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Definizioni: autotrofi ed eterotrofi

Gli organismi autotrofi sono in grado di vivere in ambienti in cui sono


presenti semplici composti inorganici, essi riescono a sintetizzare le
molecole biologiche di cui hanno bisogno utilizzando come fonte di
carbonio l’anidride carbonica e come fonte di azoto l'ammoniaca o altri
composti inorganici azotati. Per essi, quindi, la presenza o meno di altri
organismi, come pure di molecole organiche di origine esogena, non è
necessaria.
Gli organismi eterotrofi hanno invece bisogno, dal punto di vista
nutrizionale, di composti organici perché da queste molecole ricavano,
dopo la digestione e la successiva demolizione di tali composti, l'energia
necessaria alla loro sopravvivenza. Non sono in grado di sintetizzare
molecole organiche, se non ci sono muoiono.

Definizioni: anaerobi e aerobi


Gli organismi anaerobi sono in grado di vivere in assenza di ossigeno.
Producono energia e le molecole per le funzioni vitali senza utilizzare
l’ossigeno.
Gli organismi aerobi hanno invece bisogno di ossigeno per svolgere le
funzioni cellulari e per produrre energia, se non c’è ossigeno muoiono.

Le caratteristiche della vita


L’unità fondamentale della vita è la cellula e tutti gli organismi viventi
sono costituiti da una o più cellule. Ci sono forme di vita molto semplici
come i protozoi che sono formate da una sola cellula (organismi
unicellulari) mentre un cane o un albero sono costituite da miliardi di
cellule specializzate (organismi pluricellulari).
Gli esseri viventi crescono in dimensioni durante la loro vita e si
sviluppano (si trasformano a seconda delle funzioni che devono svolgere).
Pensate all’uomo che nasce come cellula uovo fecondata, si trasforma in
un embrione, poi in un feto e infine in un neonato che continuerà ad
accrescersi ed a trasformarsi fino all’età adulta.
Gli esseri viventi regolano i loro processi metabolici.Tutti gli organismi
viventi svolgono delle reazioni chimiche che gli permettono di produrre
energia e molecole per la crescita, la riparazione delle cellule e la
riproduzione.
Gli organismi sono in grado di rispondere agli stimoli. Tutte le forme di
vita sono in grado di rispondere a stimoli fisici o chimici dell’ambiente
come per esempio cambiamenti della luce o della temperatura, della
composizione chimica di un terreno. Per rispondere agli stimoli gli esseri
viventi si muovono, anche se non sempre c’è una locomozione
(spostamento da un posto all’altro), pensiamo per esempio alle piante.
Gli organismi si riproducono. Tutti gli esseri viventi oggi sulla terra
nascono da organismi preesistenti. Negli organismi unicellulari molto
semplici come per esempio l’ameba (alcune amebe sono parassiti
intestinali umani) la riproduzione è asessuata, la cellula si divide in due
parti che formano due cellule figlie. Negli organismi superiori la
riproduzione è invece sessuale e avviene tramite la produzione di cellule
specializzate, i gameti che si uniscono con i gameti di un altro individuo
per generare la prole.

Principi di chimica: Elementi, Atomi, Tavola periodica


Un elemento è una sostanza che non può essere scissa in sostanze più
semplici mediante reazione chimiche ordinarie. Ad ogni elemento
esistente in natura gli scienziati hanno assegnato un simbolo chimico (di
solito la prima o le prime due lettere del suo nome in inglese): O ossigeno,
C carbonio, H idrogeno, N azoto (da natrium), F fluoro.
L'atomo è la più piccola parte di un elemento chimico che conserva le
proprietà chimiche dell'elemento stesso. L'atomo è formato da elettroni
che si muovono attorno a un nucleo composto da protoni e neutroni.
Protoni, neutroni ed elettroni sono definiti particelle subatomiche. Nel
nucleo è quasi del tutto concentrata la massa dell'atomo. Gli atomi sono
particelle piccolissime, il loro diametro si misura in Angstrom Å (1Å=10-
10m).

Le caratteristiche delle particelle subatomiche:


• I protoni: sono particelle cariche positivamente (1,6 x 10 -19 coulomb)
con una massa di 1,66 x 10 -24 g.
• I neutroni sono particelle neutre (senza carica) con la stessa massa dei
protoni.
• Gli elettroni hanno una carica elettrica negativa (uguale ed opposta a
quella dei protoni) ed una massa circa 2000 più piccola

Numero Atomico
Il numero di protoni di un atomo corrisponde al numero atomico, mentre
la somma tra numero di protoni e numero di neutroni corrisponde al
numero di massa.

La tavola periodica
Fu un chimico russo della fine dell’800 Mendeleev a classificare gli
elementi in funzione delle somiglianza delle caratteristiche chimiche in
una tabella nota come il sistema periodico degli elementi.
Nella tavola periodica gli elementi chimici sono ordinati secondo i
rispettivi numeri atomici: 1 per H idrogeno, 2 per He elio, 3 per Li litio, 4
per Be berillio, 5 per B boro, 6 per C carbonio, 7 per N azoto, 8 per O
ossigeno, 9 per F fluoro, 10 per Ne neon e così via.
La massa atomica e gli isotopi
La massa atomica. La massa di una particella subatomica è troppo piccola
per essere espressa con le unità di misura che utilizziamo normalmente
come i grammi o milligrammi. Per questo motivo è stata definita una
nuova unità di massa da utilizzare nel mondo «atomico» l’ Unita di Massa
Atomica (UMA). In particolare l’uma è stata definita come la dodicesima
parte della massa dell’atomo di carbonio 12.
Gli isotopi. La maggior parte degli elementi chimici è costituita da una
miscela di atomi che hanno un numero uguale di protoni ed elettroni ma
un numero diverso di neutroni e perciò una massa differente. Questi
atomi sono detti isotopi.
La massa (o peso) di un elemento viene espressa come la media delle
masse dei suoi isotopi pesata sulla loro abbondanza relativa.

Orbitali e molecole
Diverse teorie hanno cercato di descrivere la struttura dell’atomo ed in
particolare la collocazione degli elettroni.
• La teoria di Bohr presupponeva l’esistenza di orbite in cui gli elettroni si
muovevano attorno al nucleo.
• Questa teoria è stata superata da quella quanto-meccanica di De
Broglie che introduce il concetto di orbitale come zona dello spazio
attorno al nucleo dove è massima la probabilità di trovare l’elettrone.

Due o più atomi possono combinarsi chimicamente formando delle


molecole.
Le molecole sono raggruppamenti di atomi con caratteristiche chimiche
definite. Ogni molecola è rappresentata da una formula chimica che
specifica la tipologia e il numero di atomi che compongono la molecola.

Formule molecolari e di struttura, massa molecolare,


unità di misura e moli.
Nella formula molecolare o formula bruta i simboli chimici identificano
gli elementi che compongono la molecola ed i numeri in pedice
specificano quanti atomi di quell’elemento sono presenti nella molecola
Esempi: Acqua H20 2 atomi di idrogeno + 1 di ossigeno Acido solforico
H2S04 2 atomi di idrogeno + 1 di zolfo + 4 di ossigeno Metano CH4 1
atomo di carbonio + 4 di idrogeno.
La formula di struttura non specifica solo il tipo ed il numero di atomi ma
anche come sono organizzati tra loro (cioè come sono legati e come si
dispongono nello spazio).
La mole (mol) è la quantità di un composto la cui massa in grammi è
equivalente alla sua massa atomica o molecolare.

I legami chimici
Le molecole si creano attraverso la formazione dei legami chimici.
Con il termine legame chimico si indicano globalmente le interazioni tra
atomi che portano alla formazione di molecole o anche alla formazione di
cristalli ionici o di cristalli di tipo metallico. Tali interazioni riguardano
principalmente gli elettroni più esterni degli atomi e producono
modificazioni della struttura elettronica. Per sapere quanti legami tenderà
a fare un determinato elemento devo guardare la sua valenza (definita
come il numero di elettroni del guscio esterno coinvolti nella formazione
dei legami).
Esistono vari tipi di legami chimici:
Il legame covalente si forma attraverso la condivisione di elettroni tra
atomi e la formazione di orbitali molecolari.
Quando 2 doppietti di elettroni vengono condivisi tra 2 atomi si forma un
doppio legame covalente.
Allo stesso modo il triplo legame covalente si forma quando vengono
condivise 3 coppie di elettroni.

I legami covalenti possono essere di tipo:


covalente omopolare quando il legame si forma tra atomi uguali: es: O2
(ossigeno), N2 (azoto), P4 (fosforo)
covalente eteropolare quando il legame si forma tra due atomi diversi Es:
H20 (acqua)
Nel legame covalente eteropolare i due atomi possono avere capacità
diverse di attrarre gli elettroni che costituiscono il legame. Questa
proprietà è chiamata elettronegatività.
Se due atomi di una molecola hanno elettronegatività simile si parlerà di
legame covalente apolare (=non polare).
Il legame covalente polare si avrà invece tra atomi con elettronegatività
diversa.

Il legame ionico
Il legame ionico si forma tra specie dotate di carica elettrica (ioni)
attraverso la cessione/acquisizione di elettroni.
Quando un atomo accetta uno o più elettroni si carica negativamente e
viene chiamato anione. Se invece perde uno o più elettroni si carica
positivamente e viene chiamato catione.
Un composto ionico è una sostanza costituita da anioni e cationi legati
insieme grazie all’attrazione che deriva dalle loro cariche di segno
opposto. I composti ionici sono chiamati comunemente sali.

La solvatazione ed i legami deboli: legame ad idrogeno e


van der Waals
Una sostanza disciolta si definisce anche soluto. In soluzione i cationi e gli
anioni sono circondati dalle molecole d’acqua, questo processo è detto
idratazione.

Le interazioni di van der Waals


Anche le molecole apolari (elettricamente neutre) posso avere sulla loro
superficie deboli cariche positive e negative provocate dal movimento
degli elettroni. Questo fa si che si generino delle forze attrattive tra
molecole vicine: le forze di van der Waals. Queste interazioni sono molto
deboli (più deboli dei legami ad idrogeno) diventano rilevanti quando gli
atomi sono molto vicini tra loro.

L’acqua
Nello stato solido (ghiaccio) e nello stato liquido le molecole d’acqua sono
tenute insieme da legami ad idrogeno e per questo motivo l’acqua ha
proprietà coesive ed adesive.
La natura coesiva fa sì che le molecole dell’acqua tendano a stare vicine
tra loro esempio goccia.
Invece le proprietà adesive fanno sì che le molecole d’acqua «bagnino»
(si attacchino) a molte superfici, in particolare alle superfici che
presentano cariche elettriche al loro esterno. Esempio: acqua nel cilindro
di vetro.
Dissociazione dell’acqua, pH, acidi, basi e Sali
Un’altra caratteristica dell’acqua è la sua bassa tendenza a dissociarsi in
ioni H+ (idrogeno) e OH- (idrossido).
Poiché quando l’acqua si dissocia forma esattamente la stessa quantità di
ioni H+ e OH- (0,0000001 o 10-7 moli/litro) questa soluzione viene detta
neutra.
Un acido è una sostanza che in soluzione di dissocia molto producendo
ioni H+ e anioni. Un acido è un donatore di protoni (ioni idrogeno).
Una base è invece una sostanza che sciolta in acqua libera ioni idrossido
OH- e cationi. Una base è un accettore di protoni (cattura protoni,
diminusce il numero di protoni in soluzione).
Il grado di acidità di una soluzione viene misurato in termini di pH
definito come il logaritmo negativo in base 10 della concentrazione degli
ioni idrogeno espressa in moli/litro.

Gli isomeri
I composti che hanno la stessa formula molecolare o bruta ma strutture diverse e quindi proprietà
diverse sono detti isomeri.
Gli isomeri strutturali: differiscono per formule di struttura e quindi per la disposizione dei legami
covalenti.
Gli isomeri geometrici: sono uguali per disposizione dei legami covalenti ma differiscono per come
sono disposti nello spazio i loro gruppi.

I carboidrati
I carboidrati sono una delle principali fonti di energia delle cellule animali.
Vengono più semplicemente definiti zuccheri e si possono distinguere in:
Monosaccaridi, Disaccaridi, Polisaccaridi.
Il glucosio è il monosaccaride più abbondante in natura ed è utilizzato
come fonte di energia.
Il maltosio è formato da due molecole di glucosio.
Il saccarosio (zucchero da cucina) è formato da una molecola di glucosio
ed una di fruttosio.

I lipidi
Tra i lipidi più importanti in biochimica ci sono i grassi, i fosfolipidi e gli
steroidi.
Gli acidi grassi possono essere saturi e insaturi.
Gli acidi grassi saturi non hanno doppi legami tra i carboni che
costituiscono la catena. Le molecole tendono ad avere delle forme lineari
e tra di esse si sviluppano delle forze di van der Waals che rendono
queste sostanze solide a temperatura ambiente.
Gli acidi grassi insaturi presentano doppi legami tra due o più carboni
adiacenti (rispettivamente monoinsaturi 1 doppio legame, polinsaturi più
doppi legami). Il doppio legame genera una piega nella molecola, in
questo modo le forze di van der Waals non riescono a generarsi e queste
sostanze sono generalmente liquide (olii) a temperatura ambiente.
I grassi più abbondanti negli organismi viventi sono i trigliceridi formati
da una molecola di glicerolo (alcol a 3 atomi di carbonio) unito a 3 acidi
grassi.
Altri lipidi importanti in biologia sono i fosfolipidi costituiti da una
molecola di glicerolo unita da un lato a due acidi grassi e dall’altro lato ad
un gruppo fosfato legato ad una colina.

I livelli di struttura delle proteine


Le proteine hanno quattro livelli si struttura:
La struttura primaria è la sequenza degli amminoacidi.
La struttura secondaria è un primo sistema di «avvolgimento» della
proteine, dato dalla formazione di legami ad idrogeno tra gli
amminoacidi.
La struttura terziaria è la forma complessiva assunta da una catena
polipeptidica.
Molte proteine sono costituite da più catene polipeptidiche, la struttura
quaternaria della proteina finale deriva da come si avvolgono/si
dispongono le diverse catene.

Gli acidi nucleici


Gli acidi nucleici trasmettono l’informazione genetica e determinano quali
proteine vengono trascritte.
Nelle cellule ci sono due tipi di acidi nucleici: Il DNA o acido
desossiribonucleico e l’RNA l’acido ribonucleico.

Le unità di base sono i nucleotidi composti da:


-uno zucchero a 5 atomi di carbonio che è il ribosio nell’RNA o il
desossiribosio nel DNA
-uno o più gruppi fosfato
-una base azotata (purina o pirimidina)

La cellula: organizzazione strutturale e funzionale


La teoria cellulare stabilisce che la cellula è:
L'unità morfologica degli esseri viventi la cui stragrande maggioranza è
formata da molte di esse (esseri pluricellulari), mentre altri, più semplici,
si accontentano di una soltanto: sono gli esseri unicellulari.
L'unità funzionale degli esseri viventi Ciò significa che tutte le funzioni
vitali di un organismo avvengono nella cellula. Pertanto, l'essere vivente
pluricellulare non è un mero agglomerato di cellule, bensì il risultato
dell'attività coordinata di tutte quante.
L'unità originaria degli esseri viventi Tutte le cellule che compongono un
essere vivente provengono, a loro volta, da altre cellule. Le cellule si
riproducono.

Procarioti ed eucarioti
Le cellule procariotiche sono tipicamente più piccole di quelle
eucariotiche (circa 1/10), ed il DNA non è racchiuso all’interno di un
nucleo ma è localizzato in un area nucleoide. Il termine procariote
significa infatti «prima del nucleo». Questa è la differenza principale.
Le cellule eucariotiche sono caratterizzate dalla presenza di organelli
rivestiti da membrane e altamente organizzati compreso un nucleo che
contiene il DNA. Il termine eucariote significa infatti «vero nucleo». La
cellula ha una struttura complessa e possiede una centrale di controllo,
un sistema interno di trasporto, impianti energetici, fabbriche per la
produzione dei materiali essenziali, impianti di impacchettamento e di
smaltimento e anche un sistema di autodistruzione.

La struttura della cellula eucariotica ed il nucleo


La cellula è circondata da una membrana plasmatica che ne delimita il
perimetro e svolge importanti funzioni di regolazione della
comunicazione con l’ambiente esterno.
All’interno della membrana plasmatica si trova il citoplasma che contiene
le numerose strutture che fanno funzionare le cellule: i mitocondri, i
ribosomi, il reticolo endoplasmatico, il complesso del Golgi, i lisosomi etc.
Ancora più all’interno si trova il nucleo separato dal citoplasma da una
membrana nucleare.
Il nucleo cellulare contiene l’informazione genetica, il DNA della cellula,
ha forma sferica e quasi sempre occupa una posizione centrale. E’ avvolto
da un involucro nucleare, costituito da due membrane. Su queste
membrane sono presenti dei pori nucleari. Un rete fibrosa, detta lamina
nucleare forma il rivestimento interno dell’involucro nucleare.
Il nucleo controlla la sintesi proteica trascrivendo il DNA in molecole di
RNA messaggero (mRNA). Il DNA e l’RNA ed alcune proteine si associano
a formare una struttura chiamata cromatina che ha la funzione di
impacchettare il DNA.

I ribosomi ed il reticolo endoplasmatico


I ribosomi sono minuscole particelle libere nel citoplasma o attaccate al
reticolo endoplasmatico. Sono costituiti da RNA e proteine e sono
sintetizzati nel nucleolo.
Il reticolo endoplasmatico (RE) è un labirinto di membrane a forma di
sacche appiattite che circonda il nucleo. Lo spazio interno a queste sacche
è chiamato lume e contiene molti enzimi. Ci sono due tipologie di RE:
liscio e rugoso.
Il RE liscio ha un aspetto tubolare e la sua membrana appare liscia, gli
enzimi presenti sintetizzano molti lipidi e carboidrati, insieme a fosfolipidi
e colesterolo richiesti per la costruzione delle membrane cellulari.
Immagazzina anche ioni calcio. Nelle cellule epatiche il RE liscio degrada il
glicogeno di riserva e anche molte sostanze tossiche e sostanze d’abuso
come alcol, anfetamine, barbiturici.
Il RE rugoso è tale perché sulla sua superficie si trovano i ribosomi
(particelle scure nella figura). Ci sono ribosomi legati alla membrana e
altri liberi nel citoplasma. Per questo motivo nel RE rugoso avviene
principalmente la sintesi delle proteine.

Il complesso del Golgi ed i lisosomi


Il complesso del Golgi è costituito da pile di sacche appiattite chiamate
cisterne. Lo spazio interno di queste sacche anche qui si chiama lume. Nel
Golgi ci sono 3 aree: una superficie cis che è quella vicina al RE, una
regione mediale ed una superficie trans.
Nel Golgi la superficie cis riceve i materiali provenienti dal RE dalle
vescicole di trasporto, la superficie trans impacchetta le molecole in
vescicole e le rilascia verso altre destinazioni nella cellula.
I lisosomi sono piccole vescicole piene di enzimi litici (=digestivi, che
degradano le molecole) disperse nel citoplasma della maggior parte delle
cellule animali. Si formano dall’apparato del Golgi. Mantengono al loro
interno un pH intorno a 5.
Quando le cellule «ingeriscono» batteri o frammenti, questi vengono
racchiusi in una vescicola che si è formata dalla membrana plasmatica.
Uno o più lisosomi si fondono con questa vescicola e formano una
seconda vescicola detta lisosoma secondario. In questo i potenti enzimi
digestivi vengono a contatto con le molecole estranee e le degradano.
Allo stesso modo i lisosomi posso distruggere anche organelli della cellula
e reciclarne i componenti o utilizzarli come fonti di energia.

L’ATP ed i mitocondri
L’energia nella cellula
La cellula animale assume energia dall’ambiente attraverso l’energia
chimica contenuta nei legami delle sostanze nutritive (es: glucosio).
Questa energia viene convertita in una forma facilmente utilizzabile dalla
cellula che è la molecola di ATP=adenosina trifosfato. Questa molecola è
costituita
da una adenina (come quella del DNA e RNA), un ribosio e 3 fosfati. I due
gruppi fosfato terminali sono uniti al primo con legami covalenti, è
l’energia di questi legami che può essere trasferita.
I mitocondri sono in grado di produrre ATP con i meccanismi di
respirazione cellulare.

I mitocondri sono in grado di riprodursi in maniera autonoma rispetto


alla cellula. Contengono infatti piccole quantità di DNA che codifica per le
loro proteine. Questa funzione fa si che, da un punto di vista evolutivo,
possano derivare da cellule procariotiche che si stabilirono all’interno di
cellule eucariotiche più grandi per un vantaggio simbiotico e poi si
trasformarono in organelli.

I perossisomi ed il citoscheletro: microtubuli, ciglia e


flagelli

I perossisomi sono organelli circondati da una membrana che


contengono enzimi ossidativi e sono considerati comparti metabolici
specializzati.

Il citoscheletro è l’apparato proteico che permette alle cellule di avere


una forma e di potersi muovere. Il citoscheletro serve anche per il
trasporto dei materiali all’interno della cellula.
E costituito da 3 tipi di filamenti proteici: i microtubuli, i microfilamenti
ed i filamenti intermedi.
I microtubuli ed i microfilamenti sono formati da proteine globulari simili
a perle che possono essere velocemente assemblate e disassemblate. I
filamenti intermedi sono invece formati da proteine fibrose e più stabili.

Ciglia e flagelli sono presenti sulla superficie di molte cellule. Quando


queste appendici sono lunghe (circa 200 μm) si parla di flagelli, altrimenti
di ciglia.

Questi filamenti servono per il movimento in ambiente acquoso di molte


cellule (es: flagelli degli spermatozoi) oppure per spostare liquidi o
particelle dalla superficie (es: ciglia delle cellule dell’ epitelio polmonare).
In altri casi queste appendici servono come antenne per la comunicazione
intercellulare. Infine, in quasi tutte le cellule è presente un ciglio primario
che porta dei recettori specifici per il riconoscimento delle altre cellule.
Sembra che questo ciglio abbia un ruolo importante nella crescita e nel
differenziamento cellulare.

Le membrane biologiche

I fosfolipidi, che sono i maggiori costituenti delle membrane biologiche,


hanno caratteristiche chimico fisiche uniche, tra cui la capacità di formare
strutture a doppio strato in soluzione acquosa. I detergenti sono
anfipatici ma hanno una sola catena di acidi grassi e quindi una forma
conica, questo fa si che si dispongano a singolo strato in strutture che si
chiamano micelle.
I detergenti riescono a pulire perché inglobano all’interno delle micelle le
sostanze apolari come i grassi e le rendono così solubili in acqua.

Il modello a mosaico
Nel 1972 Singer e Nicolson proposero un modello a mosaico fluido. Le
membrane sono costitutite da un doppio strato fosfolipidico in cui sono
immerse le proteine di membrana. La struttura non è però statica ma
fluida e le proteine cambiano continuamente di posizione.
Le membrane si comportano come dei cristalli liquidi. Le proteine e i
fosfolipidi si possono muovere liberamente sullo stesso lato della
membrana.
I fosfolipidi possono passare da un lato all’altro della membrana
(movimento flip/flop) solo dopo con l’intervento di specifici enzimi.
A temperatura ambiente le membrane sono fluide, se la temperatura
scende le membrane diventano più solide e non funzionano più bene. Le
proprietà dei lipidi di membrana possono influenzarne la fluidità.

La presenza di doppi legami rende più fluide le membrane perché fa si


che non riescano a stabilirsi tra le molecole le forze attrattive di Van der
Waals (come succede per gli olii).
Le proteine di membrana

Esistono due classi principali di proteine di membrana: quelle integrali,


strettamente legate alla membrana, possono essere rilasciate solo se il
doppio strato viene distrutto e quelle di superficie, che sono localizzate
sulle superfici interna od esterna e sono legate con legami non covalenti
alle proteine integrali.
Tra le proteine integrali ci sono quelle che passano da parte a parte la
membrana, le proteine transmembrana.

La permeabilità delle membrane

Una membrana viene detta permeabile ad una determinata sostanza se


questa riesce ad attraversarla facilmente.
Le membrane sono selettivamente permeabili: permettono il passaggio
di alcune sostanze ma non di tutte.
In generale le membrane sono permeabili alle piccole sostanze apolari
(es ossigeno e anidride carbonica) che passano facilmente il doppio strato
fosfolipidico.
L’acqua riesce a passare anche se lentamente.
Le membrane sono invece impermeabili agli ioni e alla maggior parte
delle grandi molecole polari (es glucosio, polipeptidi).
Per trasportare ioni e molecole polari come amminoacidi e zuccheri
esistono le proteine di trasporto.
Le categorie principali sono le proteine carrier, dette anche trasportatori
e le proteine canale.

Ci sono due tipologie di trasporto mediato da carrier, la diffusione


facilitata ed il trasporto attivo che differiscono per capacità di trasporto e
consumo di energia.

Il trasporto passivo attraverso le membrane non richiede dispendio di


energia.
Alcune sostanze passano attraverso la membrana per diffusione.
Questo processo fisico avviene se c’è un gradiente di concentrazione e
cioè se tra i due lati della membrana plasmatica c’è una differenza nella
concentrazione della sostanza.
Nella diffusione, le particelle di una sostanza, grazie ai loro movimenti
casuali, tendono a distribuirsi in maniera omogenea in un liquido, per
raggiungere un equilibrio dinamico: il numero di particelle che passano
da una parte all’altra della barriera è uguale (la concentrazione resta
stabile quando si è raggiunto l’equilibrio).

L’osmosi

L’osmosi è un particolare tipo di diffusione che comporta il movimento di


molecole d’acqua. Le molecole d’acqua passano dalle regioni in cui sono
più concentrate a quelle meno concentrate.

Se ai lati di una membrana due soluzioni acquose hanno la stessa


concentrazione di tutti i soluti in esse disciolti si dicono isotoniche.
Esempio il citoplasma ed il sangue sono isotonici.
Se invece una delle due ha concentrazione maggiore si dirà ipertonica
mentre quella a concentrazione inferiore si dirà ipotonica.

La diffusione facilitata

Nella diffusione facilitata una specifica proteina di trasporto rende la


membrana permeabile ad un soluto come uno ione o una molecola
polare. Il movimento di questo soluto avviene sempre però se c’è un
gradiente di concentrazione.

Non bisogna pensare che la diffusione, sia semplice che facilitata, avvenga
in modo completamente gratuito senza dispendio di energia. La
diffusione si basa sul movimento delle molecole a seconda del gradiente
di concentrazione e quindi questo fenomeno «alimenta» il processo di
trasporto ma è necessario mantenere e stabilizzare il gradiente perché
tutto funzioni.
Trasporto attivo

La cellula ha bisogno anche di trasportare i soluti contro il gradiente di


concentrazione per questo ci sono i sistemi di trasporto attivo.
Il trasporto attivo richiede dell’energia metabolica per alimentare
direttamente il processo.
Le proteine che svolgono un trasporto attivo pompano materiali da una
zona a bassa concentrazione ad una ad alta concentrazione, usando
l’energia dell’ATP oppure consumando ATP in modo indiretto.

Esocitosi e endocitosi

In alcuni casi devono uscire o entrare nelle cellule anche materiali di


grosse dimensioni, questo avviene grazie ai fenomeni di esocitosi ed
endocitosi.

Nell’ esocitosi le cellule espellono materiali di scarto o altre sostanze


tramite la fusione delle vescicole contenenti questi materiali con la
membrana plasmatica.
Dopo il rilascio, la vescicola diventa parte della membrana, (questo è
anche il meccanismo primario di accrescimento della membrana
plasmatica).

Con l’endocitosi il materiale viene introdotto nella cellula, esistono


diverse modalità di endocitosi: la fagocitosi, la pinocitosi e l’endocitosi
mediata da recettori.

Nella fagocitosi la cellula può ingerire anche materiali grandi come batteri
o cibo (es: i globuli bianchi del sangue umano ingeriscono batteri). Con
questo meccanismo si forma un ripiegamento sulla membrana plasmatica
attorno alla particella che deve essere ingerita, questo ripiegamento si
fonde a formare un vacuolo (una piccola sacca/vescicola). Si forma una
strozzatura ed il vacuolo si stacca ed entra nella cellula, lì si fonde con il
lisosomi che digeriscono i materiali ingeriti.
Con la pinocitosi la cellula ingerisce goccioline di liquido. Queste gocce
vengono prima intrappolate e poi circondate dalla membrana plasmatica.
A questo punto diventano vescicole, si staccano ed entrano nel
citoplasma dove vengono svuotate.

Nell’endocitosi mediata da recettori, molecole specifiche si combinano


con dei recettori sulla membrana plasmatica.

Connessioni tra le cellule

Le proteine di membrana posso essere utili anche per creare delle


connessioni tra la cellule, che possono essere di tre tipi: giunzioni
ancoranti, serrate (sigillanti) e comunicanti.

Le giunzioni ancoranti servono per legare tra loro molto fortemente strati
di cellule in modo che diventino molto resistenti (esempio cellule della
pelle) e possono essere di due tipi:
I desmosomi sono punti di attacco tra le cellule (come dei morsetti) in
modo che queste possano formare uno strato resistente, restano però
degli spazi tra le membrane dove possono passare delle sostanze.
Le giunzioni aderenti invece cementano proprio le cellule tra loro. Le
caderine sono le proteine che formano una cintura di adesione continua
tra le cellule

Le giunzioni serrate servono per sigillare ed evitare il passaggio di


sostanze tra le cellule (es epiteli interni, intestino). Non sono però
presenti lungo tutto la cellula, si limitano ad alcuni tratti, le cellule non
sono fuse insieme.

Le giunzioni comunicanti assomigliano ai desmosomi perché non sono


continue, ma sono diverse perché non solo legano le cellule, ma anche
mettono in comunicazione i citoplasmi attraverso dei canali.
La comunicazione cellulare

I meccanismi fondamentali sono 4:

1) Invio del segnale: la cellula produce ed invia un segnale chimico, una


molecola segnale, che può essere destinata ad una cellula bersaglio vicina
(come avviene per esempio nei neuroni) oppure lontana (per esempio
insulina che viene trasportata nel sangue fino alle cellule bersaglio).

2) Ricezione: è il processo mediante il quale le cellule ricevono i messaggi.


Ciò avviene grazie ai recettori, grosse proteine che generalmente si
trovano sulla membrana plasmatica e che ricevono la molecola segnale.

3) Trasduzione del segnale: La cellula trasforma il segnale chimico


extracellulare in una modificazione intracellulare.

4) Risposta: Una volta che il segnale è stato processato dal sistema di


trasduzione avvengono nella cellula una serie di modificazioni che
rispondono al messaggio ricevuto.

Energia e metabolismo

L’energia è definita dalla fisica come una misura della capacità di


compiere un lavoro inteso come qualsiasi variazione dello stato o del
movimento della materia.

Le unità di misura dell’energia sono il kilojoule kJ o la kilocaloria kcal (1


kcal=4,184 kJ). Di solito in biologia si usa il kJ.

Durante una reazione chimica si rompono legami chimici o se ne formano


di nuovi, ciascun legame chimico ha una sua specifica energia di legame
definita come l’energia necessaria a rompere quel legame.
L’energia di legame è uguale all’energia potenziale del sistema ed è
chiamata entalpia H.
Entropia ed entalpia sono collegate da una terza forma di energia,
l’energia libera G che è la quantità di energia disponibile a compiere un
lavoro in una reazione biochimica.

Metabolismo
All’interno dell’organismo e delle sue cellule avvengono moltissime
reazioni chimiche che gli permettono di svolgere le sue attività. Questo
complesso di reazioni viene chiamato metabolismo.
E’ possibile distinguere due principali direzioni metaboliche:
l’anabolismo che comprende tutte le vie che portano alla sintesi delle
molecole biologiche nelle cellule
Il catabolismo che comprende le vie che portano ad una scissione delle
molecole biologiche in molecole più piccole e atomi.

Queste due linee metaboliche sono diverse anche da un punto di vista


energetico: mentre l’anabolismo richiede energia, il catabolismo rilascia
energia.

Reazioni esoergoniche ed endoergoniche

Le reazioni chimiche che rilasciano energia libera sono chiamate


esoergoniche e sono definite spontanee.

Le reazioni che invece richiedono energia e la assorbono dall’ambiente


sono chiamate endoergoniche.

L’equilibrio chimico
L’equilibrio chimico è un equilibrio dinamico. Se aumentiamo le
concentrazioni dei reagenti o sottraiamo un po’ dei prodotti dalla miscela
di reazione, la reazione diretta procederà un po’ di più verso destra (verso
i prodotti). Se invece sottraiamo reagenti o aggiungiamo prodotti
l’equilibrio si sposterà verso i reagenti (verso sinistra).

Le ossido-riduzioni

L’ energia cellulare oltre ad essere immagazzinata come ATP viene anche


trasferita come passaggio di elettroni in reazioni di ossido-riduzione.
L’ossidazione è un processo chimico mediante il quale una sostanza cede
elettroni, mentre nella riduzione la molecola acquista elettroni.
L’ossidazione e la riduzione avvengono sempre contemporaneamente
perché una sostanza deve accettare gli elettroni che sono allontanati
dall’altra. La sostanza che si ossida rilascia energia insieme agli elettroni e
la sostanza che di riduce invece assorbe energia ricevendo elettroni.

Gli enzimi

Tutte le reazioni chimiche che avvengono nell’organismo sono catalizzate


da enzimi specifici. Ogni enzima può catalizzare una sola reazione o una
classe di reazioni a seconda del suo grado di specificità.

Alcuni enzimi per agire hanno bisogno di un cofattore che può essere uno
ione, una molecola organica o inorganica, altrimenti la reazione non
avviene.
In questo caso l’enzima si chiama apoenzima.

L’ inibizione enzimatica è un fenomeno che può essere reversibile o


irreversibile. Quando è reversibile tra enzima ed inibitori si formano dei
legami deboli che possono essere sciolti.
Nell’inibizione competitiva l’inibitore compete con il substrato per legarsi
al sito attivo dell’enzima. In questo caso l’inibitore assomiglia dal punto di
vista della struttura molecolare al substrato. Se si vuole che la reazione
proceda
normalmente bisogna aumentare la concentrazione di substrato.

Nell’inibizione non competitiva l’inibitore si lega ad un sito enzimatico


diverso da quello attivo, provocando una modificazione conformazionale.

Nell’inibizione irreversibile l’inibitore distrugge l’enzima o il sito attivo


legandosi in maniera irreversibile.

La respirazione cellulare

Gli organismi trasformano le macromolecole dei nutrienti in energia


attraverso una serie di processi metabolici che vanno sotto il nome di
respirazione cellulare.

La respirazione cellulare di solito è aerobica e cioè avviene in presenza di


ossigeno, ma in alcuni casi può essere anaerobica e avvenire in assenza di
ossigeno.

La respirazione aerobica è distinta in 4 diversi stadi:


glicolisi
formazione dell’acetil coenzima A
ciclo dell’acido citrico
catena di trasporto degli elettroni e chemiosmosi

Alcuni batteri che vivono in ambienti senza ossigeno utilizzano la


respirazione anaerobica per produrre energia. In questo caso, l’accettore
finale degli elettroni della chemiosmosi non è l’ossigeno ma altre sostanze
inorganiche come gli ioni nitrato NO3 - e solfato SO4 2- . I prodotti finali
della respirazione anaerobica saranno
ATP, anidride carbonica e sostanze inorganiche ridotte (non acqua).
DNA e cromosomi
La molecola fondamentale per la creazione di nuove cellule è il DNA che
contiene le informazioni genetiche per la replicazione.

Il DNA è organizzato in cromosomi che sono costituiti da DNA e proteine


ad esso legate. Il materiale dei cromosomi è chiamato anche cromatina.

Le cellule riescono a compattare il DNA avvolgendolo su proteine a forma


di perla chiamate istoni (come un filo su un rocchetto).

I complessi DNA-istone si chiamano nucleosomi. Ciascun nucleosoma


contiene 8 istoni.

Gli individui delle diverse specie contengono un numero variabile di


cromosomi, l'uomo ne possiede 46 (23 coppie di cromosomi).

Nei cromosomi sono contenuti i geni che sono le unità funzionali. I geni
contengono le informazioni per la codifica delle proteine e per la
regolazione dell'espressione genica.
Nell'uomo ci sono circa 20.000 geni.

Il ciclo cellulare

Negli organismi le cellule si replicano in cellule figlie identiche a loro


stesse per la crescita e la sostituzione delle cellule danneggiate.
L'intervallo di tempo che passa tra una replicazione cellulare ed un'altra è
chiamato ciclo cellulare. Nel ciclo cellulare si alternano fasi di interfase e
fasi M di divisione cellulare. La maggior parte della vita della cellula è in
interfase.

La cellula nasce alla fine della mitosi si accresce e svolge la sua attività
metabolica all'inizio dell'interfase in fase G1.
Alla fine della fase G1 inizia la fase S, quella della replicazione del DNA e
la sintesi degli istoni perchè la cellula si sta preparando per la divisione
cellulare.

Completata la fase S, la cellula entra in una seconda fase di intervallo G2


e aumenta l'attività di sintesi proteica, sempre in preparazione della
replicazione.

Successivamente comincia la fase M in cui avvengono 2 processi: la mitosi


e la citocinesi.

La mitosi produce due nuclei identici a quelli della cellula madre, la


citocinesi produce due citoplasmi.

La mitosi

La mitosi è un processo continuo, ma per descriverlo lo divideremo in 5


stadi: profase, prometafase, metafase, anafase, telofase.

1 PROFASE
In questo primo stadio il materiale genetico, che in interfase riempie tutto
il nucleo, si compatta nei cromosomi che diventano più corti e più spessi.

2 PROMETAFASE
Durante la prometafase l'involucro nucleare si frammenta
completamente così i microtubuli del fuso si possono legare ai
cromosomi attraverso i cinetocori. I cromatidi fratelli legati al fuso
mitotico iniziano a disporsi lungo il piano equatoriale della cellula.

3 METAFASE
In questo stadio i cromatidi fratelli sono tutti allineati lungo in piano
equatoriale e legati ai microtubuli del fuso.

4 ANAFASE
In anafase i cromatidi fratelli si separano ed i due cromosomi migrano in
direzioni opposte verso i centrioli utilizzando i microtubuli come binari.
L'anafase termina quando tutti i cromosomi sono migrati ai poli.

5 TELOFASE
Durante la telofase, i cromosomi che hanno raggiunto i poli si
decondensano e attorno ad essi si riforma la membrana nucleare. I
microtubuli del fuso scompaiono. Alla fine si formano i due nuclei delle
cellule figlie.

La riproduzione

Esistono due tipi di riproduzione asessuata e sessuata.

Nella riproduzione asessuata ogni singolo genitore attraverso un processo


di scissione, gemmazione o frammentazione da origine a due o più
individui. Nella riproduzione asessuata le cellule figlie vengono prodotte
per mitosi ed loro codice genetico è identico a quello dei genitori (cloni
dei genitori).

Nella riproduzione sessuata invece si uniscono delle cellule specializzate


di due organismi genitori, i gameti, per formare una cellula figlia, lo
zigote.
La riproduzione sessuata genera variabilità nella prole, perché i figli non
hanno lo stesso codice genetico dei genitori e possono quindi essere più
o meno adattabili all’ambiente.

La meiosi

La meiosi è un particolare tipo di divisione cellulare che riduce il numero


dei cromosomi.
Durante la meiosi una cellula diploide 2N subisce due divisioni cellulari e
produce 4 cellule aploidi N. Durante la meiosi il materiale genetico
proveniente dai due cromosomi omologhi viene mescolato in modo da
produrre cellule aploidi con combinazioni di geni uniche.
Le due divisioni cellulari della meiosi si chiamano meiosi I e meiosi II.

Nella fase S che precede la meiosi i cromosomi vengono duplicati e si


formano i cromatidi fratelli. Nella profase 1 i cromatidi fratelli dei due
cromosomi omologhi si appaiano formando delle tetradi. Questo
processo di appaiamento si chiama sinapsi.

Dal momento che ogni individuo ha ereditato un cromosoma dalla madre


ed un cromosoma dal padre, nella tetrade ci saranno un coppia di
cromatidi fratelli che possiamo chiamare materni ed una coppia di
paterni.

Nella tetrade i cromatidi materni e paterni si scambiano del materiale


genetico, attraverso l’azione di enzimi che tagliano e ricuciono i
frammenti di DNA.
Questo fenomeno si chiama crossing over ed è fondamentale, perché fa
si che si generino gameti tutti diversi tra loro.

Durante la metafase I le tetradi sono allineate sul piano equatoriale ed i


cinetocori dei cromatidi fratelli sono collegati ad un solo polo del fuso
(nella mitosi sono collegati ai poli opposti).

Durante l’anafase I le tetradi si sciolgono ed i cromatidi fratelli (ancora


legati per il centromero) di ogni coppia migrano verso poli opposti.

Durante la telofase I i cromatidi si ricondensano, la membrana nucleare si


riforma ed avviene la citocinesi.

A questo punto si riparte con la profase II, condensazione dei cromatidi,


formazione fuso e inizio della migrazione dei cromatidi verso l’equatore
della cellula.

Poi si passa alla metafase II: i cromatidi sono sul piano equatoriale legati
ai poli opposti del fuso, pronti per dividersi.
Durante l’anafase II i cromatidi si separano e migrano ai poli opposti.

Nella telofase II si formano i nuclei con un singolo cromosoma ciascuno.

Le due divisioni successive producono 4 cellule aploidi, ognuna contente


1 solo cromosoma per tipo.

Le 4 cellule sono tutte diverse tra loro perché c’è stato il crossing over e
perché i cromosomi materni e paterni di ciascuna coppia sono migrati in
maniera casuale ai due poli.

I principi dell’ereditarietà

La genetica è la scienza che studia l’ereditarietà e cioè le modalità con cui


avviene la trasmissione dell’informazione genetica tra le generazioni.
Questi studi sono particolarmente importanti per capire le basi biologiche
di molte malattie umane a trasmissione genetica.

Si definisce l’aspetto fisico di un organismo come fenotipo. Esempio in un


uomo: capelli rossi e pelle chiara, oppure presenza di una malattia come
sindrome di Down o distrofia muscolare.

Il genotipo invece è la costituzione genetica di un organismo, il suo


genoma.

Mendel scelse per i suoi esperimenti delle varietà di pisello


rappresentative per 7 caratteri o tratti (caratteristiche facilmente
riconoscibili del fenotipo).

Inizio i suoi esperimenti incrociando due linee pure (la generazione


parentale P) e ottenne come prima generazione filiale F1 un gruppo di
organismi, tutti uguali tra loro, che assomigliavano di più ad uno dei
genitori (gli ibridi).
Prosegui poi incrociando tra di loro le piante della generazione F1 e
ottenne la generazione F2 che risultò composta da 787 piante a stelo
lungo e 277 a stelo corto (3/4 delle piante erano a stelo lungo).
Nella seconda generazione gli individui non erano più tutti uguali.
Queste evidenze dimostravano che i caratteri non si mescolavano
semplicemente tra le generazioni, ma si combinavano secondo regole
precise, in cui alcuni caratteri delle linee pure venivano più espressi
(dominanti) e altri meno espressi (recessivi).
Gli esperimenti di Mendel portarono alla scoperta dei principi
fondamentali dell’ereditarietà come il principio di segregazione ed il
principio dell’assortimento indipendente.

Locus e genotipo
Il termine locus indica la posizione di un particolare gene o gruppo di geni
su di un cromosoma , oppure può indicare la posizione cromosomica del
segmento di DNA che porta l’informazione di interesse.
Il genotipo è determinato dalla tipologia di alleli che l’individuo
possiede per quel gene.

Un individuo è omozigote se possiede due alleli identici per


quel gene.

Un individuo è eterozigote se possiede due alleli diversi.

Il principio dell’assortimento indipendente


Questo principio afferma che le coppie di alleli di geni diversi segregano(si
distribuiscono) in maniera indipendente nei gameti.
La regola dell’assortimento indipendente non è vera quando i geni sono
associati(in linkage) perché si trovano vicini tra loro sulla stessa coppia di
cromosomi.
L’associazione tra geni o linkage è la tendenza di un gruppo di geni ad
essere ereditati insieme nelle generazioni successive.

I cromosomi sessuali
Il sesso degli organismi superiori come i mammiferi e l’uomo è
determinato dai geni presenti sui cromosomi sessuali.
Il cromosoma Y, chiamato così per la sua forma, è quello che determina il
sesso maschile e contiene molti geni che servono allo sviluppo dei
caratteri maschili.
I cromosomi X e Y non sono dei veri omologhi, non sono simili né per
dimensione, né per forma, né per informazioni genetiche contenute.
Presentano però delle piccole regioni di omologia in cui posso appaiarsi
durante la meiosi e scambiare materiale genetico.
L’uomo produce metà degli spermatozoi che portano il cromosoma X e
metà che portano l’Y. Le cellule uovo della donna sono invece tutte con
un solo X. La fecondazione porta quindi alla generazione di individui XX
(femmine) o XY (maschi).
Queste combinazioni dovrebbero portare alla nascita di 50% di maschi e
50% di femmine, in realtà nascono leggermente più maschi che femmine
(106:100). Forse il cromosoma Y è più vantaggioso, perché più leggero e
gli spermatozoi possono nuotare più velocemente ed arrivare prima alla
cellula uovo.
Sul cromosoma X ci sono molti geni necessari ad entrambi i sessi, come i
geni responsabili della percezione dei colori e della coagulazione del
sangue, questi sono chiamati geni associati al cromosoma X (X-linked) e
sono ereditati in maniera particolare.
Il DNA: La struttura
Il nome chimico del DNA è acido desossiribonucleico.
Nel modello di Watson e Crick, la struttura del DNA è a doppia elica.
Perché si formi la struttura della doppia elica, le basi in un filamento del
DNA devono essere appaiate a quelle disposte sull’altro filamento.
Quindi una sequenza su di un filamento richiede la sequenza
complementare sull’altro.

La replicazione del DNA


Il meccanismo di replicazione del DNA venne dimostrato
sperimentalmente nel 1958, dai ricercatori Matthew Meselsona Franklin
Stahl, utilizzando delle colture di batteri.
Rompendo i legami ad idrogeno tra le purine e le pirimidine si ottengono
due filamenti di DNA che possono entrambi servire da stampi per la
sintesi del filamento complementare.

Espressione genica
L’RNA è l’acido ribonucleico ed è anch’esso un polimero di nucleotidi
come il DNA, ma differisce da questo per 3 caratteristiche:
-è a singolo filamento (anche se può contenere delle regioni
complementari che possono appaiarsi)
-al posto dello zucchero deossiribosio del DNA, l’RNA contiene il ribosio
che ha legato al carbonio 2 dell’anello un gruppo ossidrilico invece di un
atomo di idrogeno
-al posto della base azotata Timina (T) del DNA, nell’RNA si trova l’uracile
(U). Anche l’uracile è una pirimidina e può formare due legami ad
idrogeno con l’adenina (differisce dalla timina per un gruppo metilico –
CH3 mancante).

La trascrizione e la traduzione
Due sono i passaggi fondamentali che portano il flusso di informazioni dal
DNA alle proteine:
1 la trascrizione del DNA ad RNA, un processo che «assomiglia» alla
replicazione del DNA in quando un filamento di DNA funge da stampo per
la sintesi dell’RNA.
Esistono 3 tipi di RNA che sono principalmente coinvolti nella sintesi delle
proteine:
l’RNA messaggero (mRNA) che porta l’informazione genetica per la
sintesi di una proteina
l’RNA transfer (tRNA)che trasporta gli amminoacidi ai ribosomi
l’RNA ribosomiale (rRNA) che costituisce una parte della struttura dei
ribosomi e ha importanti funzioni catalitiche nella sintesi delle proteine
2la traduzione dell’informazione del RNA nella sequenza degli
amminoacidi per la sintesi proteica. Questo processo si chiama traduzione
perché trasforma il linguaggio dei nucleotidi nel linguaggio degli
amminoacidi.
Il codice che serve alle cellule per trasformare la sequenza dei nucleotidi
in sequenza degli amminoacidi è il codice genetico.

Le mutazioni
Il caso più semplice di mutazione è quello delle mutazioni puntiformi in
cui avviene la sostituzione di una base del DNA, che può alterare la
sintesi della proteina modificando il codone e quindi l’amminoacido
corrispondente.
Nel caso di una sostituzione nucleotidica si possono verificare 3 situazioni:
1) la mutazione è silente, non da effetti funzionali. Questo succede
quando la mutazione produce la trascrizione di un codone sinonimo
a quello corretto, per cui la sequenza degli amminoacidi non
cambia.
2) la mutazione è di senso, e provoca la sostituzione di un
amminoacido con un altro. Questo succede quando la mutazione
produce la trascrizione di un codone non sinonimo a quello corretto.
3) la mutazione è di non senso, e provoca la trascrizione di un codone
di stop per cui la sintesi della proteina si interrompe.

Alterazioni cromosomiche
Altre mutazioni che coinvolgono regioni più ampie del genoma sono le
mutazioni cromosomiche che possono essere:
Delezioni: quando si ha una perdita di una parte di cromosoma
Duplicazioni: quando è presente una ripetizione di una parte di
cromosoma
Inversioni: quando alcune parti di cromosoma sono presenti con
orientamento inverso rispetto alla sequenza corretta
Traslocazioni: quando parte del materiale genetico di un cromosoma si è
spostata su di un altro cromosoma
Quali sono le cause delle mutazioni?
La maggior parte delle mutazioni avviene spontaneamente per errori
nella replicazione del DNA o nei processi di mitosi e meiosi.
I polimorfismi genici
Quando una variazione genetica supera la frequenza dell'1% nella
popolazione si parla, invece che di mutazione, di polimorfismo genetico.
Esempi di polimorfismi sono quelle variazioni geniche che influenzano il
colore della pelle o degli occhi o l’altezza. Alcuni polimorfismi genici però
possono influenzare la suscettibilità alle malattie umane di tipo
multifattoriale che sono determinate dall’interazione di diverse cause di
tipo biologico e di tipo ambientale (es: forme comuni di cancro e di
malattie cardiovascolari, depressione etc) oppure la risposta ai farmaci.

L’evoluzione secondo Darwin


La teoria dell’evoluzione del naturalista britannico Charles Darwin (1809-
1882) spiega come l’interazione con l’ambiente possa causare i processi
evolutivi negli esseri viventi sulla terra.

Charles Darwin, al tempo giovane naturalista, si imbarcò a Plymouth nel


1831 sul brigantino Beagle per una crociera di 5 anni intorno al mondo. Il
suo compito sulla nave era quello di
disegnare delle carte di navigazione per la marina britannica.

Un’ informazione che influenzò Darwin fu la capacità degli allevatori ed


agricoltori di selezionare gli animali domestici e le piante coltivate,
facendo riprodurre solo gli organismi «migliori» per il loro scopi in modo
da ottenere delle varietà molto diverse tra loro (es: razze canine, varietà
di cavolo già diffuse ai tempi). Questo processo è chiamato selezione
artificiale.
Un’ultima teoria che ispirò Darwin nell’elaborazione della sua ipotesi
scientifica fu quella di Thomas Malthus, un prete ed economista inglese.
Questo studioso sosteneva che la crescita delle popolazioni non è sempre
un fattore positivo.
L’aumento del numero degli individui porta infatti ad un esaurimento
delle risorse alimentari che generano fame, malattie e guerre, che a loro
volta frenano la crescita demografica.
Il concetto alla base della teoria di Darwin è quello dell’adattamento
all’ambiente: gli organismi che meglio si adattano all’ambiente
circostante e ai suoi cambiamenti sono quelli che hanno più probabilità di
sopravvivere e di riprodursi (selezione naturale). Le caratteristiche
positive dei genitori che sono sopravvissuti si accumulano nelle
generazioni successive e possono dare origine a nuove specie.

Il meccanismo proposto da Darwin per l’evoluzione delle specie si basa su


4 osservazioni: variabilità, sovrapproduzione, lotta per la sopravvivenza
e successo riproduttivo.

-Variabilità: gli individui di una popolazione mostrano una grande


variabilità di caratteristiche che possono essere più o meno favorevoli per
adattarsi all’ambiente (morfologia, colore, capacità di resistenza ai
parassiti, velocità, etc).

-Sovrapproduzione: le popolazioni crescono in maniera esponenziale nel


tempo.
Alcuni animali come la rana possono deporre anche 10.000 uova

-Lotta per la sopravvivenza: le risorse naturali come il cibo, l’acqua, lo


spazio sono limitati per cui gli individui competono per sopravvivere

-Successo riproduttivo: gli individui con le caratteristiche più favorevoli


arrivano a riprodursi e a crescere una prole in salute e quindi trasmettono
i loro caratteri favorevoli.

I virus

I virus sono particelle ai limiti tra la «vita» e la «non vita» perchè per
vivere hanno bisogno di una cellula ospite, non sono in grado di replicarsi
autonomamente, non hanno una struttura cellulare, non svolgono
funzioni metaboliche, non sintetizzano proteine. Però evolvono anch’essi
per selezione naturale.
Sono a tutti gli effetti dei parassiti cellulari (parassiti obbligati).
I virus si riproducono all’interno delle cellule ospiti secondo 2 vie: una è il
ciclo litico, l’altra è il ciclo lisogenico.

Ciclo litico
Nel ciclo litico il virus lisa (=rompe) e quindi distrugge la cellula ospite.
Questi sono i virus definiti virulenti che causano malattie anche mortali.
Il ciclo litico è caratterizzato da 5 fasi:
1 Aggancio ai recettori posti sulla superficie della cellula
2 Penetrazione del virus intero o solo del suo materiale genetico
all’interno della cellula
3 Replicazione e sintesi: Il genoma del virus usa il macchinario molecolare
della cellula per riprodurre se stesso e creare le proteine che gli servono
(molti farmaci antivirali bloccano questo stadio del ciclo).
4 Assemblaggio della struttura del nuovo virus
5 Rilascio: la membrana cellulare viene distrutta ed i nuovi virus vengono
rilasciati all’esterno pronti per infettare nuove cellule.

Ciclo lisogenico
I virus definiti temperati non distruggono la cellula ospite ma si limitano a
sfruttarla per replicarsi.
Il genoma virale si integra in quello della cellula ospite e quando questa si
replica, replica anche il virus. In alcune condizioni ambientali o
spontaneamente alcuni virus temperati possono trasformarsi in virus
virulenti.

I prioni

I prioni sono isoforme patologiche di proteine normalmente presenti nel


corpo (soprattutto nei neuroni) che possono modificare la loro
conformazione e che si accumulano nelle cellule, danneggiandole
irreversibilmente.
L’inoculazione o l’ingestione di sospensioni contenenti prioni è in grado di
indurre la comparsa della patologia in soggetti normali, i quali a loro volta
diventano una sorgente di possibile infezione.
Questo meccanismo è appunto alla base della forma di malattia di
Creutzfeld-Jakob (CJD), un particolare tipo di encefalopatia spongiforme
che si è trasmessa dai bovini all’uomo negli anni 90 in inghilterra
causando la morte di 150 persone.
Esistono anche delle forme di malattie prioniche che sono causate da una
mutazione genica che causa lo scorretto ripiegamento della proteina che
diventa un prione. Per la maggior parte dei casi di CJD non si conosce la
causa.

Ci sono infatti 3 categorie principali di CJD:


CJD sporadica che compare in persone che non hanno fattori di rischio
conosciuti per la malattia (85% dei casi)
CJD ereditaria. C’è una storia familiare di malattia ed è stata trovata la
mutazione che causa la trasformazione in prione (5-10% dei casi)
CJD acquisita dovuta all’esposizione a tessuti cerebrali e nervosi infetti o a
pratiche mediche come trasfusioni (meno dell’1% dei casi)

L’incidenza di questa malattia è per fortuna molto bassa (1 persona su 1


milione)

I batteri

Le forme più comuni dei batteri sono:


-sferica (cocchi)
-bastoncellare (bacilli)

I batteri sono stati classificati in gram positivi e gram negativi a seconda


della composizione della parete cellulare.
Gram + : si colorano utilizzando il blu di genziana. Hanno una parete
molto spessa formata da peptidoglicani.
Gram - : non si colorano. Hanno una parete a due strati, una interna
sottile con peptidoglicano ed una esterna spessa senza peptidoglicano.

Una caratteristica importante dei batteri è che possono scambiarsi


facilmente materiale genetico (trasferimento orizzontale) per
trasformazione, trasduzione e coniugazione.

Nella trasformazione un batterio incorpora frammenti di DNA che


provengono da altre cellule (es: cellule morte). Nella trasduzione un virus
trasferisce il DNA di un batterio in un altro, nella coniugazione un batterio
donatore trasferisce DNA plasmidico ad un batterio ricevente.

La resistenza agli antibiotici


Gli antibiotici sono i farmaci utilizzati per combattere le infezioni
batteriche.
I batteri possono sviluppare una resistenza ai farmaci per la comparsa di
mutazioni spontanee o per l'acquisizione di un plasmide durante i
meccanismi di trasferimento orizzontale.
La principale causa dell’insorgenza di resistenza agli antibiotici è l’uso
eccessivo di questi farmaci. Infatti è verosimile che in ogni popolazione
batterica siano presenti dei batteri geneticamente resistenti,
somministrando spesso un determinato antibiotico (anche quando non è
necessario) si selezionano solo i batteri resistenti, mentre muoiono quelli
sensibili al farmaco. Così molte infezioni diventano difficili da curare e
bisogna sviluppare sempre nuovi farmaci.
Il neurone

Il neurone è l’unità fondamentale di tutto il sistema nervoso sia centrale


che periferico.
È costituito da una regione tondeggiante contenete il nucleo della cellula
chiamata corpo cellulare o soma. Dal soma si irradiano numerosi
filamenti chiamati neuriti che possono dividersi in due categorie: assoni e
dendriti.
Gli assoni si possono estendere da 1 mm fino a 1 m di lunghezza. I
dendriti raramente sono lunghi più di due millimetri.

Il soma è la parte centrale del neurone di forma tondeggiante. Il soma


contiene un nucleo e gli stessi organuli che si possono trovare in tutte le
cellule animali.

La membrana neuronale serve come barriera per contenere il citoplasma


e per permettere al neurone di interagire con l’esterno. Un’importante
caratteristica dei neuroni è che la composizione proteica della membrana
varia a seconda che si tratti del soma, dei dendriti o dell’assone.

Il citoscheletro neuronale costituisce l’impalcatura, formata da


microtubuli, neurofilamenti e microfilamenti, che conferisce al neurone la
sua caratteristica forma.

L’assone è una struttura che si trova solo nei neuroni ed è altamente


specializzata per il trasporto dell’informazione a distanza.

I dendriti di un singolo neurone sono chiamati collettivamente albero


dendritico.
I dendriti funzionano come le antenne del neurone e sono coperti da
migliaia di sinapsi. I dendriti di alcuni neuroni sono ricoperti da strutture
specializzate chiamate spine dendritiche, che ricevono gli input sinaptici.
Il citoplasma dei dendriti assomiglia a quello degli assoni: è riempito con
elementi del citoscheletro e mitocondri.

La parte terminale dell’assone viene chiamata terminale assonico o


bottone sinaptico.
Il punto di contatto prende il nome di sinapsi, ed è il luogo dove avviene
la comunicazione neuronale.

Il trasporto assoplasmatico
Le proteine dell’assone vengono sintetizzate nel soma e trascinate verso
l’assone. Il materiale viene incapsulato all’interno delle vescicole, che si
spostano lungo i microtubuli dell’assone.
Il movimento avviene grazie ad una proteina, la chinesina, e consumando
ATP. La chinesina muove solamente il materiale dal soma verso il
terminale.
Ogni movimento di materiale in questa direzione è chiamato trasporto
anterogrado.
Esiste anche un meccanismo per il movimento di materiale dal terminale
verso il soma, il trasporto retrogrado.

La sinapsi

Il trasferimento dell’informazione da un neurone ad un altro nella sinapsi


è chiamato trasmissione sinaptica. Nella maggioranza delle sinapsi,
l’informazione, viaggiando sotto forma di impulsi elettrici lungo l’assone,
nella parte terminale viene convertita in un segnale chimico che
attraversa lo spazio intersinaptico. Sulla membrana post-sinaptica, questo
segnale chimico può essere viene riconvertito in un segnale elettrico o in
un segnale molecolare.
Il segnale molecolare è chiamato neurotrasmettitore ed è immagazzinato
e rilasciato dalle vescicole sinaptiche all’interno del terminale assonico.
Diversi neurotrasmettitori sono usati da neuroni di tipi diversi.

Dal punto di vista funzionale - in relazione al tipo di segnale che viene


trasmesso dalla cellula presinaptica a quella postsinaptica - si distinguono
due diverse tipologie di sinapsi: le sinapsi elettriche e le sinapsi chimiche.

Nelle sinapsi elettriche la conduzione dell'impulso nervoso è


particolarmente veloce, grazie al passaggio diretto di corrente da una
cellula all'altra. Questo è possibile perchè c‘è un’estrema vicinanza o
addirittura una continuità citoplasmatica tra la cellula presinaptica e
quella postsinaptica, e anche per la presenza di strutture specializzate, le
gap junction o giunzioni comunicanti, che si lasciano attraversare
dall'onda di depolarizzazione del potenziale d'azione.
La comunicazione è affidata a correnti ioniche ed è generalmente
bidirezionale, il che permette di sincronizzare le risposte di intere
popolazioni neuronali ed ottenere un'attivazione massiva e molto rapida.

Nelle sinapsi chimiche, di gran lunga più frequenti nel nostro organismo,
la trasmissione dei segnali viene affidata ad un mediatore chimico, detto
neurotrasmettitore. Rispetto alle precedenti, tra cellula presinaptica e
cellula postsinaptica esiste un punto di discontinuità strutturale; in
questo modo le membrane delle due cellule restano sempre distinte e
separate da uno spazio (20-40 milionesimi di millimetro) detto fessura
sinaptica. A differenza delle precedenti, le sinapsi chimiche sono
unidirezionali e presentano un certo ritardo nella trasmissione del
segnale elettrico (da 0.3 ms a qualche ms). Al sopraggiungere dell'impulso
nervoso al bottone sinaptico, le vescicole che esso contiene, ricche di
messaggeri chimici (neurotrasmettitori), si fondono con la membrana
cellulare liberando il proprio contenuto nella fessura sinaptica.
I neurotrasmettitori vengono quindi captati da specifici recettori posti
sulla membrana postsinaptica e inducono delle modificazione
trasmettendo il segnale neuronale (apertura/chiusura canali ionici,
secondi messaggeri etc).

Le altre cellule cerebrali

Insieme ai neuroni nel cervello ci sono le cellule gliali che contribuiscono


in maniera importante alla funzione cerebrale, supportando i processi
neuronali.

Il maggior numero di cellule gliali nel cervello è dato dagli astrociti. Essi
riempiono lo spazio tra i neuroni, influenzando la crescita o la
degenerazione di assoni e dendriti.
Il ruolo fondamentale degli astrociti è quello i regolare il contenuto
chimico dello spazio extracellulare. Oltre a contribuire al metabolismo di
alcuni neurotrasmettitori come GABA e glutammato, gli astrociti
controllano strettamente la concentrazione extracellulare di molteplici
sostanze che possono potenzialmente interferire con la corretta funzione
neuronale (per es, essi regolano la concentrazione di ioni potassio nel
fluido extracellulare). Inoltre hanno un ruolo fondamentale nel sistema di
risposta infiammatoria nel sistema nervoso centrale.

Altre cellule gliali sono gli oligodendrociti e le cellule di


Schwann che hanno la funzione di fornire agli assoni un involucro
protettivo di mielina, che isola e protegge gli assoni. Questi due tipi di
cellule differiscono in base alla loro collocazione: l’oligodendroglia si trova
solo nel cervello e nella colonna vertebrale, mentre le cellule di Schwann
si trovano solo nel Sistema Nervoso Periferico.
Un’altra differenza è che la cellula dell’oligodendroglia contribuisce a
mielinizzare molti assoni, mentre ciascuna cellula di Schwann mielinizza
un singolo assone. Inoltre gli oligodendrociti possono legare insieme gli
assoni di diversi neuroni.

Infine sono presenti le cellule microgliali che funzionano come fagociti


(spazzini) per rimuovere gli avanzi di neuroni e di glia morti o in via di
degenerazione.

Neurotrasmettitori e sistemi neurotrasmettitoriali

I neurotrasmettitori sono le molecole chimiche che vengono rilasciate


negli spazi sinaptici dai neuroni per la trasmissione del segnale.

I neurotrasmettitori che possiamo definire «classici» sono molecole a


basso peso molecolare che possono essere distinte in 3 categorie
principali:
-Acetilcolina
-Monoamine o ammine biogene (dopamina, noradrenalina, serotonina,
etc)
-Aminoacidi (glutammato, GABA, glicina, etc)
Questi neurotrasmettitori in condizioni di riposo sono presenti in
vescicole nel bottone sinaptico dell’assone del neurone presinaptico
pronti per essere rilasciati all’arrivo del segnale.
Nel momento in cui il neurone viene raggiunto da uno stimolo, le
vescicole sinaptiche si fondono per esocitosi con la membrana pre-
sinaptica, riversando il proprio contenuto nello spazio sinaptico. I
neurotrasmettitori rilasciati si legano a specifici recettori o a canali ionici
localizzati sulla membrana post-sinaptica (ogni neurotrasmettitore ha i
suoi).
L'interazione fra il neurotrasmettitore e il recettore o canale ionico
scatena una risposta di tipo molecolare o l’apertura/chiusura del canale
che può avere un effetto di tipo eccitatorio o inibitorio nel neurone post-
sinaptico.

Effetto eccitatorio o inibitorio


la risposta può essere eccitatoria, se il neurotrasmettitore determina una
depolarizzazione della membrana del neurone post-sinaptico (e quindi il
neurone è più facilmente stimolabile), o inibitoria se, invece, determina
una iperpolarizzazione della membrana (il neurone diventa più
difficilmente stimolabile).

Sistemi neurotrasmettitoriali
Dopaminergico e serotoninergico

Sistema dopaminergico
La dopamina è uno dei principali neurotrasmettitori nel cervello umano.
La maggior parte dei nuclei dopaminergici è localizzata nelle aree
cerebrali della substantia nigra e dello striato dove svolge una funzione di
regolazione dei riflessi posturali e dell’inibizione dell’attività motoria. Il
sistema dopaminergico nelle aree corticali invece agisce nel controllo
delle emozioni e del pensiero. La dopamina può anche avere effetti sulla
produzione di prolattina (durante l’allattamento) da parte delle ghiandole
dell’adenoipofisi e può agire come vasodilatore nel sistema nervoso
periferico regolando il flusso renale.
Riguardo alle malattie associate a disfunzioni di questo sistema, la
degenerazione dei neuroni dopaminergici è la causa principale il morbo di
Parkinson che porta a gravi disturbi del movimento, mentre un eccesso di
attività dopaminergica, forse imputabile a un aumento nella densità dei
recettori dopaminergici è associato alla schizofrenia, una malattia
psichiatrica caratterizzata da deliri e allucinazioni.

Sistema serotoninergico
Nel sistema nervoso centrale, i neuroni serotoninergici sono presenti in
molte aree della corteccia, nelle aree limbiche in ippocampo e nel
cervelletto. Il sistema serotoninergico svolge un ruolo importante nella
regolazione dell'umore, dei ritmi sonno veglia, della sensibilità al dolore,
della temperatura corporea, della sessualità e dell'appetito. La serotonina
esercita anche funzioni a livello periferico, ad esempio sulle piastrine, nel
processo di coagulazione del sangue e nella peristalsi gastrointestinale.

Deficits nel sistema serotoninergico sono state consistentemente


associati allo sviluppo di depressione e di ansia e ai disturbi del
comportamento alimentare come anoressia e bulimia.
Il sistema serotoninergico ed in particolare il meccanismo di re-uptake
della serotonina dagli spazi sinaptici da parte dei neuroni presinaptici è il
target principale dei moderni farmaci antidepressivi (SSRI).

Le neurotrofine

Le neurotrofine sono una categoria di proteine con un ruolo


fondamentale nel sistema nervoso centrale perchè regolano la crescita, la
sopravvivenza e la morfologia delle popolazioni di neuroni, durante il
neurosviluppo e nel cervello adulto. Queste proteine sono in grado di
influenzare importanti meccanismi neuronali come eccitabilità,
sinaptogenesi e plasticità sinaptica. Da un punto di vista funzionale molte
neurotrofine giocano un ruolo di primo piano nei processi biologici di
apprendimento e memoria e di risposta allo stress psicologico.

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