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1.

La chimica della vita


1. La struttura della materia: gli atomi
Per poter descrivere le particelle che costituiscono la materia si deve far riferimento
al termine atomo.

La materia è costituita fondamentalmente da atomi che sono i costituenti


elettricamente neutri della materia.

L’atomo in realtà non è una particella ultima della materia, ma è costituita da particelle
subatomiche. Al suo interno l’atomo è infatti costituito da un nucleo centrale,
costituito da protoni (hanno massa unitaria e carica unitaria positiva)
e neutroni (hanno massa unitaria, ma carica neutra).

Attorno al nucleo si trovano gli elettroni (hanno massa sostanzialmente trascurabile


ed hanno carica negativa), i quali si muovono attorno al nucleo, generando una nube
di carica elettrica negativa.

Nell’atomo neutro il numero dei protoni del nucleo è uguale al numero degli elettroni
e la carica totale è nulla.

Le particelle subatomiche (protoni, neutroni ed elettroni) sono uguali in tutti gli


elementi chimici: ciò che rende differente un elemento dall’altro è il numero di protoni,
neutroni ed elettroni che lo costituiscono.

L’identità chimica di un atomo, è individuata dal numero dei protoni (indicato con il
numero atomico Z). Il numero atomico (Z) è il criterio ordinatore della tavola
periodica. Definisce l’identità chimica di un elemento.

NB: Atomi dello stesso elemento hanno lo stesso numero di protoni nel nucleo. Il
numero di protoni di un elemento rappresenta il numero atomico, il cui simbolo è Z.

Nel nucleo, oltre al protone, c’è il neutrone. Anche il neutrone ha massa. La somma
dei neutroni e dei protoni costituisce quindi la massa atomica (u).

Il numero di massa (A) è la somma delle particelle che hanno effettivamente una
massa (protoni+neutroni). Per questioni convenzionali il termine massa atomica si
trova anche indicato come peso atomico, anche se in realtà non è del tutto corretto.
In fisica c’è infatti differenza tra massa e peso. Va quindi utilizzato il termine massa
atomica e non peso atomico.

Gli atomi con lo stesso numero atomico (Z) ma con differente numero di massa
(A) sono chiamati isotopi. Per avere masse differenti, gli isotopi devono avere
un differente numero di neutroni.

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Se la particella non è elettricamente neutra si parla di ioni. Gli ioni sono degli atomi o
gruppi di atomi che hanno perso elettroni (diventando CATIONI, carichi
positivamente) o hanno catturato elettroni (diventando ANIONI, carichi
negativamente).

A costituire la materia, quindi, si possono trovare atomi neutri, cationi oppure anioni.

1.1. Il legame chimico

Con legame chimico si intende la forza attrattiva che lega tra loro due atomi in una
molecola.

I tipi di legame chimico che possono instaurarsi tra gli atomi sono divisibili in due
categorie principali: legami elettrostatici, derivanti dall’attrazione tra cariche
elettriche di segno opposto generatesi negli atomi, e legami covalenti, derivanti dalla
condivisione di elettroni tra due nuclei atomici.

Il legame covalente è un legame forte che si viene a creare quando due atomi si
trovano in vicinanze adeguate l'uno con l'altro (non devono essere troppo vicini
perché si respingerebbero a causa delle forze di repulsione nucleari); gli elettroni
presenti sugli orbitali più esterni dell'atomo vengono messi in condivisione da
entrambi gli atomi in quanto attratti dai protoni presenti a livello del nucleo.

In ambito biologico sono molto importanti i PONTI DISOLFURO S-S. Sono dei legami
tra due atomi di zolfo; sono legami forti e danno stabilità in determinate
macromolecole come le proteine.

Il legame ionico rientra nella famiglia dei legami elettrostatici e, come dice il nome
stesso, è un legame che si instaura tra ioni, cioè atomi che hanno acquisito una carica
elettrica in seguito alla cessione o all’acquisto di uno o più elettroni.

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All'interno della cellula un legame ionico ha una forza pari a circa metà di quella di un
legame covalente.

I legami a idrogeno si formano tra un atomo di idrogeno con debole carica positiva
e un atomo di ossigeno con debole carica negativa appartenenti a molecole diverse.
Nei sistemi biologici i legami a idrogeno possono essere:

• Intermolecolari = tra molecole diverse


• Intramolecolari = nell'ambito della stessa molecola

I legami a idrogeno sono anche coloro che conferiscono all'acqua le proprietà


chimico-fisiche --> consentono all'acqua di mettere in atto caratteristiche di coesività
(si distribuisce e si espande sulle superfici pur mantenendo coesione tra le singole
molecole d'acqua) ed adesività (l'acqua può aderire alle superfici).

• Se la temperatura si alza, l'energia generata dal calore rompe i legami a idrogeno -->
le molecole d'acqua aumentano il loro moto e si allontanano le une dalle altre -->
l'acqua dallo stato liquido passa allo stato aeriforme (vaporizzazione).
• Se la temperatura scende e raggiunge il punto di congelamento, le molecole d'acqua
cristallizzano in un reticolo cristallino preciso per cristallizzazione dei legami a
idrogeno.

Le forze di Van Der Waals sono legami che si formano tra molecole o porzioni di
molecole apolari (elettricamente neutre) quando gli elettroni nel loro movimento si
accumulano in una porzione di molecola con formazione di zone a carica positiva e
negativa.

È quello che avviene, ad esempio, tra le singole catene di acidi grassi --> nel burro:
le forze di van der Waals formano rigidità tra le singole catene degli acidi grassi e
quindi si formano grassi solidi; in alcuni animali, invece, (come il geco) la particolare
struttura dei polpastrelli presenta un apice estremamente piccolo che a livello
microscopico riesce a formare forze di van der Waals per aderire e potersi muovere
sul muro (si muove perché sono legami deboli).

2. Le molecole della vita


In questo capitolo prenderemo in esame una categoria molto ampia di composti
chimici, le biomolecole, cioè i composti chimici che costituiscono i sistemi viventi.
La maggior parte di questi composti è rappresentata da molecole organiche, ossia
molecole dotate di scheletri carboniosi che possono arrivare a dimensioni notevoli e
ad un grado di complessità molto alto, tale da dare origine ad organismi complessi
quali sono anche gli esseri viventi più semplici.

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2.1. La molecola d’acqua

L’acqua è estremamente diffusa sulla Terra, tanto da ricoprire circa i tre quarti della
superficie: non stupisce, quindi, che la vita sia cominciata nell’acqua e che questa
costituisca tra il 50% e il 95% del peso di ogni organismo vivente.

La molecola d’acqua ha formula H2O ed è costituita da due atomi di idrogeno uniti


ad un atomo di ossigeno centrale per mezzo di legami covalenti semplici.

La molecola d’acqua è una molecola capace di formare legami idrogeno e possiede


proprietà del tutto particolari.

La tensione superficiale è una proprietà dei liquidi direttamente correlata all’entità


delle interazioni esistenti tra le molecole del liquido (forze coesive). Nell’acqua queste
forze sono abbastanza elevate sia per l’elevata polarità della molecola, sia per la
capacità di formare legami idrogeno e la loro presenza determina una certa resistenza
della superficie liquida ad aumentare la propria estensione.

La capillarità, ossia la capacità dell’acqua di risalire all’interno di un capillare,


consegue dall’azione combinata della coesione tra le molecole d’acqua (che tende a
mantenerle unite) e dell’adesione delle molecole stesse sulle pareti del capillare. Tale
proprietà è sfruttata dalle piante per assorbire acqua dal terreno.

L’acqua è dotata anche di un’elevata capacità termica, la quale le conferisce una


certa inerzia a cambiare la propria temperatura in seguito allo scambio di calore.
Anche questa proprietà è correlata alla struttura molecolare, poiché i legami idrogeno,
presenti tra molecole, costituiscono un vincolo all’aumento dell’energia cinetica
media, a sua volta proporzionale alla temperatura. Si tratta di una proprietà
estremamente importante per i viventi, perché contribuisce a mantenere stabile la
loro temperatura corporea. Infine, l’acqua ha un ottimo potere solvente, cioè possiede
una buona capacità di sciogliere sostanze.

Grazie alla sua polarità e alla possibilità di formare legami idrogeno, l’acqua discioglie
facilmente le sostanze ioniche, solvatando efficacemente sia gli ioni positivi che quelli
negativi, le specie polari, di cui talvolta può indurre la dissociazione in ioni, e le
molecole in grado di formare legami idrogeno. Queste ottime capacità solventi fanno
sì che in natura l’acqua non esista mai allo stato puro.

3. Dai polimeri alle biomolecole


Nonostante la loro straordinaria varietà, i composti organici che costituiscono gli
esseri viventi derivano dalla combinazione di pochissimi elementi chimici: C, H, N, O,
P, S. Tra questi un ruolo centrale è svolto dall’atomo di carbonio che, grazie alla
capacità di formare quattro legami, può generare catene più o meno lunghe, lineari,
ramificate o cicliche, le quali formano lo scheletro di tutte le molecole organiche.

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Le principali categorie di composti organici che troviamo negli esseri viventi
sono: carboidrati, lipidi, proteine e acidi nucleici .

Tutte le biomolecole hanno in comune la caratteristica di essere molecole di grandi


dimensioni, dette polimeri, ottenute dalla reazione di condensazione di subunità più
piccole, chiamate monomeri, dotati di strutture simili tra loro o addirittura identiche.

4. I carboidrati
I carboidrati sono composti organici che rispondono alla formula generale Cn(H2O)n.

Tra questi i più comuni sono il glucosio, la principale fonte di energia delle nostre
cellule, il fruttosio, zucchero presente nella frutta e nel miele, il ribosio, costituente
degli acidi nucleici.

Queste molecole semplici, chiamate monosaccaridi, possono unirsi tra loro,


eliminando molecole d’acqua e stabilendo legami a ponte di ossigeno (reazione di
condensazione).

Il legame tra alcune molecole di monosaccaridi porta alla formazione


degli oligosaccaridi. Tra questi, i disaccaridi derivano dall’unione di due
monosaccaridi per reazione dell’ossidrile anomerico di un monosaccaride con un
ossidrile dell’altro attraverso una reazione di condensazione: la reazione porta alla
liberazione di una molecola di acqua e alla formazione di un legame O-glicosidico,
in cui un atomo di ossigeno si pone a ponte tra i due anelli.

Possono così originarsi molecole di piccole dimensioni come i disaccaridi, costituiti


dalla condensazione di due molecole di monosaccaride, o molecole molto grandi,
i polisaccaridi, generati dall’unione di un gran numero di monomeri.

Un disaccaride abbastanza diffuso è il saccarosio (il comune zucchero da tavola),


risultato della condensazione di una molecola di glucosio e una di fruttosio, utilizzato
dalle piante come zucchero di trasporto. Il disaccaride presente nel latte è il lattosio,
risultato della condensazione di una molecola di glucosio e una di galattosio.

Le molecole di monosaccaride possono essere liberate dalla molecola di disaccaride


mediante idrolisi, reazione inversa alla condensazione, in cui viene riacquistata la
molecola d’acqua eliminata e viene scisso il legame tra i due monosaccaridi.

I polisaccaridi, infine, sono costituiti da lunghe catene di monosaccaridi. Alcuni di


questi sono formati dall’associazione di qualche decina di unità monosaccaridiche,
altri possono formare catene anche di decine di migliaia di molecole.

Gli omopolisaccaridi sono costituiti dalla ripetizione di un solo tipo di monosaccaride;


gli eteropolisaccaridi contengono, invece, due o più tipi diversi di monosaccaride . I
polisaccaridi si classificano anche in base alla presenza di ramificazioni nelle loro

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molecole: esistono così polisaccaridi a catena lineare e polisaccaridi a catena
ramificata.

L’amido, un omopolisaccaride assai diffuso nelle piante, è il più importante


polisaccaride di riserva e si trova nei cereali, nelle patate e nei legumi, assumendo
così notevole importanza alimentare per l’uomo. I costituenti principali dell’amido
sono l’amilasio e l’amilopectina.

Nel mondo animale, il glicogeno è l’analogo dell’amido e si trova nel citoplasma delle
cellule del fegato e del muscolo dove è depositato sotto forma di granuli . Questo
polisaccaride svolge una funzione di riserva energetica anche se, negli animali, la
maggior parte dell’energia è conservata sotto forma di grasso nel tessuto adiposo.

Il glicogeno depositato nelle cellule animali va incontro a modificazioni continue in


base alle esigenze dell’intero organismo: in condizioni di abbondanza energetica,
come accade dopo un pasto, il glicogeno viene sintetizzato a partire dal glucosio e si
accumula; in condizioni di deficit energetico, come avviene a digiuno o a seguito di
uno sforzo fisico, il glicogeno accumulato è demolito a glucosio, la cui successiva
degradazione metabolica fornisce l’energia di cui l’organismo ha bisogno. La sintesi
e la demolizione del glicogeno sono regolate dagli ormoni
pancreatici insulina e glucagone.

Numerosi polisaccaridi hanno funzione strutturale. La cellulosa è il principale


costituente della parete delle cellule vegetali. La chitina è un importante
omopolisaccaride a funzione strutturale che forma l’esoscheletro di crostacei, insetti
e anche la parete cellulare di alcuni funghi.

5. I lipidi

Conosciuti anche come grassi rappresentano un’ampia classe di composti organici,


di natura prevalentemente idrocarburica, aventi in comune la caratteristica di essere
apolari e quindi insolubili in acqua. Essendo costituiti essenzialmente da carbonio e
idrogeno, possiedono legami covalenti di energia più alta rispetto ai carboidrati e, a
parità di peso, immagazzinano una quantità di energia circa sei volte maggiore.

I lipidi possono essere:

• acidi grassi saturi = hanno solo singoli legami e quindi sono molecole rigide --> sono
abbondanti nei grassi animali;
• acidi grassi insaturi = hanno doppi legami che danno dinamismo alla molecola di
acido grasso --> sono gli oli (fluidi).

Funzioni dei lipidi:

• grassi: riserva energetica (costituito prevalentemente da trigliceridi) —> si


accumulano in adipociti (cellule del tessuto adiposo);
• fosfolipidi: costituenti delle membrane biologiche;
• steroidi: ormoni (ormoni di riproduzione, ormoni dello stress come il cortisolo);

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• carotenoidi: pigmenti;
• prostaglandine: mediatori cellulari a breve distanza (consentono le comunicazioni tra
cellule).

I trigliceridi sono i grassi presenti nel nostro sangue. Sono costituiti da due diverse
parti:

• glicerolo;
• tre code di acidi grassi (unite al glicerolo attraverso un legame di condensazione).

I trigliceridi sono grassi di riserva, ma se sono presenti in eccesso tendono a


depositarsi nelle strutture biologiche creando problemi (principalmente alle arterie).
Tra le tre molecole (code) si formano delle forze di van der Waals. Se al posto di una
catena di acidi grassi ci attacchiamo qualcos'altro (principalmente un gruppo fosfato
e una molecola chiamata colina) formiamo dei fosfolipidi (sono dei digliceridi perché
gli acidi grassi sono solo 2). Introduciamo così una componente polare (gruppo
fosfato e colina in parte) rispetto alla parte apolare costituita dagli acidi grassi.
I fosfolipidi sono molecole anfotere o anfipatiche provviste di una porzione polare, in
prossimità del gruppo fosfato, e di una porzione apolare in corrispondenza degli acidi
grassi.

Accanto al ruolo di riserva energetica, i lipidi svolgono all’interno dell’organismo


anche un importante ruolo strutturale e sono tra i principali componenti delle
membrane cellulari.

I fosfogliceridi contengono, al pari dei trigliceridi, uno scheletro di base costituito dal
glicerolo con due molecole di acido grasso e tuttavia però nel caso dei fosfogliceridi,
il glicerolo esterifica in terza posizione anche un gruppo fosfato, legato a sua volta da
un gruppo X, in genere un amminoalcol, la cui natura è spesso ionica o polare.

6. I terpeni, gli steroli e gli steroidi

I terpeni sono un gruppo di lipidi non saponificabili che derivano dall’isoprene.

Questa molecola è piuttosto instabile e ha una spiccata tendenza alla


polimerizzazione, che porta alla formazione di composti sia lineari sia ciclici. Alcuni di
questi sono i terpeni, molecole spesso dotate di un odore intenso; sono presenti sia
negli animali sia nei vegetali.

Gli steroidi sono un gruppo di lipidi non saponificabili che presentano la struttura di
base dell’idrocarburo policiclico saturo ciclopentanoperidrofenantrene.

Lo sterolo più abbondante nei tessuti animali è il colesterolo.

Nell’uomo il colesterolo é assunto con gli alimenti ma è anche prodotto dal fegato in
modo controllato per assicurarne la disponibilità ottimale si vari tessuti.

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Il colesterolo è un costituente fondamentale delle membrane cellulari, delle quali
regola la fluidità: alla temperatura corporea, la struttura rigida della molecola del
colesterolo conferisce alla membrana cellulare la compattezza necessaria allo
svolgimento delle sue funzioni. A basse temperature, le molecole di colesterolo
fungono da “spaziatori” tra le catene idrocarburiche, diminuendo così le interazioni di
van der Waals che favorirebbero la solidificazione. Il colesterolo, inoltre, fa sì che la
membrana non si indebolisca o si destabilizzi ad alte temperature; infatti, le molecole
di colesterolo interagiscono fortemente con quelle porzioni delle catene
idrocarburiche più vicine alle teste fosfolipidiche, riducendo così il loro movimento.

Il colesterolo è il precursore di numerosi steroidi biologicamente importanti, come


la vitamina D3 e gli ormoni steroidei che regolano diverse attività fisiologiche e
biochimiche. Infine, il colesterolo è il precursore dei sali biliari, sostanze anfipatiche
prodotte dal fegato che costituiscono la bile.

7. Le vitamine liposolubili

Le vitamine liposolubili sono sostanze essenziali che regolano importanti funzioni


fisiologiche. Si definiscono vitamine tutte le sostanze organiche necessarie
all’organismo in piccole quantità che nella maggior parte dei casi devono essere
assunte attraverso la dieta perché non possono essere sintetizzate dall’organismo
stesso.

Le vitamine sono classificabili in vitamine idrosolubili e vitamine liposolubili a


seconda che siano solubili in acqua o siano, al contrario, di natura lipofila. Le vitamine
idrosolubili svolgono un ruolo chiave come cofattori nella catalisi enzimatica. Le
vitamine liposolubili sono 4 - A,D,K,E- e regolano processi fisiologici fondamentali
nell’organismo umano.

In generale le vitamine liposolubili, soprattutto A e D, sono presenti in estratti oleosi


derivati da pesci e si ritrovano nel fegato e in altri alimenti. Un’insufficiente assunzione
di queste sostanze può dar luogo a sintomi di deficit vitaminico che regrediscono non
appena si somministra la vitamina carente. Le vitamine si assumono con gli alimenti
o, in caso di deficit, sotto forma di integratori alimentari.

Come la carenza di vitamine (ipovitaminosi), anche il loro eccessivo accumulo


(ipervitaminosi) può essere dannoso per la salute. Le vitamine liposolubili sono
sostanze difficilmente eliminabili dall’organismo per la loro ridotta solubilità nei liquidi
fisiologici: una prolungata terapia a base di una delle vitamine liposolubili può
causarne l’accumulo nel fegato. Ciò non accade nel caso delle vitamine idrosolubili,
che sono invece facilmente eliminabili dall’organismo attraverso le urine e le feci.

8. Le vitamine idrosolubili
Le vitamine idrosolubili hanno un ruolo vario, nel complesso tutte le vitamine del
gruppo B sono trasformate in derivati essenziali per la catalisi enzimatica e implicati

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in varia misura nei processi metabolici a carico di carboidrati, lipidi, amminoacidi. La
vitamina C svolge invece un’importante funzione antiossidante: questo la rende
particolarmente efficace nel contrastare gli effetti dannosi delle specie reattive
dell’ossigeno e dei radicali liberi.

9. Gli ormoni lipofili


Gli ormoni lipofili sono molecole organiche prodotte dalle ghiandole endocrine del
nostro organismo che si riversano nel sangue e agiscono legandosi a specifici
recettori posti su cellule bersaglio.

Attraverso il legame con i recettori, gli ormoni sono in grado di regolare numerose
funzioni fisiologiche. Gli ormoni agiscono come messaggeri chimici e sono implicati
nella risposta dell’organismo a stimoli provenienti sia dall’ambiente interno al corpo
sia dall’esterno.

Alcuni di questi ormoni sono derivati dal colesterolo e vengono classificati come
derivati lipidici (ormoni steroidei). Un esempio di ormone steroideo è il cortisolo,
prodotto dalla parte corticale della ghiandola surrenale; questo ormone è implicato in
numerosi processi fisiologici, tra cui la mediazione della risposta immunitaria e la
regolazione del metabolismo glicidico.

10. Le proteine
Sono le sostanze organiche più abbondanti negli esseri viventi, nei quali svolgono
innumerevoli funzioni: negli animali costituiscono oltre il 50% del peso secco, mentre
nelle piante il contenuto proteico è percentualmente più basso a causa dell’elevato
contenuto di cellulosa.

Strutturalmente la proteina è un polimero risultante dal concatenamento


di amminoacidi. Gli amminoacidi che costituiscono le proteine naturali sono 20.

Nelle proteine gli amminoacidi si legano, come accade in tutte le biomolecole,


attraverso una reazione di condensazione tra il gruppo amminico di un amminoacido
e il gruppo carbossilico dell’amminoacido adiacente. Il legame che si forma tra la
funzione amminica e quella carbossilica prende il nome di legame peptidico.

Di conseguenza la catena che si forma è denominata catena polipeptidica.

PRINCIPALI CLASSI DI PROTEINE

Gli aminoacidi si combinano tra loro per formare le proteine appartenenti a diverse
classi. Le diverse classi sono identificabili in base alla funzione che svolgono:

1. enzimi;
2. proteine strutturali —> ci sono proteine contrattili che consentono la contrazione
della muscolatura;

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3. proteine di riserva;
4. proteine di trasporto;
5. proteine di regolazione (regolano funzioni precise, addirittura possono regolare il
funzionamento di altre proteine: ad esempio la costruzione di proteine strutturali o il
funzionamento degli enzimi);
6. proteine di movimento (actina e miosina consentono la contrazione delle fibre
muscolari);
7. proteine di difesa (anticorpi: sintetizzati principalmente nel midollo osseo. I linfociti b
sono specializzati nella produzione di anticorpi);
8. recettori (ricevono i segnali all'interno della cellula e a comunicarlo all'interno).

STRUTTURA PRIMARIA

L'unione dei singoli aminoacidi nella fase di polimerizzazione non definisce la


proteina, ma una struttura iniziale chiamata catena polipeptidica. La catena
polipeptidica assumerà delle strutture di ordine superiore per arrivare al suo stadio
finale di proteina funzionante che rappresenta lo stato di strutturazione completa della
catena polipeptidica per arrivare alla funzione di proteina. Solo nel momento in cui la
catena polipeptidica diventa funzionante a livello biologico si può considerare una
vera e propria proteina.

STRUTTURA SECONDARIA

La struttura primaria deve raggiungere un ordine superiore: avviene il processo


di FOLDING PROTEICO, ovvero formazione di ripiegamenti che consentono alla
catena polipeptidica di passare da una struttura primaria a una struttura secondaria.

Il processo di folding avviene in modo autonomo e spontaneo, nel senso che sulla
base dei singoli aminoacidi posizionati dal codice genetico, la presenza di
amminoacidi specifici in posizioni specifiche consente di formare legami a idrogeno
tra i diversi residui amminoacidici dando vita a due possibili strutture secondarie.

• α elica (struttura elicoidale) --> legame a idrogeno di 4 in 4 aminoacidi;


• foglietto β o foglietto β ripiegato (struttura a fisarmonica).

STRUTTURA TERZIARIA

Consiste in un ulteriore avvolgimento della struttura secondaria su sé stessa, in modo


da generare una sorta di gomitolo. Per questo le proteine che possiedono una
struttura terziaria sono dette globulari, mentre quelle che mantengono per la maggior
parte della loro lunghezza una struttura elicoidale, a foglio ripiegato o a cavo sono
dette fibrose.

STRUTTURA QUATERNARIA

Molte proteine funzionanti diventano funzionanti in struttura terziaria. Alcune proteine


(come il collagene o l'emoglobina), invece, diventano funzionanti in struttura
quaternaria.

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Questo quarto e ultimo tipo di struttura riguarda le proteine formate da più catene
polipeptidiche. Tra queste vi è l’emoglobina, la proteina trasportatrice di O2 nel nostro
sangue, costituita da quattro catene polipeptidiche, uguali a due a due, ognuna delle
quali associata ad un gruppo non proteico, detto gruppo prostetico, il gruppo “eme”.
Anche in questo caso le interazioni che mantengono la struttura quaternaria sono le
stesse che stabilizzano la struttura terziaria e possono essere facilmente spezza te
mediante il riscaldamento: per questo tutte le proteine sottoposte a riscaldamento
“denaturano”, ossia perdono la loro struttura secondaria, terziaria, quaternaria.

11. Le proteine che legano l’ossigeno: mioglobina ed


emoglobina

Mioglobina ed emoglobina sono due classici esempi di proteine globulari che


svolgono il loro ruolo in soluzione. Il confronto fra le due proteine fornisce una chiara
spiegazione di come il rapporto struttura-funzione giochi un ruolo essenziale nelle
proteine. La mioglobina ha la funzione di legare l’ossigeno nel tessuto muscolare,
l’emoglobina fa lo stesso nei globuli rossi del sangue. Per molti organismi, la
molecola di ossigeno è di importanza vitale: l’ossigeno è, infatti, l’accettore degli
elettroni della catena respiratoria e consente la produzione dell’energia di cui ogni
cellula ha bisogno per vivere. Privata di un costante apporto di ossigeno, la cellula
non può produrre energia e va rapidamente incontro a morte.

Mioglobina ed emoglobina sono proteine coniugate, oltre alla porzione polipeptidica


(globina) contengono un gruppo prostetico, detto eme, che lega l’ossigeno.
Nonostante le somiglianze, le due proteine presentano importanti differenze
strutturali che determinano il modo in cui l’ossigeno viene legato e, di conseguenza,
il loro diverso ruolo funzionale.

12. Le proteine a funzione catalitica: gli enzimi

Gli enzimi sono proteine specializzate per la funzione catalitica e agiscono


accelerando le reazioni chimiche.

La maggior parte delle reazioni che avvengono nelle cellule sono infatti così lente da
non potersi svolgere se non in presenza di un enzima: fuori dalla cellula, per esempio,
la combustione del glucosio non procede a temperatura ambiente: nella cellula, al
contrario, lo stesso processo si svolge a velocità straordinaria grazie agli enzimi.

Gli enzimi si distinguono dai catalizzatori inorganici per alcune proprietà peculiari che
li rendono unici nello svolgimento della loro funzione.

1. Sono straordinariamente efficienti: la velocità di una reazione catalizzata da un


enzima può essere fino a 10^17 volte superiore rispetto a quella della reazione
catalizzata. I catalizzatori inorganici accelerano le reazioni solo qualche migliaio di
volte.

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2. Sono altamente specifici: a differenza di un catalizzatore inorganico, un enzima
riconosce selettivamente la molecola che deve essere trasformata nella reazione. Gli
enzimi sono in gran parte stereospecifici, cioè riconoscono anche gli enantiomeri di
una stessa molecola.
3. Sono modulabili: la velocità di una reazione enzimatica può essere regolata in modo
fine e selettivo mediante l’interazione fra l’enzima e una molecola che agisce da
modulatore.
4. Agiscono in condizioni fisiologiche: l’evoluzione ha selezionato enzimi in grado di
agire nelle condizioni di pH, temperatura e pressioni caratteristiche degli organismi
viventi. I catalizzatori inorganici agiscono invece in condizioni notevolmente differenti
da quelle esistenti nelle cellule (per esempio, a pH fortemente acido o alcalino e a
valori elevati di temperatura e pressione).

13. Gli acidi nucleici


Si tratta di sostanze di natura polimerica presenti nel nucleo cellulare.

Costituiti da DNA o acido deossiribonucleico e da RNA o acido ribonucleico,


sono dotati di strutture e funzioni diverse nell’ambito della cellula: il DNA è la molecola
depositaria del patrimonio genetico cellulare, mentre l’RNA è un trascritto del DNA
attraverso il quale viene inviato ed eseguito il messaggio genetico contenuto nel DNA.

I monomeri costituenti degli acidi nucleici, più complessi di quelli incontrati nelle altre
biomolecole, detti nucleotidi, sono formati a loro volta da una molecola di zucchero,
una base azotata e una molecola di acido fosforico. Nei nucleotidi che costituiscono
l’RNA lo zucchero è il ribosio, mentre in quelli che compongono il DNA è il
deossiribosio. Nei nucleotidi entrambi gli zuccheri si trovano in forma ciclica.

Le basi azotate presenti negli acidi nucleici sono in tutto cinque: adenina
(A), citosina (C) e guanina (G), contenute sia nel DNA che nell’RNA, timina (T),
presente solo nel DNA, e uracile (U), presente solo nell’RNA. Il nucleotide è il risultato
della condensazione di una molecola di ribosio (o deossiribosio) con una base azotata
in posizione 1 e con una molecola di acido fosforico in posizione 5.

Oltre ad essere i costituenti fondamentali degli acidi nucleici, alcuni nucleotidi


possiedono funzioni di grande importanza nella fisiologia cellulare, in quanto,
modificati mediante l’aggiunta di due ulteriori gruppi fosfato a quello già presente,
diventano efficienti trasportatori di energia.

Uno di questi è l’adenosina trifosfato o ATP.

I legami fra i tre gruppi fosfato sono relativamente deboli e possono essere facilmente
idrolizzati liberando energia. In tal modo l’ATP, sintetizzata grazie a processi che
producono energia, come ad esempio la respirazione cellulare, trasporta energia nei
comparti cellulari ove questa è richiesta. Qui si idrolizza e rilascia energia
trasformandosi in ADP (adenosindifosfato), che successivamente viene riconvertito
in ATP, cosicché l’intero ciclo ricomincia.

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