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GRUPPI FUNZIONALI
La presenza di gruppi funzionali distingue la chimica organica dalla chimica inorganica. Si tratta di atomi o
gruppi di atomi che impartiscono particolari proprietà chimiche ai composti che li contengono.
GLI ALCOLI
Gli alcoli derivano dagli idrocarburi per sostituzione di un
idrogeno con un gruppo ossidrile (-0H) che ne diventa il gruppo
funzionale. La formula generale degli alcoli è R—OH.
Si classificano in primari, secondari e terziari a seconda che
l'atomo di carbonio a cui è legato l'ossidrile sia unito rispettivamente a uno, due o tre gruppi R. Gli alcoli
sono solubili in acqua, in quanto formano legami a idrogeno.
Un particolare gruppo di alcoli è quello degli alcoli aromatici, detti così perché
hanno un anello aromatico nel quale sono presenti doppi legami, al quale si lega
poi un gruppo ossidrilico OH. Sono acidi e liberano ioni HO+. Questo anello
aromatico lo ritroveremo in molte molecole, come nell’Ubichinone o negli
antiossidanti. Sono importanti dal punto di vista biologico perché fungono da
trasportatori di elettroni: l'anello aromatico è in grado di accettare e donare elettroni stabilizzando la
propria struttura grazie alla delocalizzazione degli elettroni all'interno dell'anello stesso, Durante il normale
utilizzo cellulare di questi trasportatori, soprattutto se si fa un'attività fisica molto intensa, si possono
liberare i cosiddetti radicali liberi.
RADICALI LIBERI
Atomo o molecola che presenta almeno un elettrone spaiato nell'orbitale più esterno. I radicali liberi
possono formarsi a causa del metabolismo cellulare, del fumo, delle radiazioni, dei raggi UV,
dell’inquinamento… Uno dei principali produttori di radicali liberi è la cellula muscolare. L'attività fisica però
produce sì ROS, ma induce anche la produzione di antiossidanti. I radicali all'interno della cellula sono
anche dei messaggeri, cioè inducono modificazioni trascrizionali che nel tempo possono portare a dei
benefici. un eccesso di produzione di radicali è anche alla base della fatica muscolare.
Dal punto di vista biologico i radicali liberi più importanti sono quelli
dell'ossigeno, detti anche specie reattive dell'ossigeno (ROS). All'interno
delle nostre cellule questi vengono prodotti continuamente, soprattutto
durante attività fisica intensa. I radicali dell'ossigeno sono l'anione
superossido e il radicale ossidrile.
L'anione superossido presenta 2 ossigeni con un elettrone in più, il che gli conferisce una carica negativa.
Nel radicale ossidrile, invece, è presente un unico elettrone, quindi non ha carica in eccesso. I radicali si
producono dalle molecole di ossigeno. L'ossigeno esiste in più forme: in natura lo troviamo come molecola
(02). L'ossigeno più stabile è quello tripletto. che presenta 2 dei suoi elettroni esterni nella stessa direzione
di spinta, quindi con lo stesso andamento. A volte basta anche poca energia
affinché l'ossigeno tripletto passi nella forma ossigeno singoletto, meno
stabile, quindi più reattivo. Succede che la poca energia che è stata
somministrata è in grado di far cambiare la direzione di spinta dell'elettrone.
I radicali liberi tipicamente si vengono a formare dall'ossigeno tripletto. Dall'anione superossido all'ossigeno
tripletto: viene aggiunto un nuovo elettrone, che rappresenterà
l'elettrone spaiato, conferendo instabilità all'ossigeno. Grazie
all'enzima superossido dismutasi, presente sia nel citosol che nel
mitocondrio, viene catalizzata una reazione redox, che vede
l'unione di 2 anioni superossido con 2 H+ formando 1 ossigeno e il perossido d'idrogeno (acqua ossigenata).
Successivamente, l'enzima catalasi scinde il perossido di idrogeno
(molecola abbastanza reattiva) portando alla formazione di acqua,
ossigeno e ioni idrogeno.
Questo è un enzima particolare, che troviamo nei perossisomi, nonché piccoli organelli intracellulari molto
importanti nel catabolismo di alcune molecole nutritive come gli acidi grassi (trigliceridi). Molto importanti
in quanto nella demolizione dei trigliceridi vengono prodotte quantità importanti di acqua ossigenata che
deve essere prontamente rimossa dalla cellula.
Altro sistema interno per detossificare la cellula dall'acqua ossigenata è il glutatione perossidasi (enzima
presente in tutti i compartimenti cellulari). Si tratta di un sistema che
reagisce con molecole di glutatione, in grado di accettare elettroni
passando dalla forma ridotta a quella ossidata, detossificando il
perossido di idrogeno producendo acqua.
Il radicale idrossile è per eccellenza il più dannoso. Nel caso in cui il superossido dismutasi e la catalasi non
riescano a contrastare l'anione superossido, questo va a reagire con i metalli
presenti nella cellula (ferro, magnesio...). Nel momento in cui questa reazione
dovesse avvenire con il ferro, avremmo come prodotto ossigeno tripletto (non
tossico) e ferro, il quale, in seguito alla reazione passa dalla forma ossidata a quella ridotta. Il ferro nella
forma ridotta reagisce con il perossido di idrogeno (reazione di
Fenton), portando alla formazione di ferro nella forma ossidata
(reazione di ossidoriduzione) e del radicale idrossile.
Questo è estremamente instabile e reattivo. Inoltre, il radicale idrossile può instaurare delle catene interne
di produzione di ossigeno singoletto, in quanto in grado di reagire con il superossido. L'ossigeno singoletto a
sua volta però è instabile e reattivo.
ALDEIDI E CHETONI
Sono caratterizzati dalla presenza del gruppo carbonile (un carbonio C legato con un doppio legame con
l’ossigeno O). In base al gruppo carbossilico possiamo avere un aldeide o un chetone, entrambi caratteristici
degli zuccheri (es. il fruttosio è un chetone, il glucosio è un aldeide):
ESTERI
Derivati dei gruppi carbossilici, ottenuti per sostituzione del gruppo OH con un OR. Il legame
estere è il meccanismo con cui gli
acidi grassi si legano al glicerolo nella
formazione dei trigliceridi. Vi è un Carbonio che
forma un doppio legame con l’Ossigeno, poi lega un
gruppo R e un gruppo OR.
AMMIDI
Anche questi derivati dai gruppi carbossilici, ottenuti per
sostituzione del gruppo ossidrilico con un gruppo
amminico -NH2, quindi da un’ammina che può essere
primaria, secondaria o terziaria, determinando la
formazione di un legame carbamminico.
AMMINE
Le ammine sono composti derivanti dall’ammoniaca (1 azoto N che lega 3 atomi di Idrogeno H) per
sostituzione di uno o più atomi di Idrogeno con altrettanti gruppi (R), costituendo le ammine primarie,
secondarie o terziarie. Le ammine sono caratteristiche degli aminoacidi, questi infatti hanno un aspetto
bifunzionale in quanto costituiti sia da un gruppo
carbossilico che da uno amminico. Il gruppo
amminico contribuisce a regolare il pH
intracellulare, questo è infatti basico,
contrariamente al carbossilico. Di fatto l’Azoto
(N), essendo del 5° gruppo, ha 5 elettroni esterni
dei quali ne utilizza solo 3 per legare l’Idrogeno
(H), ragion per cui ha un doppietto esterno che è
in grado di accettare un protone presente nella
soluzione. Ciò che cede un protone è un acido,
ciò che lo accetta è una base.
COMPOSTI ETEROCICLICI
Composti organici di natura ciclica il cui anello è formato, oltre
che da atomi di carbonio, da uno o più atomi diversi dal
carbonio. Questi caratterizzano in particolare le basi azotate
che sono presenti nel DNA.
ISOMERIA
Nei composti inorganici. ad ogni formula grezza, che esprime la
composizione della molecola, corrisponde una sola formula di
struttura. Nei composti organici, ad una data formula grezza
possono corrispondere due o più formule di struttura, nonostante
queste sostanze presentino proprietà fisiche e comportamenti
chimici completamente diversi. Questo fenomeno si chiama isomeria. Per questo motivo, in chimica
organica la formula bruta ci dice poco sulla molecola. (es: C 6H12O6 formula grezza del glucosio, è la formula
bruta di almeno 6 molecole diverse).
Abbiamo diverse tipologie di isomeria:
- Di struttura -> si definiscono isomeri di struttura quei composti che hanno la stessa formula
molecolare (bruta) ma diversa formula di struttura, sono quindi diversi i legami tra gli atomi. Diversi
legami funzionali;
- Conformazionale -> si definiscono isomeri conformazionali (o confomeri) quei composti che hanno gli
stessi legami, ma una diversa forma della molecola nello spazio (glucosio simile al cicloesano);
- Configurazione cis-trans -> è presente nelle molecole che hanno un doppio legame. Il doppio legame
crea un impedimento alla rotazione del legame creando due piani differenti, uno sopra e uno sotto il
doppio legame. Tra carbonio e carbonio o nelle molecole cicliche. (Il legame singolo può invece
ruotare).
Isomero cis: è quello in cui i due atomi di cloro risultano posti dalla stessa parte
rispetto al piano ideale in cui è posto il doppio legame;
Isomero trans: è quello in cui i due atomi di cloro risultano situati in parti
opposte rispetto al piano ideale in cui è posto il doppio legame.
- Ottica -> è presente nelle molecole che hanno un carbonio legato a 4 atomi o gruppi di atomi diversi.
Questo tipo di isomeria si fonda sul fenomeno della chiralità. Come si identifica un carbonio chiralico?
Un carbonio, forma 4 legami semplici e a questi quattro legami dobbiamo avere gruppi o sostituenti
diversi. Quindi, un atomo di carbonio con ibridazione e sp3 e avente 4 sostituenti diversi. Per i
carboidrati c'è un modo semplice per quantificare i carboni chiralici:
Nel caso degli aldosi -> n – 2 (n è il numero di atomi di carbonio):
Nel caso dei chetosi -> n – 3.
Una volta stabilito il numero di C chiralici possiamo calcolare il numero di stereoisomeri: 2 n (dove n è il
numero di carboni chirali).
- Vi sono molecole che sono formate dagli stessi
atomi, ma hanno una configurazione spaziale
diversa da questi. Queste configurazioni spaziali
rendono queste molecole riconoscibili o non
riconoscibili dai nostri enzimi e trasportatori, li
rende di conseguenza anche biodisponibili o non
biodisponibili. Se la molecola contiene almeno un carbonio chiralico, questo è “propedeutico”
all’isomeria, cioè le due molecole non saranno sovrapponibili. Tutti gli aminoacidi (a eccezione della
glicina) presentano il fenomeno della chiralità. La gliceraldeide viene utilizzata come standard per
spiegare questo fenomeno, osservando la collocazione del gruppo OH: se questo è posizionato a
destra, la molecola è la d-(+)-gliceraldeide; se il gruppo OH è collocato a sinistra, avremo la l-(-)-
gliceraldeide). Questi due isomeri ottici vengono identificati come enantiomeri. In una soluzione
potremmo avere un solo tipo di isomero. Esempio: quando analizziamo un carboidrato presente nelle
nostre cellule, normalmente lo troviamo “d”, raramente troviamo un carboidrato in forma “l”; gli
aminoacidi che costituiscono le proteine invece li troviamo in forma “l”.
Gli stereoisomeri, quindi isomeri spaziali formati dagli stessi atomi, uniti con medesimi legami ma
aventi strutture tridimensionali differenti e non intercambiabili, si possono distinguere in:
Enantiomeri: due stereoisomeri che sono uno l’immagine speculare dell’altro. (li chiamiamo D e L
in base alla posizione dell’ossidrile legato al carbonio chiralico).
Diasteroisomeri: tutti quelli che non sono enantiomeri. Tra questi gli Epimeri: se differiscono per
un solo carbonio chirale. (Epimeri del glucosio: d-galattosio; d-glucosio; d-mannosio)
LA BIOCHIMICA
Ogni cellula è sede di complesse reazioni
biochimiche, note come metabolismo, del
quale la fase costruttiva è detta anabolismo
(sintesi di molecole complesse a partire da
molecole semplici impiegando energia) e
quella degradativa, catabolismo (scissione di
molecole complesse per ricavare energia
sotto forma di ATP). la cellula attiva i
meccanismi catabolici quando necessita di ATP per la contrazione muscolare durante una specifica attività.
Al termine di questa le molecole complesse devono essere ripristinate per le successive attività, ragion per
cui si attivano i processi anabolici per ricostruire le molecole complesse (scorte energetiche cellulari).
Tra le molecole complesse quelle di nostro interesse sono: carboidrati, lipidi, proteine, acidi nucleici (non
utilizzati dal punto di vista energetico, ma importanti perché formati da nucleotidi necessari per attivare le
reazioni metaboliche). Queste sono delle molecole di grosse dimensioni (polimeri) formate da subunità
molecolari (monomeri) unite tra loro da legami covalenti, quindi stabili, scissi da enzimi specifici nella fase
catabolica del metabolismo.
La maggior parte degli zuccheri di interesse biologico sono quelli di serie “D” e prevalentemente la loro
molecola contiene 5 (pentoso) o 6 (esoso) atomi di carbonio.
CARBOIDRATI COMPLESSI
A livello di composizione cellulare troviamo gli zuccheri sotto questa forma, sia negli animali che nei
vegetali. I polisaccaridi sono polimeri di monosaccaridi con funzione di struttura e di riserva energetica. I
polisaccaridi più importanti sono:
- Amido -> riserva energetica delle piante (abbondanti nei semi, nei cereali, nelle patate e nelle radici). È
formato da:
Amilosio: catena pressoché lineare di alfa-glucosio legati da legami alfa-1,4-glicosidici;
Amilopectina: catena ramificata, cioè presenta catene di zuccheri legati gli uni agli altri da legami
alfa-1,4-glicosidici, per poi presentare delle ramificazioni (ogni 24-30 residui) con altre catene di
zuccheri, legate però in questo caso da legami alfa-1,6-glicosidici. È presente in maggiore quantità
rispetto all’amilosio (70/80%). Amidi relativamente ricchi di amilopectine vengono assorbiti e
digeriti rapidamente (presentando delle ramificazioni sono più facilmente attaccabili dagli enzimi),
mentre amidi con un elevato contenuto di amilosio vengono scissi (idrolizzati) più lentamente.
- Cellulosa -> costituisce le pareti cellulari degli organismi vegetali. È un polimero del glucosio non
ramificato formato da legami beta-1,4-glicosidici. La forma lineare permette un notevole
impacchettamento tra i vari filamenti di cellulosa, in quanto si vanno a formare dei legami idrogeno tra
i filamenti lineari che rendono particolarmente stabile la struttura (motivo per il quale costituiscono le
pareti cellulari dei vegetali). Le fibre resistono alla
digestione intestinale (per via dei legami beta e della scarsa
presenza di enzimi in grado di riconoscerli), anche se una
parte va incontro a fermentazione da parte della flora
batterica. La cellulosa è uno dei componenti della fibra
alimentare (insolubile) che va considerata in una normale
alimentazione. Gli unici esseri viventi in grado di digerire la
cellulosa sono i ruminanti e le termiti in quanto presentano
un enzima tale da poter scindere i legami beta: la cellulasi;
- Glicogeno -> polisaccaridi di riserva energetica negli animali. È immagazzinato nel muscolo o nel
fegato. È un polimero del glucosio formato da legami alfa-1,4-glicosidici. La struttura e più ramificata
rispetto all'amilopectina (legami alfa-1,6-glicosidici ogni 8-12 residui). Può essere costituito da 50-
100mila unità di glucosio. il limite massimo di glicogeno accumulabile e di circa 15gr per Kg di massa
corporea e lo troviamo maggiormente immagazzinato nelle fibre di tipo 2. Le nostre scorte di
glicogeno non possono essere superiori poiché, essendo i carboidrati idratati, questo implicherebbe
una maggiore presenza di acqua nel nostro corpo e di conseguenza una maggiore massa corporea da
spostare durante il movimento (1Kg di glicogeno richiamerebbe in media almeno 2/3L di acqua).
POLISACCARIDI STRUTTURALI:
- Chitina -> polisaccaride strutturale che si trova nello scheletro degli insetti e altri antropoidi, nonché
nella parete cellulare dei funghi. È costituita da più unità di N-acetilglucosammina (amminosaccaride)
legate mediante legame beta-1,4-glicosidico;
- Glicosamminoglicani (mucopolisaccaridi) -> polimeri non ramificati costituiti da un disaccaride
contenente un amminosaccaride e un monosaccaride acido. Li troviamo nei tendini e nel liquido
sinoviale.
Altre funzioni dei carboidrati -> a livello strutturale gli zuccheri entrano a far parte delle macromolecole,
cioè si legano alle macromolecole come lipidi e proteine per formare rispettivamente glicolipidi e
glicoproteine.
I LIPIDI
I lipidi rappresentano, insieme carboidrati, una sorgente di energia per gli organismi animali. 1gr di lipidi
contiene circa 9Kcal (38Kj). La quantità di energia metabolica liberata, a parità di peso, è sei volte di più per
un trigliceride che per il glicogeno, poiché in 1gr di glicogeno è presente almeno il 70% di acqua. Sono i
costituenti di tutti i tipi di membrane cellulari e, come ormoni, vitamine e sali biliari, risultano indispensabili
per la vita. A seconda del loro stato di aggregazione a temperatura ambiente, i lipidi vengono classificati in
grassi (solidi a temperatura ambiente) ed oli (liquidi a temperatura ambiente). I lipidi vengono
ulteriormente suddivisi in: saponificabili e non saponificabili. I primi contengono acidi grassi e si
distinguono in semplici (come i trigliceridi) e complessi (come i fosfolipidi). I non saponificabili non
contengono acidi grassi, alcuni esempi sono steroidi, colesterolo, ecc.
Possono svolgere differenti funzioni all’interno del nostro organismo e possono essere classificati in base a
queste:
- Energetica: ci forniscono 9Kcal per grammo;
- Riserva: i trigliceridi sono immagazzinati come riserva nel tessuto adiposo, il quale può essere distino
in viscerale e sottocutaneo (il primo + considerato pericoloso);
- Plastica: sono precursori di ormoni, vitamine e prostaglandine;
- Strutturale: membrane fosfolipidiche; colesterolo;
- Regolatrice: acidi grassi essenziali e colesterolo.
Gli Acidi grassi sono acidi carbossilici (COOH, gruppo carbossilico) con una lunga catena idrocarburica (R,
formata essenzialmente da carbonio e idrogeno). Il gruppo carbossilico è tendenzialmente acido, quindi in
grado di liberare un atomo di idrogeno sotto forma di ione idrogeno, motivo per il quale il gruppo carbossile
lo troviamo spesso al livello cellulare de-protonato, cioè carico negativamente. Caratteristica degli acidi
grassi è che sono tendenzialmente idrofobici, ma, avendo il gruppo carbossile de-protonato, gli acidi grassi
a bassissimo contenuto di Carbonio (3/4 carboni) diventano solubili in acqua. Discorso ben diverso nelle
lunghe catene idrocarburiche (numero di C > 4), insolubili in acqua. Gli acidi grassi con un numero di
Carboni tra i 12 e i 20 sono più frequenti in natura.
Negli acidi grassi gli atomi di carbonio possono essere indicati in due modi differenti: possiamo numerare gli
atomi di carbonio partendo dal gruppo carbossile (COOH), o
assegnare delle lettere greche agli atomi di carbonio partendo
dall’atomo di carbonio adiacente al gruppo carbossilico. Entrambe
le nomenclature ci servono per distinguere i vari acidi grassi.
Un aspetto fondamentale degli acidi grassi insaturi è la loro instabilità strutturale data dalla presenza del
doppio legame lungo la catena, il quale crea una rigidità nella struttura che li rende meno compatti degli
acidi grassi saturi. A 25° (temperatura ambiente) i lipidi costituiti da acidi grassi saturi li troviamo allo stato
solido, invece, per i lipidi che contengono acidi grassi insaturi (a temperatura ambiente) li troviamo allo
stato liquido. Gli acidi grassi trans, avendo una geometria più lineare, rispetto agli acidi grassi Cis, tendono
ad essere solidi anche nel lume delle nostre arterie, andando a formare delle placche ateromatose. Inoltre,
hanno azione sul colesterolo: aumentando il livello di LDL, aumentano i livelli di insulina rispetto al carico
glicemico e alterano la conformazione delle membrane. Aumentano anche la produzione di radicali liberi, e
possono alterare il metabolismo degli acidi grassi essenziali.
Gli acidi grassi essenziali (conosciuti anche come vitamina F o AGE) sono 2 e sono rappresentati da:
- alfa-linolenico (w3). 3 doppi legami. Precursori di antinfiammatori. Sono i precursori degli eicosanoidi,
con azione appunto antinfiammatoria, antitrombotica e anti-aterogena. Li troviamo prevalentemente
nel pesce azzurro e nel pesce grasso;
- linoleico (w6). 2 doppi legami. Precursori degli eicosanoidi pro-infiammatori. Li troviamo nei semi di
lino, olio di soia e nella frutta secca.
I TRIGLICERIDI
I trigliceridi sono lipidi con funzione energetica. Sono costituiti da una molecola di glicerolo (polialcoli)
esterificata con tre molecole di acido grasso. Il gruppo -OH del gruppo carbossilico va a reagire con il
gruppo -OH del gruppo ossidrilico dell’alcol. Questa reazione di esterificazione (condensazione) produce
acqua e lega il glicerolo agli acidi grassi tramite legami estere. È sottoforma di trigliceridi che troviamo gli
acidi grassi all'interno delle cellule. ln genere, i 3 acidi grassi che costituiscono i trigliceridi sono differenti,
con l'acido grasso collocato in posizione 2 di tipo insaturo. I trigliceridi costituiscono la maggior parte dei
lipidi assunti con la dieta, rappresentando inoltre una riserva di energia (tessuto adiposo). Gli acidi grassi
nel nostro corpo li possiamo trovare sotto forma di:
- Trigliceridi, nel tessuto adiposo, i quali possono andare a costituire circa 12 kg di riserva energetica
(108.000 kcal);
- una parte la troviamo all'interno dei nostri muscoli: lipidi intramuscolari, i quali possono costituire
circa 300 g di riserva di energia (2000 kcal);
- acidi grassi liberi plasmatici (0,4 g, circa 3,6 kcal) che provengono dalla lipolisi del tessuto adiposo che
li rilascia nel sangue per farli arrivare successivamente agli altri tessuti, muscoli e cuore in particolare;
- triacilgliceroli plasmatici (4,0 g, circa 36 kcal) collocati all'interno del plasma per essere trasportati o al
tessuto adiposo, dove in seguito all'assorbimento nell'intestino, vengono immagazzinati, o ad altri
tessuti che li impiegano per produrre energia.
Dal punto di vista energetico possiamo identificare i trigliceridi e il glicogeno (500 g circa, 2000 kcal) come le
principali riserve energetiche di cui il nostro corpo dispone. Confrontando le nostre due riserve energetiche
noteremo che dai lipidi possiamo ricavare circa 55 volte più energia rispetto ai carboidrati (glicogeno).
Il tessuto adiposo può essere suddiviso in: tessuto adiposo bianco (ricco di trigliceridi; un eccesso di questo
è indice di obesità) e tessuto adiposo bruno (bruno perché ricco di mitocondri che sono in grado di
utilizzare fonti lipidiche e glucidiche per produrre calore).
Il burro è un alimento formato da almeno l'80% da grassi e da non più del 16% di acqua. Derivando dal latte
contiene un 2% di residuo secco magro (lattosio, proteine, vitamine liposolubili A, D, E, colesterolo...). È
composto per circa il 50% da acidi grassi saturi (a breve, lunga e media catena per un 15/20%), per circa il
20% da acidi grassi monoinsaturi e circa il 3% polinsaturi;
L'olio d'oliva è formato fino all'83% da acido oleico (monoinsaturo) 18:1 (Δ9). Contiene: acidi grassi saturi:
palmitico (19:0) -> tra 5,7% e 18,6%; stearico (18:0) -> tra 0,5% e 4,0%; acidi grassi polinsaturi: acido
linolenico (18:3) -> tra 0,1% e 0,6%; linoleico (18:2) -> tra 3,5% e 20,0%; altre sostanze (1-2%): idrocarburi,
composti fenolici (importanti antiossidanti), alcoli, steroli, pigmenti colorati ed elementi secondari.
Dei grassi saturi ne dobbiamo fare un uso molto ridotto. L’olio d’oliva è senza ombra di dubbio quello
migliore dal punto di vista salutare. Dobbiamo in ogni caso considerare nell’utilizzo la componente calorica.
L’olio di palma è costituito da circa il 50% da grassi saturi (prevale il palmitico (16:0)), circa un 40% da grassi
monoinsaturi (prevale l’oleico (18:1)) e circa un 10% da grassi polinsaturi (prevale il linoleico (18:2)).
L’olio di cocco è costituito da più del 90% da grassi saturi (laurico (12:0), miristico (14:0) e palmitico (16:0)).
La margarina si ottiene per idrogenazione di oli vegetali (aggiunta di idrogeno: prima dell’idrogenazione vi
sono doppi legami con conseguente compattazione della struttura degli acidi grassi) quali quelli di arachidi,
soia e girasole. L0impiego della margarina, essendo di origine vegetale, quindi con basso contenuto di
colesterolo, è molto più salutare rispetto all’utilizzo del burro, ma il suo utilizzo nel lungo periodo ha le sue
controindicazioni. Infatti, il processo di idrogenazione, non solo non rimuove tutti i doppi legami, ma
cambia la conformazione da cis- a trans- di quelli che rimangono. Gli acidi grassi con conformazione trans-
possono influire negativamente su due aspetti: tendono a far diminuire le lipoproteine HDL, ovvero quelle
deputate alla rimozione del colesterolo e degli altri lipidi dal sangue. Nel tempo, dunque, si ha un effetto
negativo sulla circolazione corporea.
Altri lipidi di membrana sono gli sfingolipidi, distinti dai fosfolipidi in quanto contengono la sfingosina
anziché il glicerolo. Un esempio di sfingolipidi è la sfingomielina, componente della mielina delle cellule
nervose.
- Colesterolo: Per quanto un eccesso di colesterolo possa rivelarsi dannoso, questo svolge a livello cellullare
attività fondamentali, tant'è che è il 2° fosfolipide maggiormente contenuto nelle membrane biologiche: si
lega tramite legami a H ai fosfolipidi di membrana aumentando la fluidità della membrana plasmatica e la
sua stabilità meccanica; è precursore della sintesi di vitamina D; precursore di ormoni steroidei; consente la
sintesi dei sali biliari, fondamentali per l'assorbimento dei lipidi a livello intestinale.
- Ormoni steroidei: rientrano fra le sostanze dopanti più utilizzate nell'ambito sportivo. Sono alla base della
formazione di: Androgeni (ormoni maschili) -> testosterone, diidrotestosterone; glucocorticoidi -> Cortisolo
e cortisone, fondamentali nella regolazione di processi infiammatori; Mineralcorticoidi -> aldosterone;
Progestinici ed estrogeni (ormoni femminili) -> estradiolo, estriolo, estrone, progesterone.
- Acidi biliari: derivano da reazioni di ossidazione del sistema di anelli del colesterolo. Li troviamo in forma
dissociata all'interno della cistifellea come sali biliari. Vengono segreti nell’intestino per aiutare a
solubilizzare, digerire e assorbire i lipidi derivanti dalla dieta.
AMINOACIDI ESSENZIALI
Gli aminoacidi essenziali non possono essere sintetizzati dal nostro organismo e devono essere assunti con
la dieta. Sono 9: fenilalanina, leucina, isoleucina, metionina, valina, treonina, lisina, istidina, triptofano.
Arginina, cisteina e tirosina sono essenziali durante l’infanzia e lo sviluppo.
Il legame Peptidico
Le proteine sono formate da catene di aminoacidi legati fra loro da un
legame peptidico che si forma quando il gruppo amminico di un aminoacido
lega il gruppo carbossilico di un altro aminoacido (reazione di
condensazione con l'eliminazione di una molecola di acqua). Il legame
peptidico presenta la possibilità di risonanza tra due strutture limite a causa
della delocalizzazione degli elettroni presenti come coppia elettronica non condivisa sull’atomo di zolfo,
impedendo così la rotazione degli aminoacidi. Il legame peptidico non è quindi un legame semplice ma ha
un parziale carattere di doppio legame ed è quindi rigido e planare.
In un aminoacido posso sempre identificare una regione con gruppo amminico (estremità
amminoterminale) è una regione con gruppo carbossile (estremità carbossiterminale) che non ha legato.
Le proteine vengono normalmente lette dalla parte amminica a quella carbossilica. Ogni unità
amminoacidica all'interno della catena e indicata come residuo. Le proteine vengono anche indicate come
oligopeptidi quando la proteina è costituita da meno di 20 aminoacidi, o polipeptidi quando la catena è
superiore.
Lattato Deidrogenasi
La lattato deidrogenasi e un tetramero con subunità appartenenti a due diversi tipi che, combinandosi fra di
loro, danno origine a 5 diverse isoforme/isoenzimi:
- isoforme che spingono verso reazioni di riduzione del piruvato in lattato e che troviamo all'interno del
muscolo scheletrico (LDH4 e LDH5);
- isoforme che spingono verso reazioni di ossidazione del lattato a piruvato e che troviamo
prevalentemente all'interno del cuore (LDH1 e LDH2);
- Isoforme intermedie che sono in grado, in funzione delle esigenze dell'organismo, di utilizzare l'una o
l'altra via (LDH3).
ln condizioni anaerobiche, come durante l'esercizio ad alta intensità, l’accumulo di piruvato prodotto dalla
glicolisi viene smaltito dalla cellula attraverso reazioni di riduzione in lattato, acquistando elettroni dal
NADH + H+ che si riduce a NAD+ (forma ossidata), impiegato poi nelle tappe della glicolisi. Questo avviene
ad opera della lattato deidrogenasi (LDH), Questo enzima può lavorare anche nella direzione opposta
partendo dal lattato che viene ossidato a piruvato impiegando NAD+ che viene ridotto a NADH + H +. Questo
avviene in tessuti differenti. Nel muscolo scheletrico l'enzima lattato deidrogenasi lo troviamo come
isoforma/isoenzima LDH4 e LDH5 che gli permette di agire prevalentemente nella direzione di riduzione del
piruvato a lattato. Il lattato prodotto non si accumula solo nel muscolo ma viene messo in circolo,
raggiungendo prevalentemente due tessuti: cuore, nel cui tessuto troviamo l'enzima lattato deidrogenasi
come isoenzima LDH1 e LDH2, le cui subunità agiscono prevalentemente nella direzione di ossidazione di
lattato a piruvato; fegato, dove il destino del lattato può variare in funzione del tipo di attività. Nelle fasi
successive all’attività fisica, nelle quali il fegato deve ristabilire le scorte di glicogeno, il piruvato può essere
riconvertito nelle riserve di zucchero, il piruvato può essere impiegato per la gluconeogenesi, producendo
glucosio impiegato per alimentare la glicolisi.
Vi sono una serie di aminoacidi importanti come tali e non come residuo amminoacidico delle proteine. Fra
questi ritroviamo:
- Carnitina: abbondante nei tessuti animali, aminoacido fondamentale coinvolto nel trasporto degli acidi
grassi attraverso la membrana mitocondriale interna. Viene parzialmente sintetizzato a livello
endogeno a partire dalla lisina e dalla metionina, ma circa il 75% del fabbisogno giornaliero deve essere
apportato con la dieta;
- Taurina: aminoacido solforato (contiene zolfo), è tra i principali osmoliti intracellulari, importante
quindi nella regolazione del volume cellulare. È inoltre coinvolto nella formazione dei sali biliari.
I NUCLEOTIDI
I nucleotidi contengono 3 parti chimiche: Un carboidrato a 5 atomi di C, nonché un aldopentoso; 1,2 o 3
gruppi fosfato; Una base azotata (composto eterociclico aromatico contenente C, H e N).
Ogni atomo di C del carboidrato lega qualcosa di
fondamentale:
- C1 lega la base azotata;
- C2 se lega -OH possiamo avere il ribosio, se lega H il
deossiribosio;
- C3 è importante in quanto è su questo atomo di C che i
nucleotidi polimerizzano fra loro (polimeri dei nucleotidi
sono il DNA e l’RNA);
- C4 lega il carbonio esterno (C5) più che un gruppo funzionale;
- C5 è in grado di legare con un ponte O il gruppo o i gruppi fosfato (Il gruppo -OH dei gruppi fosfato lo
troviamo carico negativamente, in quanto per via del pH cellulare l’H va in soluzione).
Nucleoside -> Nucleotide che ha perso il suo gruppo fosfato.
Le molecole energetiche (ATP, GTP, ADP, GDP) sono caratterizzate dal ribosio, mentre il deossiribosio è
caratteristico dei nucleotidi che costituiscono il DNA.
le basi azotate possibili sono 5, raggruppate in due categorie: purine (adenina e guanina, composti
eterociclici formati da 2 anelli) e pirimidine (citosina, uracile e timina formati da 1 anello).
La differenza tra GTP e ATP risiede nella base azotata legata al ribosio: nel GTP il ribosio è legato alla
guanina e 3 gruppi fosfato (GDP 2 gruppi fosfato, GMP 1 gruppo fosfato); nell’ATP il ribosio è legato
all'adenina e 3 gruppi fosfato (ADP 2 gruppi fosfato, AMP 1 gruppo fosfato).
Adenina, guanina, citosina e timina sono le basi azotate del DNA; Adenina, guanina, citosina e uracile sono
le basi azotate dell’RNA.
L’ATP
L’ATP è una molecola energetica impiegata per fornire energia
alla cellula. È costituita da uno zucchero, il ribosio, una base
azotata, l’adenina, e 3 gruppi fosfato. il primo gruppo fosfato,
legato al Carbonio5, è legato allo zucchero con un legame estere.
Gli altri due gruppi fosfato sono legati fra loro da un legame
fosfoanidridico (legame leggermente più debole). I gruppi fosfato
vengono indicati con le lettere dell'alfabeto greco iniziando al
gruppo legato al Carbonio5, quindi: alfa, beta, gamma.
Es. 1: AMPK (Proteina chinasi attivata dall’AMP), viene attivata ogni qualvolta la concentrazione di AMP e
ADP aumenta. Una volta fosforilata diviene attiva e fosforila altre proteine che andranno a determinare gli
adattamenti dell'allenamento.
Es. 2: l’insulina è un ormone proteico in grado di regolare la glicemia e l'assorbimento del glucosio. Il
muscolo è il principale tessuto coinvolto nella captazione del glucosio sia in esercizio che a riposo. il GLUT4
è il trasportatore specifico nella regolazione dell'ingresso del glucosio all'interno della cellula muscolare.
L'insulina regola anche l'ingresso del glucosio nel tessuto adiposo. L'ormone, per agire, non entra nella
cellula, ma si lega ai recettori dell'insulina (recettori tirosinchinasici), nonché proteine che attraversano la
membrana dall'ambiente extra cellulare e quello citosolico. Il recettore ha un cambio conformazionale con
conseguente auto-fosforilazione (aggiunta di gruppi fosfato sui residui di tirosina del recettore). Questo
induce una reazione a cascata. ln questa conformazione fosforilata il recettore è in grado di fosforilare altre
proteine. ln particolare la IRS-1, proteina fosforilata sempre nei residui di tirosina solo quando il recettore è
attivo. L'IRS-1 fosforilata è in grado di legarsi a numerose altre proteine, e attivare il cosiddetto pathway, la
via di segnalazione dell'insulina.
Es. 3: L'IGF-1 (fattore di crescita insulino-simile). Il meccanismo d'azione è simile a quello dell'insulina,
tramite recettore tirosinchinasico che attraversa la membra. La subunità esterna lega I'IGF-1, la subunità
interna (che si attiva solo quando quella esterna si è legata) si auto-fosforila legandosi ad altre proteine,
attivando così i pathway specifici, in questo caso legati alla sintesi proteica, alla crescita cellulare e altri
effetti metabolici.
AMPciclico (cAMP) -> l’AMPciclico si forma per opera dell'enzima adenilato ciclasi. Alfa nella sua forma
attiva è in grado di legarsi all’adenilato cicliato che passa dalla sua forma inattiva a quella attiva. Nella sua
forma attiva, prende un ATP, gli stacca un pirofosfato e ottiene AMPciclico. Dalla forma ciclica la molecola
può sempre tornare alla sua forma aperta (AMP) ad opera dell'enzima fosfodiesterasi. La reazione di
ciclizzazione deve essere per forza
reversibile in quanto alti livelli di AMPciclico
devono essere indotti solo quando la cellula
deve attivare i pathway specifici. Terminata
la loro attività questi devono essere spenti.
Meccanismo d’azione dell’adrenalina -> l'adrenalina si lega al recettore accoppiato a proteina G inattivo in
quanto la subunità Alfa lega il GDP. Il legame ormone-recettore ne consente l'attivazione, permettendo alla
subunità Alfa di legare il GTP e di staccarsi dalle subunità beta e gamma. La subunità alfa legata al GTP va ad
interagire con l'enzima adenilato
ciclasi inducendo la ciclizzazione
dell’ATP ad AMPciclico.
L’AMPciclico a sua volta è un
substrato che attiva altre
proteine. Ad esempio, la
proteina chinasi è dipendente da
AMP ciclico, verrà quindi attivata
da questo innescando a sua
volta una serie di fosforilazioni a
valle che determinano una
risposta all’adrenalina.
GMPciclico (cGMP) -> La sua funzione, come nel caso dell'AMPciclico, è quella di effettore. Il GMPciclico si
forma per opera dell'enzima guanilato ciclasi, il quale rimuove i gruppi fosfato beta e gamma e ciclizza la
molecola legando il gruppo fosfato alfa al C3. La guanilato ciclasi viene attivata dall'ossido nitrico (NO),
composto inorganico radicale dell'azoto, prodotto dall'aumento del flusso sanguigno che determina
l'attivazione di enzimi come l'ossido nitrico sintasi (reazione che avviene nell'endotelio dei vasi). La
produzione del GMPciclico è alla base della vasodilatazione: importante nella regolazione delle dimensioni
dei vasi sanguigni per un maggiore afflusso di sangue e nutrienti alle cellule muscolari durante l'attività
fisica. Dalla forma ciclica la molecola può sempre tornare alla sua forma aperta (GMP) ad opera dell'enzima
fosfodiesterasi.
L’ATP può essere scissa in: ADP + Pi + energia; AMP + PPi (pirofosfato) + energia (il PPi a sua volta può
essere scisso in 2Pi); anche l’ADP prodotto dalla scissione dell’ATP può essere scisso in AMP + Pi + energia.
Aspetto fondamentale dell’ATP come molecola energetica è la sua struttura. L’ATP in soluzione la troviamo
con i gruppi -OH dei gruppi fosfato de-protonati; quindi, in condizioni fisiologiche è una molecola ionizzata
(questi gruppi possono legare altri ioni, il magnesio fra i più comuni). Per questo motivo quando
scriviamo/immaginiamo che l’ATP + H2O ci dia ADP + Pi,
in realtà dovremmo immaginarla come ATP4- + H2O ->
ADP3- + Pi2- + H+ (l’ATP con 4 cariche negative reagisce
con l'acqua formando ADP con 3 cariche negative, 1
fosfato inorganico con 2 cariche negative e un atomo di
H+). Infatti, nelle reazioni di idrolisi dell’ATP si libera
H+, aspetto di notevole importanza in quanto l'aumento
di H+ implica un’acidificazione del pH cellulare.
L'ATP è una molecola energetica in quanto rilascia gruppi fosfato e ioni H+. La molecola, liberando un
fosfato, si stabilizza in quanto la reazione di idrolisi del gruppo fosfato rimuove le repulsioni fra le cariche
negative dei fosfati. Più una molecola si stabilizza e più è in grado di liberare energia. Il gruppo fosfato
libero si stabilizza successivamente per risonanza. Questo ha un "costo" dal punto di vista
dell'acidificazione perché vengono liberati ioni H+.
Altro aspetto fondamentale dell'energetica cellulare è la quantità di energia rilasciata da un'ATP. Si parla
infatti di un rilascio di energia pari a ± 30,5 kj/mol o una richiesta di energia pari a ± 7,2 kcal/mol in
condizioni standard (temperatura 25°C; pressione 1 atm; concentrazione di ATP, ADP e fosfati = 1 molare.
Queste condizioni, all'interno delle nostre cellule, non sussistono mai; infatti, la concentrazione di ATP è
maggiore rispetto a quella di ADP e di Pi. Il pH della cellula varia da 6,5 a 8, la temperatura è di circa 37'C e
vi sono alte concentrazioni di ioni Mg e Ca+ che potrebbero interagire con la molecola stessa. Per questa
serie di ragioni la quantità di energia liberata dalla scissione di un gruppo fosfato è maggiore rispetto alla
quantità rilasciata in condizioni standard. Per esempio, nel caso del globulo rosso, la quantità di energia
rilasciata/impiegata è di ± 51,8 kj/mol / ± 12,3 kca17mol. ln definitiva la quantità di energia liberata nonché
impiegata è maggiore rispetto alle condizioni standard.
Altro aspetto chiave delle molecole di ATP è che non è una molecola energetica che possiamo considerare
di stoccaggio. Infatti, a differenza del glicogeno e dei trigliceridi, non può essere immagazzinata come tale.
Le scorte di ATP sono solo una minima parte, pari a 40-50 gr, riserve minime che ci permettono una
contrazione di alcuni secondi o ancora meno. Possiamo quindi definire la molecola di ATP come molecola
di passaggio energetico.
Il consumo giornaliero di ATP
Una richiesta energetica nelle 24h di 2800 kcal (persona moderatamente attiva), non viene completamente
impiegata per fornire ATP, in quanto i nostri enzimi, benché siano molto efficienti, non sono in grado di
sfruttare più di un 50% di questa energia per sintetizzare ATP, il restante 50% viene dissipato sotto forma di
calore. Quindi, su una richiesta di 2800 kcal solo la metà vengono impiegate per fornire ATP. Dividendo
1400 kcal per 12.3 kcal/mol (resa energetica più veritiera ottenuta dalla demolizione/sintesi dell'ATP),
otteniamo il numero di moli di ATP impiegate nell'arco della giornata (113 mol). Moltiplicando il numero di
moli impiegate per il peso molecolare dell'ATP (551) si può ricavare la quantità in grammi di ATP consumata
(62263gr di ATP al giorno). L’ATP è una molecola estremamente dinamica, il suo riciclo nell’arco della
giornata è di circa una volta al minuto
La resa energetica dell’ATP, rispetto ad altre molecole energetiche, per quanto possa essere consistente
non è il massimo. La fosfocreatina, per esempio, ha una resa energetica maggiore dell’ATP. Altre molecole
ancora più energetiche sono il fosfoenolpiruvato o l’1,3-bisfosfoglicerato. Molecole come il Glucosio-6-
fosfato o il glicerolo hanno una resa energetica minore. L’ATP nel suo turnover si troverà in due differenti
condizioni, “confermandosi” nella sua dinamicità: dover accettare gruppi fosfato tendendo a farlo da
molecole che hanno una maggiore resa energetica (fosfoenolpiruvato, fosfocreatina) o dover cedere gruppi
fosfato a molecole con più bassa resa energetica (glucosio-6-fosfato).
LA MIOADENILATO CHINASI.
Via Principale per la produzione di AMP, il quale agisce come molecola segnale di un’aumentata richiesta
energetica della cellula. È un sistema che normalmente non è attivo, ma si attiva quando la cellula entra in
un deficit energetico, ovvero quando la risintesi di ATP non è sufficiente a sostenere un’attività, e quindi
abbiamo alte concentrazioni di ADP. Quando la cellula percepisce alti livelli di ADP, attiva questo enzima.
Questo enzima prende due molecole di ADP, stacca un fosfato di una delle due e lo trasferisce all’altra
molecola formando 1 ATP e un AMP. Con questa reazione facciamo due cose utili:
1) Abbiamo prodotto ATP da ADP che non eravamo in grado di utilizzare perché il metabolismo andava ad
una velocità troppo bassa per garantire una risintesi di ATP;
2) l’AMP invece diventa un messaggero, un
effettore allosterico positivo cioè una
molecola in grado di stimolare il
metabolismo; questa molecola ha un sito
specifico su diversi enzimi che regolano il
metabolismo e quindi la sua presenza in quel
sito ne aumenta l’efficienza. Andrà, quindi, a
stimolare la glicolisi e la glicogenolisi.
LA FOSFOCREATINA
È un aminoacido specifico con funzioni energetiche, dato da
creatina con un gruppo fosfato legato ad uno dei gruppi
amminici. Viene impiegata nel fornire energia nelle attività
intense di breve durata (attività massimale e sub-massimale).
Appunto perché di breve durata, non vi è il tempo affinché la
cellula riesca ad attivare dei pathway esterni, quindi, verranno impiegate le riserve energetiche di cui il
muscolo è munito: i primi secondi sono sostenuti dalle piccolissime riserve di ATP, successivamente
interviene la fosfocreatina. Dalla fosfocreatina riusciamo a generare ATP rapidamente. La reazione avviene
ad opera dell'enzima creatinchinasi (CK). La Creatina Chinasi prende la Creatina, la fosforila prendendo un
gruppo fosforico dall’ATP formando Fosfocreatina + ADP. La Creatina Chinasi è un enzima che lavora
all’equilibrio, quindi la reazione andrà in un verso o nell’altro in funzione alla concentrazione dei reagenti e
dei prodotti: se c’è Creatina e ATP la Creatina Chinasi forma Fosfocreatina + ADP; viceversa, se c’è
Fosfocreatina + ADP forma Creatina e ATP. La reale concentrazione di fosfocreatina è di circa 5 volte
superiore quella dell’ATP.
La Creatina Chinasi esiste in due isoforme differenti: una a livello dei mitocondri (nello spazio
intermembrana) e una a livello del sarcomero (nel sarcomero la troviamo legata alle proteine della linea M).
Nel sarcomero abbiamo una grande quantità di ADP prodotta dalle molecole di miosina, per questo in
questo caso la Creatina Chinasi prende la fosfocreatina la lega all’ADP e forma creatina + ATP. Ma non fa
solo questo, la Creatina Chinasi funge anche come trasportatore dell’ATP (dal mitocondrio) ai siti di utilizzo
(sarcomero muscolare – miofibrilla). Si parla infatti di shuttle creatina-fosfato. Nel mitocondrio, al contrario
del sarcomero, abbiamo una significativa presenza di ATP prodotto dalla fosforilazione ossidativa. La
Creatina Chinasi mitocondriale è connessa con un altro elemento fondamentale che è l’adenilato-
translocasi, un antiporto che scambia l’ATP prodotto all’interno del mitocondrio con l’ADP (quello derivante
dall’idrolisi dell’ATP della contrazione muscolare). Oppure, meglio ancora, la creatina presente a livello
mitocondriale insieme all’ATP viene fosforilata dalla Creatina
Chinasi presente nel mitocondrio formando Fosfocreatina +
ADP, la quale tornerà nei siti del sarcomero per poter
produrre ATP in loco. Questo processo è più funzionale in
quanto la Fosfocreatina è una molecola più piccola dell’ATP e
quindi è capace di diffondere più velocemente nell’ambiente;
inoltre, nella cellula abbiamo una quantità maggiore di
creatina/fosfocreatina rispetto all’ADP/ATP.
Controllo della glicemia postprandiale -> dopo rassunzione di un pasto contenente carboidrati questi
vengono digeriti, assorbiti e immessi nel circolo sanguigno, determinando un innalzamento dei livelli
ematici di glucosio. Per contrastare alti livelli di glucosio ematico, le cellule delle isole di Langerhans del
pancreas endocrino, secernono insulina, ormone regolatore della glicemia plasmatica. L'insulina è un
ormone proteico costituito da 51 aminoacidi, la cui funzione è quella di abbassare i livelli di glucosio
ematico. Questa viene secreta come pro-ormone, per cui prima di essere funzionale deve subire delle
modifiche a livello cellulare, L'effetto dell'insulina si ripercuote su 3 organi principali:
- Muscolo -> a livello muscolare stimola l'ingresso del glucosio nel muscolo, il quale viene impiegato sia
per la sintesi di glicogeno (aumentando le scorte energetiche), sia per il metabolismo stesso della
cellula muscolare;
- Fegato -> A livello del fegato, invece, stimola la sintesi del glicogeno per ripristinare eventuali scorte
energetiche, inibisce la gluconeogenesi e il rilascio di glucosio nel circolo sanguigno;
- Tessuto adiposo -> nel tessuto adiposo stimola la metabolizzazione del glucosio e la via dei pentosi,
entrambe importanti per la trasformazione del glucosio in acidi grassi.
Controllo della glicemia a digiuno -> in condizioni di digiuno (non per forza prolungato, ma anche digiuno
notturno) si può andare incontro ad un abbassamento dei normali livelli ematici di glucosio(ipoglicemia)
(circa 5 mMol/L — 70/100 mg/dl). Mantenere costanti i livelli di glucosio nel sangue è importante per il
funzionamento ottimale di organi quale in cervello (consuma circa il 50% del glucosio ematico) e i globuli
rossi, i cui metabolismi impiegano glucosio. Per contrastare bassi livelli ematici di glucosio, le cellule alfa
delle isole di Langerhans del pancreas endocrino, secernono glucagone, ormone proteico costituito da 29
aminoacidi. La sua azione si ripercuote sul fegato, stimolando glicogenolisi e gluconeogenesi per produrre
glucosio. La gluconeogenesi viene stimolata in quanto le riserve di glicogeno presenti nel fegato (100 g) non
sono sufficienti per sopperire all'abbassamento della glicemia plasmatica anche solo in condizioni di digiuno
notturno.
N.B. I 400gr di riserve di glicogeno presenti nel muscolo NON possono essere impiegati per contrastare
fenomeni di ipoglicemia.
Tutti gli enzimi che catalizzano le altre tappe non catalizzano reazioni lontane dall’equilibrio; quindi, non
sono enzimi regolatori; la variazione di energia è, quindi, minima in tutte le altre tappe e molti enzimi
lavorano in cooperazione tra loro.
Le 2 molecole di Piruvato prodotte dalla glicolisi sono molecole molto energetiche impiegate nelle tappe
successive.
ln condizioni anaerobiche il piruvato viene ridotto a lattato. Non essendoci ossigeno, accettore finale di
elettroni nella fosforilazioni ossidativa, il mitocondrio non può funzionare. ln questo caso si attiva un
pathway specifico del muscolo, ovvero la riduzione del piruvato a lattato. La reazione di riduzione comporta
l'ossidazione del NADH a NAD+. Quindi l'attivazione di questa via consente la produzione di NAD+,
impiegato successivamente come substrato delle reazioni di ossidazione nella glicolisi. L'enzima che
consente questa reazione è la lattato deidrogenasi (LDH) la quale grazie alle diverse subunità da cui è
costituito, può sia ridurre ma anche ossidare. La lattato deidrogenasi, infatti, è un tetramero con subunità
appartenenti a 2 diversi tipi che, combinandosi fra di loro, danno origine a 5 diverse isoforme/isoenzimi:
- isoforme che spingono verso reazioni di ossidazione del lattato a piruvato e che troviamo
prevalentemente all'interno del cuore (LDH1 e LDH2);
- isoforme che spingono verso reazioni di riduzione del piruvato in lattato e che troviamo all'interno del
muscolo scheletrico (LDH4 e LDH5);
- isoforme intermedie che sono in grado, in funzione delle esigenze dell'organismo, di utilizzare l'una o
l'altra via (LDH3).
ln condizioni anaerobiche, come durante
l'esercizio ad alta intensità, l'accumulo di piruvato
prodotto dalla glicolisi viene smaltito dalla cellula
attraverso reazioni di riduzione in lattato,
acquistando elettroni dal NADH + H' che si riduce
a NAD+. Nel muscolo scheletrico l'enzima lattato
deidrogenasi lo troviamo come
isoforma/isoenzima LDH4 e LDH5 che gli
permette di agire prevalentemente nella
direzione di riduzione del piruvato a lattato.
CICLO Dl CORI
Quando si esegue una contrazione muscolare di alta intensità il lattato prodotto non si accumula nel
muscolo ma viene messo in circolo, raggiungendo prevalentemente due tessuti:
- Cuore, nel cui tessuto troviamo l'enzima lattato
deidrogenasi come isoenzima LDH1 e LDH2, le cui
subunità agiscono prevalentemente nella direzione di
ossidazione di lattato a piruvato, facendo poi proseguire
il piruvato verso l'ossidazione;
- Fegato, dove il lattato viene ossidato a Piruvato, il quale
verrà utilizzato nella gluconogenesi epatica, producendo
glucosio impiegato per alimentare la glicolisi.
Il processo di ripristino del glucosio tramite l'ossidazione del
lattato a piruvato e successiva gluconeogenesi (Ciclo di Cori)
funziona nelle fasi post-esercizio. Infatti, questa via
metabolica è importante nel recupero e nel defaticamento.
GLICOGENOSINTESI
La glicogenosintesi è un processo mediante il quale il glucosio
viene convertito in glicogeno per essere poi immagazzinato nel
fegato e nel muscolo. Innanzitutto, il Glucosio viene fosforilato in
Glucosio-6-fosfato tramite l’enzima Esochinasi; dopodichè,
Affinché il glucosio nella sua forma fosforilata (glucosio 6-fosfato)
entri nella sintesi del glicogeno deve subire una modifica.
L'enzima Fosfoglucomutasi converte il glucosio 6-fosfato in
glucosio 1-fosfato, spostando il gruppo fosfato dal C6 al C1. Per
ottenere la polimerizzazione con altre molecole di glucosio è
necessario che intervengano molecole di zuccheri legati ai
nucleotidi. ln questo caso la molecola di zucchero-nucleotide che
interviene è l'UDP-glucosio. La sintesi di tale molecola avviene
attraverso una reazione di condensazione mediata dall'enzima
UDP-glucosio pirofosforilasi, attraverso il quale è permesso il
legame tra il nucleotide UTP e il glucosio-1-fosfato. Questa
reazione permette la produzione di UDP-glucosio. La sintesi del
glicogeno si ha partendo da glicogeno preformato (almeno Otto residui di glucosio) ottenuto
dall'interazione con una proteina chiamata glicogenina, la quale svolge la funzione di catalizzare il legame
tra otto residui di glucosio costituendo l'innesco per la sintesi di glicogeno. Questo aggregato non verrà mai
degradato, ecco perché il glicogeno non viene mai esaurito del tutto. Al glicogeno preformato si
aggiungeranno altre unità di glucosio che allungheranno la catena. La reazione di trasferimento di glucosio
dall'UDP-glucosio all'estremità non riducente (non ramificata) della catena di glicogeno è catalizzata
dall’enzima Glicogenosintetasi, il quale forma legami alfa-1,6 grazie all’intervento di un enzima ramificante.
Sulle nuove ramificazioni la glicogenosintetasi può aggiungere altri residui di glucosio e l’enzima ramificante
può creare ulteriori ramificazioni, accrescendo così la molecola di glicogeno.
La Glicogenosintesi si trova principalmente in due forme: GSa (attiva e defosforilata) e GSb (inattiva e
fosforilata). Questo dipende prevalentemente da due proteine. La prima è la Fosfoproteina Fosfatasi che
defosforila attivando la glicogenosintesi; La seconda è la Glicogenosintasi Chinasi, una proteina chinasi
dipendente da cAMP, che fosforila inattivando la glicogenosintesi.
Ci troviamo in condizioni metaboliche opposte a quelle dell’attivazione dell’enzima Glicogeno Fosforilasi. In
questo caso in circolo vi sarà insulina. La Glicogenosintesi risponde anche di una regolazione allosterica, con
una differenza tra muscolo e fegato. Nel fegato risente tanto della presenza di Glucosio-6-fosfato che la
attiva allostericamente, anche perché l’insulina promuove un aumentata sintesi e attività di enzimi quali la
glucochinasi, per cui la concentrazione di Glcuosio-6-fosfato aumenta e questo Glucosio-6-fosfato andrà ad
attivare allostericamente la Glicogenosintesi. Nel muscolo non risente tanto del modulatore allosterico
Glucosio-6-fosfato, quanto piuttosto del Glicogeno stesso che retroagisce come modulatore allosterico
negativo. Nel muscolo sono presenti delle Glicogenosintasi Chinasi muscolari che inattivano la
Glicogenosintesi; queste chinasi risentono molto della concentrazione di Calcio e di cAMP.
GLICOGENOLISI
La glicogenolisi è un processo metabolico che degrada molecole di glicogeno fino ad ottenere il glucosio-1-
fosfato, convertito, infine, in glucosio-6-fosfato. In breve, alla fine di questo processo, l’attivazione
dell’enzima Glicogeno Fosforilasi permette la produzione di unità monomeriche di glucosio-1-fosfato che
grazie all’enzima Fosfoglucomutasi, viene convertito in glucosio-6-fosfato. Il Glucosio-6-fosfato avrà un
destino differente a seconda se ci troviamo nel muscolo o nel fegato. Nel fegato ci sono delle fosfatasi che
hanno come obiettivo la defosforilazione: quindi la defosforilazione consente al glucosio di uscire dalla
cellula per regolare la glicemia. Nel muscolo le fosfatasi non ci sono, quindi il glucosio-6-fosfato rimane
intrappolato. Quindi a livello muscolare il Glucosio-6-fosfato servirà a sopperire alle richieste energetiche
del muscolo per la contrazione; a livello epatico, invece, il glucosio immesso in circolo andrà a garantire il
mantenimento dell’omeostasi glucidica.
N.B. Il glucosio-6-tostato ottenuto dal glicogeno, entrerà nella glicolisi evitando la prima reazione della
stessa (nella quale il glucosio viene trasformato in glucosio-6-fosfato) e così facendo, oltre a velocizzare il
processo glicolitico, alla fine della glicolisi, si risparmierà una ATP (quella che dovrebbe essere utilizzata
nella prima reazione glicolitica) ottenendo in totale, 3 ATP anziché 2, come avviene nella glicolisi che utilizza
glucosio libero.
L'enzima Glicogeno Fosforilasi svolge la sua funzione fino a che non
raggiunge un punto che dista 4 residui di glucosio dal punto di
ramificazione, in prossimità del quale blocca la sua azione. Qui
interviene un enzima deramificante che svolge due funzioni:
- Un’attività transferasica che sposta un blocco di tre residui (sui
quattro rimanenti) dalla ramificazione ad una estremità non
riducente vicina legandolo attraverso un legame glicosidico alfa-1,4;
- Un’attività glicosidica attraverso la quale viene scisso il legame
alfa-1,6 della ramificazione e il singolo residuo rimasto sul punto di
ramificazione viene rilasciato sotto forma di glucosio libero.
L’AMPciclico non rimane libero all’interno del citoplasma, ma appena viene sintetizzato viene anche
degradato dalla fosfodiesterasi, che rompe il legame intramolecolare che ciclizza la molecola, liberando
AMP nel citoplasma.
ln condizioni di stress e attività fisica, l'ormone in grado di regolare il metabolismo del glicogeno è
l'adrenalina. Il meccanismo d'azione è del tutto simile a quello del glucagone, in quanto il recettore al quale
si lega è anche in questo caso associato a proteine G. aspetto fondamentale di questo meccanismo di
regolazione è che può avvenire sia nel fegato che nel
muscolo, naturalmente con funzioni differenti: nel fegato
regola in maniera controlla la demolizione del glicogeno
per la liberazione di glucosio nel circolo, inibendo allo
stesso tempo la glicolisi epatica; nel muscolo regola la
demolizione del glicogeno e stimola la glicolisi per produrre
energia per la contrazione muscolare. Il meccanismo di
regolazione dell'adrenalina funziona indipendentemente
dalle condizioni di digiuno.
La PKA a livello muscolare è attivata dall'adrenalina, ma può anche essere attivata da fattori allosterici.
Questi fattori allosterici sono i prodotti della degradazione di ATP impiegata nella contrazione muscolare,
ovvero AMP, ADP e Pi, nonché anche dal Calcio. Questo meccanismo di regolazione ci permette di
comprendere come avviene la deplezione di glicogeno muscolare in attività di breve durata (sprint 100 mt
della durata inferiore di 10").
I metaboliti del fruttosio entrano nella glicolisi dopo la 4° tappa, bypassando la via principale di regolazione
della glicolisi, ovvero la fosfofruttochinasi1. Per cui, il metabolismo del fruttosio non è regolato dalla
fosfofruttochinasi1. Ingerire notevoli quantità di fruttosio, vorrebbe dire produrre anche grandi quantità di
Acetil-CoA (ottenuto dall'ossidazione del piruvato). Non avendo necessità di produrre energia la cellula
epatica impiega l'Acetil-CoA nella sintesi degli acidi grassi. L'aumento di grassi epatici è dannoso.
Nel muscolo il fruttosio viene direttamente fosforilato dell'esochinasi (enzima che fosforila il glucosio),
impiegando 1 ATP, e ottenendo fruttosio-6-fosfato.
Problematica legata all'abuso di fruttosio è la deplezione della carica energetica intracellulare. Infatti,
soprattutto nell'utilizzo del fruttosio a livello epatico, l'attività della Frutto Chinasi richiede l'impiego di ATP,
producendo di conseguenza ADP. L'ADP non viene accumulato a livello cellulare, ma viene metabolizzato. Il
metabolismo di questi nucleotidi determina la produzione di acido urico, il cui accumulo è la causa di
malattie del metabolismo come la gotta.
Peculiarità del fruttosio è che il suo ingresso nella cellula non è
regolato dall'insulina, e ne stimola molto meno la secrezione
rispetto al glucosio.
Nello sportivo l'assunzione di fruttosio è importante in quanto è
facilmente assimilabile dai tessuti e la sua utilizzazione è
indipendente dall'insulina. Inoltre, rispetto ad una quantità
equivalente di glucosio non aumenta la glicemia e quindi non
stimola la secrezione di insulina.
<- *metabolismo del galattosio*
METABOLISMO DEL GALATTOSIO
Il galattosio non può entrare nella glicolisi
direttamente, ma deve subire una serie di
reazioni con la formazione di intermedi
prima di produrre glucosio-1-fosfato che
viene poi impiegato nella glicolisi.
I chilomicroni non sono le uniche particelle lipoproteiche presenti nel nostro circolo sanguigno. Abbiamo,
infatti, altre particelle lipoproteiche, il cui nome dipende dalla densità della particella stessa. Queste sono:
- VLDL (very Iow density lipoproteins) -> prodotte dal fegato e deputate al trasporto di trigliceridi e in
minor parte colesterolo al muscolo e al tessuto adiposo;
- LDL (Iow density lipoproteins) -> deputate al trasporto di colesterolo esterificato dal fegato ai tessuti
periferici;
- HDL (high density lipoproteins) -> sono sintetizzate dal fegato e sono deputate alla rimozione del
colesterolo dai tessuti periferici, trasformandolo al loro interno in colesterolo esterificato.
Più sono dense più contengono proteine e meno lipidi.
Il chilomicrone contenente i lipidi alimentari una volta nel circolo sanguigno riceve delle apolipoproteine
specifiche dalle particelle HDL, divenendo chilomicroni maturi. Queste proteine permettono il
raggiungimento di tessuti specifici (muscolo e tessuto adiposo). I chilomicroni una volta entrati nel circolo
sanguigno raggiungono i capillari dei tessuti che impiegano lipidi (muscolo e tessuto adiposo). Sulla
superficie di questi tessuti troviamo le lipoproteine lipasi che scindono i trigliceridi in acidi grassi e 2-
monoacilglicerolo. Una volta staccati gli acidi grassi questi vengono assorbiti dal tessuto: nel muscolo
vengono impiegati o per produrre energie o come riserva di acidi grassi (trigliceridi intramuscolari); nel
tessuto adiposo vengono impiegati per produrre gli adipociti, goccioline lipidiche. A questo punto i
chilomicroni, definiti remnants perché scarichi in gran parte di trigliceridi, vengono reindirizzati al fegato
per poter essere poi riutilizzati successivamente.
Gli acidi grassi a catena corta (8-10 carboni, contenuti nei latticini), senza essere assemblati all'interno del
chilomicrone, vengono assorbiti dall'enterocita e immessi direttamente nel torrente circolatorio. Per cui,
nel circolo sanguigno troviamo anche acidi grassi liberi, associati in ogni caso a delle proteine, albumina in
particolare, che ne permette la solubilizzazione e il raggiungimento dei distretti di utilizzo.
Il tessuto adiposo rappresenta la principale riserva di lipidi nel nostro corpo. In media ne troviamo circa
12Kg, distribuito nei vari distretti corporei. L’unità morfo-strutturale del tessuto adiposo e l’adipocita,
cellula formata al suo interno in gran parte da trigliceridi. Sulla membrana dell'adipocita sono collocate
delle proteine, le perilipine, importanti nella regolazione della degradazione dei trigliceridi contenuti
nell’adipocita.
Le riserve di grassi a livello muscolare (triacilgliceroli muscolari 300g/2700 Kcal), sebbene non sia cospicuo
paragonato alle riserve di grassi del tessuto adiposo (12Kg/108000 Kcal), sono delle fonti molto importanti
e dinamiche per il mantenimento di determinate attività (endurance, alcune tipologie di sport di squadra).
Troviamo una parte di acidi grassi liberi nel circolo ematico legati all'albumina (acidi grassi liberi plasmatici,
circa 0,4gr/3,6 kcal) e una parte trasportate dalle altre particelle lipoproteiche (triacilgliceroli plasmatici
4gr/36 kcal).
SINTESI LIPIDICA
La sintesi lipidica è una via anabolica che ci consente nel muscolo, nel tessuto adiposo e in parte anche nel
fegato, lo stoccaggio dei lipidi. Questo processo prevede l'impiego di intermedi della glicolisi, in quanto i
trigliceridi essendo formati da acidi grassi e glicerolo, necessitano la produzione di quest'ultimo per la
sintesi lipidica. Il glicerolo è un polialcol (polare) prodotto a partire dal diidrossiacetonfosfato che grazie
all'enzima glicerolo-3-fosfato deidrogenasi viene convertito in glicerolo-3-fosfato. Quest'ultimo verrà poi
impiegato per legare gli acidi grassi provenienti dai trigliceridi alimentari in condizioni postprandiali, o dalle
VLDL rilasciate dal fegato per sintesi endogena. Prima di essere attaccato al glicerolo, l'acido grasso deve
essere attivato. L'attivazione avviene nel citoplasma grazie all'enzima Acil-CoA sintetasi, che, impiagando 1
ATP, lega l'acido grasso al CoA, producendo Acil-CoA. A questo punto gli acidi grassi attivati possono essere
attaccati al glicerolo per opera di una serie di enzimi.
LIPOLISI
La lipolisi è attivata con il rilascio di adrenalina. Il legame dell'adrenalina al recettore attiva l'adenilato
ciclasi, il che comporta la produzione di AMPciclico. L'AMPciclico attiva la PKA che andrà a fosforilare le
perilipine; le perilipine mantengono le lipasi inattive, quando quest'ultime sono legate alle perilipine non
possono entrare nelle gocce lipidiche. Quando giunge lo stimolo dell'adrenalina, vengono attivate le
perilipine tramite fosforilazione e queste non sono più in grado di legare le lipasi che potranno ora agire.
Contemporaneamente la PKA fosforila anche le lipasi, aumentando la loro azione. Questa operazione
avviene anche in condizioni di digiuno. ln questo caso il segnale è rappresentato dal glucagone, ma il
meccanismo è simile.
ln condizioni di alta carica energetica l'insulina svolge due azioni: da una parte ripristina le riserve di AMP e,
diminuendo la concentrazione di AMPciclico, la PKA si inattiva con tutto ciò che ne consegue.
Parallelamente l'insulina attiva le fosfatasi, che andranno a defosforilare le lipasi e le perilipine che
torneranno a legare le lipasi.
Sintesi e degradazione lipidica sono quindi finemente regolate a livello ormonale e dagli alimenti che
introduciamo, così come dall'attività fisica a medio-bassa intensità. Il metabolismo dei Carboidrati
parzialmente influenza quello dei lipidi e viceversa, considerata l'azione dell'insulina sul metabolismo
lipidico. Una grande quantità di carboidrati, ad esempio, può fare aumentare la produzione di insulina che
andrà ad inibire il metabolismo lipidico.
LA BETA-OSSIDAZIONE
Consiste nella conversione degli acidi grassi in Acil-CoA e Acetil-CoA, in 4 tappe tramite enzimi situati nella
matrice mitocondriale che degradano gli acidi grassi, rimuovendo unità a 2C. Gli acidi grassi vanno incontro
alla suddivisione della catena carboniosa in unità bicarboniose, rimuovendo 4H e 2 coppie di elettroni
mediante i coenzimi NAD+ e FAD+ che trasporteranno poi direttamente l'energia alla catena di trasporto
degli elettroni. Gli acidi grassi con 14 o più atomi di C devono prima affrontare lo shuttle della carnitina, il
cui obbiettivo è quello di tenere separati il CoA mitocondriale con quello citosolico, in quanto il primo è
coinvolto nella degradazione del piruvato e altre reazioni mitocondriali, il secondo viene utilizzato per la
biosintesi degli acidi grassi o può essere trasferito nella matrice mitocondriale per essere ossidato e
produrre ATP. La beta-ossidazione prosegue fin quando l'acido grasso non viene completamente convertito
in Acetil-CoA. Per ogni unità carboniosa vengono rimossi 2 elettroni con produzione di 4 ATP. L’Acetil-CoA
formato nel fegato durante l’ossidazione può entrare nel ciclo di Krebs o essere trasformato in corpi
chetonici.
Attivazione: avviene in situazioni di digiuno o durante esercizio fisico intenso/di lunga durata. ln ognuna di
queste 2 situazioni, il repentino utilizzo di ATP determina un aumento di AMP, il quale attiverà l'enzima
chinasi in grado di fosforilare l'Acetil-CoA decarbossilasi che sarà inibito. Di conseguenza diminuirà la
quantità di malonil-CoA con conseguente arresto della biosintesi e attivazione della beta-ossidazione.
Disattivazione: è dovuta a un eccesso di carboidrati che determina un aumento del malonil-CoA che
provoca l'inibizione dell'Acil-transferasi-1, con conseguente rallentamento della beta-ossidazione.
Altrimenti, a seguito di un'abbondanza energetica (NADH), viene inibito l'enzima beta-idrossiacil-CoA
deidrogenasi. O ancora elevate concentrazioni di Acetil-CoA mitocondriale inibiscono la Tiolasi. Infine,
questa via può essere regolata dall'azione dell'ormone insulina.
CHETOGENESI
I corpi chetonici vengono sintetizzati dal fegato in condizioni di limitata disponibilità di glucosio, come
digiuno prolungato, diete con ridotto apporto di carboidrati, diabete. I corpi chetonici si distinguono in
acetoacetato, Beta-idrossibutirrato e acetone. Nel fegato, quando abbiamo ridotte disponibilità di
glucosio, non venendo prodotto piruvato come prodotto terminale della glicolisi, saranno basse anche le
concentrazioni di ossalacetato, impiegato dal fegato stesso per la gluconeogenesi. Il fegato, per sopperire
all'accumulo di Acetil-CoA, lo impiega nei mitocondri delle cellule epatiche, producendo corpi chetonici e
CoA impiegato poi nella Beta-ossidazione. Acetoacetato e beta-idrossibutirrato vengono liberati dal fegato
nel circolo sanguigno, giungendo ad organi quali muscolo, cuore e cervello, dove verranno degradati ad
Acetil-CoA, impiegato nel Ciclo di Krebs senza dover impiegare glucosio. L’acetone viene facilmente
eliminato tramite la respirazione. I corpi chetonici, inoltre, tendono ad abbassare il pH del sangue,
acidificandolo.
LIPOGENESI
I lipidi possiamo produrli tramite la lipogenesi, nel tessuto adiposo e nel fegato, da precursori ottenuti dal
metabolismo del glucosio. La lipogenesi avviene nel citoplasma cellulare. Intermedio importante è il citrato,
proveniente dal ciclo di Krebs, trasportato dalla membrana mitocondriale interna all'esterno del
mitocondrio da trasportatori specifici. Dal citrato si ottengono ossalacetato e Acetil-CoA. L'ossalacetato
viene ridotto a malato dalla malato deidrogenasi, impiegato nella sintesi degli acidi grassi. Dall'Acetil-CoA,
grazie all'enzima Acetil-CoA carbossilasi,
impiegando ATP e CO2, si produce il
malonil-CoA. L'enzima Acetil-CoA
carbossilasi esiste come monomero, ma è
attivo soltanto quando polimerizza (21
monomeri). L'enzima viene stimolato dal
citrato (regolatore allosterico) e dall'insulina
(fosforilazione). Quest'ultima è un segnale
di elevata presenza di substrati energetici,
condizione ottimale per l'attivazione della
lipogenesi, in quanto se vi fosse carenza di
substrati energetici non sarebbe produttivo per la cellula impiegare energia per la produzione di grassi.
L'attività enzimatica viene inibita dall'Acil-CoA (fosforilazione), dall'adrenalina e dal glucagone. Quando è
attiva la lipogenesi è inattiva la Beta-ossidazione, perché il malonil-CoA blocca lo shuttle della carnitina.
Dopo 7 passaggi dagli acetili viene creato un acido grasso de novo, il palmitato (16:0). Questo viene
modificato in seguito, accorciando o allungando la catena. Il costo energetico per la produzione de novo di
acidi grassi non è da sottovalutare; appunto per questo motivo la lipogenesi viene attivata solo quando
siamo in condizioni di surplus energetico. La richiesta energetica per la produzione di acido palmitico,
infatti, è di: 8 Acetil-CoA (1 Acetil-CoA nel ciclo di Krebs -> 12 ATP); 7 ATP; 14 NADPH + H+ (1 NADPH + H+
nella catena respiratoria -> 3 ATP).
GLUCONEOGENESI
Processo attraverso il quale si produce glucosio da substrati non glucidici. È particolarmente attiva in
situazioni di digiuno prolungato e fortemente stimolata
dall’ormone cortisolo e glucagone. La gluconeogenesi
avviene nel citosol delle cellule epatiche e nella corteccia
renale. La maggior parte delle reazioni della
gluconeogenesi sono reazioni glicolitiche che procedono
in direzione inversa, bypassando le 3 reazioni irreversibili
che verranno catalizzate da un gruppo di enzimi
differenti. Il piruvato, grazie alla piruvato carbossibilasi,
produce ossalacetato bypassando la tappa della piruvato
chinasi. L'ossalacetato viene convertito a malato per
attraversare la membrana, dopodichè si riconverte ad
ossalacetato nel citoplasma, dove l'enzima
fosfoenolpiruvato carbossichinasi elimina la molecola di
CO2 dall'ossalacetato, producendo fosfoenolpiruvato. Le
tappe successive sono quelle della glicolisi al contrario
fino alla 3° tappa. Questa tappa viene bypassata grazie
all'enzima fruttosio 1,6-bisfosfatasi che catalizza l'idrolisi
del fruttosio-1,6-bisfosfato convertendolo in fruttosio-6-
fosfato. L'altra tappa irreversibile, ovvero la 1°, viene
bypassasta grazie all'enzima glucosio-6-fosfatasi (stessa
reazione ed enzima della glicogenolisi) che converte il
glucosio-6-fosfato in glucosio, senza però comportare la
formazione di ATP.
Il consumo energetico per la produzione de novo del glucosio è di 6ATP (4ATP + 2GTP) e 2NADH + H+. La
Gluconeogenesi viene inibita dall’insulina e stimolata dal glucagone, cortisolo (stress), Acetil-CoA (attivatore
allosterico della piruvato carbossilasi in condizioni di digiuno ed elevata azione della beta-ossidazione).
Molecole Gluconeogeniche sono:
- Lattato -> prodotto dalla conversione del piruvato in lattato. Questo composto, messo in circolo, giunge
al fegato e grazie all’enzima lattato deidrogenasi viene riconvertito a piruvato il quale rientra nella
gluconeogenesi;
- Glicerolo -> prodotto dalle lipasi che agiscono sui trigliceridi producendo acidi grassi e glicerolo.
Quest’ultimo giunge al fegato il quale lo impiega come intermedio della gluconeogenesi. L’enzima
glicerolo chinasi (presente nel fegato, ma non nel muscolo e nel tessuto adiposo) viene fosforilato a
glicerolo-3-fosfato il quale, per opera della glicerolo-3-fosfato deidrogenasi, viene convertito a
diidrossiacetonfosfato che rientra nella gluconeogenesi;
- Aminoacidi -> 18 dei 20 aminoacidi possono essere impiegati per produrre glucosio nella
gluconeogenesi. Quelli maggiormente impiegati sono glicina, glutammato, glutammina e alanina.
TURNOVER PROTEICO
Il 99% degli aminoacidi presenti nel corpo non è in forma libera, ma impiegato nella costituzione delle
proteine. Il muscolo costituisce la maggior riserva di aminoacidi dell'organismo. Nel muscolo è presente
anche il maggior pool di aminoacidi liberi (circa l’80%):
- Muscolo -> alanina, aspartato, glutammato, glutammina (20 mmol/Kg), leucina, serina, valina e taurina
(25 mmol/Kg);
- Fegato -> alanina, aspartato (18,7 mmol/Kg), glutammato, glutammina, leucina, serina, valina e taurina
(8,5 mmol/Kg).
Molte proteine (come i messaggeri) hanno un emivita breve e devono perciò essere degradate quando non
sono più necessarie. La degradazione delle proteine prende il nome di turnover proteico. Quest'ultimo
caratterizza il 20 % del dispendio energetico giornaliero. ln media noi necessitiamo di 400 g di proteine al
giorno, tramite la dieta mediterranea, però, ne assumiamo circa 90 g, i restanti 300 ci vengono forniti dal
fegato che è, infatti, in grado di sintetizzare le proteine. Il turnover proteico avviene anche per la rimozione
delle proteine danneggiate, contribuendo al pool di aminoacidi liberi nelle cellule e nel plasma.
Il pool di amminoacidi liberi viene impiegato per:
- Sintesi de novo di proteine;
- Acetil-CoA, Glucosio e Corpi chetonici -> gli amminoacidi contribuiscono indirettamente in termini
energetici per produrre molecole impiegate poi per produrre energia;
- ln particolare, composti azotati (eme, creatina, purine e pirimidine, ammoniaca...) -> gli aminoacidi
sono molecole contenenti azoto, le proteine infatti sono la nostra fonte di azoto.
Gli aminoacidi, ad opera di alcuni trasportatori, entrano nei tessuti non potendo rimanere nel circolo
ematico come tali.
CICLO DELL’UREA
La produzione di urea ha inizio nella matrice mitocondriale degli epatociti dove giunge l'ammoniaca in
seguito alla deaminazione ossidativa. L'urea prodotta sarà poi convogliata ai reni per essere infine escreta
sotto forma di urina. Il ciclo si compone di 5 reazioni: 2 mitocondriali e 3 citosoliche. Il ciclo richiede
l'utilizzo di 3 ATP, ma la via metabolica non risulta dispendiosa in quanto è collegata a quella del ciclo di
Krebs. Infatti, durante le reazioni del ciclo dell'urea avviene la formazione di fumarato il quale andrà poi a
ridurre il costo energetico partecipando indirettamente al Ciclo di Krebs.
Impostazione appunti da qui in poi: Quale via metabolica si attiva? Quali sono i meccanismi di disattivazione
di tale metabolismo? Strategie nutrizionali in riferimento al tipo di esercizio specifico.
METABOLISMO ENERGETICO DEL MUSCOLO DURANTE ESERCIZI BREVI AD ALTA INTENSITÀ
Attività molto intense che durano da alcuni secondi fino a 1-2 minuti (es. 100 m, corsa, nuoto ma anche in
alcuni sport di squadra).
Il metabolismo energetico lavora sull'impiego di ATP. La cellula muscolare deve produrre quindi in maniera
costante e continua ATP, non potendola immagazzinare come riserva. Lo fa attraverso diversi procedimenti,
uno dei quali è quello della creatina chinasi. Gli altri sono:
1) Fosforilazione a livello del substrato: vie di risintesi dell'ATP inserite in vie metaboliche. Si tratta della
risintesi dell'ATP a partire dalle molecole con un potere di trasferimento di un gruppo fosforico più
elevato dell'ATP. ln particolare, parliamo di fosforilazione del fosfoenolpiruvato, del 1,3bisfosfoglicerato
e della fosfocreatina. Es: l'enzima trasferisce il gruppo fosfato della fosfocreatina sull'ADP, formando
così ATP e creatina;
2) Mioadenilato Chinasi: enzima che normalmente non è attivo, ma si attiva quando la cellula entra in un
deficit energetico, ovvero quando la risintesi di ATP non è sufficiente a sostenere un’attività, e quindi
abbiamo alte concentrazioni di ADP. Se l'ADP aumenta, l'enzima forma un ATP + AMP da 2 ADP. L'AMP
diventa un chiaro segnale per gli enzimi regolatori, cioè una molecola in grado di stimolare il
metabolismo. Questa molecola ha un sito specifico su diversi enzimi che regolano il metabolismo e
quindi la sua presenza in quel sito ne aumenta l’efficienza. Andrà, quindi, a stimolare la glicolisi e la
glicogenolisi.
3) Fosforilazione ossidativa: (c’è bisogno d’ossigeno – mitocondri) in questo caso, viene aggiunto all'ADP
un gruppo fosfato inorganico (libero, non derivante da un'altra molecola che lo trasferisce come
avviene invece nel caso precedente). Non essendoci in questo caso il trasferimento di un fosfato da una
molecola a più elevato contenuto energetico a una molecola con contenuto energetico minore,
l'energia deve derivare da un altro processo, nonché il gradiente protonico. Quest'ultimo darà l'energia
sufficiente all'ATPsintasi per formare ATP da ADP + Pi;
I meccanismi energetici che si attivano in ordine cronologico (descrivi immagine da dx verso sx).
Dall'esercizio ad alta intensità di breve durata a quello aerobico di lunga durata.
Nell'esercizio massimale di breve durata si ha un utilizzo di ATP pari a 3,7 mmol ATP/kg/s. Impiegando
interamente le scorte di ATP muscolare (circa 5 mmol/Kg) non sarebbe possibile protrarre l'esercizio per più
di 2 secondi. ln esercizi submassimali (75% VO2max) con un utilizzo di ATP pari a 0,4 mmol ATP/kg/s si
riuscirebbe a sostenere l'attività per circa 15 secondi. Le scorte di ATP muscolare non sono sufficienti,
quindi, devono attivarsi nell'immediato altre vie di produzione energetica. ln ogni caso la cellula non può
scendere al di sotto del 60% delle scorte di ATP in quanto questo provocherebbe morte cellulare.
Quanto incidono i livelli di glicogeno sulla capacità di sostenere attività di breve durata? L'utilizzo di
glicogeno nei primi 30" è di circa 100 mmol/kg dei 500 mmol/kg disponibili nel muscolo (circa 20%), con
una produzione di ATP di circa 300 mmol/kg/dm (75 mmol/kg ww), nonché 3-4 volte superiore alla
produzione di ATP dalla Fosfocreatina (25 mmol/Kg ww).
REGOLAZIONE DELLA CREATINA CHINASI
È regolata dalla concentrazione dei substrati e dei prodotti, e si attiva in pochi millisecondi. La creatina
chinasi è un enzima quasi all'equilibrio, cioè reagisce in base ai substrati presenti. La deplezione della
fosfocreatina richiede alcuni minuti prima di essere ripristinata. Dal punto di vista alimentare è importante
avere un pool di creatina cospicuo. Se c’è Creatina e ATP la Creatina Chinasi forma Fosfocreatina + ADP;
viceversa, se c’è Fosfocreatina + ADP forma Creatina e ATP. Perché non abbiamo scorte maggiori di creatina
e fosfocreatina? Perché la creatina è una molecola carica, polare come il glucosio libero, per cui,
immagazzinare grosse quantità di questa molecola implicherebbe un aumento del peso per via
dell’osmolarità.
Integratori -> Tra quelli che meglio conosciamo abbiamo: Creatina (monoidrato), caffeina, sodio
bicarbonato, Beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non abbiamo
una piena conoscenza. Tra questi creatina, caffeina e fosfati sono di interesse degli sport brevi ad alta
intensità:
- Creatina: è in grado di aumentare in maniera acuta la performance di sport ad alta intensità o gli effetti
allenanti nel training di questi sport. Effetti dell'assunzione di creatina sono aumento di massa magra,
di potenza e di forza muscolare; questo perché aumentano le scorte interne di creatina (di un 20/30%).
L'aumento dell'ingresso di creatina nel muscolo è favorito dalla presenza di insulina. Non sono stati
attualmente dimostrati effetti collaterali gravi, quello che si deve tenere in considerazione è che la
creatina richiama acqua (vengono sollecitati i reni), il che determina un incremento di peso.
La creatina agisce in brevi periodi: 3-5g/die per 5-7 settimane sono sufficienti a percepire i risultati.
- Caffeina: è riconosciuta come sostanza ergogenica dal comitato olimpico. L'utilizzo è estremamente
diffuso sia tra gli atleti di endurance, sia tra gli atleti di sport brevi ad alta intensità.
Approssimativamente, l'effetto ergogenico è dato da un consumo di circa 3-6mg/kg (2 tazzine di
espresso). Bisogna porre attenzione nell'assunzione di determinati farmaci ad alto contenuto di
caffeina, vicino al massimo dosaggio consigliato. Il picco degli effetti lo abbiamo a 60' dall'assunzione
circa. Dosaggi inferiori possono essere assunti appena prima o addirittura anche durante la gara
(questo è rilevante negli sport di endurance).
Meccanismi d'azione: Avendo un effetto analgesico riduce il dolore muscolare e la percezione dello
sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti diretti sul SNC (da antagonista sul recettore dell’adenosina);
Ha un effetto sulla capacità di contrazione muscolare, probabilmente grazie ad un’azione diretta sul
calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore effetto è quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina
che determina un maggiore rilascio di acidi grassi, questo però non è influente sulla prestazione, a
maggior ragione su quella di breve durata. La caffeina favorisce la diuresi.
Gli effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …
- Fosfageni: Sodio-fosfato, calcio-fosfato, potassio-fosfato. Benefici in prestazioni di massima potenza da
pochi secondi ad alcuni minuti. Non ci sono evidenze scientifiche dell'accumulo di fosfato all'interno del
muscolo tramite supplementazione, per questo motivo non si possono dimostrare certi effetti
ergogenici. Ci sono comunque altri effetti ergogenici legati al consumo dei fosfati a livello ematico, in
particolare rilevanti negli sport di endurance: il fosfato entra all'interno dei globuli rossi e sottoforma di
2,3-bisfosfoglicerato riduce l'affinità tra ossigeno ed emoglobina e induce così un maggiore rilascio di
ossigeno a livello periferico (>V02max); inoltre, sembra esserci un collegamento con un aumento di
contrattilità cardiaca. Pur non entrando nel muscolo, dal fosfato è possibile formare idrogeno-fosfato
(accettore di protoni formando diidrossiacetonefosfato), in grado di contrastare l’acidificazione. infine,
c'è un effettivo aumento di ATP e Fosfocreatina in vitro, ma non si conosce l'eventuale meccanismo all'
interno del muscolo.
METABOLISMO ENERGETICO NELL’ESERCIZIO FISICO INTENSO DI POCHI MINUTI
Attività molto intense che durano alcuni minuti (es. 1500m, nuoto, pugilato, canottaggio, ma anche alcuni
sport di squadra). Sono sport che hanno qualcosa in comune con gli sport brevi ad alta intensità, ma
aumenta la richiesta a carico del metabolismo aerobico. Anche
in un atleta di altissimo livello la performance non può essere
sostenuta al 100% dal metabolismo aerobico, ci sarà sempre
un'attivazione del 20% circa del metabolismo anaerobico.
Inoltre, l'attivazione del metabolismo aerobico non è
immediata, nelle fasi iniziali lo sforzo è quindi sostenuto da
altre vie. Come si è visto per gli esercizi di brevissima durata, i
diversi metabolismi si attivano in maniera sequenziale:
inizialmente l’esercizio sarà sostenuto prima dalla
fosfocreatina, poi dalla Glicolisi anaerobica e soltanto dopo il
15° secondo subentra il metabolismo aerobico. [Confrontando,
nel post esercizio, il consumo di ossigeno effettivo con quello
previsto dalla richiesta della prestazione, il valore energetico
mancante è detto anaerobic capacity e corrisponde alla
quantità di energia sostenuta dal metabolismo anaerobico.]
*Se in performance di pochi secondi (es. 200m) il metabolismo
anaerobico ricopre l’80% del consumo di ATP, in prestazioni di
durata superiore (es. 1500m) il contributo deriva per un 80-90% circa dal metabolismo aerobico.
Ovviamente questo switch di metabolismo si rispecchia nell'espressione di potenza* *immagine a sinistra*
Cause della fatica in questo tipo di attività -> il processo di acidificazione in questa tipologia di sport
diventa ancora più importante. Venendo attivato tutto il metabolismo anaerobico, vi sarà una produzione
significativa di lattato. I meccanismi della fatica spiegano perché non è possibile correre alla stessa velocità
all’aumentare della distanza; nella fase iniziale si ha un calo della potenza dovuto alla deplezione della
Fosfocreatina: la deplezione di questa ha come conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità adeguate
di ATP. Si accumulano una serie di metaboliti che fungono da inibitori allosterici di importanti enzimi
regolatori e agiscono anche a livello dell'interazione actina-miosina.
In questa tipologia di esercizio, l'acidificazione acquisisce una maggiore importanza, questo non è tanto
dovuto alla produzione del lattato, quanto più alla stessa idrolisi dell'ATP, che determina un elevato rilascio
di ioni H+. Questo processo è per lo più citosolico, perché nel mitocondrio c'è un impiego di ioni H+ dovuto
al processo chemiosmotico.
L'utilizzo del lattato come marcatore è molto utile: è indice di quanto stia lavorando il metabolismo
anaerobico. Il pH nel muscolo si abbassa in maniera variabile in base al tipo di esercizio. Gli ioni H+
inibiscono la Fosfofruttochinasi1 e la Glicogeno Fosforilasi, oltre ad avere effetti diretti sul meccanismo della
contrazione muscolare, agiscono sul processo di rilascio del calcio e sull’interazione actina-miosina; hanno
effetti inibitori anche sulla sintesi di Fosfocreatina e sono invece un fattore allosterico positivo per le
terminazioni nervose sotto l’aspetto del dolore.
*Acido lattico = lattato + ione H+. L’acido lattico è un acido debole, questo dipende dalla sua PKA che ci
indica a che valore di pH troveremo un 50% di forma dissociata e un 50% di forma non dissociata della
molecola. La PKA dell’acido lattico è 3,8. A valori più bassi di pH la reazione tenderà verso la produzione di
acido lattico; a valori più elevati si avrà, invece, più lattato. Per questo motivo nel muscolo (PH=7) avremo
sempre lattato e mai acido lattico (può fare eccezione l’1% dei casi). *
ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. Tra questi, creatina, caffeina, sodio bicarbonato, sodio citrato e beta-
alanina sono di maggiore interesse in questo tipo di prestazione.
- Sodio bicarbonato NaHCO3: è in grado di aumentare l'effetto tampone extracellulare. Aumentando le
capacità del sangue di neutralizzare l'accumulo di ioni H+, il muscolo sarà in grado di proseguire la
glicolisi anaerobica per più tempo, aumentando la performance. Altro effetto di tale integratore è
quello di agevolare la funzionalità della pompa sodio potassio. Inoltre, vi è un aumento delle capacità
contrattili. Nel training, sembra abbia effetti a livello di trascrizione genica, che comporta una maggiore
produzione di trasportatori MCT (trasportatori del lattato).
Bisogna attenzionare l'utilizzo di queste sostanze, in termini di tempi di somministrazione, essendo
l'effetto necessario al momento effettivo dell'acidificazione. Tutte le sostanze in grado di modificare il
pH possono causare disturbi gastrointestinali piuttosto soggettivi, per questo è consigliato ridurre i
dosaggi e razionare le assunzioni;
- Sodio citrato: avendo un assorbimento leggermente differente dal NaHCO3, si riducono gli effetti
collaterali a livello gastrointestinale. La funzione è analoga al sodio bicarbonato;
- Beta-alanina: aumenta le riserve endogene del muscolo di tamponi. A livello muscolare troviamo la
carnosina (accettore di ioni H+), dipeptide sintetizzato a partire da L-istidina e da Beta-alanina.
La L-istidina è presente in grandi quantità, il reagente limitante può essere invece la beta-alanina;
integrandola, aumenterà la disponibilità di carnosina, aumentandone le riserve interne. La
somministrazione del supplemento può essere efficace nell'ordine di pochi mesi. Effetti collaterali
possono essere formicolii e rush cutanei. Non è possibile quantificare l’aumento di carnosina in seguito
all’integrazione, in quanto risulta essere altamente soggettivo. L’efficacia di tale integrazione su atleti di
alto livello sembra essere dubbia.
ln una gara potrei adottare due possibili strategie per ottimizzare al meglio il consumo di glicogeno:
- Aumentare le riserve interne di glicogeno tramite una dieta iperglucidica.
- Aumentare l'ossidazione degli acidi grassi diminuendo le scorte di carboidrati.
Ma se riduco i carboidrati, riduco quindi il glicogeno muscolare e di conseguenza la performance in attività
di lunga durata peggiora. Si può fare questa scelta solo se 3 giorni pre-gara si cambia la dieta con un alto
contenuto di carboidrati. Così facendo, il Glicogeno plasmatico non varia, l’utilizzo del Glicogeno muscolare
diminuisce del 30%, mentre l’ossidazione dei grassi viene aumentata. La performance, quindi, non aumenta
seguendo una dieta ad alto contenuto lipidico piuttosto che glucidico, a volte può anche diminuire; questo
perché la diminuzione dell'efficienza del metabolismo glicolitico può essere deleteria per gli atleti di alto
livello. Una performance di alto livello, infatti, è data dalla capacità di utilizzare al meglio le proprie riserve
di glicogeno e sfruttare, fin dove possibile, le scorte lipidiche a favore del risparmio dei carboidrati.
Un’altra strategia è quella di assumere carboidrati durante la gara stessa: la strategia si adatta bene a
esercizi di lunga durata, in quanto, anche se assumendo zuccheri semplici, devono avvenire i processi di
digestione e assorbimento. Più il carboidrato è complesso, più questi fenomeni sono dilungati. Bisogna
tener conto, però, che i carboidrati richiamano acqua; quindi, un'assunzione di carboidrati non
proporzionata al loro utilizzo può determinare lo stazionamento dei carboidrati nell'intestino, il che può
determinare problemi intestinali anche gravi che si ripercuotono sulla performance. In particolare, questo è
dato dall'assunzione di fruttosio (bevande comuni), per il quale vi sono pochi trasportatori (GLUT5). Si è
però notato che l'accoppiata di glucosio e fruttosio è ottimale: se assumiamo un solo carboidrato, abbiamo
una capacità di assorbimento di 1gr/min; tramite l'assunzione multipla di carboidrati si può raggiungere
una capacità di 1,75gr/min. Alcuni studi dimostrano che negli sport che prevedono prove ripetute nel breve
tempo, l'assunzione di carboidrati misti può favorire il processo di recupero. Pochi studi riguardano
l'integrazione di carboidrati, il principale problema è la grande variabilità che c'è a livello individuale sulla
tolleranza che si ha nell'assunzione di tali integratori. Altro aspetto interessante è la differenza tra la flora
batterica di un soggetto sedentario e di uno attivo. (si può allenare l’intestino alla tolleranza).
Nel flusso ematico, gli zuccheri hanno come organo bersaglio (oltre il muscolo) anche il fegato. ln condizioni
di riposo sarebbe questo il principale destino del glucosio, in fase di esercizio circa il 30% del glucosio viene
assorbito e metabolizzato dal fegato, il resto dal muscolo. Per quanto riguarda il fruttosio, anche in fase di
esercizio il 100% raggiunge il fegato, dove tramite gluconeogenesi, verrà convertito in glucosio che potrà
raggiungere il muscolo e andare incontro a glicolisi oppure andare direttamente incontro a glicogenosintesi.
ln una gara, può determinare il miglioramento della performance, anche il semplice risciacquo della bocca
con una bevanda a base di carboidrati, è stato infatti dimostrato che questo induce il cervello ad attivare
meccanismi in grado di ridurre la sensazione di fatica senza andare ad intaccare l’intestino.
L'assunzione di carboidrati determina una minore percezione della fatica, questo è dovuto probabilmente
alla capacità di mantenere stabili i valori glicemici. Potrebbe però diminuire la funzionalità del sistema
immunitario, il che può non essere rilevante per la gara in corso ma lo è per una eventuale gara successiva.
ln termini di integratori, tra quelli che meglio conosciamo collochiamo: Creatina (monoidrato), caffeina,
sodio bicarbonato, beta-alanina e nitrati. Fosfati, sodio citrato e carnitina sono i supplementi di cui non
abbiamo una piena conoscenza. In questo tipo di sport, creatina, caffeina e carnitina sono integratori
efficaci.
- L’integrazione di creatina, non ci si aspetterebbe che possa essere un integratore di interesse degli
sport di endurance essendo che la fosfocreatina viene utilizzata nei primi secondi di esercizio; se
assunta nel training, però, favorisce il ripristino delle scorte di glicogeno. Attraverso il suo recettore
attiva dei pathways per la trascrizione genica di geni che spingono la cellula verso un aumento della
capacità cellulare di utilizzo dei carboidrati. Inoltre, favorisce il ripristino delle proteine muscolari nelle
fasi di recupero. Avendo la creatina proprietà osmotiche, inoltre, previene il processo di disidratazione
durante la performance di lunga durata. Per questa stessa proprietà, bisogna considerare, però, la
possibilità di una riduzione delle capacità prestative dovuta all’aumento del peso.
- La caffeina raggiunge il picco del suo effetto dopo circa 60min, in questo tipo di sport può quindi essere
assunta anche immediatamente prima o durante la gara. Avendo un effetto analgesico, riduce il dolore
muscolare e la percezione dello sforzo, probabilmente tramite i suoi effetti diretti sul SNC (da
antagonista sul recettore dell’adenosina); Ha un effetto sulla capacità di contrazione muscolare,
probabilmente grazie ad un’azione diretta sul calcio; A dosaggi molto elevati un ulteriore effetto è
quello dell’innalzamento dei livelli di adrenalina che determina un maggiore rilascio di acidi grassi. Gli
effetti collaterali della caffeina emergono al superamento del dosaggio consigliato, questa può
determinare nausea, insonnia, un aumento della produzione di urine, tachicardia, …
- La Carnitina può avere due effetti principali ergogenici: facilitare l’ingresso degli acidi grassi
favorendone l’ossidazione; negli sport ad alta intensità; quando la glicolisi produce elevate quantità di
Acetil-CoA, la carnitina può accettare il gruppo acetile (acetil-carnitina) e liberare CoA, prevenendo
l’accumulo di Acetil-CoA e il rallentamento del ciclo di Krebs. Assumendo carnitina in combinazione con
carboidrati per 24 settimane è possibile aumentare del 21% il contenuto di carnitina muscolare; un
aumento della disponibilità di carnitina si traduce poi con una riduzione del 35% circa della percezione
dello sforzo. L’assunzione di carboidrati combinati a carnitina provoca un aumento dell’insulinemia.
Cause della fatica -> Riduzione nel tempo della fosfocreatina; La deplezione di questa ha come
conseguenza diretta l'incapacità di avere quantità adeguate di ATP: (minor rilascio di calcio dal reticolo
sarcoplasmatico, minore interazione tra actina-miosina e minore eccitabilità); aumento di metaboliti
correlati alla fatica (AMP, IMP, Pi); accumulo di lattato e ioni H+ (acidificazione); riduzione della disponibilità
di glicogeno muscolare e glucosio plasmatico. Quest’ultimo fattore è molto limitante negli sport di squadra.
La quantità di carboidrati diventa, infatti, fondamentale per contrastare i meccanismi della fatica che
possono peggiorare la performance soprattutto nelle parti terminali della gara. La deplezione del glicogeno
sembra essere correlata anche al rischio di infortuni e al livello tecnico della performance.
N.B. -> Gli studi scientifici effettuati su tutti gli integratori sono generalmente condotti su soggetti sedentari.
Gli effetti su soggetti già allenati potrebbero essere meno evidenti.