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Gruppi funzionali, polimeri e carboidrati

GRUPPI FUNZIONALI
Aldeidi e chetoni
Aldeidi e chetoni sono caratterizzati dalla presenza del gruppo carbonilico (C=O); i chetoni
legano al carbonio del gruppo carbonile due gruppi R qualsiasi, mentre le aldeidi legano sempre
un idrogeno al carbonio del carbonile un idrogeno, e infine un gruppo R: il gruppo -CHO che si
viene a formare nelle aldeidi si chiama gruppo formilico. In entrambi i casi, il carbonio del
carbonile è ibridato sp2 . Il doppio legame carbonio-ossigeno è costituito da un legame sigma e
uno pi-greco, e l'ossigeno presenta due doppietti elettronici non condivisi. Il legame inoltre è
fortemente polarizzato, con gli elettroni di legame che vengono attratti dall'ossigeno. Questo
porta, nella maggior parte delle reazioni, l'attacco di un nucleofilo sull'atomo di carbonio
carbonilico (con una eventuale protonazione dell'ossigeno). Il legame carbonio-ossigeno inoltre
influenza profondamente le caratteristiche fisiche e chimiche dei composti: a parità di peso
molecolare infatti, i composti carbonilici bollono a temperature più alte degli idrocarburi ma più
basse degli alcoli. Questo a causa della permanente polarizzazione del legame C=O, che
favorisce l'associazione tra molecole tramite interazioni dipolo-dipolo, che sono più forti delle
interazioni di van der Waals (idrocarburi) ma più deboli dei legami ad idrogeno (alcoli). Sono
inoltre solubili in acqua, poiché fanno legami ad idrogeno con composti contenenti gruppi O-H e
N-H.
Nel sistema IUPAC la desinenza delle aldeidi è -ale, ma sono ancora largamente utilizzati i nomi
della nomenclatura tradizionale. Nel caso di aldeidi che presentano sostituenti la numerazione
va fatta partire dal carbonio aldeidico. Per le aldeidi cicliche si utilizza la desinenza -
carbaldeide, e sono dette aldeidi aromatiche. La desinenza per i chetoni è -one, e la catena
viene numerata in modo da dare al carbonio carbonilico il numero più basso possibile. Anche
qui tendono ad essere mantenuti i nomi tradizionali.

La più semplice delle aldeidi è la formaldeide (HCH=O), prodotta per ossidazione del metanolo:
è un gas, ma non si può conservare allo stato libero a causa della facilità con cui polimerizza:
per questo viene conservata in forma di soluzione acquosa al 37% detta formaldeide. Il
chetone più semplice è invece l'acetone (CH3CCH3=O), sintetizzato dall'ossidazione del
propene.
Addizione nucleofila
Le aldeidi, a causa dell'estrema reattività dettata dal gruppo carbonilico, fanno reazioni di
addizione: i nucleofili attaccano il carbonio carbonilico poiché questo presenta una parziale
carica positiva. La reazione complessivamente consiste nell'addizione di un nucleofilo e di un
protone al legame pi-greco del gruppo carbonilico:

Il carbonio carbonilico diventa tetraedrico e cambia la sua ibridazione in sp3 nel prodotto finale
della reazione. I chetoni sono meno reattivi delle aldeidi nei confronti dei nucleofili, a causa sai
del maggior ingombro dei due gruppi R, contro la presenza di un gruppo R e di un atomo di
idrogeno nelle aldeidi; sia se al chetone sono legati come gruppi R due gruppi alchilici, che
essendo elettron-repulsori hanno una maggiore tendenza a stabilizzare il carbocatione (al
contrario gruppi come gli alogeni aumentano la reattività verso i nucleofili).
Delle volte, a causa dei doppietti elettronici non condivisi dell'atomo di ossigeno, essendo delle
basi deboli di Lewis, possono essere protonati. Questa protonazione trasforma il carbonio
carbonilico in un carbocatione, aumentandone quindi la predisposizione ad essere
successivamente attaccato da un nucleofilo.

Una addizione nucleofila particolare è quella che avviene tra un aldeide e un alcol, con la
conseguente produzione di un emiacetale (composto che reca sullo stesso atomo di carbonio
una funzione alcolica e una eterea). Questi ultimi si formano grazie ad un meccanismo a tre
stadi: nel primo l'ossigeno del carbonile è protonato dal catalizzatore acido, nel secondo
l'ossigeno dell'alcool attacca il carbonio carbonilico ed infine viene ceduto un protone
dall'atomo di ossigeno che si è caricato positivamente. Gli emiacetali possono inoltre reagire
nuovamente, in presenza di un eccesso di alcol, per dare gli acetali.
Ossidazione e riduzione
Sia le aldeidi che i chetoni possono essere facilmente ridotti, rispettivamente , ad alcoli primari e
secondari. I reattivi più usati sono gli idruri metallici, come il litio alluminio idruro (LiAlH4) e il
sodio boridruro (NaBH4). Essendo il legame metallo-idruro polare, la riduzione avviene tramite
l'attacco nucleofilo irreversibile dell'idruro sul carbonio carbonilico. In un primo tempo si
produce un alcossido di alluminio, che successivamente si idrolizza in ambiente acido fornendo
lʼalcol. Il risultato netto è la somma di idrogeno al doppio legame carbonio–ossigeno. 

Le aldeidi si ossidano più facilmente dei chetoni, e si ottiene un acido carbossilico con lo stesso
numero di carboni. È una reazione molto facile, nella quale possono essere utilizzati molti agenti
ossidanti.I chetoni invece, ossidano solamente in condizioni particolari, poiché, a differenza
delle aldeidi, sono privi di un idrogeno legato al carbonile. In laboratorio, possiamo distinguere
le aldeidi dai chetoni grazie al saggio di Tollens dello specchio d'argento, in cui lo ione argento
complessato dall'ammoniaca viene ridotto facilmente dalle aldeidi ma non dai chetoni.
Acidi carbossilici
Sono caratterizzati dal gruppo carbossilico, fusione di un gruppo carbonile con un gruppo
ossidrile. Per conferire il nome IUPAC ad un acido carbossilico, si prende il nome dell'alcano
corrispondente e si pone il suffisso -oico, e viene anteposta la parola "acido". Se sono presenti
sostituenti, in nomenclatura tradizionale le loro posizioni sono indicate con lettere greche, a
partire dal carbonio α (il primo dopo il carbonio carbossilico).

È inoltre utile conoscerne la nomenclatura: prendono il nome dall'acido carbossilico


corrispondente, cambiando la desinenza -ile in -ico. Tre acidi molto importanti sono l'acido
formico (metanoico; HCOOH), l'acido acetico (etanoico; CH3COOH), l'acido propionico
(propanoico; CH3CH2COOH) e l'acido butirrico (butanoico; CH3CH2CH2COOH).
Gli acidi carbossilici sono composti debolmente acidi e polari, ed hanno la proprietà di formare
legami ad idrogeno con sé stessi o con altre molecole: per questo, a parità di peso molecolare,
hanno punti di ebollizione più alti degli alcoli. Formano quindi dei dimeri. La formazione di questi
legami ad idrogeno spiega anche l'elevata solubilità in acqua (solo i primi tre, poi la idrofobicità
delle catene prevale), dove si dissociano a formare un anione carbossilato (RCO2-). Il motivo
della maggiore acidità degli acidi carbossilici rispetto agli alcoli risiede nella capacità dello ione
carbossilato (RCOO-) di delocalizzare la carica negativa, tramite risonanza, mentre in uno ione
alcossido la carica è specificatamente localizzata su un solo atomo di ossigeno. Questa
delocalizzazione della carica negativa, che viene condivisa dai due atomi di ossigeno, porta ad
un maggiore rilascio di ioni H+da parte dello ione carbossilato. Altri fattori che determinano
l'acidità sono altri gruppi che figurano all'interno della molecola, tramite effetto induttivo: la
carica viene trasmessa lungo i legami, polarizzando gli elettroni di legame nella direzione degli
atomi elettronegativi. In generale i gruppi elettron-attrattori provocano un aumento dell'acidità,
mentre i gruppi elettron-repulsori ne provocano la diminuzione. Nell'esempio sotto, se l'acido
acetico ionizza in derivati clorurati: essendo il cloro più elettronegativo del carbonio, gli elettroni
di legame tendono a spostarsi verso il cloro, che si carica parzialmente negativamente. Ad un
numero maggiore di sostituenti di cloro, vengono maggiormente distribuite le cariche
elettroniche di quanto non lo fossero nell'acetato: quanti più sono gli atomi di cloro, tanto
maggiore è l'acidità.

Trasformazione degli acidi in sali


Gli acidi carbossilici reagiscono con le basi forti per formare sali, che possono essere
successivamente ricavati facendo evaporare l'acqua. I sali degli acidi grassi costituiscono i
saponi. La loro nomenclatura si ottiene ponendo per primo il nome dell'anione carbossilato
(desinenza da -ico ad -ato) e poi il nome del catione.

Gli acidi carbossilici presentano anche una serie di sostanze derivate, nelle quali l'ossidrile
carbossilico è sostituito da altri gruppi: ogni derivato per idrolisi dà il corrispondente acido
carbossilico. Sono tutti composti dal gruppo acilico (RCOK), con un sostituente K al posto
dell'ossidrile carbossilico. Se il sostituente è il gruppo -OR' abbiamo un estere, se il sostituente
è un generale alogeno X, abbiamo un alogenuro acilico, se il sostituente è -NH2 abbiamo una
ammide , mentre se due gruppi acilici sono connessi da un atomo di ossigeno ci troviamo di
fronte ad una anidride.
Esteri
Gli esteri derivano dagli acidi per sostituzione del gruppo -OH con un gruppo -OR, che
solitamente si ricava da un alcol tramite un processo detto esterificazione di Fischer, dove i
due reagenti vengono riscaldati in presenza di un catalizzatore acido, dando come prodotti
l'estere e acqua. La loro nomenclatura è analoga a quella dei sali: si mette prima il nome della
componente acida, cambiando il suffisso -ico in -ato, e poi il nome della componente R del
gruppo -OR.

Particolare tipologia di esteri, dall'elevato peso molecolare, sono le cere, i grassi e gli oli. Le
cere provengono da un alcol a lunga catena che si unisce ad un acido carbossilico, anche lui a
catena lunga.
I grassi e gli oli invece hanno la stessa struttura organica di base: sono entrambi triesteri del
glicerolo e sono detti trigliceridi. Si formano dalla reazione tra glicerolo e acidi carbossilici a
catena lunga, senza ramificazioni e con numero pari di atomi di carbonio. Gli oli, a differenza dei
grassi, hanno una percentuale molto alta di acidi grassi insaturi, che gli consentono di essere
allo stato liquido a temperatura ambiente, mentre i grassi, derivanti da sorgenti animali,
contengono un'alta percentuale di acidi grassi saturi, che li fanno essere solidi. Altra
caratteristica dei trigliceridi è quella di avere un punto di fusione più basso all'aumentare del
numero dei legami doppi. Questo perché una lunga catena satura ha conformazioni
completamente  srotolate e sfalsate, che gli permette di concatenarsi come i cristalli: per
questo a temperatura ambiente risultano solidi.
Saponi
Quando un grasso o un olio vengono scaldati in presenza di alcali, si ha una idrolisi detta idrolisi
alcalina o saponificazione: il meccanismo consiste in una sostituzione nucleofila acilica, dove il
nucleofilo OH- attacca i carboni dei gruppi C=O, che sono parzialmente positivi. I prodotti sono
glicerolo e il sapone, costituito da uno ione carbossilato a cui si unisce un catione (in questo
caso Na+).

I saponi sono caratterizzati da una spiccata azione detergente che dipende dalla loro struttura.
Ogni ione carbossilato infatti da una lunga catena idrocarburica alla cui estremità si trova lo ione
-COO-. Mentre la catena carboniosa è lipofila, ovvero affine a grassi ed oli, l'estremità polare è
idrofila, ovvero affine all'acqua. Il sapone, quando viene mescolato per agitazione nell'acqua,
forma dispersione colloidale, ovvero una soluzione molto particolare che contiene al suo interno
degli aggregati di molecole di sapone detti micelle. Le catene carboniose lipofile sono dirette
verso il centro della micella, mentre le estremità idrofile si dispongono a formare la superficie
della micella. Di norma la superficie di una micella è carica negativamente e gli ioni sodio
rimangono nelle vicinanze delle micelle. Quando agiscono per rimuovere dello sporco, le code
apolari delle micelle interagiscono con il grasso o l'olio, sciogliendosi in esso, mentre le code
idrofile si protendono verso l'acqua: in questo modo i globuli di grasso vengono solubilizzati in
acqua e trasportati via dalle micelle. Ma l'uso dei saponi comuni pone alcuni problemi: essendo
acidi deboli, in acqua danno luogo a soluzioni alcaline; inoltre nelle acque "dure" che
contengono ioni calcio, ferro e magnesio formano sali insolubili. Per ovviare a questo problema
si sono creati dei detergenti sintetici, la cui struttura complessiva è simile a quella dei saponi.
Ammine
Derivano dall'ammoniaca, per sostituzione degli atomi di idrogeno con uno, due o tre gruppi R
(o Ar). Vengono classificate come primarie, secondarie o terziarie a seconda che abbiano uno,
due o tre sostituenti. I gruppi R possono essere alchilici o arilici. L'azoto è ibridato sp3 e porta
con sé un doppietto elettronico non condiviso.

La nomenclatura più semplice è solitamente quella tradizionale: si premettono i nomi dei gruppi
legati all'azoto seguiti dal suffisso -ammina, mentre nella nomenclatura IUPAC il gruppo -NH2
viene considerato un sostituente, ed il nome si dà unendo il prefisso ammino- seguito dalla
catena idrocarburica più lunga (con questo sistema il nome delle ammine secondarie e terziarie
è dato da tutte le catene tranne quella carboniosa più lunga). In caso di ammine alfatiche (con
molteplici ramificazioni sull'azoto), si pone N davanti al nome del gruppo legato all'azoto.
Le ammine fanno interazioni tramite legami ad idrogeno, e per questo bollono a temperature più
elevate dei rispettivi alcani, ma minori dei rispettivi alcoli: questo perché il legame N-H⇢N è
meno forte del legame O-H⇢O, in quanto l'azoto è meno elettronegativo dell'ossigeno. Il
doppietto di elettroni non condivisi condiziona fortemente il comportamento chimico delle
ammine: infatti è grazie a quel doppietto che le ammine sono basi e nucleofile. Le ammine
alifatiche hanno comportamento chimico simile, che però può essere variato dalla presenza di
sostituenti elettron-attrattori, che diminuiscono la basicità della molecola, o da sostituenti
elettron-repulsori, che invece aumentano la basicità del composto. L'anilina per esempio, è
molto poco basica: il motivo va ricercato nella delocalizzazione per risonanza del doppietto
elettronico non condiviso sull'anello aromatico.
Le ammine reagiscono con acidi forti a dare sali di alchilammonio, secondo la reazione:

Questa reazione è particolarmente utile per separare o estrarre le ammine da sostanze neutre o
acide insolubili in acqua.
Polimeri
I polimeri sintetici possono essere raggruppati in due classi principali, a seconda del metodo di
preparazione. I polimeri di addizione si ottengono per successiva somma di un monomero
allʼaltro, secondo una modalità ripetitiva. Si utilizzano gli alcheni come monomeri per la
preparazione di un gran numero di importanti polimeri di addizione, per i quali è anche richiesto
un catalizzatore che dia inizio alla polimerizzazione. Il catalizzatore si somma al doppio legame
carbonio–carbonio dando vita a un intermedio reattivo che va ad addizionarsi al doppio legame
di un secondo monomero per dare un nuovo intermedio. Il processo si ripete finché non prende
corpo la catena polimerica. I polimeri di addizione ritengono nella catena tutti gli atomi presenti
nelle unità monomeriche. 
I polimeri di condensazione di regola si formano dalla reazione tra due diversi gruppi funzionali
con la perdita di una molecola di piccole dimensioni, per esempio una molecola di acqua.
Pertanto un polimero di condensazione non contiene tutti gli atomi che inizialmente si trovano
nei monomeri. Infatti alcuni atomi finiranno sulla piccola molecola espulsa. Si parte sempre da
molecole bi- o polifunzionali e i monomeri si vanno a disporre in ordine alternato sulla catena
polimerica.
BIOMOLECOLE
Fanno parte dei composti organici, sono principalmente molecole complesse (macromolecole);
le più semplici sono formate da idrocarburi, composti da Carbonio e Idrogeno, mentre le
molecole più complesse sono caratterizzate da gruppi funzionali, che definiscono le proprietà
chimiche della sostanza presa in considerazione. Inoltre, solitamente sono costituite dalla
ripetizione di unità organiche più piccole dette monomeri: in questo caso prendono il nome di
polimeri. 
Sono oggetto di studio della biochimica, che ne studia lʼinterazione, e la loro organizzazione
negli organismi.
Le biomolecole, nonostante la loro enorme varietà, possono essere suddivise in quattro
categorie principali: carboidrati, lipidi, proteine ed acidi nucleici. I primi due costituiscono
importanti fonti e riserve energetiche degli organismi, le proteine hanno un ruolo strutturale e
regolatore, gli acidi nucleici contengono le informazioni essenziali per la biosintesi delle proteine
e per la riproduzione degli organismi. 
Carboidrati
Indispensabili per le funzioni vitali degli organismi: i più comuni sono cellulosa, amido e diversi
zuccheri. 
I carboidrati sono costituiti principalmente da carbonio, idrogeno e ossigeno. Sono un
esempio perfetto di un insieme di composti polifunzionali: la loro chimica è la chimica
combinata di due gruppi funzionali: il gruppo ossidrilico (-OH) e del gruppo carbonilico,
aldeidico o chetonico (C=O). Sono quindi considerati carboidrati i (poli)idrossialdeidi, i
(poli)idrossichetoni e tutti i composti che, tramite idrolisi, danno prodotti di questo tipo. 
Hanno una funzione di riserva energetica (amido e glicogeno), ma anche strutturale (cellulosa e
chitina). 
In base alla loro struttura, i carboidrati vengono classificati in:
monosaccaridi: sono le unità strutturali più semplici, carboidrati che non possono essere
idrolizzati in composti più semplici
oligosaccaridi: contengono almeno due, ma in generale non più di poche unità di
monosaccaride legate tra di loro: possono essere distinti in disaccaridi, trisaccaridi e così
via. 
polisaccaridi: sono polimeri composti da moltissime quantità di monosaccaridi identici tra
di loro. 
Delle volte i carboidrati si associano a molecole di natura diversa, formando quindi molecole
ibride chiamate glicoconiugati. A loro volta si dividono in glicoproteine e glicolipidi, in cui la
porzione glicidica si unisce, rispettivamente, a proteine e lipidi. La presenza di carboidrati
aumenta la diversità biologica della proteina o del lipide iniziale. 
Monosaccaridi
Vengono classificati in base al numero di atomi di carbonio presenti (triosi, tetrosi,...) e in base
al fatto che il carbonile sia aldeidico (aldosi) o chetonico (chetoso). Gli unici due triosi esistenti
sono la gliceraldeide e il diidrossiacetone, entrambi con due gruppi ossidrili su due atomi di
carbonio diversi, e un gruppo carbonile.

Gli aldosi o i chetosi successivi derivano dalla progressiva aggiunta di atomi di carbonio, ognuno
dei quali lega un gruppo ossidrilico. 
In particolare la gliceraldeide presenta due possibili isomeri, detti D-gliceraldeide e L-
gliceraldeide: queste molecole vengono definite enantiomeri, ovvero lʼuna lʼimmagine
speculare e sovrapponibile dellʼaltra; non sono altro che due isomeri ottici con la presenza di un
centro stereogenico, ovvero di un atomo di carbonio che leghi quattro sostituenti. La sua
presenza implica quindi la presenza di due molecole in isomeria ottica, una detta destrorotatoria
(D-), e la seconda detta levorotatoria (L-), e specificano la posizione del gruppo -OH sul C2
della gliceraldeide, ovvero il suo centro stereogenico. 
Queste proiezioni vennero ideate dal tedesco Emil Fischer, e successivamente presero il suo
nome: immaginando di proiettare il carbonio tetraedrico su un piano, bisogna ricordare che i
segmenti orizzontali mostrano gruppi che sono situati sopra il foglio, mentre i segmenti verticali
mostrano i gruppi che vanno dentro il piano del foglio. Per convenzione inoltre si pone alla
sommità, in C1, il carbonio che lega il gruppo funzionale CHO, e poi sotto in verticale tutti i
carboni seguenti: a questo punto si determina la configurazione destrogira o levogira, a
seconda della posizione dellʼossidrile (in caso di isomeria ottica). Fischer notò inoltre come la
maggior parte degli enantiomeri destrogiri (D-) fosse reattiva biologicamente, mentre gli
enantiomeri levogiri (L-) fossero per la maggior parte biologicamente inerti: nonostante questo
entrambi gli enantiomeri mantenevano intatte le loro caratteristiche fisiche e chimiche. 
Il sistema ideato da Fischer venne successivamente esteso anche a monosaccaridi più
complessi. Infatti aumentano i carboni che fungono da centri stereogenici e quindi il numero di
enantiomeri possibili: per questo si determina se il monosaccaride preso in considerazione
appartenga alla serie -D o alla serie -L prendendo in considerazione il carbonio stereogenico
più lontano dal gruppo aldeidico o chetonico. 
Un esempio è il glucosio, zucchero usato dagli organismi viventi come una delle principali
risorse di energia, che si presenta sempre nei suoi due isomeri D-glucosio e L-glucosio. Un
secondo aldoso è il galattosio, che combinandosi con il glucosio forma il lattosio, lo zucchero
del latte. Uno zucchero di grande rilevanza biologica è invece il fruttosio, un esoso che si
differenzia per la presenza di un gruppo chetonico situato sul C2.
Infine due pentosi importanti sono il D-ribosio, che partecipa alla costruzione dellʼRNA, e il 2-
deossiribosio, derivante dal ribosio con lʼeliminazione di un atomo di ossigeno dal C2; questo
zucchero partecipa alla costruzione delle molecole di DNA.
Struttura ciclica
In soluzione gli alcoli si sommano al carbonile di un'aldeide o di un chetone, con una reazione di
addizione nucleofila, per formare un emiacetale. La stessa cosa accade per i monosaccaridi a
cinque o sei atomi di carbonio, solamente intra-molecolarmente: infatti i monosaccaridi esistono
solamente in forma emiacetalica ciclica. Se i due gruppi presenti allʼinterno della molecola
sono in posizione appropriata infatti, la molecola tende a chiudersi tramite una reazione di
addizione nucleofila. Per raffigurare la molecola una volta che completa la sua chiusura ad
anello si utilizzano le proiezioni di Haworth, un chimico britannico, che introdusse un sistema
molto utile per rappresentare le forme cicliche degli zuccheri: la catena viene rappresentata
come un anello piano leggermente inclinato.

Come possiamo vedere dalla figura però le conformazioni del D-glucosio sono due, in quanto il
C1, durante la chiusura, si ritrova a diventare un centro stereogenico, essendo infatti legato a
quattro gruppi diversi (H,OH,OC5 e C2), e viene definito carbonio anomerico, e i due
monosaccaridi risultanti sono detti pertanto anomeri (un particolare tipo di epimeri). Gli anomeri
vengono distinti in α e β a seconda della posizione del gruppo ossidrilico: nei monosaccaridi di
serie D il gruppo OH è rivolto “verso il basso” nellʼanomero α (è in trans rispetto al gruppo del
C6), e “verso lʼalto” nellʼanomero β (è in cis rispetto al gruppo del C6).
In genere i monosaccaridi preferiscono assumere la forma ciclica a sei atomi detta piranosio, dal
nome del composto eterociclico pirano, e si formano per reazione del gruppo carbonilico con
lʼossidrile in C5; talvolta però reagisce con il C4: in questo caso però si forma un anello a cinque
atomi. Questa nuova forma di monosaccaride viene detta furanosio, dal nome del composto
eterociclico furano. Ad esempio, il chetoso D-fruttosio lo si trova prevalentemente in due forme
ad anello furanosico. In questo caso il carbonio carbonilco C2 e lʼossidrile del C5 ciclizzano
formando lʼanello.
I monosaccaridi, come detto prima, sono solo la base per la costruzione di molecole più
complesse: il legame tra alcuni monosaccaridi porta alla formazione degli oligosaccaridi. In
particolare i disaccaridi sono due monosaccaridi legati insieme tramite un legame glicosidico
tra il carbonio anomerico di un monosaccaride e lʼossidrile del secondo. Il legame glicosidico si
forma in seguito ad una reazione di condensazione che porta alla liberazione di una molecola
dʼacqua. In questo legame viene sempre specificato quali atomi di carbonio siano coinvolti: ad
esempio il maltosio (unione di due monomeri di D-glucosio) si forma tramite un legame 1,4-
glicosidico, ad indicare che il C1 del primo monomero (in conformazione α, si lega con il C4
della seconda molecola.
Oltre al maltosio, altri due disaccaridi biologicamente rilevanti sono il fruttosio e il saccarosio.

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