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LE BIOMOLECOLE

Le molecole biologiche sono, in primo luogo, tutti composti organici, cioè composti del
carbonio. I composti organici sono tenuti insieme soprattutto da legami covalenti, che gli
conferiscono una struttura stabile.
Inoltre, si tratta spesso di grandi molecole, cioè di macromolecole.
Le macromolecole sono polimeri dati dall’unione attraverso legami covalenti di molecole più
piccole dette monomeri.
Sono polimeri:
- i polisaccaridi, carboidrati formati da catene di monosaccaridi;
- le proteine, formate da catene ripiegate di monomeri detti amminoacidi;
- gli acidi nucleici, formati da catene di nucleotidi.
Non sono polimeri i lipidi.
Tutte le biomolecole, comprese i polimeri, hanno due caratteristiche importanti:
- hanno una precisa struttura tridimensionale;
- hanno proprietà chimiche specifiche che determinano la loro funzione biologica.
I composti organici si possono suddividere in classi, diverse tra loro per i gruppi funzionali
che contengono. Un gruppo funzionale è un gruppo di atomi con proprietà chimiche
specifiche; contribuisce a determinare la forma della macromolecola e il suo comportamento
nelle interazioni con altre molecole.
- alcoli
- aldeidi
- chetoni
- acidi carbossilici
- ammine
Un’altra ragione che spiega la varietà dei composti organici è l’isomeria.
Gli isomeri sono composti che contengono gli stessi atomi legati in modo diverso.
- gli isomeri strutturali sono composti con la stessa composizione chimica, ma
struttura diversa;
- gli isomeri cis-trans presentano un doppio legame tra due atomi di carbonio: essi
possono trovarsi orientati dalla stessa parte (cis) o dalla parte opposta (trans) rispetto
all’asse del doppio legame;
- negli isomeri ottici un atomo di carbonio lega quattro diversi atomi o gruppi di atomi.
Il legame si può formare in due modi diversi, uno speculare all’altro.
Ogni tipo di macromolecola compie una o più funzioni, come accumulare energia, fornire
sostegno strutturale, catalizzare reazioni chimiche, difendere o far muovere la cellula,
conservare l’informazione.
La funzione di una macromolecola è in rapporto con la sua forma tridimensionale, oltre che
con la sequenza e le proprietà chimiche dei suoi monomeri.
I polimeri si formano da monomeri attraverso reazioni di condensazione (dette anche
reazioni di disidratazione), che liberano una molecola di acqua per ogni legame covalente
formato.
L’inverso di una reazione di condensazione è una reazione di idrolisi, in cui l’acqua scinde i
polimeri in monomeri. Per ogni molecola che si rompe, una molecola di acqua si separa nei
due ioni H⁺ e OH⁻, che entrano a far parte di uno o l’altro dei prodotti.

 PROTEINE
Le proteine sono polimeri composti da monomeri detti amminoacidi. (20 tipi diversi)
Esse consistono di una o più catene polipeptidiche, che sono polimeri lineari di amminoacidi
uniti da legami covalenti.
Ogni catena polipeptidica si ripiega su sé stessa assumendo una particolare struttura
tridimensionale.
Ogni amminoacido ha sia un gruppo funzionale amminico sia un gruppo funzionale
carbossilico legati allo stesso atomo di carbonio, detto carbonio α.
Sempre legati al carbonio α ci sono un atomo di idrogeno e una catena laterale o gruppo R.
Le proprietà di ciascun amminoacido dipendono dalla sua catena laterale o gruppo R, che può
essere carica, polare o idrofobica.
Il gruppo carbossilico di un amminoacido reagisce con il gruppo amminico di un altro
amminoacido, e per condensazione, forma un legame peptidico.
Il prodotto della reazione è detto dipeptide, perché è formato da due amminoacidi.
La “testa” che segna l’inizio di un polipeptide è il gruppo amminico del primo amminoacido
della catena, detto N- terminale o amminoterminale.
La “coda” è il gruppo carbossilico dell’ultimo amminoacido aggiunto, detto C-terminale o
carbossiterminale.
Ogni proteina ha una propria struttura, cioè una forma tridimensionale specifica.
Esistono quattro tipi di struttura di una proteina: primaria, secondaria, terziaria e
quaternaria.
La struttura primaria è data dalla sequenza di amminoacidi nella catena polipeptidica.
Mentre la struttura primaria è determinata da legami covalenti, il livello strutturale
successivo dipende da interazioni più deboli: i legami a idrogeno.
Questa catena, a sua volta, si ripiega in una struttura secondaria, che può assumere la
configurazione a α elica o foglietto β.
-l’α elica è una struttura elicoidale destrogira simile ad una spirale.
Le catene laterali degli aminoacidi sono disposte verso l'esterno e le teste sono rivolte verso
l'interno. La presenza di differenti tipi di catene laterali può rendere un’ α-elica idrofobica o
idrofilica. (struttura tipica delle proteine fibrose, dette cheratine)
-il foglietto β è composta di due o più catene polipeptidiche quasi distese e allineate una vicina
all’altra. Il foglietto si stabilizza grazie a legami idrogeno tra i gruppi N-H di una catena e i C=O
dell’altra.
È una struttura molto stabile, caratterizzata da una regolarità nella disposizione degli
aminoacidi che appaiono come dei foglietti alternati tra loro.
In molte proteine la catena polipeptidica si piega in vari punti e si ripiega più volte su sé
stessa. La forma che ne esce corrisponde alla struttura terziaria. (i legami sono i ponti di
solfuro).
La struttura terziaria è la configurazione tridimensionale definitiva di una macromolecola, e
spesso è possibile distinguere una superficie esposta all’ambiente circostante e una zona
interna poco accessibile.
Sia la struttura secondaria sia quella terziaria derivano dalla primaria.
Molte proteine sono costituite da due o più catene polipeptidiche, dette subunità, ciascuna
ripiegata nella sua struttura terziaria.
La struttura quaternaria di una proteina deriva dal modo in cui queste subunità si legano e
interagiscono tra loro.
A tenere insieme le subunità della molecola vi sono interazioni deboli, non covalenti (forze di
van der Waals, legami idrogeno, interazioni idrofobiche).
La struttura tridimensionale di una proteina, essendo tenuta insieme da legami a idrogeno, è
molto sensibile alle condizioni ambientali, come aumenti della temperatura e variazioni di pH,
capaci di modificare la forma e la funzione della proteina.
L’alterazione della struttura tridimensionale di una proteina è detta denaturazione ed è
sempre accompagnata dalla perdita della funzionalità biologica.
Di solito, la denaturazione è un processo irreversibile perché gli amminoacidi, che si
trovavano nella, proteina ora sono esposti in superficie, e viceversa, e questo fa sì che si formi
una nuova struttura o che la proteina si leghi a molecole diverse dal proprio ligando specifico.
Tuttavia, se il processo di denaturazione non è estremo, durante il raffreddamento, la proteina
può riacquistare la sua forma naturale e la sua funzione.
Nelle cellule viventi una catena polipeptidica può correre il rischio di legarsi alla sostanza
sbagliata:
-appena la proteina è stata sintetizzata: quando non si è ancora ripiegata del tutto, una
proteina può esporre una superficie che si lega a una molecola sbagliata;
-in seguito a denaturazione: il calore potrebbe denaturare una proteina di una cellula senza
uccidere l’intero organismo. Prima di riprendere la forma, la proteina può presentare una
superficie che si lega a una molecola sbagliata. In questi casi, il legame risulta irreversibili.
Molte cellule hanno una classe speciale di proteine, dette chaperon, che proteggono la
configurazione tridimensionale di altre proteine.
Esse ostacolano le interazioni inappropriate e favoriscono quelle opportune.
Una proteina chaperon ha una struttura a gabbia che attira al suo interno il polipeptide, lo fa
ripiegare correttamente e poi lo libera.
1. Una proteina denaturata si lega ad HSP60 ed entra al suo interno.
2. L’interno della struttura contiene amminoacidi idrofobici che si legano ad altri
amminoacidi idrofobici sulla proteina bersaglio.
3. Un “coperchio” chiude il “contenitore”.
4. La proteina, assunta la sua configurazione specifica, viene liberata
 CARBOIDRATI
I carboidrati svolgono tre funzioni principali:
-sono una riserva di energia;
-forniscono scheletri carboniosi che possono essere riorganizzati in nuove molecole;
-formano agglomerati extracellulari come le pareti cellulari, che danno struttura agli
organismi.
I carboidrati contengono carbonio legato all’ossigeno e all’idrogeno.
Si distinguono, in base al numero di monomeri, quattro categorie:
-i monosaccaridi, come il glucosio, sono zuccheri semplici.
Sono i monomeri che costituiscono i carboidrati;
-i disaccaridi, formati da due monosaccaridi uniti da legami covalenti.
Il più conosciuto è il saccarosio, formato da un glucosio e un fruttosio;
-gli oligosaccaridi sono formati da alcuni monosaccaridi (da 3 a 20);
-i polisaccaridi, come l’amido, il glicogeno e la cellulosa, sono polimeri formati da centinaia o
migliaia di monosaccaridi.
Tutte le cellule contengono il monosaccaride glucosio, utilizzato soprattutto come fonte di
energia.
I monosaccaridi sono prodotti dagli organismi autotrofi attraverso la fotosintesi; gli animali
poi li assumono direttamente o indirettamente dalle piante.
Questi zuccheri contengono da 3 a 7 atomi di carbonio.
Tutti i monosaccaridi con 4 o più atomi di carbonio possono essere di due forme: a catena
lineare oppure ad anello (più stabile e quindi più frequente).
Gli esosi come il glucosio sono monosaccaridi a sei atomi di carbonio, i pentosi (ribosio e
deossiribosio) invece a cinque.
I disaccaridi, gli oligosaccaridi e i polisaccaridi sono costruiti a partire da monosaccaridi,
legati covalentemente tra loro attraverso reazioni di condensazione in cui si formano legami
glicosidici, che possono avere un’orientazione α o β nello spazio.
I polisaccaridi sono polimeri molto grandi costruiti da monomeri uniti da legami glicosidici.
L’amido è un polimero del glucosio unito con legami α-glicosidici, che si distinguono per il
tipo di ramificazione che parte dal carbonio 1 o 6.
È il composto principale che le piante usano come riserva energetica.
Il glicogeno è un polimero del glucosio molto ramificato e insolubile in acqua.
Serve a immagazzinare il glucosio nel fegato e nei muscoli ed è quindi un composto di riserva
energetica per gli animali.
Sia il glicogeno che l’amido sono idrolizzabili in monomeri di glucosio, che a sua volta può
essere demolito per estrarne l’energia accumulata.
La cellulosa è polimero del glucosio e costituisce il componente principale delle pareti delle
cellule vegetali. È un polisaccaride, ma i monosaccaridi che la compongono sono uniti da
legami β-glicosidici.
L’amido viene facilmente demolito da sostanze chimiche o enzimi, mentre la cellulosa è più
stabile grazie ai suoi legami β-glicosidici.
 LIPIDI
I lipidi sono idrocarburi insolubili in acqua a causa dei numerosi legami covalenti apolari.
Quando degli idrocarburi apolari sono abbastanza vicini tra loro, le forze di van der Waals
contribuiscono a tenerli insieme, perché, pur essendo deboli, hanno effetto additivo.
Questi aggregati molecolari non sono polimeri, perché le molecole lipidiche non sono unite da
legami covalenti. Tuttavia, possono essere considerati polimeri di subunità lipidiche.
I lipidi più semplici sono i trigliceridi, che se sono solidi a temperatura ambiente vengono
chiamati grassi; invece, se sono liquidi sono detti oli.
Un trigliceride è composto da tre molecole di acidi grassi legati covalentemente a una
molecola di glicerolo attraverso legami estere.
Negli acidi grassi saturi, tutti i legami fra gli atomi di carbonio sono semplici, cioè sono
saturati con atomi di idrogeno.
Al contrario, negli acidi grassi insaturi, le catene idrocarburiche contengono uno o più
legami doppi, che le fanno incurvare e non gli permettono di compattarsi allo stato solido.
Come i trigliceridi, anche i fosfolipidi contengono acidi grassi legati al glicerolo con un legame
di tipo estere, ma uno degli acidi grassi è sostituito da un composto contenente un gruppo
fosfato.
Il gruppo funzionale fosfato ha una carica elettrica negativa; perciò , questa parte della
molecola, detta “testa” è idrofila. I due acidi grassi (le “code”) invece sono idrofobici e tendono
ad allontanarsi dall’acqua.
In ambiente acquoso, le interazioni delle teste e delle code fosfolipidiche danno origine a un
doppio strato fosfolipidico, in cui le teste sono disposte verso l’esterno per interagire con
l’acqua circostante e le code sono aggregate all’interno del doppio strato, schermate
dall’acqua.
I carotenoidi sono pigmenti capaci di assorbire la luce, che si trovano nelle piante e negli
animali. Il beta-carotene (β-carotene) è uno dei pigmenti che catturano l’energia luminosa
durante la fotosintesi.
Gli steroidi sono composti organici i cui anelli sono concatenati da atomi di carbonio
condivisi.
Il colesterolo è uno steroide importante per costituire le membrane, di cui contribuisce a
mantenere l’integrità . Viene prodotto nel fegato ed è la molecola di partenza per la sintesi
degli ormoni steroidei, come il testosterone e gli estrogeni.
Le vitamine sono piccole molecola che il corpo non sintetizza o che sono prodotte in quantità
insufficiente, per cui devono essere assunte con gli alimenti.
Le cere - la pelle degli uccelli e dei mammiferi è dotata di ghiandole che secernono un
rivestimento ceroso sul pelo o sulle penne. Questo rivestimento ha proprietà idrorepellenti e
contribuisce a mantenere flessibile il pelo e le penne.
Il rivestimento ceroso delle piante mantiene il loro contenuto acquoso e ad allontanare i
parassiti.

 ACIDI NUCLEICI
Gli acidi nucleici sono polimeri composti da monomeri detti nucleotidi.
Ogni nucleotide è formato da uno zucchero pentoso (ribosio o deossiribosio) , da un gruppo
fosfato e da una base azotata.
Le basi azotate possono assumere due forme chimiche: una struttura ad anello semplice, detta
pirimidina, o una a doppio anello detta purina.
Nel DNA lo zucchero pentoso è il deossiribosio, mentre nell’RNA è il ribosio, che ha un
ossigeno in più .
I nucleotidi sono tenuti insieme da legami covalenti tra lo zucchero di un nucleotide e il
fosfato di quello successivo.
Mentre le molecole dell’RNA sono formate da un’unica catena polinucleotidica, il DNA è a
doppio filamento, e le sue due catene sono tenute insieme da legami a idrogeno fra le
rispettive basi azotate. I filamenti del DNA corrono in direzioni opposte (5’-3’ e 3’-5’).
Nel DNA compaiono solo quattro basi azotate, e quindi quattro tipi di nucleotidi.
Le basi del DNA sono adenina, timina, guanina e citosina.
Fondamentale per capire la struttura e la funzione degli acidi nucleici è il principio di
complementarità delle basi. Nel DNA a doppio filamento, l’adenina si appaia con la timina e
la citosina con la guanina.
L’adenina e la guanina sono purine, mentre la timina e la citosina sono pirimidine.
Anche l’RNA è costituito da quattro diversi monomeri, ma i nucleotidi non sono gli stessi del
DNA. Nell’RNA sono detti ribonucleotidi, e contengono ribosio al posto del deossiribosio, e al
posto della timina c’è l’uracile.
Il DNA è una molecola informazionale. L’informazione è codificata nella sequenza di basi che
formano i suoi filamenti.
L’RNA, invece, utilizza l’informazione contenuta nella sequenza nucleotidica del DNA per
specificare la sequenza di amminoacidi che andranno a formare una proteina.

LA DIVISIONE CELLULARE
Il processo grazie al quale una cellula genera un’altra cellula è detto divisione cellulare.
Negli organismi unicellulari coincide con la riproduzione dell’intero organismo, invece,
negli organismi pluricellulari, ha un ruolo importante nella crescita e riparazione dei
tessuti ed è indispensabile per la riproduzione.
 La riproduzione di un organismo può essere sessuata o asessuata:
il processo riproduttivo che prevede l’unione di due gameti (che nell’uomo sono lo
spermatozoo e la cellula uovo) è detto riproduzione sessuata.
I gameti portano con sé una serie completa d’informazioni genetiche, cioè una copia
del genoma dell’organismo; dunque, le cellule figlie ereditano le caratteristiche di
entrambi i genitori, ma non sono identici ad essi;
 La riproduzione a partire da un solo genitore, senza intervento dei gameti, è detta
riproduzione asessuata. In questo caso, il genitore genera figli geneticamente
identici a sé stesso.
La riproduzione dei procarioti è asessuata ed è detta scissione binaria.
Negli eucarioti esistono due diversi meccanismi di divisione cellulare: la mitosi e la
meiosi.
La mitosi interviene nei processi di accrescimento e di rinnovamento cellulare di tutti
gli organismi, indipendentemente dal tipo di riproduzione; la meiosi invece riguarda
solo i gameti, cioè le cellule coinvolte nella riproduzione sessuata.
Affinché la cellula possa dividersi, devono accadere quattro eventi:
 ci deve essere un segnale riproduttivo, che dà inizio alla divisione cellulare;
 la replicazione (o duplicazione) del DNA deve avvenire cosicché ciascuna
delle due nuove cellule abbia un corredo genetico completo e identico;
 la cellula deve distribuire equamente il DNA duplicato tra le due cellule figlie.
Questo processo è detto segregazione;
 alla membrana plasmatica (e alla parete cellulare, quando c’è) si deve
aggiungere nuovo materiale, così da poter separare le due cellule attraverso un
processo detto citodieresi.
Nei procarioti la divisione cellulare consiste nella riproduzione dell’intero organismo.
La cellula cresce di dimensione, duplica il proprio DNA e poi si divide in due con un
processo detto scissione binaria:
 I segnali riproduttivi: i segnali per l’inizio della divisione cellulare dipendono da
fattori esterni, come le condizioni ambientali o la concentrazione di sostanze
nutritive.
 La duplicazione del DNA: in genere i batteri possiedono una singola molecola di
DNA, legata a proteine, che costituisce un cromosoma circolare.
Per trovare posto dentro la cellula, la molecola di DNA deve compattarsi,
ripiegandosi su sé stessa, grazie anche a proteine basiche (cariche positivamente)
legate al DNA, che invece è acido (carico negativamente).
Nel cromosoma procariotico ci sono due zone che svolgono una funzione nella
riproduzione cellulare: la regione ori, da cui inizia la duplicazione; la regione ter, in
cui termina la duplicazione.
 La segregazione del DNA: le regioni ori delle due molecole di DNA in formazione si
spostano verso le estremità opposte della cellula.
Si tratta di un processo attivo, in quanto le proteine, che si legano al DNA adiacente
alla regione ori, idrolizzano ATP per ricavare energia.
 La citodieresi: si ha la separazione delle due cellule figlie.
All’inizio, si ha una strozzatura della membrana plasmatica, che forma un anello di
fibre. A mano a mano che l’anello si stringe, viene depositato anche nuovo
materiale per la parete cellulare, che alla fine separa le due cellule figlie.
Negli eucarioti la divisione cellulare ha come scopo la produzione di cellule che
contengono lo stesso patrimonio genetico. Come nei procarioti, tale processo prevede:
 Segnali riproduttivi: gli eucarioti non si dividono ogni volta che le condizioni
ambientali sono adeguate, poiché i segnali per la divisione cellulare non riguardano
l’ambiente della singola cellula, ma la loro funzione nell’intero organismo.
 Replicazione: gli eucarioti hanno molti più cromosomi (nell’uomo 46), e dunque il
processo di replicazione e segregazione è molto più complicato, rispetto ai
procarioti.
 Segregazione: negli eucarioti, i cromosomi appena replicati sono associati tra loro
(sono chiamati cromatidi fratelli) e un processo chiamato mitosi permette la loro
segregazione nei due nuclei figli.
 Citodieresi: procede in maniera diversa nelle cellule vegetali (che hanno una parete
cellulare) e nelle cellule animali (che non ce l’hanno).
Il periodo che va da una divisione cellulare alla successiva è detto ciclo cellulare, ed è
costituito da due fasi: l’interfase e la fase mitotica o M.
Durante l’interfase, la cellula svolge un’intensa attività metabolica e aumenta le proprie
dimensioni. Durante la fase mitotica, invece, si verificano la mitosi e la citodieresi.
L’interfase ha tre sottofasi, chiamate G₁, S e G₂.
 Durante la sottofase G₁, ogni cromosoma è una singola molecola di DNA, non
replicata, con proteine associate.
La sua durata varia in base al tipo di cellula; alcune cellule embrionali la saltano del
tutto, mentre altre possono rimanere allo stadio G₁ per settimane o anni.
In molti casi, queste cellule entrano in uno stato di riposo chiamato G₀.
 Durante la transizione G₁-S, la cellula si prepara alla replicazione del DNA e alla
seguente divisione cellulare.
 Durante la sottofase S, ogni cromosoma viene duplicato e di conseguenza ora è
formato da due cromatidi fratelli, i quali rimangono uniti fino alla mitosi, quando
segregano nelle due cellule figlie.
 Durante la sottofase G₂, la cellula si prepara per la mitosi, attraverso la sintesi delle
proteine necessarie.
Durante la mitosi si compie la segregazione del DNA duplicato.
Se tutto il DNA venisse srotolato raggiungerebbe circa i due metri di lunghezza.
Tutto questo DNA può essere contenuto in uno spazio così piccolo grazie ad una serie di
ripiegamenti e avvolgimenti che prende il nome di spiralizzazione.
La spiralizzazione del DNA è possibile grazie alla presenza di proteine chiamate istoni,
che interagiscono con il DNA formando un complesso detto nucleosoma.
I nucleosomi sono collegati da brevi tratti di DNA chiamati linker.
Durante la mitosi e la meiosi, la condensazione del DNA raggiunge il livello massimo ed è
possibile osservare i cromosomi. Durante la sottofase G₁, i cromosomi non sono visibili
come corpi compatti e distinti perché formano un unico groviglio di filamenti detto
cromatina.
Durante la mitosi compare una struttura, il fuso mitotico, che ha la funzione di guidare i
movimenti dei cromosomi. Il fuso è costituito da microtubuli che prendono origine da due
centrosomi, organuli situati nel citoplasma vicino al nucleo.
Quando avviene la duplicazione del DNA, anche il centrosoma si duplica: si forma così una
coppia di centrosomi. Ogni centrosoma è formato da due centrioli, ognuno formato da 9
triplette di microtubuli.
La mitosi si divide in quattro sottofasi:
- Profase
- Metafase
- Anafase
- Telofase
La mitosi è preceduta da un’interfase S con tre sottofasi:
- G₁ → accrescimento;
- S → accrescimento + duplicazione del DNA;
- G₂ → accrescimento + ultimi preparativi prima della divisione.
Prima della sottofase S, il DNA è despiralizzato e si trova sotto forma di cromatina; alla
fine, invece, della sottofase S è duplicato e all’inizio della fase M si condensa a formare i
cromosomi, ciascuno costituito da due cromatidi fratelli, uniti al livello del centromero.
DUPLICAZIONE DEL DNA
- Avviene nella fase S dell’interfase;
- è necessaria perché ogni cellula figlia deve ricevere lo stesso DNA;
- si rompono i legami a idrogeno tra le basi azotate che tengono uniti i due filamenti,
che dunque si separano e ciascuno fa da stampo per la sintesi di un filamento
complementare;
- questo processo è regolato da enzimi specifici come la DNA polimerasi.
 Quando la cellula entra in profase, ha inizio la mitosi.
La cromatina si avvolge e diventa più compatta, e si condensa in cromosomi (già
duplicati e ciascuno formato da due cromatidi fratelli); l’involucro nucleare si
rompe e compare il fuso mitotico.
 Durante la pro-metafase (fase di mezzo), le fibre del fuso si legano ai cromatidi.
 Nella metafase, i centromeri dei cromosomi sono allineati al centro della cellula,
lungo la piastra metafisica.
 In anafase, i cromatidi fratelli si separano in due cromosomi figli, che si spostano
verso i poli opposti della cellula.
 Durante la telofase si formano i nuovi nuclei cellulari, il fuso mitotico scompare e i
cromosomi si despiralizzano fino a diventare di nuovo cromatina.
A questo punto la cellula entra in una nuova interfase.
Con la mitosi si intende la sola divisione del nucleo; la successiva divisione del citoplasma
cellulare si realizza attraverso la citodieresi.
Nelle cellule animali la citodieresi comincia con una strozzatura ad anello della membrana
plasmatica. Questo anello contrattile è formato da microfilamenti di miosina e actina, la
cui interazione produce una contrazione, che strozza la cellula a metà .
A causa della presenza di una parete cellulare, il citoplasma della cellula vegetale si divide
in modo diverso. Quando il fuso scompare dopo la mitosi, vescicole di membrana,
prodotte dall’apparato di Golgi, spinte lungo i microtubuli da una proteina motrice, si
fondono e formano una nuova membrana plasmatica.
La MEIOSI ha un ruolo fondamentale nella riproduzione sessuata, e prevede la formazione
dei gameti con corredo cromosomico dimezzato (aploide).
Rispetto alla mitosi, in cui si hanno due cellule figlie, qui le cellule si dividono due volte
(meiosi I e II) per formare quattro cellule figlie.
La meiosi I è preceduta da un’interfase con una fase S, in cui ogni cromosoma viene
duplicato. Di conseguenza ogni cromosoma è composto da due cromatidi fratelli, tenuti
insieme da molecole proteiche.
La meiosi I inizia con la sinapsi, cioè l’appaiamento dei cromosomi omologhi.
(due cromosomi che formano una coppia sono detti cromosomi omologhi → portano geni
diversi che controllano le stesse caratteristiche ereditarie sullo stesso locus).
Durante la sinapsi, i cromatidi dei cromosomi omologhi si scambiano tra loro alcune
porzioni attraverso un processo detto crossing-over (aumenta la variabilità genetica
grazie alla ricombinazione genetica che si verifica).
La meiosi I poi separa i cromosomi omologhi e produce due cellule figlie, ognuna con
corredo cromosomico aploide.
La meiosi II è simile alla mitosi (con l’unica differenza che ha inizio da due cellule figlie,
ognuna con corredo cromosomico aploide).
Durante la meiosi II i cromatidi fratelli vengono separati e si formano quattro cellule
aploidi.
IL CONTROLLO DEL CICLO CELLULARE
Il passaggio da una parte all’altra del ciclo cellulare è regolato e dipende dall’intervento di
una serie di proteine, le Cdk, che catalizzano il trasferimento di un gruppo fosfato dall’ATP
a una proteina bersaglio.
Il ciclo cellulare presenta punti di controllo che fanno continuare il ciclo solo se procede
tutto correttamente. Altrimenti, la cellula va incontro ad apoptosi (morte cellulare
programmata).
1. Punto di controllo G₁ → punto di controllo della divisione cellulare.
La cellula entra in fase G₀, o se il DNA è danneggiato in modo irreparabile, si ha
l’apoptosi. Diversamente la cellula prosegue il ciclo.
2. Punto di controllo G₂ → punto di controllo della mitosi.
La divisione mitotica avviene solo se il DNA è duplicato correttamente, in caso
contrario avviene l’apoptosi.
3. Punto di controllo M → punto di controllo del fuso mitotico.
Se i cromosomi non sono allineati correttamente lungo le fibre del fuso, la mitosi
non va avanti.

LA STRUTTURA DEL DNA


Il DNA è un polimero di nucleotidi, detti deossiribonucleotidi.
Ogni nucleotide è formato da uno zucchero pentoso, un gruppo fosfato e una base azotata.
L’unica differenza tra i quattro nucleotidi è data dalle basi azotate: le purine adenina e
guanina, e le pirimidine timina e citosina.
Per quanto riguarda la sua struttura:
- è a doppia elica, con uno gli zuccheri e i fosfati all’esterno e le basi azotate allineate
all’interno;
- è un’elica destrorsa;
- è antiparallelo (i due filamenti corrono in direzione opposta).
Lo due catene polinucleotidiche sono unite da due tipi di legami:
- legami a idrogeno tra le basi appaiate.
L’adenina si appaia con la timina per mezzo di due legami a idrogeno, mentre la
guanina si appaia con la citosina, formando tre legami a idrogeno;
- forze di Van der Waals tra le basi vicine sullo stesso filamento.

Il materiale genetico svolge quattro funzioni importanti, e la struttura del DNA è adatta a
tre di queste:
- contiene l’informazione genetica di un organismo, codificata nella sequenza di
basi;
- è soggetto a mutazioni nell’informazione che codifica.
Per mutazione si intende un cambiamento permanente dell’informazione genetica,
che può riguardare la sequenza lineare delle coppie di basi;
- l’informazione codificata dal DNA è espressa come fenotipo.
La sequenza nucleotidica del DNA viene copiata in una sequenza di RNA che, a sua
volta, viene utilizzata per costruire una sequenza lineare di amminoacidi (cioè la
struttura primaria di una proteina);
- va incontro a una duplicazione durante il ciclo cellulare.

Il DNA si duplica per replicazione semiconservativa, che richiede la presenza di un DNA


preesistente, di un complesso di replicazione, di un primer e di molte proteine.
Si divide in due fasi:
- la doppia elica del DNA, con l’aiuto di specifici enzimi, si despiralizza e si rompono i
legami a idrogeno tra le basi appaiate, per separare i due filamenti stampo.
- man mano che i nuovi nucleotidi si appaiano con il DNA stampo vengono uniti
covalentemente attraverso legami fosfodiestere, a formare un polimero con
sequenza di basi complementari alle basi del filamento stampo.
La formazione dei legami fosfodiesterici è catalizzata da enzimi detti DNA
polimerasi.
L’intero processo richiede energia e molti enzimi. Un enzima, la DNA elicasi, e proteine
specifiche sono necessarie per “rompere” la doppia elica nel punto di origine della
duplicazione, detto forcella di duplicazione.
Invece, la sintesi vera e propria è catalizzata da un gruppo di enzimi, detto DNA
polimerasi (catalizza l’aggiunta di nucleotidi al filamento di DNA in crescita).
Il processo avviene in modo diverso nei procarioti e negli eucarioti: nelle cellule
procariotiche c’è un solo sito di inizio della replicazione e il processo avviene nel
citoplasma, mentre in quelle eucariotiche la replicazione ha luogo nel nucleo e ci sono
diversi punto di origine in ogni cromosoma.
Il primo evento che si verifica è l’apertura del DNA: un enzima elimina i legami a idrogeno
che tengono insieme i due filamenti, mentre un altro enzima si lega ai filamenti
despiralizzati per impedire che si riassocino.
Mentre il DNA attraversa il centro di duplicazione, le forcelle si allargano in senso
circolare formando due molecole di DNA intrecciate, che poi vengono separate
dall’enzima girasi. E così i due stampi possono appaiarsi in modo complementare a nuove
basi.
La DNA polimerasi non può sintetizzare direttamente un nuovo filamento di DNA da un
filamento stampo, ma ha bisogno di un primer, ovvero una breve sequenza a doppia elica,
che di solito corrisponde a un corto filamento singolo di RNA.
Il primer, complementare al DNA stampo è sintetizzato da un enzima detto primasi.
A fine duplicazione il primer viene eliminato e sostituito da DNA.
La replicazione procede sempre in direzione 5’→ 3’ (perché la DNA polimerasi, come
l’RNA polimerasi, catalizza il legame di un nuovo nucleotide all’estremità 3’.
Di conseguenza, l’allungamento procede in modo diverso sui due filamenti antiparalleli
del DNA:
- uno dei due filamenti, detto filamento guida, può essere sintetizzato in maniera
continua, utilizzando un unico innesco;
- l’altro filamento, detto filamento lento, invece deve essere sintetizzato in
direzione opposta, sotto forma di piccoli frammenti discontinui, detti frammenti di
Okazaki, uniti successivamente.
Per la sintesi del filamento veloce basta un solo primer, ma ogni frammento di Okazaki ha
bisogno di un proprio primer sintetizzato da una primasi.
La DNA ligasi connette i frammenti di Okazaki prodotti dalla DNA polimerasi.
Il DNA può essere danneggiato da radiazioni o sostanze chimiche, e quando ciò succede si
attiva il meccanismo di riparazione del DNA, e le rotture del DNA sono riparate attraverso
una combinazione di sintesi di DNA e di attività della DNA ligasi.
Le parti terminali dei cromosomi sono però un problema, perché il sistema di riparazione
del DNA potrebbe considerarle come rotture, e dunque potrebbe unire due cromosomi in
modo sbagliato.
In molti eucarioti ci sono sequenze ripetute alla fine di ogni cromosoma, dette telomeri,
che legano proteine specifiche, le quali impediscono al sistema di riparazione del DNA di
considerare la fine dei cromosomi come rotture.
La duplicazione del DNA è precisa ma non perfetta, e dunque il DNA è soggetto a danni
provocati da sostanze chimiche e da agenti ambientali.
Per fortuna le cellule dispongono di tre sistemi di riparazione del DNA:
- una correzione di bozze che corregge gli errori man mano che la polimerasi li
compie;
- una riparazione delle anomali di appaiamento, che esamina il DNA subito dopo
che si è replicato e corregge gli appaiamenti sbagliati;
- una riparazione per escissione, che elimina le basi anomale dovute a un agente
chimico e le sostituisce con le basi corrette.
L’ESPRESSIONE GENICA
Si divide in due fasi principali:
- durante la trascrizione, l’informazione nella sequenza di DNA è copiata in una
sequenza complementare di RNA;
- durante la traduzione, la sequenza di RNA viene usata per creare la sequenza di
amminoacidi di una proteina.
La sintesi di DNA a partire da RNA è detta trascrizione inversa, e i virus che utilizzano
questo tipo di trascrizione sono detti retrovirus.
L’RNA può essere tradotto per formare proteine virali, o incorporato come genoma in nuove
particelle virali.
TRASCRIZIONE
Nelle cellule procariotiche ed eucariotiche, invece, la sintesi dell’RNA è diretta dal DNA.
La sequenza di basi di un filamento di DNA viene usata come stampo per la sintesi
dell’RNA, quindi l’RNA prodotto è complementare al filamento di DNA, con la sola
differenza che nell’RNA c’è l’uracile al posto della timina, e che lo zucchero è il ribosio.
Dai DNA stampo si ottengono diversi tipi di RNA, tra cui il più importante è l’mRNA, ma
produce anche tRNA e rRNA.
- L’mRNA (RNA messaggero). Nelle cellule eucariotiche, trasporta l’informazione
genetica dal DNA al citoplasma, dove vengono sintetizzate le proteine.
- L’rRNA (RNA ribosomiale), è parte integrante dei ribosomi.
- Il tRNA (RNA transfer), trasporta gli amminoacidi liberi del citoplasma nei
ribosomi, durante la sintesi proteica, e traduce l’informazione contenuta nella
sequenza nucleotidica dell’mRNA in una sequenza di amminoacidi.
La trascrizione è il processo attraverso cui l’informazione contenuta in un gene viene
copiata in una molecola di mRNA.
La sintesi dell’mRNA è catalizzata da un gruppo di enzimi, tra cui l’RNA polimerasi.
La trascrizione può essere divisa in tre fasi: l’inizio, l’allungamento e la fine.
Il primo stadio, che dà  inizio alla trascrizione, ha bisogno di un promotore, una speciale
sequenza di DNA a cui si lega la RNA polimerasi. Per ogni gene (o, nei procarioti, per ogni
serie di geni) c’è almeno un promotore. I promotori sono sequenze di controllo che
«dicono» all’RNA polimerasi: da dove far partire la trascrizione, quale filamento del DNA
trascrivere e in quale direzione procedere.
Una parte di ogni promotore è il sito d’ inizio, dove incomincia la trascrizione.
L’RNA polimerasi degli eucarioti non è in grado di legarsi semplicemente al promotore e
di iniziare a trascrivere; essa, infatti, si lega al DNA soltanto dopo che sul cromosoma si
sono associate proteine regolatrici dette fattori di trascrizione.
Dopo che l’RNA polimerasi si è legata al promotore, incomincia il processo
dell’allungamento. La RNA polimerasi apre il DNA a circa 10 basi per volta e legge il
filamento di stampo in direzione 3'-5'.
Come la DNA polimerasi, anche la RNA polimerasi aggiunge i nuovi nucleotidi all’estremità
3' del filamento in crescita, ma non ha bisogno di un primer per dare inizio al processo.
Il nuovo RNA si allunga verso l’estremità 3' partendo dalla prima base dell’estremità 5'.
Di conseguenza l’RNA trascritto è antiparallelo al filamento di stampo del DNA.
Proprio come al sito di inizio che specifica il punto di partenza della trascrizione, sul
filamento stampo del DNA ci sono sequenze di basi che ne stabiliscono la terminazione.
Nei procarioti la trascrizione avviene nel citoplasma e l’mRNA prodotto può essere
utilizzato subito per la sintesi proteica. Negli eucarioti, invece, la trascrizione ha luogo nel
nucleo e l’mRNA deve essere modificato prima di spostarsi nel citoplasma.
Dunque, prima che l’mRNA lasci il nucleo gli introni (sequenze di un gene non
codificanti) vengono eliminati e gli esoni (sequenze codificanti) vengono uniti in sequenza
per formare l’mRNA maturo.
Questo processo è detto splicing.

L’informazione per la sintesi proteica è contenuta in un codice genetico, costituito da


codoni, ovvero sequenze di tre basi nucleotidiche, che specificano quale amminoacido
sarà usato per sintetizzare la proteina.
Ogni codone è complementare a una tripletta di basi del DNA.
Tutte le possibili combinazioni delle quattro basi danno 64 diversi codoni di tre lettere,
che però determinano solo 20 amminoacidi.
Il codice genetico presenta alcune caratteristiche:
- contiene un segnale di inizio, ovvero il codone d’inizio AUG (che codifica per
l’amminoacido metionina);
- contiene segnali di fine lettura, rappresentati da tre codoni di stop (UAA, AUG e
UGA);
- non è ambiguo: un codone specifica sempre un unico amminoacido;
- è ridondante, cioè un amminoacido è codificato da più di un codone;
- è universale, cioè valido per tutti gli organismi.
TRADUZIONE (sintesi proteica)
La sintesi proteica è l’ultima tappa del processo di espressione di un gene.
Avviene nel citoplasma e ha sede sui ribosomi.
Al processo partecipano tre tipi di RNA: l’mRNA, che trasporta il messaggio, l’rRNA, che è
parte integrante del ribosoma, e il tRNA, che traduce il linguaggio degli acidi nucleici in
quello delle proteine. Questa molecola è infatti capace di legare gli amminoacidi, e di
riconoscere i codoni dell’mRNA grazie a una tripletta di nucleotidi, detta anticodone,
complementare a uno specifico codone sull’mRNA.
I tRNA sono molecole piccole, con una struttura a trifoglio, formate da circa 80 nucleotidi.
Ogni cellula ne ha almeno un tipo per ogni amminoacido.
Il legame tra un tRNA e lo specifico amminoacido è catalizzato da un enzima, detto
amminoacil-tRNA-sintetasi.
I ribosomi possiedono tre siti di legame: uno per l’mRNA, nella subunità minore, e due per
il tRNA: il sito P (sito peptidilico) e il sito A (sito amminoacilico).
La sintesi di una proteina si ha in tre fasi: inizio, allungamento e terminazione.
 Nella fase di inizio l’estremità 5’ dell’mRNA si lega alla subunità minore del
ribosoma. Si legano poi la subunità maggiore del ribosoma e il primo tRNA legato al
suo amminoacido specifico (amminoacil-tRNA), che si appaia con il suo
anticodone al codone di inizio e va a occupare il sito P.
 La fase di allungamento inizia con l’inserimento nel sito A di un secondo
amminoacido specifico con un anticodone complementare a quello del secondo
codone dell’mRNA. Si forma il legame peptidico tra i primi due amminoacidi e allo
stesso tempo il primo tRNA, che occupava il sito P esce dal ribosoma.
Il ribosoma si sposta di un codone lungo l’mRNA (5’ → 3’), e così il secondo tRNA
con i due amminoacidi attaccati va ad occupare il sito P.
Nel sito A tornato libero si posiziona un terzo amminoacido e si forma un nuovo
legame peptidico.
L’operazione si ripete più volte fin quando la catena polipeptidica non è completa.
 Quando il ribosoma arriva a uno dei tre codoni di stop, a cui non corrisponde
nessun tRNA, si ha la terminazione: la traduzione si ferma, la proteina si stacca dal
tRNA, che abbandona il sito P, e le due subunità del ribosoma si staccano.
Il processo di sintesi proteica richiede una grande quantità di energia, ottenuta dall’
idrolisi dell’ATP.
Man mano che durante l’allungamento il primo ribosoma si sposta lungo l’mRNA,
l’estremità 5’ rimasta libera può essere letta da un altro ribosoma.
Quindi, lo stesso filamento di mRNA può essere letto contemporaneamente da più
ribosomi, l’insieme dei quali è detto polisoma.

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