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CAPITOLO 1: LA MATERIA

 La Chimica è la scienza che studia la struttura e le proprietà della materia, ed in particolare le sue trasformazioni e la sua
composizione. La materia è tutto ciò che occupa un volume e possiede della massa.

L’esigenza: Utilizzare la materia, sottoponendola a trasformazioni, per migliorare la qualità della vita, con un approccio empirico:
ottenimento del materiale per l’applicazione richiesta senza comprensione e controllo delle proprietà

Le proprietà e le trasformazioni della materia dipendono dalla sua composizione (ciò di cui è fatto il campione di materia) e la sua
struttura (caratteristiche geometriche).

 Proprietà: Caratteristiche, peculiarità del campione di materia che possono essere osservate o misurate.

In particolare, la chimica studia:

 Proprietà fisiche: caratteristiche che possono essere osservate o misurate senza alterare l’identità chimica (composizione)
del materiale. Posso fare un’ulteriore distinzione:
o Grandezze fisiche estensive cioè sono funzione della quantità di materia che si considera e godono
dell’additività. Ad esempio: la massa m e il volume V di un gessetto dipenderanno da quanto grande è il pezzo
di gesso. Se lo si spezza in due si otterranno due pezzi di gesso di massa e volume m1 e V1 e m2 e V2, la cui
somma dovrà essere uguale ai rispettivi valori iniziali, cioè m = m1 + m2; V = V1 + V2.
o Grandezze fisiche intensive cioè non dipendono dalla quantità di materia che si considera e non godono
dell’additività.
 Proprietà chimiche: caratteristiche che possono essere osservate o misurate SOLO alterando l’identità chimica
(composizione) del materiale.

Questa classificazione delle proprietà ci permette immediatamente di introdurre il concetto di FASE: porzione di materia che ha
proprietà intensive costanti in ogni suo punto.

Introduciamo le cosiddette
LEGGI PONDERALI O FONDAMENTALI DELLA CHIMICA.

1. La legge di Lavoisier (nota anche come legge di conservazione della massa) afferma che: in un sistema chiuso  nel corso di
una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti  è uguale alla somma delle masse dei prodotti.
In altre parole, nel corso di una reazione chimica la materia non si crea e non si distrugge, la massa si conserva.
 DIM: La reazione di combustione del mercurio metallico fu fatta avvenire in maniera controllata e riproducibile:
dopo aver isolato il sistema di reazione, un po' di mercurio (Hg) liquido fu introdotto in una provetta contente
aria (e quindi ossigeno) e la provetta fu tappata. Riscaldando, si poteva osservare la trasformazione del
mercurio metallico, dalla classica colorazione argentea, nel corrispondente ossido di mercurio, che è
intensamente colorato in rosso. Lavoisier poté così constatare che il peso della provetta, prima e dopo la
trasformazione, rimaneva costante.
2. La legge delle proporzioni definite di Proust afferma che: In un composto gli elementi che lo costituiscono sono sempre
presenti in rapporti in massa costanti e definiti. Il composto è costituito da un rapporto ponderale e definito.
3. La legge delle proporzioni multiple di Dalton afferma che: quando un elemento  si combina con la stessa massa di un
secondo elemento per formare composti diversi,  le masse del primo elemento  stanno tra loro in rapporti esprimibili
mediante numeri interi e piccoli.

Dalton intuì che solo immaginando la materia costituita da atomi piccolissimi, indivisibili, indistruttibili e non creabili, si potevano
spiegare le tre leggi sopra indicate e formulò quello che oggi è noto come il Modello Atomico di Dalton.

LA TEORIA ATOMICA DI DALTON E L’ATOMO

Dalton fu il primo a proporre una teoria atomica, basata sui seguenti postulati:
1) La materia è costituita da particelle elementari, indivisibili, chiamate atomi.
2) Tutti gli atomi dello stesso elemento hanno la stessa massa e le stesse proprietà.
3) Elementi diversi hanno atomi differenti, in particolare, i loro atomi hanno masse differenti.
4) Gli atomi sono indivisibili e indistruttibili. In una trasformazione chimica essi si combinano tra di loro secondo un
rapporto ben definito e costante, espresso da numeri interi
5) Un composto si forma dagli elementi mediante la combinazione degli atomi di elementi diversi secondo rapporti di numeri
interi.
Questa ipotesi atomica era la prima ad avere un fondamento sperimentale basato sulla determinazione della massa. Pertanto,
questa proprietà rappresentava il fulcro centrale del modello.

Gli atomi sono stati assimilati a particelle sferiche, dove tutta la carica positiva e quasi tutta la massa si concentrano nel nucleo,
mentre gli elettroni occupano la rimanente parte.
Il numero di Protoni presenti nel nucleo si chiama Numero Atomico (Z), è il parametro che identifica un elemento. Il numero
totale di protoni e di neutroni presenti nel nucleo di un dato atomo: è il parametro che identifica i vari isotopi di uno stesso
elemento. Si indica con la lettera A, Numero di Massa (A).
Isotopi: sono gli atomi di un elemento che hanno lo stesso numero atomico (Z) ma differente numero di massa (A). Gli isotopi
hanno proprietà chimiche uguali.

La massa di un atomo, espressa nelle ordinarie unità di misura delle masse è estremamente piccola  10-24g.
Non è conveniente, da un punto di vista pratico usare numeri così piccoli. È più conveniente infatti usare  masse atomiche relative,
cioè masse atomiche che sono rapportate ad una grandezza di riferimento.
I chimici hanno introdotto una opportuna massa di riferimento che è l'unità di massa atomica u.m.a. (chiamata anche Dalton) che
corrisponde alla dodicesima parte della massa di un atomo di carbonio-12 ovvero a 1,66·10 -27 Kg.
1 u.m.a.= 1,99 x10-26 kg/12 = 1,66x 10 -27 kg cioè 1,66x 10 -24 g
La massa atomica relativa indica quante volte la massa di un atomo è maggiore rispetto a un dodicesimo della massa del carbonio-
12.
Si chiama Massa Atomica Relativa (Peso atomico) di un elemento il rapporto tra la massa degli atomi di un elemento e la u.m.a.
La massa di una molecola, detta massa molecolare, è uguale alla somma delle masse di tutti gli atomi che compongono la molecola.

Definiamo una nuova grandezza, detta mole. Una mole di qualsiasi elemento contiene sempre un numero di Avogadro di atomi.
Il rapporto tra 1 g ed 1 u.m.a. si chiama Numero di Avogadro e si indica con N:
N= 1g/ 1 u.m.a. = 1g/1.66 x 10-24 g = 6.022 x 1023
Esso esprime quante u.m.a. sono contenute in 1 grammo. Il numero di Avogadro, indicato con il simbolo N, corrisponde al numero
di particelle elementari, atomi o molecole presenti in una mole di sostanza. Una mole di qualsiasi sostanza contiene sempre
6,022·1023 particelle, siano esse atomi, molecole o ioni. Il numero di Avogadro rappresenta quindi il numero di entità contenute
nella unità mole.
1) La mole è la quantità di sostanza che contiene tante entità elementari, atomi o molecole, quanti sono gli atomi presenti in
12 g di carbonio 12C.
La massa in grammi di una mole prende il nome di Massa Molare, misurata in g/mol, e il suo simbolo è M.
CAPITOLO 2: L’ATOMO
1. L’ESPERIMENTO DI THOMSON: Thomson indagava sui raggi catodici, una radiazione che si origina applicando una elevata
differenza di potenziale a due elettrodi metallici collocati dentro un’ampolla di
vetro posta sottovuoto. Tra le due piastre si stabilisce un campo elettrico, mentre
perpendicolarmente a questo si instaura un campo magnetico. Thomson dimostrò
che i raggi catodici sono fasci di particelle dotate di carica negativa provenienti
dagli atomi costituenti l’elettrodo con carica negativa detto catodo. Thomson
constatò che tali particelle cariche erano identiche qualunque fosse il metallo
adoperato come catodo. Tali particelle cariche furono chiamate elettroni.
L'esperimento di Thomson portò alla determinazione del valore numerico del
rapporto carica/massa dell'elettrone.
Sebbene gli elettroni rechino una carica negativa, gli atomi nel loro insieme
risultano neutri. Thomson ipotizzò un modello dell’atomo simile a un grumo di materiale geliforme a carica positiva nel
quale gli elettroni si trovavano sospesi come l’uvetta in una torta (modello Plum Pudding).
a. L’ESPERIMENTO DI MILLIKAN: L'esperimento si basa sull'osservazione del
comportamento
macroscopico di gocce d'olio nebulizzate. In particolare, si osserva la caduta di una
goccia d'olio attraverso il fluido aria e lo si paragona con la caduta della stessa goccia
d'olio caricata con elettroni e sottoposta oltre che alla caduta per gravità anche
all'accelerazione di un campo elettrico. Paragonando i due comportamenti fu possibile
determinare il valore della carica minima portata dalla goccia d'olio.
2. L’ESPERIMENTO DI RUTHERFORD: Rutherford sapeva che alcuni elementi come il Radon emettono fasci di particelle
positive che egli chiamò particelle a. Le particelle a furono dirette attraverso un foro dentro una camera cilindrica rivestita
internamente di solfuro di zinco. Esse colpivano una lamina di platino (analoghi risultati furono ottenuti con una lamina
d’oro) disposta dentro il cilindro, e le loro deviazioni venivano misurate
osservando le scintillazioni quando colpivano lo schermo.
Secondo il modello di Thomson, le particelle alfa avrebbero dovuto
attraversare indisturbate la lamina d’oro e raggiungere il rivelatore.
Rutherford, tuttavia, osservò che una piccola parte dei raggi veniva
deviata o addirittura totalmente riflessa.

I risultati lasciavano intuire un modello di atomo che avesse un centro,


puntiforme e denso, di carica positiva circondato da un grande volume
di spazio quasi del tutto vuoto. Rutherford assegnò a questa regione
positiva il nome di NUCLEO ATOMICO.

A seguito degli esperimenti descritti si poteva concludere che nell'atomo vi sono tre particelle principali:
protone, neutrone ed elettrone. Protone ed elettrone hanno la stessa carica elettrica ma di segno opposto: negli
atomi neutri il numero di protoni ed elettroni deve essere uguale. Il neutrone invece è una particella priva di
carica elettrica. Per quanto riguarda la massa, il protone ed il neutrone posseggono quasi la stessa massa ed
entrambi sono molto più pesanti dell'elettrone.
CAPITOLO 3: LA STRUTTURA DELL’ATOMO

Rutherford riteneva di poter applicare alla struttura elettronica la meccanica classica, cioè le leggi del moto proposte da Newton. Fu
presto chiaro che la meccanica classica non poteva essere applicata agli elettroni negli atomi. Fu necessario elaborare nuove leggi
che costituiscono la meccanica quantistica.
Per poter spiegare la struttura elettronica era necessario elaborare la teoria quantistica. Questa si fondava sulla analisi della luce
emessa o assorbita dalle sostanze.

STRUTTURA ELETTRONICA E TEORIA QUANTISTICA

Per l’osservazione di oggetti piccoli come gli atomi ci si affida alla OSSERVAZIONE INDIRETTA, basandosi sulla determinazione delle
proprietà della radiazione elettromagnetica da essi emessa. Questa branca di analisi della chimica è detta spettroscopia.

La radiazione elettromagnetica è costituita da un campo elettrico e un campo


magnetico oscillanti. La luce visibile è una forma di radiazione elettromagnetica, che
trasferisce energia da una regione all’altra dello spazio.
Tutte le radiazioni elettromagnetiche sono costituite da energia che propaga nello
spazio sottoforma di campi elettrici e magnetici, descritti come onde sinusoidali.
Quando un elettrone viene colpito da un raggio di sole, il suo campo elettrico lo spinge
in un verso e poi in quello opposto più volte in quanto questo oscilla sia nel verso che
nell’intensità.

Un corpo solido freddo non produce emissioni ma al crescere della temperatura diventa luminoso (incandescente) e cambia colore.
Questo riscaldamento produce emissioni di radiazioni, risultato delle vibrazioni degli
atomi che costituiscono il metallo.
Lo studio dell’energia radiante emessa da un corpo nero ha consentito Max Planck di
formulare la:

 PRIMA IPOTESI QUANTISTICA DI PLANCK: L’interazione tra


radiazione e materia avviene per trasferimento di quantità
discrete di energia chiamate quanti, ciascuno di energia pari a:
E=nhv, h=6,63x10-34 J/s (costante di Planck)

DIM: L’ipotesi trovo validità con Albert Einstein, che riuscì ad interpretare il fenomeno detto
Effetto fotoelettrico: l’emissione di elettroni da parte di una superficie metallica a seguito di
irraggiamento con una radiazione luminosa di opportuna frequenza.
Einstein ideò la cellula fotoelettrica dove far avvenire il fenomeno in modo controllato.
All’interno di essa il metallo costituisce il catodo del circuito che emette elettroni, dopo essere
stato opportunatamente illuminato. Questo fascio di elettroni viene evidenziato misurando la
corrente che circola, il cui valore può essere modulato variando la d.d.p. tra anodo e catodo.
L’energia minima necessaria per strappare l’elettrone è caratteristica della superficie metallica.
Ephoton = hv = Φ + Ekmax
Dove Φ è la funzione lavoro cioè l’energia con cui l’elettrone è vincolato al nucleo (necessaria per liberare l’elettrone), ed E kmax è
l’energia cinetica dell’elettrone espulso.

IL MODELLO DI BOHR E IL DUALISMO ONDA PARTICELLA

Niels Bohr giustificò la quantizzazione dell’energia nei sistemi microscopici,


interpretando lo spettro di emissione degli atomi gassosi. Il fisico formulò un
modello atomico che spiegava la stabilità del sistema atomo in base al concetto di
energia quantizzata associata al moto dell’elettrone intorno al nucleo secondo
orbite circolari predefinite. Quando un elettrone si muove da un livello energetico
ad un altro più distante dal nucleo, viene assorbita energia.

CASO (a): Emissione


CASO (b): Assorbimento
Un atomo può emettere radiazioni che è solo in grado di assorbire e viceversa.

Il modello di Bohr interpreta solo lo spettro di emissione dell’atomo di H e presenta il limite che postula (ma non dimostra) la
quantizzazione del momento angolare.
 IPOTESI DI DE BROGLIE: Qualunque particella materiale di massa m e dotata di una certa velocità v, è possibile associare una
lunghezza d’onda: λ = h/p
Tale ipotesi rivelò la natura duale della materia, ovvero che qualsiasi particella ha un comportamento ondulatorio e particellare.
Risulta ovvio che se la lunghezza d’onda si avvicina alle dimensioni del corpo in esame, questo viene considerato prevalentemente
come un’onda e viceversa.

DIM: l’ipotesi di De Broglie fu verificata sperimentalmente da Devison e Germer, mettendo in luce il carattere ondulatorio degli
elettroni dimostrando che essi possono essere diffratti. Questi dimostrarono che facendo incidere un fascio di elettroni su un
metallo (alluminio in particolare), si otteneva uno spettro di diffrazione del tutto analogo a quello ottenuto sottoponendo lo stesso
metallo ad un fascio di raggi X.
La differenza sta nel fatto che l’elettrone si comporta come una onda stazionaria (risiede nell’atomo), mentre la radiazione
elettromagnetica si propaga nello spazio, ovvero è una onda progressiva.

Considerando l’atomo come sfera, l’onda elettrone deve soddisfare la seguente condizione di quantizzazione:
L=2πr=n(h/p)  rp=L=nh/2π QUANTIZZAZIONE DEL MOMENTO ANGOLARE DELL’ELETTRONE L
Tale condizione non era stata dimostrata da Bohr.

IL PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG


Un’altra rilevante conseguenza del prevalente carattere ondulatorio dell’elettrone è che non si può determinare con esattezza
contemporaneamente sia la posizione che la velocità (di conseguenza anche l’energia) dell’onda-elettrone, in quanto per poter
studiare il moto di una qualunque particella materiale è che essa sia osservabile, pertanto deve essere opportunamente illuminata.
La luce è in grado di modificare la traiettoria dell’onda elettrone, impedendone di individuare in modo esatto la sua posizione.

In formule, abbiamo che: Δx= ± λ, Δp= ±h/ λ Δx Δp = h/4π


CAPITOLO 4: L’EQUAZIONE D’ONDA E GLI ORBITALI

L’equazione d’onda
Il modello dell’atomo di idrogeno si fonda su una descrizione dove l’elettrone è considerato come una onda stazionaria. L’energia
del sistema dipende dall’interazione fra protone e onda-elettrone. Tale energia deve rispondere a precisi requisiti di
quantizzazione che soddisfano l’equazione d’onda di Schrondiger:

Hψ = Eψ

 ψ = funzione d’onda (possibili valori di energia che l’atomo può possedere e dipende dalle coordinate spaziali dell’onda
elettrone rispetto al nucleo)
 H = Operatore Hamiltoniano
 E=Valori di energia permessi

L’atomo può possedere solo i valori di energia che soddisfano l’equazione, che rappresentano le soluzioni dell’equazione.

Per risolvere l’equazione è necessario che essa soddisfi


delle limitazioni imposte dalla natura fisica del sistema in
esame. Tali limitazioni sono dette condizioni al contorno,
ovvero le condizioni di quantizzazione che la funzione ψ
deve soddisfare. Tali condizioni vengono esplicitate
attraverso l’introduzione dei quattro numeri quantici:

I valori permessi di ψ saranno pertanto individuati dalla


sequenza dei tre primi numeri quantici.
Ciascuna funzione ψn,l,m è detta ORBITALE.
|ψ|2 esprime la densità di probabilità dell’elettrone in un punto, ovvero esso caratterizza la regione di spazio in cui la probabilità
di trovare l’elettrone è superiore al 90% (orbitale).
Il numero massimo di elettroni presenti al livello n è 2n2.

A seconda del valore assunto dal numero quanto secondario l, l’orbitale assume una determinata forma:
1) Per l=0 l’orbitale è sferico (s);
2) Per l=1 l’orbitale è a due lobi (p);
3) Per l=2 l’orbitale è a quattro lobi (d);
4) Per l=3 l’orbitale è a otto lobi (f);

L’orbitale s ha forma sferica e quindi la probabilità di incontrare gli elettroni che


lo descrivono è massima all’interno della sfera.
Gli orbitali dei vari livelli di energia differiscono unicamente per il raggio e
per l'energia propria degli elettroni che lo descrivono. Tali valori crescono
al crescere del valore del numero quantico principale n. Con l'aumentare
di n quindi aumenta il raggio dell'orbitale e l'energia degli elettroni.

LO SPIN: SPIEGAZIONE  Per quanto riguarda lo spin, l’elettrone ruota su sé stesso generando un campo magnetico. Esistono due
versi di rotazione: orario e antiorario, a cui corrispondo due orientazioni del campo magnetico opposte.
N.B.: Ogni campo magnetico è caratterizzato da una grandezza vettoriale, chiamata momento magnetico, il cui segno dipende
dall’orientazione del campo.
Conclusione: un elettrone ruotando su sé stesso può generare solo due opposti valori di campo magnetico. L’elettrone è dotato di
un momento angolare intrinseco.

La configurazione elettronica dell’idrogeno


A ciascun orbitale è associato un valore definito di energia:

Z 2eff
E = -k
n2

 k=2,18x10-18 J (valore di energia più basso permesso per l’atomo di idrogeno, che si ha quanto l’elettrone occupa l’orbitale 1s)

Al variare di n si avranno gli altri valori permessi dell'energia fino a quando n raggiunge il valore ∞ in corrispondenza del quale
l'energia assume il valore 0, il che significa che l'elettrone si trova a una distanza tale dal nucleo da non interagire più con esso.
Convenzionalmente si utilizza una notazione semplificata per descrivere la struttura di un atomo, tramite la
configurazione elettronica, che indica in che modo gli elettroni si distribuiscono nei vari orbitali disponibili,
indicano in sequenza gli orbitali occupati in ordine di energia crescente.
Per descrivere la configurazione elettronica, ogni orbitale viene rappresentato convenzionalmente con un
quadratino all'interno del quale vanno inseriti gli elettroni i cui numeri quantici di spin sono rappresentati con
frecce verticali rivolte verso l'alto o verso il basso. A ciascun orbitale viene associata una sigla composta da un
numero e da una lettera.

 Il numero indica il numero quantico principale, cioè il livello di energia al quale l'orbitale appartiene e può
assumere qualsiasi valore intero compreso tra 1 e 7;
 La lettera (s, p, d, f) indica il numero quantico secondario e quindi tipo di orbitale.

N.B.: Gli elettroni tendono ad occupare gli orbitali a energia più bassa.

PRINCIPIO DI ESCLUSIONE DI PAULI

 In un atomo non possono coesistere due elettroni caratterizzati dagli stessi valori dei numeri quantici.

Un orbitale (definito da una terna di valori di n, l e m l) potrà descrivere solo due elettroni (orbitale saturo), purché questi abbiano
valori diversi del numero quantico di spin (elettroni con spin accoppiato o appaiati o antiparalleli).

Conseguenze  Per un atomo polielettronico l’energia di un orbitale, a parità del numero quantico principale, aumenta al crescere
del numero quantico secondario.

REGOLA DI HUND O DELLA MASSIMA MOLTEPLICITA’

 Ogni qual volta due o più elettroni “occupano” orbitali degeneri (dello stesso tipo), essi tendono a disporsi in modo da
occupare il massimo numero di orbitali e con lo stesso valore di spin (elettroni spaiati con spin paralleli).

La disposizione degli elementi nella tavola periodica non fa altro che riflettere la loro configurazione elettronica.
CAPITOLO 5: LA TAVOLA PERIODICA
La tavola periodica è una disposizione di elementi chimici che permette di individuare delle famiglie dotate di determinate
proprietà e comportamenti attraverso la struttura elettronica. Gli elementi sono organizzati per numero atomico crescente.
In particolare, nella tavola periodica gli elementi aventi comportamento chimico simile sono collocati nella stessa colonna.

PERIODI: Le proprietà variano con continuità;

GRUPPI: Le proprietà chimiche sono simili.

Individuiamo all’interno della tavola tre famiglie


di elementi:

 I METALLI: conducono elettricità, sono


lucenti, malleabili e duttili. Formano ioni
positivi.
Hanno bassa energia di ionizzazione e bassa
affinità elettronica;
 I NON METALLI: non conducono elettricità,
non sono né malleabili né duttili. Formano
tipicamente ioni negativi.
Hanno alta energia di ionizzazione e alta affinità elettronica;
 I METALLOIDI: hanno l’aspetto ed alcune proprietà dei metalli, ma chimicamente si comportano come non metalli.
Difficilmente formano ioni.
Hanno alta affinità elettronica.

Gli elementi si possono suddividere in:

 Metalli alcalini (I GRUPPO): Teneri, lucenti, bassofondenti. Venendo in contatto con l’acqua liberano idrogeno e formano una
soluzione basica; neutralizzando queste soluzioni con HCl ed evaporando il liquido si ottiene un sale bianco. Questi sali come
ad es. NaCl o KCl hanno proprietà simili: si sciolgono in acqua dando soluzioni che conducono la corrente elettrica. Tutti i
metalli alcalini formano idrossidi (NaOH, KOH);
 Metalli alcalino-terrosi (II GRUPPO): condividono numerose proprietà con i membri del I gruppo ma le loro reazioni sono
meno vigorose;
 Elementi di transizione (tra GRUPPO II E III): elementi dove si riempiono i sottolivelli di tipo d;
 Gas nobili (VIII GRUPPO): Sono gas incolori ed inodori. Sono chiamati così in quanto si combinano con pochissimi altri
elementi (di fatto in precedenza erano detti gas inerti);
 ALOGENI (VII GRUPPO): Sono non-metalli, quindi cattivi conduttori di calore ed elettricità. In condizioni normali, Fluoro e
Cloro sono gassosi, Bromo è liquido, Iodio e Astato solidi. Gli alogeni reagiscono con l’idrogeno per formare composti come
HCl e HF che in acqua danno soluzioni acide;
 LATINIDI E ATTINIDI (elementi di transizione interna): sono 28 elementi dove si riempiono i sottolivelli di tipo f.

Le proprietà di un elemento dipendono dal numero atomico Z in quanto le proprietà chimiche dipendono dal numero di elettroni,
poiché sono sensibili al cambio dell’intorno atomico.
In base alle configurazioni elettroniche, gli elettroni sono disposti attorno al nucleo in livelli energetici, corrispondenti a distanze
medie dal nucleo variabili.
 Elettroni di valenza: sono gli elettroni che si trovano nell’ultimo livello energetico, quindi sono caratterizzati dal numero
quantico principale più alto. Sono gli elettroni che partecipano alla formazione dei legami chimici.
Questi risentono delle variazioni dell’intorno chimico, quindi caratterizzano le proprietà chimiche dell’elemento. Il numero degli
elettroni di valenza è indicato dal numero del gruppo, mentre il numero di periodo indica il livello di energia sul quale sono
elencati.
Conseguenze  Gli elementi dello stesso gruppo hanno gli elettroni di valenza nello stesso tipo di orbitali.

I termini (elementi) di ciascun gruppo presentano le stesse configurazioni degli elettroni di valenza, ad eccezione per i numeri
quantici principali.

PROPRIETA’ PERIODICHE

 RAGGIO ATOMICO: aumenta lungo il gruppo e diminuisce lungo un periodo.


La dimensione di un atomo dipende dalla distanza media degli elettroni di valenza dal nucleo.
GIUSTIFICAZIONE: lungo il gruppo il numero di elettroni di valenza si mantiene costante mentre aumenta il livello energetico,
per cui aumenta la distanza media dal nucleo. Per cui, gli elettroni vanno ad occupare strati sempre più distanti dal nucleo: il
raggio atomico aumenta lungo un gruppo.
Lungo un periodo il numero di elettroni di valenza (e l’attrazione del nucleo) e la carica nucleare effettiva aumenta, ma si
mantiene costante il livello energetico. Gli elettroni tendono a contrarsi sul nucleo. Per cui, il raggio atomico diminuisce lungo
il periodo. In sostanza, è che i nuovi elettroni si trovano nel medesimo strato e alla stessa distanza del nucleo. Essendo questo
diffusi, non si schermano reciprocamente abbastanza nei confronti della carica nucleare, quindi la carica nucleare effettiva
aumenta. Tale aumento porta ad attrarre verso l’interno gli elettroni, per cui l’atomo risulta più compatto.
 ENERGIA DI IONIZZAZIONE: diminuisce lungo il gruppo e aumenta lungo un periodo.
SI definisce energia di ionizzazione la minima energia da somministrare ad un atomo in fase gassosa per strappargli un
elettrone trasformandolo in ione positivo. Il processo di formazione di un catione è sempre accompagnato da assorbimento di
energia. L’energia di ionizzazione è sempre positiva.
GIUSTIFICAZIONE: lungo il gruppo il numero di elettroni di valenza si mantiene costante (la carica nucleare effettiva vista dagli
elettroni di valenza si mantiene costante), ma aumenta il livello energetico. L’energia di attrazione tra elettrone e il nucleo
diminuisce, per cui l’energia di ionizzazione diminuisce lungo il gruppo.
Lungo il periodo il numero di elettroni di valenza (ed attrazione verso il nucleo) e della carica nucleare effettiva aumenta,
mentre si mantiene costante il livello energetico. Per cui, l’energia di ionizzazione aumenta lungo un periodo.
OSS: L’energia di ionizzazione secondaria di un elemento è sempre maggiore della corrispondente energia di ionizzazione
primaria. Nel primo gruppo questa differenza e considerevole, nel gruppo II le due energie sono comparabili. Questo accade
poiché nel gruppo I gli elementi hanno la configurazione dello strato di valenza ns1, l’allontanamento del primo elettrone
richiede poca energia, mentre il secondo deve allontanarsi dal nocciolo tipo gas nobile. Gli elettroni del nocciolo hanno un
numero quantico principale inferiore e sono più vicini al nucleo, ed essi sono fortemente attratti.
 AFFINITA’ ELETTRONICA: aumenta lungo il gruppo e aumenta lungo un periodo
È l’energia connessa con il processo di formazione di uno ione negativo a partire da un atomo gassoso. La maggior parte degli
elementi chimici nel formare uno ione negativo cede energia (processo esotermico).

In natura gli elettroni si conservano, per cui il processo di ionizzazione comporta sempre la formazione di due ioni di segno
contrario.
Tutti gli atomi si comportano come sistemi meccanici, perciò tendono a ridurre la propria energia potenziale.

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