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LA VARIETÀ DEI LEGAMI (CAPITOLO 11)

PROPRIETÀ COMUNI DEI METALLI:


1. Sono solidi a temperatura ambiente ed hanno temperature di fusione elevate
(escluso il mercurio);
2. Hanno densità elevata;
3. Sono duttili (si deformano e producono dei filamenti senza rompersi) e malleabili
(possono formare delle lamine sottili);
4. Sono buoni conduttori di corrente elettrica e di calore;
5. Hanno una caratteristica lucentezza metallica;
6. Sono cristallini;
Queste proprietà sono spiegate dal legame metallico.
LEGAME METALLICO:
1. MODELLO A NUBE ELETTRONICA: In un solido metallico gli ioni positivi sono
distribuiti con regolarità in un reticolo compatto e sono immersi in un’unica nube
elettronica, condivisa da tutti gli atomi del reticolo.
In questo modello gli atomi delle molecole sono privati dei loro elettroni di valenza
che andranno a comporre un mare di elettroni che avvolgerà in modo uniforme
tutti i cationi così creati.
2. TEORIA DELLE BANDE: Il legame metallico si può considerare come la
combinazione delle funzioni d’onda di tutti gli atomi del cristallo, il risultato è
quindi un insieme di orbitali molecolari con energie vicinissime tra loro che
formano complessivamente una banda continua di energia compresa tra un valore
massimo ed un valore minimo. Le bande sono separate da intervalli con valori
energetici proibiti. Per far passare un elettrone da una banda all’altra occorre
fornire l’energia di bandgap (differenza di energia tra le bande) mentre all’interno
delle varie bande è sufficiente una minima quantità di energia ceduta o acquisita
dall’elettrone.
Le bande possono essere suddivise in banda di valenza e banda di conduzione.
La banda di valenza è data dalla combinazione delle funzioni d’onda degli
elettroni di valenza, i più esterni di ciascun atomo. Può essere completamente o
solo parzialmente riempita di elettroni.
La banda di conduzione si origina dall’interazione degli orbitali atomici a energia
più elevata rispetto a quelli di valenza; si trova quindi a energia maggiore di quella
di valenza. Poiché è costituita da orbitali non occupati da elettroni, la banda di
conduzione è generalmente vuota.
In base alla posizione occupata da queste due bande è possibile spiegare le
caratteristiche dei conduttori, dei semiconduttori e degli isolanti.
- Conduttori: le due bande sono parzialmente sovrapposte creando un
passaggio per gli elettroni tra l’una e l’altra oltre che in tutto il
cristallo. Applicando una differenza di potenziale, gli elettroni creano
un flusso di corrente elettrica.
- Semiconduttori: la banda di conduzione ha energia poco più alta della banda di
valenza che è completa. È sufficiente quindi fornire una piccola
quantità di energia perchè gli elettroni possano passare alla
banda di conduzione e condurre la corrente. Questa tendenza
a condurre l’elettricità può essere amplificata drogando il
materiale (cioè aggiungendo piccole quantità di altri materiali
che aggiungono elettroni alla banda di conduzione o li
allontanano da quella di valenza).
- Isolanti: la banda di valenza è satura di elettroni e la banda di conduzione è
vuota e si trova ad un valore di energia troppo alto per essere
raggiunto dagli elettroni dii valenza. Applicando una differenza di
potenziale, gli elettroni non possono generare un flusso di corrente.
Questa teoria delle bande con il modello a nube elettronica spiega quindi tutte le
caratteristiche dei metalli:
1. L’elevata energia di legame è la ragione per la quale i metalli sono duri e hanno
punti di fusione elevati;
2. L’elevata conducibilità elettrica e termica è dovuta alla condivisione di una sola
nube elettronica in cui gli elettroni si muovono liberamente (data la vicinanza
delle bande di valenza e di conduzione);
3. L’elevata densità è causata dai reticoli compatti;
4. La duttilità e la malleabilità sono causate dallo scorrimento degli ioni positivi gli
uni sugli altri senza la rottura del legame durante la deformazione.
5. La disponibilità di livelli energetici continui spiega la lucentezza. Ciò è dovuto
alla capacità degli elettroni di esistere in molti stati eccitati e di assorbire ogni
frequenza visibile; con il loro ritorno allo stato fondamentale, gli elettroni
riemettono tali e quali i fotoni assorbiti.
I LEGAMI INTERMOLECOLARI:
I legami intermolecolari, o forze di van der Waals, sono forze di natura elettrica che si
instaurano, nei solidi e nei liquidi, tra più molecole oppure tra ioni e molecole.
Le forze intermolecolari sono più deboli dei legami primari (covalenti, metallici e
ionici). I legami intermolecolari influenzano solo le caratteristiche fisiche dei solidi e
dei liquidi. L’effetto di questi legami è ridotto nelle sostanze allo stato gassoso in
quanto le particelle sono mediamente distanti le une dalle altre e si muovono in
continuazione ostacolando quindi la formazione di questi legami deboli che diventano
trascurabili.
Esistono 3 tipi di legami intermolecolari:
1. Attrazione dipolo-dipolo: è un tipo di attrazione presente tra molecole polari ed ha
un’intensità pari al 1%-5% del legame covalente.
Le attrazioni dipolo-dipolo sono anche dette attrazioni a corto raggio in quanto si
indeboliscono all’aumentare della distanza tra i dipoli.
2. Il legame idrogeno: è un’attrazione dipolo-dipolo che avviene tra molecole che
contengono legami O-H, N-H, F-H.
La sua intensità è pari al 5%-10% del legame covalente ed è dovuta:
- alla presenza di legami molto polari tra fluoro, ossigeno e azoto con l’idrogeno (le
estremità portano una frazione di carica molto elevata);
- gli atomi coinvolti sono molto piccoli e quindi hanno un’elevata densità di carica
oltre al fatto che la distanza tra le estremità di segno opposto è molto piccola.
Le sostanze possono essere distinte in:
- idrofile  in grado di formare legami idrogeno con l’acqua e quindi di interagirci
- idrofobe  non in grado di formare legami idrogeno con l’acqua.
Nelle macromolecole la capacità di formare legami idrogeno può influenzarne la
struttura e le proprietà.
3. Le forze di London: interazioni tra molecola apolari. Essendo in continuo
movimento, gli elettroni si influenzano a vicenda respingendosi e disponendosi il
più lontano possibile gli uni dagli altri. In un certo istante la densità elettronica di
una particella può essere asimmetrica, con un addensamento disomogeneo di
carica alle due estremità. In quell’istante nella particella si instaura un dipolo
temporaneo o dipolo istantaneo. La formazione di un dipolo istantaneo influenza la
densità elettronica della particella vicina che, a sua volta, diventa un dipolo. In
questo caso di parla di dipolo indotto perché causato o indotto dalla formazione e
dalla vicinanza del primo dipolo. L’estremità positiva di uno è sempre vicina
all’estremità negativa dell’altro, causando un’attrazione reciproca. Quest’attrazione
ha però un carattere temporaneo in quanto il continuo movimento porta alla
continua rottura e creazione di questo tipo di legami.
Le attrazioni dipolo istantaneo-dipolo indotto sono note come forze di dispersione
di London (o semplicemente forze di London o forze di dispersione) e sono molto
deboli.
Per confrontare l’intensità delle attrazioni intermolecolari si può sfruttare il punto di
ebollizione; tanto più quest’ultimo è elevato, tanto più sarà maggiore l’intensità
dell’attrazione.
INTENSITÀ DELLE FORZE DI LONDON:
Dipendono da 3 fattori:
1. Polarizzazione  essa misura la facilità della deformazione della nube
elettronica con la quale è possibile formare i dipoli istantanei e
indotti. La polarizzazione di una nube elettronica aumenta
all’aumentare delle sue dimensioni (maggiori dimensioni =
minore attrazione elettroni più esterni verso il nucleo).
2. Numero di atomi  nel caso di molecole che contengono gli stessi elementi, le
forze di London aumentano all’aumentare del numero di atomi
in quanto è possibile formare un maggior numero di dipoli
istantanei. (esempio gli idrocarburi).
3. Forma delle molecole  se le molecole sono composte dallo stesso numero e tipo
di atomi, la forma che assumono (lineare o ramificata)
influenzerà l’interazione tra gli atomi e quindi la
formazione dei legami istantanei.
POLIMERI:
Con il termine polimero si intende una macromolecola la cui struttura è data dalla
ripetizione di un gruppo molecolare per un numero altissimo di volte. Il gruppo
molecolare è anche chiamato unità ripetitiva o unità ripetente.
Polimeri organici  carbonio = ossatura molecola;
Polimeri inorganici  silicio = ossatura molecola.
Nell’industria chimica il termine polimero indica principalmente materiali come le
plastiche, le gomme, le resine e le fibre sintetiche.
I polimeri si ottengono dalla reazione dei monomeri (composti da un singolo gruppo
molecolare).
Si dividono in:
- omopolimeri  formati da un solo tipo di monomero
- copolimeri  formati da due o più monomeri diversi, l’ordine può essere regolare
(polimero periodico) oppure irregolare (polimero non periodico o random).
Le catene del polimero possono essere:
- Lineari  ogni monomero forma solo due legami;
- Ramificate  i monomeri possono formare più legami: alla catena principale
possono legarsi altre catene; i polimeri sono reticolati quando formano
tre o più legami covalenti dando origine a reti tridimensionali.
I polimeri possono essere suddivisi anche in base alla struttura che
assumono all’abbassarsi della temperatura (quindi allo stato vetroso):
- Polimeri amorfi  struttura non regolare;
- Polimeri cristallini  struttura regolare; se il grado di cristallinità è basso si ha un
polimero semicristallino.
Il grado di cristallinità di un polimero dipende dalla sua regolarità chimica e dalla
temperatura alla quale avviene il raffreddamento.
Un grado elevato di cristallinità è favorito dal lento abbassamento della temperatura
che permette una disposizione più ordinata e con una maggiore riduzione del volume
libero (spazio vuoto tra le molecole), al contrario un rapido abbassamento della
temperatura porterà ad un basso grado di cristallinità con la disposizione disordinata
delle molecole come ad alte temperature.
Omopolimeri lineari  cristallizzazione semplificata dalla disposizione affiancata dei
polimeri;
Monomeri ingombranti  ostacolano la cristallizzazione;
Omopolimeri ramificati  difficile cristallizzazione;
Copolimeri ramificati  non cristallizzano affatto.
I polimeri possono essere classificati in:
- termoplastici  si deformano a caldo e quando vengono raffreddati si induriscono e
mantengono la forma, questo processo può essere ripetuto
all’infinito senza che perda le sue caratteristiche. Sono termoplastici
i polimeri lineari o poco ramificati, come polietilene e polstirene.
- termoindurenti  Diventano duri durante il riscaldamento e non rammolliscono se
riscaldati. Sono termoindurenti la maggior parte dei polimeri
reticolati come i poliesteri. La presenza di legami covalenti ne
limita il movimento con l’aumento della temperatura e gli
conferisce una maggiore resistenza e durezza rispetto ai
termoplastici.
Gli elastomeri sono caratterizzati dalla capacità di subire ampie deformazioni elastiche
grazie alla loro struttura reticolare caratterizzata da legami covalenti detti punti di
cross linking che impediscono la rottura durante la deformazione ed il ritorno alla
situazione iniziale con la scomparsa della forza deformante. Attraverso un processo di
vulcanizzazione è possibile aggiungere punti di cross linking alle catene per
migliorarne le prestazioni meccaniche. Gli elastomeri possono essere sia
termoindurenti che termoplastici.
Le fibre polimeriche sono polimeri lavorati per ottenere un elevato rapporto
lunghezza/volume, in base alla lavorazione ed alle caratteristiche dei polimeri di
partenza saranno più o meno elastici e più o meno resistenti a temperature e
solventi. Hanno applicazioni in tutti in numerosi settori.
TECNICHE DI POLIMERIZZAZIONE:
I polimeri si ottengono dall’unione di uno o più monomeri legati da legami covalenti
tramite un processo di polimerizzazione.
I polimeri di sintesi sono prodotti da una polimerizzazione per:
- Addizione  (polimerizzazione a catena), i monomeri sono legati alla catena uno
alla volta. Tre fasi: iniziazione, propagazione e terminazione.
L’iniziazione è una reazione tra una molecola (iniziatore) e il primo
monomero, ciò rende il monomero più reattivo ed in grado di reagire
con gli altri monomeri nella fase di propagazione. Nella fase di
propagazione la catena si espande fino alla fase di terminazione in cui
due catene reagiscono tra di loro. (Per iniziare il processo nella fase di
iniziazione viene tolto 1 elettrone).
- Condensazione  (polimerizzazione a stadi), i monomeri si legano tra loro a formare
degli oligomeri (catene molto corte), in una seconda fase gli
oligomeri si legano tra loro e formano un polimero.

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