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LA CELLULA È L’UNITÀ FONDAMENTALE DELLA VITA

Tutti gli organismi considerati viventi sono composti da una o più cellule, uguali o diverse tra loro.

La cellula è l’unità della vita poiché è in grado di condurre una vita indipendente, cioè possiede un
metabolismo indipendente ed è in grado di riprodursi, accrescersi e differenziarsi; in un organismo complesso
le cellule sono anche in grado di cooperare tra loro, formando tessuti. Tessuti diversi cooperano per formare
un organo, per esempio nel pancreas sono presenti tessuti di diversa origine. Infine, più organi che cooperano
costituiscono un apparato e la collaborazione tra gli apparati permette la sopravvivenza dell’organismo.

L’organismo umano deriva da una singola cellula, lo zigote, ottenuto dalla fusione di una cellula uovo e uno
spermatozoo; lo zigote va incontro ad una serie di divisioni che conducono alla formazione di un organismo
adulto composto di 10^15 cellule di diverso tipo, nell’organismo umano se ne distinguono circa 200 tipi
diversi per morfologia e funzione. Tuttavia, 10^11 cellule sono neuroni, che non si rinnovano nel corso della
vita, mentre delle altre 10^4 cellule la vita media è 30 giorni (cellula embrionale 30 minuti, cellula ematica 4
mesi, cellula epatica 10 anni).

Tutti gli organismi sono costituiti da elementi chimici di diversa natura:

- Elementi plastici primari, sono gli atomi più importanti e presenti nella cellula associati in
macromolecole biologiche, costituiscono lo scheletro della cellula e sono C, H, O, N, S, P;
- Cationi, sono gli elementi carichi positivamente, questi ioni non sono legati direttamente alle
macromolecole ma ne permettono il funzionamento: Ca, Na, K, Mg;
- Anioni, sono gli elementi carichi negativamente che contribuiscono al funzionamento cellulare: Cl,
H3CO2, gruppo fosfato, gruppo solfato;
- Oligoelementi, elementi che si trovano nell’organismo in basse quantità ma con grande rilevanza
funzionale: Fe per il legame con O2, I per il funzionamento della tiroide, poi Co, Cu, Br, Al, Se, Mn,
Mb, V,…

I componenti chimici si classificano in inorganici, come acqua e sali minerali, e organici, che sono i più
numerosi e comprendono tutti gli elementi plastici primari legati nelle macromolecole, a loro volta
classificate in famiglie: glucidi , lipidi , protidi , acidi nucleici .

Tra i vari elementi possono instaurarsi legami chimici (cioè interazioni che permettono l’associazione di
elementi in strutture complesse), classificati in forti, cioè con energia pari a 50-100 kcal/mol, che richiedono
quindi grande energia per essere spezzati e caratterizzano molecole che devono mantenere la loro integrità,
come le proteine – e deboli, con energia pari a 1-1,5 kcal/mol che caratterizzano invece le molecole che la
cellula deve dividere per svolgere le sue funzioni, come gli acidi nucleici.

Sono legami forti i legami covalenti (legame peptidico, legame fosfodiesterico) e i legami ionici; sono invece
deboli i legami a idrogeno, le interazioni idrofobiche e le interazioni elettrostatiche.

La cellula è composta per il 70% di acqua; il restante 30% è diviso in un 15% di proteine (le più importanti
sono quelle effettrici, che svolgono le funzioni per la sopravvivenza della cellula), 7% di acidi nucleici (1%
DNA, 6% RNA), 4% di sali inorganici e 4% di altri composti, come polisaccaridi e fosfolipidi.

L’acqua, formula chimica H2O è una molecola fortemente polarizzata, caratterizzata da una nube polare
asimmetrica, con carica parziale positiva nell’area dell’idrogeno e negativa nell’area dell’ossigeno,
costituendo un dipolo magnetico. Per questo solo le molecole cariche sono in grado di interagire con essa,
questo esclude i lipidi, una famiglia di molecole neutre e idrofobiche ad esclusione di una classe particolare.
Poiché è un dipolo magnetico, l’acqua tende a formare una rete con altre molecole via legami a idrogeno, a
temperatura ambiente è allo stato liquido ed è il solvente per eccellenza, in grado di solubilizzare tutti i
composti tranne i lipidi.

L’acqua presenta due stati entropici:

- Acqua di idratazione, si tratta di molecole ordinate, a basso contenuto entropico, legate alle
macromolecole biologiche. Costituiscono circa il 40% dell’acqua nella cellula e sono fondamentali per
il funzionamento delle sue componenti molecolari;
- Acqua di riempimento, si tratta di molecole disordinate, ad alto contenuto entropico che si trovano
in tutta la cellula e sono necessarie per lo svolgimento delle funzioni cellulari essendo coinvolte nelle
reazioni chimiche.

Il carbonio è invece l’elemento fondamentale della chimica organica, il più presente nell’organismo insieme
a H e O. Il carbonio è in grado di formare 4 legami covalenti, anche multipli, e per questo forma diverse
strutture, che possono essere lineari, ramificate, cicliche e presentare legami singoli o multipli.

I componenti organici sono classificati in lipidi , protidi , acidi nucleici, glucidi, le ultime tre classi formano
macromolecole composte dalla ripetizione di unità dette monomeri legate fortemente tramite legami
covalenti: il legame tra più monomeri forma un polimero. I polimeri si formano per condensazione, cioè con
l’espulsione di una molecola d’acqua di riempimento, mentre si scindono per idrolisi, in presenza di acqua e
con dispendio di energia. La scissione consente il riutilizzo dei monomeri per comporre nuove catene, in
modo da permettere il funzionamento equilibrato e bilanciato della cellula: se essa lavora in cattive
condizioni spesso preferisce attivare la propria morte programmata.

I GLUCIDI

Sono composti organici formati da un modulo (CH2O) ripetuto n volte, costituiscono la principale fonte di
energia negli organismi non fotosintetici per produrre ATP.

Sono classificati in monosaccaridi, unità che non possono essere idrolizzate e scomposte in parti più semplici,
classificati in base al numero di atomi di carbonio. I monosaccaridi più rilevanti sono i pentosi, che
comprendono ribosio e desossiribosio, gli zuccheri che si trovano negli acidi nucleici, e gli esosi, come il
glucosio e il fruttosio, che sono le maggiori fonti di energia, in particolare il glucosio è la fonte prediletta
dell’organismo ed è finemente controllato da un sistema di rilevazione e bilanciamento estremamente
preciso. Glucosio e fruttosio sono isomeri, cioè composti con la stessa formula chimica ma disposti nello
spazio in maniera diversa: la cellula è in grado di riassemblare glucosio dal fruttosio, che costituisce quindi
una fonte di energia secondaria. Il glucosio si torva nell’organismo in due isomeri alpha e beta, a seconda
della collocazione del gruppo OH in posizione 1 rispetto al piano dell’anello. La differenza è rilevante perché
è diverso il loro apporto energetico, inoltre solo il glucosio alpha può essere convertito in glicogeno, una
macromolecola che si forma nel fegato e nel tessuto muscolare per regolare il glucosio circolante. Il glucosio
beta è invece impiegato dalle cellule vegetali per comporre la molecola strutturale cellulosa

Lo zucchero in eccesso è immagazzinato nel tessuto muscolare, che richiede un grande apporto energetico,
e nel fegato che è in grado di convertire gli zuccheri in grassi, un’altra fonte di grande energia, meno prediletta
dall’organismo perché i loro prodotti di scarto sono nocivi, ne è un esempio l’acetone.

I disaccaridi sono composti di due unità glucidiche. Il più importante è il lattosio, composto di glucosio e
galattosio e scisso dall’enzima lattasi in presenza di acqua.
Gli oligosaccaridi sono zuccheri composti da una catena di 3-10 unità monosaccaridiche.

I polisaccaridi sono catene dal peso molecolare elevatissimo costituite dall’unione di almeno 10
monosaccaridi uguali (omopolisaccaridi, come la cellulosa) o diversi (eteropolisaccaridi, come l’eparina che
regola la cascata coagulativa).

I LIPIDI

Sono le uniche macromolecole organiche non solubili in acqua, ma soltanto in composti organici come
cloroformio o etere. Nella cellula si trovano separati dall’acqua, presenti in membrane plasmatiche e in forma
di colesterolo. I lipidi si classificano in semplici e complessi, che si formano per condensazione e non sono
idrolizzabili, ma si legano ad altre molecole non lipidiche.

I lipidi semplici derivano per la maggior parte dall’esterificazione di acidi grassi (lunghe catene di CH2 con
un’estremità alcolica e una metilica), a loro volta classificati in saturi o insaturi, questi ultimi presentano
legami multipli e hanno una struttura più compatta e piegata in corrispondenza del doppio legame. La
principale classe di lipidi semplici sono i gliceridi, a loro volta classificati in base al loro numero di funzioni
alcoliche esterificate connesse alla catena del glicerolo per condensazione e liberazione di 1 H2O: esistono
quindi mono-, di- e trigliceridi. I trigliceridi sono una fonte di energia per la cellula, anche estremamente
economica; tuttavia, gli scarti della loro lavorazione sono tossici, per questo esistono meccanismi di uptake
molto precisi per regolarne l’assorbimento. I lipidi non assorbiti possono però formare accumuli a livello dei
vasi sanguigni, aumentando il rischio cardiovascolare per ostruzione dei vasi.

Nelle cellule i lipidi si accumulano in gocce lipidiche nel citoplasma, in particolare nel tessuto connettivo,
dove si trovano gli adipociti, cellule che si riconoscono per la presenza di grandi gocce lipidiche nel citoplasma
e un nucleo schiacciato.

I lipidi complessi sono caratterizzati dal legame con amminoacidi o zuccheri, sono quindi molecole
anfipatiche, poiché presentano una porzione idrofilica e non lipidica polare e una idrofobica nella parte
lipidica apolare. I lipidi complessi più comuni sono fosfolipidi e glicolipidi, che vengono orientati in modo che
l’estremità polare sia orientata all’esterno e interagisca con l’acqua, mentre quella apolare si trovi all’interno,
a contatto con altri composti lipidici nelle micelle, oppure organizzata in un doppio strato nelle catene
fosfolipidiche che formano le membrane plasmatiche, cioè interfacce acqua-acqua. Strati singoli si possono
trovare invece all’interfaccia acqua-aria.

I fosfolipidi contengono un gruppo fosfato (acido fosforico) e colina, un composto organico polare derivato
dagli amminoacidi. I glicolipidi contengono invece una molecola di galattosio.

Le membrane plasmatiche presentano tutte la stessa struttura, con variazioni della percentuale relativa delle
molecole che le compongono. In generale circa il 50% sono lipidi, con grande abbondanza di fosfolipidi e
colesterolo, un lipide semplice della classe degli steroidi, composto di 4 anelli di carbonio uniti tra loro. È una
molecola naturalmente anfipatica a causa della presenza di un gruppo OH polare. Per questo è fondamentale
nelle membrane, in quanto secondo il modello attualmente impiegato, si interpone tra i fosfolipidi per
determinare la fluidità della membrana e regolare la temperatura cellulare e la temperatura della cellula.

LE PROTEINE

Sono i componenti organici più importanti perché sono attori fondamentali con ruoli estremamente
diversificati per la vita della cellula. Sono catene di amminoacidi di lunghezza variabile coinvolte in tutti i
processi metabolici. Gli amminoacidi fondamentali sono 20 e hanno una formula precisa, con alcune
caratteristiche comuni, come un carbonio centrale a cui è legato un gruppo amminico NH2 e un gruppo
carbossilico dal lato opposto. Il carbonio ha poi due legami liberi, uno con un idrogeno e l’altro con un gruppo
organico noto come gruppo R che è quello che distingue gli amminoacidi e conferisce proprietà diverse alle
proteine in base alle caratteristiche chimiche (polare, apolare, acido, basico, …)

Le cellule non sono in grado di produrre tutti gli amminoacidi, quelli che devono essere introdotti con la dieta
sono chiamati essenziali, l’arginina è essenziale nei bambini ma poi viene prodotta dall’organismo a partire
dalla pubertà.

Gli amminoacidi si legano in catene per reazione di condensazione tra il gruppo amminico di un amminoacido
e il gruppo carbossilico del successivo, formando un legame covalente peptidico. La reazione inversa
permette la demolizione delle catene per reimpiegare gli amminoacidi nella sintesi di nuove proteine, che
hanno un’emivita variabile da 30 minuti ad alcuni giorni.

Gli amminoacidi si legano a formare dipeptidi, poi tripeptidi e infine polipeptidi, cioè lunghe catene che sono
poi ripiegate grazie ad un meccanismo di folding che fornisce le proprietà funzionali alle proteine: i
ripiegamenti consentono di proteggere i gruppi R apolari ed esporre quelli in grado di interagire con l’acqua
o con altri composti rilevanti.

La struttura delle proteine è organizzata in primaria, cioè la sequenza a catena, secondaria alpha-elica, in cui
i gruppi R si trovano affacciati e formano legami deboli, formando una struttura elastica tipica delle proteine
fibrose come la cheratina. Un’altra struttura secondaria è quella beta-foglietto in cui i gruppi R determinano
un ripiegamento su se stessa della catena, conferendo flessibilità, per esempio alle proteine della seta. Il filo
del ragno ha proprietà uniche grazie alla grande quantità di alpha-eliche e beta-foglietti, che normalmente
sono sbilanciate, il bilanciamento consente di avere al contempo elasticità e flessibilità.

La struttura terziaria è un ripiegamento tridimensionale formato grazie a legami ionici o ponti disolfuro
(legami tra cisteine poste a distanza critica con una reazione di ossidoriduzione che consente la formazione
di un legame stabile S-S), essa conferisce proprietà biologiche alle proteine. Le proteine che non lavorano da
sole possono raggiungere una struttura quaternaria che assembla subunità indipendenti come
nell’emoglobina. L’emoglobina è soggetta ad una patologia genetica dovuta ad una mutazione puntiforme
che causa la sostituzione dell’acido valamico con valina in posizione 6 della catena, generando dei precipitati
e la forma a falce del globulo rosso, che determina scarsa flessibilità per il passaggio nei capillari e minore
capacità di legare O2.

GLI ACIDI NUCLEICI

Sono le macromolecole organiche più grosse che contengono tutte le informazioni necessarie per la
duplicazione della cellula e per la costruzione degli elementi funzionali proteici necessari alla vita e al
mantenimento dell’organismo. Sono cariche negativamente e ricche di fosforo.

Sono due tipi, DNA, che si trova nel nucleo della cellula, un organello dedicato a proteggerlo, e contiene tutte
le istruzioni per la vita della cellula e l’assemblaggio delle proteine, è quindi fondamentale che non muti in
modo da evitare errori nelle proteine. Il nucleo delle cellule umane contiene 46 molecole indipendenti di
DNA.

L’RNA è strutturalmente diverso dal DNA e si trova sia nel nucleo che nel citoplasma, è una famiglia di
macromolecole con funzioni diverse e specifiche che svolgono un ruolo chiave nella duplicazione cellulare e
nella formazione di proteine.

Gli acidi nucleici sono costituiti da unità fondamentali chiamate nucleotidi, composti da uno zucchero
pentoso a cui in posizione 1 è legata una base azotata, formando un nucleoside, in posizione 4 si lega poi un
gruppo fosfato, formando il nucleotide.
Le basi azotate sono 5 divise in due famiglie in base alla struttura chimica: le pirimidine, composte da un solo
anello aromatico e sono CITOSINA, TIMINA (presente solo nel DNA) e URACILE (presente solo nell’RNA), le
purine composte da due anelli aromatici che sono GUANINA e ADENOSINA.

Nella cellula i nucleotidi possono legare anche due o tre gruppi fosfati, acquisendo un ruolo chiave nel
metabolismo energetico, il trifosfato chiave è l’ATP, la macromolecola organica attraverso cui la cellula
immagazzina l’energia, che rilascia convertendolo in difosfato (ADP) con una reazione esoergonica che libera
quindi l’energia necessaria a svolgere le principali reazioni metaboliche.

Le combinazioni tra catene di nucleotidi sono finite, ma un numero elevatissimo: la catena si forma per
condensazione tra il gruppo OH di un nucleotide monofosfato sul carbonio 3 e il gruppo OH dell’acido
fosforico sul nucleotide adiacente. Tale legame è covalente e prende il nome di legame fosfodiesterico,
permette la formazione di catene in cui gli zuccheri costituiscono lo scheletro e da un lato espongono le basi
azotate, mentre dal lato opposto i gruppi fosfati, che essendo carichi si rivolgono all’esterno.

La struttura secondaria delle catene è diversa tra RNA e DNA, l’RNA è un unico filamento orientato 5’-3’ che
può essere lineare o ripiegato su se stesso, il DNA è costituito di due filamenti avvolti uno sull’altro a spirale
e con orientamento antiparallelo, uno cioè è orientato 5’-3’, l’altro 3’-5’. Questa struttura consente
un’interazione tra le basi azotate, obbligate alle coppie A-T/U e C-G che formano rispettivamente 2 e 3 legami
ad idrogeno, fornendo stabilità alla struttura grazie alla somma di centinaia o migliaia di legami deboli.
Tuttavia, quando la cellula deve aprire l’elica questo è possibile senza eccessivo dispendio energetico poiché
i legami sono deboli.

Il fatto che le coppie siano obbligate fa sì che sia sufficiente il sequenziamento di un filamento per conoscere
la struttura completa del DNA. La doppia elica è destrorsa, cioè gira verso destra e questo conferisce svariate
proprietà biologiche. Inoltre la distanza tra le basi azotate è fissa a 2 nm, formando due solchi, il maggiore e
il minore che si alternano.

PROPRIETÀ E FUNZIONI DEL DNA

Poiché i filamenti sono complementari tra loro il DNA è in grado di duplicarsi per trasmettere l’informazione
genetica nella duplicazione cellulare: il materiale genetico deve essere infatti identico nella cellula madre e
nelle figlie. Sono stati proposti diversi modelli di duplicazione: conservativo, in cui i due filamenti di nuova
sintesi si accoppiano in una nuova spirale, dispersivo in cui tratti ancestrali e di nuova sintesi si fondono in
modo casuale e semiconservativo, in cui ogni elica è composta di un filamento ancestrale e uno di nuova
sintesi. Quest’ultimo è stato dimostrato essere quello corretto, in grado di formare due doppie eliche
identiche tra loro e all’originale. La scissione dei due filamenti è operata dalla DNA elicasi, la replicazione
grazie a RNA polimerasi: l’elicasi apre l’elica mentre la polimerasi lega ad un solo filamento e produce le
sequenze nucleotidiche associate. Il DNA ha varie funzioni:

- Replicazione per la trasmissione dell’informazione genetica della cellula di partenza


- Contenimento dell’informazione per ottenere la costituzione delle proteine di ciascuna cellula
- Codificare le proteine con una sequenza di nucleotidi in cui ogni tripletta corrisponde ad un
amminoacido, tuttavia si parla di degenerazione del codice perché per molti amminoacidi solo le
prime due basi sono rilevanti, in quanto indipendentemente dalla terza base si codifica lo stesso
amminoacido
- Trascrizione dell’informazione su molecole di RNA chiamato messaggero perché sia tradotto in
proteina

Il dogma fondamentale della biologia infatti è costituito dalla sequenza di DNA -> RNA -> proteine grazie ai
processi di trascrizione e successiva traduzione.
Ogni singola regione di DNA può produrre più proteine, esistono circa 20000 aree di sintesi (chiamate geni e
uguali nella maggior parte degli individui, sono altamente variabili e uniche per ciascun individuo invece le
porzioni tra i geni, che sono impiegate per il fingerprinting genetico). Dai geni si formano circa 100000 diverse
proteine, questo è possibile grazie al fenomeno dello splicing. Ogni segmento di DNA è infatti costituito da
zone codificanti chiamate esoni e zone non codificanti che regolano l’RNA chiamate introni, che devono
essere rimosse dopo la trascrizione e prima della traduzione in proteina. Tuttavia a seconda di quali tratti
vengano rimossi (solo gli introni o anche alcuni esoni compresi tra due introni) si possono codificare proteine
diverse: l’RNA che viene tradotto è quindi più corto del gene ma contiene tutte le informazioni per la sintesi
proteica e da ogni gene gli eucarioti codificano 3 o 4 diverse proteine.

PROPRIETÀ E FUNZIONI DELL’RNA

L’RNA non è in grado di replicarsi, è composto da una singola catena e molto instabile chimicamente, per
questo hanno una vita limitata, in quanto la presenza di basi complementari in sequenza invertita comporta
la formazione di ripiegamenti e zone a doppia elica che comportano eliminazione della catena. Data la sua
instabilità l’RNA è una molecola di transito, che viene degradata esaurito il suo compito.

Le molecole di RNA sono trascritte dal DNA dalla polimerasi in direzione 3’-5’, raggiunta una sequenza di stop
la catena si stacca. L’RNA che trascrive il DNA è mRNA, che una volta maturo (cioè eliminate le zone introniche
designate), può essere tradotto a partire dal codone di inizio AUG, che codifica per la metionina. Il filamento
di DNA 5’-> 3’ non ha alcuna funzione nella trascrizione ed è detto “silente”.

La famiglia di RNA coinvolta nella traduzione è il tRNA, RNA di trasferimento, che è in grado di trasportare gli
amminoacidi grazie alla sua forma a trifoglio e all’alta specificità (ne esistono esattamente 20 tipi). I tRNA
hanno un braccio accettore, in grado di legare un amminoacido per il gruppo carbossilico e un anticodone,
ossia un sito dove si trova la tripletta di acidi nucleici che identifica l’amminoacido per cui l’RNA ha specificità.

La traduzione avviene nei ribosomi, costituiti da rRNA, un RNA strutturale che consente la formazione di
questi organelli adibiti alla traduzione delle proteine. L’rRNA è tradotto a partire dal DNA presente nel
nucleolo ed è in grado di svolgere le sue funzioni grazie ad enzimi proteici.

I ribosomi sono costituiti di due subunità, la minore costituita di un unico tipo di RNA ribosomiale e la
maggiore, costituita di tre unità: E (= exit), si trova a sinistra e permette l’uscita del tRNA scarico
dell’amminoacido; P (= peptide) è occupato dal tRNA che porta la catena polipeptidica in crescita; A (=
amminoacidi) è il sito in cui entra il tRNA carico del suo amminoacido.

I ribosomi hanno una struttura a granuli si possono trovare dispersi nel citoplasma, riuniti in grappoli o
associati alle cisterne del RER. La sintesi delle proteine inizia nei ribosomi citoplasmatici, legati 40
amminoacidi la sintesi è messa in pausa e il peptide è trasferito nelle cisterne del RER dove inizia la
formazione della struttura secondaria delle proteine.

TRADUZIONE

Fase di inizio

L’mRNA lega la subunità minore del ribosoma, permettendo di iniziare la lettura dal codone AUG, che è
circondato da catene dette “con senso” e permettono il legame tra mRNA e rRNA in modo da iniziare
correttamente la sintesi con una Met trasportata da tRNA con anticodone UAC. Dopo la sintesi del primo
amminoacido avviene l’associazione con la subunità maggiore e inizia la fase di allungamento

Fase di allungamento
Un tRNA lega al sito A della subunità maggiore, portando l’amminoacido che lega alla tripletta successiva, a
livello del sito P di crea il legame peptidico tra il gruppo carbossilico della metionina e il gruppo amminico del
nuovo amminoacido. A questo punto il tRNA si sposta nel sito E dove può uscire per andare a legare un nuovo
amminoacido, nel frattempo un nuovo tRNA entra nel sito A. il peptide nascente resta per tutto il processo
nel sito P.

Fase di termine

Quando viene letto un codone di stop (UAA UAG UGA) che non è associato a nessun amminoacido vengono
richiamati i fattori di rilascio che inducono la liberazione del mRNA, del peptide e la dissociazione delle due
unità ribosomiali.

La lettura delle triplette è fondamentale, in particolare che la sequenza sia corretta e non avvenga uno shift,
che causerebbe problemi di frameshifting portando alla produzione di proteine inutili e alla morte cellulare.
Finita la traduzione inizia il processo di folding, anche se una prima fase inizia contemporaneamente alla
sintesi. Gli errori di folding sono controllati in maniera stringente, le proteine ripiegate scorrettamente sono
selettivamente degradate. Questo avviene per esempio nella fibrosi cistica, i cui soggetti affetti sono deficitari
di un canale al cloro a causa di un errore di folding che genera una proteina funzionante all’80%, che viene
tuttavia eliminata causando maggiori problemi. Gli errori nella lettura dei nucleotidi non sono tutti uguali: se
l’errore di lettura avviene sul terzo nucleotide, poiché il codice genetico è ridondante, spesso si codifica per
lo stesso amminoacido e non avvengono sostituzioni e le proteine funzionano correttamente.

EUCARIOTI E PROCARIOTI

Gli organismi viventi possono essere classificati in una gerarchia dal più semplice al più complesso osservando
il loro livello organizzativo. Esistono due principali livelli di organizzazione: molecolare, che comprende gli
organismi incapaci di vita autonoma, come i VIRUS che non sono in grado di riprodursi autonomamente ma
devono sfruttare i sistemi di una cellula ospite per sintetizzare i propri componenti; cellulare, a sua volta
diviso in due livelli, cioè procarioti ed eucarioti. I procarioti sono organismi unicellulari in cui compare una
membrana in grado di separare l’ambiente esterno da quello interno alla cellula, all’interno si trova una
sostanza acquosa, il citoplasma, dove sono disciolti e dispersi molecole e componenti di varia natura. Tipici
procarioti sono i batteri. Gli eucarioti sono organismi unicellulari o pluricellulari che oltre ad una membrana
che separa l’ambiente extracellulare dall’intracellulare prevede una compartimentalizzazione dell’ambiente
interno grazie ad un sistema membranoso intracellulare. I compartimenti avvolti da membrana si chiamano
organelli.

I virus

Sono organismi con organizzazione molecolare, pertanto sono soggetti a parassitismo obbligato, cioè a
sfruttare una cellula ospite per compiere le azioni metaboliche e riproduttive; per riprodursi, infatti, sfruttano
il meccanismo di traduzione e trascrizione della cellula parassitata, mescolando il proprio genoma a quello
cellulare e sfruttando i suoi ribosomi per l’assemblaggio di proteine virali.

Sono i principali organismi con organizzazione molecolare, con dimensioni variabili tra 10-300 nm, visibili
pertanto in microscopia elettronica. Sono estremamente eterogenei per forma e cellula bersaglio, possono
avere genoma a DNA o RNA, protetto solitamente da una struttura proteica chiamata capside. Il virus può
entrare nella cellula o limitarsi ad iniettare il proprio materiale genetico nel citoplasma. I coronavirus hanno
genoma a RNA che muta quindi molto velocemente. Esistono virus in grado di infettare i batteri (batteriofagi)
caratterizzati da un capside e un corpo allungato con alcune sporgenze che usano per iniettare il loro genoma
nel batterio ancorandosi alla sua membrana. I virus sono classificati in base alla cellula parassitata
(procariote, eucariote, vegetale, animale), al tipo di acido nucleico che compone il loro genoma, al tipo di
forma e dimensione. Il genoma virale si colloca in aree casuali del genoma della cellula, questo fa sì che
esistano anche dei virus oncogeni che modificando le sequenze regolatrici del genoma ne causano la
degenerazione in cellule tumorali. In generale, in seguito alla replicazione di particelle virali (genoma e
proteine) i virus si riassemblano e fanno scoppiare la cellula ospite per liberare con facilità le proprie copie.
La loro replicazione così rapida è ciò che causa la facilità di variazione del virus, poiché aumenta la probabilità
di errori di replicazione.

I viroidi

Sono filamenti di RNA non protetti da capside in grado di attaccare le cellule vegetali, non si trasmettono alle
cellule animali.

I prioni

I prioni sono proteine degenerate in grado di replicarsi, che hanno messo in dubbio il dogma della biologia.
Si tratta tuttavia di isomeri conformazionali di una glicoproteina normalmente espressa, che ha una struttura
secondaria con due catene beta-foglietto anziché alpha-elica, che si formano per conversione naturale della
proteina e catalizzano poi la conversione di altre proteine alla forma prionica, causando precipitati che
possono condurre, come nel caso della mucca pazza, a esplosione e morte dei neuroni con un fenotipo di
comportamenti inspiegabili.

Livello di organizzazione cellulare

- Organismi in grado di vita autonoma e di replicarsi


- Vi appartengono tutti gli organismi composti da una o più cellule
- La teoria cellulare è stata postulata nel XIX secolo
- Agli inizi del Novecento è stata introdotta la distinzione tra procariote ed eucariote

Procarioti

Viventi che per la prima volta presentano una struttura limitante e contenitiva che separa un ambiente
intracellulare da uno extracellulare. L’intracellulare contiene tutte le strutture necessarie alla vita disperse
nel citoplasma. Le cellule procariotiche non sono in grado di assemblarsi in strutture complesse, spesso
presentano una struttura protettiva composta da glicoproteine e il loro genoma è delimitato in una specifica
area e viene equamente diviso nelle cellule figlie, generate per divisione.

I procarioti sono fondamentalmente batteri, che infettano cellule ospiti. Esistono tuttavia cellula eucariotiche
deputate al riconoscimento e alla lisi dei batteri, ma talvolta necessitano dell’aiuto di composti di sintesi che
agiscono contro i ribosomi dei procarioti (antibiotici). Per quanto i batteri siano potenzialmente patogeni non
tutti sono dannosi, il microbiota umano è molto complesso e viene studiato per risolvere problematiche che
non presentano cause sistemiche. Esiste una classificazione dei procarioti in archeobatteri, che vivono in
condizioni ambientali estremi (anossia, alte concentrazioni saline, temperature intorno ad 80°, pH acido) ed
eubatteri, che sono invece i più comuni.

Eucarioti

Viventi caratterizzati da un sistema di endomembrane che determinano compartimenti delimitati chiamati


genericamente organelli. La compartimentalizzazione comporta il vantaggio evolutivo che consente lo
svolgersi contemporaneamente di funzioni vitali diverse senza reciproche interferenze, per esempio
replicazioni e sintesi proteica. Questo ha permesso variabilità e specializzazione funzionale di vari tipi
cellulari: sebbene tutte le cellule presentino lo stesso genoma, esso viene regolato diversamente in base alla
funzionalità della cellula, traducendo esclusivamente precise proteine. I tipi cellulari sono molto diversi tra
loro: alcune cellule sono ciliate, altre stellate o allungate. Possono avere diverse forme e dimensioni (più
grandi: cellule uovo, 80-90 um, più piccole gli spermatozoi che sono anche le uniche cellule in grado di
muoversi).

LA MEMBRANA PLASMATICA

È la membrana presente nelle cellule che delimita l’ambiente extra ed intracellulare, è fortemente dinamica
e regolata per consentire la sopravvivenza della cellula, è costituita di lipidi, proteine e glucidi in diverse
proporzioni. Oltre che una funzione di barriera, agisce anche da superficie di lavoro cellulare, per separare
composti particolarmente reattivi e permettere lo svolgimento di attività contemporanee.

Le membrane sono costituite per il 40-60% di lipidi, tra cui fosfolipidi anfipatici, che formano strutture chiuse
in ambiente acquoso o doppi strati che richiudono compartimenti stagni, esponendo sulle due superfici le
teste polari e in mezzo le code apolari. Gli sfingolipidi sono derivati della sfingosina, un aminoalcol a lunga
catena insatura, con una parte polare che può essere molto diversa legata poi ad acidi grassi. Il colesterolo è
una molecola anfipatica che si inserisce nella membrana per regolarne la fluidità. Essa presenta 4 anelli
idrofobici e un gruppo OH che ne costituisce la testa polare, la concentrazione di colesterolo aumenta la
rigidità della membrana.

Circa il 50% della massa della membrana è costituita di proteine, che svolgono diverse funzioni, sia strutturali
che funzionali. Le proteine possono essere transmembrana, o integrali, che attraversano cioè la membrana
con una porzione apolare idrofobica in grado di interagire con le code dei fosfolipidi e delle porzioni polari
idrofiliche che interagiscono con l’acqua e altri composti polari. Spesso presentano più domini che
attraversano la membrana più volte, in tal caso sono dette multipasso. Possono essere ancorate ad un lipide
e formare lipoproteine, oppure essere periferiche, cioè appoggiare alla membrana, le proteine periferiche
spesso hanno grandi capacità di interagire con l’acqua.

L’organizzazione della membrana non è nota in modo preciso, ma è un modello, che si è evoluto nel tempo.
Negli anni Cinquanta si ipotizzava un modello a sandwich in cui le proteine erano disposte sopra alle teste
polari, il modello fu smentito quando in microscopia elettronica fu fissato lo spessore della membrana a 10
nm, cioè troppo sottile per il modello a sandwich. Nel 1972 fu dimostrato che le proteine rivolte sul lato
interno ed esterno della membrana erano diverse fra loro e che inoltre le proteine erano in grado di muoversi
sulla superficie della cellula, fatto che sarebbe stato impossibile secondo il modello a sandwich. La
dimostrazione fu possibile grazie ad un esperimento in cui vennero fuse due cellule, una umana e una di
topo, le cui proteine erano state marcate in fluorescenza. Osservando la cellula fusa si è osservato come le
proteine si disponessero e si spostassero, portando alla definizione del modello attualmente accettato, cioè
quello a mosaico fluido. Secondo questo modello le proteine come tessere di un mosaico sono incastonate
nel doppio strato fosfolipidico e sono in grado di muoversi galleggiando come iceberg sui lipidi disposti in
modo fluido. Le membrane sono infatti discontinue, fluide e asimmetriche. L’asimmetria si verifica
particolarmente perché esiste una faccia E, rivolta all’esterno, con una superficie liscia, cioè ricca di lipidi e
povera di proteine, mentre la faccia P, rivolta verso il citoplasma, contiene la maggior parte delle proteine,
sintetizzate nei ribosomi liberi. Le proteine presenti sulla faccia E sono invece sintetizzate prima nei ribosomi
liberi e poi, raggiunta una lunghezza fissa, spostate nel RER dove la sintesi viene completata. Esse passano
poi all’organello del Golgi e tramite vescicole sono condotte sulla faccia E della membrana.

Le proteine sulla membrana svolgono compiti sia strutturali che funzionali, come:

- Ancoraggio, consentono cioè alle cellule di legarsi fra loro o alla matrice extracellulare;
- Trasporto, formano cioè canali per il trasporto passivo o pompe per il trasporto attivo di ioni o
molecole dall’ambiente extracellulare all’intracellulare e viceversa
- Attività enzimatica, mediano cioè le reazioni per farle avvenire più velocemente o con maggior
efficienza
- Traduzione del segnale, consentono la risposta della cellula a segnali fisici o chimici, a condizioni di
stress, per esempio meccanico, attivando a cascata altre proteine in modo che il segnale arrivi al
nucleo e possa attivare i geni interessati. Le proteine di traduzione traducono un segnale
extracellulare con una risposta intracellulare
- Riconoscimento cellulare, consentono cioè la reazione antigene-anticorpo per attivare la cascata
immunitaria.

Nella membrana c’è una piccola frazione di glucidi, circa l’1%, ma in determinati tipi cellulari esiste una
struttura chiamata glicocalice che porta la frazione di glucidi circa al 10%. Si tratta di uno spesso rivestimento
intorno alla membrana plasmatica, tipico delle cellule ematiche e dell’epitelio intestinale che ha una funzione
di barriera, per ostacolare i patogeni e, nelle cellule ematiche, per impedire il legame tra cellule del torrente
sanguigno e membrane dei vasi.

La membrana plasmatica è selettivamente permeabile a poche e piccole molecole, tutte le altre necessitano
di intermediari per la comunicazione bidirezionale da e per l’ambiente extracellulare. Il trasporto può
avvenire per diffusione passiva o per trasporto attivo. La diffusione passiva avviene per gradiente di
concentrazione e senza dispendio di energia metabolica, è mediata da canali o strutture più complesse che
consentono il passaggio di ioni o amminoacidi carichi. Il trasporto attivo può avvenire invece con varie
modalità, per esempio con diffusione facilitata, che può avvenire per uniporto, in cui passa cioè una sola
tipologia di molecole, o co-trasporto in cui due diversi tipi di molecole sono trasportate insieme nella stessa
direzione (simporto) o in direzioni opposte (antiporto). Particolari proteine di trasporto sono le acquaporine,
canali sempre aperti che consentono il passaggio di acqua tramite la barriera. Il trasporto attivo è
termicamente sfavorito, necessita quindi la scissione di ATP in ADP per avvenire, in quanto è una forma di
trasporto contro-gradiente, che interessa molte molecole, come per esempio il glucosio.

Gli ioni sono trasportati tramite canali sensibili al potenziale elettrico: la membrana si trova normalmente a
70 mV e questo potenziale consente di regolare correttamente l’apertura dei canali ionici nei vari momenti
di vita della cellula. Il potenziale si forma perché la membrana è carica negativamente all’interno rispetto
all’esterno.

Alcune proteine hanno poi funzione di giunzione cellulare, cioè di mettere in comunicazione le cellule tra
loro e con l’ambiente esterno. Queste proteine sono divise in famiglie, tra cui le selectine, che fanno da ponte
tra due cellule ancorandosi a glicoproteine; immunoglobuline in grado di legarsi tra loro o con altre proteine,
come le integrine ; caderine in grado di legarsi in modo omotipico con caderine di altre cellule. Le giunzioni
che si formano possono essere comunicanti, aderenti e serrate. Le giunzioni serrate impediscono il passaggio
di sostanze tra le cellule, limitando lo spazio fisico tra di esse. Si trovano per esempio nell’epitelio intestinale,
in modo che le sostanze assorbite passino attraverso la cellula per essere modificare correttamente, oppure
nella barriera emato-encefalica per evitare che i neuroni siano esposti a sostanze tossiche portare in circolo.
I vasi sono coperti di astrociti legati con giunzioni serrate, in modo che gli astrociti filtrino le sostanze che
passano al cervello.

Le giunzioni aderenti sono più lasse delle serrate e formano i desmosomi, delle strutture a ponte che
consentono il passaggio di sostanze tra le cellule (canali pervi), sono spesso mediate da caderine.

Le giunzioni comunicanti consentono il passaggio di piccole molecole da citoplasma a citoplasma


garantendo il passaggio diretto di comunicazioni chimiche ed elettriche, come per es. nei cardiomiociti.
Sono composte da connessine che formano canali che possono aprirsi e chiudersi.
GLI ORGANELLI CELLULARI EUCARIOTI

Negli organismi eucarioti un sistema di endomembrane confina le differenti attività della cellula in modo che
non ci sia interferenza, mediando al contempo il trasporto di metaboliti. I compartimenti delimitati si
chiamano organelli e nella cellula animale sono 6: il nucleo, avvolto da una doppia membrana così come i
mitocondri, il reticolo endoplasmatico, l’apparato del Golgi, i lisosomi e i perissosomi avvolti da singola
membrana. Nelle cellule vegetali si trovano anche cloroplasti e vacuoli.

Reticolo endoplasmatico e apparato del Golgi

Sono due organelli legati a livello di funzione: l’apparato del Golgi elabora i prodotti del reticolo
endoplasmatico, i due organelli sono in comunicazione tramite vescicole.

Il reticolo endoplasmatico è una rete 3D di cisterne e tubuli che determinano un compartimento


intraluminale. Esso è classificato in liscio, che presenta strutture tubulari e si trova più lontano dal nucleo,
rugoso, che presenta strutture a cisterna e ribosomi legati sulla sua superficie (è infatti il sito di sintesi delle
proteine dopo i 40 amminoacidi e del loro folding, al suo interno si trovano enzimi in grado di degradare le
proteine non processate correttamente grazie ai proteasomi) e RE nucleare, che è una prosecuzione del
rugoso ma si trova in prossimità della membrana nucleare. Il reticolo endoplasmatico liscio invece è il luogo
di sintesi dei lipidi (in particolare fosfolipidi) e degli zuccheri; inoltre, ha il suolo di immagazzinare gli ioni
calcio, che sono coinvolti in moltissimi processi, come la regolazione della contrazione muscolare, l’apoptosi
cellulare e il blocco della polispermia.

L’estensione del RE varia in base alla funzionalità della cellula: aumenta le proprie dimensioni nelle cellule ad
alta attività biosintetica come le cellule epatiche o pancreatiche.

L’apparato di Golgi è interposto tra il RER e la membrana plasmatica, esso riceve le proteine di nuova sintesi
tramite un sistema di vescicole e ne completa la maturazione. Esso è costituito dal dittiosoma, una serie di
cisterne che presentano tre superfici: la faccia CIS, rivolta verso il RER e su cui arrivano le vescicole, le cisterne
mediane e la faccia trans, rivolta verso la membrana plasmatica, questo ordine preciso lo rende un organello
polarizzato. Le cisterne delimitano una parte interna del lume, che contiene enzimi diversi il cui scopo è
compiere la glicosilazione, cioè legare glucidi alla catena proteica: sulla faccia cis la mannosidasi lega
mannosio, sulla faccia trans la galattosiltrasferasi lega galattosio. La glicosilazione serve alla maturazione
proteica delle glicoproteine o come tagging che consente alla cellula di determinare dove la proteina deve
essere inviata. Questo meccanismo è stato scoperto studiando gli enzimi idrolasi acida, in grado di degradare
le proteine, che devono essere inviati senza errori ai lisosomi. Esse presentano lo zucchero mannosio-6-
fosfato che indirizza le vescicole ai lisosomi. Alcune proteine vengono inviate al di fuori della cellula con un
processo chiamato esocitosi. Le vescicole sono infatti tratti di membrana plasmatica ripiegati e chiusi, che
sono però in grado di fondersi con la membrana e riversare il loro contenuto, chiamato secreto, nell’ambiente
extracellulare. L’esocitosi può avvenire appena la vescicola esce dal Golgi (secrezione costitutiva) o in seguito
a specifici stimoli che causano la secrezione dei contenuti di vescicole accumulate nel citoplasma (secrezione
regolata). Nelle cellule è presente un intenso traffico vescicolare per l’interconnessione tra gli organelli, che
scambiano prodotti, molecole e altre sostanze, le vescicole vuote ritornano indietro per ripristinare la
membrana dell’organello di origine.

I lisosomi

Sono organelli sparsi nel citoplasma, di forma piccola e sferica che possono essere osservati solo tramite
specifici marcatori. Sono avvolti da una singola membrana e sono la sede della digestione cellulare: tutte le
macromolecole biologiche, tranne il DNA, vanno incontro a turnover in seguito all’invecchiamento, la loro
demolizione in monomeri tramite scissione operata dalla famiglia enzimatica delle idrolasi acide avviene nel
lisosoma. I monomeri sono poi riutilizzati per la sintesi di nuove macromolecole, con un notevole risparmio
energetico rispetto alla nuova sintesi. Le idrolasi acide sono specifiche per precise macromolecole, lipasi,
proteasi, nucleasi, fosfolipasi, fosfatasi,… ma tutte compiono un’idrolisi e lavorano a pH 5, un pH più basso di
quello del citoplasma. Si tratta di un meccanismo di protezione cellulare in caso di rottura del lisosoma, per
limitare la funzionalità degli enzimi che si riversano nel citoplasma in modo che possano essere inattivati
prima di compromettere eccessivamente la funzionalità cellulare. Il mantenimento del pH a 5 è consentito
dalla presenza di una pompa protonica sulla membrana dei lisosomi, un canale a trasporto attiva che pompa
H+ contro gradiente dal citoplasma all’interno del lisosoma con dispendio energetico. Un altro vantaggio del
pH basso è che favorisce la denaturazione delle proteine, portandole alla struttura primaria.

I lisosomi sono coinvolti anche nel processo di fagocitosi, cioè nella degradazione di patogeni, come i batteri:
un alto numeri di lisosomi può indicare che si tratta di globuli bianchi o di cellule coinvolte in altri processi
degradativi, come la regolazione ossea.

I mitocondri

I mitocondri sono organelli avvolti da una doppia membrana, di dimensioni piuttosto grandi (diametro da 0.2
a 1 um e lunghezza da 2 a 8 um) e con una forma a fagiolo quando le cellule sono mature. Essi costituiscono
la centrale energetica della cellula, poiché in grado di sintetizzare il trifosfato ATP che immagazzina energia:
l’idrolisi di un suo legame genera una reazione esoergonica che libera 7.3 kcal/mole. I mitocondri catturano
l’ADP e il gruppo fosfato scissi e risintetizzano l’ATP, che rilasciano poi nel citoplasma. Sono quindi più
numerosi nelle cellule ad alta attività metabolica che consumano più energia, come cellule epatiche, neuroni
e cellule muscolari. Sono dispersi nel citoplasma e solitamente distribuiti in modo uniforme, anche se
possono concentrarsi in aree in cui è richiesta più energia. Il mitocondrio a differenza di altri organelli può
modificare la propria forma e duplicarsi: contiene infatti al suo interno un piccolo genoma circolare composto
da circa 4000 nucleotidi per anello, e da 5 a 10 anelli identici che contengono geni intermezzati da introni. La
ragione della presenza del DNA mitocondriale secondo una teoria è l’origine batterica del mitocondrio: in
una fase pre-eucariote esso poteva essere un batterio che aveva stabilito un legame simbiotico con una
cellula. Il batterio produceva ATP per la cellula, che provvedeva all’accrescimento del batterio fornendogli
proteine che esso non poteva produrre in autonomia. Il DNA mitocondriale contiene i geni per la sintesi dei
complessi proteici di sintesi dell’ATP. Il DNA mitocondriale è ereditato esclusivamente per via materna poiché
i mitocondri dello spermatozoo sono degradati selettivamente al suo ingresso nella cellula uovo. Questo fa
sì che il DNA mitocondriale sia utile per lo studio della filogenesi umana; tuttavia, esso muta molto
rapidamente ed è facilmente variabile.

Il mitocondrio presenta una prima membrana all’interno della quale ne è collocata una molto più grande,
che si ripiega quindi a formare delle creste, tra le due si trova lo spazio intermembrana, mentre all’interno
della membrana interna si ha la matrice mitocondriale. La membrana esterna è piccola e liscia e presenta
una composizione circa 50-50 tra lipidi e proteine, la membrana interna invece è composta ll’80% di proteine
poiché sulle creste contiene i complessi per la sintesi di ATP, ciò spiega anche la sua estensione: maggiore è
la superficie più sono i complessi proteici in grado di sintetizzare l’ATP.

L’ATP è necessario per tutti i processi metabolici della cellula, per la motilità, la contrazione e il
funzionamento dei trasportatori. Viene sintetizzato in condizioni di respirazione aerobica a partire
dall’energia chimica presente nel cibo. Il processo richiede ossigeno e converte ossigeno e carbonio estratti
principalmente dai glucidi in anidride carbonica e acqua. Come prodotti intermedi si formano anche
complessi reattivi dell’ossigeno, i radicali liberi, che possono essere dannosi. La fonte prediletta è il glucosio,
internalizzato nella cellula dai trasportatori GLUT, che genera come prodotti di scarto acqua e CO2, la seconda
scelta sono invece i lipidi, che generano i chetoni, prodotti tossici per l’organismo. La terza scelta sono le
proteine, mentre gli acidi nucleici non sono demoliti per la sintesi di ATP. I livelli ematici di glucosio variano
durante la giornata e sono regolati da insulina e glucagone, che regolano la prima fase della respirazione
aerobica cioè la glicolisi, un insieme di reazioni consecutive che avvengono nel citoplasma e portano alla
formazione di due molecole di piruvato, producendo ATP e cofattori ridotti NADH, in grado successivamente
di cedere 2e- per ritornare NAD+. Il piruvato è poi condotto nel mitocondrio, all’interno della matrice
mitocondriale, dove è trasformato in acetilcoenzima A liberando 2 NADH. Il CoA entra poi nel ciclo di Krebs,
reagendo con l’ossalacetato a formare citrato, nel corso del ciclo che porta alla nuova formazione di
ossalacetato si liberano 6 NADH, 2 FADH2 (un altro coenzima ridotto in grado di ossidarsi in FAD liberando
2e-) e 2 ATP. Gli elettroni presenti sui coenzimi ridotti vengono slegati e trasportati in una catena di trasporto
attraverso 4 complessi multiproteici presenti sulla membrana interna del mitocondrio. I complessi 1,2,3,4
sono pompe la cui energia di attivazione è data dal passaggio di e- al complesso successivo, permettendo
loro di pompare H+ contro gradiente verso lo spazio intermembrana. I protoni vengono poi riportati nella
matrice mitocondriale attraverso il complesso dell’ATP-sintasi, un enzima fondamentale che sfrutta gli ioni
H+ per indurre un cambiamento conformazionale che gli consente di catalizzare la reazione di sintesi dell’ATP
da ADP e gruppi fosfati liberi. Nella respirazione aerobica per ogni molecola di glucosio si formano 32 ATP.

In assenza di glucosio si utilizza glicerolo, convertito in glicerolo-3-fosfato o acidi grassi convertiti in CoA
liberando acetone e CO2, l’impiego di proteine, a seconda degli amminoacidi coinvolti, può produrre
piruvato, CoA, o intermedi del ciclo di Krebs. Tuttavia, l’impiego di proteine può causare scarsità di proteine
fondamentali, a partire da quelle muscolari, e prodotto di scarto NH3, l’ammoniaca, tossica in alte
concentrazioni per la cellula eucariote.

Il nucleo

È un organello con doppia membrana e il più facilmente visibile in microscopia, con un diametro medio di 5
um, il suo scopo è contenere tutte le informazioni genetiche necessarie per la vita della cellula. È composto
di una citomembrana esterna in continuità con il RER e una interna che può presentare ripiegamenti. Tali
membrane sono fortemente selettive e presentano complessi estremamente complicati: i pori nucleari che
agiscono da barriera. Essi hanno una struttura a canestro e formano aperture di 70-80 nm con una frequenza
variabile a seconda della necessità di collegamento. I pori funzionano per diffusione su molecole piccole,
mentre richiedono trasporto attivo per le molecole di dimensioni maggiori.

Il nucleo ha un supporto di citoscheletro proteico noto come lamina fibrosa, composto da proteine
assemblate chiamate laminine, con un ruolo importantissimo nella regolazione dell’espressione genica, la
loro degenerazione è associata a malattie molto gravi come la progeria, causata da mutazione puntiforme
del genere codificante per le laminine. Dal nucleo passano tutti i tipi di RNA e i ribosomi, dal citoplasma
entrano inoltre gli enzimi deputati alla duplicazione del DNA e alla trascrizione del codice genetico in modo
fortemente regolato.

Un sottocompartimento interno al nucleo è il nucleolo, dove si assemblano le proteine prodotte nel


citoplasma dall’RNA ribosomiale, che a sua volta è prodotto nel nucleolo. I ribosomi sono poi liberati nel
citoplasma.

Al di fuori del nucleolo si trova il nucleoplasma, dove sono dispersi i filamenti di cromatina, degli
assemblamenti di DNA avvolti strettamente su proteine chiamate istoni. Su ogni istone si avvolgono 147 paia
di basi, sono proteine cariche positivamente ma non specifiche per sequenze di basi precise, anche se i tripli
legami G-C consentono maggior curvatura. Gli istoni si associano in ottameri chiamati nucleosomi, formando
una struttura secondaria. La struttura terziaria dei nucleosomi prende il nome di cromatina, un filamento
formato da una sequenza di nucleosomi a cui sono associate anche proteine non istoniche. In tutte le cellule
si trovano porzioni di DNA non associate a componenti istoniche.

La cromatina è divisa in eterocromatina, che è inattiva, avvolta molto strettamente e non può essere
dispiegata per la trascrizione, viene quindi accumulata in prossimità della membrana nucleare, e
eucromatina, con avvolgimenti più lassi, che si trova al centro del nucleo e contiene i geni necessari per la
specializzazione del tipo cellulare, tuttavia essa può variare durante la vita cellulare (nell’embrione si trova
esclusivamente eucromatina, l’eterocromatina si forma con il differenziamento e la specializzazione delle
cellule). L’eterocromatina è classificata in facoltativa, tipica di regioni del genoma inattivate nei vari tessuti
in precisi momenti della vita cellulare, impiegata per esempio per silenziare un cromosoma X nei soggetti
femminili, e costitutiva che non può mai essere convertita in eucromatina e costituisce particolari aree come
telomeri e centromeri dei cromosomi.

I cromosomi sono corpi discreti costituiti delle 46 molecole lineari e indipendenti di DNA presenti in tutte le
cellule somatiche umane. Essi sono osservabili separatamente solo nella metafase del ciclo cellulare. Sono
chiamati cromosomi perché per visualizzarli e abbinarli in 23 coppie, uguali per lunghezza e bandeggiatura,
venivano opportunamente colorati; la bandeggiatura è l’alternanza di zone più scure e più chiare che veniva
osservata su questi corpi. Esiste un'unica coppia di cromosomi non per forza uguali, cioè quelli sessuali,
poiché i soggetti maschi presentano un cromosoma X e un cromosoma Y, molto più piccolo dell’X da cui si
pensa si sia sviluppato perdendo materiale genetico e che contiene due geni fondamentali per lo sviluppo
delle gonadi maschili. I cromosomi possono mutare interamente, variando in numero, la vita è compatibile
soltanto con la trisomia 13, 18 (che può comunque condurre a morte del feto in utero, mettendo in pericolo
la madre) e trisomia 21, mentre possono avvenire mutazioni diverse dei cromosomi sessuali. Un cariotipo
con 46 cromosomi è detto euploide, mentre variazioni numeriche sono dette aneuploidie.

I cromosomi presentano una strozzatura, chiamata centromero, dove si trovano molte proteine
fondamentali per la duplicazione cellulare. Le estremità dei cromosomi si chiamano telomeri e sono costituite
da sequenze ripetute TTA-GGG duplicate da un enzima apposito, la telomerasi.

IL CITOSHELETRO

Non è un organello ma l’impalcatura che dà la forma e mantiene in sede o consente lo spostamento degli
organelli nella cellula eucariote. È composto da una fitta rete di fibre proteiche che forniscono supporto
meccanico e consentono il trasporto di materiale all’interno della cellula e la corretta divisione cellulare. Le
strutture fibrose che lo compongono sono coinvolte nelle giunzioni cellulari per mettere in comunicazione i
citoscheletri e fornire risposta meccanica allo stress e la comunicazione tra cellule adiacenti.

Le fibre sono classificate in microfilamenti, di diametro circa 7 nm, composti di proteina globulare actina.
Essa compone il 15-20% delle proteine cellulari ed è prodotta in forma monomerica, forma a cui rimane a
bassa concentrazione ionica. Tuttavia, ad alta concentrazione di Mg e K viene attivata e inizia una
nucleazione, formando dimeri e trimeri, che poi originano una fase di allungamento assemblandosi tra loro
e polimerizzano in F-Actina. I microfilamenti si annodano gli uni sugli altri nella fase di annealing. Tutto il
processo è reso possibile dalle proteine ancillari o actine binding protein, la cui carenza a causa di mutazioni
può causare morte dell’embrione. L’actina ha un ruolo nei movimenti cellulari, come stiramento e
contrazione delle cellule muscolari, possibile grazie ai movimenti refrattivi che prevedono l’interazione tra
actina e miosina, mediata da ATP in presenza di stimolo contrattile mediato da ioni calcio, che attiva il sito
ATPasico della miosina che causa la scissione in ADP+Pi, determinando una modifica conformazionale della
miosina che ruota la testa di 90° ed espone i siti di legame per l’actina. Quando l’actina si lega ADP e gruppo
fosfato sono liberati e la testa di miosina torna nella conformazione originale legando ATP, facendo scorrere
il filamento di actina legato e determinando contrazione muscolare. Poiché tutto è mediato da ioni calcio le
cellule muscolari hanno un enorme REL. Il legame dello ione calcio è mediato dalla troponina, una proteina
filamentosa con tre subunità, di cui la C presenta un sito di legame per il calcio. Nelle cellule che subiscono
stretch non muscolare la proteina che media i legami con il calcio è la calmodulina.

La seconda famiglia di fibre del citoscheletro è quella dei filamenti intermedi di diametro 8-12 nm, che non
sono presenti in tutte le cellule e hanno composizione variabile secondo la tipologia cellulare: sono filamenti
intermedi le cheratine, le laminine a, b, c ecc. Sono altamente specifici e per questo sono usati come
marcatori del tipo cellulare e di anomalie cellulari. Essi si assemblano in dimeri e associazioni molto grandi
note come protofibrille.

La terza famiglia sono i microtubuli, cilindri cavi di diametro esterno 25 nm e interno di 15 nm, sono presenti
in tutte le cellule e sono formati da polimerizzazione di alpha e beta tubuline che si associano in dimeri e poi
in cilindri cavi con un meccanismo ancora non noto (anelli che si allungano o fogli che si avvolgono?) i
microtubuli sono polarizzati. Esiste un terzo tipo di tubulina, nota come gamma-tubulina che si associa in
strutture note come centrioli, cioè punti da cui parte la formazione di microtubuli per l’impiego come binari
per il trasporto di vescicole, la formazione di binari richiede l’associazione ad altre proteine come dineina e
chinesina e a proteine ancillari, le più studiare sono le MAP ad alto e basso peso molecolare, che permettono
la polimerizzazione di alpha e beta tubulina. Microtubuli altamente specializzati trasportano i
neurotrasmettitori dall’assone del neurone fino alle sinapsi.

IL CICLO CELLULARE

Il ciclo cellulare è il periodo di tempo che intercorre dalla genesi della cellula per divisione e il momento in
cui essa a sua volta si divide; tuttavia, non tutte le cellule sono in grado di dividersi, soprattutto le più
specializzate. Il ciclo cellulare consente la sostituzione delle cellule morte per invecchiamento, mantenendo
il numero costante, e l’accrescimento dell’individuo. Tutte le cellule derivano dallo zigote e ogni divisione
genera cellula identiche tra loro e alla cellula madre, che presentano lo stesso corredo genetico, duplicato
per duplicazione semiconservativa. Il ciclo cellulare è costituito di tre fasi iniziali (gap 1, sintesi, gap 2) che
costituiscono l’interfase, e la fase di divisione vera e propria (fase m). Se nelle prime tre fasi si riscontra
qualche anomalia il ciclo si blocca e l’anomalia viene riparata, se questo non è possibile la cellula va incontro
a morte programmata (apoptosi). Il mancato controllo del ciclo cellulare causa anomalie che sfociano in
tumori. La durata del ciclo cellulare è molto variabile, nella specie umana si parla di circa 35 ore contro le 20
dei topi e le 10 dei criceti. Le cellule embrionali impiegano invece circa 8 ore perché non c’è controllo del
ciclo cellulare e non si entra mai in fase G0, cioè quella fase di riposo quiescente che caratterizza la maggior
parte della vita della cellula prima della replicazione. La replicazione avviene invece in 4 fasi:

- Fase G1, in questa fase avviene la crescita della cellula, aumenta il metabolismo per produrre più
ATP, aumenta il numero di proteine e di enzimi necessari per la duplicazione del DNA, aumenta il
numero dei trascritti di RNA e delle proteine non istoniche. In questa fase i ribosomi sono molto
attivi, si ha grande trascrizione di RNA e maturazione dell’mRNA con splicing, oltre alla sintesi di
nuovo RNA ribosomiale. Al termine di questa fase si ha un checkpoint cellulare
- Fase S, in questa fase avviene la duplicazione del DNA, in seguito all’apertura dell’elica grazie alla
DNA elicasi e inizio della trascrizione grazie a DNA polimerasi, e degli istoni, per il meccanismo
semiconservativo la quantità di DNA presente nella cellula si duplica. La DNA polimerasi è una
famiglia di enzimi, l’uomo ne possiede 6 tipi, di cui uno deputato a duplicare esclusivamente i
telomeri. La fase S finisce con la riorganizzazione del DNA: dopo la duplicazione ogni filamento ha
una copia identica legata a sé tramite legami proteici a livello del centromero, i cromosomi assumono
quindi la caratteristica forma a X e sono formati da due cromatidi fratelli. Durante la fase S viene
duplicato anche il centrosoma, l’area che circonda la zona della membrana plasmatica dove si
trovano i centrioli, cioè complessi a struttura cilindrica formati da tubulina gamma che consentono
la corretta organizzazione dei microtubuli durante la fase di separazione (meiosi): al termine della
fase S sono quindi presenti 4 centrioli che iniziano ad allontanarsi tra loro.
- Fase G2, in questa fase viene operato un controllo, aumenta ancora la sintesi proteica, si duplicano i
mitocondri e si accrescono gli altri organelli per poterli dividere equamente nelle cellule figlie. In
questa fase inoltre si allungano i microtubuli, formando il cinetocore, e aumentano le proteine
deputate a tenere legati i cromatidi fratelli; aumentano anche le proteine del citoscheletro. Al
termine di questa fase si ha un checkpoint cellulare.
- Fase M, fase di effettiva divisione cellulare, al termine della quale sono presenti due cellule separate
con la stessa quantità di DNA ed istoni della cellula di partenza. È a sua volta organizzata in tappe
successive. Al termine dell’interfase si possono osservare nelle cellule somatiche le 22 coppie di
cromosomi omologhi composti da due cromatidi fratelli ancora in forma di DNA aggrovigliato e
ciascuno presenta 4 centrioli. Un’immagine più chiara dei cromosomi si ha a partire dalla profase in
cui i cromosomi iniziano a compattarsi spiralizzando in filamenti corti e spessi. In profase tardiva e
prometafase i centrioli migrano a due poli opposti, a sinistra e a destra della cellula, l’involucro
nucleare si disgrega e i cromosomi si disperdono in tutta la cellula. Inizia anche ad assemblarsi il fuso
mitotico, cioè il sistema di microtubuli cresciuti a partire dai centrioli che con un meccanismo di
ricerca e cattura legano i cromosomi nel centromero e li spostano ordinatamente sull’asse mediano
della cellula. La fase di allineamento al centro della cellula è chiamata metafase. È possibile bloccare
le cellule in questa fase per studiarne il cariotipo, per questi nell’immaginario collettivo i cromosomi
sono a forma di X. Durante la metafase avviene anche il controllo che tutto sia avvenuto
correttamente, quando tutti i cromosomi sono allineati sul piano equatoriale della cellula inizia
quindi l’anafase. Durante l’anafase avviene la segregazione del DNA, cioè la separazione dei
cromatidi fratelli, che avviene in seguito alla depolimerizzazione e conseguente accorciamento dei
microtubuli, che tirano quindi i cromatidi dai lati opposti della cellula e la tensione attiva gli enzimi
di anticonnessina che separa il legame peptidico a livello del centromero tra i cromatidi fratelli.
Quando tutti i cromosomi hanno raggiunto i poli opposti l’anafase termina e inizia la telofase e la
citocinesi. Nell’area centrale della cellula si crea una strozzatura ad anello, il citoplasma si separa e
la cellula si divide. Le due cellule figlie formate ripristinano quindi la propria membrana nucleare a
partire dal reticolo endoplasmatico. A questo punto il DNA riprende la sua forma aggrovigliata in
etero ed eucromatina.

Le cellule somatiche effettuano la mitosi nel loro ciclo cellulare, mentre le cellule germinali effettuano la
meiosi, che presenta analogie e differenze con la mitosi, in particolare nella meiosi vengono effettuate
due divisioni successive senza passaggio per l’interfase; dunque, il DNA è duplicato solo una volta
generando 4 cellule figlie con un corredo aploide di cromosomi, che contengono un’informazione
genetica diversa dalla cellula madre.

Le cellule germinali sono oogoni nella femmina e spermogoni del maschio. Le due fasi successive di
divisione sono chiamate meiosi I e meiosi II e ciascuna è divisa in 5 fasi. Nella profase I i cromosomi
omologhi, composti di cromatidi fratelli, si avvicinano formando delle strutture a tetrade tramite il
complesso sinaptinemale, permettendo il crossing over, ossia lo scambio di materiale genetico tra i
cromosomi omologhi che generano quindi cromatidi ricombinanti, ragione per cui ogni individuo è
differente dai genitori e dai fratelli; se questo non avviene e i cromatidi rimangono uguali a quelli di
partenza di parla di cromatidi non ricombinanti. Le regioni ricombinanti possono essere molte ed
esprimere caratteri diversi. La ricombinazione può avvenire su tutti i cromosomi somatici, ma non in
quelli sessuali. Nella metafase I le tetradi si allungano sulla piastra mediana, i microtubuli legano al
cinetocore e separano i cromosomi ai poli opposti; tuttavia, i cromosomi separati non sono uguali tra
loro né alla cellula madre, avviene poi la separazione cellulare e la citocinesi e si riforma la membrana
nucleare.

Inizia quindi la meiosi II che è analoga alla mitosi: i cromosomi composti da cromatidi fratelli si allineano
sulla piastra mediana e sono separati dai microtubuli, portati ai poli opposti, le cellule si separano e si
riforma la membrana nucleare, si ottengono così 4 cellule aploidi. La meiosi è composta da due fasi, la
prima è detta riduzionale perché ogni cellula contiene un solo cromosoma e non due omologhi, la
seconda detta equazionale perché si ha un equilibrio nella separazione. Le cellule germinali devono
essere aploidi perché fondendosi possano formare uno zigote diploide da cui si generi divisione di cellule
diploidi.

I TESSUTI

L’unione di cellule che presentano caratteristiche morfofunzionali simili e lavorano in modo sinergico per
svolgere una precisa funzione prende il nome di tessuto. I tessuti animali sono classificati in 4
macrocategorie sulla base delle funzioni delle cellule che li compongono e dalla loro derivazione
embrionale da uno dei tre foglietti: mesoderma, endoderma o ectoderma.

- Tessuti epiteliali, coprono le superfici dell’organismo con cellule vicinissime tra loro che formano
stratificazioni singole o multiple con funzione di barriera;
- Tessuti connettivi, mettono in comunicazione diverse aree dell’organismo e svolgono funzioni di
sostegno, nutrizione e protezione (es. tessuto osseo, sangue, tessuto cartilagineo);
- Tessuti muscolari, classificati in cardiaco, scheletrico e liscio, hanno come elemento base la fibra
muscolare, che presenta una precisa morfologia a seconda della famiglia. Per esempio, è allungata
per le cellule scheletriche, le cellule lisce sono fibrose e spesse al centro, mentre strette alle
estremità, quelle cardiache sono molto piccole e con grandi giunti di comunicazione;
- Tessuto nervoso, permette la raccolta di informazioni interne ed esterne dell’organismo per
interagire con l’ambiente grazie ad impulsi nervosi che attivano risposte a livello cellulare; è il tessuto
più specializzato dell’organismo.

Il tessuto osseo

Come tutti i tessuti connettivi è caratterizzato da una componente cellulare viva e una intercellulare formata
da fibre e da una componente amorfa organica o inorganica, di solito in percentuale maggiore rispetto alla
cellulare. Si tratta di un tessuto connettivo di sostegno caratterizzato da una matrice extracellulare
fortemente mineralizzata che gli conferisce le proprietà di durezza, resistenza, leggerezza necessarie per
resistere agli urti proteggendo gli organi vitali garantendo al contempo la mobilità.

Nonostante la scarsa componente cellulare, il tessuto osseo è fortemente vascolarizzato e ha grandi capacità
di rinnovarsi anche in individui anziani. Esso compone lo scheletro, l’impalcatura ossea che protegge le parti
molli e consente l’inserzione di muscoli e tendini per il mantenimento della posizione eretta e il movimento,
nelle cui cavità è presente il midollo osseo, la sede di sintesi delle cellule emopoietiche, la dentina e il
cemento dentale. Il tessuto osseo è una preziosa riserva di Sali minerali come calcio, potassio, fosforo e
magnesio. Il tessuto osseo in volume è composto dal 5% di cellule, 35% di ECM e 30% di sostanze organiche
come collagene, soprattutto di tipo I, una proteina fibrosa lunga composta da sequenze di tre amminoacidi,
e proteoglicani e glicoproteine in grado di legare il calcio, che costituisce fondamentalmente la sua
componente inorganica.

Il tessuto osseo è di due famiglie, compatto e spongioso. Il tessuto compatto si trova nella parte esterna delle
ossa e ha il compito di sopportare il peso, infatti è molto denso, anche grazie alla sua organizzazione in unità
funzionali cilindriche di diametro 0,2 mm chiamate osteoni, composte di lamelle concentriche che delimitano
una cavità centrale, nota come canale di Havers, che ospita vasi sanguigni e nervi. I canali di Havers sono
messi in comunicazione da canali di Volkman, le cellule sono intersparse all’interno delle lamelle. Per la sua
composizione questo tessuto è anche detto “lamellare compatto”.

Il tessuto spongioso si trova alle estremità ossee e all’interno delle ossa e presenta bassa densità e ampie
finestrature: è quindi estremamente poroso e altamente disorganizzato, la sua unità sono le trabecole che
sono collegate casualmente tra di loro. Nel tessuto spongioso non si trovano cellule né vasi sanguigni, ma
nelle cavità trova spazio il midollo osseo.

Il corretto bilanciamento delle due componenti è fondamentale per mantenere il compromesso tra
resistenza e durezza e leggerezza.

Le ossa sono classificate in base alla forma in ossa lunghe, tipiche degli arti, presentano una estremità
globulare chiamata epifisi formata di osso spongioso sottilmente rivestita di osso compatto e un tratto
centrale in cui l’osso compatto è predominante, detto diafisi. Nell’epifisi si trova il midollo osseo rosso,
costituito principalmente di tessuto mieloide, mentre nella diafisi il midollo osseo giallo, caratterizzato dalla
presenza di cellule adipose. La zona di raccordo tra epifisi e diafisi si chiama metafisi e costituisce la zona di
accrescimento dove si trova la componente staminale dell’osso. Le ossa lunghe sono circondate da
membrane laminari vascolarizzate, il periostio che circonda l’esterno e l’endostio che circonda il canale
midollare. Il midollo osseo è la sede dell’eritropoiesi, contiene le cellule staminali indifferenziate che
andranno a formare eritrociti, globuli bianchi e piastrine. Nonostante la percentuale di cellule staminali sia
bassa la loro altra attività consente di formare una quantità sufficiente di precursori delle cellule ematiche,
molto numerosi perché il sangue ha altissima densità cellulare. Il midollo osseo è molto studiato per la cura
delle leucemie, tramite trapianto da donatore sano, poiché le cellule staminali sono in grado di ripopolare
cavità svuotate, o trapianto autologo di cellule ingegnerizzate.

Esistono poi altre famiglie di ossa, che presentano però tutte la stessa composizione in sezione trasversale
delle ossa lunghe, e sono: le ossa corte, tipiche delle mani e dei piedi; le ossa piatte, tipiche della scatola
cranica e dello sterno; le ossa rotonde come le rotule e le ossa irregolari come le vertebre.

Il tessuto osseo è composto anche da cellule, che presentano una morfologia particolare e sono altamente
specializzate, sono di fatto due famiglie: gli osteociti e gli osteoclasti. Gli osteociti seguono un percorso vitale
a partire dai preosteoblasti, le cellule staminali multipotenti del tessuto osseo che si trovano sulle trabecole
ossee in via di calcificazione e nelle cavità midollari, in particolare si trovano in strato continuo sul periostio
e sull’endostio e sui canali di Havers e Volkman. Esse maturano in osteoblasti, cellule progenitrici in grado di
produrre grandi quantità di collagene, proteoglicani e glicoproteine, che vengono secrete in modo
costitutivo, depositando intorno alla cellula grandi quantità di matrice. Raggiunta una quantità critica gli
osteoblasti diventano osteociti, cellule tipiche del tessuto adulto che si limitano alla sopravvivenza e
producono la quantità di matrice necessaria per la loro sussistenza. Gli osteociti sono quindi cellule quiescenti
intrappolate nella matrice ossea, in collegamento tra loro grazie a prolungamenti citoplasmatici emessi
dall’osteoblasta a formare i canalicoli ossei, filamenti con giunzioni comunicanti tra gli osteociti che
consentono il raggiungimento del vaso sanguigno e il passaggio di nutrienti.

Gli osteoclasti sono invece cellule giganti polinucleate presenti sulle trabecole ossee in via di riassorbimento.
Sono polinucleati perché la mitosi avviene senza citocinesi. Sono le cellule deputate alla demolizione della
matrice ossea secernendo enzimi idrolitici del carbonato di calcio. Essi presentano un orletto increspato che
ne consente l’adesione alle zone da riassorbire, per esempio si occupano della demolizione dei bordi di
rottura in modo da appiattirli e poter operare un ricongiungimento. Aumentano fisiologicamente con
l’invecchiamento e sono una delle probabili cause dell’osteoporosi.
Il tessuto nervoso

È un tessuto altamente specializzato che mette in comunicazione tutte le parti dell’organismo tra loro e con
l’esterno, è caratterizzato da due proprietà che lo rendono unico: irritabilità, cioè capacità di reagire agli
stimoli esterni ed interni trasformandoli in impulsi nervosi in grado di scatenare una reazione, conducibilità,
cioè le cellule nervose sono in grado di trasmettere l’impulso nervoso sia ad altre cellule nervose che di
diverso tipo.

Il tessuto nervoso compone sia il sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), sia il sistema nervoso
periferico (nervi, gangli e sistema nervoso enterico). È caratterizzato da elevata cellularità e non contiene
ECM, è composto da due tipi cellulari: i neuroni, cellule eccitabili in grado di generare e trasmettere i segnali
elettrici in risposta ad uno stimolo, e le cellule gliali, cellule non eccitabili che fungono da supporto, sono
necessarie a trasferire ed elaborare le informazioni e potrebbero svolgere ruoli legati all’apprendimento.

Il neurone è forse la cellula più specializzata dell’organismo e non va incontro a turnover, è molto grande
grazie alla presenza di prolungamenti citoplasmatici molto lunghi. È caratterizzato da eccitabilità e
conducibilità. Tipicamente i neuroni hanno un corpo centrale molto piccolo che contiene un nucleo e i
principali organelli, con un rapporto nucleo/citoplasma molto alto. A partire dal corpo centrale si disperdono
i prolungamenti citoplasmatici che ramificano a formare corti dendriti, mentre uno è molto lungo e prende
il nome di assone. Il soma del neurone ha un colore molto omogeneo in microscopia perché al di là del nucleo
contiene principalmente RER, chiamato anche corpo di Nissi o sostanza tigroide, l’apparato di Golgi, con
numerose vescicole a nucleo denso, tipiche della secrezione regolata, e numerosi mitocondri, poiché l’attività
metabolica è elevatissima: i mitocondri sono perfino ramificati per aumentare il numero di complessi sulla
membrana interna. Si osservano anche granuli di glicogeno usati come fonte energetica.

I dendriti servono a captare l’impulso nervoso e portarlo verso il soma (impulso in senso centripeto), mentre
l’assone trasmette l’impulso in via centrifuga. L’assone è caratterizzato dalla presenza di nodi di Ranvier, cioè
dei manicotti formati da cellule arrotolate che contengono mielina, una proteina con funzione di isolante che
rende il segnale in uscita estremamente rapido, poiché la variazione di potenziale che lo conduce viaggia con
modalità saltatoria da un nodo di Ranvier al successivo, poiché solo qui sono presenti i canali per la
depolarizzazione. L’assone presenta anche un citoscheletro altamente specializzato che forma le
neurofibrille, che conducono parallelamente all’assone i neurotrasmettitori di origine proteica dal soma alla
periferia o viceversa grazie ai motori proteici dinamina e chinesina che sono ATP dipendenti.

I neuroni sono classificati in tipi in base alla funzione, alla struttura o alla lunghezza dell’assone.

Le cellule gliali non sono eccitabili e sono morfologicamente diverse dai neuroni e tra di loro. Nel SNC
troviamo gli astrociti, la componente più abbondante e che spesso degenera in senso tumorale, sono
strutture a stella con un corpo centrale e prolungamenti citoplasmatici. Essi sono in contatto tra di loro e con
le cellule epiteliali dei vasi sanguigni grazie a strutture piatte note come pedicelli. Hanno una funzione trofica,
cioè di regolare il nutrimento dei neuroni, la concentrazione di ioni e inoltre rimuovono i neurotrasmettitori
liberi e compongono il tessuto cicatriziale nelle lesioni. Compongono per altro la barriera ematoencefalica
per evitare il passaggio di sostanze tossiche al cervello; tuttavia, non lasciano passare attraverso le loro
giunzioni serrate neppure molti farmaci. Il loro equivalente nel SNP sono le cellule satellite. Nell’SNC ci sono
poi gli oligodendrociti, cellule di grandi dimensione che si arrotolano a manicotto intorno all’assone dei
neuroni con i prolungamenti citoplasmatici mielinici, mentre il loro nucleo resta periferico; ciascun
prolungamento può avvolgere neuroni diversi. Il loro equivalente nel SNP sono le cellule di Schwann, che
tuttavia possono avvolgere un solo assone per volta e presentano un nucleo molto grande. Ultimi tipi cellulari
nell’SNC sono le cellule ependimali, presenti nel liquido cerebrospinale, e le cellule della microglia che grazie
alla loro concentrazione di lisosomi rimuovono patogeni, neurotrasmettitori liberi e cellule morte.
Tra l’assone di un neurone e una cellula bersaglio si forma la sinapsi, una zona dove vengono liberati i
neurotrasmettitori prodotti dal Golgi e trasportati lungo l’assone fino al bottone sinaptico, dove sono
rilasciati in modo regolato nello spazio fisico tra l’elemento pre- e post-sinaptico, chiamato fessura sinaptica.
Il neurotrasmettitore si lega alla membrana dell’elemento post-sinaptico e trasmette l’informazione. I
neurotrasmettitori hanno diversa origine, peptidica o lipidica, e sono molti studiati fino a conoscerne sintesi,
funzioni, meccanismi di rilascio e risposte generate.

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