1. Sono solidi a temperatura ambiente ed hanno temperature di fusione elevate (escluso il mercurio); 2. Hanno densità elevata; 3. Sono duttili (si deformano e producono dei filamenti senza rompersi) e malleabili (possono formare delle lamine sottili); 4. Sono buoni conduttori di corrente elettrica e di calore; 5. Hanno una caratteristica lucentezza metallica; 6. Sono cristallini; Queste proprietà sono spiegate dal legame metallico. LEGAME METALLICO: 1. MODELLO A NUBE ELETTRONICA: In un solido metallico gli ioni positivi sono distribuiti con regolarità in un reticolo compatto e sono immersi in un’unica nube elettronica, condivisa da tutti gli atomi del reticolo. In questo modello gli atomi delle molecole sono privati dei loro elettroni di valenza che andranno a comporre un mare di elettroni che avvolgerà in modo uniforme tutti i cationi così creati. 2. TEORIA DELLE BANDE: Il legame metallico si può considerare come la combinazione delle funzioni d’onda di tutti gli atomi del cristallo, il risultato è quindi un insieme di orbitali molecolari con energie vicinissime tra loro che formano complessivamente una banda continua di energia compresa tra un valore massimo ed un valore minimo. Le bande sono separate da intervalli con valori energetici proibiti. Per far passare un elettrone da una banda all’altra occorre fornire l’energia di bandgap (differenza di energia tra le bande) mentre all’interno delle varie bande è sufficiente una minima quantità di energia ceduta o acquisita dall’elettrone. Le bande possono essere suddivise in banda di valenza e banda di conduzione. La banda di valenza è data dalla combinazione delle funzioni d’onda degli elettroni di valenza, i più esterni di ciascun atomo. Può essere completamente o solo parzialmente riempita di elettroni. La banda di conduzione si origina dall’interazione degli orbitali atomici a energia più elevata rispetto a quelli di valenza; si trova quindi a energia maggiore di quella di valenza. Poiché è costituita da orbitali non occupati da elettroni, la banda di conduzione è generalmente vuota. In base alla posizione occupata da queste due bande è possibile spiegare le caratteristiche dei conduttori, dei semiconduttori e degli isolanti. - Conduttori: le due bande sono parzialmente sovrapposte creando un passaggio per gli elettroni tra l’una e l’altra oltre che in tutto il cristallo. Applicando una differenza di potenziale, gli elettroni creano un flusso di corrente elettrica. - Semiconduttori: la banda di conduzione ha energia poco più alta della banda di valenza che è completa. È sufficiente quindi fornire una piccola quantità di energia perchè gli elettroni possano passare alla banda di conduzione e condurre la corrente. Questa tendenza a condurre l’elettricità può essere amplificata drogando il materiale (cioè aggiungendo piccole quantità di altri materiali che aggiungono elettroni alla banda di conduzione o li allontanano da quella di valenza). - Isolanti: la banda di valenza è satura di elettroni e la banda di conduzione è vuota e si trova ad un valore di energia troppo alto per essere raggiunto dagli elettroni dii valenza. Applicando una differenza di potenziale, gli elettroni non possono generare un flusso di corrente. Questa teoria delle bande con il modello a nube elettronica spiega quindi tutte le caratteristiche dei metalli: 1. L’elevata energia di legame è la ragione per la quale i metalli sono duri e hanno punti di fusione elevati; 2. L’elevata conducibilità elettrica e termica è dovuta alla condivisione di una sola nube elettronica in cui gli elettroni si muovono liberamente (data la vicinanza delle bande di valenza e di conduzione); 3. L’elevata densità è causata dai reticoli compatti; 4. La duttilità e la malleabilità sono causate dallo scorrimento degli ioni positivi gli uni sugli altri senza la rottura del legame durante la deformazione. 5. La disponibilità di livelli energetici continui spiega la lucentezza. Ciò è dovuto alla capacità degli elettroni di esistere in molti stati eccitati e di assorbire ogni frequenza visibile; con il loro ritorno allo stato fondamentale, gli elettroni riemettono tali e quali i fotoni assorbiti. I LEGAMI INTERMOLECOLARI: I legami intermolecolari, o forze di van der Waals, sono forze di natura elettrica che si instaurano, nei solidi e nei liquidi, tra più molecole oppure tra ioni e molecole. Le forze intermolecolari sono più deboli dei legami primari (covalenti, metallici e ionici). I legami intermolecolari influenzano solo le caratteristiche fisiche dei solidi e dei liquidi. L’effetto di questi legami è ridotto nelle sostanze allo stato gassoso in quanto le particelle sono mediamente distanti le une dalle altre e si muovono in continuazione ostacolando quindi la formazione di questi legami deboli che diventano trascurabili. Esistono 3 tipi di legami intermolecolari: 1. Attrazione dipolo-dipolo: è un tipo di attrazione presente tra molecole polari ed ha un’intensità pari al 1%-5% del legame covalente. Le attrazioni dipolo-dipolo sono anche dette attrazioni a corto raggio in quanto si indeboliscono all’aumentare della distanza tra i dipoli. 2. Il legame idrogeno: è un’attrazione dipolo-dipolo che avviene tra molecole che contengono legami O-H, N-H, F-H. La sua intensità è pari al 5%-10% del legame covalente ed è dovuta: - alla presenza di legami molto polari tra fluoro, ossigeno e azoto con l’idrogeno (le estremità portano una frazione di carica molto elevata); - gli atomi coinvolti sono molto piccoli e quindi hanno un’elevata densità di carica oltre al fatto che la distanza tra le estremità di segno opposto è molto piccola. Le sostanze possono essere distinte in: - idrofile in grado di formare legami idrogeno con l’acqua e quindi di interagirci - idrofobe non in grado di formare legami idrogeno con l’acqua. Nelle macromolecole la capacità di formare legami idrogeno può influenzarne la struttura e le proprietà. 3. Le forze di London: interazioni tra molecola apolari. Essendo in continuo movimento, gli elettroni si influenzano a vicenda respingendosi e disponendosi il più lontano possibile gli uni dagli altri. In un certo istante la densità elettronica di una particella può essere asimmetrica, con un addensamento disomogeneo di carica alle due estremità. In quell’istante nella particella si instaura un dipolo temporaneo o dipolo istantaneo. La formazione di un dipolo istantaneo influenza la densità elettronica della particella vicina che, a sua volta, diventa un dipolo. In questo caso di parla di dipolo indotto perché causato o indotto dalla formazione e dalla vicinanza del primo dipolo. L’estremità positiva di uno è sempre vicina all’estremità negativa dell’altro, causando un’attrazione reciproca. Quest’attrazione ha però un carattere temporaneo in quanto il continuo movimento porta alla continua rottura e creazione di questo tipo di legami. Le attrazioni dipolo istantaneo-dipolo indotto sono note come forze di dispersione di London (o semplicemente forze di London o forze di dispersione) e sono molto deboli. Per confrontare l’intensità delle attrazioni intermolecolari si può sfruttare il punto di ebollizione; tanto più quest’ultimo è elevato, tanto più sarà maggiore l’intensità dell’attrazione. INTENSITÀ DELLE FORZE DI LONDON: Dipendono da 3 fattori: 1. Polarizzazione essa misura la facilità della deformazione della nube elettronica con la quale è possibile formare i dipoli istantanei e indotti. La polarizzazione di una nube elettronica aumenta all’aumentare delle sue dimensioni (maggiori dimensioni = minore attrazione elettroni più esterni verso il nucleo). 2. Numero di atomi nel caso di molecole che contengono gli stessi elementi, le forze di London aumentano all’aumentare del numero di atomi in quanto è possibile formare un maggior numero di dipoli istantanei. (esempio gli idrocarburi). 3. Forma delle molecole se le molecole sono composte dallo stesso numero e tipo di atomi, la forma che assumono (lineare o ramificata) influenzerà l’interazione tra gli atomi e quindi la formazione dei legami istantanei. POLIMERI: Con il termine polimero si intende una macromolecola la cui struttura è data dalla ripetizione di un gruppo molecolare per un numero altissimo di volte. Il gruppo molecolare è anche chiamato unità ripetitiva o unità ripetente. Polimeri organici carbonio = ossatura molecola; Polimeri inorganici silicio = ossatura molecola. Nell’industria chimica il termine polimero indica principalmente materiali come le plastiche, le gomme, le resine e le fibre sintetiche. I polimeri si ottengono dalla reazione dei monomeri (composti da un singolo gruppo molecolare). Si dividono in: - omopolimeri formati da un solo tipo di monomero - copolimeri formati da due o più monomeri diversi, l’ordine può essere regolare (polimero periodico) oppure irregolare (polimero non periodico o random). Le catene del polimero possono essere: - Lineari ogni monomero forma solo due legami; - Ramificate i monomeri possono formare più legami: alla catena principale possono legarsi altre catene; i polimeri sono reticolati quando formano tre o più legami covalenti dando origine a reti tridimensionali. I polimeri possono essere suddivisi anche in base alla struttura che assumono all’abbassarsi della temperatura (quindi allo stato vetroso): - Polimeri amorfi struttura non regolare; - Polimeri cristallini struttura regolare; se il grado di cristallinità è basso si ha un polimero semicristallino. Il grado di cristallinità di un polimero dipende dalla sua regolarità chimica e dalla temperatura alla quale avviene il raffreddamento. Un grado elevato di cristallinità è favorito dal lento abbassamento della temperatura che permette una disposizione più ordinata e con una maggiore riduzione del volume libero (spazio vuoto tra le molecole), al contrario un rapido abbassamento della temperatura porterà ad un basso grado di cristallinità con la disposizione disordinata delle molecole come ad alte temperature. Omopolimeri lineari cristallizzazione semplificata dalla disposizione affiancata dei polimeri; Monomeri ingombranti ostacolano la cristallizzazione; Omopolimeri ramificati difficile cristallizzazione; Copolimeri ramificati non cristallizzano affatto. I polimeri possono essere classificati in: - termoplastici si deformano a caldo e quando vengono raffreddati si induriscono e mantengono la forma, questo processo può essere ripetuto all’infinito senza che perda le sue caratteristiche. Sono termoplastici i polimeri lineari o poco ramificati, come polietilene e polstirene. - termoindurenti Diventano duri durante il riscaldamento e non rammolliscono se riscaldati. Sono termoindurenti la maggior parte dei polimeri reticolati come i poliesteri. La presenza di legami covalenti ne limita il movimento con l’aumento della temperatura e gli conferisce una maggiore resistenza e durezza rispetto ai termoplastici. Gli elastomeri sono caratterizzati dalla capacità di subire ampie deformazioni elastiche grazie alla loro struttura reticolare caratterizzata da legami covalenti detti punti di cross linking che impediscono la rottura durante la deformazione ed il ritorno alla situazione iniziale con la scomparsa della forza deformante. Attraverso un processo di vulcanizzazione è possibile aggiungere punti di cross linking alle catene per migliorarne le prestazioni meccaniche. Gli elastomeri possono essere sia termoindurenti che termoplastici. Le fibre polimeriche sono polimeri lavorati per ottenere un elevato rapporto lunghezza/volume, in base alla lavorazione ed alle caratteristiche dei polimeri di partenza saranno più o meno elastici e più o meno resistenti a temperature e solventi. Hanno applicazioni in tutti in numerosi settori. TECNICHE DI POLIMERIZZAZIONE: I polimeri si ottengono dall’unione di uno o più monomeri legati da legami covalenti tramite un processo di polimerizzazione. I polimeri di sintesi sono prodotti da una polimerizzazione per: - Addizione (polimerizzazione a catena), i monomeri sono legati alla catena uno alla volta. Tre fasi: iniziazione, propagazione e terminazione. L’iniziazione è una reazione tra una molecola (iniziatore) e il primo monomero, ciò rende il monomero più reattivo ed in grado di reagire con gli altri monomeri nella fase di propagazione. Nella fase di propagazione la catena si espande fino alla fase di terminazione in cui due catene reagiscono tra di loro. (Per iniziare il processo nella fase di iniziazione viene tolto 1 elettrone). - Condensazione (polimerizzazione a stadi), i monomeri si legano tra loro a formare degli oligomeri (catene molto corte), in una seconda fase gli oligomeri si legano tra loro e formano un polimero.