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Cos’è la CHIMICA?

La chimica è la scienza, o più precisamente quella branca delle scienze naturali che
studia:
• Composizione: di cosa è fatta la materia;
• Struttura: come le particelle elementari sono legate tra di loro;
• Proprietà: le caratteristiche della materia;
• Reazioni: come si comporta ciascuna sostanza in presenza di altre (es. formazione
della ruggine su una superfice di metallo, accensione del motore della macchina,
digestione ecc.).

La MATERIA è tutto ciò che occupa spazio, che ha massa e che è percepibile dai nostri
sensi.
Può presentarsi in vari stati: liquido, gassoso e solido.
A livello molecolare:
• In un gas le molecole sono molto distanti e si muovono molto velocemente;
• In un liquido le molecole sono più vicine ma si muovono ancora con rapidità,
permettendo di scivolare le une sulle altre (si versano facilmente);
• In un solido le molecole sono strette tra loro in disposizioni bene definite dalle quali le
molecole stesse possono muoversi solo leggermente.

La SOSTANZA è un dato tipo di materia caratterizzato da ben definite proprietà, la cui


composizione è ben determinata e costante.
Tutte le sostanze possono essere:
• Elementari: sostanze pure costituite da un solo tipo di elemento, le quali non possono
essere decomposte tramite nessuna reazione chimica in sostanze più semplici (ad oggi
si conoscono 117 elementi);
• Composte: sostanze pure ottenute tramite una trasformazione chimica di due o più
elementi chimici (formati da due o più atomi);

La maggior parte della materia che incontriamo è sotto forma di miscele di diverse
sostanze.
Ogni sostanza contenuta in una miscela conserva la propria identità chimica e le proprie
proprietà.
Mentre le sostanze pure hanno una composizione fissa, la composizione della miscela
può variare.
Esistono:
• miscela eterogenea: costituita di parti fisiche distinte, ognuna con proprietà differenti;
• miscela omogenea: invece, uniforme nelle sue proprietà e composizione, in ogni parte
del campione.
Dunque, possiamo definire la materia come una miscela/miscuglio di elementi e composti.

Un sistema omogeneo, se separabile con metodi fisici prende il nome di SOLUZIONE, se


non separabile prende il nome di SOSTANZA (elementare o composta).
Proprietà della materia:
• proprietà fisiche: caratteristiche che possono essere osservate o misurate senza
alterare l’identità chimica (composizione) del materiale.
• proprietà chimiche: sono quelle che si manifestano quando una sostanza si trasforma
in/interagisce con un’altra sostanza (cambiamento di composizione del materiale, es.
infiammabilità, corrosività, reattività con gli acidi).
• proprietà intensive: non dipendono dalla quantità di materia (es.
densità=massa/volume)
• proprietà estensive: dipendono dalla quantità di materia (es. densità=massa/volume).

LA TEORIA ATOMICA DELLA MATERIA


In passato, diversi filosofi greci, come Demecrito, definivano la materia come un’entità
elementare, indistruttibile e indivisibile.
Nel corso negli anni, poi, furono create le basi per una nuova teoria atomica che legava il
concetto di elementi con quello di atomo.
In particolare, studiando gli aspetti quantitativi delle trasformazioni chimiche, arrivarono a
descrivere il comportamento delle sostanze attraverso delle leggi, a cui si fa riferimento
ancora oggi:
• la legge della conservazione della massa (Lavoisier, 1750), la quale afferma che nel
corso di una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti è uguale alla somma
delle masse dei prodotti, cioè la materia non si crea e non si distrugge;
• la legge delle proporzioni definite (Proust, 1794), la quale afferma che in un
composto chimico gli elementi che lo costituiscono sono sempre presenti rapporti in
massa costanti e definiti indipendentemente dalla sua origine o dal metodo di
preparazione;
• la legge delle proporzioni multiple (Dalton, 1804), la quale dice che quando due
elementi formano tra loro due o più composti, le loro differenti masse che si combinano
con la stessa massa dell’altro sono tra loro in rapporti dati da numeri interi e piccoli.

Dalton, analizzando e incrociando la legge di Lavoisier e Proust, istituì quello che oggi è
noto come modello atomico di Dalton (direttamente derivante da quello di Demecrito),
secondo cui l’atomo era una porzione di materia indivisibile, che non presentando cariche
elettriche, non poteva interpretare i fenomeni elettrici.
Successivamente, Thomson, attraverso un esperimento fu in grado di determinare il
rapporto carica/massa, misurando le deviazioni che subiva il fascio elettrico.
Gli elettroni, quindi, dovevano essere una componente principale di tutti gli atomi con
cariche soltanto positive.
Con il suo esperimento, invece, Millikan riuscì a misurare la carica elettrica
dell’elettrone, da cui fu possibile ricavare anche la massa dell’elettrone, grazie al
rapporto carica/massa ideato da Thomson.
Negli anni successivi, studiando la radioattività (emissione spontanea di radiazioni) degli
elementi, Rutherford, attraverso un esperimento, arrivò alla conclusione che gli atomi
sono particelle costituite da nuclei molto piccoli, in cui risiedono protoni e neutroni, attorno
al quale ci sono gli elettroni che contribuiscono a dare volume all’atomo (modello
planetario).

Dal modello di Rutherford si arriva alla visione moderna della STRUTTURA ATOMICA,
formata da protoni (carica relativa, p+ : +1; massa: 1.00727), elettroni (carica relativa, e-
: -1; massa: 1.00866) e neutroni (carica relativa: n°; massa: 0.0005458).
Il nucleo è responsabile della massa dell’atomo, mentre gli elettroni conferiscono volume
all’atomo.
L’unità di misura della massa atomica è chiamata UMA.
NOTA Il concetto di atomo non è da confondere con il concetto di elemento. Poiché
l’atomo è una particella, mentre l’elemento dipende dalla natura dell’atomo.

Quello che, sostanzialmente, rende diverso un atomo di un elemento rispetto all’altro è il


numero atomico (Z), (cioè il numero di protoni presenti nel nucleo). Se l’atomo è neutro, il
numero è uguale a quello degli elettroni.
Sommando il numero di protoni e il numero di neutroni otteniamo il numero di massa (A=
Z + n°).
Conoscendo numero atomico e numero di massa di un elemento si può calcolare il
numero di neutroni contenuti nel suo nucleo.
Quando abbiamo atomi dello stesso elemento aventi le stesse proprietà chimiche, ma
diverse masse, perché contengono un numero diverso di neutroni, si chiamano isotopi.

Dunque, secondo Rutherford l’atomo poteva esistere solo se gli elettroni erano in moto
circolare attorno al nucleo, così che la forza centrifuga (repulsiva) e quella elettrostatica
(attrattiva) si annullano mantenendo l’elettrone su un’orbita costante.
Secondo Maxwell, però, gli elettroni in orbita a causa dell’elettromagnetismo avrebbero
dovuto perdere rapidamente energia e precipitare sul nucleo, dicendo così che lo spettro
di emissione dei gas non è continuo, ma a righe.
Perciò si passò dal modello atomico classico al modello atomico quantistico
STECHIOMETRIA
La massa atomica
Le masse atomiche assolute degli atomi sono valori molto piccoli, espressi in grammi.
Mentre, le masse atomiche relative (o peso atomico) sono i valori delle masse misurate
rispetto ad un’unità di massa di riferimento.

L’unità di misura della massa atomica è l’ u.m.a, che corrisponde alla dodicesima parte di
12C, cioè del carbonio con A=12 → 1 u.m.a. = 1.660540x10^27Kg = 1.660540x10^24g
La massa atomica tabulata, invece, è media delle masse dei suoi isotopi naturali,
calcolata secondo le rispettive abbondanze naturali.
Poiché risulta difficile contare atomi o molecole, si utilizza la MOLE, cioè una quantità di
sostanza che contiene tante unità quanti atomi sono contenuti in 12 grammi del 12C. il
numero di unità contenute in una mole si chiama numero di Avogrado (Na o N).

Quindi, una mole di materia contiene 6.022 10^23 unità chimiche elementari. La massa in
grammi di 1 mol di materia di qualsiasi sostanza elementare o composta è detta massa
molare ed è uguale alla massa atomica (per le sostanze elementari) o molecolare (per i
composti) espressa in uma.

1 mol = numero di Avogrado

Luce-materia

Il progresso scientifico è dunque fondato principalmente sulle interazioni luce-materia:


• quantizzazione dell’energia
• interazione onda-materia
• dualismo onda-particella (l’onda è considerata una particella e viceversa).

Analizzare la luce emessa e assorbita dalle sostanze ci permette di studiare la struttura


elettronica degli atomi.
La luce è una forma di radiazione elettromagnetica costituita da un campo elettrico e un
campo magnetico oscillanti e variabili nel tempo che procedono nel vuoto a velocità molto
elevate.

La lunghezza d’onda e la frequenza sono inversamente proporzionali e collegate tra loro.


Maggiore è la frequenza, maggiore sarà l’energia.
Diverso, invece, è il concetto di intensità che non è una forma di energia ma indica la
quantità di radiazioni (ampiezza d’onda).
La luce ha sia una natura corpuscolare (la propagazione di un fascio di luce è dovuto dallo
spostamento di un gruppo di particelle detti quanti di energia o fotoni), sia una natura
ondulatoria (diffrazione).

Ci sono alcuni fenomeni che provocano delle radiazioni:


Il corpo nero
Quando un corpo si riscalda comincia a diventare luminoso e a cambiare colore
emettendo delle radiazioni. All’aumentare della temperatura del corpo, esso emette
radiazioni sempre più dannose fino ad arrivare alla regione ultravioletta.
In questo caso l’intensità della radiazione tende a zero per valori con frequenza molto alta,
indipendentemente dalla temperatura.
(Planck).
L’effetto fotoelettrico
Una superfice metallica colpita da radiazione elettromagnetica emette elettroni.
Mentre per la teoria classica l’energia degli elettroni emessi dipende dall’intensità della
radiazione, attraverso delle sperimentazioni possiamo osservare invece che si ha un
emissione fotoelettrica solo se la frequenza della radiazione che incide sulla superfice
metallica è superiore ad un valore soglia; l’energia degli elettroni emessi dipende dalla
frequenza della radiazione; il numero degli elettroni emessi per unità di tempo aumenta
all’aumentare dell’intensità della radiazione.
Einstein confermo l'idea di Planck spiegando l'effetto fotoelettrico e mostrando che la
radiazione non è solo emessa, ma anche assorbita sotto forma di pacchetti e fotoni. Inoltre
ipotizzò per la luce una natura corpuscolare, spiegando i risultati sperimentali
descrivendo il fenomeno come un'insieme di urti tra i quanti di energia radiante (fotoni) e
gli elettroni del metallo: durante l'urto un fotone cede tutta o parte della sua energia a un
elettrone provocando l'estrazione.
È possibile interpretare l'effetto fotoelettrico sotto un punto di vista quantistico, in quanto
l'energia luminosa viene assorbita dal materiale a pacchetti sotto forma di fotoni, gli
elettroni dell'atomo sono disposti, in quiete, su livelli ben definiti e interagiscono con il
fotone incidente che è dotato di un'energia cinetica E=hv, l’energia cinetica iniziale hvo è
detta energia di estrazione, in quanto è la minima energia per poter estrarre un elettrone.
L’energia residua dell'elettrone si presenta sottoforma di energica di movimento.

Secondo Planck e Einstein l'energia non è una grandezza continua ma è quantizzata, cioè
può essere ceduta o trasmessa solo in quantità discrete, multiplo di un valore fisso detto
quanto.
Secondo la natura dualistica della luce, la radiazione elettromagnetica che in
precedenza viene considerata come un'onda ha anche una natura corpuscolare.
LA LUCE
Nel ventunesimo secolo si arrivò alla consapevolezza che all'interno dell'atomo esistevano
gli elettroni che attraverso il loro movimento producevano luce e altri tipi di radiazioni
elettromagnetiche. Se viene scomposta in diverse lunghezze d'onda una radiazione
proveniente da una sorgente luminosa viene prodotto uno spettro continuo, ad esempio
una radiazione proveniente da un elemento chimico generava uno spettro a righe dove
ciascun elemento produce un'insieme ben preciso di righe colorate dette anche righe
spettrali che sono una sorta di firma dell'atomo.
Modello atomico di bohr
Secondo il modello atomico di Rutherford gli elettroni ruotano attorno al nucleo su orbite
ben definite. Dalla teoria elettromagnetica di Maxwell un sistema di cariche in movimento
deve irradiare onde elettromagnetiche e quindi perdere energia. Tuttavia, perdendo
energia, gli elettroni verrebbero attratti sempre più vicino al nucleo, seguendo una spirale,
fino a raggiungerlo. Tale sistema avrebbe una durata estremamente breve (circa 10-11 s).

Nel 1913 Bohr risolse il problema riguardante la teoria atomica di Rutherford applicando
l’ipotesi quantistica di Planck. La teoria di Bohr si basa sull’interpretazione degli spettri
dell’idrogeno e utilizza le leggi della fisica classica, con restrizioni quantiche derivate dalla
teoria di Planck.
Bohr, per un atomo di idrogeno, postulò che:
L’elettrone si muove secondo orbite circolari attorno al nucleo secondo un moto descritto
dalla fisica classica;
L’elettrone possiede solo una serie fissa di orbite permesse dette stati stazionari. Le orbite
permesse sono quelle in cui certe proprietà dell’elettrone hanno valori univoci. Le orbite
corrispondono a gusci sferici ad energia costante;
Finché l’elettrone resta in una determinata orbita (stato stazionario) non cede e non
assorbe energia, la quale resta costante;
Un elettrone può passare solo da un’orbita permessa ad
un’altra (non può rimanere ad un livello intermedio). In
queste transizioni vengono coinvolte quantità fisse di
energia, che sono i quanti, i quali vengono o assorbiti o
emessi. Sono permesse quindi solamente le orbite che
soddisfano la seguente condizione quantica:
L’elettrone nello stato a minor energia si trova nell’orbita
più vicina al nucleo (stato fondamentale, n=1);
Le orbite con n>1 sono occupate solo dall’elettrone in
uno stato di energia più alta, detto stato eccitato.

Quando un elettrone passa da un livello energetico più alto a uno più basso perde
energia sotto forma di radiazione, quindi emette una radiazione elettromagnetica
(fotone) a frequenza v: hv rappresenta il salto energetico di livello, al contrario un
elettrone sale di livello quando viene investito da una radiazione elettromagnetica
quindi ha assorbito un fotone. Gli elettroni emettono l'energia assorbita sotto forma di
luce e ciò spiega le righe degli spettri di emissione degli atomi e tutti gli elementi.
Il modello atomico di Borh presentava però alcune limitazioni ovvero che era basato solo
su concetti di fisica meccanica classica e che soprattutto era un modello sperimentale
relativo all'atomo di idrogeno e quindi non adatto per gli spettri di altri elementi. Quindi era
necessario sviluppare una nuova teoria meccanica per descrivere la struttura dell'atomo.
Dualismo onda-paticella
Il dualismo onda particella è la duplice natura fisica sia corpuscolare che ondulatoria. La
luce ha sia una natura ondulatoria che corpuscolare, questa visione nacque con la
teoria dei quanti Di Max Planck, secondo la quale un fascio di luce è composto da una
determinata quantità di particelle indivisibili detti quanti. Questa teoria venne confermata e
ripresa da Albert Einstein per spiegare l'effetto fotoelettrico, quindi era chiaro ormai che la
luce e le radiazioni elettromagnetiche avevano una natura ondulatoria e corpuscolare.
Questo dualismo non riguardava soltanto la luce ma anche la materia, infatti anche la
materia ha duplice natura ondulatoria e particellare, nel 1924 de broglie intuii che
questo dualismo non riguardava soltanto le radiazioni ma anche la materia, infatti gli
elettroni hanno proprietà sia ondulatorie che corpuscolari quindi la stessa materia può
manifestarsi sotto forma di onde e da qui nasce l'equazione

ʎ= ʎ lunghezza d’onda dell’elettrone
𝑚𝑣
E’ possibile osservare proprietà ondulatorie solo per le particelle di massa estremamente
piccola.
Gli elettroni di un atomo possono assumere solo particolari valori di energia che
dipendono dalla struttura dell'atomo stesso. Inoltre non è possibile parlare di traiettoria, ma
la posizione di un elettrone è un concetto esclusivamente probabilistico secondo la
meccanica quantistica.
Secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg in un sistema microscopico non
è possibile rilevare contemporaneamente la velocità e la posizione di una particella nello
spazio, in quanto maggiore è l'accuratezza nel determinare la posizione di una particella,
minore sarà l'accuratezza con la quale si può accertare la quantità di moto ovvero la
velocità.
Schrodinger decise di abbandonare la teoria delle leggi della meccanica classica e
adottare una interpretazione probabilistica tramite le leggi della meccanica quantistica ed
elaborò un'equazione per calcolare le onde di probabilità ovvero le orbite intorno al nucleo
dove l'elettrone potrebbe
orbitare con maggiore
probabilità.

Il modello di schroedinger l'atomo di idrogeno prevedeva che il


comportamento dell'elettrone potesse essere descritto come un'onda
stazionaria e che all'elettrone fossero permesse soltanto alcune funzioni
d'onda e che ad ogni funzione d'onda fosse associata una certa quantità di
energia. Il quadrato della funzione d'onda è correlato alla probabilità di
trovare l'elettrone in un dato spazio, la probabilità è detta densità
elettronica poiché appunto prevede la densità di probabilità di trovare un
elettrone in un elemento di volume. La regione dello spazio in cui si ha la
probabilità massima di trovare un elettrone con una certa energia è detto
orbitale, gli orbitali vengono definiti dai numeri quantici.
Numero quantico principale, n: numero intero che caratterizza l’energia
dell’elettrone
Numero quantico secondario o del momento angolare, l: numero intero,
può assumere tutti i valori compresi nell’intervallo [0, n-1]. Caratterizza la
forma della regione di spazio in cui l’elettrone può trovarsi
Numero quantico del momento magnetico, ml: numero intero, può
assumere tutti i valori compresi nell’intervallo [-l, l]. Discrimina l’eventuale
presenza di assi magnetici preferenziali
Simbologia degli orbitali
Ogni tipo di orbitale è caratterizzato da un numero e da un simbolo. Il numero
indica il valore di n, il simbolo il valore di l

Orbitali S I=0
Gli orbitali si rappresentano graficamente con una superficie limite ovvero la superficie che
delimita la zona dello spazio equivalente al 90% delle
probabilità di trovare l'elettrone. La dimensione
dell'orbitale aumenta all'aumentare del numero
quantico. L’orbitale S ha una forma sferica.
Orbitali p I=1
Gli orbitali p sono tre in quanto I=1 quindi sono possibili i valori
di m= -1,0,+1. La simmetria è assiale e ogni orbitale p ha un
piano nodale in cui la funzione y si annulla.
ORBITALI D I=2
Gli orbitali sono 5 in quanto I=2 quindi sono possibili valori di m=-2,-1,0,+1,+2.

Orbitali f I=3
Gli orbitali sono 7, hanno generalmente 8 lobi, esistono tre piani nodali rappresentate da
funzioni matematiche di terzo grado.
Atomi polielettrici
Il modello ondulatorio si applica anche in atomi con più elettroni, in questo caso la
trattazione è più complessa in quanto bisogna considerare anche la repulsione fra elettroni
che hanno la stessa carica e quindi in questo caso è necessario introdurre un numero
quantico.
Numero quantico di spin è dato dal fatto che un elettrone può generare un campo
magnetico ruotando su se stesso con due possibili versi di rotazione: orario e antiorario, a
cui corrispondono due orientazioni opposte del campo magnetico e quindi può generare
soltanto due valori opposti di momento magnetico quindi Ms.
Configurazione elettronica
Ogni atomo è caratterizzato da una particolare disposizione degli elettroni nei suoi orbitali,
la configurazione elettronica rappresenta tale disposizione e si può costruire in base alle
seguenti regole:
• Principio di esclusione di pauli; in un atomo non possono coesistere due elettroni
caratterizzati dagli stessi valori dei numeri quantici (n l ml ms) e quindi un orbitale
potrà descrivere solo due elettroni, purché questi abbiano valori diversi dal numero
quantico di spin.
• regola di hund; gli elettroni tendono ad occupare orbitali degeneri singolarmente
con i loro Speed paralleli, quindi tendono ad occupare il massimo numero di orbitali
e con lo stesso valore di spin.
• principio della costruzione progressiva; si occupano prima gli orbitali a più
bassa energia e poi quelli energia più elevata

Numero atomico corrisponde al numero di protoni, un atomo si dice neutro


quando il numero atomico è uguale al numero di elettroni.

TAVOLA PERIODICA
Le proprietà chimiche e fisiche degli elementi variano in funzione del numero atomico
in maniera regolare e periodica, per poter organizzare gli elementi per numero atomico
crescente è stata ideata la tavola periodica. La prima tavola periodica fu ideata da
Mendeleev che organizzò gli elementi in base alle loro proprietà chimiche simili e li
rispose in ordine crescente di massa atomica. La tavola periodica moderna è suddivisa
in colonne e righe, le colonne rappresentano i gruppi che indicano il numero di elettroni
di valenza nell'ultimo orbitale, si suddividono in: gruppo A, al quale appartengono 8
gruppi, che contengono elementi detti rappresentativi o tipici.
Al gruppo B appartengono gli elementi detti di transizione. Le righe della tavola
periodica rappresentano i periodi, ogni periodo è un numero intero che indica il livello
energetico o il numero quantico degli elementi chimici disposti sulla riga. Il periodo
aumenta spostandosi verso il basso.
Gli elementi chimici sono ordinati per numero atomico.
Ogni posizione nella tavola periodica fornisce un'informazione sulla struttura elettronica
dell'elemento chimico. Le prime due colonne della tavola periodica indicano gli
elementi con gli elettroni di valenza nell'orbita di tipo S.
Le ultime sei colonne della tavola periodica indicano gli elementi con gli elettroni di
valenza nell'orbita di tipo P dove ogni orbitale può ospitare al massimo sei elettroni.
Le righe centrali della tavola periodica hanno elettroni di valenza nel sottogruppo d,
vengono detti elementi di transizione perché riempiono gli orbitali dei sottolivelli più
interni rispetto agli orbitali di valenza, il sottolivello di tipo d ospita 10 elettroni, mentre
abbiamo anche elementi di transizione che si trovano nei sottolivelli interni di tipo F che
ospitano 14 elettroni.
Al momento la tavola periodica è composta da 118 elementi, gli ultimi elementi sono
artificiali

Nella tavola periodica vi è inoltre un'altra suddivisione, nella parte iniziale troviamo i
metalli, nella parte centrale i metalli di transizione e infine i non metalli con i gas nobili.
PROPRIETA’ PERIODICHE
Le proprietà atomiche degli elementi dipendono dalla loro configurazione elettronica, le
proprietà che variano in maniera ricorrente lungo ciascun periodo e gruppo della tavola
periodica sono chiamate proprietà periodiche degli elementi.
Carica nucleare effettiva
E’ la carica reale che l'elettrone sente dal nucleo positivo e la risultante della forza
attrattiva esercitata dal nucleo sull’elettrone e le forze repulsive generate dagli elettroni
dei gusci più interni. Questa è minore della carica nucleare e aumenta man mano che
ci si avvicina al nucleo.

Raggio atomico
per misurare il raggio atomico si considera la metà della distanza tra i nuclei di due
atomi uguali e adiacenti di una molecola solida o gassosa, la dimensione di un atomo
dipende dalla distanza media degli elettroni di valenza dal nucleo, il raggio atomico
aumenta lungo un gruppo e diminuisce lungo un periodo.
Il raggio ionico indica il raggio assunto dall'atomo dopo essere stato ionizzato, ovvero
privato di una quantità di elettroni di valenza.
Nei cationi ( ioni positivi generati da atomi che cedono uno o più elettroni) il raggio
ionico è minore del raggio atomico, negli anioni (ioni negativi generati da atomi che
hanno acquistato uno o più elettroni) il raggio ionico è maggiore del raggio atomico.
energia o potenziale di ionizzazione
E’ l'energia minima da somministrare a un atomo isolato in fase di gassosa per
strappargli un elettrone trasformandolo in uno ione positivo. È possibile avere una
prima, una seconda e una terza ionizzazione.

Lungo un gruppo l'energia di ionizzazione diminuisce in quanto il numero di elettroni di


valenza si mantiene costante e aumenta il livello energetico, quindi l'energia di
attrazione tra l'elettrone e il nucleo diminuisce. Nei periodi l'energia aumenta in quanto
il numero di elettroni di valenza aumenta e il numero quantico rimane costante, inoltre
lungo il periodo la carica nucleare effettiva e l'attrazione del nucleo sugli elettroni di
valenza aumenta.
Affinità elettronica
E’ la variazione minima di energia che si ha quando un elettrone viene attratto da un
atomo isolato allo stato gassoso.
elettronegatività
E’ la capacità di un atomo in una molecola di attirare elettroni in un'altro atomo
impegnato in un legame comune.
FORMULE DI LEWIS
Per descrivere un legame può essere utile introdurre la rappresentazione di
Lewis per atomi e molecole, essa consiste nel rappresentare gli elettroni di
valenza tramite dei punti attorno al simbolo dell'elemento. I punti sono
collocati una alla volta sui quattro lati del simbolo e solo successivamente
accoppiati fino ad esaurire tutti gli elettroni di valenza.

Regola dell’ottetto
Gli atomi spesso acquistano, perdono o condividono elettroni per arrivare allo
stesso numero di elettroni dei gas nobili che hanno una struttura elettronica
molto stabile. La tendenza di un atomo ad avere 8 elettroni nel proprio guscio
di valenza è detta regola dell'ottetto. Questa è eseguita dalla maggior parte
delle molecole ma non da tutte.
Le formule di Lewis sono rappresentazioni bidimensionali delle formule di
struttura che mostrano esplicitamente sia le coppie di legame che quelle di
non legame ma non danno informazioni sulla forma tridimensionale della
molecola.
Per poter scrivere la formula di Lewis bisogna conoscere il suo scheletro
ovvero come sono connessi fra loro gli atomi. Al centro troviamo l'atomo
meno elettronegativo attorno al quale sono legati atomi a più alta
elettronegatività.
Vi sono delle eccezioni alla regola dell'ottetto, ovvero molecole con più di 8
elettroni di valenza sull'atomo centrale, questa espansione si può avere solo
con elementi appartenenti al terzo periodo o a quelli successivi, e le molecole
in cui si osserva questo fenomeno vengono definite ipervalenti. (PCL5)
LEGAME CHIMICO
Gli atomi formano legami chimici per raggiungere una configurazione
elettronica più stabile, generalmente la configurazione elettronica del gas
nobile più vicino, quindi l’ottetto.
Il legame chimico rappresenta l'insieme delle forze che tengono uniti un
atomo ad un'altro.
L'energia di legame rappresenta l'energia necessaria a rompere il legame
chimico.
Quando abbiamo una formazione di un legame viene rilasciata energia,
mentre quando abbiamo una rottura di un legame viene assorbita energia.
Questo processo avviene tramite la donazione, la condivisione o la ricezione
di elettroni.
l'elettronegatività è la tendenza di un atomo ad attrarre su di sé gli elettroni
condivisi dal legame. Attraverso la scala Mulliken l’elettronegatività viene
misura con

abbiamo due tipi di legame chimico, legame covalente e legame ionico.


Quando due atomi hanno uguale elettronegatività abbiamo un legame
covalente, ciò significa che gli atomi condivideranno gli elettroni del legame
in modo equivalente.
Due atomi che hanno elettronegatività un po' diversa hanno un legame
covalente polare e quindi condivideranno gli elettroni del legame in modo
non equivalente.
Il momento dipolare misura la polarità di un legame chimico e la tendenza
del dipolo ad orientarsi per effetto di un campo elettrico.
Nei legami covalenti polari il momento dipolare è il prodotto tra il valore
assoluto di una carica dei due atomi e la distanza dei nuclei atomici, è una
grandezza vettoriale e ha verso che va dal l'atomo meno elettronegativo a
quello più elettronegativo, come modulo il prodotto delle cariche parziali per
la loro distanza e come direzione quella del legame. Se la risultante dei
momenti di dipolo è nulla la molecola non è polare se la risultante del dipolo
non è nulla la molecola è polare.
Due atomi con elettronegatività molto diversa hanno un legame ionico
Questo legame si crea quando la differenza dei valori di elettronegatività è
uguale o superiore a 1,7. In questo caso si verifica il trasferimento di uno o
più elettroni dall'atomo meno elettronegativo, che perdendo elettroni diventa
uno ione positivo e quindi un catione, all'atomo più elettronegativo che
acquistando elettroni diventano ione negativo e quindi una anione. La
vicinanza con gli altri ioni spinge gli atomi legati a disporsi in modo regolare
formando un reticolo cristallino di ioni positivi e negativi che può assumere
diverse forme. L’ energia liberata per la formazione del reticolo cristallino è
detta energia reticolare, questa dipende dalla natura degli ioni e aumenta
all'aumentare della carica degli ioni e aumenta il diminuire delle loro
dimensioni.

Legame ionico con il cloruro di sodio


Il sodio metallico a contatto con il cloro gassoso forma il cloruro di sodio, nella
reazione il sodio metallico cede al cloro il suo elettrone di valenza, il sodio
perdendone l'elettrone assume una carica positiva e raggiunge la
configurazione elettronica del neon, mentre il cloro acquistando un elettrone a
carica negativa raggiunge la configurazione elettronica dell'argon, i due ioni
avendo cariche opposte si attirano e restano uniti, il reticolo cristallino ha
forma cubica.
Caratteristiche dei composti ionici
• sono tutti solidi a temperatura ambiente;
• hanno punti di fusione elevati e punti di ebollizione ancora più elevati
per cui è difficile farli passare allo stato di vapore;
• l'attrazione fra ghi ioni e forte per cui occorre molta energia per
separarli;
• Sono duri ma fragili;
• sono solubili in acqua e in solventi polari;
• sono isolanti allo stato solido e conduttori allo stato fuso.
ORBITALI E TEORIE DI LEGAME
Ci sono due teorie sul legame covalente:
La teoria del legame di valenza dove le coppie di legame sono localizzate tra due atomi
e le coppie solitarie sono localizzate su un particolare atomo.
La teoria dell'orbitale molecolare dove gli orbitali molecolari sono generati dalla
combinazione di orbitali atomici e sono delocalizzati nell'intera molecola.
Secondo la teoria del legame di valenza fra due atomi si forma un legame quando una
coppia di elettroni viene condivisa per sovrapposizione di due orbitali atomici, quindi i due
orbitali condividono parte dello stesso spazio. Non sempre il numero di legami formati da
un certo atomo corrisponde al numero di elettroni spaiati che esso possiede, questo è
dimostrato per esempio dal carbonio che possiede due elettroni spaiati ma forma
comunemente quattro legami covalenti come nel metano, per spiegare ciò dobbiamo
tenere a mente che un atomo può utilizzare per formare legami, configurazioni eccitate a
bassa energia con un numero maggiore di elettroni spaiati.
Lo studio della meccanica ondulatoria permette di prevedere la formazione di orbitali
atomici ibridi questi sono nuovi orbitali che si formano per rimescolamento di due o più
orbitali atomici semplici e possiedono forme e proprietà energetiche e direzionali nuove.
Andando a combinare l’orbitale S con i tre orbitali P si formano quattro orbitali ibridi SP3,
diretti ai vertici di un tetraedro in modo da massimizzare gli angoli tra gli orbitali.
Nel caso di molecole che possiedono atomi che formano più di quattro legami non bisogna
limitarsi soltanto agli orbitali SP ma si devono necessariamente coinvolgere uno o due
orbitali di tipo D, creando rispettivamente l’orbitale ibrido SP3d e SP3d2.

Teoria della repulsione delle coppie di elettroni del guscio di valenza


Secondo tale teoria le coppie di elettroni più esterne, avendo tutte la stessa carica
negativa, tendono a respingersi le une con le altre e a disporsi il più lontano possibile. In
questa teoria bisogna tener conto di tutte le coppie di elettroni del guscio di valenza, sia
quelle coinvolte in legami chimici, sia quelle che non partecipano alla formazione di alcun
legame. In base al numero di coppie elettroniche intorno all'atomo centrale si ha che:
due coppie hanno una geometria lineare con angoli di 180 °; tre coppie formano un
assetto triangolare equilatero con angoli di 120 °: quattro coppie hanno una geometria
tetraedrica con angoli di 109,5 °.

Anche le coppie di elettroni liberi hanno un comportamento simile a quello delle coppie
condivise, ma la repulsione tra coppie elettroniche libere è maggiore rispetto a quelle
condivise. Inoltre i legami covalenti doppi e tripli valgono come un legame singolo al fine
della geometria molecolare.

MOLECOLE POLARI E APOLARI


La polarità di una molecola dipende anche dalla geometria della molecola ,cioè dalla
disposizione nello spazio dei suoi legami. Una molecola si dice apolare quando il centro
della cariche positive coincide con quello delle cariche negative e quindi si annullano a
vicenda. Al contrario una molecola e detta polare quando le cariche negative e positive
non si annullano.
Questo è strettamente legato alla geometria molecolare, in quanto per esempio, nella
molecola di CO2, che ha geometria lineare, le due cariche si annullano e quindi la
molecola è apolare, anche nella molecola di CCl4 con geometria tetraedrica, le cariche si
annullano e la molecola diventa apolare. Nella molecola dell'acqua i legami covalenti sono
polari in quanto la sua forma piegata non consente alle cariche di annullarsi. Nell'acqua
inoltre la geometria elettronica è a forma tetraedrica mentre la geometria molecolare è
angolare, in quanto il dipolo molecolare include l'effetto dovuto alle due coppie elettroniche
solitarie che tendono a respingere le coppie di legame e quindi a prendere più spazio per
allontanarsi.

Legami multipli
Esistono due modi in cui gli orbitali possono sovrapporsi per formare i legami:
legame sigma, la linea che congiunge i due nuclei passa attraverso il centro della zona di
sovrapposizione.
Legame pigreco, risulta dalla sovrapposizione di due orbitali p orientati
perpendicolarmente all'asse internucleare, in questo legame le zone di sovrapposizione si
trovano sopra e sotto l'asse internucleare, in questo caso la sovrapposizione totale di un
legame pigreco tende ad essere inferiore che in un legame sigma, quindi il legame pi
greco è più debole rispetto al sigma.
Un legame singolo è di tipo sigma, un legame doppio è formato da un legame sigma e uno
pi greco, un triplo legame è fatto da un legame sigma e due pi greco.

TEORIA DEGLI ORBITALI MOLECOLARI


Come per gli elettroni di un atomo, che possono essere descritti da certe funzioni d'onda
chiamate orbitali atomici, la teoria degli orbitali molecolari descrive gli elettroni delle
molecole utilizzando specifiche funzioni d'onda dette orbitali molecolari. La teoria degli
orbitali molecolari assume che gli orbitali atomici puri di tipo S e P si combinano per
formare orbitali che sono diffusi o delocalizzati su diversi atomi o sull'intera molecola.
Questi nuovi orbitali prendono il nome di orbitali molecolari.
i principi della teoria degli orbitali molecolari sono:
1. il numero di orbitali molecolari prodotti è sempre uguale al numero di orbitali atomici
che si sono combinati;
2. l’orbitale molecolare legante ha energia più bassa di quella atomico, mentre quello
anti-legante ha energia più elevata;
3. gli elettroni della molecola vengono assegnati ad orbitali di energia via via
crescente;
4. gli orbitali atomici si combinano in maniera più efficiente per formare gli orbitali
molecolari se hanno energie confrontabili.
Legame è dato da: 1\2(n elettroni negli orbitali molecolari leganti - numero degli elettroni
negli orbitali molecolari antileganti)

Esempio: nella molecola di idrogeno ci sono due elettroni in un orbitale legante e zero
elettroni in un orbitale anti-legante, la molecola ha pertanto ordine di legame 1.

Numero di ossidazione
Il numero di ossidazione non è altro che lo stato di ossidazione di un atomo in una
sostanza, cioè la differenza tra il numero di elettroni di valenza e quelli che rimangono una
volta che sono stati assegnati tutti gli elettroni di legame all'atomo più elettronegativo di
ogni coppia. Questo può assumere sia valori positivi che negativi, per scoprire se questo
assume valori positivi o negativi bisogna capire se gli elettroni vengono ceduti (+) o
acquistati (-).
Le sostanze semplici hanno numero di ossidazione pari a zero, il numero di ossidazione di
un catione o di un anione corrisponde alla propria carica. L'idrogeno ha sempre numero di
ossidazione pari a +1 tranne che per gli idruri dove ha -1.
L’ossigeno ha sempre -2 tranne in OF2 (+2) nei perossidi (-o-o-, -1) e nei superossidi (-
1\2)
REAZIONI CHIMICHE
Sono trasformazioni di uno o più sostanze dette reagenti in una o più sostanze dette
prodotti.
Possono essere reversibili o irreversibili, e ne esistono di due tipi:
1. reazioni che avvengono senza trasferimento di elettroni (reazioni di scambio, di
neutralizzazione, dissociazione o combustione)
2. reazioni che avvengono con trasferimento di elettroni (ossido-riduzioni).
LEGAME METALICO
i legami metallici conducono bene la corrente anche allo stato solido, conducono il calore,
sono lucenti, duttili e malleabili e formano facilmente leghe. Hanno bassi potenziali di
ionizzazione e perdono facilmente i loro elettroni di valenza, la loro capacità di deformarsi
può essere spiegata dal fatto che gli atomi metallici formano legami con molti atomi vicini e
se è applicata una forza il reticolo si deforma ma non si rompe,
LEGAMI DEBOLI
I legami deboli influenzano il comportamento della materia, in quanto sono collegati alla
transizione di fase, determinano le caratteristiche di solubilità delle sostanze nei solventi e
sono responsabili della formazione di particolari strutture di molecole importanti come il
dna e le proteine. La formazione degli Stati solido e liquido per qualsiasi sostanza
suggerisce che tra le molecole e gli atomi vi siano delle forze, dette forze di attrazione
intermolecolari, queste sono molto inferiori alle forze di legame che legano tra loro gli
atomi e le molecole. Le forze intermolecolari sono forze di natura elettrostatica che
mantengono le molecole vicine tra loro.

FORZE IONE-DIPOLO
Questa forza si ha tra uno ione e la carica parziale localizzata sull'estremità di una
molecola polare, le molecole polari sono dei dipoli, e se hanno un'estremità positiva e una
negativa che si attraggono tra di loro, questa attrazione aumenta se la carica dello ione o
la grandezza del momento di dipolo aumentano. Queste forze sono particolarmente
importanti per le soluzioni di sostanze ioniche in liquidi polari (NaCl in acqua)
FORZE DIPOLO-DIPOLO
Le molecole polari si attraggono quando l'estremità positiva di una molecola si trova vicino
all'estremità negativa di un'altra molecola, queste forze sono efficaci solo quando le
molecole polari si trovano vicine e sono più deboli delle forze ione-dipolo. Nei liquidi polari
le molecole sono libere di muoversi l'una rispetto all'altra, possono avere sia un
orientazione attrattiva che repulsiva. La forza delle attrazioni intermolecolari aumenta
all'aumentare della polarità.
FORZE DI DISPERSIONE DI LONDON
Le forze di London (dette anche interazioni dipolo istantaneo-dipolo indotto) sono forze
attrattive tra molecole non polari.
Anche molecole di per sé non polari possono divenire, per brevissimi intervalli di tempo,
molecole polari. Ciò è dovuto al moto degli elettroni attorno al nucleo. In un atomo,
solitamente la distribuzione della nuvola elettronica è simmetrica rispetto al nucleo
dell'atomo; i baricentri delle cariche negative e positive coincidono e la molecola è non
polare. In un dato istante può succedere però che la distribuzione della nuvola elettronica
sia asimmetrica rispetto al nucleo e addensata da un lato. Ciò determina la formazione di
un dipolo istantaneo. Ciascun dipolo istantaneo genera un campo elettrico che a sua volta
induce un dipolo indotto nelle molecole circostanti.
Tra il dipolo istantaneo e il dipolo indotto si viene a formare una forza attrattiva detta forza
di London, ed è proprio grazie a questo tipo di interazione se molecole perfettamente
apolari come O, e Nz possono esistere allo stato condensato.
L'intensità delle forze di London aumenta all'aumentare delle dimensioni e della massa
molecolare delle molecole. E per questo motivo che F, e Cl, sono gassosi, Brz è liquido
mentre Iz è solido.
LEGAME PONTE IDROGENO
È una forza attrattiva che si instaura tra molecole che contengono un atomo di idrogeno
legato covalentemente a un atomo piccolo molto elettronegativo e con una coppia
elettronica libera, questa è la più intensa tra le forze intermolecolari ed è circa 5 volte più
forte di una qualsiasi altra attrazione dipolo-dipolo.
Il legame a idrogeno influisce sulle proprietà fisiche delle sostanze che lo contengono, per
esempio le proprietà dell'acqua dipendono dal legame idrogeno, infatti una molecola di
acqua è legata da legami a idrogeno ad altre quattro secondo una disposizione
tetraedrica.
Lo stato delle sostanze sta nel modo in cui le particelle si dispongono e viene influenzato
molto dalle forze intermolecolari, in quanto se non si instaurassero forze di attrazione
reciproche tra le molecole, tutte le sostanze si troverebbero allo stato gassoso.
I GAS
I gas possono essere compressi facilmente, esercitano una pressione sul recipiente,
occupano tutto il volume disponibile, non hanno né forma né volume proprio e due gas si
diffondono facilmente uno nell'altro, tutti i gas hanno basse densità. Il comportamento
fisico dei gas dipende da quattro variabili: pressione, volume, temperatura e numero di
particelle.
La pressione si definisce come la forza esercitata per unità di superficie, la pressione
esercitata dai solidi è una grandezza unidirezionale, mentre quella esercitata dai gas non
è unidirezionale.
Temperatura è una grandezza fisica misurabile sfruttando una proprietà sensibile alle sue
variazioni, ad esempio sfruttando la dilatazione termica, questa può essere misurata
attraverso i termometri e attraverso varie scale di misura.
Leggi empiriche di gas
legge di Boyle: a temperatura costante la pressione e il volume sono inversamente
proporzionali;
legge di Charles: a pressione costante il volume di una quantità fissa di gas è
direttamente proporzionale alla temperatura assoluta;
Combinando le due leggi possiamo dare vita a una legge unica PV=nRT in cui viene
combinato anche il principio di avogadro che afferma che, a volumi uguali di gas differenti,
nelle stesse condizioni di temperatura e pressione, contengono lo stesso numero di
molecole.
LEGGE DI DALTON
In una miscela gassosa ogni componente si espande fino a riempire il contenitore
esercitando una propria pressione, detta pressione parziale. Secondo la legge di dalton la
pressione totale della miscela è data dalla somma delle pressioni parziali. Nella legge dei
gas ideali è possibile utilizzare questa uguaglianza andando a sommare il numero di moli
dei gas e trovando poi la pressione totale.
LEGGE DI VAN DER WAALS
È un'estensione dell'equazione di Stato di gas perfetti con la quale si descrive il
comportamento dei gas reali, infatti nei gas reali il volume materialmente occupato dalle
particelle non è trascurabile rispetto al volume del recipiente, e inoltre nei gas reali fra le
particelle gassose esistono interazioni non trascurabili, per questo ci sono state delle
modifiche all'equazione de gas ideali.
dove B corrisponde al volume
materialmente occupato da
una mole di gas, sottraendo
questo prodotto al volume del
gas otterremo la parte del
volume realmente disponibile
per il movimento delle
particelle presenti n moli, ed è questo il volume corretto che deve essere considerato in
un'equazione di Stato valida per i gas reali. L'aumento della pressione comporta una
riduzione delle distanze tra le particelle e comporta un aumento delle forze di interazione,
mentre il diminuire della temperatura significa rendere le molecole più vulnerabile alle
forze di interazione. Pertanto se in un volume V sono contenute n molecole le forze
attrattive esistenti nell'unità di volume in una di esse e tutte le altre è proporzionale al
numero di quest'ultime quindi ad N\V, questo può ripetersi per ciascuna mole contenuta
nell'unità di volume quindi per avere l'entità totale della forza attrattiva bisogna elevare il
rapporto al quadrato e moltiplicarlo per il fattore legato all'intensità delle forze
interparticellari (a).
LO STATO SOLIDO
Nello stato solido le forze attrattive tra le particelle prevalgono sull'effetto di agitazione
termica, la libertà di movimento delle particelle è quasi pari a zero, inoltre tutte le sostanze
possono trovarsi allo stato solido e, più deboli sono le forze attrattive più bassa sarà la
temperatura di transizione allo stato liquido. Ne distinguiamo vari tipi:
solidi amorfi, hanno una disposizione disordinata degli atomi, le proprietà ottiche,
meccaniche ed elettriche sono isotope e infine non hanno una definita temperatura di
fusione.
Solidi cristallini, hanno una disposizione ordinata degli atomi secondo un reticolo
cristallino, hanno una cella elementare, ovvero un'unità strutturale minima la cui ripetizione
nelle tre dimensioni genera l'intero reticolo, presentano una superficie piatta ben definita,
hanno una temperatura di fusione, e infine le proprietà ottiche meccaniche ed elettriche
sono diverse nelle varie direzioni(ANISOTROPIA).I solidi cristallini si classificano a loro
volta in:
SOLIDI COVALENTI, sono presenti gli atomi legati con legami covalenti, essendo il
legame covalente molto forte il reticolo è difficile da rompere e ciò spiega le temperature di
fusione molto elevate;
SOLIDI MOLECOLARI, sono presenti molecole legate con deboli legami intermolecolari,
l'impacchettamento dipende dalla forma delle molecole e dalla forza delle interazioni, la
temperatura di fusione è molto bassa e il reticolo non è tanto duro e presenta un'alta
tensione di vapore;
SOLIDI IONICI, nei soliti ionici si alternano con regolarità ioni positivi e negativi, la
temperatura di fusione è relativamente alta dovuta al legame ionico tra le particelle, il
reticolo è fragile, dovuto alla repulsione fra gli ioni dello stesso segno. Allo stato fuso e in
soluzione acquosa conducono la corrente elettrica grazie alla presenza di ioni liberi
quando il reticolo viene demolito;
SOLIDI METALLICI, sono presenti ioni positivi legati da legame metallico, il reticolo è
avvolto da una nuvola elettronica, la temperatura di fusione è generalmente alta grazie al
legame metallico che rende reticolo difficile da rompere, ha una elevata densità in quanto
l'impacchettamento è compatto grazie agli atomi che si dispongono in modo da lasciare il
minor spazio vuoto, hanno una buona conducibilità termica ed elettrica, grazie alla nuvola
elettronica che avvolge il reticolo, è possibile deformare il reticolo senza romperlo grazie
alle forze che legano i vari ioni e alla nuvola che avvolge il reticolo che rimangono
invariate.
LE SOLUZIONI
Le soluzioni sono sistemi omogenei di due o più componenti, il processo di
solubilizzazione è una trasformazione fisica, pertanto le proprietà chimiche dei
componenti si conservano, le soluzioni possono esistere in stato di gas, liquido o solido. In
queste è presente un solvente, che è il componente presente in maggior quantità, è un
soluto.
LA SOLUBILITA’ è la quantità massima di soluto che può sciogliersi a una data
temperatura in una data quantità di solvente, la soluzione in questo caso si dice satura. La
soluzione si dice insatura quando il solvente è ancora in grado di sciogliere nel soluto,
questa può essere diluita se la quantità di soluto disciolta è piccola, oppure può essere
concentrata se invece la quantità di soluto è grande rispetto alla quantità di solvente.
LEGGE DI HENRY
La pressione ha poco effetto sulla solubilità di solidi e liquidi, è invece importante per la
solubilità di gas. La legge di Henry afferma che: la solubilità di un gas è direttamente
proporzionale alla pressione parziale del gas esercitata sulla soluzione
CONCENTRAZIONE DI UNA SOLUZIONE, è una misura della quantità di soluto presente
in una data quantità di solvente, essa può essere espressa in vari modi.
PROPRIETA’ COLLIGATIVE
Dipendono dalla concentrazione delle molecole di soluto o degli ioni in soluzione ma non
dalla loro natura, queste sono:
• abbassamento della tensione a vapore, definito come l'abbassamento della
pressione di vapore di una soluzione rispetto a quella del solvente puro;
• innalzamento ebullioscopico, definito come l'incremento della temperatura di
ebollizione di una soluzione rispetto a quella del solvente puro;
• abbassamento crioscopico, definito come l'abbassamento della temperatura di
congelamento di una soluzione rispetto al solvente puro;
• pressione osmotica, è definita come la pressione idrostatica necessaria a
impedire lo spostamento di un solvente puro in una sua soluzione attraverso una
membrana semipermeabile.
PROPRIETA’ COLLIGATIVE DI SOLUZIONI ELETTROLITI
Per poter spiegare le proprietà colligative di soluzioni di elettroliti si deve tener conto della
concentrazione totale di tutti gli ioni, quindi nelle proprietà aggiungiamo un numero “i” che
rappresenta il numero di ioni provenienti da ogni unità.

TERMODINAMICA CHIMICA
La termodinamica studia gli Stati di equilibrio di un sistema chimico e le variazioni di
energia associate ad una trasformazione, inoltre prevede che sia possibile una
trasformazione di un sistema da uno stato all'altro, ma non descrive le proprietà del
sistema durante la trasformazione o il tempo necessario per realizzarla.
Per lo studio di un fenomeno si cerca di isolare la regione dove avviene il fenomeno,
distinguiamo quindi, il sistema, ovvero la parte dell'universo che siamo interessati a
studiare, e l'ambiente esterno. In termodinamica un sistema può essere:
APERTO, scambia sia materia che energia con l'ambiente;
CHIUSO; scambia solo energia con l'ambiente;
ISOLATO; non scambia né energia né materia con l'ambiente.
Un sistema che permane isolato per tanto tempo raggiunge lo stato di equilibrio, ovvero
che le proprietà macroscopiche sono ben definite e non variano nel tempo. Lo stato di un
sistema è definito assegnando i valori di alcune proprietà macroscopiche dette funzioni di
Stato; una funzione di Stato è una proprietà del sistema che dipende solamente dallo stato
in considerazione e non dal modo in cui viene realizzato e raggiunto, la sua variazione
dipende solamente dallo stato iniziale e lo stato finale.
ENERGIA è la capacità di compiere un lavoro o di trasferire calore; ne esistono di due tipi
l'energia cinetica e l'energia potenziale, il lavoro è una delle modalità attraverso cui
l'energia può essere trasferita da un sistema all'ambiente o viceversa, se la forza non è
costante si considera il lavoro infinitesimo, se il lavoro è maggiore di zero, l'energia entra
nel sistema, al contrario l'energia esce dal sistema.
Il calore è un'altra modalità di scambio di energia tra sistemi e ambiente, rappresenta
un'energia trasferita per effetto di una differenza di temperatura ed esiste solamente
durante il processo in cui viene scambiato, come il lavoro anche il calore non è una
funzione di Stato e non si può parlare di lavoro e calore contenuto in un corpo ma solo di
energia contenuta. Se il calore è maggiore di zero questo viene assorbito dal sistema
(processo ENDOTERMICO) al contrario viene emesso (processo ESOTERMICO)
Prima legge della termodinamica
principio di conservazione dell'energia “l'energia dell'universo è costante” .
Ogni particella presente in un sistema ha energia potenziale ed energia cinetica, la somma
delle due da l'energia interna. Una variazione dell'energia interna del sistema è sempre
accompagnata da una variazione opposta dell'energia dell'ambiente.
Un sistema può scambiare energia attraverso calore e lavoro.

nelle variazioni energetiche per le trasformazioni a pressione costante è utile definire la


funzione dell' entalpia
Essendo combinazione di funzioni di Stato è anch'essa una funzione di Stato, e a
pressione costante la sua variazione è uguale al calore.
In una reazione chimica c'è sempre una manifestazione energetica e il calore sviluppato o
assorbito durante la reazione viene definito calore di reazione. Calore di reazione è
uguale, sia che la reazione avvenga in un unico stadio sia che avvenga in più stadi.
Secondo la legge di hess, poiché essendo una funzione di Stato non dipende da come si
svolge la reazione.
Bisogna fare una distinzione tra i processi spontanei, per esempio il passaggio di calore
da un corpo più caldo a un corpo più freddo, e i processi non spontanei, ovvero quelli
che possibile forzare come per esempio comprimere un gas.
Le reazioni spontanee tendono sempre a disperdere energia e materia, questa
dispersione può essere misurata attraverso l'entropia, l'entropia aumenta al diminuire dei
legami tra le particelle, quindi allo stato del gas l'entropia sarà maggiore rispetto al solido e
al liquido.
Seconda legge della termodinamica
l'entropia di un sistema isolato durante un processo spontaneo aumenta.

L'energia GIBBS è data da:


se il processo è spontaneo la variazione di entropia totale sarà maggiore di zero e di
conseguenza la variazione di energia di gibbs sarà minore di zero.
Nella Termodinamica classica degli Stati, in base alle caratteristiche macroscopiche, è
possibile però avere anche una descrizione microscopica del sistema che riguarda la
posizione è il momento di ogni particella, ed esistono più strati microscopici che
consistono nello stesso stato macroscopico. Se esiste un numero molto piccolo di
microstati, diciamo che il sistema è ordinato, al contrario se esiste un numero di microstati
molto grande il sistema è disordinato. La natura procede spontaneamente verso gli Stati
che hanno maggior probabilità di esistere, maggiore è il numero degli Stati microscopici
associabili a un determinato stato macroscopico maggiore sarà il disordine dello Stato e la
probabilità di realizzazione dello Stato. Possiamo quindi avere una visione microscopica
della seconda legge della dinamica che afferma che “un sistema isolato con molte
molecole, evolverà verso il macro stato con la più grande molteplicità e quindi col massimo
del disordine”
Terza legge della termodinamica
Entropia in un cristallo perfetto a temperatura uguale a zero è zero.
EQUILIBRIO CHIMICO
Equilibrio chimico si stabilisce quando le reazioni sono reversibili, ha varie caratteristiche:
• L’equilibrio non corrisponde a una situazione statica in cui i reagenti e prodotti nella
concentrazione all'equilibrio restano invariati ma al contrario all'equilibrio entrambe
le reazioni avvengono con la stessa velocità cosicché la variazione di composizione
del sistema è nulla;
• i sistemi si muovono spontaneamente verso uno stato di equilibrio, un sistema può
essere allontanato soltanto da una forza esterna dalla sua posizione di equilibrio
ma una volta lasciato libero tenderà verso un nuovo stato di equilibrio.
• La condizione dell'equilibrio non dipende da come esso sia stato raggiunto e quindi
la natura e le proprietà dello Stato di equilibrio rimangono invariate.
Lo stato di equilibrio è espresso dall'equazione a temperatura costante.
Costante di equilibrio per una somma di reazioni è data dal prodotto delle due costanti di
equilibrio.
Quando i reagenti e i prodotti di una reazione chimica sono in fase gas possiamo
esprimere la costante di equilibrio in termini di pressioni parziali.
E’ possibile avere anche un equilibrio eterogeneo, quando i reagenti e i prodotti si trovano
in più di una fase, in questo caso nella costante di equilibrio vengono esclusi i solidi e i
liquidi e si considerano soltanto i gas. A seconda del valore della costante di equilibrio
possiamo avere informazioni sulla composizione di una miscela, in quanto se K>1 i
prodotti predominano, al contrario se K<1 predominano i reagenti. Inoltre possiamo
determinare il senso in cui si sposterà la miscela per raggiungere l'equilibrio.
Il quoziente di reazione è un numero ottenuto sostituendo le concentrazioni o le pressioni
ad un certo istante dei prodotti e dei reagenti nell'espressione della costante di equilibrio,
confrontando Q e K possiamo capire se:
k=Q il sistema è in equilibrio;
Q<K i reagenti sono in eccesso e la reazione procederà verso i
prodotti; al contrario i prodotti saranno in eccesso e la reazione procederà verso i reagenti.
Principio di Le Chetelier
Se il sistema all'equilibrio chimico viene perturbato mediante una variazione delle
condizioni di reazioni esso modifica la propria composizione all'equilibrio in modo
da opporsi a tale variazione, il sistema tenderà quindi a raggiungere la nuova condizione
di equilibrio e la direzione in cui si sposterà è possibile prevederla attraverso il principio di
le chatelier.
Per modificare il sistema chimico esistono tre modi:
• Variazione della concentrazione, ovvero l'allontanamento o l'aggiunta di un
reagente o di un prodotto;
• variazione della pressione, in genere cambiando il volume del recipiente;
• variazione della temperatura.
Teoria acido base
Nel corso della storia vi sono state tre storie fondamentali sull'acido base:
Teoria di Arrhenius
In base alla definizione di acido e base fornita nella teoria di Arrhenius:
-un acido è quel composto che dissociandosi in una soluzione acquosa libera ioni
idrogeno H+
-una base è quel composto che dissociandosi in una soluzione acquosa libera ioni
idrossido OH–
In formule:
in soluzione acquosa, l’acido cloridrico si dissocia in HCl → H+ + Cl–
sempre in soluzione acquosa, la base idrossido di sodio, invece, si dissocia in NaOH →
Na+ + OH–
Se entrambe le reazioni si sviluppassero nella stessa soluzione acquosa, avremmo una
reazione di neutralizzazione:
H+(aq) + Cl–(aq) + Na+(aq) + OH–(aq) → Na+(aq) + Cl–(aq) + H2O
Un concetto fondamentale della teoria di Arrhenius è che:
una reazione di neutralizzazione vede combinarsi ioni idrogeno e ioni idrossido per
formare acqua. Inoltre, se l’acido si dissocia completamente è un acido forte. Mentre se il
composto non si dissocia completamente, è da considerarsi debole.
Il limite della teoria di Arrhenius sta nel fatto che numerose reazioni chimiche si verificano
senza solvente o in soluzioni non acquose.
Teoria di Bronsted e Lowry
Secondo la definizione di acido e base fornita dalla teoria di Bronsted e Lowry:
-l’acido è quel composto in grado di cedere ioni idrogeno H+ a una base, ossia di donare
protoni
-la base è quel composto in grado di ricevere protoni dal partner di reazione, cioè l’acido;
Quindi, ci sono almeno 4 differenze tra la teoria di Bronsted e Lowry e la teoria di
Arrhenius. Infatti, la prima: prende in considerazione anche le reazioni che non avvengono
in acqua; introduce il concetto di complementarità tra acido e base, perché l’acido è tale se
è presente una base che si comporta da partner di reazione; ci sono solo coppie di acidi e
basi coniugate; le reazioni chimiche tra acidi e base sono equilibri chimici.
Questo processo si chiama protolisi, quando il trasferimento di protoni avviene tra
molecole della stessa specie la reazione è detta di autoprotolisi. Esempio reazione di
autoprotolisi dell'acqua:

L’equazione rappresenta la ionizzazione spontanea dell'acqua, l'equilibrio è molto spostato


a sinistra poiché la dissociazione ionica riguarda un numero molto ridotto di molecole.

Il carattere acido, basico o neutro di una soluzione può essere misurato tramite il Ph.
Si definisce forza di un acido la sua tendenza a cedere protoni e forza di una base la sua
tendenza ad acquistare protoni, sono acidi più forti quelli che cedono all'acqua il loro
protone ionizzandosi in modo completo (HCl)
Gli acidi più deboli si ionizzano solo parzialmente in soluzione acquosa e danno origine a
un equilibrio la cui posizione è determinata dalla forza dell'acido rispetto a H3O+
(CH3OOH)
L’acido è detto monoprotico quando può liberare un solo elettrone e poliprotico quando
può liberare più di un protone.
teoria di Lewis
Secondo la definizione di acidi e basi di Lewis:
-un acido è quel composto in grado di ricevere un doppietto elettronico da una sostanza
detta base, formando un legame covalente coordinato;
-una base è quel composto in grado di donare un doppietto elettronico a una sostanza
detta acido.
La teoria di Lewis è simile a quella di Bronsted e Lowry. La differenza è che:
si basa sul trasferimento di coppie di elettroni ed è l’acido a ricevere il doppietto elettronico
inoltre la reazione di neutralizzazione avviene attraverso la formazione di un legame
covalente coordinato tra la base e l’acido.
Gli acidi di Lewis sono anche detti elettrofili, come l’acqua. Le basi di Lewis sono anche
dette nucleofili, come l’ammoniaca.
Ad esempio: NH3 + H+ → NH4+
Quindi, con la teoria di Lewis la definizione di acido e base si amplia e arriva ad includere
anche quelle molecole con un orbitale senza elettroni che sono acide perché possono
accettare la coppia di elettroni ceduta da una base.
Prodotto di solubilità.
Kps è strettamente legato alla solubilità del sale, ovvero la quantità massima del sale che
può essere sciolta in una data quantità di solvente a una certa temperatura.
CINETICA DI UNA REAZIONE CHIMICA
La cinetica di una reazione chimica studia la velocità con cui avviene una reazione, questo
ci serve per capire in quanto tempo il sistema raggiunge l'equilibrio. La velocità di reazione
è l'aumento della concentrazione dei prodotti o la diminuzione della concentrazione di
reagenti nell'unità di tempo.

Quando vi sono i coefficienti stechiometrici nella reazione bisogna tenerne conto per
definire la velocità di reazione in maniera indipendente.

La velocità di reazione dipende dalla natura e concentrazione dei reagenti, dalla


temperatura di reazione, la presenza di eventuali catalizzatori e se la reazione avviene tra
reagenti in due fasi diverse.
Teoria degli urti
secondo tale teoria una reazione chimica avviene in seguito ad un urto efficacie
quest'ultimo porta la formazione delle molecole di prodotti, dovuta all'urto di due o più
molecole con un'opportuna orientazione, in quanto la possibilità di dare una certa reazione
risiede soltanto in una particolare frazione della molecola e quindi è opportuno che le
molecole che devono urtarsi abbiano la corretta orientazione, e un'energia superiore a un
dato valore minimo. L'energia minima richiesta affinché l'urto dia luogo alla reazione
chimica è detta energia di attivazione.
Quando le due molecole entrano in collisione si forma una specie stabile detta stato di
transizione che in seguito si rompe per formare prodotti, nello stato di transizione il legame
precedente si è indebolito ma non è ancora rotto.
La velocità di reazione viene definita come dipendente dalla concentrazione di reagenti,
l'equazione che correla la velocità e la concentrazione è nota come equazione cinetica, e
consiste nel prodotto delle concentrazioni elevati ad opportuni coefficienti e moltiplicati per
una costante.
Per una data reazione chimica di cui si conosce l'equazione cinetica, si definisce ordine di
reazione rispetta ad un certo componente l'esponente della concentrazione di quel
componente nell'equazione cinetica, si definisce invece ordine di reazione complessivo la
somma degli esponenti di tutti gli agenti presenti nell'equazione.
La legge cinetica delle reazioni del primo ordine è data dalla seguente relazione
matematica:

legge cinetica reazioni primo ordine da cui risulta che la velocità di reazione è direttamente
proporzionale alla concentrazione di un solo reagente anche se la reazione chimica
potrebbe coinvolgere più reagenti. In essa la costante cinetica k viene misurata in s-1.La
relazione precedente può anche essere scritta come:

La legge cinetica delle reazioni del secondo ordine è data da una delle seguenti relazioni
matematiche:

da cui risulta che la velocità di reazione è direttamente proporzionale o al prodotto delle


concentrazioni di due reagenti o al quadrato della concentrazione di uno solo dei reagenti.
In esse la costante cinetica k viene misurata in: L · mol-1 · s-1.
L'equazione di velocità v = k · [A]2 può essere scritta anche in
forma integrata. Quest'ultima mette in relazione la
concentrazione del reagente A con il tempo di reazione t:

TEMPO DI DIMEZZAMENTO, è il tempo in cui la concentrazione di


una specie si riduce a un mezzo del suo valore iniziale.
EQUAZIONE DI ARRHENIUS
La velocità di una reazione dipende fortemente dalla temperatura e in genere aumenta
con essa, questa variazione è descritta nella costante cinetica K che varia con la
temperatura. L'equazione di Arrhenius descrive la variazione della costante cinetica.

Catalisi
Il catalizzatore è una sostanza che aumenta la velocità di una reazione chimica senza
entrare a far parte della reazione complessiva. Un processo mediato da un catalizzatore
prende il nome di catalisi, esistono vari tipi di catalizzatori, catalizzatori omogenei, che si
trovano nella stessa fase di reagenti, eterogenei che esistono in fase diversa.
COMBUSTIONE
La combustione di idrocarburi produce H2O e CO2, in condizioni estreme di temperatura e
pressione la combustione produce anche composti organici volatili, ossido di carbonio CO,
ossido d'azoto NO, quest'ultimi sono composti stabili che si decompongono lentamente e
possono reagire con l'ossigeno nell'aria producendo un inquinamento.
Meccanismi di reazione
La maggior parte delle reazioni non avviene in uno stadio solo ma è il risultato di una serie
di reazioni più semplici dette reazioni elementari, il loro insieme è detto meccanismo di
reazione. Una specie che viene prodotta in uno stadio elementare ma non si trova nella
reazione complessiva è detta intermedio di reazione, sono risultato di una reazione
elementare e sono isolabili e hanno legami completamente formati diversamente dallo
stato di transizione. Il meccanismo di reazione deve essere ipotizzato in modo da
accordarsi ai dati sperimentali, si parte dalla conoscenza dell'espressione cinetica della
reazione complessiva e si cerca di trovare un meccanismo che si accorda all'espressione
ricavata sperimentalmente.
Per una reazione elementare chiamiamo molecolarità il numero di molecole di reagenti
coinvolte.
ELETTROCHIMICA
Una reazione in cui avvengono gli scambi di elettroni può essere formalmente scomposta
in due semireazioni distinte, una di ossidazione e una di riduzione.
Viene definita ossidazione una semireazione in cui una specie chimica perde elettroni e
riduzione una semireazione in cui una specie chimica acquista elettroni.
L'elettrochimica è quella branca della chimica che studia i fenomeni relativi alla
trasformazione dell'energia chimica di legame in energia elettrica e viceversa. Una
reazione redox è una reazione nella quale gli elettroni passano spontaneamente da una
sostanza che si ossida ad una sostanza che si riduce.
Facendo avvenire una reazione redox non direttamente ma costringendo gli elettroni
scambiati a passare attraverso un filo elettrico esterno, è possibile sfruttare queste tipi di
reazioni per produrre corrente elettrica. Tale processo è possibile e viene fatto avvenire in
dispositivi noti come celle galvaniche o pile.
Al contrario, fornendo energia elettrica al sistema, è possibile far avvenire una reazione
redox in senso inverso a quello spontaneo. In tale caso l'energia elettrica viene convertita
in energia chimica di legame. Tale processo viene fatto avvenire in dispositivi noti come
celle elettrochimiche. Il processo viene chiamato elettrolisi.
Le celle galvaniche sono costituite da due semicelle in cui avvengono separatamente le
semireazioni di ossidazione e riduzione, i due elettrodi sono collegati per mezzo di un
circuito esterno e gli elettroni liberati nel processo di ossidazione percorrono quest'ultimo
sotto forma di corrente elettrica per raggiungere l'altro elettrodo dove vengono catturati per
ridursi. Questa reazione è detta reazione di cella. Gli elettrodi sono chiamati Catodo, dove
avviene la riduzione e anodo, dove avviene l'ossidazione. Una cella galvanica può
funzionare solo se le soluzioni delle due semicella rimangono elettricamente neutre, il
ponte salino consente lo spostamento ionico necessario per mantenere la neutralità delle
soluzioni, questo è un tubo riempito con una soluzione di un sale costituito da ioni diversi
da quelli coinvolti nella reazione.

Una cella galvanica ha la proprietà di far fluire elettroni attraverso un circuito esterno, la
grandezza di misura legata a questa proprietà è detta potenziale e si misura in Volt,
questa varia a seconda della quantità di corrente che attraversa il circuito, il potenziale di
cella è sempre un numero positivo e rappresenta l'entità della differenza fra i potenziali
standard di riduzione delle due semicelle.

Poiché non è possibile misurare il potenziale standard di riduzione di una semicella


isolata, si misura la differenza di potenziale che si crea quando la semicella è collegata a
un elettrodo standard, questo è l'elettrodo a idrogeno a cui è stato attribuito un potenziale
arbitrario di 0 V.
Equazione di Nerst
Alle condizioni appena definite, il potenziale di cella è uguale al potenziale standard. Se
però variano le concentrazioni o le pressioni, varia anche il potenziale. L'effetto delle
concentrazioni sul potenziale può essere calcolato mediante l'equazione di nerst.

Elettrolisi
È possibile usare energia elettrica per realizzare una reazione non spontanea, questo
accade per esempio durante la ricarica delle batterie. Quando si fa passare l'elettricità
attraverso un composto ionico fuso ho una soluzione di un elettrolita, avviene una
reazione chimica detta elettrolitisi, attraverso una cella elettrolitica.
Nelle celle elettrolitiche, avviene la trasformazione dell'energia elettrica in energia chimica.
Come viene eseguita l'elettrolisi:
Supponiamo di collegare un generatore di corrente elettrica a due elettrodi di carbone
immersi in NaCl fuso (in queste condizioni gli ioni Na+ e gli ioni Cl− sono liberi di
muoversi).

Gli ioni Na+ vengono attratti verso l'elettrodo negativo dove si riducono a sodio metallico
acquistando un elettrone mentre gli ioni Cl− si dirigono verso l'elettrodo positivo dove si
ossidano cedendo il loro elettrone. Poiché al catodo avviene sempre la riduzione mentre
all'anodo avviene sempre l'ossidazione, nelle celle elettrolitiche il catodo è il polo negativo
(-) mentre l'anodo è il polo positivo (+): i segni sono opposti a quelli di una pila. La
conduzione elettrica dovuta al movimento degli elettroni lungo il conduttore è detta
conduzione di prima specie; la conduzione dovuta al movimento delle cariche nel fluido è
detta conduzione elettrolitica o conduzione di seconda specie.

Tale reazione è possibile unicamente per mezzo della corrente elettrica fornita dall'esterno.
In assenza di corrente elettrica sarebbe possibile solo la reazione opposta: Na +
½ Cl2(g) → Na+Cl−
Elettrolisi nell’acqua
Non è possibile effettuare l'elettrolisi dell'acqua distillata perché essa è troppo poco
dissociata in ioni H3O+ e OH− per permettere un apprezzabile passaggio di corrente. Per
tale motivo, per ottenere l'elettrolisi dell'acqua, si aggiungono piccole quantità di H2SO4 (o
di solfato di sodio Na2SO4) allo scopo di renderla conduttrice.
Come viene condotta l'elettrolisi dell'acqua?
L'elettrolisi viene condotta in un apparecchio detto voltmetro.Al catodo di tale apparecchio
si sviluppa idrogeno H2 mentre al'anodo si sviluppa ossigeno O2, il volume dell'idrogeno è
doppio rispetto a quello dell'ossigeno.

DIFFERENZA TRA CELLA GALVANICA E CELLA ELETTROLITICA


LA CELLA GALVANICA E LA CELLA ELETTROLITICA PRESENTANO ELETTRODI CON
POLARITÀ OPPOSTE
In una cella galvanica, la reazione di cella spontanea deposita elettroni sull’anodo e li
allontana dal catodo. Il risultato è che l’anodo e il catodo hanno, rispettivamente, una lieve
carica negativa e positiva
In una cella elettrolitica, la situazione è capovolta. La reazione di ossidazione all’anodo
deve essere assistita e ciò richiede che l’anodo sia carico positivamente in modo da
strappare gli elettroni al reagente. Al contrario, il catodo deve essere negativo in modo da
indurre l’altro reagente ad accettare elettroni.

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