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Capitolo 2

I componenti della materia

Anno Accademico: 2020/2021


Corso: Chimica
Docente: Federico Bella (federico.bella@polito.it)
1
Elementi, composti e miscele
La materia può essere classificata in tre tipi:
 Elemento: è il tipo di materia più semplice, con proprietà chimiche e fisiche esclusive, ed è costituto
da una sola specie di atomi. Dall’elemento non è possibile ottenere, mediante gli ordinari mezzi
chimici, un tipo di materia più semplice. Un elemento è un tipo di sostanza (pura), cioè materia la cui
composizione è fissa (es: un campione di silicio contiene soltanto atomi di silicio). La maggior parte
degli elementi esiste in natura come popolazioni di singoli atomi (es: neon), mentre altri elementi
esistono in forma molecolare (es: ossigeno). Una molecola è un’unità strutturale indipendente
costituita da due o più atomi legati chimicamente tra loro. Un atomo è, invece, la più piccola parte di
un elemento in grado di conservarne le proprietà chimiche.
 Composto: è un tipo di materia costituito da due o più elementi diversi legati chimicamente tra loro.
Nel composto gli elementi sono presenti in parti fisse in massa (essendo costituito da numeri fissi di
atomi degli elementi costituenti) e, in virtù di ciò, un composto è considerato anche una sostanza. Le
proprietà di un composto sono differenti da quelle dei suoi elementi costituenti. Inoltre, un composto
può essere scomposto in sostanze più semplici (gli elementi costituenti) mediante trasformazioni
chimiche.
 Miscela: è un gruppo di due o più sostanze che sono mescolate fisicamente, e le rispettive parti in
massa possono variare. Una miscela (es: acqua salata) conserva molte delle proprietà dei suoi
componenti, e questi ultimi possono essere separati mediante trasformazioni fisiche.

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Elementi, composti e miscele/2

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Arti chimiche e origini della chimica moderna
La chimica ha le sue origini in un passato prescientifico che comprendeva tre tradizioni parzialmente
sovrapposte:
 Alchemica: lo studio occulto della natura, secondo cui la materia ha una tendenza naturale verso la
perfezione e si cercano procedimenti per trasformare sostanze di minore valore in altre di maggiore
valore. Nel corso di indagini di laboratorio, gli alchimisti inventarono i metodi di distillazione,
filtrazione ed estrazione.
 Medica: gli alchimisti ebbero una notevole influenza sulla pratica medica. Il corpo veniva considerato
come un sistema chimico il cui bilancio di sostanze poteva essere ripristinato mediante il trattamento
medico.
 Tecnologica: la ceramica, la tintura e la metallurgia diedero grandi contributi alla sperimentazione
delle proprietà delle sostanze. Le nuove tecniche venivano scoperte e sviluppate per tentativi e i testi
scritti mostravano scarso interesse per l’indagine sul perché una sostanza di trasformasse e come
prevedere il comportamento della materia.

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Arti chimiche e origini della chimica moderna/2
L’indagine chimica nel senso moderno cominciò alla fine del XVII secolo, ma la comprensione era
ostacolata da una teoria sbagliata della combustione, cioè il processo in cui si brucia una sostanza.
Nessuno era infatti in grado di spiegare perché alcune sostanze bruciassero ed altre no, e cosa
accadesse durante una combustione. La maggior parte degli scienziati abbracciò la teoria del flogisto,
secondo cui le sostanze combustibili contengono flogisto, cioè una sostanza imponderabile che si libera
durante la combustione.
Antoine-Laurent de Lavoisier mostrò a metà XVIII secolo la natura della combustione tramite una serie
di accurate misurazioni che posero in rilievo l’importanza della massa. Nei suoi esperimenti, la massa dei
prodotti era uguale a quella dei reagenti e evidenziò l’importanza rivestita dall’aria nel processo di
combustione. Ciò si estese a tutti gli altri tipi di reazioni chimiche.

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Leggi fondamentali della chimica
La più importante osservazione chimica del XVIII secolo fu la legge di conservazione della massa
(enunciata da Antoine-Laurent de Lavoisier): la massa totale delle sostanze rimane invariata durante
una reazione chimica. La conservazione della massa significa che la materia non può essere creata, né
distrutta.

Un’altra osservazione chimica fondamentale è data dalla legge della composizione definita e
costante (o legge delle proporzioni definite, elaborata da Joseph-Louis Proust): in un composto
chimico gli elementi sono sempre combinati in rapporti in massa costanti e definiti. Si può pertanto
esprimere, per ciascun composto, la percentuale in massa (indicata con wt%) di ciascun elemento: si
calcola dividendo la massa di un elemento per la massa del composto che lo contiene, dopodiché si
moltiplica per 100.

ES. 2.1] La pechblenda è il composto dell’uranio industrialmente più importante. L’analisi indica che
84.2 g di pechblenda contengono 71.4 g di uranio, il resto è ossigeno. Calcolare la massa di uranio
ottenibile da 102 kg di pechblenda [8.65×104 g]

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Leggi fondamentali della chimica/2
John Dalton osservò un particolare fenomeno quando due elementi erano in grado di combinarsi per
formare più di un composto. La legge delle proporzioni multiple enuncia che, se gli elementi A e B
reagiscono per formare (a seconda delle condizioni sperimentali) due diversi composti, le differenti
masse di B che si combinano con una massa fissa di A possono essere espresse come rapporti di numeri
interi piccoli.
Es: carbonio e ossigeno reagiscono producendo due composti differenti (CO e CO2):
 Il primo ha il 57.1 wt% di ossigeno e il 42.9 wt% di carbonio, da cui deriva un rapporto tra masse di
atomi pari a 1.33.
 Il secondo ha il 72.7 wt% di ossigeno e il 27.3 wt% di carbonio, da cui deriva un rapporto tra masse
di atomi pari a 2.66.
Pertanto, il rapporto tra ossigeno e
carbonio nei due composti è
2.66 2
esprimibile come = : a parità di
1.33 1
quantità di carbonio, il secondo
composto ha esattamente il doppio
della massa di ossigeno del primo
composto.

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Teoria atomica di Dalton
Nel 1808, John Dalton studiò dal punto di vista quantitativo come gli elementi si combinassero tra loro,
e formulò i postulati della teoria atomica di Dalton:
 Tutta la materia è costituita da atomi, piccolissime particelle indivisibili di un elemento, che non
possono essere creati né distrutti.
 Gli atomi di un elemento non possono essere trasformati in atomi di un altro elemento.
 Tutti gli atomi di un dato elemento sono identici nella massa e nelle altre proprietà, e sono diversi
dagli atomi di ogni altro elemento.
 I composti sono formati dalla combinazione chimica di uno specifico rapporto di atomi di diversi
elementi.
Dopo la pubblicazione della teoria atomica, gli scienziati cercarono di determinare le masse degli atomi
ricavandole dalle frazioni in massa degli elementi nei composti. Tuttavia, un singolo atomo è così piccolo
da richiedere di far ricorso a misure relative a quelle di altri atomi. Dalton assegnò, come base, massa 1
all’atomo di idrogeno. Siccome Lavoisier mostrò che l’acqua contiene 8 g di ossigeno per ogni grammo di
idrogeno, Dalton assegnò poi massa relativa 8 all’atomo di ossigeno. Tuttavia, ciò sarebbe stato corretto
solo se la molecola d’acqua fosse stata HO. Soltanto nel 1860 la comunità scientifica concordò, invece,
nell’assegnare massa relativa 16 all’ossigeno.
Successivamente, il modello di Dalton fu criticato per alcuni limiti oggettivi; in primis, non
era in grado di spiegare perché gli elementi si combinassero soltanto in certi rapporti.
Inoltre, non prevedeva l’esistenza di formule di molecole di composti, l’esistenza di
molecole di elementi, e l’esistenza di particelle subatomiche.
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Modello nucleare dell’atomo
La prima prova sperimentale della struttura
interna degli atomi è datata 1897, quando
Joseph John Thomson stava studiando i
raggi catodici. Si tratta di radiazioni che
vengono emesse quando si applica un’elevata
differenza di potenziale a due elettrodi
metallici dentro un tubo di vetro posto sotto
vuoto. Osservando la direzione in cui questo
raggio veniva deflesso, a causa
dell’applicazione di un campo magnetico
esterno, Thomson dimostrò che i raggi
catodici erano fasci di particelle dotate di
carica negativa provenienti dall’interno degli
atomi costituenti l’elettrodo di carica negativo
(detto catodo). Thomson constatò anche che
tali particelle cariche (in seguito chiamate
elettroni) erano identiche, qualunque
metallo fosse adoperato: quindi gli elettroni
dovevano far parte di tutta la materia.
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Modello nucleare dell’atomo/2 𝑒
Thomson riuscì a misurare il valore del rapporto (𝑒 = quantità di carica dell’elettrone, 𝑚𝑒 = massa
𝑚𝑒
dell’elettrone), e si accorse che le particelle dei raggi catodici avevano massa minore di 1/1000 di quella
dell’atomo di idrogeno: contrariamente alla teoria di Dalton, gli atomi potevano quindi essere divisi in
particelle ancora più piccole.

I singoli valori di 𝑚𝑒 ed 𝑒 vennero determinati


da Robert Millikan. Egli fabbricò un
dispositivo che permetteva di osservare
minuscole gocce di olio nebulizzate e caricate
elettricamente. Dalla forza del campo elettrico
necessaria a compensare l’attrazione della
gravità sulle goccioline, egli ricavò il valore
della carica presente sulle particelle. Differenti
gocce d’olio catturavano un diverso numero di
elettroni, e le varie cariche erano sempre
multiplo intero di una carica minima. Questa
carica minima doveva essere quella
dell’elettrone stesso. Millikan ottenne 𝑒 =
‒1.6×10‒19 C e 𝑚𝑒 = 9.1×10‒31 kg.
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Modello nucleare dell’atomo/3
Sebbene gli elettroni rechino una carica negativa, gli atomi nel loro insieme risultano
neutri: gli scienziati intuirono pertanto che ogni atomo doveva contenere anche una
certa quantità di carica positiva. Thomson ipotizzò un modello dell’atomo simile
all’impasto di un panettone, con un ammasso di materiale positivo nel quale gli elettroni
si trovavano sospesi.
Questa ipotesi fu smentita da Ernest
Rutherford nel 1910. Il suo esperimento
consisteva nel bombardare una sottile lamina
di oro (o platino) con un fascio di particelle
positive (particelle 𝛼 , provenienti da un
campione gassoso di radon radiattivo).
Qualora gli atomi fossero stati costituiti come
ipotizzato da Thomson, tutte le particelle 𝛼
avrebbero facilmente attraversato la carica
positiva diffusa della lamina, deviando solo di
tanto in tanto il loro percorso. Al contrario, le
particelle 𝛼 passarono quasi tutte inalterate,
ma una su 20000 deviava di oltre 90° o,
addirittura, rimbalzava in direzione opposta.
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Modello nucleare dell’atomo/4
L’esperimento di Rutherford condusse all’attuale modello nucleare
dell’atomo, in base al quale esso possiede un centro puntiforme e
denso di carica positiva (nucleo), e in cui si concentra essenzialmente
tutta la massa, attorniato da un grande volume di spazio pressoché
interamente vuoto nel quale si distribuiscono gli elettroni. Si consideri
che il diametro di un nucleo atomico è pari a circa 10‒14 m, mentre lo
spazio occupato dagli elettroni ha diametro di 10‒9 m.
La carica negativa degli elettroni compensa ed elide esattamente
quella positiva del nucleo centrale, di conseguenza un atomo è
elettricamente neutro. Le particelle di carica positiva presenti nel
nucleo atomico si chiamano protoni, hanno carica uguale ed opposta
a quella degli elettroni, e la loro massa è pari a 1.7×10‒27 kg. Furono
scoperti con un’apparecchiatura simile a quella usata da Thomson,
come particelle in moto verso il polo negativo (in senso opposto agli
elettroni dei raggi catodici), formando un fascio di raggi anodici.
Il numero di protoni presenti nel nucleo atomico varia da un elemento all’altro e si dice numero
atomico, indicato con 𝑍. La determinazione dei numeri atomici degli elementi fu condotta da Henry
Moseley: bombardò gli elementi con raggi catodici, osservò l’emissione di raggi X (radiazioni ad alta
frequenza) e la correlò al numero di protoni presenti nei nuclei atomici dei vari elementi.
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Spettrometro di massa e neutroni
I progressi tecnici consentirono di realizzare lo
spettrometro di massa, uno strumento atto a determinare
la massa atomica. Qui, gli elettroni escono da un cannone
elettronico e impattano sulla specie in esame; questa si
carica (diventa uno «ione» positivo, cioè una specie avente
una carica netta >0) e il fascio di ioni generato passa
attraverso un campo magnetico, accelerati da una differenza
di potenziale, in condizioni di vuoto. Variando l’intensità del
campo magnetico, gli ioni cambiano la loro traiettoria fino a
riuscire a colpire un rilevatore. La massa di ogni ione è
proporzionale all’intensità del campo magnetico necessario a
fargli raggiungere il rilevatore.

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Spettrometro di massa e neutroni/2
Usando gli spettrometri di massa gli scienziati si resero conto
che non tutti gli atomi di uno stesso elemento possedevano la
stessa massa. Es: un campione di neon puro ha la maggior
parte degli atomi con massa circa 20 volte maggiore di quella
dell’idrogeno atomico, mentre altri atomi erano 21 o 22 volte
più pesanti di quest’ultimo.
Ciò consentì di affinare ulteriormente il modello nucleare: gli
scienziati si resero conto che il nucleo atomico doveva
contenere particelle elettricamente neutre, successivamente
chiamate neutroni. Essi hanno circa la stessa massa dei
protoni e quindi aumentano in modo consistente la massa
atomica. Pertanto, un diverso numero di neutroni all’interno del
nucleo dà origine ad atomi di massa diversa, anche nel caso si
tratti di atomi dello stesso elemento. Protoni e neutroni
vengono denominati nel loro insieme nucleoni, e il loro
numero totale è detto numero di massa, indicato con 𝐴. Un
nucleo che abbia numero di massa 𝐴 è approssimativamente 𝐴
volte più pesante dell’atomo di idrogeno, il cui nucleo è
costituito da un solo protone.
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Teoria atomica odierna
Un atomo è un’entità sferica, elettricamente neutra, costituita
da un nucleo centrale carico positivamente, circondato da uno
o più elettroni carichi negativamente. Gli elettroni si muovono
rapidamente nel volume atomico disponibile, ivi trattenuti
dall’attrazione esercitata su di essi dal nucleo.
Il nucleo è estremamente denso, contribuendo al 99.97%
alla massa atomica. È costituito da protoni (carichi
positivamente) e neutroni (privi di carica); fa eccezione
dell’idrogeno, il cui nucleo non ha neutroni. Un atomo è
neutro perché il numero di protoni del nucleo è uguale al
numero di elettroni attorno al nucleo.

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Teoria atomica odierna/2
Gli atomi con lo stesso numero atomico, ma con numero di massa diverso si dicono isotopi
dell’elemento. Il numero di massa si indica ad apice a sinistra del simbolo chimico dell’elemento (es:
20Ne, 22Ne), mentre il numero atomico viene indicato in basso a sinistra (es: 20𝑁𝑒, 22𝑁𝑒). Il simbolo
10 10
dell’elemento è il modo in cui si indica ciascun elemento in base al suo nome in lingua moderna, latino o
greco. Dato che gli isotopi di un elemento hanno lo stesso numero di protoni ed elettroni, le loro
proprietà chimiche sono essenzialmente uguali; al contrario, le loro differenze di massa portano a
differenze apprezzabili di proprietà fisiche (soprattutto relativamente agli elementi più leggeri).

ES. 2.2] Determinare il numero di protoni, elettroni e neutroni dell’isotopo 29


14𝑆𝑖. [14; 14; 15]

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Teoria atomica odierna/3
La massa di un atomo è misurata relativamente alla massa di un campione atomico prescelto, che
attualmente è l’atomo di carbonio-12. Per definizione, la sua massa è pari esattamente a 12 unità di
massa atomica, e si definirà quindi l’unità di massa atomica (u.m.a. o 𝑢) come 1/12 della massa
dell’atomo di carbonio-12. L’u.m.a. è anche chiamata dalton (Da) ed equivale ad una massa assoluta di
1.66×10‒24 g.
La costituzione isotopica di un elemento viene determinata mediante la spettrometria di massa. In primo
luogo si misura la massa isotopica, cioè la massa di un isotopo di un dato elemento. Dopodiché, lo
spettrometro di massa fornisce anche l’abbondanza relativa di ciascun isotopo dell’elemento e ciò
consente di pervenire alla massa atomica di un elemento, ossia la media delle masse dei suoi isotopi
naturali ponderata secondo le rispettive abbondanze.

ES. 2.3] L’argento esiste in natura come isotopo 107Ag e 109Ag. I due isotopi hanno massa di 106.90509
e 108.90476 Da, rispettivamente, e abbondanza del 51.84 e 48.16%. Calcolare la massa atomica
dell’argento esprimendola con 5 C.S. [107.87 Da]

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Teoria atomica odierna/4
Riesaminando la teoria di Dalton con le conoscenze attuali, occorre precisare alcuni dei suoi postulati:
 Tutta la materia è costituita da atomi: sono però divisibili e costituiti da particelle subatomiche più
piccole, ma l’atomo resta la particella ultima di un elemento a mantenere inalterata la sua identità
nelle reazioni chimiche.
 Gli atomi di un elemento non possono essere convertiti in atomi di un altro elemento: in realtà ciò è
possibile, ma occorre ricorrere a reazioni nucleari.
 Tutti gli atomi di un dato elemento hanno lo stesso numero di protoni ed elettroni, e ciò determina il
comportamento chimico dell’elemento: esistono però isotopi diversi per ciascun elemento, e un
campione di elemento viene trattato come se i suoi atomi avessero una massa media.
 I composti sono formati dalla combinazione chimica di uno specifico rapporto di atomi di diversi
elementi: in realtà esistono alcuni composti che possono presentare lievi variazioni dei rapporti dei
loro atomi.

Occorre anche spiegare perché i protoni non si respingono all’interno del nucleo. Infatti, essendo
soggetti ad una piccola forza di attrazione gravitazionale (≈10‒34 N) e ad una grande forza di repulsione
elettrostatica (≈102 N) dall’altra, essi dovrebbero respingersi violentemente. Esiste tuttavia un’ulteriore
forza di attrazione, detta forza nucleare, capace di tenere vicini tra loro i protoni.
Questa forza attrattiva si manifesta solo a distanze di ≈10‒15 N e vale tra protoni, tra neutroni, tra
protoni e neutroni.
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Tavola periodica degli elementi
Alla metà del XIX secolo si erano accumulate enormi quantità di informazioni concernenti le reazioni, le
proprietà e le masse atomiche degli elementi. Parecchi ricercatori notarono regolarità ricorrenti o
periodiche, e proposero schemi per organizzare gli elementi secondo alcune proprietà fondamentali. Nel
1871 Dmitrij Mendeleev pubblicò uno schema che elencava gli elementi secondo massa atomica
crescente e avente disposizione per cui elementi con proprietà chimiche simili occupavano la stessa
colonna. Ne derivò l’attuale tavola periodica degli elementi, organizzata in questo modo:
 Ogni elemento ha una casella che contiene il numero, il simbolo e la massa atomica. Le caselle sono
disposte in ordine di numero atomico crescente da sinistra verso destra.
 Le caselle sono disposte in una tabella di periodi (righe orizzontali) e gruppi (colonne verticali).
Ogni periodo ha un numero da 1 a 7, mentre i gruppi vanno da 1 a 18.
 I gruppi 1, 2, 13-18 contengono gli elementi dei gruppi principali, mentre i gruppi 3-12
contengono gli elementi di transizione. Al di sotto del corpo principale della tavola sono collocate
due serie di elementi di transizione interna, che si inseriscono tra gli elementi del gruppo 3 e del
gruppo 4.

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Tavola periodica degli elementi/2

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Tavola periodica degli elementi/3
Gli elementi sono classificati come:
 Metalli: comprendono molti elementi dei gruppi principali e tutti gli elementi di transizione e
transizione interna. Sono generalmente solidi lucenti a temperatura ambiente (fa eccezione il
mercurio), conducono bene il calore e l’elettricità, e possono essere lavorati e trasformati in lamine
(malleabili) e in fili (duttili).
 Non metalli: situati in alto a destra, sono gas o solidi fragili, conducono male il calore e l’elettricità.
 Semimetalli (o metalloidi): sono gli elementi collocati lungo la linea a scalinata sul lato destro
della tavola periodica e sono caratterizzati da proprietà intermedie.

Inoltre, si assegnano anche queste denominazioni a particolari gruppi:


 Metalli alcalini: gruppo 1, eccetto l’idrogeno.
 Metalli alcalino-terrosi: gruppo 2.
 Alogeni: gruppo 17.
 Gas nobili: gruppo 18.

Gli elementi di un gruppo hanno proprietà chimiche simili, mentre quelli di un periodo hanno proprietà
chimiche differenti.

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Tavola periodica degli elementi/4

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Composti: introduzione al legame chimico
La grande maggioranza degli elementi esiste in natura in combinazione chimica con altri elementi. Al
contrario, pochi elementi esistono liberi in natura: He, Ne, Ar, Kr, Xe e Rn. Altri (es: O) possono esistere
sia nei composti che come molecole non combinate, cioè omonucleari (es: O2). Alcuni elementi possono
esistere sia combinati che non: C, Cu, Ag, Au, Pt.
Gli elettroni degli atomi degli elementi interagenti intervengono nella formazione dei composti secondo
due modi:
 Trasferimento di uno o più elettroni dagli
atomi di un elemento a quelli di un altro, per
formare composti ionici.
 Condivisione di elettroni tra atomi di
differenti elementi, per formare composti
covalenti.
Questi processi generano legami chimici, ossia
le forze che tengono uniti gli atomi degli
elementi in un composto.

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Composti: introduzione al legame chimico/2
I composti ionici sono costituiti da ioni, ossia particelle cariche che si formano
quando un atomo acquista o cede uno o più elettroni. Il tipo più semplice di
composto ionico è un composto ionico binario (costituito da due elementi). Si forma
generalmente quando un metallo reagisce con un non metallo: il primo cede un
certo numero dei suoi elettroni e diventa un catione (ione carico positivamente),
viceversa l’altro diventa un anione (ione carico negativamente). I cationi e gli
anioni così formati si attraggono reciprocamente mediante forze elettrostatiche e
formano il composto ionico.
La forza del legame ionico dipende
dall’entità complessiva di attrazioni e
repulsioni ed è descritta dalla legge di
Coulomb. Ne deriva che:
 Gli ioni con cariche maggiori si
attraggono (o respingono) più
intensamente rispetto agli ioni con
cariche minori.
 Gli ioni più piccoli si attraggono (o
respingono) più intensamente
rispetto agli ioni più grandi.
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Composti: introduzione al legame chimico/3
I composti ionici sono elettricamente neutri: la loro carica netta è nulla perché contengono lo stesso
numero di cariche positive e cariche negative. Per prevedere il numero di elettroni che ogni atomo può
acquistare/cedere, occorre far riferimento alla tavola periodica: i metalli cedono elettroni e i non metalli
acquistano elettroni per formare ioni con lo stesso numero di elettroni del gas nobile più vicino. Infatti, i
gas nobili hanno una stabilità (bassa reattività) che è correlata con il numero e la disposizione dei loro
elettroni. Es: un atomo di Cl acquisterà un elettrone per raggiungere la stabilità dell’Ar. In generale:
 Gli elementi del gruppo 1 cedono un elettrone.
 Gli elementi del gruppo 2 cedono due elettroni.
 Gli elementi del gruppo 17 acquistano un elettrone.
 Al ne cede tre, O e S ne acquistano due, N ne acquista 3.

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Composti: introduzione al legame chimico/4
I composti covalenti si formano quando gli elementi condividono elettroni,
il che avviene di solito tra non metalli. Si considerino ad esempio due atomi di
H separati, che si avvicinano finché il nucleo del primo attrae sempre più
intensamente l’elettrone dell’altro, e viceversa. A una certa distanza ottimale
tra i nuclei, i due atomi formano un legame covalente costituito dall’attrazione
reciproca tra una coppia di elettroni e i due nuclei: si tratta del legame
covalente. Ne risulta la molecola H2, in cui ciascun elettrone non appartiene
più ad un particolare atomo di H, ma entrambi gli elettroni sono condivisi tra i
due atomi. Lo stesso accade per le seguenti molecole omonucleari: N2, O2, F2,
Cl2, Br2, I2, P4, S8, Se8.

Analogamente, gli atomi di differenti elementi condividono elettroni per


formare molecole eteronucleari di composti covalenti.

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Composti: introduzione al legame chimico/4
Occorre precisare che:
 Mentre la maggior parte delle sostanze covalenti è costituita da molecole, in
condizioni ordinarie non esistono molecole in un campione di un
composto ionico.
 Molti composti ionici contengono ioni poliatomici, costituiti da due o più
atomi legati covalentemente e hanno una carica netta positiva o negativa. Es:
CaCO3 contiene ioni monoatomici Ca2+ e ioni poliatomici CO32‒; quest’ultimo è
costituito da un atomo di C legato covalentemente a tre atomi di O e due
elettroni addizionali conferiscono allo ione la sua carica 2‒.

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Formule
In una formula chimica, i simboli degli elementi e i pedici indicano la specie e il numero di atomi
presenti nella più piccola unità della sostanza, rispettivamente. Esistono:
 Formula minima: mostra il numero relativo di atomi di ciascun elemento nel composto (es: per
perossido di idrogeno è HO).
 Formula molecolare: mostra il numero reale di atomi di ciascun elemento in una molecola del
composto (es: per il perossido di idrogeno è H2O2).
 Formula di struttura: mostra il numero di atomi e i legami tra essi, cioè le posizioni reciproche e le
connessioni tra atomi nella molecola (es: per il perossido di idrogeno è H‒O‒O‒H).

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Numero di ossidazione
Per identificare quale atomo ceda o acquisti elettroni, si ricorre al numero (o stato) di ossidazione
(N.O.), che corrisponde alla carica che l’atomo avrebbe se gli elettroni non fossero condivisi, bensì
fossero trasferiti completamente. È importante ricordarsi che il numero di ossidazione deve sempre
essere riportato col segno (positivo o negativo), a meno che non valga zero.
Le regole per l’assegnazione del N.O. sono:
 Sostanze elementari: N.O. = 0 (es: K, Cl2).
 Ossigeno: N.O. = ‒2, tranne quando si trova in un perossido (−1), in un superossido (−1/2) o in
OF2 (+2).
 Idrogeno: N.O. = +1, tranne quanto è legato ad un metallo o al B (‒1).
 Ioni monoatomici: N.O. = carica dello ione (es: +2 per Ca2+).
 Elementi del gruppo 1: N.O. = +1.
 Elementi del gruppo 2: N.O. = +2.
 Elementi del gruppo 17: N.O. = ‒1, tranne quando sono legati ad O o ad alogeni superiori nel gruppo
(+1, +3, +5, +7).
 Elementi con N.O. da ricordare: F (‒1), Ag (+1), Cd (+2), Zn (+2), Al (+3), B (+3), Si (+4).
 Molecole neutre: σ 𝑁. 𝑂. = 𝟎.
 Ioni poliatomici: σ 𝑁. 𝑂. = carica dello ione.

ES. 2.4] Assegnare i N.O. in CsNO2 e HPO42‒. [+1/+3/‒2; +1/+5/‒2]


CHIMICA @PoliTO (F. Bella) – Capitolo 2 – 2020/2021 29
Nomenclature e classi di composti
La nomenclatura permette di identificare i composti mediante un nome specifico, che si definisce a
partire dalla formula della sostanza. Si fa riferimento a:
 Nomenclatura IUPAC (International Union of Pure and Applied Chemistry): consente di
evidenziare, in modo chiaro ed immediato, la relazione tra il nome di un composto e la sua formula
chimica.
 Nomenclatura tradizionale: è basata sulla divisione degli elementi in metalli e non metalli, e tiene
conto del N.O. degli elementi.
La chimica generale definisce 10 classi di composti inorganici.
COMPOSTI BINARI COMPOSTI TERNARI
Ossidi basici +𝐻2 𝑂 → Idrossidi
Ossidi acidi +𝐻2 𝑂 → Ossiacidi
Perossidi
Idracidi
Idruri metallici
Idruri covalenti
Sali binari
Sali ternari
CHIMICA @PoliTO (F. Bella) – Capitolo 2 – 2020/2021 30
Ossidi basici
Composti binari formati da metallo (M) + O.

 Nomenclatura IUPAC: prefisso–ossido + di + prefisso–M


Prefissi: mon–, di–, tri–, tetra–, penta–, esa–, epta–
Il prefisso mon– si mette solo davanti al termine «ossido», qualora M abbia più N.O. possibili.

 Nomenclatura tradizionale: Ossido + M–suffisso


Suffissi: –oso per ↓N.O., –ico per ↑N.O.
Se M ha un solo N.O. possibile, non si mette il suffisso, ma si antepone «di» al nome del M.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+3 ‒2 Siccome Fe(+2,+3):
Triossido di diferro
Fe2O3 Ossido ferrico

ES. 2.5] Assegnare le nomenclature a Cu2O e CaO. [Monossido di dirame; ossido rameoso / Ossido di
calcio; ossido di calcio]

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Ossidi acidi
Composti binari formati da non metallo (NM) + O.

 Nomenclatura IUPAC: prefisso–ossido + di + prefisso–NM


Prefissi: mon–, di–, tri–, tetra–, penta–, esa–, epta–
Il prefisso mon– si mette solo davanti al termine «ossido».

 Nomenclatura tradizionale: Anidride + (prefisso)–NM–suffisso


Suffissi: ipo‒…‒osa per ↓↓ N.O., –osa per ↓N.O., –ica per ↑N.O., per‒…‒ica per ↑↑ N.O.
Se ci sono solo due N.O. possibili, si considerano le due opzioni centrali (–osa e –ica).

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+7 ‒2 Siccome Cl(+1,+3,+5,+7):
Eptaossido di dicloro
Cl2O7 Anidride perclorica

ES. 2.6] Assegnare le nomenclature a P2O3 e SO2. [Triossido di difosforo; anidride fosforosa / Diossido
di zolfo; anidride solforosa]

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Ossidi acidi/2
Fanno eccezione:
Ossidi di N +1 N2O Monossido di diazoto Protossido di azoto
24 +2 NO Monossido di azoto Ossido di azoto
+3 N2O3 Triossido di diazoto Anidride nitrosa
N
+1,+2,+3, +4 NO2 Diossido di azoto Anidride nitroso-nitrica
+4,+5
+5 N2O5 Pentossido di diazoto Anidride nitrica

Ossidi di Mn e Cr: hanno comportamento anfotero, ossia formano ossidi basici o ossidi acidi a seconda
del N.O.
24 +2 CrO Monossido di cromo Ossido cromoso
O.B.
Cr +3 Cr2O3 Triossido di dicromo Ossido cromico
+2,+3,+6 +6 CrO3 Triossido di cromo Anidride cromica O.A.
+2 MnO Monossido di manganese Ossido manganoso
O.B.
25 +3 Mn2O3 Triossido di dimanganese Ossido manganico
Mn +4 MnO2 Diossido di manganese Diossido di manganese
+2,+3,+4,+6+7
+6 MnO3 Triossido di manganese Anidride manganica
O.A.
+7 Mn2O7 Eptaossido di dimanganese Anidride permanganica
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Idrossidi
Composti ternari formati dalla reazione ossido basico + H2O → M(OH)x
 Nomenclatura IUPAC: prefisso–idrossido di + M Gruppo ossidrile: (OH)–
Prefissi: di–, tri–, …

 Nomenclatura tradizionale: Idrossido + M–suffisso


Suffissi: –oso per ↓N.O., –ico per ↑N.O.
Se M ha un solo N.O. possibile, non si mette il suffisso, ma si antepone «di» al nome del M.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+2 ‒1 Siccome Sr(+2):
Diidrossido di stronzio
Sr(OH)2 Idrossido di stronzio

ES. 2.7] Assegnare le nomenclature a Fe(OH)2 e RbOH. [Diidrossido di ferro; idrossido ferroso /
Idrossido di rubidio; idrossido di rubidio]

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Ossiacidi
Composti ternari formati dalla reazione ossido acido + H2O → HhNMnOo

 Nomenclatura IUPAC: Acido + prefisso–osso–prefisso–NM–ico + (N.O. di NM in n° romani)


Prefissi: mon–, di–, tri–, tetra–, …
Il prefisso mon– si mette solo davanti al termine «osso».

 Nomenclatura tradizionale: Acido + (prefisso)–NM–suffisso


Suffissi: ipo‒…‒oso per ↓↓ N.O., –oso per ↓N.O., –ico per ↑N.O., per‒…‒ico per ↑↑ N.O.
Se ci sono solo due N.O. possibili, si considerano le opzioni centrali.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+5 Siccome N(+3,+5):
Acido nitrico
HNO3 Acido triossonitrico (V)

ES. 2.8] Assegnare le nomenclature a HClO4 e H2SO4. [Acido tetraossoclorico (VII); Acido perclorico /
Acido tetraossosolforico (VI); acido solforico]

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Ossiacidi/2
Fanno eccezione:
 Azoto: solo N(+3) e N(+5) danno ossiacidi.
 Carbonio: solo C(+4) dà ossiacidi.
 Fosforo, boro, arsenico e silicio: i loro ossidi acidi possono combinarsi con più di una molecola
d’acqua al fine di formare un ossiacido, e ciò fa cambiare (solo) la nomenclatura tradizionale:
• Se N.O. è pari: sono state aggiunte 1 o 2 molecole di H2O, e si utilizzano i prefissi meta‒ e orto‒,
rispettivamente.
• Se N.O. è dispari: sono state aggiunte 1, 2 o 3 molecole di H2O, e si utilizzano i prefissi meta‒,
piro‒ e orto‒, rispettivamente.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+3 Siccome As(+3,+5): Siccome H4As2O5 contiene 2H2O e As(+3) è dispari:
H4As2O5 Acido pentaossodiarsenico (III) Acido piroarsenioso

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Idrossidi e ossiacidi di elementi anfoteri
24 +2 O.B. Cr(OH)2 Diidrossido di cromo Idrossido cromoso
Cr +3 O.B. Cr(OH)3 Triidrossido di cromo Idossido cromico
+2,+3,+6 +6 O.A. H2CrO4 Acido tetraossocromico (VI) Acido cromico
+2 O.B. Mn(OH)2 Diidrossido di manganese Idrossido manganoso
25 +3 - - - -
Mn +4 - - - -
+2,+3,+4,+6+7
+6 O.A. H2MnO4 Acido tetraossomanganico (VI) Acido manganico
+7 O.A. HMnO4 Acido tetraossomanganico (VII) Acido permanganico

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Perossidi
Composti binari dove O ha N.O. = ‒1 quando è legato ad un altro elemento (E).
 Nomenclatura IUPAC: prefisso–ossido + di + prefisso–E
Prefissi: di–, …

 Nomenclatura tradizionale: Perossido di + E

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+1‒1
Diossido di dipotassio Perossido di potassio
K2O2

ES. 2.9] Assegnare le nomenclature a MgO2. [Diossido di magnesio; perossido di magnesio]

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Idracidi
Composti binari dove H è legato ad un altro elemento (E = alogeno, S, Se, CN‒).
 Nomenclatura IUPAC: E‒uro + di idrogeno Gruppo ciano: (CN)–
Si usa per la fase gassosa.
Se c’è più di un atomo di H, la nomenclatura usa i prefissi di-, … davanti a «idrogeno».

 Nomenclatura tradizionale: Acido + E‒idrico


Si usa per la fase liquida.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+1‒1
Cloruro di idrogeno Acido cloridrico
HCl

ES. 2.10] Assegnare le nomenclature a H2Se. [Seleniuro di diidrogeno; Acido selenidrico]

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Idruri
Composti binari dove H è legato ad un altro elemento (E); si distingue tra:
 Idruri metallici (ionici, salini): M + H (N.O. = ‒1)
 Idruri covalenti: NM (o semimetallo) + H (N.O. = +1)

 Nomenclatura IUPAC: prefisso‒idruro + di + E


Prefissi: mono-, di-, tri-, tetra-, …
Il prefisso –mono si mette solo davanti a «idruro», qualora M abbia più N.O.

 Nomenclatura tradizionale: Idruro + E‒suffisso


Suffissi: ‒oso per ↓N.O., ‒ico per ↑N.O.
Se M ha un solo N.O., non si mette il suffisso, ma si antepone «di» al nome del M.
Se E non è un M, si utilizzano i nomi comuni.
Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale
+2‒1 Siccome Cu(+1,+2):
Diidruro di rame
CuH2 Idruro rameico
ES. 2.11] Assegnare le nomenclature a SrH2 e PH3. [Diidruro di stronzio; idruro di stronzio / Triidruro di
fosforo; fosfina]

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Sali binari
Composti binari tra un M e un NM.
 Nomenclatura IUPAC: prefisso‒NM‒uro + di + prefisso‒M
Prefissi: mono‒, di‒, tri‒, tetra‒, penta‒, esa‒, epta‒
Il prefisso ‒mono si mette solo davanti al NM, qualora il M abbia più N.O.

 Nomenclatura tradizionale: NM‒uro + M‒suffisso


Suffissi: ‒oso per ↓N.O., ‒ico per ↑N.O.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+2‒1 Siccome Sn(+2,+4):
Difluoruro di stagno
SnF2 Fluoruro stannoso

ES. 2.12] Assegnare le nomenclature a AlBr3 e Ag2S. [Tribromuro di alluminio; Bromuro di alluminio /
Solfuro di diargento; solfuro di argento]

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Sali ternari
Composti ternari ottenuti per parziale o totale sostituzione degli atomi di idrogeno di un ossiacido.
 Nomenclatura IUPAC: (prefisso)‒prefisso‒osso‒NM‒ato + (N.O.) + di + M + (N.O.)
Prefissi: mono‒, di‒, tri‒, tetra‒, …
Se M (o NM) ha un solo N.O., non si esplicita il N.O.

 Nomenclatura tradizionale: (prefisso)‒NM‒suffisso + M‒suffisso


Suffissi per NM: ipo‒…‒ito per ↓↓ N.O., –ito per ↓N.O., –ato per ↑N.O., per‒…‒ato per ↑↑ N.O.
Se ci sono solo due N.O. possibili, si considerano le opzioni centrali.
Suffissi per M: ‒oso per ↓N.O., ‒ico per ↑N.O.
Se M ha un solo N.O., non si mette il suffisso, ma si antepone «di» al nome del M.

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+2 +5 Siccome Pb(+2,+4) e Cl(+1,+3,+5,+7):
Clorato piomboso
Pb(ClO3)2 Di-triossoclorato (V) di piombo (II)

ES. 2.13] Assegnare le nomenclature a Sn(CO3)2 e Cs3PO4. [Di-triossocarbonato di stagno (IV);


carbonato stannico / Tetraossofosfato (V) di cesio; ortofosfato di cesio]

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Sali ternari/2
Si dicono sali acidi i sali ternari in cui la sostituzione degli atomi di idrogeno nell’ossiacido di partenza è
stata parziale.
 Nomenclatura IUPAC: rispetto ai sali ternari standard, il «(prefisso)‒prefisso‒osso» viene sostituito
da «n-idrogeno» (n va da mono‒ in su).

 Nomenclatura tradizionale: rispetto ai sali ternari standard, tra NM e M si aggiunge «n-acido» (n


può essere mono‒ o bi‒).
Per i sali acidi di H2CO3, H2SO3 e H2SO4, la nomenclatura usa il prefisso bi‒ davanti al NM (quindi non
si usa il termine «n-acido»).

Formula Nomenclatura IUPAC Nomenclatura tradizionale


+3 +5 Siccome Fe(+2,+3) e P(+3,+5):
Ortofosfato biacido ferrico
Fe(H2PO4)3 Diidrogenofosfato (V) di ferro (III)

ES. 2.14] Assegnare le nomenclature a Ba(HCO3)2. [Monoidrogenocarbonato di bario; bicarbonato di


bario]

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Note su nomenclatura e composti
Alcune note finali sulla nomenclatura delle 10 classi di composti della chimica generale:
 La nomenclatura di IUPAC fu preceduta dalla nomenclatura di Stock, che prevede l'indicazione del
N.O. degli elementi che possono avere più N.O. Es: FeCl3 è il cloruro di ferro (III). Questa notazione è
ancora (raramente) usata nella letteratura scientifica.
 I composti ionici sono disposizioni di ioni carichi di segno opposto e non unità molecolari separate: si
scrive pertanto un’unità formula che indica i numeri relativi di cationi e anioni nel composto (si
tratta di una formula minima). NaCl è un’unità formula: non esiste, invece, la molecola NaCl!
 Esistono alcuni composti ionici detti idrati, in quanto hanno un numero specifico di molecole d’acqua
associate a ciascuna unità formula. Si parla di acqua d’idratazione. Questo numero è indicato dopo un
punto a metà altezza della riga, e la nomenclatura aggiunge al fondo il termine n‒idrato (n va da
mono‒ in su). Es: il gesso da lavagna ha formula CaSO4‧2H2O e la sua nomenclatura è solfato di
calcio diidrato.
 I superossidi sono composti in cui O ha N.O. = ‒1/2 ed è presente come ione O2‒. Ne è un esempio
KO2, la cui unica nomenclatura è superossido di potassio.
 A partire dalla formula di un composto e dalla tavola periodica, è possibile calcolare la massa
molecolare (𝑀𝑀) del composto facendo la sommatoria delle masse atomiche di ciascun elemento,
ognuna moltiplicata per il numero di atomi presenti di quell’elemento. Lo stesso si può fare per i
composti ionici, ma si parla di massa formula.

ES. 2.15] Calcolare la massa molecolare di Fe2O3 ed esprimerla con 4 C.S. [159.7 Da]
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Miscele: classificazione e separazione
Le sostanze pure non sono quasi mai presenti nel nostro ambiente, ma la materia esiste di solito sotto
forma di miscele. Queste possono essere:
 Miscele eterogenee: hanno una o più superfici di separazione visibili (a occhio nudo o con un
microscopio) tra i suoi componenti. Ne consegue una composizione non uniforme. Es: rocce
costituite da singoli granuli di differenti minerali, latte, sangue, ecc.
 Miscele omogenee: non hanno superfici di separazione visibili, perché i componenti sono miscelati
come singoli atomi, ioni e molecole. Ne risulta una composizione uniforme. Es: zucchero disciolto in
acqua. Una miscela omogenea è anche detta soluzione (solvente + soluto), e questa può essere
liquida, gassosa (es: aria) o solida (es: cera).

Per studiare le proprietà delle sostanze, i chimici hanno ideato molti procedimenti
per separare una miscela negli elementi e nei composti da cui è costituita:
 Filtrazione: separa i componenti di una miscela sulla base di differenze tra le
dimensioni delle particelle. Si usa spesso per separare un liquido da un solido.
Può essere condotta sotto vuoto, riducendo la pressione dentro il recipiente in
cui si filtra e accelerando il flusso del liquido.

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Miscele: classificazione e separazione/2
 Cristallizzazione: si basa sulle differenze di solubilità, cioè la massima quantità di una sostanza
(soluto) che si può sciogliere in un volume fisso di solvente ad una data temperatura. Molte sostanze
sono più solubili in un solvente caldo rispetto allo stesso solvente freddo: un composto si separa dalla
soluzione quando questa viene raffreddata.
 Distillazione: separa i componenti mediante differenze di volatilità, ossia la tendenza di una
sostanza a trasformarsi in un gas. Quando una miscela bolle, il vapore è più ricco del componente più
volatile, che può essere condensato e raccolto separatamente.

Cristallizzazione Distillazione
CHIMICA @PoliTO (F. Bella) – Capitolo 2 – 2020/2021 46
Miscele: classificazione e separazione/3
 Estrazione: si basa su differenze di solubilità, partendo da un materiale che viene frantumato con
un solvente che estrae (scioglie) i composti solubili. L’estratto viene ulteriormente separato con
l’aggiunta di un secondo solvente che non si scioglie nel primo. Segue agitazione in un imbuto
separatore, dove alcuni componenti vengono estratti nel nuovo solvente.
 Cromatografia: si basa su differenze di velocità di migrazione dei componenti di una miscela
quando vengono solubilizzate in un fluido (fase mobile) che si muove su un supporto solido (fase
stazionaria). Un componente che non dà interazioni chimico-fisiche con la fase stazionaria avanzerà
più velocemente di un componente in grado di dare interazioni con quest’ultima.

Estrazione Cromatografia
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Miscele: classificazione e separazione/4

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