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BIOCHIMICA DELLA NUTRIZIONE

INTRODUZIONE ALLA BIOCHIMICA DELLA NUTRIZIONE: CHIMICA ORGANICA (ripasso)


La chimica organica nasce dall'urea, molecola di scarto contenuta nell'urina, composto principale attraverso
il quale viene eliminato l'azoto dalle nostre cellule. È un composto dato da un carbonio con 2 gruppi
amminici e un doppio legame con l'azoto. Wohler, all'inizio degli anni 800, studia la Sintesi in laboratorio
dell'urea, riuscendo per la prima volta a sintetizzare l'urea in vitro a partire dal cianato di ammonio.

GRUPPI FUNZIONALI
La presenza di gruppi funzionali distingue la chimica organica dalla chimica inorganica. Si tratta di atomi o
gruppi di atomi che impartiscono particolari proprietà chimiche ai composti che li contengono.

La R in chimica sta per radicale alchilico, ovvero "il


resto della catena carboniosa", che partecipa
scarsamente o non partecipa affatto alle reazioni. Non
è uguale per tutte e molecole.

La presenza di zolfo nel gruppo solfidrilico conferisce


peculiari caratteristiche alle proteine.

Il gruppo fosfato (H2PO4), lo ritroviamo nei nucleotidi,


non solo di DNA ed RNA, ma anche dell'ATP.

Il Carbonio al quale è legato il gruppo funzionale viene


detto "carbonio alfa", quello immediatamente
seguente “carbonio beta”, il successivo “Carbonio
Gamma” e così via.

GLI ALCOLI
Gli alcoli derivano dagli idrocarburi per sostituzione di un
idrogeno con un gruppo ossidrile (-0H) che ne diventa il gruppo
funzionale. La formula generale degli alcoli è R—OH.
Si classificano in primari, secondari e terziari a seconda che
l'atomo di carbonio a cui è legato l'ossidrile sia unito rispettivamente a uno, due o tre gruppi R. Gli alcoli
sono solubili in acqua, in quanto formano legami a idrogeno.

Il glicerolo è un alcol fondamentale che fa parte della struttura dei trigliceridi.

Un particolare gruppo di alcoli è quello degli alcoli aromatici, detti così perché
hanno un anello aromatico nel quale sono presenti doppi legami, al quale si lega
poi un gruppo ossidrilico OH. Sono acidi e liberano ioni HO+. Questo anello
aromatico lo ritroveremo in molte molecole, come nell’Ubichinone o negli
antiossidanti. Sono importanti dal punto di vista biologico perché fungono da
trasportatori di elettroni: l'anello aromatico è in grado di accettare e donare elettroni stabilizzando la
propria struttura grazie alla delocalizzazione degli elettroni all'interno dell'anello stesso, Durante il normale
utilizzo cellulare di questi trasportatori, soprattutto se si fa un'attività fisica molto intensa, si possono
liberare i cosiddetti radicali liberi.
RADICALI LIBERI
Atomo o molecola che presenta almeno un elettrone spaiato nell'orbitale più esterno. I radicali liberi
possono formarsi a causa del metabolismo cellulare, del fumo, delle radiazioni, dei raggi UV,
dell’inquinamento… Uno dei principali produttori di radicali liberi è la cellula muscolare. L'attività fisica però
produce sì ROS, ma induce anche la produzione di antiossidanti. I radicali all'interno della cellula sono
anche dei messaggeri, cioè inducono modificazioni trascrizionali che nel tempo possono portare a dei
benefici. un eccesso di produzione di radicali è anche alla base della fatica muscolare.

Dal punto di vista biologico i radicali liberi più importanti sono quelli
dell'ossigeno, detti anche specie reattive dell'ossigeno (ROS). All'interno
delle nostre cellule questi vengono prodotti continuamente, soprattutto
durante attività fisica intensa. I radicali dell'ossigeno sono l'anione
superossido e il radicale ossidrile.

L'anione superossido presenta 2 ossigeni con un elettrone in più, il che gli conferisce una carica negativa.
Nel radicale ossidrile, invece, è presente un unico elettrone, quindi non ha carica in eccesso. I radicali si
producono dalle molecole di ossigeno. L'ossigeno esiste in più forme: in natura lo troviamo come molecola
(02). L'ossigeno più stabile è quello tripletto. che presenta 2 dei suoi elettroni esterni nella stessa direzione
di spinta, quindi con lo stesso andamento. A volte basta anche poca energia
affinché l'ossigeno tripletto passi nella forma ossigeno singoletto, meno
stabile, quindi più reattivo. Succede che la poca energia che è stata
somministrata è in grado di far cambiare la direzione di spinta dell'elettrone.

I radicali liberi tipicamente si vengono a formare dall'ossigeno tripletto. Dall'anione superossido all'ossigeno
tripletto: viene aggiunto un nuovo elettrone, che rappresenterà
l'elettrone spaiato, conferendo instabilità all'ossigeno. Grazie
all'enzima superossido dismutasi, presente sia nel citosol che nel
mitocondrio, viene catalizzata una reazione redox, che vede
l'unione di 2 anioni superossido con 2 H+ formando 1 ossigeno e il perossido d'idrogeno (acqua ossigenata).
Successivamente, l'enzima catalasi scinde il perossido di idrogeno
(molecola abbastanza reattiva) portando alla formazione di acqua,
ossigeno e ioni idrogeno.
Questo è un enzima particolare, che troviamo nei perossisomi, nonché piccoli organelli intracellulari molto
importanti nel catabolismo di alcune molecole nutritive come gli acidi grassi (trigliceridi). Molto importanti
in quanto nella demolizione dei trigliceridi vengono prodotte quantità importanti di acqua ossigenata che
deve essere prontamente rimossa dalla cellula.

Altro sistema interno per detossificare la cellula dall'acqua ossigenata è il glutatione perossidasi (enzima
presente in tutti i compartimenti cellulari). Si tratta di un sistema che
reagisce con molecole di glutatione, in grado di accettare elettroni
passando dalla forma ridotta a quella ossidata, detossificando il
perossido di idrogeno producendo acqua.

Il radicale idrossile è per eccellenza il più dannoso. Nel caso in cui il superossido dismutasi e la catalasi non
riescano a contrastare l'anione superossido, questo va a reagire con i metalli
presenti nella cellula (ferro, magnesio...). Nel momento in cui questa reazione
dovesse avvenire con il ferro, avremmo come prodotto ossigeno tripletto (non
tossico) e ferro, il quale, in seguito alla reazione passa dalla forma ossidata a quella ridotta. Il ferro nella
forma ridotta reagisce con il perossido di idrogeno (reazione di
Fenton), portando alla formazione di ferro nella forma ossidata
(reazione di ossidoriduzione) e del radicale idrossile.
Questo è estremamente instabile e reattivo. Inoltre, il radicale idrossile può instaurare delle catene interne
di produzione di ossigeno singoletto, in quanto in grado di reagire con il superossido. L'ossigeno singoletto a
sua volta però è instabile e reattivo.

I radicali liberi all'interno della cellula causano:


- Perossidazione dei lipidi delle membrane cellulari, alterando la fluidità di queste cedendo l'elettrone
spaiato alla catena idrocarburica dei lipidi e instaurando così una serie di reazioni a catena;
- Qualora i radicali dovessero raggiungere il nucleo potrebbero danneggiare la struttura degli acidi
nucleici, causando punti di rottura nella doppia elica del DNA, con aumentato rischio di mutazioni;
- Causano alterazioni strutturali delle proteine: i radicali liberi sono in grado di interagire con i gruppi di
solfuro degli aminoacidi rompendo il legame e comportando la denaturazione delle proteine.

ALDEIDI E CHETONI
Sono caratterizzati dalla presenza del gruppo carbonile (un carbonio C legato con un doppio legame con
l’ossigeno O). In base al gruppo carbossilico possiamo avere un aldeide o un chetone, entrambi caratteristici
degli zuccheri (es. il fruttosio è un chetone, il glucosio è un aldeide):

- Negli aldeidi il gruppo carbonile contiene un atomo di idrogeno e un


radicale (R);

- Nei chetoni il gruppo carbonile contiene due radicali (R).

La caratteristica del gruppo funzionale carbonilico è la


polarità.

GLI ACIDI CARBOSSILICI


Gli acidi carbossilici sono caratterizzati dalla presenza in molecola del gruppo
carbossile, spesso abbreviato con COOH. La presenza del gruppo OH rende la
molecola polare e acida, in grado così di cedere un protone. La funzione
carbossilica tende a cedere un protone all'acqua presente nelle nostre cellule
conferendo così la caratteristica di acido debole. (Ka<10-4)

ESTERI
Derivati dei gruppi carbossilici, ottenuti per sostituzione del gruppo OH con un OR. Il legame
estere è il meccanismo con cui gli
acidi grassi si legano al glicerolo nella
formazione dei trigliceridi. Vi è un Carbonio che
forma un doppio legame con l’Ossigeno, poi lega un
gruppo R e un gruppo OR.

AMMIDI
Anche questi derivati dai gruppi carbossilici, ottenuti per
sostituzione del gruppo ossidrilico con un gruppo
amminico -NH2, quindi da un’ammina che può essere
primaria, secondaria o terziaria, determinando la
formazione di un legame carbamminico.
AMMINE
Le ammine sono composti derivanti dall’ammoniaca (1 azoto N che lega 3 atomi di Idrogeno H) per
sostituzione di uno o più atomi di Idrogeno con altrettanti gruppi (R), costituendo le ammine primarie,
secondarie o terziarie. Le ammine sono caratteristiche degli aminoacidi, questi infatti hanno un aspetto
bifunzionale in quanto costituiti sia da un gruppo
carbossilico che da uno amminico. Il gruppo
amminico contribuisce a regolare il pH
intracellulare, questo è infatti basico,
contrariamente al carbossilico. Di fatto l’Azoto
(N), essendo del 5° gruppo, ha 5 elettroni esterni
dei quali ne utilizza solo 3 per legare l’Idrogeno
(H), ragion per cui ha un doppietto esterno che è
in grado di accettare un protone presente nella
soluzione. Ciò che cede un protone è un acido,
ciò che lo accetta è una base.

COMPOSTI ETEROCICLICI
Composti organici di natura ciclica il cui anello è formato, oltre
che da atomi di carbonio, da uno o più atomi diversi dal
carbonio. Questi caratterizzano in particolare le basi azotate
che sono presenti nel DNA.

L’OSSIDAZIONE DEL CARBONIO


Il numero di ossidazione rappresenta la carica che ogni atomo, in una molecola o in uno ione poliatomico,
assumerebbe se gli elettroni di legame fossero assegnati all’atomo più elettronegativo. Se il numero di
ossidazione è stato assegnato correttamente, la molecola nel suo insieme risulterà elettricamente neutra. Il
numero di ossidazione del carbonio nei composti varia da -4 a +4.

REAZIONI DI OSSIDORIDUZIONE (REDOX)


Le sostanze ossidanti sono sostanze che acquistando elettroni si
riducono (il numero di ossidazione diminuisce). Le sostanze riducenti
sono sostanze che perdendo elettroni si ossidano (il numero di
ossidazione aumenta). Nelle molecole organiche bisogna immaginare
queste ossidoriduzioni come perdita o acquisto di atomi di H.
Il carbonio è in grado di ossidarsi cedendo uno o più elettroni all’Ossigeno (che si riduce). L’ossidazione del
Carbonio è detta anche combustione ed è in grado di liberare energia secondo il seguente schema: nelle
reazioni di ossidazione il numero di ossidazione aumenta; nelle reazioni di riduzione il numero di
ossidazione diminuisce. È lo scambio di elettroni fra le sostanze reagenti che fa cambiare il numero di
ossidazione.

ISOMERIA
Nei composti inorganici. ad ogni formula grezza, che esprime la
composizione della molecola, corrisponde una sola formula di
struttura. Nei composti organici, ad una data formula grezza
possono corrispondere due o più formule di struttura, nonostante
queste sostanze presentino proprietà fisiche e comportamenti
chimici completamente diversi. Questo fenomeno si chiama isomeria. Per questo motivo, in chimica
organica la formula bruta ci dice poco sulla molecola. (es: C 6H12O6 formula grezza del glucosio, è la formula
bruta di almeno 6 molecole diverse).
Abbiamo diverse tipologie di isomeria:

- Di struttura -> si definiscono isomeri di struttura quei composti che hanno la stessa formula
molecolare (bruta) ma diversa formula di struttura, sono quindi diversi i legami tra gli atomi. Diversi
legami funzionali;
- Conformazionale -> si definiscono isomeri conformazionali (o confomeri) quei composti che hanno gli
stessi legami, ma una diversa forma della molecola nello spazio (glucosio simile al cicloesano);
- Configurazione cis-trans -> è presente nelle molecole che hanno un doppio legame. Il doppio legame
crea un impedimento alla rotazione del legame creando due piani differenti, uno sopra e uno sotto il
doppio legame. Tra carbonio e carbonio o nelle molecole cicliche. (Il legame singolo può invece
ruotare).
 Isomero cis: è quello in cui i due atomi di cloro risultano posti dalla stessa parte
rispetto al piano ideale in cui è posto il doppio legame;
 Isomero trans: è quello in cui i due atomi di cloro risultano situati in parti
opposte rispetto al piano ideale in cui è posto il doppio legame.
- Ottica -> è presente nelle molecole che hanno un carbonio legato a 4 atomi o gruppi di atomi diversi.
Questo tipo di isomeria si fonda sul fenomeno della chiralità. Come si identifica un carbonio chiralico?
Un carbonio, forma 4 legami semplici e a questi quattro legami dobbiamo avere gruppi o sostituenti
diversi. Quindi, un atomo di carbonio con ibridazione e sp3 e avente 4 sostituenti diversi. Per i
carboidrati c'è un modo semplice per quantificare i carboni chiralici:
 Nel caso degli aldosi -> n – 2 (n è il numero di atomi di carbonio):
 Nel caso dei chetosi -> n – 3.
Una volta stabilito il numero di C chiralici possiamo calcolare il numero di stereoisomeri: 2 n (dove n è il
numero di carboni chirali).
- Vi sono molecole che sono formate dagli stessi
atomi, ma hanno una configurazione spaziale
diversa da questi. Queste configurazioni spaziali
rendono queste molecole riconoscibili o non
riconoscibili dai nostri enzimi e trasportatori, li
rende di conseguenza anche biodisponibili o non
biodisponibili. Se la molecola contiene almeno un carbonio chiralico, questo è “propedeutico”
all’isomeria, cioè le due molecole non saranno sovrapponibili. Tutti gli aminoacidi (a eccezione della
glicina) presentano il fenomeno della chiralità. La gliceraldeide viene utilizzata come standard per
spiegare questo fenomeno, osservando la collocazione del gruppo OH: se questo è posizionato a
destra, la molecola è la d-(+)-gliceraldeide; se il gruppo OH è collocato a sinistra, avremo la l-(-)-
gliceraldeide). Questi due isomeri ottici vengono identificati come enantiomeri. In una soluzione
potremmo avere un solo tipo di isomero. Esempio: quando analizziamo un carboidrato presente nelle
nostre cellule, normalmente lo troviamo “d”, raramente troviamo un carboidrato in forma “l”; gli
aminoacidi che costituiscono le proteine invece li troviamo in forma “l”.
Gli stereoisomeri, quindi isomeri spaziali formati dagli stessi atomi, uniti con medesimi legami ma
aventi strutture tridimensionali differenti e non intercambiabili, si possono distinguere in:
 Enantiomeri: due stereoisomeri che sono uno l’immagine speculare dell’altro. (li chiamiamo D e L
in base alla posizione dell’ossidrile legato al carbonio chiralico).
 Diasteroisomeri: tutti quelli che non sono enantiomeri. Tra questi gli Epimeri: se differiscono per
un solo carbonio chirale. (Epimeri del glucosio: d-galattosio; d-glucosio; d-mannosio)
LA BIOCHIMICA
Ogni cellula è sede di complesse reazioni
biochimiche, note come metabolismo, del
quale la fase costruttiva è detta anabolismo
(sintesi di molecole complesse a partire da
molecole semplici impiegando energia) e
quella degradativa, catabolismo (scissione di
molecole complesse per ricavare energia
sotto forma di ATP). la cellula attiva i
meccanismi catabolici quando necessita di ATP per la contrazione muscolare durante una specifica attività.
Al termine di questa le molecole complesse devono essere ripristinate per le successive attività, ragion per
cui si attivano i processi anabolici per ricostruire le molecole complesse (scorte energetiche cellulari).
Tra le molecole complesse quelle di nostro interesse sono: carboidrati, lipidi, proteine, acidi nucleici (non
utilizzati dal punto di vista energetico, ma importanti perché formati da nucleotidi necessari per attivare le
reazioni metaboliche). Queste sono delle molecole di grosse dimensioni (polimeri) formate da subunità
molecolari (monomeri) unite tra loro da legami covalenti, quindi stabili, scissi da enzimi specifici nella fase
catabolica del metabolismo.

Fine Ripasso, Inizio Programma.


I CARBOIDRATI
I carboidrati, detti anche glucidi o zuccheri, sono delle macromolecole impiegate dagli organismi come
fonte energetica e componenti strutturali. Ogni grammo di glucosio contiene circa 4kcal. Sono formati da
carbonio (C), idrogeno (H), Ossigeno(O), con un rapporto 1:2:1 (ricchi di ossigeno e poveri di idrogeno,
rapporto che conferisce ai carboidrati una minore capacità di ossidazione rispetto ai lipidi). Sono molecole
che presentano il gruppo -OH, il quale, essendo polare, conferisce notevole idrofilicità alle molecole. Ne
consegue che, se immerse in acqua, si polarizzano e attraggono le molecole d'acqua. Per 1gr di glicogeno si
legano almeno 2-3 gr di acqua, in 1gr di glicogeno, quindi, il 70% circa del peso è rappresentato da acqua.
La gran parte dei carboidrati di nostro utilizzo proviene dalle piante, quindi dalla fotosintesi, reazione che ci
permette di sintetizzare carboidrati a partire dall'energia solare. I CHO sono la principale fonte di carbonio
del nostro organismo, quindi capiamo l'importanza di questo composto. Rappresentano una fonte di
energia notevole, ma sono anche componenti strutturali importanti; sono componenti di biomolecole dette
glicoconiugati (glicolipidi e glicoproteine) coinvolti in fenomeni come l'endocitosi; sono inoltre elementi
strutturali degli acidi nucleici, dunque, hanno svariate funzionalità oltre quella più nota che è
indubbiamente quella energetica.

I carboidrati vengono suddivisi in:


- Semplici (costituiti da un massimo di 10 monomeri di zucchero) e sono: monosaccaridi, una singola
molecola di zucchero; disaccaridi, formati da 2 molecole di zucchero; oligosaccaridi, fino a 10 molecole
di zucchero.
- Complessi: Polisaccaridi, polimeri di monosaccaridi.

I Carboidrati sono polialcoli (presentano infatti più


gruppi ossidrilici -OH) contenenti nella molecola
un gruppo carbonile (C=O). Dal punto di vista
biochimico, un carboidrato può essere identificato
come un aldoso o un chetoso, a seconda se
presenti un gruppo aldeidico o un gruppo
chetonico. Le proprietà di un carboidrato sono
definite proprio da questi gruppi funzionali.

Esempi di aldosi e chetosi (carboidrati semplici):

*La numerazione degli atomi di carbonio parte dal Carbonio con il


gruppo funzionale*

Isomeri di uno zucchero con 4 atomi di Carbonio:

*CHO = C che lega un H con legame semplice e


con doppio legame l’O; CH2OH = C che lega 2H e
1OH.
Per definire se uno zucchero appartenga alla serie “L” o alla serie “D” è necessario numerare il primo
carbonio, in seguito si identifica l'ultimo carbonio chirale osservando dove è posto il gruppo -OH: se il
gruppo -OH si trova a destra, si tratterà di un isomero “D”; se il gruppo -OH si trova a sinistra, sarà un
isomero “L”.

I diasteroismoeri sono isomeri con posizioni


differenti dei gruppi, ma non presentano il
fenomeno della chiralità sull'ultimo carbonio.
questo è molto importante, soprattutto nel caso
del glucosio, in quanto presenta parecchi isomeri
ottici, tra cui il mannosio o il galattosio.

La maggior parte degli zuccheri di interesse biologico sono quelli di serie “D” e prevalentemente la loro
molecola contiene 5 (pentoso) o 6 (esoso) atomi di carbonio.

Gli Aldopentosi, molecole con 5 atomi di


carbonio, ci interessano dal punto di vista
degli acidi nucleici (ribosio e deossiribosio).
Il D-ribosio e il D-deossiribosio sono infatti
gli zuccheri impiegati per costituire gli acidi
nucleici. La differenza fra le due molecole
sta nel C2: il D-ribosio lega un -OH, mentre
il D-deossiribosio lega 2H.

Gli Aldoesosi, fra i quali rientra il glucosio, possono presentare


una serie di combinazioni. Per esempio, il D-glucosio (“D” perché
il C5, carbonio chirale, presenta il gruppo OH a destra) varia
rispetto al D-mannosio in quanto sul carbonio 2 il gruppo -OH lo si
trova a sinistra invece che a destra. Se invece osserviamo il D-
glucosio e il D-galattosio, la differenza fra i due e a carico del
carbonio 4: nel D-glucosio il gruppo -OH lo troviamo a destra, nel
D-galattosio lo troviamo a sinistra.

CICLIZZAZIONE DEGLI ZUCCHERI


In soluzione gli zuccheri tendono a fare una reazione
intramolecolare che gli conferisce una forma ciclica. Nel glucosio,
per esempio, la forma ciclica la si ottiene in seguito a una
reazione intramolecolare tra l'O del C1 e l’OH del C5. In seguito
alla reazione non si trova più il gruppo aldeidico del C1. Avviene
una reazione intramolecolare tra l’O del gruppo OH del C5 con il
C1, mentre l’H del gruppo OH del C5 reagisce con il doppio
legame con l’O del C1, costituendo un gruppo OH.
Nella forma ciclica il C1 lega 4 atomi diversi, ragion per cui
possiamo avere due isomeri del glucosio in forma ciclica: alfa-
glucosio, che presenta il gruppo OH sotto il piano, e beta-
glucosio (tendenzialmente più stabile), che presenta il gruppo
OH sopra il piano. Questi tipi di isomeri vengono anche definiti
anomeri.
In soluzione, il glucosio lo si trova quasi sempre sotto forma ciclica, fa eccezione lo 0.003% dei casi nei quali
lo si trova in forma aldeidica aciclica. In quest'ultimo caso, il C1 è un carbonio ossidabile, poiché il gruppo
aldeidico può essere trasformato facilmente in gruppo
carbossilico. Il C1 rappresenterà quindi l'estremità riducente,
proprio per la caratteristica di poter ossidare un eventuale
elemento.

Anche il fruttosio, in maniera analoga al glucosio, lo si può


trovare in forma ciclica. Nel caso del fruttosio, la reazione
intramolecolare la si ha tra il gruppo carbonile in C2 e il
gruppo OH del C5.

I disaccaridi sono costituiti da due molecole di monosaccaridi


legati l'un l'altro secondo due modalità: la prima, più
comune, vede legati due zuccheri (2 glucosio) attraverso una
reazione di condensazione fra i gruppi -OH del C1 di un
glucosio e del C4 dell’altro. Questa reazione comporta
l'eliminazione di una molecola di acqua. Il legame che si
instaura viene detto legame O glicosidico, in quanto a legare
le due molecole rimane solo un O a ponte, in seguito
all'eliminazione della molecola d'acqua. Nello specifico, il
legame viene definito legame alfa-1,4-glicosidico, “alfa”
semplicemente perché il glucosio è di tipo alfa.

Tra i Disaccaridi più importanti troviamo:


Quando le due molecole di glucosio si sono legate nel
costituire il maltosio, viene persa la possibilità, sul C1
del primo glucosio, di essere ridotto. Questo perché,
non essendo più presente l'aldeide sul C1, la molecola
non si può più aprire in soluzione. Il C1 del secondo
glucosio invece può essere ridotto, in quanto in
soluzione, seppure in piccola fase, si può riaprire dalla
sua forma ciclica, ricostituire l'aldeide e reagire con un
eventuale reagente.

Il Saccarosio è costituito da un alfa-D-glucosio e un beta-


D-fruttosio. Il legame che si forma è un legame alfa-
1,beta-2-glicosidico, in quanto coinvolge i gruppi -OH del
C1 dell’alfa-D-glucosio e del C2 del beta-D-fruttosio.

Il Lattosio è formato da beta-D-galattosio e da beta-D-glucosio, legati da un legame beta-1,4-glicosidico.


I legami beta sono per la cellula problematici, per via della scarsa
presenza di enzimi in grado di scinderli. Per esempio, il cellubiosio
non viene digerito in quanto non possediamo un enzima in grado di
riconoscere il legame beta-1,4-glicosidico. Il legame beta del lattosio,
invece lo si riesce a scindere grazie all'enzima lattasi. Questo enzima,
però, è funzionale in tutti gli individui di età infantile, ma in molti
soggetti adulti perde la sua funzionalità (intolleranza al lattosio).

CARBOIDRATI COMPLESSI
A livello di composizione cellulare troviamo gli zuccheri sotto questa forma, sia negli animali che nei
vegetali. I polisaccaridi sono polimeri di monosaccaridi con funzione di struttura e di riserva energetica. I
polisaccaridi più importanti sono:
- Amido -> riserva energetica delle piante (abbondanti nei semi, nei cereali, nelle patate e nelle radici). È
formato da:
 Amilosio: catena pressoché lineare di alfa-glucosio legati da legami alfa-1,4-glicosidici;
 Amilopectina: catena ramificata, cioè presenta catene di zuccheri legati gli uni agli altri da legami
alfa-1,4-glicosidici, per poi presentare delle ramificazioni (ogni 24-30 residui) con altre catene di
zuccheri, legate però in questo caso da legami alfa-1,6-glicosidici. È presente in maggiore quantità
rispetto all’amilosio (70/80%). Amidi relativamente ricchi di amilopectine vengono assorbiti e
digeriti rapidamente (presentando delle ramificazioni sono più facilmente attaccabili dagli enzimi),
mentre amidi con un elevato contenuto di amilosio vengono scissi (idrolizzati) più lentamente.
- Cellulosa -> costituisce le pareti cellulari degli organismi vegetali. È un polimero del glucosio non
ramificato formato da legami beta-1,4-glicosidici. La forma lineare permette un notevole
impacchettamento tra i vari filamenti di cellulosa, in quanto si vanno a formare dei legami idrogeno tra
i filamenti lineari che rendono particolarmente stabile la struttura (motivo per il quale costituiscono le
pareti cellulari dei vegetali). Le fibre resistono alla
digestione intestinale (per via dei legami beta e della scarsa
presenza di enzimi in grado di riconoscerli), anche se una
parte va incontro a fermentazione da parte della flora
batterica. La cellulosa è uno dei componenti della fibra
alimentare (insolubile) che va considerata in una normale
alimentazione. Gli unici esseri viventi in grado di digerire la
cellulosa sono i ruminanti e le termiti in quanto presentano
un enzima tale da poter scindere i legami beta: la cellulasi;
- Glicogeno -> polisaccaridi di riserva energetica negli animali. È immagazzinato nel muscolo o nel
fegato. È un polimero del glucosio formato da legami alfa-1,4-glicosidici. La struttura e più ramificata
rispetto all'amilopectina (legami alfa-1,6-glicosidici ogni 8-12 residui). Può essere costituito da 50-
100mila unità di glucosio. il limite massimo di glicogeno accumulabile e di circa 15gr per Kg di massa
corporea e lo troviamo maggiormente immagazzinato nelle fibre di tipo 2. Le nostre scorte di
glicogeno non possono essere superiori poiché, essendo i carboidrati idratati, questo implicherebbe
una maggiore presenza di acqua nel nostro corpo e di conseguenza una maggiore massa corporea da
spostare durante il movimento (1Kg di glicogeno richiamerebbe in media almeno 2/3L di acqua).

POLISACCARIDI STRUTTURALI:
- Chitina -> polisaccaride strutturale che si trova nello scheletro degli insetti e altri antropoidi, nonché
nella parete cellulare dei funghi. È costituita da più unità di N-acetilglucosammina (amminosaccaride)
legate mediante legame beta-1,4-glicosidico;
- Glicosamminoglicani (mucopolisaccaridi) -> polimeri non ramificati costituiti da un disaccaride
contenente un amminosaccaride e un monosaccaride acido. Li troviamo nei tendini e nel liquido
sinoviale.

Altre funzioni dei carboidrati -> a livello strutturale gli zuccheri entrano a far parte delle macromolecole,
cioè si legano alle macromolecole come lipidi e proteine per formare rispettivamente glicolipidi e
glicoproteine.

I LIPIDI
I lipidi rappresentano, insieme carboidrati, una sorgente di energia per gli organismi animali. 1gr di lipidi
contiene circa 9Kcal (38Kj). La quantità di energia metabolica liberata, a parità di peso, è sei volte di più per
un trigliceride che per il glicogeno, poiché in 1gr di glicogeno è presente almeno il 70% di acqua. Sono i
costituenti di tutti i tipi di membrane cellulari e, come ormoni, vitamine e sali biliari, risultano indispensabili
per la vita. A seconda del loro stato di aggregazione a temperatura ambiente, i lipidi vengono classificati in
grassi (solidi a temperatura ambiente) ed oli (liquidi a temperatura ambiente). I lipidi vengono
ulteriormente suddivisi in: saponificabili e non saponificabili. I primi contengono acidi grassi e si
distinguono in semplici (come i trigliceridi) e complessi (come i fosfolipidi). I non saponificabili non
contengono acidi grassi, alcuni esempi sono steroidi, colesterolo, ecc.

Possono svolgere differenti funzioni all’interno del nostro organismo e possono essere classificati in base a
queste:
- Energetica: ci forniscono 9Kcal per grammo;
- Riserva: i trigliceridi sono immagazzinati come riserva nel tessuto adiposo, il quale può essere distino
in viscerale e sottocutaneo (il primo + considerato pericoloso);
- Plastica: sono precursori di ormoni, vitamine e prostaglandine;
- Strutturale: membrane fosfolipidiche; colesterolo;
- Regolatrice: acidi grassi essenziali e colesterolo.

Gli Acidi grassi sono acidi carbossilici (COOH, gruppo carbossilico) con una lunga catena idrocarburica (R,
formata essenzialmente da carbonio e idrogeno). Il gruppo carbossilico è tendenzialmente acido, quindi in
grado di liberare un atomo di idrogeno sotto forma di ione idrogeno, motivo per il quale il gruppo carbossile
lo troviamo spesso al livello cellulare de-protonato, cioè carico negativamente. Caratteristica degli acidi
grassi è che sono tendenzialmente idrofobici, ma, avendo il gruppo carbossile de-protonato, gli acidi grassi
a bassissimo contenuto di Carbonio (3/4 carboni) diventano solubili in acqua. Discorso ben diverso nelle
lunghe catene idrocarburiche (numero di C > 4), insolubili in acqua. Gli acidi grassi con un numero di
Carboni tra i 12 e i 20 sono più frequenti in natura.
Negli acidi grassi gli atomi di carbonio possono essere indicati in due modi differenti: possiamo numerare gli
atomi di carbonio partendo dal gruppo carbossile (COOH), o
assegnare delle lettere greche agli atomi di carbonio partendo
dall’atomo di carbonio adiacente al gruppo carbossilico. Entrambe
le nomenclature ci servono per distinguere i vari acidi grassi.

Gli acidi grassi possono essere distinti in:


Saturi -> La catena idrocarburica non presenta doppi legami.
Formula bruta: CH3 (CH2)n COOH: gruppo carbossile (COOH),
gruppo CH che si ripete “n” volte, gruppo CH3 che chiude la
catena. Gli acidi grassi saturi sono principalmente di origine
animale (li troviamo quindi nei formaggi, nel burro, nella
carne…);
Insaturi -> La catena idrocarburica presenta doppi legami. Sono principalmente di origine vegetale (li
troviamo negli oli d’oliva, di girasole, di mais, soia…) Negli acidi grassi insaturi i doppi legami sono di solito
nella conformazione cis-, cioè la disposizione degli atomi di Idrogeno è sullo stesso piano.

Gli acidi grassi Insaturi si distinguono ulteriormente in:


- Monoinsaturi: presentano un solo doppio legame;
Nomenclatura degli acidi grassi monoinsaturi:
identifichiamo il numero di atomi di Carbonio e fra
quali atomi di C si trova il doppio legame.
Es: acido grasso con 18 atomi di C, con doppio legame tra gli atomi 9-10, si indica come 18:1 (Δ9) -> 18
sono gli atomi di C, 1 è il doppio legame, Δ 9 indica la posizione del primo carbonio implicato nel doppio
legame.
- Polinsaturi: presentano più doppi legami;
Nomenclatura degli acidi grassi polinsaturi:
identifichiamo il numero di atomi di Carbonio e
fra quali atomi di C sono collocati i doppi legami.
Es: acido grasso con 18 atomi di C, con due doppi legami tra gli atomi 6-7 e 9-10, si indica come 18:2
(Δ6,9) -> 18 sono gli atomi di C, 2 è il numero di doppi legami, Δ 6,9 indica fra quali carboni sono collocati i
doppi legami. Per indicare le insaturazioni viene anche spesso utilizzata la lettera ω (omega): inizio a
contare gli atomi di Carbonio dal C ω (l’ultimo) e identifico l’atomo di C con il doppio legame (ω 3, ω6).
Con questa nomenclatura identifichiamo solo il primo atomo di C con il doppio legame, catalogando
l’acido grasso come ω3, ω6. Gli acidi grassi della serie ω3, ω6 sono definiti acidi grassi essenziali, perché
gli animali non hanno enzimi in grado di aggiungere doppi legami dopo il C9, motivo per il quale
possono essere introdotti solo attraverso la dieta. Sono inoltre precursori di numerose molecole
importanti per la regolazione della funzione infiammatoria cellulare.

Un aspetto fondamentale degli acidi grassi insaturi è la loro instabilità strutturale data dalla presenza del
doppio legame lungo la catena, il quale crea una rigidità nella struttura che li rende meno compatti degli
acidi grassi saturi. A 25° (temperatura ambiente) i lipidi costituiti da acidi grassi saturi li troviamo allo stato
solido, invece, per i lipidi che contengono acidi grassi insaturi (a temperatura ambiente) li troviamo allo
stato liquido. Gli acidi grassi trans, avendo una geometria più lineare, rispetto agli acidi grassi Cis, tendono
ad essere solidi anche nel lume delle nostre arterie, andando a formare delle placche ateromatose. Inoltre,
hanno azione sul colesterolo: aumentando il livello di LDL, aumentano i livelli di insulina rispetto al carico
glicemico e alterano la conformazione delle membrane. Aumentano anche la produzione di radicali liberi, e
possono alterare il metabolismo degli acidi grassi essenziali.

Gli acidi grassi essenziali (conosciuti anche come vitamina F o AGE) sono 2 e sono rappresentati da:
- alfa-linolenico (w3). 3 doppi legami. Precursori di antinfiammatori. Sono i precursori degli eicosanoidi,
con azione appunto antinfiammatoria, antitrombotica e anti-aterogena. Li troviamo prevalentemente
nel pesce azzurro e nel pesce grasso;
- linoleico (w6). 2 doppi legami. Precursori degli eicosanoidi pro-infiammatori. Li troviamo nei semi di
lino, olio di soia e nella frutta secca.

I TRIGLICERIDI
I trigliceridi sono lipidi con funzione energetica. Sono costituiti da una molecola di glicerolo (polialcoli)
esterificata con tre molecole di acido grasso. Il gruppo -OH del gruppo carbossilico va a reagire con il
gruppo -OH del gruppo ossidrilico dell’alcol. Questa reazione di esterificazione (condensazione) produce
acqua e lega il glicerolo agli acidi grassi tramite legami estere. È sottoforma di trigliceridi che troviamo gli
acidi grassi all'interno delle cellule. ln genere, i 3 acidi grassi che costituiscono i trigliceridi sono differenti,
con l'acido grasso collocato in posizione 2 di tipo insaturo. I trigliceridi costituiscono la maggior parte dei
lipidi assunti con la dieta, rappresentando inoltre una riserva di energia (tessuto adiposo). Gli acidi grassi
nel nostro corpo li possiamo trovare sotto forma di:
- Trigliceridi, nel tessuto adiposo, i quali possono andare a costituire circa 12 kg di riserva energetica
(108.000 kcal);
- una parte la troviamo all'interno dei nostri muscoli: lipidi intramuscolari, i quali possono costituire
circa 300 g di riserva di energia (2000 kcal);
- acidi grassi liberi plasmatici (0,4 g, circa 3,6 kcal) che provengono dalla lipolisi del tessuto adiposo che
li rilascia nel sangue per farli arrivare successivamente agli altri tessuti, muscoli e cuore in particolare;
- triacilgliceroli plasmatici (4,0 g, circa 36 kcal) collocati all'interno del plasma per essere trasportati o al
tessuto adiposo, dove in seguito all'assorbimento nell'intestino, vengono immagazzinati, o ad altri
tessuti che li impiegano per produrre energia.
Dal punto di vista energetico possiamo identificare i trigliceridi e il glicogeno (500 g circa, 2000 kcal) come le
principali riserve energetiche di cui il nostro corpo dispone. Confrontando le nostre due riserve energetiche
noteremo che dai lipidi possiamo ricavare circa 55 volte più energia rispetto ai carboidrati (glicogeno).
Il tessuto adiposo può essere suddiviso in: tessuto adiposo bianco (ricco di trigliceridi; un eccesso di questo
è indice di obesità) e tessuto adiposo bruno (bruno perché ricco di mitocondri che sono in grado di
utilizzare fonti lipidiche e glucidiche per produrre calore).

Il burro è un alimento formato da almeno l'80% da grassi e da non più del 16% di acqua. Derivando dal latte
contiene un 2% di residuo secco magro (lattosio, proteine, vitamine liposolubili A, D, E, colesterolo...). È
composto per circa il 50% da acidi grassi saturi (a breve, lunga e media catena per un 15/20%), per circa il
20% da acidi grassi monoinsaturi e circa il 3% polinsaturi;
L'olio d'oliva è formato fino all'83% da acido oleico (monoinsaturo) 18:1 (Δ9). Contiene: acidi grassi saturi:
palmitico (19:0) -> tra 5,7% e 18,6%; stearico (18:0) -> tra 0,5% e 4,0%; acidi grassi polinsaturi: acido
linolenico (18:3) -> tra 0,1% e 0,6%; linoleico (18:2) -> tra 3,5% e 20,0%; altre sostanze (1-2%): idrocarburi,
composti fenolici (importanti antiossidanti), alcoli, steroli, pigmenti colorati ed elementi secondari.
Dei grassi saturi ne dobbiamo fare un uso molto ridotto. L’olio d’oliva è senza ombra di dubbio quello
migliore dal punto di vista salutare. Dobbiamo in ogni caso considerare nell’utilizzo la componente calorica.
L’olio di palma è costituito da circa il 50% da grassi saturi (prevale il palmitico (16:0)), circa un 40% da grassi
monoinsaturi (prevale l’oleico (18:1)) e circa un 10% da grassi polinsaturi (prevale il linoleico (18:2)).
L’olio di cocco è costituito da più del 90% da grassi saturi (laurico (12:0), miristico (14:0) e palmitico (16:0)).
La margarina si ottiene per idrogenazione di oli vegetali (aggiunta di idrogeno: prima dell’idrogenazione vi
sono doppi legami con conseguente compattazione della struttura degli acidi grassi) quali quelli di arachidi,
soia e girasole. L0impiego della margarina, essendo di origine vegetale, quindi con basso contenuto di
colesterolo, è molto più salutare rispetto all’utilizzo del burro, ma il suo utilizzo nel lungo periodo ha le sue
controindicazioni. Infatti, il processo di idrogenazione, non solo non rimuove tutti i doppi legami, ma
cambia la conformazione da cis- a trans- di quelli che rimangono. Gli acidi grassi con conformazione trans-
possono influire negativamente su due aspetti: tendono a far diminuire le lipoproteine HDL, ovvero quelle
deputate alla rimozione del colesterolo e degli altri lipidi dal sangue. Nel tempo, dunque, si ha un effetto
negativo sulla circolazione corporea.

I Lipidi saponificabili complessi.


I lipidi saponificabili complessi sono quei lipidi impiegati con funzioni strutturali (doppio strato fosfolipidico
delle membrane biologiche). Fra questi abbiamo i fosfolipidi o fosfogliceridi, lipidi con struttura simile ad un
trigliceride, che tuttavia presentano solo due acidi grassi mentre il terzo gruppo e costituito da un gruppo
fosfato a sua volta legato a un gruppo polare.
Es. di fosfolipide: fosfatidilcolina. Questa
presenta due code apolari, ovvero quelle in
prossimità degli acidi grassi, e una coda polare in
prossimità del gruppo fosfato.

Altri lipidi di membrana sono gli sfingolipidi, distinti dai fosfolipidi in quanto contengono la sfingosina
anziché il glicerolo. Un esempio di sfingolipidi è la sfingomielina, componente della mielina delle cellule
nervose.

I Lipidi non saponificabili.


Sono quei lipidi che non contengono acidi grassi. Non vengono impiegati dalla cellula per produrre energia,
ma vengono impiegati come precursori per la sintesi di molecole importanti nella prestazione sportiva. Fra
questi annoveriamo gli steroidi, derivanti dal ciclopentanoperidrofenantrene (idrocarburo tetraciclico). È
presente nei grassi animali, ma non in quelli vegetali. La loro funzione a livello biologico è quella di facilitare
l'assorbimento dei grassi a livello dell'intestino tenue. Inoltre, regolano la fluidità della membrana
plasmatica. Presentano una parte polare. Tra gli steroidi più importanti troviamo il colesterolo esterificato,
ovvero il colesterolo che lega un acido grasso sul gruppo polare.

- Colesterolo: Per quanto un eccesso di colesterolo possa rivelarsi dannoso, questo svolge a livello cellullare
attività fondamentali, tant'è che è il 2° fosfolipide maggiormente contenuto nelle membrane biologiche: si
lega tramite legami a H ai fosfolipidi di membrana aumentando la fluidità della membrana plasmatica e la
sua stabilità meccanica; è precursore della sintesi di vitamina D; precursore di ormoni steroidei; consente la
sintesi dei sali biliari, fondamentali per l'assorbimento dei lipidi a livello intestinale.
- Ormoni steroidei: rientrano fra le sostanze dopanti più utilizzate nell'ambito sportivo. Sono alla base della
formazione di: Androgeni (ormoni maschili) -> testosterone, diidrotestosterone; glucocorticoidi -> Cortisolo
e cortisone, fondamentali nella regolazione di processi infiammatori; Mineralcorticoidi -> aldosterone;
Progestinici ed estrogeni (ormoni femminili) -> estradiolo, estriolo, estrone, progesterone.
- Acidi biliari: derivano da reazioni di ossidazione del sistema di anelli del colesterolo. Li troviamo in forma
dissociata all'interno della cistifellea come sali biliari. Vengono segreti nell’intestino per aiutare a
solubilizzare, digerire e assorbire i lipidi derivanti dalla dieta.

GLI AMINOACIDI e LE PROTEINE


Gli aminoacidi sono formati da 1 atomo di C centrale a cui sono legati un atomo di H, un
gruppo carbossilico (-COOH), un gruppo amminico (-NH2) e un gruppo R (catena laterale),
che è variabile e rappresenta il resto della molecola. ln tutto, le proteine dei viventi
contengono 20 amminoacidi diversi, combinati in un enorme numero di sequenze
possibili. Un adulto di 70 kg contiene tra 10 e 12 kg di proteine, con la maggior quantità
(60-75% di tutte le proteine) localizzate all'interno del muscolo scheletrico, definite proteine strutturali e
non di accumulo energetico. Sono sostanze quaternarie, cioè composte da Carbonio, Idrogeno, Ossigeno e
Azoto (questo è presente solo nelle proteine). Viene eliminato nel ciclo dell'urea però può servire nella
costituzione di altre molecole contenenti azoto nell'organismo attraverso reazioni di transaminazione; le
proteine, quindi, sono la nostra fonte di azoto. Le proteine a differenza dei carboidrati e dei grassi non
hanno organi di riserva (grassi nel tessuto adiposo e il glucosio sotto forma di glicogeno). Ogni grammo di
proteine fornisce circa 4 kcal (16kJ).
Tutti e 20 gli aminoacidi, eccetto la glicina e la prolina, esistono negli isomeri “L” e “D”. Gli amminoacidi
presenti nelle proteine appartengono alla serie “L”. Gli amminoacidi sono, quindi, molecole ionizzabili, il cui
grado e tipo di ionizzazione dipende dal pH. Il punto isoelettrico di una proteina è il valore di pH a cui le
cariche positive e negative della molecola si equivalgono. A tale pH la proteina ha carica netta uguale a 0 e
scarsa tendenza a rimanere in soluzione (precipita). Ogni proteina lavora quindi in un range di pH specifico.
Per meglio comprendere gli aminoacidi, dobbiamo immaginarli in soluzione, sia essa il citoplasma cellulare
o ambiente extracellulare con pH specifico. Facciamo ciò perché partendo da condizioni di pH acido
(eccesso di ioni H+), a queste condizioni troviamo il gruppo carbossile e quello amminico protonati. Salendo
di pH (pH fisiologico) troviamo l'aminoacido con il gruppo amminico protonato (carico positivamente) e
quello carbossile de-protonato (carico negativamente). Questa forma prende il nome di zwitterione. A pH
basico (carenza di ioni H') troviamo l'aminoacido con il gruppo carbossile e il gruppo amminico de-
protonati. Il pH non solo può far variare la carica del gruppo carbossile e del gruppo amminico, ma anche
quella del gruppo R, con conseguente variazione delle caratteristiche dell'amminoacido e, di conseguenza,
delle proteine.

Classificazione degli aminoacidi: (4 categorie)


- Catena laterale (R) apolare -> Costituiti da C e H,
cosiddetti alifatici. Questi aminoacidi hanno la
caratteristica di non essere solubili in acqua.
Sono: Glicina, alanina, prolina (moderatamente
polare), fenilalanina e triptofano (struttura ad
anello aromatico), valina, leucina, isoleucina (a
catena ramificata, possono essere metabolizzati
dal muscolo, impiegati quindi con funzione
strutturale ma anche energetica), metionina
(uno dei pochi che contiene zolfo);
- Catene laterali polari prive di carica -> solubili in
acqua, caratteristica conferita dalla presenza di gruppi
-OH, -SH e =O. Sono serina, treonina, tirosina (il
gruppo -OH può rappresentare il sito di legame dei
gruppi fosfato nel processo di fosforilazione delle
proteine. Nella serina, treonina e nell’asparagina può
rappresentare il sito di legame degli zuccheri nel
processo di glicosilazione delle proteine), asparagina,
cisteina (contiene il gruppo solfidrilico -SH. È spesso
presente nel sito attivo degli enzimi), glutammina;
- Catene laterali acide -> carichi negativamente. Sono
l’aspartato e il glutammato;
- Catene laterali basiche -> carichi positivamente. Sono lisina, arginina e istidina.

AMINOACIDI ESSENZIALI
Gli aminoacidi essenziali non possono essere sintetizzati dal nostro organismo e devono essere assunti con
la dieta. Sono 9: fenilalanina, leucina, isoleucina, metionina, valina, treonina, lisina, istidina, triptofano.
Arginina, cisteina e tirosina sono essenziali durante l’infanzia e lo sviluppo.

Il legame Peptidico
Le proteine sono formate da catene di aminoacidi legati fra loro da un
legame peptidico che si forma quando il gruppo amminico di un aminoacido
lega il gruppo carbossilico di un altro aminoacido (reazione di
condensazione con l'eliminazione di una molecola di acqua). Il legame
peptidico presenta la possibilità di risonanza tra due strutture limite a causa
della delocalizzazione degli elettroni presenti come coppia elettronica non condivisa sull’atomo di zolfo,
impedendo così la rotazione degli aminoacidi. Il legame peptidico non è quindi un legame semplice ma ha
un parziale carattere di doppio legame ed è quindi rigido e planare.
In un aminoacido posso sempre identificare una regione con gruppo amminico (estremità
amminoterminale) è una regione con gruppo carbossile (estremità carbossiterminale) che non ha legato.
Le proteine vengono normalmente lette dalla parte amminica a quella carbossilica. Ogni unità
amminoacidica all'interno della catena e indicata come residuo. Le proteine vengono anche indicate come
oligopeptidi quando la proteina è costituita da meno di 20 aminoacidi, o polipeptidi quando la catena è
superiore.

Livelli di Struttura delle Proteine


La struttura la funzione di una proteina dipendono dal numero, dal tipo e dalla disposizione degli
aminoacidi:
- Struttura primaria: è la sequenza lineare
degli aminoacidi;
- Struttura secondaria: è la disposizione
spaziale degli atomi dello scheletro del
polipeptide, indipendentemente dal gruppo
R. Siccome il legame peptidico è rigido la
struttura secondaria può essere di 2 tipi:
 alfa-elica -> gli atomi di idrogeno dello scheletro sono disposti in modo tale che il legame C=O
di un certo residuo risulta in diretta corrispondenza con il
gruppo N-H di 4 residui più avanti, con il quale si lega con
un legame H;
 beta-foglietto -> i legami idrogeno si formano tra catene
affiancate, al contrario della alfa-elica dove si formano tra
residui della stessa catena. La beta-foglietto può essere
parallela o antiparallela.
In alcune proteine (cheratina, miosina, tropomiosina, actina, ecc.) due o più filamenti avvolti ad alfa-
elica possono ulteriormente avvolgersi formando strutture a cavo.
- Struttura terziaria -> è la struttura tridimensionale di un intero polipeptide. È dovuta al ripiegamento
della struttura secondaria in seguito ad interazioni di natura elettrostatica: in questo modo la catena
proteica assume la propria forma. Queste interazioni possono essere: interazioni idrofobiche; legami H
(tra aminoacidi polari); legami ionici (tra aminoacidi carichi di segno opposto, legami molto sensibili alle
variazioni del pH); ponti disolfuro (legami covalenti, quindi stabili, che avvengono solo tra gli
aminoacidi cisteina in seguito a reazioni di ossidazione);
- Struttura quaternaria -> è la disposizione spaziale delle subunità (non tutte le proteine la hanno).

Lattato Deidrogenasi
La lattato deidrogenasi e un tetramero con subunità appartenenti a due diversi tipi che, combinandosi fra di
loro, danno origine a 5 diverse isoforme/isoenzimi:
- isoforme che spingono verso reazioni di riduzione del piruvato in lattato e che troviamo all'interno del
muscolo scheletrico (LDH4 e LDH5);
- isoforme che spingono verso reazioni di ossidazione del lattato a piruvato e che troviamo
prevalentemente all'interno del cuore (LDH1 e LDH2);
- Isoforme intermedie che sono in grado, in funzione delle esigenze dell'organismo, di utilizzare l'una o
l'altra via (LDH3).

ln condizioni anaerobiche, come durante l'esercizio ad alta intensità, l’accumulo di piruvato prodotto dalla
glicolisi viene smaltito dalla cellula attraverso reazioni di riduzione in lattato, acquistando elettroni dal
NADH + H+ che si riduce a NAD+ (forma ossidata), impiegato poi nelle tappe della glicolisi. Questo avviene
ad opera della lattato deidrogenasi (LDH), Questo enzima può lavorare anche nella direzione opposta
partendo dal lattato che viene ossidato a piruvato impiegando NAD+ che viene ridotto a NADH + H +. Questo
avviene in tessuti differenti. Nel muscolo scheletrico l'enzima lattato deidrogenasi lo troviamo come
isoforma/isoenzima LDH4 e LDH5 che gli permette di agire prevalentemente nella direzione di riduzione del
piruvato a lattato. Il lattato prodotto non si accumula solo nel muscolo ma viene messo in circolo,
raggiungendo prevalentemente due tessuti: cuore, nel cui tessuto troviamo l'enzima lattato deidrogenasi
come isoenzima LDH1 e LDH2, le cui subunità agiscono prevalentemente nella direzione di ossidazione di
lattato a piruvato; fegato, dove il destino del lattato può variare in funzione del tipo di attività. Nelle fasi
successive all’attività fisica, nelle quali il fegato deve ristabilire le scorte di glicogeno, il piruvato può essere
riconvertito nelle riserve di zucchero, il piruvato può essere impiegato per la gluconeogenesi, producendo
glucosio impiegato per alimentare la glicolisi.

Vi sono una serie di aminoacidi importanti come tali e non come residuo amminoacidico delle proteine. Fra
questi ritroviamo:
- Carnitina: abbondante nei tessuti animali, aminoacido fondamentale coinvolto nel trasporto degli acidi
grassi attraverso la membrana mitocondriale interna. Viene parzialmente sintetizzato a livello
endogeno a partire dalla lisina e dalla metionina, ma circa il 75% del fabbisogno giornaliero deve essere
apportato con la dieta;
- Taurina: aminoacido solforato (contiene zolfo), è tra i principali osmoliti intracellulari, importante
quindi nella regolazione del volume cellulare. È inoltre coinvolto nella formazione dei sali biliari.

I NUCLEOTIDI
I nucleotidi contengono 3 parti chimiche: Un carboidrato a 5 atomi di C, nonché un aldopentoso; 1,2 o 3
gruppi fosfato; Una base azotata (composto eterociclico aromatico contenente C, H e N).
Ogni atomo di C del carboidrato lega qualcosa di
fondamentale:
- C1 lega la base azotata;
- C2 se lega -OH possiamo avere il ribosio, se lega H il
deossiribosio;
- C3 è importante in quanto è su questo atomo di C che i
nucleotidi polimerizzano fra loro (polimeri dei nucleotidi
sono il DNA e l’RNA);
- C4 lega il carbonio esterno (C5) più che un gruppo funzionale;
- C5 è in grado di legare con un ponte O il gruppo o i gruppi fosfato (Il gruppo -OH dei gruppi fosfato lo
troviamo carico negativamente, in quanto per via del pH cellulare l’H va in soluzione).
Nucleoside -> Nucleotide che ha perso il suo gruppo fosfato.

Le molecole energetiche (ATP, GTP, ADP, GDP) sono caratterizzate dal ribosio, mentre il deossiribosio è
caratteristico dei nucleotidi che costituiscono il DNA.
le basi azotate possibili sono 5, raggruppate in due categorie: purine (adenina e guanina, composti
eterociclici formati da 2 anelli) e pirimidine (citosina, uracile e timina formati da 1 anello).
La differenza tra GTP e ATP risiede nella base azotata legata al ribosio: nel GTP il ribosio è legato alla
guanina e 3 gruppi fosfato (GDP 2 gruppi fosfato, GMP 1 gruppo fosfato); nell’ATP il ribosio è legato
all'adenina e 3 gruppi fosfato (ADP 2 gruppi fosfato, AMP 1 gruppo fosfato).

Adenina, guanina, citosina e timina sono le basi azotate del DNA; Adenina, guanina, citosina e uracile sono
le basi azotate dell’RNA.

L’ATP
L’ATP è una molecola energetica impiegata per fornire energia
alla cellula. È costituita da uno zucchero, il ribosio, una base
azotata, l’adenina, e 3 gruppi fosfato. il primo gruppo fosfato,
legato al Carbonio5, è legato allo zucchero con un legame estere.
Gli altri due gruppi fosfato sono legati fra loro da un legame
fosfoanidridico (legame leggermente più debole). I gruppi fosfato
vengono indicati con le lettere dell'alfabeto greco iniziando al
gruppo legato al Carbonio5, quindi: alfa, beta, gamma.

L’ATP ricopre un ruolo importante nella fosforilazione delle proteine.


Infatti, è il principale substrato impiegato nel fornire i gruppi fosfato:
il fosfato in gamma viene trasferito gli aminoacidi presenti nelle
proteine. Aminoacidi quali la serina, la treonina e la tirosina
presentano un gruppo -OH che spesso può rappresentare il sito di
legame dei gruppi fosfato nel processo di fosforilazione delle
proteine. Questo aspetto risulta fondamentale in quanto le proteine
in esame possono essere degli enzimi. Questi possono presentarsi
sotto forma defosforilata (senza gruppo fosfato - enzima
generalmente inattivo) e fosforilata (con gruppo fosfato - enzima
generalmente attivo). Vi sono enzimi che sotto forma fosforilata sono inattivi: la fosforilazione, reazione
molto veloce, è reversibile, viene quindi controllata da proteine: le proteine chinasi. Queste proteine fanno
sì che l’ATP ceda il fosfato gamma al sito di attivazione dell'enzima. Le proteine fosfatasi effettuano la
reazione inversa rimuovendo il gruppo fosfato sotto forma di fosfato inorganico (Pi).

Es. 1: AMPK (Proteina chinasi attivata dall’AMP), viene attivata ogni qualvolta la concentrazione di AMP e
ADP aumenta. Una volta fosforilata diviene attiva e fosforila altre proteine che andranno a determinare gli
adattamenti dell'allenamento.

Es. 2: l’insulina è un ormone proteico in grado di regolare la glicemia e l'assorbimento del glucosio. Il
muscolo è il principale tessuto coinvolto nella captazione del glucosio sia in esercizio che a riposo. il GLUT4
è il trasportatore specifico nella regolazione dell'ingresso del glucosio all'interno della cellula muscolare.
L'insulina regola anche l'ingresso del glucosio nel tessuto adiposo. L'ormone, per agire, non entra nella
cellula, ma si lega ai recettori dell'insulina (recettori tirosinchinasici), nonché proteine che attraversano la
membrana dall'ambiente extra cellulare e quello citosolico. Il recettore ha un cambio conformazionale con
conseguente auto-fosforilazione (aggiunta di gruppi fosfato sui residui di tirosina del recettore). Questo
induce una reazione a cascata. ln questa conformazione fosforilata il recettore è in grado di fosforilare altre
proteine. ln particolare la IRS-1, proteina fosforilata sempre nei residui di tirosina solo quando il recettore è
attivo. L'IRS-1 fosforilata è in grado di legarsi a numerose altre proteine, e attivare il cosiddetto pathway, la
via di segnalazione dell'insulina.

Es. 3: L'IGF-1 (fattore di crescita insulino-simile). Il meccanismo d'azione è simile a quello dell'insulina,
tramite recettore tirosinchinasico che attraversa la membra. La subunità esterna lega I'IGF-1, la subunità
interna (che si attiva solo quando quella esterna si è legata) si auto-fosforila legandosi ad altre proteine,
attivando così i pathway specifici, in questo caso legati alla sintesi proteica, alla crescita cellulare e altri
effetti metabolici.

Recettori accoppiati a Proteine G


In questo caso i nucleotidi vengono utilizzati come molecole segnale,
cioè la presenza di alcuni nucleotidi è in grado di attivare o di bloccare
alcune proteine. I recettori accoppiati a proteine G, in questo caso
rispondono alla concentrazione di GTP. Il recettore, costituito da
un'unica lunga catena polipeptidica, è accoppiato a delle proteine G
(chiamate così perché possono legare Guanosina-di/tri-fosfato, GDP o
GTP). La proteina G è costituita da più subunità proteiche (alfa-beta-
gamma); delle tre subunità, alfa è particolarmente importante in
quanto è quella regolatoria (è quella che può legare il GTP); senza
effettore è in forma inattiva, quindi legata al GDP. L’ormone
(adrenalina o glucagone) lega il recettore transmembrana in
corrispondenza di un sito attivo rivolto verso l’ambiente
extracellulare. Il legame induce una serie di cambi conformazionali a
livello del recettore che gli consentono di aumentare l’affinità per le
subunità beta e gamma. Aumentando l’affinità, il recettore si lega saldamente a beta e gamma. Questo a
sua volta induce un cambio di conformazione di alfa, permettendo lo scambio di GDP con il GTP (quindi
passa dalla forma inattiva a quella attiva). Quindi ciò che determina l’attivazione del segnale è il GTP, che è
un nucleotide (nucleotide di segnalazione).
Il sistema è reversibile: si assiste al ripristino della subunità alfa della proteina G, che procede con il distacco
del gruppo fosfato dal GTP tornando alla sua forma inattiva alfa-GDP, che a questo punto potrà tornare a
legare le altre due subunità come da conformazione iniziale.

Le vie successive al l'attivazione della trasduzione del


segnale sono legate alla formazione di molecole
cicliche: nucleotidi ciclici (secondi messaggeri),
ovvero nucleotidi nei quali avviene una reazione
intramolecolare. i due di nostro interesse sono
L’AMPciclico o cAMP (il Fosfato crea un legame sia
con il Carbonio in posizione 5, ma anche in posizione
3) e il GMPciclico o cGMP. In entrambi i casi il gruppo
fosfato del C5 non è libero ma legato al C3 in seguito
a una reazione intramolecolare. Sono due molecole seconde messaggeri, in quanto effettrici della
trasduzione del segnale indotta dalla subunità Alfa.

AMPciclico (cAMP) -> l’AMPciclico si forma per opera dell'enzima adenilato ciclasi. Alfa nella sua forma
attiva è in grado di legarsi all’adenilato cicliato che passa dalla sua forma inattiva a quella attiva. Nella sua
forma attiva, prende un ATP, gli stacca un pirofosfato e ottiene AMPciclico. Dalla forma ciclica la molecola
può sempre tornare alla sua forma aperta (AMP) ad opera dell'enzima fosfodiesterasi. La reazione di
ciclizzazione deve essere per forza
reversibile in quanto alti livelli di AMPciclico
devono essere indotti solo quando la cellula
deve attivare i pathway specifici. Terminata
la loro attività questi devono essere spenti.
Meccanismo d’azione dell’adrenalina -> l'adrenalina si lega al recettore accoppiato a proteina G inattivo in
quanto la subunità Alfa lega il GDP. Il legame ormone-recettore ne consente l'attivazione, permettendo alla
subunità Alfa di legare il GTP e di staccarsi dalle subunità beta e gamma. La subunità alfa legata al GTP va ad
interagire con l'enzima adenilato
ciclasi inducendo la ciclizzazione
dell’ATP ad AMPciclico.
L’AMPciclico a sua volta è un
substrato che attiva altre
proteine. Ad esempio, la
proteina chinasi è dipendente da
AMP ciclico, verrà quindi attivata
da questo innescando a sua
volta una serie di fosforilazioni a
valle che determinano una
risposta all’adrenalina.

GMPciclico (cGMP) -> La sua funzione, come nel caso dell'AMPciclico, è quella di effettore. Il GMPciclico si
forma per opera dell'enzima guanilato ciclasi, il quale rimuove i gruppi fosfato beta e gamma e ciclizza la
molecola legando il gruppo fosfato alfa al C3. La guanilato ciclasi viene attivata dall'ossido nitrico (NO),
composto inorganico radicale dell'azoto, prodotto dall'aumento del flusso sanguigno che determina
l'attivazione di enzimi come l'ossido nitrico sintasi (reazione che avviene nell'endotelio dei vasi). La
produzione del GMPciclico è alla base della vasodilatazione: importante nella regolazione delle dimensioni
dei vasi sanguigni per un maggiore afflusso di sangue e nutrienti alle cellule muscolari durante l'attività
fisica. Dalla forma ciclica la molecola può sempre tornare alla sua forma aperta (GMP) ad opera dell'enzima
fosfodiesterasi.

COENZIMI CONTENENTI NUCLEOTIDI


- S-adenisilmetionina -> La metilazione è importante nella regolazione dell'espressione genica. Metilare
vuol dire trasferire gruppi metilici (-CH3) all'interno delle proteine e degli acidi nucleici, permettendo
una ristretta accessibilità ai meccanismi di trascrizione e traduzione. I donatori di gruppi metilici sono
molecole che contengono nucleotidi.
- UDP-glucosio -> il precursore della sintesi del glicogeno è l'UDP-glucosio (nucleotide che ha il ribosio
come zucchero, l'uridina come base azotata e 2 gruppi fosfato (UDP=uridinadifosfato), che lega
sull'ultimo gruppo fosfato un glucosio. La cellula riesce ad utilizzare meglio il glucosio in questa forma in
quanto più energetica. Può inoltre essere trasferita a dei granuli in crescita del glicogeno.
- NAD(H) e NADP(H) -> Nicotinamide Adenin Dinucleotide (NAD+), cioè formato da 2 nucleotidi, adenina
e niacina, all'interno della stessa molecola. Può essere presente nella forma ossidata (NAD+) o in quella
ridotta (NADH). Nella reazione di riduzione il NAD+ riceve 2 elettroni e 2 protoni, di questi può
trasportare solo 2 elettroni e 1 protone, per questo la formula di scrittura corretta sarebbe NADH + H+
- FAD/FADH2 e FMN/FMNH2 -> flavin adenin dinucleotide (FAD) e flavin mononucleotide (FMN) a
differenza del NAD+ è in grado di accettare 2 elettroni e 2 protoni. Appunto per questo motivo nella
forma ossidata lo troviamo scritto come FAD e nella forma ridotta come FADH2.
- CoenzimaA (CoA o HS-CoA) -> molecola complessa che contiene più gruppi funzionali, di cui uno
caratterizzato dalla presenza di un nucleotide che lega un acido pantotenico e un beta-
mercaptoetilammina che contiene un gruppo -SH detto gruppo tiolico reattivo. Il CoA viene trasferito
ad altri substrati per renderli più energetici e permettendogli di proseguire per le vie metaboliche.
ATP COME MOLECOLA ENERGETICA
L’ATP la dobbiamo vedere in due forme principali: Una quando parliamo di Catabolismo dei nutrienti
(reazioni di ossidazione), quando utilizziamo nutrienti già presenti per ricavare energia per la produzione di
ATP. Queste reazioni sono endoergoniche, cioè richiedono energia. *secondo l’energia libera di Gibbs, se il
ΔG è positivo, la reazione non è spontanea e richiede energia; se è negativo ne produce*. Ogni molecola di
ATP prodotta richiede 30,5Kj/mol, quindi 7,2
Kcal/mol;
L’altra, parlando di anabolismo e biosintesi
di nuove molecole (reazioni di riduzione),
quindi sintetizziamo nuove molecole.
Queste reazioni sono esoergoniche, cioè
liberano energia. La quantità di energia
rilasciata è equivalente a quella impiegata
nella reazione di sintesi dell’ATP.

L’ATP può essere scissa in: ADP + Pi + energia; AMP + PPi (pirofosfato) + energia (il PPi a sua volta può
essere scisso in 2Pi); anche l’ADP prodotto dalla scissione dell’ATP può essere scisso in AMP + Pi + energia.
Aspetto fondamentale dell’ATP come molecola energetica è la sua struttura. L’ATP in soluzione la troviamo
con i gruppi -OH dei gruppi fosfato de-protonati; quindi, in condizioni fisiologiche è una molecola ionizzata
(questi gruppi possono legare altri ioni, il magnesio fra i più comuni). Per questo motivo quando
scriviamo/immaginiamo che l’ATP + H2O ci dia ADP + Pi,
in realtà dovremmo immaginarla come ATP4- + H2O ->
ADP3- + Pi2- + H+ (l’ATP con 4 cariche negative reagisce
con l'acqua formando ADP con 3 cariche negative, 1
fosfato inorganico con 2 cariche negative e un atomo di
H+). Infatti, nelle reazioni di idrolisi dell’ATP si libera
H+, aspetto di notevole importanza in quanto l'aumento
di H+ implica un’acidificazione del pH cellulare.

L'ATP è una molecola energetica in quanto rilascia gruppi fosfato e ioni H+. La molecola, liberando un
fosfato, si stabilizza in quanto la reazione di idrolisi del gruppo fosfato rimuove le repulsioni fra le cariche
negative dei fosfati. Più una molecola si stabilizza e più è in grado di liberare energia. Il gruppo fosfato
libero si stabilizza successivamente per risonanza. Questo ha un "costo" dal punto di vista
dell'acidificazione perché vengono liberati ioni H+.
Altro aspetto fondamentale dell'energetica cellulare è la quantità di energia rilasciata da un'ATP. Si parla
infatti di un rilascio di energia pari a ± 30,5 kj/mol o una richiesta di energia pari a ± 7,2 kcal/mol in
condizioni standard (temperatura 25°C; pressione 1 atm; concentrazione di ATP, ADP e fosfati = 1 molare.
Queste condizioni, all'interno delle nostre cellule, non sussistono mai; infatti, la concentrazione di ATP è
maggiore rispetto a quella di ADP e di Pi. Il pH della cellula varia da 6,5 a 8, la temperatura è di circa 37'C e
vi sono alte concentrazioni di ioni Mg e Ca+ che potrebbero interagire con la molecola stessa. Per questa
serie di ragioni la quantità di energia liberata dalla scissione di un gruppo fosfato è maggiore rispetto alla
quantità rilasciata in condizioni standard. Per esempio, nel caso del globulo rosso, la quantità di energia
rilasciata/impiegata è di ± 51,8 kj/mol / ± 12,3 kca17mol. ln definitiva la quantità di energia liberata nonché
impiegata è maggiore rispetto alle condizioni standard.
Altro aspetto chiave delle molecole di ATP è che non è una molecola energetica che possiamo considerare
di stoccaggio. Infatti, a differenza del glicogeno e dei trigliceridi, non può essere immagazzinata come tale.
Le scorte di ATP sono solo una minima parte, pari a 40-50 gr, riserve minime che ci permettono una
contrazione di alcuni secondi o ancora meno. Possiamo quindi definire la molecola di ATP come molecola
di passaggio energetico.
Il consumo giornaliero di ATP
Una richiesta energetica nelle 24h di 2800 kcal (persona moderatamente attiva), non viene completamente
impiegata per fornire ATP, in quanto i nostri enzimi, benché siano molto efficienti, non sono in grado di
sfruttare più di un 50% di questa energia per sintetizzare ATP, il restante 50% viene dissipato sotto forma di
calore. Quindi, su una richiesta di 2800 kcal solo la metà vengono impiegate per fornire ATP. Dividendo
1400 kcal per 12.3 kcal/mol (resa energetica più veritiera ottenuta dalla demolizione/sintesi dell'ATP),
otteniamo il numero di moli di ATP impiegate nell'arco della giornata (113 mol). Moltiplicando il numero di
moli impiegate per il peso molecolare dell'ATP (551) si può ricavare la quantità in grammi di ATP consumata
(62263gr di ATP al giorno). L’ATP è una molecola estremamente dinamica, il suo riciclo nell’arco della
giornata è di circa una volta al minuto

La resa energetica dell’ATP, rispetto ad altre molecole energetiche, per quanto possa essere consistente
non è il massimo. La fosfocreatina, per esempio, ha una resa energetica maggiore dell’ATP. Altre molecole
ancora più energetiche sono il fosfoenolpiruvato o l’1,3-bisfosfoglicerato. Molecole come il Glucosio-6-
fosfato o il glicerolo hanno una resa energetica minore. L’ATP nel suo turnover si troverà in due differenti
condizioni, “confermandosi” nella sua dinamicità: dover accettare gruppi fosfato tendendo a farlo da
molecole che hanno una maggiore resa energetica (fosfoenolpiruvato, fosfocreatina) o dover cedere gruppi
fosfato a molecole con più bassa resa energetica (glucosio-6-fosfato).

LA MIOADENILATO CHINASI.
Via Principale per la produzione di AMP, il quale agisce come molecola segnale di un’aumentata richiesta
energetica della cellula. È un sistema che normalmente non è attivo, ma si attiva quando la cellula entra in
un deficit energetico, ovvero quando la risintesi di ATP non è sufficiente a sostenere un’attività, e quindi
abbiamo alte concentrazioni di ADP. Quando la cellula percepisce alti livelli di ADP, attiva questo enzima.
Questo enzima prende due molecole di ADP, stacca un fosfato di una delle due e lo trasferisce all’altra
molecola formando 1 ATP e un AMP. Con questa reazione facciamo due cose utili:
1) Abbiamo prodotto ATP da ADP che non eravamo in grado di utilizzare perché il metabolismo andava ad
una velocità troppo bassa per garantire una risintesi di ATP;
2) l’AMP invece diventa un messaggero, un
effettore allosterico positivo cioè una
molecola in grado di stimolare il
metabolismo; questa molecola ha un sito
specifico su diversi enzimi che regolano il
metabolismo e quindi la sua presenza in quel
sito ne aumenta l’efficienza. Andrà, quindi, a
stimolare la glicolisi e la glicogenolisi.

LA FOSFOCREATINA
È un aminoacido specifico con funzioni energetiche, dato da
creatina con un gruppo fosfato legato ad uno dei gruppi
amminici. Viene impiegata nel fornire energia nelle attività
intense di breve durata (attività massimale e sub-massimale).
Appunto perché di breve durata, non vi è il tempo affinché la
cellula riesca ad attivare dei pathway esterni, quindi, verranno impiegate le riserve energetiche di cui il
muscolo è munito: i primi secondi sono sostenuti dalle piccolissime riserve di ATP, successivamente
interviene la fosfocreatina. Dalla fosfocreatina riusciamo a generare ATP rapidamente. La reazione avviene
ad opera dell'enzima creatinchinasi (CK). La Creatina Chinasi prende la Creatina, la fosforila prendendo un
gruppo fosforico dall’ATP formando Fosfocreatina + ADP. La Creatina Chinasi è un enzima che lavora
all’equilibrio, quindi la reazione andrà in un verso o nell’altro in funzione alla concentrazione dei reagenti e
dei prodotti: se c’è Creatina e ATP la Creatina Chinasi forma Fosfocreatina + ADP; viceversa, se c’è
Fosfocreatina + ADP forma Creatina e ATP. La reale concentrazione di fosfocreatina è di circa 5 volte
superiore quella dell’ATP.

La Creatina Chinasi esiste in due isoforme differenti: una a livello dei mitocondri (nello spazio
intermembrana) e una a livello del sarcomero (nel sarcomero la troviamo legata alle proteine della linea M).
Nel sarcomero abbiamo una grande quantità di ADP prodotta dalle molecole di miosina, per questo in
questo caso la Creatina Chinasi prende la fosfocreatina la lega all’ADP e forma creatina + ATP. Ma non fa
solo questo, la Creatina Chinasi funge anche come trasportatore dell’ATP (dal mitocondrio) ai siti di utilizzo
(sarcomero muscolare – miofibrilla). Si parla infatti di shuttle creatina-fosfato. Nel mitocondrio, al contrario
del sarcomero, abbiamo una significativa presenza di ATP prodotto dalla fosforilazione ossidativa. La
Creatina Chinasi mitocondriale è connessa con un altro elemento fondamentale che è l’adenilato-
translocasi, un antiporto che scambia l’ATP prodotto all’interno del mitocondrio con l’ADP (quello derivante
dall’idrolisi dell’ATP della contrazione muscolare). Oppure, meglio ancora, la creatina presente a livello
mitocondriale insieme all’ATP viene fosforilata dalla Creatina
Chinasi presente nel mitocondrio formando Fosfocreatina +
ADP, la quale tornerà nei siti del sarcomero per poter
produrre ATP in loco. Questo processo è più funzionale in
quanto la Fosfocreatina è una molecola più piccola dell’ATP e
quindi è capace di diffondere più velocemente nell’ambiente;
inoltre, nella cellula abbiamo una quantità maggiore di
creatina/fosfocreatina rispetto all’ADP/ATP.

IL METABOLISMO DEI CARBOIDRATI: digestione e assorbimento.


La prima tappa della digestione dei carboidrati avviene nella bocca per azione delle alfa-amilasi salivari,
enzimi che catalizzano la scissione del legarni alfa-1,4, formando le alfa-destrine, ovvero dei blocchi
costituiti da circa 20 monomeri di glucosio. L'attività delle alfa-amilasi salivari si arresta nello stomaco, a
causa dell'acidità che caratterizza l'ambiente gastrico. La digestione dei carboidrati prosegue nel duodeno
dove gli ormoni secretina e colecistochinina stimolano la secrezione da parte del pancreas esocrino del
succo pancreatico. Quest’ultimo contiene: bicarbonato, necessario per neutralizzare l'acidità dei prodotti
provenienti dallo stomaco, consentendo l'attivazione
di altri enzimi, contenuti sempre nel succo
pancreatico, ovvero le alfa-amilasi pancreatiche. Le
alfa-amilasi pancreatiche proseguono il processo di
digestione delle alfa-destrine in zuccheri più semplici
quali disaccaridi (maltosio), trisaccaridi (malto
triosio), oligosaccaridi (4-9 unità di glucosio). La
digestione dei carboidrati viene completata
nell'intestino dove grazie ad enzimi deramificanti
otteniamo monosaccaridi quali glucosio, fruttosio e
galattosio. Questi vengono successivamente assorbiti
e messi in circolo nel tratto del digiuno dell'intestino.
L'assorbimento intestinale del glucosio avviene grazie alla struttura delle cellule epiteliali dell'intestino
(enterociti). Queste cellule presentano una superficie apicale e una basale: la prima presenta dei microvilli,
estensioni a contatto con il lume intestinale; la seconda è a contatto con il circolo ematico. L'ingresso
nell'enterocita è mediato da un trasportatore detto SGLT1 (Simporto) che opera il cotrasporto di una
molecola di glucosio insieme a 2 ioni sodio (Na+) all'interno della cellula. Il glucosio una volta dentro la
cellula epiteliale attraverso il trasportatore GLUT2 entra nel circolo ematico e tramite la vena porta
raggiunge il fegato per poi essere distribuito ai vari tessuti.

CONTROLLO DELLA GLICEMIA

Controllo della glicemia postprandiale -> dopo rassunzione di un pasto contenente carboidrati questi
vengono digeriti, assorbiti e immessi nel circolo sanguigno, determinando un innalzamento dei livelli
ematici di glucosio. Per contrastare alti livelli di glucosio ematico, le cellule delle isole di Langerhans del
pancreas endocrino, secernono insulina, ormone regolatore della glicemia plasmatica. L'insulina è un
ormone proteico costituito da 51 aminoacidi, la cui funzione è quella di abbassare i livelli di glucosio
ematico. Questa viene secreta come pro-ormone, per cui prima di essere funzionale deve subire delle
modifiche a livello cellulare, L'effetto dell'insulina si ripercuote su 3 organi principali:
- Muscolo -> a livello muscolare stimola l'ingresso del glucosio nel muscolo, il quale viene impiegato sia
per la sintesi di glicogeno (aumentando le scorte energetiche), sia per il metabolismo stesso della
cellula muscolare;
- Fegato -> A livello del fegato, invece, stimola la sintesi del glicogeno per ripristinare eventuali scorte
energetiche, inibisce la gluconeogenesi e il rilascio di glucosio nel circolo sanguigno;
- Tessuto adiposo -> nel tessuto adiposo stimola la metabolizzazione del glucosio e la via dei pentosi,
entrambe importanti per la trasformazione del glucosio in acidi grassi.
Controllo della glicemia a digiuno -> in condizioni di digiuno (non per forza prolungato, ma anche digiuno
notturno) si può andare incontro ad un abbassamento dei normali livelli ematici di glucosio(ipoglicemia)
(circa 5 mMol/L — 70/100 mg/dl). Mantenere costanti i livelli di glucosio nel sangue è importante per il
funzionamento ottimale di organi quale in cervello (consuma circa il 50% del glucosio ematico) e i globuli
rossi, i cui metabolismi impiegano glucosio. Per contrastare bassi livelli ematici di glucosio, le cellule alfa
delle isole di Langerhans del pancreas endocrino, secernono glucagone, ormone proteico costituito da 29
aminoacidi. La sua azione si ripercuote sul fegato, stimolando glicogenolisi e gluconeogenesi per produrre
glucosio. La gluconeogenesi viene stimolata in quanto le riserve di glicogeno presenti nel fegato (100 g) non
sono sufficienti per sopperire all'abbassamento della glicemia plasmatica anche solo in condizioni di digiuno
notturno.
N.B. I 400gr di riserve di glicogeno presenti nel muscolo NON possono essere impiegati per contrastare
fenomeni di ipoglicemia.

TRASPORTO DEL GLUCOSIO NEI TESSUTI


Il trasporto del glucosio da e verso gli organi è regolato da
una serie di trasportatori, proteine canale che attraversano la
membrana, conosciuti come GLUT e importanti nel regolare
l'ingresso del glucosio negli organi. I primi tre sono insulino-
indipendenti, cioè non necessitano di insulina affinché
possano trasportare glucosio. Il GLUT1 è molto specifico dei
globuli rossi, della barriera ematoencefalica, e del cuore.
Il GLUT2 lo troviamo a livello dell'intestino, pancreas e del fegato, ed è caratterizzato da una bassa affinità
per il glucosio (consente il suo passaggio solo in condizioni di elevata concentrazione di glucosio). Il GLUT3,
a differenza del precedente, ha una notevole affinità per il glucosio, e Io troviamo a livello del cervello e dei
neuroni. Il GLUT4 è insulino-dipendente a livello del tessuto adiposo e in parte anche nel muscolo
scheletrico, a seconda delle condizioni in cui questo si trova (riposo/attività). Il GLUT4 è regolato dallo stato
nutrizionale e di attività del tessuto. Il
GLUT4 non sempre lo troviamo sulle
membrane, ma è possibile trovarlo
collocato in delle vescicole secretorie
all'interno della cellula, pronto per essere
impiegato. Nel caso dell'insulina, dopo che
questa interagisce con il proprio recettore,
le vescicole si muovono verso la superficie
e si fondono con la membrana,
aumentando il numero di trasportatori di
glucosio esposti. Questi permettono di far
entrare temporaneamente il glucosio.
Quando l'insulina finisce la sua azione il
segnale si blocca e le vescicole vengono
ringlobate per endocitosi all'interno delle cellule, pronte per essere riutilizzate per una seconda risposta
all'insulina. Nella cellula muscolare la presenza dei GLUT4 è influenzata dall'attività fisica: un muscolo ben
allenato ha un maggior numero di trasportatori pronti per assorbire il glucosio e impiegarlo nei metabolismi
energetici; viceversa, per il muscolo di un soggetto sedentario.

DESTINO DEL GLUCOSIO


Il glucosio una volta nella cellula può avere vari destini, dipendenti dalle condizioni del nostro organismo. ln
condizioni in cui serve ATP per la contrazione muscolare, il glucosio viene catabolizzato attraverso la
glicolisi -> 10 reazioni enzimatiche di ossidazione, regolate da 10 enzimi diversi che determinano
produzione di piruvato (intermedio che trattiene parte dell'energia del glucosio iniziale), 2NADH e 2ATP. La
glicolisi avviene nel citoplasma e una volta prodotto piruvato, questo può intraprendere 2 possibili destini:
reazioni anaerobiche in cui il piruvato viene convertito (ridotto) a lattato, altrimenti il piruvato entra nel
ciclo di Krebs, processo che avviene all'interno del mitocondrio e che attraverso reazioni di ossidazione
porta alla formazione di un numero cospicuo di ATP (38). ln situazione di anabolismo, quindi, quando sono
presenti scorte di ATP sufficienti, il glucosio può andare incontro alla via dei pentosi, altrimenti viene
immagazzinato sottoforma di glicogeno.

LA GLICOLISI E LA SUA REGOLAZIONE


Nel muscolo, Glicogenolisi e Glicolisi sono collegate. Quindi in
un muscolo che lavora, i segnali che andranno ad attivare la
Glicogenolisi, attiveranno anche la Glicolisi. Nel fegato, invece,
Glicolisi e Glicogenolisi sono due vie che non devono e non
possono funzionare contemporaneamente, perché la
Glicogenolisi nel fegato serve per produrre Glucosio libero da
mandare in circolo; quindi, il fegato non si può permettere di
utilizzare il Glucosio-6-fosfato nella Glicolisi. Il glucagone,
quindi, blocca la Glicolisi nel fegato per fare in modo che il
Glucosio-6-fosfato venga defosforilato a Glucosio e vada in
circolo per stabilizzare la glicemia.

Nell’insieme la Glicolisi è una via metabolica (anaerobica)


attraverso cui si ottiene Piruvato dal Glucosio, attraverso 10
tappe. Il bilancio finale è il guadagno di 2 molecole di ATP, 2
NADH e 2 piruvato.
Per regolare la Glicolisi si agisce prevalentemente sugli enzimi regolatori, ciascuno dotato di un “potere”
regolatorio differente. Gli enzimi regolatori sono gli enzimi che catalizzano le tre tappe irreversibili, quelle
cioè con un ΔG fortemente negativo (catalizzano delle reazioni lontane dall’equilibrio):
1) Il primo è l’enzima Esochinasi che catalizza il passaggio da Glucosio a Glucosio-6-fosfato.
2) Il secondo è l’enzima Fosfofruttochinasi1 che catalizza il passaggio da Fruttosio-6-fosfato a Fruttosio-
1,6bisfosfato.
3) Il terzo è l’enzima Piruvato Chinasi che catalizza il passaggio da Fosfoenolpiruvato a Piruvato.

Tutti gli enzimi che catalizzano le altre tappe non catalizzano reazioni lontane dall’equilibrio; quindi, non
sono enzimi regolatori; la variazione di energia è, quindi, minima in tutte le altre tappe e molti enzimi
lavorano in cooperazione tra loro.

1. (1° Reazione di innesco, richiede ATP). Glucosio ->


Glucosio-6-Fosfato: Esochinasi. Questa reazione richiede
l’utilizzo di 1 ATP ed è irreversibile. Solo nel fegato c’è la
possibilità di riconvertire il Glucosio-6-fosfato in glucosio. Il
glucosio-6-fosfato stesso è un regolatore dell'esochinasi;
2. Glucosio-6-Fosfato -> Fruttosio-6-fosfato:
Fosfoglucoisomerasi;
3. (2° Reazione di innesco, richiede ATP). Fruttosio-6-Fosfato -
> fruttosio-1,6bifosfato: Fosfofruttochinasi1. Reazione
irreversibile. Questa è la principale tappa regolatrice del
flusso della glicolisi. La Fosfofruttochinasi1 è stimolata da
elevate concentrazioni di fruttosio-6-fosfato, nonché da
attivatori allosterici quali AMP, ADP, Pi. Ad inibire l’attività
enzimatica sono elevate concentrazioni di ATP (l’ATP si
comporta da effettore allosterico negativo e
contemporaneamente da substrato. Nel senso che L’ATP si
lega al sito catalitico per trasferire il suo gruppo fosforico al
fruttosio-6-fosfato, ma se è presente a concentrazioni elevate funge da modulatore allosterico negativo
bloccando l’attività dell’enzima); è inibita anche dal citrato che è la prima molecola che si forma nel ciclo di
Krebs.
Il regolatore più importante di tutti è il Fruttosio-2,6bisfosfato che è la molecola che più delle altre riesce a
convertire la Fosfofruttochinasi1 dalla sua forma meno attiva alla sua forma attiva anche con ATP elevato.
Il Fruttosio-2,6bisfosfato viene prodotto dalla Fosfofruttochinasi2 trasferendo un gruppo fosfato al carbonio
2 del Fruttosio-6-fosfato. L’enzima che degrada il Fruttosio-2,6bisfosfato trasformandolo in Fruttosio-6-
fosfato è l’enzima fruttosio-2,6bisfosfatasi. (stesso enzima con dominio chinasico e fosfatasico).
L’attività dell’enzima con due siti catalitici opposti (Fosfofruttochinasi2 e Fruttosio-2,6bisfosfatasi) è
modulata dallo stato di fosforilazione/defosforilazione di un dominio regolatore. Nel muscolo la
fosforilazione del dominio regolatore provoca l’attivazione del sito catalitico chinasico e l’inibizione del sito
catalitico fosfatasico; di conseguenza viene attivata la Fosfofruttochinasi2 e il Fruttosio-2,6bisfosfato
attiverà la glicolisi. Nel muscolo è l’adrenalina a promuovere l’attivazione della PKA che fosforila l’enzima
promuovendo l’attivazione della porzione chinasica.
Nel fegato la fosforilazione del dominio regolatore promuove, invece, l’inibizione del sito catalitico chinasico
e l’attivazione dell’enzima fosfatasi; di conseguenza viene inibita la Fosfofruttochinasi2 non producendo,
quindi, fruttosio-2,6bisfosfato. Verrà attivata, invece, la Fruttosio-2,6bisfosfatasi formando Fruttosio-6-
fosfato, che porterà all’attivazione della glicogenolisi e l’inibizione della glicolisi. In questo caso sarà il
glucagone a promuovere l’attivazione delle PKA che fosforila l’enzima inattivando la porzione chinasica.;
4. Fruttosio-1,6bifosfato -> Gliceraldeide-3-Fosfato + DiidrossiacetonFosfato: Aldolasi;
5. Gliceraldeide-3-Fosfato + DiidrossiacetonFosfato -> Gliceraldeide-3-Fosfato: Triosofosfatoisomerasi;
6. Gliceraldeide-3-Fosfato -> 1,3bifosfoglicerato: Gliceraldeide-3-Fosfato Deidrogenasi;
7. 1,3bifosfoglicerato -> 3-fosfiglicerato: Fosfoglicerato Chinasi;
8. 3-fosfoglicerato -> 2-fosfoglicerato: Fosfoglicerato-mutasi;
9. 2-fosfoglicerato -> Fosfoenolpiruvato: Enolasi;
10. Fosfoenolpiruvato -> Piruvato -> Piruvato Chinasi. Reazione irreversibile. Anche questa tappa è
importante per la regolazione della glicolisi in quanto l’enzima piruvato chinasi è regolato dal fruttosio-
1,6bisfosfato.

Le 2 molecole di Piruvato prodotte dalla glicolisi sono molecole molto energetiche impiegate nelle tappe
successive.

IL DESTINO DEL PIRUVATO


Al termine del processo glicolitico le 2 molecole di piruvato
non vengono accumulate come tali, ma vengono
metabolizzate. I destini a cui può andare incontro il piruvato
sono 3, ma solo 2 di questi avvengono nelle nostre cellule:
- ln condizioni anaerobiche nel muscolo in attività il
piruvato viene ridotto a lattato;
- ln condizioni aerobiche il piruvato verrà ossidato e
insieme al CoA (coenzima A) formerà l'Acetil-CoA e
potrà continuare la respirazione cellulare imboccando il
ciclo di Krebs.

La reazione di ossidazione del piruvato in


condizioni aerobiche avviene nella matrice
del mitocondrio. Il complesso enzimatico
della Piruvato Deidrogenasi (PDH) rende
possibile una reazione di decarbossilazione
contemporanea ad una di ossidazione, grazie
alle 3 subunità da cui è costituito (E1, E2, E3).
Questa reazione comporta la produzione di 1
Acetil-CoA, 1 NADH e 1 molecola di CO2.
L'Acetil-CoA è il prodotto che entra nel Ciclo di
Krebs, ed inseguito a reazioni di ossidazione produce GTP (convertito poi in ATP), 3NADH, 1FADH2 e 2CO2.
Al termine di questo ciclo gran parte dell'energia la troviamo all'interno dei NADH e dei FADH2, i quali in
seguito alla fosforilazione ossidativa, il rilascio di elettroni e l'ATPsintasi consentono la produzione di ATP.
Alla fine, le molecole di ATP prodotte in totale saranno di 34-38 ATP per molecola di glucosio.
Regolazione della piruvato deidrogenasi -> una volta convertito il piruvato in Acetil-CoA è stato
definitivamente processato un carboidrato e non è più possibile tornare indietro. Per questo motivo la
regolazione di questo enzima sarà molto importante. La piruvato deidrogenasi, in parte, viene direttamente
controllata da fattori allosterici, quindi dalle concentrazioni più o meno alte di ATP e NADH. Questi vanno
direttamente ad inibire l'attività della piruvato deidrogenasi. L'enzima piruvato deidrogenasi (E1) è
essenzialmente regolato per fosforilazione/defosforilazione, saranno quindi presenti sia una chinasi che
una fosfatasi. La fosforilazione rende l'enzima
inattivo; sarà attivo, dunque, defosforilato. La
fosforilazione viene regolata dalle proteine
chinasi, la quale preleva un gruppo fosfato da un
ATP e lo lega ad una serina di E1 inattivandolo.
La regolazione della proteina chinasi dipende
dalle concentrazioni di ATP, NADH e Acetil-CoA;
infatti, ad alte concentrazioni di questi elementi,
evidentemente il ciclo di Krebs sta proseguendo
in modo ottimale e non sarà necessario
processare il piruvato. Per attivare la proteina
fosfatasi, che rimuove il gruppo fosfato per attivare E1, sarà necessario l’intervento di ioni calcio. Nel
muscolo la regolazione della piruvato deidrogenasi, oltre ad avvenire per inattivazione della proteina
chinasi, avviene anche per attivazione stessa della proteina fosfatasi, grazie ad un legame allosterico della
proteina fosfatasi con il calcio, il quale ne facilita la defosforilazione, attivando, quindi, la piruvato
deidrogenasi.

ln condizioni anaerobiche il piruvato viene ridotto a lattato. Non essendoci ossigeno, accettore finale di
elettroni nella fosforilazioni ossidativa, il mitocondrio non può funzionare. ln questo caso si attiva un
pathway specifico del muscolo, ovvero la riduzione del piruvato a lattato. La reazione di riduzione comporta
l'ossidazione del NADH a NAD+. Quindi l'attivazione di questa via consente la produzione di NAD+,
impiegato successivamente come substrato delle reazioni di ossidazione nella glicolisi. L'enzima che
consente questa reazione è la lattato deidrogenasi (LDH) la quale grazie alle diverse subunità da cui è
costituito, può sia ridurre ma anche ossidare. La lattato deidrogenasi, infatti, è un tetramero con subunità
appartenenti a 2 diversi tipi che, combinandosi fra di loro, danno origine a 5 diverse isoforme/isoenzimi:
- isoforme che spingono verso reazioni di ossidazione del lattato a piruvato e che troviamo
prevalentemente all'interno del cuore (LDH1 e LDH2);
- isoforme che spingono verso reazioni di riduzione del piruvato in lattato e che troviamo all'interno del
muscolo scheletrico (LDH4 e LDH5);
- isoforme intermedie che sono in grado, in funzione delle esigenze dell'organismo, di utilizzare l'una o
l'altra via (LDH3).
ln condizioni anaerobiche, come durante
l'esercizio ad alta intensità, l'accumulo di piruvato
prodotto dalla glicolisi viene smaltito dalla cellula
attraverso reazioni di riduzione in lattato,
acquistando elettroni dal NADH + H' che si riduce
a NAD+. Nel muscolo scheletrico l'enzima lattato
deidrogenasi lo troviamo come
isoforma/isoenzima LDH4 e LDH5 che gli
permette di agire prevalentemente nella
direzione di riduzione del piruvato a lattato.
CICLO Dl CORI
Quando si esegue una contrazione muscolare di alta intensità il lattato prodotto non si accumula nel
muscolo ma viene messo in circolo, raggiungendo prevalentemente due tessuti:
- Cuore, nel cui tessuto troviamo l'enzima lattato
deidrogenasi come isoenzima LDH1 e LDH2, le cui
subunità agiscono prevalentemente nella direzione di
ossidazione di lattato a piruvato, facendo poi proseguire
il piruvato verso l'ossidazione;
- Fegato, dove il lattato viene ossidato a Piruvato, il quale
verrà utilizzato nella gluconogenesi epatica, producendo
glucosio impiegato per alimentare la glicolisi.
Il processo di ripristino del glucosio tramite l'ossidazione del
lattato a piruvato e successiva gluconeogenesi (Ciclo di Cori)
funziona nelle fasi post-esercizio. Infatti, questa via
metabolica è importante nel recupero e nel defaticamento.

METABOLISMO DEL GLICOGENO


Quando il processo della glicolisi è attivo il glucosio impiegato può essere o glucosio ematico, proveniente
dalle riserve di glicogeno epatico (100 g), o glucosio muscolare, proveniente dalle riserve di glicogeno
muscolare (400 g). Questo dipende dalla tipologia di attività che stiamo svolgendo: in attività che richiedono
un utilizzo repentino del glucosio la riserva dalla quale si attinge è quella del glicogeno muscolare; in attività
di endurance che richiedono un utilizzo di glucosio costante e moderato, viene in parte impiegato glucosio
ematico proveniente dal glicogeno epatico.
Il glicogeno è un polimero molto idratato, ogni grammo di glicogeno è associato a 2-3 g di acqua. Mentre
con l'allenamento e con la dieta possiamo modificare le riserve di glicogeno muscolare, non possiamo fare
altrettanto con le riserve di glicogeno epatico. Il glicogeno viene immagazzinato nel muscolo e nel fegato
con funzioni differenti: nel muscolo viene impiegato come fonte di energia per la contrazione muscolare;
quindi, ha un utilizzo proprio del glicogeno non possedendo enzimi che gli permettono di liberare glucosio
nel circolo ematico; nel fegato viene impiegato per regolare la glicemia ematica, tant'è che il fegato, come
visto, può produrre glucosio da sé da substrati non glucidici (piruvato, corpi chetonici, aminoacidi).

GLICOGENOSINTESI
La glicogenosintesi è un processo mediante il quale il glucosio
viene convertito in glicogeno per essere poi immagazzinato nel
fegato e nel muscolo. Innanzitutto, il Glucosio viene fosforilato in
Glucosio-6-fosfato tramite l’enzima Esochinasi; dopodichè,
Affinché il glucosio nella sua forma fosforilata (glucosio 6-fosfato)
entri nella sintesi del glicogeno deve subire una modifica.
L'enzima Fosfoglucomutasi converte il glucosio 6-fosfato in
glucosio 1-fosfato, spostando il gruppo fosfato dal C6 al C1. Per
ottenere la polimerizzazione con altre molecole di glucosio è
necessario che intervengano molecole di zuccheri legati ai
nucleotidi. ln questo caso la molecola di zucchero-nucleotide che
interviene è l'UDP-glucosio. La sintesi di tale molecola avviene
attraverso una reazione di condensazione mediata dall'enzima
UDP-glucosio pirofosforilasi, attraverso il quale è permesso il
legame tra il nucleotide UTP e il glucosio-1-fosfato. Questa
reazione permette la produzione di UDP-glucosio. La sintesi del
glicogeno si ha partendo da glicogeno preformato (almeno Otto residui di glucosio) ottenuto
dall'interazione con una proteina chiamata glicogenina, la quale svolge la funzione di catalizzare il legame
tra otto residui di glucosio costituendo l'innesco per la sintesi di glicogeno. Questo aggregato non verrà mai
degradato, ecco perché il glicogeno non viene mai esaurito del tutto. Al glicogeno preformato si
aggiungeranno altre unità di glucosio che allungheranno la catena. La reazione di trasferimento di glucosio
dall'UDP-glucosio all'estremità non riducente (non ramificata) della catena di glicogeno è catalizzata
dall’enzima Glicogenosintetasi, il quale forma legami alfa-1,6 grazie all’intervento di un enzima ramificante.
Sulle nuove ramificazioni la glicogenosintetasi può aggiungere altri residui di glucosio e l’enzima ramificante
può creare ulteriori ramificazioni, accrescendo così la molecola di glicogeno.
La Glicogenosintesi si trova principalmente in due forme: GSa (attiva e defosforilata) e GSb (inattiva e
fosforilata). Questo dipende prevalentemente da due proteine. La prima è la Fosfoproteina Fosfatasi che
defosforila attivando la glicogenosintesi; La seconda è la Glicogenosintasi Chinasi, una proteina chinasi
dipendente da cAMP, che fosforila inattivando la glicogenosintesi.
Ci troviamo in condizioni metaboliche opposte a quelle dell’attivazione dell’enzima Glicogeno Fosforilasi. In
questo caso in circolo vi sarà insulina. La Glicogenosintesi risponde anche di una regolazione allosterica, con
una differenza tra muscolo e fegato. Nel fegato risente tanto della presenza di Glucosio-6-fosfato che la
attiva allostericamente, anche perché l’insulina promuove un aumentata sintesi e attività di enzimi quali la
glucochinasi, per cui la concentrazione di Glcuosio-6-fosfato aumenta e questo Glucosio-6-fosfato andrà ad
attivare allostericamente la Glicogenosintesi. Nel muscolo non risente tanto del modulatore allosterico
Glucosio-6-fosfato, quanto piuttosto del Glicogeno stesso che retroagisce come modulatore allosterico
negativo. Nel muscolo sono presenti delle Glicogenosintasi Chinasi muscolari che inattivano la
Glicogenosintesi; queste chinasi risentono molto della concentrazione di Calcio e di cAMP.

GLICOGENOLISI
La glicogenolisi è un processo metabolico che degrada molecole di  glicogeno  fino ad ottenere il glucosio-1-
fosfato, convertito, infine, in glucosio-6-fosfato. In breve, alla fine di questo processo, l’attivazione
dell’enzima Glicogeno Fosforilasi permette la produzione di unità monomeriche di glucosio-1-fosfato che
grazie all’enzima Fosfoglucomutasi, viene convertito in glucosio-6-fosfato. Il Glucosio-6-fosfato avrà un
destino differente a seconda se ci troviamo nel muscolo o nel fegato. Nel fegato ci sono delle fosfatasi che
hanno come obiettivo la defosforilazione: quindi la defosforilazione consente al glucosio di uscire dalla
cellula per regolare la glicemia. Nel muscolo le fosfatasi non ci sono, quindi il glucosio-6-fosfato rimane
intrappolato. Quindi a livello muscolare il Glucosio-6-fosfato servirà a sopperire alle richieste energetiche
del muscolo per la contrazione; a livello epatico, invece, il glucosio immesso in circolo andrà a garantire il
mantenimento dell’omeostasi glucidica.

N.B. Il glucosio-6-tostato ottenuto dal glicogeno, entrerà nella glicolisi evitando la prima reazione della
stessa (nella quale il glucosio viene trasformato in glucosio-6-fosfato) e così facendo, oltre a velocizzare il
processo glicolitico, alla fine della glicolisi, si risparmierà una ATP (quella che dovrebbe essere utilizzata
nella prima reazione glicolitica) ottenendo in totale, 3 ATP anziché 2, come avviene nella glicolisi che utilizza
glucosio libero.
L'enzima Glicogeno Fosforilasi svolge la sua funzione fino a che non
raggiunge un punto che dista 4 residui di glucosio dal punto di
ramificazione, in prossimità del quale blocca la sua azione. Qui
interviene un enzima deramificante che svolge due funzioni:
- Un’attività transferasica che sposta un blocco di tre residui (sui
quattro rimanenti) dalla ramificazione ad una estremità non
riducente vicina legandolo attraverso un legame glicosidico alfa-1,4;
- Un’attività glicosidica attraverso la quale viene scisso il legame
alfa-1,6 della ramificazione e il singolo residuo rimasto sul punto di
ramificazione viene rilasciato sotto forma di glucosio libero.

Un modulatore allosterico negativo è ovviamente il glucosio-6-fosfato,


prodotto della glicogenolisi; quando questo si accumula va a modulare negativamente la Glicogeno
Fosforilasi e positivamente la Glicogenosintesi. Il Glucosio-6-fosfato cambia conformazione all’enzima
Glicogeno Fosforilasi rendendolo pronto all’azione delle FosfoproteineFosfatasi.
Un modulatore allosterico positivo è, invece, l’AMP. Nel momento in cui il muscolo lavora, per sopperire
alle necessità energetiche del muscolo una parte dell’ATP è idrolizzata in ADP + Pi. Quindi la concentrazione
di ADP aumenta e si attiverà l’enzima Mioadenilato-chinasi che a partire da 2 ADP forma 1 ATP e 1 AMP.
Questo succede quando il consumo di ATP inizia a superare la capacità di risintesi dello stesso. L’AMP
segnala che è necessario produrre più ATP, quindi verranno incrementate la Glicogenolisi e la Glicolisi.
L’AMP agisce come modulatore allosterico positivo sulla Glicogeno Fosforilasi A (quella già fosforilata e
predisposta a lavorare) e la stimola a lavorare ancora più velocemente ed efficacemente, il risultato è una
produzione maggiore di glucosio e una risintesi di ATP.
Sulla Glicogeno Fosforilasi B interviene un altro soggetto, l’IMP (Inosinmonofosfato) che deriva dalla
degradazione dell’AMP. L’IMP è un secondo modulatore allosterico positivo e quando interviene l’IMP
siamo certi che tutta la Glicogeno Fosforilasi si troverà attiva e verrà garantito un grado di efficienza
massimo. La Glicolisi e la Glicogenolisi aumentano, quindi, di ben 100\200 volte.

REGOLAZIONE DEL METABOLISMO DEL GLICOGENO


Poiché tutti gli enzimi deputati al metabolismo del glicogeno si trovano in un unico granulo, sembrerebbe
che la glicogenosintesi e la glicogenolisi possano avvenire contemporaneamente. Se così fosse si
instaurerebbe un cosiddetto ciclo futile, senza significato biologico in quanto consumerebbe e produrrebbe
ATP in egual misura. Per evitare ciò, la Glicogeno Fosforilasi deve essere attiva quando la Glicogeno
Sintetasi è inattiva, e viceversa. Le due vie vengono quindi regolate e controllate dalla cellula.

ln condizioni di riposo, quando le concentrazioni di ATP e


glucosio-6-fosfato sono alte (alta carica energetica), entrambi
(ATP e glucosio-6-fosfato) fungono da regolatori allosterici
inibendo la Glicogeno Fosforilasi (si legano a particolari siti
degli enzimi e ne regolano l'attività enzimatica). Allo stesso
tempo, il glucosio-6-fosfato è un attivatore allosterico
positivo della Glicogeno Sintetasi, segnala alla cellula elevate
concentrazioni dello stesso, stimolando la sintesi di glicogeno.
Oltre la regolazione allosterica, vi è anche una regolazione
ormonale. Gli ormoni implicati nella regolazione del
metabolismo del glicogeno sono: insulina, glucagone e
adrenalina. L'insulina si lega al suo recettore che è in grado di
attivare un pathway di fosforilazione di altre proteine, quindi di
attivazione o inattivazione. Nel caso del metabolismo del
glicogeno, l'insulina va ad attivare una fosfoproteina fosfatasi, in
grado, quindi, di defosforilare la Glicogeno Fosforilasi e la
Glicogeno Sintetasi, determinando l'inattivazione di una e
l'attivazione dell'altra. Infatti, questi 2 enzimi lavorano in
direzioni opposte: la Glicogeno Fosforilasi è attiva quando è
fosforilata; la Glicogeno Sintetasi è attiva quando è defosforilata.

ln condizioni di digiuno notturno, calando le


concentrazioni di glucosio ematico, il pancreas risponde
producendo glucagone in grado stimolare la glicogenolisi
nel fegato. L'attivazione del pathway cellulare avviene
grazie al legame del glucagone con recettore associato a
proteine G. Questo legame, come visto, permette
l'attivazione dell'adenilato ciclasi, che catalizza la
reazione di ciclizzazione dell'ATP in cAMP. L'AMPciclico
non ha una funzione energetica, ma è una molecola
segnale in grado di legarsi ad altre proteine, attivandole.
L'AMPciclico attiverà la Proteinchinasi AMPciclico
dipendente (PKA), la quale è in grado di fosforilare. I
substrati della PKA saranno la Glicogeno Fosforilasi
Chinasi e la Glicogeno Sintetasi: nel primo aso determina
la fosforilazione della Glicogeno Fosforilasi Chinasi, che
essendo attiva nella sua forma fosforilata determina la
demolizione del glicogeno per produrre glucosio; nel
secondo caso determina la fosforilazione della Glicogeno
Sintetasi, la quale è inattiva nella sua forma fosforilata,
per cui la sintesi del glicogeno viene inibita.

L’AMPciclico non rimane libero all’interno del citoplasma, ma appena viene sintetizzato viene anche
degradato dalla fosfodiesterasi, che rompe il legame intramolecolare che ciclizza la molecola, liberando
AMP nel citoplasma.

ln condizioni di stress e attività fisica, l'ormone in grado di regolare il metabolismo del glicogeno è
l'adrenalina. Il meccanismo d'azione è del tutto simile a quello del glucagone, in quanto il recettore al quale
si lega è anche in questo caso associato a proteine G. aspetto fondamentale di questo meccanismo di
regolazione è che può avvenire sia nel fegato che nel
muscolo, naturalmente con funzioni differenti: nel fegato
regola in maniera controlla la demolizione del glicogeno
per la liberazione di glucosio nel circolo, inibendo allo
stesso tempo la glicolisi epatica; nel muscolo regola la
demolizione del glicogeno e stimola la glicolisi per produrre
energia per la contrazione muscolare. Il meccanismo di
regolazione dell'adrenalina funziona indipendentemente
dalle condizioni di digiuno.
La PKA a livello muscolare è attivata dall'adrenalina, ma può anche essere attivata da fattori allosterici.
Questi fattori allosterici sono i prodotti della degradazione di ATP impiegata nella contrazione muscolare,
ovvero AMP, ADP e Pi, nonché anche dal Calcio. Questo meccanismo di regolazione ci permette di
comprendere come avviene la deplezione di glicogeno muscolare in attività di breve durata (sprint 100 mt
della durata inferiore di 10").

DESTINO DEL FRUTTOSIO


Il fruttosio contribuisce a circa il 10% delle Kcal
introdotte con la dieta. La cellula muscolare è in grado
di impiegare, oltre che il glucosio, anche il fruttosio.
L'assorbimento del fruttosio è completamente diverso
da quello del glucosio, impiega, infatti, un
trasportatore proprio: glucosio e galattosio utilizzano
l’SGLT1, mentre il fruttosio utilizza il GLUT5, in
maniera del tutto indipendente. Dalla superficie
basale della cellula, per entrare nel circolo ematico,
utilizzano entrambi il GLUT2. Il fruttosio può essere
impiegato dall'enterocita stesso, ma in gran parte
raggiunge il fegato (anche i reni e la mucosa
intestinale) al cui interno è presente un enzima affine al fruttosio. Il fruttosio viene fosforilato grazie
all'enzima fruttochinasi, consumando 1 ATP, e ottenendo fruttosio-1-fosfato. Quest'ultimo sarà il substrato
dell'enzima aldolasi B, che scinde il fruttosio1-fosfato in gliceraldeide e diidrossiacetonfosfato. Il
diidrossiacetonfosfato, come visto nella glicolisi, grazie all'enzima triosofosfatoisomerasi viene convertito il
gliceraldeide-3-fosfato, impiegato poi nella glicolisi o nella gluconeogenesi. La gliceraldeide grazie
all'enzima trioso chinasi, impiegando 1 ATP, viene fosforilata in gliceraldeide-3-fosfato per poi essere
impiegata nel metabolismo.

I metaboliti del fruttosio entrano nella glicolisi dopo la 4° tappa, bypassando la via principale di regolazione
della glicolisi, ovvero la fosfofruttochinasi1. Per cui, il metabolismo del fruttosio non è regolato dalla
fosfofruttochinasi1. Ingerire notevoli quantità di fruttosio, vorrebbe dire produrre anche grandi quantità di
Acetil-CoA (ottenuto dall'ossidazione del piruvato). Non avendo necessità di produrre energia la cellula
epatica impiega l'Acetil-CoA nella sintesi degli acidi grassi. L'aumento di grassi epatici è dannoso.

Nel muscolo il fruttosio viene direttamente fosforilato dell'esochinasi (enzima che fosforila il glucosio),
impiegando 1 ATP, e ottenendo fruttosio-6-fosfato.
Problematica legata all'abuso di fruttosio è la deplezione della carica energetica intracellulare. Infatti,
soprattutto nell'utilizzo del fruttosio a livello epatico, l'attività della Frutto Chinasi richiede l'impiego di ATP,
producendo di conseguenza ADP. L'ADP non viene accumulato a livello cellulare, ma viene metabolizzato. Il
metabolismo di questi nucleotidi determina la produzione di acido urico, il cui accumulo è la causa di
malattie del metabolismo come la gotta.
Peculiarità del fruttosio è che il suo ingresso nella cellula non è
regolato dall'insulina, e ne stimola molto meno la secrezione
rispetto al glucosio.
Nello sportivo l'assunzione di fruttosio è importante in quanto è
facilmente assimilabile dai tessuti e la sua utilizzazione è
indipendente dall'insulina. Inoltre, rispetto ad una quantità
equivalente di glucosio non aumenta la glicemia e quindi non
stimola la secrezione di insulina.
<- *metabolismo del galattosio*
METABOLISMO DEL GALATTOSIO
Il galattosio non può entrare nella glicolisi
direttamente, ma deve subire una serie di
reazioni con la formazione di intermedi
prima di produrre glucosio-1-fosfato che
viene poi impiegato nella glicolisi.

METABOLISMO DEI LIPIDI: digestione e assorbimento


Quando parliamo di digestione dei lipidi facciamo riferimento ai trigliceridi, colesterolo e fosfolipidi. La
digestione dei lipidi, come nei carboidrati, ha inizio a livello della bocca grazie alle lipasi salivari, per
proseguire poi nello stomaco grazie alle lipasi
gastriche. La digestione dei lipidi è profondamente
condizionata dalla loro scarsa solubilità in acqua,
che rappresenta la fondamentale problematica
nella loro digestione. Nel lume dello stomaco i
lipidi si riuniscono in macromolecole dette gocce
lipidiche, isolate dalla componente idrofila del
chimo. In questo modo viene fortemente limitata
l'azione digestiva delle lipasi. Per poter essere digeriti ed assorbiti i grassi devono, quindi, essere trasformati
in aggregati solubili in acqua. Questo processo, chiamato emulsionamento, avviene per opera della bile,
una sostanza prodotta dal fegato e riversata nel duodeno dalla cistifellea. Nella bile sono anche contenuti
sali biliari, importanti nell'emulsionamento. Dopo aver subito il processo di emulsione, i lipidi vengono
aggrediti da specifici enzimi (lipasi pancreatica, fosfolipasi A, colesterolo esterasi e colipasi) contenuti nel
succo pancreatico secreto dal pancreas esocrino nel lume del duodeno. Per quanto riguarda i trigliceridi le
lipasi pancreatiche e la colipasi non fanno altro che scindere le molecole in acidi grassi e 2-
monoacilglicerolo. La colesterolo esterasi scinde il legame estere del colesterolo, liberando colesterolo non
esterificato e 1 acido grasso. Le fosfolipasi A agiscono sui fosfolipidi, liberando, a seconda del fosfolipide,
una parziale molecola digerita e l'acido grasso in posizione 2. Dal lume intestinale, le particelle ottenute
dall'azione di questi enzimi, attraversano la membrana della superficie apicale dell'enterocita per
diffusione. Essendo delle particelle liposolubili non hanno bisogno di trasportatori per attraversare la
membrana. Una volta all'interno dell'enterocita si ha una risintesi dei trigliceridi, i quali vengono assemblati
all'interno di particelle lipoproteiche (lipoproteiche perché formate da trigliceridi, colesterolo e proteine),
chiamate chilomicroni. Il chilomicrone è formato da un singolo strato fosfolipidico con le code idrofobiche
rivolte verso l'interno e da proteine, le apolipoproteine. Dopo un pasto contenente lipidi, i chilomicroni che
si vengono a formare raggiungono fegato, tessuto adiposo e muscolo.

I chilomicroni non sono le uniche particelle lipoproteiche presenti nel nostro circolo sanguigno. Abbiamo,
infatti, altre particelle lipoproteiche, il cui nome dipende dalla densità della particella stessa. Queste sono:
- VLDL (very Iow density lipoproteins) -> prodotte dal fegato e deputate al trasporto di trigliceridi e in
minor parte colesterolo al muscolo e al tessuto adiposo;
- LDL (Iow density lipoproteins) -> deputate al trasporto di colesterolo esterificato dal fegato ai tessuti
periferici;
- HDL (high density lipoproteins) -> sono sintetizzate dal fegato e sono deputate alla rimozione del
colesterolo dai tessuti periferici, trasformandolo al loro interno in colesterolo esterificato.
Più sono dense più contengono proteine e meno lipidi.
Il chilomicrone contenente i lipidi alimentari una volta nel circolo sanguigno riceve delle apolipoproteine
specifiche dalle particelle HDL, divenendo chilomicroni maturi. Queste proteine permettono il
raggiungimento di tessuti specifici (muscolo e tessuto adiposo). I chilomicroni una volta entrati nel circolo
sanguigno raggiungono i capillari dei tessuti che impiegano lipidi (muscolo e tessuto adiposo). Sulla
superficie di questi tessuti troviamo le lipoproteine lipasi che scindono i trigliceridi in acidi grassi e 2-
monoacilglicerolo. Una volta staccati gli acidi grassi questi vengono assorbiti dal tessuto: nel muscolo
vengono impiegati o per produrre energie o come riserva di acidi grassi (trigliceridi intramuscolari); nel
tessuto adiposo vengono impiegati per produrre gli adipociti, goccioline lipidiche. A questo punto i
chilomicroni, definiti remnants perché scarichi in gran parte di trigliceridi, vengono reindirizzati al fegato
per poter essere poi riutilizzati successivamente.
Gli acidi grassi a catena corta (8-10 carboni, contenuti nei latticini), senza essere assemblati all'interno del
chilomicrone, vengono assorbiti dall'enterocita e immessi direttamente nel torrente circolatorio. Per cui,
nel circolo sanguigno troviamo anche acidi grassi liberi, associati in ogni caso a delle proteine, albumina in
particolare, che ne permette la solubilizzazione e il raggiungimento dei distretti di utilizzo.

Il tessuto adiposo rappresenta la principale riserva di lipidi nel nostro corpo. In media ne troviamo circa
12Kg, distribuito nei vari distretti corporei. L’unità morfo-strutturale del tessuto adiposo e l’adipocita,
cellula formata al suo interno in gran parte da trigliceridi. Sulla membrana dell'adipocita sono collocate
delle proteine, le perilipine, importanti nella regolazione della degradazione dei trigliceridi contenuti
nell’adipocita.
Le riserve di grassi a livello muscolare (triacilgliceroli muscolari 300g/2700 Kcal), sebbene non sia cospicuo
paragonato alle riserve di grassi del tessuto adiposo (12Kg/108000 Kcal), sono delle fonti molto importanti
e dinamiche per il mantenimento di determinate attività (endurance, alcune tipologie di sport di squadra).
Troviamo una parte di acidi grassi liberi nel circolo ematico legati all'albumina (acidi grassi liberi plasmatici,
circa 0,4gr/3,6 kcal) e una parte trasportate dalle altre particelle lipoproteiche (triacilgliceroli plasmatici
4gr/36 kcal).

SINTESI LIPIDICA
La sintesi lipidica è una via anabolica che ci consente nel muscolo, nel tessuto adiposo e in parte anche nel
fegato, lo stoccaggio dei lipidi. Questo processo prevede l'impiego di intermedi della glicolisi, in quanto i
trigliceridi essendo formati da acidi grassi e glicerolo, necessitano la produzione di quest'ultimo per la
sintesi lipidica. Il glicerolo è un polialcol (polare) prodotto a partire dal diidrossiacetonfosfato che grazie
all'enzima glicerolo-3-fosfato deidrogenasi viene convertito in glicerolo-3-fosfato. Quest'ultimo verrà poi
impiegato per legare gli acidi grassi provenienti dai trigliceridi alimentari in condizioni postprandiali, o dalle
VLDL rilasciate dal fegato per sintesi endogena. Prima di essere attaccato al glicerolo, l'acido grasso deve
essere attivato. L'attivazione avviene nel citoplasma grazie all'enzima Acil-CoA sintetasi, che, impiagando 1
ATP, lega l'acido grasso al CoA, producendo Acil-CoA. A questo punto gli acidi grassi attivati possono essere
attaccati al glicerolo per opera di una serie di enzimi.

LIPOLISI
La lipolisi è attivata con il rilascio di adrenalina. Il legame dell'adrenalina al recettore attiva l'adenilato
ciclasi, il che comporta la produzione di AMPciclico. L'AMPciclico attiva la PKA che andrà a fosforilare le
perilipine; le perilipine mantengono le lipasi inattive, quando quest'ultime sono legate alle perilipine non
possono entrare nelle gocce lipidiche. Quando giunge lo stimolo dell'adrenalina, vengono attivate le
perilipine tramite fosforilazione e queste non sono più in grado di legare le lipasi che potranno ora agire.
Contemporaneamente la PKA fosforila anche le lipasi, aumentando la loro azione. Questa operazione
avviene anche in condizioni di digiuno. ln questo caso il segnale è rappresentato dal glucagone, ma il
meccanismo è simile.
ln condizioni di alta carica energetica l'insulina svolge due azioni: da una parte ripristina le riserve di AMP e,
diminuendo la concentrazione di AMPciclico, la PKA si inattiva con tutto ciò che ne consegue.
Parallelamente l'insulina attiva le fosfatasi, che andranno a defosforilare le lipasi e le perilipine che
torneranno a legare le lipasi.
Sintesi e degradazione lipidica sono quindi finemente regolate a livello ormonale e dagli alimenti che
introduciamo, così come dall'attività fisica a medio-bassa intensità. Il metabolismo dei Carboidrati
parzialmente influenza quello dei lipidi e viceversa, considerata l'azione dell'insulina sul metabolismo
lipidico. Una grande quantità di carboidrati, ad esempio, può fare aumentare la produzione di insulina che
andrà ad inibire il metabolismo lipidico.

LA BETA-OSSIDAZIONE
Consiste nella conversione degli acidi grassi in Acil-CoA e Acetil-CoA, in 4 tappe tramite enzimi situati nella
matrice mitocondriale che degradano gli acidi grassi, rimuovendo unità a 2C. Gli acidi grassi vanno incontro
alla suddivisione della catena carboniosa in unità bicarboniose, rimuovendo 4H e 2 coppie di elettroni
mediante i coenzimi NAD+ e FAD+ che trasporteranno poi direttamente l'energia alla catena di trasporto
degli elettroni. Gli acidi grassi con 14 o più atomi di C devono prima affrontare lo shuttle della carnitina, il
cui obbiettivo è quello di tenere separati il CoA mitocondriale con quello citosolico, in quanto il primo è
coinvolto nella degradazione del piruvato e altre reazioni mitocondriali, il secondo viene utilizzato per la
biosintesi degli acidi grassi o può essere trasferito nella matrice mitocondriale per essere ossidato e
produrre ATP. La beta-ossidazione prosegue fin quando l'acido grasso non viene completamente convertito
in Acetil-CoA. Per ogni unità carboniosa vengono rimossi 2 elettroni con produzione di 4 ATP. L’Acetil-CoA
formato nel fegato durante l’ossidazione può entrare nel ciclo di Krebs o essere trasformato in corpi
chetonici.

Attivazione: avviene in situazioni di digiuno o durante esercizio fisico intenso/di lunga durata. ln ognuna di
queste 2 situazioni, il repentino utilizzo di ATP determina un aumento di AMP, il quale attiverà l'enzima
chinasi in grado di fosforilare l'Acetil-CoA decarbossilasi che sarà inibito. Di conseguenza diminuirà la
quantità di malonil-CoA con conseguente arresto della biosintesi e attivazione della beta-ossidazione.

Disattivazione: è dovuta a un eccesso di carboidrati che determina un aumento del malonil-CoA che
provoca l'inibizione dell'Acil-transferasi-1, con conseguente rallentamento della beta-ossidazione.
Altrimenti, a seguito di un'abbondanza energetica (NADH), viene inibito l'enzima beta-idrossiacil-CoA
deidrogenasi. O ancora elevate concentrazioni di Acetil-CoA mitocondriale inibiscono la Tiolasi. Infine,
questa via può essere regolata dall'azione dell'ormone insulina.

SHUTTLE DELLA CARNITINA


- Reazione 1 (attivazione degli acidi grassi) -> l'enzima Acil-CoA sintetasi, localizzato sulla membrana
mitocondriale esterna, catalizza la reazione tra ATP e acido grasso. Dalla rottura dei 2 gruppi fosfato
dell'ATP si ha la formazione di pirofosfato e si ottiene l'energia necessaria per la formazione di Acil-
adenilato. Il pirofosfato libero sarà idrolizzato per via della pirofosfatasi inorganica. L'Acil-adenilato
reagisce con il CoA liberando AMP tramite la formazione di un legame covalente. Si forma così Acil-CoA;
- Reazione 2 (trasporto nel mitocondrio tramite carnitina) -> l'Acil-CoA, se non viene utilizzato nel citosol
per sintetizzare lipidi, lega il proprio gruppo acile alla carnitina, formando Acil-carnitina e liberando CoA
citosolico tramite l'enzima carnitina Acil-transferasi-1 presente sulla membrana mitocondriale esterna;
- Reazione 3 -> l'Acil carnitina, tramite uno specifico trasportatore, entra all'interno del mitocondrio
dove reagirà con il CoA mitocondriale tramite la carnitina Acil-transferasi-2, rigenerando così Acil-CoA e
carnitina libera. Quest'ultima verrà convogliata nello spazio inter-membrana da uno specifico
trasportatore.
METABOLISMO GLUCIDICO E LIPIDICO A CONFRONTO
Gli acidi grassi consentono un’elevatissima produzione di energia (beta-ossidazione dell'acido palmitico ->
129 ATP). Di fatto, però, rispetto al consumo di ossigeno la produzione di energia da parte dei glucidi è più
vantaggiosa, si tratta di un 5-7% in più di ATP prodotto per unità di O2 impiegata rispetto ai grassi. Bisogna,
inoltre, ricordare che non esiste una via metabolica degli acidi grassi in assenza di O2. Altra differenza fra le
due vie metaboliche, risiede nella rapidità dei meccanismi (glicolisi -> 1-2 min vs beta-ossidazione -> 6 h),
ma aldilà di questo vi è una notevole differenza in termini di moli di ATP prodotte (mol/kg/s):
Fosfocreatina -> 9mmol/kg/s; Glicolisi Anaerobica -> 4mmol/kg/s; Ossidazione dei carboidrati ->
2mmol/kg/s; Ossidazione degli acidi grassi -> 1mmol/kg/s. Infine, i grassi essendo idrofobici sono di facile
stoccaggio.

CHETOGENESI
I corpi chetonici vengono sintetizzati dal fegato in condizioni di limitata disponibilità di glucosio, come
digiuno prolungato, diete con ridotto apporto di carboidrati, diabete. I corpi chetonici si distinguono in
acetoacetato, Beta-idrossibutirrato e acetone. Nel fegato, quando abbiamo ridotte disponibilità di
glucosio, non venendo prodotto piruvato come prodotto terminale della glicolisi, saranno basse anche le
concentrazioni di ossalacetato, impiegato dal fegato stesso per la gluconeogenesi. Il fegato, per sopperire
all'accumulo di Acetil-CoA, lo impiega nei mitocondri delle cellule epatiche, producendo corpi chetonici e
CoA impiegato poi nella Beta-ossidazione. Acetoacetato e beta-idrossibutirrato vengono liberati dal fegato
nel circolo sanguigno, giungendo ad organi quali muscolo, cuore e cervello, dove verranno degradati ad
Acetil-CoA, impiegato nel Ciclo di Krebs senza dover impiegare glucosio. L’acetone viene facilmente
eliminato tramite la respirazione. I corpi chetonici, inoltre, tendono ad abbassare il pH del sangue,
acidificandolo.

LIPOGENESI
I lipidi possiamo produrli tramite la lipogenesi, nel tessuto adiposo e nel fegato, da precursori ottenuti dal
metabolismo del glucosio. La lipogenesi avviene nel citoplasma cellulare. Intermedio importante è il citrato,
proveniente dal ciclo di Krebs, trasportato dalla membrana mitocondriale interna all'esterno del
mitocondrio da trasportatori specifici. Dal citrato si ottengono ossalacetato e Acetil-CoA. L'ossalacetato
viene ridotto a malato dalla malato deidrogenasi, impiegato nella sintesi degli acidi grassi. Dall'Acetil-CoA,
grazie all'enzima Acetil-CoA carbossilasi,
impiegando ATP e CO2, si produce il
malonil-CoA. L'enzima Acetil-CoA
carbossilasi esiste come monomero, ma è
attivo soltanto quando polimerizza (21
monomeri). L'enzima viene stimolato dal
citrato (regolatore allosterico) e dall'insulina
(fosforilazione). Quest'ultima è un segnale
di elevata presenza di substrati energetici,
condizione ottimale per l'attivazione della
lipogenesi, in quanto se vi fosse carenza di
substrati energetici non sarebbe produttivo per la cellula impiegare energia per la produzione di grassi.
L'attività enzimatica viene inibita dall'Acil-CoA (fosforilazione), dall'adrenalina e dal glucagone. Quando è
attiva la lipogenesi è inattiva la Beta-ossidazione, perché il malonil-CoA blocca lo shuttle della carnitina.
Dopo 7 passaggi dagli acetili viene creato un acido grasso de novo, il palmitato (16:0). Questo viene
modificato in seguito, accorciando o allungando la catena. Il costo energetico per la produzione de novo di
acidi grassi non è da sottovalutare; appunto per questo motivo la lipogenesi viene attivata solo quando
siamo in condizioni di surplus energetico. La richiesta energetica per la produzione di acido palmitico,
infatti, è di: 8 Acetil-CoA (1 Acetil-CoA nel ciclo di Krebs -> 12 ATP); 7 ATP; 14 NADPH + H+ (1 NADPH + H+
nella catena respiratoria -> 3 ATP).
GLUCONEOGENESI
Processo attraverso il quale si produce glucosio da substrati non glucidici. È particolarmente attiva in
situazioni di digiuno prolungato e fortemente stimolata
dall’ormone cortisolo e glucagone. La gluconeogenesi
avviene nel citosol delle cellule epatiche e nella corteccia
renale. La maggior parte delle reazioni della
gluconeogenesi sono reazioni glicolitiche che procedono
in direzione inversa, bypassando le 3 reazioni irreversibili
che verranno catalizzate da un gruppo di enzimi
differenti. Il piruvato, grazie alla piruvato carbossibilasi,
produce ossalacetato bypassando la tappa della piruvato
chinasi. L'ossalacetato viene convertito a malato per
attraversare la membrana, dopodichè si riconverte ad
ossalacetato nel citoplasma, dove l'enzima
fosfoenolpiruvato carbossichinasi elimina la molecola di
CO2 dall'ossalacetato, producendo fosfoenolpiruvato. Le
tappe successive sono quelle della glicolisi al contrario
fino alla 3° tappa. Questa tappa viene bypassata grazie
all'enzima fruttosio 1,6-bisfosfatasi che catalizza l'idrolisi
del fruttosio-1,6-bisfosfato convertendolo in fruttosio-6-
fosfato. L'altra tappa irreversibile, ovvero la 1°, viene
bypassasta grazie all'enzima glucosio-6-fosfatasi (stessa
reazione ed enzima della glicogenolisi) che converte il
glucosio-6-fosfato in glucosio, senza però comportare la
formazione di ATP.
Il consumo energetico per la produzione de novo del glucosio è di 6ATP (4ATP + 2GTP) e 2NADH + H+. La
Gluconeogenesi viene inibita dall’insulina e stimolata dal glucagone, cortisolo (stress), Acetil-CoA (attivatore
allosterico della piruvato carbossilasi in condizioni di digiuno ed elevata azione della beta-ossidazione).
Molecole Gluconeogeniche sono:
- Lattato -> prodotto dalla conversione del piruvato in lattato. Questo composto, messo in circolo, giunge
al fegato e grazie all’enzima lattato deidrogenasi viene riconvertito a piruvato il quale rientra nella
gluconeogenesi;
- Glicerolo -> prodotto dalle lipasi che agiscono sui trigliceridi producendo acidi grassi e glicerolo.
Quest’ultimo giunge al fegato il quale lo impiega come intermedio della gluconeogenesi. L’enzima
glicerolo chinasi (presente nel fegato, ma non nel muscolo e nel tessuto adiposo) viene fosforilato a
glicerolo-3-fosfato il quale, per opera della glicerolo-3-fosfato deidrogenasi, viene convertito a
diidrossiacetonfosfato che rientra nella gluconeogenesi;
- Aminoacidi -> 18 dei 20 aminoacidi possono essere impiegati per produrre glucosio nella
gluconeogenesi. Quelli maggiormente impiegati sono glicina, glutammato, glutammina e alanina.

METABOLISMO DELLE PROTEINE: digestione e assorbimento


Le proteine non le consideriamo esclusivamente come substrato energetico, ma anche come unità
strutturali nella costituzione del muscolo scheletrico. Le riserve proteiche che vengono impiegate come
substrato energetico vengono utilizzate in condizioni di digiuno notturno, o dopo attività particolarmente
intense. L'impiego delle proteine come substrato energetico avviene, quindi, nel recupero post-esercizio. È
il fegato l'organo maggiormente coinvolto nel metabolismo delle proteine.
Le proteine vengono inizialmente scisse nello stomaco dove vengono denaturate a opera delle pepsine
(endoproteasi), processo dovuto anche al pH gastrico. La digestione continua nell'intestino dove nel lume
del duodeno viene secreto il succo pancreatico da parte del pancreas endocrino. Nel succo pancreatico
troviamo zimogeni, ovvero peptidasi non attive, attivate progressivamente nel processo digestivo
(tripsinogeno, chimotripsinogeno, proelastasi, procarbossipeptidasi...). Le proteine vengono degradate in
aminoacidi, in particolare aminopeptidasi e dipeptidasi prodotti dagli enterociti: agiscono sui piccoli peptidi
formatisi, producendo aminoacidi liberi. Questi vengono assorbiti successivamente nel tratto digiuno
dell'intestino. I trasportatori di amminoacidi possono utilizzare un trasporto attivo al pari dell'SLGT1, altri
fanno un antiporto (portano dentro un aminoacido scambiandolo con un altro aminoacido essenziale, per
questo motivo questi trasportatori sono fondamentali). Sono poi noti 4 sistemi di trasporto che richiedono
il co-trasporto di un atomo di sodio e sono identificati in base al tipo di aminoacido trasportato:
- Aminoacidi acidi, come glutammato e aspartato;
- Aminoacidi basici, come lisina e istidina;
- Aminoacidi neutri, come alanina, glicina e serina;
- Glicina, prolina e idrossiprolina.
Gli aminoacidi liberi, dopo essere stati assorbiti dalle cellule enteriche, vengono immessi nel sangue,
raggiungono la vena porta e poi vengono ridistribuiti a tutte le cellule e al fegato. Gli aminoacidi verranno
riutilizzati per la sintesi di nuove proteine, ma non solo, possono essere: glucogenetici, quindi utilizzati per
dare glucosio; chetogenetici, per dare corpi chetonici.
Trasformazioni che gli aminoacidi subiscono dentro le cellule sono:
- Decarbossilazione: distacco del gruppo carbossilico (-COOH);
- Deaminazione: distacco del gruppo amminico (-NH2);
- Transaminazione: trasferimento del gruppo amminico da una molecola ad un’altra.

TURNOVER PROTEICO
Il 99% degli aminoacidi presenti nel corpo non è in forma libera, ma impiegato nella costituzione delle
proteine. Il muscolo costituisce la maggior riserva di aminoacidi dell'organismo. Nel muscolo è presente
anche il maggior pool di aminoacidi liberi (circa l’80%):
- Muscolo -> alanina, aspartato, glutammato, glutammina (20 mmol/Kg), leucina, serina, valina e taurina
(25 mmol/Kg);
- Fegato -> alanina, aspartato (18,7 mmol/Kg), glutammato, glutammina, leucina, serina, valina e taurina
(8,5 mmol/Kg).
Molte proteine (come i messaggeri) hanno un emivita breve e devono perciò essere degradate quando non
sono più necessarie. La degradazione delle proteine prende il nome di turnover proteico. Quest'ultimo
caratterizza il 20 % del dispendio energetico giornaliero. ln media noi necessitiamo di 400 g di proteine al
giorno, tramite la dieta mediterranea, però, ne assumiamo circa 90 g, i restanti 300 ci vengono forniti dal
fegato che è, infatti, in grado di sintetizzare le proteine. Il turnover proteico avviene anche per la rimozione
delle proteine danneggiate, contribuendo al pool di aminoacidi liberi nelle cellule e nel plasma.
Il pool di amminoacidi liberi viene impiegato per:
- Sintesi de novo di proteine;
- Acetil-CoA, Glucosio e Corpi chetonici -> gli amminoacidi contribuiscono indirettamente in termini
energetici per produrre molecole impiegate poi per produrre energia;
- ln particolare, composti azotati (eme, creatina, purine e pirimidine, ammoniaca...) -> gli aminoacidi
sono molecole contenenti azoto, le proteine infatti sono la nostra fonte di azoto.
Gli aminoacidi, ad opera di alcuni trasportatori, entrano nei tessuti non potendo rimanere nel circolo
ematico come tali.

CATABOLISMO DEGLI AMINOACIDI NEL FEGATO


Dalle proteine è possibile ricavare energia, vengono sfruttate soprattutto in condizioni di dieta iperproteica
o digiuno estremo. Il catabolismo proteico avviene principalmente nel fegato ed è caratterizzato da una
tappa, la transaminazione, durante la quale avviene la rimozione del gruppo amminico, tossico, e per
questo separato dall'amminoacido per essere metabolizzato sotto forma di urea e poi espulso.
L'amminoacido, per essere impiegato come molecola energetica, deve essere convertito in intermedi del
Ciclo di Krebs o della Gluconeogenesi, in acidi
grassi o corpi chetonici. Transaminazione:
viene catalizzata dagli enzimi amminotrasferasi,
specifici per ogni aminoacido. Tali enzimi
agiscono sugli aminoacidi staccando il gruppo
amminico e trasferendolo al Carbonio alfa
dell'alfa-chetoglutarato. Questa amminazione
converte l'alfa-chetoglutarato in glutammato e
contemporaneamente si ha la deaminazione
dell'amminoacido, che diviene così alfa-
chetoacido. ln questa reazione si ha, dunque,
un trasferimento del gruppo amminico e non la
sua perdita. Lo scopo è quello di raccogliere i gruppi amminici derivanti da diversi aminoacidi su un
aminoacido comune, il glutammato. Sarà, quindi, l'alfa-chetoglutarato l'accettore di tutti i gruppi amminici.
Il glutammato rilascia nuovamente il gruppo amminico per deaminazione ossidativa. ottenendo alfa-
chetoglutarato (riutilizzato) e ammoniaca, ione carico che se accumulato è tossico e appunto per questo
eliminato nel ciclo dell'urea. Deaminazione ossidativa: giunto negli epatociti il glutammato entra nei
mitocondri dove va in contro a deaminazione ossidativa, catalizzata dalla glutammato deidrogenasi. Il
gruppo amminico verrà rilasciato sotto forma di ioni NH4+, il glutammato ritornerà a essere alfa-
chetoglutarato e può, quindi, entrare nel ciclo di Krebs.
Il punto di controllo del catabolismo degli aminoacidi è a carico della tappa di conversione del glutammato
in chetoglutarato. Tutto quello che comporta una bassa carica energetica stimola il metabolismo, e
viceversa.

TRASPORTO DEL GRUPPO AMMINICO NEL FEGATO


Per trasportare al fegato l’ammoniaca prodotta dai diversi tessuti extraepatici, il glutammato viene
metabolizzato in glutammina dall’enzima glutammina sintetasi, impiegando 1 ATP: in questa reazione 1 ATP
reagisce con il glutammato formando un intermedio, che reagirà poi con l’ammoniaca generando
glutammina + Pi. La glutammina viene veicolata al fegato dove viene riconvertita in glutammato +
ammoniaca. Quest’ultima verrà convertita definitivamente in urea, mentre il glutammato potrà essere
ulteriormente metabolizzato dalla glutammato deidrogenasi che, liberando l’altra ammoniaca, lo converte
in alfa-chetoglutarato il quale potrà entrare nel Ciclo di Krebs o partecipare alle reazioni di
transaminazione. La glutammina in parte può ricostruire le riserve muscolari di aminoacidi, ed è
fondamentale perché rientra in numerose molecole che contengono azoto (purine, pirimidine,
amminozuccheri).

TRASFERIMENTO DEL GRUPPO AMMINICO DAL MUSCOLO AL FEGATO


Il muscolo è specializzato nell'utilizzo di 3 aminoacidi ramificati (BCAA): leucina, isoleucina e valina. Sono
aminoacidi essenziali introdotti con la dieta, di cui il muscolo ha una piccola riserva interna. Il catabolismo
segue in modo analogo quello del fegato, con il trasferimento del gruppo amminico all’alfa-chetoglutarato.
Il chetoacido ottenuto viene messo in circolo e giunge al fegato, il quale contiene gli enzimi per poterlo
utilizzare. Ne vengono prodotti intermedi del Ciclo di Krebs, impiegati poi per produrre energia. Nel
muscolo il glutammato ha 2 possibili destini:
- Subisce una transaminazione diventando alfa-chetoglutarato, cedendo il proprio gruppo amminico al
piruvato prodotto dalla glicolisi, che si trasformerà adesso in alanina tramite l'enzima alanina-
aminotransferasi. L'alanina prodotta sarà convogliata al fegato e nel citosol degli epatociti sarà
sottoposta a transaminazione, cederà infatti il suo gruppo amminico all'alfa-chetoglutarato che diventa
glutammato e l'alanina torna ad essere piruvato il cui destino sarà la gluconeogenesi. Il glutammato
invece potrà entrare nei mitocondri dove andrà incontro a deidrogenazione o transaminazione con
l'ossalacetato per formare aspartato;
- Il glutammato tramite la glutammina sintetasi che impiega ATP e NH4, viene convertito in glutammina
che sarà trasferita al fegato dove sarà riconvertita in glutammato per produrre urea.
Alanina + alfa-chetoglutarato -> Piruvato + glutammato (enzima: alanina aminotransferasi)
Aspartato + alfa-chetoglutarato -> Ossalacetato + glutammato (enzima: aspartato aminotransferasi)

DESTINO DEGLI AMINOACIDI


Tutti e 20 gli aminoacidi possono essere transaminati a chetoacidi. Direttamente o per reazioni successive i
chetoacidi danno origine a solo 6 intermedi: Piruvato (può entrare nel ciclo di Krebs o nella
gluconeogenesi), ossalacetato (ciclo di Krebs), alfa-chetoglutarato, succinil-CoA, fumarato (intermedi del
ciclo di Krebs), Acetil-CoA (intermedio impiegato nella produzione di corpi chetonici). Con la dieta
assumiamo aminoacidi chetogenici (di questi leucina e lisina dopo la transaminazione possono produrre
solo Acetil-CoA), glicochetogenetici e glicogenetici. La leucina è abbondante nella dieta ed è il maggior
contribuente della formazione di corpi chetonici. Il fegato impiega questi aminoacidi essenzialmente per il
turnover proteico, ma li può impiegare anche per produrre ATP. Può anche impiegare gli aminoacidi
glicogenetici per produrre glucosio per ripristinare le riserve interne di glicogeno e controllare quindi la
glicemia ematica.

CICLO DELL’UREA
La produzione di urea ha inizio nella matrice mitocondriale degli epatociti dove giunge l'ammoniaca in
seguito alla deaminazione ossidativa. L'urea prodotta sarà poi convogliata ai reni per essere infine escreta
sotto forma di urina. Il ciclo si compone di 5 reazioni: 2 mitocondriali e 3 citosoliche. Il ciclo richiede
l'utilizzo di 3 ATP, ma la via metabolica non risulta dispendiosa in quanto è collegata a quella del ciclo di
Krebs. Infatti, durante le reazioni del ciclo dell'urea avviene la formazione di fumarato il quale andrà poi a
ridurre il costo energetico partecipando indirettamente al Ciclo di Krebs.

METABOLISMO DELLA CREATINA


La creatina la si ritrova anche sotto forma di fosfocreatina. Il 95% la troviamo nel muscolo anche se,
essendo un derivato aminoacidico, la sintesi avviene nel rene o nel fegato. La fosfocreatina è un deposito di
energia a pronto impiego; infatti, in una cellula muscolare non in contrazione circa 2/3 del pool di creatina
si trova nella forma di Fosfocreatina. Circa il 50% della creatina è data dalla sintesi endogena e il restante
50% viene introdotto con la dieta.
Glicina, arginina e metionina sono amminoacidi precursori della creatina, ogni amminoacido apporta un
gruppo funzionale diverso. La creatina sintetizzata raggiunge il flusso sanguigno dove si aggiunge alla
creatina introdotta con la dieta per raggiungere i tessuti bersaglio. Nel muscolo entra tramite specifico
trasportatore per essere poi fosforilata. Una piccola quota di creatina viene eliminata nelle urine sotto
forma di creatinina. Concentrazione muscolare di:
- ATP 5 mmol/kg peso umido;
- Fosfocreatina 20-30 mmol/kg peso umido;
- Creatina 12-25 mmol/kg peso umido.

ISOENZIMI CREATINCHINASI E SHUTTLE DEL SISTEMA CREATINA/FOSFOCREATINA


PAGINA 23.

Impostazione appunti da qui in poi: Quale via metabolica si attiva? Quali sono i meccanismi di disattivazione
di tale metabolismo? Strategie nutrizionali in riferimento al tipo di esercizio specifico.
METABOLISMO ENERGETICO DEL MUSCOLO DURANTE ESERCIZI BREVI AD ALTA INTENSITÀ
Attività molto intense che durano da alcuni secondi fino a 1-2 minuti (es. 100 m, corsa, nuoto ma anche in
alcuni sport di squadra).
Il metabolismo energetico lavora sull'impiego di ATP. La cellula muscolare deve produrre quindi in maniera
costante e continua ATP, non potendola immagazzinare come riserva. Lo fa attraverso diversi procedimenti,
uno dei quali è quello della creatina chinasi. Gli altri sono:
1) Fosforilazione a livello del substrato: vie di risintesi dell'ATP inserite in vie metaboliche. Si tratta della
risintesi dell'ATP a partire dalle molecole con un potere di trasferimento di un gruppo fosforico più
elevato dell'ATP. ln particolare, parliamo di fosforilazione del fosfoenolpiruvato, del 1,3bisfosfoglicerato
e della fosfocreatina. Es: l'enzima trasferisce il gruppo fosfato della fosfocreatina sull'ADP, formando
così ATP e creatina;
2) Mioadenilato Chinasi: enzima che normalmente non è attivo, ma si attiva quando la cellula entra in un
deficit energetico, ovvero quando la risintesi di ATP non è sufficiente a sostenere un’attività, e quindi
abbiamo alte concentrazioni di ADP. Se l'ADP aumenta, l'enzima forma un ATP + AMP da 2 ADP. L'AMP
diventa un chiaro segnale per gli enzimi regolatori, cioè una molecola in grado di stimolare il
metabolismo. Questa molecola ha un sito specifico su diversi enzimi che regolano il metabolismo e
quindi la sua presenza in quel sito ne aumenta l’efficienza. Andrà, quindi, a stimolare la glicolisi e la
glicogenolisi.
3) Fosforilazione ossidativa: (c’è bisogno d’ossigeno – mitocondri) in questo caso, viene aggiunto all'ADP
un gruppo fosfato inorganico (libero, non derivante da un'altra molecola che lo trasferisce come
avviene invece nel caso precedente). Non essendoci in questo caso il trasferimento di un fosfato da una
molecola a più elevato contenuto energetico a una molecola con contenuto energetico minore,
l'energia deve derivare da un altro processo, nonché il gradiente protonico. Quest'ultimo darà l'energia
sufficiente all'ATPsintasi per formare ATP da ADP + Pi;

I meccanismi energetici che si attivano in ordine cronologico (descrivi immagine da dx verso sx).
Dall'esercizio ad alta intensità di breve durata a quello aerobico di lunga durata.
Nell'esercizio massimale di breve durata si ha un utilizzo di ATP pari a 3,7 mmol ATP/kg/s. Impiegando
interamente le scorte di ATP muscolare (circa 5 mmol/Kg) non sarebbe possibile protrarre l'esercizio per più
di 2 secondi. ln esercizi submassimali (75% VO2max) con un utilizzo di ATP pari a 0,4 mmol ATP/kg/s si
riuscirebbe a sostenere l'attività per circa 15 secondi. Le scorte di ATP muscolare non sono sufficienti,
quindi, devono attivarsi nell'immediato altre vie di produzione energetica. ln ogni caso la cellula non può
scendere al di sotto del 60% delle scorte di ATP in quanto questo provocherebbe morte cellulare.

Cosa succede nel muscolo in esercizi brevi alla max intensità?


- La potenza diminuisce col passare del tempo;
- La fosfocreatina al 6" si riduce del 48%, ai 15" del 68%, ai 30" deplezione quasi totale (91%);
- L'ATP subisce una riduzione, ma soprattutto vi è un aumento progressivo di ADP e AMP;
- La Glicogeno Fosforilasi ha un attivazione massima già nei primi 5" per subire poi un plateau e infine
cala a seconda dei livelli di glicogeno disponibile (Glicogeno cala).
- Il Lattato aumenta durante tutta l’attività, aumenta maggiormente all’inizio, poi si stabilizza quasi;
- Il piruvato ha un incremento iniziale per poi successivamente diminuire in quanto utilizzato dalla
piruvato deidrogenasi. Questa si attiva intorno ai 15" per poi rimanere attiva;
- La produzione di H+ (acidificazione intracellulare cellulare) è notevole nei 30", raddoppia infatti quasi
all'istante (scissione di ATP e la produzione di lattato producono ioni H+).
ln una contrazione alla massima potenza aumenta il lattato intramuscolare (metabolita che indica l'attività
della glicolisi anaerobica) e diminuiscono i livelli di fosfocreatina (-50% circa). Per esercizi intensi di breve
durata (30") la glicolisi anaerobica contribuisce fino al 75% della produzione di ATP. Vengono utilizzati come
indice di attivazione le concentrazioni di ADP e AMP; l'ATP a volte, infatti, non si modifica nemmeno.

ln un'attività intensa di 30":


- 0-6” -> l'ATP è prodotta dall’idrolisi della Fosfocreatina e dalla glicolisi anaerobica (produzione di
lattato). ln questa prima fase il contributo dei due metabolismi anaerobici si equivale. La fosforilazione
ossidativa non è assente nei 6", ma ha un’attivazione marginale (9%). Questo perché impiega le riserve
di ossigeno interne al muscolo, come quello contenuto nelle mioglobine;
- 6-15" -> dai 6 ai 10" abbiamo una riduzione della Fosfocreatina che continua a produrre ATP ma in
quantità minore. La produzione di ATP viene mantenuta quindi dalla glicolisi anaerobica e dalla
fosforilazione ossidativa, che aumenta rispetto alla fase precedente. Qualora sommassimo l'attività dei
vari meccanismi energetici, l'attività di produzione di ATP
rispetto alla fase precedente è inferiore;
- 15-30" -> Abbiamo una deplezione quasi totale della
Fosfocreatina. L’accumulo del lattato va a ridurre la capacità
della glicolisi anaerobica; nella produzione di ATP aumenta
notevolmente l’attivazione della fosforilazione ossidativa. In
generale cala ulteriormente la produzione di ATP. Metabolismo
aerobico e anaerobico contribuiscono entrambi al 50%.
Esempio: - 100m -> aerobico 10% / anaerobico 90%; 200m aerobico 20% / anaerobico 80%; 400m aerobico
30% / anaerobico 70%

Quanto incidono i livelli di glicogeno sulla capacità di sostenere attività di breve durata? L'utilizzo di
glicogeno nei primi 30" è di circa 100 mmol/kg dei 500 mmol/kg disponibili nel muscolo (circa 20%), con
una produzione di ATP di circa 300 mmol/kg/dm (75 mmol/kg ww), nonché 3-4 volte superiore alla
produzione di ATP dalla Fosfocreatina (25 mmol/Kg ww).
REGOLAZIONE DELLA CREATINA CHINASI
È regolata dalla concentrazione dei substrati e dei prodotti, e si attiva in pochi millisecondi. La creatina
chinasi è un enzima quasi all'equilibrio, cioè reagisce in base ai substrati presenti. La deplezione della
fosfocreatina richiede alcuni minuti prima di essere ripristinata. Dal punto di vista alimentare è importante
avere un pool di creatina cospicuo. Se c’è Creatina e ATP la Creatina Chinasi forma Fosfocreatina + ADP;
viceversa, se c’è Fosfocreatina + ADP forma Creatina e ATP. Perché non abbiamo scorte maggiori di creatina
e fosfocreatina? Perché la creatina è una molecola carica, polare come il glucosio libero, per cui,
immagazzinare grosse quantità di questa molecola implicherebbe un aumento del peso per via
dell’osmolarità.

REGOLAZIONE DEL METABOLISMO DEL GLICOGENO (GLICOLISI ANAEROBICA – GLICOGENOLISI)


ln attività intense di breve durata, la regolazione non è ormonale, in quanto l'attivazione richiederebbe
troppo tempo rispetto alla durata dell'esercizio. Per questo motivo la regolazione viene gestita da fattori
allosterici, quindi per opera dei metaboliti prodotti dalla contrazione. I punti di controllo principali sono la
Glicogeno Fosforilasi, che scinde il Glicogeno in Glucosio-1-fosfato, e la Fosfofruttocinasi1 che produce
Fruttosio-1,6bisfosfato dal Fruttosio-6-Fosfato. La Glicogeno Fosforilasi ha 2 punti di regolazione:
- regolazione iniziale, grossolana e rapidissima, sincrona all'attivazione della contrazione muscolare in
quanto risponde alle concentrazioni di ioni Calcio (questo attiva l'enzima);
- Secondo punto di regolazione, più preciso, ad opera dei metaboliti prodotti (regolazione allosterica),
quali ADP, AMP, Pi che regolano in maniera più controllata l'attività enzimatica in base alla richiesta.
Se l'ADP è prodotto direttamente dal consumo di ATP, l'AMP viene prodotto dalla mioadenilato chinasi,
unendo 2 ADP e producendo così 1 ATP e 1 AMP. Quest'ultima funge da molecola segnale, ovvero da
attivatore allosterico della Glicogeno Fosforilasi e della Fosfofruttochinasi1.
La produzione di AMP aumenta in maniera esponenziale
nei primi secondi di attività. Un buon messaggero per
svolgere la sua funzione non deve essere presente in
quantità significative anche quando non è necessario.
L'AMP, una volta svolta la sua funzione di messaggero, in
parte viene riconvertita in ADP, in parte rientra nel catabolismo dei nucleotidi. Può essere deaminato e
produrre ammoniaca, molecola segnale (base) che abbassa il pH. Può poi essere prodotto l'IMP che potrà
anche essere ulteriormente convertito inosina (va in circolo – vasodilatazione) e poi in ipoxantina, molecola
che diventa un indice ematico dell'utilizzo dei nucleotidi muscolari. L'ammoniaca dovrà comunque poi
essere smaltita, questo avviene liberandola in circolo e convogliandola al fegato dove sarà processata nel
ciclo dell'urea.
La glicolisi anaerobica non ha un andamento costante, in questo tipo di esercizio abbiamo visto come tende
a calare. Questo succede perché vengono prodotte molecole che fungono da fattori allosterici negativi, in
particolare gli ioni H+ hanno questo effetto (non è il lattato che determina la diretta produzione degli ioni
H+ come spesso si pensa, ma l’idrolisi dell’ATP o anche la glicolisi anaerobica).
Cause della fatica in questo tipo di attività
La potenza massima viene raggiunta in circa 2-4 secondi, segue subito un calo graduale, fino anche a un
40%-60%. ln sport di massima potenza (es: 100m), il calo della potenza è appunto immediato. Più si
raggiungono potenze elevate nei primi secondi, più si riesce a spingere anche nei secondi successivi.
Quali sono i meccanismi principali che determinano il declino dell'ATP e causano fatica muscolare?
L'insorgenza della fatica dipende da un aumento di ioni H+ e quindi un'alterazione del pH (acidificazione).
Nelle fasi iniziali, però, ciò che più influisce sul calo repentino della potenza è la deplezione della
Fosfocreatina. La deplezione di questa ha come conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità
adeguate di ATP. L'incapacità di produrre ATP determina svariati effetti (ancora oggi non li conosciamo
tutti), insieme anche, parallelamente, l'incremento del Pi che deriva dalla scissione di ATP. I meccanismi
chiave di determinazione della fatica sono 3; si attivano probabilmente in momenti diversi ma
contribuiscono tutti, nell'insieme, alla fatica muscolare:
- Se non vi è ATP a sufficienza rallentano i meccanismi di riassorbimento del Calcio o anche di rilascio del
Calcio; in questo caso il Pi sembra influente. Conseguenza diretta è che la cellula si contrae di meno;
- I metaboliti prodotti da questo tipo di contrazione, come ioni H+, radicali liberi, Pi, abbassamento del
pH ecc… inibiscono il meccanismo di contrazione a livello dei ponti actina-miosina.
- L’attivazione neuromuscolare, in questo tipo di attività, viene influenzata dall’accumulo extracellulare di
ioni potassio che viene a crearsi. Questo accumulo è dovuto ad un’alterazione dell’attività delle pompe
sodio-potassio, che funzionando tramite consumo di ATP, soffrono inevitabilmente il calo di
concentrazione di questa molecola.

Aspetti nutrizionali nell’esercizio breve ad alta intensità


Due principali aspetti nutrizionali: l'introito proteico (non importante durante l’attività, ma rilevante nei
meccanismi di recupero); l'assunzione di Carboidrati (rilevante nelle fasi di allenamento).
- Ciò che ci interessa delle proteine sono gli amminoacidi. Questi possono essere utilizzati in due modi: sia
come substrato, sia come stimolatori della sintesi proteica muscolare (ma anche a livello osseo e tendineo).
Il turnover proteico incrementa dopo l'esercizio, in modo diverso in base al tipo di esercizio svolto. Questo
avviene perché le proteine vengono impiegate in diversi meccanismi, come nella riparazione di strutture
cellulari danneggiate. Le linee guida suggeriscono un apporto proteico giornaliero (in un atleta) di
1,2-2g/kg/die che può variare in base al periodo dell'allenamento. L'eccesso proteico può danneggiare gli
organi deputati al metabolismo delle proteine, quindi fegato e reni; inoltre, può determinare un aumento
delle LDL o causare disidratazione. Gli alimenti ad alto contenuto di proteine facilmente assorbibili sono i
latticini, le carni magre e gli integratori presenti sul mercato. Tutti gli amminoacidi vengono utilizzati nella
sintesi proteica, ma quelli che più di tutti la stimolano sono i BCAA: leucina, isoleucina e valina. Assumere
un contenuto elevato di proteine risulta efficace nell'induzione di una maggiore sintesi proteica tra le 0 e le
2h post esercizio.
L'assunzione contemporanea di zuccheri e carboidrati (cosa che normalmente avviene in una dieta
equilibrata) è vantaggiosa poiché la presenza di Carboidrati determina l'aumento dei livelli di insulina:
questa, oltre ad attivare i pathways del metabolismo del glucosio, determina un aumento dell'assorbimento
degli amminoacidi.
Un incremento di amminoacidi: garantisce un aumento dei substrati per la sintesi proteica; inoltre, attivano
diverse vie anaboliche come quella dell'mTOR indotta dalla leucina; infine, come già detto, determinano
una produzione di insulina che a sua volta aumenterà la capacità di assorbimento degli aminoacidi.
- Nei 30s viene utilizzato Glicogeno, ma le scorte di glicogeno non vengono esaurite in questo tipo di
esercizio; l'assunzione di carboidrati non è infatti strettamente correlata alla performance, risulta rilevante
però nelle fasi di allenamento. Un'esecuzione ripetuta di sprint, infatti, può determinare una riduzione
significativa del glicogeno.

Integratori -> Tra quelli che meglio conosciamo abbiamo: Creatina (monoidrato), caffeina, sodio
bicarbonato, Beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non abbiamo
una piena conoscenza. Tra questi creatina, caffeina e fosfati sono di interesse degli sport brevi ad alta
intensità:
- Creatina: è in grado di aumentare in maniera acuta la performance di sport ad alta intensità o gli effetti
allenanti nel training di questi sport. Effetti dell'assunzione di creatina sono aumento di massa magra,
di potenza e di forza muscolare; questo perché aumentano le scorte interne di creatina (di un 20/30%).
L'aumento dell'ingresso di creatina nel muscolo è favorito dalla presenza di insulina. Non sono stati
attualmente dimostrati effetti collaterali gravi, quello che si deve tenere in considerazione è che la
creatina richiama acqua (vengono sollecitati i reni), il che determina un incremento di peso.
La creatina agisce in brevi periodi: 3-5g/die per 5-7 settimane sono sufficienti a percepire i risultati.
- Caffeina: è riconosciuta come sostanza ergogenica dal comitato olimpico. L'utilizzo è estremamente
diffuso sia tra gli atleti di endurance, sia tra gli atleti di sport brevi ad alta intensità.
Approssimativamente, l'effetto ergogenico è dato da un consumo di circa 3-6mg/kg (2 tazzine di
espresso). Bisogna porre attenzione nell'assunzione di determinati farmaci ad alto contenuto di
caffeina, vicino al massimo dosaggio consigliato. Il picco degli effetti lo abbiamo a 60' dall'assunzione
circa. Dosaggi inferiori possono essere assunti appena prima o addirittura anche durante la gara
(questo è rilevante negli sport di endurance).
Meccanismi d'azione: Avendo un effetto analgesico riduce il dolore muscolare e la percezione dello
sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti diretti sul SNC (da antagonista sul recettore dell’adenosina);
Ha un effetto sulla capacità di contrazione muscolare, probabilmente grazie ad un’azione diretta sul
calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore effetto è quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina
che determina un maggiore rilascio di acidi grassi, questo però non è influente sulla prestazione, a
maggior ragione su quella di breve durata. La caffeina favorisce la diuresi.
Gli effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …
- Fosfageni: Sodio-fosfato, calcio-fosfato, potassio-fosfato. Benefici in prestazioni di massima potenza da
pochi secondi ad alcuni minuti. Non ci sono evidenze scientifiche dell'accumulo di fosfato all'interno del
muscolo tramite supplementazione, per questo motivo non si possono dimostrare certi effetti
ergogenici. Ci sono comunque altri effetti ergogenici legati al consumo dei fosfati a livello ematico, in
particolare rilevanti negli sport di endurance: il fosfato entra all'interno dei globuli rossi e sottoforma di
2,3-bisfosfoglicerato riduce l'affinità tra ossigeno ed emoglobina e induce così un maggiore rilascio di
ossigeno a livello periferico (>V02max); inoltre, sembra esserci un collegamento con un aumento di
contrattilità cardiaca. Pur non entrando nel muscolo, dal fosfato è possibile formare idrogeno-fosfato
(accettore di protoni formando diidrossiacetonefosfato), in grado di contrastare l’acidificazione. infine,
c'è un effettivo aumento di ATP e Fosfocreatina in vitro, ma non si conosce l'eventuale meccanismo all'
interno del muscolo.
METABOLISMO ENERGETICO NELL’ESERCIZIO FISICO INTENSO DI POCHI MINUTI
Attività molto intense che durano alcuni minuti (es. 1500m, nuoto, pugilato, canottaggio, ma anche alcuni
sport di squadra). Sono sport che hanno qualcosa in comune con gli sport brevi ad alta intensità, ma
aumenta la richiesta a carico del metabolismo aerobico. Anche
in un atleta di altissimo livello la performance non può essere
sostenuta al 100% dal metabolismo aerobico, ci sarà sempre
un'attivazione del 20% circa del metabolismo anaerobico.
Inoltre, l'attivazione del metabolismo aerobico non è
immediata, nelle fasi iniziali lo sforzo è quindi sostenuto da
altre vie. Come si è visto per gli esercizi di brevissima durata, i
diversi metabolismi si attivano in maniera sequenziale:
inizialmente l’esercizio sarà sostenuto prima dalla
fosfocreatina, poi dalla Glicolisi anaerobica e soltanto dopo il
15° secondo subentra il metabolismo aerobico. [Confrontando,
nel post esercizio, il consumo di ossigeno effettivo con quello
previsto dalla richiesta della prestazione, il valore energetico
mancante è detto anaerobic capacity e corrisponde alla
quantità di energia sostenuta dal metabolismo anaerobico.]
*Se in performance di pochi secondi (es. 200m) il metabolismo
anaerobico ricopre l’80% del consumo di ATP, in prestazioni di
durata superiore (es. 1500m) il contributo deriva per un 80-90% circa dal metabolismo aerobico.
Ovviamente questo switch di metabolismo si rispecchia nell'espressione di potenza* *immagine a sinistra*

METABOLISMO OSSIDATIVO DEL GLUCOSIO


Al termine del processo glicolitico le 2 molecole di piruvato non vengono accumulate come tali, ma
vengono metabolizzate. ln condizioni aerobiche il piruvato verrà ossidato e insieme al CoA (coenzima A)
formando l'Acetil-CoA e potrà continuare la respirazione cellulare imboccando il ciclo di Krebs. La reazione
di ossidazione del piruvato in condizioni aerobiche avviene nella matrice del mitocondrio grazie al
complesso enzimatico della Piruvato Deidrogenasi. Una volta convertito il piruvato in Acetil-CoA è stato
definitivamente processato un carboidrato e non è più possibile tornare indietro. Per questo motivo la
regolazione di questo enzima sarà molto importante. La piruvato deidrogenasi, in parte, viene direttamente
controllata da fattori allosterici, quindi dalle concentrazioni più o meno alte di ATP e NADH. Questi vanno
direttamente ad inibire l'attività della piruvato deidrogenasi. L'enzima piruvato deidrogenasi (E1) è
essenzialmente regolato per fosforilazione/defosforilazione, saranno quindi presenti sia una chinasi che
una fosfatasi. La fosforilazione rende l'enzima inattivo; sarà attivo, dunque, defosforilato.

Cause della fatica in questo tipo di attività -> il processo di acidificazione in questa tipologia di sport
diventa ancora più importante. Venendo attivato tutto il metabolismo anaerobico, vi sarà una produzione
significativa di lattato. I meccanismi della fatica spiegano perché non è possibile correre alla stessa velocità
all’aumentare della distanza; nella fase iniziale si ha un calo della potenza dovuto alla deplezione della
Fosfocreatina: la deplezione di questa ha come conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità adeguate
di ATP. Si accumulano una serie di metaboliti che fungono da inibitori allosterici di importanti enzimi
regolatori e agiscono anche a livello dell'interazione actina-miosina.
In questa tipologia di esercizio, l'acidificazione acquisisce una maggiore importanza, questo non è tanto
dovuto alla produzione del lattato, quanto più alla stessa idrolisi dell'ATP, che determina un elevato rilascio
di ioni H+. Questo processo è per lo più citosolico, perché nel mitocondrio c'è un impiego di ioni H+ dovuto
al processo chemiosmotico.
L'utilizzo del lattato come marcatore è molto utile: è indice di quanto stia lavorando il metabolismo
anaerobico. Il pH nel muscolo si abbassa in maniera variabile in base al tipo di esercizio. Gli ioni H+
inibiscono la Fosfofruttochinasi1 e la Glicogeno Fosforilasi, oltre ad avere effetti diretti sul meccanismo della
contrazione muscolare, agiscono sul processo di rilascio del calcio e sull’interazione actina-miosina; hanno
effetti inibitori anche sulla sintesi di Fosfocreatina e sono invece un fattore allosterico positivo per le
terminazioni nervose sotto l’aspetto del dolore.

*Acido lattico = lattato + ione H+. L’acido lattico è un acido debole, questo dipende dalla sua PKA che ci
indica a che valore di pH troveremo un 50% di forma dissociata e un 50% di forma non dissociata della
molecola. La PKA dell’acido lattico è 3,8. A valori più bassi di pH la reazione tenderà verso la produzione di
acido lattico; a valori più elevati si avrà, invece, più lattato. Per questo motivo nel muscolo (PH=7) avremo
sempre lattato e mai acido lattico (può fare eccezione l’1% dei casi). *

La cellula muscolare, dopo l’esercizio, deve ripristinare le condizioni ->


- Risintesi di Fosfocreatina: i meccanismi di recupero della Fosfocreatina sono fondamentali in quegli
sport in cui vi sono sprint ripetuti (come negli sport di squadra); nel caso di sport ad alta intensità di
breve durata o di minuti, non vi sarà un ripristino delle scorte durante la prestazione, saranno necessari
tra i 5 e i 10 minuti di riposo. Più l’attività sarà prolungata nel tempo, più tempo impiega a ripristinarsi.
- Acidificazione: in questo tipo di sport lavorano fondamentalmente le fibre di tipo 2. Nelle cellule
muscolari sono presenti numerosi trasportatori del lattato (MCT, monocarboxylate transporters) che
effettuano un co-trasporto di lattato e ioni H+. La fibra di tipo 2 non utilizza il lattato, questo viene
trasportato fuori e potrà avere 2 destini principali: il lattato può essere immesso nel circolo sanguigno e
raggiungere principalmente il fegato (dove verrà prodotto glucosio) o il cuore, muscolo, rene (dove sarà
ossidato a piruvato per la produzione di ATP); se post-allenamento faccio esercizi di defaticamento, le
fibre di tipo 1 adiacenti richiameranno il lattato e lo impiegheranno. Vi è anche una trascurabile
liberazione di lattato tramite il processo di sudorazione.
Alla formazione di lattato può conseguire un'elevata produzione di piruvato: se in eccesso questo può
andare incontro a transaminazione (trasferimento del gruppo amminico da una molecola ad un’altra).
Gli ioni H+, in gran parte, raggiungono il sangue, dove intervengono differenti sistemi tampone. Ad
esempio, lo ione H+ nel circolo ematico può reagire con il bicarbonato (base) e formare acido carbonico
che potrà dissociarsi in H2O e CO2. Quest’ultima reazione è all'equilibrio, la sua direzione dipenderà
dalla quantità dei substrati. Sarà poi la CO2 il prodotto di scarto, e potrà essere eliminata tramite la
respirazione. Differentemente dal lattato, possiamo considerare l'anidride carbonica una molecola di
rifiuto, questo ci spiega anche perché aumenta la respirazione durante l'esercizio.
ASPETTI NUTRIZIONALI DELL’ESERCIZIO INTENSO DI ALCUNI MINUTI
Gli esercizi della durata di alcuni minuti non sono in grado di ridurre completamente le riserve di glicogeno.
Si può raggiungere una riduzione di circa il 25% delle scorte, che dovranno ovviamente essere ripristinate.
400-500 mg di glicogeno sono sufficienti a sostenere i 1500 m, quantità superiori non sono necessarie. Una
dieta equilibrata non necessita quindi di integrazioni. Nel ripristino del glicogeno ha un ruolo principale il
glucosio, insieme alla dieta.

ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. Tra questi, creatina, caffeina, sodio bicarbonato, sodio citrato e beta-
alanina sono di maggiore interesse in questo tipo di prestazione.
- Sodio bicarbonato NaHCO3: è in grado di aumentare l'effetto tampone extracellulare. Aumentando le
capacità del sangue di neutralizzare l'accumulo di ioni H+, il muscolo sarà in grado di proseguire la
glicolisi anaerobica per più tempo, aumentando la performance. Altro effetto di tale integratore è
quello di agevolare la funzionalità della pompa sodio potassio. Inoltre, vi è un aumento delle capacità
contrattili. Nel training, sembra abbia effetti a livello di trascrizione genica, che comporta una maggiore
produzione di trasportatori MCT (trasportatori del lattato).
Bisogna attenzionare l'utilizzo di queste sostanze, in termini di tempi di somministrazione, essendo
l'effetto necessario al momento effettivo dell'acidificazione. Tutte le sostanze in grado di modificare il
pH possono causare disturbi gastrointestinali piuttosto soggettivi, per questo è consigliato ridurre i
dosaggi e razionare le assunzioni;
- Sodio citrato: avendo un assorbimento leggermente differente dal NaHCO3, si riducono gli effetti
collaterali a livello gastrointestinale. La funzione è analoga al sodio bicarbonato;
- Beta-alanina: aumenta le riserve endogene del muscolo di tamponi. A livello muscolare troviamo la
carnosina (accettore di ioni H+), dipeptide sintetizzato a partire da L-istidina e da Beta-alanina.
La L-istidina è presente in grandi quantità, il reagente limitante può essere invece la beta-alanina;
integrandola, aumenterà la disponibilità di carnosina, aumentandone le riserve interne. La
somministrazione del supplemento può essere efficace nell'ordine di pochi mesi. Effetti collaterali
possono essere formicolii e rush cutanei. Non è possibile quantificare l’aumento di carnosina in seguito
all’integrazione, in quanto risulta essere altamente soggettivo. L’efficacia di tale integrazione su atleti di
alto livello sembra essere dubbia.

METABOLISMO ENERGETICO NEGLI SPORT DI ENDURANCE


Negli esercizi di media durata il metabolismo aerobico contribuiva già alla produzione di energia; in questo
tipo di esercizio, invece, diventa il principale metabolismo. Prendendo ad esempio alcune prestazioni di
endurance più comuni, ritroviamo i 1500m, i 5000m o anche i 10000m; le durate delle prestazioni possono
essere quindi molto variabili. Nel caso della maratona (42,2 km) la prestazione può durare anche ore.
Parlando dei tipi di esercizio di breve/media durata ci si sofferma fondamentalmente su ciò che avviene a
livello muscolare; per parlare di sport di endurance diventa necessario approfondire anche il ruolo di fegato
e cuore. Un maratoneta deve correre
circa 200 volte la distanza percorsa dal
200metrista, dimezzando la velocità. La
velocità diminuisce di circa il 30%
passando dalle gare di 200m a quelle di
1500m; una volta che il metabolismo
aerobico è già il principale
contribuente, la riduzione percentuale
diminuisce notevolmente: se si
confronta una gara di 1500m con una
maratona di 42,2km, infatti, la velocità
cala solamente di 5-6 Km/h. La capacità
di avere una performance migliore sta
nell’avere una capacità di consumo di ossigeno migliore (sistema aerobico allenato); in due soggetti che
hanno lo stesso consumo di ossigeno, sta nella capacità di mantenere per più tempo i livelli di VO2 più vicini
al proprio massimo. La capacità e l'efficienza con cui il soggetto è in grado di convertire le riserve
energetiche (glucidiche, proteiche e lipidiche) determinano, quindi, il livello della performance.
Nell'esercizio di endurance si attivano tutti i sistemi energetici, dalla fosfocreatina al sistema aerobico,
ovviamente non tutti si attivano alla stessa maniera o danno lo stesso contributo. Principalmente, l'energia,
in un esercizio di endurance, deriva dall'ossidazione del glicogeno. Anche il glucosio proveniente
dall'alimentazione darà un contributo, questo però è di più difficile impiego per via di una sorta di
competizione che si innesca tra glucosio e glicogeno; inoltre, il glucosio deve essere trasportato all'interno
della cellula e dall'utilizzo del glucosio viene prodotto un ATP in meno. Anche l'ossidazione degli acidi grassi
darà un contributo importante. Come per il glicogeno o il glucosio, vi sono acidi grassi presenti sottoforma
di trigliceridi muscolari e acidi grassi liberi derivanti dal tessuto adiposo, questi ultimi dovranno essere
trasportati e questo processo deve essere regolato.

Quando faccio un'attività a bassa intensità (25% VO2max),


gran parte del contributo energetico deriva dall'utilizzo degli
acidi grassi ematici, e il glicogeno non viene impiegato.
Man mano che l'intensità aumenta, si riduce il contributo
proveniente dagli acidi grassi ematici e aumenta il consumo
di glucosio ematico (fegato). Diciamo che il contributo
ematico all'aumentare dell'intensità rimane lo stesso,
cambia solo la percentuale dei substrati ematici impiegati.
Per quanto riguarda i trigliceridi muscolari (acidi grassi
liberi), vi è un impiego significativo soltanto in attività di
media intensità (65% VO2max), dove compare anche
l’utilizzo del glicogeno muscolare; a bassa intensità non
vengono invece impiegati.
A intensità molto elevate (85%VO2max), diminuisce il contributo dei trigliceridi muscolari e aumenta quello
del glicogeno (65% del totale). Possiamo dire che in un’attività all’85% aumenta sia l’utilizzo del glucosio
ematico che quello del glicogeno muscolare. Il contributo è quindi sbilanciato verso l’impiego di carboidrati.
In un’attività al 65%, invece, il contributo dei grassi e dei carboidrati è alla pari.
METABOLISMO DEL GLICOGENO - GLUCOSIO
L’enzima chiave è la Glicogeno Fosforilasi che trasforma il Glicogeno in Glucosio-1-fosfato che
successivamente viene trasformato in glucosio-6-fosfato. La Glicogeno Fosforilasi ha 2 punti di regolazione:
- regolazione iniziale, grossolana e rapidissima, sincrona all'attivazione della contrazione muscolare in
quanto risponde alle concentrazioni di ioni Calcio (questo attiva l'enzima);
- Secondo punto di regolazione, più preciso, ad opera dei metaboliti prodotti (regolazione allosterica),
quali ADP, AMP, IMP e Pi che regolano in maniera più controllata l'attività enzimatica in base alla
richiesta.
Nelle attività di endurance la regolazione della glicogenolisi è fondamentalmente allosterica, ma subentra
anche il controllo ormonale. Il controllo ormonale non è importante solo per il muscolo stesso, l'adrenalina
infatti favorisce anche il rilascio di glucosio a livello epatico. ln esercizi che si protraggono per ore, come le
maratone, entra in gioco anche il glucagone, il quale, post-esercizio, ripristina i livelli di glucosio ematico.
L'insulina tende solitamente a calare durante performance di lunga durata. Non solo la durata dell'esercizio
determina il rilascio ormonale, ma anche l'intensità di esercizio. L'azione ormonale e quella allosterica sono
comunque parallele.
Per quanto concerne il glucosio ematico, l'impiego deve essere finemente controllato, in quanto è presente
in quantità minime che non possono variare molto (4gr). Aumentando l'intensità di esercizio si riesce ad
utilizzarlo più facilmente. Ci sono 3 punti di controllo che spiegano questo aumento dell'utilizzo del glucosio
ematico, il primo è il flusso sanguigno: durante l'esercizio, il flusso sanguigno aumenta e più sangue
raggiunge i muscoli, più aumenterà la disponibilità di glucosio e il muscolo potrà captarlo più facilmente.
Il secondo punto di controllo è a livello del trasporto del glucosio ematico all'interno della cellula: nel
muscolo vi è una regolazione particolare del trasporto dei GLUT4. L'insulina, in condizioni normali, si lega al
recettore e facilita il trasporto delle vescicole che contengono i GLUT4 verso la membrana cellulare.
Durante l'esercizio, però, i livelli di insulina calano, ma nel muscolo vi è un meccanismo insulino-
indipendente di trasporto dei GLUT. Tale meccanismo può dipendere da diversi metaboliti: Il calcio può
stimolare la traslocazione dei GLUT4 sulla membrana, così come una diminuzione dei livelli di ATP e un
aumento di AMP, o anche segnali di stress, in particolare una produzione di radicali liberi o ossido nitrico.
Il terzo punto di regolazione è la velocità di metabolizzazione del glucosio: aumentare il trasporto del
glucosio che non può essere metabolizzato non avrebbe senso. È quindi l'attività della esochinasi a
regolarne l'impiego. L'attività dell'esochinasi è un punto di regolazione del consumo di glucosio ematico. Se
il tempo di esercizio aumenta, nei minuti successivi le riserve di glicogeno iniziano a calare e l'esochinasi
non è più inibita dal Glucosio-6-fosfato: aumentando la sua attività aumenterà anche il trasporto
intracellulare del glucosio ematico e il suo processamento.
Il glucosio (ematico o derivante dalla glicogenolisi) alla fine viene processato a piruvato e a questo punto la
regolazione sarà a carico della piruvato deidrogenasi (attivo defosforilato), regolata a livello allosterico dal
calcio e altri metaboliti che indicano un deficit energetico, in particolare l'ADP. Dopo alcuni minuti di attività,
soprattutto ad alte intensità, l'attività della piruvato deidrogenasi è molto elevata, procederà quindi
efficientemente la glicolisi aerobica. Se l'aumento di ioni H+ inibisce la Fosfofruttochinasi1 e la Glicogeno
Fosforilasi, la piruvato deidrogenasi è poco sensibile all’acidificazione del pH, anzi funge da fattore
allosterico positivo: Se ho prodotto tanti ioni H+, vuol dire che ho convertito molto piruvato in lattato, allora
la cellula, non potendo più portare avanti questa reazione, deve attivare un altro meccanismo di utilizzo del
piruvato; per questo motivo gli ioni H+ attiveranno la piruvato deidrogenasi per la produzione di Acetil-CoA.

METABOLISMO DEGLI ACIDI GRASSI


All'aumentare dell'intensità dell'esercizio, diminuisce il contributo di entrambe le fonti di grassi a nostra
disposizione (del sangue e muscolari). Nel tessuto adiposo, in risposta all'adrenalina (rilasciata in diversa
maniera in base all'intensità di esercizio), le lipasi all'interno degli adipociti scindono il triacilglicerolo in
glicerolo e 3 acidi grassi. Il primo non necessita di trasportatori, gli acidi grassi verranno veicolati, invece, ai
tessuti bersaglio grazie all’albumina (muscoli, miocardio, fegato).
Nel muscolo il procedimento è più complesso per favorire un utilizzo locale dei grassi. Quando si passa da
un'attività a bassa intensità ad una a moderata o ad alta intensità si ha un iniziale blocco dell'utilizzo degli
acidi grassi plasmatici. L’andamento delle concentrazioni di acidi grassi e glicerolo dovrebbe essere
parallelo, ma all’aumentare dell’intensità di esercizio la concentrazione degli acidi grassi diminuisce e quella
del glicerolo aumenta. Questo avviene perché, durante attività molto intense, vi è una redistribuzione del
flusso sanguigno verso i muscoli con una conseguente costrizione del flusso sanguigno nei tessuti periferici,
tra cui il tessuto adiposo. Gli acidi grassi, dunque, si accumulano senza poter essere utilizzati. Questa
situazione di accumulo si ripristina al termine dell’attività, quando il flusso della circolazione ripristina le
condizioni normali.
Ci sono anche meccanismi locali di controllo che bloccano l'ingresso e l'ossidazione degli acidi grassi a livello
del muscolo durante l'esercizio fisico ad alta intensità. Ancora oggi non si conosce la principale causa della
riduzione della captazione degli acidi grassi a livello muscolare. Sappiamo che, sia a livello di membrana
cellulare, sia a livello mitocondriale, si ha un blocco del trasporto interno di acidi grassi. Uno dei motivi per
cui la carnitina è utilizzata come integratore è la capacità di favorire il trasporto e l'impiego di acidi grassi.
La carnitina regola finemente il trasporto mitocondriale degli acidi grassi a catena lunga; gli acidi grassi a
catena corta possono attraversare la membrana mitocondriale indipendentemente dalla carnitina.
All'aumentare dell'intensità dell'esercizio, il consumo di acidi grassi a catena lunga (mediato dalla carnitina)
diminuisce; l'impiego di acidi grassi a catena corta rimane invece costante.
Per quanto concerne i trigliceridi intramuscolari, si ha sicuramente una riduzione dell'ossidazione per gli
stessi meccanismi locali che influenzano il trasporto degli acidi grassi ematici, poiché il meccanismo di
trasporto all'interno del mitocondrio è lo stesso.
ln una gara, dopo circa 2h di attività, l'impiego del
glicogeno diminuisce notevolmente, sia per via di
una riduzione delle scorte, sia per la conseguente
regolazione enzimatica del metabolismo del
glicogeno. Ma in un soggetto molto allenato, in
grado di sostenere una competizione all'80% del
VO2max, anche nelle ultime fasi della gara
prevale il metabolismo glucidico: non si ha più
quel 50 e 50 di contributo lipidico/glucidico. Un
atleta di alto livello sarà quindi in grado di
sfruttare al massimo le proprie riserve di
carboidrati, senza arrivare alla deplezione. Il
contributo lipidico è comunque fondamentale.

ASPETTI NUTRIZIONALI NELL’ESERCIZIO FISICO DI ENDURANCE


È stato fatto uno studio che dice che se nei giorni pre-gara, un atleta diminuisce l'intensità di allenamento e
contemporaneamente aumenta l'introito di Carboidrati, le sue riserve di glicogeno aumenteranno
notevolmente. Questo aspetto è importante tanto per la gara, quanto per l’allenamento.
I processi di ripristino del glicogeno possono richiedere un tempo più o meno lungo e questo può essere
influenzato dalle quantità di carboidrati introdotti con la dieta. Anche le tempistiche di assunzione dei
carboidrati post-performance sono rilevanti: se si attende a lungo dopo la performance, infatti, il ripristino è
meno efficace. I cibi con un alto indice glicemico, nelle fasi successive alla gara, consentono un ripristino del
glicogeno più veloce ed efficiente. Infine, la co-ingestione con altri macronutrienti (es: proteine), può
favorire un ripristino delle scorte più rapido. Ad esempio, la creatina sembra sia in grado di stimolare una
maggiore sintesi di glicogeno.

ln una gara potrei adottare due possibili strategie per ottimizzare al meglio il consumo di glicogeno:
- Aumentare le riserve interne di glicogeno tramite una dieta iperglucidica.
- Aumentare l'ossidazione degli acidi grassi diminuendo le scorte di carboidrati.
Ma se riduco i carboidrati, riduco quindi il glicogeno muscolare e di conseguenza la performance in attività
di lunga durata peggiora. Si può fare questa scelta solo se 3 giorni pre-gara si cambia la dieta con un alto
contenuto di carboidrati. Così facendo, il Glicogeno plasmatico non varia, l’utilizzo del Glicogeno muscolare
diminuisce del 30%, mentre l’ossidazione dei grassi viene aumentata. La performance, quindi, non aumenta
seguendo una dieta ad alto contenuto lipidico piuttosto che glucidico, a volte può anche diminuire; questo
perché la diminuzione dell'efficienza del metabolismo glicolitico può essere deleteria per gli atleti di alto
livello. Una performance di alto livello, infatti, è data dalla capacità di utilizzare al meglio le proprie riserve
di glicogeno e sfruttare, fin dove possibile, le scorte lipidiche a favore del risparmio dei carboidrati.
Un’altra strategia è quella di assumere carboidrati durante la gara stessa: la strategia si adatta bene a
esercizi di lunga durata, in quanto, anche se assumendo zuccheri semplici, devono avvenire i processi di
digestione e assorbimento. Più il carboidrato è complesso, più questi fenomeni sono dilungati. Bisogna
tener conto, però, che i carboidrati richiamano acqua; quindi, un'assunzione di carboidrati non
proporzionata al loro utilizzo può determinare lo stazionamento dei carboidrati nell'intestino, il che può
determinare problemi intestinali anche gravi che si ripercuotono sulla performance. In particolare, questo è
dato dall'assunzione di fruttosio (bevande comuni), per il quale vi sono pochi trasportatori (GLUT5). Si è
però notato che l'accoppiata di glucosio e fruttosio è ottimale: se assumiamo un solo carboidrato, abbiamo
una capacità di assorbimento di 1gr/min; tramite l'assunzione multipla di carboidrati si può raggiungere
una capacità di 1,75gr/min. Alcuni studi dimostrano che negli sport che prevedono prove ripetute nel breve
tempo, l'assunzione di carboidrati misti può favorire il processo di recupero. Pochi studi riguardano
l'integrazione di carboidrati, il principale problema è la grande variabilità che c'è a livello individuale sulla
tolleranza che si ha nell'assunzione di tali integratori. Altro aspetto interessante è la differenza tra la flora
batterica di un soggetto sedentario e di uno attivo. (si può allenare l’intestino alla tolleranza).
Nel flusso ematico, gli zuccheri hanno come organo bersaglio (oltre il muscolo) anche il fegato. ln condizioni
di riposo sarebbe questo il principale destino del glucosio, in fase di esercizio circa il 30% del glucosio viene
assorbito e metabolizzato dal fegato, il resto dal muscolo. Per quanto riguarda il fruttosio, anche in fase di
esercizio il 100% raggiunge il fegato, dove tramite gluconeogenesi, verrà convertito in glucosio che potrà
raggiungere il muscolo e andare incontro a glicolisi oppure andare direttamente incontro a glicogenosintesi.
ln una gara, può determinare il miglioramento della performance, anche il semplice risciacquo della bocca
con una bevanda a base di carboidrati, è stato infatti dimostrato che questo induce il cervello ad attivare
meccanismi in grado di ridurre la sensazione di fatica senza andare ad intaccare l’intestino.
L'assunzione di carboidrati determina una minore percezione della fatica, questo è dovuto probabilmente
alla capacità di mantenere stabili i valori glicemici. Potrebbe però diminuire la funzionalità del sistema
immunitario, il che può non essere rilevante per la gara in corso ma lo è per una eventuale gara successiva.
ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. In questo tipo di sport, creatina, caffeina e carnitina sono integratori
efficaci.
- L’integrazione di creatina, non ci si aspetterebbe che possa essere un integratore di interesse degli
sport di endurance essendo che la fosfocreatina viene utilizzata nei primi secondi di esercizio; se
assunta nel training, però, favorisce il ripristino delle scorte di glicogeno. Attraverso il suo recettore
attiva dei pathways per la trascrizione genica di geni che spingono la cellula verso un aumento della
capacità cellulare di utilizzo dei carboidrati. Inoltre, favorisce il ripristino delle proteine muscolari nelle
fasi di recupero. Avendo la creatina proprietà osmotiche, inoltre, previene il processo di disidratazione
durante la performance di lunga durata. Per questa stessa proprietà, bisogna considerare, però, la
possibilità di una riduzione delle capacità prestative dovuta all’aumento del peso.
- La caffeina raggiunge il picco del suo effetto dopo circa 60min, in questo tipo di sport può quindi essere
assunta anche immediatamente prima o durante la gara. Avendo un effetto analgesico, riduce il dolore
muscolare e la percezione dello sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti diretti sul SNC (da
antagonista sul recettore dell’adenosina); Ha un effetto sulla capacità di contrazione muscolare,
probabilmente grazie ad un’azione diretta sul calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore effetto è
quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina che determina un maggiore rilascio di acidi grassi. Gli
effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …
- La Carnitina può avere due effetti principali ergogenici: facilitare l’ingresso degli acidi grassi
favorendone l’ossidazione; negli sport ad alta intensità; quando la glicolisi produce elevate quantità di
Acetil-CoA, la carnitina può accettare il gruppo acetile (acetil-carnitina) e liberare CoA, prevenendo
l’accumulo di Acetil-CoA e il rallentamento del ciclo di Krebs. Assumendo carnitina in combinazione con
carboidrati per 24 settimane è possibile aumentare del 21% il contenuto di carnitina muscolare; un
aumento della disponibilità di carnitina si traduce poi con una riduzione del 35% circa della percezione
dello sforzo. L’assunzione di carboidrati combinati a carnitina provoca un aumento dell’insulinemia.

METABOLISMO ENERGETICO NEGLI SPORT DI SQUADRA


Gli sport di squadra sono caratterizzati dal fatto che gli studi sono effettuati su tanti soggetti diversi. Ogni
sport di squadra ha delle caratteristiche specifiche che lo differenzia particolarmente dagli altri. Queste
differenze si traducono anche in termini metabolici e, quindi, di substrati utilizzati. Gli sport di squadra sono
solitamente caratterizzati da brevissimi sprint (che per durata somigliano più allo sprint del 100metrista o
anche meno: quindi il calo di potenza nel tempo è minimo); questi sprint, poi, vengono ripetuti (con
intervalli tra uno sprint e l'altro con riposo o anche corsa a varia
intensità). La capacità di compiere uno sprint è data dalla capacità di
ricoprire la distanza interamente alla massima potenza; quindi, in
questo caso il VO2 ha una certa rilevanza, vista la durata dei match. ln
base al tipo di sport, il numero di sprint effettuati può variare di molto,
dai 20 ai 700. ln base al numero di sprint effettuati, si registrerà un
calo di potenza notevole tra i primi e gli ultimi sprint (30%). Nel primo
sprint vengono impiegate le scorte di Fosfocreatina (che
contribuiscono al 50%) e vi è una produzione di Iattato derivante dalla
glicolisi anaerobica (40%); negli sprint successivi vi è ancora un
impiego importante di fosfocreatina, che sarà disponibile in quantità
minori; per quanto riguarda la glicolisi anaerobica, invece, questa non
sarà più sufficientemente efficace nella produzione di ATP (il
contributo passa dal 40% al 9%), verrà dunque attivato il metabolismo aerobico (dall'8% al 40%).
L'attivazione del metabolismo aerobico determinerà un calo di velocità e potenza, ma consentirà di
procedere nell'attività. Il contributo proveniente dalla fosfocreatina è fondamentale ed è quindi necessario
che in questo tipo di sport ci siano dei momenti di recupero che consentano un ripristino quantomeno
parziale delle scorte di fosfocreatina (idealmente intervalli da 30” consentono un recupero del 50% delle
scorte). Inoltre, questo tempo di recupero consente di risolvere anche altre condizioni dovute
all'affaticamento: la capacità risintesi dipende dal grado di allenamento del soggetto. Il blocco della glicolisi
anaerobica è dovuto all'incapacità di sfruttare il piruvato e alla conseguente produzione del lattato e ioni
H+, il cui accumulo determina acidificazione intramuscolare. L'accumulo di ioni H+ determinerà l'inibizione
degli enzimi chiave del metabolismo glicolitico: Glicogeno Fosforilasi e Fosfofruttochinasi1.
Contemporaneamente, la piruvato deidrogenasi è poco sensibile all’acidificazione del pH, anzi funge da
fattore allosterico positivo: Se ho prodotto tanti ioni H+, vuol dire che ho convertito molto piruvato in
lattato, allora la cellula, non potendo più portare avanti questa reazione, deve attivare un altro meccanismo
di utilizzo del piruvato; per questo motivo gli ioni H+ attiveranno la piruvato deidrogenasi per la produzione
di Acetil-CoA. Avrà così inizio il metabolismo ossidativo.
A subire una forte deplezione in questo tipo di performance è il glicogeno, il quale sostiene sia la glicolisi
aerobica, sia anaerobica. Il lattato ematico subisce un picco già nei primi minuti della gara, come indicatore
dell'attività del metabolismo anaerobico, successivamente cala restando comunque elevato. Un andamento
opposto al lattato lo presenteranno gli acidi grassi liberi, questo è dovuto all’attivazione del controllo
ormonale (adrenalina). Quindi per quanto il metabolismo principale sia glucidico (fino al 70-80%), il
metabolismo lipidico, vista la durata, contribuisce della competizione.

Cause della fatica -> Riduzione nel tempo della fosfocreatina; La deplezione di questa ha come
conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità adeguate di ATP: (minor rilascio di calcio dal reticolo
sarcoplasmatico, minore interazione tra actina-miosina e minore eccitabilità); aumento di metaboliti
correlati alla fatica (AMP, IMP, Pi); accumulo di lattato e ioni H+ (acidificazione); riduzione della disponibilità
di glicogeno muscolare e glucosio plasmatico. Quest’ultimo fattore è molto limitante negli sport di squadra.
La quantità di carboidrati diventa, infatti, fondamentale per contrastare i meccanismi della fatica che
possono peggiorare la performance soprattutto nelle parti terminali della gara. La deplezione del glicogeno
sembra essere correlata anche al rischio di infortuni e al livello tecnico della performance.

ASPETTI NUTRIZIONALI DEGLI SPORT DI SQUADRA


Una dieta equilibrata può essere sufficiente a soddisfare le richieste nutrizionali, questo principio è valido in
tutte le tipologie di esercizio fisico e tanto più nel training. I carboidrati sono un alimento chiave nella
preparazione dell'atleta in pre-competizione. Viene consigliato un carico di carboidrati (6-8g/kg) nei giorni
che precedono la competizione, che sono solitamente giorni poco intensivi. Anche il giorno della gara si
consiglia un alto apporto di carboidrati, entro le 4 ore prima dell'inizio della competizione. In questo caso, il
tipo di carboidrati che deve essere particolarmente digeribile per non inficiare la competizione.
Altro aspetto chiave è l'idratazione: anche durante la competizione può essere auspicabile l'assunzione di
carboidrati (30-60gr), possono essere assunti dopo il riscaldamento e/o tra il primo e il secondo tempo (nel
caso del calcio) per mantenere i valori glicemici sufficientemente stabili. Anche il semplice risciacquo della
bocca con una bevanda a base di carboidrati può attivare dei meccanismi non tanto metabolici, quanto più
di riduzione di percezione dello sforzo senza andare ad intaccare l’intestino. Bisogna tener conto, infatti,
che i carboidrati richiamano acqua; quindi, un'assunzione di carboidrati non proporzionata al loro utilizzo
può determinare lo stazionamento dei carboidrati nell'intestino, il che può determinare problemi intestinali
anche gravi che si ripercuotono sulla performance. In particolare, questo è dato dall'assunzione di fruttosio
(bevande comuni), per il quale vi sono pochi trasportatori (GLUT5). Si è però notato che l'accoppiata di
glucosio e fruttosio è ottimale: se assumiamo un solo carboidrato, abbiamo una capacità di assorbimento di
1gr/min; tramite l'assunzione multipla di carboidrati si può raggiungere una capacità di 1,75gr/min.
Nelle fasi successive alla gara, la deplezione di glicogeno muscolare può essere quasi totale. Anche le
tempistiche di assunzione dei carboidrati post-performance sono rilevanti: se si attende a lungo dopo la
performance, infatti, il ripristino è meno efficace. I cibi con un alto indice glicemico, nelle fasi successive alla
gara, consentono un ripristino del glicogeno più veloce ed efficiente. Negli sport di squadra solitamente non
si hanno competizioni particolarmente ravvicinate, questo aspetto è quindi più rilevante nel training. 24h
sono sufficienti per ripristinare le riserve di glicogeno se viene seguita una dieta adeguata. Se nelle ore
successive alla prestazione l'assunzione di carboidrati viene accoppiata a quella di proteine, l'assorbimento
dei carboidrati sarà più rapido. Vista la difficoltà nell'assunzione di proteine di alta qualità, anche
l'assunzione di caseina nel periodo notturno può avere effetti favorevoli. Anche la creatina sembra sia in
grado di stimolare una maggiore sintesi di glicogeno.
Durante una stagione sportiva, ci sono 3 periodi: la preparazione, le gare e il riposo. Durante la
preparazione l'assunzione suggerita di Carboidrati può variare dai 3 agli 8g/kg/die. ln questa fase non va
posta in secondo piano l'assunzione degli altri 2 macronutrienti, lipidi e proteine. Durante una gara non c'è
un massiccio consumo di aminoacidi (contribuiscono al massimo al 10%), ma un corretto apporto durante le
fasi di allenamento e di post-gara è fondamentale ed è consigliato, visto l'aumento del catabolismo proteico
in tali fasi. ln particolare, le linee guida suggeriscono di aumentare l'apporto proteico a 1,6-2,2g/kg/die;
queste quantità sono comunque facilmente raggiungibili tramite un'alimentazione corretta; nel caso in cui
fosse necessaria un'integrazione, tramite amminoacidi ramificati ad esempio, tra questi risulta
particolarmente efficace la leucina.
Per quanto riguarda i grassi, hanno molteplici effetti fisiologici (sono precursori di vitamine e di molecole
del sistema immunitario, ad esempio), per questo motivo, un intake del 24%-30% del fabbisogno totale
giornaliero può favorire i processi cellulari.
ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. Creatina, caffeina, beta-alanina e nitrati sono integratori di cui si hanno
effetti scientificamente provati in questa tipologia di sport, altri sono rappresentati dai fosfati e la carnitina.
- Creatina: Ha un effetto importante ergogenico diretto aumentando il pool di creatina/fosforcreatina. ln
questo tipo di sport, a carattere intermittente, è particolarmente importante avere elevate riserve di
creatina, poiché gli sprint si ripetono prima che il ripristino delle scorte sia completo. Anche gli effetti
dell'assunzione di creatina durante il training non sono da sottovalutare, per via della capacità di
stimolazione dei pathways correlato allo stoccaggio di glicogeno. La creatina agisce in brevi periodi: 3-
5g/die per 5-7 settimane sono sufficienti a percepire i risultati. Inoltre, la creatina aumenta il trasporto
dei GLUT4. Effetti dell'assunzione di creatina sono aumento di massa magra, di potenza e di forza
muscolare; questo perché aumentano le scorte interne di creatina (di un 20/30%). Non sono stati
attualmente dimostrati effetti collaterali gravi, quello che si deve tenere in considerazione è che la
creatina richiama acqua (vengono sollecitati i reni), il che determina un incremento di peso.
- Caffeina: Approssimativamente, l'effetto ergogenico è dato da un consumo di circa 3-6mg/kg (2 tazzine
di espresso). Il picco degli effetti lo abbiamo a 60' dall'assunzione circa. Dosaggi inferiori possono essere
assunti appena prima o addirittura anche durante la gara. Meccanismi d'azione: Avendo un effetto
analgesico riduce il dolore muscolare e la percezione dello sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti
diretti sul SNC (da antagonista sul recettore dell’adenosina); Ha un effetto sulla capacità di contrazione
muscolare, probabilmente grazie ad un’azione diretta sul calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore
effetto è quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina che determina un maggiore rilascio di acidi
grassi.
Gli effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …
- Beta-alanina: Aumenta le riserve endogene del muscolo di tamponi. A livello muscolare troviamo la
carnosina (accettore di ioni H+), dipeptide sintetizzato a partire da L-istidina e da Beta-alanina.
La L-istidina è presente in grandi quantità, il reagente limitante può essere invece la beta-alanina;
integrandola aumenterà la disponibilità di carnosina, aumentandone le riserve interne. La
somministrazione può essere efficace nell'ordine di pochi mesi. Effetti collaterali possono essere
formicolii e rush cutanei. Non è possibile quantificare l’aumento di carnosina in seguito all’integrazione,
in quanto risulta essere altamente soggettivo, inoltre l’efficacia di tale integrazione su atleti di alto
livello sembra essere dubbia.
Anche sodio citrato e sodio bicarbonato hanno un importante effetto tampone, ma non vi sono
evidenze scientifiche sull’impiego di questi integratori in questa tipologia di sport.
- Fosfati: Sodio-fosfato, calcio-fosfato, potassio-fosfato. Non ci sono evidenze scientifiche dell'accumulo
di fosfato all'interno del muscolo tramite supplementazione, per questo motivo non si possono
dimostrare certi effetti ergogenici. Ci sono comunque altri effetti ergogenici legati al consumo dei
fosfati a livello ematico: il fosfato entra all'interno dei globuli rossi e sottoforma di 2,3-bisfosfoglicerato
riduce l'affinità tra ossigeno ed emoglobina e induce così un maggiore rilascio di ossigeno a livello
periferico (>V02max); inoltre, sembra esserci un collegamento con un aumento di contrattilità cardiaca.
Pur non entrando nel muscolo, dal fosfato è possibile formare idrogeno-fosfato (accettore di protoni
formando diidrossiacetonefosfato), in grado di contrastare l’acidificazione.
- Carnitina: Migliorare il trasporto degli acidi grassi all’interno del mitocondrio consente di migliorare la
performance. Quando la glicolisi produce elevate quantità di Acetil-CoA, la carnitina può accettare il
gruppo acetile (acetil-carnitina) e liberare CoA, prevenendo l’accumulo di Acetil-CoA e il rallentamento
del ciclo di Krebs. Assumendo carnitina in combinazione con carboidrati per 24 settimane è possibile
aumentare del 21% il contenuto di carnitina muscolare; un aumento della disponibilità di carnitina si
traduce poi con una riduzione del 35% circa della percezione dello sforzo. L’assunzione di carboidrati
combinati a carnitina provoca un aumento dell’insulinemia.
- Nitrati: hanno effetto ergogenico in esercizi svolti alla massima intensità fino a esaurimento, in sport
intermittenti e quindi anche negli sport di squadra. Non ci sono effetti importanti in esercizi con durata
inferiore ai 12', hanno effetto maggiormente rilevante in prestazioni caratterizzate da ripetitività.
Solitamente, a partire dalla L-Arginina e dall'ossigeno viene prodotto, a livello endogeno, ossido nitrico.
Quest’ultimo è un vaso dilatatore e favorisce angiogenesi (produzione di vasi sanguigni). Aumentare
l'afflusso sanguigno può essere importante durante l'esercizio fisico, quando il flusso viene
prevalentemente richiamato verso il muscolo. Inoltre, funge da messaggero chimico: in presenza di
Ossido nitrico, ad esempio, il mitocondrio è in grado di utilizzare più efficacemente l'ossigeno; o ancora
può aumentare anche il rilascio di calcio e sembra aumentare la funzionalità delle fibre di tipo 2.
Tutti questi fattori sono rilevanti durante la performance. I nitrati si trovano soprattutto nei vegetali a
foglia verde (spinaci, lattuga, sedano e barbabietola; quest'ultima è particolarmente impiegata
nell'ambito sportivo). Il contenuto di nitrati in questi elementi rispecchia le quantità raccomandate.
L'assunzione è consigliata nelle 2-3 ore prima l'esercizio, la dose consigliata è compresa tra i 310 e i
560mg. L'assunzione di nitrati come supplemento potrebbe determinare la comparsa di disturbi
intestinali.

N.B. -> Gli studi scientifici effettuati su tutti gli integratori sono generalmente condotti su soggetti sedentari.
Gli effetti su soggetti già allenati potrebbero essere meno evidenti.

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