dell’energia è sempre minore della velocità della luce nel materiale
che riempie la guida, ed è come deve essere perché parliamo di una quantità
fisica che si sta muovendo, e la sua velocità deve essere minore o uguale alla
velocità della luce.
Velocità di gruppo
Abbiamo che 𝑆𝑜𝑢𝑡 (𝜔) può essere ricavato e possiamo valutare il segnale di
uscita. Lo spettro 𝑆𝑜𝑢𝑡 (𝜔) è lo spettro di un segnale reale, quindi ha parte
reale pari e parte immaginaria dispari, quindi possiamo pensare di scrivere
+∞
1 1
𝑠𝑜𝑢𝑡 (𝑡) = 2𝑅𝑒[ ∫ 𝑀(𝜔 − 𝜔0 )𝑒 −𝑗𝛽𝑧(𝜔)𝐿 𝑒 𝑗𝜔𝑡 ⅆ𝜔]
2𝜋 2
0
Lo spettro del segnale di uscita che dobbiamo prendere solo da 0 a più infinito
1
sarà dato dallo spettro del segnale di ingresso, quindi 𝑀(𝜔 − 𝜔0 ) e poi
2
dobbiamo considerare l’effetto della propagazione in guida, assumiamo che la
guida sia ideale, tutto sopra al cut-off, quindi non abbiamo attenuazioni.
La guida, per il percorso L, introduce una funzione di trasferimento che è data
da 𝑒 −𝑗𝛽𝑧 (𝜔)𝐿 , e quindi questa è l’espressione di
1
𝑆𝑜𝑢𝑡 (𝜔) = 𝑀(𝜔 − 𝜔0 )𝑒 −𝑗𝛽𝑧(𝜔)𝐿
2
𝑀(𝜔 − 𝜔0 ) è limitato in banda ed ha uno spettro molto stretto intorno ad 𝜔0 ,
quindi possiamo non estendere l’integrale da meno infinito a più infinito, ma
possiamo considerare che
Abbiamo dei termini che non dipendono da 𝜔, che possiamo portare fuori
dall’integrale, ed una volta eseguite le opportune manipolazioni otteniamo la
seguente espressione per il segnale di uscita
′ ′
𝑠𝑜𝑢𝑡 (𝑡) = 𝑅𝑒[𝑒 −𝑗𝛽𝑧 (𝜔0)𝐿+𝑗𝜔0𝛽𝑧(𝜔0)𝐿 𝑚(𝑡 − 𝛽𝑧′ (𝜔0 )𝐿)𝑒 −𝑗𝜔0[𝛽𝑧(𝜔0)𝐿−𝑡] ]
= 𝑚(𝑡 − 𝛽𝑧′ (𝜔0 )𝐿)cos[𝜔0 𝑡 − 𝛽𝑧 (𝜔0 )𝐿]
Attenuazione
Nelle frequenze delle microonde che noi utilizziamo tipicamente, quindi fino
alle decine di GHz, ma anche fino cento GHz, abbiamo che sono buoni
conduttori quelli che hanno una conducibilità elettrica tra 𝜎~108 − 1010 e
sono buoni dielettrici quelli che hanno una conducibilità 𝜎~10−10 − 10−17.
Anche per queste frequenze così alte buoni conduttori rimangono tali ed i
buoni dielettrici rimangono tali. Quando noi abbiamo una guida d’onda reale il
contributo principale all’attenuazione è dovuto alle perdite ohmiche nel
mantello non perfettamente conduttore. Il materiale dielettrico può essere
sempre sostituito dall’aria, infatti la maggior parte delle guide d’onda sono
guide non caricate, quindi sono dei tubi vuoti, dove abbiamo aria all’interno,
quindi le perdite, quando andiamo a studiare le attenuazioni, sono associate al
mantello metallico non ideale. Se il mantello metallico è non ideale, scorrono
delle correnti sul mantello, ma non solo sulla superficie del mantello, cosa che
si ha anche nel caso ideale, quindi avremo che ⃗⃗𝐽𝑠 = 𝑛̂ × (𝐻⃗2−𝐻 ⃗ 1 ), dove
abbiamo il salto delle componenti tangenziali del campo magnetico. Abbiamo
che all’interno del mantello di un certo spessore abbiamo un campo elettrico
ed un campo magnetico che sono diversi da 0, quindi avremo che ⃗⃗𝐽𝑠 =
⃗2−𝐻
𝑛̂ × (𝐻 ⃗ 1 ), ed esisterà una componente tangenziale del campo elettrico
diversa da 0, la cui presenza ha diverse conseguenze. Se sul mantello della
guida, di cui consideriamo una sezione longitudinale, abbiamo un campo
magnetico ed elettrico tangenziale, avremo un vettore di Poynting normale,
quindi una potenza che entra all’interno del mantello, e questo è dovuto al
fatto che esiste una componente tangenziale del campo elettrico. Quest’ultima
è legata alla componente tangenziale del campo magnetico, su un conduttore
reale, dalla condizione di Leontovic, la quale ci dice che il legame è descritto
dall’impedenza 𝑍𝑚 , che è l’impedenza intrinseca del conduttore metallico. Se
indichiamo con “g” la conducibilità avremo che, visto che 𝜔𝜀 ≪ 𝑔 perché
parliamo di un buon conduttore, perciò avremo la seguente espressione
𝜇 𝑗𝜔𝜇 𝑗𝜔𝜇
𝐸⃗𝜏 = 𝑍𝑚 𝐻
⃗ 𝜏 × 𝑛̂ = √ ⃗ 𝜏 × 𝑛̂ = √
𝐻 ⃗ 𝜏 × 𝑛̂ ≈ √
𝐻 ⃗ × 𝑛̂
𝐻
𝜀𝑐 𝑗𝜔𝜀 + 𝑔 𝑔 𝜏
𝑗𝜔𝜇
≈ (1 + 𝑗)√ ⃗ × 𝑛̂
𝐻
2𝑔 𝜏
Nel caso dei modi TE(z) vediamo che 𝛼𝑧 è caratterizzato dalla somma di due
contributi, dove cambia il numeratore. Il secondo termine è legato alla
componente longitudinale del campo magnetico, ma la componente
longitudinale del campo magnetico produce delle correnti circonferenziali,
quindi correnti che sul mantello hanno una direzione circonferenziale. Quindi,
questo secondo termine è l’attenuazione dovuta al campo magnetico
longitudinale, quindi alle correnti circonferenziali che scorrono sul mantello. Il
secondo termine tiene conto del campo magnetico circonferenziale sul
𝜕ℎ𝑧
mantello, essendo legato a , e quindi delle correnti longitudinali che
𝜕𝑠
scorrono sul mantello. Avremo quindi che 𝛼𝑧 = 𝐿(𝜔) + 𝐶(𝜔), dove questi
sono termini che tengono conto delle correnti longitudinali e circonferenziali
che scorrono sul mantello.
Quando stiamo al cut-off i modi sono delle onde piane che incidono
ortogonalmente sul mantello, quindi, all’aumentare di omega dopo il cut-off,
abbiamo invece un k che cambia, quindi incide in maniera obliqua perché
abbiamo un kz che inizia a diventare, da nullo, sempre più significativo.
Abbiamo che 𝐿(𝜔) è legato alle correnti longitudinali, quindi al campo
magnetico circonferenziale.
Se siamo al cut-off, abbiamo che il campo H è lungo l’asse z, quindi vuol dire
che è massimo il campo magnetico longitudinale, il che vuol dire che correnti
longitudinali non se ne hanno perché non c’è un campo magnetico
circonferenziale. All’aumentare della frequenza abbiamo che H avrà una
componente secondo z, che diminuisce sempre di più, e una componente
trasversa, che sostiene il campo h z circonferenziale, quindi che sostiene le
correnti longitudinali. Se siamo a frequenze molto alte, la parte lungo z del
campo H diventa sempre più piccola, mentre aumenta in maniera singnificativa
quella trasversa, ovvero quella che sostiene
le correnti longitudinali, quindi
l’attenuazione dovuta alle correnti
longitudinali andrà da 0 ad 𝜔𝑐 (al cut-off il
campo magnetico è diretto tutto secondo z,
quindi non abbiamo attenuazione dovuta a correnti longitudinali).
All’aumentare della frequenza il k tende a diventare sempre più orizzontale,
quindi il campo H prevede una riduzione della componente secondo z, però un
aumento della componente circonferenziale di h che sostiene le correnti
logitudinali, quindi l’attenuazione delle correnti longitudinali aumenta.
Anche nel caso dei modi TEM(z), che non esistono nelle guide d’onda a profilo
semplicemente connesso, si dimostra che il contributo all’attenuazione è
dovuto alle sole correnti longitudinali, perché, anche qui, h z=0.
Questa è un’ulteriore conseguenza che deriva dal fatto che gli autovalori sono
delle quantità reali e positive. Ogni modo in una guida d’onda trasporta
energia indipendentemente dagli altri. Questo vuol dire che, se noi andiamo a
valutare la potenza trasportata in guida, questa è data dalla somma delle
potenze trasportate dai singoli modi, e questa è la proprietà di ortogonalità.
Andiamo a prendere due soluzioni linearmente indipendenti di campo
elettromagnetico
in guida d’onda.
Abbiamo quindi i
campi EM (E1, H1)
ed (E2, H2)
associati a due
modi, e questi
soddisfano indipendentemente le equazioni di Maxwell. Per la linearità il
campo somma dei due campi è ancora soluzione delle equazioni di Maxwell.
Scriviamo la potenza che attraversa la generica sezione z della guida ed
otteniamo un primo termine che è la potenza trasportata dal primo modo,
quindi abbiamo il flusso del vettore di Poynting attraverso la sezione trasversa
della guida associato al primo modo. Abbiamo un secondo termine, analogo,
che descrive la potenza trasportata dal secondo modo, il terzo termine, invece,
è un termine di accoppiamento tra i modi. Si dimostra che, grazie al fatto che
𝑘𝑡2 è una quantità reale e positiva, che quest’ultimo termine è nullo, quindi i
modi sono ortogonali.
Esistono particolari modi in una guida d’onda che sono modi degeneri. Sono
due, o più modi, che hanno distribuzioni di campo elettromagnetico
completamente diverse tra loro, ma presentano la stessa costante di
propagazione 𝑘𝑧 . Avere un k longitudinale uguale permette di accoppiare
energia, era il motivo per cui, ad esempio, un’onda piana non poteva
accoppiarsi con un surface plasmon polariton, perché non si riusciva ad
ottenere il matching tra i due kx. Per portare energia da un modo all’altro il k x
del surface plasmon polariton era uguale a quello dell’onda piana che viaggiava
nel vetro nella configurazione di (???). Questo ci dice che, quando i k
longitudinali sono gli stessi, ci può essere un accoppiamento, quindi un
passaggio di energia da un modo all’altro. I modi sono accoppiati, si
trasferiscono energia a vicenda e, quindi, si parlano tra di loro. La condizione
affinché ciò accada è che i modi siano degeneri, quindi devono avere la stessa
costante di propagazione secondo z. Bisogna evitare modi degeneri in una
guida d’onda, perché si scambiano tra di loro e non vale più la proprietà di
ortogonalità.
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 17
Nel caso della guida rettangolare andiamo a vedere come si scrivono i modi
TE(z) e TM(z), sapendo già a monte che questa struttura, essendo a profilo
semplicemente connesso, non supporta modi TEM(z).
Questa equazione di Helmholtz per i modi TE(z) deve essere risolta con le
condizioni al contorno, le quali sono diverse a seconda se consideriamo i due
lati orizzontali della guida o i due lati verticali, perché cambia la normale.
Abbiamo ottenuto la
somma di una funzione
della sola x con una
funzione della sola y, il
tutto uguale a
costante, e la costante
è pari a −𝑘𝑡2. Parliamo di costante rispetto alle coordinate spaziali x ed y.
Affinché ciò sia verificato, le due funzioni della sola x e della sola y devono
essere delle costanti, che chiameremo, per comodità, −𝑘𝑥2 e −𝑘𝑦2.
Quindi portiamo fuori dal segno di derivata, che diventa totale, Y(y), ma,
dovendo valere ciò per x=0 e x=a per ogni 0 < 𝑦 < 𝑏, quindi sui due bordi
verticali della sezione della guida d’onda, Y(y) non può valere 0, quindi si può
ⅆ𝑋(𝑥)
eliminare. La condizione al contorno rimane semplicemente = 0.
ⅆ𝑥
Allo stesso modo sui due lati orizzontali della sezione trasversale della guida
d’onda, per y=0 e y=b avevamo la derivata rispetto ad y, possiamo considerare
una derivazione totale di Y(y), quindi portare fuori X(x) dal segno di derivata,
che non può essere uguale a 0. Tutto ciò deve valere in y=0 e y=b quale che sia
x compreso tra 0 ed a, quindi X(x) non può essere uguale a 0 e la condizione al
ⅆ𝑌(𝑦)
contorno rimane = 0 sui due bordi orizzontali.
ⅆ𝑦
1 ⅆ 2 𝑋(𝑥)
= −𝑘𝑥2
𝑋(𝑥) ⅆ𝑥 2
1 ⅆ 2 𝑌(𝑦)
2
= −𝑘𝑦2
{ 𝑌(𝑦) ⅆ𝑦
Abbiamo la prima delle due funzioni che uguagliamo a −𝑘𝑥2, la seconda che
uguagliamo a −𝑘𝑦2, e quindi abbiamo ottenuto una prima espressione generica
per 𝑘𝑡2 = 𝑘𝑥2 + 𝑘𝑦2. La somma di queste due funzioni deve dare vita ad una
costante.
Quindi ci chiediamo quali sono gli integrali generali per le due equazioni
differenziali al secondo ordine in X(x) grande ed Y(y). Dobbiamo distinguere
due casi per determinare gli integrali generali delle due equazioni differenziali
alle derivate totali, ovvero abbiamo il caso in cui 𝑘𝑥 ≠ 0 e 𝑘𝑥 = 0, stessa cosa
per 𝑘𝑦 .
𝑋(𝑥) = 𝑝1 𝑥 + 𝑝2
Per 𝑘𝑥 non nullo avremo che la derivata di X(x) su dx valutata per x=0 sarà tale
che
ⅆ𝑋(𝑥)
| = 0 → 𝑘𝑥 [𝑝1 cos(𝑘𝑥 𝑥) − 𝑝2 sin(𝑘𝑥 𝑥)]𝑥=0 = 𝑘𝑥 𝑝1 = 0
𝑎𝑥 𝑥=0
→
Avendo supposto 𝑘𝑥 non nullo, abbiamo che l’unica quantità che può essere
nulla è la costante di integrazione p1. Andando a mettere p1=0 in X(x) e
andandone a fare la derivata rispetto a x rimane soltanto
ⅆ𝑋(𝑥)
| = 0 → −𝑘𝑥 [𝑝2 sin(𝑘𝑥 𝑥)]𝑥=𝑎 = −𝑘𝑥 𝑝2 𝑠𝑖𝑛(𝑘𝑥 𝑎) = 0
ⅆ𝑥 𝑥=𝑎
Abbiamo che 𝑘𝑥 non può essere 0, p2 non può essere 0, perché essendo già
p1=0, sarebbe 0 tutto X(x), quindi sarebbe 0 tutto hz e quindi tutto il campo
elettromagnetico. L’unica quantità che può essere nulla è il 𝑠𝑖𝑛(𝑘𝑥 𝑎), che vale
𝑚𝜋
0 quando 𝑘𝑥 = , con m=1,2... quindi è un numero intero maggiore di 0.
𝑎
Abbiamo quindi due risultati importanti, il primo è che deriviamo quanto vale
𝑚𝜋
𝑋(𝑥) = 𝑝2 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑥), ed inoltre abbiamo individuato quanto vale una parte
𝑎
𝑚𝜋
del 𝑘𝑡2, ovvero 𝑘𝑥 = . È legato alla dimensione orizzontale della guida
𝑎
d’onda e varia al variare di m. Al variare del 𝑘𝑥 varierà anche il 𝑘𝑡2, e quindi
varierà il tipo di modo che stiamo considerando.
ⅆ𝑋(𝑥)
| = 0 → 𝑝1 = 0 → 𝑋(𝑥) = 𝑝2
ⅆ𝑥 𝑥=0,𝑎
Dalla seconda condizione troviamo la stessa soluzione per p1, quindi abbiamo
che X(x) è semplicemente uguale a p2. Questa soluzione è compatibile con
quella trovata prima, perché quando imponiamo che 𝑘𝑥 = 0, quindi
assumiamo, ad esempio, che m=0, abbiamo che X(x)=p2.
𝑚𝜋
𝑋(𝑥) = 𝑝2 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑥)| = 𝑝2
𝑎 𝑚=0
ⅆ𝑌(𝑦)
| → −𝑘𝑦 [ⅆ2 𝑠𝑖𝑛(𝑘𝑦 𝑦)]𝑦=𝑏 = −𝑘𝑦 ⅆ2 sin(𝑘𝑦 𝑏) = 0
ⅆ𝑦 𝑦=𝑏
𝑛𝜋
Da questa ricaviamo che 𝑘𝑦 = , con n che parte da 1. Quindi, a questo punto
𝑏
è noto tutto il 𝑘𝑡2. Abbiamo che Y(y) ha un’espressione pari a 𝑌(𝑦) =
𝑛𝜋
ⅆ2 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑦), che racchiude anche il caso di 𝑘𝑦 = 0. Infatti, se ky fosse nullo,
𝑏
in maniera esattamente duale a quella vista prima, applicando le condizioni al
contorno sui due lati orizzontali, troveremmo d1=0, e quindi Y(y)=d2 che
otterremmo nel caso in cui n=0 da questa espressione più generale 𝑌(𝑦) =
𝑛𝜋
ⅆ2 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑦). Possiamo assumere che la soluzione per k y nullo e non nullo è
𝑏
sempre questa, ma dobbiamo far partire l’indice n da 0.
Valutiamo il gradiente
trasverso di hz, ricaviamo
𝑗𝜔𝜇
𝑒𝑡 (𝑥, 𝑦) =
⃗⃗⃗ 𝑧̂ ×
𝑘𝑡2
Abbiamo che Hz varia come il campo elettrico trasverso secondo z, quindi varia
secondo 𝑍𝑒 (𝑧) nel modo che segue 𝐻𝑧 (𝑥, 𝑦, 𝑧) =
𝑚𝜋 𝑛𝜋
𝐴𝑚𝑛 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑥) 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑦) [𝑐1 𝑒 −𝑗𝑘𝑧 𝑧 + 𝑐2 𝑒 𝑗𝑘𝑧𝑧 ]
𝑎 𝑏
Questo vale per i modi TE, ma vale anche per i modi TM secondo z, questi sono
ordinabili a partire dal valore più piccolo fino al valore più grande della
frequenza di cut-off. Questi modi sono un’infinità numerabile.
Nel caso dei modi TM(z) dobbiamo ripetere gli stessi procedimenti. Le
differenze rispetto ai modi TE(z) non sono nell’andamento funzionale
dell’equazione di Helmholtz, che è la stessa che abbiamo visto nel caso dei
modi TE, ma nelle differenti condizioni al contorno che dobbiamo imporre,
infatti, stavolta non è la derivata dell’autosoluzione ad essere uguale a 0 sui
bordi, ma l’autosoluzione deve essere uguale a 0 sui bordi. Questo introduce
alcune
differenze.
Fattorizziamo la
soluzione,
possiamo
dividere per ez
che abbiamo
assunto essere diverso da 0 sulla sezione, mentre poi imporremo ez uguale a 0
solo sul contorno. Anche qui otteniamo una funzione della sola x + una
funzione della sola y uguale a −𝑘𝑡2.
1 ⅆ 2 𝑋(𝑥) 1 ⅆ 2 𝑌(𝑦)
2 + 2 = −𝑘𝑡2
𝑋(𝑥) ⅆ𝑥 𝑌(𝑦) ⅆ𝑦
Ripetiamo la stessa cosa per Y(y), e non cambia nulla perché otteniamo anche
𝑛𝜋
qui 𝑘𝑦 = , 𝑛 = 1,2, ⋯ e abbiamo che ky nullo impone sia d2=0 dalla prima
𝑎
condizione, sia d1=0, quindi tutto Y(y)=0, il che non è accettabile. Quindi,
anche se matematicamente compatibile, la soluzione d1=0, che si può ottenere
𝑛𝜋
mettendo n=0 in 𝑌(𝑦) = ⅆ1 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑦), non risulta essere accettabile perché
𝑏
d1 e d2 entrambi nulli corrispondono ad un campo ez nullo, e quindi a tutto il
campo elettromagnetico nullo. Mettendo insieme le soluzioni trovate con le
𝑚𝜋 𝑛𝜋
relative condizioni si ottiene 𝑒𝑧 (𝑥, 𝑦) = 𝑝1 ⅆ1 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑥) 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑦), con m che
𝑎 𝑏
𝑚𝜋 2 𝑛𝜋 2
parte da 1 ed n che parte da 1, e il 𝑘𝑡2 = ( ) + ( ) . Abbiamo che 𝑌(𝑦) =
𝑎 𝑏
𝑛𝜋
ⅆ1 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑦), gli indici n sono degli indici interi e possono partire da 1 in poi.
𝑏
Nel caso dei modi TM nessuno dei due indici può essere nullo, nel caso dei
modi TE possono essere nulli, ma non contemporaneamente.
La coppia di indici che descrivono i modi TM(z) vengono espressi come (m,n),
quindi tra parentesi tonde per differenziarli rispetto a quelli dei modi TE, e
anche qui ad un autovalore corrisponde un autosoluzione, e quindi
corrisponde un modo guidato. Quindi, ricavata 𝑒𝑧 (𝑥, 𝑦), ricaviamo il gradiente
ⅆ𝑒𝑧(𝑥1 𝑦) ⅆ𝑒𝑧(𝑥,𝑦)
trasverso 𝛻𝑡 𝑒𝑧 (𝑥, 𝑦) = 𝑥̂ + 𝑦̂ =
ⅆ𝑥 𝑎𝑦
𝑚𝜋 𝑚𝜋 𝑛𝜋 𝑛𝜋 𝑚𝜋 𝑛𝜋
𝑥̂𝑝1 ⅆ1 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑥) 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑦)+𝑦̂𝑝1 ⅆ1 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑥) 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑦), da cui
𝑎 𝑎 𝑏 𝑎 𝑎 𝑏
ricaviamo
𝑒𝑡 (𝑥, 𝑦)
⃗⃗⃗
ed
ℎ⃗𝑡 (𝑥, 𝑦).
Abbiamo
quindi le
Anche qui, nel caso dei modi TM, possiamo trovare la costante di propagazione
(𝑚,𝑛) 2 𝑚𝜋 2 𝑛𝜋 2
del generico modo 𝑘𝑧 = √𝑘 2 − 𝑘𝑡(𝑚,𝑛) = √𝜔2 𝜇𝜀𝑐 − ( ) − ( ) . La
𝑎 𝑏
Emerge che i
modi TM,
dovendo far
partire gli
indici m ed n
entrambi da
1, sono di ordine superiore, perché il valore più basso di f c si ottiene per
m=n=1. Nel caso dei modi TE abbiamo che uno dei due indici può essere 0,
quindi possiamo considerare i modi TE(0,1) e i modi TE(1,0) e vedere quale dei
𝑐
due ha fc più bassa. Il modo TE(1,0) ha 𝑓𝑐 = , mentre il modo TE(0,1) ha 𝑓𝑐 =
2𝑎
𝑐
. Avendo assunto che a>b, il modo fondamentale è quello TE(1,0) poiché ha
2𝑏
una frequenza di taglio il cui valore è più piccolo, invece se b>a sarebbe stato il
modo TE(0,1) il modo fondamentale. Il modo fondamentale di una guida
d’onda rettangolare, quando a>b, è il modo TE(1,0), e tutti gli altri modi sono di
ordine superiore. Il modo fondamentale TE(1,0) si ricava a partire dalle
espressioni generali viste prima ed imponendo che m=1 ed n=0. Così facendo
otteniamo questi
andamenti. Esistono
solo tre componenti
del campo
elettromagnetico del
modo TE(1,0). Hz è
quella principale, a
partire dalla quale otteniamo il campo elettromagnetico trasverso, il campo E
ha solo la componente secondo y, il campo H ha solo la componente secondo
x.
Il fatto che n=0 ci dice che non c’è una variabilità secondo y sul piano trasverso,
cioè il numero d’onda trasverso associato ad y, quindi ky=0, quindi il campo
elettromagnetico non potrà variare secondo y, cioè il campo elettromagnetico
non dipende da y. Sul piano trasverso l’unica dipendenza che troviamo è quella
𝜋
da x. La dipendenza da x, essendo m=1, sarà del tipo 𝑥, cosa che emerge
𝑎
chiaramente all’interno delle espressioni del seno e del coseno. Quindi, se
vogliamo
andare a
prendere la
geometria
della guida
d’onda e
volessimo
andare a
vedere come
sono fatte le
componenti del modo fondamentale TE(1,0), le troveremmo così. Abbiamo che
il campo elettrico ha solo la componente secondo y, quindi è puramente
𝜋𝑎
verticale, varia come 𝑠𝑖𝑛 ( ), sarà nullo sui due bordi verticali, come deve
𝑥
essere, perché è una componente tangenziale, ha un massimo al centro ed una
variabilità di una mezza lunghezza d’onda. Abbiamo che H z sarà massimo sui
bordi verticali, perché è il campo magnetico tangenziale ad una parete elettrica
perfetta, quindi andrà da un massimo di segno più ad un massimo di segno
meno, con l’attraversamento per lo 0. Inoltre, H con x (che è indicata con H con
t), è la componente normale ai bordi verticali, e deve andare a 0 ai bordi
perché è la componente normale del campo magnetico su una superficie
elettrica perfetta, e quindi avrà una variabilità come quella di E con y, come
𝜋𝑎
𝑠𝑖𝑛 ( ), quindi avrà un massimo centrale e andrà a 0 ai due bordi verticali
𝑥
della guida d’onda.
Se consideriamo
ez, questa è la
componente
tangenziale
rispetto ai due
bordi verticali
x=0 e x=a, che
deve andare a 0,
ma lo è anche sui due bordi orizzontali y=0 e y=b, quindi avremo che 𝑒𝑧 ∝
𝑚𝜋 𝑛𝜋 𝑚𝜋 𝑛𝜋
𝑠𝑖𝑛 ( 𝑥) 𝑠𝑖𝑛 ( 𝑦). Per ℎ𝑧 ∝ 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑥) 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑦), perché la componente
𝑎 𝑏 𝑎 𝑏
tangenziale del campo magnetico dovrà essere massima sul contorno. Su x=0 e
su x=a questa è la componente tangenziale del campo magnetico, quindi deve
essere massima, la variabilità rispetto a x sarà quindi del tipo coseno. Lungo y,
abbiamo che per y=0 e y=b questa è la componente tangenziale su un mantello
che è idealmente conduttore, quindi abbiamo ancora un andamento descritto
dal coseno. Se consideriamo la componente hz abbiamo che sui bordi x=0 e x=a
è la componente tangenziale del campo magnetico, che deve essere massima,
𝑚𝜋
quindi la variabilità rispetto a x dipenderà dal 𝑐𝑜𝑠 ( 𝑥), abbiamo inoltre che
𝑎
hz è ancora la componente tangenziale sui bordi y=0 e y=b, parliamo di un
mantello idealmente conduttore, e tale componente tangenziale sarà
massima, quindi avremo ancora una dipendenza dal coseno.
Il modo TE[0,1]
deve essere
𝑐
tale che
2𝑏
𝑐
cada dopo di ,
𝑎
perché se cade
prima riduce la larghezza di banda, che di conseguenza sarà quella definita tra
il modo TE[1,0] ed il modo TE[2,0]. Conviene far sì che il primo modo di ordine
superiore sia il modo TE[2,0] per avere una larghezza di banda maggiore.
𝑐 𝑐 𝑎
Avremo che ≤ → 𝑏 ≤ . Per avere una larghezza di banda più ampia
𝑎 2𝑏 2
possibile, quindi il massimo intervallo di mono-modalità, la dimensione b deve
soddisfare queste condizioni. Possiamo scegliere una guida rettangolare molto
schiacciata, o una guida in cui b sia molto prossimo alla metà di a. Tra le due
soluzioni, atteso che la larghezza di banda, sia in un caso che nell’altro, sarà la
stessa, perché il primo modo di ordine superiore in tutte e due queste
strutture, sarà comunque il TE[2,0], scegliamo la seconda, quindi b deve essere
il più possibile vicino ad a/2.
Consideriamo una guida d’onda che lavora in banda X, che è chiamata WR-90,
dove 90 indica la dimensione orizzontale in pollici della guida. Abbiamo che
a=0,9 pollici e questa guida prende il nome di WR-90. Abbiamo che b=0,4
pollici, quindi è un po’ più piccola della metà di a, in maniera tale da riuscire a
massimizzare il trasferimento di potenza. Abbiamo il modo fondamentale TE10
che ha una 𝑓𝑐 = 6,557 𝐺𝐻𝑧, il secondo modo TE[2,0] ha una una 𝑓𝑐 =
13,114 𝐺𝐻𝑧, quindi doppia rispetto al TE[1,0].
In teoria la larghezza di banda,
quindi il regime di mono-
modalità di questa guida,
andrebbe da 6,5-13,1 GHz.
Il modo fondamentale è
rappresentato dalla curva in
marroncino. Sull’asse verticale
abbiamo la pulsazione, il
modo inizia a propagarsi a
(1,0)
partire dal taglio 𝜔𝑐 . Per
𝜔 → ∞ vediamo che la curva
tende alla retta che definisce
la propagazione di un’onda
piana che viaggia nel mezzo
che riempie la guida. Sotto al
cut-off, quindi per 𝜔 <
(1,0)
𝜔𝑐 abbiamo la curva di
attenuazione che abbiamo
già visto nel caso generale
descritta nelle volte scorse.
Questa curva di dispersione
vale per il modo fondamentale, ma vale anche per tutti gli altri modi. Fissiamo
la frequenza, quindi tracciamo la retta orizzontale, e vediamo in quali punti si
incontrano le curve di dispersione dei singoli modi. Supponiamo di andare a
prendere una frequenza più alta ed una intermedia.
Noi sappiamo che, se abbiamo una certa sorgente che lavora ad una certa
frequenza 𝑓0 , a questa corrisponde una lunghezza d’onda assoluta legata alla
lunghezza d’onda del vuoto 𝜆0 . Immaginiamo di avere un campo
elettromagnetico, un’onda piana che viaggia all’interno di un dielettrico, la sua
periodicità spaziale sarà diversa dalla lunghezza assoluta associata alla
𝜆0
frequenza della sorgente, perché è pari a 𝜆 = .
√𝜀𝑟
In guida d’onda, quindi ora non parliamo di onda piana, noi abbiamo definito
𝜆𝑔 , cioè la lunghezza d’onda guidata, quindi la periodicità spaziale del modo
che viaggia all’interno della guida d’onda, con la lunghezza d’onda 𝜆𝑔 . Sarà
quindi una funzione del modo e nella guida d’onda rettangolare sarà funzione
dei due indici m ed n. Quanto vale la lunghezza d’onda guidata?
2𝜋 2𝜋
Questa si ottiene dal fatto che avremo un 𝑘𝑧𝑚,𝑛 = tale che 𝜆𝑔𝑚,𝑛 = .
𝜆𝑚,𝑛
𝑔 𝑘𝑧
Quindi, per i diversi kz, abbiamo una certa lunghezza d’onda guidata, che
varierà al variare del modo. Se dividiamo la lunghezza d’onda associata alla
frequenza della sorgente per la lunghezza d’onda del modo guidato, e ne
facciamo il quadrato, otteniamo una costante dielettrica relativa, che però non
corrisponde a nessun mezzo materiale, non coincide con la costante dielettrica
del mezzo dielettrico che riempie la guida, bensì è idealmente associata al
modo. Se vogliamo, non ha nulla a che fare con il valore della epsilon del
materiale che riempie la guida, sarà una funzione della 𝜀 del materiale, ma non
ha lo stesso significato fisico.
La costante
dielettrica
efficace del
modo
fondamentale
è pari a
1,0
𝜀𝑟,𝑒𝑓𝑓 = 𝜀𝑟 −
𝜋2 𝑎2
.
𝑘02
𝜔𝑐2
Alla frequenza di cut-off, ovvero quando al posto di 𝑘02 → , abbiamo che la
𝑐02
costante dielettrica efficace è nulla. Al cut-off è come se un’onda piana
viaggiasse all’interno di un mezzo con permittività nulla. Per frequenze
maggiori del cut-off abbiamo che la costante dielettrica efficace risulterà
essere una quantità maggiore di 0, mentre per frequenze minori al cut-off tale
costante dielettrica risulta essere negativa. Atteso che il 𝛽 dell’onda piana vale
𝜔√𝜇𝜀, quando la epsilon è negativa, abbiamo che l’onda piana si attenua,
perché la radice ha uno j, quindi abbiamo una quantità immaginaria. Sotto al
cut-off non abbiamo propagazione, ma modi evanescenti, al di sopra del cut-
off avremo propagazione semplice del modo. Al cut-off, quando il kz=0,
abbiamo che la costante dielettrica efficace vale 0.
Supponiamo di avere una frequenza tale che possano esistere tre modi
viaggianti all’interno della struttura, quale tra questi modi venga selezionato
per la propagazione, dipende dalla modalità di eccitazione, quindi da come
andiamo ad accoppiare energia su questi modi.
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Filiberto Bilotti
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Lezione 18
L’andamento secondo z è sempre del tipo onda diretta + onda riflessa, quindi
del tipo 𝑒 −𝑗𝑘𝑧𝑧 + 𝑒 +𝑗𝑘𝑧𝑧 .
Introdotta la
fattorizzazione,
dividendo per la
funzione
incognita, che
non può essere nulla, e moltiplicando per r al quadrato otteniamo questa
espressione, costituita da quattro termini. Tre di essi dipendono dalla sola
variabile r, mentre uno dipende dalla sola variabile angolare. La somma dei
termini che dipendono dalla sola r deve dare vita ad una costante che è la
stessa che è associata al termine unico che dipende dalla sola variabile θ.
Chiamiamo questa
costante 𝝂𝟐 sia al
primo che al secondo
membro. Risolviamo
separatamente le due
equazioni differenziali alle derivate totali al secondo ordine che abbiamo,
partendo dalla seconda, che è più semplice. La seconda equazione è
un’equazione armonica che, quando ν quadro è diverso da zero, ammette
come soluzione
Possiamo scrivere l’espansione del seno della somma e del coseno della
somma degli argomenti, ottenendo questa espressione qui
Uguagliando primo
e secondo membro
troviamo quanto
vale 𝜈. Possiamo
uguagliare il primo
membro al secondo
membro. Abbiamo
che cos(2𝜈𝜋𝑙) = 1
e sin(2𝜈𝜋𝑙) = 0,
ma poiché l è una quantità intera, 𝜈 deve essere una quantità intera n che vale
0,1,2 e via discorrendo.
Dall’aver imposto
che la soluzione è
periodica di periodo
2lπ, abbiamo
trovato che ν è
intero e vale “n”, e può essere un numero che va da 0 in poi. Dobbiamo
risolvere l’equazione nella sola variabile r, intanto a 𝜈 → 𝑛. Quando
sostituiamo n è facile fare in modo che questa equazione differenziale al
secondo ordine si riconduca ad un’equazione di Bessel. Quindi, questa
equazione si può manipolare per ottenere un’equazione di Bessel.
Consideriamo un cambio di variabile del tipo 𝑥 = 𝑘𝑡 𝑟. Vuol dire che la derivata
ⅆ𝑹(𝒓) ⅆ𝑹(𝒓) ⅆ𝒙 ⅆ𝑹(𝒓)
prima di R fatta rispetto a r, = ( ) = 𝒌𝒕 e abbiamo che
ⅆ𝒓 ⅆ𝒙 ⅆ𝒓 ⅆ𝒙
ⅆ𝟐 𝑹(𝒓) ⅆ𝟐 𝑹(𝒓)
( ) = 𝒌𝟐𝒕 .
ⅆ𝒓𝟐 ⅆ𝒙𝟐
𝑑 2 𝑅(𝑥) 1 𝑑𝑅(𝑥) 𝑛2
+ + (1 − 2 ) 𝑅(𝑥) = 0
𝑑𝑥 2 𝑥 𝑑𝑥 𝑥
Questa è la soluzione generica sia per h z per le onde TE, sia per ez per le onde
TM, e ora dobbiamo andare ad imporre le condizioni al contorno per
ottenere le due soluzioni separatamente. Nel caso delle onde TE(z) il
problema da risolvere è il seguente
Dovendo essere ciò valido per ogni θ, cioè sulla circonferenza che descrive il
mantello, quindi per r=a, ciò deve essere valido per ogni angolo 𝜃, quindi
𝑐𝑇𝐸 𝑐𝑜𝑠(𝑛𝜃 + 𝜑) non può essere nulla, ad essere nulla deve essere la derivata
ⅆ𝑱𝒏(𝒌𝒕𝒓)
| . Questa condizione al contorno può essere descritta in una forma
ⅆ𝒓 𝒓=𝒂
più compatta del tipo 𝑱′𝒏 (𝒌𝒕 𝒂) = 𝟎. Dalla soluzione di questa equazione, che
non è possibile esplicitare perché la derivata prima della Bessel J avrà
un’infinita numerabile di zeri, e per ogni zero, avremo un valore di 𝑘𝑡 via via
differente. Quindi il 𝑘𝑡 è valutato per via numerica. Esistono delle tabelle che ci
forniscono già gli zeri delle derivate prime delle funzioni di Bessel di prima
specie di ordine n in maniera tale da poter vedere quali sono i valori di kt che
soddisfano la condizione al contorno.
Esiste un’infinità numerabile di zeri per ciascuna derivata prima della funzione
Bessel J di ordine n, e abbiamo che l’m-esimo zero da vita all’m-esimo valore
del kt, quindi il valore di kta che annulla la derivata prima lo indichiamo come
′
𝜉𝑛𝑚 = 𝑘𝑡𝑛𝑚 𝑎. Il primo indice n dipende dall’ordine della funzione di Bessel che
sto considerando, ed il secondo m definisce quale zero sto considerando per
quella derivata prima della funzione Bessel J, quindi l’m-esimo zero.
Abbiamo che a è il raggio, quindi una quantità positiva, abbiamo che, dal
teorema degli autovalori, 𝒌𝒏𝒎
𝒕 è una quantità positiva, quindi 𝝃′𝒏𝒎 è una
quantità positiva.
[𝒏𝒎] 𝑻𝑬
𝝃′[𝒏𝒎]
𝒉𝒛 (𝒓, 𝜽) = 𝑨𝒏𝒎 𝑱𝒏 ( 𝒓) 𝐜𝐨𝐬 (𝒏𝜽 + 𝝋)
𝒂
Una volta noto hz, che si può scrivere in modo completo, andando a valutare la
dipendenza da z, possiamo valutare le componenti trasverse del campo
elettrico e del campo magnetico, in particolare queste hanno una componente
secondo 𝑟̂ e secondo 𝜃̂.
Il campo elettrico
trasverso si ottiene
andando a valutare
il gradiente
trasverso di hz in
coordinate
cilindriche, in particolare abbiamo che la dipendenza da 𝑟̂ va come Jn, la
componente secondo 𝜃̂ va come la derivata della funzione di Bessel di ordine
n.
Il campo elettrico tangenziale sul contorno deve essere nullo, e, poiché deve
𝜉′
essere nullo, e poiché ad argomento delle funzioni di Bessel abbiamo , ci
𝑎
aspettiamo che l’andamento funzionale sia del tipo 𝑬𝜽 ∝ 𝑱′𝒏 . Infatti, dalla
derivazione formale del gradiente trasverso, la componente va come J’ n,
perché per r=a, quindi andando proprio sul contorno, a ed a si semplificano e
rimane 𝐽𝑛′ (𝜉 ′ ), ma 𝝃′ è uno zero della J’, quindi questa funzione va
sicuramente a zero. Quindi la componente tangenziale del campo elettrico,
dovendo andare a zero sul contorno, deve avere un andamento funzionale del
tipo J’. La componente 𝐸𝑟 normale non deve essere nulla
sul contorno della guida circolare, e questa avrà un
andamento funzionale del tipo 𝐸𝑟 ∝ 𝐽𝑛 . Infatti, la
componente secondo r del campo elettrico trasverso varia
come una Jn, non come una J’n, che è solo per la componente secondo θ, che si
deve annullare sul contorno. Se consideriamo invece la componente del
campo H secondo r, questa è la componente normale al contorno, e questa
deve andare a 0, perché è la componente normale del campo magnetico su
una superficie elettrica perfetta, quindi per r=a questa componente deve
essere zero e l’andamento funzionale deve essere del tipo 𝑯𝒓 ∝ 𝑱′𝒏 . La
derivazione matematica ci porta allo stesso risultato. Infatti, per r=a, abbiamo
che la componente secondo r versore presenta un contributo del tipo
′
′ 𝜉[𝑛𝑚]
𝐽𝑛 ( 𝑟), che, per r=a, a ed a si semplificano, il che vuol dire valutare la J’n
𝑎
nei suoi zeri, e quindi diventa zero. Ci aspettiamo invece che la componente
𝑯𝜽 ∝ 𝑱𝒏, essendo la componente tangenziale sul contorno, infatti non deve
andare a zero, anzi deve essere massima.
Una volta noto il campo elettromagnetico dei modi TE, andiamo a valutare la
costante di propagazione. Abbiamo che la costante di propagazione per i modi
TE(z) vale
Otteniamo le
frequenze di
taglio dei singoli
modi
uguagliando a 0
la costante di
′
propagazione. Questo 𝜉[𝑛𝑚] è estremamente importante, perché è
proporzionale a kt, e alla frequenza di cut-off.
Nel caso TM(z) la condizione al contorno è molto più semplice perché abbiamo
che ez=0. Dovendo essere ciò valido per ogni θ, corrisponde a dire che la Jn,
con argomento ktr, valutata in r=a, deve essere zero.
Non deve essere nulla
la derivata prima, ma
la funzione di Bessel
di ordine n di prima
specie deve essere
nulla, quindi le
soluzioni le
indichiamo come
𝝃𝒏𝒎, e diremo che l’m-esimo zero della funzione di Bessel si indica come
𝝃𝒏,𝒎 = 𝒌𝒏𝒎
𝒕 𝒂. 𝜉𝑛,𝑚 è una quantità estremamente positiva perché k t e a non
possono essere zero, ma sono
delle quantità positive.
Come abbiamo fatto per i modi TE, anche per i modi TM individuiamo il
(𝑛,𝑚) 2 𝜉𝑛,𝑚 2
𝑘𝑧 = √𝑘 2 − 𝑘𝑡(𝑛,𝑚) = √𝜔2 𝜇𝜀 − ( ) . L’espressione stavolta è diversa,
𝑎
cioè mentre nel caso della guida rettangolare i modi TE e i modi TM avevano lo
stesso kt quadro, qui invece è diverso. Otteniamo quindi diverse espressioni
per le frequenze di cut-off andando ad
uguagliare a zero l’espressione di kz che
abbiamo descritto prima, perché abbiamo
𝜉 e non 𝜉 ′.
Se noi abbiamo una guida d’onda a sezione ellittica, gli assi definiscono due
polarizzazioni privilegiate e, al variare di 𝜑, abbiamo modi diversi.
Troviamo interesse pratico anche nei cosiddetti modi circolari elettrici TE0m.
Fanno riferimento alle funzioni di Bessel di ordine 0.
Sono modi importanti perché sono dei modi TE, quindi il campo magnetico ha
una componente longitudinale Hz, ma sulla sezione trasversa il campo
elettrico è
puramente
circonferenziale ed il
campo magnetico è
puramente radiale.
La configurazione di campo tipica
è quella che vediamo qui, cioè il
campo elettrico è sempre
circonferenziale, e invece il campo
magnetico è sempre normale. Se
abbiamo una guida non ideale, cioè
con il mantello che non è un
conduttore perfetto, abbiamo che sul mantello, visto che sulla sezione
trasversa il campo magnetico è solo normale, radiale, non ci sarà mai un
campo magnetico circonferenziale e quindi non ci saranno mai correnti
longitudinali. Poiché c’è il campo magnetico longitudinale Hz, sul mantello
esistono solo correnti circonferenziali.
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bilotti@uniroma3.it
Lezione 19
Guide coassiali
Le guide a più conduttori esistono sia in una versione a profilo aperto, sia in
una versione a profilo chiuso (intendendo un tubo metallico, che rappresenta il
conduttore esterno, e poi abbiamo uno, o più conduttori all’interno, come
avviene nel cavo coassiale semplice). Le guide a profilo aperto si estendono a
tutto lo spazio, e sono le linee in microstriscia e le linee co-planari. Se noi
abbiamo guide d’onda che presentano due conduttori che sono immersi
all’interno di un unico dielettrico, abbiamo la possibilità di eccitare all’interno
di questa struttura, con due conduttori ed un unico dielettrico, un modo
TEM(z). Se abbiamo che la guida d’onda è costituita da n conduttori immersi in
un unico dielettrico, allora il numero dei modi TEM(z) che può generarsi cresce,
e, in particolare, è pari ad n-1, dove n è il numero di conduttori. Nel caso di
due conduttori, il cavo coassiale presenta due conduttori indipendenti, ovvero
il conduttore o mantello esterno ed il conduttore interno, quindi abbiamo due
conduttori e i modi TEM che si possono generare è pari a 1. Un’altra
considerazione importante che facciamo a monte è che, quando sono presenti
due o più dielettrici, quindi il campo interessa due p più dielettrici, questo
avviene nelle linee aperte (tipicamente microstriscia, o guida co-planare), non
abbiamo propagazione di modi TE, TM, o TEM, ma descriviamo il campo
elettromagnetico in queste strutture attraverso la propagazione di modi
ibridi. I modi ibridi sono caratterizzati da entrambe le componenti Ez e Hz.
Fino ad ora abbiamo visto che nel caso delle guide d’onda a profilo
semplicemente connesso il campo si può esprimere come somma di modi TE
(Ez=0) e TM (Hz=0), in guide con più conduttori esistono anche i modi TEM che
hanno Ez e Hz nulli, se abbiamo delle guide dove il campo interessa due o più
dielettrici, allora, in quel caso, i modi in cui andiamo a scomporre il campo
elettromagnetico sono modi ibridi, ovvero che presentano quindi sia Ez che Hz.
Abbiamo degli
esempi di guide
d’onda a più
conduttori aperte e
chiuse.
Consideriamo, per
esempio (in alto a
sinistra), la guida in
microstriscia, dove abbiamo un supporto dielettrico caricato su un piano di
massa metallico e sulla lamina dielettrica abbiamo una metallizzazione su cui
viaggia il segnale. Questa struttura non è una struttura chiusa, il campo non
occuperà soltanto il dielettrico, ma interesserà anche la regione, che è un
semispazio, di aria che è presente sopra la struttura. Abbiamo a che fare con
due dielettrici, quindi il campo interessa il dielettrico del substrato, presente
tra la linea ed il piano di massa, ed interessa anche il semispazio di aria
superiore. Quindi avremo dei modi ibridi. Si dimostra che il modo
fondamentale è un modo quasi TEM. La stessa cosa vale per la guida
rappresentata a destra, nota come guida co-planare, dove il segnale viaggia
nella linea centrale mentre le due linee laterali sono il piano di massa, quindi
non è presente metallizzazione sotto la lamina dielettrica. La metallizzazione
relativa al segnale è rappresentata dalla linea intermedia.
Andiamo a
considerare le
due equazioni e
a risolverle
separatamente.
Conviene partire
dall’equazione in
𝜣(𝜽), che ha le
due soluzioni
che abbiamo già visto, del tipo
𝜣(𝜽) = 𝑨𝟏 𝐬𝐢𝐧(𝝂𝜽) + 𝑨𝟐 𝐜𝐨𝐬(𝝂𝜽) per 𝝂 ≠
𝟎
𝜣(𝜽) = 𝑨𝟏 𝜽 + 𝑨𝟐 per 𝝂 = 𝟎.
𝝓(𝒂, 𝜽) = 𝝓𝒂 = 𝑪𝟏 𝐥𝐧 𝒂 + 𝑪𝟐
e queste espressioni devono valere ∀𝜃.
𝝓(𝒃, 𝜽) = 𝝓𝒃 = 𝑪𝟏 𝐥𝐧 𝒃 + 𝑪𝟐
𝜀
√𝜇 𝑧̂ × 𝑒⃗𝑡 (𝑟). Considerato anche l’andamento secondo z, che è del tipo onda
diretta + onda riflessa, abbiamo che il campo elettrico trasversale è
puramente radiale (dipende da r versore) e che il campo magnetico
trasversale è puramente circonferenziale (dipende da 𝜽 versore). Il campo
elettrico del modo TEM(z) di un cavo coassiale è
puramente radiale ed il campo magnetico puramente
circonferenziale. Il campo elettrico ed il campo
magnetico si attenuano come 1/r, quindi è
particolarmente concentrato nell’intorno del
conduttore interno come ampiezza, e l’ampiezza si attenua andando verso il
conduttore esterno di raggio b.
Dopo aver visto com’è fatta la distribuzione del campo elettromagnetico del
modo TEM in un cavo coassiale, consideriamo adesso la potenza media
trasportata dal modo TEM, l’attenuazione, la larghezza di banda e
l’impedenza caratteristica del modo TEM in un cavo coassiale. La potenza
media trasportata da un modo TEM si ottiene scrivendo il teorema di Poynting
attraverso la sezione circolare generica della guida. Dobbiamo prendere ½ che
moltiplica la parte reale
dell’integrale di E vettor H
complesso coniugato scalar z in ds,
dove ⅆ𝑠 = 𝑟ⅆ𝜃 ⅆ𝑟 perché parliamo
di una sezione circolare.
Abbiamo che
all’interno
dell’integrale
𝑒⃗𝑡 (𝑟) × ℎ⃗⃗𝑡∗ (𝑟) ⋅ 𝑧̂ =
𝑧̂ × 𝑒⃗𝑡 (𝑟) ⋅ ℎ⃗⃗𝑡∗ (𝑟).
Abbiamo che 𝑧̂ ×
𝑒𝑡
⃗⃗⃗⃗(𝑟) ∝ ⃗⃗⃗⃗
ℎ𝑡 (𝑟),
quindi possiamo far comparire all’interno dell’integrale l’ultima espressione
che vediamo scritta in figura, che è pari al modulo quadro di h trasverso. Il
risultato finale ci dice che la potenza media trasportata dal modo TEM
attraverso la sezione
generica di un cavo
coassiale dipende dal
rapporto tra i raggi b/a,
che sta all’interno del
logaritmo, e dipende
anche dal materiale che
viene utilizzato all’interno
della guida. Dipende anche
dalla differenza di potenziale V0 che abbiamo assegnato, e dal modulo quadro
di c1.
1 1
𝜔𝜀 𝑎 + 𝑏 𝜔𝜀 𝑎 + 𝑏 𝜔𝜀 1 1 + 𝑥 1+𝑥
𝛼𝑧 = √ =√ =√ =𝐶
8𝑔 𝑙𝑛 (𝑏 ) 8𝑔 𝑎𝑏 𝑙𝑛 (𝑏 ) 8𝑔 𝑏 ln(𝑥) ln(𝑥)
𝑎 𝑎
Quindi, individuato il
materiale, stabilita la
frequenza di lavoro,
posso ridurre
ulteriormente l’attenuazione andando ad agire su b. Fissato il rapporto b/a, o
a/b, che deve essere ottimo, l’attenuazione diminuisce al crescere della
sezione trasversa della guida e all’aumentare della conducibilità. Maggiori
dimensioni della sezione trasversa, però, corrispondono a larghezze di banda
più strette. Abbiamo visto che il campo elettromagnetico risulta essere
maggiormente confinato verso il conduttore interno, quindi più aumentiamo
la dimensione b della guida, più andiamo a far interagire meno il campo
elettromagnetico con il conduttore esterno, quindi minore sarà il livello di
attenuazione. Aumentare b è sicuramente utile per ridurre l’attenuazione, ma
potrebbe non essere utile ai fini della larghezza di banda. Aumentare b, infatti,
corrisponde a ridurre la larghezza di banda del coassiale, quindi dobbiamo
andare a bilanciare questi due aspetti. O privilegiamo il discorso
dell’attenuazione, quindi la rendiamo più bassa possibile, o privilegiamo la
larghezza di banda. Oppure arriviamo ad un punto di ottimo intermedio, che
però non riguarda né il primo caso né il secondo.
Il minimo dell’attenuazione, se noi assumiamo un cavo in rame, con una
𝑺
conducibilità alle microonde pari a 𝒈 = 𝟓, 𝟖 ⋅ 𝟏𝟎𝟕 , abbiamo che il valore
𝒎
dell’attenuazione minimo, avendo assunto il rame come materiale, si esprime
in questo modo
1
𝛼𝑧𝑚𝑖𝑛 ≈ 1,432 ⋅ 10−10 √𝜀𝑟 √𝑓
𝑏
L’altro punto che dobbiamo analizzare per un cavo coassiale è quello della
larghezza di banda. Il modo fondamentale è il modo trasverso
elettromagnetico, perché, quando esiste, questo è sempre un modo
fondamentale, essendo la frequenza di cut-off, proporzionale al 𝑘𝑡 , uguale a 0.
Siccome il 𝑘𝑡 = 0 → 𝑘𝑧 = 𝑘 = 𝜔√𝜇𝜀, quindi 𝑘𝑧 non è mai 0, a meno che
omega sia nullo. Quindi il cut-off del modo fondamentale si assume a
frequenza nulla, quindi il modo fondamentale TEM esiste a partire da una
frequenza nulla.
Noi abbiamo
soluzione del
problema TE con le
condizioni al
contorno fissate tutte
le volte che vale
questa equazione caratteristica qui, che viene fuori dall’ulteriore
complicazione di dover lasciare le funzioni di Bessel di seconda specie Y. Al
variare dell’ordine n delle funzioni di Bessel avremo, per ciascun ordine n,
un’infinità numerabile di soluzioni di questa equazione caratteristica, che
indicheremo con m. Avremo m zeri dell’equazione caratteristica. Quando
andiamo ad indicare i modi TEnm, il primo indice definisce l’ordine della
funzione di Bessel, invece m rappresenta l’indice dello zero non della derivata
prima della Jn, ma dell’equazione caratteristica che vediamo qui. Quindi, una
volta trovati gli autovalori come soluzione dell’equazione caratteristica,
accanto a questi abbiamo un modo di propagazione, un modo guidato TE.
Quindi utilizziamo anche qui la posizione che vediamo scritta qui.
La stessa
cosa
possiamo
fare per i
modi TM,
quindi avremo che
Anche qui
possiamo
considerare un
q=a/b, e
quindi anche
qui possiamo
arrivare ad
𝜉𝑛,𝑚 2 𝜉𝑛𝑚 2
una soluzione in termini di 𝑘𝑡(𝑛,𝑚) = → 𝑘𝑡(𝑛,𝑚) =( ) . Analiticamente,
𝑏 𝑏
trovato tutto lo spettro dei modi TE e dei modi TM (non lo facciamo), il
risultato finale è che il primo modo di ordine superiore tra tutti i TE e tutti i TM
è il TE11. Quindi il
modo fondamentale di
un coassiale è il modo
TEM, mentre il primo
modo di ordine
superiore è un TE11,
proprio come avviene in una guida circolare. Se noi andiamo a valutare la
′
𝑐 𝜉11
frequenza di cut-off per il TE11, abbiamo che 𝑓𝑐[1,1] = . Ma 𝜉 ′ abbiamo
2𝜋 𝑏
detto che varia per una certa famiglia di coassiali al variare del rapporto b/a.
Vediamo dal grafico che, per q=0, il valore di 𝜉 ′ è pari a 1,841, che è il valore
che abbiamo trovato come autovalore per il modo TE 11 del coassiale. Quando
a=0 il conduttore interno del coassiale sparisce, quindi matematicamente il
TE11 diventa quello di una guida d’onda circolare. A mano a mano che
aumenta il raggio interno del coassiale, 𝜉 ′ diminuisce. Quando fissiamo un
certo valore di q=a/b, quindi un certo aspetto geometrico del cavo coassiale,
′
vediamo che, fissato 𝜉11 , la frequenza di cut-off diminuisce all’aumentare di b.
Questo è quanto avevamo detto precedentemente in relazione
all’attenuazione. Noi abbiamo detto che se aumentiamo b aumenta
l’attenuazione della guida, il che corrisponde a diminuire anche la larghezza di
banda. Infatti, la frequenza di cut-off, cioè l’estremo superiore che determina
la larghezza di banda del primo modo di ordine superiore, cioè il TE11 , è
inversamente proporzionale a b. Abbiamo che 𝑓𝑐[1,1] diminuisce all’aumentare
di b, quindi diminuisce la larghezza di banda, che va da frequenza nulla fino a
𝑓𝑐[1,1] . Anche qui, dobbiamo stabilire un certo rapporto di b/a che ci dà un
giusto compromesso tra l’attenuazione ed il trasferimento della potenza, la
riduzione ulteriore dell’attenuazione va a contrastare con la larghezza di
banda della guida coassiale. Per agire su b dobbiamo vedere se vogliamo
privilegiare la larghezza di banda, la diminuzione dell’attenuazione, oppure se
vogliamo un compromesso tra questi due aspetti. Lo spettro modale completo
di un coassiale, per un fissato valore di q=a/b=0,278, è il seguente:
Il modo di
ordine zero
TEM (l’unico
modo TEM
esistente) ha
un cut-off
nullo. Il modo
TE11, primo
modo di
ordine superiore, è quello che definisce la larghezza di banda. Esprimiamo il
cut-off come 𝑏𝑓𝑐 , non come fc assoluto, in maniera tale da far capire che il cut-
off dipende, per un fissato q, da come andiamo a intervenire su b.
Campi Elettromagnetici 2
Prof: Stefano Bellucci
http://www.dea.uniroma3.it/bilotti
bilotti@uniroma3.it
Esercitazione CST
Abbiamo visto che la guida rettangolare è tale che le sue caratteristiche sono
definite da parametri quali la larghezza, l’altezza ed il materiale che riempie la
guida stessa. Abbiamo una struttura composta, idealmente, da un materiale
metallico a conducibilità infinita. Abbiamo che questa struttura non supporta i
modi TEM(z), ma sono i modi TE(z) e TM(z).
Abbiamo visto che il modo fondamentale che si propaga in questo tipo di guida
è il TE10, che ha una frequenza di cut-off, al di sotto della quale qualsiasi modo
è attenuato, pari a c/2a.
Abbiamo i vari valori della fc, della lunghezza d’onda e della costante di
propagazione dei modi che possono propagarsi in una guida d’onda
rettangolare del tipo WR-90. È una guida che lavora in banda X, e lo notiamo in
quanto la fc del modo fondamentale è pari a 6,557 GHz.
Parametri S:
Recap:
Lungo K avrà una certa fase 𝜑′ , e, a seguito della riflessione, avremo una fase
𝜑′′ = 180° per via dello sfasamento di 180° in corrispondenza della parete
elettrica perfetta, dopodiché abbiamo un contributo di fase 𝜑′′′ = 𝜑′ . Quindi,
se 𝜑′ + 𝜑′′ + 𝜑′′′ = 360°, allora 𝜑′ = 𝜑′′′ = 90°. Se paragoniamo questo
problema ad uno del tipo “linea di trasmissione”, la linea deve essere lunga un
quarto di lunghezza d’onda, perché con questa lunghezza avremo uno
sfasamento da considerare pari a 90°.
È un rettangolo con una certa flangia, abbiamo buchi che servono ad avvitare e
congiungere diverse guide. Possiamo avere anche la transizione coassiale guida
d’onda rettangolare. Questo tipo di transizione è quella che abbiamo realizzato
in cst. La guida infatti è chiusa sul fondo, mentre l’altro lato, la bocca di uscita,
rimane aperta. Abbiamo la maglia dorata esterna, il dielettrico ed un buchetto
che serve ad ospitare il conduttore interno.
Noi abbiamo ottenuto delle performance che non erano proprio ideali, in
quanto vorremmo che tutta la potenza che arriva all’imbocco di questo pin
venga trasferita alla guida d’onda rettangolare. Dalla simulazione che abbiamo
effettuato si evince che è presente una leggera perdita di potenza.
Il VNA non portatile lavora ad un range di frequenze che va, più o meno, da 1
MHz a 18 GHz.
Abbiamo una parte frontale dello strumento, composta dalle due porte, con la
ghiera metallica. Abbiamo il tasto di accensione, l’ingresso micro-usb per
connettere il VNA ad un monitor, o più opportunamente, ad un computer che
serve a pilotare il VNA portatile, che non ha un display, contrariamente al VNA
fisso (che presenta un computerino all’interno ed un display per analizzare i
parametri s e le grandezze che vogliamo analizzare). Abbiamo il cavo di
alimentazione.
Abbiamo la scala della fase lungo l’asse verticale per i parametri s, mentre
lungo l’asse orizzontale sono riportate le frequenze.
Se sul menù clicchiamo Trace, possiamo lavorare sulle tracce S11, S12, S21, S22. Se
clicchiamo su “response” possiamo cambiare la grandezza da visualizzare.
Abbiamo che, cambiando la scala solamente, ad esempio, alla traccia S12,
possiamo osservare quanta potenza stiamo trasferendo dalla porta 2 del VNA
alla porta 1, in questo caso abbiamo segnati -100 dB, ovvero praticamente 0.
Possiamo vedere, ad esempio, come varia l’s11 sulla carta di Smith, i circoletti
che vediamo corrispondono a picchi bassi dell’andamento, questo vuol dire
che abbiamo un buon adattamento.
Ciò che andiamo a fare per il VNA, di calibrazione, è un’altra, che utilizza lo
short, l’open ed il thru.
Non abbiamo, da parte del fornitore, la risposta attesa dello strumento, non è
nota a priori.
Clicchiamo su open.
Ci manca il load per la porta 2. Vediamo che ogni volta che avvitiamo, il grafico
cambia. Abbiamo calibrato la porta 2, adesso lavoriamo sulla porta 1.
L’s11 è a -60 dB, quindi abbiamo 0 riflessioni, tutta la potenza sta fluendo dalla
porta 1 alla porta 2.
Per l’s22, se cambiamo scala, vediamo che la situazione è molto simile. Vediamo
che l’s11 e l’s22 oscillano così tanto perché i valori sono molto bassi, quindi il
dispositivo fa fatica a rilevare i valori di ampiezza, lo stesso vale per la fase,
caratterizzata da oscillazioni.