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AMMINOACIDI
Nelle proteine ci sono 20 amminoacidi, si tratta di
αlpha-amminoacidi con un gruppo carbossilico (alpha
carbossilico) e un gruppo amminico, legati allo stesso atomo di
C in alpha. Essi differiscono l’uno dall’altro per la catena laterale
R, che si differenzia per:
- struttura
- dimensione
- carica
Queste caratteristiche influenzano la solubilità dell’amminoacido in ambiente
acquoso. Oltre ai 20 amminoacidi standard, nelle cellule ci sono anche
amminoacidi modificati e altri che non sono presenti all’interno delle proteine.
A seconda della loro catena laterale, si suddividono i vari gruppi:
1. alifatici, non polari
2. aromatici
3. polari e non carichi
4. carichi positivamente
5. carichi negativamente
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L’insulina, per esempio, presenta
dei ponti disolfuro; essa infatti è
formata da una catena A e una
catena B, tenute insieme da due
ponti disolfuro intercatena, a cui si
aggiunge un ponte disolfuro intracatena. La funzione dei ponti disolfuro è di
stabilizzare la catena.
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- CARBOSSILAZIONE: che dal glutammato forma il ɣ-carbossiglutammato,
fondamentale nella sintesi della protrombina (importante per la
coagulazione)
Poi ci sono modificazioni complesse come nel caso della desmosina, che nasce
dalla condensazione di quattro molecole di lisina (vedi elastina).
Tutti gli amminoacidi hanno un carbonio alpha, legato a quattro gruppi differenti,
costituisce quindi un centro chirale e, per disposizione tetraedrica degli orbitali di
legame, questi quattro gruppi possono disporsi nello spazio in due modi differenti.
Dunque, per ogni amminoacido sono possibili due stereoisomeri. Essendo immagini
speculari l’una dell’altra, le due forme si presentano come enantiomeri.
Esiste un sistema di nomenclatura per specificare la configurazione assoluta dei
quattro sostituenti degli atomi di C asimmetrici. La configurazione assoluta viene
stabilita con il sistema L proposto da Fischer. Ci si basa, in questo caso, sulla
configurazione assoluta dello zucchero più semplice (la gliceraldeide).
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Fischer ha anche proposto che:
- tutti i composti chirali hanno una
configurazione correlata alla L-gliceraldeide sono
designati con L
- tutti gli stereoisomeri correlati con la
D-gliceraldeide sono indicati con la D
Gli atomi di C sono allineati in senso verticale con l’atomo chirale al centro; gli atomi
di C sono numerati a partire dal gruppo aldeidico (nel caso degli aldozuccheri) o
carbossilico, posto a una estremità e procedendo dal basso verso l’estremità della
molecola. Con questa rappresentazione il gruppo R dell’amminoacido è sempre al
di sotto del carbonio in alpha.
Gli L-amminoacidi hanno il gruppo alpha-amminico a sinistra, mentre i
D-amminoacidi hanno il gruppo alpha amminico sulla destra.
Per quanto riguarda gli amminoacidi senza gruppi carichi nella catena laterale, in
soluzione a pH neutro sono ioni dipolari (zwitterioni). Un amminoacido può agire
come acido (donatore di protoni) o base (accettore di protoni). Lo stato di
ionizzazione dipende dal pH in cui si trova:
- a pH basso ⇒ prevale la forma protonata
completamente
- aumentando il pH ⇒ si ha la dissociazione,
prima del protone del gruppo carbossilico
(con la formazione dello zwitterione)
- aumentando ulteriormente il pH ⇒ si ha la
prevalenza della forma deprotonata
(rilascio del protone del gruppo amminico)
Es. curva di titolazione della glicina. I due gruppi ionizzabili della glicina (carbossilico
e amminico) vengono titolati con una base forte (es, NaOH). La curva di titolazione
ha due fasi distinte, corrispondenti a due gruppi titolabili della glicina. Ciascuna fase
assomiglia alla curva di titolazione di un acido monoprotico, come CH3COOH.
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A pH bassi prevale la forma completamente
protonata, nella prima fase di titolazione il gruppo
-COOH della glicina perde il suo protone e nel punto
di mezzo della fase si hanno concentrazioni
equimolari delle due forme (protonata
completamente e non protonata). Il punto di mezzo
della titolazione vede raggiunto il punto di flesso, il
punto nel quale il valore di pH coincide con il valore di
pKa del gruppo titolato (per la glicina il pH = 2,34, che
è il valore di pKa del gruppo -COOH).
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tipologia dell’intorno chimico determinato dai gruppi R. Si ha dunque una leggera
variabilità del punto isoelettrico date queste differenze.
Lo stesso discorso vale per gli amminoacidi con la catena laterale carica
positivamente, con i quali si hanno tre diversi equilibri e dove il
punto isoelettrico è calcolato a partire dalla media di pKR e pK2.
Gli amminoacidi basici hanno pI alti (pI > 7), gli amminoacidi con catene neutre
hanno un pI compreso tra 5 e 6.5.
PROTEINE
Grazie alla sintesi proteica si formano dei polipeptidi che, grazie a un numero
adeguato di amminoacidi, prendono il nome di
proteine. Alla base della reazione che porta alla
sintesi proteica c’è la reazione che porta alla
formazione di un legame peptidico (legame
ammidico), che non è altro che la reazione di
disidratazione tra un -OH nel gruppo carbossilico del
primo amminoacido e un -H presente nel gruppo
amminico del secondo amminoacido.
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Nella cellula ci sono peptidi piccoli con funzione fisiologica (es. carnosina con due
residui: Ala e Hys, tenuti insieme da un legame peptidico. Essa è una componente
presente nel muscolo e nel cervello con proprietà antiossidante e tamponante).
L’aspartame è un altro piccolo peptide, formato
dall’amminoacido L-aspartato e L-fenilalanina esterificata
con un gruppo metilico.
STRUTTURA
Esistono quattro livelli di struttura delle proteine a complessità crescente:
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- primaria: sequenza amminoacidica della proteina
- secondaria
- terziaria
- quaternaria: con proteina a più unità polipeptidiche
Struttura primaria
Caratterizzata dal susseguirsi di diversi legami peptidici, le cui caratteristiche sono:
1. risonanza tra il carbonile e il gruppo amminico che porta a una maggiore
stabilità e a un aumento di polarità(-O parzialmente carico negativamente e
il gruppo amminico parzialmente carico positivamente)
2. parziale carattere di doppio legame e polarizzato(parziale carica negativa
sul carbonile e positiva sul gruppo amminico)
Le osservazioni nascono dal fatto che è stata misurata la lunghezza del legame
peptidico che risulta pari a 1.32 Å, un valore non equivalente nè alla distanza di un
legame singolo, 1.49 Å, né alla distanza di un legame doppio, 1.27 Å. La risonanza
porta alla formazione di un legame con natura di parziale doppio legame.
Per convenzione gli angoli di torsione sono pari a zero quando i due legami
peptidici che fiancheggiano l’atomo del C in alpha sono sullo stesso piano. Essi
possono avere qualsiasi valore compreso tra -180° e +180°, ma molti valori non sono
permessi a causa di impedimenti sterici tra gli atomi dello scheletro carbonioso e le
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catene laterali degli amminoacidi. La conformazione con cui φ e ψ sono uguali a
zero non è permessa, essa è da considerarsi come riferimento per la descrizione
degli angoli. Delle moltissime conformazioni teoricamente possibili per un residuo
amminoacidico in una catena polipeptidica solo alcune sono stabili.
GRAFICO DI RAMACHANDRAN
Quasi tutte le aree del grafico sono la
maggior parte delle conformazioni proibite
per una catena peptidica. Mentre sono solo
tre le regioni circoscritte che sono fisicamente
accessibili alla gran parte dei residui.
Struttura secondaria
Segmento polipeptidico della proteina che descrive l’organizzazione spaziale della
catena principale, senza tener conto della conformazione delle catene laterali o
della rotazione con altri segmenti di amminoacidi lontani della proteina.
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possono intervenire nella struttura delle proteine. Le principali sono: alpha elica,
beta foglietto e beta turn.
α elica
Scoperta da Pauling nel 1951, è la più semplice disposizione che una catena
polipeptidica può assumere. Lo scheletro covalente
della catena è strettamente avvolto intorno a un
asse immaginario in cui le catene laterali sporgono
all’esterno e hanno un andamento a spirale. Viene
stabilizzata da legami a H tra gruppi NH e C=O (il
gruppo forma un legame a H con l’NH
dell’amminoacido situato a quattro residui più
avanti nella sequenza).
Il senso di avvitamento può essere destrorso (orario) o sinistrorso (antiorario). Sono più
abbondanti le destrorse, anche se entrambi i sensi di avvitamento sono possibili. Dal
grafico di Ramachandran si vede come la destrorsa sia favorita, presentando un
minor ingombro sterico tra laterale e principale.
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La stabilità della struttura è data dai legami a H tra il gruppo C=O del residuo n e il
gruppo amminico a 4 residui (n+4).
Ci sono altri fattori che contribuiscono alla stabilità:
- le catene laterali degli amminoacidi sono proiettate verso l’esterno
- le interazioni tra catene laterali possono stabilizzare o destabilizzare l’alpha
elica
- i residui carichi positivamente o negativamente non si trovano mai adiacenti
(in genere un amminoacido carico positivamente si trova a 3
residui da un amminoacido carico negativamente)
L’alpha elica forma un dipolo elettrico, che ogni legame peptidico
presenta. Essi si sommano attraverso legami a H presenti nell’alpha
elica. Il dipolo netto aumenta con la lunghezza dell’elica.
Le cariche parziali positive e negative risiedono sui gruppi -NH e C=O
dei legami peptidici all’estremità N e C-terminale. Per questo motivo,
gli amminoacidi carichi negativamente sono spesso presenti a livello
delle estremità N-terminali, mentre un residuo carico positivamente
all’estremità N-terminale è destabilizzante; all’estremità C-terminale
accade il contrario.
β-foglietto
Si tratta della conformazione più estesa della catena polipeptidica in cui lo
scheletro della catena polipeptidica si dispone a zig-zag. La distanza tra
amminoacidi adiacenti è di 3,5 Å. Le catene polipeptidiche sono quasi
completamente distese e i legami a H si instaurano tra catene polipeptidiche vicine
e non all’interno della stessa (cioè tra foglietti adiacenti).
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I gruppi R di amminoacidi adiacenti sporgono da questa struttura a zig-zag in
direzione opposta, alternandosi uno sopra e l’altro sotto il piano.
Le catene polipeptidiche possono essere:
- parallele: stesso orientamento del legame
carboammidico. Il gruppo amminico forma un
legame a H con il C=O dell’amminoacido
corrispondente della catena adiacente, il
gruppo C=O forma un legame a H con il
gruppo -NH dell’amminoacido posto due
residui avanti.
- antiparallele: orientamento opposto del
legame carboammidico
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Struttura terziaria
Si origina dal ripiegamento nello spazio della catena polipeptidica. Si tratta della
corretta conformazione tridimensionale assunta da una proteina e dipende dalla
struttura primaria. Risulta essere indispensabile per la sua attività biologica.
Viene stabilizzata principalmente da legami non covalenti, come ponti a H,
interazioni idrofobiche tra amminoacidi polari e legami ionici. Può coinvolgere
anche legami covalenti, sotto forma di ponti disolfuro fra due cisteine.
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l’ambiente acquoso. Nell’immagine: residui idrofobici all’interno (giallo) e residui
idrofilici all’esterno (azzurro).
Motivi
Le α eliche e i filamenti β costituenti i motivi sono adiacenti uno all’altro nella
struttura tridimensionale e connessi da regioni di loop; a loro volta, i motivi
adiacenti o formati da regioni consecutive della catena polipeptidica sono vicini
nella struttura tridimensionale.
MOTIVI α ELICA
I più comuni sono: α loop α ed EF hand.
1) α loop α:
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Il motivo α più semplice consiste di 2 α eliche antiparallele collegate da una regione
di loop, chiamato α hairpin.
2) EF hand:
Il secondo motivo α è specifico per il legame del calcio ed è
presente in proteine
che legano il calcio quali parvalbumina, calmodulina e
troponina C, che regolano l’attività cellulare.
Questo particolare motivo, trovato per la prima volta nella
parvalbumina, viene chiamato EF hand. Il loop tra le 2 eliche
lega lo ione Ca2+.
MOTIVI β
Il motivo β più semplice è quello costituito da 2 filamenti β antiparalleli
adiacenti collegati da un tratto di loop. Questo motivo, chiamato
β-hairpin o unità β−β, ricorre molto frequentemente nelle strutture β
antiparallele, come motivo isolato o come parte di un foglietto β più
complesso.
La lunghezza del tratto di loop tra i filamenti β è variabile, ma di solito è
costituito da 2-5 amminoacidi.
I domini sono definiti come parte di una catena polipeptidica (o al limite l’intera
catena – caso particolare) che si ripiega indipendentemente in una struttura stabile.
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I domini possono essere unità funzionali; spesso a domini diversi di una proteina sono
associate funzioni diverse.
Struttura quaternaria
Le proteine che sono costituite da una sola catena polipeptidica sono chiamate
monomeriche.
Esiste un consistente numero di proteine costituite da un certo numero di catene
polipeptidiche identiche, chiamate subunità, che si associano in modo specifico a
formare una molecola multimerica. Si dice che queste proteine hanno una struttura
quaternaria.
Le zone di contatto fra le subunità sono costituite da catene laterali non polari e
caratterizzate da interazioni di van der Waals, legami idrogeno e talvolta ponti
disolfuro intercatena.
EMOGLOBINA
Costituita da una struttura tetramerica (4 catene polipeptidiche 2 a e 2 β); i legami
che costituiscono la struttura quaternaria sono gli stessi per quella terziaria. Le
quattro catene polipeptidiche interagiscono tra di loro, infatti il legame di O a una
subunità determina delle variazioni conformazionali che si ripercuotono e si
estendono alle altre subunità, in questo modo si ha un legame cooperativo.
Solo mantenendo la sua struttura nativa una proteina può mantenere la sua
funzione biologica e la stabilità della struttura nativa dipende da diverse forze:
- effetto idrofobico: interazioni di Van Der Waals tra diversi amminoacidi
idrofobici
- interazioni elettrostatiche: tra amminoacidi carichi positivamente e carichi
negativamente
- ponti disolfuro: legami covalenti che stabilizzano la struttura
- presenza di ioni metallici
Ci sono situazioni che portano alla denaturazione delle proteine che avviene
attraverso l’alterazione degli equilibri tra le forze deboli, che stabilizzano la forma
nativa. Essa può avvenire:
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a) aumentando la T
b) diminuendo il pH
c) per la presenza di detergenti
d) per la presenza di agenti caotropici
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Anfinsen ha utilizzato la ribonucleasi purificata per un esperimento in diverse tappe.
Ha denaturato la ribonucleasi in presenza di urea e β-mercaptoetanolo, che
permette di ridurre i 4 ponti disolfuro presenti nella ribonucleasi. Valuta l’attività
enzimatica presente nella proteina nativa e assente in quella denaturata. La
proteina denaturata è messa in un tubo da dialisi (sistema sul quale è possibile
cambiare il tampone del campione in analisi) e, attraverso la rimozione della urea
nel campione di dialisi e del β-mercaptoetanolo, è riuscito a recuperare la
ribonucleasi con ancora l’attività catalitica. Allontanando l’agente denaturante e
permettendo l’ossidazione dei ponti disolfuro, la ribonucleasi è in grado di
riacquistare attività catalitica.
Paradosso di Levinthal
Se consideriamo che ogni residuo amminoacidico abbia 10 conformazioni diverse,
un’ipotetica proteina con 100 AA può in linea teorica, assumere 10100 conformazioni.
Se il tempo per analizzare la singola conformazione fosse molto breve (10-13s) il
tempo necessario per analizzare tutte le conformazioni sarebbe dell’ordine di 1077
anni (in realtà una proteina di queste dimensioni impiega circa 5s). Quindi il
processo di ripiegamento non può essere un processo casuale in cui si provano
tutte le conformazioni possibili ma verranno mantenuti gli intermedi parzialmente
corretti.
Le proteine, per assumere la struttura corretta, non possono ripiegarsi provando tutte
le possibili conformazioni, è invece più probabile che seguano un processo di
ripiegamento già definito, costituito dal susseguirsi di intermedi la cui conformazione
è intermedia tra quella della proteina nativa e quella della proteina denaturata.
Per risolvere il paradosso si deve considerare la selezione cumulativa, ossia la
conservazione degli intermedi parzialmente corretti; essenziale è anche il
raggiungimento della struttura delle proteine affinché queste si ripieghino
correttamente e rapidamente.
MECCANISMO DI FOLDING
Alcune osservazioni sperimentali hanno indicato che il ripiegamento delle proteine
incomincia con la formazione di segmenti locali di struttura secondaria, questo è
molto precoce e rapido. Gran parte della struttura nativa delle proteine di piccole
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dimensioni compare in circa 5ms. Dal momento in cui le proteine hanno nuclei
idrofobici molto compatti, è molto probabile che ciò che favorisce il ripiegamento
proteico sia ciò che è nominato il “collasso idrofobico”. Lo stato collassato si dice
anche globulo fuso, la specie molecolare con gran parte delle strutture secondarie
della proteina nativa ma molto poco di quella terziaria.
Nello stadio finale del folding la proteina subisce una serie di complesse
modificazioni in cui si ha il completo impacchettamento delle sue catene laterali e
la formazione dei suoi ultimi legami a H, e anche le molecole di H2O rimaste nel
nucleo idrofobico sono espulse.
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1. imbuto semplice: proteina con vie multiple di ripiegamento ma che assume
la sua struttura tridimensionale senza la formazione di intermedi del processo
di folding particolarmente stabili
Tutte queste considerazioni sono state formulate a partire dalle proteine isolate,
nella cellula il processo è più complesso. Il processo di folding in vivo può iniziare
prima che la sintesi della proteina sia conclusa, quando la catena nascente è
ancora legata al ribosoma. Altre proteine invece, completano la maggior parte del
loro ripiegamento nel citosol, dopo aver lasciato il ribosoma; altre, invece, si
ripiegano in specifici compartimenti, quali mitocondri o RE, dopo la traslocazione
attraverso le membrane. Ma dal momento che le molecole proteiche, non ancora
strutturate, espongono inevitabilmente al solvente regioni che normalmente sono
nascoste nello stato nativo, possono interagire con altre molecole presenti
nell’affollato ambiente cellulare.
Nella cellula ci sono proteine che favoriscono la formazione della struttura nativa, gli
chaperon molecolari. Si tratta di proteine essenziali che legano catene
polipeptidiche non ancora ripiegate con lo scopo di prevenire l’associazione non
corretta di segmenti idrofobici esposti, che potrebbero condurre a ripiegamenti non
nativi o per evitare la precipitazione di polipeptidi. Inoltre, gli chaperon molecolari
agiscono anche su proteine ripiegate in modo sbagliato inducendone il
riavvolgimento. Ne sono stati individuati vari tipi, dei quali i due principali sono:
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a) Chaperoni di prima classe: HSP 70 (heat shock protein)
- proteine monomeriche altamente conservate
- si legano a regioni non ripiegate di un polipeptide impedendo
un’aggregazione non corretta
- bloccano il ripiegamento di proteine che devono essere traslocate attraverso
membrane
- facilitano l’organizzazione quaternaria di proteine oligomeriche
b) Chaperoni di seconda classe: chaperonine, complessi proteici necessari al
ripiegamento di un certo numero di proteine cellulari che non si avvolgono
spontaneamente. Nell’Escherichia Coli si richiede il sistema di chaperonine,
chiamato Gro EL/Gro ES; mentre negli eucarioti il sistema è Hsp 60.
Gro EL/Gro ES
Gro EL ha 14 subunità identiche di 549 amminoacidi, una struttura a 2 anelli di 7
subunità (Hsp 60); Gro ES ha 7
subunità di 97 amminoacidi,
con una struttura a cupola (Hsp
10). Ciascuno dei due anelli Gro
EL ha all’interno una cavità con
diametro di circa 45 Å, su cui le
proteine parzialmente
strutturate riescono ad
avvolgersi per raggiungere la conformazione nativa. Tra i due Gro EL esiste una
catena centrale che impedisce alla proteina in fase di ripiegamento di passare tra
le due camere di Gro EL.
L’anello di Gro EL a contatto con Gro ES è cis, mentre quello opposto è trans.
Ciascuna subunità di Gro EL ha una tasca che lega l’ATP che catalizza l’idrolisi di ATP
ad essa legato, formando ADP + fosfato; questa reazione libera energia necessaria
per il folding.
Una proteina non ripiegata viene inizialmente legata a una superficie idrofobica
esposta vicino all’estremità di una camera Gro EL, dunque la proteina è
intrappolata nella camera dove transitoriamente si alloggia il “coperchio”, costituito
da Gro ES. Gro EL va incontro a una forte variazione conformazionale, ma
soprattutto dovuta all’idrolisi di ATP, che regola il rilascio e il legame con Gro ES
stesso. All’interno della camera, una proteina ha a disposizione 10s per ripiegarsi
(tempo corrispondente all’idrolisi dell’ATP legato). Costringe la proteina a rimanere
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all’interno di una camera e impedisce un’inappropriata aggregazione della
proteina.
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2. PPI (peptide prolil cis-trans isomerasi) ⇒ catalizza la conversione dei legami
peptidici cis e trans della prolina che caratterizza la fase lenta del processo di
folding
Ci sono esempi che mettono in discussione l’universalità del concetto che ogni
sequenza amminoacidica corrisponda un’unica struttura, anche in condizioni
fisiologiche. Tra questi esempi ci sono le proteine costitutivamente prive di struttura
(IUP), ossia proteine che, in parte o completamente, non presentano una ben
definita struttura tridimensionale in condizioni fisiologiche.
Queste proteine assumono una struttura definita solo quando interagiscono con
altre proteine o ligandi specifici.
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MALATTIE CONFORMAZIONALI
Le proteine parzialmente denaturate o sono rinaturate da chaperoni, o degradate
oppure aggregate in fibre insolubili (amiloidi); in questo caso si va incontro alle
malattie conformazionali, le cui più famose sono le amiloidosi. Le amiloidosi sono un
gruppo eterogeneo di patologie, causate da un accumulo di materiale proteico
allo stato fibrillare in diversi organi . Le proteine responsabili di queste patologia
hanno, allo stato fisiologico, sia una funzione sia una struttura secondaria o terziaria
molto differente.
Allo stato fisiologico convergono nella forma amiloide; le analisi molecolari,
effettuate ai raggi X di queste fibrille amiloidi, hanno permesso di costruire modelli di
fibre in cui si vede la presenza del foglietto β disposte perpendicolarmente all’asse
delle fibre.
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- in genere presentano un unico tipo di struttura secondaria
- sono insolubili in H2O per la presenza di elevati numeri di amminoacidi
idrofobici
- le catene polipeptidiche si associano in complessi sopramolecolari in modo
da nascondere al solvente le superfici idrofobiche
- sono adatte a ruoli strutturali
2. GLOBULARI:
- catene polipeptidiche ripiegate, assumono una forma compatta, sferica o
globulare
- generalmente contengono più tipi di strutture secondarie
- sono solubili in acqua
- comprendono: enzimi, ormoni, proteine di trasporto, proteine di deposito,
proteine regolatrici
a-cheratina
Importante proteina fibrosa con struttura supersecondaria che si chiama
"coiled-coil" (avvolgimento avvolto). Ogni molecola è costituita da 310
amminoacidi che formano la superelica coiled-coil con entrambe le estremità N e
C-terminali globulari (2 eliche che si superavvolgono per dare origine al coiled-coin).
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coiled-coil è la ripetizione di un eptapeptide (7 AA), in cui spesso le posizioni 1 e 4
sono occupate da amminoacidi idrofobici, attraverso i quali le a-eliche
interagiscono. Le forze di Van der Waals tra questi amminoacidi danno stabilità
all’elica.
Fibre muscolari
I muscoli volontari, tra cui quelli
scheletrici, hanno un aspetto
striato, perché formati da
lunghe cellule polinucleate
(fibre muscolari), che
contengono fasci paralleli di
miofibrille. All’interno di queste
ultime si trova l’unità fondamentale del muscolo, sarcomero, disposto accanto agli
altri forma dei fasci contrattili, chiamati miofibrille, avvolte da una membrana,
chiamata sarcolemma.
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ha un centro sul disco M. La banda A contiene i filamenti spessi, mentre la banda I i
filamenti sottili. I filamenti spessi e sottili sono formati rispettivamente da miosina
(spessi) e actina (sottili).
I filamenti sottili sono formati da due catene proteiche avvolte a spirale, mentre
quelli spessi sono formati da più fasci di miosina, a loro volta formati da due catene
proteiche.
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I filamenti sottili sono costituiti da actina, proteina che può esistere in due forme:
actina G (globulare), che poi dimerizza formare l’actina F (filamentosa). Due catene
di actina F si avvolgono e formano una struttura elicoidale. La G actina si lega a fare
fibre, legando ATP che si idrolizza e ADP rimane legato. Ogni monomero ha dei siti di
legame Ca2+. Durante la contrazione muscolare la testa di miosina interagisce con il
filamento di actina. I filamenti sottili sono anche formati dal complesso di
tropomiosina e troponina. La tropomiosina è un omodimero, con 2 a-eliche in
coiled-coil, posizionata
lungo la scanalatura di
actina, nasconde, in
assenza di contrazione, il
sito di legame della
miosina. La troponina è invece divisa in tre parti, la C lega il Ca, la T lega la
tropomiosina e la I l’actina.
Quando l’ATP non è legata alla miosina, un sito che si trova nella testa della miosina
si lega molto saldamente all’actina, quando l’ATP si lega alla miosina viene
idrolizzato ad ADP + fosfato e ha inizio il ciclo vero e proprio, che comporta una
serie di variazioni conformazionali coordinate, in cui la miosina rilascia la subunità
dell’actina e si lega a un’altra subunità, in posizione più
avanzata lungo il filamento sottile. Il ciclo è diviso in quattro
tappe principali:
1) l’ATP si lega alla miosina, provocando la rottura
dell’interazione tra actina e miosina, quindi le due
proteine si dissociano
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2) il sito attivo della miosina (diverso da quello che
lega l’actina) idrolizza l’ATP, questo comporta un
cambiamento conformazionale che porta al
piegamento all’indietro della testa della miosina
Essendoci molte teste di miosina a livello del filamento spesso, in qualsiasi momento
alcune di esse sono legate ai filamenti sottili e questo impedisce che i filamenti spessi
scivolino all’indietro quando la testa della miosina si dissocia dall’actina a cui era
legata (i due filamenti riescono a scorrere uno sull’altro). Il movimento coordinato di
molti sarcomeri, in una fibra muscolare, produce l’accorciamento e quindi la
contrazione.
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L’interazione tra actina e miosina deve essere regolata in modo che la contrazione
avvenga solo in risposta a un segnale appropriato proveniente dal SN. La
regolazione è mediata dal complesso tropomiosina-troponina; la tropomiosina si
lega ai filamenti sottili e blocca i siti di legame per le teste della miosina, la
troponina lega il Ca2+. L’impulso nervoso causa il rilascio di ioni Ca2+ dal reticolo
sarcoplasmatico, il Ca2+ si lega alla troponina e causa una variazione
conformazionale del complesso tropomiosina-troponina, che fa in modo che
vengano esposti i siti di legame della miosina sui filamenti sottili a livello dell’actina
e quindi può dare inizio alla contrazione.
COLLAGENE
Si tratta della proteina più abbondante presente nei vertebrati. Le fibre di collagene
sono resistenti e insolubili, e sono i principali componenti dei tessuti connettivi, come:
ossa, denti, cartilagine, tendini, matrice fibrosa della pelle e pareti dei vasi sanguigni
in grado di resistere agli stress meccanici.
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collageno è il tropocollageno. Le eliche polipeptidiche sinistrorse si avvolgono l’una
sull’altra formando una struttura superelicoidale destrorsa.
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Pro e delle Lys, per formare idrossiproline e idrossilisine; si ha il rilascio, da parte del
ribosoma, di una molecola non ancora definita e si ha l’aggiunta di zuccheri nel
reticolo citoplasmatico: PRE-COLLAGENE).
Il pre-collagene forma una tripla elica non ancora matura che presenta dei domini
globulari all’estremità C e N-terminale. Questa struttura trimerica è secreta a livello
extracellulare, in cui sono rimossi i domini N e C-terminale, dando origine alla
struttura tropocollageno. Il tropocollagene si organizza in fibrille, stabilizzandosi,
formando dei ponti crociati tra le diverse molecole di tropocollagene.
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Il collagene è una molecola a forma di bastoncino con un PM di circa 300000 Da,
con lunghezza di 3000 Å, spessore 15 Å. I 3 polipeptidi avvolti coiled-coil hanno
lunghezza simile (circa 1000 aa) ma possono avere sequenze amminoacidiche
diverse.
Nelle fibre le unità di collageno sono disposte in file parallele adiacenti. Le unità di
ciascuna fila sono separate da spazi fissi e disposte in modo sfalsato rispetto alle
unità della fila adiacente → tipiche striature trasversali al microscopio elettronico. Le
molecole di collageno sono unite da legami crociati che ne aumentano la forza.
L’allineamento e il contenuto dei legami crociati varia da tessuto a tessuto.
EMOGLOBINA e MIOGLOBINA
33
La mioglobina è la prima proteina di cui è stata identificata la struttura mediante la
cristallografia ai raggi X. Si tratta di una piccola proteina che lega l’ossigeno con un
meccanismo semplice. L’emoglobina è un tetramero, costituito da polipeptidi simili
alla mioglobina ma è molto complessa, perché possiede un sistema sofisticato per
garantire il trasporto dell’ossigeno ai tessuti.
La mioglobina (Mb):
- proteina monomerica
- capace di legare o liberare O2 a seconda della sua concentrazione nel
citoplasma delle cellule muscolari
- presenta una catena polipeptidica e un sito di legame per l’ossigeno, al
contrario dell’emoglobina
L’emoglobina (Hb):
- costituita da quattro catene globiniche, contenenti ognuna un sito di legame
per l’O2 e a due a due uguali
- una proteina in grado di legare molecole di O2 a livello polmonare e di
trasportarlo nel sangue fino ai tessuti ed alle cellule che si trovano ad
immediato contatto del letto capillare del sistema vascolare
- è in grado di trasportare dai tessuti ed organi periferici fino ai polmoni, CO2 e
protoni (H+)
34
atomi di N dell’anello pirrolico, mentre gli altri due legami
addizionali si trovano su ciascun lato del piano dell’EME. Il quinto
legame è con un residuo di Hys (istidina prossimale) e il sesto è
fatto con l’ossigeno o altre molecole. Il Fe nel gruppo EME deve
essere un Fe2+, perché come Fe3+ non è in grado di legare
l’ossigeno.
L’EME è una tasca idrofobica, si ha la vicinanza di un residuo di Val (E11) e della Phe
(CD1), che portano a questa tasca idrofobica stericamente ostruita. Ciò fa in modo
che, all’interno della tasca EME, entri solo l’O2. Le caratteristiche dette l’EME valgono
sia per Mb che per Hb.
35
Mioglobina
La mioglobina fa parte delle globine, vasta famiglia di
proteine i cui membri hanno struttura primaria e terziaria
molto simili. Le globine sono presenti negli eucarioti e anche
in alcuni batteri. La maggior parte di queste proteine svolge
la funzione di trasporto e immagazzinamento di O2, alcune si
comportano come sensori della concentrazione di O2 e di
altri gas.
36
L’andamento della curva di ossigenazione
della mioglobina è quella tipica di un semplice
equilibrio chimico, con andamento iperbolico.
La curva aumenta rapidamente all’aumentare
della pO2, fino a un plateau pressoché
costante. Il valore di pO2, in cui la metà dei siti
sono occupati, è la P50 di 2 torr (la mioglobina
ha elevata affinità per l’O2).
Emoglobina
Proteina tetramerica con struttura quaternaria formata da
2 catene alpha e 2 catene beta (2 dimeri α1β1 e 2 dimeri
α2β2). Le quattro subunità dell’emoglobina sono
strutturalmente simili alla mioglobina. Il legame con la CO2
avviene attraverso lo ione Fe2+ del gruppo EME. La struttura
terziaria della Mb e le strutture α e β della Hb a livello
tridimensionale sono molto simili, nonostante solo il 18% dei
residui siano identici. In tutte e tre le catene polipeptidiche
sono conservate l’Hys distale e quella prossimale.
37
Così come il distacco dell’O2 dai gruppi EME facilita il distacco dagli altri.
Tale meccanismo di legame è detto cooperativo, perché le reazioni di legame
dell’O2 a ognuno dei siti dell’emoglobina non sono tra loro indipendenti.
Il significato fisiologico del legame cooperativo risiede nel fatto che l’O2 deve essere
trasportato nel sangue dai polmoni (con pO2 alta) ai tessuti (con attività metabolica
elevata e concentrazione di O2 bassa). Nei polmoni, l’emoglobina è satura al 98%,
quando raggiunge i tessuti e rilascia l’ossigeno il livello di saturazione scende fino al
32% (98-31=66% dei siti di legame contribuiscono al trasporto dell’O2, cioè il 66%
dell’O2 è rilasciato). Il rilascio dell’O2 avviene in modo cooperativo e favorisce una
distribuzione a tutti i tessuti, se invece di Hb si usasse Mb la saturazione nei polmoni
sarebbe sempre del 98%, mentre nei tessuti la Mb sarebbe satura al 91% e ci
sarebbe quindi un rilascio del 7%.
L’Hb è un buon trasportatore di O2, perché ha un’elevata affinità a livello dei polmoni
e bassa affinità a livello dei tessuti.
In condizioni di riposo, la concentrazione di O2 nei
muscoli è circa 40 torr, ma scende a 20 torr durante
l’esercizio fisico. La diminuzione della pO2, da 100 torr
nei polmoni a 40 torr nei tessuti, corrisponde a una
variazione di saturazione dell’Hb dal 98% al 77%.
Durante l’esercizio fisico la pO2 scende ulteriormente,
passando da 40 a 20 torr, e la saturazione di O2 passa
dal 77% al 32%. In corrispondenza di una diminuzione
di pO2 di soli 20 torr, la quota di O2 rilasciata è 77-32=
45%, poiché la variazione della concentrazione
dell’ossigeno, dalla condizione di riposo a quella di esercizio fisico, corrisponde alla
parte più ripida della curva dell’O2 può essere trasferita ai tessuti dove c’è maggiore
richiesta.
La cooperatività della curva di legame dell’O2 comporta che il legame a uno dei
quattro siti dell'emoglobina influenzi le proprietà di legame degli altri tre.
38
- OMOTROPICA: il normale ligando di una proteina allosterica è anche un
modulatore
- ETEROTROPICA: il modulatore è una molecola diversa dal ligando
39
Il movimento dello ione Fe2+ porta il residuo di Hys
prossimale, legato al Fe, verso l’anello porfirinico e, di
conseguenza, si ha un movimento dell’a-elica in cui è
inserita l’Hys, che modifica l’interfaccia tra i due
dimeri inducendo altre modificazioni strutturali. La
transizione comporta che i due monomeri a e
scivolino l’uno sull’altro e la tasca tra le due si
restringa. In questa transizione, alcuni legami che
stabilizzano la forma T si rompono e se ne formano
degli altri.
La transizione da deossi- a ossi- comporta una
rotazione che prevede una riduzione delle
dimensioni della cavità centrale dell’Hb. Tale
variazione può essere seguita spettroforicamente.
Lo spettro di Hb, in uno stato deossi-, è di colore
rosso scuro (venoso) mentre nello stato ossi- è rosso
brillante. Più O2 è legato ad Hb più lo spettro si
sposta dalla linea blu a quella rossa.
Legame di CO ➨
Il CO, avendo dimensioni simili all’O2, è in grado di
entrare nella tasca dell’EME. Ha affinità di legame
per Hb maggiore rispetto all’O2 e il legame non è
reversibile, per questo è molto tossico. Nel gruppo
EME, isolato l’asse dell’O2, presenta un angolo con
l’asse del legame Fe-O2, creando un legame più
debole rispetto a quello del CO, in cui gli atomi Fe
CO sono disposti in modo lineare. Quando l’EME è
nella tasca della globina, il legame del CO è di minor entità perché c’è l’istidina,
che costringe il CO a legarsi non in maniera ottimale, mentre l’O2 si lega allo stesso
modo, sia all’Hb sia nell’EME isolato. Questo è un vantaggio per l’O2 perché è in
competizione con CO, che ha affinità solo 200 volte maggiore rispetto a quella
dell’O2.
40
veleno rimosso da Hb sottoponendosi a pO2 elevata, applicata nelle camere
iperbariche.
A livello dei polmoni prevale l’effetto omotropico positivo dell’O2; a livello capillare
prevale invece l’effetto della 2,3-BPG.
41
L’Hb fetale è diversa da quella adulta in catene
polipeptidiche, infatti, invece di avere 2 catene a e 2
catene , presenta 2 catene a e 2 catene γ, le 2 γ
differiscono dalle per mancanza di residui basici di Hys a
livello della cavità centrale (Hb fetale non lega BPG). L’Hb
fetale ha affinità verso l’O2 maggiore rispetto a quella
materna, non risentendo degli effetti del BPG, in questo
modo è possibile il passaggio dall’Hb materna a quella
fetale di O2.
42
Si hanno curve con affinità decrescente verso O2,
passando da sinistra verso destra, a pH = 7,4 e con bassa
CO2 ha affinità maggiore, abbassando il pH, in assenza
di CO2, la curva di dissociazione va verso destra e si
sposta ancora di più se oltre a un basso pH c’è un
aumento di CO2. La curva di legame di O2 verso Hb è
adatta alle condizioni metaboliche.
Anemia falciforme
43
Normalmente, l’Hb matura è costituita da due catene alfa e 2 catene beta ed è
definita emoglobina A. L’Hb associata all’anemia falciforme è l’emoglobina S.
Un modo semplice per vedere la presenza di catene globiniche nei globuli rossi è
quello di effettuare un’elettroforesi in condizioni native. Le proteine (Hb) estratte
dagli eritrociti con colorazione rossa vengono depositate su una piastra di acetato
di cellulosa e sottoposte a elettroforesi (impressa ddp con un’opportuna lampadina)
e le varie isoforme dell’Hb si separano in funzione della carica.
44
Esiste una piccola porzione di Hb A che si chiama Az; poi Hb F che è la fetale. L’Hb S
ha una mobilità elettroforetica completamente diversa rispetto all’Hb A. Per vedere
se il soggetto è portatore si fa un’elettroforesi, per vedere se si ha Hb S.
Talassemie
Le alfa e le beta talassemie sono associate a vari tipi di alterazioni geniche con
quadri clinici differenti.
Emoglobina glicata
45
dei livelli di HbA1c riduce del 21% il rischio di complicanze complessive e del 21% la
mortalità dovuta alle complicanze del diabete.
ENZIMI
Nella cellula esistono numerosi enzimi, i quali si possono dividere in 6 classi differenti:
46
3) Idrolasi → catalizzano l'idrolisi
4) Liasi → permettono la scissione di C-C, C-O/ o lasciando i doppi legami
5) Isomerasi → permettono il trasferimento di gruppi nelle molecole per formare
isomeri
6) Ligasi → permettono la formazione di legami C-C, C-O, C-N mediante
condensazioni e spesso sono accoppiate all’idrolisi dell’ATP o simili perché
necessitano energia
Alcune vitamine idrosolubili sono precursori degli enzimi. Molti organismi non sono in
grado di sintetizzare delle porzioni di molecole che formano i coenzimi, per questo si
chiamano vitamine e devono essere assunte con la dieta.
VITAMINA B
47
alfa-chetoglutarasi, che sono necessari a produrre acetilCoA presente nel ciclo
dell’acido citrico).
La carenza di vitamina B1 produce beriberi, diffuso nei paesi del sud-est asiatico. La
tiamina è poco immagazzinata nel nostro organismo, per cui la sua mancanza nella
dieta dà problemi a livello di metabolismo, in particolare a livello del metabolismo
dei carboidrati. Si rileva un aumento dei livelli plasmatici di alfa-chetoacidi e un
abbassamento dell’attività transchetolosica. La carenza cronica di tiamina provoca
alterazioni del SNC ma anche dell’apparato cardiovascolare. I sintomi possono
essere ancora più evidenti se si assume del glucosio. Nei paesi industrializzati, le
manifestazioni cliniche della carenza di tiamina sono associate all’alcolismo →
incapacità per presenza di danno epatico di attivazione del TPP e per inibizione
dell’assorbimento.
48
è un organo deputato a svolgere numerose reazioni metaboliche che necessitano
di vitamine.
49
Il NAD, quindi, raccoglie tutti gli e- nei processi ossidativi e il NADH ha l’obiettivo di
andare nel mitocondrio a livello della fosforilazione ossidativa, con lo scopo di
produrre ATP.
Nei tessuti, l’acido nicotinico può essere sintetizzato a partire dal triptofano.
(Attraverso la via della chinourea → 60 mg di triptofano producono 1 mg di acido
nicotinico). La carenza della suddetta proteina provoca la pellagra, i cui sintomi
sono:
- Dermatite (D)
- Stomatite glossite
- Diarrea (D) patologia delle 3 D
- Demenza (D)
- Anemia
È una molecola presente in molti alimenti, per questo è difficile una sua carenza. È
costituita dall’unione di 2 molecole
mediante legame ammidico (l’acido
pantoico e la -alanina). Entra nella
costituzione di due molecole, il
coenzima A (HS-CoA) e l’acil carrier
protein (ACP) → molecole implicate in
sintesi/degradazione e nel trasporto di acidi grassi e nelle reazioni che coinvolgono i
gruppi acilici.
VITAMINA B6
50
all’ossidazione e ai raggi UV in quanto molecola aromatica. La forma
biologicamente attiva è il piridossal fosfato.
51
- gruppo formilico (-CHO)
- gruppi formiminico (-CHNH)
I folati intervengono nei processi metabolici coinvolti nella sintesi delle purine, della
deossitimidina (dTMP), nella formazione della metionina a partire dall’omocisteina,
nel catabolismo dell’istidina e nell’interconversione tra Gly e Ser.
Esistono altri farmaci usati nell’uomo, che assomigliano alla struttura dell’acido
folico, sono gli antagonisti dell’acido folico, come il metotressato (inibitore della
diidrofolato-reduttasi umana). Si comportano come chemioterapici e sono efficaci
nella terapia di tumori (leucemie e tumori solidi) e sono stati usati anche come
immunosoppressori.
52
a. primo stadio: caduta della quantita' di folato nel siero;
b. secondo stadio: diminuzione del folato eritrocitario
c. terzo stadio: diminuzione dell'eritropoiesi e difetto nella sintesi del DNA
d. quarto stadio: anemia megaloblastica con eritrociti larghi ed ovulari.
VITAMINA B12
Presenta un anello corinnico (più ridotto del
porfirinico), coordina un atomo di Co, che ha
legami di coordinazione con N dei pirroli con dei
nucleotidi. Il fabbisogno è di 1-3 mg/die, è una
delle poche vitamine immagazzinate a livello
epatico. L’unica fonte alimentare sono i
microrganismi del suolo e del lume intestinale. I
vegetali ne sono privi, quindi è prodotta da
animali.
53
La vitamina B12 è un trasportatore di unità monocarboniose, in particolare di gruppi
metilici. Si conoscono nell’uomo solo 3 enzimi che usano la B12:
- METIONINA SINTASI: che trasforma l’omocisteina in metionina, utilizza la
metilcobalamina
- METILMALONIL-COA MUTASI: enzima mitocondriale, che trasforma il
metilmalonil-coA in succinil-coA, utilizza l’adenosilcobalamina
- LEUCINA MUTASI: che trasforma la l’a-Leucina in -leucina, utilizza la
adenosilcobalamina
VITAMINA H, BIOTINA
Viene sintetizzata dalla flora intestinale. La biotina è il
gruppo prostetico di enzimi che idrolizzano le reazioni di
carbossilazione ATP-dipendenti. Ossia:
- acetil-CoA carbossilasi, citosolica, forma
malonil-CoA
54
- piruvato carbossilasi, mitocondriale, permette la carbossilazione del piruvato
ad ossalacetato, è un enzima importante nella gluconeogenesi
- propionil-CoA carbossilasi, mitocondriale, importante nella via metabolica
che porta dal propionato al succinato, è indispensabile per il catabolismo di
alcuni amminoacidi e degli acidi grassi a numero dispari di atomi di carbonio
- -metilcrotonil-CoA, mitocondriale, coinvolto nel catabolismo della leucina
La carenza può essere dovuta a una dieta ricca in uova crude, legata alla presenza
di avidina (lega avidamente la biotina e la sottrae all’assorbimento nell’organismo).
Sono descritti così geneticamente trasmessi anomalie, leganti la biotina. In questo
caso un trattamento con biotina può essere efficace. Trattamenti con sulfamidici o
con antibiotici possono portare a una carenza di vitamina H, per alterazione della
flora batterica intestinale. La vitamina H può dare origine, nell’adulto, a fenomeni di
desquamazione cutanea.
VITAMINA C
Le funzioni sono molteplici:
1) rientra nelle reazioni di
idrossilazione:
- sintesi del collagene
- sintesi della carnitina
- reazione di idrossilazione
dipendenti dal citocromo P450
- sintesi delle catecolamine
2) metabolismo del Fe:
- mobilizzazione del Fe dai depositi dell’organismo
- riduzione di Fe3+ a Fe2+ (forma biologicamente attiva) prima dell’assorbimento
intestinale
3) eliminazione dei radicali liberi: i quali reagiscono in fase liquida con acido
ascorbico formando un radicale libero ascorbile. Due molecole di radicale
ascorbico possono poi reagire tra loro e formare una molecola di ascorbato
e una di deidroascorbato.
4) interrelazione tra ascorbato e NO (fattore di rilascio endoteliale): NO svolge
funzioni importanti a livello degli epiteli, inibisce molti processi responsabili
dell'aterosclerosi (es. adesione dei monociti, aggregazione piastrinica,
permeabilita' endoteliale, proliferazione del tessuto muscolare liscio).
L'ascorbico favorisce il rilascio di NO nel plasma delle cellule endoteliali.
55
La deficienza favorisce lo scorbuto e si manifesta dopo 1 o 2 mesi di mancato
apporto di vitamina C. I primi sintomi sono: emorragie, ipercheratosi, congestione
follicolare e affaticabilità; poi: alterazioni gengivali; infine: ritardo nella guarigione
delle ferite, dolori articolari, edema e sintomatologia neuropsichiatrica (isteria,
depressione e ipocondria).
Gli enzimi sono dei catalizzatori e, in quanto tali, accelerano la velocità di reazione
senza alterarne l’equilibrio chimico.
In questo esempio, l’energia libera dello strato basale è minore di quella del
substrato quindi il ΔG (variazione dell’energia libera standard) è negativo → significa
che la reazione è esoergonica e dall’equilibrio ho più prodotto che substrato.
Tale equilibrio non viene modificato dal catalizzatore se l’equilibrio è favorevole non
significa che la velocità di reazione sia elevata perché dipende da altri parametri.
Tra S e P esiste una barriera energetica che corrisponde all’energia libera necessaria
a far avvenire la reazione (ad allineare i gruppi reagenti, a formare cariche
transitorie instabili, a riorganizzare i legami produrre altre trasformazioni) per
procedere in una delle due direzioni.
La barriera è illustrata nel grafico come una sorta di collina, perché la reazione
avvenga le molecole devono superare tale barriera e raggiungere un livello
energetico più alto rispetto a quello basale. Questo punto è chiamato “stato di
transizione”, in cui si hanno alcuni legami che si stanno rompendo e altri che si
stanno formando. La differenza tra il livello di energia dello stato basale e quello
dello stato di transizione è l’energia di attivazione, espressa come ΔG+-; la velocità di
una reazione dipende strettamente da essa. Un’elevata energia di attivazione
corrisponde a una bassa velocità di reazione.
56
Per descrivere la variazione di energia libera della reazione, si sono definite delle
condizioni standard:
- T = 25 C°
- P = 1 atm
- C = 1M
- pH = 7
Quindi ΔG è:
Gli equilibri di reazione sono correlati alla variazione dell’energia libera standard
'
della reazione stessa. In un equilibrio S <-> P si ha: 𝐾 𝑒𝑞 = (𝑃)/(𝑆) relazionata a
'
∆𝐺’° = − 𝑅𝑇𝑙𝑛(𝑘 𝑒𝑞)
Un valore molto negativo di ΔG’° rispecchia un equilibrio formato dalla reazione, ciò
non indica la velocità a cui procede la reazione.
Gli enzimi non sfuggono a tale concetto, il loro ruolo è quello di accelerare
l’interconversione tra substrato e prodotto mediante una diminuzione dell’energia di
attivazione. In questo modo, l’enzima non viene consumato durante il processo
chimico e l’equilibrio resta intatto. La reazione raggiunge l’equilibrio in un modo più
veloce.
57
- Enzima + substrato diventa dapprima
intermedio enzima-substrato e poi
enzima-prodotto e infine enzima + prodotto
- L’enzima accelera la reazione diminuendo
l’energia di attivazione, il legame enzima +
substrato crea un nuovo percorso di reazione
in cui l’energia dello stato di transizione è più
bassa di quella della reazione in assenza
dell’enzima. Poiché l’energia di attivazione è
più bassa, più molecole possono acquisire
l’energia necessaria a raggiungere lo stato di transizione.
Gli enzimi sono dei catalizzatori incredibili, l’aumento di velocità della reazione
determinato da un enzima può variare da 5 fino a 17 ordini di grandezza. Gran
parte del potere catalitico degli enzimi deriva dalla loro capacità di disporre i
substrati in posizione favorevole e promuovere la formazione degli stati di
transizione: legandosi ai substrati formano il complesso enzima-substrato. I substrati si
legano a una specifica regione dell’enzima che si chiama sito attivo. La maggior
parte degli enzimi sono estremamente selettivi per i substrati, la selettività
caratteristica degli enzimi dipende dalla specificità del substrato.
Il sito attivo di un enzima è la regione a cui si lega il substrato. Fanno parte anche i
residui che partecipano alla formazione e alla rottura dei legami durante la catalisi
(tali residui sono detti “gruppi catalitici”).
58
L’interazione tra enzima e substrato a livello del sito attivo promuove la formazione
dello stato di transizione. Anche se gli enzimi differiscono tra loro, è possibile definire
delle caratteristiche comuni del sito attivo:
59
di legame, fonte principale di energia libera usata dall’enzima per abbassare
l’energia di attivazione e accelerare la velocità di reazione. Il numero delle
interazioni tra substrato ed enzima raggiunge il numero massimo solo quando il
substrato è nello stato di transizione. L’energia di legame resa disponibile
dall’associazione è massima solo nel momento in cui l’enzima facilita la formazione
dello stato di transizione, si può quindi pensare che l’energia libera dell’interazione
enzima-substrato provochi l’abbassamento dell’energia di attivazione.
Queste interazioni deboli rendono gli enzimi anche estremamente specifici che
deriva dalla formazione di una molteplicità di interazioni tra l’enzima e tutte le parti
della molecola.
NB: i siti attivi non sono complementari al substrato in quanto tali ma allo stato di
transizione che il substrato deve raggiungere. Un esempio → cambiamenti
conformazionali associati a adenilato ciclasi quando lega l’ATP
CINETICA ENZIMATICA
Il modo più semplice per studiarla consiste nel seguire, per esempio con uno
spettrofotometro, l’aumento della formazione di un prodotto in funzione del tempo.
La quantità di prodotto formato è determinata in funzione del tempo a diverse
concentrazioni di substrato. La quantità di prodotto formato aumenta col passare
60
del tempo anche se, in tempi sufficientemente lunghi, non si hanno più variazioni
nelle quantità dei prodotti. Considerando solo la reazione che da S va a P, si può
definire la velocità della reazione catalizzata, V0, espressa come il numero di moli di
prodotto formate al secondo quando la reazione è appena cominciata (ossia in un
tempo vicino allo zero). Questa è ricavabile matematicamente facendo la
tangente alla curva.
61
L’effetto saturante del substrato è una proprietà caratteristica degli enzimi ed è
responsabile della presenza di questo plateau. Quando l’enzima viene prima
mescolato con un grande eccesso di substrato c’è un periodo iniziale, stato
pre-stazionario, durante il quale avviene la formazione del complesso
enzima-substrato, la reazione raggiunge però rapidamente lo stato stazionario, in
cui la concentrazione del complesso enzima-substrato rimane con costante nel
tempo, questo tipo di analisi è detta cinetica dello stato stazionario.
𝐾𝑀
Tale retta una pendenza data da ; un’intercetta sull’asse delle concentrazioni
𝑉𝑚𝑎𝑥
1 1
pari a e un intercetta sull’asse di 𝑉0 pari a .
1
− 𝐾𝑀 𝑉𝑚𝑎𝑥
62
La KM cambia molto da enzima a enzima e per molti corrisponde alla
concentrazione di substrato in vivo.
STRATEGIE CATALITICHE
CATALISI ACIDO-BASE
Catalisi acida generale → l’energia libera dello stato di transizione di una reazione
viene abbassata a seguito del trasferimento temporaneo di un protone dall’acido.
63
Esempio: tautomerizzazione cheto-enolica, la reazione non catalizzata è molto lenta
è necessaria un’elevata energia libera per raggiungere lo stato di transizione, simile
ad un carbanione.
Catalisi acido-base:
A livello della tasca catalitica si trovano 2 residui amminoacidi molto importanti che
prendono parte alla reazione, 2 istidine con 2 pk diversi (5,54 e 6,4). La catalisi è
divisa in due reazioni distinte: quella che avviene prima riguarda l’istidina in 12, che
si trova in posizione 12 a
livello della catena
polipeptidica, che si
comporta come base,
sottraendo un protone dal
gruppo ossidrilico 2’
dell’RNA, promuovendo
l’attacco nucleofilo
dell’atomo di fosforo. L’istidina 119 si comporta da acido generale, promuovendo la
scissione del legame, protonando il gruppo uscente → formazione di un intermedio
poliribonucletoidico contenente un gruppo fosfodiestere 2’,3’-ciclico dell’estremità
3’-terminale.
64
La seconda reazione comporta una seconda tappa, dopo che il gruppo uscente si
allontana entra H2O; His 12 si comporta come un acido generale e l’His 119 come
base generale.
CATALISI COVALENTE
Gli enzimi proteolitici che presentano, a livello della tasca catalitica, una serina
reattiva si chiamano serin proteasi. A questa categoria di enzimi fanno parte sia
alcuni enzimi digestivi (come la tripsina, la chimotripsina…) ma anche le elastasi,
proteasi prodotte dal pancreas, e anche la trombina, la plasmina, la callicreina che
sono importanti enzimi coinvolti nel processo di coagulazione del sangue.
65
dell’anello imidazolico forma un legame a H con il gruppo carbossilico
dell’aspartato 102. Questa organizzazione con cui i 3 residui sono disposti in modo
da formare tale legame a H è detta triade catalitica.
Il residuo di istidina serve sia a posizionare la catena laterale della serina ma anche
per polarizzare il gruppo ossidrilico della serina stessa, in modo da renderlo
disponibile alla deprotonazione. Infatti, la serina diventa acida in queste condizioni.
Il polipeptide che deve subire l’idrolisi entra a livello del sito catalitico; la reazione
inizia con l’atomo di O della catena laterale della Ser195 che produce un attacco
nucleofilo sul C carbonilico del legame peptidico, che deve essere idrolizzato.
66
stadio successivo, la deacilazione dell'enzima, con la ricostituzione dell'enzima libero
inizia con una molecola di H2O che prende il posto, prima occupato, della
componente amminica del substrato. Il gruppo estere dell’acil-enzima viene ora
idrolizzato da un processo che ripete fasi già viste, agendo con un meccanismo di
catalisi acida generale; l'Hys 57 stacca un H+ dall’H2O, lo ione OH- attacca l’atomo
di C carbonilico del gruppo acilico, formando un intermedio tetraedrico. Questa
struttura è molto reattiva e forma un acido carbossilico come prodotto finale. Infine
si ha il rilascio dell’acido carbossilico e la ricostituzione dell’enzima libero, pronto
per effettuare un nuovo ciclo.
Ci sono altre proteine che scindono peptidi attraverso un meccanismo che usa la
triade catalitica, alcune sono simili, come la tripsina e la elastasi, che presentano
un'omologia di sequenza molto elevata (>40%) [Sovrapposizione della struttura della
chimotripsina a quella della tripsina → manifesta grande similitudine]. Tali proteine
agiscono con un meccanismo simile, gli enzimi differiscono però per quanto
riguarda la specificità di substrato, infatti la tripsina idrolizza i legami peptidici, che si
trovano immediatamente dopo ai residui con catene laterali basiche, come quelle
dell’Arg e della Lys, a differenza della chimotripsina.
L’attività di molti enzimi può essere inibita da specifiche molecole o da ioni, tale
inibizione è uno dei principali meccanismi di controllo
nei sistemi biologici, caratteristico soprattutto degli
enzimi allosterici. Anche molti farmaci e veleni possono
legarsi agli enzimi inibendoli.
In tale inibizione l’inibitore compete con il substrato per il sito attivo, la caratteristica
principale è che, però, se aumenta la concentrazione di substrato si può rimuovere
l’effetto inibitore. Tale effetto è quello di aumentare, apparentemente, il valore di KM
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(in sua presenza è necessario aumentare la concentrazione del substrato per
raggiungere la stessa velocità di reazione, che si riscontra in assenza dell’inibitore).
INIBIZIONE INCOMPETITIVA
L’inibitore si lega solo quando sia il complesso enzima substrato quindi si lega solo se
è presente il substrato. Il complesso
enzima-substrato-inibitore non procede verso la
formazione di nessun prodotto, quindi la Vmax sarà
più bassa in presenza dell’inibitore, l’inibitore
incompetitivo abbassa anche il valore di KM perché
l’inibitore si lega al complesso enzima-substrato per
formare il complesso enzima-substrato-inibitore,
diminuendo la concentrazione del complesso
enzima substrato.
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L’inibitore e il substrato si legano in siti diversi della
molecola enzimatica, ma, diversamente da quella
incompetitiva, l’inibitore non competitivo può legarsi
sia al sito libero sia al complesso enzima substrato.
L’inibitore agisce diminuendo la concentrazione
dell’enzima funzionale. La soluzione contenente
l’enzima si comporta come se fosse una soluzione di
enzima più diluita.
INIBITORI IRREVERSIBILI
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e in attiva l’enzima stesso; questo è un gas nervino molto pericoloso perché agisce
senza specificità su tutte le acetilcolinesterasi e su tutti gli altri enzimi.
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del ponte di pentaglicina con il legame peptidico tra due dialanine, per formare un
legame trasversale.
La transpeptidasi
forma un intermedio
acilico, con il
penultimo residuo di
D-Ala del peptide
D-Ala-D-Ala, questo intermedio covalente acil-enzima reagisce poi con il gruppo
amminico della Gly terminale di un altro peptide, formando un legame trasversale.
I batteri, per resistere all’attività della penicillina, hanno prodotto una forma di
resistenza, infatti alcuni Gram positivi producono un enzima, chiamato β-lattamasi,
che idrolizza la penicillina, rendendola inattiva. Una serina, appartenente alla tasca
catalitica, reagisce con l’anello β-lattamico, si forma un acil enzima e la liberazione
della penicillina inattiva. Un metodo per evitare l’attività della penicillina, da parte
di batteri, è stato appunto quello della β-lattamasi.
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Esiste un altro inibitore suicida della β-lattamasi: l’acido clavulanico, con una
struttura che ricorda quella delle penicilline, esso reagisce con la β-lattamasi e,
nello stesso modo, provoca l’inattivazione dell’enzima stesso.
Un altro punto di regolazione è l’emivita di ogni proteina, una volta che il ribosoma
produce l’enzima che è attivo, questo può essere degradato. Ogni proteina ha una
sua emivita e quindi a seconda di questa si ha un’attivazione maggiore o minore
dell’enzima.
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Meccanismi di regolazione dell'attività enzimatica:
1. Interazioni allosteriche
2. modificazioni covalenti reversibili
3. modificazioni covalenti irreversibili o attivazione proteolitica
4. interazione con proteine di controllo
5. forme multiple delle proteine enzimatiche (isoenzimi)
Regolazione enzimatica
1. avere una conformazione diversa indotta dal legame del modulatore (esiste
anche per gli enzimi, una conformazione più attiva R e una meno attiva T)
7. es. aspartato transcarbamilasi, una delle prime tappe della biosintesi delle
pirimidine, in questo caso si ha la catalizzazione tra la aspartato e il carbamil
fosfato. Struttura a sei subunità catalitiche e da diverse subunità regolatorie
(6); gli effettori allosterici di questo enzima sono il CTP (citosina trifosfato) e
l’ATP. Il CTP è un inibitore → inibizione retroattiva → a un sito di legame che
favorisce la trascrizione di una conformazione meno attiva, mentre l’ATP
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stimola l'enzima e favorisce la transizione dell'enzima a una conformazione
più attiva.
Con poco ATP, l'enzima è più attivo rispetto a quando si hanno alti valori di ATP. Tale
enzima rappresenta la tappa di regolazione dell'intera glicolisi, esistono inoltre altri
modulatori allosterici di tale enzima (AMP).
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Anche molte proteine come l’ubiquitina e le proteine SUMO possono essere
utilizzate per modificare covalentemente le proteine che si legano ad altre proteine.
Questi gruppi sono inseriti o rimossi da degli enzimi appositi.
Alcuni esempi: si può avere fosforilazione della glicogeno fosforilasi ma anche altre
modificazioni comuni come l’acetilazione degli istoni (proteine che legano il DNA).
Una volta che l’enzima è fosforilato può essere attivato o inattivato a seconda dei
casi, ma l’effetto della fosforilazione può essere rimosso attraverso le proteine
fosfatasi. Un esempio è la regolazione, per fosforilazione, dell’enzima
glicogenofosforilasi; tale enzima catalizza la reazione di degradazione del
glicogeno, per cui da 1 molecola di glicogeno si libera glucosio 1-fosfato, che può
essere utilizzato per il metabolismo energetico.
La glicogeno fosforilasi può assumere due forme: una A (più attiva) e una B (meno
attiva). La fosforilasi A é composta da 2 subunità, ognuna delle quali contiene un
residuo di Ser, che può legare un gruppo fosforico a livello dell’OH della Ser stessa.
Quando la Ser è fosforilata si ha la maggiore attività da parte dell’enzima, quindi i
gruppi fosforici possono essere rimossi attraverso la PP1 (fosforilasi fosfatasi).
La demolizione del glicogeno, a livello muscolare e nel fegato, viene regolata dalla
fosforilazione o deefosforilazione di tale enzima. Quindi quando è fosforilato sarà
attiva la degradazione e quando è defosforilato sarà meno attiva la fosforilazione.
La reazione di fosforilazione crea una modificazione conformazionale dell’enzima
che permette la trasformazione della fosforilasi nella conformazione B nella fosforilasi
nella conformazione A.
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