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1° ANNO SCIENZE MOTORIE

BIOLOGIA APPLICATA
TESTO: ELEMENTI DI BIOLOGIA (QUINTA EDIZIONE)

CAPITOLO 1: ATOMI E MOLECOLE: LA BASE CHIMICA DELA VITA

Gli elementi sono le sostanze che non possono essere scisse in sostanze più semplici e hanno un
proprio simbolo chimico. (ossigeno, carbonio, idrogeno, azoto i principali). L’atomo è la parte più
piccola di un elemento. Ogni atomo contiene protoni (positivi), elettroni (negativi, sono sull’orbita)
e neutroni (senza carica, stesso numero di elettroni e protoni).
Protoni e neutroni costituiscono il nucleo atomico. Nel nucleo atomico c’è un numero fisso di
protoni detto numero atomico (in basso a sinistra) (varia ovviamente da elemento a elemento) che
identifica l’atomo e definisce l’elemento.
Il numero di massa o massa atomica (in alto a sinistra) invece è data dalla somma di neutroni e
protoni (gli elettroni hanno massa nulla), si esprime in dalton. La somma delle masse atomiche degli
atomi che compongono una molecola formano la massa molecolare.
Gli elementi che variano i loro neutroni sono detti isotopi. Isotopi dello stesso elemento hanno lo
stesso numero di protoni ed elettroni, differiscono come detto solo nei neutroni. Alcuni isotopi sono
instabili e decadono emettendo radiazioni, questi sono detto radioisotopi (questi isotopi sono usati
in medicina per gli esami a contrasto).
Gli elettroni si muovono sugli orbitali. Ogni orbitale contiene al massimo due elettroni. L’energia di
un elettrone dipende dall’orbitale che occupa (più vicini al nucleo = meno energia). Elettroni su
orbitali con energie simili formano il livello energetico principale formando il guscio elettronico. Gli
elettroni con maggior energia si trovano sull’orbita più esterna (guscio di valenza) è sono detti
elettroni di valenza. Un elettrone assorbendo energia si sposta su un orbitale più esterno,
perdendola si avvicina al nucleo. Quando il guscio di valenza non è completo l’atomo può acquisire
o rilasciare elettroni per completarlo. Questa proprietà rende i materiali molto o poco reattivi. I gas
nobili non sono reattivi in quanto il loro guscio è completo.
La densità di carica è la concentrazione di elettroni o protoni in una determinata zona. Gli elettroni
non si staccano. Tra le varie zone di densità di carica si instaurano legami di van der Waals o dei
legami a idrogeno. E’ una cosa temporanea.
Un composto chimico consiste in due o più elementi differenti combinati in un rapporto fisso (es:
acqua = idrogeno + ossigeno). Quando si combinano chimicamente si formano le molecole. Per
definire la composizione chimica di una sostanza si usa la formula chimica (semplice, molecolare o
di struttura).

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La mole è la quantità di composto la cui massa in grammi è equivalente alla sua massa atomica o
molecolare (es: 1 mole di acqua = 18 grammi). Una mole di ciascuna sostanza contiene sempre
esattamente lo stesso numero di unità, questo numero è detto numero di Avogadro.
In una reazione chimica ci sono reagenti e prodotti della reazione. Le reazioni possono essere anche
bilaterali fino al raggiungimento dell’equilibrio dinamico che ferma la reazione, o possono essere
reazioni reversibili.
Gli atomi di una molecola sono tenuti insieme da dei legami chimici. La rottura di un legame chimico
libera energia. Un legame si rompe con l’energia di legame. I principali legami chimici forti sono il
legame covalente e il legame ionico.
Il legame covalente (bassa differenza di elettronegatività) prevede la condivisione degli elettroni tra
gli atomi in modo che entrambi abbiano il guscio di valenza completo (legame per completare
l’orbita). Se con questo legame sono uniti due atomi di sostanze diverse si parla di composto
covalente. Se il legame prevede la condivisione di due elettroni tra due atomi si ha un legame
covalente semplice (si rappresenta con una linea tra i due simboli, es: H ---- H). Se si condividono
due coppie di elettroni si ha un doppio legame covalente (si rappresenta con due linee continue,
es: O == O). Se si condividono tre coppie di elettroni si ha un triplo legame covalente (tre linee).
Questo legame può essere simmetrico (elettroni condivisi al centro), o asimmetrico (polare,
elettroni non al centro ma verso uno dei due atomi).
L’ elettronegatività è la misura dell’attrazione di un atomo per gli elettroni all’interno dei legami
chimici. Se gli atomi di una molecola hanno elettronegatività uguale, il legame covalente sarà
apolare. Se è diversa sarà polare e tale legame presenterà due poli, uno negativo e uno positivo.
Una molecola con uno o più legami polari è definita molecola polare con due poli di carica opposta,
anche se nel complesso è elettricamente neutra.
Quando un atomo accetta o perde un elettrone diventa uno ione. Se perde un elettrone diventa
positivo ed è detto catione, se lo acquista diventa negativo ed è detto anione.
Un legame ionico (alta differenza di elettronegatività) si viene a formare come conseguenza
dell’attrazione tra carica positiva di un catione e quella negativa di un anione. Un composto ionico,
è una sostanza costituita da cationi e anioni legati mediante le loro cariche con segno opposto. In
acqua questi composti tendono a dissociarsi in quanto l’acqua è un solvente, la sostanza sciolta
diventa un soluto, questo processo è detto idratazione. Si verifica lo strappo dall’elettrone
dall’orbitale che crea ioni. Si crea un reticolo causa la reciproca attrazione. Esempio: il sale da cucina
Il legame a idrogeno è un legame debole. Si forma tra un atomo di idrogeno con carica parziale
positiva e un altro atomo con carica parziale negativa. Si rompono rapidamente. Si formano tra zone
di densità di carica. Molecole diverse si attraggono mediante le zone con poli opposti.
Le forze di van der Waals sono generate da molecole apolari. Si trovano anche nel citoplasma. Sono
molto deboli se singole.
Il trasferimento di un elettrone e la sua energia da una sostanza all’altra fa parte del processo di
ossido-riduzione (reazione redox). Se la sostanza perde un elettrone si parla di ossidazione, se lo
acquista si parla di riduzione. L’ossidante (ridotto) accetta elettroni, l’ossidato (riducente) li perde.

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La maggior parte degli organismi è costituita da acqua. L’acqua è un solvente e tra le sue molecole
c’è un legame covalente polare. In essa ci sono legami a idrogeno. Le molecole d’acqua sono molto
coesive (molto vicine tra loro) e adesive (si attaccano facilmente ad altre sostanze). Ha un’azione
capillare, cioè la tendenza a risalire in spazi stretti contro la gravità. Ha una grande capacità termica,
trattiene il calore immagazzinato e lo rilascia piano piano (spiegazione del clima mite nelle zone di
mare), abbassa la temperatura di un corpo (sudore per esempio), grazie alla coesività delle sue
molecole, quando ghiaccia diventa un ottimo isolante per la parte sottostante. Interagisce con le
sostanze idrofile che si sciolgono in essa e sono polari (es: gli ioni che sono ovviamente polari perché
carichi o negativamente o positivamente, o le molecole con densità di carica), non quelle idrofobe
che sono apolari. L’acqua possiede un grande calore specifico. Le molecole d’acqua hanno bassa
tendenza a ionizzarsi cioè dissociarsi in ioni.
L’aumento di temperatura di una sostanza comporta un aumento di energia termica che aumenta
l’energia cinetica. Il calore è la quantità totale di energia cinetica in una quantità campione di
sostanza, la temperatura è una misura dell’energia cinetica media delle particelle. Il calore di
evaporazione è la quantità di energia termica per far da liquido a gassoso 1 grammo di sostanza, la
caloria è la quantità di energia termica per innalzare di 1 C° 1 grammo d’acqua.

CAPITOLO 2: I COMPOSTI ORGANICI

I composti organici sono quei gruppi composti da atomi di carbonio uniti da legami covalenti. Ne
esistono più di 5 milioni. Sono formati da macromolecole a loro volta formate da sub-unità più
semplici.
Un atomo di carbonio ha 4 elettroni di valenza e può formare quindi 4 legami covalenti. Gli
idrocarburi sono formati esclusivamente da carbonio e idrogeno e sono i composti più semplici del
carbonio, i loro legami covalenti sono apolari quindi non hanno regioni cariche. Gli idrocarburi sono
insolubili in acqua e si raggruppano mediante interazioni idrofobiche. Il carbonio forma scheletri
carboniosi con altri atomi di carbonio, può presentare doppi legami. I composti che hanno stessa
formula molecolare ma struttura differente (di conseguenza anche proprietà in quanto la forma è
strettamente collegata alla funzione di una molecola) sono detti isomeri (strutturali [differenziano
per disposizione covalente dei loro atomi], geometrici [differiscono per quanto riguarda il modo in
cui sono disposti spazialmente i loro gruppi, hanno doppio legame C-C] ed enantiomeri [sono due
molecole speculari tra loro]).
Le caratteristiche di una molecola variano quando uno o più atomi di idrogeno legati allo scheletro
carbonioso di un idrocarburo sono sostituiti da gruppi di atomi detti gruppi funzionali. Questi
determinano a quali reazioni chimiche possono partecipare i composti. I gruppi funzionali sono:

 Ossidrile – OH (nel DNA, alcoli)


 Carbonile – COH (chetoni e aldeidi)
 Carbossile – COOH (nelle proteine [amminoacidi])
 Amminico – NH2 (nelle proteine [amminoacidi])
 Fosfato – PO4 (nel DNA e RNA)
 Sulfidrico – SH
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Le macromolecole organiche sono:

 Lipidi
 Glucidi (zuccheri o carboidrati)
 Proteine
 Acidi Nucleici (DNA e RNA)
Queste macromolecole sono tutte costituite da polimeri (insieme di monomeri che sarebbe l’unità
base, es: nel DNA il monomero è il nucleotide, nelle proteine è l’amminoacido). I polimeri si
degradano a monomeri mediate reazioni di idrolisi (es: nella digestione). I monomeri si legano
covalentemente con il processo di condensazione.
I carboidrati (o glucidi o zuccheri che dir si voglia), possono essere monosaccaridi, disaccaridi, o
polisaccaridi a seconda che contengano 1-2-3+ unità di zuccheri al loro interno.
I monosaccaridi contengono da 3 a 7 (quasi sempre 5 o 6) (struttura ad anello) atomi di carbonio
contenenti ciascuno un gruppo ossidrilico tranne uno che forma con un doppio legame un gruppo
carbonilico che in base alla sua posizione definisce un’aldeide o un chetone. Ne fanno parte il ribosio
e il desossiribosio che sono zuccheri con 5 atomi di carbonio (pentosi). Il glucosio (zucchero esoso =
6 atomi di carbonio) è il monosaccaride più abbondante è più utilizzato come fonte di energia.
La differenza tra ribosio (in figura a destra) e desossiribosio (a sinistra) è che al C2 manca una
molecola di ossigeno (desossiribosio), nel ribosio c’è il gruppo ossidrile OH al C2. Gli atomi di
carbonio si contano in senso orario e in questi due il C5 è sopra il piano.

Un disaccaride è formato da due monosaccaridi ad anello legati da un legame glicosidico che si


forma tra C1 e C4 delle rispettive molecole.
I carboidrati più abbondanti sono i polisaccaridi (es: amido, glicogeno, cellulosa…). Sono formati da
ripetute unità di uno zucchero semplice (quasi sempre glucosio). Hanno funzione di riserva
energetica o strutturale. Poco o molto ramificati.
I carboidrati possono unirsi con le proteine e creare le glicoproteine, o combinarsi con i lipidi e
creare glicolipidi.
I lipidi sono insolubili in acqua (quindi apolari) e affini con solventi apolari organici. Sono
essenzialmente costituiti da idrogeno e carbonio. Si dividono in:

 Trigliceridi (deposito, grassi)


 Steroidi (ormoni, messaggeri chimici) [PIU’ IMPORANTE IL COLESTEROLO – STEROLI CIOE’
QUANDO UNO STEROIDE E’ LEGATO A UN GRUPPO FUNZIONALE OSSIDRILE]

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 Fosfolipidi (base membrana biologica) [PIU’ IMPORTANTI]
 Carotenoidi (fotopigmenti e antiossidanti) [NON IMPORTANTI]
I trigliceridi sono formati principalmente da grassi e oli che costituiscono una riserva di energia per
il corpo, si accumulano in tessuti specifici e sono isolanti. Sono una grande fonte di energia, infatti
un grammo fornisce il doppio di un grammo di zucchero o proteine. Formati da glicerolo (ha tre
atomi di carbonio) + 3 molecole di acidi grassi. Gli acidi grassi (gruppo COOH) possono essere saturi
o insaturi (senza o con doppio legame). A temperatura ambiente quelli saturi sono ordinati e solidi,
gli insaturi sono disordinati molecolarmente e sono liquidi. I saturi presentano deboli forze di van
der Waals. Gli insaturi presentano uno o più doppi legami (mono o poli insaturi).
I fosfolipidi sono simili ai trigliceridi
solo che una catena degli acidi grassi è
sostituita da un gruppo fosferico
negativo. Presentano un’estremità
idrofila e una altra idrofoba, per
questo sono lipidi anfipatici. Le teste idrofile vanno verso l’acqua, le code idrofobe verso l’interno
una contro l’altra. (Teste all’estremità, code all’interno opposte l’una all’altra, vedi immagine a lato:
teste tonde = blu, code = estremità nere). Sono l’unità costituente base delle membrane biologiche
(doppio strato di fosfolipidi) con legati sopra gli enzimi.
La coda contiene l’acido grasso, la testa è polare ed è costituita da glicerolo, fosfato e base organica.
In genere un fosfolipide è formato da una molecola di glicerolo attaccata da un lato a due acidi grassi
e dall’altro un gruppo fosfato.
Gli steroidi sono prodotti da ghiandole endocrine, hanno una struttura ad anelli fusi tra loro. Sono
vari tipi di ormoni tra i quali ricordiamo il colesterolo che diluisce o irrigidisce le membrane cellulari
a seconda della temperatura corporea. Il colesterolo infatti compatta gli acidi grassi connettendo
tra loro le code dei fosfolipidi.
Le proteine sono polimeri composti da 20 tipi di amminoacidi legati da un legame peptidico, sono i
componenti più versatili, fanno funzioni fondamentali: catalizzano le reazioni chimiche pur non
prendendone parte attivamente (enzimi), trasportano molecole nel sangue (emoglobina), regolano
l’ingresso e l’uscita nella cellula, attaccano virus e batteri (anticorpi), regolando lo sviluppo
traducendo stimoli, possono essere ormoni e neurotrasmettitori, hanno una funzione strutturale
(citoscheletro), creano flagelli facendo muovere le cellule, hanno anche una funzione di riserva di
energia. Sono contenute nelle cellule muscolari come miosina e actina.
Gli amminoacidi sono l’unità base delle proteine, hanno un gruppo amminico –NH2 e un gruppo
carbossilico –COOH legati ad un atomo di carbonio detto alfa. Questi due gruppi funzionali insieme
alla molecola di idrogeno compongono la parte costante di tutti e 20 i tipi di amminoacidi. Questi
sono differenziati infatti solo dalla variabile R detta parte specifica che detta anche le varie
caratteristiche (polarità, idrofila o idrofoba, negativi o positivi) e la forma (questa infatti viene
influenzata per esempio se la variabile è idrofoba e la proteina si trova a contatto con acqua).
Possiamo quindi dire che gli amminoacidi di una proteina si muovono e cambiando la struttura
tridimensionale in base a dove si trovano. Gli amminoacidi vengono quasi sempre assunti dal cibo
in quanto l’uomo non è in grado di sintetizzarli da solo, questi assunti dall’esterno sono detti
amminoacidi essenziali.
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Gli amminoacidi sono legati tra loro dai legami peptidici, si parla infatti di polipeptidi. Una proteina
è costituita da una o più catene polipeptidiche che hanno uno schema preciso che si ripete lungo
tutta la catena. Il legame si stabilisce tra il gruppo amminico NH2 e il gruppo COOH.
La struttura della proteina è data dalla
sequenza degli amminoacidi. Una proteina ha 4
livelli di struttura che formano una struttura
tridimensionale (piegandosi e ripiegandosi su
se stesse) che è fondamentale per far svolgere
la funzione alla proteina. Solo con la sola
struttura primaria, cioè la semplice catena di
amminoacidi, la proteina non funziona. I vari
livelli di struttura derivano dalla specifica
sequenza amminoacida. La struttura detta la
funzione biologica della proteina. In alcune regioni di un polipeptide si trovano le strutture
secondarie, i due tipi più comuni di questa struttura sono alfa-elica (base strutturale delle proteine
fibrose, grande elasticità) e beta-foglietto (grande flessibilità) che si formano con i legami a
idrogeno. Possono essere presenti entrambi i tipi di struttura secondaria contemporaneamente. La
struttura terziaria è la forma complessiva assunta da ciascuna catena polipeptidica. E’ una struttura
3D determinata da: formazione di altri legami a idrogeno e ionici, dalla tendenza di alcuni
amminoacidi ad andare verso l’esterno o l’interno (polare o apolare), formazione di legami covalenti
e interazioni idrofobiche. Può presentare il ponte disolfuro che è un legame. E’ influenzata anche
dall’ambiente. La struttura quaternaria deriva dalla disposizione tridimensionale delle catene
polipeptidiche. Ha origine dagli stessi fattori della terziaria. Un esempio è l’emoglobina che è
formata da 4 catene che contiene un atomo di ferro (eme) che si ossida o riduce dettando la
funzione legandosi all’ossigeno (l’eme è la struttura quaternaria).
Come detto la struttura detta la funzione della proteina (alterazioni della struttura portano a
mutazioni dell’attività biologica della proteina). Una proteina può avere due o più zone con una
propria funzione. Queste zone sono dette domini. Eventuali mutamenti di struttura sono detti
denaturazione della proteina che generalmente non è reversibile.
Ogni proteina, comprese quelle delle vescicole, ha un proprio target, la proteina riconosce il suo
luogo di sintesi grazie ai segnali di smistamento (corte sequenze di amminoacidi che dirigono la
proteina alla sua meta).
Gli enzimi (terminano con –asi) sono proteine che accelerano le reazioni chimiche pur non
partecipando attivamente ad esse. Sono dei catalizzatori biologici e non si modificano ne prima ne
dopo una reazione. L’insieme delle reazioni prende il nome di metabolismo cellulare, queste
reazioni esoergoniche (liberano energia) o endoergoniche (necessitano di energia per avvenire).
Entrambe comunque necessitano di energia di attivazione (minima nelle prime) [In breve Reagenti
+ energia di attivazione = prodotti (non si accelerano con l’aumentare della temperatura)]. Ogni
enzima è specifico di una reazione. Alcuni farmaci o tossine sono degli inibitori enzimatici che
bloccano degli enzimi e le loro reazioni. Gli enzimi devono il loro nome alla funzione che fanno.

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Nelle reazioni esoergoniche
l’enzima abbassa l’energia di
attivazione fornendo uno
specifico complesso enzima
substrato detto sito attivo che fa
entrare al suo interno solo i
reagenti specifici della reazione, orientandoli e formando legami temporanei tra loro.
Nelle reazioni endoergoniche gli enzimi accoppiano reazioni che liberano energia. In queste reazioni
c’è l’ATP che si può trasformare in ADP o AMP in base al numero di atomi di fosforo persi, questa
perdita rompe un legame che quindi genera energia. L’ADP o AMP torna ATP con reazioni
esoergoniche tipo la respirazione.
Il nostro organismo è
organizzato in vie
metaboliche che sono
degli insiemi di reazioni
chimiche (step che
portano a creare un
prodotto tramite
reazioni intermedie che
avvengono con enzimi
specifici). Possono
biforcarsi se in un determinato punto entra in gioco un enzima
diverso da quello prefissato, generando prodotti diversi. Il
corpo proprio a causa di questa duttilità, usa l’enzima che ha
a disposizione in quel momento per produrre vari prodotti.
Gli acidi nucleici (DNA e RNA – letteralmente acidi del nucleo)
sono molecole specifiche che immagazzinano e trasmettono
informazioni ereditarie e determinano quali proteine debbano
essere sintetizzate dalla cellula. Sono polimeri di nucleotidi
con legami fosfodiesterici tra il
gruppo fosfato al 5’ di un nucleotide
e l’OH posto al 3’ di quello
adiacente.
Il DNA costituisce i geni e contiene le istruzioni per sintetizzare le proteine
e l’RNA necessario. Un filamento di DNA può avere due orientamenti: 5’
se il gruppo fosfato in cima è libero. Per determinare l’orientamento (5’3’
o 3’5’) vedere se il gruppo fosfato libero sta sopra con conseguente
nucleotide libero sotto (5’) o no (3’). E’ formato da 2 filamenti
complementari, ha la forma di una doppia elica anti-parallela, i due
filamenti hanno polarità opposta data dall’orientamento anch’esso
opposto e si trova nel nucleo. Il linguaggio del DNA è composto solo da
ATGC (iniziali delle basi azotate). Può essere carico negativamente e le sue
proteine sono basiche. La distanza tra i due filamenti è sempre la stessa.
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L’RNA ha 1 solo filamento ripiegato su se stesso (nel tRNA alcuni tratti possono avere due filamenti),
ha come base azotata l’uracile al posto della timina, trascrive le informazioni del DNA in proteine. I
suoi nucleotidi sono tutti uguali con ribosio, cambia solo la base. I suoi nucleotidi si legano come
quelli del DNA (vedi sotto), idem per la base azotata situata in C1. Esistono tre tipi di RNA: mRNA
(messaggero), tRNA (di trasporto), rRna (ribosomiale). L’RNA è la copia di un pezzo di gene che
deriva dalla trascrizione di quel pezzo di DNA.

Entrambi gli acidi nucleici sono catene di


nucleotidi. Un nucleotide è formato da:

 Un gruppo fosfato PO4 (giallo in


figura) (si lega al C5 dello zucchero)
 Uno zucchero pentoso (ribosio o
desossiribosio) (blu in figura)
 Una base azotata (si lega al C1
dello zucchero) (verde in figura)
I vari nucleotidi si legano tra loro con un
legame fosfodiesterico (C3 dello
zucchero, C5 del secondo nucleotide
che ha il gruppo fosfato). I nucleotidi sono importanti anche per altre funzioni come l’ATP (tre fosfati
+ adenina) o adeninatrifosfato (adenina, ribosio e tre fosfati)
Le basi azotate sono (complementari tra loro):

 Guanina e Adenina (puriniche a doppio anello)


 Timina, Citosina e Uracile (pirimidiniche a singolo anello) (Uracile al posto di Timina in
RNA)
Le basi sono complementari tra loro e si legano tramite legami a idrogeno. Si lega Adenina con
Timina (2 legami a idrogeno T-A) e Citosina con Guanina (3 legami a idrogeno C-G). Si lega quindi
sempre una purina a una pirimidina. Queste basi formano il linguaggio del DNA. Si combinano in
triplette (codoni), è formano 64 combinazioni che codificano i 20 amminoacidi (ogni tripletta è un
amminoacido), un amminoacido può essere codificato da più triplette (non il contrario!).
I geni sono l’unità fondamentale del DNA, cioè è un pezzo di DNA che fa una funzione e codifica per
un rRna o tRNA o una proteina e con essa svolge le funzioni cellulari. Determinano le caratteristiche
fisiche di un organismo (per approfondimento e struttura vedi “capitolo 5: trascrizione e
traduzione”)
Il codice genetico ha un inizio e una fine con codoni di inizio e stop. Funziona a triplette. E’ un codice
degenerato perché più triplette codificano lo stesso amminoacido.

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CAPITOLO 3: ORGANIZZAZIONE DELLA CELLULA PROCARIOTA ED EUCARIOTA E
BATTERI

La cellula è l’unità più piccola in grado di svolgere tutte le attività vitali nonché il costituente degli
organismi viventi (un organismo è simile agli altri della sua specie, nasce, cresce, si mantiene in vita,
si riproduce e muore lasciando nell’ambiente le sostanze che lo compongono). Si studiano col
microscopio ottico (lenti), o quello elettronico (usa fasci di elettroni, più preciso). Tutte le cellule si
moltiplicano per scissione binaria (ogni cellula deriva da una già esistente). L’organizzazione delle
cellule contribuiscono al mantenimento dell’omeostasi, cioè di un ambiente interno in equilibrio e
appropriato. La dimensione e la forma delle cellule è collegata alla loro funzione. Gli organismi
possono essere unicellulari (non per forza procarioti) o pluricellulari (hanno cellule specifiche). Solo
i virus non sono cellule.
La cellula può essere di due tipi: procariota (più piccola e semplice) o eucariota.
La cellula procariota ha le seguenti
caratteristiche:

 E’ solo dei batteri e degli


archeobatteri
 Non ha organuli o membrane
(questo implica assenza di
compartimentazione interna)
 Struttura più semplice, meno
geni (quindi meno informazioni) e DNA
libero nel citoplasma che si addensa in
una zona detta “nucleoide” (la cellula
infatti non ha nucleo). La molecola di
DNA è di forma circolare, si lega alla
membrana con il mesosoma che le
fornisce ATP per la sua duplicazione.
 E’ una cellula che si adatta a ogni condizione permettendo ai batteri di vivere ovunque
 Ha una membrana ed una parete cellulare di difesa rigida
 Ha ribosomi liberi nel citoplasma che sintetizzano le proteine (unico organulo, più piccoli
rispetto a quelli eucarioti). Sono divisi in due sub-unità: maggiore e minore
 Ha flagelli (flagelli procarioti diversi da quelli eucarioti, nei secondi infatti cambia la
proteina) per il movimento (non tutti i batteri) e pili che permettono al batterio di
attaccarsi. I flagelli sono formati da 3 filamenti di flagellina (proteina che li compone)
attorcigliati che escono fuori dalla parete
Il citoplasma è composto da citosol (sostanza molto acquosa con molecole sciolte in esso, presente
anche in quella eucariota) e varie particelle in sospensione (lipidi, glicogeno o composti fosforilati).
Il citoplasma è circondato dalla membrana plasmatica che a sua volta è rivestita dalla parete
cellulare. Il citoplasma può contenere gli enzimi necessari alle attività cellulari metaboliche, quelli

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per la respirazione e la fotosintesi si trovano vicino alla membrana. Nella cellula procariota, il
citoplasma contiene uno scheletro actino-simile. E’ la sede di tutte le attività della cellula.
La parete cellulare è rigida e resistente, difende da agenti chimici esterni e da temperatura (alta o
bassa) che può uccidere il batterio (in breve isola il batterio). E’ costituita da peptidoglicano (un
polimero complesso formato da due tipi insoliti di zuccheri, legati a corti polipeptidi), la sintesi di
questo è bersaglio degli antibiotici (medicinali specifici solo per infezioni batteriche). La parete evita
anche la lisi della cellula con il passaggio dell’acqua (pressione osmotica). Esistono anche batteri
senza parete cellulare e sono detti micoplasma e sono una via di mezzo con i funghi.
I batteri si classificano in base
alla forma in:

 Cocchi (forma sferica)


 Bacilli (forma a
bastoncino)
 Spirilli (forma elicoidale)
(lo spirillo se è a forma di virgola
si chiama vibrione)
Vivono ovunque vista
l’adattabilità della loro cellula,
sono sempre unicellulari. Alcuni
batteri oltre alla parete hanno
una capsula polisasccaridica o
polipeptidica che può
determinare una patologia,
senza la capsula infatti, molti batteri non hanno efficacia patogena. I batteri, tutti o quasi, si
riproducono per scissione binaria (cellula madre che si raddoppia, duplica il DNA e si scinde,
trasmettendo lo stesso materiale genico al figlio). Per fare ciò, il batterio utilizza determinate
proteine che fanno varie funzioni specifiche (accrescimento, lisi ecc.). Ogni batterio si riproduce ogni
20 minuti. Altri tipi di riproduzione dei batteri sono la gemmazione (protuberanza, o gemma, che
cresce, matura e si stacca dalla cellula madre) e la frammentazione (le pareti cellulari si accrescono
all’interno della cellula che viene scissa in numerose cellule di nuova costituzione). Nonostante la
riproduzione sia asessuata, il materiale genetico può comunque modificarsi e creare nuovi tipi di
batteri nelle nuove generazioni, questo fenomeno avviene mediante il processo di trasformazione,
trasduzione o di coniugazione (tutti e tre procedimenti si raggruppano nel trasferimento genico
orizzontale). I cambiamenti utili e positivi vengono trasferiti alle nuove generazioni mediante la
scissione binaria. I batteri si evolvono nel tempo (grazie proprio al processo di trasferimento genico)
e diventando resistenti a determinate cose, presentano infatti dei plasmidi, piccole molecole di DNA
circolari che contengono geni di resistenza a determinati antibiotici (ecco perché alcuni antibiotici
perdono di efficacia nel tempo), questi si riproducono da soli. Quando l’ambiente diventa
sfavorevole al batterio, questo diventa dormiente, alcuni producono endospore che sono delle
cellule dormienti estremamente durevoli che possono sopravvivere anche in condizioni estreme e
con poco cibo. Quando le condizioni ambientali tornano buone, la endospora germina e crea una
cellula batterica in crescita attiva. Alcuni batteri che vivono in acqua sviluppano delle dense pellicole
dette biofilm. Alcuni batteri presentano strutture caratteristiche quali: tilacoidi, utili alla fotosintesi,
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vescicole gassose, utili per il movimento in acqua, magnetosomi¸ che permettono al batterio di
trovare habitat con basso tenore di ossigeno (funzione stile bussola). Ogni batterio ha un proprio
odore caratteristico.
I batteri si dividono anche in:

 Saprofisti, se decompongono la materia organica rendendola disponibile ad altri


 Parassiti, se vivono a spese di altri organismi (in pratica la loro fonte di nutrimento è un
vivente)
Per quanto riguarda il loro metabolismo (nutrizione), i batteri si dividono in:

 Autotrofi, se sintetizzano tutti i nutrimenti da soli (CO2, ioni minerali, acqua), sfruttando
solo molecole inorganiche
 Eterotrofi, se utilizzano sostanze di altri organismi per produrre i nutrimenti e quindi
energia. Usano molecole organiche
A questa segue un’ulteriore suddivisione in:

 Fotoautotrofi = energia dalla luce, carbonio da anidride carbonica


 Fotoeterotrofi = energia dalla luce, carbonio da composti organici
 Chemioautotrofi = energia da sostanze inorganiche, carbonio da anidride carbonica
 Chemioeterotrofi = energia da composti organici, carbonio da composti organici
I batteri possono essere definiti decompositori se usano fonti di energia morte.
Ricapitolando, possiamo dire che i batteri si dividono e si classificano in base alla loro forma, al loro
nutrimento e al loro modo di produrre energia.
Alcuni batteri sono patogeni oppure no in base a dove si trovano. Infatti per esempio, un batterio
può essere innocuo se si trova nello stomaco, diventa patologico invece se lo stesso si sposta nella
bocca. Ne deriva quindi che alcuni batteri sono utili al nostro organismo e svolgono funzioni
fondamentali, tipo quelli della digestione.
Nota: Le slide dell’e-learning consigliano di soffermarsi sulla membrana plasmatica, sul citoplasma
batterico, quindi DNA circolare del nucleoide e i suoi ribosomi, e sulla modalità di riproduzione dei
batteri.
La cellula eurocariota (noi studiamo
solo quella animale, non la vegetale),
ha le seguenti caratteristiche:

 E’ generalmente degli organismi


pluricellulari (ma non solo), è più
grande e complessa
 Può essere somatica (diploide) o
germinale (cellule apparato
riproduttivo, aploidi). La differenza è
nel numero di cromosomi

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 Ha un DNA più complesso con più geni e più lungo situato nel nucleo, uguale in tutte le
cellule dei pluricellulari. La differenziazione delle cellule è data dalla differente espressione
dei geni nelle varie cellule, si esprimono infatti solo i geni necessari a una determinate
funzione. Questa espressione può essere regolata anche dagli stimoli dei recettori
 Non tutte le cellule si replicano alla stessa velocità (cellula epiteliale = grande e veloce
replicazione, cellule celebrali = piccola e lenta replicazione). Ogni cellula subisce stimoli
positivi o negativi (riproduzione o no) che ne regolano la riproduzione, ogni cellula infatti
non si riproduce da sola, lo fa solo se soggetta a certi stimoli (se questi stimoli non sono in
equilibrio c’è una riproduzione errata che genera le masse tumorali)
 Ha organuli specializzati in determinate funzioni (vedi sotto per descrizioni specifiche)
 Il nucleo è separato dalla membrana nucleare e comunica con il citoplasma
 Il materiale gelatinoso all’interno del nucleo è chiamato nucleoplasma
 Ha membrane citoplasmatiche, ogni membrana delimita una zona della cellula (vedi sotto
la suddivisione), ogni zona svolge una funzione e contiene determinati organelli
 Il suo citoplasma, localizzato all’interno della membrana plasmatica, si divide in tre
porzioni: citosol, citoscheletro (3 tipi di tubuli) e organuli cellulari (ribosomi [unità
maggiore e unità minore], sistema di endomembrane e organuli semiautonomi)
 Gli organuli semiautonomi sono: mitocondri e perossisomi (la vegetale ha anche i
cloroplasti)
 Quella animale non ha parete cellulare (la vegetale si)
 Le cellule con caratteristiche simili (stessi geni attivi espressi) si organizzano in tessuti, i
tessuti creano gli organi (insieme di tessuti organizzati) che a loro volta creano gli apparati
(insieme di organi). Un organo può presentare diversi tipi di tessuti (liscio, striato ecc.).
 Tutte le cellule sono collegate e comunicano tramite ormoni, enzimi ecc.
Il sistema di membrane interno (o endomembrane) (approfondito a pag.18/19) è formato da:

 Apparato di Golgi
 Involucro nucleare
 Reticolo endoplasmatico liscio o rugoso
 Lisosomi
 Vacuoli (mantengono omeostasi espellendo l’eccesso di acqua)
La suddivisione in zone della cellula con le membrane permette un aumento di superficie con gli
enzimi, la creazione di ambienti specifici e suddivide le funzioni.
Come detto, le membrane
plasmatiche dividono la cellula in
zone (cioè organuli in zone
precise), questa divisione
permette anche l’avvenimento di
più attività cellulari
contemporaneamente. Ogni
membrana è semipermeabile
(massimamente permeabili per
piccole molecole apolari quindi

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idrofobiche, se polari passaggio più lento), caratteristica che permette e regola l’ingresso e l’uscita
di sostanze dalla cellula, mediante anche processi di trasporto e proteine di trasporto (intervengono
nella diffusione facilitata) (due tipi: Carrier e Canale). Le proteine carrier, dette anche trasportatori,
legano lo ione o la molecola e subiscono cambiamento conformazionali. Ha due forme di trasporto
che differiscono per capacità e fonti energetiche. Le principali sono i trasportatori ABC. Le proteine
canale invece, formano dei tunnel detti pori attraverso le membrane. Questi canali possono essere
aperti e chiusi a seconda degli stimoli ricevuti. Si ricordano di queste le porine.
Scendendo nel dettaglio, vediamo che, i meccanismi di trasporto attraverso la membrana
plasmatica sono (solo per molecole piccole):

 Trasporto Passivo
(diffusione semplice,
mediata da canali,
mediata da vettori) (senza
energia, secondo
gradiente quindi in modo
spontaneo da dove è di più
a dove è meno. Se il
gradiente, quindi la
differenza di
concentrazione tra le due
zone sparisce creando equilibrio, questo trasporto si ferma)
 Trasporto Attivo (con energia, contro gradiente). Interessa molecole polari e ioni che non
possono passare facilmente causa code idrofobiche della membrana. E’ primario o
secondario.
La diffusione semplice riguarda solo le sostanze apolari (gas, ossigeno ecc.) e si svolge secondo
gradiente.
La diffusione mediata da canali riguarda le proteine e i loro canali proteici (sostanze polari)
La diffusione mediata da vettori riguarda sostanze specifiche. Usa infatti delle proteine che sono
specifiche per una e una sola sostanza e fa passare solo questa. I vettori usati quindi, sono delle
particolari proteine di membrana.
Queste ultime due diffusioni fanno parte della diffusione facilitata.
I processi di entrata e uscita possono essere:

 Uniporto, se entra una sola sostanza


 Sinporto, se entrano due sostanze insieme, senza contemporaneità non avviene il
passaggio (A entra solo se con lei entra B)
 Antiporto, se per una sostanza che entra c’è n’è una che esce allo stesso tempo (A entra
solo se esce B)
L’ingresso e l’uscita di particelle voluminose avviene attraverso i processi di endocitosi (entrata nella
cellula) e di esocitosi (se esce dalla cellula). Tali processi necessitano di energia e coinvolgono a più
livelli i sistemi membranosi intracellulari.

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L’endocitosi si divide in: fagocitosi (particelle solide), pinocitosi (particelle liquide), endocitosi
mediata da recettore (ingestione specifica di
molecole). Le tappe di tale processo sono:
membrana plasmatica endosoma
lisosoma.
Le tappe dell’esocitosi sono: reticolo
endoplasmatico  apparato di Golgi 
membrana plasmatica.
In breve: l’endocitosi prevede l’inglobamento
della sostanza che deve entrare da parte della
membrana tramite una vescicola che poi si rompe all’interno della cellula e libera la sostanza.
L’esocitosi invece prevede la formazione di una vescicola interna che poi si attacca alla membrana
e si rompe fuori, facendo uscire la sostanza dalla cellula.
Il passaggio di acqua invece è detto osmosi (è un trasporto passivo quindi non richiede energia) ed
è regolato dalla pressione osmotica. Una soluzione può essere ipertonica o ipotonica rispetto ad
un’altra (concentrazione soluti superiore o inferiore). Se la concentrazione è identica la soluzione
sarà isotonica. La non esplosione della cellula causata dall’ingresso di acqua, è causata dalla
pressione di turgore. L’osmosi bilancia quindi la quantità di solvente e soluto e bilancia la
concentrazione di soluti negli ambienti intra- ed extra-cellulari.
Le membrane permettono anche l’immagazzinamento di energia. Tra i due lati della membrana c’è
una differenza di carica elettrica.
Ogni membrana presenta dei
recettori (vedi sotto per
approfondimento) sulla propria
superfice che permettono
l’organizzazione e la
comunicazione. Hanno proteine di
membrana intrinseche (se
attraversano il doppio strato, sono anche dette integrali, possono essere monopasso o multipasso,
cioè se attraversano in maniera lineare o con dei ripiegamenti il doppio strato) o estrinseche (dette
anche periferiche, non attraversano il doppio strato, restano attaccate all’interno o all’esterno della
membrana, possono essere rimosse facilmente dalla membrana). Presenti anche proteine ancorate
legate covalentemente ai lipidi. Queste proteine hanno diverse funzioni (funzione di recettori,
ancoraggio, funzione di trasporto, identificatore antigeni ecc.). Alcune proteine sono enzimi
catalizzatori. Ogni membrana plasmatica eucariota (manca infatti in quella procariota) ha il
colesterolo che ne regola la fluidità (i fosfolipidi infatti si muovono nel doppio strato anche a causa
del turnover [ricambio di proteine e sostanze], il colesterolo li compatta o li stimola al movimento,
evitando lo sfaldamento della membrana). Presentano vescicole, piccole sacche di membrana che
si formano per gemmazione dalla membrana di un altro organulo e servono al trasporto di materiali,
anche da un organulo all’altro. Quella procariota in alcuni punti presenta dei mesosomi, punti in cui
si concentrano gli apparati enzimatici coinvolti nel metabolismo energetico.
Ogni membrana è formata da un doppio strato di fosfolipidi, i fosfolipidi che la compongono sono:

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 Fosfogliceridi, derivati dal glicerolo
 Sfingolipidi, derivati dalla sfingosina
Entrambi i tipi possono essere modificati aggiungendo ad essi dei carboidrati, formando cosi i
glicolipidi.
La membrana plasmatica è asimmetrica perché il suo interno è diverso dall’esterno (funzioni anche
diverse tra interno ed esterno). All’esterno infatti sono presenti degli zuccheri che servono ai
recettori, questi zuccheri infatti si legano alle proteine o ad altri zuccheri formando le glicoproteine
o i glicolipidi. Queste hanno funzione di adesione, di protezione e funzione di riconoscimento.
La membrana plasmatica è un mosaico fluido e può unire diversi due tipi diversi di cellule. Infatti se
mettiamo a contatto due tipi di cellule diverse (una dell’uomo e una di un cane per esempio), le
proteine delle due si distribuiranno casualmente nella cellula risultante, mescolandosi senza alcun
problema. Quindi questo conferma che le proteine nella membrana sono in movimento e possono
cambiare continuamente posizione, confermando la struttura a mosaico fluido.
I recettori presenti sulla membrana plasmatica (delle cellule bersaglio) sono detti anche proteine di
membrana, e ricevono quattro tipi di segnali che arrivano al nucleo:

 Comunicazione Endocrina, avviene mediante ormoni prodotti da ghiandole endocrine,


arrivano tramite il sangue
 Comunicazione Neuronale, tipica del sistema nervoso, segnale attraverso le sinapsi
 Comunicazione di Contatto dipendente, prevede cellule a diretto contatto fisico (mediante
giunzioni)
 Comunicazione Paracrinale, avviene mediante stimoli tra cellule in zone vicine ma non a
contatto
Questi recettori permettono alle cellule, anche lontane di comunicare tra loro. Ogni recettore attiva
una specifica sostanza. Un recettore ha un’unità sopra, dentro e sotto la membrana e, grazie ad
esso, il segnale (per segnale si intende una molecola detta ligando che contiene una informazione)
arriva nel nucleo che lo riceve e svolge la funzione dettata dal segnale (sintetizza proteina, codifica
un gene ecc.). Un’informazione/segnale può arrivare anche da una cellula lontana, questo poi arriva
nel recettore, passa da proteina a proteina nella cosiddetta cascata di eventi/del segnale, fino ad
arrivare nel nucleo. La trasduzione del segnale si intende la traduzione di un segnale arrivato nel
recettore mediante l’espressione/inibizione di un gene o di una proteina (risposta al segnale). Nei
tumori, una mutazione fa arrivare al
nucleo sempre lo stesso errato
segnale di proliferazione cellulari,
cosi si generano continuamente
cellule dannose, mentre
regolarmente, questo processo si
sarebbe dovuto arrestare.
Il nucleo contiene il materiale
genetico, ha una forma circolare, è
delimitato dall’involucro nucleare che
è costituito da due membrane

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plasmatiche concentriche (esterna e interna, quella esterna è rivestita di ribosomi, quella interna è
adensa alla lamina nucleare), queste membrane presentano delle interruzioni nelle quali ci sono i
pori nucleari che permettono la comunicazione tra il nucleo e il citoplasma (trascrizione e
traduzione). Il poro regola inoltre l’entrata e l’uscita di sostanze dall’involucro cellulare grazie ai
complessi del poro. Ciascun poro infatti è occupato da un macrocomplesso proteico detto proprio
complesso del poro. All’interno del nucleo c’è il nucleolo (possono esserci anche più nucleoli), che
entra in gioco nella trascrizione dell’RNA ribosomiale che poi darà vita ai ribosomi (vedi
organizzatore nucleolare dei cromosomi). Il nucleo controlla la sintesi proteica (contiene infatti nei
geni tutte le informazioni per produrre tutte le proteine necessarie) trascrivendo l’informazione del
DNA in molecole di mRNA (RNA messaggero) che poi vanno nel citoplasma dove vengono
sintetizzate le proteine.
Il nucleo contiene DNA associato con delle proteine, questo complesso filamentoso viene chiamato
cromatina. La cromatina quindi, non è altro che l’insieme di DNA + Proteine necessarie per far
entrare nel nucleo la lunga molecola di DNA (senza questa compressione infatti, il DNA non
potrebbe mai entrare in uno spazio così piccolo). La struttura di base della cromatina è il
nucleosoma. La cromatina può essere eucromatina (attiva, meno compatta perché può essere
trascritta) o eterocromatina (più compatta, non attiva, si divide in eterocromatina facoltativa che
contiene tratti di DNA non trascritti subito ma solo al momento necessario, e in eterocromatina
costituitiva che comprende tratti di DNA che non vengono mai trascritti.). La cromatina si addensa
presso l’involucro nucleare a causa della lamina nucleare (è una proteina).
Fasi della compattazione del DNA con conseguente creazione del cromosoma (si parte ovviamente
dal DNA come doppia elica di nucleotidi):
1. DNA come doppia e
lunga elica di nucleotidi
(A in figura)
2. Creazione della
cromatina: DNA +
Proteine compattati,
formata da nucleosomi
(unità base della
cromatina. Un
nucleosoma è formato
da un ottamero, cioè
quattro proteine
basiche (2 per tipo
nell’ottamero) dette
istoni (H2A, H2B, H3,
H4) che formano una “torta”, intorno alla quale si va ad avvolgere la doppia elica negativa
del DNA (146 nucleotidi per ogni ottamero)
3. I nucleosomi sono uniti tra loro dal DNA Linker e formano la struttura “a collana di perle”
(B in figura)

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4. I DNA Linker si associano tra loro grazie all’istone H1 che ripiega la collana e crea il
solenoide. Ogni spira di solenoide ha un diametro fisso e contiene 6 nucleosomi (C in
figura)
5. Il solenoide si avvolge (ripiega) sempre più grazie alle proteine Scaffold, compattandosi
sempre più e formando anse e superanse (D ed E in figura)
6. La parte più compatta prende il nome di cromosoma. (F in figura)
Come detto quindi, un cromosoma è la parte
più compatta del DNA (e della cromatina
ovviamente). Di base esso è formato, cosi come
la creatina che è la sua forma più “larga”, da
DNA + Proteine. E’ formato da due strutture
bastoncellari dette cromatidi (i due cromatidi
hanno informazioni uguali) unite tra loro dal
centromero (o costrizione primaria, è uno
strozzamento, alla sua altezza sono presenti
due bottoni proteici detti cinetocori ricchi di
proteine motrici). I due cromatidi sono tenuti
insieme da una proteina denominata coesina. A
seconda di dove si trova tra i due cromatidi, il centromero detta la lunghezza dei due bracci: se è
metacentrico i due bracci saranno uguali, se è sub-metacentrico (cioè verso una delle due estremità)
allora si avrà un braccio lungo e un braccio corto, se invece è acro-centrico (centromero in alto)
allora si avrà un solo braccio in quanto l’altro sarà praticamente invisibile. Quando il cromosoma si
scinde, la divisione avviene proprio all’altezza del centromero. All’estremità dei due cromatidi ci
sono i telomeri che non contengono informazione genica (questa parte viene aggiunta nel processo
di duplicazione del DNA, serve per evitare che in caso di accorciamento, venga alterata la lettura
della parte codificante [nel caso infatti, si “taglia” proprio questa parte non codificante]) Un
cromosoma presenta anche una costrizione secondaria (o organizzatore nucleolare) che è la sede
della trascrizione dell’RNA ribosomiale, cioè in questo organizzatore è presente la parte di DNA (le
sequenze) usata per trascrivere l’RNA ribosomiale. Questo organizzatore si trova nei nucleoli.
Il cromosoma si vede solo se la
cellula è in fase di scissione,
quindi di duplicazione. Ogni
essere umano ha 46 cromosomi
(questo numero infatti varia a
seconda della specie),
organizzati in 23 coppie, in ogni
cellula somatica o diploide. Nelle
cellule aploidi (cellule
riproduttive o gameti. Sono le
uova e gli spermatozoi) questi
sono la metà in quanto il nuovo
organismo acquisirà gli altri 23
dall’altro genitore. Di questi 46

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cromosomi, 44 (22 coppie) sono detti autosomi, gli altri 2 sono detti eterocromosomi o sessuali (XX
nella donna, XY nell’uomo).
I cromosomi sono numerati da 1 a 23 (in coppia) e ogni cromosoma ha una forma precisa dettata
dalla posizione del centromero. Ogni cromosoma ha un suo omologo col quale forma una coppia di
cromosomi omologhi (cromosomi uguali per forma, dimensione e posizione di gene, ogni gene
infatti è sempre sullo stesso cromosoma, può però variare la caratteristica espressa e trasmessa dal
gene, questo perché quando si uniscono i cromosomi dei due genitori, se questi hanno delle
caratteristiche diverse [esempio: colore capelli, occhi ecc.], queste saranno diverse tra i due
cromosomi che però codificano comunque la stessa parte del corpo, o per meglio dire la stessa
struttura). In una determinata posizione di un cromosoma (esempio il gene che codifica l’occhio è
sul cromosoma 1), ci sarà sempre localizzato il gene che codifica una determinata struttura (parte
del corpo), varierà solamente la caratteristica di questa (come detto il colore degli occhi per
esempio): questo avviene, come detto, se i genitori hanno caratteristiche diverse tra loro, in questo
caso si parla di alleli eterozigoti, se invece le caratteristiche sono uguali si parla di alleli omozigoti.
In breve: gene = struttura, localizzato sempre sullo stesso punto e sullo stesso cromosoma; allele =
caratteristica espressa e trasmessa del gene e della struttura (su ogni cromatide c’è lo stesso allele
allo stesso punto), può variare tra i due cromosomi, questo però non altera il fatto che sono
omologhi.
Se ci sono delle alterazioni nella formazione di coppie (cromosomi in più uguali o in meno) si
verificano, quasi sempre, delle patologie genetiche (sindrome di down ecc.). Ogni cromosoma ha
tanti geni, ogni gene è un pezzo di DNA (cioè una sequenza di nucleotidi), sono circa 80/100mila
nell’uomo. Ogni cellula ha una doppia copia di geni (una copia per cromosoma). Per verificare che
tutte le coppie siano regolari e che non ci siano mutazioni nei cromosomi, si usa il cariotipo (figura
tipo), che è l’insieme di tutti i cromosomi della cellula (si ottiene tramite l’esame del DNA che si può
estrarre dai globuli bianchi [i globuli rossi infatti non hanno nucleo causa la loro forma] o dal liquido
amniotico se si tratta di un feto).
Una cellula diploide ha un corredo cromosomatico “2n” (2 cromosomi omologhi per 23 coppie).
Una cellula aploide/germinale ha
corredo cromosomatico “n” (23
cromosomi totali).
I ribosomi possono essere liberi
nel citoplasma o attaccati alle
membrane del Reticolo
Endoplasmatico (di seguito
indicato come “RE”) Rugoso
(caratteristica ovviamente solo
della cellula eucariota visto che è
l’unica a possedere tale struttura).
Sono molto piccoli (quelli
procarioti più piccoli rispetto agli
eucarioti), sono costituiti da rRNA
(RNA Ribosomiale) e proteine. Sono formati da due sub-unità, quella maggiore e quella minore.
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L’rRNA viene prodotto da sequenze specifiche che di DNA che si trovano nel nucleolo (nella cellula
procariota, non essendoci nucleo ne compartimenti, la produzione e la sua funzione avviene tutto
nello stesso posto). I ribosomi sono la sede della traduzione del DNA, cioè la sintesi proteica (come
sappiamo infatti, nel DNA sono contenute le informazioni per sintetizzare tutti i tipi di proteine
necessari alle cellule). I ribosomi hanno un sito specifico dove si attacca l’mRNA (RNA messaggero,
filo blu in figura) proveniente dal nucleo, questo viene usato come “stampo” per assemblare la
proteina codificata, inserendosi tra le due sub-unità del ribosoma. Un mRNA con tanti ribosomi
prende il nome di polisoma (solo nel citoplasma). I ribosomi contengono l’enzima necessario alla
formazione di legami peptidici. L’RNA ribosomiale NON partecipa alla sintesi proteica in quanto è
solo il costituente dell’organulo, il messaggio e la sintesi della proteina dipende SOLO dall’RNA
messaggero. Un mRNA viene tradotto da più ribosomi allo stesso tempo (l’insieme di mRNA e più
ribosomi insieme si chiama polisoma), questo processo serve per produrre più copie della stessa
proteina (in verde in figura) allo stesso tempo con minor uso di energia. Un ribosoma ha tre siti
specifici per i tRNA.
Gli altri organuli che la cellula eucariota possiede sono:

 Reticolo Endoplasmatico (liscio o rugoso in base alla presenza/assenza di ribosomi sulla


sua superfice, formato da cisterne appiattite e tubuli, lo spazio tra le membrane è detto
lume, contengono numerosi enzimi che catalizzano diverse reazioni)
 Apparato/Complesso di Golgi (insieme al RE forma il sistema di membrane)
 I Lisosomi e i Perossisomi
 I Cloroplasti (solo cellula vegetale quindi a noi NON interessa)
 I Mitocondri
Il sistema di membrane è specifico della cellula eucariota, ne fanno parte il RE e il Complesso del
Golgi (di seguito indicato come “il Golgi”).
Il RE Rugoso (di seguito indicato come RER) è
coperto di ribosomi quindi partecipa alla sintesi
proteica. Ogni proteina ha un proprio specifico
luogo di sintesi (citoplasma o RER): nel RER
infatti, vengono sintetizzate SOLO le proteine
secretorie, quelle di membrana e gli enzimi
lisosomiali (specifici dei lisosomi che
analizzeremo dopo); tutte le altre proteine
vengono sintetizzate dai ribosomi liberi nel
citoplasma. Il RER possiede un solo tipo di
enzima, le glicosiltransferasi che iniziano il
processo di glicosilazione che avrà la sua fine nel
Golgi (questo processo trasferisce un gruppo
glicosilico (N-glicosilazione), cioè di carboidrati e
forma glicoproteine). Questo processo con
annesso enzima, è l’unico che modifica le
proteine nel RER (le altre modificazioni avverranno nel Golgi come vedremo). Alcune proteine hanno
bisogno di essere modificate dopo la sintesi (si chiamano infatti modifiche post-traduzionali) per
poter essere attivate. Tornando alle proteine sintetizzate nel RER, vediamo che queste alla fine del
19
loro percorso, verranno o secretate o incorporate in un sistema membranoso come proteine
intrinseche (se sono appunto proteine di membrana). Il RER è in stretta comunicazione con il Golgi
grazie a un traffico vescicolare (formato cioè da vescicole) che trasmette sostanze dal RER al Golgi.
Il RER partecipa anche al ripiegamento di proteine (holding) formando ponti disolfuro (grazie a
chaperon molecolari)
Il RE Liscio invece, è ricco di cellule che sintetizzano i lipidi e partecipa attivamente a:

 Metabolismo dei carboidrati  Accumulo di glicogeno (soprattutto nel fegato, è una


riserva di energia)
 Metabolismo dei lipidi  Produzione di acidi grassi e fosfolipidi, sintesi degli steroidi
 Disintossicazione di composti nocivi (anche farmaci e alcool)
 Attività contrattile (reticolo sarcoplasmatico: accumulo di Ca2+)
 Mobilizzazione del glucosio
L’ Apparato o Complesso di Golgi è formato, cosi come il RE, da cisterne appiattite con i margini
dilatati una sull’altra. Si divide in tre zone: Cis, Mediana e Trans, a seconda della loro vicinanza al RE
(da più vicino a più lontano). Ad esso si aggregano le vescicole (vedi figura) che si staccano dal RER.
Le funzioni del Golgi sono:

 Modificare il contenuto
delle vescicole del RER
(queste vescicole
contengono proteine [il
contenuto delle
vescicole si chiama
cargo proteico]
prodotte nel RER che
quindi vengono
modificate nel Golgi,
l’aggancio delle
vescicole avviene nella
zona Cis)
 Immagazzinare alcuni
prodotti
 Inviare le vescicole dopo la modifica alla loro zona di destinazione (visto che si tratta di
proteine sintetizzate nel RER, la loro destinazione sarà o la secrezione, o la membrana se
si tratta di proteine di membrana o i lisosomi se si tratta di enzimi lisosomiali, questo invio
avviene nella zona Trans) (le vescicole contenenti proteine secretorie riverseranno il loro
contenuto fuori dalla membrana una volta aderite ad essa)
 Formazione dei lisosomi primari (questi poi subiranno delle modifiche e daranno vita ai
lisosomi secondari, cioè alla forma finale che poi demolisce i composti)
In breve, il Golgi processa, smista e modifica le proteine.
I lisosomi sono dei vacuoli rivestiti da membrana (generati dalla gemmazione della faccia trans del
Golgi) che contengono enzimi litici o digestivi (litici perché rompono i composti, sono gli enzimi

20
lisosomiali) che demoliscono sostanze. Questi enzimi che, come detto, sono prodotti nel RER e
modificati nel Golgi, arrivano nei lisosomi tramite vescicole. I lisosomi permettono la digestione del
materiale introdotto nella cellula per fagocitosi (materiali grossi e solidi). Gli enzimi (sono idrolitici)
che posseggono (ogni enzima demolisce una sostanza specifica indicata di seguito dopo la freccia),
hanno pH acido (valore di pH mantenuto intorno a 5 grazie a una pompa protonica ATP-, senza
questo valore gli enzimi idrolitici non funzionano) e sono i seguenti:

 Glicosidasi  carboidrati
 Peptidasi  legami peptidici
 Desossiribonucleasi  acidi nucleici (DNA)
 Ribonucleasi  acidi nucleici (RNA)
 Fosfatasi  acidi nucleici (gruppi fosfati)
Oltre alla funzione digestiva, i lisosomi eliminano organuli cellulari non più funzionanti (autofagia),
e partecipa al rimodellamento cellulare.
I perossisomi entrano in gioco solo con ciò che contiene H2O2 (perossido di idrogeno o più
comunemente acqua ossigenata), e contengono i seguenti enzimi che svolgono le relative funzioni:

 Ossidasi  forma H2O2


 Catalasi  demolisce H2O2
 Uricasi  demolisce l’acido urico derivante dal metabolismo delle basi puriniche (questo
acido è tossico per il corpo, per essere demolito viene trasformato in acqua ossigenata
dall’uricasi e poi demolito di conseguenza dalla catalasi)
Una delle funzioni dei perossisomi è quella di degradare gli acidi grassi.
I mitocondri (organulo semiautonomo),
che si accrescono e riproducono
autonomamente per divisione, sono
delimitati da una doppia membrana e
sono la sede della sintesi dell’ATP. La
membrana interna è introflessa e forma
numerose creste mitocondriali, più sono
numerose le creste più gli enzimi
presenti su esse sono numerosi (questo
perché essendoci più creste, la
membrana è più lunga) e questo porta a
una maggior produzione di prodotti
delle reazioni chimiche (più creste = più ATP). Questa membrana interna non ha, tra i suoi
costituenti, il colesterolo, al suo posto c’è un fosfolipide acido (cardiolipina) che, più o meno, svolge
la sua stessa funzione. La membrana esterna è liscia e lascia passare piccole molecole, quella interna
invece è selettivamente permeabile e può essere attraversata solo da alcuni tipi di molecole. Come
detto, nella membrana interna ci sono molti enzimi e questi sono coinvolti nella sintesi dell’ATP. La
matrice mitocondriale (parte interna del mitocondrio circondata dalle membrane) contiene:

 Numerosi enzimi coinvolti nelle reazioni

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 Una molecola circolare di DNA (chiamata DNA/cromosoma mitocondriale, trasmesso solo
dalla madre)
 Ribosomi (sintetizzano solo determinate proteine)
I mitocondri sono la centrale energetica, cioè dove si crea l’ATP che è la fonte principale di energia
del corpo. I mitocondri sono liberi nella cellula e si addensano dove c’è bisogno di più energia in
quel momento.
Nei mitocondri viene:

 Recuperata l’energia accumulata negli alimenti (questi ultimi ovviamente vengono


demoliti in composti sempre più piccoli tramite vari processi, es: digestione)
 Questa energia raccolta dagli alimenti, per essere usata, viene trasformata in energia
chimica racchiusa nell’ATP. L’ATP è necessario per tutte le funzioni cellulari. ATP =
Adeninatrifosfato (ribosio + adenina + 3 gruppi fosfato)
Tutte le operazioni dei mitocondri (ciclo di Krebs e fosfolipidazione), avvengono SOLO in presenza
di ossigeno.
Tutti i prodotti derivati dalle reazioni mitocondriali, oltre a creare ATP, possono essere
immagazzinati o possono essere usati per sintetizzare molecole più grandi.
Nei mitocondri avviene la respirazione aerobica, processo per il quale è richiesto ossigeno e che
consiste in una serie di reazioni che trasformano l’energia presente nel cibo in ATP. Durante questo
processo, gli atomi di ossigeno e carbonio presenti nel cibo, cosi come il glucosio, vengono convertiti
in anidride carbonica e acqua.
I mitocondri hanno un ruolo fondamentale nella morte cellulare programmata, o apoptosi. Questa
serve al nomale sviluppo dell’essere e al bilanciamento del numero di cellule. La morte non
programmata che crea danni alle altre cellule è chiamata necrosi.
Per creare energia, come detto, il corpo umano degrada gli alimenti in composti sempre più piccoli
con varie reazioni. Alla fine si avranno: amminoacidi, polisaccaridi (che verranno demoliti con la
glicolisi) e grassi. Questi elementi partecipano tutti alla respirazione aerobica, entrando nel
processo in momenti diversi.
La respirazione aerobica (o respirazione cellulare), che serve a produrre la più grande quantità di
ATP, avviene nella matrice mitocondriale e ha quattro fasi:

 Glicolisi (nel
citoplasma,
con o senza
ossigeno)
 Formazione
dell’Acetil
CoA (acetil
coenzima A)
in

22
preparazione del ciclo dell’acido citrico o della fermentazione (nei mitocondri)
 Ciclo dell’acido citrico detto anche Ciclo di Krebs (nei mitocondri)
 Trasporto degli elettroni e sintesi chemiosmotica dell’ATP (nei mitocondri) (catena di
trasporto)
Vediamo nel dettaglio queste fasi:
1. Il primo step è la glicolisi, nella quale il glucosio viene ossidato e, alla fine di diverse
reazioni che avvengono in base agli enzimi presenti in quel momento, dà come prodotto 2
molecole di acido piruvico (detto anche piruvato, ogni molecola ha 3 atomi di carbonio).
Questo step avviene in presenza o in assenza di ossigeno nel citoplasma. Da questa fase si
crea anche il coenzima NADH che ritroveremo negli step successivi
2. Il piruvato subisce la decarbossilazione ossidativa che lo prepara al Ciclo di Krebs o alla
fermentazione a seconda se avviene in presenza di ossigeno oppure no. La fermentazione
si ha in mancanza di ossigeno e può essere lattica (se il piruvato diventa acido lattico) o
alcolica (se il piruvato diventa etanolo). La fermentazione è di scasa efficienza nell’uomo
perché crea pochissimo ATP da una molecola di glucosio (solo 2 rispetto alle 36/38). Se
invece il processo ossidativo avviene con presenza di ossigeno, il piruvato si trasforma in
Acetil CoA (acido citrico) reagendo con il coenzima A, ed entra nel Ciclo di Krebs (ricorda,
solo l’acido citrico entra nel ciclo di Krebs!).
3. Il Ciclo di Krebs comprende numerose reazioni (otto fasi catalizzate da enzimi specifici).
Alla fine di queste si formano i coenzimi ridotti NADH e FADH2 che saranno fondamentali
nell’ultimo step. Il Ciclo di Krebs, di per se, produce, cosi come la glicolisi, poco ATP.
4. NADH e FADH2 (il processo è uguale per entrambe solo che gli elettroni del FADH2 entrano
dal secondo complesso enzimatico, non dal primo come quelli del NADH. Di seguito sono
descritti i passaggi del NADH) vengono ossidati e questo processo rompe il legame tra NAD
e lo ione H+, liberando elettroni. Gli elettroni liberati entrano nel primo complesso
enzimatico e successivamente passano da complesso a complesso generando, con questo
movimento,
energia (nel
complesso 4
avviene una
reazione che
genera acqua
riducendo
l’ossigeno
molecolare).
Questa
energia
generata
permette ai
complessi di far passare gli ioni H+, liberati in precedenza dal NADH, dalla parte inferiore
a quella superiore della membrana interna. Questi ioni H+ si accumulano secondo
gradiente protonico (gradiente chemiosmotico, cioè l’accumulo di ioni H+ nella parte
superiore). Per tornare nella parte inferiore della membrana, questi ioni passano
attraverso l’ATP Sintetasi (quinto e ultimo complesso enzimatico) che, ad ogni ione H+ che
23
entra, si modifica (ruota). Ad ogni rotazione, questo complesso libera ATP unendo una
molecola di ADP e un gruppo fosfato P’ che si sono formati in precedenza (ADP + P = ATP).
Alla fine di questi processi, per ogni molecola di glucosio si formano 36/38 (2 dalla glicolisi
+ 2 dal Ciclo di Krebs + 32/34 dell’ultimo step) molecole di ATP. Da ogni NADH = 3ATP – Da
ogni FADH2 = 2ATP
Le Giunture Cellulari coordinano e uniscono le cellule di un tessuto, al fine di farle lavorare tutte in
sintonia e in modo funzionale. Ogni cellula di un tessuto è poggiata su una lamina basale che è una
sorta di foglietto che fa
appunto da base per le
cellule. Le giunture
cellulari possono essere:

 Giunzione stretta o occludente, si trovano tipicamente nell’intestino (ma non solo), prevede
cellule sigillate tra loro che non permettono il passaggio di sostanze. Nell’intestino ad
esempio, evitano che le sostanze assorbite dal cibo si disperdano nell’organismo, queste
infatti devono andare prima nella matrice extra-cellulare e poi arrivare nella circolazione
sanguigna
 Giunzione aderente e Desmosomi, uniscono le cellule legando i filamenti di actina (aderenti)
o i filamenti intermedi (desmosomi) delle due cellule tra loro, collegano funzionalmente le
cellule (cioè le cellule legate fanno esattamente tutte la stessa cosa) permettendo, ad
esempio, movimenti simultanei
 Giunzioni Gap o comunicanti, strutture con canali che fanno passare sostanze con un
determinato peso molecolare, tipiche del sistema epatico
 Emidesmosoma, ancora i filamenti di actina di una cellula alla lamina basale, collega cioè le
cellule alla lamina
I primi quattro tipi di giunzione prevedono un collegamento tra citoscheletri e sono un tipo di
adesione cellula-cellula.
La matrice extra-cellulare è lo spazio vuoto attorno alle cellule, riempie questo spazio e influenza le
funzioni dei tessuti immersi in essa, la matrice infatti contiene dei fattori che alterano le funzioni
svolte dai tessuti (migrazione, proliferazione, forma ecc.). In base a dove si trova, la matrice vede
variare le sue caratteristiche (è rigida nelle ossa per esempio, elastica nelle cartilagini ecc.), questo
succede perché la matrice è prodotta dalle cellule immerse in essa. Facilita i trasferimenti di
sostanze (vedi digestione) ed è molto abbondante nei tessuti connettivi. Al suo interno contiene
proteine strutturali (collagene), proteine fibrose (fibronectina e laminina) e proteine glicosilicate
(formano un gel in cui ci sono le proteine fibrose).
Il Citoscheletro è una struttura dinamica che contribuisce al mantenimento della forma della cellula
e al suo mantenimento. E’ specifico solo della cellula eucariota e ha come funzione anche quella di
organizzare i vari organuli visto che irrigidisce la cellula (senza infatti la cellula non sarebbe rigida e
gli organuli si accumulerebbero tutti in una parte). Un’altra funzione è quella di permettere, grazie
anche alle giunzioni cellulari, il lavoro e il movimento di più cellule allo stesso tempo. Il citoscheletro
è altamente dinamico e cambia continuamente. E’ costituito da una fitta rete di tubuli fatti di
proteine filamentose; i suoi filamenti si dividono in tre tipi:

 Microtubuli
24
 Microfilamenti
 Filamenti Intermedi
I microtubuli sono i filamenti più spessi, hanno come unità
base i dimeri di tubulina alfa e beta. Questi dimeri si
uniscono e formano dei cilindri cavi, questi possono essere
con struttura assonemale (se due microtubuli si
completano l’un con l’altro) o con struttura centricolare
(se i microtobuli che si completano a vicenda sono tre). Si
dividono in tre parti: testa, coda e cerniera. Hanno una
funzione strutturale e, data la loro dinamicità, partecipano
al movimento dei cromosomi durante la divisione
cellulare. Sono i principali costituenti di ciglia e flagelli
(vedi dopo per dettagli su questi). I microtubuli possono
essere allungati o accorciati aggiungendo o rimuovendo
dimeri. Hanno una polarità e le loro estremità sono
denominate più e meno. Ai microtubuli sono associate
diverse proteine (MAP) che si dividono in strutturali
(regolano l’assemblaggio dei microtubuli) e motrici
(generano il movimento utilizzando ATP). Il movimento
degli organuli verso l’estremità positiva dei microtubuli è dovuto dalla chinesina, il movimento verso
la parte negativa invece è dovuto alla dineina.
I microtubuli per espletare le loro funzioni si devono ancorare ad altre parti della cellula, nella cellula
animale che non si sta dividendo, si ancorano nel centro di organizzazione dei microtubuli (MTOC)
che sarebbe il centrosoma (struttura che contiene due centrioli), questo centrosoma è quindi anche
l’origine dei microtubuli.
Un’impalcatura di microtubuli denominata assonema forma lo scheletro di ciglia e flagelli.
Durante la divisione cellulare, i microtubuli formano il fuso mitotico/meiotico.
I microfilamenti sono filamenti flessibili, formati da molecole di actina che si uniscono e formano
strutture di F-Actina (hanno forma a spirale) che formano fasci di fibre a 2 filamenti che
conferiscono il supporto meccanico a diverse strutture cellulari. L’actina permette il movimento
ameboidale della cellula. Questo movimento è generato dal rapido assemblaggio e disassemblaggio
di questi filamenti. Grazie proprio a questi filamenti, le cellule impazzite come quelle tumorali,
riescono a muoversi per tutto il corpo tramite i vasi sanguigni. In alcune cellule, c’è una rete di
microfilamenti subito sotto la membrana, questa prende il nome di cortex cellulare. I filamenti di
questo cortex determinano la forma della cellula e sono importanti nel movimento. Nelle cellule
muscolari, questi microfilamenti sono associati a filamenti composti da miosina, l’ATP legato a
questa miosina permettono la contrazione.
I filamenti intermedi sono più stabili e resistenti rispetto agli altri due tipi e variano il proprio
costituente in base al tipo di cellula nel quale si trovano. Nel dettaglio (cellula specifica 
costituente dei filamenti):

 Cellule epiteliali  cheratina

25
 Cellule muscolari  desmina
 Cellule gliali (fanno parte del sistema nervoso)  proteina acidi gliali
 Cellule nervose  proteina dei neurofilamenti
Questa differenza di costituente è dovuta alla diversità della funzione che la cellula svolge e che la
caratterizza.
I filamenti intermedi sono connessi ad altri tipi di filamenti mediante alcune proteine che formano
legami crociati e mediano l’interazione tra i vari componenti del citoscheletro.
Il movimento delle cellule è permesso dalla presenza di ciglia (appendici più numerose e corte) e
flagelli (una o poche appendici lunghe) (ricorda che il flagello della cellula eucariota è diverso da
quello della cellula procariota, vedi pagina 9 per dettagli di quello procariota). Il movimento
permesso dalle ciglia è a remo, quello invece permesso dal flagello è di tipo sinusoidale/ondulatorio
(tipico di movimento a sinusoide è quello fatto dallo spermatozoo).
Le cellule che si muovono con le ciglia sono quelle dell’apparato respiratorio (vie respiratorie aeree)
e delle tube.
Ciglia e flagelli
eucarioti sono
formati da 9
coppie di
microtubuli
disposti ad
anello
all’esterno
(queste
coppie hanno
struttura
assonemale), disposte intorno a una
struttura centrale formata da due microtubuli non appaiati (l’insieme di entrambe le parti si indica
come disposizione 9+2). La dineina collega le coppie esterne e permette il movimento tra
microtubuli tramite scivolamento usando ATP.
Il ciglio è ancorato alla cellula grazie al corpo basale che è fatto da 9 strutture centricolari (struttura
9x3).
Il citoscheletro permette anche la contrazione muscolare (la
contrazione volontaria è quella del muscolo striato, quello liscio si
contrare involontariamente, infatti il nostro apparato respiratorio
contiene entrambi i tipi).
I muscoli sono formati da fibre muscolari (figura a lato). Queste fibre
hanno tanti nuclei al loro interno con un unico citoplasma in comune
tra tutti. La striatura è data dalla sovrapposizione delle fibre di
miosina e quelle di actina, questa permette la contrazione. Il
sarcomero è l’unità di base del muscolo (il pezzo di muscolo preso
singolarmente, l’insieme di tutte le fibre situate tra le sue due
26
estremità) e subisce la contrazione (una successione di sarcomeri forma la miofibrilla). Nella
contrazione, questo si accorcia causa il ripiegamento delle teste di miosina. La contrazione
muscolare necessità di ATP. Il citoplasma dei muscoli è formato da miofibrille (fasci cilindrici di fibre
sottili di actina e miosina [la miosina è una proteina motrice]).

CAPITOLO 4: LA DUPLICAZIONE (E’ LA STESSA COSA DIRE REPLICAZIONE) DEL


DNA [STUDIARE BENE PERCHE’ DOMANDA SICURA ALL’ESAME]

La duplicazione cellulare fa parte del processo di divisione cellulare, infatti è il processo che serve a
raddoppiare la quantità di DNA di una cellula per prepararsi poi alla divisone cellulare. I cromosomi
sono visibili quando la cellula si sta svolgendo questa operazione. Quando si parla di duplicazione
bisogna considerare la polarità dei due filamenti di DNA (ricorda, un filamento ha orientamento 5’3’,
l’altro 3’5’ [ricorda: al 5’ c’è un gruppo fosfato libero, al 3’ c’è un gruppo ossidrilico libero, infatti
ogni nucleotide legato con legame fosfodiestre ha il C3 impegnato col C5 di quello successivo, la
polarità si vede in base a dove è libero]), infatti gli enzimi che ne prendono parte hanno un
determinato verso. Nella duplicazione vengono duplicati entrambi i filamenti della doppia elica. La
duplicazione ha tre caratteristiche, infatti è semiconservativa, semidiscontinua e bidirezionale. E’
semiconservativa perché la cellula figlia avrà un elica di DNA della cellula madre e una neoformata,
i filamenti neoformati si accoppieranno con quello vecchio che ha orientamento opposto.
Ogni cellula ha una durata vitale ben precisa, ogni cellula infatti in questo periodo di vita, affronta il
cosiddetto ciclo cellulare, questo ciclo è costituito da due fasi fondamentali: interfase e la fase di
divisione cellulare. L’interfase è a sua volta divisa in: fase G1, fase S e fase G2, dopo queste tre la
cellula si divide con la Mitosi (fase M). Ogni tipo di cellula ha un ciclo cellulare di durata diversa.
Le cellule si dividono per tanti motivi: per esempio, quando c’è un danno/ferita, si divide per ricucire
il danno, oppure si dividono quando raggiungono dimensioni troppo grandi e il nucleo non riesce a
gestire più tutta la cellula e cosi via.
Nella fase S (fase di sintesi), avviene la sintesi del DNA, cioè la duplicazione del DNA. Le fasi G1 e G2
(dette anche fasi Get-One e Get-Two) sono fasi di stasi nelle quali la cellula prepara tutto ciò che
serve per le fasi successive (la G1 prepara per la duplicazione del DNA (fase S), la G2 per la Mitosi
(fase M)) raccogliendo proteine, enzimi ecc. che serviranno successivamente.
Tornando alla duplicazione del DNA, bisogna tenere a mente che le basi azotate delle due eliche
sono complementari tra loro.
Per prima cosa, vengono rotti i legami a idrogeno che legano le basi azotate della doppia elica,
questo porta all’apertura di quest’ultima. Successivamente, un enzima va a inserire il nucleotide
che ha la base complementare a quella originale e si crea un filamento complementare a quello
vecchio con polarità opposta, ristabilendo una doppia elica con un filamento nuovo e uno vecchio
(semiconservatività). Questo enzima che lega i nucleotidi (nucleotidi complementari con quelli
vecchi) formando legami fosfodiesteri tra loro si chiama DNA Polimerasi (letteralmente “creatore
di polimeri di DNA”), questo enzima lega un nucleotide con 5’ libero al 3’ (OH) di quello precedente
(ricorda che un enzima sa fare solo una e una sola funzione).

27
In breve (questo vale solo per la catena veloce che ha orientamento 3’5’):
1. Si rompe la doppia elica di DNA originale, rottura provocata dall’ enzima detto elicasi
(l’elicasi apre la doppia elica in una sola direzione (possono esserci più elicasi
contemporaneamente, vedi bidirezionalità), ( effetto stile cerniera lampo per capirci) (ogni
filamento farà da stampo a quello neonato)
2. Arriva il DNA Polimerasi che si lega all’elica vecchia
3. Il DNA Polimerasi “recluta” i nucleotidi che sono complementari (dNTPs) a quello dell’elica
vecchia e li lega formando legami fosfodiesteri, la catena cresce solo nel verso 5’3’ per il
DNA Polimerasi sa attaccare nucleotidi solo in quella direzione, leggendo sempre i
nucleotidi dell’elica stampo (il filamento avrà direzione e verso uguali a quelli dell’elicasi)
Il fatto che il DNA Polimerasi sa attaccare nucleotidi solo nel verso 5’3’ crea un problema quando si
va a copiare l’altro filamento (infatti sappiamo che la doppia elica è composta da due filamenti che
hanno orientamento opposto): premesso che la polarità si vede sempre nella direzione nella quale
l’elicasi apre la doppia elica (basta vedere dove si lega il nuovo filamento fatto dal DNA Polimerasi
che sarà per forza 5’3’ quindi si legherà con quello 3’5’ originale, questo filamento sarà più facile da
creare e prende il nome di filamento continuo o veloce (leading chain, copia nella stessa direzione
dell’elicasi, infatti il verso durante la duplicazione va visto sempre nel verso dell’elicasi) e si forma
man mano che l’elicasi rompe i legami), il problema lo avremo quando si andrà a creare il filamento
complementare a quello di verso opposto. In questo caso entra in gioco la semidiscontinuità. Il
secondo filamento infatti, sarà discontinuo (elica lenta o lagging strand, ricorda che questa copia
in direzione opposta all’elicasi) (fattore dovuto al fatto che la DNA Polimerasi non sa creare un
filamento 3’5’). Per fare ciò entra in gioco un enzima chiamato primasi, questo enzima
produce/sintetizza pezzetti di RNA complementari al pezzo di DNA al quale si legano ed hanno un
3’(OH) libero. Questo permette al DNA Polimerasi di entrare in gioco, legandosi a questi pezzetti di
RNA (Primer), e aggiungendo nucleotidi sempre nella direzione 5’3’ come sa fare. Questo forma il
secondo filamento che avrà verso opposto all’apertura dell’elicasi. Questo filamento quindi è
composto da tanti frammenti di DNA creati dal DNA Polimerasi detti filamenti di Okazaki che si
uniscono ai Primer di RNA creati dalla primasi (la primasi agisce su entrambi i filamenti, solo che nel
caso del primo filamento fornisce solo il primo 3’(OH) e fa partire il processo). Questi Primer di RNA,
visto che a noi interessa una doppia elica di DNA, dovranno essere rimossi. Per fare ciò, si sfrutta
l’attività esonucleasica che alcuni DNA Polimerasi posseggono, cioè la capacità di staccare i
nucleotidi: la DNA Polimerasi con questa capacità, si lega a questi Primer e torna indietro, cioè
sostituisce il nucleotide di RNA con uno di DNA e cosi via per tutto il filamento. A questo punto si
hanno tanti pezzi di DNA che devono essere legati, questo avviene grazie all’enzima ligasi che lega
tutti i frammenti (sia quelli di Okazaki che quelli ottenuti dalla sostituzione dell’RNA) e forma un
unico filamento formando i legami fosfodiesteri.
________________________________________________________________________________
In breve tutto il processo di duplicazione è il seguente:
1. Doppia elica di partenza con filamenti complementari e di verso opposto
2. Azione dell’elicasi che taglia i legami a idrogeno con bolla/forcella di replicazione (la
forcella è il punto di start dell’elicasi, si apre e fa partire elicasi in entrambi i versi) che apre

28
l’elica in una
direzione
precisa che
darà poi anche
il verso col
quale leggere
l’orientamento
dei due
filamenti
3. Delle proteine
dette SSBP
(single strand binding protein) evitano che i due filamenti tagliati si ricompattino legandosi
con i singoli filamenti (non fanno ricreare i legami a idrogeno)
4. Entra in gioco la primasi che sintetizza un unico pezzettino di RNA sul filamento veloce
(quella 3’5’ che si copierà facilmente perché la DNA Polimerasi sa fare la catena 5’3’
complementare), questo fornirà il primo 3’ (OH) che darà il via alla creazione del nuovo
filamento (filamento veloce, verso uguale a quello dell’elicasi)
5. La duplicazione della catena/elica lenta (filamento discontinuo) avverrà più lentamente,
in verso opposto a quello dell’apertura: tutto inizierà da una serie di Primer (primer =
innesto) di RNA creati dalla primasi, a questi si attaccherà la DNA Polimerasi che inserirà
un nucleotide complementare formando i frammenti di Okazaki (frammenti di DNA creati
dalla DNA Polimerasi), successivamente la DNA Polimerasi con funzione esonucleasica
staccherà i nucleotidi di RNA e metterà al loro posto nucleotidi di DNA, tutti questi pezzetti
DNA saranno infine legati dalla ligasi che completerà l’elica formando i legami
fosfodiesteri.
________________________________________________________________________________
Ciò dimostra la semidiscontinuità della duplicazione: infatti un filamento viene copiato senza
problemi (catena veloce) mentre l’altro è più lento e prevede una copiatura discontinua e più
complessa (su quello veloce la DNA Polimerasi agisce in modo continuo, su quello lento agisce in
maniera discontinua perché crea dei pezzetti che poi verranno uniti).
La duplicazione è anche bidirezionale perché la doppia elica si apre in più punti per velocizzare il
processo che potrebbe durare anche molte ore: si vengono a formare infatti diverse forcelle/bolle
di replicazione contemporaneamente, queste si muovono lungo il filamento aprendosi in avanti e
chiudendosi dietro. Dalla bolla di replicazione partono due elicasi, una che va in un lato e una va
nell’altro quindi bidirezionalità.
La duplicazione è un processo molto veloce e per questo motivo, nella parte non ancora aperta di
elica, si potrebbero formare dei nodi, questi nodi sono sciolti da enzimi detti Topoisomerasi che
tagliano il nodo e riuniscono i due filamenti.
La telomerasi allunga il DNA telomerico aggiungendo sequenze ripetute alle estremità dei
cromosomi, formando i telomeri. I telomeri possono essere tagliati durante la duplicazione del DNA.
La DNA Polimerasi compie diversi errori durante la replicazione scambiando una base con un’altra,
cioè inserisce un nucleotide non complementare. Senza correzione di questi errori, verrebbero
29
modificati centinaia di geni perché verrebbero codificate proteine diverse (ricorda il fatto delle
triplette). Questi errori sono corretti dalla DNA Polimerasi I che funge da “correttore di bozze”,
ripassando tutti il filamento e correggendo tutti gli errori tipografici (dove c’è l’errore le basi non
sono complementari quindi non legano e l’elica resta aperta in quel punto). L’errore si corregge
sostituendo il nucleotide errato con quello giusto sul nuovo filamento, questo prende il nome di
meccanismo di riparo del DNA. Può capitare però (un caso su milioni volte) che la base sbagliata
rimanga, nonostante il correttore, al suo posto e questo provocherà delle mutazioni (l’errore si
verificherà su entrambi i filamenti col passare del tempo).

CAPITOLO 5: TRASCRIZIONE E TRADUZIONE DEL DNA (PROCESSO NECESSARIO


PER PRODURRE PROTEINE NECESSARE ALL’ESPRESSIONE DI UN
GENE)(DETTAGLI DELL’ESPRESSIONE GENICA NEL CAPITOLO 11)

La trascrizione non centra nulla con la duplicazione. La trascrizione infatti riguarda il flusso
dell’informazione. Questo flusso, ricordando che l’insieme di tutte le informazioni si trovano sul
DNA sottoforma di geni (un gene codifica una proteina, un gene è un pezzo di DNA (un’unità
funzionale di DNA) che codifica per qualcosa non per forza proteina, infatti un gene per esprimersi
nel fenotipo deve sempre passare attraverso la produzione di una specifica proteina), non è altro
che il passaggio di questa informazione dal nucleo (dove si trova il DNA) al citoplasma e quindi ai
ribosomi. Questo flusso d’informazione contiene tre eventi:
1. Trascrizione
2. Maturazione dell’RNA
3. Traduzione/sintesi delle proteine
Questi tre eventi fanno passare dal nucleo al citoplasma le informazioni. Questi processi
comprendono solo un gene per volta, cioè un pezzo di DNA per volta.
Prima di scendere nel dettaglio del processo di traduzione, analizziamo le caratteristiche di un gene.
Un gene, come sappiamo, è una singola parte di DNA, un singolo tratto che codifica per una
proteina, un rRNA o un tRNA. La
sua struttura è la seguente:

 Promotore: parte iniziale


del gene, parte non
codificante in quanto le
sue basi hanno solo la
funzione di regolare la
trascrizione del gene
stesso (le sue triplette
infatti non codificano
nessun amminoacido, un
singolo promotore può
veicolare diversi geni
anche le genericamente
30
un promotore = un gene). Contiene il sito di start del processo e 25 basi prima di esso è
situata la “TATA-box” che permette all’RNA Polimerasi di posizionarsi esattamente
sull’inizio di un gene, identificando chiaramente il punto di start
 Parte codificante (parte che viene copiata dall’RNA Polimerasi): è composta da Introni ed
Esoni. Gli Introni (linea nera in figura) sono una parte non codificante e contengono
solamente sequenze regolative; gli Esoni (parte rossa) invece sono la vera e propria parte
codificante; nella struttura del gene eucariota introni ed esoni si alternano, in quella
procariota sono presenti solo esoni
 Sequenze con senso o con valori trascrizionali: regolano la trascrizione
 Sequenze enhancer e silencer: aumentano o diminuiscono il livello di trascrizione (la
inibiscono o la attivano), situate a monte del promotore
 Prima sequenza sempre ATG (sequenza di start), ha una sequenza di stop (codone di stop)
che indica la fine del gene all’RNA Polimerasi
La trascrizione consiste nella copia di un pezzo di DNA (un solo gene) su un filamento di RNA che
poi entrerà nel citoplasma e verrà tradotto in proteina (prima di questo passaggio, l’mRNA
immaturo generato dalla trascrizione subirà altre operazioni, vedi “Maturazione dell’RNA). Questo
succede perché la trascrizione viene fatta solo quando il corpo necessita di quella proteina in quel
momento, il corpo non spreca energia per creare proteine che non servono. Il filamento di RNA
contenente l’informazione del gene escono dal nucleo attraverso il complesso del poro e verrà
tradotto a livello dei ribosomi in proteine. Nella trascrizione non esistono correttori di bozze.
La trascrizione avviene cosi:
1. Si parte sempre dalla doppia elica di DNA solo che questo processo riguarda solo un gene
del DNA e non tutta la catena
2. La doppia elica viene aperta e viene usato un solo filamento in quanto le informazioni sono
le stesse su entrambi
3. Entra in gioco l’RNA Polimerasi (enzima che agisce solo in verso 5’3’ e legge il filamento
stampo di DNA in direzione 3’5’) sempre su un solo filamento
4. L’RNA Polimerasi inizia la trascrizione dopo essersi legata ad una regione del gene specifica
che si chiama promotore, questa è una parte non codificante e serve solo come segnale di
trascrizione (cioè fa capire all’RNA polimerasi dove inizia e dove finisce un gene), per
permettere all’RNA Polimerasi di posizionarsi esattamente sull’inizio di un gene si usano
delle “TATA-box” e per avviare il processo, servono poi delle sequenze con valori
trascrizionali (sequenze con senso), cioè proteine legate a particolari sequenze che
attivano o reprimono la trascrizione (la regolano)
5. L’RNA Polimerasi continua la sua trascrizione fin quando non incontra una sequenza di basi
azotate che funge da segnale di stop
Questa prima versione di mRNA è detta “immatura” in quanto necessita dell’eliminazione degli
introni (parte non codificante) prima di entrare nel citoplasma, cioè deve “maturare”
La maturazione (solo mRNA eucariota la subisce, infatti quello procariota è già pronto per la
traduzione) dell’RNA quindi, prepara l’mRNA alla traduzione/sintesi proteica. Questo processo
avviene nel nucleo (prima della traduzione ovviamente) e prevede tre fasi:

31
1. Poliadelinazione (PoliAAA) (aggiunta di basi di anenina con la cosiddetta “coda di
PoliA”)(favorisce la traduzione)
2. Capping (aggiunta del “cappuccio” per proteggere l’mRNA)
3. Splicing (figura a lato) (normale o
alternativo) (lo splicing alternativo è la
produzione di diverse proteine dallo
stesso trascritto di mRNA, ciò avviene
rilegando in modo diverso gli esoni [si
legano in modo diverso o si rilega un
esone invece di un altro], questo
processo avviene in quanto, per
risparmiare energia, si produce solo la
proteina che serve in quel momento)
La maturazione ha due obiettivi:
1. Fornire all’mRNA gli strumenti per difendersi dagli enzimi del citoplasma (questa funzione
viene fatta modificando il 3’ e il 5’ nei processi di Poliadelinazione e Capping: al 3’ si
aggiunge la coda di PoliA, al 5’ si aggiunge della 7metil guanosina durante il Capping [una
sorta di cappuccio])
2. Eliminare la parte non codificante (introni) rilegando tra loro gli esoni (funzione svolta
dall’snRNA durante lo splicing: vengono infatti tagliati gli introni (con una struttura a
cappio) e legati tra loro gli esoni, a questo processo partecipano anche enzimi e
splaisosomi)
A questo punto si ha un mRNA maturo che può essere tradotto.
La Traduzione (figura a lato) avviene in questo modo:
1. L’mRNA maturo passa attraverso le due sub-unità dei ribosomi (parte marrone in figura)
che leggono, una alla volta, le varie triplette (codoni) contenute sull’mRNA (la prima
tripletta è sempre
AUG in quanto è la
prima tripletta
contenuta in ogni
gene [ATG che
ovviamente
diventa AUG in
quanto l’uracile
sostituisce la
timina nel
passaggio da DNA
a RNA])
2. A ogni tripletta si
lega il tRNA
contenente la tripletta (anti-codone) (il primo tRNA arriva nel sito P del ribosoma, dove
poi si formerà la catena polipeptidica) complementare a quella letta e contenuta

32
sull’mRNA; il tRNA che arriva per legarsi, ha già attaccato ad esso mediante un enzima
(amminoacil tRNA sintetasi) (ha acquisito questo amminoacido nel suo 3’, in una fase
precedente, dalla cellula) l’amminoacido corrispondente alla tripletta dell’mRNA (ricorda
infatti che ogni tripletta corrisponde a un amminoacido)
3. Il legame tra codone dell’mRNA e anti-codone del tRNA permette a quest’ultimo di
rilasciare l’amminoacido ad esso attaccato (parte letterale in coda al tRNA in figura) (fatto
ciò il resto del tRNA esce dal sito A del ribosoma, passando prima dal sito E)
4. Questo processo si ripeterà tripletta dopo tripletta e mano a mano verranno rilasciati dai
vari tRNA gli amminoacidi necessari a costituire la proteina. Il processo si interromperà
quando verrà letto il codone di stop (a questo codone si legherà una proteina chiamata
“fattore di rilascio” che allontanerà l’mRNA letto dal ribosoma)
5. Questi amminoacidi rilasciati quindi, si legheranno tra loro con legami peptidici e
formeranno la proteina vera e propria sotto forma di catena polipeptidica (come detto, la
catena si formerà nel sito P del ribosoma mentre nel sito A arriveranno, uno alla volta, i
vari tRNA corrispondenti alla tripletta letta) (Questo processo si ferma quando viene letto
un codone di stop)
Durante la lettura dell’mRNA possono verificarsi degli errori di lettura: il codice genetico infatti, non
ha punteggiatura tra i vari codoni e può capitare che il primo codone venga letto male. Nel caso si
verifichi ciò, tutta la lettura verrà sballata e ogni tripletta verrà letta in modo errato, cosa che porterà
alla codifica di un’altra proteina invece di quella originale. Questo processo prende il nome di
slittamento nella cornice di lettura
Tutte queste operazioni vengono svolte dai tre tipi di RNA: ribosomiale (costituente dei ribosomi,
non interviene direttamente nel passaggio), messaggero (trascrive il DNA e porta l’informazione
fuori dal nucleo, esistono tanti tipi di RNA messaggero per quanti sono i geni che si esprimono in
una cellula e quindi proteine espresse), trasfert che trasporta gli amminoacidi sui ribosomi secondo
la sequenza scritta sull’RNA Messaggero (in parole povere, il tRNA si lega alla tripletta letta, ha già
incorporato l’amminoacido della tripletta letta, si lega alla tripletta con il proprio anti-codone e
questo legame fa rilasciare ad esso l’amminoacido posseduto nel 3’, tutti gli amminoacidi rilasciati
formeranno poi la proteina. Il tRNA quindi permette il passaggio da triplette di basi azotate ad
amminoacidi veri e propri).
Nei procarioti abbiamo un solo tipo di RNA Polimerasi. Negli eucarioti i tipi sono tre:

 L’RNA Polimerasi I codifica l’rRNA


 L’RNA Polimerasi II codifica l’mRNA e il snRNA
 L’RNA Polimerasi III codifica tRNA, rRNA, snoRNA

CAPITOLO 6: RIPRODUZIONE CELLULARE E CICLO CELLULARE

La Riproduzione Cellulare ha due tipi di compiti:

 Negli Unicellulari questa serve per aumentare la numerosità della specie, consiste cioè
nella riproduzione dell’organismo in se

33
 Nei Pluricellulari ha un ruolo importante nell’accrescimento e nella rigenerazione
Non tutte le cellule completano il ciclo cellulare con una divisione. Le cellule perenni infatti, dopo
essersi differenziate, non si duplicano più. Quelle stabili mantengono la loro capacità di dividersi
mentre quelle labili si dividono in continuazione.
La riproduzione cellulare nei procarioti (principalmente batteri, è un processo molto rapido)
avviene in questo modo:

 Scissione cellulare binaria: unico cromosoma circolare che si riproduce creando un altro
“anello” cromosomico esattamente uguale a quello della cellula madre, spostamento dei
due cromosomi verso i due poli opposti, accrescimento della cellula madre, formazione di
un setto (un canale) al centro della cellula e scissione di quest’ultima in due
Negli eucarioti invece, il processo è molto più complesso e, in breve, si riassume cosi (sarebbe il ciclo
cellulare):
1. Fase G1 (accrescimento, sintesi proteica, produzione di sostanze)
2. Fase S (dove avviene la duplicazione del DNA, senza questa duplicazione il DNA resterebbe
cromatina invece di diventare cromosoma)
3. Fase G2 (sintesi delle diverse strutture che verranno ripartite tra le due cellule figlie)
4. Fase M (mitosi o meiosi a seconda se si tratta di cellule diploidi o aploidi, vedi dopo per
dettagli)
Le fasi G1, S e G2, fanno parte dell’Interfase, fase cioè dove la cellula non si divide ma si prepara alla
divisone e/o alla fase successiva (la fase G1 infatti prepara la cellula alla fase S, allo stesso modo la
fase G2 prepara la cellula per la fase finale M).
Nel dettaglio, si osserva che nella fase G1 (fase più lunga) vengono prodotti enzimi e proteine
necessarie alla duplicazione del DNA. Alcune cellule, tipo quelle nervose, possono restare bloccate
in questa fase, se ciò succede, non avviene la duplicazione cellulare, si parla in questo caso di fase
G0.
Nella fase G2 viene prodotto tutto il materiale necessario alla mitosi/meiosi successiva. Se una
cellula entra in questa fase, finirà sempre per duplicarsi. In questa fase avviene la duplicazione dei
centrioli, si formano le prime fibre astrali attorno ad essi e il DNA è presente ancora sotto forma di
cromatina.
Questi processi di duplicazione sono regolati da proteine particolari dette cicline che innestano o
bloccano la riproduzione cellulare (fanno superare i punti di restrizione, controllando che la cellula
abbia condizioni favorevoli alla riproduzione. Se i punti di restrizione sono superati in modo errato
la cellula si riproduce in modo incontrollato e può portare a malattie tipo il cancro). Inoltre, ci sono
dei punti di controllo del ciclo cellulare che accertano che una fase sia finita prima di far partire
quella successiva.
In prossimità del nucleo ci sono due centrioli (corpuscoli simili a ciglia e flagelli per struttura) che,
come detto, si duplicano nella fase G2. Durante la mitosi (come vedremo meglio dopo), queste due
coppie di centrioli si vanno a posizionare ai due poli del fuso mitotico, la zona tra i due centrioli
prende il nome di centrosoma. Il fuso mitotico è composto da fibre (microtubuli) che possono essere

34
polari se vanno da un polo all’altro, cromosomali (o dei cinetocori) se partono da un polo e arrivano
al centro dove ci sono i cromosomi attaccandosi ad essi, o dell’aster se circondano i centrioli stessi.
La fase finale della riproduzione cellulare delle cellule diploidi è la Mitosi (fase M). La mitosi si divide
in (tra parentesi in sintesi i passaggi principali della fase) (ricorda che ogni cromosoma viene
duplicato per far avere alle cellule figlie le stesse 23 coppie di cromosomi della cellula madre)
(genera 2 cellule con patrimonio “2n” identiche alla cellula madre):

 Profase (compattazione del DNA, ordinamento dei centrioli, formazione prime fibre del
fuso mitotico, cromosomi visibili, è ancora presente la membrana cellulare)
 Prometafase (rottura della membrana cellulare, formazione di altre fibre del fuso mitotico,
prima disposizione equatoriale dei cromosomi al centro del fuso tra i due poli)
 Metafase (cromosomi disposti al centro del fuso lungo il piano equatoriale (lungo la piastra
metafasica) della cellula e si legano con i filamenti cromosomali, centrioli già disposti ai
poli, formazione delle restanti fibre del fuso mitotico)
 Anafase (prima divisione cromatidi fratelli provocata dal fuso mitotico e primo
spostamento verso i poli, inizia con la divisione dei cromatidi fratelli e termina quando lo
spostamento ai poli è completo)
 Telofase e
Citodieresi/citochinesi:
divisione finale dei cromatidi
e spostamento finale di
questi verso i due poli (si
sposta un intero corredo
cromosomico verso ogni
polo), scomparsa delle fibre
del fuso mitotico,
riformazione della
membrana cellulare intorno
ai cromosomi del nucleo
(questi infatti riformano il
nucleo), separazione del
citoplasma (citocinesi) e degli
organuli che forma le cellule figlie). La citodieresi/citochinesi avviene a causa della
sovrapposizione di fibre di actina su fibre di miosina, questo apre un solco di divisione con
il quale poi si divideranno le due cellule.
La fase finale della riproduzione cellulare delle cellule aploidi/germinali/riproduttive (ovuli e
spermatozoi, riproduzione sessuata, cellule che creeranno lo zigote) invece è la Meiosi. La meiosi
genera 4 cellule con patrimonio “n” (si parte da una cellula con patrimonio “2n”, dimezzamento dei
cromosomi) e prevede due fasi, Meiosi 1 e Meiosi 2 (ogni meiosi ha sempre una profase, una
metafase, un’anafase e una telofase). Anche la meiosi, è preceduta dalle fasi G1, S e G2 (in questa
G2 avviene sempre la duplicazione del DNA che si organizza in cromosomi omologhi con cromatidi
fratelli). Durante la meiosi avvengono due divisioni.
Durante la meiosi 1 può avvenire il crossing-over: in pratica, due cromatidi di due cromosomi
omologhi (uno materno e uno paterno) si sovrappongono (chiasma, regioni particolari che uniscono
35
i cromosomi omologhi) scambiandosi un pezzo di DNA, durante questo crossing-over non si perde
nessun gene, entrambi i pezzi scambiati infatti, hanno gli stessi geni, cambiano solamente gli alleli.
Questo fenomeno partecipa alla variabilità genetica, cosi come ha un ruolo in essa, la casuale
divisione dei cromosomi omologhi (cioè cromosomi paterni e materni che si separano in modo
casuale) . Questa variabilità fa si che la prole non sia uguale ai genitori.

Nel dettaglio, le fasi della meiosi sono:

 Preparazione alla meiosi con la fase G1, S (in questa fase ogni cromosoma viene duplicato,
ogni cromosoma duplicato è composto da due cromatidi connessi tra loro col centromero)
e G2 (stessi processi che precedono la mitosi)
 Meiosi 1 (in breve: DNA (cromosomi) si compatta, i cromosomi omologhi si appaiano e
formano una tetrade che servirà per il crossing over, si allineano in modo equatoriale, alla fine
c’è la prima divisione cellulare)
1. Profase 1 (appaiamento dei cromosomi omologhi longitudinalmente (questo processo si
chiama sinapsi) dando vita a una tetrade (4 cromatidi associati), fase dove può avvenire il
crossing-over, creazione del fuso). A questa segue la prometafase 1 dove viene rimossa la
membrana e si crea il fuso (stessa fase della mitosi)
2. Metafase 1 (i cromosomi omologhi si allineano con la disposizione equatoriale, cosi come
avviene nella mitosi)
3. Anafase 1 (i cromosomi omologhi si separano e si dirigono verso i poli opposti [i cromatidi
fratelli sono ancora uniti!])
4. Telofase 1 (i cromosomi si compattano in nuclei distinti e avviene la divisione cellulare con
la citocinesi. In questa fase il nucleo contiene un numero aploide di cromosomi ma ogni
cromosoma è duplicato)
5. Nuova interfase che prende il nome di intercinesi, non avviene nessuna duplicazione del
DNA
 Meiosi 2 (in breve: non prevede un’ulteriore duplicazione del DNA, i cromatidi fratelli dei
cromosomi si separano e allontanano verso i poli, metà del corredo cromosomico migra verso
ciascun polo)
1. Profase 2 (i cromosomi/cromatina si condensano di nuovo, non c’è nessuna nuova
replicazione ne crossing-over ne accoppiamento di cromosomi omologhi). A questa segue
la prometafase 2 dove si completa il fuso e si rimuove la membrana
2. Metafase 2 (i cromatidi fratelli che costituiscono ciascun cromosoma omologo si
dispongono sul piano equatoriale della cellula)
3. Anafase 2 (i cromatidi fratelli si separano all’altezza del centromero e si dirigono verso i
poli opposti. Da questo momento, cosi come nella mitosi, ogni cromatidio è indicato come
cromosoma)
4. Telofase 2 (in questa fase c’è un componente di ciascuna coppia di omologhi a ogni polo,
si ricostituisce l’involucro nucleare, i cromosomi tornano cromatina e si verifica la
citocinesi)

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Ricapitolando: la mitosi è una singola divisione nucleare durante la quale i cromatidi fratelli si
disgiungono l’uno dall’altro dando luogo a due cellule figlie diploidi identiche alla cellula madre. La
meiosi invece, consiste in due divisioni nucleari successive (meiosi 1 e meiosi 2). Durante la meiosi
1 si separano i cromosomi omologhi mentre nella meiosi 2 si separano i cromatidi fratelli. La meiosi
si conclude con la formazione di quattro cellule aploidi geneticamente differenti causa variabilità
genetica dovuta a mescolamento di cromosomi paterni e materni. Durante la meiosi possono
avvenire degli errori.

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38
CAPITOLO 7: FORMAZIONE DEI GAMETI (GAMETOGENESI) I E FECONDAZIONE

Come detto, la meiosi genera 4 cellule figlie con corredo cromosomico “n”. Queste cellule però
non sono ancora pronte per essere fecondate, infatti devono subire delle trasformazioni per
diventare gameti maschili (spermatozoi) o femminili (ovuli). Per formare gli spermatozoi si parla di
spermatogenesi, questo processo, che avviene nelle gonadi e per tutta la vita di un uomo a partire
dalla pubertà, prevede uno sviluppo/differenziazione e una maturazione delle 4 cellule figlie della
meiosi (tutte e quattro diventano spermatozoi). A queste cellule infatti, si aggiunge nella parte
bassa, un lungo flagello che consente il movimento allo spermatozoo, mentre nella parte alta si
aggiunge una vescicola con dentro degli enzimi litici, questa vescicola, arrivata all’ovulo, si rompe e
rilascia enzimi litici che rompono la barriera dell’ovulo e permettono allo sperma di entrare in esso
e mescolare i propri cromosomi con quelli dell’ovulo dando il via alla fecondazione.
Gli ovuli invece vengono formati nel processo della ovogenesi. Durante questo processo, solo una
delle quattro cellule alla fine diventa un ovulo vero e proprio (citodieresi disuguale, cioè una sola
cellula mantiene tutto il citoplasma e diventa funzionale), le altre tre infatti nutriranno l’ovulo
stesso. Questo processo non avviene per tutta la vita di una donna e gli ovuli non fecondati
invecchiano (questo può portare a mutazioni del feto in caso di fecondazione) e vengono
successivamente rimossi. La meiosi della donna può bloccarsi nella meiosi 1 (tipo dalla nascita alla
pubertà e in menopausa), questo blocca l’ovogenesi. In un ovulo entra solamente uno
spermatozoo che avvia la fecondazione.
Alla prole vengono trasmesse solo le caratteristiche presenti nelle cellule germinali (quindi se un
malfunzionamento è presente solo nella cellula somatica di un genitore, questo non viene
trasferito alla prole).
La fecondazione genera uno zigote (prima cellula del nuovo organismo) che avrà corredo
cromosomico “2n” (23 cromosomi della madre e 23 del padre), fattore che ristabilisce la diploidia.

CAPITOLO 8: I VIRUS

I Virus sono costituiti da una singola unità di DNA o RNA (core), questa unità è circondata da una
massa di natura proteica (capside), sono formati da due subunità uguali (capsomeri), rivestimento
esterno composto da materiale cellulare (involucro pericapsidico). Sono dei parassiti intracellulari
obbligati, infatti da soli non possono sintetizzare nulla. Il rivestimento esterno serve a proteggere
il genoma vitale (DNA o RNA), senza di questo infatti, i virus non possono riprodursi. Un virus è
specifico per ogni tipo di cellule, cioè attacca ed entra solo in un tipo di cellula, questo perché sul
capside sono presenti delle proteine che vengono attirate solo da determinati recettori presenti su
specifici tipi di cellule. Questa caratteristica prende il nome di tropismo virale e si basa sul
rapporto ligando-recettore. Alcuni virus fanno entrare nella cellula da infettare solo il genoma,
altre invece fanno entrare tutto il capside (proteine + DNA o RNA). I virus sono molto più piccoli
dei batteri, la loro unità base è il capsomero. Questi capsomeri si possono disporre in vari modi
dettando la forma del virus: possono disporsi in una struttura con simmetria “a chiocciola”

39
(elicoidale) o con simmetria icosaedrica (un poligono a 20 facce triangolari). Un virus si diffonde e
replica solo in condizioni favorevoli (difese basse, contatti tra persone portatrici di virus ecc.). I
virus non hanno enzimi ne ribosomi, ne possono produrre energia.
I virus possono infettare (vengono classificati):

 Batteri (batteriofagi o fagi)


 Animali
 Vegetali
I batteriofagi hanno una struttura complessa
(presentano una coda con i ligando necessari al
riconoscimento delle cellule da infettare).
I virus hanno tre tipi di ciclo riproduttivo:

 Ciclo litico (prevede la rottura della


cellula, specifico dei batteriofagi)
 Ciclo lisogeno/lisogenico (la cellula dopo l’infezione non si rompe, sempre dei
batteriofagi che in questo caso prendono il nome di fagi temperati)
 Gemmazione cellule ospiti viventi (la cellula non si rompe ma diventa secernente virus)
Nel ciclo litico il virus, dopo aver infettato una cellula e usato il suo materiale per produrre nuove
unità di esso, rompe la cellula infettata facendo fuoriuscire le nuove unità e causando la morte
della cellula. Le fasi di questo ciclo sono cinque:
1. Aggancio, il virus aderisce ai recettori della cellula ospite
2. Penetrazione, il virus passa attraverso la membrana ed entra nella cellula
3. Replicazione e sintesi, creazione di altre unità del virus non ancora assemblate, vengono
infatti create in questa fase i costituenti e tutto il necessario all’assemblaggio
4. Assemblaggio
5. Rilascio, uscita dalla cellula ospite con lisi della cellula, ricerca di nuove cellule da
infettare che riavvia il processo
Nel ciclo lisogeno invece, il genoma del virus si integra con quello della cellula infettata e resta li
(questo processo si chiama stato di latenza e prevede il genoma del virus unito al DNA della
cellula, la patologia non si manifesta in quanto, durante questa unione, il virus esprimerà solo la
proteina repressore che lo fa restare in stand-by finché non si creeranno condizioni favorevoli alla
riproduzione del virus che avverrà regolarmente tramite il ciclo litico).
Nella gemmazione delle cellule ospiti viventi, il virus entra nella cellula tramite delle vescicole, si
replica nella cellula ed esce sempre tramite delle vescicole (gemme). Con questo processo la
cellula infettata non si rompe e viene sfruttata più volte per produrre più unità virali.
I virus a RNA utilizzano per la loro replicazione e trascrizione enzimi della cellula ospite. La cellula
però, non ha sempre enzimi in grado di copiare l’RNA quindi il virus a RNA deve già possedere
l’enzima per la replicazione. In alcuni virus l’RNA è usato direttamente dalla cellula come un mRNA
che sintetizza enzimi ed è in grado di replicare l’RNA virale. In altri invece è presente l’unico
enzima, la retrotrascrittasi (enzima solo virale che da il nome ai retrovirus) che sintetizza DNA

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partendo dall’RNA presente. Il DNA sintetizzato entrerà poi nella cellula o sarà tradotto
direttamente (come nel caso del virus del HIV).
Il virus del HIV penetra nella cellula e copia il proprio genoma su una molecola di DNA che si
integra col cromosoma della cellula. A questo punto può fare tre cose (a seconda del tipo di HIV
che è):
1. Il virus può riprodursi e liberarsi dalla cellula velocemente distruggendola
2. Il virus può entrare in un periodo di stasi (fino a 10 anni) per poi riattivarsi e indurre la
cellula a produrre una grande quantità di virus distruttivi
3. Il virus può causare un’infezione persistente con una produzione lenta di nuovi virus da
uccidere solo poche cellule ospiti
Questo virus genera l’AIDS (immunodeficienza acquisita), questa compromette il sistema
immunitario della persona che, se non tenuta sotto controllo, vedrà abbassarsi drasticamente le
sue difese immunitarie e rischierà di morire contraendo malattie (non si muore di AIDS ma di
malattie che l’AIDS ti fa contrarre). Il virus del HIV entra nel circolo ematico e si lega ai linfociti T
helper che sono la sua cellula bersaglio. La patologia si manifesta quando viene distrutto un
numero considerevole di linfociti T helper, con conseguente abbassamento delle difese
immunitarie.
Esistono poi dei virus oncogeni, cioè virus che si integrano col DNA e sono strettamente collegati
ad alcuni tumori. Questi infatti, alterano la sintetizzazione di alcune proteine, questa alterazione
porterà, quasi sempre, a una riproduzione cellulare incontrollata che quindi genererà masse
tumorali. Alcuni di questi virus sono quello della mononucleosi o il papilloma virus (virus che
genera delle verruche e se arriva all’utero può causare il tumore al collo dell’utero).
Contro i virus sono inefficaci gli antibiotici (questi servono solo contro infezioni batteriche). Solo gli
antivirali e i vaccini possono aiutare contro i virus anche se, quasi sempre, la malattia (tipo
l’influenza) può manifestarsi nonostante questi farmaci, anche se magari in maniera ridotta e più
debole.

CAPITOLO 9: LA GENETICA E LE LEGGI DI MENDEL

La genetica è lo studio dell’eredità attraverso la variabilità.


Per eredità si intende la somiglianza della prole con i genitori. Per variabilità si intendono le
differenze tra genitori e figli. La variabilità è dovuta al rimescolamento dei geni durante la meiosi e
a crossing-over che avviene nella profase1 (oltre alle varie mutazioni e alla fecondazione casuale
della riproduzione sessuale).
Genoma: insieme di molecole del DNA (geni), unico per ogni specie.
Fenotipo: caratteri che si esprimono e appaiono all’esterno, caratteri espressi dagli alleli
dominanti, espressione esterna di un certo genotipo.
Genotipo: specifica composizione allelica di un organismo, sia in relazione all’intero genoma che in
relazione ad un certo gene o gruppi di geni.
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Cromosoma (definizione in genetica): elementi del genoma, ciascuno costituito da un’unica lunga
molecola di DNA continua.
La genetica si suddivide in tre tipi:

 Genetica classica, studia le modalità della trasmissione dei geni da una generazione
all’altra
 Genetica molecolare, si occupa della struttura e della funzione dei geni, studia anche la
trasmissione di malattie genetiche
 Genetica delle popolazioni, studia il comportamento dei geni nelle popolazioni (per
esempio popoli o tribù che vivono in zone particolari e circoscritte)
Le Leggi di Mendel affermano che i caratteri ereditari sono trasmessi come unità (geni) che
vengono distribuite singolarmente a ogni generazione.
La prima legge è quella della recessività e della espressività degli alleli (nella generazione F1)
presenti nei locus dei cromosomi (in breve un tratto sarà dominante e uno sarà recessivo).
In pratica:

 Alleli uguali = omozigoti.


Omozigote recessivo se
entrambi esprimono il
carattere recessivo che
però solo e solamente
in questo caso (aa), sarà
espresso nel fenotipo
(appare cioè
fisicamente). Se invece
si parla di Omozigote
dominante si intende
che entrambi gli alleli
esprimono il carattere
dominante (AA) che
ovviamente sarà
espresso nel fenotipo
 Alleli diversi = eterozigoti, in questo caso si esprime sempre e solamente il carattere
dominante (Aa  si esprime il
carattere dominante A)
La seconda legge è quella della Segregazione.
“I due membri di una coppia genica
(alleli/geni) si separano (segregano) l’uno
dall’altro durante la formazione dei gameti;
metà dei gameti contiene un allele e l’altra
metà l’altro allele”. In caso di alleli eterozigoti
infatti, durante la formazione dei gameti, metà
(2 gameti) avranno l’allele dominante e metà

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avranno l’allele recessivo. Nella F1 prodotta dall’unione di questi gameti, si manifesterà nel
fenotipo solo l’allele dominante. Nella F2 invece, oltre al carattere dominante, può esprimersi
anche l’allele recessivo (questo succede solo nel caso in cui si combinino tra loro i gameti
omozigoti recessivi [aa]). Nella F2 infatti, c’è il 75% di probabilità che si esprima l’allele dominate e
il 25% che sia invece mostrato l’allele recessivo (vedi quadrato di Punnet). La F2 prevede il 50%
della prole con alleli omozigoti (AA) e il restante 50% con alleli eterozigoti (Aa).
La terza legge è quella dell’Assortimento indipendente. Quando si formano i gameti, gli alleli di un
gene si separano indipendentemente dagli alleli di un altro gene. Questo enunciato però, vale
solamente con cromosomi omologhi lontani (ricorda che in una coppia di cromosomi omologhi,
uno è materno e uno è paterno). Questo enunciato non vale però in caso di linkage. Per linkage
(associazione) si intende la tendenza di un gruppo di geni localizzati sullo stesso cromosoma ad
essere ereditati insieme nelle generazioni successive (in breve non si separano perché sono molto
vicini e il crossing-over non avviene tra loro causa pochissimo spazio tra i due alleli, quindi non
avviene nessuna separazione ne scambio con l’altro cromosoma omologo). Questo avviene
quando i locus degli alleli sono localizzati sulla stessa coppia di cromosomi omologhi, gli alleli
infatti non si combineranno in modo indipendente ma saranno ereditati insieme prendendo il
nome di alleli associati. Questo genererà due gameti ricombinanti (questi avranno degli alleli che
originariamente appartenevano all’altro cromosoma della coppia, si sono scambiati la posizione
con il crossing-over) e due gameti parentali identici ai gameti della generazione precedente.
I gameti di un eterozigote (per esempio RRyy) nella F1 saranno Ry (metà e metà in pratica), se
questa F1 viene unita ad un gamete con alleli rY la F2 derivante sarà: RrYy, di conseguenza la F3 sarà
espressa mediante tutte le combinazioni possibili (RRYY, RrYY e cosi via) che esprimeranno di volta
in volta le varie caratteristiche nel fenotipo in base all’allele dominante (ricorda quello recessivo si
esprime solo se gli alleli sono omozigoti recessivi, in questo caso rryy, rrYY ecc.).
Fenotipo recessivo: che salta qualche generazione, si esprime solo in caso di omozigoti recessivi
(1/4 della prole).
Fenotipo dominante: si esprime in ogni generazione.
Il tipo di fenotipo lo si deduce dallo studio dell’albero genealogico e serve quasi sempre, per
individuare un eventuale fenotipo dannoso e patogeno.
Geni indipendenti: quando sono localizzati su cromosomi non omologhi.
Geni associati/concatenati: quando sono localizzati sullo stesso cromosoma e molto vicini.
Dominanza incompleta: il fenotipo dell’individuo eterozigote (prole) è una via di mezzo tra quello
dominante e quello recessivo (esempio: un fiore “dominante” viola + un fiore “recessivo” bianco =
fiori rosa nella F2 [oltre ovviamente a un fiore viola con alleli omozigoti dominanti e un fiore bianco
con alleli omozigoti recessivi]).
Codominanza: gli eterozigoti esprimono contemporaneamente i fenotipi degli omozigoti, cioè è
espresso il tratto dominante di entrambi gli alleli (Aa+Bb = AB). Un esempio sono i gruppi
sanguigni.
Alleli Multipli: per un gene non esistono solo due alleli ma una serie di alleli detta serie allelica.

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Pleiotropismo: uno stesso gene può avere un effetto fenotipico diverso. Esempio: il gene
dell’emoglobina umana e anemia falciforme. Se il gene dell’emoglobina HB è dominante nell’allele
“A” allora non ci sarà anemia falciforme (HBA HBA); se è dominante invece l’allele “S” allora ci sarà
una forma grave di anemia falciforme (HBS HBS); se invece c’è eterozigosità degli alleli ci sarà
l’assenza di anemia ma la falcizzazione avverrà solo in determinate condizioni, tipo con bassa
tensione di ossigeno in montagna (HBA HBS). Quindi lo stesso gene HB mostrerà due fenotipi:
anemia e/o falcizzazione dei globuli rossi.
Eredità Poligenica: risultato complessivo degli effetti combinanti di molti geni
Determinazione del sesso del nascituro: nelle prime sei settimane di gravidanza, le gonadi (parte
del corpo dove si svilupperanno i gameti, testicoli o ovuli) sono asessuali. Queste diventeranno poi
testicoli oppure ovuli a seconda della presenza o assenza del cromosoma Y e del suo annesso gene
(se c’è allora sarà maschio, altrimenti femmina).
Alcune malattie possono essere legate e contratte proprio in base al sesso che si è. Se una malattia
infatti, è dovuta ad un allele situato sul cromosoma X, in una neonata si mostrerà solo se questa
sarà omozigote recessiva (aa), in caso contrario sarà una portatrice sana della malattia. In caso di
neonato maschio invece, il rischio di contrarre la malattia sarà maggiore infatti, avendo un
cromosoma X (con l’allele malato in questo caso) e un cromosoma Y, in caso di nascituro
emizigote questo sarà malato in quanto non ha il corrispondente allele malato su un altro
cromosoma X (ne ha uno solo infatti ed è quello malato trasmesso dalla madre) quindi l’allele
malato sarà in ogni caso dominante e si mostrerà nel fenotipo (un esempio di ciò è l’emofilia,
malattia che provoca problemi nella coagulazione del sangue).

CAPITOLO 10: LE MUTAZIONI

Le mutazioni sono alterazioni che subisce il DNA e possono essere somatiche (interessano solo le
cellule somatiche quindi non vengono trasmesse alla prole) o germinali (interessano le cellule
sessuali quindi possono essere trasmesse alla prole).
Le mutazioni inoltre si dividono in geniche, cromosomiche o genomiche.
Quelle geniche vedono un allele mutare da una forma all’altra, avvengono all’interno di un singolo
gene, alterano la sequenza del gene coinvolto.
Quelle cromosomiche invece, interessano tratti o addirittura interi cromosomi quindi più geni allo
stesso tempo.
Quelle genomiche prevedono una modifica del numero di cromosomi o di interi assetti
cromosomici. Queste sono le poliploidie (più di una coppia di cromosomi omologhi per tipo) o
aneuploidie (perdita o aggiunta di un cromosoma rispetto al numero normale). Sono mutazioni
numeriche e portano a varie sindromi tipo quella di Down (trisomia del cromosoma 21).
Le cellule tumorali presentano alterazioni cromosomiche.
Nel dettaglio, le mutazioni geniche possono essere:

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 Mutazioni Puntiformi (sostituzione di un unico nucleotide); sono transizioni o trasversioni
(sostituzione di una purina con un’altra purina o con una pirimidina e viceversa)
 Frame Shift (slittamento della cornice di lettura); inserzione o delezione di uno o più
nucleotidi che genera errori di lettura in quanto fa leggere in modo errato le triplette
(missense o non-sense); nel caso la mutazione interessi tre nucleotidi la mutazione sarà
meno grave in quanto verrà rimosso o inserito un intero amminoacido e l’errore di lettura
sarà ristretto solo a quel tratto
Le cause delle mutazioni sono varie:

 Cause naturali e casuali (rotture e riarrangiamenti cromosomici casuali), mutazioni


spontanee
 Cause attribuibili all’esposizione vicino ad agenti chimici o genotossici (radiazioni ecc.),
mutazioni indotte
Nel dettaglio le mutazioni cromosomiche (ricorda che quando si parla di porzioni/frammenti ci si
riferisce all’ordine delle basi del DNA):

 Traslocazione (scambio di porzioni tra cromosomi non omologhi)


 Delezione (perdita di una porzione di un cromosoma)
 Inserzione (inserimento di una porzione di DNA in un cromosoma)
 Duplicazione (ripetizione di un frammento nel cromosoma)
 Inversione (distacco di un pezzo di cromosoma che si reinserisce in modo inverso)
Non tutte le mutazioni sono svantaggiose e patogene, alcune infatti possono avvantaggiare il
soggetto (vedi la teoria dell’evoluzione) e trasmettere il tratto mutato anche alle generazioni
successive che godranno dello stesso vantaggio.
Scivolamento temporaneo: due mutazioni che variano la sequenza del gene che però si bilanciano
(aggiunta e delezione di una base ad esempio), questo genera una mutazione solo su un singolo
tratto di gene e non su tutta la sequenza.
La non disgiunzione dei cromosomi
sessuali (in figura si tratta di quelli
femminili, porta a mutazioni genomiche)
durante la meiosi genererà dei gameti con
corredo cromosomico errato e di
conseguenza ci saranno delle mutazioni nei
nascituri (vedi figura a lato per dettagli):
1. In caso di disgiunzione errata si
creerà un ovulo con due
cromosomi X e uno con nessun
cromosoma X
2. Lo spermatozoo che feconderà
l’ovulo con il doppio cromosoma X
creerà nascituri con corredo
cromosomico errato e quindi con

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delle mutazioni genetiche (in caso di fecondazione dell’ovulo con nessun cromosoma X
[quarto caso in figura], si verificherà un aborto precoce perché verranno a mancare delle
funzioni fondamentali che dovrebbero essere svolte dal cromosoma X)

CAPITOLO 11: REGOLAZIONE DELL’ESPRESSIONE GENICA

La regolazione dell’espressione genica serve alla cellula per esprimere solo i geni utili alla funzione
che essa deve svolgere e quindi codificare solo la proteina necessaria a quella funzione.
Geni Costitutivi: si esprimono costantemente (enzimi necessari a tutte le cellule).
Geni Regolati: si esprimono solo in relazione alla specializzazione delle cellule o in relazione al
fabbisogno cellulare.
Nei procarioti, l’espressione genica è solamente a livello trascrizionale, cioè gli mRNA codificanti
per determinante proteine saranno trascritti soltanto quando la cellula necessita di esse. Questo è
un processo a grande risparmio energetico in quanto enzimi e proteine vengono sintetizzati
solamente quando sono necessari alla cellula.
Negli eucarioti, l’espressione genica è a più livelli (vedi dopo per dettagli).
Nei procarioti i tipi di controllo trascrizionale sono due:

 Positivo, riguarda le vie cataboliche, induzione a trascrivere


 Negativo, riguarda le vie anaboliche, repressione alla trascrizione del prodotto finale
Nella cellula eucariota invece, come detto, gli step di regolazione sono molteplici. Le cellule infatti,
come sappiamo, sono differenziate perché esprimono solamente determinati geni, pur avendo,
cosi come tutte le cellule del corpo (solo organismi pluricellulari), lo stesso genoma (stessi geni in
tutte le cellule).
I meccanismi della regolazione dell’espressione genica agiscono nel nucleo e nel citoplasma.
Nel nucleo i processi sono:

 Rimodellamento della cromatina (cioè la trasformazione dell’eterocromatina in


eucromatina dovuta a modificazioni chimiche del DNA e degli istoni (H1) (avviene con i
processi di acetilazione e demetilazione) che srotolano il cromosoma da attorno agli istoni
e questo attiva l’espressione genica) e metilazione del DNA (aggiunta cioè di gruppi metilici
CH3)
 Attivazione e disattivazione della trascrizione (praticamente usa le sequenze enhancer e
silencer) (questo e il primo punto fanno parte del Controllo trascrizionale)
 Controllo di Splicing (splicing alternativo) e controllo del Trasporto dell’RNA
Nel citoplasma i processi sono:

 Controllo della degradazione dell’mRNA


 Controllo della traduzione
 Controllo dell’attività della proteina
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ALTRI TERMINI UTILI

 Apoptosi: morte programmata della cellula se questa è vecchia o se ha subito delle


alterazioni. Nel corso di questo processo, il DNA si frammenta, la cromatina si condensa, la
cellula si contrae e forma una serie di bolle che si staccano dalla cellula formando corpi
apoptotici. La membrana si modifica facendo comparire su essa la fosfatidilserina che aiuta
la fagocitosi della cellula stessa che cosi viene rimossa.
 Nècrosi: morte cellulare dovuta a un danno.
 Cinetocore: struttura proteica associata a ogni centromero dei cromosomi.
 Cromatidi fratelli: generati dalla duplicazione del DNA nella fase S del ciclo cellulare, hanno
stessi geni e stessi alleli.
 Catabolismo: consiste nella degradazione delle macromolecole biologiche, la rottura dei
legami libera energia.
 Anabolismo: reazioni che portano alla sintesi di macromolecole, richiede energia.
 Proteoma: insieme di tutte le proteine della cellula.

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TABELLE E DIAGRAMMI RIEPILOGATIVI

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