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CHIMICA E BIOCHIMICA

L’unità di materia è l’atomo. L’atomo ha dimensioni molto piccole, se sono comparate a quanto i nostri
sensi esperimentano ogni giorno. Al centro dell’atomo c’è il nucleo e intorno ci sarebbe una regione di
spazio sferica dove gli elettroni ruotano. Un atomo ha un diametro di circa 10-10 m. Il nucleo è 100.000 volte
più piccolo di tutto l’atomo. I componenti fondamentali del nucleo sono protoni e neutroni (fanno massa);
gli elettroni sono 2000 volte più piccoli di protoni e neutroni e ruotano intorno all’atomo (non fanno
massa). L’elettrone ha una carica convenzionale -1 con massa atomica assoluta (al riferimento di 1/12 dell’
atomo di carbonio 12) di 9,109x10-20 g ed un unità di massa atomica di 0,0005486; il protone ha una carica
convenzionale +1, una massa atomica assoluta di 1,6726 x 10-24, e un’unità di massa relativa è 1,007276; un
neutrone ha carica convenzionale 0, massa atomica assoluta di 1,6750 x10-24 e un’unità di massa atomica di
1,008665.

La maggior parte della massa è nel nucleo, il peso di un 1 cm^3 di massa nucleare è di 2,5 x 108 (250
tonnellate). In un corpo umano di 70 kg ci sono 7,2 x 1027 atomi. Per identificare un atomo c’è un numero
atomico (Z) che consiste nel numero di protoni presenti nel nucleo ed è uguale al numero degli elettroni
presenti nell’atomo e il numero di massa, ossia la somma dei protoni e dei neutroni presenti nel nucleo.

Il corpo umano è costituito dal 65% da ossigeno, 18% di carbonio, 10% di idrogeno e 3% di azoto, inoltre
sono presenti in percentuali minori altri elementi, quali calcio, fosforo, zolfo, potassio, cloro, sodio,
magnesio e ferro; questi ultimi sono detti oligoelementi, ed essi anche se sono presenti in tracce sono vitali.
L’unità di misura di riferimento è il metro, ma per studiare gli atomi l’unità di misura che si usa e l’angstrom
(pronuncia: ongstrom), ossia 10-10.

Gli elettroni degli atomi mano a mano che aumenta il numero dei protoni nel nucleo, si organizzano in spazi
non solo sferici e concentrici, ma si organizzano dove trovano spazio. Nel nucleo c’è tutta l’attività nucleare
e tutto ciò che c ‘è all’esterno del nucleo compie un’attività elettronica, gli elettroni interagiscono con gli
elettroni di altri atomi, formando legami tra diversi atomi.

RADIOATTIVITA’

Un nucleo è instabile quando il rapporto carica/massa non è ottimale; in questa condizione si ha


radioattività. L’emissione spontanea di radiazioni tende a diminuire l’instabilità energetica nucleare. La
radioattività può essere naturale (isotopo radioattivo) o indotta artificialmente dall’uomo (reattori,
acceleratori ecc..).

Quasi ogni elemento ha un isotopo: ossia un atomo di uno stesso elemento chimico (che ha quindi la stessa
posizione nella tavola periodica) quindi con lo stesso numero atomico (protoni) Z, ma con differenza
numero di massa A (neutroni). Esistono isotopi freddi (non radioattivi) e caldi (radioattivi), ad esempio
l’idrogeno è freddo, mentre il deuterio (con 2 di massa atomica) e il tritio (letto trizio, con 3 di massa
atomica) sono caldi. Lo iodio (53 numero atomico e 127 massa atomica) è freddo, ha diversi isotopi caldi
(tra cui uno con 123 e uno con 131).

Un nucleo radioattivo emette radiazioni sotto forma di onda elettromagnetica o sotto forma di particelle. Ci
sono diversi tipi di radiazione: emissione β-, ossia dei fasci di elettroni di origine nucleare, che nascono dalla
scissione di un neutrone in protone più elettrone; emissione β+, ossia dei fasci di positroni, che hanno la
stessa massa degli elettroni ma carica positiva, in questo caso da un protone nascono un neutrone e un
positrone; emissioni alfa, che sono le emissioni più pesanti e più cariche, sono del fasci di nuclei di elio (che
ha numero di massa 4 e numero atomico 2), ed essendo semplici nuclei di elio, quest’ultimo ha perso gli
elettroni, acquistando carica positiva +2, vengono liberate da un nucleo con molta massa; l’emissione
gamma consiste in onde elettromagnetiche pure e semplici, ossia in energia. Per capire che tipo di
radiazioni un isotopo caldo emette si mette una pallina di materiale radioattivo all’interno di una lastra di
piombo, dove viene fatto un foro dal quale escono le radiazioni, poi vengono posti a distanza ravvicinata
due elettrodi con una differenza di potenziale (uno carico positivamente e uno negativamente); se le
radiazioni saranno raggi gamma andranno dritte, se sono raggi beta + subiranno una deviazione verso
l’elettrodo caricato negativamente e le beta più esattamente al contrario, in caso di particelle alfa (ricorda 2
4 2+) tenderanno a direzionarsi verso l’elettrodo carico negativamente me molto meno rispetto ai
positroni, poiché la loro massa è assai elevata. Le radiazioni alfa non sono in grado di superare lo spessore
di una mano umana, le radiazioni beta attraversano una mano ma si fermano su un foglio di alluminio, le
radiazioni gamma passano attraverso una mano umana, attraverso un foglio di alluminio e persino
attraverso un sottile strato di piombo, ma si fermano di fronte a uno strato di piombo più spesso, i neutroni
invece si fermano solo quando incontrano uno spesso strato di cemento. Nonostante le radiazioni alfa non
oltrepassano la pelle, lì dove le radiazione colpisce questa crea necrosi dei tessuti; se le radiazioni alfa
vengono ingerite esse andranno a necrotizzare le mucose interne; ogni radiazione nel momento in cui
attraversa una struttura biologica induce dei fenomeni di scombinamenti di massa e di carica dove colpisce.

La medicina usa le radiazioni in due modi: radiodiagnostica, che serve per acquisire delle immagini del
nostro corpo, o per fare analisi cliniche; radioterapia, ossia l’utilizzo a fini terapeutici della radioattività,
ossia per andare ad uccidere delle cellule che il corpo non dovrebbe avere. In caso di radioterapia e
radiodiagnostica, poiché le radiazioni entreranno nel corpo bisogna fare attenzione a quanto dura
l’emissione delle radiazioni: il problema è stato affrontato sulla base del tempo di dimezzamento (T/2),
ossia il tempo necessario affinché una data quantità di sostanza dimezzi la quantità di radiazioni emesse;
ogni tempo di dimezzamento la radioattività e la concentrazione si dimezza fino a diventare insignificante.
Ad esempio lo iodio 131 emette radiazioni B- e il sue T/2 è di 8 giorni e lo iodio 123 emette radiazioni
gamma, ed ha un T/2 di 13,3 h. Ad esempio la tiroide ha bisogno di iodio per emettere degli ormoni, che è
freddo ma ha le stesse proprietà chimiche di quello caldo, ma se comincia ad assumere iodio 123 può
insorgere un tumore. Nel caso di radioterapia tramite l’uso di iodio 131, le radiazioni B- sono usate per
attaccare ed uccidere le cellule tumorali.

MOLECOLE E LEGAMI CHIMICI

Ci sono legami tra molecole (intramolecolari) che si incaricano di strutturare le singole molecole e i legami
intermolecolari, che permettono i legami tra due o più molecole per costruire elementi sempre più grandi. I
primi sono strutturati da legami ionici e covalenti (omeopolari eteropolari e dativi), i secondi da forze di van
der Waals, e legami idrogeno. Affinché si formi una molecola devono esserci due e più atomi che si
avvicinino tra loro con una certa energia cinetica, affinché questi si possano urtare, e dall’urto si genera la
molecola; il legame tra atomi avviene a spese degli elettroni più esterni, si genera quindi un guscio di
valenza. Nell’urto possono succedere diverse cose: 1. un atomo A si urta ad un atomo B, a cui cede un
elettrone, e si formano due ioni, uno positivo e uno negativo, così si attraggono elettrostaticamente
formando un legame ionico, facendo nascere un'altra molecola (A + B =  A+B-); 2.1. Nel caso in cui due
atomi uguali si urtino tra loro (quindi la carica è la stessa), i due elettroni dei due atomi vengono messi a
comune, ossia formano un doppietto elettronico, in cui la carica viene distribuita equamente nella
molecola, questo è un legame covalente omeopolare (A + A  A-:-A), molecole come queste sono le tipiche
molecole biatomiche; 2.2. due molecole diverse si urtano e mettono a comune il doppietto elettronico, ma
gli elettroni sono spostati più verso un atomo, quindi verso quest’atomo c’è più densità elettronica (A + B
 A--:B), esempio ne è l’acqua (legame eteropolare); 2.3. si forma sempre un legame covalente ma si
urtano due atomi di cui uno ha un doppietto elettronico e l’altro è uno ione positivo, in questo caso il
doppietto elettronico portato dal primo permette il legame allo ione (A: + B+  A:--B) esempi sono NH4+ o
H3O+ (legame dativo). È importante da ricordare che in legami covalenti omeopolari ed eteropolari durante
l’urto con gli altri atomi l’attitudine di ogni atomo a cedere, ad attrarre un elettrone (legame ionico), o a
mettere in comune il doppietto di legame (legame covalente) può essere diversa. Dopo l’urto il legame si
stabilizza grazie alla formazione di uno o più orbitali elettronici. Gli elettroni di legame appartengono a
tutta la molecola, che ne risulta avvolta come una nube di densità elettronica.

Nel legame covalente tra ossigeno e idrogeno c ‘è una polarizzazione del legame, ossia il doppietto
elettronico covalente è più spostato verso l’ossigeno; ciò è dovuto al fatto che tutti gli atomi sono
caratterizzati dall’elettronegatività, ossia la tendenza di un elemento ad attrarre uno o più elettroni su di
sé; i più elettronegativi tendono di più ad attrarre elettroni, i meno elettronegativi di più a cederne.
Quando l’elettronegatività tra due atomi è poco differente si forma un legame covalente eteropolare; la
scala dell’elettronegatività va da 0,7 a 4. In un legame omeopolare, avendo i due atomi (uguali) la stessa
elettronegatività, la coppia di elettroni di legame ha la stessa probabilità di trovarsi sui due atomi della
molecola nata, che ha quindi una forma simmetrica; in un legame eteropolare, avendo i due atomi diversa
elettronegatività, la coppia di elettroni di legame ha più probabilità di trovarsi sull’atomo più
elettronegativo. L’acqua è una molecola particolare dal punto di vista dei legami: gli atomi dell’idrogeno
sono posti simmetricamente ad un’inclinazione di circa 105° e ad una distanza di circa 96 pm dall’ossigeno;
la peculiarità dell’acqua sta nel modo in cui si distribuiscono gli atomi di idrogeno sull’ossigeno, e ciò è
determinato dalla minimizzazione tra i doppietti elettronici di legame e non (di legame); ossia nella
molecola dell’acqua ci sono quattro doppietti elettronici, due di legame e due non di legame e liberi, che
sono messi a disposizione dall’ossigeno e la molecola dell’acqua è rappresentata come un tetraedro, ai cui
vertici ci sono le due molecole dell’idrogeno e ai due vertici opposti ci sono i doppietti elettronici liberi;
quindi l’acqua realizza una separazione di carica, cioè si forma un dipolo, in cui c’è simmetria di carica.

I legami covalenti eteropolari caratterizzano la materia vivente, quindi l’asimmetria di carica è la proprietà
che i viventi hanno: i legami tra atomi compongono le molecole, i legami tra molecole compongono
molecole più grandi, e dall’unione di molecole nasce la materia vivente.

I legami intermolecolari sono legami elettrostatici ionici (cristalli ionici), legami elettrostatici molecolari del
tipo London e Van der Waals (cristalli molecolari), e i legami (ponti) idrogeno; il contenuto energetico di
questi legami (quante energia serve per romperli) è molto alto nei cristalli ionici (50-100 kcal/mol), molto
basso nei cristalli molecolari (0,1-1 kcal/mol), mentre i legami idrogeno sono più stabili dei secondi ma
meno dei primi. I cristalli ionici sono stabili per mezzo di legami intermolecolari, delle interazioni statico-
ioniche, e questi legami costituiscono gran parte della materia inorganica. Nella materia organica invece la
carica elettrica su una molecole è disomogenea, poiché la materia organico-biologica è formata da
molecole strutturate per lo più da legami covalenti eteropolari. Le strutture dipolari si mantengono vicine le
une alle altre tramite delle forze che variano di forza a seconda della quantità di separazione di carica tra i
dipoli (la diversità di carica), dando luogo alle forze di London – Van der Waals: ad esempio nella membrana
biologica i fosfolipidi sono legati tra loro con legami di tipo London – Van der Waals, cioè legami a basso
contenuto energetico.

Legami idrogeno : nel caso dell’acqua il legame covalente eteropolare è polarizzato verso l’ossigeno,
l’idrogeno ha in parte donato il suo elettrone al suo ossigeno, è come se l’idrogeno se si fosse protonizzato
(ha perso l’elettrone); l’idrogeno protonizzato è l’idrogeno legato con un legame covalente eteropolare ad
un atomo capace di attirare il doppietto elettronico; se incontra un altro atomo elettronegativo, poiché ha
carica positiva può interagire con quest’ultimo: ad esempio nel caso di una molecola d’acqua, qualora
questa abbia vicino altre molecole d’acqua, la parte negativa della molecola d’acqua interagirà con la parte
protonizzata delle altre molecole d’acqua; la singola molecola d’acqua è in grado di formare fino a 4 legami
idrogeno, trovandosi al centro di un tetraedro ai cui vertici ci sono le altre 4 molecole d’acqua. Nel caso di
strutture solide si formano delle zone di vuoto, che non contendono atomi, tale che la quantità di materia
che si ha allo stato solido è inferiore rispetto allo stato liquido. Il legame idrogeno è in grado di organizzare
anche le strutture secondarie delle proteine: si formano delle strutture ad elica composte dagli
amminoacidi, in cui l’idrogeno è collegato all’ossigeno e si protonizza e si polarizza sull’azoto, formando dei
legami idrogeno con esso, mantenendo la forma delle spire della struttura ad elica. Anche la doppia elica
del DNA è stabilita da legami idrogeno, con lo stesso meccanismo delle proteine.

L’ACQUA E LA PROPRIETA’ DELLE SOLUZIONE ACQUOSE

Per soluzione si intende un sistema omogeneo con almeno due componenti. C’è un soluto, cioè le particelle
sub-microscopiche che si distribuiscono uniformemente all’interno del solvente. Il soluto rappresenta la
componente minoritaria, il solvente è la sostanza presente in quantità maggioritaria. Per concentrazione (C)
si intende la quantità relativa del soluto nel solvente, per solubilità(massima) (S) la quantità massima di soluto
(g) dissolvibile in un determinato solvente ad una determinata temperatura.

I solventi possono essere polari e idrofilici o apolari e idrofobici; la differenza tra i due sta nella separazione
della carica sulla molecola, ossia più il momento dipolare è alto e più idrofilico è il solvente, viceversa
avvicinandoli allo zero il solvente è idrofobico. I solventi idrofilici sciolgono sostanze polari, mentre i
solventi idrofobici sciolgono sostanze apolari (tipicamente i grassi). I due solventi se miscelati si separano
l’uno dall’altro (esempio acqua e olio). La struttura dipolare (con i doppietti elettronici) dell’acqua spiega le
proprietà delle soluzioni acquose. L’acqua è un solvente polare che scioglie sostanze polari.

I soluti solidi si distinguono in elettroliti e non elettroliti: i primi sono molecole che nell’interazione con il
solvente (acqua) subiscono dissociazione negli ioni costitutivi, ossia le loro molecole si scompongono. Ci
sono elettroliti forti distinti in acidi forti (HCL, HNO3, H2SO4), basi forti (idrossidi, NaOH, KOH, Ca(OH)2, e
tutti i Sali; (NaCL, KCL, citrato di sodio, bicarbonato di sodio); ad esempio: HCL + H2O H+ + Cl-; l’acido
cloridrico (elettrolita forte) si scioglie nell’acqua e la sua molecola si rompe nei due ioni costitutivi; si
distinguono inoltre i elettroliti deboli, che sono acidi e basi deboli (acido acetico, acido lattico, ammoniaca);
esempio: CH3COOH + H2O  CH3COO- + H+; l’acido acetico si rompe in due ioni, tuttavia essi tendono a
reagire di nuovo l’uno con l’altro per formare l’acido acetico indissociato. Gli elettroliti forti hanno una
freccia sola e sono totalmente dissociati in acqua, i deboli hanno due frecce e non dissociati al 100%. I non
elettroliti sono molecole che nell’interazione col solvente non subiscono dissociazione ionica (le molecole
rimangono intatte) (es saccarosio + H2O  saccarosioH2O).

Il processo di solubilizzazione è ciò che descrive il comportamento del soluto nel solvente; i soluti solidi in
ambiente acquoso si sciolgono tutti, di più o di meno, in base alla propria solubilità massima. I non
elettroliti danno luogo alla solubilizzazione molecolare, in cui l’acqua circonda la molecola ma non la
rompe; gli elettroliti non solo si solubilizzano, ma subiscono una rottura della molecole negli ioni costitutivi
(solvatazione ionica), i dipoli di acqua si orientano verso gli ioni positivi e i due idrogeni protonizzati verso
gli ioni negativi, si vanno quindi a formare delle sfere di idratazione ionica, in cui ioni positivi e negativi sono
circondati da molecole d’acqua.
Per ν(ni) si intende il numero di ioni/formula e per α il grado di dissociazione compreso tra 0 e 1.0. Quando
tutte le molecole iniziali sono dissociate α tende a uno, quando le molecole non si dissociano si ha un valore
in cui al numeratore c’è 0 e denominatore c’è la quantità del non elettrolita (alfa è 0 per i non elettroliti).
Ad esempio: NaCL + H2O  Na+ + Cl – in cui ν è 2 e α è 1; HCOOH + H2O  HCOO- + H+ in cui ν è 2 e α<1.

All’aumentare della temperatura di un solvente di solito aumenta anche la solubilità massimo di un soluto,
tranne NH3(gassoso) e HCL(gassoso), casi in cui con l’aumento della temperatura diminuisce la solubilità.
Infatti è proprio negli elementi allo stato gassoso che la variazione di solubilità è diversa: all’aumentare
della temperatura la quantità di soluto che si scioglie diminuisce. Altra cosa che si verifica è l’evaporazione
delle soluzioni, in cui il solvente evapora e il soluto rimane nel contenitore: la quantità di soluzione
diminuisce a spese del solvente e poiché il soluto rimane lo stesso, aumenta la quantità di soluto per unità
di solvente.

Esistono delle proprietà colligative delle soluzioni, cioè proprietà derivanti dal fatto che nel solvente ci sono
delle particelle, che tutte insieme rendono conto di quattro fenomeni: l’abbassamento della tensione di
vapore della soluzione rispetto al solvente, l’innalzamento della temperatura di ebollizione di una soluzione
rispetto al solvente puro, l’abbassamento della temperatura di congelamento della soluzione rispetto al
solvente puro e il fenomeno dell’osmosi e la relativo pressione osmotica.

Per studiare l’osmosi in laboratorio viene posta al centro di un becher una membrana perm-selettiva, una
membrana simile alle membrane biologiche che permette il passaggio di acqua in entrambe le direzioni
mentre blocca il passaggio dei soluti, viene quindi posta una soluzione che a sinistra della membrana è
maggiore rispetto alla destra; relativamente a sinistra c’è meno acqua rispetto a destra, perché a sinistra
c’è più soluto rispetto a destra. Una volta posta l’acqua nel becher l’acqua più concentrata (dx) passa
rapidamente a sinistra finché non arriva a un livello di pressione tale che tenderà ad equilibrare la velocità
del flusso d’acqua in entrambe le direzioni; l’osmosi è pertanto il trasferimento di acqua dal compartimento
dove l’acqua è più concentrata verso quello dov’è meno concentrata. Nei globuli rossi la quantità di
particelle per l’unità di volume è identica a quella che c’è dentro, ossia la velocità con la quale l’acqua entra
nella cellula è uguale a quella che esce; ci sono due casi patologici: uno in ambiente ipotonico, in cui la
quantità di particelle all’esterno è meno concentrata della soluzione all’interno, quindi entra più acqua di
quella che esce, ciò causa la rottura della membrana; in un ambiente ipertonico invece, dove quantità di
particelle è più concentrata all’esterno, l’acqua esce più velocemente di quanto entra e il globulo rosso si
raggrinzisce. Caso di osmosi si nota anche tra vasi e interstizi: c’è una membrana perm-selettiva tra i due e
nel caso in cui gli ambienti di essi sono isotonici si ha una condizione normale, nel caso in cui l’ambiente del
vaso è ipertonico rispetto a quello dell’interstizio (l’acqua fluisce nel vaso) si ha ipertensione, cioè aumenta
la pressione del vaso, e nel caso in cui l’ambiente del vaso sia ipotonico (l’acqua esce dal vaso) rispetto a
quello dell’interstizio, in cui l’esterno di gonfia, ossia si verifica un edema.

ACIDI, BASI E LORO PROPRIETA’

In una reazione chimica bisogna tenere conto delle considerazioni termodinamiche, un problema di
stabilità relativa dei reagenti e dei prodotti (ΔE), e considerazioni cinetiche, un problema di tempo da
attendere cioè energia di attivazione (Ea). Per analizzare una reazione viene disegnato un grafico in cui
l’ascissa corrisponde al tempo e l’ordinata l’energia dei reagenti; affinché i reagenti in reazione possano
dare dei prodotti è necessario che sia raggiunta una certa energia, detta energia di attivazione; i prodotti
hanno un livello energetico più basso dei reagenti, ciò perché la reazione possa procedere
spontaneamente, e il dislivello che si viene a creare tra l’energia dei reagenti e quella dei prodotti è viene
indicato con ΔE. Per rappresentare una reazione viene scritta una somma tra reagenti e una freccia per poi
scrivere il risultato, nel caso in cui i prodotti hanno una possibilità di tornare reagenti la reazione viene
indicata con due frecce (reazione reversibile), nel caso opposto con una sola (reazione irreversibile); la
freccia verso destra è indicata come on o reazione diretta, la freccia verso sinistra è indicata come off, o
reazione inversa. Quando si raggiunge un equilibrio tra il tempo della reazione diretta e il tempo della
reazione inversa, si stabilisce un rapporto costante tra prodotti e reagenti ed è indicato come costante di
equilibrio Keq; tanto più è grande la costante di equilibrio tanto sarà grande il rapporto tra numeratore e
denominatore, e tanto più l’equilibrio di questa reazione favorirà i prodotti rispetto ai reagenti.

Un acido è una sostanza che può donare protoni, pertanto tutti gli acidi hanno un H che po’ diventare uno
ione positivo, che può essere donato (esempi HCL, HNO3, CH3-CHOH-COOH (acido lattico), H2SO3), si
dividono in acidi forti e acidi deboli, in base alla loro tendenza a donare protoni. Una base è una sostanza
che può accettare protoni (esempi NaOH, KOH, Ca(OH)2, NH3), si dividono in basi forti e basi deboli in base
alla tendenza ad accettare protoni. Si parla di protonazione quando si accetta un protone e di
deprotonazione quando si dona un protone.

Acidi e basi forti nell’acqua sono elettroliti forti e compiono reazione irreversibili, quelle in cui i prodotti
sono molto più stabili dei reagenti. In un acido i prodotti sono con un H+ + le altre sostanze caricate
negativamente, in una base i prodotti avranno il gruppo con l’H caricato negativamente e le altre sostanze
positivamente. In una reazione acido-base (HCL + NaOH  H20 + NaCl) avviene una neutralizzazione, ossia
avviene la formazione di acqua; anche in questo tipo di reazione i prodotti sono più stabili dei reagenti.

L’acqua può comportarsi sia da acido che da base: il protone H+ può staccarsi dall’acqua, rendendola OH-, in
condizioni normali l’acqua esiste in equilibrio con H+ e OH- (H2O  H+ + OH-); l’acqua si comporta come
base nel caso in cui ci siano due molecole d’acqua attaccate e uno ione H+ (2H2O + H+  H3O+ (ione
idronio) + OH-), il quale aderisce a uno dei due doppietti elettronici liberi, la reazione è reversibile.

Un acido è tanto più forte quanto più è elevata la sua capacità di donare H+; gli acidi forti donano
irreversibilmente gli H+ (HCl + H2O  Cl- + H+∙H2O), gli acidi deboli li donano reversibilmente (CH3COOH +
H2O  CH3COO- + H+∙H2O). Per la base il concetto è analogo, più essa è forte più è elevata la capacità di
accettare H+ (di solito) dall’acqua, lo ione OH- accetta irreversibilmente H+ dall’acqua, lo ione acetato
(CH3COO-) reversibilmente H+ dall’ acqua.

La valutazione dei H+ liberi in una soluzione è la misura diretta della sua acidità; più è elevata la
concentrazione di H+ più è acida la soluzione, più è bassa più è basica. I valori di concentrazione nei liquidi
biologici (sangue, cellule, tessuti ecc..) sono numeri molto piccoli, tanto che piccole variazioni producono
effetti notevoli. Per comodità di misura sia usa l’operatore p, che indica il cologaritmo (log1/x) in base 10 di
un parametri (x) ad esempio H+ (pH); ad esempio l’acqua pura (distillata): H+= 1 x 10-7 M(moli), cioè 0,
0000001 (scomodo), il cologaritmo log1/10-7 = log107, pH = 7,0, (neutro); il sangue ha un pH di 7,35
(leggermente basico). Più è basso il pH più aumenta la concentrazione di H+ (acido), più è alto più la
soluzione diventa basica (H+ diminuisce).

Il valore di pH del sangue viene mantenuto costante dall’omeostasi, quando il pH è inferiore a 7,35 si parla
di acidosi, quando è superiore a 7,45 si parla di alcalosi. Per misurare i protoni H+ nel sangue ci sono delle
misure elettrochimiche, usate in laboratorio, durante la rianimazione o durante l’anestesia, e delle misure
colorimetriche, di uso più comune.

Sia le reazioni di scambio protonico, che quelle di scambio elettronico (redox), sono di importanza vitale; le
reazioni di scambio protonico sono tenute sotto controllo da sistemi molecolari detti sistemi tampone: esse
hanno la funzione di attutire gli urti di acidità e basicità. I tamponi sono molecole in grado di rilasciare o di
legare ioni H+, così facendo minimizzano le variazioni di pH. Nel sangue i tamponi sono il bicarbonato, il
fosfato ed alcune proteine, ognuno dei quali controlla una certa variazione di pH, ma tutti quanti agiscono
istantaneamente; inoltre il pH è controllato da determinati organi, quali cute, intestino, reni e polmoni.

Molte reazioni di interesse biologico avvengono in modo ottimale a pH fisiologico (7); quindi il controllo
dell’ambiente in cui si svolge una reazione è di fondamentale importanza. In acqua distillata (pH=7) il pH
varia di molte unità anche per piccole aggiunte di acidi o basi forti.

Si definisce soluzione tampone una soluzione il cui pH non subisce variazioni apprezzabili, anche per
aggiunte significative di acidi o di basi forti. Esse sono formate da coppie coniugate acido-base, costituite
da: 1 soluzione di un acido debole più il suo sale con una base forte o 2 soluzione di una base debole più il
tuo sale con un acido forte.

LA CHIMICA DEL CARBONIO

Il carbonio è un atomo piccolo (N6 e Z12), ha un diametro di circa 0,77 A(angstrom), ha 6 elettroni. Allo
stato basale è molto denso e allo stato eccitato si presenta in forma più rarefatta. È infatti molto versatile
da un punto di vista reattivo (può far parte di molte molecole diverse) ed ha una stereochimica ricca, ossia
la possibilità che intorno ad esso possano costruirsi tanti composti diversi. Esistono delle categorie per
rappresentare i composti del carbonio: tetraedrico, dove nel centro del solido c’è l’atomo di carbonio,
trigonale piano, al cui centro si trova il carbonio, o lineare dove il carbonio lega da una parte e dall’altra
atomi o gruppi di atomi diversi. Esistono atomi di carbonio saturi o insaturi di idrogeno: i primi hanno
quattro legami semplici (o legami sigma), tutti con l’idrogeno (sp3), i secondi consistono in due strutture
trigonali piane dove ogni carbonio ha due legami semplici con due atomi di idrogeno e un legame doppio (o
legame pigreco) con l’altro atomo di carbonio (entrambi mettono in comune una sola valenza) (sp2);
esistono anche carboni insaturi lineari con un legame triplo tra carboni e un legame semplice (ognuno) con
l’idrogeno (sp). In ogni caso c’è la possibilità di rottura del doppio o triplo legame per poi formare un
carbonio saturo.

Le strutture molecolari vengono rappresentate in tre modi: formula molecolare, per definire quali e quanti
atomi ci sono in una molecola (es C5H12), formula di struttura, che esplicita o schematizza (studiare come
sono fatte) la formula molecolare, indicando lo sviluppo dei legami covalenti, infine formula
tridimensionale, ossia la disposizione spaziale, la lunghezza del legame e gli angoli di legame degli atomi, ciò
permette di identificare isomeri, ossia atomi che hanno una formula molecolare identica ma una
distribuzione nello spazio diversa; gli isomeri sono strutturali, cioè con la stessa formula molecolare ma
diversa formula di struttura o stereoisomeri, ossia che hanno la stessa formula di struttura ma diversa
disposizione nello spazio dei legami e/o degli atomi-gruppi legati; la stereoisomeria è conformazionale,
geometrica, o ottica.

L’isomeria geometrica riguarda strutture semplici: ad esempio nel 2-butene (struttura sp2) gli atomi di
carbonio fanno parte di una struttura trigona planare, nel momento in cui si stabilisce un legame carbonio-
carbonio si impedisce di ruotare intorno alla congiungente carbonio-carbonio, ossia tutta la molecola ruota
come un pezzo solo, quindi se la molecola di CH3 (da un vertice del butene) deve essere spostata (ad un
altro) è necessario dare energia per rompere il legame pigreco lasciando solo il legame sigma, così che ciò
che sta a destra ruota, per poi riformarsi il doppio legame una volta che la rotazione sia completa, esistono
così due forme del 2-butene, una condizione di riposo detta cis-2-butene in cui i sostituenti metilici (CH3) si
trovano dalla stessa parte e una condizione in cui è stata fornita energia detta trans-2-butene dove i due
CH3 si trovano da parti opposte. Questo tipo di isomeria, detto cis-trans, si trova anche nelle membrane
biologiche.

L’isomeria ottica riguarda strutture del carbonio dove esso ha legami semplici: ad esempio l’acido lattico
può essere acido D (+) lattico o acido L (-) lattico ed essi differiscono per la posizione dell’ossidrile (OH) e
quindi per la reazione che hanno con l’enzima LDH (lattico-deidrogenasi); l’isomeria ottica si origina quando
una struttura molecolare contiene al centro un carbonio detto chirale (centro di asimmetria o centro
chirale) che presenta sempre una struttura tetraedrica (ibrido sp3), 4 legami semplici e 4 sostituenti diversi,
l’acido lattico presenta queste caratteristiche e contiene quindi un centro chirale; la proprietà di un sistema
chirale consiste nel fatto che l’immagine speculare della molecola è sovrapponibile alla molecola stessa. Ed
è il caso dell’acido lattico.

GRUPPI FUNZIONALI

La sostituzione nella molecole di un idrocarburo di uno o più atomi di idrogeno con altri atomi o gruppi
atomici fa sì che la nuova struttura abbia caratteristiche chimiche differenti da quella originale. Questi
sostituenti conferiscono alle molecole una reattività caratteristica, per questo vengono detti gruppi
funzionali. Da qui nascono famiglie di composti organici con differenti caratteristiche.

Gli alcani sono idrocarburi contenenti esclusivamente legami semplici sigma carbonio-carbonio.

Gli alcheni sono idrocarburi che contengono almeno un doppio legame carbonio-carbonio. I nomi degli
alcheni si ottengono per sostituzione della desinenza ano dell’ alcano di origine con la desinenza –ene.

Gli alchini contengono almeno un triplo legame, e i loro nomi si ottengono per sostituzione della desinenza
–ano dell’alcano di origine con la desinenza -ino.

Gli idrocarburi aromatici hanno delle caratteristiche peculiari: sono ciclici; in essi il rapporto H/C è basso,
indicando un elevato livello di insaturazione; sono insolubili in acqua; alcuni di essi hanno odore
caratteristico e per questo sono detti aromatici.

Gli alcooli sono composti organici caratterizzati dalla presenza nella loro molecole di almeno un gruppo
funzionale –OH legato a un atomo di carbonio ibridizzato sp3. Il gruppo ossidrilico (-OH) è anche chiamato
gruppo alcoolico. La formula generale degli alcooli è R-OH, in cui R indica ogni possibile struttura
molecolare alifatica o ciclica in grado di veicolare la funzione alcoolica. Gli alcooli vengono nominati con il
corrispondente alcano cambiando la desinenza in –olo.

Le ammidi sono composti in cui un gruppo OH dell’acido carbossilico è costituito da un gruppo aminico NH2.

Le amine si possono considerare composti derivati dall’ammoniaca NH3, per sostituzione di uno o più atomi
di idrogeno con residui ® a catena aperta o ciclici.

Aldeidi e i chetoni sono composti organici contenenti il gruppo funzionale C=O con delle formule generali in
cui l’atomo di carbonio ha un doppio legame con l’ossigeno e due legami semplici di cui uno con R e uno
con H se aldeide o R’ se chetone. Nelle aldeidi almeno uno dei gruppi legati al carbonio è quindi un atomo
di idrogeno, l’altro gruppo può essere un idrogeno o un qualsiasi residuo alchilico o arilico. Nei chetoni il
carbonio carbonilico è legato a due altri atomi di carbonio, di due residui R e R’. Le aldeidi derivate dagli
idrocarburi hanno desinenza –ale, i chetoni hanno desinenza –one.
Gli acidi carbossilici sono caratterizzati dal carbossile o gruppo carbossilico (C ha un doppio legame con un
O e un singolo legame con OH) legato ad un idrogeno o a un qualsiasi gruppo alchilico o arilico. Il carbonio
del gruppo carbossilico è ibridizzato sp2. Gli acidi carbossilici sono acidi deboli che in acqua dissociano ioni
H+. Il nome dell’acido carbossilico si ottiene aggiungendo al sostantivo acido l’aggettivo corrispondente al
nome dell’idrocarburo sostituendo la sua desinenza in –oico.

Gli eteri sono composti in cui un atomo di ossigeno fa da ponte tra due atomi di carbonio appartenenti a 2
residui alcoolici R e R’.

GLUCIDI

Le principali famiglie di composti sono glucidi (monosaccaridi – disaccaridi – polisaccaridi), protidi


(amminoacidi – peptidi – proteine), lipidi (acidi grassi – acidi complessi – colesterolo), acidi nucleici (base
degli A.N. – nucleosidi – nucleotidi) e vitamine (liposolubili – idrosolubili). Ognuna di queste molecole ha
delle proprietà e sono presenti nel corpo umano continuamente formando entità funzionali super-
complesse. Esempi ne sono le glicoproteine (glucidi e protidi), le proteine di membrana (protidi e lipidi) e i
cromosomi (DNA e proteine).

I glucidi possiedono almeno due gruppi funzionali diversi, il primo consiste negli ossidrili alcolici (es OH), il
secondo in gruppo aldeidico o gruppo chetonico. I monosaccaridi si distinguono in base al secondo gruppo
funzionale, e sono pertanto distinti in aldosi o chetosi; essi sono molecole elementari e bifunzionali.
Legando due monosaccaridi si ottiene un disaccaride, trovandosi all’interno della categoria degli
oligosaccaridi: il legame che si forma è O-glicosidico (O sta per ossigeno), ossia le molecole, tramite
l’eliminazione di una molecole di acqua formano un ponte ossigeno. I polisaccaridi consistono in diversi
monosaccaridi legati tra di loro prevalentemente attraverso legami glicosidici in catenelle di diversa
lunghezza.

Gli aldosi più rappresentativi della vita sono triosi (con tre molecole di carbonio), tetraosi (con quattro
molecole), pentosi (cinque), esosi (sei). Nei triosi il carbonio che si trova al centro ha quattro legami
semplici ed è legato a quattro sostituenti diversi (esempio: OH, CH2OH, H gruppo aldeidico). Due
monosaccaridi fondamentali sono il ribosio e il glucosio. Il ribosio è un aldopentoso e ha i gruppi alcolici
come seconda funzione; per le proiezioni di Fischer, prendendo il carbonio chirale (con quattro legami
semplice con quattro molecole o atomi diversi tra loro) più lontano dal gruppo aldeidico se il gruppo OH si
trova alla sua destra si ha un D-ribosio. Il glucosio è un esapentoso, se al quinto atomo di carbonio (quello
chirale più lontano dal gruppo aldeidico) ha il gruppo OH a destra si ha un D-glucosio sempre per le
proiezioni di Fischer.

Anche i gruppi chetosi sono suddivisi in base agli atomi di carbonio (triosi, tetraosi ecc..); un esempio di
gruppo con tre atomi è il diidrossiacetone, fondamentale per il metabolismo glucidico delle cellule; a sei
atomi di carbonio c’è il fruttosio o D-fruttosio (sempre per le proiezioni di Fischer), un chetoesoso.

Negli esosi importanti per l’organismo è importante focalizzare l’attenzione sul carbonio numero 4
(partendo dall’alto con una struttura verticale), nel glucosio, se si inverte la posizione H e OH (ai lati del
carbonio, che nel glucosio si trovano rispettivamente a sinistra e a destra), si ottiene una molecole diversa,
ossia il galattosio. Il fruttosio invece nella sua formula lineare, dipendendo dalla temperatura, si può
piegare su se stesso per generare un ponte ossigeno tra carbonio 2 e carbonio 5. Nel corpo umano la
glicemia media è 90 mg in 100 ml di sangue, i valori minimi 70 e massimi 110 mg in 100 ml d sangue.
In soluzione acquosa il glucosio risponde ad uno stimolo termico chiudendosi in un anello con un ponte
ossigeno tra carbonio 1 e carbonio 5. Si può chiudere un anello con un OH che si trova al di sopra dell’anello
rispetto a CH2OH, o con un OH che si trova al di sotto dell’anello rispetto a CH2OH, nel primo caso si forma
un anelli trans (α- glucosio) e nel secondo caso un anello cis (β – glucosio). Il ponte ossigeno tra carbonio 1
e carbonio 5 a temperatura ambiente normale (25 – 37°) tende a rompersi e a deformarsi, riformando uno
stato lineare del glucosio che si chiude in alfa o in beta, fino a formare un equilibrio compatibile con una
certa quantità presente di alfa e di beta glucosio.

Pentoso importante per il nostro organismo è il ribosio, che si trova nel DNA e nell’RNA, un aldopentoso
dove il carbonio 1 reagisce con il carbonio 4, si chiude l’anello; nel ribosio a destra del carbonio 2 c’è un
gruppo OH, nel desossiribosio solo H; l’assenza dell’ossigeno è stata cruciale nell’evoluzione per strutturare
il DNA.

POLIMERI DEL GLUCOSIO – AMMINOACIDI E PROTEINE

Il glicogeno è un polimero di glucosio, è di origine animale, ed è la fonte principale di energia per gli animali;
nel glicogeno possono esserci anche più di 100.000 monomeri di glucosio nella sua forma anulare, in
particolare una forma anulare di tipo α, in cui il sesto atomo di carbonio si trova in posizione trans rispetto
al primo atomo di carbonio. L’α-glucopiranosio nel glicogeno polimerizza a formare delle lunghe catene di
monomeri. Un polimero è formato da monomeri che legano il carbonio 1 al carbonio 4 del monomero
successivo, formando una lunga catena lineare; insieme alla catena lineare nella posizione 6 (con il gruppo
alcolico del carbonio 6 al di sopra del piano dell’anello) il carbonio 6 può formare un legame o-glicosidico
con il carbonio 1 di una molecole di glucopiranosio che si trovi affianco al piano di sviluppo lineare del
polimero; si formerà così una ramificazione in una posizione detta 1-6, mentre i primi legami avverranno in
posizioni dette 1-4.

Il glicogeno è di origine animale (nelle cellule epatiche, muscolari, cardiache); l’amido è un polimero di
glucosio di origine vegetale, ed è meno definito del glicogeno, in quanto è formato dal 20% da amilosio e
dall’80% da amilopectina. Il primo è una struttura lineare (non ramifica, cioè non fa ponti) composta da 4
molecole di glucosio legate da ponti α 1-4, e nell’amido si legano da 300 a 3000 unità monomeriche di
amilosio; l’amilopectina è una struttura ramificata (fa ponti 1-6) e lega tra le 2000 e le 3000 unità
monomeriche.

Anche la cellulosa è un polimero di glucosio di origine vegetale, che l’uomo non è in grado di digerire; i
legami che si formano tra le unità di glucosio sono ponti β 1 4 glicosidici, formando catene lineari di oltre
10.000 monomeri; l’intestino umano non contiene enzimi capaci di tagliare i ponti β 1 4 glicosidici; le foglie
di insalata sono degradate dalle cellulasi batteriche intestinali.

Due monosaccaridi uniti da un ponte ossigeno formano un disaccaride; esempio ne sono il maltosio,
formato da α-glucosio più β-glucosio, il lattosio, formato da β –galattosio più α-glucosio, il saccarosio,
formato da α-glucosio più β-fruttosio; il primo viene digerito dall’enzima idrolitico maltasi, il secondo
dall’enzima idrolitico lattasi e il terzo dall’enzima idrolitico saccarasi (un enzima idrolitico è in grado di
rompere il legame etere (o ponte ossigeno), riportando il disaccaride alle due molecole costitutive). Avendo
nel proprio organismo un enzima specifico si digerisce (si rompe il legame) il disaccaride, se non si ha si
hanno dei problemi: ad esempio nel caso dell’intolleranza al lattosio, caso in cui non si ha l’enzima lattasi; si
hanno delle crisi di diarrea, ma una diarrea osmotico, il lattosio non potendo essere digerito all’interno del
lume intestinale diventa una particella che richiama acqua dentro l’intestino e si ha una crisi di diarrea.
Gli amminoacidi sono molecole che sono incentrate su un carbonio, detto carbonio α; questo deve sempre
essere presente in un amminoacido, perché intorno ad esso si costruisce la molecola, la quale deve avere
due funzioni: una aminica NH2 e una carbossilica COOH. Il carbonio α ha sempre legato un idrogeno detto
anche questo idrogeno α; avendo 4 legami semplici il carbonio α è un carbonio tetraedrico (sp3); avrà un
residuo (R) che viene definito catena laterale degli amminoacidi. Un amminoacido in soluzione acquosa è
sempre in equilibrio con la sua forma deprotonata e riprotonata: il gruppo carbossilico acido tende a cedere
un protone (diventando COO-) , che verrà acquisito dal gruppo aminico basico (diventando NH3+).

Gli amminoacidi sono presenti in tutte le proteine; in R possono essere presenti catene laterali idrofobiche
(leucina, isoleucina, valina), idrofiliche (lisina, acido glutammico), o catene laterali intermedie (glicina,
tirosina). Le proteine sono formate da un numero di unità che varia dai 102 a 105 amminoacidi, ma sono
composte da catene di peptidi (pochi amminoacidi), o polipeptidi (molti amminoacidi), ossia dei polimeri di
amminoacidi (hanno tra le 2 e le 20 unità) legati tra loro covalentemente.

Le proteine hanno 4 livelli di strutturazione: struttura primaria, ossia una sequenza lineare di amminoacidi,
struttura secondaria, ossia l’avvolgimento in eliche, foglietti ecc…, struttura terziaria, cioè un ulteriore
avvolgimento in “gomitoli”, struttura quaternaria, ossia l’assemblaggio di più “gomitoli”.

LIPIDI

Nel sangue umano vi sono diverse vescicole lipidiche e sono di tre categorie: VLDL (very low density
lipoproteins), LDL (low density lipoproteins) e HDL (high density lipoproteins). Meno dense sono le
lipoproteine tanto più sono ricche di colesterolo e trigliceridi, più sono dense più il contenuto proteico
rispetto a quello lipidico tende a salire. La famiglia dei lipidi è vasta ed eterogenea, e i lipidi possono essere
classificati da diversi punti di vista, basandosi su: la loro reattività, cioè se possono essere neutralizzati e
formare saponi, ci sono pertanto lipidi saponificabili e lipidi non saponificabili; il tipo di struttura,
scomponendoli in molecole sempre più elementari. Esistono pertanto: steroli (colesterolo semplice ed
esterificato con acidi grassi), gliceridi (mono, di e tri) e loro derivati (acidi grassi e glicerolo), fosfolipidi e
loro derivati (acidi grassi, glicerolo, acido fosforico e glicidi) e vitamine liposolubili (A,D,E,K).

Gli acidi grassi sono componenti molto comuni; un acido grasso è costituito da una lunga catena
idrocarboniosa (idrofobica) con un gruppo metilico terminale ad un’estremità ed un gruppo carbossilico
acido (idrofilico) all’altra estremità; è acido per il gruppo carbossilico acido ed è grasso perché la catena
idrocarboniosa conferisce ad esso proprietà idrofobiche. Gli acidi grassi sottostanno a due importanti
reazioni; la prima è l’esterificazione del gruppo carbossilico acido: esso (R-COOH) può reagire con un
ossidrile alcolico (esempio R’-OH) e formare un ponte ossigeno tra R ed R’ mediato da COO (un carbonile),
si forma così un ponte estere tra le due molecole di origine, cioè l’acido e l’alcool; questa reazione da quindi
estere, più acqua (H2O). Questa reazione forma trigliceridi, fosfolipidi e membrane biologiche. La seconda
reazione è la neutralizzazione: è una reazione tra un acido grasso (R-COOH), con una base (esempio Na-
OH), in cui si forma ad esempio sale di sodio (R-COO-Na+) e acqua (H2O); la peculiarità di questo sale di
sodio è il fatto che ha le proprietà dei saponi.

Gli acidi grassi possono essere saturi, ossia senza doppi legami (sp3), o insaturi, che presentano doppi
legami (uno o più); gli acidi grassi possono avere funzioni energetiche (trigliceridi) o strutturali (fosfolipidi,
sfingomielina). La solubilità in ogni grasso è diversa: tanto più la catena idrocarboniosa è lunga, tanto
maggiore è la componente idrofobica nell’acido grasso, pertanto sarà maggiore la solubilità in solventi
organici; tanto è più corta la componente idrofobica tanto più l’acido grasso è idrofilico e solubile in acqua.
Gli acidi grassi saturi possono essere classificati in base alla lunghezza della catena carboniosa: gli acidi
grassi a catena corta hanno dai 4 agli 8 atomi di carbonio, gli acidi grassi a catena media ne hanno dagli 8 ai
14 e gli acidi grassi a catena lunga ne hanno dai 16 a 24. Per indicare i legami in un acido grasso viene
scritto il nome e tra parentesi due numeri ai lati di due punti, il numero a sinistra indica gli atomi di
carbonio presenti e il numero a destra il numero di doppi legami (esempio acido miristico (14:0), che è un
acido grasso saturo a catena mediolunga, perché ha 14 atomi di carbonio e nessun doppio legame). Nel
caso in cui l’acido grasso sia insaturo e sono presenti doppi legami si indica prima dei due punti il numero
degli atomi di carbonio, dopo il numero di doppi legami e dopo delta e la posizione in cui si trova il doppio
legame (esempio l’acido trans-oleico è indicato con C18:1 Δ 9:10, dove 9:10 sta a indicare che il doppio
legame di trova tra il 9 e il 10 atomo di carbonio).

Gli acidi grassi saturi in natura da 4 (C4:0) molecole di carbonio a 12 (C12:0) sono quasi tutti presenti nel
latte e tutti nell’olio di cocco; dalle 14 in su sono presenti negli oli e nei grassi animali e vegetali.

Gli acidi grassi insaturi hanno una struttura diversa in base al numero di doppi legami: più doppi legami ci
sono più la struttura dell’acido grasso tenderà a piegarsi.

Gli acidi grassi contribuiscono alla formazione dei fosfolipidi: essi a coppie costituiscono la regione apolare
del fosfolipide che è collegata mediante due legami esteri al glicerolo, il quale con un legame fosfoestere
(sempre con il ponte ossigeno) si lega ad un acido fosforico facendo da ponte tra la zona apolare costituita
dagli acidi grassi e la zona polare che gli sta sopra, l’acido fosforico di lega così sempre tramite un legame
estere ad una testa polare (un glicide). Da qui si nota che tutti i fosfolipidi hanno una testa polare e una
catena idrocarboniosa; i legami che strutturano i fosfolipidi sono legami estere, o estere tra glicerolo e acidi
grassi o estere tra glicerolo e gruppo fosfato.

I fosfolipidi costituiscono le membrane: se queste sono composte da fosfolipidi saturi sono molto rigide e
impenetrabili a proteine di membrana, se queste sono composte da fosfolipidi insaturi risultano più fluide,
facilitando così l’inserimento di proteine di membrana (come nelle nostre membrane).

Importanti sono gli acidi grassi di tipo omega (omega 3 ed omega 6): essi sono fondamentali nella dieta
perché abbassano il colesterolo e i trigliceridi nel sangue. Hanno un gruppo carbossilico (testa) e un gruppo
metilico (coda), negli omega 6 c’è un primo doppio legame sul 6 atomo di carbonio (partendo dalla coda),
negli omega 3 ce n’è un primo sul 3 atomo.

Nelle membrane spesso è possibile trovare delle molecole di colesterolo tra i fosfolipidi, che anch’esso ha
una parte idrofobica e una idrofilica, posizionandosi come i fosfolipidi: le zone idrofobiche verso l’interno e
le zone idrofiliche verso la parte acquosa all’esterno. Il colesterolo nelle membrane serve a rendere
leggermente più rigida una membrana che altrimenti sarebbe poco utile per il suo scopo.

ACIDI NUCLEICI (RNA E DNA)

Si trovano in tutti gli organismi nucleici e si occupano di trasferire l’informazione genetica da organismo ad
organismo e di permettere agli organismi stessi di produrre tutto il corredo macromolecolare che serve alle
cellule per sopravvivere. Il DNA contiene l’informazione genetica necessaria per la riproduzione genetica
della cellula stessa e necessaria per poter costruire le proteine. Si trova nel nucleo cellulare. L’informazione
si trasferisce dal nucleo a citoplasma, dove c’è il macchinario molecolare che serve a sintetizzare proteine.
L’RNA entra nel macchinario cellulare molecolare: trasferisce l’informazione dal nucleo al citoplasma e
seleziona ed unisce gli amminoacidi nella sequenza (primaria) corretta. La sintesi delle proteine: il DNA
trasferisce le informazioni attraverso un RNA messaggero, il quale porta il messaggio dal nucleo al
citoplasma, trasferendolo all’RNA transfer, che permette l’assemblaggio degli amminoacidi in proteine.

Il DNA assume una forma a doppia elica, avvolte l’una sull’altra (una va verso l’alto e una va verso il basso);
sono unite per mezzo delle basi del DNA, adenina, timina, citosina e guanina, nel momento in cui si
formano gli accoppiamenti tra le due eliche, si formano accoppiamenti tra basi complementari con legami
idrogeno, ossia citosina si accoppia sempre con guanina e adenina sempre con timina; infatti la struttura
delle basi è fatta in modo tale che gli appaiamenti siano solo quelli menzionati. Due sequenze
complementari (di basi) si sviluppano in direzione opposta grazie a legami fosfo-diesterici che collegano tra
loro gli scalini della struttura a doppia elica.

Le basi degli acidi nucleici sono adenina, citosina, guanina, timina e uracile; la timina è presente solo nel
DNA e l’uracile solo nell’RNA. Queste due differiscono per il gruppo metilico nella posizione 5 che si trova
nella timina e non nell’uracile. Lo zucchero degli agli acidi nucleici è uno zucchero pentoso, desossiribosio
nel DNA e ribosio nell’RNA. Infine c’è un gruppo fosfato, ossia l’acido ortofosforico (H3PO4), che fa da
collante tra i diversi scalini del DNA, collegando il carbonio 3 di una molecola sotto con il carbonio 5 di
quella sopra.

Un singolo scalino è costituito per metà da un’elica e per metà dall’altra. I due semiscalini sono detti
nucleotidi: un nucleotide è costituito da una base, dallo zucchero (desossiribosio) legato con un ponte
estere con un gruppo fosfato. Il legame tra base e zucchero è un legame N-glicosidico (N sta per azoto), e il
legame tra gruppo fosfato e zucchero è un legame estere, perché avviene tra un ossidrile alcolico del
gruppo fosfato e il carbonio 5 dello zucchero. Qualora un nucleotide venga degradato e quindi privato del
gruppo fosfato esso diventa un nucleoside.

L’RNA è differente dal DNA perché è costituito da una singola elica. perché uracile c’è al posto di adenina e
perché al posto del desossiribosio c’è il ribosio, che differisce dal primo perché nel carbonio 2 c’è un OH al
posto di H.

METABOLISMO CELLULARE: METABOLISMI INTEGRATI E SINTESI DELL’ATP

Per metaboloma umano si intende la mappa generale dei processi del metabolismo umano, esso include
2500 metaboliti (prodotto di una reazione enzimatica e il substrato della successiva), 1200 principi attivi
(molecole introdotte, come farmaci o vitamine) e 3500 componenti di origine alimentare.

Il metabolismo è l’insieme delle reazioni chimiche che avvengono in una cellula e quindi in un organismo. Le
reazioni chimiche comportano trasformazioni energetiche, se si libera energia la reazione è esoergonica, se
viene assorbita energia le reazione è endoergonica. Nel nostro corpo c’è un continuo scambio di reazioni
endoergoniche e esoergoniche.

Il metabolismo comprende fenomeni anabolici, ossia reazioni che servono a sintetizzare molecole,
endoergoniche, e fenomeni catabolici, ossia reazioni di demolizione di molecole, esoergoniche.

I temi centrali del metabolismo cellulare sono: l’adenosintrifosfato (ATP) è il trasportatore universale di
energia chimica; l’ATP è generato nelle cellule, durante la degradazione ossidativa (catabolismo) di sostanze
a contenuto energetico, come glucosio, acidi grassi e aminoacidi; le biomolecole complesse sono costruite
assemblando fra loro composti più elementari; i percorsi metabolici di sintesi (anabolici) e di degradazione
(catabolici) sono fra loro distinti.
L’ATP è formato da: un’adenina è legata con un legame N-glicosidico al ribosio il cui carbonio 5 è legato con
un legame estere al primo gruppo fosfato (diventando adenosinmonofosfato o AMP), il quale, tramite un
legame ad alto contenuto energetico, può legare un altro fosfato (diventando ADP) che a sua volta può
legarne un altro ancora (diventando ATP). Ogni volta che uno dei legami ad alto contenuto energetico
presente tra i gruppi fosfato viene rotto, si liberano 7kcal/mole di energia (7000 calorie per mole di
legame). Come si forma l’ATP: AMP + P  ADP + P  ATP. Questa reazione ha un equilibrio ed è
quindi reversibile, quindi partendo dall’ATP si può tornare all’AMP.

I processi metabolici sono accoppiati: il catabolismo a reazioni di sintesi dell’ATP, l’anabolismo a reazioni di
idrolisi (rottura dei legami con rilascio di energia) dell’ATP. Il catabolismo e l’anabolismo procedono
parallelamente in maniera ordinata, in modo tale che l’energia che è stata immagazzinata nella sintesi
dell’ATP viene rilasciata permettendo di trasportare molecole attraverso le membrane e i compartimenti
cellulari, di fare sintesi e biosintesi di macromolecole e per mantenere l’omeostasi. Esempi di funzioni
mediata dall’idrolisi dell’ATP sono: la contrazione muscolare, le biosintesi di amminoacidi, acidi nucleici,
ormoni e proteine, il trasporto attivo di ioni (H+ e altri) e metaboliti (glucosio, amminoacidi) e omeostasi,
cioè il mantenimento del pH, delle quantità di glucosio e di determinati ioni.

La sintesi dell’ATP avviene all’interno di strutture cellulari importanti. Nel nucleo e nel nucleolo sono
presenti gli acidi nucleici e diverse proteine, dal nucleo esce l’ RNA messaggero che passa nel citoplasma,
dove trova i granuli ribosomiali, nei quali avviene la sintesi delle proteine; nei mitocondri invece avviene la
sintesi dell’ATP; nel reticolo endoplasmatico l’energia ricavata viene utilizzata per sintetizzare proteine.

Le reazioni cellulari sono organizzate in vie metaboliche, cioè in sequenze dove il prodotto di una reazione è
il reagente della successiva; le vie metaboliche sono lineari (es glicolisi), ossia in cui si comincia da una
molecola, la quale si inserisce nella via metabolica che la degrada da una molecola a 6 atomi di carbonio
(nel caso del glicogeno) a due molecole con tre atomi di carbonio (due molecole di piruvato); queste due
molecole vengono ulteriormente modificate e vengono inserite nel ciclo di Krebs (ciclo degli acidi
dicarbossilici o degli acidi tricarbossilici); il ciclo di Krebs è una via metabolica ciclica: il piruvato va incontro
a decarbossilazione ossidativa, e viene trasformato in acetil-CoA tramite la piruvato deidrogenasi (un
complesso di tre enzimi), e nel momento in cui vede l’ultimo elemento della via metabolica ciclica, ossia
l’acido ossalacetico, si condensi con esso tramite la citrati sintasi diventando citrato e dando così luogo ad
un nuovo ciclo.

METABOLISMO CELLULARE: METABOLISMO ENERGETICO E SINTESI DELLE PROTEINE

Al livello dei mitocondri avviene il contatto tra l’ossigeno e determinate molecole per fabbricare energia da
dare alla cellula, ciò è detta respirazione cellulare. Con l’ossigeno non possono reagire delle molecole
troppo grandi come il glucosio, pertanto attraverso glicolisi si rompe la molecola a 6 atomi di carbonio
formando due molecole con tre atomi di carbonio (cioè due molecole di piruvato), le quali entrano nel ciclo
di Krebs formando molecole più specializzate (NADH ridotto) che hanno degli elettroni in più che possono
essere trasferiti ad altre molecole, in modo tale da far arrivare questi elettroni sull’ossigeno per poi ridurlo
ad acqua. È quindi il trasferimento degli elettroni attraverso questa sequenza di reazioni che si chiama
respirazione cellulare. I trasferimenti di elettroni sono detti eventi ossidoriduttivi, dove la fase di
ossidazione è la fase in cui l’elettrone esce dalla molecola e la riduzione è la fase in cui una molecola
acquista un elettrone. Gli elementi ossidoriduttivi nel mitocondrio avvengono in maniera ordinata. Mentre
si ossidano i substrati formati nella fase iniziale della reazione (donano elettroni), il NADH ridotto può
essere ossidato e si genera ATP (ben 34 molecole) che viene sintetizzato dal mitocondrio.
Sulla membrana mitocondriale interna e sulle creste si organizzano i complessi respiratori, ossia tutti i
processi di scambi ossidoriduttivi tra i vari complessi di essa: il NADH si ossida a NAD+, donando due suoi
elettroni (H+) Q, che riceve succinato deidrogenasi dal complesso II, gli elettroni arrivano al complesso III,
poi arrivano al citocromo C, dal quale vanno sul complesso IV, detto citocromo C ossidasi, poi gli elettroni
vengono donati all’ossigeno (O2) che diventa acqua. Sui due lati della membrana interna si accumulano da
una parte cariche positiva e dall’altra negative, ciò coincide con la formazione di un potenziale
elettrochimico che permette, tramite l’ATPasi, ossia la macchina molecolare capace di utilizzare la cariche
positive e negative per sintetizzare ATP, proprio la sintesi di essa, attraverso le cariche diverse tra i due lati
della membrana.

Quindi dalla grossa molecola di glucosio si generano due molecole di piruvato attraverso una catena
catabolica, queste tramite l’ossigeno alla fine della catena respiratoria (respirazione aerobica) fabbrica 34
molecole di ATP. Una mole di glucosio permette la produzione totale di 36 moli (molecole) di ATP. Il valore
calorico varia da lipidi, carboidrati e proteine; i primi hanno una resa energetica di 9kcal/g, gli altri entrambi
4.

L’energia fabbricata nei mitocondri con la respirazione cellulare è utile per diversi motivi, come la
strutturazione di proteine: per fare una proteine è necessario legare tra loro due o più aminoacidi,
utilizzando i gruppi aminico e carbossilico legati al carbonio; il gruppo α-carbossilico del primo aminoacido
reagisce con il gruppo α-aminico del secondo, si elimina una molecola d’acqua, con la conseguente
formazione di un legame carboamidico (o peptidico) tra azoto e carbonio, andando a formare così un
dipeptide; questo è un legame covalente forte ma metastabile (che può essere rotto) in acqua (10-20
Kcal/mol).

Per fabbricare una proteina il DNA si disassembla per fare da stampo ad un RNA messaggero, ossia avviene
la trascrizione delle informazioni del DNA sull’RNA messaggero, quest’ultimo si avvicina alla membrana che
separa il nucleo dal citoplasma, esce nel citoplasma e si avvicina al ribosoma, dove viene tradotta
l’informazione, che l’RNA messaggero ha trasmesso, nella proteina che si vuole sintetizzare. Il tRNA ha il
compito di organizzare la sequenza di aminoacidi: ogni frammento da una parte ha tre basi, dall’altra un
amminoacido; viene trasferito un amminoacido alla volta tramite i siti che si trovano nel ribosoma. La
produzione della proteina termina con un codone di stop che non trasporta nessun amminoacido.

In una proteina ci sono quattro livelli di strutturazione (ad ogni passaggio di livello aumenta il grado di
complessità della struttura): la primaria consiste in una sequenza breve, la seconda nell’allungamento della
prima e il conseguente riavvolgimento, quando questo riavvolgimento si avvolge ancora su se stesso si
arriva alla struttura terziaria, infine la struttura quaternaria, in cui delle proteine di struttura terziaria sono
avvicinate in maniera funzionale (per far funzionare qualcosa).

Le vitamine sono composti organici vitali per il nostro organismo, anche se necessari in quantità limitate.
Esse partecipano a numerose e differenti reazioni biologiche, che avvengono in ambiente più o meno
idrofilico/idrofobico. Sono 13 e si distinguono in: liposolubili (in lipidi e grassi), ossia A,D,E,K, e idrosolubili
(in acqua), cioè C e le vitamine del gruppo B (B1,B2,B3,B5,B6.B7,B9,B12 che sono presenti in carni, farine e
cereali). Le vitamine intervengono in numerose reazioni.

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