POLISACCARIDI
Quando si va ad analizzare le strutture lunghe degli zuccheri, si hanno i polisaccaridi. Si possono avere cate-
ne fatte dalla stessa unità, come tante molecole di glucosio; oppure diverse molecole. Se le unità sono uguali,
si hanno gli omo-polisaccaridi, se le unità sono diverse si hanno gli etero-polisaccaridi. Successivamente
questi possono essere ramificati e non ramificati.
Cellulosa, amido e glicogeno sono tutti omo-polisaccaridi, formati tutti da molecole di glucosio. Amido e
glicogeno hanno delle strutture non lineari; l’amido è in parte ramificato, mentre il glicogeno è totalmente
ramificato. Nella cellulosa, le unità di glucosio sono legate tramite un legame di tipo beta, permettendo alle
catene di essere lineari, potendosi poi appaiare formando strutture molto più complesse. Diversamente,
l’amido e il glicogeno assumono strutture granulari, perche tendono a ripiegarsi su su stessi. Nell’amido le
molecole di glucosio sono legate con legame alfa 1-4. L’amido è costituito dall’amilopectina( ramificata) e
l’amilosio(lineare). Il glicogeno è la molecola di riserva di glucosio degli animali. Anche questo ha una
struttura in cui le molecole di glucosio sono legate con legame alfa 1-4. A questi legami si aggiunge l’esisten-
za di legami alfa 1-6, creati nei punti di ramificazione; questo rende la molecola di glicogeno una struttura di
riserva energetica.
GLICOSAMMINOGLICANI: sono polisaccaridi, che hanno unità di glucosio, dei residui NH2(gruppi am-
minici) e glicani, perche sono molecole molto grandi. I glicosamminoglicani sono: cheratansolfato, epari-
na, acido ialuronico e condroitinsolfato ( nella sostanza amorfa). Tranne l’acido ialuronico, tutti gli altri
possono formare i proteoglicani: la parte proteica è minoritaria rispetto alla parte glucidica. Un proteoglica-
no è l’aggrecano.
I carboidrati possono anche essere legati alle componenti proteiche o lipidiche delle nostre membrane. Si ha
una glicoproteina, una proteina con una piccola componente di carboidrati. Poi ci sono i proteolipidi, in cui
la componente proteica è preponderante alla componente lipidica.
COME DIGERIAMO I CARBOIDRATI?
Per digerire la componente glucidica, dobbiamo andare a scindere i legami glicosidici, usando le glicosidasi,
enzimi specifici per i legami alfa glicosidici, quindi non scindono i legami beta glicosidici. Questi enzimi
sono presenti per primi a livello della bocca, con la presenza dell’alfa-amilasi, dove comincia una prima di-
gestione. Quando arriva nello stomaco, l’amilasi salivare viene denaturata. Il bolo passa nell’intestino tenue,
dove ci sono degli enzimi, tra i quali un alfa-amilasi pancreatica. Successivamente entrano in gioco enzimi
digestivi prodotti dalle cellule mucose dell’intestino, si hanno cosi glucosio, fruttosio e galattosio. Questi
vengono assorbiti dalle cellule intestinali e vengono immessi nel circolo sanguigno. Per la cellulosa, essendo
molto grande, non possediamo gli enzimi per scinderla e viene poi eliminata senza essere digerita.
DIGESTIONE DEL LATTOSIO
Ci sono degli individui che hanno una carenza di lattasi; il lattosio rimane indigerito nell’intestino tenue, rag-
giungendo l’intestino crasso. La flora batterica del crasso metabolizza il lattosio, producendo anidride carbo-
nica, idrogeno e molecole a tre e due atomi di carbonio. Quindi si ha la produzione di gas, oppure di acqua
all’interno del nostro intestino.
I carboidrati sono molecole polari, quindi non sono in grado di attraversare la membrana plasmatica apolare.
Quindi necessitano di trasportatori, il glut-5, che permette l’ingresso di glucosio e il trasportatore SGLT
che porta all’interno della membrana plasmatica il glucosio, il galattosio e lo ione sodio. Quest’ultimo viene
poi portato all’esterno della cellula attraverso la sodio-ATPasi(pompa sodio potassio) a spese di energia; que-
sto è un tipo di trasporto attivo secondario. Queste componenti poi passano al torrente circolatorio attraver-
so il glut-2. Di questi tipi di trasportatori ne sono stati individuati 12, ma solo 4 sono trasportatori di gluco-
sio. Il 2 si trova nel fegato, nel pancreas e nell’intestino, il tre è nel cervello, il 4 nel muscolo, nel tessuto adi-
poso e nel cuore. Quest’ultimo è attivo solo in presenza di insulina. Il 5 serve per trasportare il fruttosio.
DIGESTIONE DELLE PROTEINE
Digerirle significa andare a rompere i legami peptidici che tengono unite le subunità della proteina. La dige-
stione prevede la denaturazione delle proteine e che avvenga dopo la rottura dei legami peptidici. La dige-
stione delle proteine avviene nello stomaco, con i succhi gastrici, in cui c’è acido cloridrico e l’enzima pep-
sina. La gastrina è un ormone che innesca tutti i processi digestivi. Poi ci sono le cellule che secernono il
pepsinogeno, il precursore inattivo della pepsina. La funzione dell’HCl è quella di andare ad uccidere delle
componenti batteriche, ma ha anche il ruolo chiave del suo pH acido, permettendo la denaturazione delle
proteine, così tutti i legami peptidici vengono esposti. Il pepsinogeno si attiva attraverso il pH acido. La
pepsina va ad attaccare i legami peptidici liberi e forma amminoacidi e i polipeptidi. Successivamente, il
contenuto dello stomaco passa nell’intestino, dove il pH è quasi neutro; tutti gli enzimi dell’intestino funzio-
nano a pH basico. Il pancreas libera il bicarbonato per basificare, poi secerne anche granuli contenti zimoge-
ni, i precursori degli enzimi digestivi. Gli zimogeni vengono attivati tramite taglio proteolitico per formare
enzimi attivi. Questi formeranno frammenti sempre più piccoli di proteine. Poi le dipeptidasi e tripeptidasi
sono in grado di denaturare tutti gli altri piccoli frammenti di proteine. Gli zimogeni vengono secreti in una
forma inattiva, caratterizzati dalla desinenza -geno, per altri la forma inattiva è con l’enzima -pro. Come ven-
gono attivati? Nel lume intestinale, è presente l’enzima enteropeptidasi, che è in grado di tagliare il tripsino-
geno per formare la tripsina che, una volta formatasi va ad attivare sempre ,tramite taglio proteolitico, tutti
gli altri enzimi che catalizzeranno la rottura di tutte le altre porzioni amminoacidiche. Infine, gli amminoaci-
di vanno ad essere utilizzati per la sintesi delle nostre proteine corporee, ma servono anche a costruire le por-
firine, come il gruppo eme. Poi per sintetizzare la creatina, i neurotrasmettitori, i nucleotidi e i componenti
che contengono azoto. Dopodiché, gli amminoacidi possono venire ossidati a scopi energetici, ottenendo poi
anidride carbonica o gruppi chetonici.
AMMINOACIDI
Esistono amminoacidi essenziali e non essenziali. Gli essenziali sono la metionina, la treonina e la valina.
Ci sono amminoacidi che possono essere usati per la sintesi di glucosio (glucogenici) e quelli per sintetizzare
gruppi chetonici (chetogenici) e altri che forniscono atomi di carbonio, che sono sia glucogenici che cheto-
genici(leucina e lisina).
GLICOLISI
Permette l’ossidazione del glucosio e di altri monosaccaridi a sei atomi di carbonio, con lo scopo di ossidare
il glucosio per produrre energia metabolica, che si ottiene sottoforma di ATP e NADH. Questo è un processo
che avviene in tutti i tessuti e in tutti e in tutte le cellule dell’organismo e gli enzimi di questa fase si trovano
nel citoplasma. Per ossidare il glucosio a piruvato, occorrono una decina di reazioni, suddivise in due parti:
una di investimento energetico, cioè che è necessario consumare ATP per aumentare l’energia del glucosio,
in modo tale che durante la fase della generazione di glucosio possano essere formati ATP e NADH. Nella
glicolisi, il glucosio a sei atomi di carbonio viene ossidato a piruvato, a tre atomi di carbonio, quindi da una
molecola di glucosio se ne ottengono due di piruvato, perche il glucosio viene rotto in due parti. Insieme a
questa reazione si ottengono 4 ATP e 2 NADH, ma siccome le prime 2 molecole di ATP si devono consuma-
re, si ottengono 2 ATP e 2 di NADH. E piruvato
La glicolisi serve anche ad ossidare altri monosaccaridi, quali maltosio, lattosio o saccarosio.
Il piruvato può subire due destini diversi, che vengono distinti in base al consumo di ossigeno da parte delle
vie metaboliche che servono. Se si ha consumo di ossigeno, si ha la via aerobica; per potere continuare ad
ossidare il piruvato, lo si deve trasferire nei mitocondri(sulla cui membrana c’è un trasportatore specifico per
il piruvato), dove subisce una ossidazione e viene ossidato ad Acetil-CoA, con produzione di una molecola
di NADH e una di anidride carbonica. L’Acetil-Coa entra nel ciclo di Krebs, portando alla produzione di
ATP e coenzimi ridotti. NADH e FADH2 vanno a finire nella catena di trasporto degli elettroni e nella fosfo-
rilazione ossidativa portando alla produzione di ATP, mentre l’anidride va nel torrente circolatorio fino ad ar-
rivare ai polmoni.
La resa energetica di uno ossidazione completa del glucosio? 32 molecole di ATP.
GLICOLISI ANAEROBICA
Esiste anche la possibilità di ossidare il piruvato senza il consumo di ossigeno, in condizioni di anaerobiosi.
Il piruvato rimane nel citoplasma, dove è il substrato di un enzima, chiamato lattato-deidrogenasi (LDH);
questa reazione consuma una molecola di NADH e genera una di NAD+. Questa conversione avviene in tes-
suti privi di mitocondri o con un livello basso si vasi. I globuli rossi non hanno mitocondri, quindi non pos-
sono produrre ATP. Viene rigenerato NAD+, permettendo alla trasformazione di avvenire. Quindi si potrà
continuare ad ossidare glucosio in piruvato e lattato. Oltre ai globuli rossi, ci sono anche i muscoli di eserci-
zio attivo o i tessuti definiti anossici,cioè quelli non vascolarizzati. In questa fase, la quantità di ATP che si
ottiene è pari a 2ATP.
REGOLAZIONE DELLA GLICOLISI
La glicolisi è un processo regolato, nel senso che la cellula può modulare la velocità di tutto il processo. Ci
sono due regolazioni: una allosterica e una ormonale.
- Regolazione Allosterica: permette una regolazione fine. Ci si riferisce alla presenza di una molecola rego-
latoria che si lega in maniera specifica all’enzima, che può essere un modulatore positivo, quindi aumentare
la velocità dell’enzima. Con il modulatore negativo si rallenta il processo, perche l’enzima nuovo non è affi-
ne per i substrati. Uno dei principali siti di regolazione è a carico di un enzima, chiamato fosfofruttochinasi
1, che è regolato allostericamente da dei modulatori negativi, mentre altri sono positivi. Lo scopo della glico-
lisi è la produzione di ATP, quindi quando la cellula ha prodotto una quantità di ATP sufficiente, l’ATP stesso
va a legarsi all’enzima, rallentandone l’attività, e si dice che l’ATP inibisce la glicolisi. Quando l’ATP viene
poi utilizzato a livello delle varie reazioni metaboliche, viene idrolizzato fino ad AMP, quest’ultimo sinoni-
mo di carenza di energia quindi l’AMP va a legarsi all’enzima, andandolo a stimolare, in modo tale che la
cellula ossidi più glucosio in glicolisi, potendo poi ricavare più molecole di ATP. Nel fegato, l’ossidazione è
regolato da un altro modulatore positivo della glicolisi, il fruttosio 2,6bisfosfato.
- Regolazione Ormonale: permette anche lo spegnimento completo della via metabolica in determinati tes-
suti.
Gli ormoni vengono riconosciuti da dei recettori sulla superficie delle cellule, trasmettono il loro segnale per-
ché il loro legame fa accadere cose all’interno della cellula e riguardo alla glicolisi, quando si ha insulina, la
glicolisi viene attivata, perché l’insulina provoca delle modificazioni a livello dei tre enzimi glucochinasi, fo-
sfofruttochinasi 1 e piruvato chinasi. Quando l'insulina non c’è, c’è il glucagone che ha funzione inibitoria
sulla glicolisi e va ad agire sugli stessi tre enzimi precedenti. La regolazione ormonale avviene solamente nel
fegato e non negli altri tessuti: il fegato farà glicolisi quando c’è insulina, altrimenti con il glucagone verrà
bloccata.
VIA DEL PENTOSIO FOSFATO
Il glucosio 6-fosfato viene ossidato a ribulosio 5-fosfato e NADPH. NADPH è un coenzima che serve nelle
vie biosintetiche, cioè vie che servono per sintetizzare nuove molecole, serve nei processi di detossificazione,
catalizzati dal citocromo P750, che serve per eliminare le specie reattive dell’ossigeno e per metabolizzare
nuovi farmaci. Il ribulosio 5-fosfato può essere convertito il ribosio 5-fosfato, quest’ultimo utilizzato per la
sintesi dei nucleotidi. Questa via è localizzata nel citoplasma di tutte le cellule del nostro organismo, anche
nei globuli rossi senza nucleo. Perche il globulo rosso fa il ribosio 5-fosfato? I prodotti finali sono due: il
ribosio 5-fosfato e il NADPH, ma quello che serve di più è il NADPH. Se una cellula ha bisogno solo di
NADPH e non di ribosio, da glucosio si va ribulosio 5-fosfato, che poi viene riconvertito in una fase non os-
sidativa in glucosio. In questo modo, gli atomi di carbonio del ribulosio vengono riciclati.
Se serve il ribosio 5-fosfato perche la cellula deve dividersi, quindi si trova in una situazione metabolica per
cui ha bisogno di sintetizzare gli acido nucleici, allora il ribulosio andrà a finire in ribosio 5-fosfato e la se-
conda parte non avviene.
Anche questa via metabolica è regolata e la regolazione dipende dalla disponibilità da uno dei due prodotti e
il prodotto che regola la via del pentosio fosfato è il NADPH, regolazione che avviene in maniera allosterica.
Alcuni enzimi usano il NADPH come un modulatore allosterico negativo, quindi quando c’è NADPH, la
fase 1 viene rallentata; quando il NADPH è assente, la fase 1 può procedere; in questo la cellula ha a disposi-
zione una quantità adeguata di NADPH.
Il glucosio viene conservato sottoforma di glicogeno, a causa della concentrazione osmotica. Avere una mo-
lecola di glicogeno che contiene anche 1000 molecole di glucosio si ha ha pressione osmotica inferiore.
GLICOGENO SINTESI
Anche questo processo avviene nel citoplasma di tutte le cellule del nostro organismo. Il fegato e il musco-
lo hanno grandi quantità di glicogeno.
Finito il digiuno ci si può trovare in una situazione in cui abbiamo alcune molecole di glicogeno oppure in
un’altra situazione in cui non abbiamo più molecole di glicogeno.
NON C’è NESSUNA MOLECOLA DI GLICOGENO
Per fare il glicogeno, il glucosio deve venire trasformato in una forma attivata, UDP-Glucosio. Così il gluco-
sio 6 fosfato può essere ossidato, mentre l’UDP-Glucosio no. Quest’ultimo viene indirizzato verso la sintesi
del glicogeno. Questa molecola viene legata dalla glicogenina, una proteina che ha la capacità di legare ad
uno dei suoi amminoacidi alcune molecole di glucosio, cominciando a creare una piccola catena di tante mo-
lecole di glucosio, legate attraverso legame glicosidico alfa 1,4. Quando la catena ha superato i 6 residui di
glucosio, interviene un secondo enzima, il glicogeno sintasi, che continua ad inserire molecole di glucosio
sulla catena di glucosi precedente, formando tante unità di glucosio legate tra di loro. Adesso il glucosio vie-
ne ramificato per azione di un enzima, l’enzima ramificante che sa prendere una porzione di questa catena,
li stacca e li attacca a monte, andando a creare una piccola catena sulla catena principale, generando un lega-
me glicosidico alfa 1,6.
SINTESI DELL’EME.
Le porfirine vengono sintetizzati a livello del fegato e del midollo osseo. A livello del midollo osseo, i globu-
li rossi vengono sintetizzati lì, quindi lì avviene una grossa parte della sintesi dell’eme. Il fegato sintetizza il
gruppo eme, che serve a molte altre proteine, tra i quali i citocromi. La via metabolica è la stessa, cioè si par-
te sempre dall’amminoacido glicina e dal Succinil CoA, un intermedio del ciclo di Krebs. A queste vie meta-
boliche sono state individuate delle mutazioni geniche, causate da un alterata funzione dell’enzima, con ge-
nerazione di una malattia genetica. Cosa succede se un enzima presente in una via metabolica funziona o non
funziona? Si arriverà fino alla sintesi completa dell’eme. Quando c’è un accumulo di composti che non si
riesce ad usare, una parte si libera nel torrente circolatorio, oppure si va incontro a delle reazioni che vanno a
generare altri tipi di composti, che comunque verranno poi liberati se non potranno essere utilizzati
dall’organismo.
La glicina e il Succinil CoA sono delle molecole idrosolubili, si sciolgono bene nel citoplasma e nel sangue,
mentre l’eme è una molecola altamente idrofobica, quindi si otterranno delle molecole sempre più idrofobi-
che. Un’altra caratteristica della fase finale dei composti è quella di avere tanti doppi legami, che indica la
colorazione del sangue, che in questo caso è il gruppo eme. Quando l’organismo tenta di eliminare queste
molecole colorate, si vedranno dei cambiamenti al livello delle urine, malattie che prendono il nome di por-
firie. Se invece il danno metabolico è verso la fine della via metabolica, i prodotti non potranno sciogliersi
nel sangue, quini si accumuleranno nei tessuti. Se questi si accumulano in superficie come nella pelle, si
avranno delle escoriazioni a livello epidermico, generando ipersensibilità della pelle.
Dopodiché l’emoglobina viene inserita nel globuli rossi che cammineranno nel nostro organismo per circa
120 giorni. Per arrivare alla completa degradazione ed eliminazione dell’eme servono 4 diversi tessuti. Il pri-
mo è il sistema reticolo endoteliale, il secondo è il fegato, poi l’intestino e i reni. Il gruppo eme deriva
dall’emoglobina, fino al 90% e poi il resto deriva dalla mioglobina, dai citocromi e dagli enzimi emici, dai
citocromi e da una serie di enzimi che hanno come gruppo prostetico il gruppo eme. I globuli rossi vengono
riconosciuti dai macrofagi attraverso l’emocateresi(distruzione dei globuli rossi), l’emoglobina viene separa-
ta dal globulo rosso, la globina poi viene separata dal gruppo eme, che contiene il suo processo di degrada-
zione. Una volta tolto il ferro, la molecola diviene lineare. Una volta che viene linearizzata, la molecola di-
venta biliverdina. Successivamente, la biliverdina viene convertita in bilirubina, molecola di colore giallo.
Questi cambi di colori del gruppo eme, sono degli eventi che sperimentato quando ci procuriamo con gli
ematomi. Il macrofago è in grado di convertire l’eme in biliverdina e poi in bilirubina, poi il macrofago ha fi-
nito il suo compito, rilasciando la bilirubina nel torrente circolatorio. Questa è una molecola idrofobica,
quindi ha bisogno di essere trasportata per muoversi nel torrente, attraverso l’albumina, formandosi il com-
plesso bilirubina-albumina, che viene recuperato dal fegato. Questa forma di bilirubina viene misurata
come bilirubina indiretta.
Cosa succede nel fegato? Il fegato è l’organo deputato alla eliminazione di molte molecole che l’organismo
considera spazzatura, molecole idrofobiche. Come fa ad eliminarle? Cerca di renderle più idrofiliche, attra-
verso il meccanismo di andare a legarle con molecole più solubili, in particolare l’acido glucuronico, due
molecole di questo acido si legano alla bilirubina che diventa bilirubina diglucurinide, inserita poi nella
bile, composto che viene conservata nella cistifellea e riversata nel lume intestinale durante la digestione. A
livello intestinale, è presente la flora intestinale, con dei batteri, che convertono la bilirubina diglucoronide
in bilirubina, quindi staccano l’acido glucuronico, riformando bilirubina, e poi convertono la bilirubina in
urobilinogeno, rappresentato dalla lettera U. L’urobilinogeno ha tre diversi destini. La quantità maggiore di
questa molecola rimane nel lume intestinale, prosegue il suo percorso attraverso l’intestino e continua ad es-
sere metabolizzata dalla flora intestinale, convertito in stercobilina, pigmento caratteristico delle nostre feci.
Per quanto riguarda la secondo destino e che l’altra quota di questa molecola viene assorbita dall’intestino
dova va al sangue portale, passando prima nel fegato, dove rimane una piccola quota, mentre la restate rima-
ne nel sangue, finché on arriva ai reni, dove viene convertita in urobilina, che viene filtrata a livello renale
con le urine, con le quali viene eliminata; questo è il pigmento caratteristico delle nostre urine. Un altra pic-
cola quota partecipa al ciclo entero-epatico; dall’intestino torna al fegato e dal fegato ritorna all’intestino. Se
uno di questi processi non funziona, si ha un accumulo di bilirubina nei tessuti, provocando l’ittero. C’è un
ittero emolitico, che si ha quando si ha un aumento di emocateresi, quindi i globuli rossi vengono eccessiva-
mente eliminate. Poi c’è la carenza congenita dell’enzima che attacca l’acido glucuronico alla bilirubina, che
genera il morbo di Crigler-Najiar, patologia genetica.
METABOLISMO DEI NUCLEOTIDI sia sintesi che la loro degradazione
I nucleotidi contengono uno zucchero, un fosfato e una base azotata, che può essere una purina (adenina e
guanina), oppure una pirimidina(timina, citosina e uracile).
COME VENGONO SINTETIZZATI I NUCLEOTIDI
Ci sono due vie: sintesi de novo e la via di salvataggio. Nella prima si parte da molecole più semplici, co-
struendo nucleotidi da zero, con il bisogno di amminoacidi(dieta), di ribosio 5-fosfato(via dei pentosi, quindi
si parte da glucosio per ottenere questa molecola), di anidride carbonica e da ammoniaca. Sintetizzare i nu-
cleotidi patendo da zero è un processo estremamente costoso, per cui sono presenti vie di salvataggio che
permettono di riciclare nucleotidi che sono disponibili dalla sintesi degli acidi nucleici, permettendo così un
risparmio energetico rispetto alla prima via di sintesi.
SINTESI DE NOVO
Quali amminoacidi ci servono per sintetizzare i nucleotidi? La glicina e la glutammina per sintetizzare le pu-
rine e la glutammina e aspartato per sintetizzare le pirimidine. Tutte le volte che il ribosio viene attivato in
forma 5-fosforibosyl-1-pirofosfato , viene indirizzato verso la sintesi dei nucleotidi e non può venire usato
per altri scopi.
Vie di recupero.
È strato dimostrato che negli esseri umani, circa il 90% delle purine libere vengono recuperate e poi riutiliz-
zate: prendo la mia base azotata, la unisco al ribosio in forma attivata e risintetizzato il nucleotide; due sono
gli enzimi chiave per la sintesi di questi nucleotidi attraverso le vie di recupero, che sono la Ipoxantina-gua-
nina fosforibosiltransferasi e l’adenina fosforibosiltransferasi che recupera la base adenina, formando AMP.
L’importanza di queste vie di recupero è stata messa in evidenza da una mutazione genica, quindi quando
questo enzima è mutato, non si riesce a recuperare tutte le base azotate che dovrebbero venire recuperare, ge-
nerando poi malattie. Quando gli acidi nucleici non servono più, i nucleotidi in eccesso devono essere elimi-
nati, perché il nostro organismo non possiede una forma di deposito per i nucleotidi. → catabolismo
CATABOLISMO DELLE PURINE
il substrato delle vie di degradazione sono l’AMP e i GMP, che vengono degradate ad acido urico, forma con
cui poi possiamo eliminare gli atomi di carbonio che derivano da questi nucleotidi. L’acido urico è un acido
particolare, che ha la caratteristica di essere poco solubile in acqua. Cosa succede quando è presente in ecces-
so (superiore agli 0,6 g/24h), forma dei cristalli, precipitando nelle articolazioni e nei tessuti molli, provocan-
do la malattia chiamata gotta. Una delle condizione che ne fa aumentare la quantità sono delle mutazioni a
carico di un enzima, per cui il riciclo delle basi azotate non funziona correttamente, per cui si ha un eccesso
di basi azotate, provocando un aumento dell’acido urico, cosa non provocata da un eccessivo uso di carne,
quindi di proteine.
CATABOLISMO DELLE PIRIMIDINE
Le vie del catabolismo delle pirimidine portano alla formazione di urea, molecola molto solubile o con inter-
medi del ciclo di Krebs, anch’esse molto solubili. Ci sono delle evidenze che dimostrano che l’acido urico
può svolgere una funzione di controllo dello stato redox del nostro organismo, andando a bilanciare o a bloc-
care le reazioni redox.
SINTESI DEI DEOSSIRIBONUCLEOTIDI
Per sintetizzare il DNA si deve sintetizzare i deossiribonucletodi, partendo dei ribonucleotidi, grazie all’enzi-
ma Ribonucleotide reduttasi, che elimina il gruppo ossidrilico in posizione 2 del ribosio, per cui dalla for-
ma ossi, si passa alla forma deossi. Questa è una reduttasi, quindi si ha una molecola che viene ridotta, cioè il
nostro nucleotide. Per ridurre una molecola, occorre un altra che si ossida, che ceda gli equivalenti riducen-
ti; la molecola che li cede è il coenzima NADP che si ossida a NADP+. Inoltre, substrati di questa reduttasi
sono una particolare forma di ribonucleotidi, quelli nella forma difosfato. L’enzima che catalizza questa
reazione è un tetramero, formato da due subunità R1 e due subunità R2, con uno spazio tra le due subuni-
tà, che è il sito attivo all’intero del quale entreranno i ribonucleotidi difosfato. Per avere una sintesi di DNA
senza mutazioni è necessario che siano a disposizione quantità adeguate di ognuno dei 4 nucleotidi per la sin-
tesi di DNA, perché altrimenti la loro assenza provocherebbe una mutazione a livello genomico. Sul nostro
enzima esistono anche due siti di regolazione, il sito di regolazione primario e il sito di regolazione secon-
dario. Il primario determina se l’enzima funziona oppure no, dove si può legare il modulatore positivo, op-
pure quelle negativo, provocando il non funzionamento dell’enzima. I due modulatori sono ATP quello posi-
tivo e il deossiATP, che è negativo. Se c’è tanto ATP è segno che ci sono tanti nucleotidi che deve essere ri-
dotti. Il sito di regolazione secondario è anche chiamato sito di specificità: anche in questo caso di avranno
dei modulatori allosterici, che ne determineranno il substrato che l’enzima può ridurre. Prima vengono sinte-
tizzati i deossi-ribonucleotidi pirimidinici, quando di questi ce n’è abbastanza, l’enzima riduce prima il deos-
siGDP e dopo il deossiADP, in questo modo la cellula si assicura di avere una quantità adeguata di deossiri-
bonucleotidi.
DIGIUNO
La fase di digiuno inizia dopo circa 2/3 ore dal primo pasto.
L’ormone in questa fase è il glucagone, sempre secreto dal pancreas. Lo stato di stress è segnalato dall’adre-
nalina.
Durante il digiuno l attività dell’organismo continuano a d accadere, quindi occorre sempre rifornire energia
le nostre cellule. Ci sono delle cellule che dipendono solo dal glucosio, quindi è importante che in questa
fase di digiuno l’organismo mantenga una concentrazione di glucosio basale, chiamata glicemia. Se poi dob-
biamo ottenere energia, ossidando dei composti, al fine di produrre ATP con coenzimi ridotti, andando ad os-
sidare molecole che derivano dai depositi energetici della cellula; il glucosio in eccesso è conservato come
glucosio, mentre gli acidi grassi in eccesso come trigliceridi; si deve andare a mobilizzare questi fondi e in
più il nostro organismo è in grado di produrre dei composti energetici alternativi. Tutto questo metabolismo è
messo in moto dal glucagone nel digiuno e dall’adrenalina nello stress.
La glicemia dev’essere tenuta a livelli normali, cioè livelli misurati nella popolazione sana di riferimento e si
aggira intorno ai 70-100 mg/100ml. Perché è importante mantenere il valore di glicemia non al di sotto di
questi valori? Quando si scende sotto la soglia minima, cominciano a comparire dei sintomi, che hanno lo
scopo di promuovere l’innalzamento della glicemia, quindi si ha il rilascio di adrenalina e glucagone e corti-
solo. Se questo non è sufficiente, allora cominciano a comparire dei sintomi patologici, quali palpitazioni e
tremore; se si continua così, si ha uno stato confusionale fino ad arrivare al coma e alla morte. Gli glucosio
deve arrivare in questa fase da fonti interne. Chi si occupa di ciò? Il fegato, che è in grado di generare e di li-
berare in circolo del glucosio, con lo scopo di mantenere i livelli di glicemia normali, ma soprattutto mette
glucosio a disposizione delle altre cellule dell’organismo. Il fegato riesce a fare questo perché possiede due
vie metaboliche e in particolare una è la via del glicogenolisi, quella via che permette al fegato di degradare
il suo glicogeno a glucosio e di liberarlo in circolo. L’altra via metabolica si chiama gluconeogenesi, che
parte dopo, ma è in grado produrre glucosio per un tempo anche prolungato. La quantità di glucosio che può
essere prodotta in queste due vie è piuttosto piccola, quindi solo alcune cellule riusciranno ad avere glucosio.
Quindi altre cellule che non hanno glucosio smettono di usare glucosio e passano ad usare un carburante al-
ternativo, come ad esempio gli acidi grassi che provengono dai trigliceridi, quindi il tessuto adiposo degrada
i suoi trigliceridi mandando in circolo sanguigno i suoi acidi grassi, attraverso il quale raggiungono le cellule
periferiche. Oltre a queste molecole vengono usati anche i corpi chetonici, molecole sintetizzate e rilasciate
dal fegato stesso, una classe di molecole che i mostri tessuti periferici possono ossidare per produrre energie
metabolica. Quindi da una parte si ha lo switch e passano ad usare dei carburanti alternativi, mentre dall’altra
parte, i tessuti che sono obbligati a ad usare glucosio, lo usano prodotto dal fegato attraverso la glicogenolisi
e la gluconeogenesi. Un organo obbligato ad usare il glucosio sono il cervello, i globuli rossi e alcuni tessuti
dell’occhio come il cristallino. Per questi tessuti, la disponibilità del glucosio è indispensabile.
GLICOGENOLISI E GLUCONEOGENESI
La glicogenolisi parte dal glicogeno e rilascia unità di glucosio e il fegato lo immette in circolo.
La gluconeogenesi converte il piruvato in glucosio e parte da dei precursori che non sono carboidrati, quinid
sa convertire delle molecole che non son carboidrati in carboidrati. Anche in questo caso, il glucosio è libera-
to nel torrente circolatorio.
GLICOGENOLISI
La glicogeno lisi ha bisogno di due enzimi, enzima deramificante e dell’enzima glicogeno fosforilasi. Il gli-
cogeno è un omo-polisaccaride ramificato, dove ci sono due tipi di legame glicosidico, uno che lega tra di
loro le varie unità di glucosio e l’altro che lega nei punti di ramificazione; per liberare le unità di glucosio dal
glicogeno è necessario rompere questi legami. La glicogeno fosforilasi rompe il legame glicosidico alfa1,4 e
aggiunge un gruppo fosfato, lasciando un glicogeno più corto di un residuo. Poi entra in gioco l’enzima dera-
mificante, che prende una parte di catena laterale e li trasferisce nella catena alla fine dell’altra, generando
una catena lineare; inoltre, scinde il legame glicosidico alfa 1,6 che va a liberare un glucosio, generando una
catena lineare di glucosio. Su quest’ultima poi torna ad agire l glicogeno fosforilasi che staccherà le unità di
glucosio sottoforma di glucosio 1-fosfato, finché non troverà una ramificazione, dove entrerà in gioco l’altro
enzima. All’inizio si è detto che il glicogeno è presente in tutti i tessuti, ma in modo più abbondante nel fega-
to e nel tessuto muscolare scheletrico. La glicogenolisi è un processo che avviene in tutti i tessuti. Tra un tes-
suto e l’altro cambia il destino del glucosio ottenuto dal glicogeno. Il glicogeno epatico genera un glucosio
che viene immesso nel torrente circolatorio, quindi il fegato non usa il glucosio ottenuto dal glicogeno epati-
ca, ma lo immette nel torrente circolatorio e lo lascia a quei tessuti che dipendo dall’ossidazione del glucosio.
Tutti gli altri tessuti, possono fare glicogenolisi, possono ottenere glucosio dal glicogeno, ma rimane nel tes-
suto e viene ossidato in glicolisi con lo scopo di produrre energia per la cellula e questo avviene soprattutto
nei muscoli. Il glucagone, l’ormone del digiuno, regola la glicogenolisi del fegato, per far sì che il glucosio
venga immesso nel circolo, per mantenere la glicemia a valori normali. Il muscolo usa il suo glicogeno per
produrre energia per la sua contrazione, ma lo farà solo quando deve contrarsi e non a riposo.
GLUCONEOGENESI
La gluconeogenesi è una via che avviene in soli due tessuti, cioè solo nel fegato e nella midollare dei reni,
dove il 99% del glucosio prodotto deriva solo dalla gluconeogenesi epatica e la restante dai reni. Questa via
metabolica è l’inverso della glicolisi, perché si differenziamo soltanto per tre reazioni. La glicolisi avviene
nel citoplasma; nella gluconeogenesi ci sono due reazioni che avvengono nei mitocondri, mentre le altre nel
citoplasma. La gluconeogenesi è attiva nel digiuno in risposta alla presenza del glucagone, che quando è pre-
sente in fegato non fa glicolisi, al contrario la glicolisi avviene e non la gluconeogenesi.
Il piruvato viene prodotto nel fegato a partire da substrati non saccaridici, come il lattato, che può venire di-
rettamente venire convertito in piruvato con la lattato deidrogenasi, da alanina; poi ci sono altri amminoacidi
glucogenici dai quali è possibile ottenere piruvato. L’alanina può venire essere convertita in una sola riduzio-
ne: grazie ad una amminotransferasi la si può convertire in piruvato. Ma da dove vengono l’alanina e il latta-
to? Il lattato è prodotto dalla glicolisi anaerobia, che avviene in un muscolo in attività intensa, oppure nei
globuli rossi. Per queste cellule, il lattato è una molecola di scarto, quindi lo mettono in circolo. Il fegato re-
cupera poi il lattato e possiede la gluconeogenesi che permette a conversione del lattato in piruvato che verrà
trasformato in glucosio 6-fosfato che verrà poi immesso nel torrente circolatorio che lo porterà ai muscoli.
Quindi avviene uno scambio tra il fegato e i muscoli, ciclo chiamato ciclo di Cori. L’altra molecola che serve
per sintetizzare il glucosio e l’alanina, che viene prodotta dalla degradazione delle proteine muscolari; il mu-
scolo da una parte deve rinnovare le sue proteine muscolari e dall’altra nel digiuno, accade che le proteine
vengano degradate da potere essere ossidate a scopo energetiche. Così il muscolo si ritrova ad avere tanta
alanina, che viene immessa nel circolo che va al fegato, dove viene trasformata in glucosio, che poi ritornerà
al fegato; in questo caso si scambiano alanina e glucosio, ciclo chiamato ciclo glucosio-alanina.
Gli acidi grassi sono conservati nel tessuto adiposo sottoforma di triacilgliceroli, quinid il glucagone di che al
tessuto adiposo che è arrivato il momento di degradati i trigliceridi in glicerolo e acidi grassi. Il glicerolo va
al fegato e rientra tra i precursori della gluconeogenesi, mentre gli acidi grassi vengono liberti nel torrente e
arrivano ai tessuti periferici, trasportato dall’albumina sierica; gli acidi grassi quindi potranno andare al fe-
gato e ai tessuti, dove verrano ossidati, attraverso la beta ossidazione, che serve a convertire gli acidi grassi
in acetil-CoA, che entra nel ciclo di Krebs per produrre ATP. Nel fegato questo coenzima, può subire due de-
stini, o ciclo di Krebs oppure per produrre i corpi chetonici, che il fegato poi immetto in circolo a disposizio-
ne dei tessuti periferici non epatici. Come avviene la mobilizzazione degli acidi grassi dal tessuto adiposo? È
regolato dall’ormone glucagone e dall’adrenalina. L’ormone si lega ai suoi recettori, attiva una cascata enzi-
matica che attiva degli enzimi che sono responsabili della scissione dei trigliceridi in glicerolo e acidi grassi.
Durante il digiuno non ci sono lipoproteine prodotte dagli adipociti, prodotte dal fegato o dall’intestino.
L’insulina inibisce la mobilizzazione dei triacilgliceroli dal tessuto adiposo, cosa che il glucagone e l’adrena-
lina favoriscono.
Nei muscoli può accadere che le proteine muscolari vengano degradate in amminoacidi che poi verranno
mandati al fegato per potere essere usati in gluconeogenesi.
CORPI CHETONICI
quelli prodotti dal fegato sono l’acetoacetato, l’acetone e il 3-idrossibutirrato. Il fegato parte dall’aceti-CoA
che derivano dagli amminoacidi chetogenici o dagli acidi grassi. Questo coenzima può venire convertito dal fega-
to in questi tre corpi chetonici, che poi verranno immessi nel circolo. In circolo l’acetoacetato può dare origine
all’acetone; quest’ultimo è un corpo chetonico ma non è una fonte energetica,p perche le cellule dei tessuti perife-
rici per energia solo gli altri due corpi chetonici. Questi come vengono usati? Vengono riconvertiti in Acetil-CoA e
poi entrano nel ciclo di Krebs, producendo energia. I tessuti periferici possono riconvertire i due corpi chetonici in
Acetil-CoA perché esprimono l’enzima tioforasi, enzima presente in tutti i tessuti periferici che possono usare i
corpi chetonici, come il cuore, i reni e il cervello. Il fegato non possiede la tioforasi, quinid il fegato sintetizza i
corpi chetonici, ma non è in grado si usarli. L’acetone è un prodotto di scarto e viene eliminato attraverso due vie,
una attraverso la respirazione perché è un composto volatile a livello polmonare, oppure può essere filtrato a livel-
lo renale ed eliminato con le urine.
CICLO NUTRIZIONE/DIGIUNO
I tessuti sono in stretta comunicazione tra di loro, attraverso degli ormoni, attraverso il sistema nervoso e la dispo-
nibilità dei substrati in circolo, cioè quelle molecole che si trovano nel sangue, in grado di venire percepite dai vari
tessuti, che modificheranno il loro comportamento. Gli omoni chiave di questo ciclo sono due, l’insulina e il glu-
cagone, e insieme l’adrenalina che ha effetti simili al glucagone. L’insulina è un ormone peptidico, prodotta dalle
cellule beta delle isole di Langherans presenti nel pancreas. Viene inizialmente prodotta come prepro-insulina, una
molecola più lunga che verrà poi immagazzinata in dei granuli, rilasciati nel sangue in risposta alla concentrazione
ematica di alcuni metaboliti, tra i quali il glucosio che, quando è elevato, promuove la secrezione di questo ormo-
ne. Insieme al glucosio, anche gli amminoacidi e gli acidi grassi promuovono la secrezione di insulina da parte
delle cellule beta del pancreas. Nell stress si ha una inibizione del rilascio di insulina con l’adrenalina.
EFFETTI DELL’INSULINA
Gli effetti biologici dell’insulina sono sia effettivi positivi che negativi, per cui l’insulina promuove l’assunzione
del glucosio, quindi il suo ingresso nelle cellule e il suo utilizzo da queste ultime; per questo motivo, gli glicemia
diminuisce, quindi l’insulina è considerato un ormone ipoglicemizzante. Si avrà poi anche la sintesi delle proteine
e degli acidi grassi. Nel fegato viene poi inibita la gluconeogenesi, la glicogenolisi e la lipolisi, fenomeno che av-
viene nel tessuto adiposo. Inoltre, l’insulina va a modificare l’espressione genica, andando a modificare il corredo
di enzimi e di proteine che sta all’interno di una cellula. Tutti gli effetti precedenti sono degli effetti a breve termi-
ne, mentre l’ultimo effetto è a lungo termine.
EFFETTI DEL GLUCAGONE E DELL’ADRENALINA
Il glucagone è un ormone peptidico, sintetizzato dalle cellule alfa delle isole di Langherans e viene conservato in
vescicole di secrezione. Verrà rilasciato quando abbiamo in circolo gli amminoacidi e l’adrenalina. Se abbiamo in
circolo glucosio e insulina, la secrezione di glucagone è impedita, ma dopo un po' di ore dal pasta, la concentra-
zione di glucosio diminuisce fino ad arrivare ad una concentrazione basale, che non inducono la secrezione di in-
sulina, quindi la sua concentrazione è bassa, che provoca la secrezione del glucagone. Il glucagone promuove la
glicogenolisi, la gluconeogenesi, processi importanti, perche in risposta di questi due processi il fegato ottiene del
glucosio che vine rilasciato in circolo, motivo per il quale il glucagone è considerato un ormone iperglicemizzan-
te. Si avrà poi un’attivazione della lipolisi con liberazione degli acidi grassi e l’attivazione della beta-ossidazione.
Poi si avrà la chetogenesi e l’assunzione degli amminoacidi, che derivano dalla degradazione delle proteine mu-
scolari. Infine, si avrà una inibizione delle glicogenesi, cioè la sintesi di glicogeno e poi una inibizione della glico-
lisi epatica.
RUOLO DEI VARI TESSUTI NELLE FASI DI NUTRIZIONE E DI DIGIUNO.
Al fegato arrivano il glucosio e gli amminoacidi dall’alimentazione. Oltre a queste, riceve le rimanenze dei chilo-
microni, quindi questi prima hanno fatto il giro dei vari tessuti e quello non distribuito va al fegato. Cosa ne fa il
fegato dei vari tipi di molecole?
Il glucosio entra nel fegato e può essere conservato sottoforma di glicogeno, può essere usato nella via dei pentosi
per fare ribosio5fosfato e NADPH; può essere usato nella glicolisi, convertendo il piruvato in Acetil-CoA. Gli am-
minoacidi vengono usati per sintetizzare proteine, sia le proteine del fegato che una gamma di proteine per l’orga-
nismo, come vari fattori di crescita e le proteine plasmatiche, compresi molti dei fattori di coagulazione. Gli am-
minoacidi in eccesso possono venire ossidati, quindi si deve rimuovere il gruppo amminico, trasferito sul glutam-
mato e va a finire nel ciclo dell’urea; ciò che resta una volta rimosso il gruppo amminico, rimangono l scheletro
carbonioso, divenendo acetil-CoA o nel ciclo di Krebs. Tutto questo Acetil-CoA può sunire due destini diversi;
può entrare nel ciclo di Krebs, oppure usato per la sintesi dei lipidi. Quando il ciclo di Krebs è saturo, questo
coenzima viene usato per la sintesi di acidi grassi e di colesterolo. A questi acidi grassi, si sommano quelli che ar-
rivano come rimanenze dei chilomicroni, che portano anche colesterolo, che si aggiunge a quello che il fegato è in
grado di sintetizzare. Il colesterolo viene esterificato e sia questo che i trigliceridi e vanno nelle VLDL che rila-
sciate al circolo; da qui, vanno al tessuto adiposo e dopo essersi svuotate diventeranno LDL e distribuiranno il co-
lesterolo ai tessuti periferici.
Il tessuto adiposo è un deposito di scorte energetiche e durante l’assorbimento, recupera gli acidi grassi dai chilo-
microni e dalle VLDL, convertiti in triacilgliceroli e depositati nella goccia lipidica. Per fare questo serve energia,
che viene presa dal glucosio, che entra nell’adipocita e viene usato per ricavare energia con il ciclo di Krebs e nel-
la via del pentosi, il cui prodotto importante è il NADPH, che serve per la sintesi degli acidi grassi. Se il glucosio
è tanto, si ha un accumulo di Acetil-CoA, che verrà usato per la sintesi di acidi grassi fatti nel fegato. Il meccani-
smo con il quale il glucosio entra nell’adipocita è un trasportatore GLUT-4, che è presente nella membrana pla-
smatica dell’adipocita solo quando c’è l’insulina, cioè avviene soltanto nella fase nutrita.
Il muscolo scheletrico è un tessuto che deve affrontare diversi stati metabolici, come l’alternanza tra gli digiuno e
la fase nutrita, così come il riposo e l’attività più o meno intensa. Un muscolo scheletrico a riposo presenta il se-
guente metabolismo: usa il glucosio solo quando c’è insulina, perche presenta anche lui il GLUT-4, con il princi-
pale destino di formare glicogeno, mentre una piccola quantità serve per produrre energia attraverso la glicolisi
prima e il ciclo di Krebs dopo. Quando c’è insulina, il muscolo recupera molti amminoacidi e li utilizza per rinno-
vare le sue proteine muscolari, per tenersi pronto ad una eventuale attività motoria. Con il muscolo a riposo, il mu-
scolo sintetizza dall’arginina e glicina una molecola che si chiama creatina, che viene fosforilata a spese di ATP,
formando creatina-fosfato, particolare molecola che serve a conservare energia, nel legame tra la creatine e il fo-
sfato, perché quando serve energia, questa molecola più cedere il suo gruppo fosfato all’ADP, formando ATP uti-
lizzabile durante la contrazione la creatina potrà essere poi caricata. Nella fase di esercizio, la concentrazione di
creatina fosfato è bassa, mentre è alta durante le fasi di riposo. Quando c’è contrazione muscolare, l’ATP viene
scissi in ADP e fosfato in organico, quinid la concentrazione di fosfato inorganico dimostra che si sta verificando
una fase di esercizio. La creatina e la creatina-fosfato dopo un po' verranno degradate e poi sostituite con muove
molecole. La creatinina è una molecola molto piccola e poco solubile prodotta dal muscolo in seguito alla degra-
dazione di queste due molecole, viene immessa nel torrente circolatorio e filtrata dai reni. Questa molecola è di-
ventata una molecola che ha un alta valore diagnostico, perché quando i reni hanno una funzione alterata, si va a
vedere la clearance della creatinina.
Il muscolo cardiaco è sempre in attività e dev’essere così sempre. Questa sua continua attività fa si che che utilizzi
un metabolismo completamente anaerobio, che contiene pochissimo glicogeno e lipidi, quindi le fonti di energia
sono il glucosio, gli acidi grassi e i corpi chetonici.
Il cervello ha un metabolismo prettamente glucidico, quindi sa usare solo il glucosio, che viene ossidato in manie-
ra aerobica, con il ciclo di Krebs, fosforilazione ossidativa e produzione di ATP. Il cervello presenta un trasporta-
tore del glut-1. Quando mangiamo, la maggior parte del glucosio e degli acidi grassi vengono conservati.
STESSI TESSUTI DURANTE IL DIGIUNO
Lo scopo è mantenere a livelli normali la glicemia. Gli glucagone promuove la lipolisi, il glicerolo viene immesso
nel circolo e recuperato dal fegato. Gli acidi grassi si legano all’albumina e vengono restituiti ai tessuti periferici
che usano gli acidi grassi e non il glucosio. L’adipocita anche smette di usare il glucosio e inizia a d ossidare gli
acidi grassi ad acetil-CoA con la beta-ossidazione con la produzione di coenzimi ridotti.
Il muscolo scheletrico a riposo è uno di quei tessuti che smette di usare il glucosio, e inizia ad usare gli acidi gras-
si e e i corpi chetonici sintetizzati dal fegato. Vengono ossidati ad Acetil-CoA per la produzione di energia con il
ciclo di Krebs. Il muscolo contiene tantissime proteine che a seconda delle necessità, può degradare ad amminoa-
cidi, rilasciati in circolo e usati dal fegato per la gluconeogenesi che serve a sintetizzare il glucosio; quinid quando
il digiuno si prolunga, le proteine che vanno ad essere ossidate aumentano, portando alla perdita di massa musco-
lare.
Il cervello nel digiuno rimane un tessuto che usa solo glucosio, per la glicolisi e il ciclo di Krebs. Se il digiuno si
prolunga per giorni o settimane, ad u certo punto il glucosio che si trova in circolo nel digiuno, quello di origine
epatica non è più sufficiente per soddisfare le esigenze del cervello. Così inizia ad ossidare anche i corpi chetonici
e alcuni amminoacidi; ma i corpi chetonici vengono usati sono nel digiuno prolungato, ma non in quello fisiologi-
co. Il cervello non sa ossidare molecole abbondanti con gli acidi grassi, perché questi non raggiungo le cellule
dell’encefalo, per via della barriera emato-encefalica che ne impedisce il contatto, anche al fatto che non contiene
il corredo enzimatico necessario per ossidare gli acidi grassi.
Il fegato nel digiuno ha il ruolo di andare a sintetizzare il glucosio, che verrà liberato in circolo o quello di andare
a sintetizzare i corpi chetonici, contribuendo alla generazione dei substrati ossidabili durante i digiuno per far si
che i tessuti possano ricevere energia. Durate il digiuno, il fegato recupera parte degli acidi grassi dal tessuto adi-
poso, come il glicerolo e gli amminoacidi e il lattato, prodotto dal muscolo in attività intensa o dai globuli rossi
che lo producono. Queste molecole servono nella gluconeogenesi per fare novo glucosio, mentre gli acidi grassi
vengono ossidati in Acetil-CoA, che è la via metabolica che nel digiuno fornisce ATP al fegato. Poi l’Acetil-CoA
in eccesso viene trasformato in corpo chetonici poi rilasciati in circolo, per potere essere usati dai tessuti periferici.
Questo glucosio quindi non deriva solo dalla gluconeogenesi(a partire da amminoacidi, lattato e glicerolo), ma an-
che dal glicogeno che viene poi ossidato.
DIABETE DI TIPO I E DI TIPO II.
Quello di tipo I è insulino-dipendente, caratterizzato da una diminuita produzione di insulina da parte del pan-
creas. Il non avere insulina in circolo, ai nostri tessuti periferici non arriva il messaggio che siamo in una fase nu-
trita, quindi il fegato continua a produrre glucosio e di corpi chetonici, utilizzando molti dei triacilgliceroli del tes-
suto adiposo, le proteine muscolari; questa grande quantità di glucosio in circolo provoca una iperglicemia, mentre
le presenza di corpi chetonici provoca una cheto-acidosi, perche questi sono acidi e il pH del sangue tende a dimi-
nuire. Inoltre si formano anche i chilomicroni, che non riescono a versare il loro contenuto negli adipociti, che
tenderanno ad accumularsi in circolo, insieme alle VLDL.
Il diabete di tipi II è associato ad obesità ed è una malattia caratterizzata dal pancreas che continua a produrre in-
sulina, ma le cellule periferiche rispondono meno all’insulina, prendendo il nome di resistenza, ma l’insulina è co-
munque presente. Il paziente in questo caso presenta iperglicemia, il glucosio tede a rimanere in circolo a causa
della resistenza, ma il quadro lipidico è molto meno alterato; si ha sempre un accumulo di chilomicroni e di VLDL
e non si ha una eccessiva produzione di corpi chetonici, quindi qui è assente la cheto-acidosi.