ASTROFISICA
Donatella Crosta
(SAIt )
Indice
Introduzione
Lo sviluppo storico
I fatti sperimentali e le idee:
Spettro del corpo nero e la relazione di Planck
Effetto fotoelettrico e la spiegazione da parte di Einstein
Diffusione Compton
Spettro dell’idrogeno e la quantizzazione di Bohr
L’aspetto ondulatorio della materia e la lunghezza d’onda di
de Broglie
Il principio di Heisenberg :
il postulato di misura
La non separabilità:
paradosso EPR e teorema di Bell
Conclusioni
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Introduzione
Nel mondo dell’ infinitamente piccolo quasi niente obbedisce alle leggi della
fisica classica (meccanica per gli oggetti materiali, elettromagnetismo per i
3
fenomeni elettromagnetici e termodinamica per i trasferimenti di calore e di
moto)
La fisica quantistica quindi costringe ad una rottura netta sia con l’intuito sia
con le rappresentazioni semplici e “ragionevoli” del mondo che ci circonda,
utilizzando entità astratte che disturbano il nostro senso della realtà.
Lo sviluppo storico
Verso la seconda metà del XIX secolo c’era la convinzione che la meccanica
"classica" (Newton e sviluppi successivi), l’elettromagnetismo ( equazioni di
Maxwell) e la termodinamica (Carnot, Joule ) riuscissero spiegare tutti i
fenomeni naturali anche quelli ancora di difficile interpretazione. Tuttavia negli
ultimi anni del secolo, e nei primi di quello successivo, vennero eseguiti
alcuni esperimenti che in alcun modo potevano essere inquadrati nei modelli
precedenti. Questi fenomeni riguardavano il mondo dell’infinitamente piccolo
( struttura intima della materia e interazioni materia ed energia, stabilità degli
atomi)
Queste scoperte portarono ad una rivoluzione del pensiero scientifico
paragonabile a quella del XVII secolo con Galilei e Newton.
In un primo momento i fisici cercarono dei modelli "ad hoc" per le varie classi
di fenomeni. Non si trattava di un ritorno all’aristotelismo, ma di un tentativo di
descrivere in un modo completamente nuovo ciò che si osservava
sperimentalmente. Tutti questi modelli sviluppati "ad hoc", avevano però un
punto fondamentale in comune: l’energia doveva essere "quantizzata". In
pratica i vari sistemi fisici possono scambiare energia soltanto in quantità ben
definite: a pacchetti o "quanti". Il quanto elementare di energia è legato ad
una costante universale la costante h, che oggi chiamiamo costante di
Planck e che vale 6.62618·0-34J s. Planck fu il primo ad introdurla per
spiegare lo spettro di corpo nero.
IL CORPO NERO
ΔQ/ Δt = εσA T4 1)
5
L’esperimento mostra che fino ad una certa temperatura la cavità appare
nera, verso i 600°C comincia ad emettere luce di colore rosso scuro, al
crescere della temperatura la luce diventa sempre più intensa fino a diventare
di colore bianco.
Se, per diverse temperature, si registra l’intensità della radiazione alle varie
lunghezze d’onda si ottiene il grafico di fig.1.
Si nota che il valore della lunghezza d’onda λmax a cui corrisponde il
massimo di intensità cresce in proporzione con la temperatura T secondo
la legge di Wien
fig.1
6
Le spiegazioni
P ( λ, T ) = 2πckB T/ λ4 3)
Nel 1899 Planck fece l’ipotesi che lo scambio di energia tra radiazione e
materia non avvenisse in modo continuo ma discreto, cioè per multipli interi
di una quantità minima fondamentale di energia, quanto, la cui energia è
proporzionale alla frequenza della radiazione secondo la relazione
E = hν 4)
h= 6,62618 -10-34 J s
7
grandezza della fisica classica per mezzo della quale si possono spiegare alcune
proprietà dei corpi come ad esempio il caso del moto di una particella su un piano
inclinato per cui si dimostra che esiste una particolare traiettoria (cicloide ) per la quale
l’azione è minima ( principio di minima azione formulato da P.L.M. de Maupertuis nel
1747).
Un altro esempio si ha in ottica nel principio di Fermat nel caso di un raggio che
subisce una rifrazione passando da un mezzo ad un altro
fig.2
EFFETTO FOTOELETTRICO
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La luce ultravioletta colpisce il catodo C posto in un tubo a vuoto; tra C ed A
vi è una differenza di potenziale che può essere variata , gli elettroni emessi
quindi possono essere sia accelerati sia rallentati . Tramite un potenziometro
si può modificare sia il segno sia il modulo del potenziale dell’anodo. L’anodo
A , in corrispondenza quindi di un valore Vo del potenziale , potenziale
d’arresto , può respingere tutti gli elettroni, arrestandoli. In questa situazione
l’amperometro A segna l’eventuale passaggio di corrente.
1° esperimento
Ecinmax = e Vo 5)
I3
I2
I1
ν>ν0
V0 V
10
Si nota che il valore limite della corrente è direttamente proporzionale
all’irraggiamento I (energia assorbita nell’unità di tempo per unità di
superficie perpendicolare alla direzione della luce) mentre il potenziale
d’arresto e quindi l’Energia cin max degli elettroni è indipendente
dall’irraggiamento
Le spiegazioni
Secondo l’ipotesi dei fotoni: Einstein nel 1905 riprese l’ipotesi di Planck
dimostrando che gli atomi del materiale acquistano l’energia non con
continuità ma a pacchetti di energia denominati fotoni , ciascuno dei quali
possiede un’energia pari a
E= hv 6)
quindi ciascun elettrone può essere emesso solo se il singolo fotone cede
una quantità di energia sufficiente a strappare l’elettrone dalla superficie del
metallo: questo particolare valore dell’energia è chiamato lavoro di
estrazione Wo .
Se si aumenta quindi l’intensità della radiazione, aumenta solo il numero dei
fotoni ma non la loro energia e quindi neppure quella degli elettroni.
2° esperimento
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fig.5
Le spiegazioni
Secondo l’ipotesi dei fotoni : l’elettrone, per spezzare il legame che lo tiene
legato all’atomo deve acquistare una quantità minima di energia, detta
energia o lavoro di estrazione Wo . Se il fotone non cede un’energia E= h v
almeno uguale a Wo l’elettrone non riesce ad abbandonare la superficie.
Un fotone di frequenza maggiore cederà all’elettrone una quantità maggiore
di energia, ma l’elettrone, per poter sfuggire dal metallo, dovrà cederne una
parte , Wo , a seconda del tipo di materiale
h v = Wo + E cin max 7)
questa legge non è altro che una legge di conservazione dell’energia per
l’interazione di un fotone di frequenza v ed un elettrone appartenente ad una
sostanza caratterizzata da un lavoro di estrazione Wo . l’eventuale
12
eccedenza di energia , h v - Wo la si ritrova sotto forma di energia cinetica
dell’elettrone come si può osservare dalla fig.5
Cancelli automatici
Un’unità trasmittente invia un fascio di infrarossi ( IR ) attraverso il vano apertura, che
viene raccolto da un’unità ricevente fornita di fotodiodo ( dispositivo che , colpito da una
radiazione elettromagnetica, restituisce una differenza di potenziale proporzionale alla
radiazione incidente ). Se un ostacolo intercetta il fascio impedisce alla luce di raggiungere
l’unità ricevente e la corrente nel fotodiodo diminuisce. Questa variazione di corrente viene
rilevata da un dispositivo elettronico che blocca la chiusura del cancello.
Astronomia
Fotomoltiplicatori elettronici
I fotomoltiplicatori elettronici sono dispositivi che rivelano la presenza di un flusso
luminoso con una sensibilità complessiva molto elevata, sfruttando contemporaneamente
il fenomeno della fotoemissione e quello della emissione secondaria. Il principio di
funzionamento di un fotomoltiplicatore è indicato in figura.
LA DIFFUSIONE COMPTON
E² =p²c² + ( mc² ) ² 8)
E² =p²c² → E = pc 9)
e quindi
p = E /c 10)
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L’esperimento che Compton realizzò consiste nell’inviare un fascio di raggi X
di lunghezza d’onda λ contro un bersaglio costituito di atomi di carbonio
fig.6
λ’ – λ = λo (1 – cos φ ) 12)
15
Se φ = 0 il fotone diffuso ha la stessa lunghezza d’onda di quello incidente,
ossia non c’è interazione.
Se φ = 90° allora λ’ – λ = λo
Le spiegazioni
Secondo l’ipotesi dei fotoni : l’urto avviene in modo simile ad un urto tra
palle da biliardo; ammettendo che valgano le leggi di conservazione
dell’energia e della quantità di moto :
Sul finire del XIX secolo furono effettuati esperimenti che consistevano nel far
passare scariche elettriche nei gas ed analizzando la luce emessa.
Analizzando allo spettroscopio si evidenzia uno spettro a righe di emissione
del gas: cambiando il gas cambia il tipo di spettro
Un fascio di luce che incide su un prisma viene scomposto nelle sue
componenti monocromatiche dando luogo, su uno schermo posto dietro il
prisma , ad uno spettro continuo di tutti i colori dal rosso
fino al violetto.
Oltre gli spettri di emissione si hanno spettri di assorbimento che si
ottengono quando la luce bianca viene fatta passare attraverso un elemento.
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Il confronto tra spettro di emissione e d assorbimento di una stesso elemento
mostra che le righe di emissione hanno la stessa posizione di quelle di
assorbimento, ciò significa che ogni elemento assorbe lo stesso tipo di
radiazione che è in grado di emettere ( principio di inversione dello
spettro )
ν = R ( 1 / 4 – 1 / n² ) n = 3, 4, 5,… 14)
17
Negli anni successivi Lyman, Paschen e Brackett scoprirono altre serie di
righe rispettivamente nell’ultravioletto e nell’infrarosso
ν = R ( 1 / m² - 1 / n² ) 15)
LA “QUANTIZZAZIONE” DI BOHR
Niels Bohr (1885-1962 ) nel 1911, riprendendo l’ipotesi dei quanti, enunciò i
seguenti postulati:
L = n h / 2π n= 1, 2, 3 ….. 16)
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3) un elettrone può passare da un’orbita stazionaria ad un’altra di energia
inferiore, emettendo un quanto di radiazione di frequenza ν, secondo la
relazione
I primi due postulati sono in pieno contrasto con la fisica classica: il primo
ammette che una carica elettrica possa ruotare senza irraggiare, il secondo
introduce la quantizzazione per le orbite, escludendo quindi infinite orbite, il
terzo spiega il meccanismo dell’irraggiamento
E = hν = ħ2π / T= ħω p=h/λ 18 )
Fig. 7
2π rn = n λ 19 )
2π rn = n h / p 20)
m v rn = n h / 2π 21)
20
Esperimento di Davisson e Germer
fig.8
21
La fig.9 mostra il confronto tra le figure di diffrazione ottenute con elettroni,
a sinistra, e con raggi X, a destra. Dato che la lunghezza d’onda è
confrontabile con quella dei raggi X di eguale energia si possono confrontare
le figure create sullo stesso bersaglio
fig.9
Questo risultato poteva essere spiegato solo come interferenza delle “onde
con lunghezza d’onda di de Broglie” associate agli elettroni.
De Broglie non elaborò però subito una teoria matematica del fenomeno; nel
1926, circa un anno dopo la sua pubblicazione, un fisico austriaco Erwin
Schrödinger scrisse un’equazione generale per le onde di de Broglie
dimostrandone la validità per ogni tipo di moto elettronico. Questa equazione
è molto simile alle equazioni d’onda relative alla propagazione delle onde
sonore e delle onde elettromagnetiche: ne riparleremo più avanti.
I risultati, relativi ai livelli energetici dell’atomo di idrogeno,ottenuti sulla base
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dell’equazione di Schrödinger sono identici a quelli ottenuti in base alla teoria
di Bohr, ma cambia notevolmente l’aspetto fisico. Secondo Bohr si avevano
orbite circolari ed ellittiche su cui ruotano gli elettroni puntiformi, secondo
Schrödinger invece il moto degli elettroni era governato dalle onde di de
Broglie a tre dimensioni che circondavano il nucleo atomico e le cui
frequenze di vibrazione erano determinato da forze elettriche e magnetiche.
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fig.1
Se, dopo aver lanciato un gran numero di palline, si contano quelle raccolte,
si ottiene un campionamento che indica come varia la probabilità di arrivo al
variare del punto di impatto.
La probabilità P12 che una pallina arrivi in una certa scatola quando le due
fenditure sono aperte è la somma della probabilità P1 che arrivi quando è
aperta solo la fenditura 1 e della probabilità P2 che arrivi quando è aperta
solo la fenditura 2
P12 = P1 + P2
Cioè la pallina deve passare o dalla fenditura 1 o dalla 2 per poter arrivare
ad una certa scatola
Ripetiamo lo stesso esperimento utilizzando delle onde
Si ottiene un risultato molto diverso da quello ottenuto con le palline:
compaiono le “frange di interferenza”: v. fig2
24
Fig.2
25
Ripetiamo ora l’esperimento utilizzando degli elettroni. v.fig.3
fig.3
26
Fig.4
27
Ripetendo l’esperimento cercando di individuare la fenditura attraverso cui
passa l’elettrone, otteniamo un comportamento identico a quello delle palline.
v. fig.5
fig.5
Conclusioni dell’esperimento
28
“Il punto cruciale sta nel riconoscimento del fatto che qualunque tentativo
di analisi, inteso nel modo proprio della fisica classica dell’individualità dei
processi atomici, risulterebbe frustrato, in quanto condizionato dal quanto
di azione, dall’ineliminabile interazione tra gli oggetti atomici e gli strumenti
di misura”. ( Niels Bohr )
Questa concezione dell’operazione di misura non esisteva nella fisica
classica.
Che senso ha allora parlare delle proprietà di un oggetto microscopico
finché su di esso non è stata effettuata una misura ? Questo interrogativo
sulla realtà delle cose al di fuori della misura o dell’osservazione, ce lo
saremo già posti quando ci siamo domandati se la lampadina del
frigorifero sia davvero spenta quando la porta è chiusa.
Riprenderemo più avanti questo aspetto con il “postulato di misura”
3) un esperimento appare parziale e finalizzato. Uno strumento di misura
rende evidente una particolare grandezza, ma non un’altra.
Approfondiremo più avanti questo aspetto analizzando il “principio di
complementarità”
la natura della strumentazione determina quindi la tipologia dei fenomeni
osservati
4) il concetto di traiettoria fondamentale in fisica classica, crolla. Infatti
osservando le frange di interferenza non siamo in grado di dire quale
percorso hanno seguito le particelle.
5) l’idea classica per cui le condizioni iniziali e le forze in gioco permettono
di determinare il moto di una particella viene meno. infatti non sappiamo
dire anticipatamente con certezza in quale punto la particella colpirà lo
schermo.
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Una nuova rappresentazione degli oggetti fisici
Sia a1 l’ampiezza di probabilità nel caso in cui sia aperta solo la fenditura 1 e
P1, la probabilità che l’elettrone compaia in un punto M dello schermo, sia
data dal modulo elevato al quadrato di a1 e analogamente se si apre la
fenditura 2 :
P1 = | a1 |2 e P2 = | a2 | 2
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Teniamo conto di questa descrizione in termini probabilistici del fatto che gli
elettroni, se numerosi, producono una figura di interferenza, quando si
esporrà la sostanza del formalismo quantistico.
Il principio di Heisenberg
Werner Heisenberg è stato uno dei uno dei padri della fisica quantistica; nel
1928 scoprì che ci sono casi in cui due grandezze fisiche non possono
essere determinate nello stesso tempo e con precisione o meglio non
possono essere predeterminate con precisione: non solo non si può sapere
cosa accade in certi fenomeni, ma pare che la stessa natura non si decida a
fare delle scelte. Quindi il principio di Heisenberg, chiamato di
“indeterminazione”, contrariamente a quanto spesso si afferma implica una
limitazione della precisione delle misura solo in un senso lontano dalla
accezione comune del termine.
Questo principio può essere dimostrato in modo rigoroso a partire da una
caratteristica degli “operatori” che il formalismo quantistico associa a ogni
tipo di misura: la loro non commutatività. Questo termine indica la
dipendenza dei risultati sperimentali dall’ordine cronologico in cui vengono
utilizzati gli strumenti.
Già il filosofo greco Zenone di Elea più di 2000 anni fa, si era posto il
problema: una freccia in volo non si poteva trovare, in alcun momento, in un
punto determinabile con precisione, perché se così fosse il moto non sarebbe
possibile. Heisenberg propose un esempio analogo, quello di voler colpire un
oggetto con un proiettile, ma questo presuppone di conoscere la traiettoria
(insieme delle posizioni occupate successivamente dal proiettile ) di
quest’ultimo, cioè di vederlo e quindi dovrà essere illuminato. La luce però
esercita una “pressione di radiazione” minuscola per gli oggetti macroscopici
ma “gigantesca” per una particella. Da qui il dilemma : o si irraggia la
particella perturbando così la sua traiettoria o non la si irraggia , e non si
saprà nulla sulla sua traiettoria.
C’è anche un’ altra considerazione da fare: in base alle leggi dell’ottica, per
poter “vedere” la particella la luce dovrà avere una lunghezza d’onda dello
stesso ordine di grandezza della particella stessa e se questa è piccola
anche la lunghezza d’onda sarà piccola , quindi trasporterà una “grande “
energia e l’impulso trasferito sarà grande; se viceversa, per avere un
trasferimento di energia “piccolo” invio un fascio di luce con piccola
frequenza, quindi grande lunghezza d’onda, non si riuscirà a “vedere”
31
l’elettrone. Una riduzione dell’indeterminazione sulla posizione della particella
comporta quindi un aumento dell’indeterminazione sulla sua velocità.
In generale questa conclusione viene riassunta dicendo che non si possono
conoscere contemporaneamente la posizione e la velocità di una particella
quantistica.
Ma questa formulazione è discutibile perché presuppone che ogni particella
sia un corpuscolo e lascia intendere che esistano una posizione esatta ed
una velocità esatta.
ΔxΔp ≥ h/4π
La costante di Planck
L’effetto tunnel
33
Nucleo essenziale del “formalismo” matematico
34
Paradossi quantistici: “il barile di polvere” e “il gatto di Schrődinger
Come sopra detto Il formalismo della fisica quantistica opera in spazi vettoriali
astratti ( spazi di Hilbert) che possono avere un numero infinito di dimensioni
e quindi molto lontani dallo spazio fisico dove avvengono gli eventi che il
formalismo pretende di descrivere. Si crea quindi una distanza tra la
rappresentazione dei fenomeni ed i fenomeni stessi.
A partire dal 1935 Einstein e Schrödinger per evidenziare l’aspetto
paradossale del principio di sovrapposizione idearono ciascuno un
esperimento mentale: “il barile di polvere ( Einstein) e “il gatto di Schrödinger
(Schrödinger ).
35
Fig.6
bI → bB
De Broglie enunciò il paradosso che porta il suo nome nel 1959 turbato dalla
riduzione dello stato.
Consideriamo una scatola contenente un elettrone. Prima di qualsiasi
osservazione la probabilità di trovare l’elettrone è circa la stessa in qualunque
punto della scatola, perché il vettore di stato che lo rappresenta occupa tutto
il volume. Supponiamo di dividere la scatola in due parti di uguale volume, A
e B, con una doppia parete scorrevole; il vettore di stato ora si distribuisce in
A e in B con probabilità ½ di trovarlo in A o in B. Portiamo la scatola B a
grande distanza dalla A, apriamo la scatola A, l’elettrone è al suo interno,
sappiamo quindi con certezza che non si trova nella scatola B, quindi il suo
vettore di stato in B è nullo.
Il buon senso ci fa dire che l’elettrone si trovava in A già da quando la
scatola era stata suddivisa: il vettore di stato non è stato annullato dalla
misura, è sempre stato nullo .
Ma la fisica quantistica non dice così: il vettore di stato è distribuito
equamente nelle due scatole.
Se la fisica quantistica è completa bisogna ammettere due cose:
1) il fatto di rivelare la particella nella scatola A ha annullato (a distanza) Il
vettore di stato della scatola B.
2) fino a quando la misura non è stata effettuata l’elettrone non era
localizzato in una sola scatola : aleggiava nelle due scatole come un
“fantasma diluito”.
Alcuni fisici hanno tentato di rendere le cose più accettabili ritenendo che la
fisica quantistica sia incompleta; consente di fare previsioni giuste quindi è
predittivamente completa, ma i vettori di stato non contengono la totalità
dell’informazione, tralasciano di considerare alcuni parametri supplementari,
le variabili nascoste. Nel caso della scatola, il fatto di dire che l’elettrone
osservato in A era già in A prima dell’apertura equivale a introdurre un
nuovo parametro che il vettore di stato non conteneva.
E’ giusto pensare che la fisica quantistica sia incompleta ? Questa domanda
è alla base della controversia tra Niels Bohr ed Albert Einstein
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Correlazione quantistica o “entanglement”
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conoscenza di uno è sufficiente a conoscere l’altro senza la necessità di
effettuare una misura.
Lo stato interno di ogni particella è ben definito, non possiamo però sapere a
priori quale delle due situazioni si realizzerà: le due situazioni sono
egualmente possibili. Di conseguenza il reale vettore di stato della coppia è
dato dalla somma dei vettori di stato corrispondenti a ognuna delle due
possibilità
Qui si manifesta “l’intreccio”: non si può isolare una parte che si riferisce alla
particella 1 dall’altra che si riferisce alla particella 2: la conoscenza di Ψcoppia
non permette di conoscere lo stato individuale di ognuna delle due particelle
della coppia.
La descrizione del “tutto” non implica quella delle sue parti. Viceversa la
descrizione delle parti non permette di ottenere quella dell’insieme
La non separabilità
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celebre articolo, detto “EPR” dalle iniziali degli autori, Einstein, Podolsky e
Rosen.
La speranza di EPR era che la fisica quantistica fosse incompleta, cioè che
fosse possibile aggiungere delle informazioni al vettore di stato, le cosiddette
“variabili nascoste”, che potessero spiegare le misteriose correlazioni che si
vengono a creare quando Alice e Bob compiono le loro osservazioni. Questo
sogno non potrà essere accettato in modo accettabile per Einstein. Nel 1935,
dopo il lavoro di EPR, il fisico irlandese John Bell avanzò l’idea che le due
particelle entangled, a prescindere dalla loro distanza continuino a costituire
un’unità, un sistema. La misurazione di una delle due particelle modifica lo
stato dell’altra: le due particelle non hanno un’esistenza autonoma. Nel 1964
Bell con il teorema che porta il suo nome mette in luce il contrasto tra il
modello e le previsioni della fisica quantistica.
Secondo questo teorema esiste una contraddizione fra la fisica quantistica e i
41
modelli che funzionano con l’aiuto delle variabili nascoste, detti anche teorie
realistiche locali. Si chiamano “locali” perché in esse le proprietà dei sistemi
dipendono da cosa accade a loro, dalle misurazioni eseguite; le proprietà
osservate sono indipendenti dalle misurazioni eseguite in altri sistemi. Sono
anche dette “realistiche” perché i risultati delle osservazioni sono ricondotti a
proprietà reali dei sistemi.
Secondo Bell quindi qualunque completamento della fisica quantistica è
necessariamente “non locale” in senso einsteniano :
Conclusioni
Abbiamo visto quanto la fisica quantistica lasciò perplesso anche uno dei
padri fondatori: Einstein. Oggi ne abbiamo una visione più chiara ed è
possibile presentarla con un formalismo matematico potente ed elegante,
anche se comunque è difficile da capire fino in fondo.
Questa teoria ha le conseguenze di una nuova “rivoluzione copernicana”;
allora l’uomo ha scoperto di non essere al centro dell’universo, qui l’uomo
scopre di non essere neppure in grado di afferrare la realtà: la sua mente e i
suoi sensi sono “classici”, il mondo è quantistico. Questo ha conseguenze
che si spingono oltre la fisica per sconfinare nella filosofia: attenzione però i
moderni fisici sono tutt’altro che filosofi e la fisica quantistica è il faticoso
risultato di un solidissimo metodo scientifico nato con Galileo.
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E’ bene notare che la fisica quantistica, nonostante il principio di
indeterminazione, la probabilità e i problemi di un sua interpretazione, è la
teoria il cui accordo con le prove sperimentali è il più preciso di tutta la
storia della fisica
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BIBLIOGRAFIA
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