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1 Metodo sperimentale

Galileo Galilei: ”Le verità scientifiche non si decidono a maggioranza”

Ogni volta che si trova di fronte a fenomeni di qualsiasi natura (o problemi) l’uomo segue questo ragionamento
e si pone queste domande:

1. OSSERVAZIONE (del fenomeno, dei fatti) : Cosa sta succedendo? Chi/Cosa è coinvolto nel fenomeno?

2. IPOTESI (e previsioni) : Cosa può essere successo? Perchè è successo questo fenomeno? Cosa succede
se...?

3. ESPERIMENTO : E’ una evidenza! Come vedo che le mie ipotesi sono vere? Come valuto che...?

4. VERIFICA (delle ipotesi, o dell’esperimento) : Le mie attese si sono rivelate positive? Posso dire
che...?

5. LEGGE : Descrive il fenomeno richiesto. Allora...

2 Materia e Stato della materia


2.1 Introduzione
Definiamo materia ogni cosa che viene percepita dai nostri sensi sottoforma di:

Massa (kg) Volume (m3 ) Energia (J)

La quantità La distribuzione La capacità


di materia della materia di interagire
espressa in kg nello spazio (3D) con altri corpi

Alcune grandezze sono di fondamentale importanza quando si parla di chimica o scienza in generale:

Temperatura E’ alla base della energia termica. Maggiore è la temperatura, maggiore è l’energia
posseduta da un corpo (più movimento delle particelle).
Generalmente viene misurata in ”gradi centigradi (Celsius)” ma cosı̀ espressa essa ammette valori
negativi di temperatura che per i calcoli sono svantaggiosi.
Si definisce quindi una nuova scala, a VALORI SEMPRE POSITIVI, definendo il nuovo ZERO di
riferimento come la TEMPERATURA MINIMA ammissibile in natura.
Tale scala prende il nome di scala Kelvin (K) il cui valore 0 K equivale a -273 gradi Celsius (è questa
la minima temperatura ammissibile).

Kelvin = gradi Celsius + 273

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Densità Esprime la massa un volumetto unitario di sostanza: a parità di volume, infatti, maggiore è la
massa, maggiore è la densità. Si misura in kg/m3 nel S.I. ed il suo valore è calcolabile dalla relazione:
d = VMolume
assa

Notare la perfetta analogia tra le frasi:

A) 1m3 di sostanza ha una massa di 750 kg


B) La densità della sostanza è 750 kg/m3

La nota ”formula inversa” [M assa = densita · V olume] , per il calcolo della massa di un volume di
materia di densità d, infatti, è il prodotto tra quanti volumi di sostanza ho (V) e quanta è la massa
di un singolo volume (d)
Tale formula inversa non è nient’altro frutto che della seguente osservazione:

1m3 : 750kg = V m3 : xkg

2.2 Stati di aggregazione

La materia è costituita da particelle elementari che, come calamite, esercitano fra di loro forze di
attrazione e repulsione. La natura di queste forze è ricercata dal fatto che, nella materia, ci sono cariche in
movimento!

Le particelle si trovano quindi costantemente sotto l’azione di forze che le avvicinano e le allontanano
(equilibrio fra le forze) cosicchè esse si trovano tra di loro mediamente ad una distanza fissa nel tempo.

Gli stati di aggregazione (Solido,Liquido,Aeriforme) dipendono dalla distanza fra le particelle, quindi dalla
forza con cui le particelle interagiscono:

distanza tra forza tra le libertà di


le particelle particelle movimento

Da ciò è possibile effettuare le seguenti osservazioni:

- Se fra le particelle la forza è piccola, esse sono libere di muoversi: l’oggetto cambia forma ed occupa
tutto il volume disponibile (aeriforme).

- Se fra le particelle la forza è molto grande, esse tenderanno ad occupare la posizione iniziale:
l’oggetto ha forma propria ed il volume delle particelle rimane costante (solido).

- Nel caso di forza intermedia (liquido) le particelle possono scorrere fra di loro, ma non riescono ad
allontanarsi: l’oggetto assume la forma del recipiente in seguito alla possibilità di scorrere, ma il loro
volume occuperà comunque lo spazio originario.

Per come sono stati definiti gli stati di aggregazione, è facile immaginare che a PARITA’ di VOLUME di
sostanza, il numero di particelle (e quindi la loro massa in kg) è grande quando la distanza fra le particelle
è piccola, e piccola quando la distanza è grande.

Per questo motivo, la densità della stessa sostanza, cambia a seconda dello stato di aggregazione
considerato, ovvero vale la relazione:

daerif orme < dliquido < dsolido

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2.3 Passaggi di stato
La materia può esistere nei 3 diversi stati, a seconda della temperatura (e pressione) a cui è sottoposta.

Un aumento di temperatura infatti aumenta il contenuto energetico delle particelle che tenderanno a
muoversi (allontanarsi) fra di loro (in quanto più energetiche) sottoponendosi al processo di
DILATAZIONE TERMICA.

I passaggi di stato avvengono quando le particelle si trovano alla distanza caratteristica del nuovo stato di
aggregazione.

Esempio:

Nel riscaldamento di un solido la temperatura aumenta (aumenta quindi anche la distanza fra le
particelle) finchè la PRIMA particella raggiunge la distanza caratteristica in fase liquida: è qui che
inizia il processo di fusione.

Da quel momento, la fusione continua finchè TUTTE le altre particelle hanno raggiunto tale
distanza: in questo processo la temperatura rimane costante (l’energia termica data alle particelle è
convertita tutta in energia di movimento).

Solo quando l’ ULTIMA particella ha raggiunto quella distanza, allora il processo termina, e la
materia si ritrova completamente allo stato liquido.

Somministrando ancora calore, la temperatura procede ad aumentare di nuovo.

Un comune andamento è il seguente:

3 Elementi e composti
3.1 Introduzione
La materi, costituita da minuscole particelle, viene classificata in due grandi classi:

• SOSTANZE PURE

• MISCUGLI

Per capire la distinzione che c’è fra le due bisogna introdurre il concetto di:

FASE: porzione di materia che ha le stesse caratteristiche fisiche e chimiche come il colore, la densità o la
temperatura di ebollizione.

Le sostanze pure sono costituite da una unica fase, mentre i miscugli possono avere una o più fasi.

Ogni classe può essere a sua volta scomposta in altre sotto classi secondo lo schema:

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SOST. PURE MISCUGLI

Elementi Composti Omogenei Eterogenei

molecolari ionici

Le particelle
sono tutte
uguali:
esempio
Pb, Cu, Fe Le particelle Le particelle
sono differenti sono differenti
Le particelle Le particelle ma il tutto e sono presenti
sono diverse sono diverse è in una più fasi
e si trovano e si trovano unica fase distinte
sottoforma sottoforma
di molecole di ioni

E’ opportuno precisare che SOLO i MISCUGLI possono essere SEPARATI per via fisica (vedi tecniche di
separazione); i composti infatti sono legati da forze di natura molto intensa (legami chimici) che possono
essere rotti solo per via chimica (reazione).

Infine, le miscele omogenee si chiamano anche SOLUZIONI (1 sola fase); Il componente presente in
maggiore quantità è chiamato SOLVENTE mentre quello in minore, SOLUTO.

3.2 Massa atomica, massa molecolare, massa ionica


Ogni particella elementare, sia essa un atomo, una molecola, o una coppia di ioni, seppure piccola possiede
una massa positiva, diversa da zero.

Quando la sostanza è sottoforma di elemento si parla di massa atomica.

Quando la sostanza è un composto molecolare si parla di massa molecolare.

Quando la sostanza è un composto ionico, si parla di massa ionica.

Diversamente da quanto ci aspettiamo (cioè una massa espressa in kg, o meglio g) questi valori hanno una
unità di misura differente: esse si misurano, infatti, in u.m. ovvero Unità di Massa.

Fissata una unità di riferimento (la dodicesima parte della massa del Carbonio), l’unità di massa equivale
a quante volte è più grande la massa della sostanza considerata.
In formule:
massa Carbonio
massa di riferimento = 12 [è espressa in grammi]
massa sostanza
massa molecolare,atomica,ionica = massa di rif erimento [è espressa in u.m.]

In questo senso quindi una sostanza con massa=5 u.m. possiede una massa che è 5 volte la massa di
riferimento.

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3.3 Mole e massa molare
Per i chimici è più conveniente utilizzare la unità di misura: MOLE quando si indica la QUANTITA’ di
SOSTANZA; Ma quanto vale 1 MOLE di sostanza?

Non esiste una quantità ”fissa” (in grammi) per definire la mole; definiamo la mole come la QUANTITA’
in GRAMMI che contiene 6, 022 · 1023 PARTICELLE.

Numericamente, 1 mole di sostanza, contiene quindi 6, 022 · 1023 e la sua quantità in grammi corrisponde
alla massa molecolare, atomica o ionica della materia considerata.

Per esempio la massa atomica del ferro (Fe) è 55,9 u.m. (dunque il ferro pesa 55,9 volte la dodicesima
parte del C12 ); diremo quindi che:

55,9 grammi di Fe sono 1 mole di sostanza

Analogamente, il Cloruro di Zinco (ZnCl2 ) ha una massa ionica di 136,3 u.m. quindi 1 mole di ZnCl2 ha
la massa di 136,3 g; (e 136,3 g di questo contengono 6, 02 · 1023 particelle)

Quanto detto si riassume nella definizione di MASSA MOLARE: essa è la massa di 1 mole di sostanza,
e corrisponde numericamente alla massa atomica, molecolare o ionica della sostanza considerata.

In formule: (ad esempio nel caso del ferro)


g
Massa Molare = 55,9 mol ovvero 1 mol ha la massa di 55,9 g

Quindi una generica quantità in grammi di Ferro corrisponde a:


massa in grammi
quantita in moli = massa molare
111.8g
111.8 grammi di ferro a quante moli corrispondono? => moli di ferro = 55,9g/mol = 2mol.
Notare la perfetta analogia con la seguente proporzione:

55,9 g : 1 mole = 111.8 g : x mol

Da cui si ottiene: 2 moli di ferro. E’ automatico dire che 2 moli di ferro (111.8 g) contengono:
2 · 6.02 · 1023 = 1.204 · 1024 particelle di ferro.

3.4 Concentrazione e composizione


Quando parliamo di composti o di miscugli può essere utile conoscere la quantità di materia specifica di
ciascuna sostanza;

Quanto componente A si trova nel miscuglio A + B? oppure, Quanto componente C è presente nel
composto Cx Dy ?

Per rispondere a queste domande è stata definita la grandezza CONCENTRAZIONE che esprime la
quantità di una specie rispetto la quantità delle altre.

Esistono diversi modi per esprimere la concentrazione (composizione nel caso dei composti); tra queste la
più intuitiva è di certo la PERCENTUALE.

Prendiamo in esame il caso di miscela omogenea costituita dalle sostanze A+B, dove A è il solvente e B il
soluto:
La concentrazione percentuale di A, nella miscela A+B corrisponde a:
quantita di A
%A = quantita di A+B · 100

A seconda delle unità di misura utilizzate distinguiamo:

% volume,volume % massa, massa % massa, volume


volume A massa A massa A
%v, v = volume totale · 100 %m, m = massa totale · 100 %m, v = volume totale · 100

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Notare come queste formule di concentrazioni corrispondono al seguente approccio logico:

quantita di A : quantita A+B = x : 100

Un’altra misura di concentrazione molto utilizzata in chimica è la MOLARITA’, indicata con M, essa è
espressa come:
numero moli
Molarità = M = V olume in Litri

Cosı̀ definita, una soluzione 2M (due molare) ci dice che in 1 litro di soluzione sono contenute 2 moli di
distanza.

Per esempio:
soluzione 5M di NaCl in acqua significa che 1 Litro di acqua e sale da cucina contiene 5 moli di sale.
ma 5 moli di sale, essendo il peso molare di NaCl = 58.4 g/mol, posso dire che 1 Litro di soluzione contiene:

5mol · 58.4g/mol = 292grammidiN aCl

ma allora, quanti grammi di NaCl contengono 250 mL di soluzione? ... dal concetto di Molarità:

5 mol : 1 litro = x mol : 0.250 litri

ovvero:

x = 1.25 moli = 73 grammi di NaCl

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4 Tecniche di separazione
I miscugli, per come definiti nel capitolo precedente, al contrario dei composti possono essere separati per
via FISICA nei relativi componenti cui sono costituiti.

Le forze di natura fisica che legano tali componenti possono cioè essere vinte per ottenere la separazione
desiderata.

Va notato che nel caso dei composti, l’affermazione precedente non è più vera in quanto le forze che legano
i vari componenti sono di natura molto più forte (legami chimici primari) e richiederebbero l’intervento di
una reazione chimica.

Composti Miscuglio Composti

Elementi SEPARAZIONE Elementi

Esistono differenti techiche di separazione adatte a ciascun tipo di miscuglio. Tutte quante, comunque, si
basano su una PROPRIETA’ SPECIFICA relativa al componente che si intende separare.

MISCUGLI Eterogenei Setacciatura

Filtrazione

Decantazione

Centrifugazione

Estrazione
con solvente

Evaporazione
Omogenei
solvente
Distillazione

Cromatografia

Segue una breve descrizione per ciascuno dei casi considerati:

Setacciatura e Filtrazione Queste due tecniche sfruttano la differente dimensione dei grani dei
componenti da separare. Il miscuglio viene fatto passare attraverso dei filtri (setacci o carta filtro)
ovvero supporti con ”fori” di dimensioni fisse che catturano le particelle con dimensione maggiore a
quella dei fori mentre lasciano passare le altre. Solo i miscugli eterogenei possono essere cosı̀ separati;
basti pensare infatti che se avessi una sola fase, anche la granulometria della sostanza considerata
sarebbe uguale ovunque.

Decantazione e Centrifugazione Entrambe le tecniche sfruttano il diverso peso specifico dei


componenti di un miscuglio eterogeneo. Lasciando a riposo un miscuglio di acqua e sabbia per
esempio, il diverso peso specifico della sabbia (maggiore) tende a far depositare la stessa sul fondo

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consentendone cosı̀ la sua rimozione meccanica. La centrifugazione sfrutta lo stesso principio
accelerando però i tempi attraverso l’applicazione di forze esterne sul campione da separare; nel caso
della decantazione, infatti, la forza peso è l’unica ad agire sui componenti

Estrazione con solvente La proprietà specifica che consente la separazione è la solubilità (ovvero la
possibilità di sciogliere uno dei componenti in un opportuno solvente). Con questa tecnica un
solvente esterno viene aggiunto al miscuglio (che può essere omogeneo od eterogeneo) che scioglie
esclusivamente il componente bersaglio mentre lascia inalterati tutti gli altri; il risultato è che il
componente da separare si trova ora nel solvente utilizzato e può essere allontanato dal miscuglio di
partenza.

Evaporazione del solvente e Distillazione Queste due tecniche sono la stessa cosa a livello
concettuale; la separazione è possibile sfruttando i differenti punti di ebollizione delle sostanze
presenti nel miscuglio (omogeneo). La separazione viene condotta facendo appunto evaporare uno dei
componenti (quello a temperatura di ebollizione minore) che evaporando si allontana dagli altri
componenti (soluzione), che invece non passano di stato a quella temperatura! La distillazione è
sostanzialmente evaporazione del componente con recupero dello stesso.

Cromatografia In questa tecnica un componente aggiuntivo (fase eluente) viene messo a contatto con il
miscuglio ed il tutto posto su un supporto poroso; la proprietà che consente la separazione è la
differente velocità di migrazione che hanno i differenti componenti sul supporto scelto; un esempio
noto è la separazione dell’inchiosto nero su carta quando viene bagnato con un pò d’acqua (si
ottengono le differenti colorazioni che compongono il miscuglio omogeneo, nero).

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5 Teoria atomica
5.1 Introduzione
Forza di Coulomb: La legge di Coulomb governa il comportamento tra cariche e ci dà indicazioni
riguardo l’intensità della forza (di attrazione, o repulsione) che si instaura tra di esse.

q1 q2
Fattrattivo/repulsiva = kc · d2

Nell’equazione, è possibile classificare:

Fattrattivo/repulsiva = intensità della forza di attrazione/repulsione

kc = costante di Coulomb

q = valore della carica (si esprime in coulomb ed è come se ci dicesse ”quanto” è potente un magnete

d = distanza fra le cariche

Tale forza è quindi direttamente proporzionale alla ”potenza delle cariche” e inversamente proporzionale
alla distanza fra esse; valgono e seguenti considerazioni:

* Cariche di segno opposto si attraggono, cariche di segno uguale si respingono.

* A parità di carica, l’attrazione (o la repulsione) diminuisce con l’aumentare della distanza.

* A parità di distanza, cariche più ”grandi” si attraggono (o respingono) maggiormente.

5.2 Esperimento di Rutherford


All’epoca di questo esperimento era già noto che la materia, costituita da atomi, contenesse elettroni (e− ),
e protoni (p+ );
(I neutroni, neutri, vennero scoperti solo qualche anno dopo); non era comunque chiaro come fossero
realmente disposte queste cariche per un atomo singolo.

Nel 1911 Rutherford provò a dare la sua versione dei fatti, esponendo la sua teoria di modello atomico,
dopo un esperimento, noto come Esperimento di Rutherford.

Gli atomi di una lamina sottile di oro vennero bombardati di particelle cariche positivamente (raggi α) ed i
risultati (la traiettoria dei raggi dopo l’attraversamento ) vennero registrati su un bersaglio, posto
successivamente la lamina, come una freccia che buca un foglio, e viene scagliata su un segnapunti.

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I raggi positivi attraversando la lamina, potevano interagire con gli elettroni e i protoni, e la loro
traiettoria poteva essere modificata per opera di forze attrattivo/repulsive che sarebbero nate
dall’interazione tra raggi carichi positivamente ed elettroni e protoni costitutenti l’atomo.

I risultati da lui ottenuti furono i seguentii:

(1) Nella maggior parte dei casi, i raggi α(+), dopo aver interagito con l’atomo, proseguono indisturbati
verso il bersaglio (mantenendo la loro traiettoria).
(2) Poche volte, i raggi α(+), durante l’interazione, subiscono deviazione della traiettoria originale,
flettendo rispetto essa.
(3) Quasi mai, I raggi α(+), interagendo con la lastra vengono respinti dagli atomi della lastra stessa.

5.3 Deduzioni Logiche e Commenti


Dal momento che ciascuna interazione doveva dipendere dalla interazione fra il raggio e un elettrone o un
protone;
Il caso (2) accadeva quando la carica positiva veniva in parte attratta da un elettrone e deviava la sua
traiettoria.
Il caso (3) accadeva quando incontrava un’altra carica positiva che la rimbalzava.
Il caso (1) accadeva quando il raggio non era soggetto a nessuna interazione con le particelle costitutive
l’atomo.
L’interpretazione di questi risultati fu la seguente:
deduzione a) L’atomo deve essere al più costituito da nulla: gran parte dello spazio occupato cioè non
contiene caricbe elettriche (e− , p+ ); a diretta conseguenza dell’evento (1).
deduzione b) Gli elettroni devono trovarsi sparsi qua e la, a grande distanza gli uni dagli altri: a diretta
conseguenza dell’evento (2).
deduzione c) I protoni devono trovarsi localizzati (concentrati) in una zona specifica: a diretta conseguenza
del caso (3).

L’atomo cosı̀ concepito cioè deve essere costituito da: un nucleo (dove si trovano i protoni, ed oggi
sappiamo anche i neutroni); al più da zone vuote (e grandi!); e da elettroni sparsi qua e la a debita
distanza dal nucleo centrale, e gli uni dagli altri.
Come cioè riportati nella figura seguente:

Approfondiamo: perchè una lamina sottile?


Se si pensa che gli atomi siano disposti regolarmente come in una rete, e se si immagina la sovrapposizione
di tanti ”reti” di atomi per descrivere un parallelepipedo di materia, è chiaro come Rutherford scelse una
lamina sottile (davvero sottile!) per evitare che più atomi potessero influenzare la traiettoria dei raggi
positivi; (si pensi infatti ad un giubotto antiproiettile in cui il suo spessore decisamente frena il proiettile
sparato; proprio per effetto di tante griglie (reti) di atomi che attutiscono la violenza del proiettile, esso
garantisce infatti uno strato protettivo).

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6 Legge di conservazione della massa
6.1 Schema proposto
Per un sistema chiuso, che non scambia cioè massa con l’esterno, vale il seguente schema:

Le reazioni
Legge di Conservazione
chimiche obbe-
Lavoisier della massa
discono alla

La massa totale
IN GRAMMI dei
4g di H2 e 32g
reagenti è uguale
di O2 producono
esempio: alla massa totale
36g di H2 O
IN GRAMMI
dei prodotti

6.2 Descrizione
Legge di Lavoisier: E’ una delle leggi di più immediata comprensione; necessario è specificare che la
sua validità è SOLO per sistemi che si possono definire CHIUSI; dove cioè non avvengono scambi di
materia con l’ambiente esterno; ovvero in cui non esce e non entra nulla.
E’ facile immaginare infatti come lo stato iniziale debba coincidere con quello finale, salvo
trasformazioni, dal momento che non possiamo creare o distruggere ciò che esiste (ma solo
trasformarlo).
A tale scopo quindi, nelle reazioni chimiche dobbiamo sempre garantire che il numero di atomi che si
combinano (a sinistra dell’uguale) sia sempre uguale a quello dei prodotti (a destra dell’uguale);
questo modo di operare si chiama BILANCIAMENTO delle REAZIONI CHIMICHE.
Notare quindi come gli atomi si combinano in maniera differente, ma se ho un numero di idrogeni (o
analoghi) che potenzialmente possono combinarsi, allora quella quantità sarà sempre uguale a quella
finale, benchè si trovino sottoforma di nuovi composti.
E’ utile ricordare il seguente schema, quando si scrive una reazione chimica e ci si presta a bilanciarla.

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Può essere infine utile ricordare il seguente esercizio:

4 F e + 3 O2 = 2 F e2 O3

Elemento n. atomi sx. n. atomi dx. moli grammi


Ferro 4 4 4 223.4
Ossigeno 6 6 3 96.0
Fe2 O3 / / 2 431.1

notando come la legge sia rispettata; e come la massa iniziale (ferro + ossigeno) sia la stessa massa
finale (Fe2 O3 ).

Applicazione: Sia data la seguente reazione:

3N O2 + H2 O = 2HN O3 + N O

dove 3 moli del composto N O2 reagiscono con 1 mole d’acqua per produrre 2 moli di HN O3 ed 1 di N O.
Alla seguente domanda: ”quanti grammi di N O2 e H2 O reagiscono fra loro, e quanti grammi di HN O3
vengono prodotti?” è possibile rispondere con il seguente ragionamento.

Dalla reazione bilanciata è noto che il rapporto N O2 acqua è di 3 moli a 1; e ogni 3 moli di sostanza N O2
(oppure ogni mole d’acqua) vengono prodotte 2 moli di HN O3 ed 1 di N O
Ma allora:
sostanza moli grammi
N O2 3 138.0
H2 O 1 18.0
HN O3 2 126.0
NO 1 30.0

quindi il rapporto: grammi di N O2 , grammi di H2 O è pari a 138.0g / 18g al fine di produrre 126.0 g di
HN O3 ( e 30.0g di N O). Notare come, fra l’altro, la somma delle masse iniziali è pari alla somma delle
masse finali.

7 La tavola periodica
7.1 Introduzione
Nel 1869 il chimico russo, Mendeleev classificò gli elementi secondo un sistema periodico ovvero regolare,
ordinato passato alla storia come tavola di Mendeleev.

In questo sistema, gli elementi sono elencati secondo la similitudine chimica che hanno gli uni dagli
altri; vedremo più avanti cioè come Mendeleev ragionò nel comporre questa tabella.

7.2 La carta d’identità di un elemento


Ogni elemento, in una posizione specifica, è identificabile tramite un rettangolo. Ciascun rettangolo
contiene diverse informazioni sulle proprietà dell’elemento.

Ogni rettangolo contiene molti dati chimici utili che saranno approfonditi nella seconda parte della sezione,
ma OGNI tavola periodica contiene almeno 4 tipi di infomazioni fondamentali:

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Nome e simbolo sono di facile intuizione (il simbolo deriva dalle iniziali del nome in latino); della massa
atomica se ne è abbondantemente parlato, ed il numero atomico (che indica il numero di protoni nel
nucleo) ORDINA gli elementi in progressione CRESCENTE nella tavola periodica.

7.3 La classificazione
7.3.1 I blocchi, le colonne, le righe, i gruppi
La classificazione secondo Mendeleev, prevede la suddivisione in 4 categorie che verrano di seguito
descritte:

I BLOCCHI

La prima suddivisione è in 4 blocchi principali, tra cui:

1e2 Sono i più intereressanti dal punto di vista della ”vivacità” degli elementi. Sono numerati
progressivamente da 1A ad 8A. Di questi gruppi fanno parte alcuni degli elementi più noti come il
carbonio (C), l’ossigeno (O) e l’idrogeno (H).

3 Anche questo blocco è decisamente importante; gli elementi prendono il nome di metalli di
transizione, tra cui è possibile riconoscere elementi metallici comuni come l’oro (Au), il piombo (Pb),
l’argento (Ag), il rame (Cu),

4 Aggiunti successivamente alla pubblicazione della tavola, contengono elementi per lo più di recente
scoperta e verranno trascurati per il resto del corso; andrebbero di fatto inseriti come prolunga della
tavola nei posti La-Lu, e Ac-Lr (notare infatti i rispettivi numeri atomici su una qualsiasi tavola
periodica.

La ”scaletta” che attraversa gli elementi del blocco numero 2 divide, inoltre, la tabella totale in: elementi
metallici, e non metallici.
Gli elementi adiacenti (stanti cioè a cavallo della linea) hanno un comportamento intermedio tra metalli e
non metalli, si chiamano perciò semi - metallici e cambiano la loro natura a seconda della situazione cui si
trovano a reagire.

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I metalli infine, per essere denominati tali, devono possedere le seguenti caratteristiche:
Solidi a 298 K: E’ una caratteristica comune a tutti i metalli fatta eccezione nel caso del mercurio (Hg),
l’unico liquido a T ambiente (25 gradi C).
Conducibilità: E’ l’attitudine a funzionare da conduttore, trasportatore (non opporre cioè resistenza) al
passaggio (trasporto) di carica elettrica o di calore. I metalli in questo senso sono ottimi conduttori di
elettricità (rame, oro, zinco) nonchè di calore (ferro, piombo, mercurio del termometro!!).
Lucentezza: Caratteristica di riflettere la luce; si pensi che l’argento è stato da sempre usato come
riempitivo di due lastre di vetro (come elemento riflettente) nella costruzione di specchi.
Modellabilità: E’ l’attitudine ad assumere una forma prestabilita (da noi imposta) senza passare tramite
fusione e colata ma per semplice pressione. Per esempio un metallo può essere ridotto in fili (duttilità) o in
lastre (malleabilità).

LE COLONNE
Si chiamano gruppi e sono molto importanti; in genere si distinguono 2 tipi di classificazioni:
- numeri romani e a lettera A (IA, IIA,...VIIIA) e a lettera B (IB, IIB,...,XB).

- numeri arabi progressivamente da 1 a 18.


Gli elementi che appartengono allo stesso gruppo hanno tutti una caratteristica molto importante
(indicata dal gruppo di appartenenza) che sarà spiegata più avanti.

LE RIGHE
Si chiamano periodi e ce ne sono 7 nella tavola periodica. Per ogni periodo fanno parte più elementi;
anch’essi condividono una caratteristica comune, che sarà spiegata in modo breve ma esaustivo
successivamente; per adesso basti pensare che spostandoci verso destra lungo un periodo, l’elemento
successivo possiede un protone (e vedremo anche un elettrone) in più rispetto l’elemento precedente, e cosı̀
fino ad arrivare al gruppo VIIA per passare al periodo successivo e cosı̀ via.

7.3.2 Ioni e Atomi


Come è noto, la materia è costituita da atomi; ogni atomo contiene elettroni (carica negativa), protoni
(carica positiva) e neutroni (carica neutra).

I neutroni ed i protoni giocano un ruolo molto distaccato nella chimica che studiamo. Essi si trovano nel
nucleo (al centro dell’atomo) e la loro posizione è praticamente ”fissa” nel tempo; nel senso che durante
una trasformazione chimica (reazione chimica) il numero di protoni (e di neutroni), nonchè la loro
posizione, non viene sconvolta in nessun caso.

Gli elettroni, invece, sono gli unici soggetti che partecipano attivamente ai cambiamenti propri della
chimica che studiamo. Essi orbitano attorno al nucleo, a grande distanza da esso e a grande distanza gli
uni dagli altri.

Le ”deboli” forze di attrazione/repulsione per gli elettroni, rispetto quelle esistenti nel nucleo (forze
attrattivo/repulsive di elevatissima intensità che limitano il movimento dei protoni) consentono agli
elettroni di allontanarsi o avvicinarsi gli uni dagli altri modificando cioè quello che è l’assetto elettronico
proprio di una specie chiimca (atomo).

Ma...cosa succede quando gli elettroni si mettono in gioco?

Partiamo dal presupposto che la materia è globalmente NEUTRA, non possiede cioè carica GLOBALE
positiva o negativa; se la carica positiva e negativa dei protoni e degli elettroni valesse +1 e -1 (cioè uguale,
ma di segno opposto), la condizione di carica neutra è possibile solo in un caso: quando cioè il NUMERO
DI ELETTRONI è UGUALE al NUMERO DI PROTONI.

Questa condizione è sempre valida; va fatta però una precisazione aggiuntiva riguardo due possibilità in cui
tale condizione rimanendo comunque verificata consente la definizione di due tipologie di specie chimiche:

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Atomo La condizione di esistenza della materia per eccellenza; il numero di elettroni è esattamente lo
stesso dei protoni; neutro per natura, quindi, costituisce la più semplice forma di materia da noi
percepita.

Ione Se un atomo perde o acquista uno o più elettroni, la carica complessiva diviene differente da zero.
Uno ione è esattamente l’analogo di un atomo, dove però viene a mancare la condizione di neutralità.
Lo sbilanciamento fra le cariche (sono sempre gli elettroni che si muovono!) infatti genera specie
chimiche a segno positivo (CAT-IONI) o negativo AN-IONI).

E’ fondamentale far notare che al fine di rispettare comunque la condizione di neutralità della carica, un
catione non può MAI esistere senza che esista un anione (che neutralizza la carica) o viceversa; facciamo
un esempio:

Alla presenza di un CATione è quindi sempre correlata quella di un ANione di un altro elemento...è il
PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE DELLA CARICA; dove va a finire l’elettrone perso dall’atomo
quando diventa catione? va da un atomo di un’altro elemento (differente) che diventa anione, e viceversa.

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Dove l’elemento disposto a perdere elettroni è il sodio, in favore del cloro (che acquista l’elettrone perso)
che diventa anione.
Notare poi come le due specie cariche formate sono disposte ad attrarsi per formare il composto (ionico!!)
NaCl.

7.4 Le proprietà periodiche e le famiglie chimiche


7.4.1 Proprietà periodiche, descrizione
Tra le varie informazioni che ci fornisce la tavola periodica, quattro sono quelle importantissime che
prendono il nome di proprietà periodiche; elenchiamole e diamo una breve spiegazione:

Energia di ionizzazione: Rappresenta l’attitidine di una specie chimica a perdere elettroni (per formare
cationi). Praticamente rappresenta l’energia che deve essere SPESA per sottrarre elettroni. Minore è
il suo valore, più facile è strappare gli elettroni (ovvero più facilmente la specie chimica si trasforma
in catione positivo).

Affinità elettronica: Rappresenta l’attitudine di una specie chimica ad acquistare elettroni (per formare
anioni). In questo caso l’attitudine è intesa come facilità di acquistare elettroni; maggiore è l’affinità
elettronica (quindi il suo valore) maggiore è la spontaneità (e la volontà!) di diventare uno ione
carico negativamente (anione).

Elettronegatività: Questa proprietà sarà più chiara successivamente nel corso. Per adesso non abbiamo
ancora gli strumenti necessari per comprenderla a pieno, ma sarà esplicitata con esaustività quando
parleremo di legami chimici.

Raggio atomico: Tale valore rappresenta un’informazione utile ai fini dell’ingombro di un atomo; quale
raggio avrebbe un atomo se la sua forma fosse quella di una sfera perfetta? questo è il raggio
atomico; maggiore è questo valore, maggiore è la distanza tra nucleo e ”contorno” dell’atomo. E’
possibile calcolare tramite volume di una sfera, il volume che occuperebbe l’atomo, quindi avere
informazioni utilissime sul suo ingombro.

7.4.2 Proprietà periodiche, gli andamenti


Alle domande: come si comportano quindi gli atomi? come riconosco se un elemento ha più attitidune a
cedere, acquistare uno o più elettroni? quale elemento è più ingombrante?
è possibile rispondere analizzando la periodicità (regolarità) delle proprietà, appena illustrate, lungo la
tavola periodica.

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7.4.3 Le famiglie chimiche
Vediamo alcune caratteristiche degli elementi appartenenti allo stesso gruppo:

ALCALINI ALCALINO-TERROSI ALOGENI GAS NOBILI


Ad esclusione Sono metalli alcalino- Appartengono al Gli elementi del gruppo
dell’idrogeno sono terrosi tutti gli elementi gruppo sette A (VIIA) VIIA (18). Presenti in
metalli alcalini tutti appartenenti al secondo (gruppo 17). Sono natura come molecole
quelli del primo gruppo gruppo A (IIA). An- molto reattivi, tendono monoatomiche, la loro
A (IA). Sono elementi che questi sono molto a formare anioni ac- caratteristica è quella
molto reattivi, tendono reattivi (meno degli quistando un elettrone. di non reagire nat-
a perdere in maniera alcalini) e possono Tutti gli elementi del uralmente con nessun
estremamente facile un perdere due elettroni. gruppo sono disponi- elemento, ”nobili” in
elettrone, specialmente La reattività aumenta bili in natura come questo senso, non ven-
scorrendo verso il basso scorrendo verso il basso molecole biatomiche, gono attaccati da nes-
il gruppo. il gruppo. costituite cioè da due sun altro tipo di ele-
atomi. (I2 ; F2 ; Cl2 ..) mento.

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8 La configurazione elettronica
8.0.1 Introduzione
Il numero degli elettroni è uguale al numero dei protoni, e varia per ogni elemento; essi orbitano attorno al
nucleo, occupando la zona circostante ad esso.

Ma in che modo si strutturano? come si dispongono?

Dal tedesco ”Aufbauprinzip” ovvero principio di costruzione è stata elaborata una teoria che ci
permette di prevedere qual è la loro disposizione (configurazione) ovvero di risalire, dato un numero z di
elettroni, a quella che si chiama: CONFIGURAZIONE ELETTRONICA.

Prima di descrivere questo principio, costituito da tre ”regole” fondamentali che verranno esposte più
avanti, visualizziamo un fatto che ci aiuterà a capire meglio la situazione più tardi:

ESEMPIO:

Immaginiamo di volere disporre un certo numero di persone in un palazzo.

• Immaginiamo un gruppo di 40 persone.

• Immaginiamo che il palazzo ha 7 piani.

• Immaginiamo che ogni piano ha un numero di abitazioni fissato.

• Immaginiamo infine che ogni abitazione possa contenere un numero limitato di persone, pari per
esempio a 2.

Come è allora possibile disporre le 40 persone all’interno della palazzina?

I modi per farlo sono molteplici e differenti; possiamo immaginare di disporre prima tutti gli individui
anziani, fino ai giovani; possiamo prima disporne una persona per piano o una abitazione (da due persone)
per piano...e cosı̀ via...secondo il principio Aufbau però esiste solo UNA possibile disposizione che prende il
nome appunto di CONFIGURAZIONE ELETTRONICA.

Specifichiamo alcuni concetti prima di proseguire:

• Gli elettroni saranno considerati al pari delle persone nell’esempio; in numero variabile da elemento a
elemento e pronti per occupare le zone circostanti il nucleo.

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• NON tutti gli spazi attorno al nucleo possono essere occupati dagli elettroni; esistono solo zone
energetiche (spazi) dove gli elettroni possono trovarsi; questi spazi disposti allontanandosi dal nucleo
verso l’esterno (come una serie di sfere concentriche) si chiamano livelli energetici e vanno tra
l’altro da 1 a 7...proprio come i periodi della tavola periodica!! ma non sono nient’altro che ”zone
preferenziali”. Immaginare il sistema solare; le orbite dei pianeti attorno al sole sono come questi
livelli energetici.
• Per ogni livello energetico, esistono piccole ”case” per gli elettroni che fungono proprio da alloggi per
questi ultimi; si chiamano orbitali atomici; e costituiscono le zone in cui è massima la probabilità
di trovare gli elettroni...in altre parole, in riferimento al sistema solare: è probabile che gli elettroni si
trovino sull’orbita di marte, ma è quasi sicuro che si trovino su marte stesso (marte=orbitale
atomico; orbita di marte=livello energetico).

Come già detto, esistono 7 livelli energetici indicati con i numeri da 1 a 7; e differenti tipologie (cambia la
forma geometrica!) di orbitali atomici indicati con le lettere: s, p, d, f.

Non tutti gli orbitali sono in numero e in tipologia disponibili ad ogni livello; è possibile visualizzare le
possibilità secondo questo schema:

Notare come gli orbitali d, f si riempiono solo a partire da livelli successivi...ed in questi orbitali è presente
un’eccezione al riempimento (descritta e illustrata in figura), avendo una energia minore rispetto gli
analoghi p,s.

Enunciamo ora le tre regole per risalire alla configurazione elettronica, e facciamo alcuni esempi per
figurare come si scrive una configurazione elettronica.

Principio della minima energia Gli elettroni riempiono prioritariamente gli orbitali a minore energia;
solo quand’essi sono saturi cominciano ad occupare quelli ad energia maggiore. (i valori di energia
crescono verso l’alto come in figura).
esempio è come se le persone, nella palazzina, occupassere in un primo momento il primo piano,
solo quando completo, il secondo, e cosı̀ via; nessuno si immaginerebbe di andare al piano successivo,
se quello attuale non è completamente pieno.
Principio della massima molteplicità Gli elettroni, fissato un livello di energia, si dispongono
inizialmente uno per orbitale (esempio 3p) fino a quando, finiti gli orbitali disponibili, cominciano ad
accoppiarsi.

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esempio è come se le persone, al piano in cui si trovano, vadano prima uno per abitazione, solo
poi passeranno a raggrupparsi.
Principio di esclusione di Pauli Ogni orbitale, può contenere al massimo 2 elettroni organizzati
secondo le regole precedenti.
esempio Ogni casa, può contenere massimo 2 persone.

8.0.2 Applicazioni pratiche, rappresentazione grafica, e conseguenze


Ogni elemento avrà dunque la sua disposizione elettronica. Vediamo il caso dell’ossigeno (O, 8 elettroni) e
del fluoro (F, 9 elettroni); vediamo come si dispongono:

E’ necessario notare come la configurazione dell’elemento successivo (Fluoro, 1 elettrone in più) è


semplicemente quella dell’elemento precedente più il nuovo elettrone disposto secondo i principi sopra
enunciati.

Come è possibile rappresentare questa disposizione?

Si utilizza il seguente codice per l’ossigeno:


Ossigeno Fluoro
1s2 2s2 2p4 1s2 2s2 2p5
ad indicare i livelli energetici occupati, i tipi di orbitali e quanti elettroni ci sono per ogni orbitale atomico,
ovvero:

è importante notare, come la configurazione elettronica per il fluoro (cioè un elemento con un elettrone di
più rispetto all’ossigeno) è quella dell’ossigeno sommata di un elettrone. (ovvero spostandoci verso destra,
lungo il periodo)

Come ultima informazione (ma non di importanza) bisogna notare cosa succede nella configurazione
elettronica relativa agli elementi di uno stesso gruppo ma diverso periodo (scorrendo cioè verso il basso il
periodo):
Elemento gruppo livello conf. elettronica
Fluoro VII A secondo 1s2 2s2 2p5
Cloro VII A terzo 1s2 2s2 2p6 3s2 3p5
Bromo VII A quarto [...] 4s2 4p5
Iodio VII A quinto [...] 5s2 5p5
notando come cambia il numero del livello energetico ma resta inalterata la parte finale.

Commento:
Dovrebbe infine essere chiaro (e tornerà utile successivamente) che per gli elementi dei blocchi esterni
(blocchi A) il numero del gruppo indica esattemente il numero di elettroni presenti negli orbitali esterni, s
e p.

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9 Legami Chimici
9.1 Introduzione: elettroni di legame
Dal capitolo sulla configurazione elettronica dovrebbe essere ora noto che elementi appartenenti allo stesso
gruppo (colonna) hanno proprietà molto simili, in particolare il numero di elettroni presenti nel livello
esterno.

Per il gruppo 1 e 2 per esempio, abbiamo visto come gli elettroni più esterni siano rispettivamente 1 o 2.
Occorre fare una precisazione:

”questa regola appena descritta è valida solo per gli elementi appartenenti ai blocchi esterni per i quali è
infatti possibile definire (come già detto quando abbiamo parlato di tavola periodica) una particolare
metodologia di classificazione che li suddivide in gruppi A, e gruppi B.”

Gli elementi dei gruppi A infatti seguono la regola appena descritta; quelli dei gruppi B invece non
seguono questa regola, ma hanno ovviamente un comportamento a sè che non ne preclude la possibilità di
mettere in gioco quegli elettroni con altri elementi.

E’ proprio la CONDIVISIONE degli ELETTRONI la base della costituzione di un legame chimico

Come si definiscono gli elettroni esterni?

Essi sono gli elettroni presenti nel livello energetico più esterno; per esempio, un elemento appartenente al
quarto periodo avrà come elettroni esterni tutti gli elettroni presenti nel quarto livello energetico
(4s...4p...).

Un elemento del terzo periodo, e del secondo gruppo avrà perciò configurazione esterna: ...3s2 , ovvero due
elettroni esterni!

Per riconoscere gli elettroni esterni esiste una opportuna notazione messa a punto dal chimico Lewis.
Con questi simboli (simboli di Lewis) è infatti possibile conoscere a colpo d’occhio quanti elettroni un
elemento è disposto a condividere con un altro elemento.

Si possono distinguere elettroni singoli (o spaiati) ed elettroni accoppiati; i primi vengono identificati con
un puntino attorno al simbolo dell’elemento; i secondi... con due puntini!

9.2 Regola dell’ottetto


Entriamo nel vivo del processo di formazione di un legame chimico.

”Ogni atomo quando si lega con altri atomi per dare origine a strutture stabili (composti), assume una
configurazione elettronica come qella dei gas nobili, cioè con otto elettroni nel livello più esterno
occupato.”

Ovvero un elemento può cedere i suoi elettroni (esterni) di legame, può condividere i suoi elettroni spaiati,
o acquistare una coppia da un altro elemento in modo che alla fine del processo, nel suo guscio più esterno
ci siano 8 e non più di 8 elettroni (chiamati appunto di legame).

Facciamo un esempio, che ci chiarirà qualche dubbio sul perchè elementi come ossigeno, cloro etc esistono
come molecole biatomiche:

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esempio Caso del cloro; ad esso manca 1 elettrone per completare lo strato esterno ed avere 8 elettroni...quando
incontra un altro atomo di cloro cosa succede? i due condividono i loro elettroni spaiati di modo che,
legati, entrambi gli atomi raggiungono l’ottetto come si può vedere dalla figura successiva:

9.3 Tipologie di legami


Per proseguire alla classificazione delle tipologie di legami, bisogna prima fornire la seguente definizione di:

ELETTRONEGATIVITA’ : è la capacità di un atomo di attirare verso di se gli elettroni di legame.

L’abbiamo già incontrata quando abbiamo parlato di proprietà periodiche;


come tale si può trovare indicata sulla tavola periodica, ed il suo valore oscilla tra 0 e 4.

Maggiore è il valore di elettronegatività, maggiore è la forza con cui vengono attratti gli elettroni di legame.

N.B. è chiaro come una asimmetria della coppia elettronica tenda a caricare parzialmente come negativo
l’atomo più vicino (di conseguenza quello più lontano positivamente per ripristinare la condizione di
neutralità elettrica).

Anche l’elettronegatività come le altre proprietà periodiche ha degli andamenti specifici nella tavola
periodica: essa aumenta da sinistra verso destra, e dal basso verso l’alto;

Cosı̀ definita quindi l’elemento più elettronegativo (capace cioè di attirrare maggiormente gli elettroni di
legame) risulta il Fluoro (F) !
Può essere infine utile ricordare che essa è analoga alla forza di un magnete!
Vediamo allora le varie tipologie di legami e perchè è possibile seguire questa classificazione.

Come influisce l’elettronegatività nella costruzione di un legame chimico?

Legame Covalente Quando due atomi condividono l’elettrone spaiato, (ovvero esso appartiene contem-
poraneamente ad entrambi) si parla di questo tipo di legame.
[Covalente PURO] questa tipologia è attribuita a molecole costituite da due atomi UGUALI! (o
comunque da atomi con piccola differenza di elettronegatività) (esempio Cl2 , I2 ...) dove, essendo la
differenza di elettronegatività tra i due pari a ZERO (o minore di 0,5 per atomi diversi) nessuno dei due
riesce ad attrarre magiormente a sè gli elettroni di legame; è quindi un legame di tipo SIMMETRICO.
[Covalente POLARE] questa tipologia, invece, appartiene a quelle molecole costituite da due atomi
DIVERSI dove uno dei due, essendo maggiormente elettronegativo rispetto l’altro attira leggermente a
sè (sposta verso di sè) la coppia di e− condivisa; è quindi un legame di tipo ASIMMETRICO, quando
la differenza di elettronegatività è diversa da zero, e compresa tra 0,5 e 1,8.
[Covalente MULTIPLO] (o TRIPLO) si ha quando vengono condivise due (o tre) coppie di elettroni
invece che una sola; elementi di questo tipo debbono avere almeno due elettroni spaiati per poter
formare un legame di questo tipo.

Legame Ionico Questo tipo di legame tiene uniti due IONI tra di loro...è il caso per esempio del NaCl;
quando la differenza di elettronegatività è maggiore di 1,8 infatti, uno dei due atomi STRAPPA
nel vero senso della parola l’elettrone all’altro atomo trasformandolo in catione (e lui si trasforma
in anione); le due specie cariche sono poi unite da questo tipo di legame molto forte; si trova spesso
quando due elementi che facilmente tendono a diventare ioni (estremi della tavola) vengono in contatto.

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Legame Dativo anche in questo caso è proprio parlare di legame covalente...in questo (molto particolare!)
caso si ha condivisione di due elettroni (da parte di due atomi); però tale coppia elettronica viene messa
a disposizione solo da UN ATOMO e non da entrambi; si parla a questo proposito di atomo DATORE
(che dà i due elettroni da condividere) ed atomo ACCETTORE (che accetta tale coppia elettronica).
La differenza di elettronegatività è più complessa da calcolare; ma in generale le condizioni per formare
un legame dativo sono molto più difficilmente raggiungibili dagli atomi, rispetto la tipologia puro e
polare.

Esiste, infine, un’ultima tipologia di legame che è il LEGAME METALLICO; esso, proprio dei metalli,
tiene uniti gli atomi di metallo.
E’ descrivibile come un mare di elettroni in cui sono immersi i nuclei positivi del metallo; è molto
importante in quanto spiega numerose proprietà dei metalli data la completa libertà di movimento degli
elettroni nel mare elettronico; proprietà come conducibilità elettrica (elettroni in movimento) o la
modellabilità (possibilità di scorrere gli uni sugli altri) sono infatti direttamente attribuibili a tale tipologia
di legame.

Viene di seguito riportata una rappresentazione di quanto detto:

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