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BIOLOGIA APPLICATA
TESTO: ELEMENTI DI BIOLOGIA (QUINTA EDIZIONE)
Gli elementi sono le sostanze che non possono essere scisse in sostanze più semplici e hanno un
proprio simbolo chimico. (ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto i principali). L’atomo è la parte più
piccola di un elemento. Ogni atomo contiene protoni (positivi), elettroni (negativi, sono sull’orbita)
e neutroni (senza carica, stesso numero di elettroni e protoni).
Protoni e neutroni costituiscono il nucleo atomico. Nel nucleo atomico c’è un numero fisso di
protoni detto numero atomico (in basso a sinistra) (varia ovviamente da elemento a elemento) che
identifica l’atomo e definisce l’elemento.
Il numero di massa o massa atomica (in alto a sinistra) invece è data dalla somma di neutroni e
protoni (gli elettroni hanno massa nulla), si esprime in dalton. La somma delle masse atomiche degli
atomi che compongono una molecola formano la massa molecolare.
Gli elementi che variano i loro neutroni sono detti isotopi. Isotopi dello stesso elemento hanno lo
stesso numero di protoni ed elettroni, differiscono come detto solo nei neutroni. Alcuni isotopi sono
instabili e decadono emettendo radiazioni, questi sono detto radioisotopi (questi isotopi sono usati
in medicina per gli esami a contrasto).
Gli elettroni si muovono sugli orbitali. Ogni orbitale contiene al massimo due elettroni. L’energia di
un elettrone dipende dall’orbitale che occupa (più vicini al nucleo = meno energia). Elettroni su
orbitali con energie simili formano il livello energetico principale formando il guscio elettronico. Gli
elettroni con maggior energia si trovano sull’orbita più esterna (guscio di valenza) è sono detti
elettroni di valenza. Un elettrone assorbendo energia si sposta su un orbitale più esterno,
perdendola si avvicina al nucleo. Quando il guscio di valenza non è completo l’atomo può acquisire
o rilasciare elettroni per completarlo. Questa proprietà rende i materiali molto o poco reattivi. I gas
nobili non sono reattivi in quanto il loro guscio è completo.
La densità di carica è la concentrazione di elettroni o protoni in una determinata zona. Gli elettroni
non si staccano. Tra le varie zone di densità di carica si instaurano legami di van der Waals o dei
legami a idrogeno. E’ una cosa temporanea.
Un composto chimico consiste in due o più elementi differenti combinati in un rapporto fisso (es:
acqua = idrogeno + ossigeno). Quando si combinano chimicamente si formano le molecole. Per
definire la composizione chimica di una sostanza si usa la formula chimica (semplice, molecolare o
di struttura).
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La mole è la quantità di composto la cui massa in grammi è equivalente alla sua massa atomica o
molecolare (es: 1 mole di acqua = 18 grammi). Una mole di ciascuna sostanza contiene sempre
esattamente lo stesso numero di unità, questo numero è detto numero di Avogadro.
In una reazione chimica ci sono reagenti e prodotti della reazione. Le reazioni possono essere anche
bilaterali fino al raggiungimento dell’equilibrio dinamico che ferma la reazione, o possono essere
reazioni reversibili.
Gli atomi di una molecola sono tenuti insieme da dei legami chimici. La rottura di un legame chimico
libera energia. Un legame si rompe con l’energia di legame. I principali legami chimici forti sono il
legame covalente e il legame ionico.
Il legame covalente (bassa differenza di elettronegatività) prevede la condivisione degli elettroni tra
gli atomi in modo che entrambi abbiano il guscio di valenza completo (legame per completare
l’orbita). Se con questo legame sono uniti due atomi di sostanze diverse si parla di composto
covalente. Se il legame prevede la condivisione di due elettroni tra due atomi si ha un legame
covalente semplice (si rappresenta con una linea tra i due simboli, es: H ---- H). Se si condividono
due coppie di elettroni si ha un doppio legame covalente (si rappresenta con due linee continue,
es: O == O). Se si condividono tre coppie di elettroni si ha un triplo legame covalente (tre linee).
Questo legame può essere simmetrico (elettroni condivisi al centro), o asimmetrico (polare,
elettroni non al centro ma verso uno dei due atomi).
L’ elettronegatività è la misura dell’attrazione di un atomo per gli elettroni all’interno dei legami
chimici. Se gli atomi di una molecola hanno elettronegatività uguale, il legame covalente sarà
apolare. Se è diversa sarà polare e tale legame presenterà due poli, uno negativo e uno positivo.
Una molecola con uno o più legami polari è definita molecola polare con due poli di carica opposta,
anche se nel complesso è elettricamente neutra.
Quando un atomo accetta o perde un elettrone diventa uno ione. Se perde un elettrone diventa
positivo ed è detto catione, se lo acquista diventa negativo ed è detto anione.
Un legame ionico (alta differenza di elettronegatività) si viene a formare come conseguenza
dell’attrazione tra carica positiva di un catione e quella negativa di un anione. Un composto ionico,
è una sostanza costituita da cationi e anioni legati mediante le loro cariche con segno opposto. In
acqua questi composti tendono a dissociarsi in quanto l’acqua è un solvente, la sostanza sciolta
diventa un soluto, questo processo è detto idratazione. Si verifica lo strappo dall’elettrone
dall’orbitale che crea ioni. Si crea un reticolo causa la reciproca attrazione. Esempio: il sale da cucina
Il legame a idrogeno è un legame debole. Si forma tra un atomo di idrogeno con carica parziale
positiva e un altro atomo con carica parziale negativa. Si rompono rapidamente. Si formano tra zone
di densità di carica. Molecole diverse si attraggono mediante le zone con poli opposti.
Le forze di van der Waals sono generate da molecole apolari. Si trovano anche nel citoplasma. Sono
molto deboli se singole.
Il trasferimento di un elettrone e la sua energia da una sostanza all’altra fa parte del processo di
ossido-riduzione (reazione redox). Se la sostanza perde un elettrone si parla di ossidazione, se lo
acquista si parla di riduzione. L’ossidante (ridotto) accetta elettroni, l’ossidato (riducente) li perde.
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La maggior parte degli organismi è costituita da acqua. L’acqua è un solvente e tra le sue molecole
c’è un legame covalente polare. In essa ci sono legami a idrogeno. Le molecole d’acqua sono molto
coesive (molto vicine tra loro) e adesive (si attaccano facilmente ad altre sostanze). Ha un’azione
capillare, cioè la tendenza a risalire in spazi stretti contro la gravità. Ha una grande capacità termica,
trattiene il calore immagazzinato e lo rilascia piano piano (spiegazione del clima mite nelle zone di
mare), abbassa la temperatura di un corpo (sudore per esempio), grazie alla coesività delle sue
molecole, quando ghiaccia diventa un ottimo isolante per la parte sottostante. Interagisce con le
sostanze idrofile che si sciolgono in essa e sono polari (es: gli ioni che sono ovviamente polari perché
carichi o negativamente o positivamente, o le molecole con densità di carica), non quelle idrofobe
che sono apolari. L’acqua possiede un grande calore specifico. Le molecole d’acqua hanno bassa
tendenza a ionizzarsi cioè dissociarsi in ioni.
L’aumento di temperatura di una sostanza comporta un aumento di energia termica che aumenta
l’energia cinetica. Il calore è la quantità totale di energia cinetica in una quantità campione di
sostanza, la temperatura è una misura dell’energia cinetica media delle particelle. Il calore di
evaporazione è la quantità di energia termica per far da liquido a gassoso 1 grammo di sostanza, la
caloria è la quantità di energia termica per innalzare di 1 C° 1 grammo d’acqua.
I composti organici sono quei gruppi composti da atomi di carbonio uniti da legami covalenti. Ne
esistono più di 5 milioni. Sono formati da macromolecole a loro volta formate da sub-unità più
semplici.
Un atomo di carbonio ha 4 elettroni di valenza e può formare quindi 4 legami covalenti. Gli
idrocarburi sono formati esclusivamente da carbonio e idrogeno e sono i composti più semplici del
carbonio, i loro legami covalenti sono apolari quindi non hanno regioni cariche. Gli idrocarburi sono
insolubili in acqua e si raggruppano mediante interazioni idrofobiche. Il carbonio forma scheletri
carboniosi con altri atomi di carbonio, può presentare doppi legami. I composti che hanno stessa
formula molecolare ma struttura differente (di conseguenza anche proprietà in quanto la forma è
strettamente collegata alla funzione di una molecola) sono detti isomeri (strutturali [differenziano
per disposizione covalente dei loro atomi], geometrici [differiscono per quanto riguarda il modo in
cui sono disposti spazialmente i loro gruppi, hanno doppio legame C-C] ed enantiomeri [sono due
molecole speculari tra loro]).
Le caratteristiche di una molecola variano quando uno o più atomi di idrogeno legati allo scheletro
carbonioso di un idrocarburo sono sostituiti da gruppi di atomi detti gruppi funzionali. Questi
determinano a quali reazioni chimiche possono partecipare i composti. I gruppi funzionali sono:
Lipidi
Glucidi (zuccheri o carboidrati)
Proteine
Acidi Nucleici (DNA e RNA)
Queste macromolecole sono tutte costituite da polimeri (insieme di monomeri che sarebbe l’unità
base, es: nel DNA il monomero è il nucleotide, nelle proteine è l’amminoacido). I polimeri si
degradano a monomeri mediate reazioni di idrolisi (es: nella digestione). I monomeri si legano
covalentemente con il processo di condensazione.
I carboidrati (o glucidi o zuccheri che dir si voglia), possono essere monosaccaridi, disaccaridi, o
polisaccaridi a seconda che contengano 1-2-3+ unità di zuccheri al loro interno.
I monosaccaridi contengono da 3 a 7 (quasi sempre 5 o 6) (struttura ad anello) atomi di carbonio
contenenti ciascuno un gruppo ossidrilico tranne uno che forma con un doppio legame un gruppo
carbonilico che in base alla sua posizione definisce un’aldeide o un chetone. Ne fanno parte il ribosio
e il desossiribosio che sono zuccheri con 5 atomi di carbonio (pentosi). Il glucosio (zucchero esoso =
6 atomi di carbonio) è il monosaccaride più abbondante è più utilizzato come fonte di energia.
La differenza tra ribosio (in figura a destra) e desossiribosio (a sinistra) è che al C2 manca una
molecola di ossigeno (desossiribosio), nel ribosio c’è il gruppo ossidrile OH al C2. Gli atomi di
carbonio si contano in senso orario e in questi due il C5 è sopra il piano.
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Fosfolipidi (base membrana biologica) [PIU’ IMPORTANTI]
Carotenoidi (fotopigmenti e antiossidanti) [NON IMPORTANTI]
I trigliceridi sono formati principalmente da grassi e oli che costituiscono una riserva di energia per
il corpo, si accumulano in tessuti specifici e sono isolanti. Sono una grande fonte di energia, infatti
un grammo fornisce il doppio di un grammo di zucchero o proteine. Formati da glicerolo (ha tre
atomi di carbonio) + 3 molecole di acidi grassi. Gli acidi grassi (gruppo COOH) possono essere saturi
o insaturi (senza o con doppio legame). A temperatura ambiente quelli saturi sono ordinati e solidi,
gli insaturi sono disordinati molecolarmente e sono liquidi. I saturi presentano deboli forze di van
der Waals. Gli insaturi presentano uno o più doppi legami (mono o poli insaturi).
I fosfolipidi sono simili ai trigliceridi
solo che una catena degli acidi grassi è
sostituita da un gruppo fosferico
negativo. Presentano un’estremità
idrofila e una altra idrofoba, per
questo sono lipidi anfipatici. Le teste idrofile vanno verso l’acqua, le code idrofobe verso l’interno
una contro l’altra. (Teste all’estremità, code all’interno opposte l’una all’altra, vedi immagine a lato:
teste tonde = blu, code = estremità nere). Sono l’unità costituente base delle membrane biologiche
(doppio strato di fosfolipidi) con legati sopra gli enzimi.
La coda contiene l’acido grasso, la testa è polare ed è costituita da glicerolo, fosfato e base organica.
In genere un fosfolipide è formato da una molecola di glicerolo attaccata da un lato a due acidi grassi
e dall’altro un gruppo fosfato.
Gli steroidi sono prodotti da ghiandole endocrine, hanno una struttura ad anelli fusi tra loro. Sono
vari tipi di ormoni tra i quali ricordiamo il colesterolo che diluisce o irrigidisce le membrane cellulari
a seconda della temperatura corporea. Il colesterolo infatti compatta gli acidi grassi connettendo
tra loro le code dei fosfolipidi.
Le proteine sono polimeri composti da 20 tipi di amminoacidi legati da un legame peptidico, sono i
componenti più versatili, fanno funzioni fondamentali: catalizzano le reazioni chimiche pur non
prendendone parte attivamente (enzimi), trasportano molecole nel sangue (emoglobina), regolano
l’ingresso e l’uscita nella cellula, attaccano virus e batteri (anticorpi), regolando lo sviluppo
traducendo stimoli, possono essere ormoni e neurotrasmettitori, hanno una funzione strutturale
(citoscheletro), creano flagelli facendo muovere le cellule, hanno anche una funzione di riserva di
energia. Sono contenute nelle cellule muscolari come miosina e actina.
Gli amminoacidi sono l’unità base delle proteine, hanno un gruppo amminico –NH2 e un gruppo
carbossilico –COOH legati ad un atomo di carbonio detto alfa. Questi due gruppi funzionali insieme
alla molecola di idrogeno compongono la parte costante di tutti e 20 i tipi di amminoacidi. Questi
sono differenziati infatti solo dalla variabile R detta parte specifica che detta anche le varie
caratteristiche (polarità, idrofila o idrofoba, negativi o positivi) e la forma (questa infatti viene
influenzata per esempio se la variabile è idrofoba e la proteina si trova a contatto con acqua).
Possiamo quindi dire che gli amminoacidi di una proteina si muovono e cambiando la struttura
tridimensionale in base a dove si trovano. Gli amminoacidi vengono quasi sempre assunti dal cibo
in quanto l’uomo non è in grado di sintetizzarli da solo, questi assunti dall’esterno sono detti
amminoacidi essenziali.
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Gli amminoacidi sono legati tra loro dai legami peptidici, si parla infatti di polipeptidi. Una proteina
è costituita da una o più catene polipeptidiche che hanno uno schema preciso che si ripete lungo
tutta la catena. Il legame si stabilisce tra il gruppo amminico NH2 e il gruppo COOH.
La struttura della proteina è data dalla
sequenza degli amminoacidi. Una proteina ha 4
livelli di struttura che formano una struttura
tridimensionale (piegandosi e ripiegandosi su
se stesse) che è fondamentale per far svolgere
la funzione alla proteina. Solo con la sola
struttura primaria, cioè la semplice catena di
amminoacidi, la proteina non funziona. I vari
livelli di struttura derivano dalla specifica
sequenza amminoacida. La struttura detta la
funzione biologica della proteina. In alcune regioni di un polipeptide si trovano le strutture
secondarie, i due tipi più comuni di questa struttura sono alfa-elica (base strutturale delle proteine
fibrose, grande elasticità) e beta-foglietto (grande flessibilità) che si formano con i legami a
idrogeno. Possono essere presenti entrambi i tipi di struttura secondaria contemporaneamente. La
struttura terziaria è la forma complessiva assunta da ciascuna catena polipeptidica. E’ una struttura
3D determinata da: formazione di altri legami a idrogeno e ionici, dalla tendenza di alcuni
amminoacidi ad andare verso l’esterno o l’interno (polare o apolare), formazione di legami covalenti
e interazioni idrofobiche. Può presentare il ponte disolfuro che è un legame. E’ influenzata anche
dall’ambiente. La struttura quaternaria deriva dalla disposizione tridimensionale delle catene
polipeptidiche. Ha origine dagli stessi fattori della terziaria. Un esempio è l’emoglobina che è
formata da 4 catene che contiene un atomo di ferro (eme) che si ossida o riduce dettando la
funzione legandosi all’ossigeno (l’eme è la struttura quaternaria).
Come detto la struttura detta la funzione della proteina (alterazioni della struttura portano a
mutazioni dell’attività biologica della proteina). Una proteina può avere due o più zone con una
propria funzione. Queste zone sono dette domini. Eventuali mutamenti di struttura sono detti
denaturazione della proteina che generalmente non è reversibile.
Ogni proteina, comprese quelle delle vescicole, ha un proprio target, la proteina riconosce il suo
luogo di sintesi grazie ai segnali di smistamento (corte sequenze di amminoacidi che dirigono la
proteina alla sua meta).
Gli enzimi (terminano con –asi) sono proteine che accelerano le reazioni chimiche pur non
partecipando attivamente ad esse. Sono dei catalizzatori biologici e non si modificano ne prima ne
dopo una reazione. L’insieme delle reazioni prende il nome di metabolismo cellulare, queste
reazioni esoergoniche (liberano energia) o endoergoniche (necessitano di energia per avvenire).
Entrambe comunque necessitano di energia di attivazione (minima nelle prime) [In breve Reagenti
+ energia di attivazione = prodotti (non si accelerano con l’aumentare della temperatura)]. Ogni
enzima è specifico di una reazione. Alcuni farmaci o tossine sono degli inibitori enzimatici che
bloccano degli enzimi e le loro reazioni. Gli enzimi devono il loro nome alla funzione che fanno.
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Nelle reazioni esoergoniche
l’enzima abbassa l’energia di
attivazione fornendo uno
specifico complesso enzima
substrato detto sito attivo che fa
entrare al suo interno solo i
reagenti specifici della reazione, orientandoli e formando legami temporanei tra loro.
Nelle reazioni endoergoniche gli enzimi accoppiano reazioni che liberano energia. In queste reazioni
c’è l’ATP che si può trasformare in ADP o AMP in base al numero di atomi di fosforo persi, questa
perdita rompe un legame che quindi genera energia. L’ADP o AMP torna ATP con reazioni
esoergoniche tipo la respirazione.
Il nostro organismo è
organizzato in vie
metaboliche che sono
degli insiemi di reazioni
chimiche (step che
portano a creare un
prodotto tramite
reazioni intermedie che
avvengono con enzimi
specifici). Possono
biforcarsi se in un determinato punto entra in gioco un enzima
diverso da quello prefissato, generando prodotti diversi. Il
corpo proprio a causa di questa duttilità, usa l’enzima che ha
a disposizione in quel momento per produrre vari prodotti.
Gli acidi nucleici (DNA e RNA – letteralmente acidi del nucleo)
sono molecole specifiche che immagazzinano e trasmettono
informazioni ereditarie e determinano quali proteine debbano
essere sintetizzate dalla cellula. Sono polimeri di nucleotidi
con legami fosfodiesterici tra il
gruppo fosfato al 5’ di un nucleotide
e l’OH posto al 3’ di quello
adiacente.
Il DNA costituisce i geni e contiene le istruzioni per sintetizzare le proteine
e l’RNA necessario. Un filamento di DNA può avere due orientamenti: 5’
se il gruppo fosfato in cima è libero. Per determinare l’orientamento (5’3’
o 3’5’) vedere se il gruppo fosfato libero sta sopra con conseguente
nucleotide libero sotto (5’) o no (3’). E’ formato da 2 filamenti
complementari, ha la forma di una doppia elica anti-parallela, i due
filamenti hanno polarità opposta data dall’orientamento anch’esso
opposto e si trova nel nucleo. Il linguaggio del DNA è composto solo da
ATGC (iniziali delle basi azotate). Può essere carico negativamente e le sue
proteine sono basiche. La distanza tra i due filamenti è sempre la stessa.
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L’RNA ha 1 solo filamento ripiegato su se stesso (nel tRNA alcuni tratti possono avere due filamenti),
ha come base azotata l’uracile al posto della timina, trascrive le informazioni del DNA in proteine. I
suoi nucleotidi sono tutti uguali con ribosio, cambia solo la base. I suoi nucleotidi si legano come
quelli del DNA (vedi sotto), idem per la base azotata situata in C1. Esistono tre tipi di RNA: mRNA
(messaggero), tRNA (di trasporto), rRna (ribosomiale). L’RNA è la copia di un pezzo di gene che
deriva dalla trascrizione di quel pezzo di DNA.
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CAPITOLO 3: ORGANIZZAZIONE DELLA CELLULA PROCARIOTA ED EUCARIOTA E
BATTERI
La cellula è l’unità più piccola in grado di svolgere tutte le attività vitali nonché il costituente degli
organismi viventi (un organismo è simile agli altri della sua specie, nasce, cresce, si mantiene in vita,
si riproduce e muore lasciando nell’ambiente le sostanze che lo compongono). Si studiano col
microscopio ottico (lenti), o quello elettronico (usa fasci di elettroni, più preciso). Tutte le cellule si
moltiplicano per scissione binaria (ogni cellula deriva da una già esistente). L’organizzazione delle
cellule contribuiscono al mantenimento dell’omeostasi, cioè di un ambiente interno in equilibrio e
appropriato. La dimensione e la forma delle cellule è collegata alla loro funzione. Gli organismi
possono essere unicellulari (non per forza procarioti) o pluricellulari (hanno cellule specifiche). Solo
i virus non sono cellule.
La cellula può essere di due tipi: procariota (più piccola e semplice) o eucariota.
La cellula procariota ha le seguenti
caratteristiche:
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per la respirazione e la fotosintesi si trovano vicino alla membrana. Nella cellula procariota, il
citoplasma contiene uno scheletro actino-simile. E’ la sede di tutte le attività della cellula.
La parete cellulare è rigida e resistente, difende da agenti chimici esterni e da temperatura (alta o
bassa) che può uccidere il batterio (in breve isola il batterio). E’ costituita da peptidoglicano (un
polimero complesso formato da due tipi insoliti di zuccheri, legati a corti polipeptidi), la sintesi di
questo è bersaglio degli antibiotici (medicinali specifici solo per infezioni batteriche). La parete evita
anche la lisi della cellula con il passaggio dell’acqua (pressione osmotica). Esistono anche batteri
senza parete cellulare e sono detti micoplasma e sono una via di mezzo con i funghi.
I batteri si classificano in base
alla forma in:
Autotrofi, se sintetizzano tutti i nutrimenti da soli (CO2, ioni minerali, acqua), sfruttando
solo molecole inorganiche
Eterotrofi, se utilizzano sostanze di altri organismi per produrre i nutrimenti e quindi
energia. Usano molecole organiche
A questa segue un’ulteriore suddivisione in:
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Ha un DNA più complesso con più geni e più lungo situato nel nucleo, uguale in tutte le
cellule dei pluricellulari. La differenziazione delle cellule è data dalla differente espressione
dei geni nelle varie cellule, si esprimono infatti solo i geni necessari a una determinate
funzione. Questa espressione può essere regolata anche dagli stimoli dei recettori
Non tutte le cellule si replicano alla stessa velocità (cellula epiteliale = grande e veloce
replicazione, cellule celebrali = piccola e lenta replicazione). Ogni cellula subisce stimoli
positivi o negativi (riproduzione o no) che ne regolano la riproduzione, ogni cellula infatti
non si riproduce da sola, lo fa solo se soggetta a certi stimoli (se questi stimoli non sono in
equilibrio c’è una riproduzione errata che genera le masse tumorali)
Ha organuli specializzati in determinate funzioni (vedi sotto per descrizioni specifiche)
Il nucleo è separato dalla membrana nucleare e comunica con il citoplasma
Il materiale gelatinoso all’interno del nucleo è chiamato nucleoplasma
Ha membrane citoplasmatiche, ogni membrana delimita una zona della cellula (vedi sotto
la suddivisione), ogni zona svolge una funzione e contiene determinati organelli
Il suo citoplasma, localizzato all’interno della membrana plasmatica, si divide in tre
porzioni: citosol, citoscheletro (3 tipi di tubuli) e organuli cellulari (ribosomi [unità
maggiore e unità minore], sistema di endomembrane e organuli semiautonomi)
Gli organuli semiautonomi sono: mitocondri e perossisomi (la vegetale ha anche i
cloroplasti)
Quella animale non ha parete cellulare (la vegetale si)
Le cellule con caratteristiche simili (stessi geni attivi espressi) si organizzano in tessuti, i
tessuti creano gli organi (insieme di tessuti organizzati) che a loro volta creano gli apparati
(insieme di organi). Un organo può presentare diversi tipi di tessuti (liscio, striato ecc.).
Tutte le cellule sono collegate e comunicano tramite ormoni, enzimi ecc.
Il sistema di membrane interno (o endomembrane) (approfondito a pag.18/19) è formato da:
Apparato di Golgi
Involucro nucleare
Reticolo endoplasmatico liscio o rugoso
Lisosomi
Vacuoli (mantengono omeostasi espellendo l’eccesso di acqua)
La suddivisione in zone della cellula con le membrane permette un aumento di superficie con gli
enzimi, la creazione di ambienti specifici e suddivide le funzioni.
Come detto, le membrane
plasmatiche dividono la cellula in
zone (cioè organuli in zone
precise), questa divisione
permette anche l’avvenimento di
più attività cellulari
contemporaneamente. Ogni
membrana è semipermeabile
(massimamente permeabili per
piccole molecole apolari quindi
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idrofobiche, se polari passaggio più lento), caratteristica che permette e regola l’ingresso e l’uscita
di sostanze dalla cellula, mediante anche processi di trasporto e proteine di trasporto (intervengono
nella diffusione facilitata) (due tipi: Carrier e Canale). Le proteine carrier, dette anche trasportatori,
legano lo ione o la molecola e subiscono cambiamento conformazionali. Ha due forme di trasporto
che differiscono per capacità e fonti energetiche. Le principali sono i trasportatori ABC. Le proteine
canale invece, formano dei tunnel detti pori attraverso le membrane. Questi canali possono essere
aperti e chiusi a seconda degli stimoli ricevuti. Si ricordano di queste le porine.
Scendendo nel dettaglio, vediamo che, i meccanismi di trasporto attraverso la membrana
plasmatica sono (solo per molecole piccole):
Trasporto Passivo
(diffusione semplice,
mediata da canali,
mediata da vettori) (senza
energia, secondo
gradiente quindi in modo
spontaneo da dove è di più
a dove è meno. Se il
gradiente, quindi la
differenza di
concentrazione tra le due
zone sparisce creando equilibrio, questo trasporto si ferma)
Trasporto Attivo (con energia, contro gradiente). Interessa molecole polari e ioni che non
possono passare facilmente causa code idrofobiche della membrana. E’ primario o
secondario.
La diffusione semplice riguarda solo le sostanze apolari (gas, ossigeno ecc.) e si svolge secondo
gradiente.
La diffusione mediata da canali riguarda le proteine e i loro canali proteici (sostanze polari)
La diffusione mediata da vettori riguarda sostanze specifiche. Usa infatti delle proteine che sono
specifiche per una e una sola sostanza e fa passare solo questa. I vettori usati quindi, sono delle
particolari proteine di membrana.
Queste ultime due diffusioni fanno parte della diffusione facilitata.
I processi di entrata e uscita possono essere:
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L’endocitosi si divide in: fagocitosi (particelle solide), pinocitosi (particelle liquide), endocitosi
mediata da recettore (ingestione specifica di
molecole). Le tappe di tale processo sono:
membrana plasmatica endosoma
lisosoma.
Le tappe dell’esocitosi sono: reticolo
endoplasmatico apparato di Golgi
membrana plasmatica.
In breve: l’endocitosi prevede l’inglobamento
della sostanza che deve entrare da parte della
membrana tramite una vescicola che poi si rompe all’interno della cellula e libera la sostanza.
L’esocitosi invece prevede la formazione di una vescicola interna che poi si attacca alla membrana
e si rompe fuori, facendo uscire la sostanza dalla cellula.
Il passaggio di acqua invece è detto osmosi (è un trasporto passivo quindi non richiede energia) ed
è regolato dalla pressione osmotica. Una soluzione può essere ipertonica o ipotonica rispetto ad
un’altra (concentrazione soluti superiore o inferiore). Se la concentrazione è identica la soluzione
sarà isotonica. La non esplosione della cellula causata dall’ingresso di acqua, è causata dalla
pressione di turgore. L’osmosi bilancia quindi la quantità di solvente e soluto e bilancia la
concentrazione di soluti negli ambienti intra- ed extra-cellulari.
Le membrane permettono anche l’immagazzinamento di energia. Tra i due lati della membrana c’è
una differenza di carica elettrica.
Ogni membrana presenta dei
recettori (vedi sotto per
approfondimento) sulla propria
superfice che permettono
l’organizzazione e la
comunicazione. Hanno proteine di
membrana intrinseche (se
attraversano il doppio strato, sono anche dette integrali, possono essere monopasso o multipasso,
cioè se attraversano in maniera lineare o con dei ripiegamenti il doppio strato) o estrinseche (dette
anche periferiche, non attraversano il doppio strato, restano attaccate all’interno o all’esterno della
membrana, possono essere rimosse facilmente dalla membrana). Presenti anche proteine ancorate
legate covalentemente ai lipidi. Queste proteine hanno diverse funzioni (funzione di recettori,
ancoraggio, funzione di trasporto, identificatore antigeni ecc.). Alcune proteine sono enzimi
catalizzatori. Ogni membrana plasmatica eucariota (manca infatti in quella procariota) ha il
colesterolo che ne regola la fluidità (i fosfolipidi infatti si muovono nel doppio strato anche a causa
del turnover [ricambio di proteine e sostanze], il colesterolo li compatta o li stimola al movimento,
evitando lo sfaldamento della membrana). Presentano vescicole, piccole sacche di membrana che
si formano per gemmazione dalla membrana di un altro organulo e servono al trasporto di materiali,
anche da un organulo all’altro. Quella procariota in alcuni punti presenta dei mesosomi, punti in cui
si concentrano gli apparati enzimatici coinvolti nel metabolismo energetico.
Ogni membrana è formata da un doppio strato di fosfolipidi, i fosfolipidi che la compongono sono:
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Fosfogliceridi, derivati dal glicerolo
Sfingolipidi, derivati dalla sfingosina
Entrambi i tipi possono essere modificati aggiungendo ad essi dei carboidrati, formando cosi i
glicolipidi.
La membrana plasmatica è asimmetrica perché il suo interno è diverso dall’esterno (funzioni anche
diverse tra interno ed esterno). All’esterno infatti sono presenti degli zuccheri che servono ai
recettori, questi zuccheri infatti si legano alle proteine o ad altri zuccheri formando le glicoproteine
o i glicolipidi. Queste hanno funzione di adesione, di protezione e funzione di riconoscimento.
La membrana plasmatica è un mosaico fluido e può unire diversi due tipi diversi di cellule. Infatti se
mettiamo a contatto due tipi di cellule diverse (una dell’uomo e una di un cane per esempio), le
proteine delle due si distribuiranno casualmente nella cellula risultante, mescolandosi senza alcun
problema. Quindi questo conferma che le proteine nella membrana sono in movimento e possono
cambiare continuamente posizione, confermando la struttura a mosaico fluido.
I recettori presenti sulla membrana plasmatica (delle cellule bersaglio) sono detti anche proteine di
membrana, e ricevono quattro tipi di segnali che arrivano al nucleo:
15
plasmatiche concentriche (esterna e interna, quella esterna è rivestita di ribosomi, quella interna è
adensa alla lamina nucleare), queste membrane presentano delle interruzioni nelle quali ci sono i
pori nucleari che permettono la comunicazione tra il nucleo e il citoplasma (trascrizione e
traduzione). Il poro regola inoltre l’entrata e l’uscita di sostanze dall’involucro cellulare grazie ai
complessi del poro. Ciascun poro infatti è occupato da un macrocomplesso proteico detto proprio
complesso del poro. All’interno del nucleo c’è il nucleolo (possono esserci anche più nucleoli), che
entra in gioco nella trascrizione dell’RNA ribosomiale che poi darà vita ai ribosomi (vedi
organizzatore nucleolare dei cromosomi). Il nucleo controlla la sintesi proteica (contiene infatti nei
geni tutte le informazioni per produrre tutte le proteine necessarie) trascrivendo l’informazione del
DNA in molecole di mRNA (RNA messaggero) che poi vanno nel citoplasma dove vengono
sintetizzate le proteine.
Il nucleo contiene DNA associato con delle proteine, questo complesso filamentoso viene chiamato
cromatina. La cromatina quindi, non è altro che l’insieme di DNA + Proteine necessarie per far
entrare nel nucleo la lunga molecola di DNA (senza questa compressione infatti, il DNA non
potrebbe mai entrare in uno spazio così piccolo). La struttura di base della cromatina è il
nucleosoma. La cromatina può essere eucromatina (attiva, meno compatta perché può essere
trascritta) o eterocromatina (più compatta, non attiva, si divide in eterocromatina facoltativa che
contiene tratti di DNA non trascritti subito ma solo al momento necessario, e in eterocromatina
costituitiva che comprende tratti di DNA che non vengono mai trascritti.). La cromatina si addensa
presso l’involucro nucleare a causa della lamina nucleare (è una proteina).
Fasi della compattazione del DNA con conseguente creazione del cromosoma (si parte ovviamente
dal DNA come doppia elica di nucleotidi):
1. DNA come doppia e
lunga elica di nucleotidi
(A in figura)
2. Creazione della
cromatina: DNA +
Proteine compattati,
formata da nucleosomi
(unità base della
cromatina. Un
nucleosoma è formato
da un ottamero, cioè
quattro proteine
basiche (2 per tipo
nell’ottamero) dette
istoni (H2A, H2B, H3,
H4) che formano una “torta”, intorno alla quale si va ad avvolgere la doppia elica negativa
del DNA (146 nucleotidi per ogni ottamero)
3. I nucleosomi sono uniti tra loro dal DNA Linker e formano la struttura “a collana di perle”
(B in figura)
16
4. I DNA Linker si associano tra loro grazie all’istone H1 che ripiega la collana e crea il
solenoide. Ogni spira di solenoide ha un diametro fisso e contiene 6 nucleosomi (C in
figura)
5. Il solenoide si avvolge (ripiega) sempre più grazie alle proteine Scaffold, compattandosi
sempre più e formando anse e superanse (D ed E in figura)
6. La parte più compatta prende il nome di cromosoma. (F in figura)
Come detto quindi, un cromosoma è la parte
più compatta del DNA (e della cromatina
ovviamente). Di base esso è formato, cosi come
la creatina che è la sua forma più “larga”, da
DNA + Proteine. E’ formato da due strutture
bastoncellari dette cromatidi (i due cromatidi
hanno informazioni uguali) unite tra loro dal
centromero (o costrizione primaria, è uno
strozzamento, alla sua altezza sono presenti
due bottoni proteici detti cinetocori ricchi di
proteine motrici). I due cromatidi sono tenuti
insieme da una proteina denominata coesina. A
seconda di dove si trova tra i due cromatidi, il centromero detta la lunghezza dei due bracci: se è
metacentrico i due bracci saranno uguali, se è sub-metacentrico (cioè verso una delle due estremità)
allora si avrà un braccio lungo e un braccio corto, se invece è acro-centrico (centromero in alto)
allora si avrà un solo braccio in quanto l’altro sarà praticamente invisibile. Quando il cromosoma si
scinde, la divisione avviene proprio all’altezza del centromero. All’estremità dei due cromatidi ci
sono i telomeri che non contengono informazione genica (questa parte viene aggiunta nel processo
di duplicazione del DNA, serve per evitare che in caso di accorciamento, venga alterata la lettura
della parte codificante [nel caso infatti, si “taglia” proprio questa parte non codificante]) Un
cromosoma presenta anche una costrizione secondaria (o organizzatore nucleolare) che è la sede
della trascrizione dell’RNA ribosomiale, cioè in questo organizzatore è presente la parte di DNA (le
sequenze) usata per trascrivere l’RNA ribosomiale. Questo organizzatore si trova nei nucleoli.
Il cromosoma si vede solo se la
cellula è in fase di scissione,
quindi di duplicazione. Ogni
essere umano ha 46 cromosomi
(questo numero infatti varia a
seconda della specie),
organizzati in 23 coppie, in ogni
cellula somatica o diploide. Nelle
cellule aploidi (cellule
riproduttive o gameti. Sono le
uova e gli spermatozoi) questi
sono la metà in quanto il nuovo
organismo acquisirà gli altri 23
dall’altro genitore. Di questi 46
17
cromosomi, 44 (22 coppie) sono detti autosomi, gli altri 2 sono detti eterocromosomi o sessuali (XX
nella donna, XY nell’uomo).
I cromosomi sono numerati da 1 a 23 (in coppia) e ogni cromosoma ha una forma precisa dettata
dalla posizione del centromero. Ogni cromosoma ha un suo omologo col quale forma una coppia di
cromosomi omologhi (cromosomi uguali per forma, dimensione e posizione di gene, ogni gene
infatti è sempre sullo stesso cromosoma, può però variare la caratteristica espressa e trasmessa dal
gene, questo perché quando si uniscono i cromosomi dei due genitori, se questi hanno delle
caratteristiche diverse [esempio: colore capelli, occhi ecc.], queste saranno diverse tra i due
cromosomi che però codificano comunque la stessa parte del corpo, o per meglio dire la stessa
struttura). In una determinata posizione di un cromosoma (esempio il gene che codifica l’occhio è
sul cromosoma 1), ci sarà sempre localizzato il gene che codifica una determinata struttura (parte
del corpo), varierà solamente la caratteristica di questa (come detto il colore degli occhi per
esempio): questo avviene, come detto, se i genitori hanno caratteristiche diverse tra loro, in questo
caso si parla di alleli eterozigoti, se invece le caratteristiche sono uguali si parla di alleli omozigoti.
In breve: gene = struttura, localizzato sempre sullo stesso punto e sullo stesso cromosoma; allele =
caratteristica espressa e trasmessa del gene e della struttura (su ogni cromatide c’è lo stesso allele
allo stesso punto), può variare tra i due cromosomi, questo però non altera il fatto che sono
omologhi.
Se ci sono delle alterazioni nella formazione di coppie (cromosomi in più uguali o in meno) si
verificano, quasi sempre, delle patologie genetiche (sindrome di down ecc.). Ogni cromosoma ha
tanti geni, ogni gene è un pezzo di DNA (cioè una sequenza di nucleotidi), sono circa 80/100mila
nell’uomo. Ogni cellula ha una doppia copia di geni (una copia per cromosoma). Per verificare che
tutte le coppie siano regolari e che non ci siano mutazioni nei cromosomi, si usa il cariotipo (figura
tipo), che è l’insieme di tutti i cromosomi della cellula (si ottiene tramite l’esame del DNA che si può
estrarre dai globuli bianchi [i globuli rossi infatti non hanno nucleo causa la loro forma] o dal liquido
amniotico se si tratta di un feto).
Una cellula diploide ha un corredo cromosomatico “2n” (2 cromosomi omologhi per 23 coppie).
Una cellula aploide/germinale ha
corredo cromosomatico “n” (23
cromosomi totali).
I ribosomi possono essere liberi
nel citoplasma o attaccati alle
membrane del Reticolo
Endoplasmatico (di seguito
indicato come “RE”) Rugoso
(caratteristica ovviamente solo
della cellula eucariota visto che è
l’unica a possedere tale struttura).
Sono molto piccoli (quelli
procarioti più piccoli rispetto agli
eucarioti), sono costituiti da rRNA
(RNA Ribosomiale) e proteine. Sono formati da due sub-unità, quella maggiore e quella minore.
18
L’rRNA viene prodotto da sequenze specifiche che di DNA che si trovano nel nucleolo (nella cellula
procariota, non essendoci nucleo ne compartimenti, la produzione e la sua funzione avviene tutto
nello stesso posto). I ribosomi sono la sede della traduzione del DNA, cioè la sintesi proteica (come
sappiamo infatti, nel DNA sono contenute le informazioni per sintetizzare tutti i tipi di proteine
necessari alle cellule). I ribosomi hanno un sito specifico dove si attacca l’mRNA (RNA messaggero,
filo blu in figura) proveniente dal nucleo, questo viene usato come “stampo” per assemblare la
proteina codificata, inserendosi tra le due sub-unità del ribosoma. Un mRNA con tanti ribosomi
prende il nome di polisoma (solo nel citoplasma). I ribosomi contengono l’enzima necessario alla
formazione di legami peptidici. L’RNA ribosomiale NON partecipa alla sintesi proteica in quanto è
solo il costituente dell’organulo, il messaggio e la sintesi della proteina dipende SOLO dall’RNA
messaggero. Un mRNA viene tradotto da più ribosomi allo stesso tempo (l’insieme di mRNA e più
ribosomi insieme si chiama polisoma), questo processo serve per produrre più copie della stessa
proteina (in verde in figura) allo stesso tempo con minor uso di energia. Un ribosoma ha tre siti
specifici per i tRNA.
Gli altri organuli che la cellula eucariota possiede sono:
Modificare il contenuto
delle vescicole del RER
(queste vescicole
contengono proteine [il
contenuto delle
vescicole si chiama
cargo proteico]
prodotte nel RER che
quindi vengono
modificate nel Golgi,
l’aggancio delle
vescicole avviene nella
zona Cis)
Immagazzinare alcuni
prodotti
Inviare le vescicole dopo la modifica alla loro zona di destinazione (visto che si tratta di
proteine sintetizzate nel RER, la loro destinazione sarà o la secrezione, o la membrana se
si tratta di proteine di membrana o i lisosomi se si tratta di enzimi lisosomiali, questo invio
avviene nella zona Trans) (le vescicole contenenti proteine secretorie riverseranno il loro
contenuto fuori dalla membrana una volta aderite ad essa)
Formazione dei lisosomi primari (questi poi subiranno delle modifiche e daranno vita ai
lisosomi secondari, cioè alla forma finale che poi demolisce i composti)
In breve, il Golgi processa, smista e modifica le proteine.
I lisosomi sono dei vacuoli rivestiti da membrana (generati dalla gemmazione della faccia trans del
Golgi) che contengono enzimi litici o digestivi (litici perché rompono i composti, sono gli enzimi
20
lisosomiali) che demoliscono sostanze. Questi enzimi che, come detto, sono prodotti nel RER e
modificati nel Golgi, arrivano nei lisosomi tramite vescicole. I lisosomi permettono la digestione del
materiale introdotto nella cellula per fagocitosi (materiali grossi e solidi). Gli enzimi (sono idrolitici)
che posseggono (ogni enzima demolisce una sostanza specifica indicata di seguito dopo la freccia),
hanno pH acido (valore di pH mantenuto intorno a 5 grazie a una pompa protonica ATP-, senza
questo valore gli enzimi idrolitici non funzionano) e sono i seguenti:
Glicosidasi carboidrati
Peptidasi legami peptidici
Desossiribonucleasi acidi nucleici (DNA)
Ribonucleasi acidi nucleici (RNA)
Fosfatasi acidi nucleici (gruppi fosfati)
Oltre alla funzione digestiva, i lisosomi eliminano organuli cellulari non più funzionanti (autofagia),
e partecipa al rimodellamento cellulare.
I perossisomi entrano in gioco solo con ciò che contiene H2O2 (perossido di idrogeno o più
comunemente acqua ossigenata), e contengono i seguenti enzimi che svolgono le relative funzioni:
21
Una molecola circolare di DNA (chiamata DNA/cromosoma mitocondriale, trasmesso solo
dalla madre)
Ribosomi (sintetizzano solo determinate proteine)
I mitocondri sono la centrale energetica, cioè dove si crea l’ATP che è la fonte principale di energia
del corpo. I mitocondri sono liberi nella cellula e si addensano dove c’è bisogno di più energia in
quel momento.
Nei mitocondri viene:
Glicolisi (nel
citoplasma,
con o senza
ossigeno)
Formazione
dell’Acetil
CoA (acetil
coenzima A)
in
22
preparazione del ciclo dell’acido citrico o della fermentazione (nei mitocondri)
Ciclo dell’acido citrico detto anche Ciclo di Krebs (nei mitocondri)
Trasporto degli elettroni e sintesi chemiosmotica dell’ATP (nei mitocondri) (catena di
trasporto)
Vediamo nel dettaglio queste fasi:
1. Il primo step è la glicolisi, nella quale il glucosio viene ossidato e, alla fine di diverse
reazioni che avvengono in base agli enzimi presenti in quel momento, dà come prodotto 2
molecole di acido piruvico (detto anche piruvato, ogni molecola ha 3 atomi di carbonio).
Questo step avviene in presenza o in assenza di ossigeno nel citoplasma. Da questa fase si
crea anche il coenzima NADH che ritroveremo negli step successivi
2. Il piruvato subisce la decarbossilazione ossidativa che lo prepara al Ciclo di Krebs o alla
fermentazione a seconda se avviene in presenza di ossigeno oppure no. La fermentazione
si ha in mancanza di ossigeno e può essere lattica (se il piruvato diventa acido lattico) o
alcolica (se il piruvato diventa etanolo). La fermentazione è di scasa efficienza nell’uomo
perché crea pochissimo ATP da una molecola di glucosio (solo 2 rispetto alle 36/38). Se
invece il processo ossidativo avviene con presenza di ossigeno, il piruvato si trasforma in
Acetil CoA (acido citrico) reagendo con il coenzima A, ed entra nel Ciclo di Krebs (ricorda,
solo l’acido citrico entra nel ciclo di Krebs!).
3. Il Ciclo di Krebs comprende numerose reazioni (otto fasi catalizzate da enzimi specifici).
Alla fine di queste si formano i coenzimi ridotti NADH e FADH2 che saranno fondamentali
nell’ultimo step. Il Ciclo di Krebs, di per se, produce, cosi come la glicolisi, poco ATP.
4. NADH e FADH2 (il processo è uguale per entrambe solo che gli elettroni del FADH2 entrano
dal secondo complesso enzimatico, non dal primo come quelli del NADH. Di seguito sono
descritti i passaggi del NADH) vengono ossidati e questo processo rompe il legame tra NAD
e lo ione H+, liberando elettroni. Gli elettroni liberati entrano nel primo complesso
enzimatico e successivamente passano da complesso a complesso generando, con questo
movimento,
energia (nel
complesso 4
avviene una
reazione che
genera acqua
riducendo
l’ossigeno
molecolare).
Questa
energia
generata
permette ai
complessi di far passare gli ioni H+, liberati in precedenza dal NADH, dalla parte inferiore
a quella superiore della membrana interna. Questi ioni H+ si accumulano secondo
gradiente protonico (gradiente chemiosmotico, cioè l’accumulo di ioni H+ nella parte
superiore). Per tornare nella parte inferiore della membrana, questi ioni passano
attraverso l’ATP Sintetasi (quinto e ultimo complesso enzimatico) che, ad ogni ione H+ che
23
entra, si modifica (ruota). Ad ogni rotazione, questo complesso libera ATP unendo una
molecola di ADP e un gruppo fosfato P’ che si sono formati in precedenza (ADP + P = ATP).
Alla fine di questi processi, per ogni molecola di glucosio si formano 36/38 (2 dalla glicolisi
+ 2 dal Ciclo di Krebs + 32/34 dell’ultimo step) molecole di ATP. Da ogni NADH = 3ATP – Da
ogni FADH2 = 2ATP
Le Giunture Cellulari coordinano e uniscono le cellule di un tessuto, al fine di farle lavorare tutte in
sintonia e in modo funzionale. Ogni cellula di un tessuto è poggiata su una lamina basale che è una
sorta di foglietto che fa
appunto da base per le
cellule. Le giunture
cellulari possono essere:
Giunzione stretta o occludente, si trovano tipicamente nell’intestino (ma non solo), prevede
cellule sigillate tra loro che non permettono il passaggio di sostanze. Nell’intestino ad
esempio, evitano che le sostanze assorbite dal cibo si disperdano nell’organismo, queste
infatti devono andare prima nella matrice extra-cellulare e poi arrivare nella circolazione
sanguigna
Giunzione aderente e Desmosomi, uniscono le cellule legando i filamenti di actina (aderenti)
o i filamenti intermedi (desmosomi) delle due cellule tra loro, collegano funzionalmente le
cellule (cioè le cellule legate fanno esattamente tutte la stessa cosa) permettendo, ad
esempio, movimenti simultanei
Giunzioni Gap o comunicanti, strutture con canali che fanno passare sostanze con un
determinato peso molecolare, tipiche del sistema epatico
Emidesmosoma, ancora i filamenti di actina di una cellula alla lamina basale, collega cioè le
cellule alla lamina
I primi quattro tipi di giunzione prevedono un collegamento tra citoscheletri e sono un tipo di
adesione cellula-cellula.
La matrice extra-cellulare è lo spazio vuoto attorno alle cellule, riempie questo spazio e influenza le
funzioni dei tessuti immersi in essa, la matrice infatti contiene dei fattori che alterano le funzioni
svolte dai tessuti (migrazione, proliferazione, forma ecc.). In base a dove si trova, la matrice vede
variare le sue caratteristiche (è rigida nelle ossa per esempio, elastica nelle cartilagini ecc.), questo
succede perché la matrice è prodotta dalle cellule immerse in essa. Facilita i trasferimenti di
sostanze (vedi digestione) ed è molto abbondante nei tessuti connettivi. Al suo interno contiene
proteine strutturali (collagene), proteine fibrose (fibronectina e laminina) e proteine glicosilicate
(formano un gel in cui ci sono le proteine fibrose).
Il Citoscheletro è una struttura dinamica che contribuisce al mantenimento della forma della cellula
e al suo mantenimento. E’ specifico solo della cellula eucariota e ha come funzione anche quella di
organizzare i vari organuli visto che irrigidisce la cellula (senza infatti la cellula non sarebbe rigida e
gli organuli si accumulerebbero tutti in una parte). Un’altra funzione è quella di permettere, grazie
anche alle giunzioni cellulari, il lavoro e il movimento di più cellule allo stesso tempo. Il citoscheletro
è altamente dinamico e cambia continuamente. E’ costituito da una fitta rete di tubuli fatti di
proteine filamentose; i suoi filamenti si dividono in tre tipi:
Microtubuli
24
Microfilamenti
Filamenti Intermedi
I microtubuli sono i filamenti più spessi, hanno come unità
base i dimeri di tubulina alfa e beta. Questi dimeri si
uniscono e formano dei cilindri cavi, questi possono essere
con struttura assonemale (se due microtubuli si
completano l’un con l’altro) o con struttura centricolare
(se i microtobuli che si completano a vicenda sono tre). Si
dividono in tre parti: testa, coda e cerniera. Hanno una
funzione strutturale e, data la loro dinamicità, partecipano
al movimento dei cromosomi durante la divisione
cellulare. Sono i principali costituenti di ciglia e flagelli
(vedi dopo per dettagli su questi). I microtubuli possono
essere allungati o accorciati aggiungendo o rimuovendo
dimeri. Hanno una polarità e le loro estremità sono
denominate più e meno. Ai microtubuli sono associate
diverse proteine (MAP) che si dividono in strutturali
(regolano l’assemblaggio dei microtubuli) e motrici
(generano il movimento utilizzando ATP). Il movimento
degli organuli verso l’estremità positiva dei microtubuli è dovuto dalla chinesina, il movimento verso
la parte negativa invece è dovuto alla dineina.
I microtubuli per espletare le loro funzioni si devono ancorare ad altre parti della cellula, nella cellula
animale che non si sta dividendo, si ancorano nel centro di organizzazione dei microtubuli (MTOC)
che sarebbe il centrosoma (struttura che contiene due centrioli), questo centrosoma è quindi anche
l’origine dei microtubuli.
Un’impalcatura di microtubuli denominata assonema forma lo scheletro di ciglia e flagelli.
Durante la divisione cellulare, i microtubuli formano il fuso mitotico/meiotico.
I microfilamenti sono filamenti flessibili, formati da molecole di actina che si uniscono e formano
strutture di F-Actina (hanno forma a spirale) che formano fasci di fibre a 2 filamenti che
conferiscono il supporto meccanico a diverse strutture cellulari. L’actina permette il movimento
ameboidale della cellula. Questo movimento è generato dal rapido assemblaggio e disassemblaggio
di questi filamenti. Grazie proprio a questi filamenti, le cellule impazzite come quelle tumorali,
riescono a muoversi per tutto il corpo tramite i vasi sanguigni. In alcune cellule, c’è una rete di
microfilamenti subito sotto la membrana, questa prende il nome di cortex cellulare. I filamenti di
questo cortex determinano la forma della cellula e sono importanti nel movimento. Nelle cellule
muscolari, questi microfilamenti sono associati a filamenti composti da miosina, l’ATP legato a
questa miosina permettono la contrazione.
I filamenti intermedi sono più stabili e resistenti rispetto agli altri due tipi e variano il proprio
costituente in base al tipo di cellula nel quale si trovano. Nel dettaglio (cellula specifica
costituente dei filamenti):
25
Cellule muscolari desmina
Cellule gliali (fanno parte del sistema nervoso) proteina acidi gliali
Cellule nervose proteina dei neurofilamenti
Questa differenza di costituente è dovuta alla diversità della funzione che la cellula svolge e che la
caratterizza.
I filamenti intermedi sono connessi ad altri tipi di filamenti mediante alcune proteine che formano
legami crociati e mediano l’interazione tra i vari componenti del citoscheletro.
Il movimento delle cellule è permesso dalla presenza di ciglia (appendici più numerose e corte) e
flagelli (una o poche appendici lunghe) (ricorda che il flagello della cellula eucariota è diverso da
quello della cellula procariota, vedi pagina 9 per dettagli di quello procariota). Il movimento
permesso dalle ciglia è a remo, quello invece permesso dal flagello è di tipo sinusoidale/ondulatorio
(tipico di movimento a sinusoide è quello fatto dallo spermatozoo).
Le cellule che si muovono con le ciglia sono quelle dell’apparato respiratorio (vie respiratorie aeree)
e delle tube.
Ciglia e flagelli
eucarioti sono
formati da 9
coppie di
microtubuli
disposti ad
anello
all’esterno
(queste
coppie hanno
struttura
assonemale), disposte intorno a una
struttura centrale formata da due microtubuli non appaiati (l’insieme di entrambe le parti si indica
come disposizione 9+2). La dineina collega le coppie esterne e permette il movimento tra
microtubuli tramite scivolamento usando ATP.
Il ciglio è ancorato alla cellula grazie al corpo basale che è fatto da 9 strutture centricolari (struttura
9x3).
Il citoscheletro permette anche la contrazione muscolare (la
contrazione volontaria è quella del muscolo striato, quello liscio si
contrare involontariamente, infatti il nostro apparato respiratorio
contiene entrambi i tipi).
I muscoli sono formati da fibre muscolari (figura a lato). Queste fibre
hanno tanti nuclei al loro interno con un unico citoplasma in comune
tra tutti. La striatura è data dalla sovrapposizione delle fibre di
miosina e quelle di actina, questa permette la contrazione. Il
sarcomero è l’unità di base del muscolo (il pezzo di muscolo preso
singolarmente, l’insieme di tutte le fibre situate tra le sue due
26
estremità) e subisce la contrazione (una successione di sarcomeri forma la miofibrilla). Nella
contrazione, questo si accorcia causa il ripiegamento delle teste di miosina. La contrazione
muscolare necessità di ATP. Il citoplasma dei muscoli è formato da miofibrille (fasci cilindrici di fibre
sottili di actina e miosina [la miosina è una proteina motrice]).
La duplicazione cellulare fa parte del processo di divisione cellulare, infatti è il processo che serve a
raddoppiare la quantità di DNA di una cellula per prepararsi poi alla divisone cellulare. I cromosomi
sono visibili quando la cellula si sta svolgendo questa operazione. Quando si parla di duplicazione
bisogna considerare la polarità dei due filamenti di DNA (ricorda, un filamento ha orientamento 5’3’,
l’altro 3’5’ [ricorda: al 5’ c’è un gruppo fosfato libero, al 3’ c’è un gruppo ossidrilico libero, infatti
ogni nucleotide legato con legame fosfodiestre ha il C3 impegnato col C5 di quello successivo, la
polarità si vede in base a dove è libero]), infatti gli enzimi che ne prendono parte hanno un
determinato verso. Nella duplicazione vengono duplicati entrambi i filamenti della doppia elica. La
duplicazione ha tre caratteristiche, infatti è semiconservativa, semidiscontinua e bidirezionale. E’
semiconservativa perché la cellula figlia avrà un elica di DNA della cellula madre e una neoformata,
i filamenti neoformati si accoppieranno con quello vecchio che ha orientamento opposto.
Ogni cellula ha una durata vitale ben precisa, ogni cellula infatti in questo periodo di vita, affronta il
cosiddetto ciclo cellulare, questo ciclo è costituito da due fasi fondamentali: interfase e la fase di
divisione cellulare. L’interfase è a sua volta divisa in: fase G1, fase S e fase G2, dopo queste tre la
cellula si divide con la Mitosi (fase M). Ogni tipo di cellula ha un ciclo cellulare di durata diversa.
Le cellule si dividono per tanti motivi: per esempio, quando c’è un danno/ferita, si divide per ricucire
il danno, oppure si dividono quando raggiungono dimensioni troppo grandi e il nucleo non riesce a
gestire più tutta la cellula e cosi via.
Nella fase S (fase di sintesi), avviene la sintesi del DNA, cioè la duplicazione del DNA. Le fasi G1 e G2
(dette anche fasi Get-One e Get-Two) sono fasi di stasi nelle quali la cellula prepara tutto ciò che
serve per le fasi successive (la G1 prepara per la duplicazione del DNA (fase S), la G2 per la Mitosi
(fase M)) raccogliendo proteine, enzimi ecc. che serviranno successivamente.
Tornando alla duplicazione del DNA, bisogna tenere a mente che le basi azotate delle due eliche
sono complementari tra loro.
Per prima cosa, vengono rotti i legami a idrogeno che legano le basi azotate della doppia elica,
questo porta all’apertura di quest’ultima. Successivamente, un enzima va a inserire il nucleotide
che ha la base complementare a quella originale e si crea un filamento complementare a quello
vecchio con polarità opposta, ristabilendo una doppia elica con un filamento nuovo e uno vecchio
(semiconservatività). Questo enzima che lega i nucleotidi (nucleotidi complementari con quelli
vecchi) formando legami fosfodiesteri tra loro si chiama DNA Polimerasi (letteralmente “creatore
di polimeri di DNA”), questo enzima lega un nucleotide con 5’ libero al 3’ (OH) di quello precedente
(ricorda che un enzima sa fare solo una e una sola funzione).
27
In breve (questo vale solo per la catena veloce che ha orientamento 3’5’):
1. Si rompe la doppia elica di DNA originale, rottura provocata dall’ enzima detto elicasi
(l’elicasi apre la doppia elica in una sola direzione (possono esserci più elicasi
contemporaneamente, vedi bidirezionalità), ( effetto stile cerniera lampo per capirci) (ogni
filamento farà da stampo a quello neonato)
2. Arriva il DNA Polimerasi che si lega all’elica vecchia
3. Il DNA Polimerasi “recluta” i nucleotidi che sono complementari (dNTPs) a quello dell’elica
vecchia e li lega formando legami fosfodiesteri, la catena cresce solo nel verso 5’3’ per il
DNA Polimerasi sa attaccare nucleotidi solo in quella direzione, leggendo sempre i
nucleotidi dell’elica stampo (il filamento avrà direzione e verso uguali a quelli dell’elicasi)
Il fatto che il DNA Polimerasi sa attaccare nucleotidi solo nel verso 5’3’ crea un problema quando si
va a copiare l’altro filamento (infatti sappiamo che la doppia elica è composta da due filamenti che
hanno orientamento opposto): premesso che la polarità si vede sempre nella direzione nella quale
l’elicasi apre la doppia elica (basta vedere dove si lega il nuovo filamento fatto dal DNA Polimerasi
che sarà per forza 5’3’ quindi si legherà con quello 3’5’ originale, questo filamento sarà più facile da
creare e prende il nome di filamento continuo o veloce (leading chain, copia nella stessa direzione
dell’elicasi, infatti il verso durante la duplicazione va visto sempre nel verso dell’elicasi) e si forma
man mano che l’elicasi rompe i legami), il problema lo avremo quando si andrà a creare il filamento
complementare a quello di verso opposto. In questo caso entra in gioco la semidiscontinuità. Il
secondo filamento infatti, sarà discontinuo (elica lenta o lagging strand, ricorda che questa copia
in direzione opposta all’elicasi) (fattore dovuto al fatto che la DNA Polimerasi non sa creare un
filamento 3’5’). Per fare ciò entra in gioco un enzima chiamato primasi, questo enzima
produce/sintetizza pezzetti di RNA complementari al pezzo di DNA al quale si legano ed hanno un
3’(OH) libero. Questo permette al DNA Polimerasi di entrare in gioco, legandosi a questi pezzetti di
RNA (Primer), e aggiungendo nucleotidi sempre nella direzione 5’3’ come sa fare. Questo forma il
secondo filamento che avrà verso opposto all’apertura dell’elicasi. Questo filamento quindi è
composto da tanti frammenti di DNA creati dal DNA Polimerasi detti filamenti di Okazaki che si
uniscono ai Primer di RNA creati dalla primasi (la primasi agisce su entrambi i filamenti, solo che nel
caso del primo filamento fornisce solo il primo 3’(OH) e fa partire il processo). Questi Primer di RNA,
visto che a noi interessa una doppia elica di DNA, dovranno essere rimossi. Per fare ciò, si sfrutta
l’attività esonucleasica che alcuni DNA Polimerasi posseggono, cioè la capacità di staccare i
nucleotidi: la DNA Polimerasi con questa capacità, si lega a questi Primer e torna indietro, cioè
sostituisce il nucleotide di RNA con uno di DNA e cosi via per tutto il filamento. A questo punto si
hanno tanti pezzi di DNA che devono essere legati, questo avviene grazie all’enzima ligasi che lega
tutti i frammenti (sia quelli di Okazaki che quelli ottenuti dalla sostituzione dell’RNA) e forma un
unico filamento formando i legami fosfodiesteri.
________________________________________________________________________________
In breve tutto il processo di duplicazione è il seguente:
1. Doppia elica di partenza con filamenti complementari e di verso opposto
2. Azione dell’elicasi che taglia i legami a idrogeno con bolla/forcella di replicazione (la
forcella è il punto di start dell’elicasi, si apre e fa partire elicasi in entrambi i versi) che apre
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l’elica in una
direzione
precisa che
darà poi anche
il verso col
quale leggere
l’orientamento
dei due
filamenti
3. Delle proteine
dette SSBP
(single strand binding protein) evitano che i due filamenti tagliati si ricompattino legandosi
con i singoli filamenti (non fanno ricreare i legami a idrogeno)
4. Entra in gioco la primasi che sintetizza un unico pezzettino di RNA sul filamento veloce
(quella 3’5’ che si copierà facilmente perché la DNA Polimerasi sa fare la catena 5’3’
complementare), questo fornirà il primo 3’ (OH) che darà il via alla creazione del nuovo
filamento (filamento veloce, verso uguale a quello dell’elicasi)
5. La duplicazione della catena/elica lenta (filamento discontinuo) avverrà più lentamente,
in verso opposto a quello dell’apertura: tutto inizierà da una serie di Primer (primer =
innesto) di RNA creati dalla primasi, a questi si attaccherà la DNA Polimerasi che inserirà
un nucleotide complementare formando i frammenti di Okazaki (frammenti di DNA creati
dalla DNA Polimerasi), successivamente la DNA Polimerasi con funzione esonucleasica
staccherà i nucleotidi di RNA e metterà al loro posto nucleotidi di DNA, tutti questi pezzetti
DNA saranno infine legati dalla ligasi che completerà l’elica formando i legami
fosfodiesteri.
________________________________________________________________________________
Ciò dimostra la semidiscontinuità della duplicazione: infatti un filamento viene copiato senza
problemi (catena veloce) mentre l’altro è più lento e prevede una copiatura discontinua e più
complessa (su quello veloce la DNA Polimerasi agisce in modo continuo, su quello lento agisce in
maniera discontinua perché crea dei pezzetti che poi verranno uniti).
La duplicazione è anche bidirezionale perché la doppia elica si apre in più punti per velocizzare il
processo che potrebbe durare anche molte ore: si vengono a formare infatti diverse forcelle/bolle
di replicazione contemporaneamente, queste si muovono lungo il filamento aprendosi in avanti e
chiudendosi dietro. Dalla bolla di replicazione partono due elicasi, una che va in un lato e una va
nell’altro quindi bidirezionalità.
La duplicazione è un processo molto veloce e per questo motivo, nella parte non ancora aperta di
elica, si potrebbero formare dei nodi, questi nodi sono sciolti da enzimi detti Topoisomerasi che
tagliano il nodo e riuniscono i due filamenti.
La telomerasi allunga il DNA telomerico aggiungendo sequenze ripetute alle estremità dei
cromosomi, formando i telomeri. I telomeri possono essere tagliati durante la duplicazione del DNA.
La DNA Polimerasi compie diversi errori durante la replicazione scambiando una base con un’altra,
cioè inserisce un nucleotide non complementare. Senza correzione di questi errori, verrebbero
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modificati centinaia di geni perché verrebbero codificate proteine diverse (ricorda il fatto delle
triplette). Questi errori sono corretti dalla DNA Polimerasi I che funge da “correttore di bozze”,
ripassando tutti il filamento e correggendo tutti gli errori tipografici (dove c’è l’errore le basi non
sono complementari quindi non legano e l’elica resta aperta in quel punto). L’errore si corregge
sostituendo il nucleotide errato con quello giusto sul nuovo filamento, questo prende il nome di
meccanismo di riparo del DNA. Può capitare però (un caso su milioni volte) che la base sbagliata
rimanga, nonostante il correttore, al suo posto e questo provocherà delle mutazioni (l’errore si
verificherà su entrambi i filamenti col passare del tempo).
La trascrizione non centra nulla con la duplicazione. La trascrizione infatti riguarda il flusso
dell’informazione. Questo flusso, ricordando che l’insieme di tutte le informazioni si trovano sul
DNA sottoforma di geni (un gene codifica una proteina, un gene è un pezzo di DNA (un’unità
funzionale di DNA) che codifica per qualcosa non per forza proteina, infatti un gene per esprimersi
nel fenotipo deve sempre passare attraverso la produzione di una specifica proteina), non è altro
che il passaggio di questa informazione dal nucleo (dove si trova il DNA) al citoplasma e quindi ai
ribosomi. Questo flusso d’informazione contiene tre eventi:
1. Trascrizione
2. Maturazione dell’RNA
3. Traduzione/sintesi delle proteine
Questi tre eventi fanno passare dal nucleo al citoplasma le informazioni. Questi processi
comprendono solo un gene per volta, cioè un pezzo di DNA per volta.
Prima di scendere nel dettaglio del processo di traduzione, analizziamo le caratteristiche di un gene.
Un gene, come sappiamo, è una singola parte di DNA, un singolo tratto che codifica per una
proteina, un rRNA o un tRNA. La
sua struttura è la seguente:
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1. Poliadelinazione (PoliAAA) (aggiunta di basi di anenina con la cosiddetta “coda di
PoliA”)(favorisce la traduzione)
2. Capping (aggiunta del “cappuccio” per proteggere l’mRNA)
3. Splicing (figura a lato) (normale o
alternativo) (lo splicing alternativo è la
produzione di diverse proteine dallo
stesso trascritto di mRNA, ciò avviene
rilegando in modo diverso gli esoni [si
legano in modo diverso o si rilega un
esone invece di un altro], questo
processo avviene in quanto, per
risparmiare energia, si produce solo la
proteina che serve in quel momento)
La maturazione ha due obiettivi:
1. Fornire all’mRNA gli strumenti per difendersi dagli enzimi del citoplasma (questa funzione
viene fatta modificando il 3’ e il 5’ nei processi di Poliadelinazione e Capping: al 3’ si
aggiunge la coda di PoliA, al 5’ si aggiunge della 7metil guanosina durante il Capping [una
sorta di cappuccio])
2. Eliminare la parte non codificante (introni) rilegando tra loro gli esoni (funzione svolta
dall’snRNA durante lo splicing: vengono infatti tagliati gli introni (con una struttura a
cappio) e legati tra loro gli esoni, a questo processo partecipano anche enzimi e
splaisosomi)
A questo punto si ha un mRNA maturo che può essere tradotto.
La Traduzione (figura a lato) avviene in questo modo:
1. L’mRNA maturo passa attraverso le due sub-unità dei ribosomi (parte marrone in figura)
che leggono, una alla volta, le varie triplette (codoni) contenute sull’mRNA (la prima
tripletta è sempre
AUG in quanto è la
prima tripletta
contenuta in ogni
gene [ATG che
ovviamente
diventa AUG in
quanto l’uracile
sostituisce la
timina nel
passaggio da DNA
a RNA])
2. A ogni tripletta si
lega il tRNA
contenente la tripletta (anti-codone) (il primo tRNA arriva nel sito P del ribosoma, dove
poi si formerà la catena polipeptidica) complementare a quella letta e contenuta
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sull’mRNA; il tRNA che arriva per legarsi, ha già attaccato ad esso mediante un enzima
(amminoacil tRNA sintetasi) (ha acquisito questo amminoacido nel suo 3’, in una fase
precedente, dalla cellula) l’amminoacido corrispondente alla tripletta dell’mRNA (ricorda
infatti che ogni tripletta corrisponde a un amminoacido)
3. Il legame tra codone dell’mRNA e anti-codone del tRNA permette a quest’ultimo di
rilasciare l’amminoacido ad esso attaccato (parte letterale in coda al tRNA in figura) (fatto
ciò il resto del tRNA esce dal sito A del ribosoma, passando prima dal sito E)
4. Questo processo si ripeterà tripletta dopo tripletta e mano a mano verranno rilasciati dai
vari tRNA gli amminoacidi necessari a costituire la proteina. Il processo si interromperà
quando verrà letto il codone di stop (a questo codone si legherà una proteina chiamata
“fattore di rilascio” che allontanerà l’mRNA letto dal ribosoma)
5. Questi amminoacidi rilasciati quindi, si legheranno tra loro con legami peptidici e
formeranno la proteina vera e propria sotto forma di catena polipeptidica (come detto, la
catena si formerà nel sito P del ribosoma mentre nel sito A arriveranno, uno alla volta, i
vari tRNA corrispondenti alla tripletta letta) (Questo processo si ferma quando viene letto
un codone di stop)
Durante la lettura dell’mRNA possono verificarsi degli errori di lettura: il codice genetico infatti, non
ha punteggiatura tra i vari codoni e può capitare che il primo codone venga letto male. Nel caso si
verifichi ciò, tutta la lettura verrà sballata e ogni tripletta verrà letta in modo errato, cosa che porterà
alla codifica di un’altra proteina invece di quella originale. Questo processo prende il nome di
slittamento nella cornice di lettura
Tutte queste operazioni vengono svolte dai tre tipi di RNA: ribosomiale (costituente dei ribosomi,
non interviene direttamente nel passaggio), messaggero (trascrive il DNA e porta l’informazione
fuori dal nucleo, esistono tanti tipi di RNA messaggero per quanti sono i geni che si esprimono in
una cellula e quindi proteine espresse), trasfert che trasporta gli amminoacidi sui ribosomi secondo
la sequenza scritta sull’RNA Messaggero (in parole povere, il tRNA si lega alla tripletta letta, ha già
incorporato l’amminoacido della tripletta letta, si lega alla tripletta con il proprio anti-codone e
questo legame fa rilasciare ad esso l’amminoacido posseduto nel 3’, tutti gli amminoacidi rilasciati
formeranno poi la proteina. Il tRNA quindi permette il passaggio da triplette di basi azotate ad
amminoacidi veri e propri).
Nei procarioti abbiamo un solo tipo di RNA Polimerasi. Negli eucarioti i tipi sono tre:
Negli Unicellulari questa serve per aumentare la numerosità della specie, consiste cioè
nella riproduzione dell’organismo in se
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Nei Pluricellulari ha un ruolo importante nell’accrescimento e nella rigenerazione
Non tutte le cellule completano il ciclo cellulare con una divisione. Le cellule perenni infatti, dopo
essersi differenziate, non si duplicano più. Quelle stabili mantengono la loro capacità di dividersi
mentre quelle labili si dividono in continuazione.
La riproduzione cellulare nei procarioti (principalmente batteri, è un processo molto rapido)
avviene in questo modo:
Scissione cellulare binaria: unico cromosoma circolare che si riproduce creando un altro
“anello” cromosomico esattamente uguale a quello della cellula madre, spostamento dei
due cromosomi verso i due poli opposti, accrescimento della cellula madre, formazione di
un setto (un canale) al centro della cellula e scissione di quest’ultima in due
Negli eucarioti invece, il processo è molto più complesso e, in breve, si riassume cosi (sarebbe il ciclo
cellulare):
1. Fase G1 (accrescimento, sintesi proteica, produzione di sostanze)
2. Fase S (dove avviene la duplicazione del DNA, senza questa duplicazione il DNA resterebbe
cromatina invece di diventare cromosoma)
3. Fase G2 (sintesi delle diverse strutture che verranno ripartite tra le due cellule figlie)
4. Fase M (mitosi o meiosi a seconda se si tratta di cellule diploidi o aploidi, vedi dopo per
dettagli)
Le fasi G1, S e G2, fanno parte dell’Interfase, fase cioè dove la cellula non si divide ma si prepara alla
divisone e/o alla fase successiva (la fase G1 infatti prepara la cellula alla fase S, allo stesso modo la
fase G2 prepara la cellula per la fase finale M).
Nel dettaglio, si osserva che nella fase G1 (fase più lunga) vengono prodotti enzimi e proteine
necessarie alla duplicazione del DNA. Alcune cellule, tipo quelle nervose, possono restare bloccate
in questa fase, se ciò succede, non avviene la duplicazione cellulare, si parla in questo caso di fase
G0.
Nella fase G2 viene prodotto tutto il materiale necessario alla mitosi/meiosi successiva. Se una
cellula entra in questa fase, finirà sempre per duplicarsi. In questa fase avviene la duplicazione dei
centrioli, si formano le prime fibre astrali attorno ad essi e il DNA è presente ancora sotto forma di
cromatina.
Questi processi di duplicazione sono regolati da proteine particolari dette cicline che innestano o
bloccano la riproduzione cellulare (fanno superare i punti di restrizione, controllando che la cellula
abbia condizioni favorevoli alla riproduzione. Se i punti di restrizione sono superati in modo errato
la cellula si riproduce in modo incontrollato e può portare a malattie tipo il cancro). Inoltre, ci sono
dei punti di controllo del ciclo cellulare che accertano che una fase sia finita prima di far partire
quella successiva.
In prossimità del nucleo ci sono due centrioli (corpuscoli simili a ciglia e flagelli per struttura) che,
come detto, si duplicano nella fase G2. Durante la mitosi (come vedremo meglio dopo), queste due
coppie di centrioli si vanno a posizionare ai due poli del fuso mitotico, la zona tra i due centrioli
prende il nome di centrosoma. Il fuso mitotico è composto da fibre (microtubuli) che possono essere
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polari se vanno da un polo all’altro, cromosomali (o dei cinetocori) se partono da un polo e arrivano
al centro dove ci sono i cromosomi attaccandosi ad essi, o dell’aster se circondano i centrioli stessi.
La fase finale della riproduzione cellulare delle cellule diploidi è la Mitosi (fase M). La mitosi si divide
in (tra parentesi in sintesi i passaggi principali della fase) (ricorda che ogni cromosoma viene
duplicato per far avere alle cellule figlie le stesse 23 coppie di cromosomi della cellula madre)
(genera 2 cellule con patrimonio “2n” identiche alla cellula madre):
Profase (compattazione del DNA, ordinamento dei centrioli, formazione prime fibre del
fuso mitotico, cromosomi visibili, è ancora presente la membrana cellulare)
Prometafase (rottura della membrana cellulare, formazione di altre fibre del fuso mitotico,
prima disposizione equatoriale dei cromosomi al centro del fuso tra i due poli)
Metafase (cromosomi disposti al centro del fuso lungo il piano equatoriale (lungo la piastra
metafasica) della cellula e si legano con i filamenti cromosomali, centrioli già disposti ai
poli, formazione delle restanti fibre del fuso mitotico)
Anafase (prima divisione cromatidi fratelli provocata dal fuso mitotico e primo
spostamento verso i poli, inizia con la divisione dei cromatidi fratelli e termina quando lo
spostamento ai poli è completo)
Telofase e
Citodieresi/citochinesi:
divisione finale dei cromatidi
e spostamento finale di
questi verso i due poli (si
sposta un intero corredo
cromosomico verso ogni
polo), scomparsa delle fibre
del fuso mitotico,
riformazione della
membrana cellulare intorno
ai cromosomi del nucleo
(questi infatti riformano il
nucleo), separazione del
citoplasma (citocinesi) e degli
organuli che forma le cellule figlie). La citodieresi/citochinesi avviene a causa della
sovrapposizione di fibre di actina su fibre di miosina, questo apre un solco di divisione con
il quale poi si divideranno le due cellule.
La fase finale della riproduzione cellulare delle cellule aploidi/germinali/riproduttive (ovuli e
spermatozoi, riproduzione sessuata, cellule che creeranno lo zigote) invece è la Meiosi. La meiosi
genera 4 cellule con patrimonio “n” (si parte da una cellula con patrimonio “2n”, dimezzamento dei
cromosomi) e prevede due fasi, Meiosi 1 e Meiosi 2 (ogni meiosi ha sempre una profase, una
metafase, un’anafase e una telofase). Anche la meiosi, è preceduta dalle fasi G1, S e G2 (in questa
G2 avviene sempre la duplicazione del DNA che si organizza in cromosomi omologhi con cromatidi
fratelli). Durante la meiosi avvengono due divisioni.
Durante la meiosi 1 può avvenire il crossing-over: in pratica, due cromatidi di due cromosomi
omologhi (uno materno e uno paterno) si sovrappongono (chiasma, regioni particolari che uniscono
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i cromosomi omologhi) scambiandosi un pezzo di DNA, durante questo crossing-over non si perde
nessun gene, entrambi i pezzi scambiati infatti, hanno gli stessi geni, cambiano solamente gli alleli.
Questo fenomeno partecipa alla variabilità genetica, cosi come ha un ruolo in essa, la casuale
divisione dei cromosomi omologhi (cioè cromosomi paterni e materni che si separano in modo
casuale) . Questa variabilità fa si che la prole non sia uguale ai genitori.
Preparazione alla meiosi con la fase G1, S (in questa fase ogni cromosoma viene duplicato,
ogni cromosoma duplicato è composto da due cromatidi connessi tra loro col centromero)
e G2 (stessi processi che precedono la mitosi)
Meiosi 1 (in breve: DNA (cromosomi) si compatta, i cromosomi omologhi si appaiano e
formano una tetrade che servirà per il crossing over, si allineano in modo equatoriale, alla fine
c’è la prima divisione cellulare)
1. Profase 1 (appaiamento dei cromosomi omologhi longitudinalmente (questo processo si
chiama sinapsi) dando vita a una tetrade (4 cromatidi associati), fase dove può avvenire il
crossing-over, creazione del fuso). A questa segue la prometafase 1 dove viene rimossa la
membrana e si crea il fuso (stessa fase della mitosi)
2. Metafase 1 (i cromosomi omologhi si allineano con la disposizione equatoriale, cosi come
avviene nella mitosi)
3. Anafase 1 (i cromosomi omologhi si separano e si dirigono verso i poli opposti [i cromatidi
fratelli sono ancora uniti!])
4. Telofase 1 (i cromosomi si compattano in nuclei distinti e avviene la divisione cellulare con
la citocinesi. In questa fase il nucleo contiene un numero aploide di cromosomi ma ogni
cromosoma è duplicato)
5. Nuova interfase che prende il nome di intercinesi, non avviene nessuna duplicazione del
DNA
Meiosi 2 (in breve: non prevede un’ulteriore duplicazione del DNA, i cromatidi fratelli dei
cromosomi si separano e allontanano verso i poli, metà del corredo cromosomico migra verso
ciascun polo)
1. Profase 2 (i cromosomi/cromatina si condensano di nuovo, non c’è nessuna nuova
replicazione ne crossing-over ne accoppiamento di cromosomi omologhi). A questa segue
la prometafase 2 dove si completa il fuso e si rimuove la membrana
2. Metafase 2 (i cromatidi fratelli che costituiscono ciascun cromosoma omologo si
dispongono sul piano equatoriale della cellula)
3. Anafase 2 (i cromatidi fratelli si separano all’altezza del centromero e si dirigono verso i
poli opposti. Da questo momento, cosi come nella mitosi, ogni cromatidio è indicato come
cromosoma)
4. Telofase 2 (in questa fase c’è un componente di ciascuna coppia di omologhi a ogni polo,
si ricostituisce l’involucro nucleare, i cromosomi tornano cromatina e si verifica la
citocinesi)
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Ricapitolando: la mitosi è una singola divisione nucleare durante la quale i cromatidi fratelli si
disgiungono l’uno dall’altro dando luogo a due cellule figlie diploidi identiche alla cellula madre. La
meiosi invece, consiste in due divisioni nucleari successive (meiosi 1 e meiosi 2). Durante la meiosi
1 si separano i cromosomi omologhi mentre nella meiosi 2 si separano i cromatidi fratelli. La meiosi
si conclude con la formazione di quattro cellule aploidi geneticamente differenti causa variabilità
genetica dovuta a mescolamento di cromosomi paterni e materni. Durante la meiosi possono
avvenire degli errori.
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38
CAPITOLO 7: FORMAZIONE DEI GAMETI (GAMETOGENESI) I E FECONDAZIONE
Come detto, la meiosi genera 4 cellule figlie con corredo cromosomico “n”. Queste cellule però
non sono ancora pronte per essere fecondate, infatti devono subire delle trasformazioni per
diventare gameti maschili (spermatozoi) o femminili (ovuli). Per formare gli spermatozoi si parla di
spermatogenesi, questo processo, che avviene nelle gonadi e per tutta la vita di un uomo a partire
dalla pubertà, prevede uno sviluppo/differenziazione e una maturazione delle 4 cellule figlie della
meiosi (tutte e quattro diventano spermatozoi). A queste cellule infatti, si aggiunge nella parte
bassa, un lungo flagello che consente il movimento allo spermatozoo, mentre nella parte alta si
aggiunge una vescicola con dentro degli enzimi litici, questa vescicola, arrivata all’ovulo, si rompe e
rilascia enzimi litici che rompono la barriera dell’ovulo e permettono allo sperma di entrare in esso
e mescolare i propri cromosomi con quelli dell’ovulo dando il via alla fecondazione.
Gli ovuli invece vengono formati nel processo della ovogenesi. Durante questo processo, solo una
delle quattro cellule alla fine diventa un ovulo vero e proprio (citodieresi disuguale, cioè una sola
cellula mantiene tutto il citoplasma e diventa funzionale), le altre tre infatti nutriranno l’ovulo
stesso. Questo processo non avviene per tutta la vita di una donna e gli ovuli non fecondati
invecchiano (questo può portare a mutazioni del feto in caso di fecondazione) e vengono
successivamente rimossi. La meiosi della donna può bloccarsi nella meiosi 1 (tipo dalla nascita alla
pubertà e in menopausa), questo blocca l’ovogenesi. In un ovulo entra solamente uno
spermatozoo che avvia la fecondazione.
Alla prole vengono trasmesse solo le caratteristiche presenti nelle cellule germinali (quindi se un
malfunzionamento è presente solo nella cellula somatica di un genitore, questo non viene
trasferito alla prole).
La fecondazione genera uno zigote (prima cellula del nuovo organismo) che avrà corredo
cromosomico “2n” (23 cromosomi della madre e 23 del padre), fattore che ristabilisce la diploidia.
CAPITOLO 8: I VIRUS
I Virus sono costituiti da una singola unità di DNA o RNA (core), questa unità è circondata da una
massa di natura proteica (capside), sono formati da due subunità uguali (capsomeri), rivestimento
esterno composto da materiale cellulare (involucro pericapsidico). Sono dei parassiti intracellulari
obbligati, infatti da soli non possono sintetizzare nulla. Il rivestimento esterno serve a proteggere
il genoma vitale (DNA o RNA), senza di questo infatti, i virus non possono riprodursi. Un virus è
specifico per ogni tipo di cellule, cioè attacca ed entra solo in un tipo di cellula, questo perché sul
capside sono presenti delle proteine che vengono attirate solo da determinati recettori presenti su
specifici tipi di cellule. Questa caratteristica prende il nome di tropismo virale e si basa sul
rapporto ligando-recettore. Alcuni virus fanno entrare nella cellula da infettare solo il genoma,
altre invece fanno entrare tutto il capside (proteine + DNA o RNA). I virus sono molto più piccoli
dei batteri, la loro unità base è il capsomero. Questi capsomeri si possono disporre in vari modi
dettando la forma del virus: possono disporsi in una struttura con simmetria “a chiocciola”
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(elicoidale) o con simmetria icosaedrica (un poligono a 20 facce triangolari). Un virus si diffonde e
replica solo in condizioni favorevoli (difese basse, contatti tra persone portatrici di virus ecc.). I
virus non hanno enzimi ne ribosomi, ne possono produrre energia.
I virus possono infettare (vengono classificati):
40
partendo dall’RNA presente. Il DNA sintetizzato entrerà poi nella cellula o sarà tradotto
direttamente (come nel caso del virus del HIV).
Il virus del HIV penetra nella cellula e copia il proprio genoma su una molecola di DNA che si
integra col cromosoma della cellula. A questo punto può fare tre cose (a seconda del tipo di HIV
che è):
1. Il virus può riprodursi e liberarsi dalla cellula velocemente distruggendola
2. Il virus può entrare in un periodo di stasi (fino a 10 anni) per poi riattivarsi e indurre la
cellula a produrre una grande quantità di virus distruttivi
3. Il virus può causare un’infezione persistente con una produzione lenta di nuovi virus da
uccidere solo poche cellule ospiti
Questo virus genera l’AIDS (immunodeficienza acquisita), questa compromette il sistema
immunitario della persona che, se non tenuta sotto controllo, vedrà abbassarsi drasticamente le
sue difese immunitarie e rischierà di morire contraendo malattie (non si muore di AIDS ma di
malattie che l’AIDS ti fa contrarre). Il virus del HIV entra nel circolo ematico e si lega ai linfociti T
helper che sono la sua cellula bersaglio. La patologia si manifesta quando viene distrutto un
numero considerevole di linfociti T helper, con conseguente abbassamento delle difese
immunitarie.
Esistono poi dei virus oncogeni, cioè virus che si integrano col DNA e sono strettamente collegati
ad alcuni tumori. Questi infatti, alterano la sintetizzazione di alcune proteine, questa alterazione
porterà, quasi sempre, a una riproduzione cellulare incontrollata che quindi genererà masse
tumorali. Alcuni di questi virus sono quello della mononucleosi o il papilloma virus (virus che
genera delle verruche e se arriva all’utero può causare il tumore al collo dell’utero).
Contro i virus sono inefficaci gli antibiotici (questi servono solo contro infezioni batteriche). Solo gli
antivirali e i vaccini possono aiutare contro i virus anche se, quasi sempre, la malattia (tipo
l’influenza) può manifestarsi nonostante questi farmaci, anche se magari in maniera ridotta e più
debole.
Genetica classica, studia le modalità della trasmissione dei geni da una generazione
all’altra
Genetica molecolare, si occupa della struttura e della funzione dei geni, studia anche la
trasmissione di malattie genetiche
Genetica delle popolazioni, studia il comportamento dei geni nelle popolazioni (per
esempio popoli o tribù che vivono in zone particolari e circoscritte)
Le Leggi di Mendel affermano che i caratteri ereditari sono trasmessi come unità (geni) che
vengono distribuite singolarmente a ogni generazione.
La prima legge è quella della recessività e della espressività degli alleli (nella generazione F1)
presenti nei locus dei cromosomi (in breve un tratto sarà dominante e uno sarà recessivo).
In pratica:
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avranno l’allele recessivo. Nella F1 prodotta dall’unione di questi gameti, si manifesterà nel
fenotipo solo l’allele dominante. Nella F2 invece, oltre al carattere dominante, può esprimersi
anche l’allele recessivo (questo succede solo nel caso in cui si combinino tra loro i gameti
omozigoti recessivi [aa]). Nella F2 infatti, c’è il 75% di probabilità che si esprima l’allele dominate e
il 25% che sia invece mostrato l’allele recessivo (vedi quadrato di Punnet). La F2 prevede il 50%
della prole con alleli omozigoti (AA) e il restante 50% con alleli eterozigoti (Aa).
La terza legge è quella dell’Assortimento indipendente. Quando si formano i gameti, gli alleli di un
gene si separano indipendentemente dagli alleli di un altro gene. Questo enunciato però, vale
solamente con cromosomi omologhi lontani (ricorda che in una coppia di cromosomi omologhi,
uno è materno e uno è paterno). Questo enunciato non vale però in caso di linkage. Per linkage
(associazione) si intende la tendenza di un gruppo di geni localizzati sullo stesso cromosoma ad
essere ereditati insieme nelle generazioni successive (in breve non si separano perché sono molto
vicini e il crossing-over non avviene tra loro causa pochissimo spazio tra i due alleli, quindi non
avviene nessuna separazione ne scambio con l’altro cromosoma omologo). Questo avviene
quando i locus degli alleli sono localizzati sulla stessa coppia di cromosomi omologhi, gli alleli
infatti non si combineranno in modo indipendente ma saranno ereditati insieme prendendo il
nome di alleli associati. Questo genererà due gameti ricombinanti (questi avranno degli alleli che
originariamente appartenevano all’altro cromosoma della coppia, si sono scambiati la posizione
con il crossing-over) e due gameti parentali identici ai gameti della generazione precedente.
I gameti di un eterozigote (per esempio RRyy) nella F1 saranno Ry (metà e metà in pratica), se
questa F1 viene unita ad un gamete con alleli rY la F2 derivante sarà: RrYy, di conseguenza la F3 sarà
espressa mediante tutte le combinazioni possibili (RRYY, RrYY e cosi via) che esprimeranno di volta
in volta le varie caratteristiche nel fenotipo in base all’allele dominante (ricorda quello recessivo si
esprime solo se gli alleli sono omozigoti recessivi, in questo caso rryy, rrYY ecc.).
Fenotipo recessivo: che salta qualche generazione, si esprime solo in caso di omozigoti recessivi
(1/4 della prole).
Fenotipo dominante: si esprime in ogni generazione.
Il tipo di fenotipo lo si deduce dallo studio dell’albero genealogico e serve quasi sempre, per
individuare un eventuale fenotipo dannoso e patogeno.
Geni indipendenti: quando sono localizzati su cromosomi non omologhi.
Geni associati/concatenati: quando sono localizzati sullo stesso cromosoma e molto vicini.
Dominanza incompleta: il fenotipo dell’individuo eterozigote (prole) è una via di mezzo tra quello
dominante e quello recessivo (esempio: un fiore “dominante” viola + un fiore “recessivo” bianco =
fiori rosa nella F2 [oltre ovviamente a un fiore viola con alleli omozigoti dominanti e un fiore bianco
con alleli omozigoti recessivi]).
Codominanza: gli eterozigoti esprimono contemporaneamente i fenotipi degli omozigoti, cioè è
espresso il tratto dominante di entrambi gli alleli (Aa+Bb = AB). Un esempio sono i gruppi
sanguigni.
Alleli Multipli: per un gene non esistono solo due alleli ma una serie di alleli detta serie allelica.
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Pleiotropismo: uno stesso gene può avere un effetto fenotipico diverso. Esempio: il gene
dell’emoglobina umana e anemia falciforme. Se il gene dell’emoglobina HB è dominante nell’allele
“A” allora non ci sarà anemia falciforme (HBA HBA); se è dominante invece l’allele “S” allora ci sarà
una forma grave di anemia falciforme (HBS HBS); se invece c’è eterozigosità degli alleli ci sarà
l’assenza di anemia ma la falcizzazione avverrà solo in determinate condizioni, tipo con bassa
tensione di ossigeno in montagna (HBA HBS). Quindi lo stesso gene HB mostrerà due fenotipi:
anemia e/o falcizzazione dei globuli rossi.
Eredità Poligenica: risultato complessivo degli effetti combinanti di molti geni
Determinazione del sesso del nascituro: nelle prime sei settimane di gravidanza, le gonadi (parte
del corpo dove si svilupperanno i gameti, testicoli o ovuli) sono asessuali. Queste diventeranno poi
testicoli oppure ovuli a seconda della presenza o assenza del cromosoma Y e del suo annesso gene
(se c’è allora sarà maschio, altrimenti femmina).
Alcune malattie possono essere legate e contratte proprio in base al sesso che si è. Se una malattia
infatti, è dovuta ad un allele situato sul cromosoma X, in una neonata si mostrerà solo se questa
sarà omozigote recessiva (aa), in caso contrario sarà una portatrice sana della malattia. In caso di
neonato maschio invece, il rischio di contrarre la malattia sarà maggiore infatti, avendo un
cromosoma X (con l’allele malato in questo caso) e un cromosoma Y, in caso di nascituro
emizigote questo sarà malato in quanto non ha il corrispondente allele malato su un altro
cromosoma X (ne ha uno solo infatti ed è quello malato trasmesso dalla madre) quindi l’allele
malato sarà in ogni caso dominante e si mostrerà nel fenotipo (un esempio di ciò è l’emofilia,
malattia che provoca problemi nella coagulazione del sangue).
Le mutazioni sono alterazioni che subisce il DNA e possono essere somatiche (interessano solo le
cellule somatiche quindi non vengono trasmesse alla prole) o germinali (interessano le cellule
sessuali quindi possono essere trasmesse alla prole).
Le mutazioni inoltre si dividono in geniche, cromosomiche o genomiche.
Quelle geniche vedono un allele mutare da una forma all’altra, avvengono all’interno di un singolo
gene, alterano la sequenza del gene coinvolto.
Quelle cromosomiche invece, interessano tratti o addirittura interi cromosomi quindi più geni allo
stesso tempo.
Quelle genomiche prevedono una modifica del numero di cromosomi o di interi assetti
cromosomici. Queste sono le poliploidie (più di una coppia di cromosomi omologhi per tipo) o
aneuploidie (perdita o aggiunta di un cromosoma rispetto al numero normale). Sono mutazioni
numeriche e portano a varie sindromi tipo quella di Down (trisomia del cromosoma 21).
Le cellule tumorali presentano alterazioni cromosomiche.
Nel dettaglio, le mutazioni geniche possono essere:
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Mutazioni Puntiformi (sostituzione di un unico nucleotide); sono transizioni o trasversioni
(sostituzione di una purina con un’altra purina o con una pirimidina e viceversa)
Frame Shift (slittamento della cornice di lettura); inserzione o delezione di uno o più
nucleotidi che genera errori di lettura in quanto fa leggere in modo errato le triplette
(missense o non-sense); nel caso la mutazione interessi tre nucleotidi la mutazione sarà
meno grave in quanto verrà rimosso o inserito un intero amminoacido e l’errore di lettura
sarà ristretto solo a quel tratto
Le cause delle mutazioni sono varie:
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delle mutazioni genetiche (in caso di fecondazione dell’ovulo con nessun cromosoma X
[quarto caso in figura], si verificherà un aborto precoce perché verranno a mancare delle
funzioni fondamentali che dovrebbero essere svolte dal cromosoma X)
La regolazione dell’espressione genica serve alla cellula per esprimere solo i geni utili alla funzione
che essa deve svolgere e quindi codificare solo la proteina necessaria a quella funzione.
Geni Costitutivi: si esprimono costantemente (enzimi necessari a tutte le cellule).
Geni Regolati: si esprimono solo in relazione alla specializzazione delle cellule o in relazione al
fabbisogno cellulare.
Nei procarioti, l’espressione genica è solamente a livello trascrizionale, cioè gli mRNA codificanti
per determinante proteine saranno trascritti soltanto quando la cellula necessita di esse. Questo è
un processo a grande risparmio energetico in quanto enzimi e proteine vengono sintetizzati
solamente quando sono necessari alla cellula.
Negli eucarioti, l’espressione genica è a più livelli (vedi dopo per dettagli).
Nei procarioti i tipi di controllo trascrizionale sono due:
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TABELLE E DIAGRAMMI RIEPILOGATIVI
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