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____________________________________________accenni chimica_______________________________________________

Tutta la materia è costituita da atomi, particelle molto più piccole di qualsiasi oggetto osservabile al microscopio, per questo è
difficile immaginare le sue dimensioni (basti pensare che 1mm è ricoperto da 5 milioni di atomi).

Ogni atomo ha un nucleo, contenente cariche positive (protoni) e particelle senza carica (neutroni);
attorno al nucleo troviamo particelle estremamente leggere e cariche negativamente (elettroni).

Il numero di protoni presenti nel nucleo equivale al numero atomico (Z), questo numero definisce l’elemento a cui l’atomo
appartiene. In genere lo si trova in alto a sinistra.
In un atomo non-ionizzato il numero di elettroni è uguale al numero di protoni.

La somma di neutroni e protoni di un atomo definisce il numero di massa (A). In genere lo si trova in basso a sinistra.

Gli isotopi, sono quelle forme di un elemento che hanno lo stesso numero di protoni ma differente numero di neutroni.

Gli elettroni non orbitano attorno al nucleo atomico in modo semplice. Nel loro movimento attorno al nucleo, gli elettroni
occupano regioni dello spazio chiamate orbitali. Ogni orbitale può contenere al massimo 2 elettroni.
Gli elettroni riempiono gli orbitali atomici dal più interno al più esterno (guscio di valenza).
Più orbita lontano dal nucleo, maggiore è la sua energia.
Gli elettroni che occupano il guscio di valenza (orbitali più esterni), sono responsabili delle proprietà chimiche dell’atomo.

Gli elettroni tendono però a disporsi non accoppiati (spaiati) negli orbitali.
Solo quando gli altri orbitali di pari livello energetico sono stati occupati, gli elettroni tendono ad accoppiarsi (spin opposto).

Per parlare di biomolecole bisogna capire da cosa sono composte: sono molecole composte da atomi, questi atomi tra loro
interagiscono attraverso legami chimici. I legami esistono in diversa natura, abbiamo:
- Legami FORTI: legame covalente e legame ionico; quando per romperlo ci vuole molta energia.
-Legami DEBOLI: di natura diversa, tipo il legame idrogeno.
-----------spiegazione del prof---------
Il numero di legami e spesso anche il tipo che un atomo può instaurare nelle molecole, è dettato dal numero di elettroni che
orbitano attorno a questo atomo nella fascia più esterna (guscio di valenza, ovvero più lontani dal nucleo) e in particolar modo
gli atomi tendono ad assumere una configurazione più stabile (energia più bassa) completando il guscio di valenza. Per esempio,
l’idrogeno ha un solo elettrone (carica -), un protone (carica +) e un neutrone (non hanno carica elettrica); il numero di elettroni
che orbita attorno ad un nucleo atomico cresce man mano che ci spostiamo lungo la tavola periodica, infatti l’idrogeno ha un
elettrone, l'elio (gas nobile) ne ha 2, il litio 3… e così via.
PROTONI ED ELETTRONI DEVONO AVERE LO STESSO NUMERO (se ci sono 2 elettroni, ci saranno 2 protoni).
Questi elettroni sono vincolati in qualche modo a stare in alcuni luoghi vitali, alcune regioni dello spazio attorno al nucleo, e il
numero di legami che un atomo può fare in una molecola viene previsto di fatto da quanti elettroni spaiati (perché in ogni
orbitale possono essere contenuti solo un massimo di 2 elettroni) sono nel guscio di valenza.
Quindi l’idrogeno ne ha 1 che verrà contenuto nell’1s 1 e si chiama così perché fa parte del primo guscio (quello più vicino al
nucleo), quindi 1= primo guscio, s= tipo di orbitale 1 = il numero di elettroni contenuto (l’idrogeno ha 1 elettrone nell’orbitale S e
un protone nel nucleo). Avrà un elettrone spaiato? Si, perché nel quadratino sarà contenuto un solo spin.
L’elio ha 2 elettroni nell’orbitale 1s2 (e due protoni nel nucleo) 1= primo guscio, s= tipo di orbitale, 2= numero di elettroni
contenuti (anche qui, l’elio ha 2 elettroni nell’orbitale S e due protoni nel nucleo).
Avrà un elettrone spaiato? No, ma due elettroni a spin opposto, riempiendo tutto il suo orbitale.
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Gli atomi tendono a completare il loro guscio di valenza.

LEGAME COVALENTE: Quando due elettroni di valenza spaiati appartenenti a due atomi diversi vengono condivisi. (legame
forte)
LEGAME IONICO: Quando un atomo “strappa” un elettrone di valenza ad un altro atomo. (legame forte) È un legame
caratterizzato da una forte fame di elettroni.
La fame di elettroni in chimica è definita elettronegatività (tendenza ad attrarre elettroni);

Se mettiamo un atomo molto elettronegativo e un atomo poco elettronegativo, può succede che un elettrone dell’atomo meno
elettronegativo, anziché condividere salti sull’altro atomo, creando un legame tra ioni e non più atomi. Così quello che ha perso
l’elettrone si caricherà positivamente e l’altro negativamente, il legame che unisce due ioni è definito elettrostatico.
Questo legame può istaurarsi tra ioni di segno opposto (es. sodio e cloruro) oppure atomi fra cui c’è stato un passaggio di più
elettroni.

POLARE: Una molecola presenta carica parziale positiva da un lato e parziale negativa dall’altro.

APOLARE: Non presentano il fenomeno della polarità.

I legami deboli sono invece, molto importanti nelle dinamiche molecolari (essenziali perché ad esso fanno parte legami
importanti che servono a noi per vivere). Es. le nostre basi azotate del DNA sono tenuti insieme nella doppia elica da questo tipo
di legame; il folding delle proteine è legato con legami deboli…

Tra questi distinguiamo:


LEGAME IDROGENO: Si forma tra un atomo con parziale carica negativa e un idrogeno legato covalentemente a un atomo ad
alta elettronegatività (un ossigeno o un idrogeno). Es. lega insieme le doppie eliche del DNA.

Esempio:
L’ACQUA è fondamentale per la nostra vita, il nostro corpo ne è composto per il 70%.
Esso è un solvente dentro il quale sono sciolte tutte le sostanze del nostro organismo; inoltre partecipa a molte reazioni
chimiche nelle cellule e nell’ambiente extracellulare.
È una piccolissima molecola polare. Tra le molecole d’acqua si formano costantemente legami idrogeno (leg. deb.)

IDROFILICHE: Sostanze che interagiscono rapidamente con l’acqua (es. zucchero).


IDROFOBICHE: Sostanze che non si sciolgono in acqua (es. olio).

La concentrazione indica quanto soluto c’è in una certa quantità di soluzione.

CONCENTRAZIONE MOLARE: Il numero di moli di un certo soluto disciolto in una soluzione / (fratto) al volume espresso in litri
della soluzione.

Ma cos’è la mole? Indica un certo numero di molecole di una sostanza. Es. una mole d’acqua sono 6,02x1023 molecole d’acqua.

Quanto pesa una mole di quella sostanza? Dell’acqua sappiamo che è circa 18 grammi mole.

LEGAME ACIDO-BASE: molte reazioni che avvengono sono acido-base.


Molti degli ambienti intracellulari ed extracellulari sono tamponati, dunque sono protetti dalle variazioni del pH.
PH: Riflette se una soluzione è acida o basica. Il pH riflette la concentrazione della molecola H3O+ (è uno ione idroneo) e va da 1 a
14. È critico per molte funzioni cellulari, influenza le funzioni enzimatiche…
𝑝𝐻 = −𝑙𝑜𝑔10 [𝐻3 𝑂 + ]

Ad esempio, una soluzione neutra dove la concentrazione di H3O+ è 10-7 M, avrà pH 7.


𝑝𝐻 = −𝑙𝑜𝑔10 10−7 = 7

Se sotto a 7 il pH è ACIDO;

ACIDI: Una specie chimica in grado di aumentare il numero di H+ presenti in soluzione.


BASE: Una specie chimica capace di ridurre il numero di H+ presenti in soluzione.

SISTEMI TAMPONE: Un ambiente tamponato è capace di resistere all’aggiunta di acidi o basi, senza che venga alterato il valore
del pH. Questi tamponi sono ricreabili anche in laboratorio, con delle speci chimiche.
- Il sistema tampone è composto da un acido debole e la sua base coniugata oppure base debole e acido coniugato. Gli acidi o le
basi deboli vengono poi parzialmente dissociate in acqua.
- Ci sono anche acidi forti o basi forti, che al contrario dei deboli, si dissocia totalmente. All’aggiunta di acidi forti, il sistema si
oppone catturando i nuovi H3O+ con la base coniugata, riformando così l’acido debole AH.

Il pH del sangue è 7,4, anch’esso viene tamponato per non discostarsi troppo da questo valore altrimenti causa acidosi o alcalosi.

COMPOSTI ORGANICI: Si parla essenzialmente della chimica del carbonio. Quest’ultimo ha caratteristiche chimiche che formano
lo scheletro di tutte le molecole e macromolecole della biologia.
La regola generale è che il carbonio forma sempre quattro legami.
Possono essere presenti legami singoli (C-C):
- Gli alcani presentano formula CnH2n+2.
- I cicloalcani presentano formula CnH2n.
Possono essere presenti anche legami doppi (C=C), detti complanari perché si trovano sullo stesso piano o tripli (C≡C) (legami
insaturi).

GRUPPI FUNZIONALI: Importanti regioni delle molecole responsabili di alcune caratteristiche chimico-fisiche.
- Gruppo ossidrilico: gruppo OH identifica gli alcoli (ne troveremo tanti nello zucchero, nei nucleotidi);
- Gruppo sulfidrilico: dove al posto dell’ossigeno si trova lo zolfo SH, importanti ad esempio per il ripiegamento delle proteine
(fondamentale per svolgere la loro funzione);
- Gruppo carbossilico: il carbonio lega con un doppio legame l’ossigeno C=O, conferisce una certa acidità al composto che la
possiede, ad esempio negli acidi grassi, gli acidi carbossilici sono piuttosto deboli e tendono a dissociarsi parzialmente in acqua;
- Amminoacidi: NH, altra classe di gruppi che possiede questa caratteristica del gruppo carbossilico, con caratteristiche basiche
poiché in grado di accettare protoni;
- Gruppo carbonilico: lo troviamo negli zuccheri;
- Gruppo azoto-amminico: presente negli amminoacidi e non solo;
- Gruppo fosfato: lo troviamo specialmente nei nucleotidi e negli acidi nucleici.

POLIMERI: molecole grandi, formate da ripetizione di molecole più piccole. Es. polisaccaridi, formati da subunità di
monosaccaridi. La ripetizione di queste molecole è caratterizzata da legami. Negli zuccheri, ad esempio, questo ponte è
costituito dall’ossigeno.

ZUCCHERI: cioè carboidrati, sono composti che contengono carbonio, idrogeno e ossigeno, sono polari perché hanno gruppi
polari come il gruppo alcolico; infatti, per questo lo zucchero è solubile in acqua.
Fondamentale in questa classificazione è il GLUCOSIO, monosaccaride utilizzato come fonte di energia negli organismi.
L’unione di due monosaccaridi (es. Glucosio e Fruttosio) formano un disaccaride (Saccarosio), il legame è definito legame
glicosidico.

Un’altra classe di composti sono i LIPIDI, sono composti apolari che non si sciolgono in acqua, questi nel nostro organismo
possono rivestire molte funzioni: quelli per cui sono più noti sono di rivestimento nelle membrane, isolamento termico (animali
per andare in letargo hanno bisogno di riserve di lipidi nel tessuto adiposo), tessuto adiposo, inoltre fungono da base per alcuni
ormoni come quelli sessuali (di natura lipidica).
Nel nostro organismo esistono principalmente come trigliceridi (idrofobiche, rifiutano l’acqua, opposto di idrofiliche, che
assorbono acqua): tre acidi grassi, uguali o diversi tra loro, legati alla molecola di glicerolo attraverso legami esterei (unisce un
gruppo alcolico ad uno carbossilico). Gli acidi grassi sono acidi carbossilici, altamente idrofobici con lunghe catene carboniose
(che procedono a zig-zag perché la tendenza delle molecole è quella di creare distanza tra i vari idrogeni).

FOSFOLIPIDI: sono molto simili ai trigliceridi, ma hanno un acido grasso in meno sostituito da un fosfato (spesso legato a gruppi
polari e/o carichi). Li ritroveremo nella formazione delle membrane per la loro funzione anfipatica (possiede una testa idrofila e
la coda idrofoba). Hanno forme diverse il che li rende utili per diverse funzioni.
COLESTEROLO: Componente molto importante delle membrane cellulari e in più viene utilizzato come substrato di partenza per
gli ormoni. È una molecola essenziale per gli organismi (anche nei procarioti), uno steroide formato da quattro anelli carboniosi,
finisce con -OLO, quindi, è considerato un alcolo. È una molecola anfipatica (molto meno dei fosfolipidi) perché ha una struttura
idrofobica polare e una piccola parte apolare. Pericoloso se nel sangue ha valori troppo alti.
- CORTISOLO: ormone dello stress, legato al colesterolo.
- ORMONI SESSUALI: Testosterone ed esterolo, contengono anch’essi colesterolo

PROTEINE: I più versatili componenti della cellula, molte funzioni del nostro organismo non avverrebbero se non ci fossero le
proteine: metabolismo, strutturali, deposito, trasporto, regolazione dei geni, difesa e detossificazione, crescita, replicazione del
DNA, divisione cellulare…
Sono dei polimeri e le sue unità strutturali sono gli aminoacidi. Gli amminoacidi naturali sono 20 e si dividono in 3 gruppi in base
alla polarità e alla carica elettrica (nonostante abbiamo detto che ne sono privi, ci sono dei gruppi protonati e deprotonati).
Esempi:
CARICHI NEG.: Aspartato acido e Glutammato acido sono amminoacidi acidi con carica negativa.
CARICHI POS.: Lisina, Arginina, Ricina sono amminoacidi basici con carica positiva.
NON POLARI: Cisteina
POLARI NON CARICHI: Tirosina, Asparagina, Glutammina (da non confondere con quella acida).

LEGAME PEPTIDICO: legame tra due aminoacidi formano un dipeptide. Formano così il legame peptidico (ammidico), questo
polipeptide lo si legge da sinistra a destra (DA n terminale, amminoacido con gruppo amminico (NH) libero A c terminale,
amminoacido con gruppo carbossilico libero (OH)) = questa è la struttura primaria del polipeptide.
La struttura secondaria dipende da come si orientano nello spazio tridimensionale gli amminoacidi, che possono formare delle
eliche α o dei foglietti β, tramite legami idrogeno tra l’ossigeno carbonilico e l’ossigeno amminico oppure si formano legami
idrogeno tra amminoacidi molto distanzi (non per forza della stessa catena polipeptidica).
La struttura terziaria, descrive come le strutture secondarie (alpha elica, beta foglietto) si organizzano nello spazio
tridimensionale e si ripiegano (folding).
La struttura quaternaria, ce l’hanno solo le proteine formate da più catene polipeptidiche (le altre catene le hanno tutti, solo in
questa c’è l’eccezione) e ci dice come si assemblano e interagiscono tra di loro.

ACIDI NUCLEICI: Nel DNA è depositata l’informazione per costruire le nostre cellule, ma specialmente nel DNA c’è tutta
l’informazione per sintetizzare le proteine. Gli acidi nucleici sono i depositari dell’informazione genetica.
Sono polimeri, costituiti da monomeri...I monomeri che costituiscono gli acidi nucleici sono i nucleotidi, questi ultimi hanno una
base comune: uno zucchero (ribosio nell’RNA o desossiribosio nel DNA, differenza importante tra le due), base azotata
(attaccata allo zucchero) e un gruppo fosfato. Le basi azotate sono quattro nel DNA: Timina(T), Citosina(C) PIRIMIDINICHE,
Guanina(G) e Adenina(A) PURINICHE.
Due nucleotidi formano un di-nucleotide, non essendoci un n terminale e un c terminale, lo si legge dal cinque primo fosfato o
“fosfato libero” (che non ha il fosfato impegnato in nessun legame) al nucleotide con il tre primo OH libero. Questi due
nucleotidi si legano attraverso un ponte fosfato.

Nelle nostre cellule, il DNA ha un doppio filamento antiparallelo (estremità 5’-estremità 3’ ed estremità 3’-estremità 5’)
chiamato doppia elica (scoperta da Watson e Crick così come la sua replicazione; spesso con l’avanzare del tempo, possono
avere forme diverse) tra di loro però sono complementari. Queste caratteristiche sono fondamentali nella replicazione del DNA.
RNA e DNA sono strutturalmente molto simili tranne per ribosio (presente nel RNA, anziché desossiribosio) e per la presenza
dell’Uracile (U) al posto della Timina (T) (queste due differiscono per un gruppo metilico).

Le basi azotate di un filamento interagiscono con quelle presenti nel filamento adiacente grazie a legami idrogeno (A-T e G-C).

Esempio di massima funzione dei nucleotidi è l’ATP, adenosina trifosfato (nucleotide), è una delle molecole più importanti della
cellula in quanto rilascia energia chimica che la cellula può utilizzare per svolgere molte delle sue funzioni. Senza di essa, difatti,
una cellula muore.

Una parte importante delle proteine di una cellula svolge un ruolo enzimatico:
ENZIMI: nella maggior parte dei casi sono proteine ma non sempre, hanno la capacità di catalizzare (svolge in modo più veloce)
delle reazioni chimiche, abbassando l’energia di attivazione di una reazione senza modificarne la direzione e l’equilibrio.
Gli enzimi quindi fanno questo, velocizzano i processi che avverrebbero naturalmente anche senza di esso. Gli enzimi hanno
degli stati di transizione.
Gli enzimi legano substrati e determinano la formazione di prodotti o fare esattamente il contrario, prendere un substrato e
dividerlo. Ogni volta che fa questo, compie un ciclo catalitico, senza consumarsi.
Il pH e la temperatura sono parametri in grado di influenzare l’attività degli enzimi perché vengono denaturate e gli si toglie la
sua funzione; per quanto riguarda la temperatura, basti pensare al calore che uccide molte cellule perché fa perdere la struttura
secondaria, terziaria e quaternaria alle proteine (anche gli enzimi si dividono in strutture se sono multimerici); per quanto
riguarda il pH, interferisce sugli enzimi perché se il pH si altera, va a variare la struttura e l’enzima non riesce a legare i reagenti.

Gli enzimi consentono la formazione di prodotti che servono come substrati per altri enzimi. Queste catene si chiamano
pathways.

METABOLISMO CELLULARE: insieme di tutte le reazioni chimiche enzimatiche presenti nelle nostre cellule. Esso è formato sia
dalle reazioni cataboliche (demolizione) che anaboliche (sintesi).

_____________________________________________inizio biologia_______________________________________________

LA CELLULA: Tutti gli esseri viventi sono formati da cellule e ognuna di esse deriva dalla divisione di una cellula progenitrice.
È l’elemento biologico più semplice che veicola l’informazione ereditaria caratteristica della specie. Essa è viva ma ciò che si
trova al suo interno no (un nucleo, un mitocondrio, ecc…non sono vivi)
Può essere procariotica ed eucariotica.

PROCARIOTI: batteri; non hanno un nucleo definito; sono generalmente più piccole; assenza di compartimenti; DNA circolare
doppia elica chiusa; UNICELLULARI.

EUCARIOTI: esseri viventi; hanno cellule che hanno un nucleo delimitato da membrana; sono più grandi dei batteri; presenza di
compartimenti (divisi a seconda del compito che la cellula deve svolgere); DNA lineare; PLURICELLULARI.

La cellula è autofagica, si ciba di sé stessa per creare energia.

La cellula è in grado di riprodursi e dividersi in diversi modi (fatta eccezione per i neuroni e anche altre cellule).
DUPLICAZIONE CELLULARE: la cellula accresce, ma oltre un certo limite la crescita del suo volume non viene sostenuta da un
adeguato scambio di sostanze nutritizie a livello della sua membrana. Raggiunto il limite, la cellula si divide dando origine ad
altre due cellule…il processo avviene in modo diverso a seconda della cellula considerata.

La cellula per mantenere organizzazione utilizza l’energia (utile al movimento, alla riparazione dei danni, alla biosintesi delle
macromolecole, al trasporto di soluti) che viene conservata in piccole molecole (come per esempio ATP).

LA MEMBRANA: È l’elemento strutturale che divide lo spazio interno di ogni cellula eucariotica, un elemento di separazione.
È definita a mosaico fluido con doppio legame fosfolipidico (bilayer), in cui sono immerse molte proteine diverse.
Le proteine integrali sono associate in modo stabile alla membrana se sono immerse totalmente da una parte all’altra della
membrana si dicono dette transmembrana oppure ci sono proteine molto periferiche (o estrinseche) associate in modo labiale
(non c’è bisogno di distruggere la membrana per staccarle) che si trovano o da una parte o dall’altra della membrana.
Se le proteine passano una sola volta nella membrana sono dette monopasso, se passano più volte sono dette multipasso.

La struttura è dinamica e la posizione dei fosfolipidi e delle proteine cambia nel tempo, in particolare possono ruotare e
traslazionale (muoversi orizzontalmente nella membrana), dunque compiere movimenti laterali; ciò che non è consentito è il
movimento flip-flop (saltare da una parte all’altra), perché per poter avvenire la testa polare del fosfolipide dovrebbe entrare
nella parte idrofobica e non è un processo spontaneo.

Affinché la membrana possa funzionare nel migliore dei modi, la fluidità del mosaico fosfolipidico deve essere ottimale… se
troppo fluida potrebbe non essere funzionale (ad esempio nei processi di trasporto) oppure troppo poco fluida (da non
consentire i movimenti della cellula). La cellula deve essere in grado di regolare la fluidità e lo fa attraverso: il colesterolo
(steroide naturale) della propria membrana, perché aiuta a preservare la fluidità mettendosi tra i fosfolipidi non permettendo
una forte interazione (specialmente a basse temperature; ad alte temperature, il colesterolo ha un effetto contrario limitando la
fluidità); la presenza di doppi legami insaturi nelle code degli acidi grassi dei fosfolipidi consente alle cellule di avere delle
membrane fluide.

Funzioni delle membrane: separare gli ambienti ma allo stesso tempo consentire la comunicazione;
Funzioni che le proteine di membrana possono svolgere: ancoraggio della cellula a una matrice o a un substrato; trasferimento
di un segnale (ricettori, trasferire informazioni dall’altra parte della membrana); riconoscimento cellula-cellula; trasporto di
sostanze chimiche (soluti, ad esempio zuccheri che normalmente non posso attraversare la membrana, possono farlo grazie alle
proteine); catalisi chimica (enzimi).

La membrana essendo idrofobica agisce da elemento separatore tra due ambienti acquosi (interno cellula ed esterno).

Se una particella (atomo, ione o molecola) non è uniformemente distribuita nello spazio, per quella specie chimica esiste il
gradiente di concentrazione.
Una sostanza chimica (soluto) tende spontaneamente a occupare tutto lo spazio a disposizione, arrivando a essere distribuita in
modo uniforme in ogni punto della soluzione.
Esempio: rompo una bottiglietta di profumo e inizialmente non succederà nulla, ma piano piano si espanderà l’odore in tutta la
stanza. All’inizio sarà presente un gradiente di concentrazione ma una volta che il profumo avrà raggiunto un equilibrio il
gradiente svanirà.
Processo di diffusione semplice (secondo gradiente, non richiede energia). [processo spontaneo]

MICROTRASPORTI:
La membrana agisce da barriera fisica al passaggio di sostanze chimiche. Alcuni soluti sono in grado di passare per diffusione
semplice, mentre altri no.
- Molecole idrofobiche e piccole molecole polari prive di carica, attraversano liberamente la membrana.
- Grandi molecole idrofiliche, molecole o ioni carichi non possono attraversare la membrana

Il passaggio attraverso una membrana di grandi molecole idrofiliche, molecole o ioni carichi…richiede un trasporto facilitato, con
aiuto di trasportatori propriamente detti (carriers). In alcuni casi è assicurato da canali ionici (crea un buco/canale nella
proteina per lasciarle passare).
Processo di diffusione facilitata (secondo gradiente, non richiede energia). [processo spontaneo]

È necessario promuovere un trasporto di soluti contro gradiente, ovvero dal compartimento dove sono meno concentrati verso
il compartimento dove sono più concentrati. Sodio viene spinto fuori, Potassio viene chiamato dentro. L’energia viene data
dall’ATP (è definito trasporto attivo primario per questo)
Trasporto attivo (contro gradiente, richiede energia). [processo non spontaneo]
Se i soluti vanno in due direzioni opposte si definisce antiporto.

La cellula intestinale fa entrare sia il sodio che il glucosio, MA senza utilizzo di ATP (si chiama trasporto attivo secondario per
questo).
Se i due soluti vanno nella stessa direzione si chiama simporto.

Il calcio (Ca) libero è importante che esca fuori in quanto è un secondo messaggero, solo in caso deve mandare un messaggio
alla cellula allora in questo caso si parla di picchi di Calcio. Come fa a mantenere basso il Calcio libero nella cellula? Utilizza uno
scambiatore Sodio-Calcio, Sodio va secondo gradiente e viene fatto entrare, utilizza l’energia per far uscire il Calcio che andrà
contro gradiente.

Esempio: Il cloruro è molto più presente fuori dalla cellula che dentro; le benzodiazepine aprono un canale per il cloruro, esso
seguirà il suo gradiente ma non la sua energia perché la membrana al suo interno è negativa rispetto all’esterno e teoricamente
non dovrebbe entrare, in questo caso si dice che il contenuto della concentrazione è più importante del contenuto della
differenza di potenziale. Quindi se si parla di ioni, soluti carichi, ecc… bisogna ricordare di parlare di due cose: concentrazione e
carica elettrica.

MACROTRASPORTI:
Frequentemente la cellula ha bisogno di spostare grandi masse di particelle (molecole molto grandi, frammenti cellulari, ecc…)
In questi casi, la cellula utilizza energia per deformare la membrana e trasferire grandi volumi nelle due possibili direzioni.

• ESOCITOSI: rilasciare grandi quantità di soluti o particelle (ambiente extracellulare);


La cellula incorpora prodotti di rifiuto o specifiche molecole (ormoni, neurotrasmettitori, ecc…) in vescicole di secrezione
(avvolte anch’esse da membrane) e le espelle fuori dalla cellula fondendo la membrana della vescicola con la membrana
plasmatica.
• ENDOCITOSI: acquisire/ internalizzare grandi quantità di soluti o particelle (ambiente intracellulare);
Può coinvolgere l’ingresso di soluti o particelle solide:
➢ Se si parla di particelle solide, si parla di FAGOCITOSI (es. pezzi di cellule, batteri, agenti biologici, ecc…): la cellula
deve abbracciare la particella solida fino ad avvolgerla completamente, dopodiché si chiude e si fonde, formando il
fagosoma, organello della cellula che va a fondersi con altri organelli.
➢ Se si parla di soluti, si parla di ENDOCITOSI MEDIATA DA RECETTORE: la cellula acquisisce/ entra in contatto con
dei soluti che in qualche modo vengono riconosciuti (dai recettori), si avvia un processo che anziché abbracciare la
cellula, arretra, provoca una invaginazione del doppio strato fosfolipidico, si forma una vescicola endociclica e si
chiude andando incontro ad una digestione.

Quando due compartimenti, contenenti soluzioni acquose a diversa concentrazione di soluti (già che c’è il soluto la sua
concentrazione molare dell’acqua sarà più bassa), sono separati da una membrana semipermeabile (permeabile all’acqua ma
non ai soluti), avviene il fenomeno dell’osmosi. L’acqua migra dal compartimento a concentrazione (di soluti) inferiore verso
quello a concentrazione maggiore, seguirà il suo gradiente di concentrazione.

▪ Una cellula immersa in un ambiente acquoso con la stessa composizione di soluti (isotonico) non avrà un movimento netto
di acqua attraverso la propria membrana.
▪ Se l’ambiente circostante ha una composizione di soluti più alta (ipertonico), la cellula perderà acqua e raggrinzirà.
▪ Se l’ambiente circostante ha una composizione di soluti più bassa (ipotonico), la cellula acquisirà acqua e si gonfierà.

La cellula animale cerca di mantenere concentrazioni intracellulari molto basse di Na+ e Cl-, in modo da controbilanciare le alte
concentrazioni di composti organici e prevenendo in questo modo l’ingresso di acqua dovuto all’osmosi.

Ogni cellula vivente ha bisogno di energia per svolgere la sua funzione e per mantenere il proprio equilibrio omeostatico.
MITOCONDRIO: Organuli cellulare grandi (grandi come un batterio), associato alla produzione di energia cellulare, è la centrale
energetica, il motore capace di alimentare le attività cellulari endoergoniche.
Spesso presente in grandi quantità nelle cellule eucariotiche, anche di forme diverse.

Altre funzioni: regola la morte cellulare programmata (apoptosi), regola il ciclo cellulare, utili per la generazione di calore.

Caratteristiche: compartimento intracellulare delimitato da due membrane mitocondriali (due doppi strati fosfolipidici) interna
(ricca di proteine; ha un espetto più elaborato e non è liscia, con creste come vedremo più avanti) ed esterna (liscia e viene
attraversata da tante cose), con una matrice e spazio intermembrana (dove si creerà un accumulo di una specie chimica in
grado di produrre energia); possiede un DNA circolare che si duplica in modo autonomo, ha dunque un suo genoma
mitocondriale (difatti ci sono anche delle malattie genetiche mitocondriali ereditabili dalla madre). Grandezza 1-2 micron.

Come fa il mitocondrio a produrre energia? Prende dei precursori, cioè substrati, che arrivano nel mitocondrio e gli enzimi li
trasforma (attraverso azioni enzimatiche), avvengono delle ossidazioni (cioè queste perdite di elettroni), questi elettroni
vengono ceduti a delle molecole accettrici (NADH e FADH) che accettano gli elettroni e li cedono a loro volta ad altre proteine.
La cosa importante è che queste trasformazioni chimiche sono tante e sequenziali, consentono alla cellula di liberare piccole
quantità di energia (a step, in modo tale che possa essere catturata).
La cattura di questa energia avviene ad opera anche di NADH e FADH, transitoriamente, perché poi dovranno essere riossidate.
Da NADH e FADH passano a proteine abbastanza grandi (che si trovano nella parete mitocondriale interna) definite catene di
trasporto delle proteine (che oltre a passarsi elettroni, pompano dei protoni fuori formando un gradiente protonico):
Complesso I (riceve gli elettroni da NADH ridotto), Complesso II (da FADH ridotto) e vengono trasferiti al Complesso III. Per
passare da un complesso all’altro c’è uno shuttle, una molecola (inserita nella membrana, non può uscire da essa) che prende gli
elettroni e li porta da 1,2,3 poi torna indietro e ricomincia. Il Complesso III non può tenerli e quindi li passa attraverso il
Citocromo-C (proteina periferica di membrana, sposta gli elettroni ed è anche utile nei danni al DNA perché si suicida) al
Complesso IV…anche lui non può tenere questi elettroni ossidati, per questo riceve l’ossigeno e viene ridotto ad acqua. Qui
interviene il Complesso V che è l’ATP sintasi, il suo compito è quello di produrre l’ATP per produrre energia, con l’aiuto
dell’ADP…e come fa? Fa rientrare i protoni che venivano espulsi fuori sfruttando il gradiente protonico (che funge da tunnel per
lasciar passare i protoni). In questo modo l’ATP comincia a ruotare (vuol dire che funziona) ed esce da questo cerchio e viene
sostituito con l’ADP (ATP esce e ADP entra). L’ATP è pronta per essere usata (secondo uno studio, l’ATP prodotta nel
mitocondrio, viene consumata in meno si 60 secondi, dunque non dura più di un minuto). Questo è ciò che avviene
normalmente.

Se non ci fosse l’ATP, però, i protoni rientrerebbero comunque nella matrice attraverso una proteina UCT (proteina
disaccoppiante), questo ritorno è come se mettesse in cortocircuito una batteria. Questo sistema serve a produrre calore
(sfruttato da neonati, mammiferi e animali che vivono in posti freddi).

Questo è come sfrutta l’ATP il mitocondrio, a differenza della cellula che lo utilizza per altre funzioni.

TEORIA ENDOSIMBIOTICA: Uno studioso notando la somiglianza tra mitocondrio e batterio, ha ipotizzato che originariamente il
mitocondrio fosse un batterio che è stato poi assimilato dalla cellula eucariotica (non è ancora stata smentita, ma nemmeno
dimostrata). Le analogie sono:

• Doppia membrana (mitocondri), membrana-parete (batteri);


• DNA lineare (essere viventi), DNA circolare (batteri) come i cromosomi dei mitocondri;
• C’è una sintesi proteica mitocondriale, per questo però ci sarebbe bisogno dei ribosomi, che difatti ci sono e sono molto
simili a quelli batterici, completamente diversi dalle nostre;
• Si dividono entrambi, avviene una scissione mitocondriale che somiglia molto alla scissione binaria dei batteri;
• Possiede un codice genetico (legge un messaggio proveniente dal DNA), che è molto più simile a quello dei batteri e
completamente diverso da quello eucariotico.

L’unione tra questa cellula procariotica (batteri) e una cellula gestrale che ha dato origine a quella eucariotica, ha conferito un
vantaggio nell’evoluzione.

NUCLEO: È l’organello sub-cellulare più grande (5µm); in genere posto al centro della cellula; all’interno si trova l’informazione
genetica (DNA).
Caratteristiche: delimitato da una doppia membrana fosfolipidica che presenta però delle interruzioni, definite poli nucleari; la
membrana che lo circonda si chiama involucro nucleare.

Nel nucleo c’è il DNA, quindi ci sono 46 cromosomi (lunghe catene aperte di DNA); il materiale genetico, quindi, è organizzato in
22 cromosomi messi dal più piccolo al più grande, che sono una lunghissima sequenza di nucleotidi (molto complessa).
Nel microscopio si può vedere una zona scura del nucleo chiamata nucleolo, zona in cui sono contenuti geni RNA ribosomiali
(sono geni in cui è scritto come verranno sintetizzati gli RNA che andranno poi nei ribosomi), questi vengono costruiti (partendo
dall’informazione presente) nel nucleolo.
Al microscopio è possibile vedere zone più chiare e più scure che formano la cromatina (complesso di DNA e proteine).
La parte chiara è detta eucromatina (contiene i geni trascrizionalmente attivi), la parte più scura è detta eterocromatina
(contiene i geni trascrizionalmente inattivi).

Per poter dare origine a due cellule, il DNA deve replicarsi. Come si replica il DNA? Essendo una doppia elica, per replicarsi deve
aprirsi e ogni filamento parentale (così si chiamano), deve fungere da stampo per la creazione di filamenti figli. Anche se fin qui
sembra semplice, il tutto diventa più complesso, perché nelle nostre cellule esistono solo degli enzimi che allungano il filamento
5’ - 3’ in un filamento parentale, nell’altro il DNA polimerasi quando il filamento si apre, libera nucleotidi che dovrebbero essere
utilizzati per creare lo stampo (non potrebbe farlo) e questo significa che il filamento viene replicato a pezzi.
Esistono però sistemi di riparazione, ovvero, la DNA polimerasi si accorge di aver sbagliato, torna indietro, toglie di mezzo il
nucleotide sbagliato e mette quello giusto. (ES. anemia falciforme deriva da un problema che non è stato corretto)

Come la cellula interpreta l’informazione genetica? Si tratta di un linguaggio basato su quattro lettere (A, U, C, G) tante quante
sono le basi presenti nella molecola del DNA. Il problema è che le basi azotate sono 4 ma 20 sono gli amminoacidi; quindi, più
lettere codificheranno per lo stesso amminoacido, questo fenomeno è detto degenerazione del codice genetico (più triplette
possono codificare per lo stesso codice genetico (UUU, UUC, UUA, UUG…) arrivando a codificare 64 amminoacidi. Le parole del
linguaggio costituito da triplette sono dette codoni (UUU, AAC, GGC… sono detti codoni).

SINTESI PROTEICA: Si definisce sintesi proteica il processo con cui una sequenza di nucleotidi viene convertita nella
successione di amminoacidi formanti una proteina. Alla sintesi proteica prendono parte attiva l'mRNA, il tRNA e l'rRNA.

L'mRNA copia l'informazione contenuta nel DNA e la trasporta dal nucleo al citoplasma (questo stadio è detto trascrizione); il
tRNA e l'rRNA traducono il messaggio scritto sull'mRNA in una sequenza di amminoacidi (questo stadio è detto traduzione).
Durante la sintesi proteica, perciò, l'informazione genetica passa dal DNA all'RNA e dall'RNA alle proteine.

LA TRASCRIZIONE: è lo stadio della sintesi proteica in cui le informazioni sono trasferite dal DNA all'RNA, secondo le regole
dell'appaiamento delle basi complementari.

Come nella replicazione , è necessario che le basi azotate sporgano dalla doppia elica del DNA. Perciò il tratto di DNA che deve
essere trascritto viene aperto in un punto ben preciso, caratterizzato dalla tripletta AUG di "inizio lettura". Un enzima, l'RNA-
polimerasi, si lega a uno dei due filamenti di DNA che serve da "stampo", e procede dall'estremità 3' all'estremità 5' legando i
ribonucleotidi complementari presenti nel nucleo. Si forma in questo modo l'mRNA.

Quando l'RNA-polimerasi giunge alla tripletta di "fine lettura", l'mRNA si separa dalla catena di DNA, passa per i pori della
membrana nucleare ed entra nel citoplasma, dove si lega ai ribosomi. Il DNA "modello" si riavvolge a formare la doppia elica,
oppure si lega a una nuova molecola di RNA-polimerasi per sintetizzare un nuovo filamento di mRNA.

RIBOSOMI: I ribosomi sono piccole particelle, composte da RNA e proteine. Presenti in tutte le cellule in cui abbia luogo la
sintesi proteica, si compongono di due subunità, una delle quali leggermente più grande dell'altra. La funzione dei ribosomi è di
fondamentale importanza per la sintesi proteica, la loro funzione è quella di leggere le informazioni contenute nella catena
di RNA messaggero (mRNA).

LA TRADUZIONE: è lo stadio della sintesi proteica in cui le istruzioni portate dall'mRNA vengono tradotte nella sequenza corretta
di amminoacidi per formare una proteina.
La traduzione ha luogo nel ribosoma (formato da rRNA e proteine), composto da due subunità: quella piccola contiene un sito di
legame per l'mRNA; quella grande ha due siti di legame per due molecole di tRNA e un sito che catalizza la formazione del
legame peptidico tra due amminoacidi adiacenti.
Ogni molecola di tRNA è specifica per un unico amminoacido ed è in grado di riconoscere sia l'amminoacido che deve
trasportare, sia il codone complementare di mRNA associato al ribosoma.
La traduzione ha inizio quando due codoni del filamento di mRNA si legano alla subunità piccola di un ribosoma. Il primo codone
è la tripletta di "inizio lettura" AUG, alla quale corrisponde l'amminoacido metionina; il secondo codifica il primo vero
amminoacido della proteina. I due tRNA, che hanno rispettivamente l'anticodone di inizio e l'anticodone complementare al
secondo codone, si legano alla subunità grande e si forma un legame peptidico (cioè il legame tra amminoacidi che forma le
proteine) tra i due amminoacidi trasportati.
Il tRNA di inizio si stacca dal ribosoma mentre il dipeptide (i due amminoacidi uniti dal legame peptidico) rimane legato al
secondo tRNA. Il ribosoma si sposta sopra un altro codone dell'mRNA e una nuova molecola di tRNA con il proprio amminoacido
si dispone nel sito di legame vuoto del ribosoma. Si crea un nuovo legame peptidico e il tripeptide si salda all'ultimo tRNA. Il
processo di allungamento della catena polipeptidica prosegue in questo modo finché tutte le triplette sono state tradotte e
viene raggiunto il codone di "fine lettura". La proteina completa si stacca dal ribosoma e specifici enzimi scindono il legame con
la metionina.

RETICOLO ENDOPLASMATICO RUGOSO: venne chiamato così perché in microscopia si può osservare che sulle membrane sono
presenti puntinature/escrescenze, questi puntini sono i ribosomi.
È un insieme di tuboli e sacche delimitati da singola membrana (doppio stato fosfolipidico, bilayer) in diretta continuità con la
membrana nucleare.
Altra caratteristica, può essere più o meno esteso, può variare il suo volume quindi questo lo rende variabile.
Queste sacche e tuboli sono rivestite da questi ribosomi esternamente, mentre internamente c’è il lume del reticolo
(compartimento acquoso e ricco di proteine)
Funzione: è di rimaneggiamento di proteine che hanno specifici destini; le proteine che devo essere modificate; ci troviamo
anche proteine che devono essere inserite nelle membrane e destinate ad esocitosi.

I ribosomi che stanno leggendo l’mRNA messaggero e costruiscono le loro proteine, se la proteina ha un certo segnale (presente
all’n terminale perché è quello che viene sintetizzato per prima) che viene riconosciuto, vengono traslocate nel tunnel del
reticolo (dove viene tagliato il segnale, utile per farlo entrare difatti serve solo a quello), mentre si stanno allungando (processo
co-traduzionale) in contemporanea, raggiungendo il lume. Queste proteine vengo n-glicosilate (aggiunta di 14 zuccheri, ovvero,
2 di N-acetilglucosammina – 3 di glucosio – 9 di mannosio, per via enzimatica ad un residuo laterale/ alla catena laterale di
Asparagina, dunque legati tramite il suo azoto), perché quando vengono sintetizzate dai ribosomi spesso non funzionano per
questo vanno rimaneggiate e tal volta modificate (modificazioni post-traduzionali).

[GLICOSILAZIONE: significa proprio modificare la struttura di una proteina, aggiungendo una o più molecole di glucosio
(zucchero)]

Il ripiegamento delle proteine avviene nel reticolo endoplasmatico perché ci sono le condizioni ideali per farlo.

Come spiegato nelle funzioni, ci sono “proteine con un destino specifico”: queste proteine sono sintetizzate da ribosomi liberi
(quindi non hanno bisogno di traslocare nel reticolo) e sono: perossisomi, proteine che devono rimanere nel citosol (liquido che
si trova all’interno delle cellule) e proteine mitocondriali (per poi essere trasferita nel mitocondrio).

RETICOLO ENDOPLASMATICO LISCIO: Privo di ribosomi; in diretta continuità con quello rugoso; è voluminoso.

Funzioni: ha un ruolo importantissimo nella detossificazione da xenobiotici (possiede degli enzimi nel lume responsabili della
degradazione di composti tossici, anche carcinogeni, e farmaci) e sintesi dei lipidi e del metabolismo dei fosfolipidi, steroidi e
degli acidi grassi, sempre grazie ad enzimi nel lume.

ESEMPIO: troviamo gli enzimi di fase 1 che hanno dei precisi scopi: trasformare composti idrofobici in composti leggermente
polari in modo che poi possano essere usati da altri enzimi di fase 2 nell’attaccarsi a dei gruppi molto grandi e polari per
eliminare, ad esempio, le urine.
ALTRO ESEMPIO: l’Ibuprofene e il fumo di sigaretta, vengono metabolizzati ed eliminati a livello del reticolo endoplasmatico
liscio.

Può succedere che qualcosa di non tossico arrivi al reticolo endoplasmatico liscio e venga reso tossico al suo interno.

ANTIBIOTICO-RESISTENZA: Spesso succede che prendendo frequentemente dei farmaci, a lungo andare notiamo che questi non
fanno più effetto e ne abbiamo bisogno in quantità sempre maggiori. Però gli enzimi residenti nel reticolo sono endociclici,
ovvero, più materiale hanno e più gli enzimi detossificanti si riprodurranno, facendo sì che quel farmaco rimanga attivo per
meno tempo perché catabolizzato più in fretta, in quanto sono stati indotti gli enzimi responsabili della sua eliminazione.

APPARATO DEL GOLGI: Al microscopio appare come un apparato molto complesso di cisterne appiattite (sacche presenti in un
numero molto costante, del tipo 7/8; in ognuno di loro ci sono enzimi diversi e quindi avvengono reazioni diverse) e impilate
una sopra l’altra; le cisterne sono delimitate da singola membrana (doppio strato fosfolipidico, bilayer); il volume contenuto
all’interno delle cisterne si chiama lume; queste cisterne hanno due estremità, cis (si affaccia verso il reticolo endoplasmatico,
dunque verso il centro della cellula, verso il nucleo) e trans (si affaccia verso la membrana cellulare); al centro ci sono delle
cisterne mediali. Poi ci sono le vescicole che servono al trasporto, dunque, se bisogna trasportare proteine dal Golgi al Reticolo
endoplasmatico utilizziamo come mezzo le vescicole.

Può capitare che nel trasporto tramite vescicole dal reticolo al Golgi arrivi anche del materiale che NON dovrebbe arrivare e non
era destinato ad esso. Cosa succede? C’è un sistema nella faccia cis che riconosce che quel materiale non dovrebbe essere lì, lo
racchiude in vescicole e gli fa compiere il percorso inverso dal Golgi al reticolo. Questo percorso può essere bidirezionale,
ovvero, presentare due percorsi differenti e ciò è possibile grazie alla presenza di vescicole diverse, vescicole rivestite da
proteine: copI vescicole che vanno dal Golgi al reticolo e copII se vanno dal reticolo al Golgi.
Fino ad ora abbiamo parlato di reazioni di glicosilazioni (in particolare di n-glicosilazioni, nella spiegazione del reticolo
endoplasmatico rugoso), ebbene anche all’interno del Golgi avvengono, ma sono glicosilazioni di rimaneggiamenti di zuccheri
già agganciati alle proteine nel reticolo endoplasmatico oppure nuove glicosilazioni ExNovo (avvengono per la prima volta nel
Golgi), ma questa volta non sono delle n-glicosilazioni ma delle o-glicosidazioni chiamate così perché questa volta gli zuccheri
non vengono attaccati all’azoto (come avveniva nel reticolo) nelle catene laterali delle proteine, ma sulle catene laterali degli
ossigeni (le catene laterali che contengono ossigeno sono tre: Treonina, Tirosina e Serina, questi amminoacidi nelle catene
laterali, ma in posizioni diverse, contengono ossigeni), questi ossidrili possono essere presi come punti di aggancio/ lavoro da
questi enzimi che glicosilano le proteine. Queste glicosilazioni sono completamente diverse da quelle del reticolo a causa di
questo (ossigeno al posto di azoto).

Esistono storicamente due modi diversi di pensare questo il processo di macchinazione:

• MODELLO DI TRASPORTO VESCICOLARE: Cioè si pensava che le proteine venissero spedite da una cisterna all’altra per
essere elaborate attraverso delle vescicole. Questo veniva anche confermato dal fatto che, se si fosse osservato il Golgi al
microscopico, si sarebbero visti sui bordi delle vescicole. Per questo pensarono che in direzione cis-trans queste proteine
venivano elaborate in una cisterna, spedite in un’altra dove veniva elaborata di nuovo e così via.
In realtà si è visto che è improbabile che avvenga questo.
• MODELLO DELLA MATURAZIONE DELLE CISTERNE: Si scoprì però un metodo più elaborato. Le proteine vengono caricate/
portate nelle cisterne…la cisterna, a quel punto, avanza verso l’altra cisterna e porta gli enzimi nella cisterna precedente.
Alla cisterna che avanza arrivano, a sua volta, gli enzimi dalla cisterna successiva (quindi c’è un passaggio di enzimi di
cisterna in cisterna). Ma in tutto ciò le proteine che sono entrate nella cisterna? Dunque, le proteine, nello stesso
momento, avanzano verso la faccia trans della cisterna, dove avviene lo smistamento (basta immaginare la faccia trans
come un ufficio postale, dove arrivano le proteine per essere smistate).
I loro destini sono 3:
❖ DESTINO DI DEFAULT: Se non ci sono segnali va fuori dalla cellula (verrà incatenata in una vescicola di secrezione e
verrà portata fuori), sia in modo regolato (esocitosi [spiegazione nei macrotrasporti] che avviene solo quando arriva un
certo segnale alla cellula in questo modo sa che deve rilasciare il contenuto di quelle vescicole) sia in modo costitutivo
(può avvenire sempre, ad esempio deposizione della matrice).
❖ INSERIMENTO IN MEMBRANA: Hanno il compito di portare le proteine in membrana.
❖ INDIRIZZAMENTO: Indirizzamento di alcune proteine specifiche al lisosoma (di cui parleremo).

In base a questi destini, come fa la cellula o il Golgi a capire quando indirizzare alcune proteine verso un destino lisosomiale?
Il metodo che usa è quasi sempre dettato dalla chimica; Queste proteine vengono munite di un’etichetta molecolare, nella faccia
cis, per essere riconosciute…l’etichetta è il Mannosio-6-fosfato, uno zucchero modificato presente sulle proteine lisosomiali
(non è un mannosio normale, ma ha un fosfato attaccato). Dove si trova il sistema di lettura? Nella facciata trans (definito trans
Golgi network). Come fa a leggere un’etichetta con uno zucchero modificato? I recettori che sono presenti nel trans.
Arrivano poi le vescicole, che avvolgono la proteina, e va a fondersi con il lisosoma.

LISOSOMA: compartimenti digestivi delle cellule eucariotiche; piccoli organelli delimitati da singola membrana (a doppio stato
fosfolipidico, bilayer); dimensioni intorno a 250 nanometri (0,5-0,25 micron); identificabili tramite marcatura.

Essendo dei compartimenti digestivi, possiedono degli enzimi (circa 50) in grado digerire materiale che significa spezzettano/
idrolizzano, biochimicamente parlando sono delle idrolasi acide. Le idrolasi acide sono enzimi idrolitici, che rompono dei legami
chimici con l’acqua, e lavorano solo se si trovano in ambiente acido, ovvero che hanno un pH inferiore a 7…generalmente il pH
lisosomiale è intorno a 4.5 – 5.
Come fa un lisosoma a creare un ambiente acido intorno a 5 (considerando che in una cellula si aggira intorno a 7)? Pompando
attraverso processo attivo primario dei protoni all’interno del lisosoma.

Nel lisosoma finiscono materiali, molecole, detriti cellulari e addirittura cellule intere…che devono essere spezzettate; spesso le
degrada per riutilizzare quello che si trovava al loro interno; oppure un altro scopo è quello di spezzettare per prendere questi
pezzetti per stimolare la produzione di anticorpi.

PEROSSISOMA: sono organelli circondati da singola membrana (doppio strato fosfolipidico, bilayer); si riconoscono bene perché
c’è uno pseudo nucleo (dal colore scuro detto elettro-inverso perché al microscopio appare di questo colore); ci sono tanti
enzimi diversi ed è ricco di ossidasi (che causano per questo motivo la nascita di questo pseudo nucleo).

Si chiamano così perché producono perossido di idrogeno (prodotto per errore in una delle tante ossidasi), ovvero, acqua
ossigenata (H2O2) che è tossica perché può ossidare molecole organiche come proteine, fosfolipidi…quando questo avviene
diventano disfunzionali. Esistono dei sistemi di difesa contro l’acqua ossigenata, in particolare è capace di togliere di mezzo
l’acqua ossigenata in eccesso e l’enzima che si occupa di questo, si chiama catalasi. La catalasi è un tetramero che contiene
ferro, capace di scindere in gran parte l’acqua ossigenata in acqua e ossigeno e in più assicura che non escano dal perossisoma,
facendolo ad una grande velocità…per questo è uno degli enzimi, se non l’enzima, più veloce.
La restante parte di acqua ossigenata è utilizzata dal perossisoma per fare altre cose, ad esempio, una parte dell’etanolo che noi
ingeriamo, viene detossificato grazie all’acqua ossigenata dei perossisomi.
Funzione del perossisoma: preparare alcune molecole per la degradazione nel mitocondrio, ovvero, gli acidi grassi a catena
molto lunga (perché possono entrare nel mitocondrio solo se hanno una catena più piccola), in modo tale che si possa prendere
l’energia che possiedono per usarla (questo avviene però nel mitocondrio).
Il compito del perossisoma è dunque quello di spezzettarlo, ma facendo questo si produce acqua ossigenata.

Le proteine del perossisoma vengono sintetizzate dai ribosomi liberi (come avviene per alcune proteine mitocondriali).

CITOSCHELETRO: È un sistema (non più organello) che consente alla cellula di avere una forma e cambiarla e svolgere funzioni
importantissime. È un sistema continuamente riorganizzato ed è questo che permette tutte queste funzioni.
Stiamo parlando di un insieme di proteine che collaborano per permettere alla cellula di svolgere le importanti funzioni come il
movimento, la fagocitosi, il trasporto vescicolare nella cellula.

Senza il citoscheletro non avverrebbe nemmeno la divisione cellulare.


Il cariotipo si fa avvelenando il citoscheletro, interrompendo così la divisione cellulare, vedendo se il feto è portatore di malattie
cromosomiche.

Le proteine del citoscheletro sono altamente conservate.


Le proteine del citoscheletro sono usate anche come antitumorali.

Sono 3 le proteine che costituiscono il citoscheletro:

• MICROTUBULI: Sono sempre gli stessi e organizzati allo stesso modo; molto dinamici, allungati e accorciati molto
velocemente, assemblati e disassemblati continuamente; sono dei tubi (cavi), hanno un diametro esterno (25 nanometri) e
interno (14 nanometri), sono i più grandi elementi del citoscheletro. Le proteine sono costituite da tubulina.
• MICROFILAMENTI: Sono sempre gli stessi e organizzati allo stesso modo; molto dinamici, allungati e accorciati molto
velocemente, assemblati e disassemblati continuamente; sono i filamenti più piccoli di spessore (7 nanometri), organizzati
in 2 microfilamenti attorcigliati in doppia elica. Le proteine sono costituite da actina.
• FILAMENTI INTERMEDI: Sono presenti ma non in tutte le cellule troviamo gli stessi; sono più stabili, meno plastici degli
altri due. Le proteine sono costituite da tanti tipi di proteine diverse: laminine, terapine, GFAP, ecc…

MICROTUBULI: Strutture di tubi cavi lunghi formate da 13 proto-filamenti tra di loro affiancati a corona.

Questi 13 proto-filamenti sono formati da tubulina (proteina tubulare); presentano delle subunità ripetute chiamate dimeri (due
proteine) e sono: alfa-tubulina e beta-tubulina. Questi alfa e beta hanno delle particolarità, perché a loro si lega GTP: il GTP
legato ad alfa si chiama GTP-strutturale (in pratica, c’è GTP e rimane tale), invece quello legato a beta è un GTP-idrolizzabile (il
GTP può essere idrolizzato, è GTP fosfato, dove diventerà una volta idrolizzato GDP).
Per essere allungati: questi microtubuli hanno bisogno di alte concentrazioni di subunità quindi di alfa- e beta-tubulina che
leghino due molecole di GTP per farlo allungare. I microtubuli si allungano da entrambe le parti, anche se si allungano più
velocemente da un’estremità (chiamata estremità +) rispetto all’altra che procede più lentamente (che si chiama estremità -).
Dai nomi si può intendere che ogni estremità è polarizzata.
Un’ altra caratteristica è che nel momento in cui questa subunità/ dimero viene agganciato ad un proto-filamento che si sta
allungando, il GTP-idrolizzabile, viene idrolizzato diventando GDP. Quando viene idrolizzato il dimero comincia a stare stretto in
quel proto-filamento, comincia a perdere interazioni importanti, e viene staccato da esso. Questo è un processo di
disassemblaggio.
Il microtubulo che si è formato ora comincerà ad essere composto da: dimeri di alfa- e beta-tubulina, legati a GDP. Se non
leghiamo queste subunità tutto ciò non avviene, il microtubulo si accorcerà e si andrà incontro ad una catastrofe microtubulare.

Potremmo avere dei casi, visionabili solo se si guarda il microtubulo in provetta, in cui avremo l’estremità + che si allunga e
l’estremità – che si accorcia. C’è una certa concentrazione di queste subunità alla quale il microtubulo si allungherà
(nell’estremità +) alla stessa velocità con cui si accorcerà (nell’estremità -). Questo fenomeno è chiamato treadmilling. Questo
significherà che il microtubulo anche se rimarrà alla stessa grandezza, sta rinnovando continuamente le sue subunità.

Questo nelle nostre cellule non avviene perché abbiamo delle proteine che mantengono stabili i nostri microtubuli, impedendo
che perdiamo subunità anche quando quel GTP viene idrolizzato.
Queste proteine si chiamano MAP (proteine associate ai microtubuli):
[Questo è quanto ci chiederà il professore, niente più e niente meno, basta sapere che nelle nostre cellule c’è una rete di
proteine MAP che si occupa di aiutare i microtubuli a svolgere i loro lavori.]
- Ci sono proteine che tagliano i microtubuli come una forbice, si chiamano cataline.
- Ci sono proteine che sequestrano queste subunità, in modo tale che i microtubuli non possano più allungarsi.
- Ci sono proteine che si attaccano all’estremità + o – affinchè non vengano perse o acquisite nuove subunità.

MICROFILAMENTI: Seguono qualcosa di simile ai microtubuli; solo che essi sono strutture sottili di due filamenti a doppia elica
(si avvolgono gli uni sugli altri) e sono polimeri (coppie avvolte) costituiti da delle proteine di actina che si pongono sempre nello
stesso verso, le subunità sono dette di actina-G (monomero; actina gloculare) e si ripetono nello spazio. Il filamento, si chiama
actina-F (7 nanometri);
Quindi due filamenti di actina formano il microfilamento.
L’actina-G, non è una proteina simmetrica, da una parte è chiusa e dall’altra aperta, è composta da polarità strutturale (non
elettrica).
Anche questa actina ha un sito di legame, sempre ad un nucleotide, l’ATP. Così come la tubulina non poteva legarsi ad un proto-
filamento se non c’era GTP, anche l’actina non può legarsi ad un proto-filamento se non c’è ATP.

In assenza di ATP e senza GTP non avremmo un citoscheletro funzionale perché non potrebbero polimerizzare gli elementi (del
citoscheletro).
Esse consentono l’assemblaggio di alcuni elementi del citoscheletro.

Anche nei microfilamenti c’è un’estremità che cresce più velocemente (estremità +) e una che cresce o meglio decresce più
lentamente (estremità -).

Cosa avviene sui microfilamenti


microtubuli? Una delle sue funzioni più importanti è quella di costituire dei binari molecolari. Quando parliamo
di trasporti, stiamo parlando di binari sopra i quali camminano letteralmente delle proteine, queste si chiamano proteine
motrici. I microtubuli sono usati da due famiglie di proteine motrici: le chinesine (generalmente camminano sui microtubuli
verso le estremità +) e le dineine (camminano verso le estremità -, con pochissime eccezioni).
Per svolgere il loro compito di proteine motrici, la chinesina e la dineina, hanno bisogno di energia che viene fornita loro dall’ATP
(legano ATP e la idrolizzano). Anche qui l’ATP è utile, perché serve ai trasporti intracellulari.
Se si va ad alterare una proteina motrice, si rischia di alterare il microfilamento, con il trasporto di vescicole all’interno della
cellula o l’apparato del Golgi, ecc…

FILAMENTI INTERMEDI: Sono la parte più stabile, a differenza dei due precedenti che sono dinamici; non tutti sono uguali,
possono essere anche totalmente diversi il tutto va in base al tipo di cellula che si considera, ad esempio: tipico delle cellule
epiteliali sono i filamenti intermedi di cheratina e ce ne sono di diversi tipi, dei neuroni sono i neuro filamenti, dunque questo fa
capire che possiamo distinguere le cellule in base al tipo di filamenti intermedi; visionabili attraverso marcatura.

SEGNALAZIONE INTERCELLULARE: La cellula ha continuamente bisogno di scambiare e ricevere informazioni con altre cellule e
con l’ambiente esterno.

Cellula che manda il messaggio: SORGENTE;


Cellula che riceve il messaggio: BERSAGLIO.

Questo compito avviene per via di messaggeri chimici, possono essere di natura proteica (es. insulina) o non proteica (es.
glutammato), sono molecole che viaggiano…possono viaggiare lontano (si parla di SEGNALAZIONE ENDOCRINA, es. ormoni),
vicino (SEGNALAZIONE PARACRINA, influenza le cellule circostanti) o addirittura sulla stessa cellula che li ha liberati
(SEGNALAZIONE AUTOCRINA).

Errori nelle interazioni di segnalazione ed elaborazione delle informazioni sono responsabili di malattie come cancro,
autoimmunità e diabete.

Questo messaggio cosa porta? Informazioni…la cellula che lo riceve deve: poterla riconoscere e mettere in atto una risposta
adeguata.
La cellula può non rispondere ai messaggi, semplicemente non riconoscendoli al loro arrivo. Fanno eccezione i messaggi chimici
in grado di attraversare la cellula es. ormoni steroidei, possono entrare anche senza riconoscimento. Le altre devono essere
riconosciute sulla superficie della cellula.

Come fa una cellula bersaglio a riconoscere il messaggio senza che esso entri al suo interno? Deve presentare dei recettori in
superficie per quegli specifici messaggi chimici.

Come fa a rispondere a questi messaggi? Deve essere presente nella cellula bersaglio un sistema molecolare che risponda a
questi messaggi. Interviene la Cascata del Segnale o Post-percettoriale (cascata biochimico-metabolica), dove viene modificato
lo stato di attività di altre proteine (tipicamente) attivandole o disattivandole e questo porta a degli eventi.
Questo tipo di risposta può avvenire: attraverso modificazione di proteine che già esistono nella cellula delle risposte veloci
oppure può portare a modificazioni a livello di espressione genetica, accendendo o spegnendo geni, delle risposte lenti. Queste
risposte possono coesistere, possono avvenire insieme.
In genere succede che, per esempio, un recettore riconosca un messaggio chimico fuori dalla cellula (ovviamente in questo caso
si parla di un recettore di superficie), questo recettore ha tre domini: extracellulare che riconosce il messaggio chimico,
transmembrana e intracellulare. Per poter accendere la cascata del segnale, il legame tra recettore e ligando deve portare a
qualcosa che avvenga nella cellula, altrimenti il messaggio non verrebbe trasdotto, per essere trasdotto c’è bisogno che il
messaggio chimico che rimane fuori legandosi al recettore, attivi una risposta intracellulare.
Molti dei recettori intracellulari hanno un dominio enzimatico, ciò che prende un substrato e lo trasforma in un prodotto.
Quando ciò avviene si attiva il recettore intracellulare e si può attivare la Cascata, che attiva o disattiva la proteina dando luogo a
delle proteine effettrice.
Ci sono anche recettori che non hanno proprietà enzimatiche, ma fanno entrare ioni.
Ci sono recettori accoppiati a proteine G (sono recettori privi di canale, così chiamato perché lega GDP). Formate da tre
subunità: alfa, beta e gamma legano normalmente il GDP. Quando il recettore si lega ad essa, la proteina si dissocia, si staccano
alfa da beta e gamma, e alfa viene sostituito da GTP. A quel punto la proteina alfa può fare altre cose, andando ad avviare una
Cascata di segnale. Anche beta e gamma che si sono dissociate, possono andare a compiere altre azioni, come quella di andare
ad attivare un enzima, chiamato Fosfolipasi-C, è un enzima che scinde dei fosfolipidi.

Quando intervengono secondi messaggeri c’è il fenomeno dell’amplificazione del segnale. Questo fenomeno ha come
responsabile la proteina G.

Appunto: [TNF-alfa è una proteina importantissima nei processi di necrosi (morte cellulare) o infiammazione.]

CICLO CELLULARE: La teoria cellulare stabilisce che ogni cellula si origina da un’altra cellula.
Le cellule attraversano vari stadi durante la loro esistenza e il ciclo cellulare ne definisce le tappe. Si chiama ciclo perché è un
attività che percorre sempre le stesse tappe.

Le sue componenti sono:

• L’interfase: periodo di tempo che la cellula passa senza dividersi.


• Divisione: fase in cui la cellula decide di dividersi.

La durata del ciclo varia nelle diverse cellule, ad esempio:


- Nel lievito che noi mangiamo, il ciclo dura 2 ore;
- Nelle cellule di mammifero dura 12 mesi.

Una caratteristica comune a tutti gli organismi è che nel ciclo cellulare avviene una duplicazione del materiale genetico, che poi
sarà diviso per la trasmissione alle cellule della generazione successiva.

La divisione si divide in ulteriori fasi:

• FASE G1: la cellula si prepara alla duplicazione di materiale genetico;


• FASE S: duplica il materiale genetico;
• FASE G2: si prepara alla divisione cellulare.
Questa divisione prende il nome: Mitosi (fase M) o Meiosi a seconda della cellula che descriviamo. Se parliamo di cellule
somatiche si parla di mitosi, se parliamo di cellule che danno origine ai gameti (vengono formati tramite processi meiotici)
parliamo di meiosi. Noi abbiamo 22 cromosomi omologhi (ereditati da madre e padre) e 2 sessuali.

DIFFERENZE:

• MITOSI: processo di divisione equazionale che porta una cellula madre a originare due cellule figlie che ereditano lo stesso
patrimonio genetico della cellula madre.
• MEIOSI: processo di divisione riduzionale (dimezzare il numero di cromosomi) intrapreso soltanto dalle cellule della linea
germinale e che porta a originare i gameti, necessari alla riproduzione sessuata.

Questo ciclo è sottoposto a tanti controlli, definiti checkpoint (si trovano in ogni fase), perché non vuole far andare avanti nel
ciclo delle cellule con problemi al materiale genetico. Se la cellula presenta dei problemi, viene stoppata.
Spesso questi checkpoint funzionano male, per questo ci sono delle malattie genetiche.

Un controllo del ciclo è esercitato da proteine chiamate cicline (gli esperti che studiano il ciclo cellulare, sono Esperti di Cicline),
importanti perché regolano altre proteine, spesso, le chinasi, conosciute in questo caso come chinasi-ciclina-dipendente (cdk),
che vengono attivate e disattivate in base alla concentrazione delle cicline.
Questo tipo di indagini ha permesso la comprensione del ciclo cellulare.

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