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Materia: Biologia
Lezione: Numero 1
Professore: Alessandra Modesti
Sbobinatore/Revisore: Sofia Gnassi / Camilla Filippi
4) La teoria cellulare: composta da postulati che devono essere rispettati per far si che una
determinata struttura venga definita cellula.
Vedremo ad esempio che i virus non rispettano questi postulati e che quindi non si possono
definire cellule.
formano
ORGANIZZAZIONE GERARCHICA IN BIOLOGIA
costituiscona
Questa organizzazione è manutenuta in tutte le forme viventi!
- Atomi: come già sappiamo dalla chimica essi sono costituiti da elettroni, protoni e neutroni.
Gli atomi entrano in contatto tra di loro attraverso gli elettroni. Quindi gli atomi, che sono la parte
più piccola di una sostanza, si legano seguendo delle specifiche leggi che riguardano la chimica.
Quando due o più atomi si uniscono lo fanno in modo forte, attraverso dei legami covalenti, cioè
mettendo in condivisione degli elettroni (particelle che sono sempre in movimento). In base al tipo
di atomo, in base alla tavola periodica, noi sappiamo che alcuni sono in grado di condividere
elettroni.
si legano si formano
Spayed
Quando due o più atomi si legano tra di loro si formano le:
- Molecole: ad esempio acqua, anidride carbonica, glucosio, glicina (un amminoacido). Una
molecola è quindi una una composizione stabile di atomi, legati fra di loro da legami forti e ogni
dibiase
Foi posse approfondire
condinidono
molecola ha la sua caratteristica: ad esempio una molecola di colesterolo ha dimensioni molto più
grandi rispetto a una molecola di acqua.
L’acqua è formata da tre atomi H2O, così come la CO2, mentre il colesterolo è formato da molti più
atomi, quindi le molecole possono avere dimensioni variabili e caratteristiche ben specifiche.
Il glucosio si può quindi legare ad altre molecole di glucosio in modo covalente, formando una
struttura forte ben definita, che ha una sua caratteristica chimico fisica e va a costituire una
molecola di grosse dimensioni.
da
tanti amminoacidi), acidi nucleici.
e formato
Queste quattro macromolecole vanno a costituire aggregati di macromolecole o:
La più semplice è la membrana plasmatica. Essa è costituita da lipidi particolari che si aggregano
grazie alle loro caratteristiche chimico-fisiche: i lipidi tendono a formare dei legami idrofobici. Negli
aggregati molecolari infatti non si formano legami covalenti, ma le macromolecole si associano per
affinità chimico-fisica. Quindi i lipidi nella membrana plasmatica tendono a formare tra di loro
interazioni idrofobiche. Quando si parla di interazioni ci si riferisce a legami deboli (che non sono
legami come quelli tra atomi a formare molecole).
Altri tipi di aggregati molecolari sono ad esempio i ribosomi, definiti come “la fabbrica” delle
proteine cioè dove avviene il legame tra gli amminoacidi, dove avviene la traduzione.
I ribosomi sono aggregati di proteine con un acido nucleico che è l’RNA (nello specifico l’RNA di
struttura che è l’RNA ribosomiale).
sono silent
Quindi aggregati di macromolecole vanno a costituire gli organelli: i mitocondri per esempio sono
formati da membrane, che all’interno contengono un DNA proprio e dei ribosomi propri.
Tutti gli organelli che andremo a vedere, e di cui andremo a studiare la funzione biologica, sono
aggregati di macromolecole.
- Cellula che è la più piccola unità vivente. Essa quindi, nella sua struttura, è in grado di svolgere
le sue funzioni vitali.
shi atomi
non si legano a casetea di low
materia si devaorganiggace
mode beendefiniteper
andane a costituire quella
cheha lacellular punto
el la basedella into
good
Nella foto 1.1 vediamo proprio questa gerarchia, a partire dall’atomo, dalle piccole molecole, in
cui già c’è un aggregato, un legame tra atomi. La molecola che vediamo disegnata è la molecola
dell’acqua, la sferetta rossa rappresenta l’atomo di ossigeno e le due sferette chiare ai lati più
piccole sono le molecole di idrogeno.
Accanto abbiamo una macromolecola cioè un aggregato di più molecole, per esempio una
proteina, una molecola di amido.
Segue nell’immagine la cellula, che abbiamo detto essere la più piccola unità vivente, in grado di
svolgere tutte le funzioni della vita: si può riprodurre, può produrre proteine, effettua metabolismo,
si accresce.
Nella parte superiore dell’immagine troviamo gli organismi eucarioti animali, sotto invece troviamo
organismi eucarioti vegetali.
Quindi le cellule sono più o meno molto simili, sempre formate da aggregati di macromolecole, con
delle differenze che fanno si che abbiano funzioni diverse. Per esempio nella cellula vegetale è
necessaria una parete che mantenga la cellula in una certa posizione, cioè conferisca stabilità
della cellula. Nelle cellule e negli organismi animali c’è uno scheletro che mantiene la stazione
eretta, c’è così meno bisogno di pareti, infatti le cellule eucariotiche animali non hanno parete.
Inoltre nelle cellule eucariotiche animali non è presente il cloroplasto, perché sono due tipi di
cellule che effettuano metabolismi diversi.
Le cellule si associano, perché la cellula è la prima unità vivente ma poi aumenta la complessità.
Le cellule possono (ma non devono) associarsi: esistono organismi unicellulari, formati quindi da
una sola cellula (i lieviti sono organismi eucarioti unicellulari).
Nei pluricellulari le cellule con le stesse funzioni si associano, quindi aumenta il livello di gerarchia.
Quindi le cellule dello stesso tipo negli organismi pluricellulari si associano per formare tessuti:
nella nostra immagine troviamo un tessuto muscolare cardiaco che è formato da cellule tutte
uguali, che svolgono tutte la stessa funzione, hanno tutte la stessa forma (che deve essere
allungata in questo caso perché possano contrarsi), producono quindi tutte le stesse proteine
(dall’inizio abbiamo detto che le funzioni delle cellule sono svolte dalle proteine).
Più tessuti, a loro volta formati ognuno da cellule uguali, si associano tra di loro a formare l’organo
(ad esempio il cuore, il fegato, il cervello). Gli organi sono quindi formati da tessuti diversi che però
svolgono una funzione comune. Il tessuto che vediamo qui delle cellule cardiache è “di struttura”,
cioè mantiene insieme le cellule; oppure i vasi e il tessuto vascolare danno luogo all’organo.
it
Un’insieme di organi dà luogo al sistema, quindi i vasi sanguigni insieme al cuore formano il
sistema cardiovascolare.
Quindi in alto (figura 1.1) noi abbiamo seguito l’organismo animale, in basso quello vegetale ma il
concetto è lo stesso.
Perché in un organismo pluricellulare, che abbiamo detto all’interno delle sue cellule contiene la
stessa informazione, esistono cellule diverse? Perché producono PROTEINE diverse. Questo
avviene perché alcune informazioni per formare una proteina in una determinata cellula sono
spente. Cosa sono le informazioni? I geni. Cosa sono i geni? Il gene è per definizione la forma
funzionale di un tratto di DNA che produce, che si esprime, che porta informazioni per produrre
una specifica proteina.
componentelements
esseri non viventi. Tutti gli esseri viventi e le componenti non viventi che interagiscono tra di loro, o
meglio, gli esseri viventi che interagiscono con delle strutture non viventi (terreno, rocce, gas
naturali).
sista disequilibrio
È molto importante che ci sia un’organizzazione e una gerarchia che deve sempre essere
rispettata, perché altrimenti si ottengono altre molecole che non potranno aggregarsi a formare
MM
quegli aggregati molecolari indispensabili per la formazione di quella che è la cellula.
utiliallaformagone della in modotaledaolteneremolecoleche
cellular
FUNZIONI E LIVELLO GERARCHICO DELLE STRUTTURE possonosempreaggregarsie
formate aggregatemolecolari
Le molecole svolgono funzioni biologiche semplici. Gli organelli svolgono funzioni più complesse.
Se selenona
Nel caso della membrana, ad esempio, quella di selezionare cosa può entrare o uscire da una
cellula, La cellula è infatti rivestita da membrana, ma è principalmente è un sistema aperto, cioè
entra ed esce materiale, in modo però selezionato. Selezionato perché la membrana ha una
struttura particolare idrofobica, mentre all’interno e all’esterno della cellula troviamo materiale
idrofilo, essa contiene infatti acqua (80-70%) e vive in acqua. Per questo motivo sia le molecole
che devono trovarsi dentro la cellula sia quelle nel materiale extracellulare (negli organismi
pluricellulari) devono essere solubili in acqua.
jyabeing
am il passaggio di molecole idrofile, essendo lei idrofobica le respinge.
Quindi la membrana impedisce
Può però selezionare alcune molecole idrofile che devono attraversare la membrana (come
amminoacidi/glucosio) grazie a particolari proteine trasportatrici.
Un’ altra funzione complessa svolta dalla membrana è quella di interagire con altre cellule: anche
in questo caso utilizza delle proteine specifiche che sono in grado di far comunicare la cellula con
le sue compagne oppure con cellule diverse.
Dato che gli organismi pluricellulari sono formati da più cellule con funzioni diverse, essi
svolgeranno funzioni ancora più complesse (rispetto a quelle della singola cellula): visione,
emozioni, intelligenza, movimento, contrazione, ecc.
1. Crescita e sviluppo
La cellula deve crescere, svilupparsi e assumere una sua forma finale. La singola cellula che si
origina, una volta che si è formata in base ad una sua divisione precedente, è di piccole dimensioni
e non ha una forma specifica; passa un periodo di tempo in cui cresce e diventa cellula adulta,
quindi ad esempio un neurone, cellula del sistema nervoso, assume quella sua forma caratteristica
(un motoneurone ad esempio presenta un prolungamento del citoplasma e della membrana che gli
serve per collegarsi con le cellule muscolari), sempre grazie alle specifiche proteine espresse.
Ogni singola reazione chimica (che sono migliaia nella cellula) è regolata da una proteina
specifica. Queste sono determinanti poiché alcune alterazioni portano a patologie.
degregated
degrade siformaunecesso
done essere eliminate dagliengine
degradano
a AI CAMBIAMENTI AMBIENTALI
LE SPECIE SI ADATTANO
si attune
L’ambiente seleziona gli organismi, li fa cambiare così che possano adattarsi al cambiamento
ambientale (becco più lungo, le penne dell’uccellino…).
Consideriamo in medicina i batteri che sono in grado di resistere agli antibiotici: anche questo è un
adattamento. Diventano in grado di adattarsi perché cominciano a produrre proteine che
IN l’antibiotico, cioè la molecola che è nociva.
degradano NM Questo avviene perché il DNA può arrivare
a produrre in una di queste cellule, una in cui il DNA è ricombinato e ha cominciato a produrre una
proteina che degrada la penicillina, per esempio, o un antibiotico.
Questi adattamenti sono dovuti a delle mutazioni casuali della molecola del DNA, che sono
casuali; però tra tutti gli individui che si possono venire a creare, si seleziona quello che è più
resistente in quel determinato ambiente.
en
Ciò avviene quando il DNA si replica, momento in cui possono avvenire delle mutazioni casuali,
alcune delle quali portano alla formazione e sopravvivenza di individui più resistenti in
quell’ambiente che cambia.
trai variesserimienti
I DOMINI ED I REGNI DELLA VITA baselegions naturals
I regni della vita partono tutti da un progenitore comune, quindi un primo organismo, una prima
cellula da cui originano tutti gli altri. Una prima cellula da cui si originano fondamentalmente quelli
che sono stati definiti i 3 domini: i batteri, gli archea e gli eucarioti.
Aneta
I batteri e gli eucarioti sono
proprio i due estremi.
Gli eucarioti sono invece quelli più complessi che si sono evoluti con passaggi successivi; in essi si
distinguono gli eucarioti animali, gli eucarioti vegetali (caratterizzati entrambi da un’elevata
complessità e sono tutti e due organismi pluricellulari), i funghi (anch’essi pluricellulari) e i protisti. I
protisti sono organismi unicellulari che però hanno la complessità delle cellule animali.
- Eubatteri
progenitor
- Archeobatteri
- Protisti
Inf
- Piante
- Funghi
- Animale
Tutti gli organismi per vivere, quindi crescere e riprodursi, hanno bisogno di energia, così ogni
cellula acquisisce continuamente nutrimento.
Vediamo quindi l’importanza degli organismi vegetali che sono quelli che trasformano la materia
inorganica (l’anidride carbonica, carbonio che non ha più fonte di energia viene trasformato in
glucosio). È la capacità di immagazzinare l’energia luminosa, quindi l’energia solare, in una forma
di energia che può essere usata da tutti gli organismi, che è il glucosio: una molecola organica in
grado di immagazzinare l'energia sotto forma di elettroni.
trasformark in glucosio
Biologia – Lezione n° 02
14/10/2021
Data: 14/10/2021
Materia: Biologia
Professore: Modesti
l
soprattutto gli eterotrofi, prima consumatori (eucarioti animali) e poi decompositori.
Gli autotrofi sono detti produttori e comprendono: piante verdi, alghe e i cianobatteri, che
sono precursori A
IN antenati del cloroplasto che si trova proprio nella cellula eucariote vegetale;
8
mentre nei mitocondri (e in minima parte nel citoplasma) si svolge il processo inverso che
consuma il glucosio per arrivare all’ATP (adenosintrifosfato).
La fotosintesi necessita dei carboni ossidati della CO2 ma anche dell’acqua, che tramite
fotolisi cederà i suoi elettroni per ossidare l’ossigeno e trasformarlo in prodotto di scarto a
sotto forma molecolare O2. Perché avvenga questo fenomeno è necessaria energia
MA
luminosa, che viene assorbita dagli autotrofi e utilizzata per innescare la reazione.
Il glucosio prodotto verrà poi usato dagli eterotrofi nella respirazione cellulare per produrre
ATP con scarto di CO2; si chiama “respirazione” cellulare perché coinvolge l’O2 che serve
per ridursi accettando gli elettroni del carbonio ossidato di CO2.
L’ossigeno è un gas, che in quanto tale si diffonde secondo pressione nei tessuti e
attraversando le membrane (appunto permeabili ai gas come O2) giunge fino ai mitocondri,
dove si riduce a produrre acqua, scarto insieme all’anidride carbonica.
Infine i decompositori (batteri e funghi), che estraggono energia dai rifiuti a
en organici dei
consumatori non ancora del tutto ossidati perché in decomposizione.
statoil
grate avedon
Storia della vita sulla terra
e
- Prima van Leeuwenhoek (1632-1723) intravide la struttura interna della cellula e i
microrganismi.
Af
- Poi Hooke (1635-1702) osservò e descrisse per la prima volta le cellule nella corteccia del
sughero, e decise di dargli il nome “cellula” in virtù di quegli spazi vuoti a forma di cella
lasciati dalle cellule morte del sughero.
- Nel 1839 Schleiden e Schwann formularono la teoria cellulare, che si basa su tre postulati:
- tutti gli organismi consistono di una o più cellule
- la cellula è l’unità di base di tutti gli organismi, e quindi corrisponde alla minima forma
di vita
perfmostrate
- ogni cellula deriva da una cellula preesistente
- Infine nel 1863 Pasteur confutò la teoria
della generazione spontanea della forza vitale
conflategrazie al suo esperimento, in cui utilizzò
µ
un’ampolla di vetro a collo lungo con un brodo
nutritizio all’interno; in un primo momento bollì
il brodo per sterilizzarlo e nonostante il tempo
passasse nessuna forma di vita si
manifestava, in seguito spezzò il collo
aumentando la superficie a contatto con
l’esterno e dopo poco vide che brulicava di
vita: non esiste lo spirito vitale, dentro
all’ampolla è semplicemente caduta della
polvere contenente batteri.
non c'eraalcunaformadinita
- Andando avanti con la scienza ci si pose però il dubbio (ancora oggi non del tutto risolto)
su come fosse potuta nascere la vita dato che ogni cellula esiste da una preesistente, così
nel 1920 arrivarono Oparin e Haldane ad ipotizzare il concetto di atmosfera prebiotica:
atmosfera riducente senza O2, altissime temperature e tantissime forme d’energia libera
come fulmini, terremoti e radiazioni ultravioletti (in
assenza di ozono). Tutte condizioni ottimali per
favorire la sintesi chimica di composti organici da
materiale inorganico.
- Nel 1953 Miller provò a riprodurre questa atmosfera
prebiotica in laboratorio: creò un circuito composto da
due ampolle del tutto prive di ossigeno molecolare:
una era l’ampolla degli oceani, dove mise dell’acqua;
e l’altra l’ampolla dell’atmosfera, con ammoniaca,
metano, idrogeno solforato e altre molecole
inorganiche.
Riscaldando l’ampolla d’acqua essa evaporava fino a
salire lungo il tubo di collegamento fino ad entrare
nell’altra ampolla e fare sintesi chimica con le componenti dell’atmosfera grazie ad elettrodi
che con le loro scariche elettriche riproducevano i fulmini.
Infine, sul fondo della seconda ampolla un altro vaso, raffreddato, che permettesse la
condensazione dei composti creati fino ad un rubinetto dove Miller prelevava il risultato dei
suoi esperimenti. In questo nuovo composto nascevano amminoacidi, ovvero molecole
organiche da cui poi si sarebbe potuta sviluppare la vita.
Da quella prima sintesi miliardi di anni fa infatti le molecole organiche aumentarono sempre
più di concentrazione, anche perché l’atmosfera diventava sempre più vivibile.
Allora si passò dai primi amminoacidi ai lipidi, i quali poi si unirono a formare membrane,
contenenti un coacervato di molecole organiche che nel complesso prese il nome di
protobionte (o protocellula). Il tutto fino all’arrivo dell’RNA, che permise:
- la prima replicazione, intrecciandosi ad elica con doppio filamento (assume questa
forma aumentando di dimensioni)
- il primo metabolismo, effettuato dai ribozimi (aggregati di RNA simili agli enzimi) per
catalizzare le molecole contenute nel coacervato
- la nascita delle proteine, con il suo ruolo tipico di trasportatore delle informazioni
necessarie a comporre gli aminoacidi
Insomma, una volta arrivato l’RNA si può parlare di vere e proprie cellule, che all’inizio erano
solo procarioti (unicellulari) anaerobi eterotrofi (perché ricordiamo che l’atmosfera era ancora
riducente, dunque i nutrienti erano forniti dall’ambiente).
Quando le riserve di molecole organiche iniziarono ad esaurirsi, solo alcuni tipi di organismi
poterono sopravvivere: quei primissimi autotrofi in grado di sfruttare l’idrogeno solforato
(H2S) per convertire i composti inorganici in organici, ottenendo come materiale di scarto lo
zolfo molecolare. Piano piano, diminuì anche l’idrogeno solforato ma aumentò la
So concentrazione di acqua, così alcuni di questi organismi anaerobi diventarono fotosintetici e
iniziarono ad utilizzare acqua per la produzione di nutrienti, facendo accumulare l’ossigeno
nell’atmosfera come scarto delle loro reazioni.
L’O2 distrusse tutti gli organismi precedenti non abituati all’atmosfera ossidante, ma fece
anche nascere gli aerobi (fino ai primi eucarioti, 2Mlrd di anni fa). Non solo l’ambiente aveva
perso il carattere riducente, ma in più si era andato a formare lo strato di ozono O3 (per via
delle radiazioni) che iniziò a proteggere l’atmosfera dai raggi UV, cancellando
definitivamente anche l’energia che aveva permesso le prime reazioni: MAI più sintesi
abiotica.
Zuccheri complessi
- Amido
Ha funzione energetica nei vegetali poiché riserva di glucosio posizionata nei vacuoli.
È un polisaccaride di α-glucosio (ovvero glucosio ciclizzato in forma α) che si presenta in
due forme distinte:
- amilosio (20%) = concentrato nel centro del granulo di amido, è una catena lineare di
50-300 α-glucosi legati tra loro da legami α 1-4 glicosidici, perché il primo α-glucosio
si lega a partire dal suo C1 attaccandosi al C4 del secondo e così via allungandosi
“orizzontalmente”, senza ramificazioni
- amilopectina (80%) = 1000-6000 molecole di α-glucosio sì a catena (con legami α
1-4 glicosidici) ma con la presenza regolare di estensioni verticali a formare legami α
1-6 glicosidici
- Glicogeno
Sempre riserva energetica come l’amido ma per le cellule animali (fegato, muscoli), la
struttura infatti è composta da soli α-glucosio MA le ramificazioni sono più frequenti e meno
lunghe rispetto a quelle dell’amido, il che comporta una maggiore solubilità. I legami sono
dello stesso tipo dell’amido.
- Cellulosa
Struttura lineare di β-glucosio a formare fibre filamentose con legame è β 1-4 glicosidico.
La cellulosa nell’uomo ha unicamente funzione strutturale perché il nostro organismo non
possiede enzimi in grado di scindere il legame β-glicosidico, mentre nel cavo orale degli
of a sono presenti dei batteri che hanno gli enzimi adatti e riescono a sfruttare la
erbivori
cellulosa anche come fonte di energia.
- Chitina
Funzione strutturale alla base dell’esoscheletro degli insetti, è un polimero
dell’N-acetilglucosamina che si legano con legame è β 1-4 glicosidico.
L’ N-acetilglucosamina è un glucosio modificato che ha legato al C2 un sostituente diverso
da H, nello specifico un gruppo acetile (-COCH3) e un gruppo amminico (NH).
Famosi monomeri di glucosio modificati
Biologia – Lezione n° 03
18/10/2021
Data: 14/10/2021
Materia: Biologia
Negli zuccheri modificati il glucosio viene fosforilato in corrispondenza del carbonio in due posizioni
distinte: in posizione 1 e in posizione 6. Queste due modifiche fanno sì che il glucosio possa
essere utilizzato e possa entrare in una via di degradazione o entrare nella via di polimerizzazione
e quindi prendere parte alla formazione di polimeri. Perché il glucosio viene fosforilato? La
fosforilazione non solo attiva la molecola di glucosio trasformandola in una molecola che può
reagire ma il glucosio modificato per fosforilazione non può più uscire dalla cellula. A quel punto, è
vero anche che il glucosio entra nella cellula attraverso trasportatori poiché è una molecola idrofila,
solubile in acqua e le molecole idrofile non riescono ad attraversare liberamente la membrana
plasmatica poiché la membrana è di natura lipidica e ha natura opposta rispetto alla molecola che
la dovrebbe attraversare. Non potendo avere interazioni con la membrana, non può attraversare le
membrane semipermeabili.
Altri monosaccaridi modificati sono ad esempio gli amminozuccheri, quindi sempre glucosio che
invece di un gruppo OH, gruppo ossidrile, presenta un gruppo NH2, un gruppo amminico,
caratteristico anche degli amminoacidi. Essi sono quindi dei composti specifici che contengono
questo gruppo NH2 che deriva dall’ammoniaca, da cui il nome amminozuccheri.
Vediamo la molecola di
glucosio in forma ciclica. In
questa figura agli angoli
sono scritti gli atomi di
carbonio e in realtà, per
convenzione, molto spesso
nella formula si trova scritto
il simbolo di un elemento
nell’angolo in cui non vi è
l’atomo. In questo caso
però agli angoli
corrispondono gli atomi di
C. L’atomo di carbonio 1 è il
primo che si vede a destra
subito dopo l’atomo di
ossigeno, quindi i carboni
1,2,3,4,5 si trovano
sull’anello mentre il 6 si trova fuori dall’anello. Subito accanto vediamo uno dei carboidrati, uno dei
monosaccaridi modificati che prende il nome di glucosammina. Dal nome si capisce come è
composta la struttura: gruppo amminico legato all’atomo di glucosio, in cui un gruppo OH legato al
carbonio in posizione 2 è sostituito da un gruppo amminico NH2. Accanto vediamo l’N-acetil-D-
glucosammina (al gruppo amminico è stato aggiunto un gruppo acetile CH3CO). Questi due
componenti fanno parte della parete batterica. Inoltre, la glucosammina si trova anche in alcuni
lipidi che vanno a costituire la membrana plasmatica. Accanto si trova accanto un altro composto,
l’acido glicuronico, sul cui atomo di carbonio si trova il gruppo CH2OH che diventa gruppo
carbossilico COOH dopo che quell’atomo di carbonio in posizione 6 viene ossidato. L’atomo di
carbonio è a questo punto a un livello di ossidazione superiore rispetto alla situazione in cui ad
esso era legato il gruppo CH2OH.
Sotto vediamo due zuccheri: il ribosio a 5 atomi di carbonio, sempre in forma ciclica, la forma in
cui si trova in natura e in soluzione, e accanto il suo derivato, il deossiribosio che ha un atomo di
ossigeno in meno rispetto al ribosio. Infatti, invece di avere in posizione 2 un gruppo ossidrile ha
solo un atomo di idrogeno. Questi due sono gli zuccheri che vanno a costituire i nucleotidi, che
sono la base, i mattoni, con cui vengono costituiti gli acidi nucleici. Il ribosio serve per l’RNA, acido
ribonucleico, mentre il deossiribosio è uno dei costituenti dell’acido deossiribonucleico, DNA.
Andando avanti, vediamo un altro derivato, ancora più complesso con un numero maggiore di
sostituenti, che è l’acido N-acetilmuramico. La N-glucosoammina e l’acido N-acetilmuramico
sono proprio i componenti di un polisaccaride particolare che è il peptidoglicano. Il peptidoglicano è
una struttura polimerica formata
dall’alternarsi del dimero formato
da N-acetilglucosammina e acido
N-acetilmuramico (in cui a livello di
un atomo di N è legato un gruppo
acetile). Il peptidoglicano è un
componente della parete batterica.
Quello sotto è sempre un polimero
della N-acetilglucosammina che va
invece a costituire la chitina, il
rivestimento dell’esoscheletro degli
insetti. La parete batterica è
importante poiché è il punto di
attacco di alcuni farmaci cioè gli
antibiotici, che agiscono non tanto
sulla parete ma sugli enzimi, cioè
sulle proteine che sintetizzano la
parete dei batteri. Quindi il
peptidoglicano è questo polisaccaride modificato che va a costituire la parete batterica. I batteri
sono organismi unicellulari che oltre la membrana contengono all’esterno la parete batterica. Oltre
alla parte glicidica è presente anche una parte proteica costituita da alcuni amminoacidi che non si
trovano nelle proteine delle cellule eucariotiche che sono:
acido D-glutammico, amminoacido totalmente modificato che non si trova nelle cellule
animali
D-alanina, forma isomerica di amminoacidi che non si trovano nelle cellule eucariotiche
animali
acido meso -diamminopimelico, forma isomerica di amminoacidi che non si trovano nelle
cellule eucariotiche animali
Proprio questi amminoacidi che non si trovano nelle specie animali sono i punti di attacco degli
antibiotici specifici perché in questo modo non vengono colpite le proteine che invece contengono
gli isomeri di questi amminoacidi. Infatti gli amminoacidi sono importanti praticamente dato che,
non essendoci nelle specie animali, proteggono il batterio (perché non possono essere degradati
dagli enzimi proteasi, peptidasi presenti nelle specie animali).
Esistono due tipi di batteri: i Gram-positivi e i Gram-negativi. Essi si chiamano in questo modo
poiché quelli positivi si colorano con un colorante specifico per le molecole glicidiche, mentre i
negativi non si colorano. Se la parete batterica è costituita da peptidoglicano, i Gram-positivi
saranno i batteri che espongono la componente glucidica e che si colorano a contatto con il
colorante. I batteri Gram-negativi
sono dunque evidentemente coloro
che non espongono questa parete
batterica e quindi non si colorano. I
cilindri che vediamo nell’immagine
di colore marroncino più o meno
scuro sono i polimeri del
peptidoglicano, cioè il polimero di
N-acetilglucosammina e acido N-
acetilmuramico che sono tenuti
insieme da dei ponti di amminoacidi
e questi amminoacidi sono quelli
elencati in precedenza. Queste
catene di amminoacidi ben definite
legano insieme i filamenti di
peptidoglicano e vanno a costituire
questo strato di parete batterica.
Qui vediamo la differenza tra le pareti di peptidoglicano dei due tipi di batteri. Anche quelli che
vengono definiti Gram-negativi e che quindi non si colorano o assumono una colorazione molto
meno intensa, presentano questa struttura anche se, come vediamo nell’immagine, il legame tra le
catene di peptidoglicano è costituito da un minor numero di amminoacidi e quindi i filamenti sono
più compatti nei Gram-negativi rispetto agli altri. Ma non è la sola differenza: nelle immagini
vediamo strati diversi, di colore e intensità differenti poiché l’intensità varia in base alle
caratteristiche chimico-fisiche dei
componenti. Partendo dal basso, la
prima cosa che si può osservare in
maggiore quantità è il citoplasma
della cellula. Dopodiché si osserva
lo strato più scuro lipidico che è la
membrana, più scura perché più
elettrondensa dato che assorbe di
più il flusso di elettroni del
microscopio. Successivamente si
trova lo strato del periplasma,
all’esterno del quale si trova la
parete cellulare. Il periplasma è il
punto in cui il peptidoglicano si
ancora alla membrana plasmatica; rimane però uno spazio che distanzia la parete batterica dalla
membrana plasmatica. I batteri Gram-positivi presentano uno spesso strato di questo
peptidoglicano (filamenti, polimeri che si sovrappongono l’uno sull’altro e che sono tenuti insieme
da ponti corti con un minor numero di amminoacidi che legano queste fibre di polisaccaridi).
Questi, avendo una spessa struttura esterna, esposti al colorante di Gram (contiene iodio che si
lega in modo irreversibile agli zuccheri) si colorano di viola con una bella intensità.
Sotto vediamo come è strutturata la parete batterica che contiene sempre peptidoglicano, più
compatto con le fibre più ravvicinate tra loro, con i ponti di amminoacidi ancora più corti e con lo
strato meno spesso di quello dei Gram-positivi. Verso l’esterno, al di fuori dello strato di
peptidoglicano più sottile dei Gram-positivi, è presente un altro strato di membrana plasmatica. Lo
strato si presenta più scuro poiché
più elettrondenso. I Gram-negativi
presentano sempre la parete
batterica ma ricoperta da
membrana. Essi si chiamano
negativi perché si colorano meno
data la protezione di cui gode la
parete. La differenza risiede nel
genoma di questi batteri, per cui
presentano degli enzimi che sono in
grado di sintetizzare uno strato di
membrana all’esterno che riveste la
parete batterica. Quindi, anche la
parete cellulare batterica (anche le
cellule eucariotiche vegetali
presentano una parete cellulare
composta da cellulosa) possiede
uno strato rigido che serve a dare forma al batterio, a proteggerlo dai reagenti esterni e da
un’eventuale lisi osmotica, cioè impedisce che entri eccessivamente acqua con conseguente
rigonfiamento della cellula che tenderebbe a esplodere, a distruggersi; tuttavia è anche il sito di
attacco di numerosi antibiotici.
Gli zuccheri sono formati da glucosio o comunque da derivati del glucosio, mentre i lipidi sono dei
composti più eterogenei e hanno delle strutture piuttosto differenti anche tra di loro. La
caratteristica comune risiede nella loro insolubilità in acqua, data la loro idrofobicità. Per trovarsi in
una cellula o per anche muoversi all’interno di un organismo pluricellulare devono essere veicolati.
Anche i lipidi che si trovano nella circolazione sanguigna devono essere associati a proteine, che li
rendono solubili e che quindi possono essere trasportati dal sangue. Il vantaggio è che
attraversano liberamente la membrana plasmatica: tutte le membrane plasmatiche sono permeabili
liberamente ai lipidi, senza nessun tipo di trasportatore.
Della classe dei lipidi fanno parte:
- gli acidi grassi
- i trigliceridi (componenti dei fosfolipidi, degli sfingolipidi e degli steroidi che come struttura
hanno poco in comune con le altre classi di lipidi ma vedono come loro capostipite il
colesterolo, molecola di grosse dimensioni idrofoba per il 99%)
- i fosfolipidi
- gli steroidi
- i carotenoidi, che fanno parte del mondo vegetale.
Gli acidi grassi sono composti da lunghe catene di atomi di carbonio che non possono formare
legami a ponte di idrogeno e che per questo motivo sono insolubili in acqua, che però presentano
una piccola porzione idrofila che solitamente si trova all’estremità. Nell’immagine possiamo vedere
l’acido palmitico o palmitato e l’acido oleico o oleato. Entrambi in fondo alla catena di atomi di
carbonio che determina l’idrofobicità della molecola di acido grasso, presentano un gruppo
terminale definito gruppo carbossilico che può andare in soluzione. Tuttavia la presenza dell’acido
carbossilico non esercita nessuna influenza sulla solubilità della molecola in acqua, data la piccola
proporzione. Ma quel gruppo carbossilico serve poiché attraverso il gruppo terminale gli acidi grasi
si legheranno ad un’altra molecola.
L’acido palmitico o palmitato tra gli atomi di carbonio che costituiscono le catene carboniose
presenta solo legami singoli, mentre nell’acido oleico si vede che esiste un doppio legame.
Innanzitutto, l’atomo di carbonio in
qualunque molecola forma sempre e
solo 4 legami (con 4 sostituenti
diversi, doppio legame tra due atomi
C, triplo legame tra due atomi di C.
La differenza tra l’oleato e il
palmitato risiede nell’insaturazione.
Saturo, da un punto di vista del
numero di atomi di idrogeno che
possono essere legati a quell’atomo
di carbonio. L’acido palmitico è
saturo, l’acido oleico è insaturo data
la presenza di un doppio legame tra
due atomi di C. Cosa comporta
questo legame? Esso comporta un
angolo nella catena, quindi la catena
non è lineare come nell’acido
palmitico che invece è saturo. La presenza dell’angolo comporta che i grassi che contengono acidi
grassi insaturi sono liquidi a temperatura ambiente, cioè sono fluidi, mentre quelli che contengono
acidi grassi saturi sono solidi. Infatti l’acido palmitico fa parte dei grassi solidi, l’acido oleico invece
dei grassi liquidi. Questo avviene perché gli acidi grassi saturi sono tutti ben compatti e attraverso
le interazioni idrofobiche eliminano completamente l’acqua e quindi formano delle specie di
blocchetti grazie alle interazioni intermolecolari, come nel caso delle forze di Van der Waals che
tengono le molecole molto ben unite tra di loro. Negli altri, formandosi questi angoli, sono più
distanziati quindi le interazioni sono minori con conseguente maggiore fluidità.
Quando due molecole si legano insieme avviene sempre l’eliminazione di una molecola di acqua,
quindi si ottiene un legame per condensazione. Quando un acido grasso con quel gruppo
carbossilico che presenta un ossidrile -OH si lega a una molecola intermedia di supporto che è il
glicerolo (il quale presenta 3 atomi di C, ognuno dei quali forma 4 legami e presenta un gruppo
ossidrilico -OH) per condensazione si forma un legame particolare che è chiamato estere (acido +
alcol) dando origine a un monogliceride. Se la cellula volesse scindere questo legame, dovrebbe
introdurre nuovamente una molecola d’acqua, ovviamente attraverso l’azione di un enzima
specifico in grado di favorire il processo, e la reazione prenderebbe il nome di idròlisi (lisi
utilizzando l’acqua) e i due componenti
verrebbero liberati di nuovo. Se le molecole
di acido grasso legate al glicerolo fossero
due, il composto prenderebbe il nome di
digliceride; se fossero tre, verrebbe
chiamato trigliceride. I trigliceridi sono i
grassi più comuni che si trovano negli
alimenti e che vengono prodotti con la
dieta.
In questa figura vediamo che uno dei tre
acidi grassi è insaturo e quindi il livello di
compattazione è inferiore perché le code
sono più distanti tra di loro data la presenza
dell’angolo nella catena carboniosa. Quel
trigliceride fa parte dunque di un grasso
liquido.
A cosa servono i trigliceridi in una cellula? Come riserva di energia, perché questi acidi grassi
verranno scissi e ossidati e l’ossidazione, cioè la diminuzione nella struttura dell’acido grasso,
libererà l’energia immagazzinata. Si tratta di una reazione di ossidoriduzione. I trigliceridi si
accumulano in cellule specializzate, gli adipociti, cellule dove nel nucleo è contenuto il genoma
dell’organismo pluricellulare ma che sono deputate ad accumulare goccioline di trigliceridi e a
conservare questa riserva di energia che viene consumata più lentamente rispetto al glicogeno,
polisaccaride del glucosio.
I lipidi che invece non servono come fonte di energia ma come struttura vanno a costituire le
membrane plasmatiche. Essi non possono dunque essere totalmente idrofobi ma devono
necessariamente avere una parte idrofila poiché una cellula si trova in un ambiente acquoso, dato
che la matrice extracellulare è costituita da acqua. Queste molecole si chiamano fosfolipidi e
presentano una parte che contiene acido fosforico, assolutamente solubile in acqua. Esse sono
molecole anfipatiche, presentano cioè allo stesso tempo una prozione idrofila compatibile con
l’acqua e una porzione idrofobica (testa polare, coda apolare). Nella classe dei fosfolipidi troviamo i
glicerofosfolipidi o fosfogliceridi (all’acido fosforico è legato anche un residuo di zucchero) e gli
sfingofosfolipidi (invece di esserci il glicerolo, troviamo un’altra molecola simile al glicerolo ma
avente una lunga coda, chiamata sfingosina e questo ci richiama alle membrane plasmatiche del
tessuto nervoso). Nei glicerofosfolipidi il glicerolo, mediante il suo gruppo ossidrilico, è legato
all’acido fosforico. Gli altri gruppi ossidrilici sono legati a due acidi grassi.
In azzurro vediamo la molecola di glicerolo e notiamo che ai 3 atomi di C sono legati i 3 gruppi
ossidrilici. In basso nel riquadro rosa si trovano gli acidi grassi, ognuno dei quali si lega a uno dei
due ossidrili del glicerolo per formare il digliceride. L’altro gruppo ossidrilico che è rivolto verso
l’alto è legato all’acido fosforico (H3PO4), atomo di P al centro legato con 4 atomi di O e quindi
ogni 3 di questi atomi di O presentano 1 H. la molecola presenta tre gruppi ossidrilici quindi può
formare per condensazione un legame estere con l’ossidrile del glicerolo. L’acido fosforico a sua
volta è legato in questo caso
con un altro composto polare
che può formare legami a
ponte di idrogeno. Quella
porzione verde è la testa
polare, attraverso cui la
molecola può instaurare
relazioni con l’ambiente
acquoso extracellulare o
intracellulare e in seguito si
osservano le due code
idrofobiche. A sinistra la
struttura che si può anche
disegnare considerando ogni
sferetta come atomo, che
presenta colore e dimensione
diversi in base al tipo e alle
caratteristiche; dunque queste
sono le molecole che vengono
chiamate anfipatiche, i fosfogliceridi.
Molecole polari caratterizzano il glicerofosfolipide per cui si può trovare la colina che va a
costituire la fosfatidilcolina, l’etanolammina. Quando non è presente nessun sostituente e c’è solo
l’acido fosforico, allora abbiamo l’acido fosfatidico che però non si trova nelle membrane biologiche
poiché in esse l’acido fosforico è sempre legato a un’altra molecola (fosfogliceridi) e poiché ha una
carica sulla superficie della molecola che non potrebbe essere compatibile con la composizione
della membrana. Nel caso invece
degli altri composti come
l’etanolammina, in cui è presente
un gruppo amminico e un gruppo
CH2 che deriva dall’etano,
fosfolipide che si trova nelle
membrane biologiche, la colina e
la serina, che è anche un
amminoacido, la fosfatidilserina, il
fosfatidilglicerolo e il
fosfatidilinositolo presentano delle
cariche, quindi è chiaro che questi
componenti caratterizzeranno
specifiche membrane cellulari.
Infatti, la distribuzione di questi
fosfolipidi dipende dal tipo di
cellula; le cellule si caratterizzano anche proprio per la composizione dei lipidi e fosfolipidi di
membrana. Sono tutte molecole polari che vanno a costituire proprio quella testa polare
caratteristica dei glicerofosfolipidi.
Gli sfingolipidi sono sempre lipidi che vanno a costituire le membrane biologiche ma non
contengono glicerolo bensì sfingosina, che viene chiamato anche amminoalcol, molecola
complessa a 18 atomi di C con doppio legame trans che presenta una lunga coda di atomi di
carbonio e che contiene un gruppo amminico e dei gruppi ossidrilici. Quindi già una componente
lipidica legata alla molecola di struttura, cioè che lega gli altri componenti, è presente. Nella
sfingosina quando va a costituire lipide di membrana è necessario un solo acido grasso (a lunga
catena con testa polare che può essere la colina) che si legherà al gruppo amminico. Si andranno
dunque a formare gli sfingofosfolipidi, i componenti che per la maggior parte vanno a costituire le
membrane delle cellule del sistema nervoso.
La sfingosina è composta da una
porzione con cui si lega l’acido grasso,
evidenziato in giallo, cioè il gruppo
amminico e in alto da una catena
insatura, con un doppio legame tra due
atomi di C e 12 gruppi CH2 (12 atomi
di C che vanno a costituire la lunga
catena di atomi di carbonio). La coda
dell’acido grasso e della stessa
sfingosina determinano la parte
insolubile, apolare dello sfingolipide.
Sfingosina + acido grasso senza
sostituente va a costituire il
cerammide. Il cerammide è il lipide
che è maggiormente presente nello strato corneo della pelle. Nello strato superficiale della pelle
queste membrane presentano un elevato contenuto di questo cerammide. La fosfatidilcolina e la
sfingomielina hanno una struttura chimica che nel primo caso presenta un acido grasso insaturo
mentre nel secondo no; si osserva dunque una consistenza maggiore nelle membrane costituite
da sfingomielina a causa della presenza nella fosfatidilcolina del legame insaturo che impedisce la
vicinanza delle due catene carboniose e accresce la fluidità della membrana.
L’altra classe dei lipidi è costituita dagli steroidi. Gli steroidi sono lipidi che derivano tutti dall’anello
formato dai 4 anelli condensati del colesterolo. La molecola di colesterolo è composta dall’anello di
base costituito dai 4 anelli condensati con la coda particolare alla base della quale si trova una
piccola porzione evidenziata in rosso composta da un gruppo ossidrile -OH e dunque idrofila.
Questa piccola porzione del colesterolo
consente la sua distribuzione dentro le
membrane plasmatiche. Mentre i trigliceridi
servono per fornire energia perché vengono
ossidate le catene degli acidi grassi, i
glicerofosfolipidi e gli sfingofosfolipidi sono
lipidi di struttura come il colesterolo poiché si
inserisce nelle membrane plasmatiche.
Tuttavia il colesterolo ha anche la funzione di
essere un precursore, una molecola iniziale
utilizzata come base per sintetizzare gli ormoni
steroidei, ormoni di natura lipidica (a differenza
dell’insulina, ormone di natura proteica). Gli
ormoni steroidei hanno dunque un’altra natura
chimico-fisica e specifiche funzioni.
In questa figura si vede che alcuni ormoni steroidei vanno sotto la classe di ormoni sessuali; gli
estrogeni, che sono gli ormoni che caratterizzano i caratteri sessuali secondari (in questo caso il
fatto che la femmina sia meno colorata del maschio) e il testosterone, ormone che fa sì che
vengano sviluppati i caratteri sessuali secondari, quelli che si manifestano esternamente.
Estrogeni e testosterone sono molto simili nella struttura chimico-fisica e derivano dal colesterolo,
per cui le cellule specializzate dove vengono prodotti questi ormoni modificano il colesterolo
formando, attraverso una serie di processi chimici, gli ormoni steroidei. In questa figura vediamo
quali sono le classi di questi ormoni: gli ormoni sessuali, evidenziati in azzurro (progesterone,
testosterone, estradiolo) attraverso una reazione chimica si ottiene una modifica della molecola
perché esiste un enzima specifico che
favorisce quella determinata reazione e
quindi vengono a formarsi gli ormoni
sessuali: i glicocorticoidi o
glucocorticoidi, in giallo. Si chiamano
corticoidi perché vengono prodotti dalla
corteccia surrenale, una ghiandola che
si trova sopra il rene dove sono situate
cellule che contengono enzimi che
modificano il colesterolo e vanno a
formare ad esempio il cortisolo, l’ormone
dello stress, che viene prodotto nel
momento in cui l’organismo deve
reagire, oppure il corticosterone che
favorisce il metabolismo glicidico,
sempre perché in qualche modo
l’organismo deve essere in grado di produrre energia per effettuare la reazione. Oppure, a livello
della corteccia surrenale, vengono prodotti gli ormoni chiamati mineralcorticoidi perché servono
per il riassorbimento dei Sali minerali a livello renale. Quindi le azioni che regolano questi ormoni
sono varie, sono molto diverse tra loro però tutti questi ormoni hanno la stessa natura chimica.
Lezione 3
Come si studiano le cellule? Differenza tra cellule eucariotiche e
procariotiche
Il ricercatore Robert Hooke riuscì a vedere le cellettine nella sezione
del sughero pensando di aver individuato la struttura della cellula.
Egli, in realtà, intravide le cavità lasciate vuote dalle cellule stesse
dopo aver prodotto il sughero all’esterno: una volta impermeabilizzata
la parete cellulare con il sughero, la cellula moriva.
In queste fotografie vediamo vari tipi di cellule che hanno forme e
dimensioni molto diverse e si vedono attraverso il microscopio. Il
semplice microscopio ottico sfrutta come fonte di luce la luce solare o
la luce di una lampadina al tungsteno. L’altro tipo di microscopio è il
microscopio elettronico, per il quale la fonte di luce è costituita dal
flusso di elettroni. Quindi esiste un sistema atto a
fornire gli elettroni in maniera differente a seconda
che si tratti di un microscopio elettronico a
trasmissione o a scansione. Il microscopio a
trasmissione ci permette di vedere le sezioni del
materiale che vogliamo analizzare. Se poniamo
una cellula sul vetrino portaoggetti del
microscopio a trasmissione, osserviamo la
sezione della cellula. Nel microscopio a scansione
il fascio di elettroni colpisce la cellula e rimbalza
su di essa, fornendo l’immagine della superficie
della cellula o del materiale che stiamo
osservando.
Infatti nell’immagine vediamo al centro il
microscopio elettronico a trasmissione in cui
il vetrino portaoggetti con il materiale da
analizzare è posto a metà di questo tubo, in
cui è stato eliminato qualsiasi gas, nel quale
scorrono gli elettroni migrando verso
l’estremità opposta dove si trova una fonte di
attrazione degli elettroni. Alla fine del tubo si
trova lo schermo, quindi gli elettroni
attraversano o sono trattenuti dal campione
e tramite lo schermo si potrà osservare la
sezione dell’oggetto, poiché gli elettroni
verranno più o meno assorbiti dall’oggetto
posto sul vetrino e quelli che non passeranno andranno non andranno a impressionare lo schermo
al di sotto con conseguente creazione dell’immagine del campione che è stato deposto. Nel
microscopio elettronico a scansione, gli elettroni vengono fatti scorrere convogliandoli tutti verso il
campione che però è posto sul fondo e a questo punto gli elettroni rimbalzeranno se è presente il
materiale oppure no e andranno a rivelare l’immagine della superficie dell’oggetto posto sul vetrino
poiché convogliati verso il rivelatore.
La fotografia a sinistra mostra la superficie di
cellule particolari mediante un’immagine
prodotta dal microscopio elettronico a
scansione, mentre a destra osserviamo la
sezione di un mitocondrio prodotta da un
microscopio elettronico a trasmissione.
Come si ottengono gli organelli da un insieme,
da un omogenato di un tessuto? Attraverso la
centrifugazione: se vogliamo solo le cellule,
la disgregazione del tessuto deve essere
blanda, ma se vogliamo il succo cellulare
dobbiamo prendere il tessuto, omogenizzarlo,
metterlo in un frullatore che ha un’intensità di agitazione più o meno intenso a seconda del tipo di
tessuto (ad esempio il tessuto epatico è più debole da rompere, il tessuto muscolare ha una
consistenza maggiore e anche il contenuto cellulare si libera meno facilmente). La centrifugazione
fa sì che i componenti cellulari si separino in basse alle loro differenti dimensioni e al loro peso e
se si sottopone a centrifugazione graduale, con velocità di centrifugazione sempre crescente, via
via si separano i vari componenti. Questo processo viene definito centrifugazione differenziale. Si
inizia con una centrifugazione molto blanda che farà sì che si depositino ad esempio i nuclei, cioè
organelli di grosse dimensioni, successivamente si prende la parte sovrastante e si effettua
un’ulteriore
centrifugazione e
così via a velocità
sempre crescente
fino ad arrivare a
ultracentrifugazione
se vogliamo
sedimentare
piccolissime
particelle come i
ribosomi o parti di
membrana ad
esempio
dell’apparato del
Golgi.
Questo è possibile perché gli organelli hanno dimensioni diverse. È necessario innanzitutto avere
un’idea chiara degli ordini di grandezza. Ad esempio 1 micrometro= 1000 nanometri
Se noi cominciamo a parlare di atomi e dell’organizzazione biologica, siamo intorno agli 0,1
nanometri. Le dimensioni dei ribosomi, gli aggregati di macromolecole composti da proteine e
RNA, sono intorno ai 10 nanometri. Dopo i ribosomi, aumentando di dimensioni, arriviamo ai virus.
I virus sono aggregati di macromolecole, non sono cellule ma parassiti endocellulari obbligati
poiché non possono riprodursi se non all’interno di una cellula ospite. I virus hanno dimensione di
circa 100 nm. Sono più piccoli dei batteri, che ad esempio nell’Escherichia Coli raggiungono le
dimensioni di 1 micron di lunghezza poiché si tratta di un bastoncello. Intorno a questa
dimensione, troviamo anche il mitocondrio e il cloroplasto; infatti, mitocondrio e cloroplasto
derivano da batteri che sono stati, nel corso dell’evoluzione, inglobati in cellule di maggiori
dimensioni.
Il nucleo è un organello cellulare che fa parte delle cellule eucariotiche, ha una dimensione
maggiore che può raggiungere un po’ meno di 10 micron. Le cellule hanno dimensioni variabili: le
cellule più complesse eucariotiche animali e vegetali hanno dimensioni da 10 micron (globuli rossi)
a 1 m (motoneurone). Le dimensioni delle cellule eucariotiche animali variano in base al tipo di
cellula e in base al tipo di funzione che quella cellula dovrà andare a svolgere. È importante
dunque avere idea delle dimensioni e pensare a come possono essere isolati i vari componenti
cellulari per poi andarli a caratterizzare.
Sbobina di biologia, lezione 4
Data della lezione: 20/10/2021
Prof.ssa Modesti
Sbobinatore: Beatrice Caldini Revisore: Simona Daviddi
TEORIA CELLULARE:
Tutte le cellule derivano da cellule preesistenti: c’è stata una cellula iniziale da cui sono originate le
cellule che fanno parte dei tre domini -batteri, archaea, eucarioti- e dei sei regni che appartengono
al mondo vivente.
Sulla Terra sono cambiate le condizioni durante l’evoluzione. Questi cambiamenti sono stati dovuti
a organismi ancestrali che, con il
loro metabolismo, hanno
condizionato l’ambiente terrestre
portando per evoluzione alla
formazione degli organismi
conosciuti oggi.
I batteri sono gli organismi
unicellulari
meno evoluti rispetto al
progenitore ancestrale. Gli archaea
hanno caratteristiche di
metabolismo molto particolari,
contengono alcune strutture
presenti negli eucarioti, organismi
più evoluti.
I BATTERI:
Si sono evoluti tipi diversi di batteri dagli eubacteria, sono tutti caratterizzati da un metabolismo
che varia: aerobi, anaerobi, autotrofi fotosintetici (in grado di prodursi materiale organico)
eterotrofi (in grado di respirare).
I batteri sono cellule meno evolute ma in grado di contenere tutti gli organelli, le strutture
macromolecolari e cellulari che consentono la vita: effettuare metabolismo, accrescersi, riprodursi,
rispondere agli stimoli. Sono tutti organismi unicellulari, anche se alcuni vivono raggruppati con
componenti fatte da individui separati che influenzano
la comunità -come fanno anche alcuni organismi
pluricellulari-.
Hanno forma variabile e in base a questa sono
raggruppabili in classi:
1-FORMA SFERICA: cocchi; possono essere:
-unicellulari singoli
-aggregarsi fra loro a formare una coppia: diplococchi,
per esempio il batterio che causa la polmonite
batterica
-a catenelle: streptococchi
-a grappolo: stafilococchi, formando una comunità.
In base al tipo di batterio hanno forme di aggregazioni
variabile.
2-FORMA A BASTONCELLO, bacilli, come escherichia coli, che si trova a livello intestinale ed è indice
di contaminazione fecale, di acque, arie, superfici. Ha forma a bastoncello allungato, ha dimensioni
attorno a 1/10micron, solitamente sotto i 10.
3-FORMA A VORGOLA, vibrioni: esempio il batterio che causa il colera
4-FORMA A SPIRALE: spirilli o spirochete, come il batterio che causa la sifilide, che era stata debellata
e ora sta tornando nella popolazione. La spirochete ha più curve rispetto ad uno spirillo, ha
circonvoluzioni più compatte e numerose.
I batteri sono quindi classificabili in base alla forma e al tipo di parete.
Un batterio è costituito da una parete cellulare: una struttura esterna che dà al batterio consistenza,
forma e fa si che possa sopravvivere nell’ambiente. Nella maggior parte dei casi è fatta da
peptidoglicano, mantiene il batterio in condizioni di vivere come organismo unicellulare
nell’ambiente.
Sotto la parete, separata, si trova la membrana plasmatica, simile a quella delle cellule eucariotiche
superiori, sempre fatta da fosfolipidi, ma tipi di lipidi diversi rispetto alla membrana cellulare esterna
delle cellule eucariotiche. Non contiene colesterolo, che invece si trova nella membrana plasmatica
eucariotica.
All’interno si trova il citoplasma, soluzione acquosa, vi devono essere disciolte molecole idrofile,
sennò si formano precipitati che la cellula non sa contenere, se non sono rivestiti da membrana o
se non formano granuli che la cellula contiene separatamente. Il citoplasma contiene tantissimi sali
e molecole disciolti ma pochi organelli: solo i ribosomi, che servono per fare la sintesi proteica e
traducono il messaggio dal DNA. Questi servono a tutte le cellule per vivere perché le proteine
devono svolgere le loro funzioni. Nel citoplasma è anche contenuto il genoma anulare del batterio:
uguale alle cellule eucariotiche come composizione. È anche chiamato equivalente nucleare, ha lo
stesso scopo del nucleo, ma il batterio non ha nucleo: questo è un organello delle cellule
eucariotiche superiori rivestito da membrana. Dentro la cellula procariotica non ci sono membrane,
il che è una differenza fondamentale dalle cellule eucariotiche all’interno delle quali c’è un sistema
di endomembrane -membrane interne che formano spazi ben definiti-. Nel batterio c’è la
membrana plasmatica, che fornisce un’appendice che si introflette del citoplasma, ma non ci sono
organelli rivestiti da membrana. Il cromosoma batterico è un doppio filamento di DNA chiuso ad
anello; invece, nelle cellule eucariotiche ha estremi liberi. Il DNA batterico è libero nel citoplasma in
una zona chiamata nucleoide, non rivestito da membrana.
I batteri non interagiscono solo fra di loro, ma anche con altri organismi, per esempio con l’uomo.
Ad esempio, ci sono batteri che si trovano nel primo tratto digestivo degli erbivori e producono
proteine che scindono il legame beta-glicosidico tra i monomeri della cellulosa, che è usata dagli
animali come fonte energetica.
I rapporti con cui i batteri convivono con gli organismi sono i seguenti:
1-MUTUALISMO: c’è un beneficio sia per il batterio che per l’organismo che li contiene -come
nell’esempio fatto prima tra erbivori e batteri per assorbire glucosio-. Anche noi abbiamo batteri
nelle cavità; traiamo beneficio dalla loro azione e dal loro produrre molecole che interagiscono con
l’individuo umano. Alcuni possono però anche essere patogeni; queste tipologie di batteri
normalmente non si trovavano nell’organismo, ma se il batterio supera alcune barriere che si
trovano nei vari livelli dell’organismo e arriva nella sede da lui scelta causa la malattia.
2-COMMENSALISMO: i batteri vivono nell’ospite da cui traggono beneficio. L’ospite non ne trae
beneficio ma neanche danno.
3-OPPORTUNISTI: se in piccole quantità non creano danno, ma causano malattie se aumentano in
quantità. È il caso di escherichia coli, se aumenta di quantità nell’intestino dove si trova
normalmente causa malattie.
L’insieme dei batteri che convivono con l’uomo si chiama microbiota. Circa 2kg del nostro peso sono
fatti da batteri, che
convivono nella cavità della
pelle. Nell’immagine sono
rappresentati tutti i livelli a
cui si trovano i batteri di cui
nostro organismo risente
positivamente.
Ad una cellula eucariotica
corrispondono circa dieci
cellule batteriche, una
quantità che deve
mantenersi costante. Non
tutto il microbiota è identico,
varia in base
all’alimentazione, alla
geografia in cui vive l’ospite e alle abitudini di quest’ultimo.
Nel disegno c’è una foto al microscopio elettronico a trasmissione e accanto il disegno 3D di una
cellula batterica. Nell’immagine al microscopio possiamo osservare un rivestimento facoltativo, non
indispensabile perché il batterio possa vivere: è la capsula, chiara al microscopio, perché non è di
natura lipidica. Sotto vediamo la parete fatta da peptidoglicano, che può essere o sottile o molto
densa, con filamenti molto ravvicinati, ponti fatti da un residuo amminoacidico che lega i filamenti
di peptidoglicano. I batteri Gram+ hanno uno spesso strato di peptidoglicano ma più lasso.
All’interno della membrana si trova poi il gel citoplasmatico, con depositati dei puntini neri molto
piccoli che corrispondono ai ribosomi, aggregati di macromolecole, non rivestiti da membrane. Si
può notare poi un addensamento più scuro
che è il cromosoma batterico. Il DNA nei
batteri fino a poco tempo fa non si credeva
legato a proteine, come accade invece in
cellule eucariotiche superiori; in realtà alcune
proteine ci sono e hanno la funzione di farlo
organizzare, condensare in una zona, però
queste proteine non sono uguali a quelle
eucariotiche. In alcune cellule batteriche c’è
anche un DNA accessorio, più piccolo
chiamato DNA plasmidico che contiene
informazioni come quelle per resistere agli
antibiotici. È una forma di DNA in più, è usato
in ingegneria genetica come strumento per
ottenere organismi ricombinanti.
La parete batterica è formata da peptidoglicano, gli zuccheri sono sempre n-acetilglucosammina e
acido n-acetilmuranico legati a formare polimeri. I dimeri vanno a formare i polimeri, tenuti assieme
da catene di amminoacidi più o meno lunghe a seconda che il batterio sia Gram+ o -.
L’accezione Gram deriva dal nome del
ricercatore che si accorse per la prima
volta che la parete batterica poteva
colorarsi con una colorazione
contenente iodio. Questa colorazione è
irreversibile per gli zuccheri, colora di
azzurro o violetto. I batteri Gram+ sono
intensamente colorati, perché contengono uno strato spesso di
peptidoglicano ed espongono il colorante che colora
intensamente all’esterno. Una volta lasciato agire il colorante, si
effettua un lavaggio del campione che rimane di colorazione
violacea intensa. I Gram- sono di colorazione più rosacea, lo
strato è più sottile ma più compatto, all’esterno della rete c’è
un’ulteriore parete che protegge.
[Relativamente a batteri Gram+ e Gram- la professoressa ha
evidenziato che è necessario sapere ciò: i Gram- hanno uno
strato di peptidoglicani più sottile e rivestito con membrana
esterna, nei Gram+ lo strato è più lasso e si colorano di più. ]
concentrazione causano infezione delle vie respiratorie. Molti sono anaerobi, vivono in assenza di
ossigeno.
-CLOSTRIDI. per esempio il botulino. È anaerobio vive nelle conserve in assenza di ossigeno. Non è
in sé patogeno ma lo è una tossina da lui prodotta. Tra le funzioni delle proteine, ci sono alcune con
funzioni di difesa come gli anticorpi e poi di offesa come le tossine batteriche che hanno una
funzione neurotossica.: provoca la paralisi, viene utilizzata anche in estetica per ridurre le rughe,
paralizza i nervi superficiali. È un sistema a concentrazione molto bassa per ridurre la ruga.
-BATTERI LATTICI: impegnati ad esempio nella formazione dello yogurt. Sono quelli che effettuano
la fermentazione lattica. Molti Gram+ sono anaerobi, il lattobacillus vive in assenza di ossigeno ed
effettua fermentazione. La fermentazione è una via alternativa alla respirazione per produrre
energia senza l’uso del mitocondrio. In realtà non produce energia ma serve per far avvenire il
metabolismo del glucosio
2-GRAM NEGATIVI:
-ENTEROBATTERI: come ad esempio escherichia coli, usato in laboratorio, anche per produrre
proteine ricombinati, semplici non modificate. Convive con l’organismo; in basse concentrazioni non
è patogeno,
in alte
quantità
cause le
enteriti. Si
chiama
LA MEMBRANA PLASMATICA: è formata, come quella delle cellule eucariotiche, per il 60% del peso
da proteine, per il 40% da lipidi. Contiene anche carboidrati come le cellule superiori. Serve in parte
a dare forma alla cellula-anche se è presente la parte cellulare-, a selezionare sostanze nutritizie che
devono entrare, di rifiuto che devono uscire e gas. Le membrane sono permeabili totalmente ai gas:
l’ossigeno può passare per differenza di pressione (la concentrazione dei gas si misura come
pressione). Viene prodotta CO2 di scarto, aumenta nella cellula e, per differenza di concentrazione,
esce.
La membrana è strutturata come mosaico fluido come quella eucariotica. Mosaico perché formata
da tessere fluide che si muovono. Queste tessere sono: fosfolipidi, proteine e molecole di
colesterolo; sono libere di muoversi, la membrana non è una struttura statica. I fosfolipidi si
muovono e mentre lo fanno trascinano proteine, zuccheri e colesterolo. La membrana batterica non
contiene colesterolo, eccetto quella dei microplasmi - un batterio che infetta anche le vie
respiratorie-; ciò la distingue da quella di una cellula superiore. Un’altra differenza dalle membrane
delle cellule superiori è che hanno altre forme di lipidi, come la cardiolipina che fa parte degli
opanoidi, con forma simile al colesterolo, sempre con funzione di ridurre la fluidità.
La membrana che circonda la cellula ha delle appendici, un’introflessione chiamata mesosoma; non
si rompe mai, si introflette, serve al batterio come ancora per la molecola del DNA quando va a
duplicarsi. Quando il DNA si duplica, per esempio per riprodursi, il batterio deve duplicare la
molecola informatrice: dal cromosoma batterico se ne formano due identiche, mentre avviene
questo processo il DNA deve fermarsi perché possa avvenire in modo corretto e continuo, dunque
si ancora al mesosoma da cui si ridistacca una volta duplicato.
Il mesosoma va a formare due membrane sovrapposte, dove avviene la respirazione del batterio.
(Non è respirazione polmonare ma cellulare -processo di ossidazione-. La cellula sa usa qua l’O2 che
serve come accettore finale del processo di ossidoriduzione delle molecole organiche. Si liberano e-
presi da O2). Per il processo di respirazione cellulare ci sono proteine come il citocromo. Il processo
avviene allo stesso modo in cui avviene nei mitocondri.
Nel mesosoma si trovano anche proteine importanti per la sintesi della parete con cui è in contatto.
Nella figura accanto possiamo osservare un’immagine di un batterio al microscopio elettronico,
evidenzia le dimensioni: scala 0.2 micron, per 1/2micron. Sono rappresentati due tipi di procarioti:
quello aerobio presenta il mesosoma,
introflessione, sono le membrane
respiratorie che vediamo in foto. È un
batterio che sa respirare, ha tutte le
proteine per far la respirazione.
Accanto possiamo osservare un
procariote fotosintetico, una grande
quantità di membrane interne che si
introflettono nel citoplasma. La
fotosintesi avviene con meccanismi
opposti alla respirazione ma sempre
con proteine che si trovano nel doppio
strato di membrana.
NUCLEOIDE: il materiale genetico
presente nei batteri è fatto come cellule eucariotiche da un polimero di nucleotidi, con un DNA di
tipo anulare, circolare. Nel genoma batterico ci sono tutte le informazioni che servono alla cellula
per produrre le proteine e quindi per vivere. Il batterio può avere anche un altro DNA accessorio:
IL DNA PLASMIDICO: è circolare e di piccole dimensioni. Porta informazioni per la sintesi di proteine
che possono servire al batterio per vivere in ambienti ostili (come quelle per la resistenza agli
antibiotici). Ha geni che portano informazioni per degradare molecole tossiche. Infine, contiene
proteine che generano il materiale facoltativo dei batteri e sono:
1- Flagelli e pili: sono lunghe estroflessioni esterne alla parete, sono fatti da proteine come la
flagellina, possono essere tre,
uno o rivestire la struttura del
batterio, servono per far
muovere il batterio. I batteri
che li contengono sono favoriti
perché possono muoversi e
raggiungere forme di
nutrimento
2- Capsula: conferisce forma e consistenza al batterio, in alcuni casi determina la patogenicità
fungendo da barriera per gli antibiotici, non viene inglobata dalle cellule del sistema
immunitario (come il diplococco che causa la polmonite, tutti e due i cocchi del diplococco
sono rivestiti dalla capsula che li rende patogeni, senza la capsula non lo sono). Attraverso la
capsula fatta da materiale glucidico i batteri possono associarsi fra loro e vivere in comunità.
3- Fimbrie e i pili. sono di dimensioni inferiori. Si trovano lungo tutta la superficie dei batteri.
Servono a far aderire maggiormente le superfici i batteri, ma anche per la coniugazione: due
batteri trasferiscono attraverso i pili il materiale genetico da uno all’altro. Questo è
importante perché si ottiene una specie di riproduzione sessuata, le molecole di DNA
plasmidico e cromosomico possono fondersi col DNA del batterio che ha ricevuto nuovo
materiale genetico, formando ndividui geneticamente diversi da quelli originari.
4- Spore: sono una forma di resistenza: quando mancano acqua e nutrimento il metabolismo
batterico si riduce al minimo, non si riproduce non risponde agli stimoli, resiste a calore,
radiazioni ma è sempre vivo, così quando riprendono condizioni esterne favorevoli
acquisisce nuovamente una condizione vegetativa. La capsula è di natura polisaccaridica,
fatta da zuccheri: perciò appare chiara se osservata al microscopio elettronico, non
contenendo materiale lipidico, è presente sia nei batteri Gram+ che Gram-.
GLI ARCHAEA: sono batteri che vivono in condizioni estreme: per esempio quelli metanogeni:
producono metano usando CO2, il carbonio inorganico viene ridotto a metano usano idrogeno.
Probabilmente vivevano anche nelle condizioni riducenti dell’atmosfera primordiale. Sono spesso
usati nel trattamento dei liquami, riducono CO2 e formano un combustibile utile all’uomo. Alcuni
vivono in condizioni estreme di salinità o temperatura, per esempio nelle solfatare, come gli alofili,
qui la concentrazione salina è anche 10 volte superiore alla concentrazione di acqua di mare. Oppure
ne esistono di termoacidofili, vivono nelle sorgenti termali a temperature anche attorno ai 100gradi.
Sono sicuramente antichi perché vivono in condizioni analoghe a quelle presenti in origine sulla
crosta terrestre. Condividono anche dei caratteri presenti nelle cellule eucariotiche. Non
contengono peptidoglicano nella parte. Nella membrana non sono presenti fosfolipidi ma glicerolo
legato a idrocarburi non presenti in altri tipi di cellule. Hanno più di un’RNA polimerasi, come gli
eucarioti superiori, mentre i batteri ne hanno una sola. Hanno sensibilità diversa dai batteri per gli
antibiotici. Iniziano la sintesi proteica con la metionina come gli eucarioti, negli eucarioti invece inizia
con la formilmetionina.
EVOLUZIONE: nell’arco dell’evoluzione dal progenitore ancestrale, un grande batterio non in grado
di respirare, senza citoplasma e con compartimenti definiti, stati inglobati altri organismi: 3 per dar
luogo agli eucarioti vegetali, 2 per gli animali.
Il mesosoma aumenta di quantità tramite delle
introflessioni formando membrane interne, che non si
rompono, ma continuano ad essere un’unica membrana.
Formano la doppia membrana nel nucleo e il sistema di
endomembrane: compartimenti separati. Il citoplasma è
una struttura fluida, come un sacco, attraverso cui
passano dei gas, dentro possiamo immaginarci un
pallone che, se andiamo a svolgere, forma la membrana
plasmatica con dentro dei compartimenti selezionati che
sono separati dal citoplasma della cellula: così si formano
l’apparato di Golgi, i reticoli endoplasmatici liscio e
ruvido, e la doppia membrana del nucleo.
Contemporaneamente a questo alcune cellule che
cominciavano ad avere un sistema di endomembrane, in
quanto hanno inglobato tramite la membrana fluida dei
batteri in grado di respirare (usare O2 per produrre una
grande quantità di energia) e altri in grado di fare
fotosintetici. Così attraverso queste reazioni di
endosimbiosi i batteri inglobati erano protetti e la cellula
poteva svolgere la fotosintesi, la respirazione o
entrambe. In questo modo si sono formati eucarioti
vegetali con mitocondri e cloroplasti: questo è il processo endosimbiotico o simbiosi esterna che si
può intuire perché gli organelli contengono caratteristiche che li accomunano ai batteri.
Data: 21/10/2021
Materia: Biologia
Lezione: Numero 5
La cellula eucariotica
Nella lezione di oggi vedremo come sono strutturate le cellule eucariotiche.
1. La presenza di un nucleo. La molecola del DNA, il genoma della cellula, si trova nel nucleo, che è
rivestito da una doppia membrana.
2. Le cellule presentano nel citoplasma una serie di compartimenti, che sono dovuti alla presenza del
sistema di endomembrane.
3. Nella cellula eucariotica è presente una serie di organuli, molti dei quali sono rivestiti da membrane (tra
cui quelli che appartengono al sistema di membrane interne, ma anche il mitocondrio e il
cloroplasto…). Tutti questi organelli svolgono una funzione ben definita. La presenza della membrana
è fondamentale perché crea i compartimenti specializzati a svolgere determinate funzioni, e anche
perché le membrane selezionano cosa può entrare o uscire da questi compartimenti.
4. La forma e le dimensioni variano moltissimo nelle cellule eucariotiche, e variano anche in un unico
organismo pluricellulare (basta pensare all’uomo, che è costituito da moltissime cellule con forme e
funzioni molto differenti tra di loro, che si organizzano in tessuti, cioè insiemi di cellule che hanno tutti
la stessa forma e svolgono tutte la stessa funzione)
Cosa si trova negli eucarioti che invece non è presente nei procarioti?
● La suddivisione in compartimenti all’interno della cellula. Nei procarioti non esiste un sistema di
endomembrane, se non per l’invaginazione costituita dal mesosoma. Nelle cellule eucariotiche sono
invece presenti tanti compartimenti separati tra di loro dal sistema di membrane, oppure organelli che
sono a loro volta rivestiti da membrane.
● La molecola del DNA, che si trova nel nucleo delle cellule eucariotiche è organizzata: non è libera ma è
xxx con proteine. Quindi il DNA negli eucarioti legato a proteine va a formare la molecola di
complessata
cromatina, che può essere più o meno condensata. Il massimo livello di condensazione della cromatina
sono i cromosomi, che non sono invece presenti a livello dei procarioti. Questi cromosomi si
evidenziano nelle cellule eucariotiche solo quando quella cellula dovrà andare in divisione, quindi una
volta che il DNA si è duplicato (si duplica nello stesso modo in cui si è duplicato nei batteri, ma poi
negli eucarioti si compatta nei cromosomi). I cromosomi sono costituiti da una quantità doppia di DNA
rispetto alla cellula che non è in divisione.
● Esistono degli organelli specializzati, ad esempio, per la respirazione e la fotosintesi, ma anche
organelli rivestiti da membrana adibiti alla digestione cellulare (lisosomi). I lisosomi sono rivestiti da
membrana poiché dentro queste strutture si trovano delle proteine (enzimi) in grado di digerire le
macromolecole. È ovvio che se queste proteine si trovassero libere nel citoplasma, digerirebbe anche il
materiale cellulare. Sono dunque organelli rivestiti da membrane che contengono enzimi a carattere
litico (“che degradano, che digeriscono”). Contengono pH acido, e quindi a maggior ragione devono
essere separati dal citoplasma per evitare lisi (danno) cellulare.
● Le cellule eucariotiche presentano un sistema di scheletro interno, scheletro cellulare, il citoscheletro,
chiamato così proprio perché serve a mantenere la forma della cellula eucariotica (soprattutto per
quanto riguarda la cellula eucariotica animale, che non presenta una parete e che quindi potrebbe
essere compattata facilmente se non presentasse all’interno questo sistema di proteine che funzionano
da sostegno e supporto). Alcuni componenti del citoscheletro conferiscono mobilità alla cellula, cioè
fanno sì che alcuni organelli cellulari, tra cui i cromosomi, possano muoversi all’interno del citoplasma.
● Negli organismi vegetali è presente una parete (infatti non sono presenti alcune fibre del citoscheletro
quindi la consistenza delle cellule è sostenuta dalla cellulosa della parete cellulare)
● La divisione cellulare è molto più complessa rispetto alle cellule procariotiche. Anche in questo caso
prima deve avvenire la duplicazione del DNA, e poi, attraverso la divisione mitotica (mitosi), il DNA si
separa mantenendo il numero di cromosomi e la quantità/qualità di DNA uguale alla cellula che lo ha
generato.
● Molti degli organismi eucarioti si riproducono per via sessuata, quindi sono presenti cellule
specializzate che portano metà del contenuto genetico (del numero di cromosomi) in modo da fondersi
tra di loro (tra cellule specializzate di due organismi differenti) per formare un nuovo individuo. Ciò
provoca un’elevata variabilità genetica e fa sì che gli individui che si originano siano differenti dagli
organismi che li hanno generati. Esiste un processo, negli organismi pluricellulari o unicellulari
eucariotici (lieviti) che fa sì che si formino delle cellule specializzate per la riproduzione con metà del
contenuto genetico in modo da potersi fondere con le cellule del sesso opposto e formare nuovi
individui. Questo porta, nei nuovi individui che si formano, ad avere una doppia componente genetica,
cioè geni presenti che derivano dai due organismi che li hanno generati. Per ogni gene, esistono due
forme dello stesso gene. Queste “forme alternative dello stesso gene” si vengono a depositare sui
due cromosomi che vengono chiamati “cromosomi omologhi”. Esistono dunque due copie dello
stesso gene (=diploidia)
Gli organismi pluricellulari sono costituiti da cellule eucariotiche animali o vegetali, che hanno forme e funzioni
differenti. Esiste un processo dalla prima cellula che si è formata alla famiglia di cellule adulte, per cui ogni
cellula assume la sua forma per andare a svolgere la sua specifica funzione. Questo processo si chiama
differenziamento. Anche questo processo è indotto da specifiche molecole, di natura proteica, in modo che
dalla prima cellula che si è venuta a formare attraverso la fusione dei gameti (maschile e femminile), si viene a
formare la prima cellula (zigote) che non ha una forma definita. Lo zigote comincia a riprodursi, a formare cellule
tutte uguali tra di loro. Quando si è raggiunto un certo numero di cellule tutte uguali tra di loro, inizia il
differenziamento: si formano dunque classi di cellule con forma e funzione definita.
Ad esempio nella figura vediamo un neurone in giallo. Forse
possiamo già definirlo un motoneurone, perché presenta una
testa con corte ramificazioni della membrana, un nucleo (colorato
di viola) e un lungo braccio rivestito da membrana, attraverso la
quale comunica con le cellule adiacenti. Il braccio viene
chiamato “assone” e termina con dei prolungamenti di
membrana che permettono alla cellula di entrare in contatto con un’altra cellula nervosa, oppure con un altro
tipo di cellula come quella colorata in verde alla sua destra (una cellula muscolare, con una forma un po’
allungata e compatta). In un organismo pluricellulare ogni cellula partecipa all’insieme, svolge funzioni ben
definite ma non è più capace di svolgere una vita autonoma. Ogni cellula svolge la sua funzione in modo
indipendente, ma non è più in grado di funzionare isolata dal contesto.
La membrana plasmatica
Vediamo ora la membrana plasmatica: la sua composizione, i lipidi di membrana, le proteine sulla membrana
(poiché le funzioni svolte dalla membrana sono svolte dalle proteine, ad esempio la comunicazione con
l’esterno), il modello a mosaico fluido (la membrana è costituita da tessere, i lipidi, le proteine, e gli zuccheri,
che possono muoversi; la struttura non è statica ma dinamica). Il mosaico si muove, cambia durante la vita della
cellula, per cui si possono formare i cosiddetti “microdomini” di membrana, cioè assembramenti di alcuni lipidi
(zattere lipidiche), in cui si trovano ad esempio specifiche proteine specializzate nel ricevere determinati segnali.
Ci sono i glicolipidi (tra cui i cerebrosidi), gli sfingolipidi, i fosfolipidi. Possono avere una componente di
glicerolo, una componente di acido fosforico legato ad un altro gruppo polare, oppure la sfingosina.
In base al tipo cellulare, ci sarà una maggiore o minore concentrazione dei diversi tipi di fosfolipidi.
I fosfolipidi di membrana devono contenere acidi grassi insaturi così da mantenere la struttura “fluida”. Se gli
acidi grassi fossero saturi la struttura sarebbe molto compatta, quasi solida (come quella del burro o del lardo,
che contengono acidi grassi saturi), e non consentirebbe di svolgere le normali funzioni della membrana.
Tuttavia, se ci fossero solo acidi grassi insaturi la membrana sarebbe troppo fluida. Chi è che riduce la fluidità? Il
colesterolo, che si inserisce nelle code degli acidi grassi insaturi (che hanno grossi spazi vuoti). Inserendosi tra le
code dei fosfolipidi, regola la fluidità della membrana, e fa sì che essa abbia una consistenza adeguata a
svolgere le sue funzioni.
Oltre ad essere legate proteine ai lipidi di membrana, anche gli zuccheri possono formare i glicolipidi che danno
un’impronta specifica ad alcuni tipi di cellule.
Un esempio è quello dei gruppi sanguigni. Sulla superficie dei globuli rossi sono ancorati ai lipidi di membrana
degli zuccheri, che classificano gli individui in base alla presenza o meno della catena glicidica.
Nella foto è presente un altro esempio di come le proteine possono essere incastonate nella membrana
plasmatica (in questo caso transmembrana).
Nella foto a destra, la molecola in giallo formata da quattro anelli
condensati è il colesterolo. Le strutture globulari incastonate in viola
sono le proteine. Queste strutture sono saldamente ancorate alla
membrana (dato che la porzione che attraversa le code dei fosfolipidi è
costituita da amminoacidi idrofobici), ma con legami deboli, non
covalenti. In base al tipo di proteine le funzioni svolte sono differenti.
Come si è visto che le tessere del modello a mosaico fluido possono “muoversi”? Facendo un’esperimento.
Prendendo due cellule di natura diversa (cellula umana e cellula di topo), colorando le proteine in superficie con
coloranti specifici (anticorpi fluorescenti) in due colorazioni diverse. Queste due cellule sono state indotte alla
fusione per andare a formare una cellula ibrida con una tecnica specifica mediante l’utilizzo di un virus. Le due
cellule hanno iniziato a fondersi, e si è visto che la fusione avviene grazie alla capacità dei lipidi di membrana di,
appunto, fondersi tra di loro per formare una cellula ibrida di grosse dimensioni. La colorazione delle proteine
delle due cellule rimane separata. Con il passare del tempo (circa 40 minuti) questa colorazione si diffonde. Non
si ha più una separazione netta ma un movimento sulla superficie della membrana per cui le proteine colorate
vanno a mescolarsi tra di loro. Il movimento delle tessere che costituiscono la membrana (le proteine sostenute
dai fosfolipidi) consente il rimescolamento e il movimento longitudinale dei componenti.
Abbiamo
già visto
come gli acidi grassi saturi o insaturi determinano la
fluidità della membrana. Nella figura, a destra vediamo
una situazione molto condensata (cioè quella che si
presenterebbe se gli acidi grassi dei fosfolipidi fossero
saturi = gel molto consistente, quasi un blocco
impermeabile). A sinistra invece la situazione in cui gli
acidi grassi sono insaturi, con spazi vuoti e minore interazione idrofobica tra le code e di conseguenza una
composizione più fluida.
In questa struttura lipidica si trovano incastonate le proteine. Proteine che possono trovarsi transmembrana ma
anche sulla superficie extracellulare o intracellulare. Quali sono le funzioni svolte da queste proteine? Sono
tante, e sono svolte da proteine con struttura ben specifica adatta a svolgere una determinata funzione.
Ad esempio:
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Tutteedueques tepor zi
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e,s ec ondar i
et er zi
ar iee
quat ernar ie. La struttura
quat ernar iaè t i
pi cadipr ot eine
chef unz i
onano quando t uttel e
subuni t
à che l af ormano s ono
as soci ate. Qui ndi l e s ubuni t
à
che f ormano pr ot eine con
struttur a quat er nar ia s ono
separ atet r
adil or o,enons ono
legat e da l egamicov al
ent i
,ma
dal egamidebol i.Se non s ono
pr esent it ut te l e s ubuni tà, la
pr otei nanonf unz iona.
LAPOMPASODI
O-POTASSI
O ATPASI
Unes empi ot i
pico diunapompadimembr anadit i
po P ,cheut ili
z zaqui ndiener gia
(ATP)el acuipr ot einas tessav ienef osforil
ata,ci oèl egai lgr uppof os f
at ocher i
lasciala
mol ecol adiATP ,èi lt rasportoat t
ivodel l
oi ones odi o( Na+)edel loi onepot ass i
o( K+).
Vienec hiamat as odi o-pot assioATPas i( perchécons umaATP) ,egl iionichev engono
traspor t
atis onol oi ones odioel oi onepot as sio.Tut tieduev engonot r
aspor taticont ro
gr adi entemai ndi rez i
oneoppos t
a.Infattiènot o,el ot r
ov er emopi ùav antinelcor s
odi
studi ,chel oi onepot as si
oès empr epi ùconcent r
atoal l'i
nt er nodel l
ec ell
ule.Qui ndilo
ionepot as s i
ov i
eneconcent rato all'
interno del lecel l
ulenelci t
opl asmapr opr io dal l
a
sodi o- pot assioATPas i,ment reloi ones odioèpi ùconcent ratonell i
qui doex tr
ac ellulare.
Lapompadit i
po Pef fett
uaques tot r
as por to pert ut
tal av itadel lacel l
ula.I nques t
a
figur av edi amounpo'comeques tapr oteinal av ora.Èunapr oteinat rans membr anache
pr esent aunaconf or maz i
onet al epercuinel lapar teci toplas mat i
capr esent adeis i
tidi
riconos ciment o( av vallament i,strutturedel l
apr ot einas peci fiche)cher iconos cei nmodo
speci fi
co l oi one s odi o.Ques tapor zione i ntracel l
ul are del lapr otei nar ivol t
av er s
ol a
par tei ntracel l
ular epr es ent a3s it
icheaccol gono3i onis odi o. Sonoi ngr adodil egar ein
modor ev er s
ibile,qui ndiv uoldi rechecis ar annoammi noaci diidr of i
li,probabi l
ment e
car i
chinegat i
vament echer iesconoaf ormar edeil egamii oni ci(legamidebol i
),con3
ionis odio.Sempr enel lapor zioneci t
opl asmat ica,lapr oteinapr esent aunal tros ito,cioè
un' altra por zi
one del la pr oteina che f as empr e par t
e del l
as tes sa,che r i
conos cel a
mol ecol adel l'ATPechepuò, inmodos pecifico, ess erefos for i
lata, cioèacuipuòes sere
legat oi lgr uppof osfat or i
lasciatodal lai drolisidel l'ATP.L' ATPèl amonet adis cambi o
ener getico,c i
oèèi ngr adodif arav veni r
el er eaz ionichi mi chedat ochei nal cunicas i,
li
ber andoi lgr uppof os fatoli
ber adell'
ener gi achepas saallamol ecol aconcuii lgr uppo
fos f
at os ilegai nmodocov al
ent e.Checos aav vienenelpr oces so?Lapr oteina, chenel l
a
for ma i niz i
ale pr esent a ques te3t asche aper tev ersoi lci topl as ma,l ega i n modo
rever si
bi le3i onis odi oc ontempor aneament e,l ega i lgr uppo f os fato ed è qui ndi
fosforil
at a.Ques taf os fori
lazionef acambi aref ormaal l
apr oteinaef as iches iapr ano
due t as che o s itidir iconos ciment o,perl oi one pot as sios ul l
af acci a ex t
r ac ellular e.
Qui ndil apr ot einat rans membr anaèdigr os s
edi mens ioni ,ehaunaf or mat alepercui
pres enta3t as cheaper tev ersoi lcitopl as maal l
'i
niziodel l
as uaf or maz ione,duet as che
che r i
conos cono l o i one pot ass i
o ma non ancor a di sponi bi l
i nel la por zione
extracellul areedov e,ins egui t
oall egamecoi3i onis odi oepoiconi lgr uppof os f
at o, si
aprono l e due t as che perl oi one pot ass i
o.Ques taaper tur ae l '
ingr es so del l
oi one
potas sio f a nuov ament e cambi ar e f or ma al la pr ot eina che r iver sa al l'ester no,
muov endos is ul lamembr ana( cheèunmos ai
cof l
uidodov eal l
'i
nt ernol es trut tures ono
li
ber edicambi aref or maemuov ersilongi tudinal ment e) .Ver s olapor z i
oneex tr ac ell
ul are
siapr onol et ret aschedel loiones odi ocambi andoconf or maz ioneal lapr ot einadi vent a
menoaf fineel or ilasci av ersol'es t
er no.Ques tor i
lasciof anuov ament ecambi ar ef or ma
all
apr ot einacheapr el eduet aschedov eav ev agl iionipot assio,nelcompar timent o
int
racel lulare e di vent a meno af fine. Ri torna poi nel l
a condi zione i niziale
defos forilandos i
.T ut t
el emodi fichedel lapr otei naf annos ichel apr otei nas tes s acambi
aff
initàperiduei oni .Equi ndi,pr oseguendo nels uo l av oro,concent ra3i onis odi o
all
'es t
erno del lacel l
ulae 2 i onipot ass i
o al l'
interno,che pr esent ano l as tes s ac arica
(appar tengono al los tes s
o gr uppo dial calino t errosiehanno ent rambi1s ol acar ica
pos i
tiva e per dono f aci l
ment el '
ultimo el ett
r one che hanno nelcompar ti
ment o pi ù
esternodi vent andoi oni ).Ildoppi os t
rat of osfol i
pidicoèt ot alment ei mper meabi leper
ques tiioniqui ndil as odio-pot ass i
oATPas ilav orapert ut tol '
arcodiv i
tadel lac ell
ul ae
concent reràs empr eal l
'esternol oi ones odi oeal l'i
nter nol oi onepot assio,s ol ochei
due i onipoit r over anno i lmodo ut i
le dius cireer ient raret ent ando dir i
equi l
ibr are
ques tadi f
ferenz a. Ques t
adi ff
erenz adicar icaèi mpor t
ant eper ché3 es
+ cono, 2 ent
+ rano
quindil ecar ichepos itiveus cent is onomaggi oridel leent rant i
,eques t
odet er mi nai l
potenz ial edimembr ana,ci oèquel l
adi fferenz adicar icat ral '
es ternoel 'inter nodel la
membr anac he v iene mant enut o per ché l amembr anaè i mper meabi le agl ii oniche
quindinon pos sono r ientrarel iber ament e perr ipristinar ei lpot enz i
ale 0.Se v iene
misur ata con gl iel ettrodi( uno i nter no uno al l'ester no)s inot a una di ffer enz a di
potenz ial eel ett ri
cochei nbas ealt ipodicel l
ul apuòv ar iareda- 60mi l
liVolt( mV)a- 70
milli
Vol t.Ques taèl 'ecci t
abi l
it
àdel l
amembr ana.
Chièqui ndichecr eaques t
opot enz ialedimembr ana?Lapompas odi opot as s io.
LAPOMPAH+ ATPASI
Vediamounal troes empi odi
quellacheèunapr oteinadi
membr ana che invece
accumul a idrogeni oni
all
'i
nterno dei l i
s osomi .È
sempr eunapr oteinac heus a
ilgruppo f osfato e anche i n
questo cas o cambi a
conformaz ione i n bas e al l
a
int
erazi
oneconl 'i
dr ogeni one.
Lapr ot
einanel lapr imapar te
è unapr ot ei
nache pr esenta
una conf ormaz i
one a bas sa
aff
ini
tà v erso i l l ume. I
li
sosomis ono or ganel liche
contengonoenz imil it
ici,cioè
enzimidigest
ivi
,eol t
reaquel lihaun pH acido dovuto all
'accumulo dii
oniH+ che
vengono concentr
atietrasport
aticont
ro gradi
ent
edaques tapr ot
einadimembr ana
che s ichi
ama H+ATPas i.Anche in questo caso,ilgr uppo f osfat
of ac ambi
are
conformazi
oneal l
aproteinadimembr anaperc uièpi ùaf f
inev ers
ol oioneH dov
+ e
questoèmenoconcent rato.Lafosf
ori
laz
ionefacambi ar
ef or mael 'H èi
+ ngradodi
essereri
ver
satoversoi
lcompar t
imentodov '
èpiùconcentratopermi noreaff
ini
tà.
LAPOMPAH+K+ATPASI
LEPOMPEF
.(LaATPs
int
etas
i)
Unal trot i
podipompe,cheper ònonut il
iz
z anoATP ,mas erveperprodurreATP,quindi
sfrutt
a un' alt
raf or
ma diener gia( l
ot r
ov eremo par lando deimi t
ocondr ie del l
a
respirazione mi tocondriale)s
ono c hi
amateATPs intetasi
.Per ci
ò anche i
n questo caso
leganol amol ecoladiADPei lfosf
atofor
mandoATPes fruttanoungradienteprot
oni co.
Sonoqui ndipr otei
nedimembr anachef unz i
onanos f
ruttandoilgradi
entepr ot
onico,
cioè hanno unapor zi
one nellaprotei
na( che è format adamol tesubunità)
,con un
canal e attr
averso cuimi grai
lpr ot
one.L or it
roveremo coimi t
ocondrie icloroplasti
dur antelas i
ntes idiATP.
LEPOMPEDITI
PO ABC
Cisonopoilepompedit ipoABC,cioèATPbindingcasset,chesonoformatedabox
prot
eicicheleganol'ATPmaagisconotras
port
andounadi scr
etavari
etàdicompost
i.
Molecole,amminoacidiepepti
diequelliches it
rovano s
opratt
utt
o nell
amembrana
batt
eri
caei nf
att
iperesempios
onoiresponsabi
lidel
leres
ist
enzeaifarmaci
.
I
LTRASPORTO ATTI
VO SECONDARI
O.(
Sodi
o-gl
ucos
ioATPas
i)
Dopo av erpar l
at o delt raspor to att
ivo pr i
mar io,qui ndil '
az i
one del las odio-pot assi
o
ATPas i,loiones odios iconcent r
aal l
'esternoeal l
'internoc' èl oi onepot as s
io,anches e
per òpoit rovanoi lmododipot erritornarev ers oilcompar timent odov es onomeno
concent rati.Loi ones odior i
ent r
anelci toplas maat traversounapr otei nacar r
iercheè
def i
nitaanchepr oteinadit raspor t
oat tivos econdar io.Secondar ioper chéav vienes ol
o
seèpr esent eiltraspor t
oat tivopr imar i
o, cheèquel l
ochecons umaener gia.Lapr ot ei
na
eff
et t
uauns impor to,cioèt ras portaver soilcitopl asmal oiones odioi ns iemeadun' al
tr
a
mol ecola ma s olos e es s
es ono ent r
ambe pr es enti.Ques tot r
aspor to,nonos tant eil
nome,nonèat t
ivo,es arebbequas ipiùcor rettochi amar l
ot r
as portoi ndi rettodat oche
noncons umaener gi ael apr ot ei
naèunacar rierdis i
mpor to,ci oèdev et rasportaredue
unitàdi verset r
adil or o(ches onol oiones odi oel amol ecoladelgl ucos io).Ques t
oèun
alt
r omet odocheus ailgl ucos ioperent r
arenel lecel l
ule,edèunmet odocheus ail
glucos io al i
vello del l'
intes t
ino s ull
a membr ana deiv il
lii ntesti
nal iv ersoi ll ume
intesti
nale,dov es ono pr esent iques t
e pr oteine che ef fettuano ques t
ot raspor t
o
indirettos uccess i
vo alt raspor t
o atti
v o primar io del las odio- potassio ATPas i
.L oi one
sodi oqui ndir i
ent r
anel lacel lula,maèi mpor tanteper chél oi ones odi os iportadi etroil
glucos iof acendol o ent rare dent ro.L' assorbiment o delgl ucos i
o è qui ndi,in ques t
o
cas o,secondar i
oecont empor aneoal l'i
ngres sodel loi ones odi onelci topl asma.Nel l
a
immagi ner iportatas otto,vedi amochel oi ones odi o,t r
as por tandoi lgl ucos i
o,lopor t
a
dent roanchecont rogr adient e.Finchéèpr es entel oi ones odi ofuor i(cheès empr epiù
concentrat
onelcompar t
iment
oextracel
lul
aregr
azi
eal
las
odio-pot
ass
ioATPasi
),t
utt
oil
glucosioverr
àtras
port
atonell
acel
luladatocheneèlapr
inci
palef
ontediener
gia.Èla
mol ecol
achev i
enetr
asf
ormatadal
lac el
lul
aperfor
mar
eATP.
ENDOCI TOSI
Macromol ecol
e e batt
er i
,pos s
ono v enireinglobatida del l
e cell
ule,gener al
ment e
special
iz
zateechiamatemacr of
agi,ches onoingr adodiintrodurremat eri
aleestraneo
all
'i
nter
nodel lacel
lul
as enzacheques t
oent r
iincont at
tocongl iorganellicel
lulari
.La
membr anapl asmati
ca,es s
endo dinami ca,può formare dell
ei nvaginazi
oni(come l e
caveole e ilipi
d draft)che poiv engono richiuseei l“ sacchett
o” dimembr ana
contenentel'
agenteesternoinglobatorestai
solatodalcit
oplasma. Ques t
oèi lprocesso
diendocitosi
.
ESOCI TOSI
Quando l acel lulapr oducemat eri
ale,comead es empi ol af amos apr oteinai ns ulina,
tramitei lr et
icolo endopl as
mat ico ruvi
do che pr esenta iribos omir espons abi l
idel l
a
pr oduzionedel l
apr otei
nadent roi lreti
coloe,as econdadichepr oteinaè,puòes sere
des ti
nat aal l
as ecr ez i
one,s ichi ama es oci
tosi.Rimane al l'
interno diques t
ev es cicole
pr odotte dalGol gie mi grav er s
ol a membr ana pl asmat i
ca traspor t
ata da pr ot eine
mot ri
ci. Lamembr anadel lavescicolael amembr anapl asmat icadellacel l
ulas ifondono
el as os tanz apr odot t
av ienes ecreta,cioèr iv
ersat aall
'esternoequi ndiancheques ta
mol ecol anonent ramaii ncont att
ocolci toplasmadel l
acel lulaancheper ché,s ef os s
e
unamol ecol aagr os s
aconc entrazi
one,pot rebbees seredannos aperl acel l
ulas tes sa.
Vienequi ndigi àpr odot tainunc ompar t
imentos eparatodalci toplas maer ivestitada
membr anae, attrav ersopoidel l
ev i
es pecif
iche,giunger àallamembr anapl asmat i
caes i
fonder à,dat ocheif os f
oli
pidisonomobi l
iepos s onof onder sitr
adil or o(l
amembr ana
del l
av es cicolas ifondeconquel laplasmat i
caei lpr odottoèl iberat
oal l'
esterno).
FAGOCI TOSI
Lafagoci
tosiè quando imacr ofagiint
roducono materi
ale est
raneo e poil of anno
fonderei
ndelleves ci
col
ecoilis
osomi( st
rut
turevesci
colar
iconpH aci doformat odall
e
pompedimembr anaeenz imidigesti
vi)
.All
'i
nter
nodiques tav escicolasecondar i
a,si
l
iberanoenzi
minel l
'ambient
eacidochedi geri
sconocompl et
ament et utt
oilmat eri
ale,
e
vengonoliber
atenelci t
oplasmamol ecolechecompongonol estruttur
e( ad esempio
amminoaci
didal
leprot
eine,gl
izuccheridaipol
is
accari
di,
gliacidigrass
idaitr
igl
icer
idi
).
Nell
afi
guraaccant
ov ediamos ot
tol'i
mmagi nedellacell
ula.Ques taèunaf agoci
tosi
,
ci
oèun'i
ntr
oduzi
onedimat eri
alechepoiv i
enediger
itoequi ndiass
imil
ato.
PI NOCI TOSI
Es iste anche unaendoc i
tos igener i
ca,dettaanche pinocit
osi,dovev i
ene i
ntrodott
o
anchemat eri
alel i
qui dos enz aunas peci
fi
cit
à(quindiqualunques os
tanzapiùomeno
riconos ciutav ienei ntrodot tarivesti
tadamembr anaet enutaseparat
adalcit
oplasmae
poiev entual ment edegr adata).
La pi nocitosi av v i
ene quando
cel l
ule che appar tengono, ad
es empi o,ad unent erocita,cioè
unacel lulachepr es entas empr e
del le inv aginazioni (vil
li
intes t
inali
),unav i
adipas saggi o
nelci toplas mapuòes s
er equel lo
dii ntrodurr enons olos os t
anz ee
mat eri
ale s olido, ma anche
mat eri
ale l iquido, che v i
ene
as sorbito ef uso coi l isosomi
gr azieappunt oaques t
aendoci t
osi,li
berandomat er
ialeorganicodiger
it
oet ramiteil
pr oces sodel ladiffusione, migr anoanchel esost
anzeliquide.
MI
TOCONDRIECLOROPLASTI
Sonor ivesti
tidamembr anaes itrovanonelci toplas
madel lecell
uleeucar i
oti
cheani mali
ev egetali.Vedr emo poicomes isono originatiimitocondrieicl oroplast
i,eper ché
pos s
iamo r it
ener elat eor i
a endos imbiontica confer
mat a at
tr
averso alcune evidenz e
(anches enonèdelt utto confermat adat o chenons ono st
ater i
createlecondi z i
oni
speriment al
i).Vedremoi noltr
el aloros tr
utturaepequal emot ivoes sasiaimpor tante
pers volgerel asuafunzione. Vedremoanchei lcl
oropl
as t
ocheès i
milecomes tr
utturae
funzi
onal ment es i
mi l
e almi tocondrio,e anche come s ono str
utturat
iil is
osomie
perossisomi,che s ono s empr ev es ci
cole ma con enz i
mis pecifi
ciperel i
minar ei
perossiditossiciperlacellula,macont i
nuament eprodottiedael i
minare.
I
LMI
TOCONDRI
O
I
lmi tocondri
o( quis opraèriport
ataunafotodiunas ezionedelmi t
ocondri
of at
tacol
microscopio el
ett
r onico at
rasmis
sione)presentaduemembr ane.Quell
aes t
ernanon
presentainvaginaz i
oni,ment r
e quellainterna pr
esenta cr
este che aumentano la
superfi
ciedicont att
o.Ques t
oèi mpor t
anteperchéal i
vell
odiquel l
ecrest
eav vi
eneil
pr ocess o dit rasfer i
ment o degl iel ettronie l as intes idiATP .L os paz i
ot ral e due
membr ane ( detto appunt oi nt er-membr ana)è s empr e cos tantement es epar ato dal
citoplas ma del l
a cel lul a e dal l
a par te i nter na del mi tocondr io, det ta mat rice
mi tocondr i
ale, cher i
manequi ndibens epar atadelr es t
o. Nel l
os paz i
oi nter-membr anaè
pr esenteunci topl asma.
Las tr
utturadiques t
ior ganel l
ièabas toncel lo,el edi mens ionis onoi ntornoai0, 5Im,
anchel or os onodi nami cie,al l'internodel lacel lul a,nonhannounnumer of isso,tant o
chepos sonoaument ar edinumer oef ormar er et idii nterazionias econdadelt ipodi
cel l
ula.
Ques toav vienes opr attut t
onel lecel l
ul echehannobi sognodiunagr ossaquant itàdi
ener gia,eques t
ar etepr endei lnomedinet wor kmi tocondr iale,dov et uttiimi tocondr i
sonoi ncont attot radil oroaf finchégl iev entiav venganocont empor aneament e.Cel lule
che neces sitano diun not ev ole appor to diATP ,pr esent ano un el ev ato numer o di
mi tocondr i(anche2000nel l
ec el l
uleepat iche) i ns i
ncr ono.Imi tocondr ir iesconoad
aument ar ei ndipendent ement e dal la dupl icazione cel lul
ar e per ché s ono or ganel l
i
semi aut onomi .Ques t
ior ganel lis onof or mat idaques teduemembr ane,enel l
amat rice
mi tocondr i
ale pr es ent ano delDNA s trutturalment e ugual e alDNA bat t
er i
co e con i
ribos omi ,e pr opr io perques t o pos s ono r epl i
car s iin modo aut onomo.Quando un
mus colo comi ncia ad es sere al l
enat o cos tantement e,imi tocondr iaument ano di
numer operpr odur rel 'ener gianeces sar i
aalcont inuoecos tant emov iment odel l
af i
br a
mus colareedal l
acont raz i
onedelmus colos tess o.Quandol '
al l
enament os iconcl ude,i l
numer odimi tocondr idi mi nuisce.
Sonodef initisemiaut onomiper chés iriproduconoecr eanol epr otei nechegl iservono,
manont utte.I nfattiseunmi tocondr i
ov eniss ees trattodal lacel l
ula,mor i
rebbeper ché
non i n gr ado div ivere aut onomament e(dat o che al cune pr oteine dev ono es ser e
traspor tatenelmi tocondr iodalci toplas mac ellular e).Pr esent aduemembr aneper ché
unaer aquel lainter na, ef acev apar tedelbat terioi ngl obat odaunacel luladidi mens i
oni
maggi or ic he perendoci t
os il o ha r ivestit
o con un' altra membr ana.La membr ana
internas ipens aabbi aor i
ginibat tericheper chéèmol tos i
mi l
eal l
amembr anabat terica,
e come l ei,non pr es ent a col es terolo,ment rel a membr ana es terna s i.I nolt
rel a
membr anai nternahaun r appor to pr oteine-l ipidimol to maggi orediquel laes terna
per chés onopr es entitant epr otei neperl ar espiraz ione.
I
LNETWORKMI TOCONDRI ALE
Nellaf oto a des t
ra,v edi amo i l
networ k mi t
ocondr iale di una
cell
ula eucar i
ota. La r ete di
mitocondr i è col or ata con un
colorantef luor escent ees ipuò
veder e chiarament el az ona del
cit
oplas ma che accogl i
e i
mitocondr i.Nel l
af ot o as i
nistra
invece v edi amo una cel lula
eucarioti
ca con i n r os so l a
porzionev ici
naal l
amembr anaconunapr oteinacol orataconun
colorantes peci fi
co,e i nv er de imi t
ocondr i.Sot t
ov ediamo un
disegnodiunas tr
uttur at r
idi mens ionaledel lar etemi t
ocondr i
ale.
Sottounmi tocondr ioi nf asedidi visi
oneal l'
internodiunacel l
ula.
Imi t
ocondr isir i
produconoqui ndiperf i
ssionees at
tament ecome
ibatteri
.
Inf
ine,quis ottov edi amonuov ament el astrutturatridimens ionale
delmi tocondr io,chef ormanov es cicolees onos empr er i
vesteda
membr ane c he non f anno ent rarei lcitoplas ma,e hanno una
str
uttura ben def inita. Accant o abbi amo una f oto di un
mitocondr iov i
s t
ot rasver salment e.Vedi amo anche di segnie
forme dov ute al l
af usione o al laf ormaz ione dir eti
,oppur e
mitocondr iisolati
,ev edi amoanchei lDnami tocondr i
ale.Propr i
o
ilDNA mi tocondr i
ale ciper met te didi r
e che ques tiorganel l
i
sonos emi autonomi .Haf ormaci rcol areedèas sociatoapr oteine
(
chenonsonoi
stonicomenel lacellulaeucar ioti
ca)comenelcas odelDnabat terico,e
v
ari
anol
acompos i
zi
onenelci toplasmadel lec ell
ul e.
Materia e lezione Biologia lezione 8
Data 28/10/2021
Professoressa Modesti
Coppia Andrea Fratoni/ Chiara di Pietro
“Mitocondrio e Cloroplasto”
Nell'ultima lezione abbiamo iniziato a parlare di quello che è il mitocondri o al cui interno si
trova una informazione genetica, cioè si trova quello che è il DNA mitocondriale. Esso è stato
is intorno agli anni 60’, tuttavia il fatto che sia codificante per materiale, per
individuato
proteine che vengono prodotte dai ribosomi del mitocondrio è una scoperta piuttosto in
recente. In questa figura sono mostrate le dimensioni del DNA mitocondriale.
Il DNA è un acido nucleico; gli acidi nucleici sono
polimeri di nucleotidi e il DNA è costituito da un
doppio filamento i cui filamenti sono disposti in
direzione antiparallela. La dimensione del DNA
mitocondriale dell’uomo è inferiore a quello di
organismi unicellulari perchè ad esempio
Saccharomyces cerevisiae è un organismo
unicellulare con il suo DNA nel mitocondrio a
dimensioni maggiori. Ancora però non si sa
esattamente quanto è il DNA funzionale e quali
sono le funzioni di tutta la quantità di DNA, anche nel DNA genomico. Questo è giusto per dire
che non è detto che un organismo più evoluto contenga una quantità di DNA superiore, anzi
spesso viene eliminata una parte di DNA che non viene utilizzata. Il DNA all’interno del
mitocondrio è funzionale, ciò significa che le informazioni che ci sono nei geni, unità funzionali
del genoma, dell’intera sequenza del dna, e quindi anche il DNA mitocondriale è suddiviso in
geni.
Questo disegno
rappresenta il DNA
mitocondriale che è
circolare poichè il
mitocondrio deriva
nell’evoluzione da un
batterio che è stato
inglobato da una cellula
di dimensioni superiori e
il DNA mitocondriale è
stato interamente
sequenziato come
quello genomico ed è
stato in seguito
suddiviso; si è scoperto
dunque quali sono i geni che lo compongono e perché cosa codifica questa molecola di dna.
L’ultimo legame viene chiamato legame ad alto trasferimento di energia, perché ha una
stabilità limitata, cioè non è molto stabile a quel PH cellulare, dunque viene facilmente
idrolizzato e cede l’energia. Quando nella cellula si hanno reazioni esoergoniche che liberano
energia, quella energia con pacchetti ben definiti può essere utilizzata per formare
quest’ultimo legame. Ciascun pacchetto di energia è del valore di 7,3 kcal/mol. Quando nella
cellula si libera energia quest’ultima si può immagazzinare nell’ATP che potrà essere utilizzata
per reazioni che necessitano di energia; dunque ecco spiegato perché l’ATP è la moneta di
scambio energetico, perché forma soprattutto l'ultimo legame che ha una stabilità adeguata,
cioè si può formare a quel ph cellulare e perché quando la cellula necessita di una quantità di
energia ben definita quel legame si può idrolizzare e l'energia immagazzinata nel legame può
essere utilizzata dalla cellula per compiere lavoro.
Acetile richiamerà acido acetico, infatti è formato da due atomi di carbonio di cui uno è anche
lui piuttosto ossidato. L’acetil-CoA entra in una serie di reazioni cicliche, quindi una serie di
reazioni che iniziano con un composto e terminano con lo stesso composto, per cui perde il
coenzima A, viene degradato, ossidato, e si libera qui anidride carbonica. Questa serie di
reazioni cicliche vengono chiamate ciclo di Krebs, ciclo dell’acido citrico o ciclo degli acidi
tricarbossilici. Durante questa ossidazione si formano dentro il mitocondrio due molecole di
ATP, ma la maggior quantità di ATP si forma quando gli elettroni che si sono liberati
dall'ossidazione di quei due atomi di carbonio dell’acetile vengono trasportati al complesso di
trasferimento degli elettroni che si trova nella membrana mitocondriale interna,
gradatamente trasportati fino all’ossigeno, dove si forma acqua.
Gli elettroni durante il loro passaggio provocano l'accumulo di protoni nello spazio tra le due
membrane; questi protoni accumulati ritorneranno nella matrice attraverso quella pompa
che è una ATPasi di tipo F che non consuma, ma produce ATP; sfrutta questo flusso protonico
per formare il legame tra adenosin-difosfato e un gruppo fosfato che origina adenosin-
trifosfato. Si formano 32 molecole di ATP, dunque una grossissima quantità. La maggior parte
dell’ATP viene prodotta a livello mitocondriale, quindi in reazioni aerobie che usano l'ossigeno
come accettore finale degli elettroni ma vediamo che 2 molecole di ATP si formano in modo
anaerobio durante la glicolisi e questo è fondamentale perché gli organismi anaerobi obbligati
producono ATP esclusivamente attraverso questa via citosolica, questa via anaerobia, che è
l'unica via citoplasmatica che produce ATP.
La maggior parte di energia che serve alla cellula per vivere viene prodotta attraverso le
trasformazioni che avvengono nel mitocondrio. Gli organismi anaerobi per vivere usano
questa energia prodotta dalla glicolisi; quindi questi processi avvengono in tutti gli organismi
e la prima fase di quella che è chiamata respirazione cellulare, della degradazione del glucosio,
è anaerobia, è la glicolisi, è citoplasmatica. La glicolisi porta alla formazione di acido piruvico
che, non essendo obbligato perché negli anaerobi non entra perché non c’è il mitocondrio,
nel caso della respirazione cellulare può entrare nel mitocondrio e venire ossidato
completamente ad anidride carbonica, formando la maggior quantità possibile di ATP. Questo
è l’evento favorevole che si è venuto a formare durante l’evoluzione per la formazione di
organismi eucarioti animali che grazie al mitocondrio ha portato a consentire l'estrazione
totale di energia nei composti organici. Cosa che invece gli organismi anaerobi non possono
effettuare perché non avendo mitocondrio non possono ossidare completamente il piruvato
che si forma dalla glicolisi.
Che cosa avviene però ancora nei mitocondri? Nella matrice avviene il ciclo di Krebs.
A livello della membrana mitocondriale esterna avvengono degli eventi importanti che sono
ad esempio la sintesi di fosfolipidi che vengono sintetizzati perché vengono aggiunti acidi
grassi al glicerolo e all’acido fosforico (gli acidi grassi vengono prodotti a livello del reticolo
endoplasmatico liscio (REL)) e anche la formazione dei doppi legami delle insaturazioni a
livello degli acidi grassi. Avvengono quindi le modifiche sugli acidi grassi, sui lipidi, su quelle
che sono la formazione dei fosfolipidi; anche l’allungamento degli acidi grassi avviene a livello
membrana mitocondriale esterna.
Nella membrana mitocondriale interna si trovano invece quelle proteine che fanno parte della
catena di trasporto degli elettroni che si trovano incastrate nella membrana mitocondriale
interna. Si trova anche la fosforilazione ossidativa, ovvero quando viene aggiunto il gruppo
fosfato all’adenosin-difosfato per formare ATP. Ossidativa perché avviene in seguito alla
ossidazione degli atomi di carbonio dell’acetil-CoA. Quindi la catena di trasporto degli
elettroni e la fosforilazione ossidativa sono collegati tra loro.
In questa figura vediamo quella che è la
teoria endosimbiontica. In alto
vediamo una cellula procariote di
grosse dimensioni ancestrale con il suo
materiale genetico disperso nel
citoplasma; vediamo che all'inizio si è
formato il sistema di endomembrane,
quindi quel sistema di tunnel, di canali
interni in collegamento l'uno con l'altro
che vanno a costituire i due sistemi del
reticolo e l'apparato del Golgi e che
sono in contatto con la membrana
nucleare esterna fino alla membrana
plasmatica. A questo punto l’eucariote, che aveva già queste membrane interne di
separazione (come ad esempio i protisti), ha inglobato un batterio che effettuava fotosintesi
e si sono formati gli organismi eucarioti vegetali. Se invece è stato inglobato quando è stato
diviso durante l'evoluzione solamente un batterio che era in grado di effettuare respirazione,
si sono formati quelli che sono gli organismi eucarioti animali.
gradidriesperarri
Altri organelli che effettuano
una trasformazione
energetica sono i cloroplasti.
I cloroplasti si trovano nelle
cellule vegetali, fanno parte di
quella classe di organelli che
sono i plastidi e che
contengono (non tutti questi li
contengono) dei pigmenti che
danno loro una colorazione
ben definita. I cloroplasti, che
sono batteri fotosintetici,
contengono la clorofilla che è
la molecola in grado di
captare, catturare a l’energia
luminosa. Essi sono quindi in
grado di effettuare la fotosintesi clorofilliana che la possiamo definire anche la via opposta
alla respirazione perché nella fotosintesi si parte da anidride carbonica e da acqua. Attraverso
la presenza della luce, quindi dell'energia luminosa, il carbonio dell'anidride carbonica viene
ridotto a carbonio organico del glucosio e l’ossigeno dell’acqua viene ossidato e si forma la
Cotta
molecola di scarto che è l’ossigeno molecolare.
lace coatHo 02
Esistono poi i cromoplasti che contengono
sempre dei pigmenti che però non sono
fotosintetici; i cromoplasti sono quelli che
danno il colore ai frutti e diciamo anche che dai
cloroplasti si ha una trasformazione, una
maturazione nei cromoplasti, cosa che è molto
evidente in autunno dove le foglie diventano
gialle o rosse. Poi esistono i leucoplasti che invece contengono dei vacuoli e non pigmenti,
dove viene immagazzinato l’amido. Questa è una trasformazione irreversibile che appunto
possiamo notare nelle foglie ma è anche il processo per cui i frutti maturano. I frutti verdi che
contengono cloroplasti subiscono a il processo di maturazione o ossidazione che porta alla
trasformazione da pigmenti fotosintetici verdi a pigmenti che assorbono la luce ad alte
radiazioni e che inducono N il cambiamento di colore.
Il cloroplasto è formato
anch’esso da una
membrana esterna liscia e
da una serie di membrane
an che si
interne sovrapposte
trovano all'interno dello
stesso che vengono
chiamati tilacoidi.
Incastonate in queste
membrane anche qui si
trovano gli enzimi che sono
responsabili del passaggio
degli elettroni.
Abbiamo detto che il processo della fotosintesi avviene in modo inverso rispetto a quello
della respirazione. Nella fotosintesi il carbonio dell’anidride carbonica si riduce a glucosio,
nella respirazione il carbonio del glucosio si ossida ad anidride carbonica; quindi c'è un
parallelismo tra i due processi, di fondamentale importanza per capire da dove arriva il
glucosio che viene consumato dalle cellule animali ma anche dai vegetali.
Mitocondrio e cloroplasto sono presenti negli organismi eucarioti. Il mitocondrio è presente
solo negli organismi eucarioti animali eterotrofi, gli altri sono autotrofi. Nella respirazione
cellulare si liberano CO2 che è carbonio di scarto e H2O. Queste due molecole sono le molecole
di partenza per la fotosintesi che però avviene solo se è presente energia luminosa che porta
alla organicazione del carbonio quindi alla riduzione del carbonio e gli elettroni vengono
prelevati dalla fotolisi dell'acqua. Quest’ultima viene scissa nei suoi componenti e l’energia fa
si che attraverso una serie di passaggi di elettroni, la molecola dell'acqua ceda l'elettrone per
cui l'ossigeno viene ossidato a ossigeno molecolare che è il prodotto di scarto che è invece il
prodotto che fa avvenire la reazione della respirazione.
o Agana
stumbido
grana. In questo caso la porzione che nel mitocondrio è la matrice è quella porzione che si
trova nella parte esterna del grana, mentre lo spazio inter-membrana è quello che si trova
all'interno del tilacoide. Nel cloroplasto è presente un pigmento che è la clorofilla, è una
molecola di natura lipidica che si trova ancorata alle membrane di quelli che sono i tilacoidi.
“Lisosomi e perossisomi”
I lisosomi sono organelli di piccole dimensioni, si formano dal reticolo endoplasmatico e sono
delle vescicole che contengono enzimi che sono in grado di effettuare l’idrolisi di
macromolecole, quindi sono molti gli enzimi contenuti nei lisosomi. Questi enzimi litici
vengono definiti lisosomiali e idrolizzano, digeriscono le molecole organiche. Oltre agli enzimi
litici contengono un PH acido che viene costituito da quella pompa protonica che si trova sulla
membrana del lisosoma che concentra ioni H + nel lume del lisosoma, all’interno della
vescicola. E’ una pompa che utilizza energia; sono presenti pompe sia di tipo P che di tipo V
nella membrana dei lisosomi e quindi sono organelli che vengono prodotti nella cellula e che
servono per degradare gli organelli stessi.
nonproducano ATP
Dalla cellula stessa durante il metabolismo possono venire prodotte sostanze tossiche ma
prodotti nocivi possono entrare anche dall'esterno. I perossisomi servono anche per una via
fisiologica che è l’ossidazione degli acidi grassi, che inizia nel citoplasma per poi completarsi
nel mitocondrio. Anche molti dei composti che contengono azoto vengono metabolizzati
all’interno dei perossisomi.
MEMBRANA NUCLEARE
Riprendiamo a vedere quella che è la membrana nucleare e quelli che sono i suoi
componenti:
NUCLEOLO
2) Queste proteine rientrano nel nucleo e si dirigono nel nucleolo dove nel frattempo,
nella zona fibrillare, vengono trascritti gli RNA ribosomiali a partire dal DNA
nucleolare, l’rDNA. Gli rDNA sono sequenze di DNA altamente ripetute nella zona
fibrillare del nucleolo.
3) Gli RNA vengono trascritti, modificati e poi assemblati nella zona granulare con
proteine, a formare i ribosomi. Il ribosoma fuoriesce dal nucleo tramite trasporto
mediato da proteine, pronto per assemblare le subunità e fare la sintesi proteica.
RETICOLO ENDOPLASMATICO
Il reticolo endoplasmatico continua direttamente dopo la membrana nucleare esterna. Ne
ILesistono
RETICOLO
due tipologie ENDOPLASMATICO
che si distinguono in base alla presenza o meno di ribosomi:
APPARATO DI GOLGI
Il reticolo endoplasmatico continua con il Golgi (sempre senza incontrare citoplasma!).
Qua avvengono le modifiche post traduzionali delle proteine: una volta tradotta, la proteina
non è ancora funzionale e deve subire delle modifiche. Esse avvengono principalmente a
livello del Golgi.
Questo apparato è formato da cisterne appiattite costituite da membrana, con vescicole
trasportanti proteine che migrano dal reticolo verso il Golgi e poi dal Golgi verso la
membrana cellulare quando la proteina viene modificata. Può essere una proteina di
secrezione o una proteina che rimane sulla membrana (anche questa informazione è
contenuta nel gene che codifica quella proteina).
L’APPARATO DEL GOLGI
Nell’apparato di Golgi possono essere individuate due zone:
ormato da una serie di compartimenti membranosi impilati
formano una pila ricurva e sono circondati da vescicole e • Zona trans: zona del Golgi più vicina alla membrana
uli.
area trans:
plasmatica, qua avvengono le maggiori modifiche
piu’ vicina alla proteiche e vi si trovano quelle proteine che stanno
membrana plasmatica
uscendo dalla cellula, trasportate da altre proteine
verso la membrana.
• Fosforilazione (Golgi): viene fosforilato lo zucchero già legato alla proteina con la
glicosilazione. Un esempio è il mannosio, uno zucchero che viene fosforilato
quando è legato ad una proteina per N-glicosilazione
Il proteasoma
Anche gli enzimi litici dei perossisomi e lisosomi sono prodotti nel reticolo (perché devono
stare separati dal citoplasma) e anche questi possono essere destinati al proteasoma, se
non assumono la conformazione corretta.
➔ Le proteine svolgono talmente tante funzioni che sono in grado di eliminare anche
altre proteine.
CITOSCHELETRO
Il CITOSCHELETRO
1) MICROFILAMENTI DI ACTINA
2) FILAMENTI INTERMEDI
I filamenti intermedi sono formati da varietà di proteine che dipendono dal tipo di cellula.
Formano la rete di sostegno citoplasmatica della membrana. Questi filamenti devono
ancorarsi alle proteine della membrana (infatti avevamo visto che tra la funzione delle
proteine di membrana c’è anche quella di adesione cellula-matrice, adesione cellula-
cellula, ancoraggio ai filamenti citoscheletro). I filamenti intermedi si ancorano alle proteine
di membrana dando struttura e sostegno alla cellula.
I filamenti intermedi sono formati da monomeri che si associano a formare dimeri, che
cambiano a seconda del tipo di cellula (nelle cellule nervose ho i neurofilamenti) ma la
struttura è sempre uguale: un monomero filamentoso si associa a un altro formando un
dimero. I dimeri si associano in direzione opposta (detta testa coda) formando i proto-
filamenti. Più proto-filamenti formano un tessuto robusto che si avvolge su se stesso. La
sezione va dagli 8 ai 12 nm e formano come una corda molto robusta. Gli estremi dei
filamenti intermedi si ancorano alle proteine di membrana e si forma la fitta rete proteica
dei filamenti, che dà forma e stabilità alla cellula.
3) MICROTUBULI
I microtubuli sono formati da tubulina (proteina globulare): tubulina alfa e beta, perché
alcuni aminoacidi sono differenti. Questo dimero di tubulina alfa e beta si polimerizza
utilizzando energia e forma il proto-filamento. Quest’ultimo si associa con altri proto-
filamenti costituendo già un microtubulo (non come i filamenti intermedi che dopo la
polimerizzazione devono ripiegarsi per essere funzionali). L’orientamento va sempre da
tubulina beta a tubulina alfa e a tutte e due le estremità vengono aggiunti e rimossi dimeri.
La velocità alle due estremità di aggiunta e distacco è però diversa: a una estremità si
allunga più velocemente rispetto all’altra. Si dice che il microtubulo ha un’estremità + e
una -.
Funzioni:
- I microtubuli sono molto dinamici: quando la cellula è in divisione dopo che il Dna si
è duplicato, i microtubuli vanno a formare il fuso mitotico allungando le fibre. I
microtubuli andranno ad agganciare il cromosoma separandolo nei due cromatidi.
Tra le tre fibre, i microtubuli sono i più dinamici, si allungano e si accorciano durante
tutta la vita di una cellula consumando energia.
- Si trovano anche a livello del citoplasma, nell’assone della cellula nervosa. Servono
per portare verso la terminazione nervosa del neurone le vescicole contenenti i
neuromediatori, ovvero molecole che serviranno per la comunicazione tra cellule.
- I microtubuli sono anche i binari lungo i quali si muovono gli organelli. Sono i
“binari” che le vescicole percorrono quando vengono trasportate mediante proteine
dal reticolo endoplasmatico al Golgi e dal Golgi verso la membrana.
Materia e lezione Biologia lezione 10
Data 04/11/2021
Professore modesti
In questa figura
vediamo com'è che avviene in generale il
processo di contrazione, nella figura sotto
vediamo come è distribuita, e cosa
contengono i microfilamenti di actina
(struttura in giallo) che si avvolgono su sé
stessi e vediamo anche altre due proteine che
tengono unita questa struttura. Una è la
Tropomiosina che lega e mantiene più stabili i
microfilamenti di actina e poi una proteina
globulare che si trova legata su un sito
particolare di un’actina globulare, che copre una posizione importante sul microfilamento di actina,
che è il punto di contatto con la testa della miosina. Quindi fino a che la Troponina (la proteina
globulare) è sul sito di riconoscimento da parte della testa globulare della miosina il sarcomero è
rilassato, cioè non si ha l’interazione tra l’actina e miosina. Sempre in questa figura a sinistra
vediamo un sarcomero rilassato, vediamo anche che ci sono delle vescicole, che sono dei contenitori
rivestiti da membrana che fanno parte del reticolo, quindi nelle cellule muscolari il reticolo è
organizzato per formare delle vescicole, all’interno delle quali si trova concentrato lo ione calcio.
Queste vescicole sono il reticolo endoplasmatico che facendo parte delle fibre muscolari si chiama
reticolo sarcoplasmatico. Queste vescicole tengono accumulato il calcio, accumulato grazie ad una
calcioATPasi, che nel disegno è il cerchio con la croce, questa è la pompa di membrana che si trova
sulla membrana del reticolo sarcoplasmatico e che continuamente lavora, come una pompa di
membrana di tipo P, consumando ATP accumula lo ione calcio nel reticolo. Quindi questa immagine
a sinistra ci mostra il sarcomero rilassato e che non c’è contatto tra miosina ed actina.
Nella figura accanto invece c’è il sarcomero in contrazione ed ecco come avviene: arriva il potenziale
dal neurone, che trasmette il potenziale elettrico come segnale fino al termine della membrana del
neurone, ed entra in contatto con la cellula muscolare, cambia il potenziale della membrana, questo
stimolo apre i canali per il calcio del reticolo, quindi il calcio si libera nel citoplasma della fibra
muscolare, il calcio si lega alla proteina troponina, perché la troponina ha una maggiore affinità per
lo ione calcio rispetto al sito dell’actina, perciò si apre il sito di contatto tra miosina ed actina (sono
tutti legami deboli reversibili), aperto il sito la miosina si ancora al sito e l’interazione tra la testa
globulare della miosina e il sito sull’actina fa cambiare forma alla miosina, che si piega e fa scorrere
e produce questa contrazione. I filamenti spessi (miosina) non sono composti da un solo filamento
ma da più filamenti di miosina avvolti su sé stessi, che presentano qui di tante teste globulari, tutte
le teste della miosina si ancorano ai microfilamenti di actina, e cambiando conformazione
contemporaneamente fanno accorciare il sarcomero.
La molecola di ATP nella contrazione muscolare viene utilizzata per il rilassamento, in questa figura
infatti è in dettaglio una singola testa della miosina che
va ad effettuare il ciclo contrazione/rilassamento.
Partendo da quello in alto (fibra a riposo) la testa
globulare della miosina (proteina filamentosa che
termina con una porzione globulare), una volta
liberato il sito dalla troponina grazie al calcio, la
miosina si lega ai microfilamenti di actina, questo
legame fa cambiare conformazione alla miosina e fa
scorrere i microfilamenti di actina e contrarre il
sarcomero. Adesso interviene l’ATP che si lega ad un
sito accessorio che si trova sulla testa globulare della
miosina, si idrolizza, si libera l’energia e la testa
globulare della miosina si stacca dall’actina e si ha il
rilassamento del sarcomero. Contemporaneamente è necessario che la calcioATPasi sottragga lo
ione calcio dal citoplasma per non far riavvenire la contrazione immediatamente.
I Microtubuli
Sono i filamenti del citoscheletro che hanno le maggiori dimensioni, hanno un diametro fino a 20-
25 nm, e sono formati da 2 proteine simili che sono la tubulina alfa e tubulina beta, tutte e due
questi monomeri legano una molecola di GTP, che è il guanosin-difosfato, anche questo in seguito
all’idrolisi dell’ultimo gruppo fosfato libera energia, questa energia serve per polimerizzare i dimeri
nell’allungamento del microtubulo. Il dimero formato dal monomero alfa e beta, va a costituire il
protofilamento, un polimero formato dal susseguirsi di questi dimeri e avviene la formazione di una
struttura cava all’interno (il microtubulo), formata da protofilamenti tutti allineati.
Il microtubulo presenta una polarità, cioè una estremità dove avviene l’allungamento (l’estremità
+) e un’altra estremità (estremità -) in cui avviene l’accorciamento, anche se ad entrambe le
estremità dimeri vengono aggiunti e sottratti, però all’estremità + viene aggiunta una quantità di
dimeri maggiore rispetto a quella di dimeri eliminati.
I microtubuli sono la classe più dinamica del citoscheletro, e si formano a partire da uno stadio
chiamato Nucleazione, in questo primo momento è indispensabile la presenza del GTP che fornisce
l’energia e le proteine tubulina alfa e beta. Una volta avvenuta la nucleazione si ha la fase di
allungamento, praticamente dalla formazione del primo dimero ne vengono aggiunti altri fino alla
formazione del protofilamento.
Un momento importante della formazione di questi microtubuli è durante la formazione del fuso
mitotico/meiotico durante la divisione cellulare, partono dal centro di organizzazione dei
microtubuli, situato vicino al nucleo posizione occupata dai centrioli,
che sono 2 strutture disposte ortogonalmente, dai centrioli inizia la
nucleazione. I centrioli sono formati da microtubuli ed è presente
anche la tubulina gamma. Nella figura accanto vediamo un
microtubulo che si sta allungando, vediamo che quando si è
polimerizzato il dimero all’estremità + e quindi si sta allungando, il
legame prevede l’idrolisi del GTP, e rimane legato alla tubulina il GDP
(guanosin di fosfato), l’energia è servita per formare il legame al proto
filamento in allungamento all’estremità +, che è quella che espone la
tubulina beta. Nel disegno quando la tubulina beta lega il GTP è in
viola scuro mentre dopo la polimerizzazione è di colore più chiaro e
legata al GDP. La tubulina gamma a livello dei centrioli, forma un
anello per polimerizzazione anulare di questa tubulina, e dall’anello
inizia la polimerizzazione. Quindi avremo all’estremità + la beta
tubulina legata a GTP, e all’estremità - avremo l’alfa tubulina legata al GDP.
I centrioli come si può vedere in figura sono 2
strutture formate da microtubuli, e una volta che
dai centrioli inizia la nucleazione viene definito
centrosoma, perché cambia la conformazione dei
centrioli, dato che si viene ad accumulare la
tubulina gamma e poi inizierà l’allungamento dei
microtubuli. I centrioli sono formati da 9 triplette
di microtubuli, la tripletta è tenuta insieme
saldamente da proteine di connessione e queste
triplette si associano a formare una struttura
sempre cava all’interno, che è il centriolo. Le triplette sono tenute insieme da proteine fibrose, che
fanno sempre parte del citoscheletro che legano le triplette.
I microtubuli non possono allungarsi fino a rompere la membrana, questo non avviene perché nella
membrana sono presenti delle proteine che stabilizzano i microtubuli, il microtubulo arriva con la
sua estremità + su una di queste proteine e insieme fanno sì che avvenga l’allungamento della
struttura cellulare, questo avviene nella divisione mitotica/meiotica, perché la cellula assume quella
struttura allungata che è dovuta a questi microtubuli che stabilizzano la struttura cellulare, questo
è possibile a queste proteine “cappuccio” che permetto alla membrana di allungarsi senza rompersi.
Funzione da binari dei microtubuli
I microtubuli sono anche strutture lungo le quali possono scorrere le proteine motrici, che
trasportano o organelli, oppure le vescicole che devono essere secrete, o che devono arrivare dal
reticolo endoplasmatico al Golgi.
Sono 2 classi di proteine trasportatrici: le chinesine e le dineine, sono diverse perché vanno in
direzione opposta, le chinesine vanno verso l’estremità + del microtubulo cioè in direzione della
membrana plasmatica (movimento centrifugo), entrambe queste proteine usano ATP per cambiare
forma alla porzione globulare della proteina, ed è come se muovesse un passo alla presenza
dell’ATP, con le tubuline del microtubulo. Le dineine hanno un movimento verso l’estremità -, cioè
verso il centro.
I flagelli:
sono lunghe proiezioni, cioè è membrana cellulare con citoplasma all’interno riempiti dai
microtubuli; la cellula eucariotica animale che ha un lungo flagello è lo spermatozoo.
Le ciglia:
sono proiezioni più corte e anche loro si muovono; per esempio, le ciglia si trovano a rivestire
l’epitelio respiratorio, cioè le cellule che rivestono l’epitelio presentano ciglia corte in movimento,
che vanno in un’unica direzione perché durante l’inspirazione si può introdurre materiale estraneo
che viene bloccato dalle ciglia, e siccome vanno solo in una direzione questo materiale viene
riportato all’esterno ed eliminato. Altre ciglia si trovano nelle tube uterine,
che si muovono in un’unica direzione per favorire il passaggio dopo la
fecondazione della cellula uovo verso la cavità dove dovrà svilupparsi lo
zigote.
I filamenti intermedi
-danno forma e stabilità alla cellula;
-resistenza alle cellule, infatti costituiscono il cortex cellulare e la membrana basale nucleare;
-non sono presenti nei vegetali, poiché hanno la parete di cellulosa, perciò non hanno bisogno di
una struttura che conferisca loro resistenza;
-sono proteine molto abbondanti nelle cellule epiteliali, perché l’epitelio è più sottoposto a stress
meccanico perchè riveste l’organismo;
-formano i desmosomi, strutture proteiche che si trovano nella membrana delle cellule e servono
per ancorare le cellule tra di loro e per ancorarle alla matrice extracellulare.
Possono essere citoplasmatici o anche nucleari, cioè sono anche proteine che vanno a costituire la
lamina nucleare, le proteine della lamina nucleare si chiamano lamine, sono fibrose e si trovano in
tutte le cellule eucariotiche animali.
I filamenti intermedi citoplasmatici, cioè che si trovano nel citoplasma, sono costituiti da proteine
che dipendono dal tipo cellulare: molte sono proteine cheratine che si trovano in tutti gli epiteli, e
sono molto abbondanti perché sono cellule che servono a formare un tessuto di difesa per
l’organismo; i neurofilamenti abbondanti negli assoni delle cellule del sistema nervoso ;e altre
proteine dette vimentine o vimentine simili che si trovano nel tessuto connettivo, quello che collega
le cellule insieme nei tessuti, ne è ricco il tessuto muscolare in cui il tessuto connettivo costituisce i
tendini.
Struttura:
sono proteine fibrose, filamentose, monomeri di singole
proteine che si associano a formare dimeri, dati
dall’avvolgimento a spirale di due monomeri, due dimeri
si associano tra loro a formare un tetramero (4
monomeri) che poi si dispongono in una struttura simile
ad una trama di un tessuto, (come in figura) formata da
tutte queste proteine strettamente ancorate tra loro,
che una volta formato il tessuto di base si avvolge su sé
stesso, quindi la struttura risultante ha un’alta resistenza
meccanica e questa fibra finale va a costituire il
citoscheletro.
In questa figura c’è un ingrandimento a destra, in cui si
vedono due membrane che sono di due cellule adiacenti
in un epitelio, queste cellule, dato che questo tessuto epiteliale serve da protezione, devono essere
saldamente unite le une alle altre, le due membrane sono mantenute a stretto contatto. Quello che
mantiene vicine le membrane sono i desmosomi, cioè placche proteiche che si trovano sulle
membrane di due cellule adiacenti e che sono collegate tra loro con proteine fibrose, da proteine
simili alla cheratina o cheratina stessa. Da queste placche proteiche separate e distinte che si
trovano sulle due membrane delle due cellule adiacenti, si hanno proteine di connessione che
collegano i due desmosomi; da queste placche verso il citoplasma si trovano le proteine del
citoscheletro (i filamenti intermedi) che danno resistenza al tessuto e una stabilità di forma alle
cellule che compongono il tessuto. Le proteine sono sempre filamentose, molte sono cheratine però
molte assumono anche altri nomi perché sono costituite da proteine molto simili tra di loro ma non
dalle stesse.
Neurofilamenti:
sono sempre proteine
fibrose, che si trovano
lungo l’assone (parte
allungata della cellula
nervosa), dove si trovano
anche i microtubuli, che
servono a portare le
vescicole prodotte dalla cellula fino all’estremità dell’assone dove verranno liberate e avverrà il
contatto tra la cellula nervosa e un’altra cellula che sarà o nervosa o muscolare, perché le cellule
comunicano tra loro.
Lamina nucleare:
sulla membrana nucleare interna si trova aderente lo strato della lamina nucleare che è formata da
proteine fibrose filamentose, che mantengono distesa la membrana nucleare e si ancorano alle
proteine dell’anello circolare dei pori nucleari, ed ancorano la cromatina. La cromatina non è
sparpagliata a caso nel nucleo, ma si trova in zone ben definite (così come i cromosomi) si localizza
in zone legandosi alla proteine globulari che si associano alla lamina nucleare, sempre con legami
deboli, non covalenti, sono interazioni tra gli amminoacidi che compongono queste proteine (le
proprietà singole di ogni amminoacido andranno a influenzare le caratteristiche della proteina). Una
proteina composta prevalentemente da amminoacidi idrofobici sarà una proteina globulare,perché
gli amminoacidi idrofobici verranno mantenuti all’interno della struttura perché non possono
andare in contatto con l’acqua, dato che il citoplasma e il nucleoplasma sono soluzioni acquose
idrofile. Mentre le proteine filamentose, come quelle dei filamenti intermedi sono formate
prevalentemente da amminoacidi idrofili, che quindi possono prendere liberamente contatto con
l’acqua senza provocare precipitazioni.
Data 08/11/2021
Professore Modesti
Nell’ultima lezione stavamo parlando dei sistemi attraverso i quali le cellule sono in grado
di essere in stretto contatto con le cellule adiacenti e con la matrice extracellulare, ossia
quell’insieme di proteine fibrose che si trovano fuori dalle cellule e che consentono di
ancorare le cellule per dar luogo ai tessuti.
Avevamo visto le giunzioni strette che impediscono il passaggio di materiale
extracellulare tra le membrane di due cellule adiacenti e poi le giunzioni comunicanti che
sono dei sistemi proteici che formano dei pori sulle membrane delle due cellule adiacenti
ed entrano in contatto tra di loro; quindi, sono proteine che si trovano separatamente
sulle membrane delle due cellule che sono a contatto e sono le proteine stesse che
prendono contatto con le proteine di giunzione della cellula adiacente. Si chiamano
giunzioni comunicanti perché consentono la comunicazione tra il citoplasma delle due
cellule adiacenti, per cui all’ interno, nelle cellule che si trovano vicine in un tessuto, le
attività sono coordinate perché passano gli ioni (che non potrebbero attraversare il
doppio strato fosfolipidico). Ad esempio, nel caso delle cellule nervose consentono il
passaggio dell’impulso nervoso proprio perché consentono il passaggio degli ioni e
permettono ai messaggeri chimici, che arrivano ad una cellula, di essere trasferiti anche
alle cellule adiacenti.
In questa fotografia al
microscopio elettronico e nel
disegno vediamo quello che
abbiamo detto, cioè che queste
proteine sono un po’ come i
pori del nucleo, che sono
formati sempre da proteine che
attraversano il doppio strato e
quindi vuol dire che sono
proteine che presentano delle
porzioni di amminoacidi
idrofobici con cui possono
prendere contatto con le code
dei fosfolipidi. Come vediamo dal disegno sono ben distinte le proteine di un canale con
quelle di un altro però sono in contatto tra di loro; perciò, le due membrane sono
separate tra di loro. Queste proteine sono costituite da 6 unità e formano un canale;
quindi, vuol dire che sono 6 proteine distinte con struttura identica che però funzionano
solo se sono tutte e sei in associazione.
Quindi vediamo anche che secondo quali stimoli riceve la cellula questi canali possono
aprirsi o chiudersi; quindi, non sempre il citoplasma delle cellule che fanno parte di un
tessuto è in comunicazione, dipende dal tipo di tessuto/cellula/dallo stimolo che la cellula
riceve; quindi, l’apertura di questi canali dipende dallo stato del momento fisiologico
della cellula.
In questo esempio vediamo perché
e dove si trovano queste giunzioni
sulle membrane di due cellule
adiacenti che fanno parte
dell’epitelio intestinale. È tipico
perché qui svolgono un ruolo molto
importante, infatti possiamo vedere
all’apice del disegno i villi,
estroflessioni del citoplasma e della
membrana (che, come abbiamo già
visto, contengono al loro interno
molti filamenti di actina che
mantengono la forma eretta di
questi villi) e al livello di questi c’è il
trasporto attivo secondario per cui
lo ione Na+ viene riversato
all’esterno della cellula e lo ione K+
all’interno. Lo ione Na+ si accumula
nel lume intestinale e favorisce l’ingresso della molecola del glucosio attraverso il
simporto per cui c’è una proteina che secondo gradiente porta il glucosio e lo ione sodio
all’interno della cellula nel citoplasma, secondo gradiente perché aumenta sempre la
concentrazione di ione sodio nel lume intestinale favorendo l’ingresso di tutte le molecole
di glucosio al livello intestinale e questo favorisce anche l’assorbimento totale del
glucosio che è un nutriente fondamentale, perché da esso si estrae velocemente
l’energia. Quindi tutto il glucosio si concentra nel citoplasma della cellula intestinale,
aumentando la sua concentrazione. Le giunzioni strette che si trovano nei punti di
contatto tra due cellule adiacenti ma verso il lume intestinale (la parte apicale di queste
cellule) impedisco che il glucosio passi attraverso le due cellule e che si ritrovi nei liquidi
extracellulari e per cui non potrebbe essere utilizzato, non entrando nella circolazione
sanguigna per poi essere distribuito in tutte le cellule.
Al livello di queste membrane troviamo dei trasportatori passivi del glucosio che
consentono il passaggio di esso nei vasi sanguigni; quindi, la molecola di glucosio che è
più concentrata, a questo punto, nel citoplasma passa secondo gradiente e attraverso il
trasportatore passivo al livello dei vasi --> quindi abbiamo una diffusione facilitata ma allo
stesso tempo anche semplice perché è passiva. Questo è possibile perché nel sangue la
concentrazione di glucosio è più bassa rispetto a quella del citoplasma delle cellule.
Quindi le giunzioni strette fanno sì che le proteine di trasporto del glucosio passivo non si
muovano e non migrino verso i villi. Perché lo farebbero? Perché la membrana è un
modello fluido quindi le proteine/i fosfolipidi possono muoversi liberamente lungo la
membrana e quindi potrebbero spostarsi verso i villi intestinali. Le giunzioni strette
impediscono questo passaggio e li tengono fissi alla membrana basale dove devono
essere concentrati per far sì che il glucosio passi secondo gradiente verso il sangue,
impediscono che questi si trovino dove invece il glucosio deve essere assorbito e dove ci
dovrà essere la massima concentrazione del trasporto attivo secondario.
Possiamo vedere che nulla è casuale ma tutto è messo al suo posto e ha un ruolo ben
preciso.
Vediamo quali sono quei sistemi di contatto tra membrane di cellule adiacenti che
servono per mantenere saldo il tessuto, per legare saldamente le cellule tra di loro che
serve fondamentalmente a dare un sostegno/un’architettura alla cellula del tessuto.
Questi desmosomi sono chiamati placche proteiche che si trovano al livello della
membrana interna della cellula che hanno un diametro piuttosto grande (circa 1 micron, la
stessa dimensione più o meno del
mitocondrio). Queste placche proteiche ben
aderenti alla membrana con dei filamenti
proteici.
Dalla parte citoplasmatica questa placca
proteica si ancora ai filamenti intermedi
(formano la rete di supporto) della cellula
stessa.
Nella porzione extracellulare si espongono
verso il desmosoma della cellula adiacente
altri filamenti proteici che vengono chiamati
caderine. Le caderine sono proteine che si
estendono verso la parte extracellulare e
prendono contatto con le caderine del
desmosoma di una cellula adiacente.
Nel disegno vediamo un forte
addensamento proteico dato da queste
placche adese alla membrana.
L’ENERGIA DI ATTIVAZIONE
Avevamo visto che a guidare le reazioni chimiche in biologia, quindi tutte le reazioni del
metabolismo, è l’energia del sistema, cioè l’energia libera contenuta nei reagenti, che
viene trasformata durante la reazione e di cui viene liberata una determinata quantità,
uguale alla variazione di energia libera tra quella dei prodotti e quella dei reagenti.
Abbiamo visto che esistono reazioni esoergoniche, cioè quelle che avvengono
spontaneamente, in cui il prodotto ha un’energia libera inferiore rispetto a quella del
reagente (quindi viene liberata energia) e reazioni endoergoniche, che invece non
avvengono spontaneamente, ma soltanto se viene somministrata energia dall’esterno.
Qui possiamo osservare l’andamento dell’energia contenuta nei reagenti. C’è un picco di
energia da somministrare, cioè la quantità di energia posseduta dallo stato di transizione,
una molecola data dall’unione dei due reagenti che però non corrisponde ancora al
prodotto finale. Le due molecole dei reagenti si stanno orientando per poi far avvenire la
reazione, liberare l’energia contenuta e formare i prodotti.
Nei due disegni vediamo il salto che la pallina deve fare per riuscire a percorrere la
discesa liberando la propria energia potenziale.
ENZIMI
Abbiamo detto che esistono delle molecole proteiche, gli enzimi, che abbassano il salto
energetico favorendo gli urti e l’avvicinamento dei reagenti perché poi vengano trasformati
in prodotti.
Nel disegno, la
barriera di energia di
attivazione fa sì che le
molecole debbano fare
un salto energetico per
poi passare ad un
livello inferiore e dare i
prodotti. Questi sono
inferiori rispetto ai
reagenti, perché
alcune delle molecole dei reagenti riescono a passare (raggiungendo il valore di energia di
attivazione), ma molto più lentamente rispetto alla condizione in cui questa barriera
energetica viene abbassata grazie alla presenza dell’enzima, che favorisce il salto
energetico delle molecole e poi il raggiungimento del livello inferiore, perché tutto,
nell’universo, tende al minor livello energetico possibile, le molecole tendono alla
degradazione e quindi ad arrivare a valori di energia potenziale e libera più bassi possibile.
Questo vuol dire che gli enzimi accelerano le reazioni chimiche, cioè sono catalizzatori
inorganici (come metalli nella chimica industriale), utilizzati per far avvenire le reazioni
chimiche più velocemente. Sono proteine, quindi hanno una struttura primaria, secondaria
e terziaria, dove la primaria condiziona la secondaria e la secondaria condiziona la
terziaria. Le strutture sono indicate dal gene che codifica per la proteina, e se il gene è
alterato la proteina avrà un contenuto aminoacidico alterato e quindi una struttura terziaria
diversa rispetto a quella della proteina nativa. Quindi la proteina mutata non avrà la
conformazione tridimensionale tale da poter svolgere la propria funzione. Questo vale per
tutte le proteine, ma a maggior ragione per gli enzimi.
Ogni enzima, essendo una proteina, catalizza una specifica singola reazione chimica che
avviene all’interno della cellula, sia questa di sintesi, degradazione, ossidazione,
idratazione… Qualunque reazione chimica che avviene nella cellula è catalizzata da un
enzima. Gli enzimi abbassano la quantità di energia di attivazione perché la reazione
possa procedere. Nello stato di transizione della reazione interviene anche l’enzima che
forma un complesso con i reagenti, associandosi (non legandosi, perché i legami sono
sempre deboli) e riconoscendo il proprio substrato, cioè il reagente specifico per l’enzima.
Si forma un complesso in modo da avvicinare le molecole perché reagiscano e
diminuendo l’energia da somministrare perché interagiscano. Quindi l’enzima favorisce la
reazione, ma non vi interviene direttamente: avvenuta la trasformazione in prodotti, torna
libero per catalizzare un’altra reazione, identica a quella che è appena avvenuta. Quindi la
spontaneità della reazione non è influenzata dall’enzima, il quale si limita ad accelerare
ogni tipo di reazione.
In questo disegno (sopra) si vede colorato in azzurro l’enzima con la sua forma data dalla
struttura terziaria, tale che presenta una tasca chiamata sito attivo, al cui interno avviene
la reazione chimica. L’enzima riconosce in modo specifico e avvicina i substrati che
devono reagire tra di loro e dopo avviene la reazione, si forma il prodotto e l’enzima torna
libero di poter catalizzare un’altra reazione. Il sito attivo è il sito in cui si posiziona il
substrato attraverso legami deboli, interazioni, grazie alla presenza di aminoacidi specifici
(dal punto di vista chimico-fisico) con una composizione tale da poter riconoscere
chimicamente il substrato.
Qui vediamo
l’esempio di
funzionamento di
un enzima
appartenente alla
classe delle
idrolasi. Quando
vengono formati
dei legami, si ha la
reazione di
condensazione con
eliminazione di una molecola di acqua. Quando il legame viene scisso, avviene l’idrolisi:
l’introduzione di una molecola di acqua in seguito alla rottura del legame tra due
monomeri. L’esempio mostra il funzionamento di un enzima che scinde un disaccaride, il
saccarosio. Il saccarosio è formato dai monosaccaridi glucosio e fruttosio tenuti insieme
da un legame glicosidico. L’enzima saccarasi è quindi un’idrolasi che introduce una
molecola di acqua tra i due monosaccaridi dividendoli in due singole molecole. L’enzima è
quindi disponibile con il proprio sito attivo in cui si posiziona il substrato, favorisce
l’avvicinamento della molecola di acqua nel giusto orientamento e avviene la reazione
senza che l’enzima ne prenda parte. Si formano quindi i prodotti, che hanno una forma
diversa dal substrato e che quindi non sono affini all’enzima, di conseguenza vengono
liberati nell’ambiente.
Questa figura è simile a quella che mostrava la saturazione delle proteine di trasporto
passivo. L’enzima funziona nello stesso modo, essendo sempre una proteina, quindi
anche in questo caso si ha
una dipendenza dalla
concentrazione del substrato.
Questo vuol dire che quando
sono presenti tante molecole
libere di enzima, queste sono
in grado di riconoscere
velocemente il loro substrato
specifico, anche se questo è
presente ad una bassa concentrazione, e di legarsi ad esso facendo avvenire la reazione
più velocemente.
Una volta avvenuta la saturazione di un enzima, infatti, la velocità non aumenta più ed è
inutile continuare a somministrare substrato. Vediamo la differenza tra una reazione
catalizzata e una non catalizzata. Nella reazione non catalizzata la velocità aumenta più
lentamente e in funzione della concentrazione del substrato, per il fatto che aumentando la
concentrazione del substrato si aumenta la facilità con cui esso raggiunge l’altro substrato,
e quindi con cui i reagenti possono incontrarsi. In una cellula ogni reazione è catalizzata,
quindi i substrati possono essere presenti anche in concentrazione bassa, e la velocità
dell’enzima dipende dalla velocità con cui avviene il riconoscimento del substrato da parte
dell’enzima. Nel caso della reazione catalizzata, quindi, la concentrazione del substrato è
un parametro che indica quanto l’enzima sia affine al substrato.
Essendo proteine, gli enzimi possono essere denaturati in funzione del pH o della
temperatura. Ogni proteina presenta un proprio ottimo sia di pH che di temperatura.
ex s taxa exoye
COFATTORI an
Le proteine non operano da sole: non è sufficiente che abbiamo la struttura primaria,
secondaria, terziaria ed eventualmente quaternaria completa, ma necessitano dei
cofattori. Questi possono essere di natura organica oppure inorganica (quindi anche
metalli). Oltre a dover subire i processi di modifiche post-traduzionali, quindi, le proteine
spesso devono legarsi in modo non covalente a molecole non proteiche, che possono
essere diverse o simili ai vari enzimi. La proteina che ha raggiunto la propria struttura
finale viene chiamata apoenzima, e deve essere legata ad un coenzima o cofattore, per
dare luogo all’oloenzima, che è la molecola attiva che potrà svolgere la funzione.
Ad esempio, i citocromi sono proteine presenti nella membrana mitocondriale interna, che
servono a trasferire l’elettrone che si lega al metallo (ad esempio il ferro, bivalente o
trivalente) che si riduce o si ossida, legato all’interno del gruppo prostetico. I gruppi
prostetici, però, non sono sufficienti, devono essere legati alla proteina: ed è così che
abbiamo i citocromi. Per esempio, il NAD e il FAD (flavinadenindinucleotide) sono
coenzimi in grado di legare l’elettrone insieme al protone nelle reazioni di ossidoriduzione
che avvengono in una cellula, e portarlo alla catena di trasporto mitocondriale. L’energia
viene trasferita attraverso la liberazione di elettroni grazie all’ossidazione di una molecola,
la quale però non cede gli elettroni direttamente alla specie che si riduce, ma gli ai
trasportatori che trasferiranno l’elettrone sul mitocondrio, per essere di nuovo trasferito
gradatamente all’ossigeno attraverso la catena di trasporto. Se, infatti, l’ossidazione fosse
diretta, si avrebbe una combustione e la cellula non riuscirebbe ad immagazzinare tutta
l’energia che verrebbe dissipata sottoforma di calore.
Elementi ionici possono essere Rame, Ferro ridotto e Ferro ossidato, Potassio, Magnesio,
Manganese, Molibdeno… Tutti ioni metallici. Questi fungono da cofattori che si legano ad
enzimi, senza il quale legame non potrebbe avvenire la reazione. Vediamo ad esempio
l’enzima Citocromo Ossidasi, enzima che ossida e riduce il citocromo e necessita di questi
cofattori ionici.
INIBIZIONE ENZIMATICA
Gli enzimi, come anche le molecole proteiche di trasporto, possono essere inibiti. Molti
farmaci infatti agiscono grazie all’inibizione dell’attività enzimatica di uno specifico enzima
(dato che un inibitore è specifico per un singolo enzima). In chimica farmaceutica vengono
progettati farmaci che abbiano una struttura tridimensionale chimicamente simile a quella
del substrato, ma che non siano il substrato, per far avvenire l’inibizione dell’enzima, cioè
per impedire che la reazione avvenga. L’inibizione può essere:
-NON COMPETITIVA: l’inibitore si lega in un sito accessorio (non il sito attivo) dell’enzima.
Abbiamo detto prima che molti
enzimi legano la molecola di
ATP oppure legano un
coenzima, vuol dire che
presentano un sito allosterico
(sempre perché presentano una
struttura tridimensionale
specifica) dove si inserisce il
coenzima o l’ATP oppure, nel
caso dell’inibizione non
competitiva, l’inibitore. Questa
molecola si inserisce in questo sito, che è accessorio, e fa sì che il sito attivo cambi la
propria forma, in modo da non essere più in grado di riconoscere il substrato, quindi si
modifica la struttura terziaria dell’enzima senza intervenire nel sito attivo. In questo modo,
però, il sito attivo non sarà più sito attivo perché non sarà più in grado di riconoscere il
substrato.
Esiste poi l’inibizione IRREVERSIBILE: l’enzima non è più in grado di legare il substrato,
viene alterata sempre la struttura tridimensionale, terziaria dell’enzima, ma in modo
irreversibile, denaturando l’enzima. Ad esempio, molti antibiotici agiscono a questo livello,
ovviamente operando un’inibizione irreversibile delle proteine del batterio, quindi
impediscono che il batterio continui la propria forma vitale perché anche un solo enzima
denaturato e inattivato comporta che non sia più in grado di compiere il proprio ciclo vitale.
Anche tanti gas nervini bloccano in modo reversibile l’enzima acetilcolinesterasi.
L’acetilcolina è fondamentale: il gruppo acetile viene metabolizzato al livello del
mitocondrio per formare energia. I gas nervini bloccano la funzione delle cellule nervose,
quindi la prima cosa che viene bloccata è la respirazione, perché è un atto involontario
guidato del tutto da un’innervazione involontaria, di conseguenza si blocca.
REAZIONI ACCOPPIATE
Vediamo come avviene il trasferimento di energia e come una cellula è in grado di vivere,
cioè come fa a trasformare l’energia da una molecola di glucosio ad anidride carbonica:
l’ossidazione del carbonio del glucosio provoca la liberazione di elettroni.
Considerando la figura, la freccia rossa rappresenta il percorso che effettuano gli elettroni
e quindi l’energia passando da un reagente combustibile al prodotto in cui viene
trasformato. Il glucosio viene ossidato ad anidride carbonica, e l’energia contenuta nei
legami viene ceduta alla molecola di ATP, quindi si ha una trasformazione di energia: da
energia chimica ad un’altra forma di energia chimica, la molecola dell’adenosintrifosfato.
Qui viene immagazzinata l’energia che può essere utilizzata dal secondo reagente per
essere trasformato in prodotto, per esempio per avere la sintesi proteica oppure per la
trasformazione da glucosio a maltosio, un disaccaride. Questa energia viene liberata
dall’idrolisi dell’ultimo gruppo fosfato dell’ATP, con formazione di ADP (adenosindifosfato,
con solo due gruppi fosfati) e un fosfato inorganico libero.
Quindi l’energia di una reazione esoergonica viene ceduta alla molecola di ATP per poi
essere utilizzata in una reazione endoergonica. Quindi le reazioni esoergoniche sono
accoppiate con le endoergoniche, ma non direttamente: l’energia che risulta da una
reazione esoergonica non viene immediatamente utilizzata in una reazione endoergonica,
quest’energia si deposita sulla molecola di ATP, che per questo è chiamata “moneta” di
scambio energetico. Infatti, il primo reagente viene trasformato, cedendo energia, nel
primo prodotto, e l’energia accumulata nell’ATP viene usata perché avvenga una reazione
endoergonica, in cui il secondo reagente si trasforma nel secondo prodotto e in cui il
prodotto ha un’energia libera maggiore di quella contenuta nei reagenti.
Quindi, quando nella cellula avvengono reazioni esoergoniche, -7,3 kcal/mol di energia
vengono immagazzinate nell’ATP nel legame tra il secondo e il terzo fosfato. Tanta sarà la
quantità di energia esoergonica liberata, tante molecole di ATP verranno prodotte.
Viceversa, quando deve avvenire una reazione endoergonica, tanta è l’energia
necessaria, tante molecole vengono idrolizzate.
Qui vediamo quant’è la quantità di energia liberata dall’idrolisi dell’ATP. Se la cellula, per
esempio, deve poi legare glucosio e fruttosio, la sintesi non avviene direttamente: prima il
glucosio viene fosforilato, che è la forma attiva del glucosio, perché avviene grazie
all’idrolisi dell’ATP, quindi è una reazione esoergonica e la molecola viene attivata, cioè
conterrà un’energia di -7,3 kcal/mol liberatesi dall’idrolisi della molecola di ATP. Il gruppo
fosfato porterà l’energia al glucosio, attivandolo. Il glucosio fosforilato sarà in grado di
reagire con il fruttosio, per formare il saccarosio. Lo stesso avviene durante la formazione
di glicogeno in una cellula muscolare: il glucosio viene fosforilato e sarà in grado di legarsi
ad un altro glucosio per formare maltosio, che poi verrà fosforilato a sua volta per formare
il polimero. Quindi, le reazioni di sintesi in una cellula avvengono sempre in seguito
all’azione dell’ATP, che fosforila e attiva la molecola, porta l’energia liberata dall’idrolisi
dell’ultimo legame e rende la molecola capace di reagire.
L’evoluzione ha portato alla formazione di organismi aerobi, usando l’ossigeno che era
stato prodotto.
-AEROBI: anche la loro trasformazione energetica parte da una via anaerobia, la glicolisi,
il cui prodotto viene completamente ossidato nel mitocondrio, grazie alla presenza
dell’ossigeno come accettore degli elettroni. La molecola che viene prodotta dalla glicolisi,
l’acido piruvico, è ricca di carbonio organico (come avviene negli anaerobi). Viene
introdotto nei mitocondri e ossidato completamente ad anidride carbonica. Gli elettroni che
risultano dall’ossidazione vengono portati, attraverso la catena di trasporto degli elettroni
(nella membrana interna), all’ossigeno. L’ossidazione quindi è completa, a differenza di
quanto avviene nei processi fermentativi, e la quantità di energia ottenuta è molto elevata:
38 molecole di ATP derivano da una molecola di glucosio (considerando anche le due
molecole provenienti dalla glicolisi). L’ossigeno serve come accettore finale degli elettroni
nell’ossidazione totale degli atomi di carbonio del glucosio, prima ossidato a livello
citoplasmatico in assenza di ossigeno. L’ossigeno diffonde secondo gradiente,
dall’ambiente esterno alle cellule, dove continua a diffondere nel mitocondrio, dove viene
usato come accettore di elettroni.
Quindi gli elettroni sono la fonte di energia: attraverso le reazioni di ossidoriduzione, una
molecola ridotta cede elettroni ad una molecola ossidata, non direttamente ma attraverso
un trasportatore. Nella figura (sotto), la molecola AH₂ è quella ridotta e contiene elettroni i
quali legano atomi di idrogeno, protoni, quindi abbiamo una compresenza di cariche
positive e negative.
In una cellula non possono formarsi elettroni liberi; a volte succede, ma si tratta di elettroni
che vanno a formare i radicali liberi dell’ossigeno, quindi riducono molecole e formano
composti tossici. Questi elettroni, insieme ai protoni, dei composti ridotti che vengono
ossidati, vengono ceduti ai trasportatori, che abbiamo visto essere NAD
(nicotinammideadenindinucleotide), una molecola formata da due nucleotidi, ciascuno
formato da una molecola di zucchero, una base azotata ed un gruppo fosfato (la
nicotinammide è una base azotata diversa dall’adenina nicotina), e il FAD
(flavinadenindinucleotide), un altro dinucleotide che presenta due vitamine.
Quindi è una molecola che, proprio nella testa della nicotinammide, può legare gli elettroni.
E’ presente infatti un atomo di carbonio che può essere ridotto accettando gli elettroni che
si liberano dalle reazioni di ossidazione (qui il NAD è legato alla propria specifica
ossidoreduttasi), e l’elettrone viene depositato sul trasportatore. Quindi, le cellule
trasferiscono energia attraverso reazioni di ossidoriduzione, attraverso elettroni che
vengono ceduti a dei trasportatori. Quando il NAD si riduce forma NADH (ne vediamo la
struttura), che potrà essere nuovamente ossidato quando cederà l’elettrone alla catena di
trasporto degli elettroni, e successivamente in modo graduale all’ossigeno, senza che
avvenga una cessione diretta dell’elettrone all’ossigeno per evitare di avere una
combustione, che non porterebbe a nessun vantaggio da un punto di vista energetico.
IL METABOLISMO
Nella figura, ogni sferetta rappresenta un metabolita, e ogni segmento rappresenta una
reazione chimica, attraverso cui un metabolita viene trasformato in un altro. Tutte le
reazioni chimiche che del metabolismo sono catalizzata da uno specifico enzima. Nel
disegno sono evidenziate le vie metaboliche dei carboidrati, dei lipidi, degli aminoacidi, dei
nucleotidi… Sono, però, tutte interconnesse: un metabolita può essere il metabolita finale
di una reazione e quello iniziale di un’altra. Le reazioni possono essere sia di
condensazione che di idrolisi, sia di sintesi che di degradazione. L’enzima che catalizza la
reazione di degradazione di un metabolita è diverso da quello che metabolizza la reazione
di sintesi dello stesso metabolita.
-INTERMEDIO: i composti possono essere sia degradati sia sintetizzati, dipende dalla via
metabolica. Il metabolismo di degradazione è chiamato catabolismo e porta ad una
molecola finale comune, l’acido piruvico (per la maggior parte delle reazioni cataboliche).
L’acido piruvico poi entra nel metabolismo terminale, e una volta entrato non è più
possibile regredire a stadi precedenti. Prima si poteva, a discrezione della necessità della
cellula. Il metabolismo intermedio può quindi essere anche di sintesi, cioè anabolismo, ed
è composto da reazioni non ancora irreversibili.
Non è possibile assorbire polimeri, ogni singola macromolecola deve essere scissa nei
componenti, nei monomeri. I polisaccaridi vengono scissi nei propri monomeri e l’idrolisi di
questi legami avviene già al livello del cavo orale, attraverso l’azione di enzimi. Avevamo
visto che la cellulosa non può essere usata come fonte di glucosio perché siamo privi
dell’enzima che scinde il legame beta glicosidico, ma abbiamo l’enzima per rompere il
legame alfa glicosidico, che è l’alfa amilasi, che comincia rompere i legami dell’amido già
al livello del cavo orale. La scissione continuerà a livello intestinale, dove è presente
un’altra amilasi che rompe i legami. E’ importante che tutti i singoli polimeri vengano scissi
nei monomeri, per poter essere assorbiti a livello intestinale. La digestione avviene a livelli
diversi in base al tipo di macromolecola: le proteine iniziano ad essere disfatte a
livellodello stomaco, viene rotta la loro struttura terziaria in modo che poi il singolo
filamento possa essere scisso nei singoli componenti.
Materia e lezione Biologia lezione 13
Data 11/11/2021
Professoressa Modesti
Coppia Eugenia Bocconi/Andrea Fratoni
In questa immagine sono rappresentate tutte le fasi della degradazione del glucosio:
La prima, essendo anaerobia, non può essere considerata respirazione, perché con questo termine
si intende un processo che utilizza ossigeno. In questa il glucosio viene degradato attraverso 10
reazioni successive a due molecole di acido piruvico, composto a tre atomi di carbonio di diverso
grado di ossidazione. Questo composto al PH cellulare è ionizzato formando la sua base, il piruvato,
in genere piruvato di sodio, e se si parla di respirazione, entra nel mitocondrio attraversando le due
membrane dove è presente un complesso multi-enzimatico che ossida completamente l’ultimo
atomo di carbonio del gruppo carbossilico, che è già il più ossidato, ad anidride carbonica.
Viene quindi prodotto il gruppo acetile, a due atomi ci carbonio, che potrebbe ritornare a livello
citoplasmatico essendo una piccola molecola. Per evitare ciò viene legata a una grossa molecola
organica non proteica, il coenzima A che attiva l’acetile. Quindi l’acetil-coenzima A entra a livello
della matrice mitocondriale nel ciclo di Krebs. Durante questo ciclo avvengono molte reazioni di
ossidoriduzione che solo collegate a numerosi coenzimi trasportatori di elettroni come il NAD e il
FAD, i quali si riducono. I due atomi di carbonio dell’acetile si ossidano completamente liberando
due molecole di anidride carbonica e numerosi elettroni.
Complessivamente l’anidride carbonica prodotta dall’ossidazione di una molecola di glucosio
equivale a 6 molecole: due prodotte durante il passaggio dei due piruvato attraverso le membrane
mitocondriali, da un complesso multi-enzimatico, la piruvico-decarbossilasi (decarbossilasi:
eliminato l’atomo di C più ossidato) e le altre quattro durante il ciclo di Krebs.
A livello del ciclo vengono prodotte direttamente due molecole di ATP attraverso il processo della
fosforilazione a livello del substrato. La maggiore quantità di energia viene prodotta nell’ultima fase
della respirazione quando i coenzimi NAD e FAD cedono gli elettroni alla catena di trasporto
elettronica che si trova sulla membrana mitocondriale interna.
GLICOLISI – unica via citoplasmatica
Si suddivide in due fasi: una endoenergetica e una esoenergetica, formate da varie reazioni ciascuna
catalizzata da uno specifico enzima.
Per la prima fase è necessario l’apporto di energia perché tutte le molecole, come il glucosio, devono
essere attivate per cominciare il loro metabolismo, che sia di sintesi o di degradazione.
FASE ENDOERGONICA: durante le prime tre reazioni il glucosio viene isomerizzato e fosforilato a
fruttosio-1,6-difosfato (fruttosio e glucosio sono isomeri). Prima viene consumata una molecola di
ATP per fosforilare il glucosio, poi viene isomerizzato a fruttosio, che viene anche lui fosforilato
grazie a un’altra molecola di ATP. Il prodotto è quindi un fruttosio attivo con un gruppo fosfato in
posizione 1 e uno in posizione 6.
A questo punto viene scisso formando due molecole di gliceraldeide-3-fosfato (GTP) contenenti
ognuna tre atomi di carbonio più ossidati rispetto al glucosio. (la GTP è attivata perché contiene i
gruppi fosfato)
FASE ESOERGONICA: la GTP viene degradata attraverso reazioni redox in cui interviene il NAD in
forma ossidata, la quale accetta gli elettroni liberati dall’ossidazione e si trasforma nella sua forma
ridotta, il NADH. A questo punto i gruppi fosfato vengono riceduti e si libera energia utilizzata per
compiere una fosforilazione a partire da fosfato inorganico+ ADP. Si formano quindi 2 molecole di
ATP ogni GTP ossidato.
Il piruvato contiene:
• gruppo metile CH3 che contiene il carbonio più ridotto
• gruppo carbonile CO che ha il grado di ossidazione delle aldeidi e chetoni
• gruppo carbossile COOH che contiene il carbonio più ossidato
II piruvato è il prodotto delle vie cataboliche di molte altre molecole quali acidi grassi, amminoacidi.
A questo punto il piruvato prende due strade diverse a seconda che si trovi in condizioni aerobiche
o anaerobiche.
In condizioni aerobiche entra all’interno del mitocondrio attraverso le due membrane e durante
questo passaggio incontra un complesso multienzimatico, la PDH, piruvico-deidrogenasi o
decarbossilasi, il cui nome indica le due attività che avvengono contemporaneamente in questa fase.
Il gruppo carbossilico si ossida completamente cedendo
gli elettroni (deidrogenasi) al NAD che si riduce, e si
stacca dalla molecola sotto forma di anidride carbonica
(decarbossilasi). Poi un altro enzima del complesso
permette al CoA di legarsi alla molecola che si è formata,
il gruppo acetile, attraverso gli atomi di zolfo che
contiene con un legame ad alto trasferimento di energia,
e di attivarla trattenendola all’interno del mitocondrio.
L’acetile deriva dall’acido acetico C𝐻3 COOH per
deidrossilazione, perdita di un gruppo OH, e presenta
come carbonio più ossidato quello del gruppo CO a cui si
lega il coenzima A formando l’Acetil-CoA.
Acido piruvico e acetile sono i metaboliti finali della
degradazione di tutte le molecole organiche.
A questo punto l’Acetil-CoA entrerà nel ciclo di Krebs
dove verrà completamente ossidato ad anidride
carbonica cedendo tutti gli elettroni ai trasportatori.
In condizioni anaerobiche il piruvato rimane nel citoplasma e viene ridotto, accettando gli elettroni
dal NADH, uscito dalla glicolisi. Questa reazione si chiama fermentazione e può avere due prodotti
diversi a seconda che sia lattica o alcolica.
Nella fermentazione lattica, che può avvenire nei batteri lattici ma anche nelle cellule muscolari solo
per brevi periodi, il piruvato è ridotto grazie all’enzima lattico deidrogenasi ad acido lattico e il NAD,
ormai ossidato, ritorna alla glicolisi dove potrà nuovamente essere ridotto. È molto importante
questo passaggio perché nella fermentazione l’unica energia prodotta è rappresentata dalle due
molecole di ATP liberate durante la glicolisi, per cui questa fase non deve mai fermarsi.
Tra le cellule dei mammiferi solo in quelle muscolari può avvenire questa via metabolica, poiché
durante sforzi brevi ma molto intensi hanno comunque bisogno di energia nonostante si trovino in
carenza di ossigeno. Non potendo compiere la respirazione cellulare devono ossidare il NAD
attraverso la fermentazione lattica. Questa via viene utilizzata solo per un tempo molto limitato
poiché l’acido lattico acidifica l’ambiente muscolare, provocando dolore perché le proteine si
denaturano. Continuando lo sforzo aumenta gradualmente il numero di mitocondri e di vasi
sanguigni che irrorano il muscolo portando una maggiore quantità di ossigeno, per cui le cellule
riescono a compiere la respirazione.
Nella fermentazione alcolica invece il piruvato viene ridotto ad acetaldeide grazie all’enzima piruvico
decarbossilasi, e successivamente ridotto a etanolo. Questa via è tipica dei lieviti come
Saccharomyces cerevisiae, che si trovano sugli acini dell’uva e ne degradano gli zuccheri. Questi
microorganismi sono anaerobi facoltativi, per cui se sono in presenza di ossigeno compiono la
respirazione producendo acido acetico utilizzato per l’aceto, mentre se si trovano in assenza di
ossigeno producono l’etanolo contenuto nel vino.
CICLO DI KREBS
Si chiama così in onore del ricercatore che lo scoprì nel 1937 (Hans Adolf Krebs, premio Nobel
medicina 1953) ma può anche essere chiamato ciclo dell’acido citrico o ciclo degli acidi tricarbossilici
perché si formano tre metaboliti, il citrato, l’isocitrato, il cis-aconitato, che presentano tre gruppi
carbossilici.
Trasportatori di elettroni e protoni: tra questi troviamo le flavoproteine che hanno un gruppo non
proteico, un coenzima simile al FAD, il FMN che riesce a legare anche i protoni proprio come il FAD
e il coenzima Q, anch’esso proteico.
In questa immagine si vede
che il FAD viene ridotto a
livello della flavina, vitamina
con una struttura a tre anelli
condensati, mentre l’FMN è
costituito solo dalla parte
superiore della FAD. Questo
coenzima trasporta gli
elettroni dal ciclo di Krebs
fino alla catena dove li cede
all’ FMN.
Nella membrana mitocondriale interna il rapporto proteine-lipidi è a favore delle proteine proprio
come nella membrana dei mesosomi dei batteri e sono tutte complessi multienzimatici che fanno
parte della catena di trasporto.
Questi complessi sono formati da molte proteine, alcune con funzione enzimatica e altre contenenti
metalli in grado di ossidarsi e ridursi accettando o rilasciando elettroni, altre ancora presentano
molecole in grado di legarsi anche ai protoni.
Ci sono quattro complessi diversi che si differenziano per tipologia di proteine che contengono.
COMPLESSO I: è formato da molte componenti, tra cui il citocromo che accetta elettroni ceduti dai
NADH. A questo punto i NAD ossidati ritornano a compire le loro funzioni e i protoni vengono liberati
nello spazio inter-membrana dove iniziano ad accumularsi.
COMPLESSO II: contiene l’ubichinone, e l’FMN che accettano sia i protoni che gli elettroni dai FAD𝐻2
che ritornano ossidati al ciclo di Krebs.
COMPLESSO III: è un’ossidoreduttasi in grado di ossidare sia l’ubichinone che il citocromo ridotti
precedentemente accettando gli elettroni proveniente dai complessi I e II e rilasciando i protoni
nello spazio inter-membrana.
COMPLESSO IV: contiene un citocromo che accetta gli elettroni che hanno perso energia perché nel
frattempo i protoni si sono accumulati nello spazio inter-membrana e li cede all’ossigeno che si
riduce acquistando cariche negative.
L’ accumulo dei protoni attiva l’ATP sintetasi per cui potranno ritornare nella matrice, e il flusso
protonico attiva una proteina motrice della pompa di membrana che attiva l’attività enzimatica e
favorisce la fosforilazione dell’ATP.
ATP SINTASI
La pompa ATP sintetasi è costituita da un canale proteico transmembrana
attraverso il quale i protoni ritorneranno nella matrice per differenza di
concentrazione, e da un rotore, un complesso proteico, che si trova nella
matrice e che è attivato dal flusso dei protoni, che verrà sfruttato per la sintesi
di ATP.
Il protone dopo essere rientrato va a legarsi all’ossigeno ridotto
trasformandolo in molecole di acqua.
L’accumulo dei protoni va a generare una differenza di potenziale misurabile
con degli elettrodi che ci testimonia anche se il mitocondrio è attivo oppure
no. Si modifica anche il ph che diventa acido nello spazio intermembrana e
basico nella matrice mitocondriale.
In questa prima parte della lezione guardiamo che cosa avviene in quel processo opposto alla
respirazione, che è la fotosintesi, perché è il processo mediante il quale si ottiene carbonio
organico, quindi alimenti, per gli organismi eterotrofi e perché fa parte del ciclo del carbonio,
usato per consentire la vita degli organismi.
La fotosintesi porta alla formazione di carbonio in forma ridotta, quindi carbonio che contiene
elettroni che possono poi essere utilizzati durante le reazioni di ossidoriduzione della
respirazione per andare a formare quella molecola di ATP nel mitocondrio che abbiamo visto
nelle lezioni precedenti. Vedremo come gli organismi autotrofi sono in grado di immagazzinare
l’energia luminosa in quella forma di energia chimica che è appunto la molecola del glucosio,
energia che serve per formare carbonio organico, cioè per ridurre l’atomo del carbonio.
Quindi le piante, gli organismi autotrofi, i cianobatteri, sono organismi in grado di
immagazzinare la radiazione elettromagnetica della luce sotto forma di energia chimica, quindi
effettuano una trasformazione dell’energia. Avevamo visto che, secondo i principi della
termodinamica, l’energia si trasforma questo viene sfruttato dagli organismi, alcuni dei quali
nello specifico sono in grado di trasformare l’energia luminosa, altrimenti inutilizzabile da un
punto di vista metabolico, in una forma di energia chimica. Sono tutte reazioni di
ossidoriduzione quelle che consentono di ottenere quella molecola di adenosintrifosfato (ATP),
che è usata dalle cellule per compiere le funzioni vitali.
Questa che vediamo scritta è la reazione di base della fotosintesi, che è l’inverso della reazione
di respirazione: vediamo che il carbonio dell’anidride carbonica, in presenza di acqua e della
luce solare, viene ridotto a glucosio e l’ossigeno è uno dei prodotti di scarto della fotosintesi. La
reazione opposta a questa, da destra verso sinistra, è la reazione globale della respirazione, che
poi è suddivisa in diverse fasi.
La fotosintesi si compone di una fase che consente di bloccare l’energia luminosa, che arriva
con la luce, e di una fase che porta alla riduzione del carbonio dell’anidride carbonica a glucosio.
Nel mitocondrio, invece, abbiamo una fase che porta all’ossidazione del carbonio, il ciclo di
Krebs, da lì gli elettroni vengono portati alla catena di trasporto degli elettroni, quindi eventi
che avvengono in direzione opposta rispetto a quelli
che avvengono nella fotosintesi.
NADP
La niocontinammideadenindinucleudite
fosfato, è il coenzima che immagazzina elettroni
per le biosintesi. A livello delle cellule
eucariotiche animali troverete questo coenzima
NADP che acquista gli elettroni ed è in grado di
trasportare gli elettroni.
La struttura è in grado di ossidarsi e di ridursi
ed è uguale a quella del NAD, poiché è la parte
della vitamina della nicotinammide che può
ridursi e ossidarsi; il gruppo fosfato del NADP è
legato al ribosio (in posizione C2) dell’adenina.
Quindi vuol dire che il NADP ridotto non porta
gli elettroni alla catena di trasporto degli
elettroni nel mitocondrio, ma fornisce gli
elettroni durante le biosintesi, nelle cellule
animali. Nella fotosintesi l’elettrone che viene
depositato sul NADP ridotto, viene portato al
ciclo di Calvin per poter ridurre anidride
carbonica.
Quindi, ritornando alla fotosintesi, l’elettrone è pronto per poter passare alla fase successiva,
che è un insieme di reazioni chimiche cicliche, il ciclo di Calvin, opposto al ciclo di Krebs. Questi
elettroni serviranno per ridurre il carbonio dell’anidride carbonica, che è la molecola che entra
nel ciclo di Calvin; in quello di Krebs l’anidride carbonica usciva. Qua, invece, viene ridotto il
carbonio, grazie alla presenza degli elettroni portati dal NADP ridotto, durante il passaggio degli
elettroni nella fase luminosa che porta alla formazione di ATP, perché avviene un fenomeno
simile a quello della chemiosmosi, che abbiamo visto a livello mitocondriale. Questa forma di
energia, sotto forma di ATP, servirà per far avvenire le reazioni del ciclo di Calvin. Dal ciclo di
Calvin esce la gliceraldeide trifosfato, il metabolita che porterà alla sintesi di glucosio. Quindi le
reazioni luminose sono reazioni in cui avviene l’inizio delle reazioni di trasformazione, perché
le radiazioni elettromagnetiche fanno sì che avvenga la fotolisi dell’acqua; quindi, l’acqua è la
molecola che cede l’elettrone alla molecola che per prima ha catturato l’energia.
Nella seconda fase, le reazioni al buio, serve NADP ridotto ed energia per la sintesi di molecole
organiche. É chiaro che deve entrare carbonio inorganico; per cui il carbonio che si ritrova nel
mondo vivente è sempre lo stesso: viene eliminato come anidride carbonica e poi riconvertito
attraverso gli organismi autotrofi, le piante, gli organismi vegetali, in materiale organico che
potrà essere riutilizzato dagli eterotrofi e dagli stessi autotrofi. Questo è praticamente il ciclo
del carbonio, che prevede il cloroplasto e il mitocondrio.
Fase luminosa
La radiazione elettromagnetica viene captata da alcune molecole che si trovano legate alle
membrane dei tilacoidi, membrane che hanno la stessa struttura delle membrane biologiche,
quindi anche lì sono presenti fosfolipidi, doppio strato. Questo fotone viene catturato e i
pacchetti di energia servono per eccitare l’elettrone di una molecola. Non tutte le molecole sono
in grado di captare la luce ed eccitare l’elettrone; alcune molecole sì, tra cui i pigmenti del
cloroplasto. L’elettrone passa a un livello
energetico superiore, assorbendo l’energia;
l’elettrone poi può:
essere ceduto ad un accettare
primario
oppure ritornare allo stato
fondamentale liberando energia sotto
forma di fluorescenza
essere ceduto ad un accettare
primario
La clorofilla capta il fotone e se viene purificata, isolata, questo elettrone ritorna allo stato
fondamentale, l’energia viene liberata sotto forma di fluorescenza.
Esistono tipi diversi di pigmenti fotosintetici, in base ai quali i cloroplasti sono in grado di
assorbire la luce a diverse lunghezze d’onda. I pigmenti fotosintetici che portano alla sintesi di
carbonio organico sono nello specifico le clorofille, che si
trovano a livello dei tilacoidi, in un complesso che viene
chiamato fotosistema, all’interno del quale si trova il
centro di reazione.
Fase oscura
Arrivati alla produzione di NADP ridotto,
questo va al ciclo di Calvin che si trova
nello stroma del cloroplasto, e l’accumulo
che era avvenuto a livello dei protoni nel
passaggio dell’elettrone attiva la sintesi di
ATP, attraverso l’attivazione della pompa
di membrana che è l’ATP sintetasi.
L’elettrone segue il cammino inverso di
quello che avviene nella respirazione
mitocondriale.
Una volta si distingueva in fase luminosa e fase al buio, in realtà le reazioni della fase al buio,
quelle del ciclo di Calvin, avvengono sia al buio che alla luce, quello che conta è che le reazioni
della fase luminosa avvengono solamente alla luce, perché è la radiazione luminosa che innesca
l’evento.
L’ATP si forma sia nella fotofosforilazione ciclica sia nel passaggio degli elettroni dal
fotosistema 2 al fotosistema 1. Le molecole di ATP e NADP ridotto servono perché possa
avvenire il ciclo di Calvin, oltre a questo, serve anche anidride carbonica, cioè carbonio in forma
ossidata. Quindi respirazione e fotosintesi sono gli eventi principali di quello che è il ciclo del
carbonio: la fotosintesi consente la formazione di composti organici, è lo stesso atomo di
carbonio che viene ossidato dal glucosio all’anidride carbonica, e quella anidride carbonica che
viene ridotta a glucosio, con passaggio dall’energia luminosa a energia chimica sotto forma di
adenosintrifosfato, la moneta di scambio energetica, la moneta che serve alla cellula per
compiere i lavori.
Come si è visto che esisteva un principio che poteva portare delle informazioni?
Attraverso degli esperimenti.
Ancora prima della struttura del DNA, come la conosciamo noi, intorno al 1950, tutti gli studiosi
erano a cercare come fosse strutturata la molecola informativa, tra cui anche Chargaff, che vide
che le quantità delle basi azotate (adenina, guanina, citosina e timida) erano diverse, ma a quelle
di citosina corrispondeva la stessa percentuale di guanina, alle molecole di adenina
corrispondeva la stessa percentuale di molecole di timina. Nell’uomo, il 19,9% di DNA è
costituito da citosine, la stessa percentuale di guaine, e le timine e le adenine sono presente in
stessa percentuale. Quindi il numero di molecole di adenine è uguale al numero di molecole di
timina, il numero di molecole di citosina è uguale al numero di molecole di guanina. Ci doveva
essere una complementarità tra queste basi.
Tutte queste informazioni servirono a Watson e Crick, che vinsero poi il premio Nobel nel 1962
per aver individuato la struttura a doppia elica del DNA: due filamenti tenuti insiemi dalla
complementarità di queste basi azotate, una purina e una pirimidina, la distanza tra i due
filamenti deve essere mantenuta costante. Questi due filamenti si dice scorrono in direzione
antiparallela e si avvolgono nella doppia elica. La struttura a doppio filamento del DNA spiega
la capacità di autoreplicarsi della molecola perché ognuno dei due filamenti serve da stampo
per la sintesi di due nuovi filamenti. Quindi vuol dire che la duplicazione del DNA avviene
secondo un modello semiconservativo: la vecchia molecola si conserva metà nelle due nuove
molecole prodotte; i due filamenti iniziali servono da stampo, possono separarsi perché le basi
azotate sono tenute insieme da quei legami deboli che sono i legami ponte a idrogeno. L’atomo
di azoto è legato all’idrogeno, e quando l’idrogeno è
legato ad un atomo elettronegativo è impoverito di
elettroni e quindi va a cercare una fonte elettronica.
Gli istoni sono proteine che vengono modificate e sono importanti perché regolano
l’espressione genica.
Assemblaggio del nucleosoma
La formazione del nucleosoma è graduale: prima avviene separatamente la formazione dei
dimeri, cioè le coppie (H2A con H2B e H3 con H4), che poi si associano a formare il tetramero,
e separatamente avviene l’assemblaggio. In fondo si viene a formare questa struttura in cui ogni
proteina istonica lascia all’esterno le code amminiche, le estremità ammino terminali. Questo è
importante perché in queste code, che fuoriescono dal complesso del core degli istoni,
avvengono degli eventi di modificazione che influenzano l’espressione del gene, influenzando
anche il compattamento della cromatina.
A livello delle estremità delle proteine ammino istoniche avvengono delle modifiche post-
tradizionali che modificano la conformazione della cromatina. Di cromatina ne esistono due
tipi: una cromatina altamente condensata, chiamata eterocromatina, molto compatta e una
cromatina più rilassata, che si chiama eucromatina che è quella che facilmente si esprime, da
lì si produce l’RNA e poi le proteine. Di eterocromatina ne esistono due tipi: una facoltativa e
una costitutiva, quest’ultima non si rilasserà mai, così compatta che non è trascritta mai; invece,
la parte facoltativa, secondo alcuni stimoli cellulari, può convertirsi in eucromatina e quindi
venire trascritta. Questo è influenzato dalle modifiche che avvengono sulle code
amminoterminali degli istoni dei nucleosomi.
Biologia – Lezione n° 15
Data: 17/11/2021
Materia: Biologia
Professore: Modesti
Coppia: Sbobinatore: Simona Daviddi / Revisore: Matteo Chiarantini
L'acetilazione del DNA: viene aggiunto un gruppo acetile che si lega ad alcuni residui della coda
N-terminale degli istoni e quando la cromatina (DNA+istoni) è acetilata essa è più rilassata,
meno compatta e quindi è trascrivibile ed i geni si esprimono. Quando invece viene rimosso un
gruppo acetile, la cromatina è molto più compatta.
Una volta che la carica negativa del DNA è stata neutralizzata, la cromatina può assumere delle
conformazioni più condensate fino ad arrivare all'ultimo grado che prende il nome di
eterocromatina (molto condensata), ma il massimo grado di consensazione della cromatina è il
cromosoma che non si evidenzia in una fase fisiologia della vita cellulare, ma solamente
quando la cellula sta per dividersi. Prima della formazione del cromosoma il DNA si è duplicato.
Il cromosoma:
Il cromosoma è formato da 2 cromatidi fratelli, in quanto formati da DNA identico. I cromatidi
sono tenuti insieme in una costrizione primaria, ovvero il punto a cui poi si agganceranno le
fibre del fuso mitotico, a livello del centromero. Lì vi sono le proteine del cinetocore che
uniscono i due cromatidi e tali proteine prenderanno contatto con il fuso mitotico. Oltre a questa
costrizione primaria in ognuno dei cromatidi può essere presente una costrizione secondaria,
che si trova in genere sul braccio lungo del cromosoma. La dimensione dei cromosomi varia e
dipende da quello che è la dimensione dei cromatidi e la posizione del centromero, che può
essere quasi centrale con la formazione di cromosomi metacentrici, può essere
submetacentrico ovvero spostato verso un lato, oppure acrocentrico ovvero rimane solo una
parte di cromosoma satellite e non si distinguono i due bracci del cromosoma.
I cromosomi si evidenziano solo quando la cellula ha duplicato il suo materiale genetico. Per
vedere il tipo ed il numero di cromosomi in un individuo dobbiamo svolgere il cariotipo.
Nell'uomo ci sono 46 cromosomi, ovvero 23 coppie. Ogni coppia è formata da 2 cromosomi
simili strutturalmente, ma non identici e si chiamano omologhi. Ciò significa che non sono uguali
ma portano le informazioni per lo stesso carattere (una di origine paterna e una di origine
materna). Essi derivano dai gameti, dalle cellule specializzate per la riproduzione sessuata. Le
cellule somatiche hanno un contenuto diploide di cromosomi. 22 sono i cromosomi omologhi o
autosomi e poi vi è la coppia di cromosomi sessuali (XX o XY).
Negli individui di sesso femminile, siccome sono presenti due cromosomi identici ci sarebbe un
raddoppio delle informazioni per lo stesso carattere e quindi nelle cellule somatiche,
casualmente uno dei due cromosomi viene inattivato e si viene a formare il Corpo di Barr
(cromosoma molto condensato che non si esprime). Un esempio visibile è nei gatti di sesso
femminile quando presentano il colore misto, in quanto il colore del pelo del gatto è contenuto
sul cromosoma X (gatti calicò).
Una caratteristica del DNA è che può essere denaturato e rinaturato. Il DNA può denaturarsi
andando a rompere i legami a ponte idrogeno tra le basi azotate. I legami idrogeno sono legami
deboli e basta poca energia affinchè si rompano e facilmente si riformino. Il doppio filamento è
tenunto insieme da questi legami deboli, che sono molto numerosi. Durante l'arco della vita
della cellula il DNA spesso si denatura, ovvero quando deve svolgere la sua funzione di sede
dell'informazione. L 'informazione è contenuta nella sequenza specifica delle basi e se vogliamo
sapere le informazioni dobbiamo far esprimere la molecola di DNA e perciò durante la vita della
cellula si denatura, non completamente.
è importante la denaturazione nella biologia, perchè durante il processo della duplicazione il
DNA si denatura, non tutto contemporaneamente, ma inizia in posizioni ben definite e consente
l'apertura e quindi l'esposizione delle basi azotate che funzionano da stampo per la sintesi di
due nuovi filamenti. Alla base della duplicazione del DNA si ha la duplicazione di una molecola
con la formazione di due molecole identiche.
Ipotesi duplicazione:
Il DNA si denatura ed i due filamenti funzionano da stampo. Le ipotesi furono che le prime
molecole che si formano si formano secondo un:
!""Modello semi-conservativo, per cui si denaturano i legami idrogeno tra le basi ed i due
filamenti funzionano da stampo e da questi due filamenti si formano due nuovi filamenti
con due nuove molecole conservate per metà, uno dei due filamenti è di vecchia origine.
!"""Modello conservativo, ovvero il DNA di vecchia origine si richiude su se stesso ed i
vecchi filamenti si riappaiano.
!" Modello disperisivo, a tratti si forma DNA nuovo ed a tratti del DNA vecchio.
Per dimostrare la giusta ipotesi intervennero due ricercatori (Meselson e Sthal) che utilozzarono
un isotopo dell'azoto, l'isotopo pesante 15 (ha 15 neutroni). Usò questo isotopo facendo
crescere in un terreno contenente azoto pesante, sottoforma di cloruro di ammonio, dei batteri.
Durante la crescita di questi batteri, essi introducono nel loro DNA azoto pesante, ovvero il DNA
che se viene fatto separare per ultracentrifugazione in provetta si deposita ad un livello inferiore
rispetto al DNA normale. Si parte quindi da questi batteri cresciuti in un terreno con azoto
pesante. Si riesce a discriminare tra leggero e pesante perchè il DNA viene sottoposto ad
ultracentrifugazione in un gradiente di densità , si crea in una provetta un gradiente di una
sostanza (saccarosio ad esempio) che dà una diversa densità e sottoponendo a
ultracentrifugazione il DNA di questi batteri cresciuti con azoto pesante questo si posiziona ad
un livello inferiore rispetto al DNA leggero. Presi questi batteri tutti contenenti azoto pesante e
DNA pesante, questi vengoni messi a crescere in un terreno contenete azoto leggero (14) e si
fanno crescere i batteri per una generazione perchè se la duplicazione fosse semiconservativa
si formerebbe un DNA semipesante, se la duplicazione fosse conservativa si formerebbe un
DNA pesante ed uno leggero, mentre se fosse la duplicazione dispersiva ci sarebbe una banda
mista.
Fecero questo esperimento e videro che si formava una sola banda, scartarono quindi la
duplicazione conservativa.
Per vedere se la duplicazione era semi-conservativa o dispersiva (meno favorita perchè si
dovevano rompere i legami covalenti tra i nucleotidi) fecero crescere per un'altra generazione
(altri 20 minuti) i batteri e a quel punto se la duplicazione avviene in modo disperisvo si ha
sempre un'unica banda, mentre se è semi-conservativa dal DNA misto che si è ottenuto si
forma un DNA tutto leggero ed un DNA misto, quindi una banda totalmente più alta perchè è
tutto DNA leggero ed una banda all'altezza di quella precedente. Dimostrarono quindi così che
la duplicazione avviene secondo un modo semi-conservativo.
In questa diapositiva semplicemente è per farvi vedere i tipi di RNA polimerasi, quindi sono proteine,
sono enzimi che hanno tutte la funzione di polimerizzazione, non sono tutte uguali come struttura
e diciamo che alcune hanno delle funzioni esonucleasiche che cioè oltre che di sintesi agiscono
anche nella degradazione della molecola del DNA cioè nell'idrolisi dei legami tra i nucleotidi
fosfoesterei e questa attività serve per rimediare a quelle che può essere l'inserimento di nucleotidi
scorretti durante il momento della duplicazione. Spesso sfuggono queste correzioni cioè non
vengono corrette e si dice "le bozze", si dicono bozze perché una volta c'era un individuo, il
correttore di bozze quando venivano stampati i giornali quindi cambiava il carattere e inseriva il
carattere corretto cosa che fa la DNA polimerasi nel rimuovere il nucleotide scorretto nella sequenza
della sintesi del nuovo filamento e introdurre il nucleotide corretto cioè il nucleotide che porta la
base complementare corretta che era stata inserita scorretta.
Spesso queste correzioni non avvengono e qui si vengono a formare quelle che sono le mutazioni
che cosa hanno portato nel tempo le mutazioni? Hanno portato ad avere geni con sequenze non
proprio identiche che però codificano e portano l'informazione per un carattere uguale. Questi
come si chiamano? si chiamano alleli. Quindi le forme alternative di uno stesso gene, che sono gli
alleli, derivano proprio da eventi di mutazione puntiforme che si sono verificati durante l'evoluzione,
quindi portano l'informazione per quel carattere, le informazioni però possono non essere identiche
e questi sono gli alleli, forme alternative dello stesso gene. Dove si trovano gli alleli? si trovano sui
due cromosomi omologhi cioè sui cromosomi si trova la cromatina, si trova il DNA cioè i cromosomi
sono costituiti da DNA e abbiamo anche detto che il genoma che è il tutto quello che stiamo dicendo
finora cioè l'insieme di tutte le sequenze nucleotidiche nella molecola del DNA. Il genoma è
suddiviso in unità funzionali che abbiamo chiamato geni. Un gene porta l'informazione per un
carattere, per una proteina che poi in realtà vedremo che è più di una. Sui due cromosomi, nelle
stesse identiche posizioni, si trovano i geni che portano informazioni per lo stesso carattere queste
sono le posizioni in cui si trovano gli alleli, se queste informazioni non sono uguali abbiamo appunto
gli alleli. Possono o meno essere uguali perché derivano da individui diversi, due cromosomi invece
sui cromatidi dello stesso cromosoma esistono gli stessi geni. E' vero che durante la duplicazione
possono avvenire delle mutazioni, delle variazioni e lì si vengono a creare, nell'evoluzione, le forme
alternative del gene che porta sempre l'informazione per quel carattere. E' ovvio che stiamo
parlando di mutazioni che non alterano completamente il prodotto genico vedremo più avanti
appunto quali possono essere i tipi di mutazioni, però andiamo a vedere adesso come si esprime
questo genoma, questo DNA. Dicevamo dogma centrale che la trascrizione vuol dire anche riscrivere,
ricopiare e infatti la molecola che si forma dell'RNA è scritta con più o meno le stesse lettere con cui
è scritto il genoma.
Chi è che effettua questa ricopiatura? Un po' l'abbiamo accennato, è un altro enzima che ha sempre
la funzione di base di polimerizzare cioè formare il legame tra i nucleotidi e questo enzima è la RNA
polimerasi. Questo RNA polimerasi come fa a iniziare a ricopiare un determinato frammento di
DNA? Perché riconosce sulla molecola del DNA un gene che si chiama gene promotore che
promuove la trascrizione, cioè che favorisce il legame con la RNA polimerasi, cioè la RNA polimerasi
si posiziona sul promotore e da lì inizia a lavorare.
Come lavora? nello stesso modo del DNA polimerasi perché utilizza lo stesso principio biologico, che
vuol dire? vuol dire che aggiunge nucleotidi all'estremità 3’ OH di un nucleotide iniziale perché le
RNA polimerasi può iniziare da zero ovviamente, non a caso lavora su un filamento stampo di DNA.
Quindi la trascrizione è un evento, è un processo che prevede un inizio per cui l’RNA polimerasi
riconosce il gene promotore, inizia un allungamento catalizza la formazione del legame tra
nucleotidi dell’RNA e poi ha un termine, cioè non è che poi quando inizia tutto il genoma viene
trascritto, viene trascritto solamente quel tratto, quell'unità funzionale che poi con l'ultima fase
dell'espressione genica che è la traduzione porterà ad ottenere la proteina. Nei procarioti ed
eucarioti più o meno il processo è uguale, ovviamente gli enzimi sono più o meno complessi però il
concetto chiave è identico e la trascrizione porta a tipi di RNA diversi che hanno funzioni diverse
perché io ho detto che la traduzione porterà ad ottenere proteine, per questo viene prodotto un
RNA particolare che si chiama RNA Messaggero che porta il messaggio dal genoma a quelli che sono
i ribosomi dove avviene la sintesi della proteina, la traduzione. Però esistono delle molecole di RNA
di struttura, l'RNA che fa parte dei ribosomi, ovvero L'RNA ribosomiale che non ha un'azione di
portare il messaggio però i ribosomi partecipano alla traduzione quindi tutte le molecole di RNA
saranno, vedremo, collegate col processo di traduzione della sintesi di proteine dell'espressione del
gene.
In questo disegno vediamo a
destra come lavora sulla
molecola del DNA l'enzima RNA
polimerasi e anche in questo
caso si ha una denaturazione
della molecola del DNA perché
ovviamente anche qua si deve
esporre il singolo filamento.
Nel caso però dell'RNA
polimerasi solo uno dei due
filamenti verrà trascritto che è
quello che sarà in direzione
antiparallela rispetto alla
direzione dell'enzima. L'enzima
abbiamo detto va come la DNA polimerasi in direzione 5’->3’ cioè aggiunge nucleotidi all’estremità
3’ OH di una catena in allungamento, cioè a un filamento di RNA che cominciando da zero al primo
nucleotide, primo nucleotide si posiziona sullo stampo di DNA in modo antiparallelo e dalla sua
estremità 3’ OH l'enzima comincia ad aggiungere nucleotidi a formare il legame covalente fra i
nucleotidi che si posizionano, anche in questo caso come nel DNA, sulle basi stampo del DNA in
modo complementare. Quindi nucleotidi dell'RNA vengono aggiunti all’estremità 3’OH dall’enzima
e l’enzima scorre lungo il filamento di DNA denaturando il legame a ponte di idrogeno tra le basi
facendo in modo che si formi e che fuoriesca dal complesso la coda di RNA prodotto, quindi quella
che è l’estremità 5’ dell’RNA, e prosegue la sintesi fino al gene terminatore.
Nel disegno a sinistra (!!!) vediamo il doppio filamento di DNA con una porzione che viene detta
sequenza promotore che è una sequenza di DNA che viene riconosciuta dall’enzima RNA
messaggero che qui lo vediamo come una struttura arancione, una freccia arancione che si posiziona
(ovviamente ha una struttura tridimensionale) sul gene promotore, scorre lungo la molecola di DNA
che si denatura in quella posizione e la sua direzione è di sintesi 5’->3’ cioè aggiunge nucleotidi
all’estremità 3’ OH su uno stampo che è posizionato in modo antiparallelo, cioè se va da 5’ a 3’ sarà
3’->5’. Quindi qual è il filamento che viene trascritto? Sempre il filamento di DNA che va in direzione
3’->5’.
Vedremo che il promotore indirizza la trascrizione che può essere in una direzione ma anche
nell’altra (“ma allora dice se ha detto che va da 3’ a 5’ sì se andiamo in un senso ma abbiamo il
filamento complementare, se va nel senso opposto trascrive l’altro filamento e produce proteine
completamente diverse”). Cresce, si allunga l’RNA quando l’RNA polimerasi giunge al gene
terminatore (vedremo come sono strutturati, non nei dettagli ovviamente lo farete in modo più
specifico a biologia molecolare) per quello che interessa a noi c’è un’indicazione sulla molecola del
DNA che fa fermare la trascrizione, quindi è solo un tratto di RNA che viene prodotto, quello poi
andrà dai ribosomi per essere tradotto.
In questa figura (a sinistra) vediamo la struttura
diciamo così, la costruzione di quella che è la
struttura dell’RNA polimerasi procariotica
perché ovviamente è più semplice di quella
eucariotica, però per farvi vedere che è una
proteina con una struttura quaternaria cioè
formata da molte subunità che sono due
catalitiche e due invece di riconoscimento. Sono
più di quattro perché c’è un’altra subunità che è
in grado, altre due subunità, una che è la σ e che
è la porzione della proteina che per prima
riconosce la sequenza del promotore. Quindi
consideriamo una proteina struttura
quaternaria che però la struttura quaternaria la
assume quando inizia a lavorare quindi per
prima cosa la subunità σ dell’RNA polimerasi
riconosce il gene promotore, il complesso DNA-
subunità σ è riconosciuto, in sequenza, dalle altre subunità; due di queste sono catalitiche che
vengono attivate per fosforilazione da parte di una ulteriore piccola subunità “epsilon”.
Quando è tutto pronto si inizia il processo della polimerizzazione, cioè dell'attivazione dell'enzima.
Nel disegno viene praticamente evidenziato un po’ quello che avevamo visto nella sequenza diciamo,
nella parte a destra della diapositiva quello che abbiamo visto anche per la DNA polimerasi cioè
perché l'allungamento avviene al 3’? Perché sopraggiungono nucleotidi in forma trifosfata. Qui il
nucleotide ha già perduto gli altri due gruppi fosfato e si lega all'estremità 3’OH del nucleotide che
lo precede. Vedete la freccia in direzione 3’ vuol dire che si va in quel senso di sintesi e viene
ricopiato, trascritto le informazioni, cioè la sequenza che si trova sulla molecola di DNA stampo.
In quest’altra
figura è un po’ più dettagliata di quella vista prima, ci dice appunto che questa RNA polimerasi, qui
quella verde è già complessa, si lega al gene promotore e al termine della sequenza del gene
promotore esiste il primo nucleotide, chiamato nucleotide +1 e da lì inizia l’azione di trascrizione
dell’RNA polimerasi che continua il suo processo di legame, di trascrizione vedete si distacca quello
che è il fattore sigma, cioè la subunità sigma, quella non catalitica, una volta che è iniziato il processo
di trascrizione, e la proteina continua ricopiando/formando la catena di RNA nascente con
l’estremità 5’ esposta questa è importante quando vedremo poi il processo di traduzione perché il
ribosoma riconosce l’estremità 5’, quindi nei procarioti dove il DNA è in contatto diretto coi ribosomi
(non c’è membrana), mentre l’RNA è in fase di trascrizione comincia già la traduzione perché c’è già
quella codina di 5’ libera e viene subito riconosciuta dal ribosoma NEI PROCARIOTI.
Quindi continuando la trascrizione si arriva al gene terminatore che fa in modo che si distacchi il
complesso e il fattore sigma vada ad associarsi con l’RNA polimerasi ed è pronta la molecola di RNA.
In questa figura (a destra) vediamo
anche che il fattore sigma è
determinante cioè quella proteina
che riconosce il sito promotore si è
visto che è fondamentale perché
altrimenti non avviene la trascrizione.
Come si è visto? Facendo delle
mutazioni, cioè mutando la proteina
stessa si vede che mutandola in
determinate posizioni questa o non
viene riconosciuta dal complesso
delle altre subunità dell’enzima
oppure non riconosce il sito del
promotore e se questa proteina è
modificata, mutata, alterata, in
qualche modo non è quella nativa
(come si chiamano le proteine
naturali, quelle insomma che
svolgono la loro funzione in base alla
loro struttura), l’RNA polimerasi non è
più in grado di effettuare la sua
trascrizione. Non solo, si è visto anche
nei procarioti (perché negli eucarioti
esiste un altro modo per regolare
l’espressione genica) ma nei
procarioti la quantità di RNA messaggero dipende spesso dall’affinità che questo fattore sigma ha
per il promotore, quindi un modo vuol dire se è più affine si legherà più facilmente e l’RNA
polimerasi potrà trascrivere molto più molecole di RNA, se è meno affine questo evento avverrà più
lentamente quindi questa diversa affinità del fattore sigma per il promotore regola anche l'attività
dell'enzima RNA polimerasi quindi diciamo c'è un meccanismo di regolazione dell'espressione della
quantità e della velocità di RNA che si ottiene. Come è strutturato il promotore nei procarioti? Negli
eucarioti è simile la struttura del gene promotore. I promotori procariotici sono di dimensioni minori
di quantità, di paia di basi inferiore nei procarioti circa 60 paia di basi quindi 60 coppie di basi è la
dimensione di quello che è il promotore.
In questo disegno è evidenziato un po’ come sono strutturate quelle che vi ho detto cioè al punto
d'inizio della trascrizione circa 10 nucleotidi prima si trova la sequenza Pribnow box, TATA, e -35 basi
si trovano citosine e guanine che hanno un'energia di legame per tenere insieme i due filamenti che
è superiore a quella della sequenza -10. Inizia la trascrizione e prosegue, prosegue come? Di nuovo
perché viene trascritto il filamento che va in direzione 3’->5’ sul DNA e si forma un filamento di RNA
in direzione opposta, in direzione antiparallela 5’->3’. Diciamo che l'andamento, il meccanismo, la
direzione di sintesi dell’RNA polimerasi è quella che condiziona quale dei due filamenti verrà
trascritto dietro suggerimento, spinta, promozione del promotore. L’RNA prodotto che espone il 5’
fuoriesce da questo complesso, ovviamente i due filamenti di RNA si denaturano ma si rinaturano
subito a valle nella direzione del percorso che è quella dell’RNA polimerasi, quindi si allunga quella
che è la molecola di RNA.
Anche qui vediamo più come distribuita nello spazio
tutto il meccanismo percui quando vi dicevo l'altro
giorno se entrano nelle mutazioni nella molecola
del DNA e questa non ha quella distanza tra
nucleotidi non viene mantenuta, non scorre più
nelle proteine che agiscono sulla molecola. Ecco
questo appunto l'esempio per cui le RNA polimerasi
ma anche la DNA polimerasi avvolgono la molecola
del DNA e tutto quanto viene favorito proprio per la
forma, per la conformazione tipica dell’enzima.
Vedete per esempio che i ribonucleotidi trifosfato
entrano in una specie di canale in modo che
vengano a giusto contatto, perché noi quando
abbiamo parlato degli enzimi abbiamo detto perché abbassano l'energia di attivazione? Perché
orientano in modo corretto il substrato e appunto vediamo che fanno sì che esiste proprio nella
struttura della proteina un sito di riconoscimento specifico per i nucleotidi in forma di trifosfato che
entrano in questo tunnel e vengono convogliati alla sede di contatto con l'estremità in allungamento,
con la molecola di DNA stampo e l'enzima non fa altro che avvicinarli, la reazione avviene e la catena
si allunga. L’enzima scorre lungo la molecola di DNA denaturandolo, vediamo che la molecola del
DNA viene lasciata dal proseguimento della sintesi, si richiude e si riforma il doppio filamento. Come
termina? Quindi prosegue la trascrizione fino ad arrivare a un gene che viene chiamato gene
terminatore. Come è strutturato il gene terminatore? È sempre parte del DNA, tutto il gene che
porta l'informazione per una proteina presenta il promotore, il gene codificante e il terminatore.
Questa porzione di DNA terminatore ha delle sequenze particolari, sequenze che vengono dette
palindromiche autocomplementari e lo vediamo un pochino questo disegno (a destra) poi lo
vedremo anche un po’ più in dettaglio.
Queste sequenze sul DNA sono sequenze che stanno lì
tranquille, quando viene trascritto un singolo filamento,
quando viene completato questo tratto, trascritto
completamente il singolo filamento di RNA si richiude
cioè assume una conformazione lo vediamo qui in questi
due disegni una conformazione secondaria a doppio
filamento, perché? Perché le basi sono complementari,
le basi che sono palindromiche cioè lette in un senso
sono uguali a quelle lette nel senso opposto ma
soprattutto autocomplementari quindi si riappaiono, si
appaiono tra di loro e formano un loop e formano
legami a ponte di idrogeno tra di loro, si forma questo
loop che nel caso nell'esempio in alto è il loop che si
viene a formare in una tipo di terminazione che viene
chiamata ρ-indipendente (“rho-indipendente”) Perché?
perché qui il legame che si viene a formare è tra basi
citosina e guanina quindi un livello di, diciamo,
energetico elevato per cui aprire quel loop lì diventa
complesso, bisogna consumare tanta energia e che cosa porta questo? Potete un po’ immaginarlo
vedendo quella struttura che abbiamo vista prima, abbiamo detta che l'enzima deve avvolgere
completamente la molecola di DNA, fare entrare i nucleotidi ma non ha altro spazio quindi se si
viene a formare una struttura da un punto di vista stechiometrico voluminosa distacca tutto, blocca
la trascrizione, blocca l'azione dell'enzima e termina il processo di trascrizione anche perché
vediamo che in fondo è ricca di uracile che è come la timina, forma due legami a ponte d'idrogeno
quindi lì è debole il legame mentre nel loop è molto forte quindi per ingombro sterico, proprio per
volume che aumenta questa struttura si stacca l'enzima dal DNA e termina quindi l'azione della
trascrizione. E’ proprio un blocco fisico perché provoca il distacco e l'interruzione, il blocco della
trascrizione esiste un altro meccanismo di terminazione che viene chiamato ρ-dipendente (“rho-
dipendente”), ρ è una proteina, un fattore che risale dal 5’ lungo la molecola dell’RNA consumando
energia cioè spostandosi risalendo dal 5’ verso il sito della trascrizione quando si trova anche qui
alla presenza di un loop anche nel rho-dipendente esiste una sequenza particolare sul gene
terminatore che porta sempre la formazione di un loop ma meno stabile rispetto a quello che
abbiamo visto prima. Quindi comunque sia il segnale di termine, di interruzione della trascrizione è
un segnale che avviene che è presente sul gene terminatore che ha una sequenza ben definita
presente sul gene terminatore per cui si forma sull’RNA che viene trascritto una struttura secondaria
che blocca dal punto di vista di ingombro, la stacca diciamo in questa figura la vediamo ancora
meglio,
si viene a formare
questo loop per
cui non c’è più,
siccome abbiamo
detto che il
legame ponte
idrogeno sono
legami deboli
quindi che
facilmente
vengono rotti, se
c'è una struttura
stabile
secondaria che
non passa più
attraverso
l'enzima RNA polimerasi, il complesso si distacca.
Qui lo vediamo in questa sequenza a destra di questo
disegnino quella che è la terminazione rho-indipendente
forma propria la formazione di un loop che è dovuto
semplicemente a un segnale, un messaggio scritto sulla
molecola del DNA per cui quelle sequenze che vediamo
ripetute qui vengono trascritte sulla molecola dell’RNA e
questa molecola dell'RNA va a formare una volta che sono
state trascritte tutte e due immediatamente si richiudono sul
loro stessi perché sono complementari. Quindi si formano
questi legami a ponte idrogeno, molti residui nucleotidici
contenenti citosina e guanina quindi molto stabile dal punto
di vista energetico. Questo loop non entra più nel complesso e siccome i legami, siccome l’RNA che
si è prodotto è unito al DNA solo nel punto in cui l'enzima trascrive tutto il resto della catena, fuori
è libero quindi può facilmente, per ingombro sterico, di staccare il complesso e quindi terminare
anche perché, la direzione abbiamo detto che è questa, rimane debolmente legato a quello che è il
DNA sono due legami a ponte di idrogeno e si stacca la molecola delle RNA trascritto. Dicevamo
prima che nei procarioti la traduzione si dice cotrascrizionale, cioè la molecola di RNA ancora non è
terminata ancora la sua trascrizione, non siamo ancora arrivati al gene terminatore e i ribosomi già
sono in grado di riconoscere il 5’ e iniziare il processo della traduzione, perché la trascrizione e
diciamo il DNA si trova libero nel citoplasma del procariote quindi via via che si produce RNA e si
espone la coda del 5’, i ribosomi sono in grado di riconoscere questa molecola e tradurla. Questo
per quanto riguarda i procarioti.
Negli eucarioti il processo di trascrizione avviene nello stesso modo, cioè i concetti di base sono gli
stessi però noi sappiamo che il genoma umano solamente (anzi meno) del 2% nostro del genoma
umano presenta sequenze codificanti cioè sequenze che sono utili per produrre proteine, meno del
2%, cosa che nei procarioti non è, la porzione non codificante è veramente minima. Infatti, negli
eucarioti il 98% del genoma non ha senso da un punto di vista di proteine. Nel globale del DNA
eucariotico c'è un'altra percentuale che è bassa ma maggiore di quella delle sequenze codificanti,
circa il 26% del genoma umano è rappresentato da sequenze che sono sequenze regolatrici
dell'espressione genica e sono quindi più complesse non sono solo il promotore ma sono quindi
sequenze che attivano o diminuiscono, inibiscono la trascrizione ma esistono anche sequenze che
si trovano interposte nel genoma, nel gene codificante. Queste sequenze vengono chiamate introni,
sequenze introniche, introni perché si trovano in mezzo dentro al gene che porta l’informazione per
le proteine, quindi queste sequenze introniche interposte nel gene che porta l'informazione per una
proteina vengono trascritte però dovranno essere rimosse.
Nel disegno (sopra) vediamo un esempio di quello che è un gene eucariotico che è un po’ più
complicato rispetto a quello procariotico che avevamo visto prima, che presenta il promotore, la
sequenza codificante e il terminatore. Anche qui è presente il promotore che è simile e di
dimensione maggiore al promotore procariotico, si trovano però anche delle sequenze prossimali
ma anche delle sequenze distali molto lontane dal promotore che regolano il promotore stesso,
quindi regolano la velocità di trascrizione di quel gene e quindi la regolazione dell'espressione genica
negli eucarioti è molto più complessa rispetto a quella procariotica perché oltre alla sequenza del
promotore sono presenti sequenze distanti dal promotore che possono trovarsi anche lontane
numerosi geni, quindi sulla sequenza del genoma ma lontani, distanti dal gene che deve essere
trascritto che regolano l’espressione di quel gene, regolano la forza di quel promotore, promotori
forti e promotori deboli dovuti proprio alla presenza di enhancer o silencer. Non solo, ma esistono
dei geni distali che regolano, che sono riconosciuti da proteine che serviranno poi a favorire
l'interazione con il promotore stesso. Oltre a tutte queste sequenze regolatrici che si trovano fuori
dalla porzione codificante nel gene diciamo che serve per portare l'informazione, per produrre la
proteina si trovano anche all'interno di questo gene delle sequenze che non hanno significato,
appunto questi introni, non hanno significato da un punto di fin di vista codificante, quindi queste
zone vengono trascritte, cosa che invece il promotore no, vengono trascritte ma all'interno del
nucleo dove si trova tutto ciò verranno rimosse attraverso il processo chiamato splicing.
In questa figura invece è evidenziato quello che vi dicevo all'inizio cioè che la direzione, la
trascrizione del filamento dipende dall'orientamento del promotore quindi se quella sequenza
ricche di timine e adenine si trova in una direzione, in una posizione, rispetto all'altra verrà trascritto
sempre il filamento che va in direzione 3’->5’ del DNA ma in direzione opposta rispetto all'altra.
Quindi possono essere trascritti e quale frammento viene trascritto lo dice la direzione dell’RNA
polimerasi 5’->3’ e l'orientamento del promotore. Ovviamente considerando un singolo tratto di
gene che venga trascritto un filamento o l'altro non è stessa cosa, non viene prodotta la stessa
proteina perché la sequenza è completamente diversa perché è in una direzione opposta rispetto
all'altro quindi si ottengono più proteine secondo l'orientamento del promotore.
Nei procarioti esiste una sola RNA polimerasi quindi tutti i vari tipi di RNA che si vengono a trovare
nei procarioti (RNA ribosomiale, RNA messaggero, tRNA che è il trasportatore degli amminoacidi, il
vero traduttore perché ovviamente a livello dei ribosomi noi abbiamo l'assemblaggio degli
amminoacidi in base a uno stampo a un'informazione scritta sulla RNA Messaggero ma chi li porta
li amminoacidi al ribosoma? Un trasportatore, un traduttore che è un RNA che è in grado di
riconoscere da una parte il messaggio scritto sull’RNA Messaggero, da una parte l'amminoacido che
deve essere portato).
Nei procarioti c'era un'unica
RNA polimerasi che trascrive
tutti questi promotori tutti
questi RNA, negli eucarioti la
cosa è un po' più complessa.
Qui vediamo che esistono
diversi tipi di enzima che sono
l’RNA polimerasi I che,
andiamo alla due prima, l’RNA
polimerasi II che è quella che
abbiamo visto un po’ i
processi anche adesso, cioè
quell’enzima che trascrive
l’RNA messaggero, quindi,
trascrive quel tratto di RNA
che verrà (prima modificato
nel nucleo) poi tradotto nei
ribosomi. Poi esiste una RNA polimerasi I che è l’RNA polimerasi che trascrive gli RNA ribosomiali,
non tutti ma quasi tutti, che sono il 28S, il 18S, il 5,8S (“5 virgola 8”). Cosa vuol dire questo S? S è la
velocità di sedimentazione di quella molecola cioè indica praticamente la dimensione di quell’RNA
perché i ribosomi sono formati, avevamo detto già dall’inizio delle lezioni, sono degli aggregati di
macromolecole, avevamo detto di RNA e di proteine ma sono tante le proteine che fanno parte dei
ribosomi, di un ribosoma e gli RNA ribosomiali sono questi tre che abbiamo detto ora più un altro
28S, 18S, 5,8S, questi tre vengono trascritti da un’unica RNA polimerasi che è la I che in realtà
trascrive un unico trascritto che viene poi modificato anche lui. Poi esiste quella che è l’RNA
polimerasi III che trascrive l’ultimo tipo di RNA ribosomiale, che è il 5S e che trascrive dei piccoli RNA,
gli “small RNA” come fa anche l’RNA polimerasi II. Questi piccoli RNA non hanno un’attività di
struttura o di portare le informazioni, ma hanno attività catalitica. Small nuclear RNA o Small
nucleolar (cioè nel nucleolo) RNA che sono in grado di riconoscere l’RNA e di catalizzare la sua idrolisi.
Quindi sono in grado di effettuare dei tagli enzimatici sulla molecola, sul polimero dell’RNA. Piccoli
RNA con attività catalitica, vi ricordate quando avevamo detto che durante l'evoluzione il mondo si
dice oggi che derivi della molecola di RNA perché nella molecola di RNA possiamo avere doppio
filamento, abbiamo visto anche prima con quei loop che si vengono a formare, si può avere attività
catalitica vedremo l’esempio di questi Small nuclear RNA e attività di struttura. L’RNA polimerasi III
oltre che a trascrivere questi, trascrive il trasportatore, il traduttore cioè l’RNA di trasferimento il
tRNA che trasferisce gli amminoacidi ai ribosomi. È un RNA, quindi, è in grado di riconoscere l’RNA
messaggero, è un RNA quindi è in grado di associarsi ai ribosomi che sono formati anch’essi da RNA
quindi il fatto che siano presenti una serie di molecole di RNA che fanno parte tutte della traduzione,
che partecipano tutte alla traduzione è importante perché gli RNA tra di loro sono in grado di
riconoscersi perché possono formare legami a ponte di idrogeno perché è una molecola singolo
filamento. Poi ovviamente esiste un RNA polimerasi mitocondriale che avrà le dimensioni di quella
dei batteri perché è lo stesso anche del cloroplasto e sarà molto simile all’RNA polimerasi
procariotica perché abbiamo detto che batteri (nota dello sbobinatore: penso volesse dire
“mitocondri”) e cloroplasti derivano da batteri abbiamo detto hanno un’attività semiautonoma
quindi per tante proteine sono in grado di portare l'informazione del genoma e quindi anche di
trascriverle e poi tradurle. Negli eucarioti esistono dei promotori che sono più complessi e poi esiste,
c'è la presenza di fattori di trascrizione che però abbiamo visto esistono anche nei procarioti (con
sguardo mortifero la Modesti si volge verso alcuni poveri compagni di corso che tentano la fuga)
“cHe SuCcieDe rAgAzZi?!?!?!” (5 secondi di puro terrore e silenzio, la Modesti pone la sua mano
nefasta sul telefono e controlla l’orario) “sOnO l3 tR3!1!1!1, dObBi4m0 4Rriv4r3 aLl3 tR3 s3 vi
4git4t3 di già…” (altri 5 secondi di terrore, cala il silenzio, cala anche la mano nefasta della modesti
sul cursore cambiando slide).
Quindi esistono fattori di trascrizione, che cosa sono i fattori? Sono come il fattore sigma, sono
proteine che ovviamente anche loro vengono trascritte, tradotte dai geni specifici che riconoscono
o il promotore o delle sequenze distanti dal promotore, una volta che si sono associate con queste
sequenze questi attivatori o inibitori regolano l'azione del promotore cioè regolano praticamente la
velocità di trascrizione. Le sequenze vengono riconosciute per affinità su quello che è il DNA su dei
segmenti ben definiti che si chiamano binding site, siti di legame specifici riconosciuti da quello che
è il fattore di trascrizione. Questo è solo un esempio semplice di quanto è complessa la regolazione
genica negli eucarioti.
In questo caso per esempio (sopra) ci sono dei recettori degli androgeni o recettori degli estrogeni,
quindi per ormoni sessuali che regolano una volta che è avvenuta l'interazione, regolano
l'espressione di geni che non c’entrano niente con la sintesi degli estrogeni o degli androgeni, per
esempio, appunto per la formazione di quello che è l'enzima legato al recettore per la vitamina A.
Quindi sono dei… diciamo è una complessità della regolazione dell'espressione genica che è
specifica per ogni gene, per il suo promotore ma poi esistono una serie di regolazioni non specifiche
per la produzione poi della proteina sotto il controllo di quel promotore ma regolata da fattori, da
geni, fattori di trascrizione non direttamente correlati col prodotto.
Questo (sopra) è un esempio perché chiaramente per noi qui a biologia non è così determinante
sapere qui, poi gli altri non lo so. Quello che perché nel caso dei fattori di trascrizione eucariotici
esistono dei fattori di trascrizioni generali cioè che sono presenti per tutti e dei fattori di trascrizione
specifici che invece sono specifici per ogni tipo di promotore e quindi di gene. In questo caso è un
po’ simile a quello che abbiamo visto nell’RNA polimerasi procariotica quindi anche qui c'è una
sequenza di formazione del complesso che deve essere ben definita cioè se queste sono TFIID (“ti-
effe-due-D”), TFIID è “transcription factor uno-due D” hanno una serie di nomi la formazione del
complesso regolata, controllata e in sequenza perché altrimenti non avviene la trascrizione. L'ultimo
evento, l'ultimo fattore di trascrizione che sopraggiunge nel complesso è il fattore che effettua la
fosforilazione della proteina, dell’RNA polimerasi III, della porzione catalitica della proteina, che poi
inizia (quando viene fosforilata, quando viene attivata) Inizia il processo di trascrizione. Quello che
si può notare è che tutti questi fattori si devono legare ho una distanza adeguata dall'inizio della
trascrizione perché sennò non avviene nel punto preciso esatto del nucleotide +1 il processo della
trascrizione. Quindi la distanza di quella che viene chiamata TATA box dal punto di inizio della
trascrizione deve essere mantenuta perché l'enzima, tutto il complesso si andrà a posizionare tra la
TATA box e l'inizio della trascrizione proprio sopra il promotore in un modo ben definito e corretto.
Qui sono praticamente quelle sono le funzioni dei vari fattori di trascrizione e vediamo se qua dice
quale è quella che fosforila… non lo dice. Comunque vediamo che ognuna di queste è formata da
vedete di un diverso numero di catene polipeptidiche, quindi ogni fattore è formato non tutti ma il
90% formato da più di una catena polipeptidica associata e devono essere tutte quante presenti
perché possa avvenire il processo di trascrizione, questi sono i fattori di trascrizione generali, questi
sono quindi quelli che devono essere presenti per tutti i geni, per tutti i promotori perché possa
avvenire una regolare e uguale velocità di trascrizione di un gene. A differenza dei procarioti, negli
eucarioti ogni gene codificante è sotto l'azione del suo promotore che abbiamo detto influenzato
cioè l'attivazione del promotore è sotto il corretto orientamento di tutti i fattori di trascrizione che
fanno parte poi del complesso delle RNA polimerasi II. Oltre però a questi fattori generali che
abbiamo detto darebbero una determinata velocità di trascrizione, la sintesi alla trascrizione
esistono dei fattori a distanza specifici che attivano, quindi accelerano o riducono la velocità della
espressione, della trascrizione e questi sono in questo caso gli enhancer, queste sequenze vengono
riconosciute da proteine specifiche che attraverso un complesso, che fa parte sempre dell’RNA
polimerasi, quindi un altro fattore di trascrizione intermedio, quindi un’altra proteina attiva accelera,
gli enhancer accelerano, la velocità di trascrizione e questi sono specifici e si possono trovare anche
molto distanti dal gene che deve essere trascritto e come vediamo (in basso) non è che sono solo le
sequenze sul DNA ma devono essere presenti le proteine, i fattori di trascrizione specifici che
riconoscono gli enhancer che
possono essere più di uno e che per
avere una accelerazione della
trascrizione, cioè perché quel gene
venga trascritto più velocemente
devono essere tutti presenti, le
proteine di contatto quelle che per
esempio si chiamano TxF1 o TxF2
(trascription factor 1 o 2) devono
essere anche loro codificate
prodotte da geni che si trovano
altrove quindi vedete che la
regolazione dell'espressione genica
degli eucarioti è molto più regolata
e complessa rispetto a quella dei
procarioti. Ovviamente per una
proteina che deve essere sempre presente in una cellula, che deve essere presente in grande
quantità in una cellula, saranno numerosi questi fattori di attivazione della trascrizione e viceversa,
proteine che devono essere meno trascritte invece di fattori di trascrizione possono avere fattori di
silenziamento della trascrizione. Non solo, alcuni geni come abbiamo detto pur essendo presenti in
tutte le cellule in un organismo non sono attivi perché sono silenziati dalla presenza di questi fattori
di trascrizione che invece di attivare bloccano il processo trascrizionale.
Questo (sopra) è tutto il complesso che si può venire a formare nel caso dei fattori specifici per farvi
vedere però che gli attivatori sono proteine, fattori proteici che si legano sulle sequenze enhancer
e questi fattori proteici è ovvio che devono essere prodotti da geni che saranno anche loro sotto
l'azione di promotori, quindi, è una regolazione che dipende dal tipo di gene che viene studiato,
dipende dal tipo di promotore che viene singolarmente studiato però che è molto regolato. Come
termina la trascrizione dell’RNA polimerasi II? Perché tutte quelle RNA polimerasi che abbiamo
detto, anche loro riconoscono promotori specifici che possono trovarsi anche all'interno della
sequenza che verrà trascritta. Nel gene terminatore degli eucarioti, negli eucarioti è presente un
sito che verrà trascritto, che è un sito che viene riconosciuto da una endonucleasi, cioè è un sito di
taglio specifico che viene riconosciuto da una specifica proteina endonucleasi che è associata con
un’altra proteina che è una poliRNA polimerasi, una poli-A polimerasi. Quindi questo complesso
proteico riconosce sull’RNA che viene trascritto dal gene terminatore una sequenza specifica dove
riconosce il complesso, riconosce l’RNA polimerasi prodotto che riconosce la molecola di RNA
prodotta e la porzione catalitica effettua il taglio, cioè viene tagliata la molecola terminale dell’RNA
proprio nella sequenza di taglio e a questa sequenza di taglio viene, una volta che è stata eliminata
la porzione di RNA prodotta che deve essere rimossa, a questa sequenza viene si inizia diciamo la
poli-A polimerasi comincia ad aggiungere code di adenine quindi si viene a formare al termine della
molecola di RNA una coda di poli adenine. Quindi la terminazione avviene perché nel gene
terminatore è presente una sequenza che viene trascritta ed è una sequenza che viene riconosciuta
da una endonucleasi, endonucleasi perché riconosce sequenze di taglio specifiche all’interno di una
sequenza di RNA. Quindi quando nella molecola di RNA che viene trascritta si trova questa sequenza
specifica che è una sequenza di taglio specifica, la proteina, l’endonucleasi effettua il taglio e inizia
(la proteina associata, che è una poli-A polimerasi) comincia ad aggiungere all’estremità 3’ dell’RNA
che è stato tagliato in fondo code di poli adenina. Quindi all’estremità 3’ della molecola di RNA per
azione di questa endonucleasi e successivamente questa terminazione viene riconosciuta dalla poli-
A polimerasi vengono aggiunte numerose adenine, circa 200-250 adenine, a formare una coda di
poli-A.
A cosa serve questa coda di poli-A? Quando l’RNA messaggero si troverà nel citoplasma perché
questa è una molecola viene prodotta nel nucleo negli eucarioti attraverso i pori nucleari fuoriesce
nel citoplasma e qua sono presenti enzimi esonucleasi che degradano le molecole di RNA perché
non deve essere presente RNA libero né citoplasma. Quindi queste esonucleasi inizieranno a
degradare la molecola di RNA a partire dal 3’ sempre. Cominciano a degradare l’RNA e degradandolo
levano esclusivamente le code di poli-A che non hanno significato dal punto di vista di produzione
di proteine. Nel frattempo, la molecola di RNA messaggero all’estremità 5’ viene riconosciuta dai
ribosomi quindi i ribosomi riconoscono la molecola, cominciano a tradurla, si susseguono uno
all’altro arrivano in fondo e producono la proteina. Le esonucleasi cominciano a degradare la
molecola dell’RNA messaggero a partire dall’estremità 3’ però rimuovendo le code di poli-a questa
non ha significato per produrre proteine, quindi la coda di poli adenine protegge l’RNA messaggero
dal citoplasma, dall’azione dell’esonucleasi.
Qui (sopra) è un po’ il complesso vedete c'è anche il disegnino di quelle che sono le forbici il
complesso che si viene a formare nella sequenza all'estremità 3’ dell’RNA messaggero che viene
prodotta trascrivendo quel sito di riconoscimento specifico per l’endonucleasi dal gene terminatore.
Quindi si trascrive sull’RNA messaggero, questa sequenza viene riconosciuta dal complesso di
rimozione e riconoscimento per aggiungere le poli-a e si viene a formare questa terminazione poli-
a. Vedremo che l’RNA prodotto che ha questa terminazione di poli-A ha subito anche altre modifiche
e dovrà subirne altre ancora prima di uscire dal nucleo. Quindi sul gene viene trascritto un RNA che
viene modificato, arriva al livello dei ribosomi e si ha praticamente la traduzione di questa
informazione. Quindi l’ordine corretto… perché vi ho sempre detto che l’RNA polimerasi lavora in
una certa direzione, si produce all'inizio, si espone il 5’ e la direzione di sintesi dell’RNA polimerasi è
5’->3’? Perché la sequenza corretta, l’ordine corretto di direzione di trascrizione poi influenza la
produzione di proteine. Questa molecola di RNA messaggero trascritta verrà tradotta anche lei in
una direzione ben definita che va dall’estremità 5’ verso 3’ quindi anche qui la lettura e la traduzione
dell’informazione deve avvenire in un’unica direzione perché se avvenisse in tutti e due i sensi
avremmo proteine diverse perché la sequenza, l’ordine in cui si trovano in sequenza i nucleotidi
nell’RNA messaggero influenza il tipo di proteina, la sequenza di amminoacidi che si trovano nella
proteina.
La regolazione un po’ dell’espressione genica è proprio quella che praticamente è importante per
questi tanto sono discorsi che abbiamo già fatto, per avere proteine per avere cellule diverse pur
avendo lo stesso informazione genetica. Quindi vuol dire che ci devono essere, ci deve essere un
livello di regolazione dell'espressione genica. Il livello di regolazione un po’ l'abbiamo visto ma lo
vedrete poi con la biologia molecolare proprio al livello dei promotori, dei fattori di attivazione o di
inibizione dei promotori, anche di blocco dell'espressione e le cellule che appartengono a uno stesso
individuo hanno tutte lo stesso contenuto genetico, hanno tutte lo stesso genoma ma si dice che
sono tutte dello stesso genotipo ma hanno un fenotipo differente. Il fenotipo è l'espressione dei
geni quindi la quantità, il tipo di proteine prodotte è diverso perché deve essere in relazione con la
funzione che la cellula dovrà andare a svolgere. Dove si possono avere dei siti regolazione
dell’espressione genica? Abbiamo detto a livello trascrizionale, abbiamo detto così molto
superficialmente, i promotori possono avvenire attivati o inibiti da fattori di trascrizione specifici
però si può avere una regolazione anche a livello della modificazione degli RNA messaggeri che si
formano. Quindi in una cellula eucariotica.
Questo è uno schema dell'espressione genica in una cellula eucariotica l’RNA prodotto prima di
essere tradotto cioè prima di trovarsi nel citoplasma viene modificato nel nucleo. Una modifica
l’abbiamo vista: l’aggiunta di poli adenine, una modifica l’abbiamo accennata: la rimozione delle
sequenze introniche non codificanti e lì c’è una regolazione proprio dell’espressione, perché a quel
punto, a quel livello lì si possono ottenere dei tratti di RNA che portano a proteine differenti da uno
stesso gene.
Un altro punto di regolazione è l'esportazione della molecola di RNA cioè il passaggio attraverso i
pori. Anche qui esistono delle proteine specifiche che se riconoscono delle sequenze specifiche nella
molecola di RNA messaggero lo portano all'esterno, altrimenti quello rimane nel nucleo. Ci sono
anche delle regolazioni a livello dell'azione del ribosoma quindi un controllo di quella che è la
traduzione del ribosoma, un controllo della stabilità, perché la coda di Poli-A se è più o meno lunga
rende l’RNA messaggero più stabile più a lungo rispetto all’altro, perché viene riconosciuto, questa
coda di poli adenine viene rimossa dall’ esonucleasi però se è più corta si comincia a degradare
anche la porzione codificante.
Quindi il genotipo è il tipo di genoma che un individuo contiene, possiede. Questo genotipo serve
per produrre le proteine, le proteine sono il fenotipo dell'individuo, cioè la manifestazione esterna
che si vede di quello che è il contenuto genetico. Quindi gli RNA che vengono prodotti dal processo
della trascrizione abbiamo detto sono l’RNA ribosomiale che è un RNA di struttura, l’RNA di
trasferimento, il tRNA che è l’RNA che porta a legare gli amminoacidi e a portarli a quelli che sono i
ribosomi, quelli che sono la sede di sintesi delle proteine, l’RNA messaggero, che è invece quello che
porta il messaggio ai ribosomi, quindi si va tutti verso il ribosoma, RNA ribosomiale (di struttura),
RNA di trasferimento, transfer, porta gli amminoacidi, l’RNA di messaggero e poi piccoli RNA con
funzioni (che si trovano nel nucleo, in realtà si è visto che esistono RNA che portano messaggi tra
cellule) (nota dello sbobinatore: non sono io stupido, non ha chiuso la frase). Questi RNA vengono
trascritti e poi vengono modificati per andare a svolgere la funzione che devono svolgere. Quando
avviene il processo della traduzione per tradurre è necessario utilizzare un codice, che è il codice
genetico e vedremo poi come è costituito questo codice genetico e quelle che sono le differenze tra
i ribosomi eucariotici… (nella monotonia della lezione altri colleghi di corso tentano la fuga o col
pensiero sono già davanti alla macchinetta del caffè, la Modesti, con omniconoscenza degna di un
dio comprende i desideri nelle latebre del cuore di ogni studente ed esclama, sempre con sguardo
portatore di morte, “r4g4zZ1 io ConT1nU0!1!1!11!!1” (battito di ciglia solenne della modesti, attimi
di silenzio e terrore, cambia la slide amareggiata e tremendamente delusa dal genere umano “è da
tanto che non mi trovo una classe così da LICEO PROPRIO” (incalza subito con un’altra frase, quando
non parla di proteine le frasi sono così lineari…) “io dico se non vi interessano le lezioni potete anche
stare a casa io non mi dispiaccio per niente” (nota dello sbobinatore: chi tentava la fuga stava
proprio cercando di andare a casa, ma gli esseri divini non condividono la finitudine del pensiero
umano). (Cala nuovamente il silenzio, battito di ciglia, ricomincia il dolore). Quindi (lunga pausa, è
in buffering) che cosa vuol dire maturazione? Vuol dire modifica del trascritto primario perché
questo poi possa andare a svolgere le sue funzioni. È un po' come avevamo accennato a quelle che
erano le modifiche post-traduzionali cioè una proteina viene prodotta e poi modificata perché poi
possa essere funzionale. Lo stesso avviene per gli RNA, tutti quanti, una modifica all’RNA
messaggero l’abbiamo vista: l’aggiunta della coda di poli-A. Cominciamo a vedere quelle che sono
le modifiche che avvengono sugli RNA ribosomiali. Gli RNA ribosomiali andranno a costituire quelli
che sono i ribosomi che abbiamo detto dall’inizio sono aggregati di macromolecole, sono aggregati
di RNA appunto e proteine. La quantità di proteine è piuttosto elevata, le proteine però nei ribosomi
non hanno una funzione catalitica o di regolazione hanno solo una funzione di proteggere gli RNA
che vanno a costituire i ribosomi stessi perché abbiamo detto che l’RNA viene facilmente degradato
all’interno del citoplasma, quindi le proteine vanno a formare una protezione alle molecole di RNA
che sono quelle che invece nel ribosoma riconoscono il messaggero, riconoscono il tRNA che porta
l’aminoacido e quindi svolgono le funzioni fondamentali che servono proprio per il processo di
traduzione. I ribosomi si trovano nei procarioti e negli eucarioti. Nei procarioti i ribosomi sono più
piccoli rispetto a quelli degli eucarioti, in tutti e due si trovano gli RNA ribosomiali che abbiamo detto
in quello che sono gli eucarioti sono il 28S, il 18 S, il 5,8S e il 5S che sono distribuiti nelle due subunità
perché i ribosomi sono formati da due subunità, tutte e due formate da RNA ribosomiale e proteine,
queste due subunità che quando il ribosoma non è in fase di sintesi, cioè di traduzione del
messaggero, le due subunità sono dissociate. Nella subunità minore del ribosoma eucariotico che
quindi è quella più piccola, è minore perché è di dimensioni minori, è presente solamente l’RNA
ribosomiale 18S. Nella subunità inferiore, più piccola di quella che è il ribosoma procariotico è
presente una subunità piccola di RNA che è l’RNA 16S che è più piccolo di quello eucariotico però
sempre un solo tipo di RNA ribosomiale mentre tutti gli altri fanno parte della subunità maggiore.
Vedete il numero di proteine cambia, ce ne sono di più in quelle eucariotiche rispetto alle
procariotiche perché sono più piccoli quelli procariotici, sono uguali a quelli che si trovano (i
procariotici) nel mitocondrio e nel cloroplasto perché anche lì abbiamo detto avviene la sintesi
proteica, appunto “organelli semi autonomi”.
Materia e lezione Biologia lezione n°17
Data 22\11\2021
Professore Modesti
Abbiamo visto che la molecola di RNA viene prodotta su uno stampo di DNA mediante
l’azione di RNA polimerasi specifiche (esistono 3 tipi di RNA negli eucarioti e un solo
tipo nei procarioti) e, in base al tipo di promotore, vengono prodotti tipi diversi di RNA
che partecipano tutti alla fase finale dell’espressione genica. Questi tipi di RNA sono.
- Il tRNA, che riconosce sia la molecola di mRNA che l’amminoacido che deve portare
insede a livello dei ribosomi. Effettua il cambio di linguaggio
- l’mRNA (messaggero)
Tutti gli RNA prodotti sullo stampo di DNA vengono modificati. Quella che viene
chiamata maturazione dell’RNA o modifiche post trascrizionali sono tutte quelle
modifiche che avvengono sul trascritto primario per dar luogo a quella molecola di RNA
funzionale (come avviene per le proteine. Modifiche che come vedremo serviranno per
smistare le proteine nei vari compartimenti cellulari)
Ribosomi
Sono aggregati di macromolecole costituiti da due subunità: una maggiore e una
minore. Quando i ribosomi non sono impegnati nel processo traduzionale le due
subunità sono dissociate. Tenute dissociate da fattori proteici che faranno iniziare il
processo di traduzione.
Nei procarioti i ribosomi sono di dimensioni più piccole e contengono un minor numero
di proteine. Come tipo di RNA abbiamo nella subunità maggiore il 23S e il 5S e nella
subunità minore il 16S. Negli eucarioti i ribosomi sono di dimensioni maggiori, e sono
costituiti da due subunità: una maggiore (5S e i 28S e i 5,8S) ed una minore (18S).
Questi tipi di RNA sono importanti perché riconoscono l’mRNA e si associano con la
molecola che dovrà essere tradotta
- zona fibrillare:
- Zona granulare:
Qui avviene l’associazione fra gli rRNA e le proteine prodotte nel citoplasma e rientrate
nel nucleo attraverso i pori nucleari, assemblate a costituire il ribosoma completo con le
subunità dissociate. Avremo poi proteine (importine ed esportine) in grado di importare
proteine ribosomiali dal citoplasma ed esportare il ribosoma completo
Nei procarioti
Anche nei procarioti si hanno sequenze di rDNA ripetute, ma si trovano tutti in un unico
gene e sono trascritti dall’unica RNA polimerasi presente nei procarioti. Viene prodotto
un unico trascritto primario, sotto l’azione di un unico promotore; verranno poi tagliati e
trascritti in un’unica porzione tutti gli rRNA che costituiscono il ribosoma, compreso il
tRNA
I cromosomi sono presenti nel nucleolo solo nelle fasi di duplicazione (dove il DNA si
concentra e si compatta), mentre quando la cellula non si sta replicando il DNA si
presenta come cromatina.
tRNA
La molecola di tRNA ha una struttura particolare, ovvero vi sono zone a doppio filamento
causate dalla auto-complementarietà delle basi azotate. La struttura tipica del tRNA è
detta a trifoglio: 4 bracci che separano 3 anse a singolo filamento. É necessario che il
tRNA assuma questa conformazione per potersi inserire nel ribosoma e svolgere la
traduzione.
Capping
Aggiunta di un cappuccio al gruppo fosfato del 5’ tramite un nucleotide modificato
chiamato 7 metil-guanosina. Il legame avviene attraverso il gruppo fosfato in posizione5
della 7 metili-guanosina e il gruppo fosfato in 5’ dell’mRNA. Questo cappuccio serve per
proteggere l’mRNA nel citoplasma e come sito di riconoscimento nel ribosoma per
iniziare la traduzione, il ribosoma inizierà quindi a scorrere sull’mRNA in direzione 5’-3’ e
avvierà la traduzione. Il capping avviene contemporaneamente alla trascrizione.
Splicing
Il genoma umano
Traduzione
É il processo di sintesi di una catena polipeptidica. La formazione del legame peptidico
fraamminoacidi non utilizza energia nel processo di traduzione. L’energia viene utilizzata
per attivare l’amminoacido quando questo si lega al suo trasportatore.
Codice genetico
Il codice genetico è quell’insieme di regole che permettono di tradurre l’informazione
genetica, contenuta in sequenze di nucleotidi, in una sequenza di amminoacidi. Come si
è capito però che la lettura dell’mRNA avviene a triplette? Come è possibile che un
codice che contiene 20 amminoacidi diversi venga tradotto utilizzando un alfabeto di
sole 4 lettere?
Sicuramente non poteva esserci una corrispondenza 1:1, altrimenti si sarebbero ottenuti
solo 4 amminoacidi. Si avvalorò quindi l’ipotesi che la lettura di questo codice avvenisse
a gruppi. Ma di quante lettere? Se avessimo avuto gruppi di 2 lettere gli amminoacidi
sarebbero stati 16 (4^2), ma come sappiamo gli amminoacidi sono 20. Rimaneva quindi
il dubbio se questi gruppi fossero di 3 o 4 lettere, rispettivamente 4^3 e 4^4 possibilità.
A questo punto un altro ricercatore, Khorana, scoprì che il codice veniva letto a triplette:
sintetizzò un RNA sintetico costituito dall’alternarsi di due nucleotidi aventi basi azotate
diverse (UGUGUG). Se la lettura fosse avvenuta a gruppi di due si sarebbe ottenuto un
polipeptide costituito da un solo amminoacido (UG=UG=UG…). Se la lettura è a gruppi
diversi si ottengono due amminoacidi diversi che si alternano (UGU-GUG). Se la lettura
fosse a gruppi di quattro si otterrebbe sempre lo stesso amminoacido
(UGUG=UGUG=UGUG…).
Una volta sintetizzato si accorsero che il polipeptide era formato dall’alternarsi di due
amminoacidi e dedussero che la lettura del codice avvenisse tramite triplette di nucleotidi,
chiamati codoni.
Vennero poi analizzate tutte le potenziali combinazione e stilata una tabella del codice
genetico. Dalla tabella ci si accorge che alcuni codoni di stop (UAA,UAG,UGA) non
codificano per nessun amminoacido. Non esistono tRNA che riconoscano i codoni di
stop sull’anticodone. Il codone detto di inizio AUG (traduce per la metionina) viene
riconosciuto dall’ anticodone di un tRNA iniziatore e da inizio alla traduzione
Vediamo anche che gli amminoacidi (tranne metionina e triptofano) sono codificati da
più codoni.
Quel braccio variabile (che vediamo colorato in giallo chiaro) è quel braccio le cui
dimensioni cambiano in base alla struttura del tRNA in modo da mantenere costante la
distanza fra il 3’ OH e l’ansa dell’anticodone, per permettere all’aminoacido di entrare
nel ribosoma.
1
• Per quanto riguarda i fattori di terminazione nei batteri ne troviamo tre che riconoscono
in maniera differente i codoni di stop, ma nel caso degli eucarioti un unico fattore di natura
proteica riconosce i codoni di stop e garantisce il distacco della catena proteica.
TRADUZIONE (procarioti)
È costituita da tre elementi fondamentali:
gli RNA messaggeri, pronti per essere tradotti nel caso degli eucarioti e coinvolti
nella traduzione cotrascrizionale nel caso dei procarioti;
gli RNA transfer
gli RNA ribosomiali
Sia nei procarioti che negli eucarioti noi distinguiamo tre fasi della traduzione:
1. Fase d'inizio, che è quella in cui un mRNA si lega alla subunità minore del
ribosoma e vede l'ingresso del primo tRNA, che è quello iniziatore. Questo porta il
primo amminoacido della catena peptidica in formazione, cioè la metionina. Quindi
il primo codone che verrà tradotto è AUG che codifica per la metionina. Questa fase
di inizio termina nel momento in cui si associa anche la subunità maggiore per
formare il complesso d'inizio vero e proprio, in cui troviamo subunità minore,
subunità maggiore mRNA e tRNA.
2. Allungamento; da questo momento in poi iniziano vari cicli che vanno sotto il nome
di allungamento che prevedono l'incorporazione di un tRNA e quindi di un
amminoacido per ogni ciclo.
3. Terminazione; ad un certo punto si verrà a trovare a livello dell'apparato di
traduzione un codone di stop e avrà termine la traduzione.
2
FASE DI INIZIO
Nei batteri il primo tRNA è particolare: si chiama tRNA iniziatore e porta una metionina
modificata dall'aggiunta di un gruppo formilico, legato al gruppo amminico. Dunque, il
tRNA con anticodone complementare alla tripletta AUG, è legato e trasporta la
fornilmetionina che presenterà l’estremità N-terminale bloccata dal gruppo formilico.
Come viene individuato l'AUG corretto a livello del quale iniziare la traduzione?
A livello dell’estremità 5’, a monte del
codone di inizio, troviamo una
sequenza definita sequenza Shine-
Dalgarno. Tale regione, altamente
conservata, è ricca di purine,
costituita da 4 a 9 residui e viene
riconosciuta dalla subunità 16S del
ribosoma.
Per cui, nella fase di inizio c'è il
riconoscimento tra la subunità
minore del ribosoma e I'mRNA; il
riconoscimento è selettivo e
permette di individuare il codone
AUG a livello del quale la traduzione
deve avere inizio. Questo avviene
perché, a livello dei batteri, è
presente la sequenza di Shine-
Dalgarno, che permette il
riconoscimento specifico, poiché
I'rRNA ha una sequenza complementare a questa.
Dunque, ci sono tre regioni importanti che entreranno in gioco durante sintesi proteica.
In questo processo è necessaria anche l’azione di tre fattori proteici: IF1, IF2, IF3 (I=inizio,
F= fattore).
3
I’IF1 promuove la dissociazione dei ribosomi in subunità separate. Infatti, le subunità del
ribosoma si trovano dissociate all’interno del citoplasma, andando ad associarsi solo nel
momento in cui il ribosoma è in fase di
traduzione. L’IF2 lega il GTP e
l'amminoacido iniziatore, permettendo il
posizionamento fisico a livello del primo
codone, del sito AUG. Tutti i tRNA sono
posizionati a livello del codone
complementare da dei fattori leganti GTP
che trasportano il tRNA sull' mRNA e
successivamente vanno incontro a idrolisi
del GTP legato. Infine, l’IF3 continua a
tenere stabilizzate le due forme in modo
che il tRNA iniziatore possa posizionarsi correttamente sul primo codone.
Una volta compiuta la propria funzione, i fattori vengono rilasciati: prima il tre poi l'uno e il
due, dopo l'idrolisi del GTP a GDP e P. A questo punto troviamo il complesso d'inizio dove
abbiamo le due subunità del ribosoma associate e la fenilmetionina situata a livello del sito
P e legata al primo AUG.
ALLUNGAMENTO
Ora inizia la fase di allungamento; il sito a viene occupato da un secondo tRNA. A questo
punto si forma il legame peptidico tra la metionina presente sul tRNA sul sito P e
l'amminoacido presente sul tRNA arrivato per secondo.
Lavora il gruppo carbossilico della metionina (dato che l’N-terminale è bloccato dal legame
con il gruppo funzionale) che andrà ad attaccarsi al gruppo amminico dell’amminoacido
trasportato dal secondo tRNA (situato nel sito A), formando il primo dipeptide che
conseguentemente rimarrà attaccato al tRNA presente nel sito A. Successivamente
questo tRNA si sposterà dal sito A al sito P, mentre il tRNA vuoto passerà nel sito e ed
uscirà fuori. La sintesi potrà procedere perché, a questo punto, il sito A è vuoto e il sito P è
occupato dal tRNA che porta la catena peptidica in via di accrescimento. In questo modo
la catena si allungherà, come si può vedere anche dall’immagine.
4
Nel sito A vuoto arriva il secondo tRNA che si posizionerà secondo le regole di
complementarietà di codone e anticodone. Questo posizionamento avverrà grazie alla
presenza di un fattore di allungamento (EF-Tu) legante il GTP che poi verrà idrolizzato. Il
fattore EF-Tu che ha svolto il suo ruolo nel favorire il posizionamento del tRNA idrolizza il
GTP; si crea la forma legata al GDP che, mediante l'intervento di un altro fattore (EF-Ts),
scambia il GDP con GTP e ritorna nella forma attiva per trasportare un altro amminoacido.
Questo altro fattore che interviene è detto dunque EF-Ts. Esso interviene nello scambio
tra GDP e GTP in modo da rigenerare il
fattore EF-Tu nella sua forma attiva in
grado di trasportare nel ciclo successivo
un altro tRNA nel sito A.
A questo punto si deve formare il legame
peptidico, che avviene tra il gruppo
carbossilico e il gruppo amminico dell’altro
amminoacido, per catalisi da parte
dell’rRNA 23S. Quando si forma il legame
peptidico si ha un attacco nucleofilo del
gruppo carbossilico sull'azoto del gruppo
amminico dell'amminoacido successivo
con la formazione del legame peptidico
classico.
5
TERMINAZIONE
La terminazione avviene quando a livello del sito A appare uno dei tre codoni stop. I
codoni di stop non sono riconosciuti da nessun anticodone, ma sono riconosciuti da fattori
proteici di rilascio che, in maniera GTP dipendente, determinano Il rilascio della proteina
nel citoplasma o nel reticolo endoplasmatico, a seconda dei casi.
Tali fattori vanno a rompere il legame estere instaurato tra il gruppo carbossilico
dell’amminoacido e il gruppo ossidrile del tRNA. Le due subunità del ribosoma si
dissociano e la sintesi proteica termina.
La stessa molecola di mRNA può essere letta da più ribosomi contemporaneamente e
quindi tradotta in più proteine contemporaneamente.
Ogni ribosoma si muove di concreto lungo I'RNA e ciascuno di essi produce una proteina
usando la stessa molecola di RNA.
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INIBITORI DELLA SINTESI PROTEICA
Esistono degli inibitori della sintesi proteica, molti di questi sono antibiotici: in grado di
inibire selettivamente la sintesi proteica procariotica e non quella eucariotica.
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subunità 30S, subunità maggiore del ribosoma, ed impedisce l’attacco degli aminoacil-
tRNA. L’azione inibitoria funziona solo nei procarioti, dato che la struttura dei ribosomi è
diversa, è presente il cloramfenicolo che funziona solo nei procarioti e la strettomicina.
La streptomicina inibisce l’inizio della traduzione a causa di una errata lettura dell’mRNA.
Questo è dovuto alla sua struttura, simile all’estremità 50 dell’RNA messaggero, che gli
permette di alterare il legame tra mRNA e ribosoma.
MUTAZIONI
Le mutazioni sono alterazioni del genoma che possono coinvolgere pochi o anche un
solo nucleotide e in questo caso sono geniche/puntiformi. Ci sono poi mutazioni
cromosomiche che coinvolgono sia il numero dei cromosomi sia la struttura dei
cromosomi stessi.
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Le mutazioni per sostituzione di una base possono essere di vario tipo; prendiamo per
esempio l'amminoacido lisina codificato dal codone AAA;
ci sono delle mutazioni chiamate silenti (samesense) che prevedono il
cambiamento del codone con uno diverso ma che codifica però per lo stesso
amminoacido (tramite il fenomeno della ridondanza). Se AAA lo sostituisco con
AAG, questo è comunque un codone per la lisina, quindi ho una mutazione al livello
del DNA, ma non avrò nessun tipo di cambiamento a livello della proteina. La
sostituzione, infatti, è avvenuta a livello del terzo nucleotide e quindi, in accordo con
la teoria del vacillamento, si otterrà un genotipo identico a quello iniziale (e quindi
anche il fenotipo).
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Un esempio è la forma mutata dell'emoglobina: si ha la sostituzione dell’acido
glutammico con la valina. Le caratteristiche chimico fisiche diverse dei due
amminoacidi, porteranno alla formazione di una proteina genotipicamente e
fenotipicamente differente. Questo tipo di mutazione di senso dà luogo
all’emoglobina caratteristica dell’anemia falciforme. Si ha una vera e propria
destrutturazione della proteina, che provoca una deformazione dei globuli rossi che
assumono la classica forma a falce. Tale forma, fa sì che i globuli rossi abbiano una
minore efficienza nella circolazione del sangue, all’interno del quale circolerà una
quantità minore di ossigeno. Nonostante questa alterazione tale patologia è
compatibile con la vita.
Ci sono casi in cui però una mutazione che causa la presenza di un amminoacido
diverso sia una mutazione che a livello della proteina non causa un problema
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(mutazione neutra). Ciò significa che, nonostante il genotipo sia diverso, il fenotipo
rimane lo stesso.
Prendiamo l'esempio della Lisina che viene sostituita con l'Arginina a causa di una
sostituzione del secondo nucleotide. Strutturalmente risultano simili per via delle
caratteristiche basiche e della catena laterale abbastanza grande. Dunque, si
otterrà una proteina mutata con funzione uguale alla proteina non mutata.
Ovviamente dipende anche da dove avviene la mutazione, se essa avviene in parti
vicino al sito attivo allora probabilmente ci saranno dei danni, in caso contrario la
mutazione potrebbe essere ininfluente.
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MODIFICHE POST-TRADUZIONALI
1) Per quanto riguarda l'acquisizione della struttura tridimensionale delle proteine questi
studi (di Anfinsen) sono iniziati intorno alle metà del '900 e dimostrano che all'interno
della struttura primaria delle proteine, ovvero nella semplice sequenza di amminoacidi, c'è
scritta la modalità con cui la proteina si configurerà nello spazio.
Per evidenziare ciò viene fatto un esperimento: presa
la ribonucleasi A, una proteina di pochi amminoacidi
(124AA), caratterizzata dalla presenza di 4 ponti di
solfuro, viene isolata e si nota che, se sottoposta
all'azione di un agente denaturante, l'urea, e
seguendo la sua attività, si poteva osservare un
meccanismo di questo tipo: la sua attività
progressivamente diminuiva quando la
concentrazione dell'urea diventava massima, ma
rimuovendo gli agenti denaturanti la proteina
riassumeva la sua conformazione nativa, cioè quella
favorita da un punto di vista termodinamico.
Perciò si nota che la proteina da denaturata veniva riconfigurata identica a prima, questo
significava che dentro la struttura primaria c'è scritto come deve foldare, cioè raggiungere
la sua configurazione tridimensionale corretta.
Questo studio dei meccanismi mediante il quale le proteine acquisiscono la loro struttura
proteica tridimensionale corretta o possono perderla ha riscosso molto interesse negli
ultimi venti anni.
Il processo di ripiegamento delle proteine è piuttosto complesso. Anzitutto le proteine
escono dai ribosomi un po' alla volta, durante questa fase potrebbero interagire con altre
proteine magari presenti nel citoplasma, per cui nella cellula esistono dei meccanismi che
controllano il folding proteico. Il folding è assistito da una famiglia di proteine che vengono
chiamate chaperoni molecolari. Gli Chaperoni accompagnano la proteina a raggiungere
il corretto folding, senza interferire. Generalmente, per svolgere la propria funzione, si
legano reversibilmente agli amminoacidi idrofobici.
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Essi si possono distinguere in due famiglie:
1. Chaperoni veri e propri (hsp70): proteine indotte dallo shock termico.
L'incremento della temperatura, altro non è che una denaturazione, per cui veniva
creato un meccanismo che permetteva la sintesi di proteine coinvolte e il controllo
del folding.
2. Chaperonine: strutture simili complessivamente in eucarioti e procarioti. Le
chaperonine di gruppo I sono espresse negli Eubatteri, nei mitocondri, nei
cloroplasti e in alcuni Archeobatteri, mentre le chaperonine di gruppo II nel citosol
degli Eucarioti e degli Archeobatteri.
Gli Chaperoni legano in maniera ATP dipendente la proteina nascente dal ribosoma in
modo tale che le varie regioni non interagiscano tra loro fino a quando tutta la proteina non
è stata sintetizzata. Evitano la formazione di strutture non necessarie al raggiungimento di
quella nativa.
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Dunque, la corretta conformazione 3D, è un evento che avviene sì spontaneamente
(poiché dipende dal tipo di amminoacidi che costituiscono la catena polipeptidica) ma è
favorito da complessi proteici specifici e prevede l’utilizzo di energia.
Avviene simile anche negli eucarioti, anche se in maniera più complessa.
2) Una volta aver assunto la giusta struttura tridimensionale, le proteine sono soggette a
un meccanismo di smistamento. Il destino di una proteina è scritto nel gene stesso, nella
sequenza amminoacidica.
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MATERIA E LEZIONE Biologia lezione 19
DATA 25/11/2021
PROFESSORE Modesti
COPPIA Riccardo Gabbani/Chiara Cortini
I primi minuti della lezione non sono stati registrati, per cui la sbobina non presenta le
primissime cose che sono state dette dalla professoressa a lezione.
CICLO DI IMPORTAZIONE
Nella prima figurina, la proteina che deve essere importata si lega ad un trasportatore
che viene chiamato importina; questo è un trasportatore di natura proteica che è affine
e che riconosce in maniera specifica la sequenza consenso interna (la sequenza di
localizzazione nucleare, costituita da 5 amminoacidi basici). A seguito di questa
interazione si forma un complesso proteico che è riconosciuto e che riesce ad
attraversare il poro nucleare (apertura costituita da proteine nucleari).
Una volta localizzato a livello del nucleo, il complesso viene dissociato per azione di una
proteina nucleare specifica che si trova nel nucleo in forma defosforilata. Questa proteina,
detta Ran, viene fosforilata legando un gruppo fosfato al GDP (guanosindifosfato) che si
trova associato alla proteina stessa, a costituire RanGDP (in questa forma defosforilata, il
complesso è inattivo, non è riconosciuto dal poro nucleare e quindi non può uscire). Si
forma una proteina fosforilata (Ran con legato GTP) che farà staccare l’importina, grazie
alla sua maggiore affinità. Il RanGTP, quindi, si associa all’importina e interagendo con il
poro nucleare è rilasciato nel citoplasma insieme all’importina stessa. Una volta che
raggiunge il citoplasma, il GTP è defosforilato e la proteina trasportatrice (Ran) cambia
conformazione, diventando meno affine per l’importina, che viene liberata nel
citoplasma. A questo punto l’importina è pronta per portare dentro al nucleo un’altra
proteina che presenta la stessa sequenza segnale.
Questo trasportatore, l’importina, non è specifico per le proteine che deve trasportare
ma è specifico perché riconosce il segnale che è presente in tutte le proteine che devono
avere una localizzazione nucleare. Quindi, il segnale che indica che la proteina deve
essere portata all’interno del nucleo è presente in tutte le proteine che avranno una
localizzazione nucleare.
Ad esempio, le proteine che devono svolgere la DNA polimerasi, che sono tradotte a
livello citoplasmatico, presentano questa sequenza segnale e perciò vengono importate
nel nucleo tramite importina.
L’importina da sola non può attraversare il poro nucleare, ma può entrare ed uscire dal
nucleo con il processo precedentemente descritto (associata alla proteina cargo da
trasportare per entrare, associata al RanGTP per uscire). Il processo di trasporto
dell’importina prevede utilizzo di energia.
CICLO DI ESPORTAZIONE
Alcune proteine o molecole possono essere trasportate anche nella direzione opposta,
cioè dal nucleoplasma verso il citoplasma, grazie all’azione di un altro trasportatore detto
esportina. (Ad esempio i ribosomi, una volta associati agli RNA ribosomiali all’interno del
nucleo, devono poi riuscire a livello del citosol)
L’esportina si lega alla proteina che deve trasportare, e poi si lega al Ran fosforilato
(Ran+GDP+fosfato). Il complesso attraverserà il poro nucleare; in seguito, il GTP verrà
idrolizzato e cambierà la sua struttura, rendendo il Ran meno affine per il complesso
esportina-proteina. La separazione dell’esportina dal trasportatore Ran fa sì che anche
l’esportina stessa cambi struttura, liberando così la proteina trasportata nel citoplasma.
Una volta liberata la proteina, l’esportina libera rientrerà nel nucleo, pronta per
l’esportazione successiva, così come il RanGTP, che è stato nuovamente fosforilato per
poter attraversare il poro e rientrare.
Il passaggio dal citoplasma al nucleo o viceversa è altamente regolato, prevede consumo
di energia e coinvolge proteine che non devono essere mutate perché altrimenti le
mutazioni impedirebbero l’associazione, il riconoscimento tra le proteine di trasporto.
TRASPORTO A LIVELLO MITOCONDRIALE
PROTEINE DI SECREZIONE
Esistono poi anche delle proteine di secrezione, che non devono trovarsi nel citoplasma
ma devono essere esportate fuori dalla cellula (secrete). Le proteine di secrezione sono
quelle destinate alla matrice extracellulare, che devono comunque passare per il RER, dal
quale poi usciranno per arrivare al loro destino finale.
LE MODIFICHE POST-TRADUZIONALI
Abbiamo già visto che le modifiche post-traduzionali sono o di taglio (eliminazione
frammenti), come per esempio l’eliminazione del peptide segnale o come quando viene
rielaborata l’insulina con eliminazione di un tratto di una sequenza interna, oppure sono
modifiche su amminoacidi specifici:
• Idrossilazione, vista nel caso del collagene (se idrossilazione a livello delle glicine
non avviene non si ha collagene che svolge la sua funzione)
• aggiunta di un gruppo metilico o acetilico (istoni acetilati a livello dell’estremità
N-terminale: cromatina acetilata è quella decondensata che si esprime, mentre
cromatina deacetilata è quella meno condensata)
• N-glicosilazione (tipica di quelli che
sono i gruppi sanguigni, che consiste
nell’aggiunta di oligosaccaridi
all’estremità amminoterminale di
alcune proteine terminale su atomi di
azoto di amminoacidi basici)
• O-glicosilazione, con aggiunta di
oligosaccaridi su amminoacidi che
hanno gruppi OH.
• aggiunta di cisteine che hanno gruppo SH; se c’è un numero pari di cisteine,
queste possono essere ossidate e si possono formare
ponti disolfuro. Questa è una modifica covalente che
avviene anche quando si forma la struttura terziaria della
proteina che assume la sua specifica forma grazie alla
presenza di ponti S-S.
• aggiunta di lipidi, soprattutto quando le
proteine si ancorano covalentemente ai lipidi di
membrana, nonostante non si trovino sulla membrana,
ma nel citoplasma o nella matrice extracellulare. Questo
caso consiste nell’aggiunta di un certo tipo di acidi grassi
legati a proteine.
GRUPPI SANGUIGNI
Nel caso della O-glicosilazione, questa avviene sul gruppo ossidrilico di residui di serina
o treonina. L’esempio è quello dei gruppi sanguigni, dove c’è aggiunta sull’amminoacido
serina di oligosaccaridi che rimangono sulla membrana e sono modificati all’estremità
amminoterminale con O-glicosilazione tramite enzimi specifici. Questo fa si che sulla
superficie dei globuli rossi siano presenti tra le proteine di membrana alcuni
oligosaccaridi e in questo caso è sempre presente un corto oligosaccaride che contiene
un glucosio, un galattosio, una N-acetilglucosammina, un galattosio e un fucoso (il
loro insieme si dice SOSTANZA H)
Questa catena oligosaccaridica fa si che gli individui possano essere classificati in base al
gruppo sanguigno. Questa struttura di
base è presente su tutte le membrane dei
globuli rossi di tutti gli individui. Alcuni
organismi hanno un gene che codifica
per un enzima specifico che si chiama N-
acetilgalattosammina transferasi. Questo
enzima effettua delle modifiche post-
traduzionali, che si sviluppano all’interno
del RE e che fanno si che alla sostanza H
venga legato un N-acetilgalattosammina
(quindi è aggiunto un ulteriore
monosaccaride modificato). Sui globuli
rossi si avrà quindi la sequenza completa
fatta dalla sostanza H più una N-
acetilgalattosammina. Questi individui hanno gruppo sanguigno A.
Nel cromosoma si può avere un altro enzima che è il galattosio tranferasi che aggiunge
galattosio alla sostanza H; questi sono gli individui del gruppo B.
Alcuni organismi possono possedere sui loro cromosomi entrambi i geni per i due
precedenti enzimi e quindi hanno sulla sostanza H sia una N-acetilglucosammina in più,
sia un galattosio in più e formano il gruppo sanguigno AB. Questo è un esempio di alleli
multipli.
L’allele è una forma alternativa di un gene, e nel caso dell’allelia multipla, per un gene si
hanno più di due alleli; nei gruppi sanguigni, si hanno tre alleli, perciò l’organismo in base
al suo genotipo può avere o un gene che non porta la formazione dell’enzima (e quindi
l’allele è silente) oppure può avere un allele di tipo A o un allele di tipo B oppure
entrambi.
Oltre ad avere alleli multipli, nelle popolazioni si possono avere anche più alleli
dominanti, per cui se un individuo ha sia l’allele del gruppo 0 sia quello del gruppo A che
porta alla formazione della N-acetilgalattosammina tranferasi, domina l’allele A e
l’individuo avrà gruppo A; la stessa cosa vale per il gruppo B. Se in tutti e due gli alleli si
ha gruppo 0, allora si manifesta il gruppo sanguigno 0. L’esempio dei gruppi sanguigni
ci dimostra che le proteine di membrana possono essere modificate, che i cromosomi
omologhi portano sui cromatidi alleli che possono essere uguali o diversi (perché i due
cromosomi derivano uno da un individuo e uno dall’altro individuo, da cui si origina
l’individuo di cui stiamo analizzando il genotipo).
Le modifiche che avvengono si sviluppano all’interno del reticolo grazie alla presenza o
meno di enzimi che sono codificati da geni.
CICLO CELLULARE
Data 29/11/2021
Professore Modesti
La meiosi è formata da due fasi successive, meiosi I e meiosi II e tra le due fasi non si ha duplicazione
del DNA, al termine della meiosi I si hanno due cellule che contengono metà del contenuto
cromosomico, contengono un cromosoma sempre formato da due cromatidi però questi cromatidi
si sono mescolati e quindi sono cromosomi ricombinanti. Un cromosoma va in una cellula e uno
nell'altra, vuol dire che alla fine della meiosi I i cromosomi che si separano non sono più due
omologhi ma sono ricombinanti. Le cellule che si formano sono cellule aploidi anche se contengono
cromosomi dicromatidici, queste cellule vanno incontro a una successiva divisione, cioè si separano
i cromatidi che formano il cromosoma che queste cellule contengono. Quindi le cellule che si
vengono a formare sono quattro e contengono una quantità di DNA che è la metà rispetto a quella
della cellula parentale.
Che cosa avviene di importante? [MITOSI I] In profase i cromosomi omologhi si legano, si formano
tra i cromatidi non fratelli, cioè tra cromatidi omologhi, dei legami covalenti veri e propri, si formano
quelle che vengono chiamate tetradi, costituite dall’appaiamento dei due cromosomi omologhi. Per
cui quando nella metafase, una fase simile a quella della mitosi, queste tetradi vengono orientate
longitudinalmente, sono tutti e quattro i cromatidi che si muovono contemporaneamente. Anche
qui nell’anafase si accorceranno i microtubuli, quindi si separeranno i cromosomi che erano legati
tra di loro, portando ogni cromosoma (parte del cromosoma omologo) nelle due direzioni. È qui che
inizia quella che è la variabilità genetica, il rimescolamento dei geni nei cromosomi che costituivano
quella cellula. In questa figura (alla pagina precedente) vediamo che, in quelle che vengono
chiamate metafase I e telofase I, i cromosomi hanno colori mescolati e infatti qua si è avuto un
mescolamento genico. Nella MITOSI II, che non è altro che una semplice “mitosi”, questi cromosomi
ricombinanti vengono disposti sulla piastra metafisica dai microtubuli delle fibre del fuso mitotico
delle due cellule che si sono formate dalla meiosi I. Quindi si formano due cellule distinte che subito
vanno incontro alla meiosi II, che possiamo considerare una specie di mitosi, le cui cellule madre
contengono metà del contenuto di cromosomi. Si vengono ad originare, da ognuna di queste due
cellule, delle cellule aploidi cioè che hanno metà delle quantità di DNA e avranno un solo cromatidio
per ogni cromosoma. Questa divisione cellulare è alla base di quella che è la riproduzione sessuata,
dato che questo evento di meiosi porta alla formazione di cellule specializzate che serviranno per la
riproduzione sessuata. Queste cellule che hanno metà del contenuto di cromosomi si potranno
fondere: la cellula uovo con lo spermatozoo, cioè cellule di individui diversi, per dare un nuovo
individuo che avrà nuovamente il numero dei cromosomi di quella specie.
In questa figura (sopra), vediamo che le cellule somatiche
sono cellule diploidi, cioè hanno un numero di cromosomi
che è formato da coppie di cromosomi. Da dove derivano
queste coppie? Dalla fusione dei gameti in organi specializzati
degli individui che si riproducono per via sessuata. Questi
organi, si chiamano gonadi. In questi organi specializzati si
vengono a formare, per eventi di meiosi, la cellula uovo e lo
spermatozoo: le cellule aploidi che saranno importanti per
formare il nuovo individuo.
In queste gonadi avviene la meiosi che viene anche chiamata
gametogenesi. Quindi, vengono a formarsi questi gameti
aploidi con un solo cromosoma per ogni coppia, la fusione,
che viene chiamata fecondazione, darà luogo a quello che è
lo zigote cioè la nuova cellula diploide che per cicli di mitosi si
riprodurrà e andrà a formare gli individui pluricellulari. Però il processo del differenziamento fa sì
che nelle gonadi si vengano a formare cellule che saranno sempre diploidi, che saranno quelle da
cui poi inizierà la meiosi specifica: la gametogenesi, per portare a queste cellule specializzate.
Non solo gli organismi pluricellulari fanno questo, quindi tutti gli eucarioti pluricellulari, ma per
esempio anche i lieviti che sono sempre organismi eucariotici ma unicellulari che normalmente si
riproducono per mitosi. Il ciclo cellulare che oggi noi conosciamo, nelle cellule eucariotiche dei
mammiferi, è stato studiato per la prima volta proprio in questi organismi unicellulari. Quindi anche
nei lieviti avvengono processi di mitosi. Quando l'ambiente circostante, nel caso degli organismi
unicellulari, è sfavorevole queste cellule cominciano a formare i gameti che si differenziano tra
gamete maschile e gamete femminile, anche se non c'è questo tipo di “maschi e femmine” ma di
sesso sì, vengono chiamati con altri nomi, e quando appunto i gameti poi si incontreranno si
formeranno nuovi individui. Perché durante la meiosi sia ha un mescolamento? Un po’ l’abbiamo
visto, in quella che è la profase I, si ha lo scambio di materiale genetico ma anche i cromosomi
omologhi quando le tetradi si dispongono lungo la piastra metafasica possono orientarsi in modi
diversi. Sono 23 le coppie dei cromosomi che effettuano il crossing-over, anche nel caso dei
cromosomi sessuali, e questi possono orientarsi cioè disporsi lungo la piastra in modo differente;
quindi, anche qui i cromosomi verranno separati in modo casuale perché sono 23 coppie, 23 tetradi,
che si dispongono lungo questa piastra metafisica e anche qua appunto l'orientamento casuale di
ognuna di queste 23 tetradi, il mescolamento genico e quindi la variabilità genetica è notevolmente
amplificata.
Quindi diciamo che la riproduzione sessuata è sì un evento che comporta un notevole dispendio
energetico, rischi di alterazioni del numero dei cromosomi, ma porta anche a quella che è la
variabilità genetica che favorisce l'evoluzione e quindi l'aumento della resistenza anche a fattori
esterni negativi; cosa che non avviene nel caso della riproduzione asessuata. Lo avevamo accennato
anche quando avevamo parlato dei batteri, dicendo che quelli che possiedono quel pilo, possono
far passare materiale genetico alle altre cellule; in questi casi si può avere un miglioramento
genetico di quei batteri, perché possono sopravvivere in condizioni poco favorevoli.
Alcuni dicono che il globulo polare va incontro anche lui alla meiosi II, altri dicono che si degrada;
comunque sia, che vada incontro e quindi generi altri due globali polari o che si degradi subito, non
è funzionante.
Invece la cellula che deriva dalla meiosi I, entra in meiosi II e forma anch'essa un piccolo globulo
polare, perché il citoplasma finisce di nuovo nella cellula aploide che si viene a formare al termine
della meiosi II ed è questa la cellula che eventualmente verrà fecondata.
SPERMATOGENESI
Quindi cominciamo a vedere quella che
è la spermatogenesi: c'è una prima fase
mitotica per cui lo spermatogonio che si
trova nelle gonadi maschili e vedremo
(senza andare troppo dentro
all'istologia) dove si trova questa cellula
diploide che andrà incontro a mitosi
successive per formare altre cellule
diploidi che eventualmente, non tutte
però, potranno andare incontro alla
meiosi.
Poi c'è la fase meiotica dopodiché la
spermioistogenesi, che è la maturazione
della cellula aploide che si è venuta a
formare in modo che abbia quella forma
che abbiamo visto: con il flagello, col
grosso mitocondrio che serve a fornire
energia al flagello perché possa
muoversi, la testa che contiene
materiale genetico e quell’acrosoma che serve per poter entrare nella cellula uovo.
Gli spermatogoni sono le cellule diploidi che vanno incontro a divisione meiotica. Gli spermatogoni
negli individui di sesso maschile sono presenti alla nascita nelle gonadi, non sono di un alto numero
diciamo, e vanno incontro a divisione mitotica, questi vengono chiamati spermatogoni di tipo A.
All’inizio di quella che è la pubertà, verso i 10 anni, queste cellule si duplicano per mitosi ma ancora
non sono mature (nella fase prepuberale aumentano di numero ma non sono ancora attive per
andare incontro al processo della spermatogenesi). Nella pubertà per l’azione di stimoli ormonali
vengono prodotte le gonadotropine, degli ormoni prodotti dall’ipofisi e sotto azione dell'ipotalamo
e di altre proteine. Dato che le gonadotropine sono ormoni di natura proteica, vengono rilasciate le
proteine di secrezione in circolo e le gonadotropine vanno ad agire a livello delle gonadi. A livello
delle gonadi, queste gonadotropine stimolano alcuni (non tutti) di questi spermatogoni ad iniziare
la maturazione e a diventare quelli che sono gli spermatogoni di tipo B.
Quindi è ovvio che la maturazione e quindi l'inizio del processo della spermatogenesi è sotto l'azione
di ormoni proteici che agiscono a livello di cellule specializzate nelle gonadi (nei testicoli, in questo
caso) a produrre invece ormoni di natura lipidica: il testosterone, è un ormone che abbiamo visto
essere un derivato del colesterolo. (Il testosterone) Prodotto da queste cellule, agisce favorendo
l'inizio di quella che è la spermatogenesi, un evento che avviene nelle fasi successive ma è piuttosto
semplice, nel senso che a questo punto quelli che vengono chiamati spermatogoni di tipo B che sono
quelli specializzati, commissionati come si dice in termine, inizieranno il processo di divisione
meiotica.
Quindi all'inizio, nella fase mitotica, quelli che sono gli spermatogoni si duplicano e continuano a
duplicarsi per tutto l'arco di vita dell'individuo. Sotto l'azione di quelle che sono le gonadotropine,
alcuni di questi che sono chiamati spermatogoni tipo B, iniziano il processo della meiosi. Sotto
l'azione delle gonadotropine che fanno sì che alcune cellule, che si trovano nelle gonadi maschili,
producano l'ormone testosterone di natura lipidica che favorisce proprio l'evento della meiosi.
La cosa interessante è che lo spermatogonio che va incontro a quella che è la meiosi I (la prima fase
della meiosi) e che genera quelli che si chiamano spermatociti primari, sono cellule che restano
collegate tra di loro. Vi ricordate quelle giunzioni comunicanti che si vengono a formare per esempio
a livello delle cellule che ricoprono la membrana intestinale? Noi avevamo detto che esistono delle
giunzioni comunicanti che pur mantenendo le membrane delle cellule separate collegano il
citoplasma, avviene anche in questo caso. Perché in questo modo lo stimolo che avviene su una sola
delle cellule può essere propagato a tutte e due le cellule che si sono formate dopo la prima divisione
meiotica, cioè la formazione di quelli che sono gli spermatociti primari.
Gli spermatociti primari, collegati, vanno incontro alla meiosi II che porta alla formazione di quelle
che sono le cellule aploidi e gli spermatociti secondari, restano tutti sempre collegati tra di loro, fino
a che gli spermatociti secondari vanno incontro alla seconda divisione meiotica e per ognuna delle
due si formano quattro cellule aploidi e quindi si vengono a formare quelli che non sono ancora
spermatozoi e che vengono chiamati spermatidi, tutti collegati tra di loro.
Quindi le prime cellule vanno incontro a mitosi, che porta alla formazione di due cellule collegate
che successivamente entrano in meiosi. Le quattro cellule degli spermatociti secondari ancora
collegati poi vanno incontro a meiosi II e si formeranno quelli che sono gli spermatidi aploidi (ancora
non con la forma finale completa e funzionale). Rimangono questi corpi residui, cioè praticamente
restano le membrane con gli organelli che erano contenuti nelle cellule e che sono andati incontro
a divisione, e gli spermatozoi sono liberi di poter andare a svolgere la loro funzione.
È interessante il fatto che le cellule restino sempre in collegamento tra di loro anche quando
cominciano la mitosi, quindi quando cominciano a diventare spermatogoni di tipo B commissionati.
Essi sono legati tra di loro attraverso i ponti delle giunzioni comunicanti, in modo che gli eventi di
maturazione avvengano contemporaneamente nelle due cellule.
(Ovviamente non saranno due cellule sole che vanno incontro a meiosi
ma contemporaneamente un grande numero di cellule che restano
tutte associate in modo che gli eventi avvengano contemporaneamente
in tutte le cellule che stanno maturando e che si stanno formando.)
Quindi, a questo punto, si ha la fase finale che è quella che darà luogo
alla cellula completa e che può andare a svolgere la funzione perché
presenta il lungo flagello con il mitocondrio che produce energia, che è
limitato a quella porzione che è chiamata collo (il tratto intermedio), la
testa che contiene il nucleo e poi quella vescicola, che è chiamata
acrosoma, che contiene all'interno gli enzimi litici che serviranno per
aprire il varco nella membrana della cellula uovo.
Il DNA contenuto nel nucleo di queste cellule (spermatozoi) è legato a
delle proteine che non sono più gli istoni ma sono delle proteine molto
più basiche degli istoni, che si chiamano protammine e permettono una maggiore condensazione
del DNA contenuto nella testa dello spermatozoo.
Le cellule del Sertoli, forse qui lo vediamo (immagine sotto a sx), hanno funzione di sostegno delle
cellule in maturazione: indirizzano e mantengono gli spermatogoni, gli spermatociti e gli
spermatozoi maturi, inducendo il loro orientamento (li dirigono) in quella direzione. Le cellule di
Leydig, producono gli ormoni di
natura steroidea.
In questo disegno ancora più schematico (immagine sopra a dx) vediamo come sono distribuite le
cellule in quello che è il tubulo seminifero. Gli spermatogoni da maturare si trovano verso la parete
del tubulo, il processo è diretto verso il lume del tubulo stesso e le cellule di sostegno, le cellule del
Sertoli, hanno la funzione di indirizzare questi spermatozoi verso il lume (la maturazione degli
spermatozoi verso il lume). Le cellule di Leydig, sono cellule che producono gli ormoni sessuali
maschili sotto l’azione delle gonadotropine. Il testosterone favorisce la maturazione e la formazione
degli spermatozoi.
OOGENESI
Che cosa avviene nel caso della oogenesi?
Un follicolo (oocita secondario), che abbiamo detto essere bloccato (ce ne sono molti all'interno
della gonade femminile di questi oociti bloccati, tutti in profase I), sotto azione ormonale comincia
il ciclo ovarico. Per cui, l’oocita ha delle cellule circostanti che ne favoriscono la maturazione, le
cellule del follicolo. Esse sono uno strato di cellule specializzate, che circondano l’oocita, che sotto
l'azione dell'ormone follicolostimolante produce ormoni di natura steroidea, gli estrogeni. Quindi,
queste cellule del follicolo, sotto l'azione dell'ormone follicolostimolante, si riproducono per mitosi
e cominciano a produrre gli estrogeni che favoriscono il completamento di quella che è la meiosi I
e l'inizio della meiosi II dell’oocita secondario.
In questo periodo, che dura14-15 giorni, queste cellule aumentano di dimensioni e formano lo
strato di cellule del follicolo che produce estrogeni, che agiscono sull’oocita e vengono secreti nella
circolazione sanguigna (affinché anche loro agiscano su caratteri sessuali secondari), fino ad arrivare
alla maturazione di quello che è l’oocita secondario che viene bloccato in meiosi II. Quindi non è
terminata la meiosi II.
A questo punto il follicolo si apre, si ha quella che viene chiamata: deiscenza del follicolo o
ovulazione. Si rompe la parete dell'ovaio e fuoriesce l’oocita insieme alle cellule del follicolo. Nel
momento in cui si richiude la membrana\ la parete dell'ovaio, si forma una cicatrice. Le cellule che
sono rimaste, che rivestivano il follicolo, sotto l'azione dell'ormone luteinizzante cominciano a
riprodursi. Infatti, nel momento della deiscenza del follicolo, si ha il massimo della produzione degli
estrogeni che agiscono a livello dell'ipofisi, stimolando la produzione dell'ormone luteinizzante. Che
vuol dire sotto l'azione? Che sulle membrane delle cellule che formano il corpo luteo si trovano i
recettori specifici per l'ormone luteinizzante.
Cosa fanno queste cellule oltre a riprodursi e a formare il corpo luteo? (Luteo perché ha un colore
biancastro come le cellule che lo costituiscono)
Producono un altro ormone sempre di natura steroidea, il progesterone, che ha un'azione specifica.
Se non c'è più l’oocita c’è una probabilità che sia stato fecondato e, in tal caso, bisogna preparare lo
strato di cellule dove questo andrà ad annidarsi se venisse fecondato e a formarsi lo zigote.
Il progesterone favorisce l'ispessimento, la riproduzione, delle cellule che rivestono la membrana
uterina, portando ad un aumento dello spessore di questa membrana che risulterà essere un
ambiente favorevole per lo sviluppo dello zigote. Aumenta anche il contenuto e il numero dei vasi
sanguigni, in modo da portare nutrimento e ossigeno allo zigote e permettendo a tale cellula di
riprodursi, nutrirsi e andare a formare il nuovo individuo. (Se la cellula uovo viene fecondata)
Quindi per un determinato periodo di tempo queste cellule producono progesterone. Se la cellula
uovo non viene fecondata queste cellule si atrofizzano, perdendo la propria funzione. Vi sarà
un’interruzione della produzione di progesterone, che causerà la rottura della membrana ispessita
e la successiva eliminazione di questa sotto forma di mestruazione. Questo secondo periodo di
tempo dura circa 14 giorni, tutto il ciclo ovarico dura infatti 28-30 giorni.
In modo molto simile alla regolazione della spermatogenesi. Però gli eventi sono un po’ più
complessi. La complessità è data dal fatto che c'è anche la mucosa uterina che deve essere
regolata\controllata. Deve essere regolata la riproduzione delle cellule, i cicli di mitosi; perché a
livello della mucosa uterina, l'eventuale cellula fecondata, dovrà andare a insediarsi e lì dovrà
trovare un terreno favorevole per la mitosi.
-la prima, la fase preovulatoria: le cellule del follicolo producono gli estrogeni e matura la cellula
uovo;
- la fase tardiva: in cui si ha il picco dell'ormone luteinizzante, delle cellule che dovranno attivare
quelle che sono le cellule del corpo luteo e gli estrogeni che vanno a inibire la formazione del
follicolostimolante a livello dell'ipofisi; dopodiché l'ormone luteinizzante stimola la produzione, da
parte delle cellule, del corpo luteo di una proteina, che anche qui è l'inibina. Quindi, anche queste
cellule producono una proteina che va anch'essa ad inibire la produzione a livello centrale. Viene
prodotto il progesterone e quella quantità di estrogeni, che continua a essere prodotta (perché gli
estrogeni sono prodotti sempre a parte il picco che si ha al momento di quella che è la fase
dell'ovulazione, la fase di deiscenza del follicolo) e questi inibiscono la produzione degli ormoni che
stimolano la maturazione della cellula uovo. Quando è compiuto il ciclo e quindi si abbassa la
quantità di estrogeni presenti nel sangue, si abbassa la quantità di inibina, perché non c'è più lo
stimolo, e il ciclo riprende. Questo avviene ogni 28 giorni.
Per cui si ricomincia il ciclo di maturazione, un oocita per volta, mentre nel caso della
spermatogenesi sono tutti gli spermatogoni contemporaneamente che vanno incontro a
maturazione e formazione di spermatociti. Nel caso dell’oogenesi è un'unica cellula, un unico oocita
primario bloccato in meiosi I (in profase I) che viene maturato ogni 28 giorni e viene seguito questo
percorso.
DIFFERENZE TRA SPERMATOGENESI ED OOGENESI
Andando a fare un confronto tra spermatogenesi ed oogenesi si notano delle differenze evidenti.
Da un punto di vista temporale la spermatogenesi inizia durante la pubertà e continua fino alla tarda
età. Dunque, avviene in maniera continua per tutta la vita del soggetto. Nel caso dell’oogenesi:
comincia prima della nascita nello sviluppo embrionale, gli oogoni iniziano la meiosi I e si forma
l’oocita primario che viene bloccato in profase I, e si riattiva con la pubertà. Termina quando molti
o anzi pochi, rispetto a quanti potrebbero essere, oociti primari vanno incontro a maturazione,
quella che viene chiamata menopausa. A quel punto non vengono più maturati gli oociti a diventare
oociti secondari e poi a formare cellule uovo e anche gli ormoni di natura steroidea diminuiscono
moltissimo come quantità e concentrazione plasmatica.
Infatti, solo una piccola parte degli oociti primari vanno incontro a maturazione, gli altri degenerano
cioè vengono degradati. Non solo, siccome gli oociti primari sono prodotti prima della nascita è
ovvio che subiscono tutti i processi di invecchiamento cellulare che subiscono tutte le altre cellule
dell'organismo, dovuti ad agenti esterni e interni, dovuti a produzione di radicali liberi.
Durante la vita cellulare vanno incontro al processo di invecchiamento cellulare che può portare ad
alcune alterazioni durante la divisione meiotica. Infatti, si possono verificare degli eventi di non
separazione, di non disgiunzione che poi portano ad un'alterazione, chiamate aneuploidie
(alterazione del numero dei cromosomi delle cellule).
Da uno spermatocita primario si formano quattro cellule aploidi mature pronte per andare ad
effettuare la fecondazione. Dall’oocita primario invece si forma una sola cellula uovo che può essere
fecondata. Lo spermatozoo è piccolo, si muove con il flagello, e consuma energia per il movimento;
la cellula uovo invece, siccome contiene tutto il citoplasma dell’oocita primario, è una cellula statica
che passa semplicemente dall'ovaio alle tube uterine e lì viene eventualmente fecondata. Poi si
impianta nell'utero, nella membrana uterina, e per cicli di mitosi e poi di differenziamento da luogo
al nuovo individuo.