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19/10/2020 Lorenzo Spagnoli

CHIMICA Chiara Fasulo


Prof.ssa. Elena Forte Rebecca Paoletti

BASI DELLA CHIMICA E TEORIA ATOMICA

La materia si può distinguere in miscele o sostanze pure. Le prime, di composizione variabile, in


quanto in esse sono presenti più sostanze pure, possono essere separate per via fisica nelle loro
costituenti; le seconde, invece, non possono essere semplificate in nessun modo. Le miscele
inoltre, come vedremo per le
soluzioni, possono essere
eterogenee, ovvero di composizione
non uniforme, o omogenee,
identiche dunque in tutte le loro
parti. Similmente anche le sostanze
pure possono essere suddivise in
due categorie, composti ed
elementi.
Gli elementi non possono essere
ulteriormente divisi tramite sia
mezzi fisici che chimici, mentre i
composti , che sono formati da più elementi, combinati secondo rapporti specifici, possono essere
separati nei singoli elementi.

Un composto ovviamente nasce


dall’unione di due o più elementi ed
avrà proprietà chimiche diverse dai
singoli elementi che lo costituiscono,
acquistando perciò rispetto ad essi
nuove proprietà; tuttavia le
proprietà degli elementi in sé per sé
rimangono inalterate.

E’ ormai chiaro che gli elementi sono


sostanze indivisibili, ma come si caratterizzano e soprattutto come si differenziano? Nella tavola
periodica ci sono ben 118 elementi, 98 sono di origine naturale e i restanti di origine artificiale. Di
tutti questi elementi ci saranno alcuni elementi che sono più importanti per la chimica organica,
solitamente quelli che sono più in alto nella tavola periodica , e meno importanti ma che
comunque è utile conoscere. Ciò è visibile per esempio andando ad analizzare la composizione
percentuale della crosta terrestre e del corpo umano:il corpo umano è principalmente costituito
da idrogeno, carbonio, ossigeno e azoto, mentre la crosta terrestre, se pur presenta ossigeno in
grandi quantità, è formata anche da silicio, alluminio e sodio.
In ogni caso, per trovare la vera differenza tra due elementi bisogna conoscere il concetto di
atomo e quindi inevitabilmente ripercorre la storia e gli sviluppi della teoria atomica che
portarono alla nascita del modello di atomo attuale.

Senza dubbio la definizione di atomo fu molto dibattuta nella storia, rivelandosi particolarmente
controversa nel corso del Novecento quanto il carattere progressivo della storia di manifestò più
chiaramente. Furono moltissimi i cambiamenti e le innovazioni che caratterizzarono il secolo e
talvolta così radicali che gli stessi scienziati fecero spesso fatica ad accettare la radicale novità
delle teorie emergenti e dei modelli proposti.
Il concetto di atomo venne formulato per la prima volta da Leucippo nel V-IV secolo a.C. Il filosofo
greco ipotizzò che tutta la materia fosse fatta di mattoncini e che unendo tutti questi mattoncini si
costituiva la materia: il suo allievo Democrito portò poi avanti queste “teorie”, convinto che
dovesse esistere necessariamente l’atomo. Infatti, se consideriamo per esempio un pezzo di legno
e lo tagliamo a metà, poi ancora a metà, ancora a metà e così via ,otterremo un pezzo così piccolo
che ci sarà impossibile dividerlo ulteriormente e se anche riuscissimo a dividere quel pezzetto alla
fine rimarrebbe sempre un pezzo ancora più piccolo: ci rimarrà sempre qualcosa e questo
qualcosa per Democrito era l’atomo indivisibile. Le speculazioni sull’atomo saranno poi riprese da
Epicuro e anche dall’autore latino Lucrezio nel suo De rerum natura.
Ovviamente Democrito come gli altri pensatori greci affrontarono l’argomento dal punto di vista
filosofico, senza supportarlo con prove scientifiche. Ci sono voluti 2200 anni per ottenere la prima
teoria moderna, ovvero basata su esperimenti che permisero di formulare un modello atomico
scientifico. Il modello scientifico nasce infatti dall’osservazione della realtà, porta alla maturazione
di ipotesi, ma soprattutto necessita che queste ipotesi siano verificate attraverso esperienti. Poi
qualora vengano dimostrate vere si potrà formulare una nuova legge matematica che descriva
l’osservazione del fenomeno e ancora, se questa avrà un’ampia applicazione si potrà dare vita ad
una teoria o ad un modello teorico, sempre sostenuto da basi sperimentali.
Secondo queste modalità, nel 1800 Dalton sviluppò per la prima volta una teoria atomica di
carattere scientifico, tornando a ipotizzare l’esistenza dell’atomo.
Successivamente grande impulso alla teoria atomica è stato dato da Maxwell, che capì che la luce
è fatta dalla somma di campi elettrici e magnetici e poi da Thomson, Rutherford, Bohr, Planck,
Heisenberg, Schrodinger, Dirac, De Broglie, Pauli ecc. Tutti questi personaggi sono le grandi menti
della fisica del XIX e XX secolo. Thomson per primo disse che l’atomo era divisibile, Dalton infatti
pur avendo capito che esisteva un’unità della materia, ovvero l’atomo, riteneva che questo fosse
indivisibile (atomo in greco vuol dire infatti indivisibile, nome datogli da Democrito). Rutherford
ancora scoprì il protone, mentre Bohr descrisse la distribuzione degli elettroni intorno all’atomo,
grande novità, basandosi sulla teoria di Planck. Heisenberg, Schrodinger sono i padri della fisica
moderna e della meccanica quantistica, De Broglie fondamentale in quanto capì che luce e materia
sono composte da una stessa doppia natura e infine Pauli e Hund furono fondamentali per
comprendere la struttura dell’atomo.
Cominciamo oggi con le leggi di Dalton, un chimico che sviluppa una teoria atomica che si fonda
sulle leggi quantitative della chimica: La legge della conservazione della massa di Lavoisier, delle
proporzioni definite di Proust e quella delle proporzioni multiple, elaborata da Dalton stesso.
Cosa aveva osservato Lavoisier? Egli, grande scienziato della sua epoca, primo chimico a livello
moderno, scrisse infatti un trattato chimico, fu il primo che ha identificato l’idrogeno e l’ossigeno,
che ha capito che la costruzione delle
molecole organiche ci da energia per
i vari processi fisiologi, ha capito
l’associazione fra energia e
respirazione cellulare, rivelandosi
quindi anche un grande fisiologo.

Iniziamo dalla legge di conservazione


della massa.

Lavoisier ci dice che durante una trasformazione chimica ordinaria non vi è guadagno né perdita
apprezzabile di massa. Questo vuol dire che la massa prima e dopo l’esperimento è sempre la
stessa. (alla sinistra vediamo un recipiente nel quale è stato aggiunto dell’aceto. Se mescoliamo
all’aceto del bicarbonato e lo sigilliamo con un palloncino vediamo che al termine della reazione la
quantità in grammi è esattamente la stessa, ovviamente è avvenuto qualcosa, vediamo infatti che
il palloncino si è gonfiato perciò c’è stato uno sviluppo di sostanza gassosa, ma se andiamo a
sommare tutte le componenti prima e dopo l’esperimento , il loro peso è esattamente lo stesso.
Questa reazione è una reazione acido-base tra l’acido acetico, che è presente nell’aceto, e il
bicarbonato, che è un sale di sodio dell’acido carbonato, e che produce il sale, acqua e CO2,
permettendo al palloncino di gonfiarsi. Se noi non avessimo messo il palloncino sarebbe uscita la
CO2, andando a diminuire la massa.
Lavoisier aveva fatto quindi un grande passo con la legge di conservazione delle masse e
scoprendo poi tantissime cose, tutte riportate nel suo “trattato di chimica elementare” , tuttavia
non visse a lungo, in quanto, parte della classe ricca della società francese negli anni della
rivoluzione, fu ghigliottinato, morendo all’età di 51 anni ( tra l’altro, scienziato fino alla fine, si
racconta che chiese al suo aiutante di valutare il numero di battiti delle ciglia una volta avvenuta la
decapitazione.). Fu una grande perdita, come ricorda il grande matematico Lagrange con le
seguenti parole :“Non c' è voluto che un attimo per far cadere questa testa. E forse non
basteranno cent' anni per farne nascere una eguale...”.
Dalla legge di Lavoisier si ricava la massima “Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.”
Ovviamente, sempre nel 900, questa affermazione fu integrata(?) con la legge che stabilisce la
relazione tra l'energia e la massa di un sistema fisico formulata da Einstein, E=mc^2. Noi stiamo
parlando della fisica classica, dove per tanti anni, fino al ‘900, la massa e l’energia erano
considerate entità separate ed erano state formulate perciò la legge di conservazione dell’energia
e la legge di conservazione della massa. Con la fisica del ‘900 si vede invece che c’è una relazione
tra massa ed energia, quindi la massa può trasformarsi in energia, ovvero l’energia che contiene
può essere liberata e viceversa (ciò richiede però condizioni tali, che solitamente la conversione
avviene nelle stelle, dove c’è un’energia molto elevata oppure negli acceleratori di particelle, dove
i fisici attualmente studiano come si è formato l’universo). Quando parliamo di questa relazione ci
riferiamo al mondo microscopico e non al mondo macroscopico.

L’altra legge è quella delle proporzioni definite di Proust: quando gli elementi si combinano per
formare composti lo fanno secondo proporzioni in peso definite.

Andiamo a verificare sia la legge di Lavoisier che di Proust.


Esempio:

Andiamo a mescolare carbonio e ossigeno per produrre anidride carbonica.


Se noi mescoliamo una quantità in grammi 0,818 con l’ossigeno 2,182 otterremo 3 grammi di
anidride carbonica , se andiamo a utilizzare dei multipli della quantità di carbonio e della quantità
di ossigeno (2,72 e 7,273), otterremo comunque la produzione di anidride carbonica in un suo
multiplo. Quindi se mescoliamo 12 grammi di carbonio con 32 grammi di ossigeno avremo 44
grammi di anidride carbonica, questa legge può apparire banale ma è alla base della stechiometria
moderna. Tutte queste leggi che vedremo sono importanti, in quanto spiegano come le sostanze
reagiscono secondo quantità precise e definite.

Abbiamo visto quindi che 12 g di carbonio e 32 g di ossigeno formano 44 g di anidride carbonica.


Cosa succede se mescoliamo all’ossigeno 15 g di carbonio, invece che 12, ovviamente non sono
più rispettate le quantità precise per formare anidride carbonica e ci troviamo così con un
reagente limitante, quello in quantità minore (ossigeno) e uno in quantità eccessiva. Si
formeranno comunque 44 g di anidride carbonica, perché 32 grammi di ossigeno possono darne
soltanto 44 g, tuttavia ci sarà anche un residuo di carbonio. Così abbiamo verificato che questa
legge è valida.

Infine c’è la legge delle proporzioni multiple: quando due elementi si combinano per formare più
di un composto , il loro rapporto in peso nel composto diviso per il rapporto in peso di qualsiasi
altro composto è data da una frazione espressa da numeri interi semplici.

Andiamo a vedere cosa significa la legge di Dalton.


Esempio:
Carbonio e ossigeno legandosi tra loro, 2,727 g di carbonio + 7,273 g di ossigeno, daranno 10 g di
anidride carbonica. Se andiamo invece a mescolare 4,3 g di carbonio con 5,7 g di ossigeno, avremo
la formazione di 10 g di monossido di carbonio: dagli stessi elementi possiamo formare composti
diversi, ma qual è il loro rapporto in peso?

Andiamo ad esempio a fare il rapporto o carbonio-ossigeno o ossigeno-carbonio per i 2 tipi di


composto:
Nel caso dell’anidride carbonica il rapporto carbonio ossigeno è all’incirca 2,7 nel monossido di
carbonio è invece è 5,3; questo cosa ci dice, ci dice che sicuramente nell’anidride carbonica c’è più
ossigeno.
Se andiamo a fare il rapporto ossigeno-carbonio in
monossido di carbonio o anidride carbonica
vediamo che il loro rapporto è espresso da numeri
interi, in questo caso 2:1. Possiamo farlo anche con
il carbonio: carbonio-ossigeno in anidride carbonica
o carbonio ossigeno in monossido di carbonio, il
rapporto sarà 1:2. Quindi è come dire che l’ossigeno
è presente il doppio delle volte.
Siccome questa legge la possiamo applicare a qualsiasi quantità di materia; possiamo fare un
discorso simile a quello che aveva fatto Democrito, andando anche nell’infinitamente piccolo
possiamo immaginare le particelle che si legano tra loro con rapporti ben definiti. Allora
assumendo che il rapporto nel monossido di carbonio è 1,33, possiamo immaginare che
nell’anidride carbonica sia contenuto il doppio dell’ossigeno: 2,67.
Possiamo associare l’anidride carbonica ad 1 composto che lega 2 atomi di ossigeno e il monossido
di carbonio 1 atomo di ossigeno, abbiamo così verificato anche la legge di Dalton. Quando 2
elementi di combinano tra loro per formare il composto lo fanno secondo rapporti tra loro ben
definiti ed espressi a numeri interi.

Quindi Dalton, partendo dalla legge di Lavoisier di conservazione della massa, la legge di Proust, e
la sua legge di Dalton, pensa che esistano queste particelle sotto forma di particelle indivisibili,
quindi ciascun elemento è costituito da particelle dette atomi e tutti gli atomi, di un dato
elemento sono identici.
Considerate che questo è corretto anche adesso, tutti gli atomi di un dato elemento sono identici
quindi se noi prendiamo l’oro in ogni sua parte avrà lo stesso atomo (dell’oro appunto) ma sarà
diverso in un tipo di elemento diverso. Gli atomi di elementi diversi hanno proprietà differenti,
sicuramente dal punto di vista fisico la massa: il ferro e il rame sono elementi pesanti, pensiamo
invece al carbonio che è più leggero, quindi sicuramente hanno proprietà differenti.

Le reazioni fisiche non mutano gli atomi di un elemento in quelli di un altro, quindi ha confortato
gli alchimisti per il fatto che non si riesce a trasformare un elemento nell’altro e gli alchimisti
appunto pensavano di poter trasformare qualsiasi elemento in qualcos’altro, ad esempio in oro.
Quindi nel corso delle reazioni chimiche gli atomi non si creano o si distruggono ma rimangono
uguali.
In un dato composto il numero relativo e la specie degli atomi sono costanti, questo è quello che
abbiamo visto con la legge di Proust, quindi in un composto di carbonio e ossigeno come CO e CO2
si associano tra loro in maniera diversa: quando il rapporto indica che ci sono due atomi di
ossigeno significa che parliamo di anidride carbonica, altrimenti è monossido di carbonio.
Qualsiasi composto è formato da un preciso numero di elementi che sono presenti nel composto
secondo una specifica stechiometria e composizione.
Ad esempio l’acqua è formata da 2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno, e quindi noi identifichiamo
acqua come quel composto.
Nei composti si esige una condizione di almeno 2 elementi, ovviamente il numero può essere
variabile ma devono essere necessariamente almeno 2 elementi, altrimenti è lo stesso elemento.
Elementi diversi sono costituiti da atomi differenti e sono indivisibili, quindi con la teoria di dalton
torna l’idea dell’indivisibilità dell’atomo.
Tuttavia nel corso dell’800 cominciano a nascere i primi dubbi sull’effettiva indivisibilità
dell’atomo, questo perché… esistevano delle particelle con carica positiva e carica negativa che
una determinata quantità di corrente poteva trasformarsi in metalli. Quindi che ci fossero sia
cariche positive che negative nella materia era estremamente noto; d’altra parte già nell’antica
Grecia si sapeva che strofinando un pezzetto di ambra si caricava negativamente e poteva attrarre
altra materia, e l’ambra guarda caso un tempo si chiamava proprio elektron.
Poi alla fine del secolo ci fu anche la scoperta della radioattività, infatti si era visto che alcuni
materiali emettevano radiazioni è stata proprio Marie Curie che ha associato la presenza di
radiazione e ha posto il dubbio che non fosse correlato con la struttura dell’atomo (?)
Vediamo quindi che in quel periodo cominciavano a nascere in modo scientifico delle ipotesi sulla
non divisibilità dell’atomo; e la dimostrazione dell’esistenza degli elettroni è stata fatta appunto da
Thomson.
Come ha fatto Thomson: ha
utilizzato un tubo in cui era stato
fatto del vuoto parziale e aveva
applicato una differenza di
potenziale al suo interno e notò che
dal catodo partivano dei raggi e
questi raggi potevano essere deviati
da un campo elettrico, andando
verso il polo positivo. Aveva notato
anche che questi raggi, che
venivano chiamati raggi catodici, erano indipendenti dalla natura del metallo che li emetteva.

Quindi erano una caratteristica della materia indipendente dal tipo di materia e valutando la
flessione del raggio era riuscito a calcolare il rapporto massa su carica, cioè a vedere quale fosse la
quantità di carica per la quantità di materia.

Più tardi Millikan riuscì anche valutare la quantità di carica di queste particelle, che appunto sono
gli elettroni, facendo un esperimento con delle goccioline d’olio: delle goccioline d’olio venivano in
un recipiente e nebulizzandole si creavano delle particelle cariche, queste particelle cariche
tendevano, ovviamente grazie alla forza di gravità, a scendere verso il fondo del recipiente.
Millikan misurò la quantità di corrente necessaria a non far cadere le particelle e misurandola è
riuscito a calcolare la quantità di corrente che era presente nella particella.
Utilizzando quindi il rapporto massa su carica di Thomson e la quantità di corrente associata a
queste particelle si è potuto calcolare la massa dell’elettrone: la massa dell’elettrone è molto
piccola, nell’ordine di 10-28 ed è circa 2000 volte inferiore alla massa di un atomo di idrogeno,
quindi parliamo di una quantità di massa infintamente piccola. L’atomo di idrogeno è uno degli
elementi più approfonditamente studiati in quanto è l’elemento più semplice nonché i più piccolo
e l’elettrone partecipa alla massa dell’atomo in maniera molto piccola, circa 2000 volte, quindi la
carica negativa influisce talmente poco sulla massa dell’elemento da essere quasi praticamente
nulla.
La materia è quindi neutra. Ma da dove viene questo elettrone? Esiste innanzi tutto un elettrone
quindi la sua stessa scopertaci dice che l’atomo è divisibile. E se l’atomo è divisibile, ed è presente
un elettrone con carica negativa, vuol dire che esisteranno delle particelle con carica positiva
perché l’atomo nel suo complesso è neutro. Abbiamo detto che parlando di scienza possiamo fare
delle ipotesi, ma solo la verifica sperimentale più dimostrare quello che stiamo dicendo. Come
abbiamo detto prima vedere gli atomi è molto complicato, a causa della loro piccolissima
dimensione. Noi vediamo le cose perché la luce che illumina gli oggetti si riflette su gli stessi e
viene deviata colpendo la retina in una particolare molecola che è il retinale, legato alla proteina
opsina una volta che arriva la luce arriva sul retinale questo si stacca da opsina e questa da un
segnale nervoso, ed è questo il processo che noi chiamiamo visone. Quindi è la luce che colpisce la
nostra retina, la stessa cosa la possiamo immaginare con particelle più piccole o radiazioni che
vanno a colpire, al posto del nostro occhio, un rivelatore. Per vedere gli oggetti più piccoli,
sicuramente a biologia lo studierete, ci sono diversi metodi che amplificano la fisionomica capacità
visiva umana:
• I nostri occhi vedono fino a 2mm
• Il microscopio ottico permette di vedere fino a 0,2 micrometri
• Il microscopio elettronico serve per molecole ancora più piccole, dagli 0,2 nanometri
• Per particelle ancora più piccole dobbiamo andare a utilizzare gli acceleratori di particelle

Già con il microscopio elettronico riusciamo vedere molto perché 0.2 nanometri è una dimensione
molto piccola e come potete vedere nell’immagine esempio, al microscopio si distingue
perfettamente il virus dell’HIV che ha un diametro di 120 nm. Un’immagine molto usata nella
medicina è anche l’immagine cristallografica. Sicuramente sapete che Whatson e Crick hanno
scoperto la struttura del DNA tramite una cristallografia a raggi x, la quale è un mezzo di indagine
che si usa nella biologia. Il materiale biologico deve essere previamente reso sotto forma di cristallo
quindi disidratato, poiché alla forma di cristallo possono essere usati i raggi-x sul cristallo che
quando viene colpito i raggi vengono deviati e se è molto ordinato tutte le legazioni risultano
intatte il sistema amplifica il segnale, una volta amplificato c’è un rivelatore che trasforma i dati in
immagine. Quindi l’indagine cristallografica è importante soprattutto adesso con la ricerca
farmacologia, perché sapere come sono fatte le proteine fa sì che noi sappiamo come poterle
modificare o elidere o formare tramite enzimi.
Che cosa avevano nel 900, certamente non le attrezzature moderne ma avevano scoperto che ci
sono delle sostanze che emettono radiazioni, e Rutherford aveva descritto appunto queste
particelle alfa che sono diciamo dei nuclei carichi positivamente di elio, essendo dei nuclei molto
piccoli potevano colpire le particelle altrettanto piccole dell’atomo e verificare cosa ci fosse. uindi
ha colpito una sottile lamina d’oro con queste particelle.

Questo è il modello di Thomson, come vedete ci sono degli elettroni sparti nell’atomo in una nube
carica positivamente.
Se questo modello fosse
stato corretto, ci si sarebbe
aspettato che le particelle
alfa superino tutto, perché
gli elettroni sono piccolissimi
e queste possono quindi
passare tra uno e l’altro.
Quello che invece ha
osservato è che alcune
particelle passavano, altre
venivano deviate altre
addirittura tornavano
indietro con traiettorie molto grandi di 180°, questo ci fa capire che la carica positiva non è
distribuita nell’atomo, ma è concentrata in un punto preciso che è appunto il nucleo centrale.
Infatti quando la particella urtava questo nucleo centrale veniva respinta indietro oppure deviata.

Atomo di Rutherford : ha un nucleo centrale


positivo con elettroni che ruotano attorno ad
esso legati dalla forza elettromagnetica. E’ un
atomo vuoto in cui al centro si trova questa
grande massa, ricordate che l’elettrone è molto
piccolo e quindi in confronto all’atomo non è
considerato vera e propria massa. Le dimensioni sono 10-10 metri e 10-14
Nel nucleo vi è questa carica positiva che Rutherford scopre proprio essere il protone, lo scopre
usando sempre il tubo sotto vuoto usato da Thomson e aveva visto che quando questi elettroni
incontravano nel loro percorso il gas rarefatto all’interno venivano emessi dei raggi che avevano
verso opposto, appunto i raggi anodici, quindi con carica positiva. Inoltre aveva visto che questa
carica positiva era diversa da elemento a elemento, solo quando c’era l’idrogeno risultava sempre
uguale così scopri che i protoni sono queste particelle con carica positiva che possono esistere in
numeri diversi a seconda dell’elemento, nel caso dell’idrogeno 1.
Scoperto il protone lui doveva avere tanti protoni quanti elettroni (perché l’atomo è neutro). Il
nucleo contiene tutta la massa del atomo, ma in base ai calcoli se questo fosse vero il nucleo
sarebbe troppo leggero; la massa dei protoni è circa la metà della massa dell’atomo, quindi deve
esserci altro dentro al nucleo. Quindi l’ipotesi è che esista una particella dentro al nucleo ma priva
di carica, appunto il neutrone.

Come vedrete nella fisica del 900 c’è spesso prima l’ipotesi e poi l’osservazione rispetto al metodo
scientifico, nella fisica c’è molta matematica e quindi si prospetta qualcosa.

Questa ipotesi venne confermata da Caduik, allievo di Rutherford, che scopre l’esistenza del
neutrone. IL nucleo non è composto solo da protoni ma anche da neutroni, ovviamente i protoni
hanno cariche positive e sapete dalla legge di coulomb che le cariche positive messe vicine
tendono a respingersi, quindi la presenza dei neutroni fa si che questa repulsione sia più bassa,
deve esistere anche la cosiddetta forza forte che tiene insieme neutroni e protoni.

Vediamo ora le caratteristiche elettriche e di massa delle principali particelle subatomiche:

La massa del protone e del neutrone sono dello stesso ordine di grandezza, mentre quella
dell’elettrone è molto più piccola e non influisce sulla massa totale dell’atomo.
L’elettrone è una particella elementare, per cui non può essere ulteriormente scomposta, mentre
protone e neutrone non si possono considerare particelle elementari in quanto sono formati a loro
volta da quark (i protoni o i neutroni si formano a seconda dei diversi tipi di quark associati tra
loro).
Possiamo distinguere nei diversi elementi un NUMERO ATOMICO (Z), dato dal numero dei protoni
contenuti nell’atomo e un NUMERO DI MASSA (A) che corrisponde alla somma di protoni e
neutroni (quindi alla massa totale dell’atomo).
In un atomo neutro, il numero di protoni è uguale al numero di elettroni
Gli Elementi
Gli elementi si indicano con un simbolo (che può derivare dal latino o dal greco, oppure da loro
capacità tipiche, ad esempio Idrogeno: dal greco “generatore d’acqua)
Il simbolo presenta generalmente una lettera maiuscola (es. Idrogeno: H), ma alcuni simboli hanno
anche una seconda lettera minuscola per distinguerli (es. Elio: He)
A fianco della lettera, sulla sinistra, come apice è presente il numero di massa e come pedice il
numero atomico. Esempi:
- Idrogeno: ha 1 protone e 1 elettrone, non ha neutroni. N° atomico: 1, N° massa: 1
(In effetti non è necessario che ci siano neutroni, perché come abbiamo detto il ruolo dei neutroni
è di stabilizzare il nucleo in presenza di più protoni, in modo tale che questi non si trovino a stretto
contatto tra loro, sviluppando una carica elettrica repulsiva tale da rompere il nucleo)
- Elio: ha 2 protoni e 2 neutroni, perciò N° atomico: 2 e N° massa: 4 (2 protoni + 2 neutroni)
Gli Isotopi
Esistono per uno stesso elemento diversi isotopi, ovvero sostanze che hanno stesso numero
atomico, Z (stesso n° protoni perché appartengono allo stesso elemento), ma diverso numero di
massa, A (cambia il n° neutroni, che incidono sulla massa atomica).
Gli isotopi di un elemento hanno la stessa reattività chimica, perché come vedremo la reattività
chimica è la capacità di legarsi e di reagire con altri elementi e molecole e dipende dagli elettroni.

Es. Isotopi dell’idrogeno


(Solo nel caso dell’idrogeno abbiamo dei nomi specifici per gli isotopi)
-Idrogeno: detto anche PROZIO, ha N° massa =
1 (Zero neutroni e 1 protone)
-Deuterio: N° massa = 2 (1 neutrone e 1
protone)
-Trizio: N° massa = 3 (2 neutroni e 1 protone)

Se c’è un rapporto insolito tra neutroni e protoni (ad esempio nel Trizio vi è un numero eccessivo
di neutroni) l’elemento è instabile e decade.
Peso atomico relativo
La massa delle particelle subatomiche è molto piccola, dunque per evitare di utilizzare numeri
troppo piccoli, è stata introdotta l’UNITΑ’ DI MASSA ATOMICA (u) oppure U.M.A.
1u = 1/12 massa 12C (isotopo 12 del carbonio, che ha 6 protoni e 6 neutroni)
[Per convenzione al 12C è assegnata massa 12u]
Prima abbiamo visto che la massa del protone e del neutrone sono molto simili, quindi ci
dovremmo aspettare che 1/12 della massa del carbonio corrisponda esattamente alla massa del
protone o del neutrone. In realtà è leggermente più piccola, in quanto (per la relazione E = mc2) c’è
un difetto di massa, ovvero essendo queste reazioni che richiedono molta energia, all’atto della
formazione del nucleo una parte di massa viene persa sotto forma di energia
Di conseguenza 1u = 1.66 x 10-24g
Peso atomico relativo all’U.M.A. = MASSA ATOMICA dell’elemento considerato / U.M.A.
(in realtà è più corretto dire massa atomica relativa, piuttosto che peso atomico relativo)
es. Idrogeno: P.A. = 1.67 x 10-24g / 1.66 x 10-24g = 1.008
Ossigeno: P.A. = 2.66 x 10-23g / 1.66 x 10-24g = 15.990

Generalmente nella Tavola periodica, per ogni elemento sono indicati:


- Simbolo Atomico
- Nome dell’elemento
- Numero Atomico (Z)
- Peso Atomico relativo
- Configurazione elettronica
Peso molecolare
Il Peso Molecolare (P.M.) di un composto è dato dalla somma dei pesi atomici degli elementi
costitutivi
Es. Acqua: H2O P.M. = (2 x P.A. idrogeno) + P.A. ossigeno = (2 x 1.008) + 15.990 = 18.006
Abbiamo visto però che esistono anche diversi isotopi, quindi come viene considerata la massa
atomica?
Es. Ossigeno: oltre all’ossigeno 16 (16O), che ha 8 protoni e 8 neutroni, massa atomica 16 (che è
molto vicina a quel 15.99) ci sono anche altri isotopi: 17O e 18O
16O è quello presente al 99.9% ed è quindi quello che determina il peso.
Quando ci sono invece elementi che presentano una percentuale significativa di diversi isotopi con
pesi atomici differenti (es. Boro: 10B che è presente circa al 19.91% (quindi non trascurabile) e 11B
presente al 80.09%) si tengono tutti in considerazione facendo la media ponderata dei pesi
atomici, in base all’abbondanza isotopica relativa (nel caso del Boro massa atomica = 10.81; più
vicino a 11 perché è presente in quantità
maggiore 11B)
10B: P.A. = 10.0129 u % = 19.91%
11B: P.A. = 11.0093 u % = 80.09%
[tutte queste informazioni si possono ricavare dalla tavola periodica]
Fin qui abbiamo visto bene il nucleo che contiene i protoni e i neutroni, ma non sappiamo ancora
nulla riguardo alla disposizione degli elettroni.
Secondo la teoria di Rutherford gli elettroni girano intorno al nucleo. Ma per la fisica classica, una
particella carica che emette onde elettromagnetiche dovrebbe cadere sul nucleo, però questo non
accade. Si è cercato quindi di capire come sono disposti questi elettroni in modo che non cadano.
Studiando gli spettri di emissione degli elementi si è capito molto riguardo alla struttura
elettronica.
Se facciamo passare attraverso un prisma un fascio di luce, questo dispone tutte le sue lunghezze

d’onda, quindi abbiamo tutto lo spettro della luce visibile (è uno spettro continuo)
Quando invece consideriamo l’idrogeno allo stato gassoso all’interno di un tubo, oppure lo
riscaldiamo e lo facciamo passare attraverso un prisma, si osservano solo 4 linee (abbiamo uno
spettro a righe)

Perché l’idrogeno ha uno spettro a righe, mentre la luce bianca ha uno spettro continuo?
Dipende da come è fatta la luce e dalla natura degli elementi; tutti gli elementi hanno spettri di
emissione tipici
Es. Ferro ed Elio hanno più righe nello spettro di emissione rispetto all’idrogeno, poiché hanno
n°atomico maggiore.
Se facciamo passare un fascio di luce bianca sul tubo dove è presente l’idrogeno, si vede che la
luce che ne riemerge è ridotta al livello delle lunghezze d’onda relative proprio allo spettro di
emissione; quindi è come se avesse “assorbito” proprio quelle lunghezze d’onda.
Questo spettro di assorbimento, che risulta filtrato dalla presenza dell’idrogeno, infatti è
esattamente sovrapponibile allo spettro di emissione.

Questo è più facilmente intuibile se ricordiamo cosa è la luce e cosa sono le onde
elettromagnetiche.
Le onde elettromagnetiche sono onde che viaggiano in linea retta e sono date dalla somma di un
campo elettrico e un campo magnetico ortoganali tra di loro.

Indichiamo con λ (lambda) la lunghezza d’onda = distanza tra due picchi (è uno spazio misurato in
metri)
Il tempo impiegato dall’onda per percorrere quello spazio è il periodo (T) misurato in secondi.
Siccome la velocità è uno spazio/tempo, possiamo dire che la velocità con cui si muove l’onda
elettromagnetica è uguale a v = λ/T
1/T è la frequenza indicata con ν (ni): ν = 1/T
Quindi la velocità dell’onda elettromagnetica si può calcolare anche come v = λν (lunghezza x
freq.)
Einstein ha dimostrato che tutte le onde elettromagnetiche nel vuoto si muovono alla stessa
velocità, quella della luce (c = 3 x 108m/s), e quindi la velocità dell’onda si può indicare come:
c = λν, vuol dire che lunghezza d’onda e frequenza sono inversamente proporzionali, quindi se la
lunghezza d’onda è alta, la frequenza piccola e se la lunghezza d’onda è piccola, la frequenza è
alta.
Possiamo distinguere un’altra caratteristica delle onde, l’ampiezza ovvero l’altezza tra un picco e
la posizione di equilibrio.
Lo spettro di emissione della luce visibile va da 400 nm a 750 nm, quindi dal blu al rosso, ed è solo
una piccola parte dello spettro della radiazione elettromagnetica.
A lunghezze d’onda molto piccole (alte frequenze) abbiamo ultravioletti, raggi X e raggi gamma.
A lunghezze d’onda maggiori abbiamo microonde e radiofrequenze.
Tutte queste onde hanno la stessa velocità nel vuoto, c = 3 x 10 8m/s
A seconda delle lunghezze d’onda delle radiazioni, possiamo utilizzarle per scopi diversi.
Ciò che è impressionabile alla nostra vista è soltanto la luce visibile, quindi noi non possiamo
vedere ad esempio gli infrarossi o gli ultravioletti.
Equazione di Planck
Planck all’inizio del ‘900 studiando l’effetto del corpo nero, ha visto che ad ogni frequenza è
associata un’energia. Questo per dire che l’energia non viaggia in maniera continua, ma a
pacchetti.
Planck propose che l’energia è quantizzata, ovvero viaggia solo a determinate lunghezze d’onda,
con frequenze specifiche. C’è una relazione che lega energia e frequenza, l’equazione di Planck:
E = hν h = costante di Planck = 6.63 x 10-34 Js
Questa legge indica che l’energia è molto elevata a frequenze elevate e molto piccola a frequenze
piccole (energia e frequenza sono direttamente proporzionali)
Quando Planck ipotizzò questa legge, non fu accolto di buon grado dalla comunità scientifica, ma
nel 1905 Einstein verificò la veridicità di questa legge, grazie allo studio dell’effetto fotoelettrico.
Effetto fotoelettrico: una superficie metallica è in grado di rilasciare elettroni solo se viene colpita
da una radiazione elettromagnetica incidente a una determinata frequenza.
Esiste quindi una soglia minima prima della quale l’elettrone non può essere espulso.
Questa intuizione è stata fondamentale per capire come è fatto l’atomo; in particolare è stato
Bohr che ha applicato questa legge al sistema atomo per spiegare lo spettro di emissione a righe.
Quindi gli elettroni non si muovono a caso intorno al nucleo, ma soltanto su delle orbite specifiche,
tra le quali c’è un salto di energia. Esistono alcuni stati (tra gli infiniti possibili) nei quali l’elettrone
può muoversi senza emettere energia.

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