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Le proteine sono catene polipeptidiche formate dal legame tra unità fondamentali chiamate amminoacidi.

Esse hanno varie funzioni: strutturale, di trasporto (come l’albumina o l’emoglobina), di movimento, di
segnalazione (esistono ormoni proteici), enzimatica e di difesa dell’organismo (immunoglobuline).

Gli amminoacidi sono molecole con un carbonio centrale a cui è legato un atomo di idrogeno, un gruppo
carbossilico COO-, un gruppo amminico NH3+ e una catena laterale (R). Gli amminoacidi in natura sono
venti e tutti tranne la glicina sono chirali. Il centro di chiralità è il carbonio alpha e negli organismi umani si
trovano amminoacidi di serie L, mentre per esempio i batteri impiegano amminoacidi di isomeria D.

La catena laterale degli amminoacidi conferisce loro particolari proprietà chimiche, e sulla base di essa sono
classificati. Una prima classificazione è tra gli amminoacidi a catena laterale neutra, come glicina, alanina,
metionina, oppure valina, leucina e isoleucina, che presentano una catena neutra ma ramificata, o ancora
triptofano e fenilalanina, che hanno una catena neutra e aromatica, e la prolina, che è particolare perché la
sua catena si richiude sul gruppo amminico, conferendole una rigidità che la rende molto adatta a funzioni
strutturali. Hanno invece catena laterale polare: serina, che presenta un gruppo OH, treonina, che presenta
un gruppo OH e un gruppo metilico, tirosina, con struttura ad anello e un gruppo OH, che funge da
precursore per neurotrasmettitori dopamina e noradrenalina, cisteina, che grazie alla presenza di un
gruppo SH è in grado di condensarsi ad un altro residuo di cisteina per formare i ponti disolfuro che
stabilizzano la struttura delle proteine, glutammina, asparagina che contengono azoto nella catena laterale.

Le catene laterali degli amminoacidi sono solitamente neutre, hanno catena laterale basica istidina, che
comprende un atomo di azoto con un doppietto libero, lisina e arginina. Hanno invece catena laterale acida
grazie ad un gruppo COO- acido aspartico e acido glutammico, con pKa rispettivamente di 3.9 e 4.3

Anche gli amminoacidi con catena laterale neutra possono tuttavia agire da soluzione tampone, per
esempio l’alanina a pH molto acidi tende ad assumere una carica complessivamente positiva con gruppi
NH3+ e COOH, confrontando la concentrazione di COOH e COO- si può calcolare il pH, ricordando che il
punto isoelettrico per l’alanina è a pH 5.7

In ambiente basico l’alanina assume invece carica negativa, trovandosi con gruppi NH2 e COO-, in questo
caso il pH si calcola confrontando le concentrazioni di NH3 e NH2.

Nell’organismo umano tuttavia la soluzione tampone è il bicarbonato H2CO3, che permette di calcolare il
pH secondo la legge di Henderson-Hasslebach

CO2+H2O H2CO3 H+ HCO3-

pH = pK + log [HCO3-]/[H2CO3]

Lo studio del pH è particolarmente rilevante in farmacologia in quanto il pH dello stomaco è molto acido,
allora i farmaci ad uso orale se sono acidi deboli nello stomaco tenderanno a protonarsi, assumendo una
carica neutra che consente un più facile attraversamento delle membrane plasmatiche.

Gli amminoacidi sono coinvolti nella formazione delle proteine. Essa avviene per trascrizione del gene
codificante nel nucleo, successivamente il trascritto è spostato nel citosol e di lì ai ribosomi, dove avviene la
traduzione: ad ogni tripletta di nucleotidi, chiamata codone, è associato un anticodone corrispondente, che
richiama un amminoacido. Gli amminoacidi si legano tra loro via legame peptidico tra il gruppo amminico di
un residuo e il gruppo carbossilico del seguente con la perdita di una molecola d’acqua. Proteine chaperon,
come la H70, mantengono la catena amminoacidica distesa, impedendo che l’interazione tra le catene
laterali causi loop o altre strutture, la formazione di questi legami avviene successivamente in modo tale
che si evitino errori di folding e si formino proteine funzionanti nel modo corretto. Proteine che presentano
i legami sbagliati infatti vanno incontro ad eliminazione, oppure perdono in parte o del tutto la loro
funzionalità, causando patologie.
Gli amminoacidi sono precursori anche di altre sostanze, per esempio i neurotrasmettitori dopamina e
noradrenalina, che si formano dalla tirosina per idrossilazione, oppure i depositi energetici muscolari
creatina e creatina fosfato, che derivano da glicina e arginina. L’utilizzo di creatina e creatina fosfato come
fonte di energia produce come scarto la creatinina, un composto a struttura ciclica eliminato con le urine.
Anche l’istamina, una molecola espressa dall’organismo in presenza di infiammazioni e iper-espressa in
caso di reazioni allergiche, deriva da un amminoacido, l’istidina che viene decarbossilata. La presenza di
istamina aumenta le secrezioni gastriche e ha un effetto vasodilatatore.

Altri composti di origine proteica sono le porfirine e i loro derivati, tra cui il gruppo prostetico eme,
fondamentale per legare l’ossigeno nell’organismo.

Il gruppo prostetico eme è prodotto a partire dall’uroporfirina III, che presenta una struttura tetrapirrolica
con catene acetato e propionato alternate in un preciso ordina e invertite su un anello, conferendo al
composto una funzionalità biologica. L’uroporfirina III è sintetizzata a partire da glicina e succinil coa, in una
serie di intermedi molto complessi che consentono la formazione della struttura tetrapirrolica. Con un altro
processo multistep l’uroporfirina III è convertita in protoporfirina IX, che in presenza dio ione ferroso Fe2+ e
ferrochelatasi è in grado di legare il ferro con 4 legami di coordinazione all’azoto degli anelli pirrolici,
ponendolo al centro della propria struttura e originando il gruppo EME. Esso presenta due legami di
coordinazione liberi, uno per legare l’ossigeno e uno per associarsi ad altre catene, come mioglobina ed
emoglobina. La formazione del gruppo eme è impedita da metalli pesanti come il piombo, che impedisce la
formazione degli anelli pirrolici e compete per il legame con lo ione ferroso, alte concentrazioni di eme
hanno inoltre effetto allosterico negativo sulla sua sintesi.

La degradazione del gruppo eme avviene nei macrofagi, qui per reazione di riduzione si liberano CO, ione
ferroso e biliverdina, che viene ulteriormente ridotta in bilirubina, una molecola idrofobica che, tramite
carrier albumina, è condotta al fegato, dove è resa idrosolubile coniugandola con due molecole di acido
glucoronico. L’albumina diglucuronide così ottenuta è convogliata nella bile, immagazzinata nella cistifellea.
Successivamente viene riversata nell’intestino tenue, dove batteri asportano l’acido glucoronico e formano
l’urobilinogeno, che può essere espulso per via fecale o filtrato dai reni ed espulso con l’urina a cui
conferisce il colore giallo.
La struttura delle proteine

La struttura delle proteine è classificata in quattro livelli:

la struttura primaria è costituita dalla catena di amminoacidi legati per legame peptidico tra NH3+ e COO-
tramite l’eliminazione di una molecola d’acqua. La catena è mantenuta distesa da proteine chaperon, come
la H70, responsabili del corretto ripiegamento delle strutture ai livelli successivi

la struttura secondaria prevede il ripiegamento della catena su se stessa grazie alla formazione di legami a
idrogeno intra-catena, che consentono la formazione di una struttura tridimensionale stabile. La struttura
può essere alpha-elica, in cui la catena è ritorta su se stessa, tipicamente in presenza di residui con catena
laterale ingombrante o con cariche che si respingono. In questa conformazione si formano legami intra-
catena ogni 3,6 residui. Un’altra struttura secondaria è quella beta-foglietto, che può riguardare una o due
catene peptidiche, in questo caso si parla di struttura antiparallela se i residui amminici si trovano alle
estremità opposte e parallela se si trovano alla stessa estremità. Le diverse strutture secondarie possono
formarsi in aree distinte della stessa catena polipeptidica, certe aree possono anche non presentare
interazioni e sono chiamate “sequenze non ripetute”. Poiché le catene polipeptidiche possono essere
anche molto lunghe, cioè contenere alcune centinaia di residui amminoacidici, si possono organizzare in
aree con funzionalità specifiche, chiamate domini, che interagiscono tra loro formando strutture
tridimensionali sovrasecondarie chiamate “motivi” come il motivo alpha beta alpha o quello a barile, tipico
delle proteine di canale.

La struttura terziaria è quella conformazione tridimensionale che conferisce stabilità e funzionalità alle
proteine, essa è tipica di tutte le proteine e prevede la formazione di legami non covalenti, in particolare:
ponti disolfuro tra residui di cisteina, che liberando una molecola d’acqua formano la cistina, dando
stabilità alla molecola. Altri esempi di legami tipici della struttura terziaria sono i legami ionici, i legami a
idrogeno e le interazioni idrofobiche tra catene apolari, come leucina ed isoleucina.

Alcune proteine, per esempio l’emoglobina, presentano anche una struttura quaternaria, che permette di
associare catene, note come subunità, fra loro per formare una struttura tridimensionale complessa. Nel
caso dell’emoglobina si tratta di quattro subunità, due catene alpha e due catene beta, aggregate in
eterodimeri tramite interazioni idrofobiche stabili, i due eterodimeri sono invece aggregati tra loro da
legami ionici e a idrogeno.

La struttura delle proteine si perde quando esse vanno incontro a denaturazione, per esempio a causa
dell’esposizione a pH molto acidi o per riscaldamento o esposizione ad altri agenti denaturanti. La
denaturazione può essere irreversibile, e causare quindi la degradazione della proteina che perde la propria
funzionalità, o reversibile, in questo caso la rimozione dell’agente denaturante, che aveva causato la
perdita di tutte le strutture tridimensionali, riportando il polipeptide alla struttura primaria, consente che si
riformino i legami e le strutture superiori. L’assenza di proteine chaperon, presenti solo nei ribosomi, dove
avviene la sintesi delle proteine, causa errori di folding; pertanto, la funzionalità delle proteine denaturate
raggiunge l’80-90% del livello di attività normale.

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